Casablanca numero 3

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Storie dalle città di frontiera EdizioniLeSiciliane

luglio 2006

“Suonala ancora, Sam”

NOTO LA GENTE SI RIBELLA AI PETROLIERI E PER DENUNCIARLI FA ANCHE UN FILM... PIZZO CI SONO ANCHE DEI COMMERCIANTI A CUI PIACE... ROCK INTERVISTE/ LUCA MADONIA SATIRA IL PIZZINO/ SPECIALE SANITA’

1 euro

MONDIALI W L’ITALIA SENZA FORZA ITALIA CLANDESTINI ODISSEA 2006 DALL’AFRICA ALLA SICILIA LUMBARD DI SICILIA IL FATO MORGANO E IL MIRAGGIO DEL PONTE CHIESE PADRE STABILE ALTRISUD ARGENTINA CALCIO E CRISI

Campione!

Un campionato di bische, affari vari, denaro ripulito. Quando? Da più di dieci annni. Dove? A Campione d’Italia, ridente cittadina svizzero-padana. Che però confina con Messina e con la vecchia Catania di don Nitto...

LeSiciliane

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DIECI ANNI DOPO RITA ATRIA: CHI L’HA DIFESA, CHI S’E’ RICORDATO DI LEI

Le amiche toste della ragazza Rita Per vedere questa immagine occorre QuickTime™ e un decompressoreTIFF(LZW).

MARGHERITA HACK LIDIA MENAPACE GIUSEPPE LUMIA UMBERTO SANTINO E che gli resta, a Bossi? La Sicilia


LIBERTA’ VOLA @ Uomini o caporali? PER SOSTENERE CASABLANCA ABBONAMENTO SOSTENITORE “C DA 50 o 100 EURO

Informazione libera e informazione comandata

Casablanca

NUMERO ZERO IN ATTESA DI REGISTRAZIONE

__________________ Graziella Proto DIRETTORE

graziellaproto@interfree.it Riccardo Orioles DIRETTORE RESPONSABILE

riccardoorioles@gmail.com Lillo Venezia VICEDIRETTORE

lillo.venezia@tiscali.it Lucio Tomarchio TECNOLOGIE

shining@freaknet.org __________________

Con: Margherita Hack Lidia Menapace Gian Carlo Caselli Beppe Lumia Nando dalla Chiesa Umberto Santino Rita Borsellino Marco Benanti Gianfranco Faillaci Fabio Gallina Sebastiano Gulisano Piero Cimaglia Roberto S.Rossi Alessandro Gagliardo Dario Russo Sonia Alfano Tindaro Bellinvia Antonio Mazzeo Luca Salici Antonio Vesco Barbara Giangrave Francesco Di Pasquale Giorgio Costanzo Fabio Michele D'Urso Rosario Giuè Augusto Cavadi Giuseppe Ruggieri Adriano Bella Francesco Marletta Rocco Rossitto Luca Rossomando Francesco Galante Francesco Di Pasquale Piero Mancuso Marzia Ghelardi Sara Frisina Antonella Consoli “Addiopizzo” “Il Pizzino” __________________

Illustrazioni: Mauro Biani Amalia Bruno Canjano & Ferro __________________ Progetto grafico Studio O. (da un’idea di Piergiorgio Maoloni) __________________ Redazione via Caronda 412, Catania (095) 0932490 Pubblicità via Caronda 412, Catania (334)8093875 __________________ Stampa LITOCON SRL LITOSTAMPA E CONFEZIONI CONTRADA TORRE ALLEGRA ZONA INDUSTRIALE, CATANIA

(095)2918062

__________________ Editore Edizioni Le Siciliane di Graziella Rapisarda __________________

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«A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?» (Giuseppe Fava) __________________

he fine fanno - tanto per dirne una tutte le polemiche di salotto su Farini? Renato Farini, braccio destro di Feltri, è quello che ha affermato che Enzo Baldoni era amico dei terroristi iracheni. L'ha scritto nero su bianco, avendone dunque (visto che è un giornalista) le prove. Non l'ha scritto perché ce l'avesse in particolare con Baldoni - che gliene frega - ma così tanto per fare lo scoop, per l'effetto. Bene: questo Farini è un "giornalista" o no?” arini, per rispondere alla domanda che retoricamente ci ponevamo due anni fa (in internet, su San Libero del 30 agosto 2004), è senz’altro un giornalista, o tale almeno è stato considerato da tutto l’establishment, di destra e di sinistra, in tutti questi anni. Sul “terrorismo” di Baldoni, e su molte altre cose, si pensava che egli avesse delle opinioni - per quanto ributtanti - e le opinioni sono sempre sacre. Ora risulta invece che Farini, iscritto all’Ordine dei giornalisti e regolare redattore di un quotidiano, veniva pagato dai servizi segreti e che veniva utilizzato per vere e proprie campagne decise in alto loco. Non è un caso nuovo in Italia. Anche un Carlo Del Re, negli anni ‘30m veniva pagato dall’Ovra e la cosa a un certo punto saltò anche fuori. La faccenda, a quei tempi, destò scandalo e, nonostante il regime, non furono molto i giornalisti che continuassero a considerare collega un tipo del genere. Oggi invece se ne chiacchiera un po’, ci si fa su qualche battuta e poi amici come prima. a che c’entra con noi, e con noi siciliani, tutto questo? Beh: molti giornalistri siciliani hanno passato la loro vita affermando che la strage di Portella era un comune caso di nera, che la mafia era un’invenzione dei comunisti, che i cugini Salvo o i Cavalieri erano dei rispettabili imprenditori e che noi

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“professionisti dell’antimafia” raccontiamo un mucchio di balle. Hanno tutto il diritto di scriverlo, se è la loro opinione: ma è davvero farina del loro sacco? O ricevono ordini? Uomini, o caporali? E chi lo sa. omunque, chi scrive così fa carriera, mentre chi scrive contro generalmente no. Fra tutti i vari assetti del potere in Sicilia, quello dell’informazione è senza dubbio quello più rigidamente controllato. Qui può capitare benissimo che a un giornalista venga impedito persino di lavorare come operaio (caso Benanti) perché è “nemico degli americani”, o che un editore decida da un momento all’altro di licenziare il novanta per cento dei redattori (caso Telecolor), perché così gli aggrada. E che nessuno sostanzialmente vi si opponga, tranne pochi tto giornalisti uccisi, e chissà quanti imbavagliati: è questo, non gli “eroici furori”, il motivo che ci spinge a lavorare - non rinunciando alle regole del mestiere - al di fuori di quel sistema. Lavoro serio, onestà, rispetto del lettore: è questo che cerchiamo di insegnare ai giovani,e grazie a Dio non è un insegnamento che cada nel vuoto. L’obiettivo, certo non solo nostro ma che noi forse ci poniamo più coscientemente di altri, è di giungere prima o poi a una vera e propria rete nazionale (l’internet aspetta ancora che impariamo a usarlo fino in fondo) dell’informazione reale, quella che banalmente raccoglie le verità. on esiste in Sicilia (ma la Sicilia è condensato d’Italia, le fa da scuola) un problema più grave di quello della mancanza d’informazione. Le traversie quotidiane delle persone, le prepotenze, le angherie, la stessa mafia, dipendono in ultima analisi da essa. Non sembra che le “forze politiche” (per usare il pomposo termine ufficiale) se ne accorgano molto. Per fortuna se ne accorgono i giovani, o una buona parte di loro, quelli a cui tranquillamente ci affidiamo.

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COPERTINA DI MAURO BIANI

STORIE DALLE CITTÀ DI FRONTIERA

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L’inchiesta

Campione d’Italia

Non è una squadra di calcio nè un calciatore ma semplicemente una pacifica cittadina al confine fra l’Italia e la Svizzera. Molto vicina anche, ma non geograficamente, alla Sicilia... [Graziella Proto]

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Le Siciliane

“Una ragazza come noi”

L’associazione Rita Atria s’ispira a una ragazza che ha lottato contro la mafia ed è stata fondata da un’altra ragazza impegnata e combattiva, Nadia Furnari. Da dove viene tutta ‘sta forza? E’ quel che abbiamo cercato di capire... [Graziella Proto]

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Chiese

Il ritorno

Continua il viaggio fra i testimoni della religiosità in Sicilia. Questo mese abbiamo parlato con padre Stabile, uno dei fondatori del movimento antimafia a Palermo e adesso tornato nel suo paese d’origine, Bagheria... [Fabio D’Urso]

AltriSud/ Argentina

El futbol y la solidaridad

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Hanno fatto tremare mezzo mondo calcistico per più di cinquant’anni, eppure l’Argentina non è soltanto Boca Junior, pallone e Maradona. Adesso per esempio qui è in corso un esperimento sociale di portata notevole: come uscire da una crisi economica senza sacrificare la sopravvivenza umana di nessuno [Fabio Gallina]

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Nuovi media/ Una città intera produce un DVD

Tu inquini? E io ti denuncio con un film Una multinazionale texana, col permesso di Cuffaro, piomba su una delle zone più belle della Sicilia - Val di Noto - per piantarci tralicci. La popolazione si ribella. Fa cortei, fa manifestazioni, e alla fine fa anche un film. Finanziato dalle gente comune, diffuso in internet, distribuito su DVD e realizzato da una piccola e combattiva casa cinematografica, la Malastrada Film

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Politica

Il miraggio del Fato Morgano Il Gran Lumbàrd di Sicilia ha deciso: rilancerà il movimento con la promessa del Ponte. Ma non l’avevamo già sentita, questa? Boh [Gianfranco Faillaci]

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UN CODICE

ETICO PER LA POLITICA

GIUSEPPE LUMIA

a qualche tempo alcuni esponenti politici propongono che i partiti si dotino di un codice etico di autoregolamentazione, con cui i partiti s’impegnerebbero a escludere dalle liste dei candidati al Senato e alla Camera, alle assemblee regionali ed ai consigli provinciali, comunali e circoscrizionali, tutti coloro che siano stati condannati anche solo con sentenza di primo grado per una serie ben specificata e delimitata di delitti e, per i reati più gravi, anche coloro che siano stati rinviati a giudizio. Il principio generale è che i partiti si impegnano a scegliere candidati esenti da ogni rischio di inquinamento mafioso, tenendo conto di tutte le conoscenze einformazioni disponibili, ben più ampi di quelli di un magistrato che potrebbe non arrivare a conoscere alcuni fatti che si apprendono, invece, per altra via, interna alla vita dei partiti. Il ripudio della mafia non può risultare soltanto da un'autocertificazione dei candidati, ma dev'essere oggetto di una scelta del partito, che espressamente garantisce per ciascun candidato. Ci sono rapporti consapevoli e devastanti tra boss e politici non sempre sanzionabili penalmente ma tali da essere incompatibili con l'etica pubblica. Tale approccio è diverso dal sottoscrivere un generico impegno dei candidati contro la mafia che potrebbe essere sottoscritto anche da Bernardo Provenzano, Matteo Messina Denaro ed altri boss o fiancheggiatori per via del fatto noto che chi appartiene o collude con la mafia può pubblicamente disconoscere tale legame. Il Codice etico di autoregolamentazione è, inoltre, un tassello forte del percorso di riforma della politica, che deve coinvolgere il modo di pensare e praticare la politica in una democrazia avanzata che vuole unire legalità e sviluppo e liberarsi dal peso devastante delle mafie.

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Editoriali

BELLO IL “BIPARTIZAN” MA PRIMA RISOLVIAMO I PROBLEMI DELLA GENTE MARGHERITA HACK

referendum concluso, si parla di qualche ammodernamento da apportare alla costituzione con una discussione vera e leale da parte di tutte le forze della maggioranza e dell'opposizione. E' probabile che qualche modifica sia utile. Ma mi domando se questa sia la vera priorità, se si debbano ricominciare come ai tempi della bicamerale lunghe discussioni quando incombe il problema del risanamento del bilancio, delle carceri che scoppiano anche in conseguenza di leggi ingiuste, che riducono i tempi di prescrizione per i reati dei colletti bianchi e incrudeliscono sui piccoli delinquenti recidivi, e quindi l'urgenza di una vera riforma della giustizia, cancellando tutte le vergognose leggi ad personam che hanno costituito una delle principali attività del governo Berlusconi. C'è il problema della ricerca e della scuola. Cittadini ignoranti, università che non fanno ricerca, industrie incapaci di innovazione rendono il paese incapace di competere. Come risanare l'economia, come combattere la disoccupazione giovanile e femminile? Come ridare diritti ai tanti lavoratori precari? Ci vuole una più incisiva lotta all'evasione fiscale che danneggia tutto il paese e soprattutto i contribuenti onesti, ci vuole una lotta ancora più dura contro la malavita organizzata. Quale industria, quale impresa avrà il coraggio di insediarsi al sud quando vedrà le proprie installazioni bruciate,

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la propria vita minacciata se non si accetta di pagare il pizzo? C'è poi lo spinoso problema delle pensioni. Con l'invecchiamento della popolazione, sia perché si campa di più e nascono sempre meno bambini, chi ci salva per ora sono gli immigrati, una forza lavoro giovane a cui dovremmo essere grati e accogliere fraternamente e verso cui si dovrà provvedere con leggi più umane della vergognosa Bossi-Fini. iguardo all'aumento dell'età pensionabile, io ritengo che senza toccare l'età attuale di pensionamento, si debba però lasciare liberi i cittadini che lo vogliano, di rimanere al lavoro. Questo vale per chi fa un lavoro soddisfacente e soprattutto per molte donne. Le donne come è noto, hanno un'aspettativa di vita di almeno cinque anni superiore agli uomini. Però vanno in pensione cinque anni prima. Si dice per compensarle del fatto che la loro vita lavorativa è stata più dura, facendo generalmente il doppio lavoro in casa e fuori. Ma mi chiedo: non è una scusa per mandarle a casa prima a fare quel lavoro di cura verso gli anziani e verso i nipotini, che gli insufficienti servizi pubblici, assistenza domiciliare e asili nido, non forniscono? Augurando buon lavoro al governo Prodi, raccomando :prima le vere priorità e poi qualche modifica alla costituzione, che è ancora ben viva e vegeta.

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IL PAESE COMINCIA A CAMBIARE MA IL CETO POLITIVO VA A TENTONI LIDIA MENAPACE

ome stiamo messi? come stiamo messe? Mah, l'Italia continua ad essere un rebus: alle politiche il centrosinistra ce la fa per il rotto della cuffia (è vero che aveva fatto di tutto per perdere): quindi si dovrebbe concludere che stiamo messi abbastanza bene. Alle stesse elezioni , dopo tanto strombazzare di riequilibrio della rappresentanza, l'Italia resta penultima in Europa. Poi si fa il governo e vediamo un passaggio di fiducia strettissimo al Senato, ma si passa, come sopra. I ministri sono una centuria, tuttavia le ministre non solo sono poche, ma anche prive per lo più di deleghe: come sopra. Poi vengono le amministrative e autonome e vanno bene per il centrosinistra, come sopra. Però Rita non passa: come sopra. Poi viene il referendum e finalmente si esce dal rebus e c'è una specie di dispetto intelligente, di bastian contrario autonomo: al messaggio martellante:" non serve il quorum", un elettorato che aveva bloccato per mancanza di quorum qualsiasi referendum da una decina d'anni, scodella il quorum; alle parole "difendiamo la Costituzione per poi modificarla" (messaggio pressochè demente del centrosinistra) e quindi "non serve un grande distacco di voti tra le due posizioni", l'elettorato produce una indiscutibile superiorità numerica e distribuzione territoriale omogenea del no. he significa tutto ciò? Da una parte un elettorato molto sofisticato, intelligentemente pigro capace di resistere alle lusinghe, che forse comincia a mostrare anche un certo snobismo verso la Tv sceglie con grande precisione; dall'altra un ceto politico sempre più autoreferenziale non capisce che

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cosa succede e va avanti a tentoni. Tutto ciò segnala con evidenza assoluta la insostenibilità del sistema politico, ma è difficile accorgersene per chi ci sta dentro. Io stessa, nuova ai palazzi e abbastanza critica verso di essi per antica cultura politica, devo ammettere che palazzo Madama è una gabbia dorata, dorata, ma gabbia, gabbia ma dorata, c'è tutto, se ti porti una brandina puoi viverci e farti l'idea che sei il mondo. La famosa "autoreferenzialità!" Che fare? ruotare il più velocemente possibile il personale, immettere strumenti di controllo reale sulla rappresentanza attraverso i bilanci partecipati (e di genere), il controllo del mandato fino alla revoca, le commissioni miste di rappresentanti e società civile, una legiferazione "facoltante" e "flessibile" e"monitorata" invece delle solite marmoree tavole della legge per lo più di eterna emergenza. poi, prima, sempre: la petulante continua ripetuta richiesta della parità, del riequilibrio, del linguaggio inclusivo, del controllo di genere sui bilanci, sulle leggi. Ci sarebbe tanto da fare e anche cose affascinanti. Ma l'ultimo ostacolo è una organizzazione del lavoro farragginosa e spesso inconcludente, non solo quando l'opposizione in mancanza di una politica e in attesa dei desiderati inciuci fa solo ostruzionismo, ma anche di per sè. Speriamo, poichè ambedue i presidenti delle camere sono ex sindacalisti, che si impegnino a mettere in corso una buona organizzazione del lavoro. Dicono che Bertinotti ci stia pensando: speriamo che pensi bene e anche un po' alla svelta.

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A nord di Casablanca

A sud di Berlino

L’Italia di Grosso contro quella di Franco Carraro

Sindaci scomodi, sindaci comodi, operai

In alto a sinistra: l’urlo di Fabio Grosso dopo il suo gol alla Germania. In basso: Francesco Saverio Borrelli.

ARISTARCO SCANNABUE

Nelle foto: Umberto Santino fra gli archivi del Centro Impastato.

