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Anno II n. 5/ 2020 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/2/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (Roma)

Pepeverde Letture e letterature giovanili

n. 5-2020 gennaio marzo


La letteratura per bambini e ragazzi è un universo straordinario che arricchisce e caratterizza il patrimonio culturale di un Paese

IN OCCASIONE DELLA FIERA DEL LIBRO PER RAGAZZI L’ICWA VI INVITA A DUE CONFERENZE DI GRANDE ATTUALITÀ Martedì 31 marzo - ore 10,00-12,30, sala Bolero SCUOLA E SOSTENIBILITÀ: FARE DELLA LETTERATURA UNO STRUMENTO DIDATTICO Relatori: Carmelo Adagio (Rete Scuole Green), Antonella Capetti (insegnante e autrice), Giovanna Zoboli (Topipittori), Francesca Tamberlani (giornalista), Mussi Bollini (Vice direttore Rai Ragazzi). Interviene e modera: Rosa Tiziana Bruno (autrice ICWA)

Mercoledì 1 aprile - ore 11-13, sala Bolero UNA CARTA DEI VALORI PER GLI SCRITTORI PER RAGAZZI Relatori: Daniela Palumbo (autrice ICWA, gruppo di lavoro della carta), Lodovica Cima (editor e scrittrice per ragazzi), Anselmo Roveda (esperto di letteratura per l'infanzia e coordinatore redazionale della rivista Andersen), Manuela D'Alessandro (Resposabile programmi Scuola Università e Ospedali e Comunità, Comitato italiano prr l'UNICEF onlus) Modera: Chiara Segré, vicepresidente ICWA L’Associazione Italiana Scrittori per Ragazzi - ICWA (Italian Children’s Writers Association), fondata nell’ottobre del 2012, è la prima associazione italiana che unisce e sostiene gli autori di libri per ragazzi. Si possono iscrivere all’associazione scrittori, aspiranti scrittori e isnegnanti. Scrivere a: fulvia.deglinnocenti@icwa.it Per informazioni su ICWA: www.icwa.it


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EDITORIALE

Letture e letterature giovanili

LEGGERE È BELLO, LEGGERE BENE È MEGLIO di Ermanno Detti

Care lettrici e cari lettori, Illustrazione di copertina: Alberto Ruggieri Ragazzo in bicicletta

Pepeverde Letture e letterature giovanili

Rivista trimestrale Iscrizione al Registro della Stampa del Tribunale di Roma n. 14/2019 del 21/02/2019

Anno II n. 5/2020 gennaio/marzo Direttore responsabile Anna Maria Villari Direttore editoriale Ermanno Detti Comitato Scientifico Massimo Baldacci, Silvia Blezza Picherle, Lorenzo Cantatore, Liliana Dozza, Franco Frabboni, Donatella Lombello, Juan Mata Anaya, Giovanni Solimine, Jack Zipes. Redazione Giuseppe Assandri, Alessandro Compagno, Maria Rosaria Corvino, Valentina De Propris, Franca De Sio, Giuseppe Fiori, Loredana Genua, Tiziana Mascia, Paola Parlato, Marco Pellitteri, Luisa Salvadori, Clelia Tollot, Luciano Vagaggini, Tito Vezio Viola. Coordinamento redazionale Loredana Fasciolo Progetto grafico e impaginazione Luciano Vagaggini Stampa: Tipolitografia CSR, via di Salone 131, Roma. Rivista trimestrale edita da Valore Scuola Coop. a.r.l. via Leopoldo Serra, 31/37 – 00153 Roma Tel. O6 5813173 e-mail: redazione@edizioniconoscenza.it Abbonamento a 4 numeri: Italia € 45,00, Estero € 60,00. Abbonamento sostenitore: € 100,00. Un numero € 12,00 Italia, € 16,00 Estero. L’abbonamento può essere sottoscritto in qualsiasi momento dell’anno. Modalità di pagamento: bon. bancario IBAN:IT44 Q0103003202000002356139 oppure conto corrente postale n. 63611008, entrambi intestati a Valore Scuola coop. a.r.l. via Leopoldo Serra 31 – 00153 Roma. Si può pagare anche con carte di credito o con la carta del docente sul sito www ilpepeverde it o sul sito www.edizioniconoscenza.it e-mail: commerciale@edizioniconoscenza.it © Riproduzione anche parziale vietata

scriveva Giacomo Leopardi quasi due secoli fa: «I libri specialmente, che ora per lo più si scrivono in minor tempo che non ne bisogna a leggerli, vedete bene che, siccome costano quel che valgono, così durano a proporzione di quel che costano» (Dialogo di Tristano e di un amico, 1832). E aggiungeva che se in una biblioteca ci sono libri diversi, giova leggere prima quelli da cui «si ricavi maggior costrutto» e poi mettere «mano ai libri improvvisati». Certo il tema dei libri scritti in maniera affrettata, a cui Leopardi allude, si imponeva già alla sua epoca. Il recanatese ha idee sane: leggiamo prima i libri migliori, poi se ci avanza tempo passiamo agli altri, che ai libri, a tutti i libri, è dovuto rispetto. Oggi in Italia i libri destinati a bambini e a ragazzi sono quasi a quota tremila nuovi titoli ogni anno (la rivista Liber ci informa che nel 2018 erano stati prodotti 2.615 nuovi titoli, e nel 2019 sembra esserci stato un notevole incremento). Allora le indicazioni di Leopardi sarebbero ancora valide se non ci fossero fenomeni nuovi, come la lotta per accaparrarsi i primi piani degli scaffali delle librerie attraverso una produzione esagerata, come la rincorsa alla pubblicità sui media soprattutto elettronici, come il mercato online che mette sempre più in difficoltà le librerie. Forse il mercato dei libri per ragazzi si salva un po’ dal mercato online perché se un genitore compra un libro per un bambino spesso vuole vederlo ed è facile che si rechi in libreria. Ma anche in questo caso la scelta si fa difficile, la mole della produzione sommerge o appiattisce la qualità; le stesse librerie tendono a esporre i libri più appariscenti (da qui la produzione di libri di grande formato e di illustrazioni spettacolari, abbaglianti) o quelli più pubblicizzati dai media. Un tempo un buon libraio aveva il tempo di leggere almeno qualche pagina di un libro e di consigliarlo, oggi sempre più spesso si limita a esporre quello più reclamizzato. Una produzione così vasta, e per giunta in un paese di non lettori come l’Italia, è una contraddizione. Occorrerebbero libri di “maggior costrutto”, cioè di numero inferiore e di miglior qualità. Ponendosi la questione della formazione dei lettori, offrendo libri ben scritti, divertenti o commoventi, insomma coinvolgenti (questa è la formula che noi portiamo avanti su queste pagine). Ci permettiamo infine di raccomandare una maggiore attenzione agli autori italiani, oggi ne abbiamo molti anche validi, mentre, ci informa sempre Liber, la prevalenza made in Italy si assottiglia: quasi il 50% dei nuovi titoli sono di importazione straniera. Siamo per la multiculturalità, ma qui ne vediamo poca: la maggior parte dei libri di importazione provengono dai paesi anglosassoni e dall’aera francofona. Comunque a chi sceglie un libro raccomandiamo di far tesoro delle indicazione di Leopardi, rimandiamo a domani la lettura dei «libri improvvisati». Ce ne sono tanti in giro.

Il Pepeverde alla Fiera di Bologna sarà al padiglione 26 – stand B 30, dal 30 marzo al 2 aprile. Venite a trovarci, c’è un regalo per voi


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INDICE

N. 5/2020 gennaio/marzo

EDITORIALE ___________________________________________________________________________________

LEGGERE È BELLO, LEGGERE BENE È MEGLIO di Ermanno Detti, p. 3 IL GIORNALE DEI GENITORI ___________________________________________________________________________________ Piccoli schermi E LA PIMPA TORNA SEMPRE di Nadia Riccio, p. 6

A CASA

Il difficile orientamento BUONE E CATTIVE STORIE di Elisabetta Vanzetta, p. 8 Fuoritesto – CHI INTRECCIA I FILI DELLA RETE?, di Paola Parlato, p. 11 Copriamo di ridicolo le cose stupide e cattive del mondo NONNI E NONNE DEL SESSANTOTTO di Paola Parlato, p. 12 Libri giusti al momento giusto PERCHÉ LEGGERE AI BAMBINI di Rossana Sisti, p. 14 Due compleanni: 95 anni de il Giornalino e 70 anni di Topolino libretto I SETTIMANALI A FUMETTI CHE HANNO FATTO STORIA di padre Stefano Gorla, p. 16 Fuoritesto – SE OLTRE IL 15% NEGA LA SHOAH ECCO I LIBRI PER LA MEMORIA di Giuseppe Assandri, p. 18 Musica globale È ARRIVATO L’HIP HOP di Claudio Facchetti, p. 19 INTERNAZIONALE – CONFERENZA «PISA a cura di Tiziana Mascia, p. 22

AND BEYOND»

INTERVISTE E INTERVENTI ___________________________________________________________________________________ Il nuovo corso globale TANTI LIBRI CON IL CUORE VERDE Intervista a Paola Costanzo e Antonio Monaco di Giuseppe Assandri, p. 24 La crisi delle edicole SARACINESCHE ABBASSATE di Paola Parlato, p. 28

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SU GIORNALI E RIVISTE


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Scritti di: Giuseppe Assandri, Susanna Barsotti, Giulietta Bemporad, Valentina De Propris, Franca De Sio, Ermanno Detti, Valentina Detti, Claudio Facchetti, Marco Fioramanti, Stefano Gorla, Tiziana Mascia, Marina Matricciani, Veronica Micca, Paola Parlato, Nadia Riccio, Nicola Rizzuti, Rossana Sisti, Giovanni Solimine, Clelia Tollot, Elisabetta Vanzetta, Lucia Zaramella, Paola Vallombrosa.

Parla Bart Moeyaert, vincitore dell’ALMA 2019 MI PIACE ESSERE INVISIBILE! di Clelia Tollot, p. 30 Il riadattamento delle fiabe e dei classici L’UTILITÀ DI SCRIVERE E RISCRIVERE Rossana Sisti a colloquio con Susanna Barsotti e Lorenzo Cantatore, p. 33 Fuoritesto – GLI 800 ANNI DELL’UNIVERSITÀ DI PADOVA CELEBRATI CON LIBRI PER RAGAZZI, di Lucia Zaramella, p. 35 Studio sull’artista cecoslovacco TUTTI I COLORI DI ŠTĚPÁN ZAVŘEL di Franca De Sio, p. 36 L’ANGOLO DELL’HAIKU – di Marco Fioramanti, p. 38 S.O.S. SCUOLA

– L’AGENDA 2030, di Giuseppe Assandri, p. 39

UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA __________________________________________________________________ Parola e emancipazione COM’È DIFFICILE LIBERARE GLI di Susanna Barsotti, p. 40

SCHIAVI CHE SI SENTONO LIBERI

Teoria e prassi dell’inventare NACQUE PRIMA LA «GRAMMATICA» di Franca De Sio, p. 45

O GLI

«ESERCIZI»?

Libri, mostre, eventi 100 GIANNI 2020 di Giuseppe Assandri, p. 49 LE STRISCE DI BARBARA CALCEI, IN ARTE BAKE, p. 51 EDUCAZIONE E APPRENDIMENTO – L’INSEGNAMENTO DELLA STORIA. I VALORI DELLA MEMORIA, di Nicola Rizzuti, p. 52 STRUMENTI __________________________________________________________________ IL DIFFICILE COMPITO DEL GENITORE CON L’ADOLESCENTE IN CASA, di Paola Vallombrosa, p. 54 INSEGNARE OGGI, di Valentina De Propris, p. 54

LE SCHEDE __________________________________________________________________ Fuoritesto – L’ORANGO ROSA, di Franca De Sio, p. 56 Fuoritesto – QUARANTA STORIE DI ALBERI E DI UOMINI, di Valentina Detti, p. 59 Fuoritesto – IL PRESIDENTE PIÙ AMATO, di Paola Vallombrosa, p. 63 – L’EPOCA DELLA RETE E LA CULTURA ORIZZONTALE di Giovanni Solimine, p. 66 IL GRILLO PARLANTE

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IL GIORNALE DEI GENITORI

Piccoli schermi

E la Pimpa torna sempre a casa di Nadia Riccio

Cosa accade quando un graffiante fumettista “smussa la punta” delle sue matite per inventare un mondo a misura di cuccioli? Un successo mondiale che dura nel tempo.

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a Pimpa, bizzarro cagnolino dal manto a pois rossi e dalle lunghe orecchie espressive, è da considerarsi a tutti gli effetti un “classico”. Nata più di 45 anni fa dalla matita di Altan, ormai da 38 è anche una serie animata, che continua ad essere trasmessa con una certa regolarità e vede ancora nuove stagioni. In origine Altan ideò queste storie su carta perché la figlia, bambina, aveva chiesto che inventasse per lei un cane, ma ben presto il successo del personaggio si estese al grande pubblico, so-

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prattutto grazie a testate come il Corriere dei Piccoli, che ne pubblicò per vent’anni le strisce. Iniziata nel 1982 con 26 episodi, la serie animata ha continuato ad essere prodotta, in blocchi di 26 puntate, nel 1997, nel 2010 e nel 2015. Nel tempo ha visto la partecipazione di alcuni nomi importanti dell’animazione italiana come Cavandoli – il creatore de La linea – e Enzo D’Alò, regista di lungometraggi di successo, mentre nell’ultimo decennio la regia è stata curata dallo stesso Altan. La produ-

zione ha coinvolto negli anni la Rai, l’agenzia Quipos e poi la Franco Cosimo Panini, in partnership. La durata media degli episodi è di 5 minuti ma non mancano alcuni mediometraggi.

Un originale patto narrativo Pimpa abita in una casetta dal tetto spiovente insieme a un adulto coi baffi di nome Armando. Anche se è un cane, parla e si comporta come se fosse una bambina e Armando fa le veci di un genitore. Intorno a loro ci sono dei personaggi ricorrenti come la gatta Rosita, la paperina Olivia o il razzo Egidio e altri che compaiono nelle singole storie. L’universo nel quale si muove la Pimpa non ha mai la pretesa del verosimile o del realismo. È un universo animista nel quale tutti gli oggetti possono prender vita e parlare. Il patto di sospensione dell’incredulità che Altan stringe con gli spettatori è insolito, infatti il piano di antropomorfismo non è fissato secondo un criterio stabile e di volta in volta la Pimpa interagisce con vari esseri viventi e inanimati: piante, fiori, altri animali e i più disparati oggetti. Non c’è una linea di demarcazione chiara per distinguere gli oggetti che possono agire con lei da quelli che restano semplici utensili. Anche i piani spaziali e temporali non rispondono a logiche di verosimiglianza: astri e pia-


IL GIORNALE DEI GENITORI

neti sono personaggi ma passano da un’azione bidimensionale a una tridimensionale senza salti apparenti mentre il giro del mondo può essere compiuto in poche ore e una sveglia può far viaggiare indietro nel passato. Anche l’integrità fisica degli stessi personaggi non è data per scontata: Pimpa cambia le proprie macchie colorandole o lavandole via e a volte, quando corre, loro non riescono a starle dietro e se le lascia alle spalle, altre volte la sua immagine allo specchio si anima di vita propria e agisce in parallelo con l’originale. Questa imprevedibilità della cornice è senza dubbio uno degli elementi di maggiore originalità della serie e non manca di produrre effetti anche comici.

gior parte dei casi il ritorno a casa dell’Armando, di solito impegnato altrove, segna la chiusura dell’episodio con un piccolo dialogo tra i due. Questo momento di confronto è molto importante perché rappresenta il passaggio in cui, per un attimo, tutta la credibilità delle vicende di Pimpa vacilla: ciò che lei racconta è davvero accaduto o l’Armando, bonariamente, asseconda la sua cagnolina fingendo di crederle? È qui che si insinua un dubbio sottile, una lieve malizia, suggerita proprio dal fatto che le azioni più incredibili si compiano lontano dallo sguardo dell’adulto. Ma quali valori incarna la Pimpa? Che modelli propone? Per quanto riguarda il rapporto adulti-bambini (incarnati dall’Armando i primi e dalla Pimpa i secondi) è un rapporto sereno e giocoso nel quale l’adulto è pacato, rassicurante, moderatamente normativo: Armando lascia a Pimpa molta libertà di movimento ma poi si assicura che non prenda freddo, mangi la verdura e non vada a letto tardi; come si è visto appare fermo su alcune regole di comportamento, ma accoglie la piccola nel suo bisogno di esplorare e anche di fantasticare (infatti non contrappone mai la logica del reale ai bizzarri racconti che gli fa la Pimpa). Dal canto suo Pimpa a volte è un po’ mo-

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nella e disubbidisce ma senza mai fare veri e propri pasticci. È una cagnolina curiosa e intraprendente che si distingue soprattutto per la disponibilità che mostra nell’aiutare i suoi amici e coloro che incontra sul suo cammino. Il mondo in cui si muove è un mondo privo di conflitti, senza drammi o tensioni. Siamo di fronte ad un prodotto pensato per i giovanissimi, per una visione che può persino svolgersi in autonomia in quanto non c’è mai il rischio di salti emotivi violenti o di rappresentazioni della paura troppo coinvolgenti e l’insieme della narrazione garantisce sempre il ritorno a casa come luogo sereno e protettivo, senza però che ciò appaia banale o ripetitivo. L’identità grafica della Pimpa è fortemente riconoscibile: tratti netti, linee precise, colori pieni, vivaci, perlopiù primari, assenza di sfumato o chiaroscuro. Il taglio delle scene è prevalentemente frontale con piani americani. La serie animata si pone in assoluta continuità e coerenza con le avventure su carta stampata e la grafica sembra voler imitare i tratti di un disegno infantile, anche se poi, tra le curve dei nasi o la malizia di certi sguardi, riemerge, potente, la marca del maestro Altan.

Un universo dinamico e rassicurante La struttura narrativa degli episodi è piuttosto classica: questi si aprono con la Pimpa coinvolta in attività quando sopraggiunge o un imprevisto o uno stimolo che la spinge all’avventura. Ogni episodio prevede un problema da risolvere o un’esperienza da portare a termine. Non di rado gli imprevisti portano Pimpa a dover inventare soluzioni creative per aiutare i suoi amici, soddisfare le loro richieste o supportarli emotivamente. Nella mag-

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IL GIORNALE DEI GENITORI

Il difficile orientamento

Buone e cattive storie di Elisabetta Vanzetta

In una produzione come quella destinata ai ragazzi e sempre più vasta è difficile orientarsi verso opere di qualità, mentre la “mediatizzazione” del libro e le tecniche di promozione e di comunicazione pubblicitaria dirigono il gusto. Ma l’adulto mediatore, genitore o educatore competente, può assumersi il compito delicato di essere di ausilio seguendo alcuni principi. Ecco quali.

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bambini e i ragazzi sono lettori dinamici e curiosi che hanno bisogno anche di stimoli esterni e di guida, perché la produzione editoriale a loro rivolta è ricca di proposte di qualità, ma anche di opere di scarso valore. Saperle riconoscere è fondamentale per chi si occupa di promozione della lettura. Le storie a disposizione sono tantissime, troppe. Pochi, invece, sono gli strumenti per poterle valutare. L’unico metodo per trovare letture di qualità,

buone storie, è l’attenta lettura personale fatta considerando, da una parte, il lettore a cui offrirle, le sue esigenze, le sue competenze e i suoi interessi (rispetto ai generi letterari più graditi, ad esempio) e, dall’altra, mettendo in campo una profonda conoscenza della letteratura per ragazzi e uno studio specialistico necessario per acquisire gli strumenti critici utili all’analisi dei testi per valutare e scegliere opere di qualità1. Anche l’opinione di altri lettori può es-

sere utile: recensioni e presentazioni in riviste specializzate e siti web affidabili aiutano una prima scrematura, ma è opportuno fare attenzione alla sicurezza e all’autorevolezza della fonte. A volte è molto labile, infatti, il limite tra pubblicità, divulgazione e critica consapevole ed è ancora abbastanza diffusa l’idea che tutti sono in grado di scrivere per bambini e tutti sono autorizzati a scriverne improvvisandosi esperti. Un’opinione da considerare con attenzione, invece, è quella dei bambini e dei ragazzi stessi. L’adulto mediatore di letture dovrebbe mettere al centro del suo lavoro i lettori ed ascoltarli attentamente, capire i loro bisogni e interessi e avere a disposizione diverse buone storie da proporre per soddisfarli, senza assumere posizioni preconcette legate a fini morali o didattici e, soprattutto, senza imporle2. I giovani lettori, seppur tendenti a scegliere, soprattutto nelle fasi iniziali, le letture più facili, riescono pian piano a crearsi un gusto proprio e a riconoscere le buone storie arrivando a chiedere «Posso avere un altro libro come questo?». È in quel momento che la professionalità dell’adulto ha occasione di emergere, se sa indicare un altro titolo valido.

La ricerca della qualità A questo punto ci si chiede cosa fa di una storia, una buona storia, una lettura di qualità, e, per contro, cosa caratterizza le cattive storie, i libri di scarso valore. Una chiara definizione di buona storia ce la offre Neil Gaiman nella sua lectio magistralis alla Reading Agency di Londra, quando dice che una storia deve suscitare «l’impulso di scoprire cosa sta per succedere», il volere leggere una pagina dopo l’altra, la necessità impellente di continuare a farlo, anche se è difficile, perché qualcuno è nei guai e devi sapere come andrà a finire... ed è un impulso molto reale. E ti spinge a imparare parole nuove, a pensare pensieri nuovi, ad andare sempre avanti. A scoprire che leggere in sé dà piacere. Una volta che lo im-

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IL GIORNALE DEI GENITORI pari, sei sulla strada per leggere tutto. E leggere è la chiave”3. Le buone storie sono quelle che coinvolgono per le vicende quasi epiche che raccontano, per il ritmo sostenuto che mantengono dall’inizio alla fine, per i personaggi autentici che permettono identificazione e per il finale che, senza scadere nello scontato, apre alla speranza. Le buone storie rispettano i bambini e i ragazzi in quanto lettori e non nascono per educare o insegnare, ma neanche solo per offrire con superficialità facile divertimento. I buoni libri per i ragazzi raccontano storie, descrivono la realtà, la vita nella sua multiformità e complessità, senza false ipocrisie, edulcorazioni e semplificazioni, seppur con il tono lieve necessario per l’età dei lettori. Sono storie curate nei dettagli, narrate con una lingua attenta, precisa, ricca e densa e equilibrata rispetto ai lettori, quindi né troppo difficile da risultare illeggibile, né troppo semplice da essere banale. Non sono narrazioni scontate o ripetitive, non girano sempre intorno allo stesso tema o seguono uno stesso schema, non impongono soluzioni, ma offrono spunti di riflessione. I buoni libri sono quelli che conquistano i ragazzi e durano nel tempo, sopravvivendo alle mode, diventando letteratura, classici e classici moderni, caratterizzati da elementi di universalità. La letteratura, anche quella per ragazzi, è specchio del mondo in cui viene creata e può diventare universale, superare i limiti di tempo e di luogo, se riflette il suo mondo con leggerezza di toni, onestà ed esattezza di contenuti e molteplicità di sguardi. La qualità delle descrizioni, il realismo dei dialoghi, l’attenta caratterizzazione dei personaggi, la coerenza della struttura narrativa e il ritmo uniformemente sostenuto sono, quindi, gli elementi che, rapportati alla fascia d’età di riferimento, determinano il valore di una storia. Più questi elementi sono curati, gestiti con armonia, equilibrati tra loro, più le storie fanno presa sul lettore, più lo fanno crescere e più creano in lui una sorta di dipendenza, facendo leva sulle sue emozioni. Una dipendenza “posi-

tiva”, molto diversa da quella indotta da serialità spicciola con situazioni e protagonisti ammiccanti. Indubbiamente l’iperproduzione editoriale causa disorientamento e la scelta delle letture rischia di orientarsi verso tematiche e personaggi “di moda” o su libri divenuti eventi mediatici4. D’altra parte le necessità commerciali degli editori, con la loro conseguente spinta alla ricerca quasi esasperata di sempre nuove opere da pubblicare (possibilmente simili a libri di successo), va a discapito della qualità dell’offerta5. In una recente intervista David Almond, grande autore inglese di libri per ragazzi, ha dichiarato di impiegare anche più di un anno a scrivere un libro6.. È, infatti, lungo il tempo che serve alla creatività artistica nemica dei tempi velocizzati dell’editoria. Gli autori “di qualità” scrivono per ispirazione, mossi soltanto dal bisogno di narrare. Sono artisti a tutti gli effetti e usano le tecniche letterarie raffinate della letteratura per adulti arrivando a proporre storie originali anche nello stile7. Anche da questo, quindi, la differenza tra opere di qualità e opere “di mestiere”, scritte per rispondere alle richieste di mercato, più che a esigenze creative e artistiche: libri con trame prevedibili e ovvie, a volte piene di stereotipi, linguisticamente banali e determinanti un’omologazione del gusto dei bambini, visti come consumatori di prodotti editoriali, piuttosto che esigenti lettori da rispettare. Questo tipo di produzione

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editoriale, poi, crea un circolo vizioso alimentato dalle richieste dei bambini e, spesso, anche dagli stessi adulti, incapaci di offrire loro con convinzione valide alternative.

Bambini e ragazzi: un pubblico esigente ma anche indifeso Non si tratta di fare censura quando si scelgono le letture da proporre ai bambini e ai ragazzi, si tratta di riuscire a valorizzare quei libri e quegli autori che, ispirati artisticamente, trovano soluzioni linguistiche e stilistiche, oltre che temi, personaggi e situazioni, che sanno rispondere adeguatamente alle esigenze del lettore. I giovani lettori sono in grado di affrontare anche livelli di lingua sostenuti e temi difficili, se le storie fanno presa sulle loro emozioni. I bambini e i ragazzi sono un pubblico esigente, ma anche indifeso ed è responsabilità degli adulti orientare le loro scelte, offrire loro il meglio, esplorando la ricchezza e la varietà di un’offerta multiforme e diversificata. Scelta che va fatta anche insieme a loro, scoprendo per loro e con loro libri curati, specifici nelle tematiche e nel target, stimolanti e nuovi nell’impostazione linguistica e iconica, libri che affinano il senso per la bellezza come tramite fondamentale per veicolare contenuti e valori, come strumento per avvicinare la complessità e la riflessione8. Le

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storie che colpiscono i ragazzi e li fanno restare attaccati alla pagina, sono quelle che contengono qualcosa di geniale che li stupisce, li incanta, sono quelle in cui riescono a perdersi e/o a ritrovarsi, non quelle scritte per soddisfare le richieste di adulti, genitori o insegnanti, che aspirano ad utilizzarle per fini pratici o didattici. Il mercato editoriale è invaso da storie che ammiccano all’adulto, proponendosi come mezzi ideali per affrontare tematiche specifiche, per insegnare qualcosa, per scopi diversi dal piacere della lettura, ma anche di storie che ammiccano al bambino, facendo leva su personaggi seriali, spesso legati a cartoni animati o telefilm, o su temi e generi di moda. Ed è su questi elementi, ovviamente, che il mercato basa la loro promozione pubblicitaria. Già Jack Zipes, parlando della letteratura per l’infanzia in America negli anni ’709, sosteneva che la “mediatizzazione” del libro per bambini e ragazzi e le tecniche di promozione e di comunicazione pubblicitaria dirigono il gusto: il libro “bello” può, quindi, passare inosservato se non efficacemente promosso. Questo vale ancor di più ai giorni nostri quando siamo sommersi da un eccesso di comunicazione e di informazione e quando “apparenza” e “sostanza” non vanno quasi mai di pari passo, anzi. Oggi esiste solo ciò che appare, e il libro, le rare volte che viene considerato dai vari

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media, viene per lo più trattato (e pubblicizzato) alla stregua di qualsiasi altro prodotto commerciale. Si può, quindi, applicare ai libri per bambini e ragazzi ciò che Giulio Ferroni dice della produzione editoriale in genere e cioè che «c’è una produzione che non fa altro che ruotare intorno alla comunicazione già data, che non fa che cercare occasioni di presenza, producendo materiale da consumare, offrendo scritture a perdere»10. Davanti a uno scenario simile, il ruolo di chi propone letture ai bambini e ai ragazzi assume veramente un significato importante e delicato. La mediazione tra opere di qualità e lettori necessita di accurata preparazione, profonda e diretta conoscenza delle opere, classici e novità, e ampia visione sul mercato editoriale. Non si può, però, prescindere dai lettori di cui gli adulti mediatori di letture devono saper ascoltare direttamente gli autentici bisogni e gli interessi per non limitarsi a proporre loro storie esclusivamente in base alla propria personale preparazione in campo psicopedagogico e letterario11. Quando ai giovani lettori si offrono buone storie, quando loro imparano a fare quel piccolo sforzo in più che richiede la lettura per imparare ad apprezzarle, quando si rendono conto che ne «vogliono un’altra come quella appena letta», quando le cercano e poi se le consigliano tra di loro, a quel

punto veramente il gioco è fatto e le buone storie diventano come le ciliege: una tira l’altra.

