Casablanca n. 25 luglio - agosto 2012

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Traffico di esseri umani e organizzazioni criminali non vedono prospettive, anche se alcune hanno studiato. Spesso per condizionare la donna si ricorre a un rito animistico, il woodoo, praticato da uno stregone. Associazioni etniche e sette religiose agiscono da agenzie di coercizione, stigmatizzando come colpa la disobbedienza e il sottrarsi agli obblighi. Arrivate a destinazione le donne vengono private dei documenti, che possono servire per altre donne, e sottoposte a un controllo rigidissimo, che può essere effettuato anche con microchip sottopelle. Spesso di tratta d ragazze minorenni e vergini che vengono stuprate. Lo stesso trattamento è riservato, anche con violenze di gruppo, a chi si rifiuta di andare in strada. Se ci si sottrae, si ricorre anche all’omicidio. Sarebbero oltre 500 le ragazze nigeriane morte o uccise in Italia. Minacciate e soggette al ricatto e alla rappresaglia non sono solo le donne ma anche le loro famiglie. Ma non tutto è affidato all’uso o alla minaccia della violenza. Si cerca anche di creare consenso con il denaro che viene in parte mandato alle famiglie che fingono di ignorare l’attività delle ragazze e vedono migliorare le loro condizioni di vita. Le maman sono insieme le carceriere e un modello da imitare, almeno per una parte delle donne prostituite. Sempre Isoke Aikpitanyi scrive che la tratta delle donne nigeriane è gestita “da una mafia potente e molto violenta, con agganci molto, molto in alto”. E ricorda di aver chiesto aiuto al padre che lavorava presso un tribunale, che non ha potuto aiutarla perché ha

dovuto prendere atto di questi “agganci”. Si tratta di corruzione o di cointeressenza? E senza questi agganci, come potrebbero operare i gruppi criminali? Si ripropone il quadro riscontrato nelle aree in cui si sono sviluppate le mafie storiche. E cioè l’esistenza di un sistema relazionale, vero punto di forza delle organizzazioni criminali, antiche e nuove. A Palermo per anni il fenomeno delle donne prostituite non ha destato particolare attenzione, anche se la prostituzione di strada è diffusa da

tempo e vede assieme alle africane le donne provenienti dall’Est europeo, anch’esse vittime di gruppi criminali. Si è dovuto attendere la morte di due ragazze nigeriane. La prima, Favour Nike Adekunle, ventuno anni, è stata uccisa da un cliente che è stato individuato e arrestato e il suo corpo è stato trovato carbonizzato a Misilmeri il 21 dicembre 2011. Stava per sposarsi e liberarsi dalla prostituzione forzata. La seconda, Lowet Eward, ventidue anni, è stata trovata morta e seminuda su un marciapiede della città il 6 febbraio 2012. Si sono svolte delle manifestazioni e si è costituito un

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Coordinamento antitratta di cui fanno parte varie associazioni, tra cui Pellegrino della terra che opera a Palermo dal 1995 per iniziativa del pastore evangelico Vivian Wiwoloku. Il Coordinamento ha chiesto che si faccia chiarezza su queste morti e ha avuto un incontro con la questura. Gli investigatori escludono che ci siano rapporti tra i nigeriani che sfruttano le donne e la mafia locale, che si limiterebbe a tollerare la loro presenza. Secondo un antico stereotipo la mafia non si occupa di prostituzione. C’è un vecchio libro, I ricottari, del delegato di polizia Antonino Cutrera, scritto nel 1896, in cui si parla di sfruttatori della prostituzione, spregiativamente denominati “ricottari”, “i quali pure essendo maffiosi in certi loro atti, nulla hanno in comune con la maffia veramente detta, la quale ha ben altre cause ed ideali”. Quali sarebbero questi “ideali” non si capisce bene, se lo stesso Cutrera, e il suo collega Alongi, nel descrivere le azioni dei componenti delle “società di malfattori” del tempo danno un quadro non proprio “idealistico”: sono degli assassini, capaci di ogni sopruso, prepotenza e violenza. E Cutrera, nel suo libro più noto, La mafia e i mafiosi, del 1900, scrive che “il mafioso palermitano fa le prime armi arruolandosi fra i ricottari, cioè fra quelle persone, che proclamandosi innamorati delle meretrici, vivono nell’ozio e di prepotenza, alle spalle di quelle


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