Il sindaco di Gela, che è antimafioso, viene messo sotto accusa. Quello di Campobello, indiziato per concorso esterno, viene invece difeso. E intanto la strage delle morti sul lavoro: nessuno controlla più i subappalti, e le grandi opere si pagano col sangue di chi ci lavora

Quattro anni fa in Corea – quando comandavano i furbetti alla Moggi e Berlusconi – ai Mondiali abbiamo collezionato figuracce e umiliazioni. La Nazionale che ha vinto la Coppa del Mondo è lo specchio di un Paese diverso: quello che ha richiamato in servizio Borrelli per cominciare a fare pulizia. Anche se c’è qualcuno che urla al complotto e spera nel colpo di spugna

è una sequenza poco conosciuta, nella cineteca dei Mondiali. Ritrae l’eurodeputato tedesco Martin Schulz (l’uomo al quale Berlusconi tre anni fa diede elegantemente del Kapò) che apre un intervento in Parlamento parlando in perfetto italiano: «In omaggio alla vittoria dell’Italia», dice tra gli applausi, a poche ore dai due gol incassati dalla sua Germania nei supplementari. Non varrà lo sguardo di Totti, o l’urlo incredulo di Grosso dopo il gol alla Germania, o lo striscione per Pessottino, o l’ultimo rigore che si infila alle spalle di Barthez, o il piccolo Cannavaro che solleva la coppa più in alto di tutti. Ma è un’immagine da non cancellare. Non solo perché ci ricorda che i tedeschi non sono un popolo di Kalderolen, programmati tutti per ripeterci che siamo-solo-pizza-emafia. Ma perché aiuta a misurare la

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distanza tra l’Italia che a Berlino ha conquistato la Coppa del Mondo e quella di tre o quattro anni fa. Quell’Italia da pomodori che le prendeva dai coreani a dal signor Moreno, e non poteva permettersi di denunciare l’arbitraggio pilotato (e chi doveva farlo, Carraro?). Quella che si copriva di ridicolo mandando in giro un premier che faceva le corna nelle foto ufficiali. Quella che offendeva ogni giorno i suoi giudici, e ogni giorno offendeva se stessa nelle sue Bancopoli, Moggiopoli e Puttanopoli savoiarda. he nel calcio si specchino i costumi d’un Paese s’è ormai capito. Nella Nazionale campione del mondo, nel collettivo che ha saputo vincere e soffrire senza dipendere dalle primedonne, nella squadra i cui migliori marcatori sono stati Toni (centravanti) e Materazzi (un difensore che all’inizio non doveva neanche giocare), si specchia un’Italia diversa da quella di Carraro e Berlusconi. Un’Italia che non esibisce la sue vergogne chiamandole Libertà, ma nemmeno le

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I complimenti di Martin Schulz

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nasconde turandosi il naso. Che non è ancora un Paese pulito, ma che torna a sentire la voglia di far pulizia. Che richiama in servizio un galantuomo vero come Borrelli, e guadagna il rispetto di un galantuomo come Schulz. C’è ancora, in un angolo di quest’Italia, un uomo che continua a sbraitare che la giustizia, se tocca i suoi interessi, è complotto politico. Quando i dirigenti della sua azienda, la Fininvest, furono condannati per aver corrotto (non certo con suo danno) alcuni ufficiali della Guardia di Finanza, lui fu assolto sul presupposto che non aveva idea di cosa facessero i suoi dipendenti. E in seguito, con questa patente di balordo innocente – per insufficienza di prove –, ricominciò a governare. Con gli stessi argomenti, oggi, si proclama vittima; giura di non aver saputo nulla di quanto (nell’interesse del Milan) combinava il signor Meani; non chiede solo assoluzioni, ma pretende medaglie e scudetti. Frattanto Moggi, il più sputtanato della compagnia, continua a sussurrare che, se tutti son colpevoli, allora non è colpevole nessuno. È una storia che si ripete, sia pure a tratti sotto forma di farsa. Vedremo in queste settimane – dopo sentenze e appelli, tra ansia di pulizia e tentazioni mastelliane di colpo di spugna – se quell’Italia da pomodori l’abbiamo davvero messa in un angolo.

UMBERTO SANTINO

l sindaco di Campobello è stato arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa, perché avrebbe gestito appalti con le cosche del paese. Per anni l’ambientalista Beppe Arnone ha denunciato questi rapporti ma è stato emarginato. Ora il segretario regionale Ds, viceministro nel governo Prodi, interviene a difesa di Gueli, con la formula di rito: siamo sicuri della sua innocenza, il partito è stato ed è una roccaforte antimafia, confidiamo nella giustizia. Anche questo dovrebbe essere chiaro: la mafia non ha ideologia e va dove c’è il potere. Finora è stata con il centrodestra, non è escluso che si metta con il centrosinistra. Ed è inutile ricordare una storia che sa di archeologia. E per accorgersi di quel che accade non bisogna attendere la magistratura, ma arrivare prima. l presunto mandante dell’omicidio Fortugno sarebbe grande amico di Domenico Crea, l’esponente della Margherita che gli è succeduto al consiglio regionale calabrese. Una situazione quantomeno imbarazzante che non pare si voglia affrontare adeguatamente. Non si può mettere avanti lo striscione dei ragazzi con la scritta “Ammazzateci tutti” se dietro ci sono manovre e che possono portare anche all’omicidio. La storia non è nuova, anche se i nomi sono diversi. ’operaio morto nel cantiere per l’autostrada si chiamava Antonio Veneziano e aveva 25 anni.. Il presiden-

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uone notizie a nord di Casablanca. A Gela il centrosinistra attacca il sindaco Rosario Crocetta, a Campobello di Licata il sindaco Ds Calogero Gueli è stato arrestato, a Palermo sono stati arrestati i “nuovi capi” di Cosa nostra e a Locri è stato arrestato il presunto mandante dell’assassinio di Fortugno, nel cantiere per l’autostrada CataniaSiracusa è crollata una rampa ed è morto un operaio. Al referendum costituzionale ha stravinto il NO, anche in Sicilia. li esponenti del centrosinistra che hanno attaccato il sindaco e gli assessori che si sono dimessi accusano Crocetta di protagonismo antimafia, ma in realtà vogliono fargli pagare le sue scelte elettorali, e non solo. Per fortuna la crisi è rientrata. Non so se sia valsa la reazione di Crocetta (“così mi consegnate alla mafia”) o se ci sia stato un ritorno al buon senso. L’accusa di protagonismo per chi si batte contro la mafia non è nuova e spesso si basa su un dato di fatto: se tutti gli altri fanno un passo indietro, chi prosegue rimane solo. Comunque, dovrebbe essere chiaro che se ci sono problemi si affrontano con un confronto serio.

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te della Repubblica ha dichiarato: è inaccettabile e sono fioccate le dichiarazioni con gli annunci delle immancabili commissioni d’inchiesta. I giornali riportano le cifre dei morti per incidenti di lavoro: nel 2003 1.394 morti, nel 2004 1.278, nel 2005 1.195: un bollettino di guerra. Qualcuno dice a mezza bocca una verità che andrebbe gridata a tutta pagina: se le grandi opere debbono farsi con il general contractor, libero di distribuire subappalti, se il problema è ridurre i costi e fare in fretta, il rischio-morte è compreso nel contratto. li arrestati di Palermo sono tutti notissimi e ci si chiede come fossero a piede libero. Dall’inchiesta risulta che i mafiosi consigliavano a qualche imprenditore estorto di aderire a un’associazione antiracket e qualche mafiologo scrive che è una novità: la mafia che si traveste da antimafia! In realtà è accaduto da quando c’è la mafia. Ai tempi dei Fasci siciliani c’era qualche fascio formato da mafiosi e dopo ci sono state cooperative a gestione mafiosa. La mafia ha sempre cercato di mimetizzarsi. Solo i mafiologi non lo sanno. nche in Sicilia ha vinto il No con il 69,9 per cento Finché si tratta di campare con il clientelismo di Cuffaro passi, ma intrupparsi con l’armata di Bossi e Berlusconi è sembrato davvero troppo. Con i tempi che corrono, è già tanto.

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La mafia cerca di mimetizzarsi

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Campione d’Italia non Puttanopoli ma riciclaggio

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L'anno scorso, a Messina, l'operazione "Gioco d'azzardo" ha portato sotto processo magistrati, un vice questore, imprenditori, mafiosi e faccendieri

GRAZIELLA PROTO

Viaggi organizzati, puntate al tavolo, sesso e titoli nobiliari. Da Messina a Campione d'Italia un giro di personaggi, eccellenti e non, ufficialmente clienti e procacciatori di ragazze facili ma in realtà ben versati nell’arte di rimettere nel circuito ufficiale cifre considerevoli di denaro. Che arriva non si sa da dove ed esce perfettamente pulito. Schede taroccate, nullaosta comprati, regali, promesse, spinte per le carriere e usura. Finché arriva il solito magistrato “comunista” e manda tutto a puttane giro del malaffare. Basta pigiare un pulsantino e, come per incanto, sparisce Pac Man e spunta l'azzardo. A Potenza l'usura è in mano alla famiglia mafiosa dei Tangredi ed ha raggiunto livelli insostenibili: intere famiglie, studenti, disoccupati e qualche casalinga sono finiti in mano agli usurai, spinti dall'illusione di una vincita facile ai videopoker. Si dice che le macchinette del messinese, di cui si occupa Rocco Migliardi, siano le più ambite perché hanno la preziosa certificazione che per

Campione d'Italia, lo sanno tutti, si gioca. In un casinò ufficiale, gestito in parte con la giunta comunale. Così, com'è e come non è, a Messina coma a Campione può accadere che vi si incontrino persone che contano e che hanno conoscenze importanti: faccendieri, operatori occulti, imprenditori spregiudicati, mediatori, amministratori, politici influenti e persino re mancati. ome stai Rocco? Che cosa fai, Achille? Giochi d'azzardo? Vai a donne, Salvatore? Anch'io. Perché propose qualcuno di loro - non fare di queste belle cose un pacchetto da offri-

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ILARIO LEGNANO PER CONTO DI SANTAPAOLA FINANZIO’ L’ACQUISTO DEL CASINO’

Un regalo per gli amici facoltosi... re ai nostri amici facoltosi? Specialmente se appartengono alla criminalità organizzata, che ha tanti soldi da far circolare - sussurrò sottovoce qualcun altro. Detto fatto. hi promuove? Tutti. Chi organizza? Ufficiosamente Migliardi, il migliore; ma che non si sappia in giro, visti i suoi precedenti penali. In Sicilia, questo tipo di servizio si chiama "giocatina" e prevede la gita organizzata, le puntate ai tavoli e il sesso a volontà per

legge deve corredare le schede gioco. Costi quel che costi. occo Migliardi è specializzato nel comprare in Cina le schede già taroccate; poi, con accorgimenti e nulla osta speciali che solo lui ottiene, le mette sul mercato. L'ultima volta, spendendo 20 mila euro in bustarelle ha ottenuto 400 nulla osta. "Un colpo di culo dice entusiasta - Tra cinque mesi prendiamo 400 mila euro. Ci arricchiamo ! " Finora aveva dovuto corrompere solo i funzionari dell'ispettorato comparti-

mentale di Messina, tra i quali Francesco Tarantino; da quando gli uffici periferici dei monopoli devono avere l'approvazione della sede centrale per rilasciare le concessioni, si è trovato di fronte all'improvvisa necessità di dover corrompere anche quelli di Roma. E allora, cosa fa? Pensa bene di rivolgersi al suo vecchio amico Bonazza Ugo, frequentatore assiduo di sua altezza il principe di Savoia con il quale passa le vacanze nell'isola di Cavallo. Secondo quanto risulta dall'inchiesta potentina, Bonazza è coinvolto nel giro di irregolarità che riguardano le concessioni di videogiochi truccati, utilizzati soprattutto a Campione d'Italia. "Una vera e propria capitale del riciclaggio - spiega Frediano Manzi, presidente di un'associazione milanese in difesa delle vittime dell'usura - dominata almeno dall'inizio degli anni ottanta da capimafia che si avvalgono della complicità degli amministratori locali". asti pensare all'operazione S. Valentino, grazie alla quale è stato scoperto che nella gestione illecita di alcuni casinò, compreso quello

ichiarazioni di Giovanni Brusca nell'interrogatorio del 7 maggio 2001. Le informazioni derivano dalla codetenzione intercorsa tra il 1984 ed il 1985 nel carcere di Busto Arsizio con Ilario Legnaro, che gli illustrò il meccanismo del riciclaggio del denaro nei casinò. "Nel 1982 Nitto Santapaola e il suo gruppo avevano interessi al Nord e amicizie di una certa importanza; un giorno mi chiamò mio padre dicendomi che avrei dovuto accompagnare Roberto Enea a Ribera, dove doveva incontrarsi con Nitto Santapaola per risolvere dei problemi, o meglio un contrasto che era sorto tra due gruppi imprenditoriali intenzionati ad ottenere la gestione di un

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trattenere il "cliente" il più a lungo possibile dentro il casinò. Come jolly, il prestito del denaro ad usura. 'è anche il giro delle slot machines, dei video poker e di tutti quegli

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aggeggi fuori legge, truccati in maniera molto sofisticata e poi importati e distribuiti in tutta Italia, ma che a volte hanno il server all'estero, in Romania per esempio. Un ramo fondamentale nel

casinò al Nord Italia; i due gruppi imprenditoriali si appoggiavano l'uno alla famiglia Santapaola e l'altro alla famiglia di Robertino Enea, dei Bolognetta; forse si trattava del casinò di Campione o di un casinò in Liguria. Non seppi più nulla della questione. Appresi ulteriori notizie sull'argomento nel 1984 quando conobbi Ilario Legnaro nel carcere di Busto Arsizio. Mi raccontò della sua amicizia con i catanesi; seppi così che era il rappresentante del gruppo imprenditoriale che si appoggiava a Santapaola. Legnaro, oltre a gestire il casinò di Campione, ne gestiva un altro in Sudamerica, a S. Martin. Era anche proprietario di una delle più forti

squadre di basket italiane in serie A, forse il Kinder Varese. Ilario Legnaro mi disse esplicitamente che per fargli ottenere la gestione del casinò di Campione si era mosso in prima persona Nitto Santapaola. Voglio anche aggiungere che, senza il suo appoggio, Legnaro non avrebbe mai ottenuto la gestione dei casinò. Si faceva forte dell'amicizia col boss, ostentandola con orgoglio. Io di ciò ebbi poi conferma dal colloquio che su di lui ebbi con lo stesso Santapaola. Aggiungo che Ilario Legnaro mi spiegò come attraverso il gioco al casinò si riuscivano a riciclare ingenti somme di denaro, nell'ordine di miliardi".

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SALVATORE SIRACUSANO IL BOSS DI MESSINA uando zio Salvatore si accorse che in Italia e a Messina in particolare non soffiava vento favorevole, decise di trasferirsi in Polonia; qui, secondo l'ipotesi accusatoria nell'inchiesta giudiziaria " Gioco d'azzardo" dell'anno scorso, veicola consistenti capitali mafiosi messigli a disposizione da Michelangelo Alfano, uomo d'onore di Bagheria e fiduciario dei vertici corleonesi trapiantato nel messinese. A parte le sue frequentazioni, Salvatore Siracusano è indicato da numerosi collaboratori di giustizia come un imprenditore in mano ai Santapaola. In Polonia, attraverso varie società ed in particolare tramite la sua ditta "Italiana Costruzioni" Sp. z oo di Wroclaw, si è impegnato ad importare macchinette da gioco truccate provenienti da una sconosciuta ditta di Como, trasportandole con un trattore della stessa società. I suoi alleati in terra straniera sono stati Zbigniew Pawlinsky e Zbginieg Ciupa. Secondo le investigazioni fornite dalle autorità giudiziaria polacca a quelle di Messina e Milano, Pawlinsky (titolare della "Golden Play") deteneva il monopolio dell'attività di commercializzazione e distribuzione delle slot machines "truccate", che imponeva alle case da gioco con l'intimidazione della criminalità organizzata locale. Raggiunto insieme alla moglie da un provvedimento

restrittivo, Pawlinsky è stato ospitato per un certo periodo a Campione d'Italia, dove Siracusano possedeva una casa ed aveva già avviato speculazioni immobiliari con Yussuf Nada, indagato in Svizzera quale finanziatore dell'attentato dell' undici settembre a New York. Ciupa, oltre ad essere socio di Siracusano nel traffico delle macchinette, assieme ai suoi uomini lo ha aiutato nell'investimento del denaro proveniente dalle attività criminali. Nei casinò amici, in particolare quello dell`Hotel Plaza di Wroclaw, i membrì dei singoli gruppi ricevevano grosse somme di denaro: come da accordi perdevano, mentre Salvatore Siracusano vinceva legalmente e riciclava. Sempre a Campione, così come risulta ai Carabinieri di Como, Siracusano intratteneva fin dal 1992 rapporti con uomini politici locali molto influenti, anche in virtù del suo passato politico a Messina dove era stato assessore. Fra i tanti, Alfio Balsamo di origine catanese, già assessore ai lavori pubblici di Campione d'Italia, interessato alla gestione del casinò e sospettato di avere collegamenti con l'allora latitante Benedetto Santapaola. A Campione da Siracusano, Giostra, Pagano e Balsamo si occupava dalle speculazioni edilizie in cui era coinvolto il sospettato di terrorismo Nada.

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di Campione, era coinvolto persino Nitto Santapaola, assieme ad alcuni imprenditori messinesi collusi o essi stessi mafiosi. " Da anni - ha raccontato Manzi ai giornalisti Campione rappresenta il cuore di un sistema di riciclaggio imperniato sul casinò. Il resto della sua economia è fondato sull'usura". e sa qualcosa il sindaco di Campione Roberto Salmoiraghi, che ha avuto un ruolo centrale nella storia e che oggi è agli arresti. Ex esponente di Forza Italia passato nelle fila di Alleanza Nazionale, Salmoiraghi conosce bene le aule dei tribunali: già condannato per aver truffato il comune, recentemente è stato coinvolto per concorso esterno in associazione mafiosa nell'inchiesta "Gioco d'azzardo". Da appassionato di stemmi araldici, titoli ed ordini dina-

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l rilascio dei nulla osta illegali si dedica anche il catanese Achille De Luca, il quale cura i dettagli per il gruppo di amici che a Campione d’Italia, a

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GAETANO CORALLO IL CATANESE aetano Corallo viene dipinto come organico al clan Santapaola. La sua amicizia col boss risale al 1975, secondo i rapporti di polizia tributaria di Siracusa. Latitante dall'83, Corallo da varie inchieste risulta aver investito capitali a St Martin. Fra le società c'è la Funtine N.V., costituita con Ilario Legnaro, che si occupa di importazione, esportazione, commercio, affitto e leasing di macchinette da gioco d'azzardo. Ex venditore di mobili con la passione per le bische, nel settore dei Bingo ha fatto affari con Diodato Marino Marco, genero dell’ex presidente boliviano Hugo Panzer: ufficialmente è un uomo d'affari, proprietario di case da gioco. E' stato coinvolto nello scandalo del casinò di Sanremo. Arrestato nel

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1987 a Miami per un mandato di cattura milanese, nel 2000 è stato condannato in contumacia a 7 anni e mezzo di reclusione. Da un'indagine della Dea risulta aver mandato a St Martin, fra il ‘91 e il ‘93, il figlio Francesco, affinché l'amico Rosario Spadaro lo avviasse alla gestione dei casinò. Oggi Francesco Corallo gestisce numerose attività nei Caraibi, ed è azionista di riferimento della società che amministra i quattro maggiori casinò dell'isola. Un vero paradiso, tanto che il suo amico Amedeo La Boccetta, esponente napoletano di Alleanza Nazionale, nei regni di Francesco trascina numerosi camerati che in quei meravigliosi mari si fanno ritrarre, incuranti degli squali.

