Casablanca n.22

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Omicidio Impastato

Una storia

infinita Intervista a Umberto Santino,

PRESIDENTE DEL CENTRO SICILIANO DI DOCUMENTAZIONE “GIUSEPPE IMPASTATO”

Le indagini sull’assassinio di Peppino Impastato sono state riaperte. Quali sono le motivazioni? Che cosa è emerso di nuovo? Che cosa potrebbe cambiare rispetto alle sentenze già emanate? In quel periodo erano all'opera nella zona formazioni neofasciste su cui Peppino e i compagni di Lotta continua indagavano? C'erano legami tra queste e i servizi segreti? Quali rapporti c'erano tra Badalamenti e uomini delle forze dell'ordine? Probabilmente i magistrati che hanno riaperto le indagini sull'assassinio di Peppino si stanno ponendo queste domande

Sono state riaperte le indagini sull’ omicidio di Peppino Impastato: quali sono le motivazioni? Come la vedi? Innanzitutto bisogna ricordare, soprattutto a chi lo ha dimenticato o non si cura di ricordarlo, che per l'assassinio di Peppino ci sono due punti fermi: le condanne di Vito Palazzolo e di Gaetano Badalamenti come mandanti dell'omicidio, rispettivamente nel marzo 2001 e nell'aprile 2002, e la relazione della Commissione parlamentare antimafia sul depistaggio delle indagini, approvata nel dicembre 2000. Questi sono i frutti di un impegno quotidiano della madre Felicia, del fratello Giovanni e della cognata di Peppino, anch'essa Felicia, inizialmente di alcuni compagni di militanza e ininterrottamente del Centro siciliano di documentazione, nato nel 1977 e che dal 1980 è intitolato a Peppino. Le nuove indagini mirano a colmare qualche zona d'ombra, soprattutto per quanto riguarda il depistaggio, su cui la Commissione antimafia ha già fatto un ottimo lavoro. Solo che il depistaggio è un reato soggetto a prescrizione e questo è il motivo per cui nel 1998 ci siamo rivolti alla Commissione antimafia che ha accolto la nostra richiesta di indagare sul ruolo della magistratura e delle forze dell'ordine.

Penso che ora i magistrati, a partire dal depistaggio, si propongano di lavorare su altre ipotesi delittuose non soggette a prescrizione. In passato si è parlato tanto di depistaggio delle indagini e questa ipotesi è stata confermata dalla Commissione antimafia, Depistaggio realizzato da chi? Chi sono i personaggi? Perché? Il depistaggio parte subito dopo il ritrovamento dei resti del corpo di Peppino, con il fonogramma del procuratore capo Gaetano Martorana. Si leggeva in quel fonogramma: "Attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda. Verso le ore 0:30-1 del 9.05.1978, persona allo stato ignota, ma probabilmente identificata in tale Impastato Giuseppe, si recava a bordo della propria autovettura FIAT 850 all'altezza del Km. 30+180 della strada ferrata Trapani-Palermo per ivi collocare un ordigno dinamitardo che, esplodendo, dilaniava lo stesso attentatore". Su quella pista si è immesso immediatamente l'allora maggiore Subranni, in seguito promosso generale. Durante le perquisizioni, operate a senso unico, nella casa della madre, della zia, dove abitava Peppino, dei compagni, e non

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nelle case dei mafiosi e nelle cave, da cui proveniva l'esplosivo, come si diceva nella relazione redatta lo stesso 9 maggio dagli artificieri, è stata trovata una lettera in cui Peppino esprimeva le sue delusioni e manifestava la decisione di "abbandonare la politica e la vita". Quella lettera era di sette mesi prima dell'omicidio e c'era un'altra stesura della lettera, in cui parlava soltanto della sua volontà di "abbandonare la politica". Peppino viveva una fase politica molto difficile, in cui crollavano le certezze degli anni precedenti, alcuni gruppi, come Lotta continua, in cui militava negli ultimi anni, si scioglievano e tutto questo, assieme al disimpegno di alcuni compagni, lo feriva profondamente. Aggiungeva un nuovo trauma a quello che aveva vissuto, come racconta in un suo scritto, con la rottura con il padre (sia le lettere che questo scritto li abbiamo pubblicati integralmente nel libro Lunga è la notte). Peppino però si era rapidamente ripreso ed era impegnato nella campagna elettorale per le elezioni comunali. La lettera, nella prima stesura, fu usata come la prova del suicidio compiuto da un terrorista, avallando la tesi già delineata dal procuratore Martorana.


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