Casablanca n.22

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Una storia operaia in Fiat

La guerra fra l'otto

e il diciotto Gigi Malabarba Sinistra critica

Operaio alla catena di montaggio e delegato sindacale, anche con ruoli dirigenti, prima nella Fiom-Cgil e poi nel sindacalismo di base? Licenziato. La stessa suonata da vent’anni a questa parte. Tantissimi gli strumenti – cavilli – per poter licenziare,ciononostante, la ricerca di nuovi strumenti è sempre attuale. Ma non facendo lavorare, potendo licenziare con maggior facilità, aumenterà la produttività? Ripartirà la crescita dell’Italia? Per i poveri mortali,è difficile da capire. Malgrado i tanti ricatti occupazionali, la guerra tra l’otto e il diciotto è appena cominciata. Si spera.

Sebbene per ragioni economiche i licenziamenti, com’è noto, sono diventati assai facili negli ultimi anni, l’attacco al cuore dello Statuto dei diritti dei lavoratori, l’articolo diciotto, che vieta ai padroni di licenziare un/a dipendente ‘senza giusta causa’ pare la soluzione per tutti i mali. Ci hanno provato in parecchi dalla fine degli anni ’90, dovendovi rinunciare regolarmente per la pronta mobilitazione operaia. Ora il governo ‘tecnico’ di Monti e Fornero sembra intenzionato a riprovarci. Dopo l’allungamento dell’età pensionabile per favorire l’accesso al lavoro dei giovani, ora si pensa a licenziamenti più facili per rilanciare l’occupazione: la coerenza a quanto pare non appartiene ai professori… Una storia operaia in Fiat Una decina di anni fa, nel corso di un lunghissimo conflitto sindacale nello

stabilimento Alfa Romeo di Arese, fui licenziato per motivi politici (così sarà riconosciuto) dalla direzione Fiat, che aveva acquisito il noto marchio del 'biscione' con tutti i suoi dipendenti. Allora ero operaio alla catena di montaggio e da oltre vent'anni delegato sindacale, anche con ruoli dirigenti, prima nella Fiom-Cgil e poi nel sindacalismo di base. Si dà il caso che, grazie ai meccanismi perversi di rappresentanza che dalla metà degli anni '90 conferiscono rappresentatività ai firmatari di contratti e non in misura proporzionale al voto dei lavoratori e delle lavoratrici, la maggioranza formale delle Rsu era costituita da organizzazioni che mal sopportavano la mia presenza in azienda tanto quanto la direzione Fiat. Perciò, dopo anni costellati da provvedimenti di espulsione attraverso liste pilotate di cassintegrati da collocare a 'zero ore' e di successive

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vertenze che riuscivano a vanificarne i propositi (stiamo parlando di decine di espulsioni e di reintegri.), una parte dei sindacati insieme all'azienda definisce accordi che consentono di concentrare alcuni dei lavoratori più sindacalizzati e quindi scomodi - e alcuni invalidi in reparti destinati alla chiusura: tutti in mobilità, quindi nessuna discriminazione. E' attraverso il combinato disposto dell'azione dell'articolo ventotto dello Statuto dei lavoratori (condanna dell'azienda per attività antisindacale) e dell'articolo diciotto della medesima legge (obbligo di reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa) che ottengo il diritto a rientrare nel mio posto di lavoro. Il giudice del lavoro in prima istanza e la Corte d'Appello successivamente riconoscono l'esplicita volontà persecutoria della Fiat, cui è imposto di cancellare il provvedimento 'politico'.


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