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ridosso del confine, si sono associati fra loro. Attraverso un giro d'amici, in genere abbastanza in confidenza con esponenti del mondo politico e affaristico romano, anticipava l'arrivo di Migliardi, per il quale ha distribuito qualche volta i denari. razie a gentilezze e doni preziosi, De Luca aveva instaurato una relazione stabile con Anna Maria Barbariti, funzionario dei Monopoli di Stato che in

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precedenza aveva mandato Migliardi a quel paese: così, non solo il faccendiere etneo era riuscito ad ottenere il rilascio di ben 400 nulla osta a favore di una delle ditte guidate da Rocco Migliardi, la Ital Nolo srl, ma anche una sorta di "riabilitazione" di quest'ultimo e delle sue aziende, più volte segnalate all'Amministrazione dei Monopoli come avvezze ad operazioni illecite.

SCHEDAAFFARI AL TELEFONO Intercettazione telefonica avvenuta tra il figlio di Rocco Migliardi, Giuseppe (G.), e Antonio Ivano Tancredi (T.): G.: Noi stiamo lavorando fortissimo … sì, noi abbiamo il nulla osta da Roma datato..., l'abbiamo (...) ieri. T.: Ah, le hanno, ti hanno dato il nulla osta? G: Solo a me li hanno dati. Solo io ce li ho i nulla osta in Italia. Non ne passano! Solo la mia mi hanno dato. Mille nulla osta e dopo di che non me ne danno più. T.: E come mai? G: E come mai! Per via di amicizia: li ho pagati, và! T.: Ah, ho capito, ho capito.Va bene. Buono: è buono. G.: Oh, nulla osta datati 2 luglio, 5 luglio, 8 luglio! T.: Ah, ah, ah, sono imminenti, diciamo, ce ne sono...

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G.: Si, escono da Roma, direttamente! T.: Ho capito! Senti eh, una quarantina di que..., quaranta, cinquanta , quanto me le fai?… Io li devo rivendere, pure. Hai capito? Non è che li ho solo per me. G: Con i prezzi siamo alti. Te l'ho spiegato già perchè: ho dovuto pagare per avere quelle cose… senza nulla osta te li posso dare in un modo, col nulla osta siamo alti… io l'ho, l'ho impostata la vendita al pubblico a 1000 euro. T.: Uè! Esagerato! G.: Oh , l'unica alternativa, in tre giorni te le fa 1000 euro! T: … G.: C'è tutto bloccato! Tutto bloccato! Non danno un nulla osta a nessuno! Ho tutta l'Italia in ginocchio da me. Tutti i produttori, Bachilé, che tutti che mi cercano i nullaosta.

Destinxzione del cinque per mille Quest'xnno, compilxndo lx dichixrxzione dei redditi, è possibiCentro Sicilixno le destinxre il 5 per mille dell'impodi Documentxzione nibile xlle orgxnizzxzioni non lucrxGiuseppe Impxstxto - Onlus tive e, in pxrticolxre, x centri di

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Per gestire le macchinette servono i nullaosta dei Monopoli di Stato. Molti permessi sono stati ottenuti con bustarelle ai funzionari ed ai battistrada che conducevano a loro

G stici, in questa ultima "trattativa corruttiva" si è fatto promettere pure la concessione di onorificenze della casa Savoia.

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er fare ciò si è avvalso dell'aiuto di Tullio Ciccolini, commercialista romano e attivista politico nelle file di Alleanza Nazionale, che a sua volta ha investito della questione Salvatore Sottile e Francesco Proietti Cosimi, rispettivamente portavoce ufficiale e segretario del vicepresidente del consiglio dei ministri e del ministro degli esteri Fini. I due, forti degli incarichi ricoperti, dispensavano arroganza e impartivano direttive in vari settori. Fu lo stesso Proietti Cosimi, infatti, a contattare Giorgio Tino e Anna Maria Barbariti, l'uno direttore generale e l'altra dirigente dei Monopoli di Stato, affinché assecondassero gli interessi illeciti di Migliardi e compagni. on tutto il rispetto possibile per le prostitute, il problema non sono loro, né le perversioni di qualche loro amico e protettore.

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ricercx e di documentxzione. Lx sceltx non è xlternxtivx xll'8 per mille e non influisce su quxnto versxto o dx versxre. Con il vostro contributo potete xiutxrci x portxre xvxnti le nostre xttività di ricercx, educxzione e mobilitxzione contro

le mxfie, che dxl 1977 svolgixmo trx grxndi difficoltà poiché sixmo totxlmente xutofinxnzixti. Per esprimere lx vostrx volontà dellx destinxzione del 5 per mille xl nostro Centro, bxsterà indicxre il codice fiscxle: 02446520823

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Leggende di Sicilia

Elfi, Coboldi & Lombardi

«Ponte subito, e pure gratis» Il prodigio del Fato Morgano (tanto alla fine paghiamo noi) GIANFRANCO FAILLACI

Guai a pensare che, prima di unire le due sponde dello Stretto, si debbano fare autostrade e ferrovie. Si rischia di passare per nemici dei meridionali, o addirittura per razzisti. Parola di don Raffaele, il soave alleato di Bossi e Calderoli. A sud di Messina, la campagna elettorale sembra non essere mai finita. C’eravamo lasciati con la promessa di cancellare l’Ici. Come si comportano, a proposito, i Comuni di destra? Chiedetelo a chi ha solo la prima casa, e l’acconto lo sta versando in questi giorni… ccadde ad agosto. Non c’era vento, sulla spiaggia: appena un po’ di nebbia. I barbari, che avevano traversato l’Italia a gran fatica, arrivarono in riva al mare e videro sulla sponda opposta l’isola con il monte che fumava. Volete passare di là, chiese la donna, Certo che vogliamo, rispose il re barbaro. E subito l’isola e il monte fumante furono lì, vicini a loro, così vicini che ai barbari sembrava di poterli toccare, e in un attimo le barche del porto lontano furono anch’esse lì, a specchiarsi nella stessa acqua in cui i barbari bagnavano i piedi. Il re barbaro scese da cavallo, guardò la donna che era bella come una fata – non per niente si chiamava Morgana – e si gettò nel mare, per fare quelle due bracciate che lo separavano dall’isola. E all’improvviso l’altra sponda fu di nuovo lontana, e le barche del porto furono di nuovo una macchiolina bianca dalla parte opposta del mare. Il re barbaro cercò di arrivarci lo stesso,

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cominciò pazzamente a battere le pinne dei piedi, poi si ricordò che quella era un’altra leggenda e che nella sua, purtroppo, non era previsto che i barbari sapessero nuotare. Nessun pesce, quel giorno, patì la fame. *** a fata Morgana, quest’anno, s’è fatta crescere i baffoni e si fa chiamare don Raffaele. In Sicilia è molto popolare. Governatori e sindaci devono a lei buona parte della loro potenza. Gli scrivani locali ne cantano le lodi e ne ripetono i vaticini. Molti padri di famiglia le chiedono il miracolo di un lavoro per sé e i loro figli. Trecentomila persone, alle ultime Regionali, hanno fatto una croce sul suo simbolo. Perfino l’elfo Bosso e il coboldo Calderolo, a dispetto delle loro inquietanti origini celtiche, hanno ottenuto ad aprile – grazie alla sua alleanza – la fiducia di ben 130mila siciliani. Da qualche mese, dunque, la fata baffuta annuncia un prodigio: promette che le rive dello

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Stretto saranno unite prestissimo, che da ciò verranno lavoro e benessere, e che da essi a loro volta sorgeranno quelle strade, ferrovie e servizi che da mezzo secolo in Sicilia si aspettano. Invano. l prodigio, naturalmente, si chiama Ponte. Dovrebbe essere un miracolo dell’ingegneria, ma un po’ anche della finanza. Infatti – garantisce don Raffaele – «al Governo non costerà nulla». Come è possibile? Il giornale “La Sicilia”, molto sensibile all’argomento, lo spiega così: «La società “Stretto di Messina” ha in cassa di suo 2,5 miliardi»; non bastano a fare il Ponte, ma quel che manca si troverà «sul mercato finanziario in cambio dei pedaggi»; in altre parole «il Ponte ha una struttura finanziaria autosufficiente»; e perciò, per quanti sforzi si facciano, risulta davvero impossibile «comprendere le ragioni di chi non vuole il Ponte sullo Stretto». Molto semplice. er chi trovasse strano che un’opera così grandiosa non costi nulla alle pubbliche casse, c’è da osservare che le fate, tanto più se hanno i baffi, non soggiacciono alle angustie dell’umana logica o del principio di non contraddizione. Ben altre deroghe, d’altronde, si è già

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130mila siciliani votano per la Lega

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«Meno tasse per tutti»? Proviamo un po’ a fare i conti della serva Raffaele Lombardo (foto a destra) si è presentato alle Politiche insieme alla Lega Nord. Nella pagina a sinistra, il simbolo dalla Lega: il guerriero lombardo Alberto da Giussano poggia i piedi sulla scritta “Movimento per l’Autonomia”.

concesso don Raffaele. Esercita prevalentemente a sud di Cariddi, ma si presenta in pubblico con il cognome di Lombardo; fischietta ciuri ciuri, ma puttaneggia con Alberto da Giussano; chiede di smantellare le ciminiere del Petrolchimico, ma promuove il Ponte con gli stessi soavi argomenti con cui, mezzo secolo fa, i siciliani furono costretti a impiantare le fabbriche dei veleni: «Il Ponte è la madre di tutte le infrastrutture. Senza il Ponte non avremmo né autostrade né alta velocità. La storia delle altre priorità è solo un inganno». n inganno. Un complotto dei malvagi che, in questo tipo di storie, non possono mai mancare. Se non altro perché è utile trovare un colpevole, quando i miracoli promessi non si compiono. Questi malvagi, don Raffaele e i suoi amici gazzettieri, li additano severamente al pubblico ludibrio. Spendere i soldi per ferrovie e autostrade, anziché per il Ponte, sarebbe «un esproprio proletario». Dubitare dell’urgenza, o addirittura dell’utilità del Ponte, è una cosa da «casseur», da «nemico della Sicilia e dei Siciliani»; all’origine del male c’è «la perversa volontà del governo centrale» che ha dichiarato «guerra al progresso e alla modernizzazione» (citiamo, a casaccio, dal quotidiano “La Sicilia”). Non fare il Ponte, in definitiva, sarebbe «una rapina, una scelta penalizzante dal sapore francamente razzista» (sono parole di don Raffaele, queste: e fanno un certo effetto, in bocca all’alleato della Lega Nord). Qualche volta, certo, anche gli oltranzisti del Ponte-sùbito si avventurano tra le insidie della logica e della umana perplessità. Si continua a obiettare che per fare davvero il Ponte ci vogliono troppi soldi? «Essendo dimostrato che soldi non ne servono – chiosa “La Sicilia” – è una obiezione che non regge». Si dubita che abbia senso partire dal Ponte prima di

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fare strade e ferrovie? «Non si capisce – si indigna lo stesso giornale – perché il governo Prodi rovesci le priorità e dica: prima le ferrovie». Si sostiene che cominciare dal Ponte è come mettersi una giacca di cachemire senza avere nemmeno la camicia? «La risposta è facile: mettendoci la giacca sarà necessario anche cucire la camicia». Argomenti irresistibili. Quantomeno nel Paese delle fate. *** troppo semplice, in questa materia, scivolare nella questione di principio. Cerchiamo di evitarlo e facciamo, molto umilmente, i conti della serva. Il costo del Ponte sarebbe – secondo stime prudenti – di 6 miliardi di euro. Due miliardi e mezzo ci sono già, ma non vengono dal nulla: è denaro pubblico, perché pubblici sono i soci della “Stretto di Messina”, la società che gestisce l’opera. Ne fanno parte le Regioni Sicilia e Calabria, la Fintecna (Ministero del Tesoro), la Rfi (società delle Ferrovie, a capitale pubblico) e l’Anas (la società delle autostrade, anch’essa a capitale pubblico; di recente Di Pietro l’ha denunciata per la creativa gestione finanziaria del quinquennio berlusconiano, che ha lasciato i cantieri senza un euro). I finanziamenti pubblici non sono tecnicamente a fondo perduto: è infatti previsto che il Ponte sia ripagato dagli incassi dei pedaggi (attraversarlo dovrebbe costare esattamente quanto oggi costa prendere il traghetto). Ci vorrebbero però diversi decenni (con la speranza, per dir così, che intanto il traffico delle auto non diminuisca, anzi aumenti di un bel po’). Tutto ciò, si può obiettare, non dimostra ancora che il Ponte sia inutile. Ma perlomeno invita a riflettere sulla facile propaganda che lo vede come il rimedio a tutti i mali. Una delle concorrenti all’appalto, la cordata Strabag, si è ritirata l’anno

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scorso dalla g a r a : «Troppo alto – questa la spiegazione – il rischio legale, geologico e tecnico-finanziario». E si trattava di un colosso internazionale delle costruzioni. C’è il caso, ancora, che la “Stretto di Messina” venga privatizzata. Non adesso, ma tra qualche anno, quando ormai ci sarà poco da spendere e molto da incassare. Non è una malignità; è anzi la stessa società a prospettare l’ipotesi: «Lo schema di finanziamento predisposto consentirebbe la privatizzazione della Società. Tale processo potrebbe essere avviato anche in prossimità della chiusura dei lavori per completarsi in fase di esercizio dell'opera» (citiamo dal sito: www.strettodimessina.it). onti della serva, nulla di più. Un po’ come quelli che son costretti a fare di questi tempi gli abitanti di Catania (la città di don Raffaele), alle prese con le tasse sulla casa. Ad aprile – ricorderete – un’altra fatina, senza baffi e con pochi capelli, aveva promesso a tutti di far sparire l’Ici. Don Raffaele aveva placidamente annuito: «Un impegno serio, su un argomento molto popolare». Adesso a Catania – dove gli uomini di Forza Italia e quelli di don Raffaele governano insieme – il Comune ha aumentato l’Ici: l’imposta ordinaria passa dal 6,2 per mille al 6,9 (quasi il massimo di legge) e quella per la prima casa («la più iniqua», si diceva ad aprile) sale dal 4,4 al 5,5. Viene ridotta anche la detrazione. Rispetto al 2000 – quando il governo cittadino era d’un altro colore – ci sono famiglie che, quest’anno, pagheranno un’Ici triplicata per la loro unica casa. Conti della serva, semplicemente. Ma conti che debbono tornare, che si parli di case o di ponti. Perché i conti, di solito, non li pagano le fatine.

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“Nel nome di una ragazza come tutte noi” Alcune immagini dai brevi momenti felici di Rita Atria. Nella pagina a fianco: Nadia Furnari

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L’associazione antimafia fondata da Nadia Furnari prende il nome da Rita Atria, una delle più indifese e nelle stesso tempo più determinate fra tutte le donne che hanno combattuto la mafia. Si riunirà a Milazzo il 22 luglio. “E’ stata la sua storia - racconta Nadia - a farmi scoprire la voglia di stare coi perdenti”. “Ero in via D’Amelio quella sera del 19 luglio. Avevano appena ucciso Borsellino. Chiamo gli amici da Pisa, mi unisco a loro... E quelle chiazze di sangue nere dopo l’esplosione”. ell'antimafia bisogna avere piccoli obiettivi, perché i grandi obiettivi ti fanno cadere in depressione invece se conti le gocce pensi che ogni goccia sia importante…". Nadia Furnari è "un fresco profumo di libertà". Solare, briosa, risoluta. Ardita. Una donna del sud che non si arrende. Una donna del sud che ha conosciuto il sud, la Sicilia e la sua sicilianità, al nord, mentre frequentava l'università di Pisa. adia è la presidene dell'associazione antimafiosa Rita Atria, "questa ragazzina di 17 anni che aveva denunciato comunque la mafia ed aveva messo in discussione la sua famiglia, ci spiega prima ancora che qualcuno le possa chiedere come mai proprio Rita Atria - che si era ritrovata a pensare che suo papà prima era un eroe e poi un delinquente, un boss, è una figura forte, ancora più forte - aggiunge - perché non istituzionale... perché non dedicarle una associazione antimafiosa?".Ci racconta che viene a sapere di Rita attraverso il telegiornale, una settimana dopo il suo suicidio. "E' una storia che mi entra dentro…". L'anno successivo si recherà a

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Partanna assieme ad altre donne, per osservare, per conoscere. “Il 19 luglio il giorno dell'omicidio del giudice Paolo Borsellino - quel giorno tornavo da un'iniziativa con mia madre quando sento dire dell'omicidio di Paolo; chiamo dei miei amici che stavano scendendo da Pisa a Palermo mi unisco a loro e la sera stessa dell'assassinio arrivo in via D'Amelio. Impossibile dimenticare le chiazze di sangue, nere dall'esplosione. Subito dopo Rita Atria, poi l'impegno a Pisa e la voglia di stare sempre con i perdenti… Lo preferisco". adia è un fiume in piena, parla con molto trasporto e la cosa che colpisce è il fatto che inizia a parlare di sé e subito, la si ritrova a parlare di altro, o meglio di altri, descrive altri avvenimenti per raccontare se stessa: "La mia storia in qualche modo fa parte di storie di altre persone". Perché la sua vita come dice lei è un miscuglio di tutte le storie dalle quali è stata colpita e che lei ha fatto proprie; le ha cercate, per capire i protagonisti, "storie di altre persone che ho voluto mettere in contatto: Mario Cianchella si conosce con Piera (Aiello), Piera si

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conosce con nonno Nino (Caponnetto), nonno Nino con Rita, con Luigi (Ciotti), con Margherita Asta, era giusto che si conoscessero perché insieme sono proprio una bella carica umana, per cui poi, di fatto fare l'antimafia in questi termini e con questa gente, fai del bene a te stessa". Ci spiega. andro Marcucci testimone nel processo per la strage di Ustica, prima di essere ammazzato le disse che "…con la nostra storia e con il nostro impegno e non con le parole e i nostri principi bisogna avvicinarsi agli altri". Ne ha fatto un credo che non ha bisogno di altri supporti anche se Nadia ci tiene a sottolineare che il vero supporto del suo quotidiano e delle sue scelte è sua madre. "Mia madre è il pezzo forte della mia vita”. “Io rimango orfana a dodici anni, mia madre non cede a nessun compromesso, si rimbocca le maniche e gestisce solamente lei la famiglia. Finanzia con tanta difficoltà, anche le mie scelte, il mio voler sapere. Lei, a Milano, aveva fatto le lotte operaie. Figlia di contadini, giunta a Milano si era ritrovata nel mezzo delle contestazioni. È proprio lei il mio grande supporto".

