Brand Care magazine 005

Page 44

creatività

P

di Niko Demasi

rovocare. L’arte “deve” provocare. Dopo il cesso rovesciato di Duchamp, il luogo comune per antonomasia del discorso estetico “normalizzato”. Qualcosa non torna: irritare il comune senso del pudore non sembra poi una così grande impresa, troppo facile o troppo difficile, a seconda dei punti di vista (ammesso e non concesso che esista o sia mai esistito un comune senso del pudore…). Pensare di “scandalizzare” qualcuno oggi sembra più l’ingenua speranza di un pubblicitario sovraeccitato dalla scoperta del viral o del guerrilla che il progetto di qualcuno che ha ancora la forza di “sentirsi” artista in un mondo affollato di artisti. Qualcosa non torna. In certi casi rifugiarsi nell’etimo è come una boccata d’aria fresca: vediamo un po’, una veloce ricerca su etimo.it, bingo; dal latino provocare, composto di pro (avanti, fuori) e vocare (chiamare). Semplice e chiaro: “chiamare fuori”. Mi sa che il “compito” dell’artista non è far incazzare la vecchia zietta timorata di Dio: per quello basta e avanza un pubblicitario qualsiasi. Provocare, chiamare fuori, disvelare, scoprire, tracciare percorsi di senso: già mi sembra più accettabile, un “programma” credibile, un progetto cui dedicare tempo ed energie. Non chiamatela arte concettuale: intuizione sì, ma come punto di partenza di un lavoro che insistendo sul dettaglio, la differenza, la sostanza materiale del “significante” ha come oggetto la coscienza e la condizione umana. Nessuno scandalo, nessuna norma, nessun giudizio “divino”: forse un indizio per un percorso, di certo il dubbio.


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.