Note 1 Blezza Picherle, Silvia, Libri, bambini, ragazzi. Incontri tra educazione e letteratura. Vita e Pensiero, 2004 e Blezza Picherle, Silvia, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Una narrativa per crescere e formarsi. Qui Edit, 2018. 2 Blezza Picherle, Silvia, ibidem, p. 22. 3 Il testo completo si legge su https: //www.theguardian.com/books/2013/oct/15/neil-gaimanfuture-libraries-reading-daydreaming (consultato il 14/12/2019). La traduzione in italiano, Gaiman, Neil, Come si fa un lettore, il “Corriere della Sera”, 2013, era stata pubblicata dal “Corriere della Sera” come e-book nella sua collana I corsivi, ma attualmente non risulta più disponibile. 4 Blezza Picherle, Silvia, Libri, bambini, ragazzi. Incontri tra educazione e letteratura, Vita e Pensiero, 2004, p. 308. 5 Fortunatamente ci sono anche alcuni piccoli editori che negli ultimi anni stanno facendo un importante lavoro, pubblicando opere di qualità mai tradotte prima o ripubblicando opere di valore uscite da tempo dai cataloghi di altri editori. 6 David Almond in La lettura, “Corriere della Sera” del 6/10/2019. 7 Blezza Picherle, Silvia, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Una narrativa per crescere e formarsi. Qui Edit, 2018, p. 62. 8 Cristiano, Flavia, Introduzione a: Hamelin Associazione Culturale, Scelte di classe, Roma, 2017. 9 Zipes, Jack, Oltre il giardino, Mondadori, 2002. 10 Ferroni, Giulio, Scritture a perdere. La letteratura negli anni zero, Laterza, 2010, pp. 17-18. 11 Blezza Picherle, Silvia, Libri, bambini, ragazzi. Incontri tra educazione e letteratura, Vita e Pensiero, 2004, p. 314.


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FUORITESTO

CHI INTRECCIA I FILI DELLA RETE? di Paola Parlato a vignetta di Staino pubblicata qui a fianco sintetizza in modo giocoso ed efficace una questione scottante di fronte a cui ci pone la rete e la nuova gestione del sapere. Ha ragione il bambino quando si cruccia di fronte all’ordine da dare agli eventi. Sono gli aspetti problematici del nuovo modo di accedere alla cultura e di organizzarla. Senza un pensieroguida si rischia di trovarsi di fronte a un enorme libro spaginato, a cui siano stati mischiati a caso i fogli non numerati. Queste e altre riflessioni sta suscitando il cinquantesimo anniversario dell’istituzione di Internet. Su questo tema è appena uscito uno studio di Giovanni Solimine e Giorgio Zanchini, La cultura orizzontale. Sono più di quattro miliardi oggi le persone che nel mondo utilizzano Internet ed è facile comprendere come questo abbia cambiato il modo di informarsi, di pensare, di comunicare, di vivere. Il libro muove da un’analisi sui nuovi modi di produzione e di fruizione della cultura, in particolare in relazione alle giovani generazioni, di cui si cerca di tracciare il profilo di una nuova identità. Gli autori precisano che ovviamente si tratta di una materia in continua evoluzione, rispetto a cui è solo possibile osservare i fenomeni e analizzare alcuni elementi emergenti di una realtà che non può essere definita in modo conclusivo. La ricerca si incentra soprattutto sui giovani, i veri protagonisti di questi cambiamenti. Ci si riferisce alla generazione che, nata nell’era digitale, vive come condizione naturale l’essere perennemente connessi. E la rete non serve solo ad accedere alle informazioni o alla comunicazione sui social, la rete è il principale canale di discussione, di riflessioni collettive, di scambi di opinioni su libri, film, musica. È qui che viene introdotto il concetto di “orizzontalità” che caratterizza la cultura della rete. Cultura orizzontale ha un’accezione positiva se si definisce tale la larga partecipazione e la condivisione che la rete determina, ma non si può escludere al tempo stesso il rischio di appiattimento che proprio l’elevato livello di condivisione può produrre. C’è una valenza duplice, la fa-

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cilità e la velocità di accesso e di fruizione: da una parte un ampio materiale culturale è disponibile in tempi brevissimi per tutti, facilitando di fatto l’accesso al sapere che era un tempo più selettivo e complesso; dall’altra la velocità favorisce una fruizione culturale “mordi e

fuggi”, sbrigativa, funzionale a uno scopo circoscritto, spesso chiusa ad approfondimenti critici. Una cultura impoverita e bidimensionale, a cui sia sottratta o appiattita la complessità, sarebbe un preoccupante fenomeno di degrado. Illuminanti sono i confronti con il concetto di cultura precedente all’era digitale. In passato la cultura era considerata un importante strumento di cambiamento e di trasformazione, agente di crescita, basato su una progressiva conquista degli strumenti critici per leggere la complessità del reale; conquista che non avveniva senza la mediazione culturale di precise figure (insegnanti in primis, ma anche scrittori, giornalisti, editori). Queste forme di mediazione culturale vanno sempre più scomparendo nell’era del digitale. Gli autori propongono all’attenzione del lettore anche la nuova intensità – quantitativa e qualitativa – di connessione, che si è verificata da quando gli smartphone e i tablet viaggiano con noi. Senza obbligarci a raggiungere una postazione, ci consentono di essere connessi sempre e ovunque e hanno così

permeato ogni momento della nostra quotidianità. Una costruzione e trasmissione orizzontale della cultura, dunque. Ma in che modo, con quali effetti e con quali funzioni questa modalità orizzontale opera rispetto alla precedente modalità verticale? Nel saggio si sottolinea in numerose riflessioni come l’intreccio che la multiculturalità e multidimensionalità della rete poggi su una enorme quantità di stimoli, che hanno bisogno di essere analizzati, organizzati secondo gerarchie, legati fra loro da una molteplicità di relazioni, sistemati secondo categorie precise. La cultura orizzontale mostra quindi di non poter prescindere da quella verticale. «Riteniamo che la cultura debba attivare processi di ‘discernimento’, e ciò vale a dire partire da quello che i sensi ci consentono di percepire e usare l’intelletto per distinguere, valutare criticamente, riflettere, comprendere, rielaborare attraverso un processo di progressivo confronto e arricchimento. Viceversa, se i comportamenti culturali diventano soltanto un consumo, a volte compulsivo, in cui non c’è spazio e non c’è tempo per accostarsi gradualmente e digerire in modo profondo e intimo l’essenza del contenuto che la rete ci offre, il timore può essere fondato. È vero che il mondo online alimenta l’intelligenza fluida, agile, immediata, ma noi non possiamo fare a meno di quella cristallizzata, di una memoria a lungo termine che permette contestualizzazione e comprensione degli eventi». Giovanni Solimine Giorgio Zanchini LA CULTURA ORIZZONTALE Laterza, Roma-Bari, 2020 pp. 176, € 14,00


| IL GIORNALE DEI GENITORI Copriamo di ridicolo le cose stupide e cattive del mondo

Nonni e nonne del Sessantotto A colloquio con Chiara Ingrao, di Paola Parlato

In libreria dal novembre scorso, le filastrocche di Chiara Ingrao, Nonni in gioco, illustrato da Anton Gionata Ferrari e edito da Gallucci. 58 pagine di scenette familiari, giochi e racconti, seri o di un’allegria dissacrante, tutti autentici e affettivi, in cui si disegna un modello di “nonnità” del tutto nuova, più aderente alla realtà di nuovi nonni e di nuovi bambini.

hiara Ingrao è una “figlia d’arte”, i suoi genitori, Pietro Ingrao e Laura Lombardo Radice, erano noti intellettuali impegnati nella lotta al fascismo prima e nelle battaglie politiche e civili poi, nell’Italia repubblicana. Chiara ha conosciuto giovanissima l’impegno nel movimento studentesco, in quello sindacale e in quello femminista; sulle tematiche del femminismo in particolare è stata anche ideatrice e regista di programmi Rai. Dagli anni ’80 si è dedicata pienamente alle attività in difesa della pace, sia a livello di movimento che di impegni istituzionali. Ma se le si ricorda la sua militanza ribatte immediatamente che non le piace la parola militanza, parola che evoca conflitti e mal si addice al suo grande impegno per la pace. Dall’inizio degli anni Duemila si dedica con successo alla scrittura e anche la sua

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attività di scrittrice appare sempre profondamente radicata nella sua vita e nelle sue esperienze. Nel 2014 esordisce nel campo della letteratura per l’infanzia con il romanzo Habiba la magica da cui è nato un fortunato spettacolo teatrale, segue prima dell’ultimo il bel libro di poesie Mal di paura. La prima cosa che viene da chiederle è come arriva una donna impegnata che ha fatto e scritto tutt’altro, alla produzione di libri destinati all’infanzia. Chiara ci tiene a sottolineare che questa esperienza è una sorta di passaggio obbligato, per niente diverso e lontano dalla sua storia e dal suo impegno precedente. «È una parte della mia vita, è una parte a cui tengo molto, sia come madre che come nonna, per me il rapporto con l’infanzia, il giocare con i bambini e anche scrivere filastrocche è un’esperienza importante. Mi sono goduta tutte le fasi della vita e mi sto godendo anche questa!» Oggi sono diventate nonne anche le ragazze della generazione del ’68, e il divario che esisteva già qualche anno fa tra l’antica immagine stereotipata e la nuova modalità dell’essere nonni si è fatto netto. Il profilo dei nonni contemporanei, il loro modo di relazionarsi ai nipoti è del tutto nuovo; le nonne in particolare non offrono più ai nipotini tagliatelle e crostate ma giochi, capriole e filastrocche. E questo è un modo di interpretare il principio che fu al centro dell’esperienza di lotta politica e soprattutto femminista, un tema caro a Chiara Ingrao, cioè l’identità di privato e politico, «per me è impossibile distinguerli. Questo non significa che io mi metta a fare i comizi con i miei nipoti! Non a caso ho scelto le filastrocche come forma di scrittura. A me piace molto


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l’ironia, anche negli altri miei due libri per bambini l’ironia ha un ruolo molto importante. Ho scelto di parlare di temi forti e drammaticamente attuali come il razzismo o le paure, in una chiave ora ironica ora comica, prendendo in giro proprio gli elementi più drammatici della realtà». Certo, Chiara Ingrao lo fa con

Pietro Ingrao con le figlie

grande garbo ed efficacia, come quando viene preso in giro quello che si riempie la casa di armi e poi si fa male o quello che dice «noi siamo italiani e basta» salvo scoprire che non c’è nulla di solo italiano nella nostra vita. Chiara dichiara esplicitamente di avere accolto la lezione del grande maestro Rodari, che ha cambiato il modo di ridere e di ragionare sulle cose serie, coprendo di ridicolo le cose stupide e cattive del mondo. «La voglia di ridere con i nipoti è molto forte, si ride tanto insieme, è bello condividere con loro un po’ di giochi, di ricordi, ma si può anche mescolare i racconti giocosi per i bambini più piccoli ai racconti del nonno, per esempio, su come era duro vivere durante la guerra sotto le bombe o parlare dei tempi in cui la nonna gridava tremate, tremate, le streghe son tornate!». L’esperienza vissuta e raccontata dai nonni incuriosisce i bambini e quindi è possibile anche affrontare con loro temi più complessi o un discorso duro come la paura, se però veicolati da figure fortemente affettive come i nonni. I bambini di questa generazione sono sommersi da giocattoli elettronici, computer, telefonini, videogiochi, sempre oggetti e solo oggetti. Ma questa educazione ad accogliere aspetti diversi della re-

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altà, ad assumere modelli diversi, anche dall’esperienza di chi racconta cose diverse in modo diverso, o propone giochi diversi, di chi anche attraverso l’ironia gli mostra l’altra faccia delle cose è importante per la loro crescita. In queste scene familiari semplici, ridicole qualche volta, passano però modelli alternativi a quella cultura dominante che spinge verso un consumismo senza consapevolezza e senza creatività. «Invece di comprargli un nuovo cavalluccio possiamo prendere un calzino vecchio, fargli le orecchie e metterlo su un vecchio manico di scopa o presentargli due bambole fatte di stoffa ripiegata o costruire insieme un aereo di carta di giornale. Perché esiste una cultura diversa, una cultura della relazione, una cultura della parola, una cultura del donare tempo piuttosto che denaro o oggetti, e regalare anche a noi stessi la gioia dell’affettività e dello scambio. Oggi siamo di fronte a una sfida culturale fortissima, che è rappresentata dal pericolo di un nuovo fascismo, di una società lacerata dall’odio e dall’indifferenza, una società che tollera il terrificante ritorno del razzismo e accetta l’idea che la parola buonista possa essere diventata un insulto. C’è poi da dire che oggi passa qualche volta l’immagine di bambiniconsumatori, incapaci di pensare. Questo naturalmente non è vero se vengono “inquadrati”, cioè guidati ad accedere alle proposte del mercato con consapevolezza. Io ad esempio mi sono trovata con la mia nipotina di 4 anni che ogni tanto ha delle crisi di rabbia e un giorno mi ha detto “Io sono Hulk”». Hulk è in realtà un personaggio dei cartoni, un omone verde buono e tranquillo che quando gli arriva l’accesso di rabbia diventa una furia. La bambina ha mostrato una capacità di autoanalisi, riconoscendosi nelle caratteristiche di quel personaggio.

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Libri giusti al momento giusto

Perché leggere ai bambini Di Rossana Sisti

La regola aurea è cominciare presto, anzi prestissimo. Perché lui, il bambino, è un lettore fin da quando viene al mondo. Naturalmente non conosce l’alfabeto ma il suo libro aperto sulla realtà sono soprattutto gli sguardi e le voci della mamma, le parole e i rumori del mondo che ha ascoltato ancor prima di nascere e imparato a riconoscere.

on è mai troppo presto per iniziare con le filastrocche, le cantilene e le rime che fanno risuonare le parole diventando musica, per mostrare al neonato pagine da toccare, annusare, mordicchiare, da leggere nelle immagini e da sfogliare insieme a tu per tu, in uno spazio intimo, caldo e gratificante. Gli adulti possono farcela, basta cominciare per sperimentare sui bambini il grande potere delle storie e capire quanto i libri facciano la differenza. Ma occorre saper scegliere i libri giusti per il momento giusto. Angela Dal Gobbo è un’esperta di illustrazione e letteratura per l’infanzia, oltre che consulente di Nati Per Leggere, il programma nazionale cui collaborano pediatri e bibliotecari che da vent’anni promuove la lettura per i più piccoli da zero a sei anni. Per celebrare questo ventesimo compleanno, oltre che da anni di studi e di incontri di formazione per bibliotecari, insegnanti e genitori, è nato Quando i grandi leggono ai bambini (Donzelli, pp. 322, € 32,00) un manuale ragionato per costruire

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una biblioteca personale con i libri più belli scritti e illustrati da autori di primo piano a misura di bambino, tenendo conto delle diverse età. Cento titoli commentati e analizzati e altrettanti consigliati per costruire un percorso di lettura, perché gli adulti, genitori o educatori, possano con questa bussola orientarsi nel mercato editoriale e

ampliare in proprio lo scaffale. «La lettura è importante per lo sviluppo equilibrato del bambino – spiega Angela Dal Gobbo – perciò bisogna iniziare presto. Le neuroscienze ci dicono che la lettura precoce favorisce lo sviluppo delle capacità cognitive e la qualità del linguaggio dei bambini, permette di raccogliere e interpretare le informazioni, attiva la capacità di comprensione dei nessi e delle strutture del discorso, regala la possibilità di incontrare parole nuove, difficili, ricercate e sonore, insieme a forme e colori, di sperimentare lo spazio e il tempo. E, ancora, offre strategie per decodificare le strutture narrative». Un mondo di possibilità che avrà ripercussioni notevoli sulla capacità del bambino di esprimersi, di affrontare lo studio e quindi sul rendimento scolastico. «Tuttavia – prosegue l’esperta – la lettura è anche altro, soprattutto altro. Apre mondi e permette di affacciarsi nella mente di altri esseri umani, di viaggiare in territori sconosciuti. E non solo. Nel rapporto uno a uno del genitore con il bambino il libro crea un momento privilegiato e unico di condivisione della relazione». Perciò l’invito è a partire dal piacere di trovare nelle storie risposte profonde ai bisogni del cuore e a non pensare alla lettura come a un’operazione educativa ed edificante, né ai libri come a medicine che aiu-


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tano a diventare i primi della classe, quanto piuttosto a strumenti lieti, capaci di rendere più ricca e intensa la vita. Ma perché il piacere di leggere sia tale è importante scegliere cosa leggere con il bambino, rispettando i suoi gusti e la sua capacità di comprendere il testo. Il lavoro di Angela Dal Gobbo muove da questo proposito: offrire una pista di libri adatti alle diverse età, allo sviluppo intellettivo e anche fisico del piccolo lettore. Libri cartonati per i bebé, capaci di resistere alle sollecitazioni non sempre lievi delle manine, libri tattili che offrono esperienze sensoriali multiple. E poi albi illustrati dove parole e figure diventano linguaggi complementari nel raccontare storie. «Tramite le narrazioni – ribadisce Angela Dal Gobbo – impariamo a capire, a verificare, a vedere, anche ciò che non abbiamo mai visto, mondi astratti incredibili che tuttavia possiamo immaginare… Le storie ci insegnano che cosa è l’esistenza e come ci si rapporta alle cose del mondo. Ma non solo. Nei libri c’è un messaggio per noi. Per questo è importante leggere e rileggere certe storie come i bambini ci chiedono di fare. Perché lì c’è qualcosa di cui hanno bisogno proprio in quel momento, anche se a noi appare inspiegabile. Nella lettura condivisa si crea un

momento magico, una relazione stretta grazie alle storie che convogliano una serie di significati profondi. Ci si può divertire ma intanto si può parlare di tutto, anche delle cose più inquietanti senza timori. Le storie servono anche a questo, a tirar fuori delle parti di noi e del bambino, quelle voci che altrimenti non potrebbero avere voce. Perché le parole mancano ai bambini, che ancora le stanno imparando, ma anche agli adulti che spesso non sanno come usarle. Poiché sono finzione – continua Angela Dal Gobbo – le storie aprono le porte di un mondo altro, immaginario, che può essere guardato con quel distacco che consente di affrontare tutte le situazioni, di pensare l’impensabile. Di guardare con gli occhi di un altro, di sentirci umani. Quando i libri sono fatti bene, perché questo è un dato importante, sono speciali. Ci consentono di condividere pensieri, sentimenti, emozioni, sogni, paure, divertimento e ci permettono, in uno spazio privilegiato per la relazione, di comunicare con il bambino in modo immediato perché lì ci sono le parole per dirlo. Questo rituale, di enorme importanza affettiva può diventare un momento unico, in cui non esiste niente altro oltre al libro, un momento che rende la

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lettura oltre a un piccolo rito quotidiano, un’abitudine radicata». Una passione per la vita, virtù rara in un Paese che non legge. Impossibile per Angela Dal Gobbo non citare Nel Paese dei mostri selvaggi, uno degli albi più famosi al mondo. Fino a quando Maurice Sendak non creò quella creatura così capricciosa, ribelle e intraprendente come Max – spiega l’esperta – i protagonisti dei libri per bambini erano generalmente impegnati a essere buoni e docili. Alle malefatte e alle ragazzate seguivano rimorsi e buoni propositi. Max invece che ne combina di tutti i colori, tanto che le creature selvagge ne fanno il proprio re, è un bambino vero con i suoi capricci e la sua rabbia esplosiva, che una volta espressi si dissolvono lasciando spazio al desiderio di ritornare in sé, alla propria casa, dove si sente protetto e dove lo aspetta qualcuno che gli vuole bene e quella minestra ancora calda che aveva dovuto saltare per castigo. Per i bambini è un messaggio liberatorio, la libertà di essere se stessi anche quando si sentono travolti da impulsi aggressivi e incontrollati. Qualche tempo dopo l’uscita del libro, un bambino scrisse a Sendak: «Dov’è il Paese dei mostri selvaggi? Se il biglietto non costa troppo, vorremmo passarci le vacanze mia sorella e io».

Sendak Il paese dei Mostri selvaggi

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IL GIORNALE DEI GENITORI

Due compleanni: 95 anni de il Giornalino e 70 anni di Topolino libretto

I settimanali a fumetti che hanno fatto storia di padre Stefano Gorla

Il 1924 è stato un anno pieno di innovazione tecnologica: la società americana Brunswich mette in vendita il Panatrope, primo giradischi con motore elettrico e amplificazione elettronica a valvole, mentre il fisico inglese Edward Appleton dimostra la riflessione di radioonde nella ionosfera dando un impulso fondamentale allo sviluppo delle telecomunicazioni e del radar. Ma anche lo studio dell’essere umano fa un enorme balzo in avanti. Lo psichiatra tedesco Hans Berger, direttore della clinica psichiatrica di Jena, realizza il primo elettroencefalogramma: strumento che si mostrerà indispensabile per le diagnosi di epilessia e in altre indagini su malattie neurologiche. In questo clima il 1° ottobre 1924 apparve il settimanale per ragazzi: il Giornalino. Educare divertendo Quella de il Giornalino era una scommessa e una sfida, nata 95 anni fa. Una scommessa e una sfida

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che continuano. Quel 1° ottobre 1924 era per i bambini e i ragazzi italiani il primo giorno di scuola e un nuovo compagno di carta si affiancava loro. Come noto, esistevano già un discreto numero di riviste destinate a bambini e ragazzi, seppure non si era ancora nel pieno dell’esplosione della stampa di massa. Dal Novellino1 al Corriere dei Piccoli passando per Il giornalino della Domenica2. E non mancavano testate che facevano esplicito riferimento al mondo religioso da Italia Missionaria3 al Messaggero dei Ragazzi4, nella formula Sant’Antonio e i fanciulli. Il contesto generale portava con sé elementi d’innovazione e qualche tarlo della crisi che si svilupperà negli anni successivi. È nel clima effervescente degli anni Venti, dove prese il via quel processo che vide l’editoria trasformarsi da fenomeno

di élite a fenomeno di massa, grazie all’impulso di nuove tecnologie e per le richieste nate dai nuovi soggetti culturali formatisi durante la prima guerra mondiale. Dall’editoria elitaria ideologizzata di fine Ottocento si passa all’editoria di massa; si vedono i primi passi di quell’industria culturale che attraverserà tutto il Novecento. Il 1924 resta un anno di rilievo per il mondo dei media. Era il 16 aprile quando venne fondata la Metro-Goldwyn-Mayer, leone ruggente della storia del cinema e il 6 ottobre quando l’URI (Unione Ra-


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diofonica Italiana) inizia le trasmissioni radio dalla stazione di Roma. Il 27% della popolazione italiana era ancora analfabeta, mentre da un solo anno era stata varata la riforma scolastica Gentile sintetizzata dallo slogan «per una scuola migliore». È in questo clima che don Giacomo Alberione, un sacerdote di circa quarant’anni, decide di investire sui ragazzi alleandosi con le intuizioni pedagogiche aperte della scuola attiva o dell’attivismo pedagogico, che pongono il bambino al centro, senza spingerlo a diventare

adulto nel più breve tempo possibile ma rispettando la sua dimensione infantile. Investe sui ragazzi guardando con interesse ai frutti all’esperienza di Don Bosco e, forse, a quella di Lord Baden Powell, il fondatore dello scoutismo che del cammino fatto insieme e dell’interazione tra educatore e educando, aveva fatto il proprio punto di forza. Un caso singolare, ma non unico nel mondo dei periodici, l’intuizione di don Alberione di rivolgersi direttamente a bambini e ragazzi con un giornale che doveva unire in sé elementi per una formazione integrale della persona, in un equilibrato mix di divertimento, formazione e informazione che, da sempre, accompagna la storia de il Giornalino. Centralità dei lettori In questo processo sono centrali i lettori, i bambini e i ragazzi, prima ancora che ogni struttura organizzativa o editoriale, un indicativo indirizzo strategico anche negli investimenti. La copertina del primo numero ne è il manifesto: al centro i ragazzi, nello sfondo il resto. E ai ragazzi si offre il meglio, nell’intenzione dell’educare al bello seppur nei limiti del possibile per una giovanissima editrice: ed ecco la bicromia e le illustrazioni delle origini. Un’indicazione che resterà costante nella storia del settimanale che, nel suo lungo percorso, non ha mai smesso di essere coraggiosamente e testardamente dalla parte dei ragazzi, rischiando anche il paternalismo ma senza mai caderci veramente. Spesso ci si sente emotivamente inadeguati per stare dalla parte dei bambini e dei ragazzi che, è bene ricordarlo, non sono né un tema né un problema, ma neanche semplicemente e banalmente una risorsa: sono desiderio, ingegno,

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sguardo aperto sul futuro. Sogno, fantasia, avventura e saggezza vitale. E questo senza fare poesia stucchevole. Anche i ragazzi possono essere sordi e ciechi, violenti e pessimi, imbecilli proprio come un adulto. Anche se, a differenza degli adulti, è più difficile che questi atteggiamenti alberghino in loro in modo stabile. Su questa filosofia della centralità del ragazzo si costruisce l’avventura del settimanale cui il tempo ha dato la palma del più longevo d’Europa e che nel 2019 ha festeggiato il suo novantacinquesimo compleanno! Topolino si trasforma Sempre in tema di compleanni nel 2019 si è festeggiato anche il settantesimo compleanno del settimanale Topolino, nella sua forma libretto. Si tratta dell’evoluzione della testata che appariva come un tabloid dal grande formato di 8 pagine, con storie e narrazioni a fumetti dedicate al mondo Disney ma non solo. Era frutto dell’intuizione dell’editore artigianale Giuseppe Nerbini che nel 1932, sulla scorta della grande risonanza delle notizie che videro Disney al centro del mondo

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degli Oscar5 dedicò a Topolino, il più noto dei personaggi Disney, il proprio giornale. Era il 31 dicembre 1932 e la testata, in un formato simile al blasonato Corriere dei Piccoli, iniziò le sue pubblicazioni a cadenza settimanale. Nel 1937 la testata venne ceduta alla Arnaldo Mondadori Editore che nell’aprile 1949 la soppresse a favore di nuova rivista, sempre con lo stesso nome ma cambiandone formato; il famoso Topolino libretto di cui si festeggiano i 70 di pubblicazione: un agile quadernetto, fissato con due punti metallici, con copertina e contenuto esclusivamente dedicato ai personaggi dell’universo Disney. Il lancio pubblicitario parla di: «Topolino in tasca!». Sotto la direzione vigile di Mario Gentilini la rivista, dopo un primo tempo di uscite senza particolari legami con la periodicità, diventa prima quindicinale, e quindi settimanale a partire dal 5 luglio 1960. Uno degli elementi che renderà nota la rivista è la grande quantità di materiale prodotto in Italia, dopo anni di traduzioni e sfruttamento della licenza. La Mondadori produsse molto fumetto Disney tanto che alla metà degli anni Settanta il 60% dei materiali pubblicati sulla rivista è made in Italy, facendo conoscere talenti come Angelo Bioletto, Luciano Bottaro, Giovan Battista Carpi, Guido Martina, Carlo Chendi, Giorgio Cavazzano e molti altri. Assieme ai fumetti, il settimanale presenta divulgazione scientifica, sport, sussidi scolastici e didattici come avviene per altro con il Giornalino. Due compleanni per due riviste che resistono ancora in edicola, oltre che in abbonamento. Certamente con qualche fatica in più il Giornalino, che soffre maggiormente la crisi da edicola. Auguri di buon compleanno a due riviste che hanno contribuito a fare la storia della cultura popolare del nostro paese, eleggendo il fumetto come linguaggio principe.

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Note 1 Settimanale edito a Torino da Speirani e figli e diretto da Giulio Speirani, nasce nel gennaio 1890 e finisce le sue pubblicazioni nel dicembre 1904. 2 Settimanale creato da Luigi Bertelli alias Vamba, nato nel giugno 1906 e che, con diversi cambi di editore, cessa le sue pubblicazioni nel 1927. 3 Italia Missionaria nasce il 15 gennaio 1919 e sospende le sue pubblicazioni nel maggio 2009, al suo novantesimo compleanno dando vita a una nuova testata E VAI, presentato come il primo mensile di educazione alla mondialità per ragazzi in Italia.

4 Il Messaggero dei Ragazzi, famigliarmente detto MeRa nasce nel 1922 come filiazione della rivista de Il messaggero di S. Antonio. La testata si chiamava Sant’Antonio e i Fanciulli (e così sarà fino al 1963), ed era frutto delle intuizioni dei frati minori della Basilica del Santo di Padova. 5 Nel 1932 Walt Disney riceve l’Oscar alla carriera, due candidature per il miglior cortometraggio d’animazione; uno delle serie Mickey Mouse («Gli orfani di Topolino» primo film d’animazione a sfondo natalizio) e uno, che vincerà l’Oscar, «Fiori e alberi», il primo cortometraggio d’animazione a colori della serie: Silly Symphony.