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LA VITA DI RITA ATRIA STORIA DI UNA RAGAZZA RIBELLE ita, non t'immischiare, non fare fesserie" le aveva detto ripetutamente la madre, ma, Rita aveva incontrato Paolo Borsellino, un uomo buono che le sorride dolcemente, e lei parla, parla…racconta fatti. Fa nomi. Indica persone, compreso l'ex sindaco democristiano Culicchia, che ha gestito e governato il dopoterremoto. "Fimmina lingua longa e amica degli sbirri" disse qualcuno intenzionalmente, e così al suo funerale, di tutto il paese, non andò nessuno. Non andò neppure sua madre, che, disamorata, fredda e distaccata, l'aveva ripudiata e minacciata di morte perché quella figlia così poco allineata, per niente assoggettata, le procurava stizza e preoccupazione. Inoltre, sia a lei che a quella poco di buono di sua nuora, Piera Aiello, che aveva plagiato a picciridda, non perdonava di aver "tradito" l'onore della famiglia. Si recherà al cimitero parecchi mesi più tardi, e con un martello, dopo aver spaccato il marmo tombale, rompe pure la fotografia della figlia, una foto di Rita appena adolescente. iglia di un piccolo boss di quartiere facente capo agli Accardo, Rita Atria è nata e cresciuta a Partanna, piccolo comune del Belice, una vasta zona divenuta famosa perché distrutta dal terremoto. Un territorio in cui, in quel periodo, si dice circolasse denaro proveniente dal narcotraffico, e di cui Rita non sopporta le brutture, le vigliaccherie, la tristezza. L'ignavia delle donne. "Una donna sa sempre cosa sta combinando suo marito o suo figlio" ha spiegato Piera Aiello moglie di Nicola Atria, fratello di Rita, e lei condivide con convinzione. Sensibile all'inverosimile, eppur ostinata, caparbia, fin dall'adolescenza dimostra di essere molto dura ed autonoma. casa sua, faide, ragionamenti, strategie, vecchi rancori, interessi di ogni tipo, erano all'ordine del giorno, perché, suo padre, don Vito Atria, ufficialmente pastore

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rogetti? "Io mi occupo di informatica, sono una appassionata di informatica, mi piace il mio lavoro e voglio continuare a farlo. Non ho ambizioni di nessun tipo tranne che quelle di poter fare le cose che mi piacciono, tra queste

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di mestiere, era un uomo di rispetto che si occupava di qualsiasi problema; per tutti trovava soluzioni; fra tutti, metteva pace, "…per questioni di principio e di prestigio…- sosteneva Rita - senza ricavarne particolari vantaggi economici…" tranne quello di rubare bestiame tranquillamente ed avere buoni rapporti con tutti quelli che contavano. ionostante, il 18 novembre dell'85, don Vito Atria, non avendo capito che il tempo è cambiato, e che la droga impone un cambio generazionale, è stato ucciso. Rita innanzi a quel cadavere crivellato di colpi, fra gli urli e gli impegni di rappresaglia dei famigliari, anche se appena dodicenne, dentro di sé, comincia ad rimestare vendetta. Ma la morte del padre le lascia un vuoto. Rita, allora, riversa tutto il suo affetto e la sua devozione sul fratello Nicola. Ma Nicola era un "pesce piccolo" che col giro della droga, aveva fatto i soldi e conquistato potere. Girava sempre armato e con una grossa moto. Quello con il fratello diventa un rapporto molto intenso, fatto di tenerezza, amicizia, complicità, confidenze. E' Nicola, infatti, che le dice delle persone coinvolte nell'omicidio del padre, del movente; chi comanda in paese, le gerarchie, cosa si muove, chi tira le fila… trasformando così una ragazzina di diciassette anni, in custode di segreti più grandi di lei. Tutto ciò non le impedisce di innamorarsi e fidanzarsi con Calogero, un giovane del suo paese. Fino al 24 giugno del 91, il giorno in cui anche suo fratello Nicola viene ucciso e sua cognata Piera Aiello che da sempre aveva contestato a quel marito le frequentazioni e i suoi affari, collabora con la giustizia e fa arrestare un sacco di persone. Calogero interrompe il fidanzamento con Rita perché cognata di una pentita e sua madre Giovanna va in escandescenze. Dopo il trasferimento in località segreta di Piera e dei suoi figli, Rita a Partanna è vera-

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il mio lavoro. Questo mi permette di vivere con i piedi per terra di non cercare chissà quali posizioni". ntanto, il 22 luglio prossimo tutti a Milazzo "Qualcuno mi ha chiesto se stavo facendo il raduno dei perdenti,

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mente sola: rinnegata dal fidanzato e dalla mamma, non sa con chi parlare, con chi scambiare due parole. ottomettersi come sua madre o ribellarsi? All'inizio di novembre, ad appena diciassette anni, decide di denunciare il sistema mafioso del suo paese e vendicare così l'assassinio del padre e del fratello. Incontra il giudice Paolo Borsellino, un uomo buono che per lei sarà come un padre, la proteggerà e la sosterrà nella ricerca di giustizia; tenterà qualche approccio per farla riappacificare con la madre. a ragazzina inizia così una vita clandestina a Roma. Sotto falso nome, per mesi e mesi non vedrà nessuno, e soprattutto non vedrà mai più sua madre. L'unico conforto è il giudice. Ma arriva l'estate del '92 e ammazzano Borsellino, Rita non ce la fa ad andare avanti. Una settimana dopo si uccide. Al suo funerale, non va nessuno: "Amica di sbirri". Poco tempo fa, Giovanna Cannova, madre di Rita, ha chiesto allo Stato che a sua figlia venisse riconosciuto lo status di collaboratrice di giustizia. Lo stato ha risposto picche. Lei, a dimostrazione che non c'era stata nessun tipo di riconciliazione, il 26 luglio scorso, giorno dell'anniversario della morte di sua figlia, ha impedito che alcune donne dell'associazione "Rita Atria " deponessero una corona di fiori sulla sua tomba.

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forse, sono degli amici, delle belle persone, mi piacerebbe che gli altri, che altra gente avesse il piacere di conoscerle. Abbiamo trasformata una cosa drammatica in una festa". E non sarà una festa da dimenticare tanto presto.

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Palermo Anomia estiva

Sotto: al Valentain.

FRANCESCO GALANTE

Arrestano i mafiosi, e allora certi commercianti si chiedono perplessi a chi bisogna pagare il pizzo ora per poter tornare alla “normalità”... dei Bonura e dei Cinà. Sulla mensola una busta con la solita somma, riempita mensilmente aspettando che torni il gabelliere, che non si sa mai. l Valantain qualcuno si è commosso, abbiamo creduto di conoscere gente che resiste, c’erano pure quelli di ‘Ammazzateci tutti’: ma ci avevano invitato per dirci che andavano via, lasciavano la Calabria come il presidente di Confindustria Pippo Callipo, una specie di sceriffo missionario che mandavano avanti alla “Vai, avanti tu che a me vien da ridere”. Qui gente che sembrava indistruttibile ci farà presto lo stesso scherzetto, e non ci sarà ragione di biasimarli. Il siciliano, e più in generale chi lotta contro la mafia, il più delle volte molla. iù in alto, ma qui è il piano attico della costernazione, con ampia vedute sulla città degradata, c’è il vago sostegno delle associazioni di categoria, che sembrano aver sparso tra i commercianti il terrore dell’associazionismo antiracket. Dei fresconi che cantano contro la mafia non ci sarebbe da fidarsi, zitti e fermi finché passa la maretta. Usciti dai loro uffici fanno alti proclami di sostegno alla realtà importante e rivoluzionaria dei giovani contro il pizzo, il cui morbo si è espanso a Catania. Lì la strada potrebbe essere più facile, esiste l’antiracket e non la si fugge come una peste, che vuol rubare la scena. Niente ansia da concorrenza, quantomeno, ma il lavoro sarà ugualmente duro. Pigramente, buona estate.

Ambiente/ La lotta contro l’AV (Alto Vandalismo) in Val di Noto

In uno dei luoghi più belli della Sicilia le multinazionali vengono a trivellare e inquinare con l’avallo delle autorità regionali. La popolazione non ci sta. E finanzia un Dvd per denunciarle dappertutto...

“Guarda che ti video!”

FOTO MOSCUZZA

Un popolo che non si ribella...

A rima la contemplazione di Palermo ai tempi del pizzo, con i ragazzini di Addiopizzo a urlare per Provenzano catturato; poi l’avvio del consumo critico, e la constatazione che le cose cambiano troppo lentamente o non cambiano proprio. Il 20 giugno notizie un po’ più importanti, con gli arresti di mezzo stato maggiore della mafia palermitana, 45 presi e uno costituitosi, con il procuratore nazionale che parla di Cosa nostra in ginocchio. Ora gli appesantiti ragazzi di Addiopizzo si sentono riferire che i mafiosi tramavano anche contro di loro, nei loro container da summit, e stavano progettano il modo di penetrare nella lista per infamare la campagna. Bastava che il grande magazzino, che da sempre pagava il pizzo, si dichiarasse pizzo free per riverginarsi. Fa niente, continuate pure. uello che lascia attoniti è il numero Info e adesioni di negozi che commercianti dopo il 20 giuPalermo e prov.: comitato@addio- gno tiene le sarapizzo.org cinesche abbasSolidaria: sate, quasi non 091.333467 avesse più stimo347.5020457 lo a continuare le

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attività. Gregge a cui hanno arrestato i pastori, ai negozi di Passo di Rigano e via Malaspina manca la spinta vitale che fa girare l’economia, o forse solo il personale. Non che si fosse mai vista molta economia, in certi negozi. Gli stessi commercialisti lo ignorano, ma a Palermo molte botteghe e negozi non hanno mai venduto un pezzo. Esistono per risciacquare altri soldi, soldi di altri, il personale è stipendiato e tace; i mobilieri di piazza monte di Pietà non scostano neanche la polvere, lo sprovveduto cliente ha poca scelta, compra quello che vedi e fila, in magazzino non c’è niente da vedere. ndando su altri piani di costernazione, si sa per certo che quando arrestarono i Graviano e tutta l’allegra cosca di Brancaccio, i commercianti di zona cominciarono a chiedersi a chi bisognava pagare il pizzo, tanto per tornare alla normalità. Una situazione anomica che ecciterebbe l’antropologo, quasi un transfert verso il caro estortore, figura desiderata e negata. Dopo l’estate, mentre magari i vuoti di potere si colmano, aspettiamo gli stessi fenomeni tra gli orfani dei Rotolo, dei Marcianò,

Quei negozi che non vendono niente...

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Un patrimonio internazionale minacciato dalle trivelle CORRADO CELESTRI el giugno del 2002, a sette anni dalla richiesta, l'Unesco completava l'istruttoria e decideva per l'inserimento nella Heritage List di otto città della Sicilia sud-orientale, città che nel passato avevano fatto parte di una delle tre aree amministrative (denominate Valli, sing. Vallo) nelle quali gli Arabi avevano suddiviso la Sicilia: il Vallo di Noto. Tale entità, il Vallo, ormai confinata nelle pieghe della storia, è riemersa dunque, prepotentemente, a tal punto da costituire l'elemento aggregante ed unificatore di realtà urbane distinte, distanti ed ormai immemori di aver percorso insieme un tratto della propria storia. ’Unesco ha pertanto inteso inserire nella Lista non un monumento, una città od un insieme di città, ma un comprensorio, che tre secoli fa fu interessato da un evento catastrofico, ma che

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seppe trasformare quell'evento in opportunità di ricostruzione, ridefinizione e di rinascita materiale, sociale, morale. Quel riconoscimento ha avuto, e sempre più avrà, importanza se, lungi dal portare alimento ad orgogli municipali già ipertrofici, sarà utilizzato per ricercare, approfondire e valorizzare i tratti salienti di una civiltà che nel Settecento poteva ben dirsi al centro dell'Europa, mentre oggi ne costituisce la periferia estrema e degradata. fra i tratti salienti, forse, il più rimarchevole è costituito proprio dalla qualità ambientale, caratterizzata dalla prossimità di ecosistemi integrati che vanno da quello marino, a quello

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fluviale, a quello vulcanico, a quello collinare e montano, a quello lacustre, che presentano una notevole bio-diversità e che trovano nella favorevole posizione geografica la condizione per sviluppare le reciproche interdipendenze. ltra caratteristica del territorio della Sicilia sudorientale, individuato come Val di Noto, è quello della antropizzazione, le cui origini si perdono nella notte dei tempi e le cui vestigia, dalle necropoli paleolitiche, alle catacombe paleocristiane, alle fabbriche barocche si ritrovano ad ogni piè sospinto. E' pertanto un territorio articolato, complesso, ricco, sia sotto il profilo ambientale che umano e che trova però nella sua complessità anche tutti gli elementi

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La regione ha già dato le autorizzazioni alla Panther Resourch Corporation, gigante texano del petrolio, per iniziare i lavori di trivellazione nella zona protetta, scavalcando sindaci e istituzioni locali

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"13 variazioni su un tema barocco - Ballata ai petrolieri del Val di Noto" è un film indipendente perchè prodotto dal basso, con la gente. Un film che è nato nella rete e che fa parlare di sé ancora prima di essere realizzato

Christopher e le trivelle “Venda, è la sua fortuna!”

Parlano i Malastrada, film-maker di strada e di web ANTONELLA BECCARIA

sua vulnerabilità. > della L'insediamento petrolchimico, che si estende su 20 Km di costa da Priolo ad Augusta, è proprio li a testimoniare come la mancanza di consapevolezza della propria storia e delle proprie risorse apra la strada ad un finto progresso che distrugge molta più ricchezza di quanta ne produca, determinando nel contempo quella frustrazione, disillusione e miseria che fiaccano ulteriormente la possibilità di uno sviluppo alternativo e sostenibile. i troviamo nuovamente di fronte ad un passaggio del genere: le trivellazioni gas-petrolifere in Val di Noto, agevolate da un uomo, Salvatore Cuffaro detto Totò, vecchio e nuovo Governatore della Sicilia, e da una donna, Marina Noè, ex Assessore all'Industria, hanno le stesse potenzialità distruttive del polo industriale siracusano. ' però consolante constatare che le condizioni di sottocultura e di miseria estrema, che quarant'anni or sono fecero scambiare alle genti di questo territorio, la propria salute, il proprio ambiente ed anche la prospettiva di un futuro migliore contro un tozzo di pane, sono mutate nel corso di questi decenni: i danni di uno sviluppo non rispettoso dell'uomo e dell'ambiente non sono più paventati ma reali e nuove e promettenti esperienze produttive, legate al territorio ed alle sue vocazioni, e che vanno dall'agricoltura biologica, all'agriturismo, al turismo culturale, all'enogastronomia, alla valorizzazione dei prodotti tipici, sono state sperimentate con successo. ' necessario che Cuffaro e la Noè comprendano di aver sbagliato e che si dichiarino disponibili a rimediare. Una vacanza in Val di Noto potrebbe favorire questo ripensamento.

