Casablanca n.22

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Una storia operaia in Fiat

Confindustria e governo Berlusconi, con l'appoggio di alcuni sindacati complici (la definizione è dell’ex ministro Sacconi) e d’insigni giuristi democratici come il professor Pietro Ichino, decidono di sferrare un attacco aperto all'articolo diciotto, ricevendo una straordinaria risposta di massa: chi può dimenticare le centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici che invasero Roma il 23 marzo 2002, forse la più grande manifestazione del dopoguerra? La Fiat, che sperava di beneficiare dei favori del governo amico, era ricorsa in Cassazione contro il mio reintegro. Ma, a pochi giorni dalla convocazione delle parti al Palazzaccio e di fronte all'assenza delle modifiche di legge sperate; anzi, alla vigilia di un referendum che chiedeva persino l'estensione dello Statuto alle aziende con meno di sedici dipendenti - rinuncia alla Cassazione e pone fine alla persecuzione. Da allora i ministri Sacconi e Maroni, ma non solamente loro, si sono

affannati a studiare le strade per imporre la libertà di licenziamento attraverso operazioni di aggiramento dello Statuto, legate all'introduzione di nuove norme contrattuali, cosiddette flessibili. Non contento, nell'ultima manovra finanziaria berlusconiana Sacconi ha inserito il famigerato articolo otto, che consente a una rappresentanza sindacale aziendale di poter derogare con un accordo alle leggi nazionali, ivi compreso ovviamente il noto articolo diciotto dello Statuto. Ma al duo Monti-Fornero evidentemente ciò non basta. Occorrerebbe secondo loro cancellare anche formalmente lo Statuto dei lavoratori: l’emergenza finanziaria sembrerebbe consentire tutto ormai… La reazione sindacale ha per il momento fatto fare marcia indietro al nuovo governo. Ma le annunciate ‘riforme’ del mercato del lavoro torneranno sicuramente sulla materia. E qui entra in campo la debolezza del movimento sindacale, che non

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sembra in grado di contrastare fino in fondo l’attacco, mettendo a rischio uno dei capisaldi della difesa del mondo del lavoro. Infatti, Cgil, Cisl e Uil si oppongono alla manomissione dello Statuto, ma con l'accordo del ventotto giugno sottoscritto dalle parti sociali, la falla nella diga si è aperta. L’accordo, infatti, consente deroghe a contratti nazionali e leggi, anche quella sui licenziamenti, purché si tratti di accordi aziendali sottoscritti dalla maggioranza delle Rsu dei sindacati firmatari di quel "patto sociale”. In tutto il gruppo fiat, la Fiom e i sindacati di base non firmatari dei diktat di Marchionne, ad esempio, sono cacciati dalle fabbriche perché 'minoranza', questo è già un primo enorme risultato ottenuto dal padronato! L'operaio e delegato sindacale Malabarba oggi sarebbe stato licenziato e mai più reintegrato. Possibile che tutta quella sollevazione popolare del 2002-2003 sia stata ormai buttata definitivamente al vento?


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