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SE OLTRE IL 15% NEGA LA SHOAH ECCO I LIBRI PER LA MEMORIA di Giuseppe Assandri entre scriviamo il «Giorno della memoria», il 27 gennaio, è passato, ma alla memoria si deve dedicare ogni giorno della vita. E forse mai come quest’anno è importante ricordare la tragedia delle leggi razziali e della Shoah. Tanti gli episodi di esibito negazionismo e di oltraggio alla memoria dei deportati, di odio per gli ebrei e i “diversi”. Svastiche nei cimiteri, monumenti sfregiati, scritte intimidatorie sulle abitazioni (a volte di ex partigiani neppure ebrei, ma per i loro autori non fa differenza). E il 15,6% degli italiani nega la Shoah, come rileva il 32° Rapporto Italia 2020, Eurispes. Anche per questo è quanto mai importante continuare a raccontare. La bibliografia per bambini e soprattutto ragazzi è molto ampia, qui ne segnaliamo quattro, da leggere e consigliare.

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Silvia Roncaglia, Il pedalatore di luce, Il battello a vapore (collana “I vortici”), Milano 2019, p. 288, € 13. Da 12 anni. Esther e Bebel vivono il loro recente innamoramento a Parigi, in uno scenario sempre più fosco, con l’occupazione nazista e la persecuzione degli ebrei. Jessica Bab Bonde, Presto torneremo a casa, (ill. Peter Bergting, trad. di Alessandra Albertari), Einaudi Ragazzi, San

Dorligo della Valle, 2019, p. 128, € 13.90. Da 11 anni. L’opera raccoglie le drammatiche storie di sei ragazzi che hanno vissuto quei tempi terribili, dalle leggi razziali, alla segregazione nei ghetti, all’orrore dei lager. R.J, Palacio, Mai più. Per non dimenticare (trad. di Angela Ragusa), Giunti, Firenze-Milano, 2020, p. 224, € 20.00. Da 11 anni. Storia di amicizia tra Sarah e Julien, ragazzo poliomelitico irriso da tutti, la cui famiglia accoglie e protegge la ragazza ebrea. Sarah Kaminski e Maria Teresa Milano, I bambini raccontano la Shoah, Ill. di Valeria De Caterini, Sonda, Milano, 2020, p.127, € 14.00. Da 10 anni. Due toccanti esperienze autobiografiche, di Lia Levi e Uri che ci fanno provare emozioni, sentimenti e speranze dei bambini vittime delle persecuzioni.


IL GIORNALE DEI GENITORI

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Musica globale

È arrivato l’hip hop di Claudio Facchetti

Anche in Italia l'hip hop domina ormai da tempo. Come si è imposto e perché fa discutere questo genere che ha rivoluzionato le sette note tricolori.

È

arrivato in Italia importato dagli Stati Uniti come tanti altri prodotti e si è imposto a poco a poco fino ad arrivare a dominare la scena. Stiamo parlando del rap, l’ultima vera rivoluzione della musica globale, che ha attecchito in modo profondo anche dalle nostre parti, espressione sonora di un “movimento” più ampio, l’hip hop, che abbraccia il costume e la moda (abiti

Jovanotti

extra large, vistosi ninnoli e gioielli, vestiti firmati), il ballo (la breakdance), l’arte (i graffiti). Un “pacchetto” completo, che si è ribaltato anche nel Belpaese e sviluppato in maniera sempre più convincente soprattutto nelle sette note nostrane, tanto che per parecchi addetti ai lavori i rapper sono un po’ la continuazione dei cantautori, se non i loro sostituti.

Dalle Posse a Jovanotti I primi a raccogliere all’inizio degli anni ’90 i segnali in arrivo da oltre oceano sono le cosiddette “posse”, gruppi giovanili che si concentrano nei centri sociali o nelle case occupate di varie città. Il linguaggio dell’hip hop si adatta bene alle loro idee controcorrente, tra impegno politico e critiche alla società consumistica. Sorgono così sulla mappa italiana vari collettivi: 99 Posse (Napoli), Colle der Fomento e Onda Rossa Posse (Roma), Isola Posse All Star (Bologna), Lion Horse Posse (Milano), per citarne alcuni. Era un fenomeno ancora in embrione, ma significativo, perché sono queste posse a fornire il terreno fertile su cui cresceranno alcuni rapper destinati alla futura notorietà. Tuttavia, il primo rapper ad abbracciare uno spicchio di ampia popolarità non spunta da questi gruppi, ma è un battitore solitario impallinato di hip hop americano e proveniente dal pianeta dei dee jay: Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Le sue canzoni sono lontane dal mondo delle posse, prive di qualsiasi elemento polemico e orientate verso facili soluzioni sonore basate sull’elettronica, però scalano le classifiche. È lui a traghettare così verso un pubblico più vasto quel nuovo genere. Solo con il passare degli anni, Jovanotti porterà i suoi brani su un livello decisamente più alto e maturo, diventando quel fenomeno di massa che è oggi.

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Comunque, il successo dell’allora imberbe Lorenzo apre le porte ad altri rapper capaci, ognuno con il proprio stile, di fotografare la realtà circostante senza tanti giri di parole: c’è chi invita alla rivolta sociale (Assalti Frontali), chi esalta uno stile di vita discutibile con l’uso disinvolto delle droghe leggere (Articolo 31), chi mette in luce le contraddizioni della classe politica e “parla” di temi caldi come la mafia, gli stupefacenti, la corruzione (Frankie Hinrg MC, il primo rapper a firmare per una grande casa discografica).

Un uragano inarrestabile Sono l’avanguardia di un uragano che, alle soglie del Duemila, incomincia a soffiare forte sul mercato italiano. Le case discografiche si buttano a pesce e mettono sotto contratto vari rapper che, fino ad allora, avevano fatto parte del circuito alternativo. Sono Mondo Marcio, Fabri Fibra, i Club Dogo, Inoki, Caparezza, per citarne alcuni, che presentano brani graffianti, dalle rime infuocate, infarciti di parolacce e talvolta discriminatori e sessisti. Piovono le prime critiche: i contenuti che propongono non veicolano certo valori educativi e gli atteggiamenti sono sempre un po’ provocatori, non si sa se

Caparezza

per posa o perché sinceramente controcorrente. Loro si difendono dicendo di mettere nero su bianco la realtà dei quartieri periferici da cui provengono, criticando la società senza censure e prendendosi parecchie libertà, come quella di fumare canne apertamente, nei video come nei servizi fotografici. Una cosa è certa: piacciono e iniziano a fare grandi numeri, soprattutto tra i giovani. I rapper sono abili a sfruttare il web, i social e le piattaforme digitali, potenti cinghie di trasmissione per le loro canzoni e per far parlare di sé.

VOCABOLARIO Autotune: programma computerizzato che corregge in sala d'incisione le stonature del canto. Posse: letteralmente gruppo. Erano collettivi di rapper e dj che si riunivano negli anni '90 nei centri sociali e alternativi. Rap: in inglese «battere». Sequenza di rime baciate o parole assonanti su basi ritmiche. Trap: deriva da trap house, ovvero «casa delle trappole». Nel gergo malavitoso, legato al mondo degli stupefacenti, indica la casa o più generalmente il luogo in cui gli spacciatori vendono la droga.

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99 posse

Gli artisti escono a getto continuo: Fedez, Emis Killa, J-Ax (dopo aver lasciato gli Articolo 31), Clementino, Marracash, Ensi... Ognuno prova a diversificarsi dagli altri e c’è perfino chi ripulisce i testi, pur mantenendoli ficcanti, come Moreno (il primo a vincere un talent, Amici), Shade, Rocco Hunt. Tanti iniziano a flirtare con il pop e non disdegnano di duettare con i “classici” cantanti, quando non ci mettono loro stessi frasi melodiche tra i versi rappati. Le barriere dei generi s’infrangono e


IL GIORNALE DEI GENITORI

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DA LEGGERE Paola Zukar Rap. Una storia italiana Baldini & Castoldi € 16,00 È un libro indispensabile per capire la nascita e l’evoluzione del rap in Italia, scritto da chi ha vissuto il fenomeno in prima persona. Paola Zukar, difatti, ha dato vita a progetti indipendenti e collaborazioni fin dalla nascita della scena hip hop, per poi fondare una sua agenzia di produzione, da cui sono usciti rapper quali Fabri Fibra, Clementino, Marracash. Un viaggio nel genere fatto con competenza, curiosità, passione.

Ghali

l’hip hop dilaga. Ormai la popolarità del rapper di turno si misura sui numeri di clic e di visualizzazioni che registrano il web e i social più che sulle vendite fisiche dei cd. Il terreno fertile su cui è cresciuta la trap.

Tempo di trap Nata come sottogenere del rap negli anni Duemila, la trap si diffonde dagli USA piano piano ma inesorabilmente nel mondo, Italia compresa. Si distingue dal rap per l’uso di bassi più profondi, melodie ipnotiche, suoni ripetuti e sinuosi, flow strascicato e cantilenante, voce spesso corretta con l’autotune. Uno stile che aderisce profondamente anche nel nostro Paese, trovando interpreti che conquistano subito l’interesse dei ragazzi. Sono, tra tanti, Sick Luke, Young Signorino, Tedua, la Dark Polo Gang, Mahmood (che ha vinto un po’ a sorpresa l’anno scorso il Festival di Sanremo) e, in cima alle preferenze, Sfera Ebbasta e Ghali. I contenuti che veicolano, di solito, non sembrano andare a tutti i costi contro il sistema per cambiarlo, tuttavia sono una spia del disagio contemporaneo. Dice Paola Zukar, produttrice hip hop: «È un genere che usa parole vuote per

Frankie Hi-nrg MC Faccio la mia cosa Mondadori € 18,00 Salito alla ribalta nel 1992, Frankie Hi-nrg MC è uno dei più autorevoli rapper del nostro Paese. Le sue rime corrosive e di denuncia hanno fatto scuola e fino a oggi ha seguito con coerenza la strada dell’impegno. Qui, per la prima volta, racconta la sua intensa storia che si muove in parallelo con la nascita della scena hip hop nostrana. E lo fa con acume, ironia, incisività.

sottolineare il vuoto, la mancanza di tempo, l’estrema superficialità e brevità del modo in cui queste canzoni vengono ascoltate». A scorrere le parole dei brani di questi rapper tornano spesso temi come l’esaltazione del denaro, del lusso, delle droghe, dell’alcol: traguardi a cui tendere e poi mostrare, una volta raggiunti, quasi come trofei, a rimarcare un riscatto sociale dopo aver passato un pezzo di vita nelle periferie degradate delle città. Il tutto servito attraverso musica, video e foto postati sui vari social. Se alcuni concetti possono essere

condivisibili o degni di una qualche riflessione, è tutto il contesto e l’atteggiamento a lasciare perplessi. Predicano l’inclusione (ma tra molti di loro c’è rivalità), l’obiettivo principale di tanti sembra quello di “fare soldi” ed esibire la ricchezza sfacciatamente danno l’idea che sballarsi con sostanze più o meno proibite sia lecito. Non sono questi i valori che dovrebbero orientare i ragazzi. E amaramente tocca constatare quanto sia difficile trovare nell’hip hop dei maestri di vita per le nuove generazioni.

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INTERNAZIONALE a cura di Tiziana Mascia

Recenti risultati indagine OCSE

Conferenza «PISA and beyond» Il 9 dicembre 2019 si è svolta a Helsinki la Conferenza PISA and Beyond per la presentazione dei nuovi risultati di dell’indagine Ocse PISA 2018 e del nuovo quadro strategico per la cooperazione europea in materia di istruzione e formazione post ET2020. L’incontro è stato organizzato dal Ministero dell'Istruzione e della Cultura finlandese con la maggior parte dei partecipanti proveniente da Ministeri europei e da altre agenzie governative.

P

ISA è l’acronimo per Programme for

International Student Assessment, meglio conosciuta come l’indagine promossa dall’OCSE per valutare le competenze di lettura, matematica e scienze dei ragazzi quindicenni. A partire dall’anno 2000 è stata realizzata, con cadenza triennale, negli anni 2003, 2006, 2009, 2012, 2015 e 2018 in tutti i paesi dell’area OCSE e in alcuni paesi partner. La valutazione dell’indagine si concentra sulla capacità degli studenti di utilizzare la lettura nelle situazioni di vita reale, pertanto PISA definisce la literacy in lettura come la capacità di «comprendere e utilizzare testi scritti, riflettere su di essi e impegnarsi nella loro lettura al fine di raggiungere i propri obiettivi, di sviluppare le proprie conoscenze e le proprie potenzialità e di essere parte attiva nella società» (OECD, 2016, p. 60-61). La lettura è stato il settore principale valutato negli anni 2000, 2009 e 2018. Alla rilevazione del 2018 hanno partecipato 79 paesi di cui 37 paesi OCSE. Per l’Italia, ancora una volta, i risultati non sono positivi e, con un punteggio totale di 476, si attestano sempre al di sotto della media OCSE (487). La conferenza del 9 dicembre 2019 PISA and Beyond di Helsinki ha riunito ricercatori e esperti del settore con il fine di valutare e discutere sui primi risultati PISA 2018. Hanno partecipato circa 190 rappresentanti di ministeri, agenzie governative, associazioni di settore come Elinet

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(European Literacy and Policy Network, da cui è tratto questo report https://elinet.pro). La conferenza ha dedicato una particolare attenzione ai temi dell’inclusione e alla qualità di formazione degli insegnanti. Ad aprire la conferenza ufficiale è stata il Ministro dell’Istruzione finlandese Li Sigrid Andersson che ha sottolineato che i risultati PISA sono importanti perché riflettono non solo l’istruzione, ma questioni più ampie riguardanti la società. La conoscenza e le competenze sono una garanzia per il benessere nazionale e una risorsa vitale nel mondo globale. Attraverso l’educazione e la cultura si può creare un mondo migliore ed è necessaria una collaborazione tra i paesi che favorisca l’apprendimento e l’equità fra i ragazzi. I risultati di PISA hanno implicazioni politiche sui prossimi passi da realizzare per la cooperazione nel campo dell’istruzione scolastica in ambito UE. In Finlandia si sta rivalutando il concetto di apprendimento permanente con una visione strategica che si pone al di sopra dei settori politici. Gli obiettivi sono: sviluppare l’Area Educativa Europea, investire nell’istruzione e nella condivisione di buone pratiche, cooperare e coltivare la diversità in Europa e nei paesi OCSE. A commentare i risultati di PISA 2018 dal punto di vista europeo è stata Sophia Eriksson Waterschoot, direttrice per l’area “Youth, Education and Erasmus” della Commissione europea. Ha dichiarato che

l’UE che non ha raggiunto i suoi obiettivi di riferimento fissati per EU2020 e non vi è alcun progresso reale sui risultati generali di apprendimento. C’è infatti una quota stabile di studenti che non raggiunge i risultati previsti in matematica (low achievers) e per la lettura e le scienze la quota di low achievers è persino cresciuta. Tuttavia, in questo panorama, vi sono dei paesi che sono riusciti a migliorare le performance complessive in modo significativo. L’Estonia, l’Irlanda e la Polonia hanno mostrato come sia possibile raggiungere risultati che uniscono l’eccellenza all’equità. Eriksson Waterschoot ha sottolineato che esiste un contesto politico positivo per l’istruzione e l’educazione nell’UE, e che la commissione di Ursula von der Leyen ha fissato l’obiettivo di realizzare l’area “European Education Area” entro il 2025 e, in generale, l’Europa si impegnerà maggiormente per favorire l’equità sociale. I principali risultati di PISA 2018 sono stati esaminati dall’analista senior dell’OCSE Miyako Ikeda che ha anche introdotto le caratteristiche di base dell’indagine, compresi i nuovi paesi inclusi in questo ciclo (Bielorussia, Ucraina, Bosnia-Erzegovina, Brunei, Marocco, Filippine e Arabia Saudita). Ha sottolineato come non ci siano stati dei grandi cambiamenti nella performance media di lettura e questo a fronte di un aumento della spesa per l’istruzione, negli ultimi 10 anni, di almeno 15%. I migliori risultati nella lettura di PISA 2018 provengono dalle economie di alcune aree della Cina e di Singapore e, in Europa, da Polonia, Estonia e Portogallo. In generale segnala una preoccupazione per gli studenti con scarse capacità di lettura. Il 23% (media OCSE) degli studenti non raggiunge il livello di competenza 2. Per attuare un confronto, nel 2009 questa


INTERNAZIONALE

percentuale era del 19%. Alcuni dei principali paesi riescono a raggiungere buoni risultati sia nella performance complessiva sia negli indici di equità, come accade per esempio per l’Estonia, la Polonia e la Finlandia. Tuttavia, per molti paesi, la differenza di punteggio tra gli studenti in base al background sociale è cresciuta a causa della diminuzione dei risultati degli studenti svantaggiati. Secondo Miyako Ikeda dovremmo imparare dagli studenti resilienti, coloro che, nonostante il background di provenienza, sono riusciti a ottenere dei buoni risultati di apprendimento. Miyako ha poi descritto le attività che, in classe, si sono dimostrate cruciali sui risultati di apprendimento, per esempio il sostegno da parte dell’insegnante ha un rapporto molto positivo con il rendimento sulla lettura e, in certe situazioni, anche con il piacere della lettura. Secondo Miyako Ikeda si dovrebbe anche prestare particolare attenzione ad affrontare lo squilibrio tra l’istruzione e le aspettative di carriera degli studenti. La paura del fallimento è stata una nuova valutazione PISA legata all’atteggiamento degli studenti. I risultati hanno mostrato che gli studenti finlandesi mostrano un livello di paura di fallire inferiore rispetto alla media degli studenti dell’OCSE. La paura del fallimento è correlata negativamente alla soddisfazione generale di vita. I paesi con un’alta percentuale di studenti con una mentalità di crescita tendono ad avere risultati migliori degli altri. Altre aree dei risultati PISA sono state evidenziate da Andreas Schleicher, direttore dell’area “Education and Skills dell’OCSE”. In particolare: – Solo il 9% degli studenti è in grado di distinguere i fatti dalle opinioni, nonostante tale competenza di lettura sia in realtà fondamentale per la vita quotidiana di tutti. – Esiste un forte divario di rendimento tra gli studenti in base al background sociale di appartenenza. Le condizioni sociali di povertà non devono rappresentare il destino per i ragazzi, ne sono la prova alcuni paesi, come per esempio la Finlandia e la Norvegia, dove gli studenti svantaggiati hanno una buona opportunità di apprendimento. In alcuni paesi, come la Finlandia e l’Estonia, non vi è una grande differenza

fra una scuola e l’altra, per cui qualsiasi scelta risulterebbe una scelta di qualità per i ragazzi. Non è così invece per tanti paesi in cui vi sono grandi differenze e la qualità della scuola frequentata potrebbe essere fondamentale. Il tempo dedicato allo studio non è correlato ai risultati sull’apprendimento. Gli studenti finlandesi, per esempio, trascorrono poco tempo a scuola e mantengono una produttività elevata. Gli studenti con una visione di crescita personale hanno minore paura di fallire. I paesi con alta percentuale di studenti con una visione di crescita tendono ad avere risultati migliori degli altri. PISA offre inoltre molte informazioni sull’impegno di lettura degli studenti. Secondo la ricercatrice Kaisa Leino dell’Università di Jyväskylä nei paesi europei e dell’OCSE, c’è, in generale, un aumento significativo del numero di studenti che leggono solo se sono costretti a farlo. Una tendenza simile si riscontra anche in altre aree che misurano l’interesse verso la lettura. Nel complesso, si

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registra un calo di interesse per la lettura su carta stampata, in particolare per riviste e giornali, mentre molte attività di lettura online sono diventate più frequenti nella vita quotidiana degli studenti. Si è ridotta la quota degli studenti che leggono quotidianamente e l’interesse per la lettura si diversifica ulteriormente tra ragazze e ragazzi. Infine Michael Teutsch, della Direzione generale Istruzione, gioventù, sport e cultura, ha presentato i commenti finali della Commissione europea e sottolineato come i risultati, a livello europeo, siano motivo di profonda preoccupazione per la Commissione stessa. Tuttavia, gli stessi elementi provenienti dall’indagine PISA dimostrano quanto sia possibile fare per migliorare la situazione. Un segnale positivo è stato il recente incontro congiunto dei ministri europei delle finanze e dei ministri dell’istruzione che hanno convenuto sull’importanza di investire nell’educazione e in particolare nell’Ecec e nell’insegnamento di qualità.

PISA 2018 E ITALIA Negli anni 2000, 2009, 2012 e 2015 l'Italia si è avvicinata alla media europea. Nel 2018 ha raggiunto il risultato peggiore rispetto agli altri anni in cui la lettura è stato l’oggetto principale di analisi (anni 2000-2009-2018). Anche nell’indagine PISA, come è accaduto in PISA 2016, il risultato complessivo raggiunto dall’Italia di 476 punti nasconde in realtà delle diseguaglianze all’interno della popolazione. Si osservano delle differenze significative tra le macro aree geografiche. In Italia riportano le percentuali più ̀ alte di studenti che raggiungono i livelli 5 e 6 sono quelle del Nord Est e del Nord Ovest. Nel

contesto internazionale circa 9 studenti su 100 sono valutati come Top Performer. Fra i paesi OCSE in cui si trovano più studenti Top Performer vi sono in Europa: Finlandia (14,2%), Estonia (13,9%), Svezia (13,3%) e Irlanda (12,1%), mentre l’Italia ha solo il 5,3% di studenti che raggiungono i livelli avanzati. Si tratta di una percentuale inferiore alla media internazionale OCSE (di 8,7%). Un risultato che contribuisce significativamente a determinare il punteggio complessivo inferiore alla media OCSE, poiché la percentuale degli studenti che si attesta sui livelli bassi è in linea con il dato internazionale.

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INTERVISTE e INTERVENTI

Il nuovo corso globale

Tanti libri con il cuore verde di Giuseppe Assandri

Come si apre il 2020 per il futuro del Pianeta Terra? Le prospettive sono in chiaroscuro e i motivi di sconforto non mancano. Ma nascono tante idee nuove e nuove iniziative editoriali.

I

l Clima Summit dell’Onu a New York non ha portato frutti e Cop 25 a Madrid di dicembre è stata un vero e proprio fallimento. Ancora una volta, solo impegni generici e rinvii. Tutto rimandato a Cop 26 che si svolgerà a dicembre a Glasgow. Ma prima ci saranno le elezioni americane che costituiranno uno spartiacque. Un cambio di rotta delle politiche ambientali Usa potrebbe fare la differenza e spingere per una svolta mondiale, contagiando i Paesi che sinora hanno frenato l’attuazione degli impegni

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della Conferenza di Parigi, come Usa, Russia, Cina, India, Brasile. Tuttavia, qualche moderato motivo di speranza c’è. Il Parlamento europeo, su proposta della nuova presidente Ursula von der Leyen, ha dichiarato l’emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo, con l’impegno a contenere il riscaldamento globale sotto la soglia di 1.5 gradi e a ridurre le emissioni del 50% entro il 2030. E l’idea di un Green New Deal1 si diffonde, seppure a fatica. Secondo Jeremy Rifkin, ad esempio, il modo di

procedere a cui siamo abituati, in campo economico può e deve mutare, preconizzando audacemente il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028. Anche il governo italiano aveva annunciato con grandi squilli di tromba piani epocali per l’ambiente, subito drasticamente ridimensionati. Tra i segnali positivi va ricordato, per il suo valore simbolico, la scelta di Greta Thunberg come persona dell’anno da parte della prestigiosa rivista Time. E ancora di più, la consapevolezza sempre più diffusa della necessità di cambiare atteggiamenti e abitudini, per renderle, da subito, più sostenibili. Sono le parole d’ordine portate avanti dai movimenti spontanei2 (non solo giovanili) che hanno riempito le piazze negli ultimi mesi del 2019 e che sembrano indicare, in nome della lotta al cambiamento climatico, il protagonismo di una “Dream Generation”, che chiede un mondo più giusto, senza odio e razzismo. Diffondere le buone pratiche, far conoscere modi concreti per “fare la differenza” può essere salutare e contagioso, anche nei libri per ragazzi. E non solo attraverso manuali operativi, ma anche raccontando esperienze significative (e sovente misconosciute) di azione e cambiamento. Tra i libri


INTERVISTE e INTERVENTI

per ragazzi più recenti, merita una segnalazione Arambì, insieme per dare una mano alla Terra, un libro scritto a più mani da otto autori che si sono dati il nome Arambì (in lingua swahili significa “fare insieme”). Su questo interessante libro rimandiamo su queste stesse colonne alla sezione schede (p. 62).

Biodiversità e diritti degli esseri viventi Il dibattito e le idee dei movimenti giovanili globali sembrano aver messo in secondo piano il tema, a mio avviso cruciale, della biodiversità e del pericolo, evocato da molti, della sesta estinzione di massa. Certo, movimenti nuovi come Extinction Rebellion3 e associazioni “storiche” come Greenpeace ci ricordano con le loro azioni il ruolo cruciale indicato dal “Goal” n.15 (La vita sulla Terra) dell’Agenda Onu 2010 per lo sviluppo sostenibile. Perché ci preoccupiamo tanto di mantenere un’alta diversità di piante e animali sul nostro pianeta, già tanto affollato di uomini? Cosa ci importa della sopravvivenza dei coralli, del colibrì o del leone marino? In termini puramente utilitaristici, forse basterebbe la sopravvivenza di quegli animali e piante che ci danno da

mangiare o utilizziamo per vestirci o per costruire oggetti utili. La realtà è diversa. La diversità dei viventi si rivela essenziale, è portatrice di grandi valori generali, compreso quello economico: è fonte di beni, di risorse e di servizi indispensabili per la sopravvivenza; ha effetti positivi sulle inondazioni, la siccità, gli sbalzi estremi di temperatura e la forza del vento; contribuisce all’impollinazione delle piante; ha grande importanza strategica quale serbatoio delle risorse genetiche a fini alimentari e farmaceutici; reca contributi benefici culturali ed estetici e molti altri ancora. Il tema dei diritti degli animali e anche delle piante4 non appare marginale, si intreccia a una serie di scelte che abbiamo di fronte riguardanti il nostro modo di alimentarci, di consumare, di viaggiare e di muoverci. Se l’uomo non è più il padrone del creato, come affermato dall’enciclica Laudato si’ di papa Francesco sulla cura della “casa comune” (2015) e dal recente Sinodo sull’Amazzonia5, cambia il paradigma teorico e pratico che regola i rapporti tra la Madre terra e gli esseri viventi tutti che la abitano. Nella tradizione buddista si ritrova la stessa espressione e Thich Nhat Hahn, uno dei suoi grandi maestri, ha scritto una Lettera d’amore alla Madre Terra6 con l’invito a impegnarsi per la salvezza del Pianeta. Nella natura c’è, com’è noto, una rigorosa catena alimentare. Gli animali si nutrono di vegetali, cacciano e sono cacciati. Animali e piante sono infatti parte di un “Interessere”, in cui sono connessi tutti gli esseri viventi, uomini compresi. Ridurre è la parola chiave: il consumo di suolo, lo spreco di risorse energetiche e di cibo. Scegliere modi di alimentarsi più “sostenibili” non implica necessariamente la scelta vegetariana o vegana, ma suggerisce, sia per motivi di impatto ambientale che per motivi etici, di ridurre il consumo di carne e la sofferenza degli animali. C’è una vasta letteratura sull’argomento e una lettura particolarmente attuale e stimolante, ci riferiamo al libro Cowspiracy. Il segreto

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della sostenibilità, che invita a ripensare la nostra dieta per trasformare il mondo7. Su questi temi, le Edizioni Sonda hanno fatto da apripista con i libri di Jim Mason8, Jeffrey Masson9 Leonardo Caffo 10 e Melanie Joy11. Sonda inoltre pubblica libri Green per bambini e ragazzi, che abbiamo più volte presentato sulla rivista, come il libro di Daniel Kirk, Immagina. Una preghiera per gli animali, la fortunata serie di Gatto Killer di Anne Fine, i dizionari bilingui Bambino-gatto, Gatto-bambino e Bambino cane, Cane-bambino e la saga felina Warrior cats di Erin Hunter. Dei temi sin qui citati e delle scelte editoriali più recenti di Sonda, parliamo qui seguito con i dirigenti della Casa Editrice.