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ra venuto in Sicilia poiché qualche suo avo era nato qui. Lui un signore alto, possente e dai capelli brizzolati è un tipo sornione ma dall'occhio sveglio ed attento. Venne anni fa per fare le vacanze, ma rimase colpito dalle bellezze di questa terra, dai suoi scorci e dai suoi colori. Immaginando come viveva sua nonna e i suoi bisnonni. Venuto in Sicilia e acquistato un fondo, crede di aver ritrovato le sue radici e pregusta già come vorrebbe passare gli anni a venire. Pensa già di voler ristrutturare il casermone che si ritrova sul suo terrenoe comincia a prender contatti con uno studio tecnico locale. Diventa subito amico del giovane ingegnere Giuseppe che, conoscendo bene l'inglese, diventa anche di fatto suo interprete. Iniziano a progettare la ristrutturazione edilizia necessaria per rendere abitabile il casermone. Ma il sogno dura poco. Comincia a ricevere segnalazioni che, sul suo terreno si aggira un tipo dal fare sicuro, che salta muri a secco e spara foto di qua e di là... E’ un geometra che svolge incarichi di contattista per conto della Panther Resource Corporation. Alla fine costui individua nel fondo di Cristopher le caratteristiche ottimali per un cantiere estrattivo di idrocarburi. E chiede subito un incontro. L'incontro avviene nello studio dell'ingegnere, il quale traduce tutto quanto il tecnico della Compagnia dichiara. "Noi chiediamo ai proprietari che ce lo affittino, così da aver buoni rapporti con le popolazioni ma in fin dei conti anche se si rifiutano, se vogliamo acquisiamo di diritto il fondo interessante. A noi piace il fondo del Sig. Hyland per la natura pianeggiante, l'assenza di tralicci elettrici e caseggiati troppo vicini al cantiere. Certo lei concorda con me sulla opportunità che stiamo offrendo al Sig. Hilander, gliela vuole spiegare la fortuna che gli è capitata?" L'ingegnere ascolta e poi traduce. Christopher non sa se ridere o piangere. Alla

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fine dandosi un pizzicotto realizza che non è un incubo ma è la realtà. Christopher rifiuta qualsiasi proposta economica di occupazione del suo terreno, riceve innumerevoli telefonate dal geometra contattista ma alla fine viene chiamato dallo stesso proprietario della Compagnia, che gli riformula la proposta a prezzi più vantaggiosi che mai e mostrando una disponibilità alla trattativa al rialzo che dà fastidio al povero Cristopher che con fatica cerca di spiegare che non è questione di prezzo. In lui vi era il profondo desiderio di non cedere, per eventuali trasformazioni, il fondo agricolo. L'aveva trovato dopo tante ricerche. Gli era sembrato quello più bello e lo aveva acquistato. L'insistenza del petroliere lo aveva infastidito non poco. Inoltre comprende che il fatto di non avere una residenza ufficiale in Italia è stata la sua fortuna poiché la "notifica di occupazione coatta" non può essere fatta all'estero ma deve essere sul suolo italiano e Cristopher non ha residenza sul suolo italiano. Alla fine, scoprendo che vi era un Comitato nato per contrastare le ricerche gas-petrolifere vi si rivolge ed instaura un proficuo rapporto di vicinanza e di sostegno reciproco. Il geometra contattista si arrende e si rivolge ad altri proprietari i quali, ed è la cosa bella, finora hanno sempre cercato anche loro il sostegno del Comitato per sapere come rispondere alle richieste dei petrolieri e non hanno mai mostrato disponibilità alla realizzazione delle perforazioni. In conclusione il Comitato fa sapere ai proprietari di tenersi pronti perché se Cuffaro alla Regione e Pecoraro Scanio al Ministero dell'Ambiente non revocano i permessi dati dalla Marina Noè, imprenditrice nel settore dei trasporti di idrocarburi, si dovranno fermare con mezzi di resistenza non-violenta i Petrolieri e non importa se italiani o stranieri: si dovranno fermare!

l nostro non sarà un documentario, ma un film-inchiesta. Abbiamo intenzione di sommare agli strumenti giornalistici, quelli filmici: cinematografici. Lavorare da indipendenti evita alcune difficoltà ma ne mette in campo delle altre. Il film-inchiesta che stiamo producendo s'intitola 13 variazioni su un tema barocco, Ballata ai petrolieri del Val di Noto. Parla di una parte della Sicilia, una zona tra le più belle e ricche (città barocche, vitigni pregiati, prodotti DOP esportati in tutto il mondo) ma diventata preda di interessi economici talmente scriteriati da annunciare un disastro ambientale. Le trivellazioni per la ricerca di idrocarburi nel sottosuolo del Val di Noto, insieme agli inceneritori e al ponte sullo stretto, sono l'ennesima malefatta di un potere locale non conosce ostacoli né valuta conseguenze. Ma, a differenza delle altre, questa storia è ancora poco conosciuta e non fa abbastanza clamore. A cercare di rompere il silenzio, oltre alla nostra casa di produzione e agli "attivisti" di internet, sono gli stessi cittadini del Val di Noto, che da due anni fanno in comitati e gruppi per contrapporsi all'avvento delle multinazionali petrolifere". - Come nasce l'idea del film e come avete iniziato a strutturarne soggetto? Quali sono stati i primi contatti con gli interlocutori e che tipo di risposte avete ottenuto? "Dalla necessità di portare la tematica delle trivellazioni all'attenzione nazionale. Non riguarda solo pochi abitanti dell'estremo sud d'Italia. L'Unesco ha dichiarato la Val di Noto Patrimonio dell'Umanità.E' un patrmonio inconciliabile con l'idea di proliferazione petrolifera. In Val di Noto investitori stanieri - inglesi, tedeschi e francesi - da anni continuano ad acquistare immobili, a volte

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anche ruderi, riportandoli ai vecchi splendori, così come gli abitanti di quelle zone hanno preferito investire in agriturismi, agricoltura biologica, e quant'altro potesse sì sfruttare il territorio, ma non deturparlo. Questo significa che a differenza del governo regionale siciliano, c'è chi ha perfettamente compreso quale sia il vero sviluppo economico per questa terra. Lo vogliono mettere a repentaglio a favore di una multinazionale. Noi di questo vogliamo parlare. Dal punto di vista cinematografico andare a girare in un territorio ritenuto Patrimonio dell'Umanità significa che tutto ciò che rientrerà all'interno di un'inquadratura è un bene mondiale. Molto stimolante, a livello creativo”. - Le modalità di finanziamento della produzione prevedono un intervento "dal basso", con gli spettatori che contribuiscono direttamente. Scelta o necessità? "Un po' tutt'e due. Necessità di allontanarsi dal controllo e dalle censure. E voglia di dimostrare che questo filminchiesta è davvero voluto dalla gente. Il film sarà realizzato solo perchè la gente ha partecipato, credendo nel progetto e preaquistando una copia del Dvd finale che verrà poi loro spedito. Nessuno potrà dire che temi così non interessino il pubblico, visto che il pubblico ne vuole parlare tanto da trasformarsi da spettatore a produttore. Il sito Produzioni dal basso.com poi è una assoluta novità. C'è un'idea dietro molto chiara ed una piattaforma internet efficace. Questa piattaforma nasce in Italia, non a Dublino né Monaco o Stoccolma. Spunta fuori a Milano un annetto fa e attraverso

quel sito sono venuti fuori film, libri, dischi, stampe e altro. Noi ci crediamo e partiamo da là". - Quanto sono stati coloro che hanno offerto il loro sostegno economico per la copertura delle spese di produzione? "500 persone ci hanno accordato la loro fiducia prenotando una copia del filminchiesta. Il grosso della raccolta è avvenuto via internet ma sono stati in tanti che hanno raccolto prenotazioni del DVD tra parenti, amici e simpatizzanti. La rete è stato un pullulare di post sull'iniziativa e c'è un gran parlare attorno al film, questo ci ha aiutato molto". - E ci sono state altre offerte di collaborazione (distribuzione, messa a disposizione di sale per la proiezione, eccetera)? "Riguardo la distribuzione questo progetto ha un disegno preciso sin dall'inizio. Innanzi tutto la prevendita dei DVD determina un numero preciso di spettatori. Ma volendo rilanciare un problema come quello delle trivellazioni petrolifere a livello nazionale, dimostrando che la produzione indipendente può avere un suo circuito, non potevamo aspettare che qualcosa accadesse. Per questo abbiamo contattato diverse realtà italiane che ci permetteranno una certa visibilità. La collaborazione con Arcoiris.tv ci garantisce ad esempio la trasmissione via satellite oltre che la pubblicazione del film all'interno del loro sito. Un sito che cresce in maniera esponenziale mese dopo mese e che è destinato a diventare uno dei più grandi contenitori video-web italiani, il tutto gratis e senza censure. Pubblicando sul web sfruttiamo inoltre la permanenza del film, la sua reperibilità, nel tempo: in tv durerebbe un'ora circa e poi appunto: fine delle trasmissioni. È chiaro che non avremmo alcun problema ideologico a cederlo alla televisione, ma soltanto scegliamo di non aspettare che la tele-

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Ponte (Messina), inceneritori (Paternò, Aragona, Bellolampo, Augusta), trivellazioni (Val di Noto): mezza Sicilia aggredita da interventi pesanti e speculativi inconciliabili con la vocazione naturale dei territori

ESTATE/ CALDO, RIFLUSSO, RITORNO A CASA...

Ecchisenefrega, noi del Ritaexpress ripartiamo lo stesso

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ANDREA INZERILLO E LUCA SALICI

visione si interessi al film. Nel progetto rientrano poi anche realtà esterne al web come l'Arci che ci sostiene e metterà in distribuzione il film in molti cinecircoli. Non saremo nelle grandi sale questo è certo, ma: 1) nelle grandi sale non c'è dibattito 2) non facciamo intrattenimento. I cinecircoli vanno benissimo". - Altra particolarità del progetto è la licenza, una Creative Commons. Su quale vi siete orientati e per quali ragioni? Nella troupe, questa scelta è stata condivisa fin dall'inizio oppure avete incontrato la diffidenza di qualcuno? "Diffidenza nessuna, ne abbiamo parlato, abbiamo letto e abbiamo capito. Anche le Creative Commons sono una novità di altissimo livello in Italia. La licenza con la quale intendiamo pubblicare il film è la NonCommerciale-No opere derivate 2.5. Abbiamo ritenuto che questa fosse per noi ma anche per il comitato contro le trivellazioni la formula migliore. C'è anche una valutazione di fondo rispetto alle CC, come

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casa di produzione/ distribuzione, stiamo battendo anche la strada delle librerie e delle edicole per la diffusione, riteniamo che la libera circolazione del film non significhi più la sconfitta commerciale del "prodotto", ma possa costituire un valore aggiunto. Abbiamo intenzione di ragionare/agire in maniera diversa rispetto alle etichette di mercato, capaci di blindare la conoscenza al solo gusto del pubblico pagante". - Durante la lavorazione, siete entrati in contatto con realtà fino a quel momento estranee al progetto? Se sì, quali e che tipo di forme di collaborazione siete riusciti a instaurare? "Nella fase di promozione e di prevendita delle copie DVD, il contributo inaspettato è arrivato dalle radio di base (Radio Dissident, Radiobase, Radio Popolare), che hanno fatto e continuano a fare un gran lavoro di promozione e informazione in maniera del tutto autonoma. Siamo stati anche molto felici di aver avuto l'aiuto di tanti amici della rete di RITA EXPRESS, il che per noi ha significato considerare che nonostante la sconfitta elettorale, al di sopra dello stretto c'è ancora una sorta di avanguardia siciliana capace di esportare i problemi dell'isola. Poi certamente siamo entrati in contatto con singole

persone, da tutta Italia, che si dicono disponibili a darci una mano in qualsiasi fase del film. Molti di loro copiano e incollano nel loro blog, gruppi e forum il comunicato stampa dell'iniziativa. Si sparge la voce. Questo significa che produrre dal basso ti pone a contatto direttamente con la gente, dalla quale ricevi consigli, aiuto per la diffusione dell'iniziativa e in molti casi anche la co-produzione del film. Sta qui il metodo creativo, la possibilità continua e reciproca di ricevere dall'esterno, dalle persone, dai cervelli delle persone". Quando sarà pronto il film? Avete già idee circa la presentazione e il circuito attraverso cui sarà diffuso? La strada dei festival la ritenete praticabile considerando le difficoltà per iscriversi e partecipare? "Il film sarà pronto, stampato in DVD e spedito ai nostri produttori entro settembre. Lavoreremo cercando di razionalizzare i tempi che il digitale oggi ci permette. Riguardo ai festival, la strada è senza dubbio praticabile, si tratta di capire quanto tempo ci si mette a percorrerla. Iscriversi di per sé non è difficile, a volte è dispendioso data la quantità dei festival (spedizione, postale, copia del lavoro, quota di iscrizione), ma in molti casi si fa prima a non spedire. Partecipare forse è un po' più complicato, ma dipende, fondamentalmente, da chi è preposto a selezionare il film". Bookmark: www.produzionidalbasso.com

I comitati contro le trivellazioni e la casa di produzione indipendente Malastrada.film collaborano al film-inchiesta che racconta l'assurda vicenda della proliferazione petrolifera in un valle inserita dall'Unesco nella World Heritage List 2

Da un movimento nato quasi per caso, una rete che cresce ogni giorno. Ad agosto si incontreranno a Siracusa per il loro primo campeggio nazionale. Tra musica, cinema, sport ed assemblee decideranno cosa fare insieme nei tempi a venire. Per mantenere la promessa che si sono fatti e per continuare a sostenere l’opposizione Rita Borsellino al sistema politico-mafioso opo i treni, le università, i seminari e gli aperitivi, Ritaexpress organizza il Primo campeggio nazionale aperto ai ragazzi siciliani e non. Continuando il lavoro fatto in primavera, non vogliamo perderci di vista, con la pretesa di poter dire qualcosa di importante alla nostra Sicilia. ensavamo: questa storia non può finire così. L'avevamo deciso tutti insieme, il giorno della sconfitta di Rita Borsellino; non può essere che tutto quel che siamo riusciti a creare dal nulla torni di nuovo nell'ombra. È stata un'esperienza che ha fatto crescere tutti noi che ci siamo dedicati per mesi interi ad un sogno realizzabile, quello che Rita poteva rappresentare. Ok, allora dobbiamo rivederci e organizzarci, si diceva. L'occasione per farlo è stata una riunio-

ne nazionale organizzata l'uno e

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il due luglio in una Casa del popolo a Sieci, in provincia di Firenze. Proprio mentre il sole infuoca la Sicilia già in tenuta da spiaggia, l'afa la fa da padrona a Firenze e in tv Totti e i suoi giocano con le squadre di tutto il mondo. Per non parlare degli esami imminenti. oco importa se Rita non rappresenta la sinistra siciliana in carica (Ds e Margherita), noi siamo sempre qui a vederci e a impegnarci. Di solito a queste riunioni ci si aspetta di vedere sempre le stesse facce. Ma il Ritaexpress arruola gente nuova ogni giorno, e c'è chi si è aggiunto dopo le elezioni, a risultati ormai consolidati. Molti erano i "nuovi", fra i cinquanta ragazze e ragazzi provenienti da tutte le città universitarie. Due giorni di riunioni fino a notte fonda, quando finalmente

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Dai finestrini del Rita Express. A fondo pagina: si parte per la Sicilia. Al centro: Rita Borsellino coi ragazzi del Rita Express.

siamo andati a dormire tutti insieme nelle stanze offerte dalla casa del popolo. Giorni pieni di discussioni intense per immaginarci un po' quali saranno gli obiettivi di questo movimento. Il primo, è realizzare un incontro di tutti gli studenti fuorisede siciliani. Ma basta con i treni e le università. Stavolta ci vediamo in campeggio, nella Sicilia in cui siamo nati. Il Primo campeggio nazionale di Ritaexpress, insomma, aperto a siciliani e non, per continuare a fare della Sicilia una questione nazionale: l'ospiterà, nell'ultima settimana di agosto, la Provincia di Siracusa. Ci saranno assemblee, chiacchierate, concerti, tornei sportivi, cinema vecchio e nuovo e tutto ciò che verrà fuori da un po' di siciliani giovani che pensano insieme. l Ritaexpress riparte, perciò. Si punta a ristabilire i contatti sia con le associazioni che con le forze politiche e civili siciliane per dare una mano concreta e tutti insieme a questa opposizione guidata da Rita Borsellino. Il campeggio sarà l'assemblea costituente del movimento, sarà lì che decideremo come continuare la nostra azione. Arrivederci dunque per l'ultima settimana di agosto. Info: www.ritaexpress.it

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Emigranti

Emigranti

Quando Odisseo viaggia per raccogliere patate

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SARA FRISINA

C’è un campo abbandonato, a Cassibile, dove i braccianti africani vanno a dormire. Se non ti addentri tra gli ulivi, nemmeno li vedi.Se il caporale gli dà lavoro, raccolgono patate. Attraverso deserti, attraverso mari, si sono incrociati lungo le rotte dei migranti e alla fine sono arrivati qui. In mezzo alle sterpaglie, all’indifferenza di alcuni e l’odio di altri. “E l’anno prossimo, tornerai in Sicilia a dormire in un campo e raccogliere patate?”. “Non lo so. Ma verranno tempi migliori” bbiamo aspettato che facesse notte per ritrovarci nel posto stabilito: dovevamo stare molto attenti alla polizia. Finalmente, all’una siamo partiti: eravamo in trentasei sul gommone, uno addosso all’altro. C’erano solo due donne: un’anziana e una ragazza. Il liberiano che guidava ha fatto due segni sulla bussola: da questa parte l’Italia, da quest’altra Lampedusa. Ci sono voluti due giorni per arrivare, col mare che si gonfiava. Da mangiare, solo un po’ di latte e dei datteri che avevamo comprato in Libia”. a 30 anni, Ghamar, e un viaggio lungo e pericoloso sulle spalle. Salire sul gommone a Zuwarah costava duemila dollari, ma un libico ha contrattato per lui, facendogliene pagare solo 1500. A differenza di Ulisse, il suo non era il viaggio del ritorno. Era il viaggio che lo ha portato qui a Cassibile, in Sicilia, dopo essersi lasciato alle spalle la famiglia e i villaggi bruciati dalla guerra in Darfur, nel Sudan. E’ sbarcato nel 2004; due mesi forzati ad Agrigento e poi ad Acireale, alla Casa del Buon Pastore, dove ha imparato un po’ d’italiano. E’ un “richiedente asilo politico” e per questo non potrebbe lavorare; ma quello che la legge impedisce, lo stomaco esige. E così Ghamar si è ritrovato con i suoi amici a raccogliere le patate, mentre la sua pratica ancora passa di mano in mano, di ufficio in ufficio. on è facile dire se qui lavorare sia una fortuna o una maledizione: 8, 10, anche

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12 ore se necessario, con la schiena curva e le gambe dritte, le mani che affondano nella terra dura per tirare fuori i tuberi. La sera, chi ha scavato tutto il giorno si riconosce da come cammina. “Ci alziamo alle 3 per andare nella piazza del paese, dove i caporali scelgono chi dovrà lavorare. Alle 6 e mezza è già tutto deciso: se va bene, oggi lavori; altrimenti, niente.” I caporali sono quasi tutti maghrebini, regolarizzati, in Italia già da molti anni. Favoriscono i loro compaesani: un po’ per campanilismo, un po’ per razzismo. Quando tutti gli arabi hanno avuto il lavoro, quello che rimane viene gettato ai sudanesi. La percentuale che il caporale gli estorce è maggiore: dei 50 euro giornalieri, lui ne prende circa 15, un po’ per il disturbo e un po’ per il passaggio fino al campo di lavoro. Caricandone anche otto, se il bagagliaio è capiente.”Ti danno solo un’ora di pausa per mangiare, ma non tutti la fanno, specialmente se sono rimasti indietro col lavoro. Non ti permettono né stanchezza né sete, il caporale urla tutto il tempo: non ti puoi fermare, se no non ti pagano o, peggio ancora, non lavori più”. hamar è rimasto a casa anche oggi: in un mese ha potuto lavorare solo dieci giorni. L’unica cosa che può fare è ripararsi dalla canicola all’ombra degli ulivi. Stamattina scherzava, mentre un suo amico affettava cipolle: ”Intanto mettiamo queste, la carne la

“Alle 3 pronti sulla piazza”