La clamorasa presa di coscienza delle giovani generazioni Intervista a Paola Costanzo e Antonio Monaco è una parola abu•sata.“Cambiamento” Per voi, cosa significa? La consapevolezza che stiamo vivendo una fase di profonda trasformazione dello stile di vita individuale e dei rapporti interpersonali, sociali e tra i popoli è diventato senso comune. Negli ultimi anni è cresciuto il senso di urgenza e di necessità di questo cambiamento. E della gravità delle conseguenze se non si cambia. Le nuove generazioni si trovano quindi ad associare al cambiamento l’ansia per le resistenze degli adulti, e dunque provano meno rabbia ma molta più paura. Se mettiamo a confronto come si parlava di salute e di alimentazione, di animali domestici e del rapporto con la natura, di clima e di futuro Pepeverde n. 5/2020 25


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INTERVISTE e INTERVENTI

nella nostra infanzia e giovinezza (anni ’70 e ’80) con il modo in cui ne parlano i ragazzi e giovani di oggi la differenza è clamorosa. Sonda ha un cuore “green” da •sempre. Come rendersi riconoscibili e mantenere la propria identità, in un mercato editoriale così affollato? Il tratto caratteristico dell’editoria attuale non è l’improvvisazione o l’approssimazione, ma l’omologazione. Mediamente chi lavora oggi in editoria è più scolarizzato e professionalizzato che in passato, ma il limite principale è che usiamo tutti le stesse fonti informative e soprattutto usiamo gli stessi paradigmi per valutare il risultato del nostro lavoro. Ed è più facile per ciascuno sapere cosa fanno gli altri, cosa funziona e cosa no. Per questa ragione chiunque riesca a scoprire un filone, un tema o un autore che risponda alle domande dei lettori, viene rapidamente inseguito e imitato. Per noi è importante restare concentrati sui filoni che conosciamo bene e su cui pensiamo di poter dare un contributo di qualità. E contiamo sul lettore più sensibile che sa riconoscere e apprezzare queste caratteristiche. Quali sono oggi per voi i temi e gli •argomenti prioritari? Prima ancora dei temi, noi cerchiamo di considerare il destinatario. Oggi privilegiamo la famiglia (di ogni ge-

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nere, naturalmente) perché è il luogo in cui le generazioni si incontrano e scontrano, in cui il cambiamento può prendere la forma efficace nel presente e può preparare il futuro. Quando parliamo di abitudini da cambiare, di punti di vista nuovi da adottare, di emozioni e sentimenti da provare dobbiamo pensare che c’è un lavoro lungo da fare. In cui si devono esercitare la motivazione, il confronto e il sostegno reciproco. E questa circolarità di esigenze si può attivare negli ambienti educativi e solidali. E proprio la famiglia in tutte le sue declinazioni può dare tutto questo. Soprattutto quando viene stimolata e supportata dalla scuola.

Tra i vostri libri quali aiutano meglio a far crescere la consapevolezza ambientale? Ne richiamiamo due che rappresentano bene il nostro approccio. Innanzitutto il libro dei due registi americani Andersen e Kuhn, Cowspiracy. Dal libro è stato tratto un docufilm che è stato uno dei più visti e utilizzati nel mondo per comprendere quanto l’allevamento intensivo di animali da latte e da carne influisce sull’impronta ecologica umana. Oggi è una consapevolezza diffusa ma quel libro, per la completezza delle informazioni, il rigore delle argomentazioni e la passione con cui afferma la rilevanza della questione è stato una pietra miliare della consapevolezza ambientale. Inoltre, ha puntato il dito

sui limiti dei movimenti ambientalisti tradizionali, poco allineati e impegnati sulle priorità. E poi il più recente Questo libro salva il pianeta di Isabel Thomas. Un libro che fa superare la separazione tra sostenitori e attivisti che molto associazionismo tradizionale ha alimentato. Il volume propone 50 “missioni” concrete che possono fare tutti e che danno rilevanti risultati concreti se solo un numero sufficiente di persone li adotta come comportamenti ordinari e quotidiani. i primi a proporre libri •sullaSietesceltastativegetariana e vegana. E oggi? È ancora un tema cruciale? Il nostro libro n. 2, nel 1988, è stato Il movimento di liberazione animale di Peter Singer. Dal 2002 poi abbiamo iniziato a pubblicare libri sull’alimentazione vegetale che oggi conta nel nostro catalogo oltre 50 titoli. All’inizio è stato necessario dimostrare che è possibile vivere in salute con un’alimentazione veg, e che non era necessario mettere in conto delle carenze. In seguito, è stato importante mostrare che anche dal punto di vista gastronomico ed estetico i risultati possono essere più che adeguati. Ora ci troviamo nella fase in cui alcuni professionisti della cucina propongono questa alimentazione sottolineando il valore aggiunto nel prevenire malattie, nel determinare performance sportive e nell’accompagnare i comportamenti ecosostenibili. Quello di cui ci siamo subito resi conto, soprattutto a partire


INTERVISTE e INTERVENTI

dagli anni ’90, è che decidere di non mangiare cibo di origine animale è un comportamento etico che si ripropone ogni giorno e più volte al giorno. Un modo semplice e immediato in grado di favorire il mondo più giusto, equo e solidale che vogliamo contribuire a costruire. È vero che negli ultimi due anni in questo ambito pubblichiamo meno titoli, soprattutto perché è cresciuta la competenza culinaria media e le persone si dedicano molto di più all’autoproduzione e alla cucina casalinga: meno sofisticazioni e più legami con le competenze tradizionali (molti, anche maschi, riscoprono le pratiche delle nonne e delle mamme) e con ingredienti naturali. Oggi non pubblichiamo più ricettari, ma soprattutto libri di alimentazione (vedi il libro di Silvia Goggi, La mia famiglia mangia green) che contengono anche ricette. puntando molto sulla col•lanaState «Famiglie green», mi sembra. È una collana di libri che affronta tutti gli aspetti pratici di chi vuole adottare uno stile di vita ecosostenibile. Non è banale farlo e riguarda il nostro modo di fare la spesa, di ridurre progressivamente la plastica, di amministrare e/o investire i risparmi, di gestire i propri rifiuti o riutilizzare gli scarti, il modo di viaggiare e di curarsi, le scelte professionali e le scelte alimentari. Soprattutto le coppie giovani rispondono con interesse e ci scrivono per approfondire gli argomenti con gli autori. All’ultimo Festival di Internazionale alla presentazione di Vivere felici senza plastica con i due autori canadesi erano presenti oltre mille persone. E un libro speciale, tra le novità •2020? Il libro che non bisogna assolutamente perdere nella primavera del 2020 è Voglio vivere 100% green. Si tratta di una guida a 360 gradi di una coppia francese per chi cerca una vita piena, responsabile e appagante per sé

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stessi e per gli altri. Il libro è ricco di informazioni, suggestioni e di indicazioni pratiche. Ti fa mettere a confronto con la realtà, ti incoraggia e motiva a cambiare abitudini, smettere di lamentarsi e passare all’azione. Un libro che ti racconta come fare la differenza, subito. (g. a.)

Note 1 Jeremy Rifkin, Un Green New Deal globale, Mondadori, Milano, 2019.

Si veda ln proposito l’articolo Non bruciamoci la casa, in “Pepeverde”, n.4//2019. 3 Sull’argomento, il rimando è alla prima «Carta dei diritti dei viventi scritta dalle piante» contenuta nel libro di Stefano Mancuso, La nazione delle piante, Editori Laterza, Roma, 2019. 4 Sinodo Amazonico, Nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale, ottobre 2019. 5 ThichNhatHahn, Lettera d’amore alla Madre Terra, Garzanti, Milano, 2016. 6 Kip Anderson e Keegan Kuhn, Cowspiracy. Il segreto della sostenibilità, Sonda, Milano, 2019. 7 Jim Mason, Un mondo sbagliato. Storia della distruzione della natura, degli animali e dell’umanità, Sonda, Milano, 2014. 8 Jeffrey, Masson, Le bestie siamo noi, Sonda, Milano. 9 Leonardo Caffo, Il maiale non fa la rivoluzione. Un nuovo manifesto per un antispecismo debole, Sonda, Milano, 2016. Dell’autore, si veda anche: Vegan. Un manifesto filosofico, Einaudi, Torino, 2018. 10 MalanieJoy, Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche, Sonda, Milano, 2016.

DA LEGGERE IN FAMIGLIA Gli autori del best seller La famiglia zero rifiuti (o quasi), Sonda 2019, offrono ai lettori una guida completa per realizzare ogni giorno una vera rivoluzione ecologica. Le nostre scelte riguardo al cibo e ai rifiuti sono fondamentali, ma non sono le uniche a fare la differenza. Contano anche le scelte dei mezzi di trasporto, sul lavoro e per gli acquisti e gli investimenti finanziari. Per ogni aspetto si parte da un’analisi dei costi e dell’impatto ambientale delle nostre scelte quotidiane, corredata da dati e informazioni aggiornatissime per avviare una riconversione ecologica. Banditi i fondamentalismi e le prediche, con tanti esempi concreti che riguardano gli acquisti, il riuso, il riciclo e la condivisione dei prodotti e dei mezzi di trasporto. I disegni di Moret, come in un libro per ragazzi, facilitano la lettura, la comprensione e la riflessione condivisa sui problemi trattati e le pratiche esemplificate. Da leggere e consultare in famiglia, condividendo scoperte, difficoltà, dubbi e frustrazioni. Divertendosi.

Jéremie Pichon, Bénédikcte Moret VOGLIO UNA VITA 100% GREEN traduzione di Daniela Di Lisio Sonda, Milano, 2010 € 18,00.

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INTERVISTE e INTERVENTI

La crisi delle edicole

Saracinesche abbassate su giornali e riviste di Paola Parlato

Nel 2001 le edicole erano più di 36 mila, nel 2017, dicono i dati delle Camere di commercio, ne erano rimaste appena 15.876, mentre alla fine dello scorso anno quel numero era sceso ancora a 15.126. E oggi le edicole non sarebbero più di 11 mila. Cosa perderebbe l’Italia se questa tendenza non venisse arrestata.

perstiti assumono un aspetto sempre più lontano da quello di un tempo. I chioschi dei giornali di una volta esponevano in evidenza le testate nazionali e locali dei quotidiani, con uno spazio privilegiato all’informazione locale. Subito dietro si affacciavano in bella mostra le coloratissime copertine dei settimanali di attualità e ancora i periodici di arte, di scienze e di cultura, le riviste femminili e le testate sportive, i notiziari specializzati dei concorsi nazionali e uno straordinario campionario di fumetti per tutte le età. Quelle più ampie e ben fornite esponevano anche una discreta selezione di libri tascabili, nonché album e figurine di quelle raccolte che erano per i bambini più il gioco dello scambio che collezionismo. Oggi le edicole che sopravvivono hanno cambiato quasi completamente la loro identità. Le copie dei quotidiani continuano a diminuire di giorno in giorno e non è raro trovare

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lcuni anni fa, nelle grandi città c’erano sempre una o più edicole notturne, oggi viene da ridere solo a pensare a un’edicola aperta 24 ore su 24. Eppure gli operai che montavano o smontavano dal turno di notte e tanti giovanotti impegnati politicamente consideravano un privilegio accaparrarsi le prime copie del quotidiano ed essere informati prima che la città si svegliasse. Ormai è naturale cercare notizie e informazioni in rete, persino attraverso il cellulare, ma un tempo non lontano era il quotidiano la finestra sul mondo, non c’era – fatta eccezione per i notiziari radiofonici e televisivi, che datano poco più di mezzo secolo – altra possibilità di informarsi. Il luogo dove si potevano trovare informazioni sulla politica, l’economia, ma anche la cronaca, lo sport e il prospetto degli spettacoli era il giornale. Secondo un’inchiesta di la Repubblica, oggi in Italia chiudono due chioschi dei giornali al giorno. Il fenomeno colpisce innanzitutto i centri più piccoli, quei paesi – come ce ne sono tanti in Italia – che contano poche migliaia di abitanti e sono

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molto spesso geograficamente isolati. In questi centri molto spesso quella che prevale è la popolazione anziana, quella che solitamente ha meno dimestichezza con l’elettronica e con la rete e che dunque subisce un disagio in più con l’assenza della carta stampata. Ma anche nelle grandi città molte edicole chiudono, mentre quelle su-

chioschi che espongono, accanto a una piccola quantità di carta stampata giocattoli, profumi e gadget di ogni tipo, oltre ai biglietti ferroviari e del trasporto urbano. In verità la vendita dei giornali avviene oggi anche in luoghi diversi dall’edicola, come bar e supermercati, che però, e va sottolineato, hanno di solito un’offerta ridotta di testate, spesso dettata da


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una scelta di orientamento del gestore. Ma se come si diceva la quantità di informazione che il giornale offre è egregiamente sostituita dai notiziari radiotelevisi e dall’accesso semplice alla rete (mezzi peraltro supportati da immagini e video vivaci e articolati), perché continuare a parlare dell’edicola come oggetto di culto e di nostalgia? Il progresso scientifico e tecnologico produce da sempre cambiamenti che si fanno via via sentire sugli stili di vita delle persone; certe immagini del passato hanno un’importanza storica e talora un fascino poetico, ma nessuno potrebbe rimpiangere la composizione manuale dei caratteri tipografici. E allora perché l’elogio del quotidiano a stampa e della vecchia edicola dei giornali? Il giornale è diverso Se si prende in considerazione il contenuto informativo del giornale a stampa si deve riflettere sull’importanza della “staticità della notizia”. Il giornale è materiale, fermo, e distribuisce le informazioni non in maniera del tutto obiettiva (ogni testata ha il suo orientamento politico e naturalmente si sarebbe ingenui a credere che tutto sia riportato in maniera oggettiva o con un ordine casuale), ma in modo che si possa scegliere – oltre che l’eventuale orientamento della testata – il “cosa”, “quando” e soprattutto “in che modo” leggere, rileggere, soffermarsi, confrontare. In un romanzo degli anni ’70 si descriveva ironicamente un intellettuale che ogni giorno leggeva «sei giornali, sei di cui il sesto è Le Monde»! Un giornale è fatto di informazione politica, economia, interna ed estera, ma anche di cultura, di approfondimenti e ciascuno è libero di confezionare nella lettura il suo giornale, di conservare quello che si intende rileggere, confrontare. Gli articoli del giornale sono in genere molto più lunghi rispetto alla comunicazione radiotelevisiva o a quella online, la let-

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tura è per definizione un’attività lenta e la lettura di un testo lungo e articolato richiede un’attenzione più intensa. Dalla lettura di un articolo inoltre può nascere un dubbio, una curiosità, il bisogno di consultare altre fonti. Un presidio per una diffusione capillare della cultura Ma c’è un significato più importante dell’edicola e dei giornali, che non riguarda l’accesso all’informazione e alla cultura degli intellettuali o di quelli a cui status sociale e culturale consentono una maggiore autonomia di fruizione. Nella citata inchiesta sulle edicole, laddove si parla di piccoli centri isolati, spesso inerpicati sulle montagne, si legge «In quei paesi l’edicola era uno dei pilastri della vita civile, insieme all’ufficio postale, alla caserma dei carabinieri e alla chiesa, rappresentava il presidio dell’informazione, considerando che la popolazione dei piccoli comuni è più anziana e non ha facile accesso a Internet come nelle città. Qui la televisione e i giornali sono le fonti principali, e quando scompare l’edicola è come se sparisse anche un pezzo di democrazia». L’edicola infatti è un presidio di democrazia. C’è ancora chi, oltre a non avere accessi alternativi all’informazione, ha meno strumenti di decodifica e di interpretazione critica, resta più spesso fuori dall’informazione o è comunque più manipolabile dalla comunicazione più rapida e sommaria di mezzi come la televisione. La lettura del giornale in questi contesti era un rito da consumarsi con un tempo anche lungo, spesso oggetto di discussione nei punti di ritrovo della comunità. Inoltre, al di là dei quotidiani, che sono il primo elemento di riflessione, le edicole presentano una varietà di carta stampata che può educare e istruire: testate di dibattito, di approfondimento, giornalini per ragazzi, dispense (ricordiamo tutti I maestri del colore e la Divina commedia a di-

spense) per esempio, giochi enigmistici e altri passatempi, libri di saggistica o di narrativa (anche Rodari!), collezione di insetti o di animali preistorici o viventi… Il tutto costituisce una sorta di “valanga” culturale, una divulgazione essenziale e destinata a un pubblico vasto e differenziato. Se le edicole chiudessero tutte sarebbe davvero una perdita culturale per grandi e piccini, non solo di informazione! Davvero non ci sono speranze? Qualche piccolo, ma ancora troppo modesto, tentativo di rinascita non manca. Come l’Edicola 518 di Perugia, che in appena 4 metri quadrati ha tentato di fare una sua rivoluzione culturale, specializzandosi in editoria di qualità e facendola diventare un chiosco 2.0. O come Erno, sorta di recente nel cuore di Roma, nel rione di Borgo Pio, animatori quattro giovani ragazzi, con giornali di qualità, vino e sfizi da consumare in piazzetta. Oppure le nuove nove edicole inaugurate a Firenze. Un’inversione di tendenza? Piccoli segnali. Da studiare e coltivare. Ma da richiedere anche un intervento politico.

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Parla Bart Moeyaert, vincitore dell’ALMA 2019

Mi piace essere invisibile! di Clelia Tollot

Vincitore del prestigioso premio internazionale ALMA, l’Astrid Lindgren Memorial Award, Bart Moeyaert, scrittore fiammingo, è tradotto in oltre venti paesi. Tra le sue opere in italiano ricordiamo: Bocciato (Fabbri, 2003); Fratelli (Rizzoli, 2011); Bianca (Sinnos, 2019). Qui un’intervista rilasciata al “Pepeverde”.

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sa magistralmente le parole, ed è capace di entrare in risonanza emotiva con il personaggio e con il lettore Bart Moeyaert. Non ha paura di affrontare temi “scottanti” come la morte, l’abbandono, il senso di colpa, le paure. È sempre capace di trovare il tono giusto, quasi musicale, con parole semplici ma pro-

L’attestato del Premio Alma 2019.

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fonde e talvolta con una sottile ironia. I suoi libri sono caratterizzati da una scrittura pulita, essenziale, piana ma penetrante e affilata. Non traccia facili linee tra il bene e il male, tra il giusto e lo sbagliato, né preconfeziona facili lieti fini, e le sue pagine hanno una immediatezza cinematografica capace di stupire e di riportare all’emozione del ricordo. Non c’è la storia solo nelle righe ma anche tra le righe così che i suoi personaggi non sono sempre e solo come sembrano la prima volta. Non traccia un’infanzia idilliaca, zuccherosa e innocente, ma ci mostra la vita e il difficile percorso della crescita nelle sue varie sfaccettature. Incontro Bart Moeyaert su un divanetto rosso, di fronte a un’aula dell’Università La Sapienza. Vestito casual, trascina un trolley e… un gran sorriso! Inizio chiedendogli il permesso di fargli domande poco formali! Un sorriso illumina quegli affascinanti occhi luminosi e penetranti. «Uaw!» fa con un gesto della mano come per dire “Meno male!”. E allora, come in un gioco: Pronti? Via! «Se fossi un animale quale saresti?» La risposta arriva immediata. «Un cane sicuramente. Di quelli buoni, belli, di casa. Non tanto perché sono

L’ALMA Astrid Lindgren Memorial Award è il premio internazionale più importante per la letteratura per ragazzi, un vero e proprio Nobel, in memoria di Astrid Lindgren che riteneva la letteratura per ragazzi fondamentale per la crescita democratica di un Paese. Il Governo svedese offre al vincitore un significativo contributo economico, un riconoscimento concreto e necessario al lavoro di scrittura e illustrazione per bambini e ragazzi. Che lo rende visibile al mondo. Il premio è stato vinto negli anni passati da scrittori come Philip Pullman e Maurice Sendak e scrittrici come Christine Nöstlinger. Nelle motivazioni del Premio, si legge: «Bart Moeyaert descrive le relazioni al culmine della crisi con una immediatezza cinematografica, mentre la sua complessità narrativa suggerisce vie nuove da seguire. L’illuminante lavoro di Bart Moeyaert sottolinea il fatto che i libri per bambini e ragazzi hanno un proprio posto di rilievo nella letteratura mondiale». Sul sito di ALMA www.alma.se si può vedere la cerimonia della premiazione dello scrittore e ascoltare il suo discorso di accettazione del premio.

coccoloni, ma per la loro fedeltà e perché sanno passare dall’essere dolci al saper difendere il loro amico umano». «E se fossi un fiore?» La risposta arriva qui senza che trascorra nemmeno un decimo di secondo. «Una dalia! Perché danno tutto, sono presenti, sono colorate e ce ne sono di tantissime varietà. Sono un collezionista di dalie; abitavo in una casa del 1937 e ho cercato e piantato proprio varietà di dalie, tante, di


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quell’anno. Perché facevano parte di quella casa…». «Se fossi un colore?» Qui ci pensa un po’… «Beh, prima blu scuro, adesso un bell’arancione». Nel suo sorriso traspare la felicità del momento che sta vivendo. «Che cosa ti piace leggere?» «Libri diversi. Non è tanto il libro di per sé, ma il potere che ha il libro di farti sentire fuori dal mondo dopo averlo letto. Quando ho letto Le otto montagne di Cognetti, in due giorni, ero ad Anversa e io al secondo giorno aprendo la porta di casa mi aspettavo la neve! Ero ancora nel libro!». «Questo è il potere della scrittura! Trasportare il lettore ad essere dentro la storia, a ridere e piangere con i personaggi, ad essere lì con loro. «Quanto c’è in Bianca di Bart?» Io credo che ogni romanzo sia pura fantasia e ogni romanzo sia autobiografia… Io sono Bianca. Da piccolo amavo non farmi trovare, spesso avevo la sensazione di non essere visto. Ultimo di

sette fratelli, non avevo mai la precedenza… Anche io avevo costruito una casetta in giardino e tutti pensavano che, quando non mi trovavano in casa, fossi lì. Invece andavo nel giardino del vicino, e nella sua casetta stavo ore a disegnare. Ecco, essere introvabile ed invisibile… due concetti potenti che possono diventare distruttivi. Sono divorziato, dopo tanti litigi e tanto dolore; il problema era: essere invisibile. Non si può guardare una volta e pensare di aver capito com’è una persona, c’è il bisogno di guardare più e più volte, in profondità. Quando mi chiedono Sei uno scrittore? Io rispondo: No, sono un poeta. Ma se mi chiedono: sei un poeta? Io rispondo. No, uno scrittore». Allarga le braccia come per dire «È ovvio, è cosi. Non posso farci niente». «Questo premio che cosa ha cambiato in te?» «La gente pensa di vedere arrivare… una star; ti immagina scendere da una Jaguar o in una Jacuzzi con 3 donne in bikini. Ma per me non è così. Certo, ora nelle Fiandre e anche nei

BIANCA i inizia a leggere questo coinvolgente libro dalla copertina: sulla facciata il viso di Bianca, arrabbiato, duro, gli occhi azzurri spalancati e respingenti, sul retro il viso triste, gli occhi chiusi in una richiesta che sembra essere: «Per favore, avvicinatevi…». Le emozioni e i desideri opposti che si provano a dodici anni. I segreti, i silenzi, sentirsi ingarbugliati e talvolta addirittura non visti. Tutto questo succede a Bianca che ha un posto segreto dove nascondersi, che ha un fratello malato e pesante da gestire, i genitori separati e che un pomeriggio incontra, nel salotto di casa sua, la protagonista di una serie tv che lei adora. Si inventa un nome finto e continua a fare, anche con lei, la scontrosa, senza sapere veramente il perché. Nonostante questo la donna la trova notevole e la “riconosce”. Il racconto si svolge nello spazio di un pomeriggio in cui la tensione emotiva sale costantemente fino quasi al punto massimo per poi sciogliersi nell’abbraccio di

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Bianca con la madre, nella forza degli affetti, nelle scuse che a modo suo, Bianca sa che deve fare. Un libro nitido, carico di silenzi, di lievi rumori e di rimbombi sapientemente creati dalla scrittura di Bart Moeyaert. Bart Moeyaert Bianca traduzione di Laura Pignatti Sinnos, Roma (Collana «Zonafranca») pp.160, € 13.00

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Da sinistra Bart Moeyaert accanto a Clelia Tollot, Suzi Ersahin (ALMA), Della Passarelli (Sinnos) e Giuseppe Assandri (Ndr La foto è pubblicata sul sito www.alma.se).

Paesi Bassi la gente mi ferma per strada o al supermercato, mi riconosce. È molto bello sapere che il mio primo libro è ormai considerato un classico e altrettanto emozionante sapere che, quando ho vinto, ci sono state delle persone che mi hanno detto di aver aperto una bottiglia di champagne per festeggiare! È bello sapere che tanta gente vive con me questo momento!». «Cosa leggevi da bambino?» «A 8 anni ho letto Astrid Lindgren e poi la sua autobiografia che ho portato per molti anni con me. A 19 anni ho pubblicato il mio primo libro, gli adulti non se ne aspettavano altri, ma i ragazzi dicevano: sì. Al secondo libro, i ragazzi hanno detto no, e gli adulti sì. È stata una lezione. Ora scrivo per come sono, non per come gli altri vorrebbero». «Dove hai imparato a raccontare?» «Mio padre, ispettore di scuole, aveva messo una regola: parlava prima il figlio più grande. Io ero l’ultimo… Sentivo sei modi diversi di raccontare storie. E ho imparato lì il mio posto nel mondo. Mi giocavo anche la carta di alzarmi in piedi sulla sedia e di dire: “Mamma! Non tocca mai a me?” ma non funzionava. Allora andavo sotto il tavolo e lì sotto ho imparato anche il linguaggio del corpo: c’era chi muoveva le gambe poco prima di dover parlare, chi le irrigidiva… Come scrittore poi ho capito che potevo riordinare le parole ed incorporare l’ascolto nel libro. Poi mi sono preso una piccola rivincita nel 2002 con il libro Fratelli. Ho messo in scena lo spettacolo sulla mia esperienza con i fratelli e loro erano lì tra il pubblico e non

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potevano alzarsi e dire – non è vero, non è così! Non potevano parlare! Forse hanno capito cosa provavo io a 6-7- 8 anni!». E ride di gusto. «Consigli agli adulti?» «Parlate di tutti gli scrittori che hanno avuto importanza nella vostra vita, non solo di quelli importanti. Ve ne

renderete conto, quando a 55 anni, vincerete un premio in Svezia!» «Permettimi una domanda impertinente: cosa farai con i soldi del premio (circa 500.000 euro)?». «Sono lì per l’anno prossimo, per il futuro. Lo diceva sempre mio padre. E mi dà sicurezza pensarlo».

Mi avevano detto che Bart fosse generoso e gentile. E così è stato. Dopo la sua chiacchierata in aula con Fabio Stassi e gli studenti sul valore della scrittura, ci aspetta un ottimo pranzo in una trattoria romana. Bart – ne ero sicura – apprezzerà di buon grado anche la buona cucina!

I LIBRI DELL’AUTORE ltimo di sette fratelli, è il più importante scrittore fiammingo, molto conosciuto e letto nel suo paese, più volte candidato all’Hans Christian Andersen Award. Tra i i suoi primi libri in italiano (Bocciato, Fabbri 2003 e Coraggio per tre, Rizzoli 2009) vanno segnalati Fratelli (Rizzoli 2011), che in brevi racconti autobiografici, capaci di commuovere e far sorridere, rievoca l’avventura di cre-

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scere con sei fratelli maggiori, e i più recenti, tutti pubblicati da Sinnos. Da rileggere Il club della Via Lattea (già recensito su Pepeverde), una storia ricca di storie in un’estate in città fatta di silenzi, attese e lunghe giornate in cui sembra non succedere mai niente. Due fratelli e un’amica decidono di fare una macabra scommessa… Interessante anche il racconto Mangia la foglia (2018) che

con tono lieve e delicato sa parlare di cose e sentimenti profondi, attraverso una storia minimalista di bullismo e rapporti familiari. Magnus e Lara sfidano la cuginetta Stina a mangiare per gioco una pianta, che si rivela velenosa, in un intreccio di azioni, reazioni e sentimenti contrastanti. Con Bianca ha vinto l’ALMA.


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Il riadattamento delle fiabe e dei classici

L’utilità di scrivere e riscrivere Rossana Sisti a colloquio con Susanna Barsotti e Lorenzo Cantatore

Un nuovo importante libro sulla letteratura per l’infanzia curato da Barsotti e Cantatore. Ripercorsi i tratti dominanti della letteratura per ragazzi pubblicata in Italia negli ultimi trent’anni.

A voler usare un modo di dire contemporaneo si potrebbe sostenere senza esagerare che la fiaba è la madre di tutti i racconti. Per dirla con Susanna Barsotti, che insegna Letteratura per l’infanzia all’Università di Cagliari, «la fiaba è la forma narrativa che l’umanità dall’origine ha adottato per raccontare la propria storia, i valori e il proprio modo di vivere all’interno di una comunità». Cappuccetto Rosso, per fare un esempio, non è solo la fiaba classica più raccontata, scritta e riscritta, reinterpretata o riadattata in paesi e tempi diversi, è anche quella di cui si trovano più tracce nel suo migrare in forme narrative differenti dall’albo illustrato al cinema al teatro, dai videogiochi alla pubblicità. Di queste migrazioni Susanna Barsotti è attenta osservatrice. La bambina ribelle e disobbediente che ha paura del lupo, ma il lupo riesce a vincere «è un’icona da sempre affascinante di cui le riscritture recuperano l’essenza originale di fiaba di ammonimento, il racconto di un rito di iniziazione, di un percorso di crescita e preparazione alla vita di una bambina all’incontro con il maschile». Partendo da queste annotazioni sulla fiaba, strumento prezioso per la capacità di immaginare, osservare, riflettere, mettere or-

dine all’esperienza e di rispondere alle grandi domande dell’esistenza, passando per gli studi recenti di Jack Zipes sull’irresistibilità e la persistenza della fiaba, Susanna Barsotti si addentra in questi territori analizzando la potenza di un genere che si auto perpetua, come un gene dominante, adattandosi a cambiamenti sociali e a linguaggi diversi, sempre mantenendo intatta la sua potenza comunicativa e il suo fascino. Il tema è affrontato nel saggio Fiabe e nuove forme del fiabesco all’interno della nuova Letteratura per l’infanzia. Forme, temi e simboli del contemporaneo (pag. 440; 34 euro): un volume a più voci sui tratti più interessanti e dominanti degli ultimi trent’anni nella letteratura per l’infanzia, pubblicato dall’editore Carocci, di cui Susanna Barsotti è curatrice insieme a Lorenzo Cantatore, anche lui docente di Letteratura per l’infanzia all’Università di Roma Tre. «L’aspetto centrale della persistenza del fiabesco – spiega Susanna Barsotti – non riguarda solo la riscrittura o la reinterpretazione delle fiabe classiche ma anche quelle narrazioni che non esplicitamente si richiamano alle fiabe». È ciò che gli esperti definiscono «transgenericità» e cioè una connaturata capacità di migrare del

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racconto fiabesco. Significa che tramandate, scritte, riscritte e trasformate, le fiabe finiscono per insinuarsi con le proprie icone e i propri meccanismi in altre forme, generi e tecniche narrative all’interno dei quali è possibile coglierne tracce e indizi. «Il fiabesco – continua la professoressa – permane come struttura testuale, come narrazione della storia dell’umanità, come sintesi e metafora del bisogno di sogni, di utopia e tuttavia essa muta nel contatto con le società e le culture che attraversa. Permanenza e metamorfosi dunque, struttura e contenuti che ritornano quasi immutati nel tempo e costante contaminazione dei generi». Come dire che dalla voce dei primi narratori e dalla scrittura dei primi autori la fiaba passa alla pagina illustrata, al cinema, alle rappresentaltre agli interventi dei curatori il volume contiene studi di Leonardo Acone, Anna Antoniazzi, Anna Ascenzi e Dorena Caroli, Milena Bernardi, Francesca Borruso, Rossella Caso, Marnie Campagnaro, Sabrina Fava, Ilaria Filograsso, William Grandi, Giorgia Grilli, Chiara Lepri, Martino Negri, Marcella Terrusi, Letterio Todaro, Maria Teresa Trisciuzzi, Emilio Varrà.

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Susanna Barsotti, Lorenzo Cantatore (a cura di), LETTERATURA PER L’INFANZIA Forme, temi e simboli del contemporaneo Carocci, 2019.


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Gabriele dell’Otto, un disegno per la Divina Commedia

zioni degli artisti contemporanei, ai videogiochi, mantenendo intatta la propria essenza. E non solo nelle riscritture o negli adattamenti espliciti. «Nell’albo illustrato – spiega la professoressa Barsotti – si trovano storie con persistenze di temi fiabeschi come il viaggio iniziatico, l’attraversamento del bosco, l’incontro con l’altro, l’ingresso nell’Altrove, il superamento di prove e pericoli che producono il cambiamento dei protagonisti. Tutti elementi rintracciabili anche nel testo iconico che corre parallelo alla narrazione verbale, e trova i suoi spazi di racconto insinuandosi in quelli lasciati vuoti dal narratore. La persistenza del fiabesco è un congegno metaforico narrativo presente comunque in molti romanzi che non fanno esplicitamente riferimento alla fiaba, rintracciabile laddove i protagonisti devono affrontare le loro difficoltà, lasciare un luogo protetto o ostile, attraversare il bosco, fisico o metaforico, affrontare l’ignoto, superare prove, confrontarsi con il mondo interiore o con quello esterno». E se la domanda è perché proprio la fiaba si riveli un genere intramontabile, la risposta rimanda alla premessa, e cioè alla forma che fin dal-

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l’origine l’essere umano ha trovato per raccontare le contraddizioni del mondo, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il dolore e la sofferenza, la vita e la morte, il lato oscuro di se stessi. Il modo di dire l’indicibile e l’inverosimile, di mettere in scena ciò che altrimenti non potrebbe essere raccontato. Non sorprende dunque che lo spinoso tema della sopravvivenza nell’adattamento a nuove scritture e narrazioni riguardi anche i classici. I mostri sacri intoccabili secondo tante scuole di pensiero per cui ogni riscrittura sarebbe una manomissione imperdonabile, un prodotto letterario deteriore. È un campo minato questo che vede contrapposti detrattori e sostenitori nel quale il professor Lorenzo Cantatore si butta a capofitto affrontando nel suo saggio Le riscritture dei classici nella letteratura per l’infanzia, quello che invece ritiene un genere letterario a se stante cui attribuire dignità e autorevolezza. «La gran parte dei critici – spiega – è abituato a fare confronti e a valutare la riscrittura in base alla fedeltà all’originale, ma è sbagliato. Occorre considerarla invece come un’opera autonoma, debitrice rispetto

a un autore del passato di una trama, ambientazione e personaggi e valutarla in base alla qualità della scrittura. Che, è vero, può essere banale e persino molto scadente perché ci sono anche editori che usano i classici per veicolare prodotti commerciali di bassa qualità. Ma qui occorre fare attenzione, questa è una trappola in cui non bisogna cadere». La posta in gioco, ribadisce il professore, è molto alta, perché si tratta di un lavoro difficile: «Si tratta di costruire un rapporto il più possibile vivo e costruttivo, produttivo di interessanti conseguenze culturali, fra un capolavoro letterario d’altri tempi e bambini-ragazzi di oggi». La relazione tra i bambini e la letteratura, sostiene in sostanza il professore, dovrebbe essere basata sul piacere, il divertimento, il gioco ma per molti classici questo è impensabile. E dunque partire «dalle storie già scritte, operare un rimaneggiamento linguistico, stilistico e della sintassi, del genere letterario, dei contenuti, dei caratteri dei personaggi, ma anche ovviamente delle illustrazioni» avrebbe il meritorio scopo di avvicinare alla lettura quei giovanissimi che non hanno più le caratteristiche dei lettori contemporanei all’autore di un’opera del passato. Perciò gli autori contemporanei che mettono mano a testi classici – nel panorama editoriale attuale italiano ce ne sono di eccellenti – accettando i rischi della riscrittura, ma rendendo più accessibili e popolari i valori veicolati da quei testi, meritano, secondo il professor Cantatore, molta considerazione. Quando si parla di classici, si finisce inevitabilmente per citare la definizione di Calvino secondo cui «un classico è quel libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», come a suggerirne una legittima immutabilità. «In realtà – conclude Lorenzo Cantatore – la riscrittura non fa che confermare la citazione, perché adattare un classico allo sguardo dei più giovani è senza dubbio un modo di continuare a farlo parlare. A salvare una storia che altrimenti sarebbe per sempre ignorata».


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FUORITESTO

GLI 800 ANNI DELL’UNIVERSITÀ DI PADOVA CELEBRATI CON LIBRI PER RAGAZZI di Lucia Zaramella edici libri illustrati per bambini e ragazzi, otto di narrativa e otto di divulgazione scientifica per celebrare gli 800 anni dell’Università di Padova (1222-2022), traguardo che pochi altri atenei al mondo possono vantare. L’innovativo «Progetto Bo2022» prevede oltre a un percorso museale diffuso, interattivo e multimediale all’interno della città, un piano editoriale, condiviso tra Università e Case editrici, a distribuzione nazionale, con la pubblicazione di due Collane: «Storie libere» di Carthusia e «I libri dell’Orto» dell’Editoriale Scienza. Il programma, attento alle questioni di genere, intende divulgare al mondo esterno il sapere accademico e recuperare la storia dell’ateneo patavino intrecciando narrazione, scienza, storia e fornire occasioni per eventi collaterali: laboratori, mostre, incontri con le scuole e con i genitori, visite guidate. Otto figure straordinarie, che hanno segnato la storia dell’ateneo con intuizioni rivoluzionarie, con apporto di conoscenze, con la forza innovatrice della libertà sono le protagoniste, in un contesto storico e scientifico reale, di «Storie libere», raccontate da autrici per i personaggi maschili e da autori per quelli femminili. Schede di approfondimento, avvalorate da esperti dell’Uni-

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versità, accompagnano i testi che usciranno annualmente, in primavera e in autunno, per utenti da 8 a 13 anni. Carthusia ha già pubblicato: Noi, Galileo e la luna (Sabina Colloredo, ill. di Sonia Maria Luce Possentini, ottobre 2018); Milla (Antonio Ferrara, ill. di Angelo Ruta, 2019), dedicato a Massimilla Baldo Ceolin (1924- 2011), la signora dell’antilambda, la prima donna titolare di una cattedra presso l’Università patavina, dalla sua fondazione nel 1222; Il mistero dell’anatomista (Luisa Mattia, ill. di Marco Brancato, 2019), che ripercorre come un giallo la vita di Andrea Vesalio, l’anatomista che dimostrò che i corpi si possono curare solo se si sa come sono fatti. In concomitanza con il Salone del Libro di Torino (maggio 2020) è prevista l’uscita del testo di Paola Zannoner dedicato a Enrico Bernardi, uno dei precursori dell’invenzione dell’automobile con motore a scoppio. Il personaggio della pubblicazione autunnale sarà, invece, Antonio Vallisneri, che rivoluzionò lo studio di insetti e piante. A seguire negli

anni 2021-22 saranno protagonisti: i matematici padovani, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia e Concetto Marchesi. i contenuto naturalistico, eterogenei sia per dimensioni, sia per l’età degli utenti a cui si rivolgono, «I libri dell’Orto» sono elaborati in collaborazione con l’Orto botanico di Padova (1545), il più antico orto universitario del mondo: un laboratorio, con le sue 3500 specie, di ricerca e di conservazione della biodiversità del Pianeta. Nel 2019 Editoriale Scienza ha pubblicato: Con le mani nella terra. Alla scoperta del mondo vegetale (testi e illustrazioni di Emanuela Bussolati, aprile 2019), per bambini da 8 anni e Piante in viaggio (Telmo Pievani, Andrea Vico, ill. di Nicolò Mingolini, settembre 2019), più complesso, per ragazzi più grandi. In uscita a metà aprile: L’orto delle amicizie di Mariapia De Conto, ill. di Silvia Mauri, sulla naturale interazione tra ortaggi, piante, erbe aromatiche, insetti e fiori per utenti da 8 anni. Previsto per l’autunno è un albo illustrato con le voci verdi dal mondo, un inno alla bellezza di piante particolari. Il programma prevede che il 2021 sarà dedicato all’Orto Botanico con un libro-erbario e la storia dell’Orto. Seguiranno nel 2022 un albo per i più piccoli e un testo sulle biotecnologie, partendo dallo studio delle piante, per i più grandi. Senza dubbio due Collane accattivanti, ben strutturate, di piacevole lettura, da non perdere di vista.

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Studio sull’artista cecoslovacco

Tutti i colori di Štěpán Zavřel di Franca De Sio

L’avventurosa e ricca vita di un indimenticabile autore, maestro della rappresentazione fantastica di storie, luoghi e culture. Fu tra gli artefici della Mostra internazionale degli illustratori della Bologna Children's Book Fair.

all’Accademia di Belle Arti e alla scuola di Arti e Mestieri. Nel 1959 fugge dal suo Paese e, dopo essere passato per una prigione in Jugoslavia e un campo profughi a Trieste, arriva a Roma, trovando asilo nel seminario del pontificio Collegio Nepomuceno, che aiutava i preti cecoslovacchi perseguitati dal regime sovietico. A Roma, Zavřel frequenta l’Accademia di Belle Arti. Tra il ’61 e il ’66 lavora a Monaco, per lo Studio Rolf Seifert, frequentando anche un corso biennale di scenografia e costume teatrale alla Kunstakademie. Negli stessi anni è impegnato anche a Roma e collabora alla produzione di film animati per l’infanzia, per lo studio di Giulio Zannini e Emanuele Luzzati. Dall’esperienza con Luzzati deriverà la

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ono trascorsi più di venti anni dalla scomparsa di Štěpán Zavřel, ma la sua eredità è ben viva! Basta pensare alla Mostra internazionale di Illustrazione di Sàrmede e alla relativa Scuola, portati avanti dalla Fondazione che porta il suo nome; al Museo Štěpán Zavřel del comune di Sàrmede; alla Bohem Press Italia, che ne segue le orme con passione; al Museo Artistico Štěpán Zavřel e al Centro Internazionale di Studi per la Cultura dell’Infanzia Štěpán Zavřel, istituiti nel 2011 a Moruzzo, nel castello di Brazzà, per volere dell’illustre famiglia che lo ha avuto amico1; al Progetto editoriale Štěpán Zavřel2, che vede insieme Bohem press Italia e il Centro di Brazzà con l’intento di diffondere la conoscenza della sua arte e delle sue idee. E sono ancora oggetto di studio le sue prime xilografie, i tanti inediti, i suoi disegni e filmati di cartoni animati, le opere di grafica pubblicitaria e gli affreschi lasciati nei luoghi a lui cari3. Zavřel è molto amato. In lui troviamo concentrata la nostra identità europea, frutto di transumanze forzate, di invasioni e di accoglienze, di incontri, scambi e condivisioni di intelligenze e sensibilità artistiche. Al contempo, riconosciamo in lui una permanente e fedele testimonianza della sua identità locale: nelle sue opere affiorano le leggende e i miti cechi, gli echi del teatro di marionette e del cinema di anima-

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zione di Trnka, Jiřì4, la religiosità e lo splendore aureo della sua Città dorata, con i suoi profili di castelli e sinagoghe. Il bambino che per la prima volta aprì gli occhi a Praga nel 1932, che giocava felice con colori e pennelli e godeva gli agi di una famiglia borghese, non immaginava di poter diventare un artista esule e vagante. Ma nel ’39 la città fu presa dai nazisti, nel ’45 vi entrò l’Armata Rossa. La Praga in cui a lungo avevano convissuto cechi, ebrei e tedeschi vide in vari anni deportazioni, sopraffazioni e vendette. Nella Praga dominata dall’URSS, a Zavřel è impedito l’ingresso all’università e agli istituti artistici. Riesce a frequentare da clandestino le lezioni

sua idea dell’illustrazione come opera d’arte, da offrire al bambino, come scrisse Květa Pacovská, come prima galleria d’arte che egli può visitare. Z. elabora l’idea e mette mano ai disegni, lavorando nel castello di Brazzà, presso l’amico Corrado Pirzio Biroli5, conosciuto attraverso Hélène de Franchis, compagna di studi a Roma e già collega a Londra nel lavoro sui cartoni animati. Nasce così Der Zauberfisch, ispirato da Il pesce rosso di Paul Klee, pensato con Maria Francesca Gagliardi e pubblicato a Monaco, dalla casa editrice Annette Betz, nel 19666. Tra il ’65 e il ’68 Z. frequenta anche Londra, dirigendo la sezione del film animato dello Studio di Richard Williams, l’animatore di Chi


INTERVISTE e INTERVENTI

ha incastrato Roger Rabbit7. Nel 1969, a Modena, collabora con lo Studio di Secondo Bignardi per i disegni e la scenografia del corto di animazione Ogni regno il cui tema è, come ricorda Fabio Bignardi: «Solo l’uomo con la sua stupidità può distruggere l’uomo»8. L’artista si sta rifacendo a piene mani del tempo perduto e moltiplica le occasioni di arricchimento culturale, per se stesso, ma anche per gli altri: i temi sociali, la giustizia, la fratellanza, una religiosità nitida e radicata, l’ammirazione e il rispetto per la natura e per l’arte saranno espressi da Zavřel in tutte le sue opere e ispireranno ogni sua attività, proprio nel ricordo dei suoi tanti travagli passati. È nell’estate del 1967, in una valle silenziosa e serena, quasi mistica, che Z. sceglie di mettere di nuovo a dimora le sue radici. Tra faggi, castagni e ruscelli, alle spalle delle prealpi trevigiane, il luogo nasconde le tracce dei passaggi di longobardi, romani, turchi, francesi, austriaci e ungheresi, ma ha bene in mostra una chiesa ortodossa che, dal 1969, accoglie e raccoglie intorno a sé una piccola comunità monastica. È a Rugolo, tra Sàrmede e Montaner, che Z. acquista un casolare, che diventerà cenacolo e laboratorio per tanti artisti della Mitteleuropa e oltre. In questi stessi anni Z., chiamato da Francesca Ferrari, prima direttrice della Fiera Internazionale del Libro per ragazzi di Bologna, offre il suo importante contributo per la nascita e lo sviluppo della Mostra degli illustratori. L’artista è calamita e volàno per illustratori celebri ed esordienti. Arricchisce il catalogo della mostra con opere sue e di altri importanti artisti, pone le basi perché essa diventi il punto di riferimento mondiale dell’Illustrazione del libro per ragazzi. Continuando ad operare a favore della conoscenza e della diffusione dell’arte, Z. apre a Verona, nel 1969, la galleria d’arte «Galleria La Città», chiamando a dirigerla la sua amica Hélène de Franchis. La capacità di Z. nel coinvolgere amici ed artisti intorno a progetti comuni, la sua disponibilità all’accoglienza e all’aiuto sono una perfetta testimonianza di quanto di bello e grande possa essere realizzato da chi mette le sue doti anche al servizio degli altri. Ne è di-

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ŠTĚPÁN ZAVŘEL CON ARKA E BOHEM PRESS egnaliamo qui di seguito quattro capolavori di Zavřel. Il primo si intitola In cammino con Dio (in collaborazione con Regine Schindler, Arka, Milano, 2019, pp. 282, € 35,00) ed è un tripudio di colori ocra, azzurri e seppia, di archi e architetture orientali profilate di bianco e di altre indescrivibili suggestioni cromatiche: è il libro dei libri, è la Bibbia. Concepita per la Bohem Press nel 1996, l’opera è tributo dell’artista alla sua religione. Al contempo, nel significativo titolo troviamo anche l’eco dei tanti percorsi che Zavřel ha compiuto da esule. È un cammino che attraversa tempi, tradizioni e costumi diversi, fa comprendere come si possa passare dalla concezione di un Dio di un popolo a un Dio di tutti. Il secondo porta come titolo Il Flauto del pastore, in collaborazione con Max Bolliger (Arka, Milano, 2019, pp. 32, € 14,00), racconto dolce uscito nel 1980 per le storiche edizioni Bohem Press. Si percepisce qui il colore della notte nel deserto innevato, la povertà delle coperte dei pastori, le loro voci e il suono dei loro strumenti musicali, intorno al fuoco, sotto le stelle. Color seppia, bianco e grigio è il racconto, fino allo splendente re che sorvola a cavallo l’azzurro seminando gemme preziose. Di fronte a un povero infante che non distribuisce tesori, un bambino è deluso, non suona il suo flauto. Ma il pianto insistente del neonato gli farà cambiare idea. Quando la sua musica lo farà smettere di piangere e lo farà sorridere, si sentirà ricco di tutto l’oro del mondo.

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Il terzo, testi di Brigitte Maury e Dominique Paravel con le illustrazioni di Štěpán Zavřel (titolo Sotto la laguna di Venezia, Arka, 2019, pp. 32, € 14,00), fu edito da La Margherita nel 2002, ma prima uscì nel 1991 per le “Edizioni Zavřel”, frutto di laboratori teatrali condotti dall’artista. Il testo è ricco di personaggi fantastici analiticamente descritti, con ironici sconfinamenti in terrestri particolari, come quello della “più bella delle pescioline della Calle delle Tette”. Un bambino caduto in mare trova l’anello e riporta Venezia in superficie. Al fascino delle illustrazioni dell’ambiente sottomarino si unisce quello del rutilante splendore di palazzi, calli e chiese veneziani. Il quarto, testo e illustrazioni di Štěpán Zavřel, ha per titolo Vodnik (Bohem Press Italia, Trieste, 2019, pp.40, € 16,00). Zavřel lo pubblicò per la prima volta con la storica Nord-Sud Verlag, nel 1970. La sua nuova uscita rientra nell’encomiabile progetto editoriale dedicato all’artista. Con stivali rossi e mantello verde il mostro del lago compare anche nel poema sinfonico del praghese Dvořák e Zavřel e ne mantiene i colori, ma alleggerendo a misura di bambino il carattere tenebroso della leggenda ceca, che ha qui una felice conclusione. Il goblin, che sottrae la fanciulla al fidanzato, il regno acquatico che egli governa, i vasi che contengono le anime degli umani tramutati in pesci, i tre oggetti magici che aiutano Manja e Honza a fuggire… Sul lago finalmente tranquillo si vede l’abbraccio felice dei giovani davanti al loro mulino.

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INTERVISTE e INTERVENTI

mostrazione anche la nascita della Bohem Press, nel 1973. Non è certamente per promuovere i suoi lavori che Z. pensa a fondarla9. Piuttosto, indirizza verso il progetto il suo conterraneo Otakar Bozejovsky von Rawenoff, giovane musicista e figlio di imprenditori cechi, fuggiasco dalla sua patria. Si racconta che sia stato durante un lungo viaggio in auto verso la Fiera di Francoforte, in compagnia di Mario Vigiak10, di Giorgio Aldegheri11 e Otakar Bozejovsky von Rawenoff, che la Bohem Press abbia avuto inizio, grazie all’assicurazione di credito per la stampa da parte delle Officine grafiche AZ. La Bohem Press, di cui Z. sarà direttore artistico fino alla sua morte, avrà sede a Zurigo e pubblicherà in tutto il mondo oltre trecento titoli, in moltissime lingue12. Quel sodalizio di intenti e di amicizia13 porterà la casa editrice ad avere una qualità altissima, concentrando nel suo catalogo le firme più grandi dell’illustrazione internazionale. Innumerevoli saranno le mostre organizzate in Europa, America e Asia, ovunque riscuoterà premi e riconoscimenti. Con l’amico Mario Vigiak, Luciano De Chigi, Leopoldo Saccon e altri, Z. apre anche la galleria Quadragonoarte, nel 1975. Mentre con la casa editrice Quadragono Libri ha già pubblicato, nel 1974, Il ritorno di Ario, da Ciro il Grande a Ciro il Pic-

L’ANGOLO DELL’HAIKU

colo con testi di Ranieri Carano, e per l’infanzia pubblica, con suoi testi, L’ultimo albero e Un sogno a Venezia, nel 197714. Il crescente fermento artistico intorno al suo casolare di Rugolo, e il successo della sua casa editrice svizzera, spingono Z. a ideare una rassegna Internazionale: a Sàrmede, nel 1983, si svolgerà la prima edizione della Mostra internazionale dell’illustrazione per l’infanzia15, che avrà subito un notevole successo e sarà ovunque molto richiesta. Per la prima edizione e per quelle successive dei primi anni, le Officine grafiche AZ realizzeranno i cataloghi e ogni altro tipo di materiale grafico. Nel 1985 le edizioni Arka iniziano a pubblicare, nella collana «Le Perle», libri di Z. e quelli da lui illustrati16, oltre a libri di illustratori suoi amici, conterranei o allievi, alcuni già pubblicati dalla Bohem Press di Zurigo17. Nel 1988 Z. trasformerà il cenacolo di Rugolo in quello che di fatto era già da tempo: la Scuola internazionale di Illustrazione, alla quale si dedicherà con la consueta generosità, formando e aiutando illustratori d’eccellenza. Il 25 febbraio 1999 Z. muore improvvisamente. Aveva trascorso l’ultimo di tanti Natali in compagnia degli amici di Officine grafiche AZ. Riprendendo le loro parole, dal ricordo che essi gli hanno dedicato18, dobbiamo dire che, se oggi vediamo fiorire l’arte dell’illustrazione attraverso molti splendidi albi in ogni parte del mondo, è anche grazie a lui, generoso e indimenticabile Maestro. Note

Quando chi soffre s’offre, il suo dolore diventa Arte Marco Fioramanti

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1 Si veda: https://www.castellodibrazza.com /centro-internazionale-di-studi-per; /museo-artistico-stepan-zavrel 2 http://www.bohempress.it/progetto-editoriale-zavrel 3 Tra essi, tre affreschi nella casa del suo amico Loris Follador, proprietario dell’azienda Casa Coste Piane di Valdobbiadene e fornitore di bottiglie di vino «Collezione Bohem Press», con etichette illustrate da Zavřel e altri artisti famosi (https://www.casacostepiane.it/it/Azienda). 4 Regista, costumista e scenografo ceco di fama mondiale (1912-1969). Nel 1936 aprì a Praga un teatrino di marionette. Nel dopoguerra passò a film di disegni animati e poi a film di pupazzi, attingendo alle tradizioni popolari locali e straniere. Nel suo studio di animazione, Zavřel cominciò a lavorare nel 1952. 5 Corrado, Detalmo e Roberto sono nipoti di Ulrich von Hassel, ambasciatore in Italia, eroe

della resistenza in Germania, ucciso l’8 settembre 1944, dopo il fallito attentato a Hitler. Sui legami con Z. e le iniziative in sua memoria si veda: hiips://www.castellodibrazza. com/museo-artistico-stepan-zavrel . 6 Su di esso si veda: Marina Tonzig, Il ritorno di Zavrel, in “Il Pepeverde”, n. 42, 2009, p.14. 7 Il famoso cine-animatore vinse un premio Bafta nel 1958, col suo primo film “The Little Island”, un primo Oscar negli anni ’70 con “Canto di Natale” di Dickens. Lavorò anche ai film “Casino Royale”, “La Pantera Rosa” e “La Pantera Rosa sfida l’ispettore Clouseau”. Nel 1988 con “Chi ha incastrato Roger Rabbit” vinse il secondo Oscar. 8 Si veda: https://www.bignardi.it/filmografia/ogni-regno/#secondaryNavWrapper 9 In quegli anni, per la Nord-Sud Verlag, Zavřel pubblica: Salz ist mehr als Gold (1968), Die Geschichte eines Wassermanns (1970), Die verlorene Sonne (1973), oltre ad altre opere con altri editori stranieri. 10 Mario Vigiak (Zara 1937 – Conegliano 1917) nel 1970 fonda a Conegliano lo studio pubblicitario Quadragono e, dal 1974 al 1980, pubblica con il marchio Quadragono Libri le opere dei più prestigiosi illustratori. Nel 1975, con Stepàn Zavřel e altri apre la galleria Quadragonoarte, organizzando decine di mostre di illustratori in Italia e all’estero. Pubblica le prime due rassegne di Illustratori italiani, cura Štěpán Zavřel, viaggiatore incantato (Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2001), è artefice, con Otakar Bozejovsky e Rodolfo Zanardi, della prima fase della Bohem press Italia, nata a Padova nel 2001. 11 lI veronese Giorgio Aldegheri, nel 1970, fondò con Franco Armano le Officine Grafiche AZ, a cui Štěpán farà costante riferimento. 12 In italiano alcuni titoli furono pubblicati dalla Quadragono libri, molti altri dalle edizioni Arka. 13 Mario Vigiak, ricordando l’esperienza della sua Quadragono libri, racconta: «Appuntamenti fissi: Bologna in primavera, Francoforte in autunno e le feste con l’wipicze da Štěpán Zavřel tutto l’anno». (http://principieprincipi.blogspot.com/2013/01/gli-illustratori-del-quadragono.html) 14 Nei 14 albi pubblicati nella collana «Cieli & Azzurri», oltre a Z., vi furono gli illustratori Joseph Wright, Ralph Steadman, Ivan Gantschev, Jo Oliveira, David McKee, Marta Koci, Marie Josee-Sacre, Rita Van Bilsen, Michele Sambin. 15 Con il titolo: «Le immagini della fantasia. Mostra internazionale dell’illustrazione per l’infanzia», continua ad essere organizzata dalla Fondazione Zavřel, con il sostegno della regione Veneto, della provincia di Treviso e del comune di Sàrmede, così come continua la «Scuola internazionale di illustrazione», da Z. fondata nel 1988. 16 L’ultimo albero (1985), Il flauto del pastore (testo di Max Bollinger, 1985), Il ponte dei bambini (testo di Max Bollinger, 1986), La città dei fiori (testo di Eveline Hasler, 1987), Venezia domani (1988), Jacopo il giullare (testo di Max Bollinger, 1990), Nonno Tommaso (1992), La farfalla (testo di Sofia Gallo, 1994), Le montagne dei giganti (testo di Max Bollinger, 1996). 17 Tra essi quelli illustrati da Arcadio Lobato, Jozef Wilkon, Jan Lenica, Jindra Capek, Emilio Urberuaga. 18 https://graficheaz.it/collaborazione-stepanzavrel/


S.O.S. SCUOLA

L’Agenda 2030 di Giuseppe Assandri temi dell’inclusione e della cittadinanza restano cruciali per la scuola italiana anche per il 2020. Vedremo se il repentino avvicendamento ministeriale a Viale Trastevere – con Lucia Azzolina ai posti di comando – porterà fatti concreti, oltre ai buoni propositi espressi da suo predecessore. Ciò vale per la legge sulla cittadinanza e per il ruolo da assegnare all’”educazione civica” con la possibilità di trasformarla in “educazione ambientale”. E in tale prospettiva l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile costituisce uno strumento concreto per promuoverla.

guardia i governi e l’opinione pubblica che la crisi climatica sta accelerando più rapidamente del previsto e che siamo prossimi al punto di non ritorno. La loro voce – ancora una volta – è stata completamente ignorata ed è sotto gli occhi di tutti il fallimento della Conferenza COP 25 di Madrid. Tutto viene dunque rinviato alla prossima COP 26 di Glasgow, a dicembre 2020, poco dopo le elezioni americane. Insomma, questo promette di essere davvero un anno decisivo. Certo, conterà l’atteggiamento dei governi. Ma molto dipenderà anche dall’opinione pubblica, dai movimenti e in ultima analisi, da ciascuno di noi.