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stiamo aspettando”. Mentre parla, dai gruppi di alberi si fanno avanti altri sudanesi, tutti giovani come lui: il più piccolo ha 18 anni. Oggi si mangia asida, una polenta di farina e acqua, che in Sudan è fatta di miglio, ma che qui ci si accontenta di farla col grano. L’hanno adagiata in una di quelle bacinelle che usiamo per i panni, in un’altra c'è l’intingolo preparato con una scatoletta di tonno: sono in otto a consumarlo, e finisce troppo in fretta. “Sono stati tanti i giorni in cui non abbiamo mangiato, nemmeno si contano. Quando si arriva qui, capita di non avere nulla da mettere nello stomaco, ma poi ci si aiuta tra di noi: per il cibo ognuno mette quel che ha, chi non può pagare lo farà quando lavorerà”. Ogni tanto qualcuno passa, trascinandosi lentamente, con la carriola carica di taniche per l’acqua: devi andare fino in paese se vuoi avere qualcosa per bere o per lavarti, e sono due chilometri. Uno all’andata, uno al ritorno. a domenica del 4 giugno il campo è stato incendiato. O ha preso fuoco, su questo pompieri e polizia non si sono ancora messi d’accordo. Nessuna inchiesta. Curiosamente, l’incendio è arrivato alla fine della raccolta delle patate. Le fiamme si sono portate via le poche cose che i migranti avevano con sé. Sayed non ha fatto in tempo a salvare i suoi 400 euro, quasi due settimane di schiena curva, calore intenso, mani ferite. Un picco-

Le povere cose date a fuoco

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lo miracolo: una tenda in mezzo alle sterpaglie bruciacchiate. Le fiamme l’hanno circondata, ma è rimasta intatta. “Secondo voi, chi è stato?” Uno dei compagni di Ghamar fa un ghigno amaro.“Io dell’incendio non penso nulla, io abito in una tenda. Pensare è per chi sta in una casa, tranquillo. Noi dobbiamo pensare alle patate e basta: abbiamo sognato, poi siamo arrivati qui e del nostro sogno niente, non è rimasto più nulla.” a loro è una transumanza senza fine. L’impulso per questo moto perpetuo alla sua vita Ghamar lo ha ricevuto a Geneina, città al confine col Chad. “Ho fatto il commerciante, qualche lavoro saltuario, ho anche lavorato la terra. Tre volte ho visto arrivare i guerriglieri Janjaweed nel mio villaggio. Una volta hanno ucciso quindici persone; tre erano bambini. Vogliono farci scomparire, così possono prendere la nostra terra, i nostri animali. E il governo non vuole i giornalisti: in questo modo nessuno saprà quello che succede.” Così è scappato, a piedi. Ha attraversato il confine col Chad e lì ha pagato 200 dollari per farsi portare fino in Libia: una settimana e 1800 km, di cui 1300 sotto il sole del Sahara, a bordo di un camioncino. “Da mangiare avevamo qualche dattero e una sola bottiglia d’acqua, che ci doveva bastare per una settimana. Bisogna viaggiare leggeri.” Se qualcuno sta troppo male o muore, si alleggerisce il carico abbandonandolo lungo la strada. “Che si può fare? E’ tutto difficile, difficilissimo: il deserto, questo mare, Cassibile. Non esiste niente che stia a metà”. l campo è tagliato in due dai binari. I macchinisti sanno dei migranti, e fischiano prima di sfrecciare via. In queste collinette tra gli ulivi, in mezzo alle sterpaglie, ognuno si è sistemato come ha potuto. Da un lato i sudanesi, dall’altro i maghrebini. Le capannesono fatte con quel che si trova: teli di plastica, sacchi, canne secche come

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sostegno.Qualcuna è un po’ sbilenca e sta in

piedi a stento. Preoccuparsi della sporcizia costa tempo e sembra inutile, ma qualcuno alla pulizia non ci rinuncia. Un oggetto buttato ridiventa utile, qui: su una sdraio ci si riposa pure se è arrugginita. Qualcuno si è trascinato un letto vero. Fortuna è un concetto che si misura con un metro differente, nel campo. Una bici significa risparmiare tempo per andare a prendere l’acqua. nche i cassibilesi erano braccianti. Li vedono tutte le mattine, questi, quando vanno a cercare lavoro in piazza. Chi li compatisce, chi li ignora. Chi li vorrebbe fuori dal paese, come quel gruppo che s’è preso il disturbo di arrivare fino al campo per manifestare contro i “niuri”. Ma sono braccia troppo preziose per farne a meno.

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ino a qualche anno fa, i braccianti di Cassibile andavano a dormire in un deposito: dal 2005 è diventato un “centro di prima accoglienza”, gestito con fondi d'emergenza dall'associazione Alma Mater di Siracusa. Alcuni immigrati si sono spostati nella campagna abbandonata di proprietà del marchese Gutkowski di Cassibile; altri non hanno capito il cambiamento e si sono ritrovati con le sbarre alle finestre. L'anno scorso un ragazzo ha cercato di scappare saltando dal tetto: le costole che si è fratturato gli hanno bucato i polmoni. "Escono

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“Ho il nome di un califfo...”

SCHEDA KASSIBILEAUSLANDERZENTRUM 2006

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’entrata del campo è uno spazio aperto tra delle villette, non distante dall’ingresso del paese. Medici senza frontiere vi si è accampata per assicurare almeno gli standard minimi di un campo profughi. Qui ci trovi AbdelRahman, sempre indaffarato: se non c’è nulla da fare, se lo cerca. Un attimo lo trovi che ramazza, l’altro che sta strofinando la tenda dei volontari: un altro po’ e torna come nuova, Abdel-Rahman. In Marocco faceva il cameriere in un albergo, ma la paga non era abbastanza, né per lui né per un visto, considerato che in Marocco bisogna avere un conto in banca per ottenerlo. E così ha deciso: doveva andar via. *** bdel-Rahman porta lo stesso nome di uno dei califfi di Cordoba, al tempo in cui gli arabi erano i signori e padroni della Spagna. Lui invece in Spagna c’è entrato nascosto nel bagagliaio d'una Renault. E’ così che è salito sul traghetto che attraversa lo stretto di Gibilterra, aiutato da due amici francesi. Ogni tanto gli aprivano il cofano per farlo respirare e per spruzzargli un po’ d’acqua. Il viaggio è durato meno di un’ora: non è soffocato e nessuno l’ha scoperto. “Sono fortunato, io”. ’ rimasto per un po’ da sua sorella, a Venezia. “Al nord non puoi lavorare se non hai il permesso di soggiorno. Dovendo rimanere in casa, aiutavo nelle faccende. Ho deciso di venire in Sicilia perché è un posto turistico e avrei potuto trovare lavoro, il clima e la mentalità sono come a casa mia”. Per ora dà una mano ai volontari, ha una tenda dove dormire e qualcosa da mangiare. “Sono fortunato”. ei 300 del campo ne sono rimasti 30: Medici senza frontiere ha smontato la tenda, tornerà ogni tanto a controllare. Come tutti gli altri, Abdel-Rahman non sa cosa farà domani. Quel che è certo è che non vuole lavorare nei campi: non è venuto qui per le patate. “Verranno giorni migliori”.

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quando vogliono, noi siamo qui per nutrirli e vestirli", dice Stefania Ippolito, direttrice del centro. Non si può entrare senza autorizzazione. Con le inferriate e le macchine della polizia, ha già l'aspetto di quello che diverrà tra poco: il terzo centro di identificazione siciliano, da dove perlopiù si esce per essere espulsi. C’è un altro CPA a Cassibile, dove entra solo chi ha i documenti in regola. Nel campo ci sono i Medici senza frontiere – denunciati dal marchese per aver piantato la tenda senza permesso – e i volontari, come quelli della Rete antirazzista.

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Testimonianze/ Padre Stabile

Ritorno a Bagheria Alle radici di una vita combattiva e felice

“DEUS CHARITAS” AL CENTRO NON LA CHIESA MA l’AMORE l titolo che papa Benedetto XVI ha scelto per a sua prima enciclica è "Deus caritas est", Dio è amore (25 dicembre 2005) che riprende una citazione biblica tratta dalla prima Lettera di Giovanni (4,16): "Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui". Si può senz'altro affermare che non si tratta di un'enciclica politica, con tanto di richiami della dottrina sociale della Chiesa. Non si tratta nemmeno di un'en-

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FABIO D’URSO

Proseguendo nel nostro viaggio/ricerca fra i testimoni delle Chiese siciliane troviamo - in un piccolo paese - un prete che ha avuto un ruolo notevole nella trasformazione di una grande città come Palermo. Non ha avuto una vita facile, padre Stabile, nè una brillante carriera. Di lui colpisce per prima cosa una strana felicità, di chi ha visto tanti dolori e ne ha sofferto personalmente non pochi ma non vi si è appassito adre Stabile è tornato. E' tornato a Bagheria dove è nato. E' tornato a Bagheria , dove negli anni Ottanta insieme ad altri preti ha mobilitato manifestazioni unitarie, marce popolari, e dibattiti pubblici con nomi e cognomi. Allora dopo le minacce della mafia, e i divieti curiali, fu messo nella condizione di dovere scegliere tra il silenzio o la rinuncia all'attività pastorale. Lui allora ha scelto di continuare il suo lavoro di intellettuale e storico, e con tutta la esistenza si è occupato del rapporto tra Cattolicesimo siciliano e mafia. Ha scelto di restare dentro la Chiesa, e felice di continuare il suo lavoro è andato avanti. agheria: cittadina a pochi chilometri da Palermo, dove la mafia si chiama Villabate, patria di personaggi noti come Michele Aiello, imprenditore, proprietario

tissime famiglie che hanno occupato le case, poi le famiglie venute qui per lavoro." l lavoro di Padre Stabile vuole essere continuo e solerte, l'annuncio del Vangelo in cui chiaramente denuncia la mafia come male sociale. "Come si annuncia il Vangelo, e si denuncia la mafia?" chiediamo a padre Stabile. " Non una denuncia retorica della mafia ma un appello alla consapevolezza di ciascuna persona, ad una coscienza che investe il rapporto con gli altri. Affrontare il fenomeno mafia deve essere per la Chiesa un modo di rimettere in discussione la sua vita stessa. La comunità cristiana deve formare coscienze cristiane in autentiche comunità di fede." Come si attua concretamente una pastorale globale, attenta alla mafia?

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“DEUS CHARITAS” MA GESU’AMAVA ANCHE ERETICI E NEMICI opo aver scritto che "all'amore tra uomo e donna, che non nasce dal pensare e dal volere ma in certo qual modo s'impone all'essere umano, l'antica Grecia ha dato il nome di eros", il papa si rammarica che esso sarebbe diventato per via della prostituzione sacra - una vera "perversione della religiosità". Ma così salta a pié pari filoni come quello platonico, nel quale l'eros rivela una grande nobiltà spirituale. E si rende il gioco facile esaltando, per contrasto, la valorizzazione che dell'eros avrebbe fatto il cristiane-

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simo. Peccato che la storia dimostri proprio il contrario: una sistematica demonizzazione del piacere sessuale, da sant'Agostino a movimenti fondamentalisti contemporanei! Benedetto XVI ritiene, giustamente, che l'agape (l'amore disinteressato di donazione) costituisca la novità dell'apporto cristiano: ma ne dà una visione molto più riduttiva rispetto alla Bibbia. Lo intende infatti come amore per i propri correligionari: non - come Gesù di Nazareth - per tutti, eretici e nemici compresi.

Neanche nella seconda parte dell'enciclica, dedicata al tema della carità nella vita della chiesa, mancano affermazioni sorprendenti. indica come "nucleo Il papa, infatti, essenziale" che "all'interno della comunità dei credenti non deve esservi una forma di povertà tale che a qualcuno siano negati i beni necessari per una vita dignitosa": ma dimentica di aggiungere che, in pratica, questa condivisione dei beni rimane inattuata. Elio Rindone teologo

ciclica dottrinale. Scopo del documento, infatti, non è quello di riaffermare un dogma, né quello di condannare una opinione teologica. "Deus caritas est" non è neanche un testo programmatico dell'inizio di un pontificato. Si può dire senz'altro che è un'enciclica sapienziale, fondata sulla fede biblica che ripropone la questione dell'amore. Può sembrare un discorso quasi scontato, ma non lo è perché la questione del-

l'amore può essere un principio generativo per la riforma interna della Chiesa cattolica, per il rapporto della Chiesa cattolica con le altre Chiese e dei cristiani nel mondo. "Deus caritas est" non è, perciò, un documento ecclesiocentrico, semmai è un messaggio, se così è permesso di proporre, amore-centrico. Non è cosa da poco di questi tempi. don Rosario Giuè

DIALOGO O POTERE? NESSUNO PUO’ INSEGNARE DA SOLO A MILIONI a base di una fede è la concessione incondizionata della fiducia da parte di un credente. Spesso tale fiducia è influenzata dalla presenza di “intermediari”: l’esperienza mistica viene ritenuta valida solo se avviene tramite qualcuno che afferma di godere di contatti speciali con l’oggetto della fede o di essere in possesso di verità superiori. Con ciò si finisce per compromettere la fede stessa in quanto il mediatore viene caricato di valenze sovrannaturali, relegando il credente in posizione subalterna. Sovente è il credente stesso che pretende l’esistenza di questa figura. Naturalmente tale situazione accumula,

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di diverse cliniche, inquisito. a Chiesa di San Giovanni Bosco: due stanze per celebrare e per fare riunire la sua gente. Dice padre Francesco: "E' una parrocchia con strati sociali eterogenei: uno strato evidente è composto dalle mol-

Testimonianze/ Padre Stabile “Poiché la mafia è un peccato sociale che si consuma ogni giorno in mezzo a noi”

DISEGNI DI MAURO BIANI

"Non basta solo l'annuncio, ma bisogna agire su diversi livelli?" i racconta un piccolo lavoro che state facendo qui, per aiutarci a capire meglio? "Abbiamo creato una associazione di giovani , l'abbiamo chiamata A testa alta. Sono giovani che hanno già un formazione e che lavorano non solo dentro la parrocchia ma in collaborazione con altri gruppi di società civile. Per i ragazzini abbiamo organizzato un corso di cinema, un altro modo per renderli protagonisti." l lavoro di Padre Stabile così diventa un ennesimo frammento in nome della chiesa di Palermo, in nome della resistenza alla mafia per risanare un territorio con le armi del Vangelo. La stessa cosa la fece insieme a don Cosimo Scordato e ad altri operatori dell'aera cattolica con il centro sociale San Francesco Saverio, nel cuore del centro storico di Palermo. L'esperienza dell' Albergheria , che è caratterizzata per il suo

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nelle mani di chi si occupa della fede altrui, una concentrazione di potere che distorce lo spirito di dedizione che dovrebbe appartenere a tali persone e aliena l’essenza stessa della religione dal suo reale scopo, il benessere della gente. Le grandi religioni sono delineate con chiarezza, i loro fondatori sono vissuti secoli fa e sembra ormai chiaro che non ci sono nuove dottrine in fase di gestazione. In questa fase il dialogo asimmetrico tra chi parla alle masse e chi si illude di partecipare alla discussione semplicemente ascoltando discorsi vacui dovrebbe essere superato, ma i fatti affermano il contrario.

aconfessionalismo e per l'apertura alla collaborazione più ampia, nasce "con l'intento di rendere gli abitanti del quartiere protagonisti del risanamento del territorio, nel tentativo di scollare il fatalismo e il clientelismo ma anche di capovolgere l'ottica dell'intervento esterno" (Umberto Santino, Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti). a consapevolezza della banalità della mafia , la consapevolezza del Vangelo in terra di mafia. Padre Stabile, vicario episcopale ai tempi del Cardinale Pappalardo , scrive una lettera ai consigli pastorale e presbiteriale della chiesa di Palermo: "L'attenzione ai problemi concreti della nostra terra e della nostra gente è compito dei nostri organismi, per testimoniare Gesù Cristo. Mi pare che la Chiesa Palermitana viene oggi interpellata su un peccato che grida vendetta davanti a Dio: la mafia. Questa nostra Chiesa non può essere sorda e cieca, davanti al Sangue dei giusti uccisi

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Se ne cerca motivazione nell’enorme aumento della popolazione del pianeta, si giustifica il ricorso a strumenti di comunicazione di massa e si nega il valore del dialogo diretto tra le parti. Non si è in grado di ammettere che se il discepolo è un insieme di dieci milioni di persone, il maestro deve essere un altro insieme di almeno un milione di persone. Un insieme di persone che abbia uno spirito unitario, che sia cosciente di poter sostenere pacificamente una dottrina e che sappia imparare a resistere a qualunque forma di ricatto, che provenga dall’esterno o dal proprio interno. Adriano Bella buddista

dalla mafia e alle grida dei suoi figli che subiscono ingiustizia quotidianamente senza rendersi colpevole davanti a Dio e alla storia, poiché la mafia è certamente uno dei nodi più importanti del peccato sociale che si consuma in mezzo a noi, con la connivenza dei molti. E questa Chiesa non può essere connivente nel restare in silenzio. Non basta che il suo Pastore grande abbia fatto sentire la sua voce di denunzia, è necessario che tutta la Chiesa Palermitana si esamini, si converta, eserciti la sua profezia di denunzia, ma sopratutto si impegni in modo chiaro ed esplicito contro ogni forma di mafia. Poiché non esiste una vera indagine sul rapporto Chiesa - mafia, mi pare sia necessario iniziare una vera analisi globale, non solo etico e teologica , per prendere consapevolezza della situazione, riconoscere le omissioni e i peccati, annunziare coraggiosamente e senza paura la verità del Vangelo".

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ALTRI SUD

ALTRI SUD

Terra di tutti, terra di nessuno Viaggio nell’Argentina che resiste (anche quando perde i Mondiali)

«Cabildos», «quadrillas», «trueque»: piccolo dizionario dell’arte di sopravvivere Dall’alto in basso: Carlos Menem; Diego Armando Maradona; Carlos Tevez. Nella pagina a sinistra: scritte di protesta a Buenos Aires.

FABIO GALLINA

Calciatori come Maradona e Tevez vengono dalle periferie. Luoghi devastati dalla crisi economica, ma anche luoghi dove qualcuno pensa ancora che un altro Stato sia possibile. Per esempio i “piqueteros”: hanno messo su un’economia alternativa, fanno scuola ai bambini salvandoli dalla strada, scavano per trovare l’acqua potabile. Questi quartieri sono – secondo la propaganda dell’ex presidente Menem – covi di «delinquenti e marxisti». Ogni quattro anni, ci si ricorda che sono anche fucine di campioni l 1982 fu l’anno di Maradona, come il 1986. Nel 1982 l’Argentina aveva appena firmato una pace poco onorevole con l’Inghilterra dopo una guerra per un pugno di isole nel Sud dell’Atlantico: il 14 giugno, a mondiale già cominciato. A Maradona venne dato il compito di cancellare la vergogna nazionale, ma si trovò di fronte un terzino – forse meno virile della Thatcher, ma sicuramente non meno roccioso – che gli tolse il fiato e la possibilità di allungare le mani sulla coppa. Fu nel 1986 che Maradona la sollevò, la coppa: battendo in semifinale proprio l’Inghilterra – tardiva vendetta – con una doppietta personale. Un gol di mano e un altro di classe, dopo una corsa e una serpentina di ottanta metri. Il gol più infame e il gol più bello della storia dei mondiali, forse. La metafora di un chiaroscuro che avrebbe poi marcato la vita del Dieci nazionale. Il 2006 è stato l’anno di Tevez. Sconfitto contro la Germania, e vincitore contro il suo personale avversario, un rigido teutonico sempre in pensoso ritardo rispetto ai tunnel e ai dribbling dell’argentino. Lui, Tevez, contento. L’Argentina un po’ meno. Eccetto l’Argentina delle periferie, da cui provengono Maradona e Tevez e che – almeno una volta ogni quattro anni – si

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sentono coccolate dallo Stato e dalla Stampa. Tevez è nato a Fuerte Apache, nel ventre della periferia di Buenos Aires. Altri giocatori hanno tirato i primi calci ad Avallaneda, La Matanza, Matadero: tra baracche e fili elettrici scoperti. «Ci siamo abituati, ormai», dice Juan. «Quattro anni di silenzio, e poi per qualche giorno i riflettori puntati. Per scoprire il nuovo fenomeno. Qui funziona così». Qui: ad Avallaneda, a dieci minuti di treno da Buenos Aires. Dove la capitale ha già perso il suo smalto da city e inizia a mostrare un ghigno da periferia. Juan è un piquetero; in Italia si direbbe un volontario, o forse un no global. «Occupiamo case abbandonate, e lì lavoriamo, con la gente. Manca tutto: farmacie, ospedali, generi alimentari». i sono organizzati, i piqueteros. Si sono divisi in movimenti intitolati ai nomi di morti della repressione. Delle repressioni, sarebbe meglio dire: prima della dittatura militare, poi del governo democraticamente eletto. Annibal Veròn, Maria Teresa Rodriguez. Hanno scelto, nelle nuove e antiche mappe della miseria che si disegnano di giorno in giorno nell’Argentina neolibe-

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rista, i loro luoghi di lavoro: quartieri, interi paesini a volte, dove costruire – tassello dopo tassello – il loro progetto. Si sono divisi i compiti, strutturandosi in commissioni: salute, istruzione, autodifesa. Censiscono i problemi della gente comune, poi progettano soluzioni. Non solo per coprire le falle lasciate dallo Stato. Soprattutto per creare un potere alternativo. Uno stato democratico, popolare, parallelo a quello che ormai denunciano come illegittimo. «Abbiamo delle unità di produzione: si chiamano cabildos. Ce n’è uno per ogni zona, o quartiere in cui decidiamo di radicarci. Ogni cabildo si articola in quadrillas, che si occupano di compiti più specifici: la produzione del pane, la costruzione delle cloache, la sicurezza degli abitanti». Non finisce qua: «In ogni cabildo, la gente del quartiere vota i suoi rappresentanti, che si riuniscono in un’assembla regionale. E da lì vengono votati i membri dell’assemblea nazionale, che pianifica le produzioni. Se un cabildo produce troppo pane e manca di medicinali, lo si fa entrare in un rapporto di scambio – coordinato e control-

lato – con un altro cabildo che ha invece troppi medicinali e poco pane. Senza profitto personale, senza l’ingerenza del Governo. Semplice, no?». ì: semplice. Troppo, forse. L’idea di un comunismo economico, su cui si installano i meccanismi elettorali bolscevichi. Apparirebbe come il gusto estremo della provocazione: non fosse che di questa provocazione, di mille altre provocazioni gli argentini hanno fatto, per molto tempo, arte di sopravvivere. «Guarda il trueque, per esempio: è un sistema di scambio senza denaro. La gente porta ciò che produce e riceve in cambio dei tagliandi, con cui acquista merci prodotte da altra gente del quartiere». Una forma di baratto mediato, insomma. «Non è folklore», precisa Juan: «Il trueque ha cominciato a diffondersi quando il Governo ha iniziato a emettere moneta senza valore: patacones, lecop. In principio avevano un valore nominale uguale al peso, poi non li accettò neppure lo Stato che li aveva emessi. Così ci siamo organizziati: da soli». Ora si è tornati al peso, alla moneta unica e ufficiale. Ma quell’esperienza è servita: a capire, almeno, che un altro Stato è possibile. uan è biologo molecolare. Lavora, con il movimento “Maria Teresa Rodriguez”, a Florencio Varela, un paesino a una cinquantina di chilometri da Buenos Aires. Un’isola di socialismo reale, dove i poliziotti non entrano se non con i tank. Terra di nessuno, scrivono al Ministero degli Interni. Terra di tutti, dicono i piqueteros. Dipende dai punti di vista. Nella sede del cabildo di Florencio

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Come Medici del Mondo, una sorta di costola marxista di Medici senza Frontiere». l progetto della trivella stava collaborando Bettina Koepce. Un chirurgo tedesco che per anni aveva lavorato con i guerriglieri, in Salvador. Poi l’hanno arrestata con il suo compagno, Leonardo Bertulazzi, l’ex brigatista italiano: anche lui lavorava allo stesso progetto. «Parlava poco, era sempre disponibile, però. Noi lo conoscevamo come Alberto. Un giorno abbiamo letto sui giornali del suo arresto, per crimini commessi oltre vent’anni fa». E se lo aveste saputo prima, cosa sarebbe cambiato? «Nulla. Non chiediamo certificati giudiziari a chi vuole darci una mano. E lavorava duro, Alberto». Leonardo, vuoi dire: il brigatista. «Alberto, il nostro compagno: terroristi dovrebbero chiamare quelli che fanno bere acqua di cloaca ai nostri figli». ppure, la stampa non la pensa così. Quando venne arrestato – un paio di anni fa – la foto di Bertulazzi apparve su tutti i quotidiani, con l’immancabile riferimento alla sua militanza con i piqueteros. «Serviva solo a criminalizzare il movimento», spiega Juan. «Dipingerlo come un ricettacolo di delinquenti». Qualcuno ha provato a costruirci su una campagna elettorale, in passato. Carlos Menem, per esempio, ogni volta che – ciclicamente – si ripresenta alle elezioni, insiste sul progetto di riprendere, con l’esercito, il territorio che i piqueteros hanno conquistato con maestri elementari e medici. «Delinquenti e marxisti», li chiama nei suoi comizi, suscitando, in fondo, un consenso silenzioso. Solo ogni tanto il binomio si addolcisce, agli occhi dell’opinione pubblica. Delinquenti, marxisti e – ogni quattro anni – calciatori.

Varela c’è perfino una scuola elementare. Il movimento ha dovuto metterla su in fretta, quando si è reso conto che l’evasione scolastica stava diventando normalità. «Mancavano i soldi per la benzina, e i genitori non potevano accompagnare i bambini alla scuola del quartiere vicino – spiega Juan. – I ragazzini avevano iniziato a passare le giornate per strada. Abbiamo messo assieme qualche sedia e una cattedra, e abbiamo chiesto a un paio di compagni di fare lezione ai bambini». I bambini, loro, sembrano trovarsi bene. Ogni tanto uno esce dalla classe e si avvicina squadrando la macchina fotografica, l’orologio: tutti i segni di un benessere lontano. «Una monedida, señor?». Pochi centesimi: ti offre in cambio un sorriso di soli incisivi. ultimo progetto a cui stanno lavorando Juan e i suoi compagni è quello di una trivella che scavi a una profondità di trenta metri, per pescare acqua potabile. «L’amministrazione di Buenos Aires aveva regalato al paese un atrivella che arrivava a quindici metri. Giusto all’altezza degli scarichi fognari. Così gli abitanti di Florencio Varela potevano scegliere se bere acqua di fogna, o non bere». Ma una trivella nuova, e adatta a trovare l’acqua, costa: «Noi ci autofinanziamo; in parte ci finanziano associazioni di volontari di tutto il mondo.

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L’isola socialista di Florencio Varela

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Antimafia

Antimafia

“Non rassegnato, non pentito, cerco solo la verità”

“Da quando sono stato costretto a lasciare Palermo...”

Gioacchino Basile.

SEBASTIANO GULISANO

Gioacchino Basile, che oggi è un anziano signore, dall’aria tranquilla, negli anni ‘80 sconfisse praticamente da solo una potente cosca mafiosa, i Galatolo, signori del porto di Palermo. Persecuzioni, solitudine, licenziamento; ancora oggi vive scortato dalla polizia. Ora continua a battersi per le sue verità: “Non per me, ma per chiarire perché sono avvenute tantre stragi”. Non risparmia critiche ai giudici, nè al suo sindacato. Ha ragione? Forse. Sicuramente, ha coraggio re agenti in borghese non lo perdono di vista un momento. E' così da nove anni, dal 1997, da quando è stato costretto a lasciare Palermo con la sua famiglia per trasferirsi in una località del nord Italia. Da allora, Gioacchino Basile non esiste più, come non esistono più sua moglie e i loro tre figli, ormai adulti: "Abbiamo vissuto con molta difficoltà il periodo iniziale - ricorda Basile ma devo riconoscere che pian pianino, anche grazie al fatto che la legislazione finalmente distingue tra pentiti e testimoni di giustizia, il Servizio centrale di protezione del ministero dell'Interno ci ha garantito delle condizioni ottimali. Anche se le nostre radici non può restituircele nessuno: siamo come piante trapiantate che vogliono e devono resistere alle prove della vita". Gioacchino Basile le "prove della vita" le ha sempre affrontate a viso aperto e con la schiena dritta o, se preferite, A voce alta, come recita il titolo dello sceneggiato che la Rai ha realizzato ispirandosi molto liberamente alla sua storia ("ma il 90 per cento non c'entra con me") di operaio dei Cantieri navali di Palermo che dall'82 in poi denuncia le infiltrazioni mafiose nel porto. Non denunce generiche, ma esposti circo-

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stanziati sugli affari del clan Galatolo nei Cantieri navali e sulle complicità dei dirigenti dell'azienda (a partecipazione statale), la Fincantieri. Ci incontriamo in un bar di via Giulia, in una Roma deserta e silenziosa che trepida per l'Italia del pallone alle prese con la Repubblica Ceca. Gli agenti qualche tavolo più in là, noi a parlare della sua vicenda e di questi ultimi nove anni, dei suoi 57, vissuti lontano dalla Sicilia. e i magistrati avesse indagato a fondo sui suoi esposti, lo strapotere dei Galatolo all'Acquasanta e nel porto di Palermo sarebbe stato stroncato molto prima del 1997, e oggi l'ex operaio nel rimarcare quei ritardi punta l'indice contro "pezzi importanti della Procura di Palermo, quella che ha operato dall'anno 1982 fino all'anno 2000", accusando i pm di avere "storicamente sbagliato, tutti". Le sue denunce di allora, nel 1990, gli costarono il licenziamento e l'espulsione dalla Cgil, che nel 1997 lo reintegrò con tante scuse, mentre la Fincantieri lo riassunse nel 1999, dopo che la Commissione parlamentare antimafia dimostrò le collusioni dei Galatolo con la dirigenza aziendale.

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I boss Galatola dell’Acquasanta

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Cantieri navali si trovano nella borgata dell'Acquasanta, controllata da una delle cosche più potenti del Palermitano, quella dei Galatolo. Alcuni mesi prima dell'espulsione di Basile dalla Cgil, un'operazione internazionale di polizia denominata "Sea port" ha inferto un duro colpo a un'organizzazione mafiosa, specializzata nel traffico intercontinentale di armi e droga, che nel porticciolo dell'Acquasanta aveva uno dei suoi terminali. Tra gli arrestati, spicca proprio il nome di uno dei Galatolo, Vincenzo, il "capofamiglia" dell'omonimo clan. Un episodio "spiacevole" lo definiva l'allora ministro della Marina mercantile, il palermitano Carlo Vizzini (poi parlamentare di Forza Italia), il quale si diceva comunque "convinto che la parte più importante dell'economia marittima palermitana non ha alcun contatto con la mafia". nvece, proprio i Galatolo, piano piano, si erano impossessati dei Cantieri navali di Palermo gestendo subappalti e indotto "unicamente perché - scrive Umberto Santino nel dossier del Centro Impastata sul "Caso Basile" alla Fincantieri, che è un'azienda di Stato ma si comporta né più né meno come un qualsiasi imprenditore colluso o connivente, conveniva accaparrarsi

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manodopera a basso costo, ridurre l'organico del cantiere e incrementare l'attività di microaziende satelliti". oluti dalla famiglia Florio verso la fine del secolo scorso, i Cantieri navali sono stati, fino agli anni Settanta, simbolo di crescita economica e fiore all'occhiello della città, nonché roccaforte operaia. Attrezzati per costruire, riparare e ristrutturare navi, i Cantieri hanno progressivamente smarrito il proprio ruolo e l'occupazione, ovviamente, ne ha fortemente risentito. Negli anni '50, con l'arrivo dei genovesi Piaggio, i Cantieri conobbero il massimo periodo di fulgore fino ai primissimi anni '70, quando passò all'Iri. Poi arrivò la crisi, che col passare del tempo si è sempre più acutizzata. 4.500 dipendenti nel '79, 1.750 (930 dei quali in cassa integrazione) nell'89, 641 nel '97. a presenza della mafia all'interno dei Cantieri navali è un fatto su cui per troppo tempo si è preferito tacere, una presenza che probabilmente risale alla nascita dello stesso Cantiere. Nel 1920, ad esempio, il sindacalista Giovanni Orcel, segretario federale della Fiom, si oppose (ricorda Santino, nel dossier sul "Caso Basile") ai mafiosi nel Cantiere. Fu ammazzato. Negli anni Cinquanta, invece, il quotidiano "l'Ora" aveva condotto diverse documentatissime inchieste nelle quali si ricostruiva la presenza

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del clan Galatolo-D'Alessandro (la stessa famiglia Galatolo denunciata trent'anni dopo da Basile) dentro i Cantieri palermitani. ono questi fatti che spingono Basile ad accusare la Procura. Ma non si ferma a chi doveva indagare, l'ex operaio: ce l'ha con "il mio amico Leoluca Orlando", all'epoca sindaco di Palermo che gli aveva offerto un posto di consulente "ma mantenne la parola data solo dopo un anno di pressioni; ce l'ha con la Cgil, "che mi aveva affidato uno studio su criminalità e mondo del lavoro ma si gurdò bene dal pubblicarlo. Anzi, il compagno Sergio Cofferati (allora segretario generale del sindacato, ndr) mi diffidò amichevolmente dal pubblicarlo". Ce l'ha con l'ex sottosegretario all'Interno Massimo Brutti (Ds), che "dal Viminale non mostrò alcuna volontà di mettere la mia famiglia nelle condizioni di affrontare un futuro". astica amaro, Gioacchino Basile, ma continua a battersi. "Non per me chiarisce - ma per sapere perché ci sono state le stragi del '92. Perché è morto Falcone? Perché è morto Borsellino?". Lui una sua idea ce l'ha, quanto meno sulla strage di via D'Amelio: "Al giudice Borsellino, il 23 giugno del 1992, ho consegnato un dettagliato esposto sui Cantieri navali: il 16 luglio mi interroga un magistrato della Procura, il 19 c'è la

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La mafia dentro i Cantieri Navali

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strage. Se Borsellino non fosse morto e avesse avuto la possibilità di indagare a fondo, avrebbe scoperto le compromissioni tra Cosa nostra e Fincantieri e le Partecipazioni statali: una Tangentopoli rimasta inesplorata". a sua tesi è ampiamente esposta nel suo sito, in una lettera aperta a Manfredi Borsellino, figlio dell'ex procuratore aggiunto di Palermo e funzionario di polizia. Dalla famiglia del magistrato ucciso, però, arriva solo un silenzio che sa di presa di distanza dalla tesi dell'ex operaio, una tesi che non trova riscontro nelle risultanze processuali degli ultimi quindici anni, da dove, tra gli altri, emerge un movente teso a impedire che Borsellino potesse fare luce sulla strage di Capaci. asile, però, non demorde. La nostra conversazione volge al termine. I suoi angeli custodi si alzano dal tavolo e si dirigono all'ingresso del bar per controllare la via. "Sa cosa mi manca, da quando sono stato costretto a lasciare Palermo? - chiede - Mi manca una risposta al seguente questito: perché battendoci per la libertà degli altri abbiamo perso la nostra? Siamo stati traditi? Se sì, da chi?". Poi, scortato dai tre agenti, si dirige verso la sede della Procura nazionale antimafia, dove un magistrato delegato dal procuratore Piero Grasso ascolterà la sua tesi sulla strage di via D'Amelio. Bookmark: www.gioacchinobasile.com

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Quattro campionesse “dimenticate”

E alla fine toccherà agli immobili di proprietà comunale

Sport giovane in Italia: o calcio o niente

Clara Mesaglio, Federica Del Zotto, Melinda Minen e Valeria Gaudenzi

ANTONELLA SERAFINI

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rappresenteranno l'Italia, sono loro che porteranno avanti il nome del nostro Paese, sono loro su cui grava questa responsabilità. Il giorno dei campionati mondiali, si avvicina a grandi passi. oro non si lasciano certo spaventare: intensificano gli allenamenti, chiamano un'ex-campionessa nazionale ad allenarle, investono tempo e denaro in quest'attività. Sacrificano i week end, le uscite con gli amici. Certo non è facile far combaciare tutti gli impegni, ma le ragazze dimostrano passione, motivazione e una volontà ferrea: a Shangai ci andranno. Da gennaio però cominciano a chiedere qualche informazione, insomma, un po' di organizzazione ci vuole. Ma nessuno sa niente. u internet si accorgono che il nome dell'Italia è stato cancellato dall'elenco delle nazioni partecipanti ai mondiali di Shangai. Cominciano a preoccuparsi e con la loro insegnante cominciano il giro lettere-telefonate-e-mail. Un silenzio assordante è l'unica risposta. Scrivono alla Federazione Nazionale Tennis-Tavolo. Nessuno le degna della minima attenzione. Come una pallina da ping-pong vengono rimbalzate da una associazione all'altra, da una persona all'altra. Allora decidono di scrivere in Cina. Immediatamente dall'organizzazione rispondono che l'Italia ha ritirato la partecipazione nel mese di novembre. Ma

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Operazione Mani Bucate Comune in rosso Prima e dopo la cura Scapagnini: tre esempi concreti.