Cosa dice l’Agenda 2030?

I 17 obiettivi

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione, sottoscritto nel settembre 2015 dai governi di 193 Paesi membri dell’Onu, che mira a favorire uno sviluppo ambientale, umano ed economico giusto ed equilibrato. L’Agenda esprime innanzitutto un concetto fondamentale. Un programma di sviluppo eco-sosteni) bile non riguarda solo i comportamenti degli uomini nei confronti della natura, ma ha tre dimensioni: una dimensione economica, una dimensione ambientale e una dimensione sociale. Lo scopo dell’Agenda 2030 è pertanto quello di avviare un processo di sviluppo diverso da quello seguito finora, un processo di equilibrio tra uomini, denaro, società e ambiente naturale. Infine proprio il nome che è stato dato al documento ci suggerisce che non si tratta solo di buone intenzioni, ma che deve essere un programma operativo e concreto e che abbiamo tempo fino al 2030 per cambiare completamente direzione nel nostro modo di pensare e di vivere. La scadenza del 2030 è molto ravvicinata. E gli scienziati dell’Alliance of World Scientists (che raggruppa 11.258 studiosi del mondo) hanno messo in

L’Agenda 2030 ha individuato 17 Obiettivi (Goals) fondamentali per avviare un processo di sviluppo sostenibile. Ciascun Goal ha dei bersagli da colpire (target in inglese), degli scopi concreti da raggiungere. L’obiettivo 4 è dedicato espressamente al ruolo dei sistemi educativi

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nel mondo, per offrire un’educazione di qualità, equa, inclusiva e paritaria e promuovere le opportunità di apprendimento durante la vita per tutti. Un obiettivo largamente disatteso, e ciò appare chiaro leggendo dati e rapporti come ad esempio il rapporto annuale di Save the Children sulla povertà educativa che fotografa la realtà drammatica in molte parti del mondo ma anche l’Italia, dove i tassi di dispersione scolastica sono elevati

e il tema dell’inclusione rimane spesso un elenco di buoni propositi. La scuola è chiamata in causa anche dagli altri obiettivi e l’intera Agenda ha una spiccata valenza educativa. Pensiamo in particolare agli obiettivi 3 e 5, e soprattutto all’Obiettivo 13 “Agire per il clima”, attraverso un’azione urgente per combattere il cambiamento climatico e il suo impatto su ogni settore della vita. Anche gli Obiettivi 6, 7 e 12 sono didatticamente perseguibili.

Non sprecare l’occasione Sembra dunque importante che all’Agenda 2030 sia riservato uno spazio adeguato a scuola. Non in modo formale, rituale o celebrativo, ma concreto e operativo. Anche l’editoria per ragazzi può dare il proprio contributo. E molti dei libri recenti che abbiamo segnalato negli ultimi numeri della rivista sono ricchi di suggerimenti, proposte, “missioni speciali” e modi concreti per “salvare il pianeta”. Il rischio – da scongiurare – è che tutto diventi un insieme di temi, slegati dal curricolo, da abbinare a questo o quel “progetto”, uno fra i tanti, da “svolgere” in fretta. O magari un bel compito di realtà o una prova di verifica con tanto di voto. Si tratta invece di cambiare prospettiva, assumendo tutti, come docenti, un ruolo attivo, senza deleghe. Attraverso letture, riflessioni, ricerche mirate in rete. E attraverso la speri) mentazione con i ragazzi, di azioni concrete, possibili e magari contagiose. Sono tanti i possibili “terreni di gioco”: dai modi di alimentarsi, di fare la spesa, di muoversi (riscoprendo ad esempio il piacere di camminare, usando di più la bicicletta e i mezzi pubblici), di ridurre l’impronta ecologica e l’uso della plastica, di imparare pratiche semplici di riuso, riciclo e scambio, di rapportarsi alle creature viventi, vegetali e animali. Esperienze da progettare, realizzare, condividere. Per sentirsi parte di un tutto e fare la differenza.

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UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA

Parola e emancipazione

Com’è difficile liberare gli schiavi che si sentono liberi di Susanna Barsotti

Fantasia: la norma e la trasgressione

«“Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo», scrive Gianni Rodari nella Grammatica della fantasia e il riferimento al potere “liberatore” della parola, al suo potere emancipativo è evidente.

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ra la fine degli anni Cinquanta del Novecento e il decennio successivo, in Italia, si assiste ad un grande cambiamento anche sul piano della scuola in generale e della didattica in particolare; i tassi di analfabetismo del nostro paese sono molto alti e la scuola diventa luogo di incontro con la lingua nazionale e con i principi democratici della giovane Repubblica italiana. Don Milani nel suo libro Esperienze pastorali (1957), attraverso alcuni esempi concreti, mette in evidenza la completa dissociazione tra parola detta e parola scritta. A partire dai singoli casi della propria esperienza, il priore di Barbiana denuncia il grave problema che riguarda la grande massa di ragazzi ai quali è negato, a dispetto della Costituzione, il diritto al possesso pieno della lingua: la scrittura rimane una sorta di scienza pura senza possibilità di applicazioni pratiche e per i ragazzi, completata la quinta elementare, la lettura di un libro rimane pressoché impossibile. Dieci anni dopo, nel 1967, con la pubblicazione di Lettera a una professoressa, don Milani rivolge la stessa accusa, in maniera ancora più esplicita, al mondo della scuola. Negare il pieno possesso della parola, però, significa negare la possibilità della formazione

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matica della fantasia1 da cui si era partiti, il quale ci dice molto anche su ciò che per Rodari significa usare le parole. Esse hanno il potere di liberare, non solo in termini di riscatto sociale, ma anche e soprattutto, in particolare dopo la svolta degli anni Sessanta, in termini di formazione dell’individuo intero, di liberazione della fantasia e della creatività, poiché Rodari era convinto che queste avessero un ruolo determinante sul piano dell’educazione e della formazione.

di una mente critica e di un cittadino consapevole dei propri diritti e dei propri doveri. Su una linea similare si colloca il concetto di scuola promosso dal gruppo dei maestri del Movimento di Cooperazione Educativa. La cultura che la scuola trasmette deve avere come scopo la formazione dell’uomo a partire dai primi anni della sua vita; deve essere una cultura critica e capace di formare una coscienza sociale e civile, aperta al nuovo, anticonformista e libera da ogni dogmatismo, con un costante richiamo all’impegno, alla giustizia sociale, alla solidarietà, all’uguaglianza. Una cultura che unisce mente e mano, fantasia e logica, informazione e gioco, organizzata secondo il principio della ricerca e quindi con la necessità di strumenti nuovi che la scuola tradizionale non offre più: biblioteca scolastica, laboratori, archivi. La scuola, gli insegnanti, i genitori devono avere come scopo la promozione di bambini e bambine a uomini e donne, attraverso il loro sviluppo culturale inteso nel pieno rispetto della personalità di bambini e bambine, di ciò che sono e di ciò che diventeranno. In questo tipo di formazione, la lingua occupa un posto di primo piano e ciò ci riconduce a quel motto della Gram-

Il valore di un saggio come Grammatica della fantasia sta proprio, forse, in quel titolo, nell’accostamento quasi ossimorico di due parole “grammatica” e “fantasia”: se la prima rimanda immediatamente a un insieme preciso e rigido di regole, la seconda è comunemente intesa come completa libertà, come totale trasgressione di ogni norma, come assoluta mancanza di realismo. In realtà il testo rodariano vuol proprio essere l’espressione di questo ossimoro, vuole cioè individuare le leggi, le norme, in base alle quali stimolare la fantasia e farsi utile strumento per quanti credono «nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione»2.


UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA La creatività cui fa riferimento Rodari è sempre strettamente legata all’idea di “pensiero divergente”, essa è in grado di alimentarlo, di mettere a disposizione dell’individuo gli strumenti per leggere quanto accade dietro ai messaggi che ascoltiamo, leggiamo, vediamo, offre ai bambini e ai ragazzi le chiavi per interpretare il mondo con mente critica. Lavorare con i bambini e i ragazzi in questa direzione, anche utilizzando le tecniche della Grammatica, significa percorrere la strada che porta alla formazione dell’essere umano completo attraverso l’educazione della mente e della personalità alla sensibilità utopica, dal momento che qualità essenziali del processo creativo sono l’originalità, la capacità di usare la propria esperienza in modo nuovo, l’apertura verso il futuro e il non conformismo. In questo processo di scardinamento delle norme e ricomposizione di realtà possibili, la parola svolge una funzione essenziale: «Tutti gli usi della parola a tutti», ricordate? La parola considerata come strumento di conoscenza e di creazione fantastica, sta alla base di tutte le “tecniche” esposte nella Grammatica. «[…] una parola gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini,

analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente, per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere3». È la prima tecnica, quella del “sasso nello stagno”, la parola “sasso” gettata nella mente a caso crea onde di superficie che la legano a tutte le parole che iniziano per “s”, a quelle che rimano con “asso”, eccetera. Sono però soprattutto le “onde di profondità” che unite alle prime servono a far accendere la scintilla creativa; si tratta dei meccanismi di associazione, conscia o inconscia, che si verificano nella mente di ognuno a partire da quella parola che «affonda nel mondo passato, fa tornare a galla presenze sommerse»4. La storia, ci dice Rodari, nasce nel momento in cui, lungo la catena delle associazioni più superficiali e più profonde, le onde appunto, si vengono a trovare vicine due parole tra loro molto distanti, appartenenti cioè a campi semantici diversi. Questo è possibile perché alla base sta il concetto di “straniamento”: quello che regola la fantasia, che permette al meccanismo immaginativo di mettersi

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in moto è proprio l’effetto straniante, l’accostamento di due elementi apparentemente estranei tra loro. Una parola “estraniata”, “spaesata”, dal suo contesto normale si apre a tutte le possibilità del fantastico, si offre a diverse interpretazioni, è disponibile ad accogliere nuovi significati di sé: “cane” e “armadio”, prese separatamente, sono parole di uso quotidiano senza alcuna prerogativa fantastica, ma se unite, se gettate una contro all’altra, possono aiutare ad individuare tanti titoli per altrettante storie, “Il cane nell’armadio”, “L’armadio del cane”, “Il cane sull’armadio” eccetera: «Così “spaesato”, precipitato in un contesto inedito, l’armadio diventa un oggetto misterioso»5 e qui l’influenza del surrealismo è evidente, basta pensare a certa produzione pittorica, da Magritte a De Chirico, ma il riferimento è anche al concetto di “straniamento” elaborato dai formalisti russi.

Il giornalista narratore La parola, dunque. Carmine De Luca nel suo famoso saggio del 1981 Un giornalista con il gusto di raccontare 6, afferma come anche il Rodari giornalista dimostri un evidente “gusto di raccontare”, egli, afferma De Luca, Pepeverde n. 5/2020 41


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UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA

concepisce il giornalismo come “racconto”. Il giornalismo di Rodari si caratterizza per l’onestà intellettuale, la nitidezza dell’esposizione, la considerazione costante del bisogno di capire del lettore, il rifiuto della reticenza, della banalità, delle espressioni stereotipate, dei toni apologetici e retorici. Insomma, già allora attraverso la scrittura giornalistica egli mostra evidente il “gusto di raccontare”; concepisce il giornalismo come “racconto” 7. L’originalità del giornalismo rodariano la riscontriamo proprio qua, nel dare alla scrittura giornalistica un andamento narrativo in cui tutto è detto esplicitamente e nulla è sottaciuto o dato per scontato. I suoi articoli prendono sempre le mosse da fatti ed elementi, da personaggi legati alla realtà quotidiana. Ricorda ancora De Luca: «Egli giocando con particolari reali e spesso con le parole, rinviene elementi confinanti con la fantasia o che si prestano ad essere trattati con fantasia. Ma dietro il presunto giocoliere, si

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scopre l’utopista […]. In questi casi […] egli spazia su due direzioni fondamentali; l’una fantastica, l’altra oggettiva: lungo la prima egli tiene occhi ed orecchie aperti […] ai suggerimenti della fantasia, del gioco; lungo la seconda dedica un’analoga appassionata attenzione ai suggerimenti della realtà quotidiana»8.

Lo scrittore di tutti i bambini Fantasia e realtà, un binomio fantastico che caratterizza anche il Rodari scrittore per ragazzi. Con il raggiungimento della sua maturità espressiva Rodari diventa lo scrittore di tutti i bambini, non più solo dei figli di operai e proletari cui all’inizio della sua carriera si rivolgeva in maniera privilegiata. I temi restano quelli consueti, pace, guerra, libertà, ingiustizia sociale, ma dal punto di vista espressivo le filastrocche e le poesie si fanno sempre più metaforiche, certi problemi vengono “mascherati” da metafore ap-

punto e paradossi e la Grammatica può essere letta proprio come il frutto di un percorso espressivo e narratologico compiuto. L’aspetto ludico e fantastico è ciò che ora caratterizza Rodari e l’uso che egli fa della parola, di «tutti gli usi della parola», appunto. Nella stessa misura in cui lo spirito ludico si fa strada e si impone come principio ispiratore e perno espressivo della composizione, i contenuti morali e politici passano sullo sfondo; emergono dalle metafore o dalla scelta allegorica, devono essere interpretati, perché Rodari non ce li consegna più bell’e confezionati. A mano a mano, la forma e la struttura espressive prendono loro autonoma strada, diventano autosufficienti a garantire la tensione utopica e la scommessa innovativa dell’autore. Il nonsense, in questa prospettiva, non sembra essere solo un mezzo per evocare lo spirito del gioco e suscitare riso, ma l’unico strumento per poter dare senso ed orientamento all’esistenza sia individuale, sia intersoggettiva: la concezione di uomo nasce dall’uso della ragione in una prospettiva divergente e fantastica attraverso l’esercizio e l’uso della parola 9. La poetica di Rodari, che segna il passaggio dalla dimensione del necessario alla dimensione del possibile e dall’ideologia all’ideale, ha il suo fulcro nella problematizzazione del rapporto dialettico parola-pensiero e, quindi, nella teorizzazione della possibilità di predicazione dell’impossibile, attraverso l’invenzione narrativa (in senso lato), l’artificio retorico, l’uso del paradosso, della metafora e dell’allegoria10. In questo modo, ci ricorda ancora Luciana Bellatalla, Rodari tenta di dare risposta all’antico problema dell’incolmabile divario tra dimensione logica e dimensione esistenziale. A dispetto dell’identità lessicale di parola e pensiero (logos) e degli sforzi secolari della filosofia, la logica e l’etimologia sono rimaste estranee al modo di pensare della gente comune, vale a dire i lettori potenziali di Rodari. La parola appare una povera cosa: anche quando ne riconosce l’ar-


UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA tificiosità e la convenzionalità, l’uomo comune non riesce a pensarla se non come dipendente dalle cose, a meno che non si tratti di astruse astrazioni metafisiche o di creazioni fantastiche. Eppure, la logica indica nelle regole di organizzazione del discorso (in quanto epifenomeno del pensiero) la via regia per organizzare gli sparsi brandelli di realtà, con cui il soggetto viene a contatto, mentre l’etimologia individua nella parola un significativo punto d’incontro tra culture diverse e spesso distanti nel tempo11. In questo senso la parola, in quanto testimone durevole di una costruzione storica, crea il mondo: il mondo riesce a prendere forma e consistenza proprio perché c’è uno sforzo di comunicazione, c’è una predicazione. Ciò non significa dissolvere le cose nel flusso della coscienza individuale, ma significa piuttosto riconoscere che la loro esistenza materiale non basta da sola a sancirne la esistenza tout court, giacché essa comincia, quando diventa oggetto di comunicazione interpersonale, cioè di conoscenza e di discorso. La parola è fonte di esistenza, nella misura in cui costruisce significati12. Il nonsense rodariano è possibile solo all’interno di questo contesto poiché alla base sta la consapevolezza del po-

tere creatore della parola. Il non-senso non è da intendersi come assenza di senso, ma come condizione per costruire altro senso; esso lascia emergere la distinzione netta tra una codificazione linguistica rigida, basata su una visione unilineare del pensiero e forme di pensiero basate sulla dimensione della libertà, su dimensioni plurime e tutte praticabili. Metafore e paradossi in Rodari disegnano una cornice di possibilità logica del mondo e quindi di possibilità di un altro mondo. Il gioco che Rodari invita a fare con il linguaggio, ha valore in se stesso poiché spinge l’individuo in genere, bambino o adulto che sia, a uscire dagli schemi grammaticali per creare, usando la fantasia, nuove realtà e cambiare in meglio il mondo in cui vive. Per il bambino, in particolare, è educativo anche solo il fatto di giocare con le parole o con le fiabe, poiché usare una parola per scomporla, combinarla con le altre nel libero gioco delle associazioni, costruirci intorno un’intera storia, sono tutte operazioni che stimolano i procedimenti logici della mente, invitano a riflettere sulla realtà e permettono di scoprire le infinite possibilità dell’immaginazione umana. La parola dunque può essere conside-

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rata il primo materiale su cui far lavorare la fantasia, l’unità più piccola del metodo Rodari; essa assume importanza soprattutto per il significato che le si attribuisce, per i ricordi, le sensazioni che suscita, per le associazioni o combinazioni che si possono formare. Giocare con il linguaggio per scoprire la sua ricchezza, la sua produttività e la possibilità di rompere gli schemi della norma assume anche una forte valenza di liberazione; la capacità di usare bene le parole rende l’uomo libero. Se vogliamo che essi [i ragazzi] si fabbrichino una lingua personale, libera, non soggetta a modelli, strumento di liberazione anziché di soggezione, bisogna consegnare ai ragazzi tutti gli usi della lingua, tutte le possibilità della lingua, comprese quelle in cui la lingua per così dire, gioca con se stessa, si rispecchia in associazioni e dissociazioni senza regola13. L’eco del motto rodariano è evidente. Lo scopo da raggiungere consegnando la parola a tutti è quello di permettere a tutti di muoversi alla pari nella società, senza il timore che ci siano zone destinate soltanto a pochi eletti, agli intellettuali che scrivono sui giornali o compongono poesie. «La prima cosa da dominare», dice De Mauro, «per non essere schiacciati dai padroni è proprio la parola»14. Come non esiste una élite di persone creative, perché la creatività è patrimonio di ciascuno di noi, allo stesso modo non esiste una élite di persone che sanno usare parole o nozioni difficili, ma usare correttamente le parole che tutti sanno. Le filastrocche, i limericks, i nonsense, gli indovinelli sono le forme più adatte per una educazione linguistica rivolta ai bambini. Si tratta di serie ritmiche in cui la lingua è proposta e accettata come autoproduzione, auto poesia; è in queste forme che il linguaggio viene goduto in quanto tale e percepito indipendentemente dai suoi usi pratici. Si parla per agire, si parla per essere, si parla per dire. Ed ecco, si parla per parlare, per scoprire nient’altro che le parole e i loro suoni, le loro analogie segrete, per vivere di parole, per lasciarsene incantare e trascinare15.

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UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA a maggior ragione oggi in un’epoca in cui le parole sono divenute leggere, in cui sono state svuotate, derubate di senso pur e proprio nel loro abuso, il loro spreco, spesso urlato. Come pedagogisti, come educatori, come insegnanti, ma, direi, come persone, abbiamo il diritto di riappropriarci delle parole, di dare loro il nostro senso, non possiamo farcele rubare dalla banalità, dall’individualismo, perché le parole svuotate, leggere, modificate nell’attribuzione di significato, ci hanno cambiato i pensieri. I nostri significati sono stati abilmente erosi e altri abitano le stanze vuote delle parole. E allora, nella graffiante attualità di Gianni Rodari, è necessario ribadire il suo motto, «Tutti gli usi della parola a tutti».

Note

Tutti gli usi della parola a tutti Quale posto occupa oggi, nella formazione di bambini e adolescenti, la parola? I modelli di oggi fanno rumore, gridano parole e si impongono; non c’è momento della giornata in cui mente e corpo di bambini e adolescenti (e non solo) non ricevano stimoli confusi, ripetitivi, accavallati, frammentati, spesso identici a se stessi. Il contesto narrativo della vita dei più giovani è fatto di immagini, spot, clip, suoni. Certamente, il pensiero ha bisogno di stimoli, ma ha bisogno anche di molte parole e le parole per diventare pensiero e alimentarlo hanno bisogno di silenzio: «[…] una giocosa solitudine da trovare con facilità, da sperimentare, da godere, per poter accogliere, poi, altre parole, altri pensieri e rendere tutto questo un habitat creativo»16. La parola, oggi, non ha sempre un reale valore di liberazione: «[…] la logorrea dei mezzi di comunicazione di massa e l’uso sfrenato dei telefonini sta infatti diffondendo modelli di linguaggio che abituano a parlare tanto dicendo ben poco»17. Ancora oggi, allora, in una società sempre più basata

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sul mito della produttività e del profitto, la Grammatica della fantasia è un testo eversivo che a un alto livello di cultura, espone tesi rivoluzionarie. La produzione poetica di Rodari continua ad essere uno stimolo del pensiero divergente, della fantasia, un antidoto alla fantasticheria e all’omologazione dilaganti nell’immaginario infantile, per le incessanti suggestioni dei nuovi media. Eppure risulta spesso un testo poco conosciuto nelle nostre scuole e dai nostri insegnanti, oppure utilizzato come una sorta di “Artusi”. È certamente pregevole lavorare sulla fantasia e la creatività infantile attivando le “tecniche” della Grammatica come stimolo per inventare storie, ma fantasia e creatività sono per Rodari funzioni di un complesso rapporto dell’infanzia con la realtà, un rapporto che alimenti la reattività dei bambini e arricchisca il patrimonio e l’organizzazione dei dati dell’esperienza: «Un rapporto con la realtà che offra reali possibilità di riequilibrare la condizione di vita atomizzata della società attuale, un rapporto che si realizzi non solo nella scuola e nel modo di fare scuola, ma anche nel tempo extra-scolastico»18. «Tutti gli usi della parola a tutti» allora,

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Gianni Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, (1973), Einaudi, Torino, 1994. 2 Ivi, p.6. 3 Ivi, p. 7. 4 Ivi, p. 8. 5 Ivi, p. 18. 6 Saggio apparso per la prima volta in Giorgio Bini (a cura di), Leggere Rodari, supplemento a “Educazione oggi”, Pavia 1981, successivamente inserito da Carmine De Luca nel volume Gianni Rodari. La gaia scienza della fantasia, Abramo, Catanzaro, 1991. 7 Carmine De Luca nel volume Gianni Rodari. La gaia scienza della fantasia, Abramo, Catanzaro, 1991. 8 Ivi, p. 40. 9 Cfr. Giuseppe Pizzi, L’arte fantastica di Gianni Rodari, Laurenziana, Napoli, 1984. 10 Luciana Bellatalla, La poetica di Rodari, cit., p. 66. 11 Ivi, p. 67. 12 Ibidem. 13 Tullio De Mauro, Le parole e i fatti, Editori, Riuniti, Roma, 1977, p. 149. 14 Ivi, p. 317. 15 Gianni Rodari, I bambini e la poesia, in “Giornale dei genitori”, n. 6-7, 1972, p. 10. Il corsivo è del testo. 16 Luisa Mattia, Ri-leggere Rodari ai tempi del “Grande Fratello”, in “LG Argomenti”, n. 1, 2010, p. 18. 17 Marcello Argilli, Quale Rodari oggi, in Gerardo Leo (a cura di), Gianni Rodari, maestro di creatività, Graus Editore, Napoli, 2000, p. 23. 18 Ibidem.


UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA

Teoria e prassi dell’inventare

Nacque prima la «Grammatica» o gli «Esercizi»? di Franca De Sio

Come normalmente si potrebbe pensare la «Grammatica» dovrebbe venire prima degli «Esercizi», intendendo per tali tutta la produzione rodariana destinata ai bambini. Rodari, invece, prima pubblica Cipollini e Gelsomini, Treni di filastrocche e Frecce azzurre, Torte in cielo e Palazzi di gelato, trova anche il tempo di curare Gli affari del signor gatto, e poi, a distanza di ben venticinque anni dall’inizio della sua carriera di scrittore per bambini e dopo aver ricevuto il premio Andersen, pubblica, nel 1973, la «Grammatica»…

N

ell’Antefatto, sorta di introduzione alla Grammatica della fantasia, Rodari spiega che nell’opera «si parla di alcuni modi di inventare storie per bambini e di aiutare i bambini a inventarsi da soli le loro storie» e spera che il libretto sia utile «a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educa-

zione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola». Nelle stesse pagine dell’Antefatto, Rodari ci tiene a informare anche che la sua Grammatica, se pur in nuce, c’era già da molti anni. Ecco le sue parole: «Nell’inverno 1937-38, [...] venni as-

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sunto per insegnare l’italiano ai bambini in casa di ebrei tedeschi [...] Imparai un po’ di tedesco [...] Un giorno, nei Frammenti di Novalis (17721801), trovai quello che dice: “Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare”. [...] Pochi mesi dopo, avendo incontrato i surrealisti francesi, credetti di aver trovato [...] la “Fantastica” di cui andava in cerca Novalis. [...] Io allora, ripartiti i miei ebrei in cerca di un’altra patria, insegnavo nelle scuole elementari. [...] Fu in quel tempo che intitolai pomposamente un modesto scartafaccio Quaderno di Fantastica, prendendovi nota non delle storie che raccontavo, ma del modo come nascevano, dei trucchi che scoprivo [...] Tutto questo fu poi a lungo dimenticato e sepolto, fino a quando, quasi per caso, intorno al ’48, cominciai a scrivere per i bambini. Allora anche la “Fantastica” mi tornò in mente». Eppure, a dimostrare che la Grammatica è davvero nata dopo, c’è la testimonianza di Marcello Argilli1: «Quando nel ’49 è chiamato a scrivere pezzetti per l’Unità di Milano e Vie nuove in realtà non gli torna in mente alcuna precedente riflessione sull’inventar storie, né Novalis né Breton. Lo dimostrano sia i primi testi che scrive [...] sia quelli che seguiranno per vari anni». Sempre riferendosi a ciò che Rodari scrisse nell’Antefatto della Grammatica, Argilli affettuosamente scrive: «In questo passo [...] appaiono evidenti alcune deliziose bugie. Il “favoloso Gianni” (la definizione è di Lucio Lombardo Radice) ormai da anni universalmente considerato grande scrittore, con una certa civetteria si inventa infatti genealogie che non risultano e riflessioni che appartengono a un periodo notevolmente successivo». In effetti, gli incontri con i surrealisti e le prime teorizzazioni sul Quaderno di Fantastica avrebbero rappresentato un troppo grande bagaglio formativo, per il diciottenne Rodari. «A parte il fatto che la frase di Novalis, citata tra virgolette, nei Frammenti non si ritrova»,

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UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA

Argilli ricorda che mai, nei sei anni di colleganza con Rodari nelle redazioni del Pioniere e di Avanguardia, l’amico gli ha parlato della pregressa formazione vantata nella Grammatica. Rodari come scrittore per bambini nasce, invece, dal Rodari giornalista politico e comunista, che con grande serietà e passione, in epoca di guerra fredda e rivendicazioni civili, va definendo un “personalissimo universo poetico” e un personalissimo linguaggio, che rivoluzionerà il concetto stesso di letteratura per l’infanzia in Italia. Se in quel periodo della sua formazione si può parlare di influenze, dobbiamo piuttosto pensare a Palazzeschi, Zavattini e soprattutto ad Alfonso Gatto, che Rodari ebbe come collega a l’Unità e di cui ammirava la dirompente novità de Il sigaro di fuoco, consigliandone la lettura2. «L’uso di tecniche surrealistiche, i nonsenses, i limericks verranno anni dopo»3 – aggiunge Argilli – comparendo per la prima volta in Filastrocche del cavallo parlante (Emme, 1970) e in Filastrocche in cielo e in terra (Einaudi, 1972). È probabilmente la prossimità temporale di queste ultime pubblicazioni con la Grammatica, a indurre Rodari a sottolineare in essa il suo debito con i surrealisti fin dall’inizio della sua attività di scrittore per bambini. Ancora nell’An-

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tefatto della Grammatica, Rodari confessa che fu solo per pigrizia, mancanza di tempo e di sistematicità che non pubblicò le sue tecniche d’invenzione, pur divulgandole in tutte le scuole che visitava: «fino al 1962, quando pubblicai nel quotidiano romano Paese sera un Manuale per inventare favole in due puntate (9 e 19 febbraio). [...] immaginando di aver ricevuto [...] un manoscritto [...] di un’operetta che sarebbe stata pubblicata a Stoccarda, nel 1912, dalla Novalis-Verlag [...]: Fondamenti per una Fantastica – L’arte di scrivere fiabe. [...] Ho ripreso l’argomento, in seguito, nel Giornale dei genitori, per suggerire ai lettori la maniera di farsi da soli le “storie della buonanotte” (Che cosa succede se il nonno diventa un gatto, dicembre 1969; Un piatto di storie, gennaio-febbraio 1971; Storie per ridere, aprile 1971)» 4. Comunque vi sia arrivato, scrivendola prima o dopo i tanti Esercizi, Rodari pubblica la Grammatica della Fantasia nel 1973, dedicandola alla città di Reggio Emilia, poiché fu lì che «ebbi una serie di incontri con una cinquantina di insegnanti [...] e presentai in forma, per così dire, conclusiva e ufficiale, tutti i miei ferri del mestiere»5. La Grammatica, racconta ancora Ro-

dari, è la rielaborazione di cinque conversazioni registrate e raccolte da una paziente dattilografa, avvenute durante gli “Incontri con la Fantastica” tenuti dal 6 al 10 marzo 1972 e organizzati dal comune di Reggio Emilia, in una ex palestra dei pompieri, per insegnanti delle scuole per l’infanzia, elementari e medie. Rodari scrive che ricorderà quella settimana come una delle più belle della sua vita, soprattutto perché quella fu la possibilità di «ragionare a lungo e sistematicamente, con il controllo costante della discussione e della sperimentazione, non solo sulla funzione dell’immaginazione e sulle tecniche per stimolarla, ma sul modo di comunicare a tutti quelle tecniche»6. Ora propongo, tra gli Esercizi di Rodari, qualche “favola al telefono” e di rimando, la teorizzazione che della stessa favola egli dà, a posteriori o no, nella Grammatica. Già nella prefazione alla prima edizione di Favole al telefono (1962), Rodari spiega: «[sono] storie nate dallo scontro occasionale di due parole, storie costruite per ricalco, o per rovesciamento, di altre storie, storie per giocare, storie nate da errori di ortografia o di dattilografia [...] giochi verbali [...] raccontini che lasciano indovinare le letture di psicanalisi, o di etnografia, da cui sono state suggerite» 7. Leggiamo A sbagliare le storie8: «C’era una volta una bambina che si chiamava Cappuccetto Giallo. – No, Rosso! – Ah, sì, Cappuccetto Rosso. La sua mamma la chiamò e le disse: Senti, Cappuccetto Verde... – Ma no, Rosso! Ah, sì, Rosso. Vai dalla zia Diomira a portarle questa buccia di patata. – No: vai dalla nonna a portarle questa focaccia. – Va bene: la bambina andò nel bosco e incontrò una giraffa…». Ecco cosa scrive Rodari nell’omonimo capitolo della Grammatica:


UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA «È un gioco più serio di quanto non sembri a prima vista. [...] I bambini [...] vogliono riascoltare con le stesse parole della prima volta [...] riprovare le emozioni [...]nello stesso ordine: sorpresa, paura, gratificazione. [...] accettano che dalla storia nasca la parodia [...] perché il nuovo punto di vista rinnova l’interesse alla storia stessa, la fa rivivere su un altro binario. I bambini non giocano più tanto con Cappuccetto Rosso, quanto con se stessi: si sfidano ad affrontare la libertà senza paura[...] Il gioco sdrammatizza il lupo [...] deve pur accadere [...] non prima che il lupo, l’orco e la strega abbiano adempiuto alle loro profonde funzioni [...] chi vi partecipa deve compiere, a livello di intuizione, una vera e propria analisi della fiaba. L’alternativa, o la parodia, possono trovar luogo solo in determinati punti [...]»9. Leggiamo anche Il paese con l’esse davanti10: «[...] Giovannino Perdigiorno era un grande viaggiatore… – Vede questo? – È un temperino. – ... Invece è uno “stemperino”... serve a far ricrescere le matite, quando sono consumate, ed è molto utile nelle scuole. [...] Poi abbiamo lo “scannone”. ... e serve per disfare la guerra». Ed ecco la teoria, espressa nel capitolo Il prefisso arbitrario della Grammatica: «[...] Basta una s a trasformare un “temperino” [...] in uno “stemperino” [...] lo “staccapanni” [...] [serve] per staccarli quando se ne ha bisogno [...] non è certo vietato immaginare una città futura in cui i cappotti siano gratuiti come l’acqua e l’aria. E l’utopia non è meno educativa dello spirito critico.»11 Comunque, l’immaginazione può diventare realtà. Edoardo Sanguineti, nella prefazione a Il cavallo saggio, ri-

cordava come Rodari specificasse che la fantasia, l’immaginazione, «costruisce con il reale e sul reale», mentre la fantasticheria «dal reale evade a gambe levate». E come Rodari sottolineasse inoltre che Marx «non era un fantasticatore, ma aveva una fortissima immaginazione»12.

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Sia con la Grammatica che con gli Esercizi, Rodari vuole spingerci a «entrare nella realtà dalla finestra», perché è più utile, e divertente. Con i prefissi fantastici, con i «che cosa succederebbe se...», Rodari invita a compiere un gesto di liberazione fantastica, a rivolgere uno sguardo diverso sul

PRINCIPALI TESTI DI RODARI SUL PIONIERE Il grillo a teatro, dal n.16 al n. 19, 1951 (non firmata). I capelli del gigante, n. 20 e 21 del 1951 (non firmata). Le carte parlanti, 1951 (poi ed. Toscana nuova, 1952 e Mursia, 1963 con il titolo Il castello di carte). La storia in versi di Pinocchio, dal n.37, 1954 (poi Filastrocca di Pinocchio, Editori Riuniti, 1974). Benvenuto mai seduto, n.4, 1956 (poi edito in Gelsomino nel paese dei bugiardi).

Piccoli vagabondi, dal n.50, 1952 al n. 27, 1953 (poi Editori Riuniti, 1981 con Il bandito). Il bandito, dal n.18 al n.20, 1960 (poi in Piccoli vagabondi, 1981). Le avventure di Tonino l’invisibile, dal n.46, 1954 al n.4, 1955 (poi Editori Riuniti, 1985). La banda dei 3 B, dal n.5 al n.22, 1955 (poi in Le avventure di Tonino l’invisibile, 1985). Viva la Saponia, n. del nov.- dic.1964 (poi in Le avventure di Tonino l’invisibile, 1985).

Atomino. Fiaba in versi, dal n.19 al n.21, 1953.

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UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA

mondo. Uno sguardo straniato dalla routine, uno sguardo innocente. Se si riesce ad osservare ogni cosa: linguaggi, rapporti sociali, economici, educativi, culturali, ecc., con la naïveté di uno sguardo infantile, si può applicare la fantasia per mettere in discussione l’esistente, con le tante sue ingiustizie e contraddizioni; si può rompere uno scontato e cristallizzato status quo, proiettarci in direzioni diverse e alternative, migliorative o addirittura risolutive nei confronti di una realtà insoddisfacente, che prima era acriticamente e passivamente accettata come l’unica possibile. L’esercitazione della Fantastica di Rodari ha quindi una funzione critica, dialettica, sovversiva e propositiva, ha quindi una funzione politica. Vi sono già molti esempi in tal senso. Un esempio è quello delle libraie di Fiumicino. A fronte delle scritte d’odio e croci celtiche che lordavano i muri della loro città, hanno distribuito targhette da lasciare ovunque: tra la frutta del supermercato, sulla porta del vicino di casa, ecc.; vi erano scritte parole di pace, versi di poeti, di Gandhi, e anche di Rodari. Fiumicino inondata di serenità e di amore, anziché di cattiveria13. Un altro esempio è quello di un piccolo Comune, che abbona le tasse ai cittadini in cambio di un po’ del loro lavoro: un falegname ripara le porte e le finestre degli uffici comunali, una donna cuce le tende e pulisce i vetri della scuola, un contadino coltiva zucchine e insalata per la mensa scolastica dei bambini. Ancora un altro esempio è senza dubbio l’invenzione della Banca delle ore, per cui si scambiano servizi, senza usare denaro. Non è forse una fantasia sovversiva applicata a una realtà che prima si pensava non modificabile? Si presuppone che una prestazione d’opera debba essere sempre retribuita in denaro, ma «Che cosa succederebbe se [...] sparisse il denaro?», suggerisce Rodari nella sua Grammatica14 . Immagino la storia di un idraulico che ha bisogno di un imbianchino, e quest’ultimo di un idraulico, ma un giorno (bello o brutto,

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chissà?) spariscono tutte le monete e le banconote che servivano per pagare, e allora come si può fare? Qualcuno si ricordò di un vecchio detto: «Se tu dai una cosa a me, io do una cosa a te». L’idraulico andò dall’imbianchino e scrisse su un foglietto «quattro ore di riparazioni idrauliche», l’imbianchino accettò e rispose con «quattro ore di imbiancatura»”, ma all’idraulico ne bastavano due, cosa fare delle altre due? L’idraulico pensò un po’, mentre dalla finestra della sua cucina imbiancata di fresco vedeva passare, passeggiando a testa china, il signor Rossi, il bancario ormai disoccupato. Allora gli venne l’idea: «Quelle due ore le metterò in banca!». Così nacque la Banca delle ore, o forse non proprio così, ma il suo zampino Gianni ce lo ha messo di sicuro, suggerendo come fare ai suoi inventori, che evidentemente da bambini erano stati allevati a pane e fantasia. La creatività del bambino, ricorda Rodari, va coltivata in tutte le direzioni, e certamente le fiabe narrate o inventate non sono tutto, così come non lo è lo stimolo ad inventare parole, binomi fantastici, ecc. Ma l’immaginazione del bambino, così esercitata, si

applicherà poi a ogni altra esperienza. La Fantastica è contagiosa! Note 1 Marcello Argilli, Gianni Rodari. Una biografia, Einaudi, Torino, 1990, pp. 58-59. 2 Ibidem, p.79. 3 Ibidem, p.61. 4 G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi, Torino, 1973, pp. 4-5. 5 Ibidem, p. 5. 6 Ibidem, p.5. 7 G. Rodari, Favole al telefono, Einaudi, Torino, 1971, p. XI. 8 G. Rodari, Favole al telefono, Einaudi, Torino, 1971, pp. 131-132. 9 G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi, Torino, 1973, pp. 54-55. 10 G. Rodari, Favole al telefono, Einaudi, Torino, 1971, pp. 17-18. 11 G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi, Torino, 1973, pp. 31-33. 12 G. Rodari, Il cavallo saggio. Poesie Epigrafi Esercizi, Prefazione di Edoardo Sanguineti, A cura di Carmine De Luca, Editori Riuniti, Torino, 1990. pp. XVIII-XIX. 13 Ne ho scritto nel mio Sorriso e martello contro i tanti pasticci della Terra, in “Pepeverde”, n.3, 2019, pp. 17-19. 14 G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi, Torino, 1973, p.29.


UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA

Libri, mostre, eventi

100 Gianni 2020 di Giuseppe Assandri

Per il centenario di Rodari si moltiplicano eventi e pubblicazioni. Qui parliamo delle novità editoriali e delle principali iniziative in corso o preannunciate.

A

nche la nostra rivista sta dando allo scrittore di Omegna l’ampio spazio che merita, approfondendo aspetti specifici e mettendo in evidenza il valore della sua figura e della sua opera. Le iniziative sono tantissime, promosse da soggetti diversi, anche da singole biblioteche, librerie e scuole. Impossibile dar conto di tutte: convegni, mostre, letture, spettacoli teatrali, pubblicazioni. Il portale www100giannirodari.com attivato da Einaudi Ragazzi – che detiene i diritti mondiali dell’opera di Gianni Rodari e pertanto si darà per scontato che le opere citate portano il suo marchio – è davvero ricco e continuamente aggiornato, con informazioni, contenuti e materiali scaricabili per chi vuole promuovere iniziative diffuse.

zione di alcune edizioni originali. Tornano in libreria, infatti, tre edizioni “storiche”: le prime due coi disegni di Bruno Munari, mentre Grammatica della fantasia contiene le illustrazioni di Lele Luzzati. Tra le nuove riproposizioni dei libri di maggior successo, da segnalare la nuova edizione del 2019 de La freccia

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azzurra con le illustrazioni di Camilla Pintonato e un’affettuosa introduzione di Neri Marcorè. Un classico intramontabile, con il più bel giocattolo della vetrina della Befana, pubblicato per la prima volta nel 1954 e diventato un film d’animazione di successo per opera di Enzo D’Alò (1996), con musiche di Paolo Conte, la voce di Dario Fo e Lella Costa. Al Salone del Libro di Torino (14-18 maggio 2020) sarà dato ampio spazio al libro e al film, in collaborazione con Torino Città del Cinema 2010, con proiezioni, letture e disegni dal vivo. Nell’ampio catalogo dei marchi Einaudi Ragazzi ed Emme Edizioni, si trovano tante singole storie, novelle o fiabe di Rodari, coi disegni di talentuosi illustratori e illustratrici. In occasione del centenario, molte sono le ripubblicazioni e le riedizioni.Tra gli albi illustrati appena usciti, ricordiamo: L’omino di niente, illustrato da Olimpia Zagnoli e Pianoforte Bill, illustrato da Emanuele Fior. E in modo particolare, una nuova edizione di A sbagliare le storie, coi disegni dell’illustratrice bolognese Beatrice Alemagna, che vive a Parigi ed è can-

Rodari oggi in libreria Negli ultimi vent’anni, le opere di Rodari sono state continuamente ripubblicate. Spesso le singole storie contenute nelle raccolte più famose, che avevano una propria ragion d’essere, sono state estrapolate per farne albi, affidati a illustratori diversi, con esiti non sempre felicissimi. Tuttavia c’è una buona notizia, la ripubblica-

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UN ANNO PER RODARI/LA GRAMMATICA

didata italiana all’Astrid Lindgren Memorial Award 2020. Tra le riproposizioni per i primi lettori, dai 5 anni, compaiono nella collanina «Leggo una storia con il maestro Gianni», Il semaforo blu (illustrazioni di Francesco Zito) e La passeggiata di un distratto (illustrazioni di Francesco Zito). All’inizio del 2020, quattro libri importanti di Rodari sono apparsi in una speciale edizione celebrativa, con copertine laminate, senza illustrazioni, per lasciare tutto lo spazio alle parole dell’autore. Con 4 testimonial d’eccezione: lo scrittore Marco Missiroli, l’attrice Luciana Littizzetto, lo scrittore e fumettista Matteo Bussola e il rapper Frankie HI-NRG MC. Si tratta di un libro di racconti (Favole al telefono), uno di filastrocche (Filastrocche in cielo e in terra), un romanzo (C’era due volte il Barone Lamberto) e il saggio Grammatica della fantasia. Da segnalare anche la ripubblicazione in edizione aggiornata del libro di Pino Boero, Una storia, tante storie, una guida per conoscere la formazione intellettuale dello scrittore e interpretare la sua opera.

Cento Gianni Rodari In primo piano, ecco un volume prezioso, da collezionare e regalare agli amici più cari: Cento Gianni Rodari. Cento storie e filastrocche. Cento illustratori. Ogni illustratore ha realizzato una tavola, scegliendo la propria filastrocca o favola preferita. I testi sono tratti da Filastrocche in cielo e in terra, Fiabe lunghe un sorriso, Favole al telefono, Novelle fatte a macchina, Il libro degli errori e altre raccolte di Rodari. Si comincia con Un bambino al mare, con una tavola minimalista di Antonella Abbatiello, a cui seguono testi e illustrazioni diversissime, da scoprire o riscoprire. Come Susanna (Anna Laura Cantone), La luna al guinzaglio (Alessandro Coppola), Che cosa ci vuole (Silvia Bonanni), Il dittatore (Emanuela Bussolati), Gli uomini Pianta (Desideria Guicciardini), Lo 50 Pepeverde n. 5/2020

spazzacamino (Pia Valentinis). Per la maggior parte si tratta di illustratori italiani, ma ci sono anche la norvegese Kristin Roskifte (L’Apollonia della marmellata) o la neozelandese Sarah Wilkins (Giacomo di cristallo).

La mostra «Figure per Gianni Rodari» Un evento cruciale del centenario è certamente la mostra internazionale Eccellenze italiane. Figure per Gianni Rodari, che espone le opere originali di ventuno autori che hanno reinterpretato a modo loro l’opera dell’unico scrittore italiano ad aver vinto l’Hans Christian Andersen Award nel 1970 (l’altro vincitore è l’illustratore Roberto Innocenti). La mostra, che comprende 63 tavole, è promossa da Bologna Children’s Book Fair, Regione Emilia Romagna e Istituto Italiano di Cultura di San Francisco e curata da Giannino Stoppani Cooperativa Culturale /Accademia Drosselmeier. Il catalogo ufficiale, uscito a gennaio 2020, è in versione bilingue italiano e inglese ed è un libro che merita un posto fisso tra gli scaffali di tutti gli appassionati (Figure per Gianni Rodari. Illustractors for Gianni Rodari). Ci sono Bruno Munari e Emanuele Luzzati, ma anche Altan, Maria Chiara Di Giorgio, Beatrice Alemagna, Federico Maggioni, Alessandro Sanna, Giulia Orecchia, Simona Mulazzani, Pia Valentinis, Nicoletta Costa e altri. La mostra girerà il mondo, grazie alla rete degli Istituti Italiani di Cultura, che negli ultimi anni sono diventati sempre più attivi e propositivi. Prima tappa inaugurale a Portland, in Oregon (settembre 2019), poi la mostra sarà a San Francisco e in Italia alla Fiera di Bologna (30 marzo-2 aprile) e al Salone del Libro di Torino (14-18 maggio). Altre tappe saranno a Mosca, San Paolo, Dubai, Lima, Taipei. In apertura, ci sono alcuni brevi contributi per inquadrare il valore internazionale della figura di Rodari, tra cui meritano attenzione quelli di Jack

Zipes, Liberare i bambini con Gianni Rodari e Gianni Rodari, un visionario di Beatriz Helena Robledo.

Scoperte e riscoperte Sul portale si potranno leggere per tutto il 2020 – oltre al calendario degli eventi – notizie sulle tante iniziative in corso ma anche riscoprire testi d’annata di Rodari o su Rodari. Un esempio curioso e particolarmente attuale è la lettura di un suo articolo pubblicato su Il Pioniere del 21 dicembre 1958, intitolato Il mio albero di Natale. Eccone alcuni stralci. «Mi chiedete per chi è quel magnifico monopattino? Mi sembra chiaro: voglio regalarne un esemplare a tutti gli automobilisti troppo frettolosi, pregandoli di avere meno fretta. Almeno un giorno, almeno il giorno di Natale, potrà trascorrere senza incidenti stradali? Anima, signori, lasciate la macchina in garage». E ancora, parole chiare, al tempo delle fake news! «Su questo ramo ho disposto tappi e turaccioli di ogni forma e grandezza. Sono tutti di mia invenzione. Si chiamano “Antibugia”. Un momento prima di dire una bugia, si ficcano in bocca: la bugia non può uscire, torna indietro e si perde nel labirinto delle vene e delle arterie. Grandi e piccoli, professori e scolari, ministri e giornalisti, mamme e bambini: potete stare un giorno intero senza dire bugie? Se l’impresa vi sembra difficile, adottate il tappo antibugia del mio albero di Natale». Davvero sorprendente! O forse no, per chi conosce bene Gianni Rodari. L’anno rodariano – così ricco di iniziative e appuntamenti – è ancora lungo e può essere un’occasione unica per riscoprire Rodari, leggerlo e rileggerlo, farsi contagiare dalla sua carica fantastica e visionaria, promuovere incontri e circoli di lettura, presentazioni e riflessioni condivise. In tanti momenti e luoghi diversi. A scuola, in biblioteca, in libreria, in viaggio, a casa. Buon compleanno, maestro Gianni! E buone letture e a tutti.



EDUCAZIONE E APPRENDIMENTO di Nicola Rizzuti L’insegnamento della storia

I valori della memoria Se ancora oggi capita di sentire non pochi allievi delle scuole superiori affermare «per cortesia prof, non facciamo storia, la storia è di una noia mortale, non fa per me», vuol dire che ancora permangono diffuse aree di insegnamento che hanno reso insopportabile o comunque difficilmente accettabile l’apprendimento del sapere storico. Da dove viene il malessere di una consistente quota di giovani verso la storia?

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erché l’avversione per lo studio del passato? Ce lo chiediamo in non pochi. Eppure a guardarsi intorno sembrerebbe che la “voglia” di storia non sia per nulla in crisi visto il successo di alcune trasmissioni televisive di carattere storico o dei vari festival e conferenze che trovano riscontro nel grande pubblico o, ancora, se si osserva la fama da star della comunicazione che circonda alcuni storici, ormai presenti sui canali internet con visualizzazioni da far invidia ai professionisti del web. Verrebbe da dire, dunque, che c’è un notevole desiderio di conoscere processi e vicende storiche. A tutta prima sembrerebbe che tutto ciò stia svolgendo una funzione suppletiva rispetto alla formazione scolastica e perciò si potrebbe ipotizzare che quel desiderio, quel bisogno derivi proprio dal fatto che nel percorso scolastico la storia non sia stata adeguatamente valorizzata. Chi vive il difficile mestiere di insegnare storia coglie immediatamente in questa contraddizione un punto dolente che lo chiama in causa come se ci fosse un deficit sostanziale e quasi insuperabile. Essendo ritenuto il responsabile della divulgazione del sapere storico e dei valori della memoria collettiva, il docente di storia sente costantemente messa in discussione la

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sua definizione professionale e il suo profilo culturale. Non è qui possibile fare un’ampia ricognizione dei numerosi problemi che vanno dalla questione della formazione universitaria dei futuri docenti all’aggiornamento in itinere o ancora alle continue modifiche dell’apparato normativo, vale però la pena di concentrare l’attenzione su qualche elemento saliente.

La questione del tempo Partiamo dal fatto che nella scuola alla storia è stato sottratto il tempo: sì, non ha a disposizione, per una sorta di paradosso, il tempo necessario per essere affrontata come significativo e rilevante sistema di conoscenza e di analisi della realtà. Pur essendo unanimamente ritenuta decisiva nella formazione degli allievi e dei cittadini, la storia non ha a disposizione il tempo per esplicare il suo “discorso”, la sua “narrazione”, la sua azione costruttiva e critica. Tutto avviene sotto l’assillo del “non fare in tempo”, delle sole due (al massimo tre) ore curriculari previste dagli organigrammi nazionali. Il tormento di tanti insegnanti è molto spesso riassunto dalla ossessione di “fare tutto il programma”, di com-

pletare il manuale, come se fosse il manuale a dettare i tempi e le scelte del docente. Ma “non fare in tempo” per cosa? Forse in questa problematica si annida qualche evidenza sulla crisi del fare storia a scuola. Diamo per assodato che sia ormai in fase terminale il circolo vizioso che prevede spiegazionelettura del manuale-interrogazione. Il grande lavorio di sperimentazione

la Storia

portata avanti nei decenni precedenti (soprattutto tra gli anni Ottanta e l’inizio nel nuovo millennio) ha scalfito, ma non ancora demolito questo circuito, lasciando spazio ad una impostazione più problematica della disciplina, grazie al lavoro di numerosi docenti che hanno riflettuto sul rapporto fra storia-insegnata e storia-ricerca. Si è acquisita la consapevolezza che il fatto storico, come scriveva Jacques Le Goff, non è dato, ma costruito; è attraverso la ricerca storica che si giunge ad una vera e propria “fabbricazione della storia”. Questa tensione fra il lavoro di ricerca dello storico e la storia come disciplina da insegnare/apprendere ha sicuramente messo in discussione il paradigma precedente e le sue certezze (la storia è già data e occorre solo memorizzarne le vicende). Se dunque i docenti hanno acquisito, come senso comune, nuovi modi di organizzare la lezione, se sono impegnati sempre più ad aggiornarsi e a progettare i percorsi didattici (e non ad improvvisare o a ricorrere semplicemente alle datate conoscenze acquisite nel periodo di studi universitari),


se sono disponibili a confrontarsi con i risultati della ricerca e con l’uso delle fonti, se, in sostanza, sono aperti alle nuove prospettive, dov’è il problema? Forse, si può affermare che non ci sia tempo a sufficienza perché si deve lavorare molto intensamente per offrire in modo innovativo il sapere storico: probabilmente in molti casi è così. Ma c’è un’altra faccia della medaglia che occorre osservare.

Qui entra in gioco, probabilmente, una differenza di fondo: da un lato, il nuovo modo di intendere la storia, carico di aspettative, di buoni propositi, con una sincera intenzione di portare avanti la riflessione e la comunicazione con gli studenti; dall’altro la pratica concreta, giorno per giorno, la consistenza reale dell’insegnamento nelle aule delle scuole.

La questione del metodo L’insegnamento della storia non avviene esattamente e costantemente nelle modalità che le innovazioni cui si è fatto riferimento pretenderebbero. Anzi molto di quel discorso sperimentale e teorico si è perso nel corso degli ultimi anni, avvolto dal senso di sopraffazione e di disillusione che ha attraversato i docenti (tutti). In sostanza ci si è ritrovati a dover verificare che lo sforzo di proporre un nuovo metodo e una nuova visione dell’insegnare storia è stata percepita dal docente come troppo impegnativa e quindi la scelta si è orientata sulla comoda accettazione del vecchio. Una

sorta di rinuncia a modificare l’esistente. C’è, tuttavia, un discorso di tipo più ampio da fare. Se il tessuto sociale e culturale si sfalda e chi è specialista della conoscenza appresa non riesce a dare risposte a questo sfaldamento (anzi ne è parte) si rischia di finire in un circolo vizioso da cui è difficile districarsi. Non è sufficiente lasciare in mano ai canali web e ai mass media il discorso storico, perché l’apprendimento di qualunque disciplina si sostanzia della qualità del rapporto umano e della luminosità dell’intelligenza critica. La mediazione del “maestro” costituisce l’elemento principale delle forme di conoscenza e genera quell’“erotica dell’apprendimento” (M. Recalcati), quella passione per la conoscenza veicolata attraverso una corrente emotiva che la relazione umana (e non mediatica) può realizzare. Di tutto ciò la scuola è portatrice più di ogni altra agenzia formativa ed è soggetto difficilmente intercambiabile. Di qui la necessità di una diffusa e paziente didattica di quel sapere, costruita nel lungo percorso che, giorno per giorno, accompagna la costituzione mentale delle giovani generazioni. Da qui la responsabilità che grava sulle spalle dei docenti e la complessità del ruolo sociale cui sono chiamati. Ma non va dimenticato che altrettanta responsabilità spetta ai discenti e alle loro famiglie. Insieme contribuiscono a creare il clima, il tessuto sociale e civile su cui può essere innestato un discorso di apprendimento e formazione storica. Eppure anche qui si coglie un punto decisivo del deficit di consapevolezza storica che attraversa molte menti giovanili. Ci si può chiedere quale sia il tempo dedicato nelle famiglie alla comunicazione intergenerazionale (che si tratti di nonni, genitori, figli/nipoti), alla narrazione delle vicende e dei contesti vissuti, alle dinamiche ricostruttive dei fili che legano il presente con il passato. A sentire i giovani sembrerebbe che questo tipo di dialogo sia sostanzialmente oscurato all’interno dell’organizzazione comunicativa famigliare. Nonni e genitori non narrano quasi più e i figli e nipoti non sono disposti ad ascoltare “le storie”.