PIERO CIMAGLIA

Quattro ragazzine come tante altre ma con una marcia in più: nessuno riesce a batterle a pingpong. Alla fine, vittoria dopo vittoria, finiscono selezionate per i mondiali, in Cina. Ma il ministero che doveva farle partire si dimentica di... icono che nel ping-pong siano fondamentali concentrazione e silenzio. Beh, ci sono quattro ragazzine quattro ragazze che di silenzio ne sanno qualcosa. Sono studentesse di un liceo scientifico di Udine, di quelle che a s c u o l a vanno bene senza essere secchione, di quelle che fanno sport per passione, e fanno lo sport quello vero, vissuto, sudato, perchè lo amano, perchè fa bene, perchè hanno la passione. Quattro tipe normali, ma con una marcia in più: nel ping-pong sono forti, ma veramente forti. pinte dal loro prof di ginnastica cominciano ad allenarsi ogni settimana. All'inizio era solo per gioco. Poi però il gioco si fa serio. Le ragazze vincono i campionati studenteschi provinciali. I regionali. I nazionali. I vincitori dei campionati studenteschi nazionali possono partecipare ai mondiali a Shangai. E' il settembre del 2005. All'inizio non ci credono neppure loro, sembra un sogno. Ma è tutto vero e bisogna passare alla realtà, bisogna allenarsi, darci dentro, sudarsi questi mondiali: sono loro che

Conti pubblici/ Catania

Mica è un ragioniere, l’allegro sindaco Scapagnini: intanto si spende, e poi si vedrà. Alla fine s’è creato un terrificante buco di bilancio. E ora che si fa? Vediamo: tasse, bollette, Ici... Ed ecco che cosa cambia nella vita di un catanese qualunque: Enzo, pensionato... nessuno si è ricordato di avvertirle. Per cinque mesi hanno investito tempo e denaro completamente a vuoto. Sulla spiegazione del ritiro persiste questo pesante e assordante silenzio. "L'educazione attraverso lo sport e la maturazione di un'autentica cultura sportiva che è cultura di vita, entrano sempre più a far parte dell'offerta educativa e della partnership tra scuola e famiglia", questo si legge in un comunicato stampa del MIUR datato 25/05/2005. Ma a queste ragazze nessuno ha mai dato ascolto nè attenzione. Clara Mesaglio, Federica Del Zotto, Melinda Minen e Valeria Gaudenzi, nella foto delle finali nazionali di tennis tavolo, sorridono e mostrano orgogliose le medaglie d'oro. Ma oggi non sorridono più, il loro sogno si è infranto senza rumore, ingoiato dal silenzio delle istituzioni, quelle stesse istituzioni che avrebbero dovuto sostenerle e considerarle motivo d'orgoglio per il nostro Paese. a insomma, cos’era successo? Un giornalista del Messaggero Veneto è andato a chiederlo in infederazione ma: "Alla federazione nazionale e regionale nessuno sapeva nulla. Al Ministero peggio che andar di notte. Ci hanno spedito al centro universitario”. Alla fine, a Udine, il professor Enzo Fattori responsabile provinciale dell'ufficio di educazione fisica, s’è degnatyo di svelare il mistero: "Il Ministero ha deciso di cancellare l'iscrizione dell'Italia ai mondiali cinesi a causa dell'aviaria".

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nzo in quei giorni pensava a come riorganizzarsi la vita. Era andato in pensione da poco ed era convinto che finalmente, eliminati i problemi del lavoro, avrebbe potuto godersi serenamente il suo riacquistato tempo libero. Prese tra le mani la raccomandata appena arrivata e scoprì che qualcuno la vita gliela stava riorganizzando a modo suo. Il Comune di Catania gli comunicava che doveva pagare una bella sommetta di denaro per le tasse sulla spazzatura del suo garage. “Ma quale spazzatura può produrre un garage? Chi ha inventato questa novità?”. Non si dava pace e, come per tantissimi altri catanesi, cominciò un peregrinare fra un ufficio e l’altro per chiedere conto e ragione di quella che reputava un’ingiustizia. uesto accadeva a metà gennaio ed era solo un’avvisaglia dell’anno nero che iniziava per i cittadini catanesi. L’amministrazione comunale, negli ultimi anni si era data alle spese folli. Ballerine brasiliane, 1.250.000 euro per le riprese televisive della Rai, incarichi di consulenza a destra e a manca... e ora era necessario pagare il conto. “Ma io –

rifletteva Enzo – quando decido di permettermi una spesa superflua, prima mi faccio i conti in tasca e vedo se posso pagarla”. Al Comune non hanno fatto lo stesso. Pensavano che i conti sarebbero tornati a posto. Pensavano che nessuno si sarebbe accorto di alcuni ‘errori contabili’ e che il bilancio consuntivo sarebbe stato approvato come se fosse regolare. Gli errori sono invece venuti alla luce e nel biennio 2003-2004 è stato trovato un ‘buco’ di almeno 82 milioni di euro. isto che non è facile nascondere gli assegni a vuoto sotto i tappeti del palazzo di città, il bilancio consuntivo del 2005 e quello preventivo del 2006 saranno redatti con maggiore attenzione, anche se verranno approvati oltre i termini di legge, peraltro già scaduti. Un inevitabile dimagrimento delle spese folli degli anni precedenti dovrà però essere accompagnato da un aumento delle entrate. i conseguenza, dopo la “tassa sui garages”, il 30 INGEGNERIA AMBIENTALE SICUREZZA PROGETTAZIONE maggio Enzo ha visto aumentare l’Ici. La stessa imposta ing. Gianluca Proto che solo alcuni gior+39 339 8181875 ni prima Scapagnini, gianlucaproto@tiscali.it sull’onda della propaganda elettorale PROGETTO AMBIENTE VIA CXRONDA 412, CATANIA del capo del suo partito, dichiarava di

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volere abolire. Inevitabilmente seguirà l’aumento della tassa sulla raccolta dei rifiuti, quello dei biglietti degli autobus, delle bollette dell’acqua, di quelle del gas e di tutto ciò che sarà utile per le casse comunali. Intanto le risorse dei vari assessorati sono state portate all’osso con conseguente drastica riduzione dei servizi offerti alla cittadinanza. uesto non basterà per tranquillizzare Enzo. Finalmente i bilanci andranno in pareggio ma non potranno coprire il debito accumulato fino al 2004. Non ci si riuscirà entro il 2006 e, a quel punto, il Consiglio Comunale dovrà dichiarare il “dissesto finanziario”. Allora i cittadini catanesi vivranno un anno ancora più nero. Le imposte municipali dovranno essere portate al livello massimo possibile e si dovrà provvedere anche alla svendita del patrimonio immobiliare pubblico mentre i creditori dovranno pazientare ancora per parecchio. I librai aspetteranno il rimborso dei buoni libro, le scuole i fondi per le mense scolastiche, i dipendenti delle ditte che lavorano per il Comune i loro stipendi, i più bisognosi una assistenza sociale...

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Musica/ Luca Madonia

Musica/ Luca Madonia

Annata ricca rockettaro contento... Mr Denovo vent’anni dopo LILLO VENEZIA

Sono passati più di vent’anni dalla formidabile esperienza dei Denovo a Catania (che era allora, insieme a Udine, una delle incontrastate capitali del nuovo rock italiano) e ancora dal vecchio tronco continuano a gemmare foglie e rami. Uno è costituito senz’altro dalle ultimissime produzioni di Luca Madonia, che dei Denovo fu fra i fondatori ma da allora ha percorso anche individualmente molto cammino. Nell’ultimo Cd si mette in primo piano un sentimento oggi molto raro e strano, la vulnerabilità... ertamente non sembra fragile, certamente non sembra insicuro, eppure Luca Madonia, nel suo ultimo CD, si mette a nudo. Parla della sua fragilità, della sua insicurezza, in una sola parola della sua vulnerabilità. Vulnerabile, la sua ultima fatica musicale, dieci inediti, più una cover in inglese e la riproposizione di " Tu sei diversa", canzone data a suo tempo a Gianni Morandi, paradossalmente è invece anche una rappresentazione piena di ottimismo, di sincerità, di onestà verso il pubblico. a quando non c'è più il gruppo dei Denovo, come gli altri componenti, ha intrapreso una strada tutta sua, sostanzialmente autonoma,

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senza però " tradire" il passato. tuoi primi inizi sono stati relativamente facili ? Beh, non tanto facili. Ho inziato in un garage ed il primo vinile è dell' 84. In ogni

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caso la famiglia mi ha aiutato e continua ad aiutarmi molto. uonare, cantare, stare in questo mondo, è un sogno per tanti.

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“Si, è un sogno per tanti giovani ed io credo che questo sia un lavoro da privilegiato, perchè si fà qualcosa che piace. Non appartengo a quella schiera di artisti che si piangon o addosso e in ogni c a s o detesto gli atteggiamenti da superuomo, che nascondono, ostentando sicurezza, limiti in termini artistici ed umani”. on il nuovo Cd ritorni un po’ al passato, in particolare stai riprendendo una vecchia collabora-

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Dall’album dei ricordi di Luca Madonia (nelle foto di queste pagine). Qui sotto è insieme a Franco Battiato.

L’AVVENTURA DEI DENOVO IN TEMPI DI LIBERO ROCK Luca Madonia è fra le realtà più interessanti della scena musicale della città catanese, ricca musicisti, cantautori e gruppi di ogni genere musicale conosciuto. Inizia fondando i Denovo, col fratello Gabriele, Mario Venuti e Toni Carbone: il gruppo fra il 1984 e il 1989 produce "Niente insetti su Wilma", "Unicanisai", "Persuasione", "Così fan tutti" e "Venuti dalle Madonie a cercar carbone". Il gruppo si scioglie nel 1990 e Luca Madonia continua da solista. Incide prima "Passioni e manie" (1991), poi "Bambolina" (1993) e "Moto perpetuo" (1994); poi il mini-CD "Solo". Nel 2002 pubblica un nuovo album, "La consuetudine", un cui brano è sigla del programma di RadioRai "Hobo" di Massimo Cotto, con la partecipazione di Franco Battiato, Carmen Consoli e Mario Venuti. Un altro mini-CD, "5 minuti e poi", esce nel 2003, liberamente ispirato alla colonna sonora del film "Perduto amor" di Franco Battiato. Nel 2005 Luca è impegnato, con l'amico eautore del testo Jonathan Giustini, nella presentazione del libro "Tempi di libero rock" dedicato interamente alla storia dei Denovo e della Catania rock. Nel 2006 esce Vulnerabile, il nuovo album di inediti.

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zione con Fabrizio Federighi... “E' successo che ci siamo ritrovati con Fabrizio che come sai è stato produttore dei Denovo negli anni ' 80. Per più di un anno abbiamo registrato nello studio di casa sua in Toscana, in una dimensione quasi casalinga e con una voglia matta di tornare all'acustico. Ecco perchè la presenza di Calì alla fisarmonica e alle tastiere e di Rotolo alla batteria”. i Rosso Fisso? Che rapporti si sono sviluppati con loro? “Con loro sono sempre in ottimi rapporti, ma per me si è reso necessario cambiare strada.

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CENTRO DI CULTURE CONTEMPORANEE PIAZZALE ASIA 6, CATANIA

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Il disco è servito in ogni caso a creare un ponte tra il passato, i Denovo, ed il presente. In realtà non hai avuto una vera e propria pausa. In effetti ho continuato a scrivere, a limare pezzi. Cercavo qualcosa che mi rappresentasse veramente. Un lavoro insomma in piena autonomia artistica e fortemente rilassato”. egli ultimi lavori hai avuto collaborazioni per te importanti: Battiato, Consoli, i tuoi ex compagni, Venuti e Carbone... “E' successo che vecchi amici si sono ritrovati. E' bastata una telefonata per vederci e concordare le col-

laborazioni. E' stato molto piacevole tornare lavorare con loro, riassaporare le atmosfere di una volta”. omunque questi ultimi mesi sono stati buoni per gli artisti catanesi: è uscito il tuo CD, poi quello di Carmen Consoli, per non parlare di Donatella Finocchiaro nel campo cinematografico. “Beh, sicuramente è un momento favorevole. Anche Mario Venuti qualche mese fa è uscito con un disco. Insomma Catania dimostra ancora una certa vivacità, un'attenzione particolare ed il fatto che artisti come Dalla hanno deciso di prendere casa nella nostra provincia. In definitiva abbiamo avuto la fortuna di farci sentire ed in questo mestiere, credimi, ci vuole tanta fortuna”.

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E chiudiamola qui LA SATIRA DI "PIZZINO" VARCA LE SOGLIE DELLA DISPERAZIONE E SI SCHIANTA SULLA SANITÀ

"MENDICO, CURA TE STESSO!”

UNO STRAORDINARIO

NUMERO 10

affare trattato in questo numero è il più sciropposo di tutti: la Sanità. Il titolo: "acc CURA ALLA CURA" è un mix tra imprecazione (acc…identi) e avvertimento ("accura"-attenzione). Il suo principio attivo è un toccasana per stomaci e portafogli forti, ma non mancano le precauzioni d'uso e le istruzioni in caso di sovradosaggio e interazioni. Gli impa(sti)ccatori sono i soliti bla-blasfemi e scomunicatori, assistiti dal bisturi satirico di Sergio Staino, Mauro Biani, Valeria Fici, Sergio Nazzaro, Alberto Paolotti, Nicola Cavallaro, Kanjano + Ferro. Cosa bolle nella flebo è presto detto. Nel posterone si narra della svolta storica del liberismo in chiave sanitaria: il "cazzituoismo". ell'editroiale, diagnosi sulla migliore sanità possibile: quella che cura anima (per chi ci crede) corpo (per chi è fortunato) e bisinissi (per chi è nel giro). Negli Appuntamenti si sputtana il programma della seconda edizione del ciclo "Un amico per clinica" e in quella di lavoro si parla di ricerca e di come impedire la fuga dei cervelli paralizzandoli del tutto. Nell'oroscopo, giusto giusto capitò il Cancro. E nello spazio soggetto a retorica, là dove la satira è carne morta, si parla dei miracoli richiesti all'arte medica, oscillante tra situazioni da trincea e da pulpito. Il resto è un mistero Fitto. izzino continua così la sua corsa verso il baratro, dopo aver indegnamente meritato un'ingiustificata e grande attenzione da prestigiosi quotidiani esteri come lo svizzero Tages Anzeiger, il tedesco Tages Spiegel, trasmissioni come "Striscia la notizia" e il magazine culturale "titel thesen temperamente" trasmesso dal primo canale pubblico tedesco ARD. nche su Wikipedia la rivista Pizzino ha fatto la sua comparsa, ma l'apparizione che ha fatto più battere il cuore il cuore alla redazione (oltre a quella di Santa Teresa o San Raffaele) è stata quella sul quotidiano nostrano "L'orinale di Sicilia", da sempre attento alle tematiche più profonde, spaziando fra colon e colonne, al di là di ogni discriminazione di genere.

nelle librerie e su web www.scomunicazione.it

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info: 334.3884478

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ARCOIR IS SU SATELL ITE

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Antonella Consoli LA FILASTROCCA

Soluzioni: Gioco dell'AZZ!!: la parola che si cela è AZZ. Indovinello personaggi: lo scià d'Italia, il callo duro della penisola italiana, il più vecchio rampollone della famiglia realela più antica del mondo, (come il mestiere) quello, Vittorio grillettofacile, cannainmano, Emanuele di S ' i n f o i a . Indovinello Fini trame & Sottil di maitresse Rai: tutto grasso che cola (e di più)

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PIZZINO ENIGMISTICA

l gioco dell'AZZ! Indovinate qual'è la parola che si cela sotto l'"AZZ!!" Fortunato in amore e pure con gli strip videopoker poco ci manca che sia anche re azz!! che gli manca? Il buco del culo! sbocconcella una sciò girl a bocca piena: al posto del plebeo e comune orifizio c'ha ben 2 fessure a gettoni con su scritto Please insert coin. hi sono i personaggioni? Sa tirar di scherma e di fucilate, fa collezione di farfalle, ama le carte da gioco, ma fa sul serio, le donne quelle col Q, ma non i fanti quelli col jek e l'ermellino comunque ha sempre il k-asso nella manica. Negli anni 70 dopo un'incriminazione per traffico internazionale di armi e biscotti d'assalto fu costretto ad appendere il fucile al chiodo ma non si arrese e prese un Winchester M1 per elefanti e il chiodo e come un tipo andò in spiaggia. Ma al trono un altro senzabucodiculo tramava Filiberto il furbetto, che non conta una minchia quindi non potreste indovinare chi è. ndovinello: Fini trame & Sottil di maìtresse Rai

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IL GRANDE FERDINANDO Il Grande Ferdinando un giorno perse un guanto e come tutti i re girò per tutto il mondo. Andò in Indonesia ma vi trovò una fresia andò in Lituania e vi torvò una rana. Andò a Baltimora e vi trovò una mora dovunque egli andava qualcosa lui trovava.

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Ma del suo fiero guanto la traccia era nel vento. Cercò in lungo e in largo con tanto portamento ma infine si fermò per grande sfinimento. Rimpianse tutto il tempo che aveva dato al guanto e poco aveva visto di tutto il vasto mondo.

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MAURO BIANI CIAO LELE! ESTATE 2006

NON PROPRIO CO su web: www.arc ME LE ALTRE TV su satellite: segu oiris.tv on the road: cont i istruzioni >>> comincia a trasm attaci e ettere anche tu! “Non voglio dimostrare niente. Voglio mostrare” - Federico Fellini

CON DECOD NON SKER Hotbird 7a Y: - 13° est TRASPOND ER: 18 FREQUENZ A: 11.541,03 FEQ: 5/6 POLARIZZA ZIONE: Verticale SYMBOL R ATE 22.000 Mba : uds Nome Cana le: Arcoiris Tv C DECODON ER SKY: menu > gestione alt ri canali > ricerca auto matica > ok > [attendi rice rca decoder] > ok > organizza altri cana cerca Arcoir li > is Tv > selezionala [deve comp arire su colonna destra] > esc > lista altri ca nali > seleziona A rcoiris Tv


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