Sono in crisi, dunque, i meccanismi di trasmissione, colpiti a loro volta dalla crisi della socialità, intesa come luogo dello scambio culturale. Questa dimensione critica ha coinvolto il sapere storico che è diventato sempre più complesso non solo perché è più complessa la realtà storica che abbiamo sotto gli occhi, ma perché la trama concettuale che adottiamo per governare il senso della storia richiede una gran fatica, sia nell’adoperarla sia nel trasmetterla. Si tratta di considerazioni ancora piuttosto frammentarie ed è indispensabile soprattutto per le giovane generazioni, passare ad una fase propositiva della riflessione. Quali possibilità ha l’insegnamento della storia di rendere conto di questa complessità e di fornire agli studenti gli strumenti per districarsi all’interno di un mondo che non ha alcuna certezza da offrire; che non si fa imbrigliare da formule semplificanti? Le sirene della superficialità sono sempre in agguato: anziché problematizzare e quindi cogliere in profondità la dimensione del reale, non sono pochi coloro che propongono soluzioni e slogan semplificatori che fanno apparire la realtà immediatamente comprensibile e quindi dominabile. Altra cosa è squadernare la problematicità della storia e poi provare a ricostruirne la trama con una riflessione precisa, che sappia guardare le singole componenti di processi e fenomeni per ricostruirle dopo un attento esame critico. Ma è operazione, questa, che richiede lavoro, fatica, tempo. A maggior ragione quando si ha a che fare con la formazione dei giovani e con la costruzione della loro intelligenza. Eppure esistono strumenti/metodi con cui i docenti possono realizzare questa ambiziosa proposta educativa, sempre più necessaria in un Paese che fa fatica a trovare una direzione significativa alla propria storia, a individuare una progettualità, ad investire adeguatamente sulle giovani generazioni. È in questi passaggi che il compito della scuola si fa più necessario per aprire nuove prospettive. Ma questo è un discorso ampio che affronteremo successivamente.

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IL DIFFICILE COMPITO DEL GENITORE CON L’ADOLESCENTE IN CASA di Paola Vallombrosa

riconosciute – appare contradditorio e quasi sempre conflittuale: per affermare se stessi, la propria identità e la propria autonomia è necessario recidere i cordoni, negare il genitore e la norma, per fare spazio al sé. Infine si esaminano i nuovi contesti e gli ambienti in cui sempre più i giovani fruiscono della cultura e partecipano alla sua produzione. Nella seconda parte il saggio si propone di suggerire approcci efficaci per non interrompere il dialogo con gli adolescenti. È importante infatti – nonostante la loro quasi costante chiusura – che i ragazzi non smettano mai di sentire la disponibilità all’ascolto e al dialogo da parte degli adulti. Dialogare però non prevede una relazione “orizzontale” con i figli, un invischiamento che rischia di far diventare vano ogni tentativo di essere per i ragazzi una figura guida. Al di là delle apparenze gli adolescenti hanno sì bisogno di essere ascoltati e compresi, ma hanno anche bisogno di confronti e di verifiche, di figure adulte che si propongano come interlocutori e come modelli alle loro incertezze e ai loro dubbi.

adolescenziale trasforma all’improvviso i nostri figli in perfetti Lalcuni’età sconosciuti; alcuni diventano taciturni, altri scostanti e anaffettivi, li ritroviamo supervanitosi, altri refrattari al sapone e agli abiti puliti; quasi tutti si mostrano oppositivi, refrattari alle regole, disposti a condividere moda e opinioni con il gruppo dei pari piuttosto che con i familiari. E i genitori vivono una vera e propria crisi di ruolo, di solito non sanno scegliere l’atteggiamento più adeguato da tenere e oscillano tra una eccessiva disponibilità e un inutile rigore, riportando il più delle volte una percezione di totale inefficacia. Spesso gli adulti frugano nella propria memoria alla ricerca di ricordi della loro giovinezza che li possano avvicinare ai vissuti dei figli e guidarli ad assumere i comportamenti giusti. Ma oggi più che in passato i mutamenti sono rapidi e la generazione degli adolescenti di oggi vive in una realtà che è profondamente diversa da quella in cui sono vissute le generazioni precedenti e questo rende impenetrabili agli adulti i turbamenti dei più giovani. Ancora una volta Anna Oliverio Ferraris offre un’analisi puntuale dei fenomeni e una guida semplice per orientarsi nel difficile mestiere di genitore. Nel saggio Sopravvivere con un adolescente in casa, edito da Rizzoli, vengono analizzati i diversi aspetti che caratterizzano l’età adolescenziale, anche corredati da casi esemplificativi. Un ampio spazio è dedicato anzitutto al più appariscente dei cambiamenti che segna l’inizio dell’adolescenza: il cambiamento del corpo. Fra i dodici e i sedici anni le ragazze e i ragazzi mutano completamente il loro aspetto; il menarca, il corpo che si arrotonda di nuove forme e così via suscitano nuovi sguardi; l’acne si mescola alla prima barba, la voce roca, il corpo dinoccolato e sgraziato sono le novità che suscitano ora compiacimento ora impaccio, la voglia di esibire il nuovo aspetto e al tempo stesso l’imbarazzo e la paura nel non riconoscersi nella nuova identità. Il cambiamento fisico si accompagna a una mutata presenza degli ormoni che comporta, nelle pulsioni fisiche e nell’immaginario dei ragazzi, il prepotente ingresso della sessualità. Anche su questo piano le contraddizioni sono numerose, da una parte il desiderio prepotente di entrare in un nuovo mondo di emozioni e di esperienze, dall’altra la paura di vissuti sconosciuti e la voglia di continuare a sentirsi se stessi. E non si può poi non sottolineare come proprio il rapporto con il corpo – spesso conflittuale e di rifiuto – nell’età adolescenziale, sia in molti casi all’origine dei disturbi dell’alimentazione, che talvolta accompagnano per il resto della vita. L’uso dell’alcol, e talvolta di droghe, è un rischio frequente cui i ragazzi sono esposti. Il ricorso alle sostanze da una parte è facilitato dall’allargamento del mercato e dall’abbassamento dei costi, sul piano della motivazione poi è molto forte il bisogno di emulazione e di appartenenza al gruppo. Il rapporto con l’autorità – si chiami essa famiglia o scuola o regole

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Anna Oliverio Ferraris SOPRAVVIVERE CON UN ADOLESCENTE IN CASA Rizzoli, Milano, 2019 pp. 182, € 13,00

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INSEGNARE OGGI di Valentina De Propris di questo agile saggio scritto da Susanna Tamaro è Itorililsottotitolo motivo che mi ha spinto prima a leggerlo, poi a proporlo ai letdella nostra rivista: “Il diritto di crescere, il dovere di educare”. La scrittrice usa l’espediente della lettera, in risposta a quella di una professoressa che le chiede lumi e consigli su cosa significhi insegnare oggi, per articolare un discorso ampio e approfondito sul valore della parola “educare”, con il suo duplice significato: dal


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latino educěre, “condurre verso”, ma anche “portare fuori”. Il tono appassionato con cui l’autrice sviluppa la sua tesi è sostenuto dal ricordo della sua infanzia: da bambina ha sempre avuto gravi difficoltà di apprendimento e socializzazione, vivendo perennemente “con la sensazione di indossare una tuta da palombaro”, fino alla diagnosi di sindrome autistica ad alto funzionamento. I bambini di oggi invece, iper-protetti da genitori incapaci di “vederli” veramente, crescono in modo disordinato e selvatico; questi sono definiti “bambini erba”, contrapposti ai “bambini albero”, seguiti invece con fermezza nella crescita da genitori e docenti destinati ad andare controcorrente rispetto ai dettami della società attuale. Il richiamo finale è a nutrire l’anima con la bellezza e il corpo con un rinnovato contatto con la Natura: il consiglio è di alzare lo sguardo “per contemplare l’infinita ricchezza del reale ed entrare in una relazione costruttiva con la sua complessità”. Susanna Tamaro ALZARE LO SGUARDO Solferino, Milano, 2019 pp. 122, € 11,90

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I GRANDI CLASSICI DELLA PEDAGOGIA EDUCATORI DI IERI E DI OGGI

EDUCATORI DI IERI E DI OGGI

EDUCATORI DI IERI E DI OGGI

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( ALBINO BERNARDINI

Scritti di: SCIPIONE MAFFEI, GASPARO GOZZI, GIAN RINALDO CARLI, GAETANO FILANGIERI E MATTEO GALDI

ETTORE GELPI

ELENA ZIZIOLI

SCRITTI SCELTI

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Introduzione e cura di

SET TECENTO PEDAGOGICO E RIFORMATORE

GLOBALIZZAZIONE LAVORO FORMAZIONE DEGLI ADULTI

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UN ANNO A PIETRALATA

Introduzione e cura di

ROBERTO SANI

Edizioni Conoscenza

Edizioni Conoscenza

A cura di Elena Zizioli pp. 224, € 15,00

A cura di Roberto Sani pp. 232, € 15,00

EDIZIONI CONOSCENZA Informazioni : www edizioniconoscenza it Tel. 065813173 È possibile acquistare i libri direttamente dal sito

Introduzione e cura di

EDOARDO PUGLIELLI

Edizioni Conoscenza

A cura di Edoardo Puglielli pp. 192, € 14,00


Le schede Silvia Borando NIENTE DA FARE Minibombo, Reggio Emilia, 2020 pp. 48, € 12,90 Da 2 anni Sembra questo, invece è quello. Potrebbe essere il sottotitolo di questo simpatico e divertente albo senza parole, che gioca felicemente con il piacere irresistibile dei bambini nell’indovinare cose, oggetti, animali, personaggi. Una seconda avventura del piccolo con la maglia a righe (lo avevamo già incontrato ne Il libro bianco) che è qui in cerca di qualcosa da fare per non annoiarsi. Non ha proprio Niente da fare quindi si lascia catturare da forme varie. Ma… attento a sederti sopra un sasso! Forse non lo è. E quello che sembra un fiore? Cosa sarà? O quella sedia gialla? Proprio una comoda sedia non è! I più piccoli, una volta capito il meccanismo, si divertiranno a cercare di indovinare quale personaggio-animale comparirà da quel particolare che sembrava tutt’altro. Tavole in bianco e nero, con solo un particolare colorato, aiutano a focalizzare l’attenzione attirata dal colore. Un finale poi di amicizia, ma con un’ultima sorpresa, conclude l’interessante albo ma non le attività che si possono fare con i bambini. Perché su minibombo.it i grandi potranno trovare tanti altri spunti e idee per continuare a far giocare, divertire, leggere (non si leggono solo le parole!) i propri bambini. Un piacere che si rinnova continuamente e questo albo offre suggestioni e aiuta a trovare idee sempre nuove. Clelia Tollot

Hole Konnecke DESPERADO Traduzione di Chiara Belliti, Beisler, Roma, 2019 pp. 34 € 15,00 Da 3 anni

Kalandraka ha meritoriamente ripubblicato un albo di Voltz da tempo fuori catalogo. Lo stile originale e riconoscibilissimo dell’artista francese, il collage multimaterico che riconfigura e trasforma gli oggetti della quotidianità, racconta stavolta una storia di cura, ma anche di impazienza: un uomo pianta un seme e non vede l’ora che germogli… Tuttavia, come spesso accade negli albi di Voltz, il finale non è quello che ci aspetteremmo e così chi non ha pazienza di attendere, e di ascoltare, resta a bocca

Roy va all’asilo ma ama i western e non ci va in automobile o a piedi, ci va con il suo cavallo bianco, Desperado. Quando arriva, sorpresa, scopre che la maestra Heidi è stata rapita da un terribile bandito, una vera e propria canaglia, un malvivente vero, di quelli incalliti. Non solo l’ha rapita, la vuole sposare adBeatrice Alemagna LE COSE CHE PASSANO Topipittori, Milano, 2019 pp. 40, € 18,00 Da 3 anni

dirittura e, a quanto pare, non vuole lasciarla libera a meno che, promette, lei non accetti subito di dire sì. Ma Roy e Desperado non si lasciano impressionare, con lazo sulla sella, gli speroni agli stivali e il cappello da cow boy in testa partono, attraversano il deserto più infuocato e le montagne più scoscese, e… finale prevedibile ma comunque gran finale. Meno prevedibile è la battuta conclusiva: Roy, tornato a casa, dice ai genitori che quel giorno di scuola è stato un giorno come un altro. Ironico il testo, ironiche le illustrazioni. Hole Konnecke è uno degli autori tedeschi più fantasiosi, ha al suo attivo una trentina di libri, alcuni tradotti in Italia da Beisler e da Babalibri. Giulietta Bemporad

Il nuovo albo di Beatrice Alemagna è una straordinaria poesia visiva, una passeggiata nella quale l’autrice ci accompagna nell’osservazione del mutamento. Tutto cambia, le cose passano, a volte questa consapevolezza è rassicurante, perché le lacrime lasciano il posto al sorriso e le paure al sonno tranquillo, altre volte invece la caducità delle cose nel tempo ci chiede di saperle lasciare andar via… Il mondo intorno a noi è in continua trasformazione, così come lo sono i nostri corpi e l’Alemagna gioca con inserti di carta traslucida per trasformare ogni tavola in una di effetto contrario. Meno narrativo dei lavori ai quali ci ha abituato, questo libro risulta, nella sua semplicità, quasi commovente, è un perfetto viatico per affrontare lo sgomento che i cambiamenti possono suscitare. Nadia Riccio Christian Voltz ANCORA NIENTE Traduzione di Marta Bono Kalandraka, Firenze, 2019 pp. 40, €14,00 Da 3 anni

asciutta! È una storia divertente in cui i brevi testi hanno un ritmo interno che ben si presta alla lettura ad alta voce per i più piccoli. Nadia Riccio Gauthier David Claire de Gastold SELVAGGIO COME TE Trad. di Maria Bastanzetti Terre di Mezzo, Milano, 2020 collana «L’acchiappastorie» pp. 40, € 15,00 Da 4 anni Un albo originale e ben riuscito, realizzato a quattro mani dal poliedrico Gauthier David e dall’illustratrice Claire de Gastold. È una storia che coglie il cuore di un gioco irresistibile e senza tempo, quello di travestirsi. Lo spunto è semplice, immediato, vicino all’esperienza dei bambini. Lea viene invitata da un suo amico a una festa in maschera: la


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regola è quella di travestirsi da animali. La bambina trova il modo di travestirsi da orso e si avvia da sola alla casa del suo amico (da sola!? Certo, non siamo in Italia). Superando una comprensibile paura, attraversa un tratto di bosco e per strada incontra un bambino che non conosce. È un po’ strano, non dice una parola, la annusa, le lecca il muso da orso e poi sparisce nel bosco.

Lea lo segue per un po’ e vede tanti altri bambini che fanno cose strane. Chi saranno? Per fortuna poi alla festa Lea ritrova i suoi amici, tutti travestiti da animali: cervo, tasso, cinghiale, coniglio… Per parlarsi, tutti grugniscono e imitano i versi degli animali. Ma ecco comparire alla festa i bambini del bosco. Arraffano caramelle, rovesciano il tavolo, rompono i giocattoli, svuotano la piscina, fanno la pipì sui fiori. Lea e suoi amici dicono “Basta!” e poi subito dopo i bambini mascherati e i bambini del bosco si rincorrono per tutto il giardino e si divertono facendo tutti i giochi possibili. Al momento della merenda, i bambini del bosco, chissà perché, spariscono. Poi la festa finisce e tutti tornano alle loro case. O alle loro tane? Tutto si svela, alla fine, con un fi-

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nale che affascinerà i bambini. Che bello travestirsi da animali. E se gli animali si travestissero da bambini? Giuseppe Assandri Bruno Tognolini RIME INDOVINELLE disegni di Marco Lorenzetti Gallucci, Roma, 2019 pp. 96, € 9,90 Da 6 anni Bruno Tognolini ci ha viziati con le sue belle giravolte di parole, con le sue metafore originali, con la sua attenzione a un uso semplice e colto della lingua. Queste 40 rime indovinelle, in pratica 40 classici indovinelli, poi sono un vero capolavoro: talvolta con soli quattro versi costruisce un ca-

stello di allusioni e di rinvii che si concludono con la richiesta, quasi esplosiva, della soluzione dell’indovinello. Un esempio: creatura nomade della mia scuola, conta e non canta, corre e non vola, parla

FUORITESTO

L’ORANGO ROSA di Franca De Sio nche i più piccoli hanno diritto a una finestra sul mondo, e le edizioni La Margherita, con la collana «L’orango rosa», vogliono aprire i loro occhi, perché possano guardare e capire i comportamenti dei singoli e della società. Lo fa con grande attenzione alle scelte, al linguaggio e alle illustrazioni, perché al bambino giunga un “prodotto” bello e convincente, da leggere con piacere e da ricordare con affetto. E quindi educativo. La collana ha scelto come logo l’orango perché è una specie che si occupa a lungo della crescita dei suoi piccoli, allattandoli per ben otto anni. Il colore rosa e il megafono sottolineano la loro mission: evidenziare gli aspetti affettivi delle relazioni e rendere note le questioni sociali. Dopo Il mio filo rosso e I due papà di

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Fiammetta, il megafono dell’orango ha annunciato altri due albi. Il primo di Keith Negley, Mary si veste come le pare, (Cornaredo, 2020, pp. 48, € 14,00, da 6 anni), narra la vera storia di Mary Edwards Walker, una delle prime donne medico, volontaria nella guerra civile americana del 1865, insignita della Medaglia d’onore del Congresso, paladina dei diritti delle donne. Rispetto al vestirsi, è noto che, neanche tanto tempo fa, alle bambine e alle donne erano destinati abiti alla «non-posso-respirare-bene» e alla «non-mi-posso-piegare-come-vorrei». Tutti ritenevano che fosse giusto, decoroso e doveroso. È nel titolo del libro la dichiarazione di indipendenza, ma è difficile raggiungerla, anche soltanto per poter indossare i pantaloni, se si è nate nel 1832 a Oswego, nello stato di New York. Keith Negley racconta Mary allegramente, con piglio femminista e convinto spirito di giustizia. Con ritagli di carta di vari disegni e acquerellate sottolineature di matite colorate, il pluripremiato illustratore propone una piccola-grande donna che conquista per simpatia e tenacia, e dedica il libro a sua madre, che senza dubbio le sarebbe stata amica.

pettinature e i berretti d’ogni foggia, l’abbigliamento da “giochiamo all’aperto”, sono quelli che hanno i personaggi presentati dal tratto svelto della brava illustratrice svedese. La storia è raccontata dalla parte di “quelli che non decidono”: un gruppo di ragazzi educati e rispettosi, un po’ timidi e un po’ incerti, come spesso accade, si trova a subire la prepotenza e la maleducazione di ragazzi bulli, i quali però si accorgeranno presto che la loro arroganza non può aiutarli e dovranno lasciare il passo.

Il secondo libro è di Lisen Adbåge, Qui comandiamo noi! (Cornaredo, 2020, pp. 36, € 14,00, da 5 anni). Le facce buffe, i corpi lunghi, larghi, grassi o magri, le

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nell’aula, grida in palestra, ha solo due gambe e si chiama… I fantasiosi e allo stesso tempo realistici disegni di Marco Lorenzetti offrono la soluzione: in questo caso una donna vista di spalle, con tanto di borsa a tracolla e libri in braccio, vestita e giovane, insomma una maestra come a molti piacerebbe avere in cattedra. Indovinelli semplici la cui soluzione richiede però un generoso salto nella fantasia e nella realtà. Ermanno Detti Emma AdBåge LA BUCA Trad. Samanta K. Milton Knowles Camelozampa, Monselice, 2020 pp. 40, € 15,00 Da 6 anni Gli occhi dei grandi non sanno più vedere quello che vedono i bambini. E allora non si capacitano di come i piccoli amino giocare in quello che per loro è solo una grande e pericolosa buca. Che cosa ci trovano a scavare, a giocare alla famiglia di caprioli, a costruire percorsi con radici e tronchi quando potrebbero giocare a calcio, a campana o andare sull’altalena? La maestra spiega che è pericoloso, ma… nessuno si fa mai male! Poi Vibeke cade mentre sta rientrando in classe, inciampando nelle stringhe delle sue scarpe. Per l’ottusa o forse solo paurosa e iperprotettiva maestra è un’ottima scusa per impedire di giocare in quella Buca, con la b maiuscola come la chiamano i bambini. Ma la fantasia dei piccoli non ha limiti. E anche solo stando seduti sul bordo inventano e si divertono lo stesso

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un mondo, scoprendo che si può giocare a burrone infuocato, o ai salvataggi. Così consumano il bordo e dove cresceva l’erba ora c’è solo terra. Ancora i grandi della scuola guardano con altri occhi: fanno quindi coprire quell’enorme buco. Ma la fantasia dei bimbi, dopo un attimo di iniziale smarrimento, vincerà ancora. Un albo pluripremiato (Premio August “Miglior libro per bambini e ragazzi” 2018; Premio dell’Associazione svedese dei commessi librai «Il tuo libro – La nostra scelta» 2018; Vincitore del Premio culturale «Piuma D’oro» – Barometern Oskarshamns-Tidningen 2019), un inno al gioco libero che fa riflettere anche sulla “nostra” scuola e sulle paure, ingiustificate degli adulti. Un invito a lasciare spazio alla fantasia e all’inventiva dei piccoli, che cresce e si sviluppa proprio quando sembra non ci sia niente da poter fare, dalla noia e dal non imposto. I piccoli si riconosceranno e divertiranno leggendolo, i grandi, gli insegnanti e i genitori potrebbero cogliere la sottile ironia della penna e dalle belle illustrazioni ad acquerello di Emma AdBåge e approfittarne per cambiare atteggiamenti.

Tutto nella tradizione quindi, comprese le immagini che sono quelle classiche e utili anche come documentazione per chi la maschera volesse costruirsela da solo. Alla fine una breve utile storia della Commedia dell’Arte.

Rosso se… lei stessa non avesse trovato inadeguato quel colore e avesse deciso di tingere l’abito di blu! È la prima messa in discussione di un ruolo prestabilito e obbediente agli schemi. Cappuccetto Blu non disobbedisce alla mamma perché si attarda a cogliere fiori o perché si incammina per una scorciatoia, ma perché è una bambina diversa, vivace e intraprendente, che non si farà mangiare dal lupo insieme a una altrettanto sprovveduta nonna. Anche il lupo non è più un personaggio rigido e stereotipato, famelico e ottuso e non ci saranno salvatori provvidenziali, armati di fucile, pronti a squartare lo sventurato lupo, privandolo della preda e della vita. Questa storia rovesciata è un inno all’intelligenza che non dà nulla per scontato e al potere salvifico delle storie.

Giulietta Bemporad

Paola Parlato

Guia Risari LA STRANA STORIA DI CAPPUCCETTO BLU Illustrazioni di Clémence Pollet Settenove, Cagli, (PU), 2020 pp. 40, € 17,00 Da 6 anni

Anselmo Roveda, Marco Paci ATLANTE DELLE AVVENTURE E DEI VIAGGI PER TERRA E PER MARE EDT Giralangolo, Torino, 2019 pp. 56, € 19,50 Da 6 anni

Ancora una volta la casa editrice Settenove, che ci ha abituati ai riflettori accesi coraggiosamente su problematiche da alcuni non sempre ritenute adatte alla lettura dei bambini, ci mette di fronte a un testo che capovolge il senso di una delle fiabe più famose. Questa volta l’allegro capovolgimento di ruoli e valori è affidato alla vivace penna della Risari e alle immagini nitide e molto “narrative” di Clémence Pollet. La giovane protagonista dovrebbe essere una moderna Cappuccetto

Un’operazione editoriale insolita e di indubbio fascino quella curata da Roveda per Giralangolo: un atlante salgariano che ci accompagna nei luoghi dell’autore veronese attraverso le potenti illustrazioni di Marco Paci. Roveda ha selezionato un’antologia di passi dalle opere di Salgari nei quali sono presenti descrizioni – sempre accurate – di paesaggi naturali, fauna e costumi degli abitanti (tanto più sorprendenti se consideriamo che l’autore non lasciò mai l’Italia!). Dalla Scozia alla Malesia, dall’uno all’altro Polo, ci viene offerto un giro del mondo in 14 tappe, più un’introduzione e un’appendice di regole per il “circolo degli esploratori”. Le illustrazioni di Paci spaziano attraverso tecniche differenti (chine, acquerelli) con effetti molto suggestivi. Si tratta di un albo perfetto per introdurre i classici di Salgari a un pubblico di giovani per i quali, forse, oggi potrebbero apparire ingiustamente fuori moda (persi nel proliferare dell’offerta editoriale), ma che invece per la ricchezza dei

Clelia Tollot Francesca Rossi TI CONOSCO MASCHERINA Edizioni Corsare, Perugia, 2020 pp. 32, € 14,00 Da 6 anni In una nuova edizione viene riproposto un libro fortunato per la sua pratica semplicità: ripropone le maschere classiche, quelle della Commedia dell’Arte, vale a dire Pantalone, Arlecchino, Brighella, Pulcinella, Isabella, Capitan Spaventa, Colombina e Balanzone. Per ogni maschera (o personaggio) vengo descritte anche in rima le caratteristiche principali, la loro “regionalità”, superata però ben presto grazie alle compagnie teatrali che giravano l’Italia. Di Arlecchino, per esempio, sempre affamato e maestro d’astuzie e di inganni per poter riempire lo stomaco o la borsa, si scrive così: «Fame, fame, che fame che ho! / Datemi brodo, pollo, torrone / mangerò tutto e di più ne vorrò».


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riferimenti, per il mordente delle vicende sono, appunto, dei classici. Questo testo tuttavia strizza l’occhio a un ventaglio di potenziali lettori molto più ampio – anagraficamente parlando – dei soli ragazzi: la veste grafica, specie nelle scelte dei caratteri, che evoca pubblicazioni d’antan, la coesistenza di più elementi illustrativi (a colori e in bianco e nero), il tutto all’interno di pagine di grossa grammatura color avorio con effetto anticato, costituiscono tratti di-

stintivi di un prodotto dall’estetica marcatamente dedicata anche ai meno giovani. Nadia Riccio Michelangelo Rossato IL CUORE DI GIOVANNA D’ARCO Arka, Milano, 2019 pp. 48, € 16,00 Da 7 anni Si chiama Giovanna l’ultima grande donna di Michelangelo.

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Rossato è artista colto ed esperto di società matriarcali, ed è stato davvero preso da questa ragazza tutta anima e coraggio, in lotta contro l’oscurantismo. Dopo lo splendido Marco Polo. Il viaggio delle meraviglie, La Sirenetta, Frida Khalo nella sua casa Azul, (tutti Arka) e Biancaneve (Il Gioco di Leggere Edizioni), l’artista stupisce ancora per la sua capacità di assorbire e restituire la pregnanza di molte epoche e culture. In questo caso si è calato nel

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QUARANTA STORIE DI ALBERI E DI UOMINI di Valentina Detti n America l’artista Sam Van Aken ha comprato un frutteto con centinaia di varietà di alberi, gli servivano per un suo progetto d’arte e di giardinaggio: creare un albero straordinario con fiori di tanti colori e forme diverse. Dopo 5 anni di coltivazione e di innesti, ha ottenuto la sua opera: un albero che per la maggior parte dell’anno sembra come tutti gli altri, ma in primavera diventa un capolavoro fiorito con moltissime sfumature di colori e in estate i rami si riempiono di tanti frutti diversi. Wangari Maathai è una donna del Kenya che nel 1977 insieme ad altre centinaia di donne ha piantato “la prima cintura verde”, 7 alberi in onore delle 7 personalità che hanno segnato la storia del paese; ha passato poi la sua vita a lottare per il rimboschimento del suo paese e per l’emancipazione femminile, grazie agli alberi infatti le donne riuscivano ad avere sostentamento economico e quindi autonomia. In Tasmania dopo decenni di incendi, la guerra delle foreste è stata vinta dagli ambientalisti e una parte importante delle foreste primarie, fatta da eucalipti, felci e dagli animali che la abitano, è diventata patrimonio dell’Unesco. Il villaggio Piplantri, nel Rajsthan, India, è diventato un’oasi di pace e tranquillità grazie agli alberi che gli abitanti hanno iniziato a piantare. È stata istituita l’usanza che prevede che per ogni figlia femmina nata vengano piantati degli alberi, tra cui l’aloe vera, e che venga raccolto denaro per le famiglie di queste bimbe per assicurarsi che non siano date in spose prima dei 18 anni; in questo modo si è creato un circolo virtuoso grazie al quale gli abitanti del villaggio guadagnano lavorando con i frutti degli alberi, le giovani donne sono protette e il paesaggio è rigoglioso e lussureggiante.

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Sono questi alcuni dei personaggi e degli alberi che animano il libro di Cécile Benoist, Gli alberi e le loro storie, illustrato da Charlotte Gastaut per Gallucci editore; quaranta storie di alberi e di uomini per far riflettere sul rapporto dell’essere umano con la natura. Viviamo in un contesto di emergenza climatica, in cui diventa necessario responsabilizzare le giovani generazioni, far capire loro cosa vuol dire inquinare e distruggere le risorse naturali. Le storie raccontate in questo libro, alcune di fantasia alcune vere, sono uno strumento efficacie a spiegare che un comportamento ecologico è importante per tutti noi e per l’ambiente. La Benoist sceglie di trasmettere questo messaggio in modo poetico, lanciando delle suggestioni, affinché ognuno possa trovare una propria chiave di lettura, l’avvio per una riflessione più profonda sulla natura e sull’uomo. Ma le righe di questo libro narrano anche storie di libertà, di resilienza, di emancipazione; raccontano la complessità dell’essere umano, le sue debolezze e la sua forza. L’idea di scrivere queste storie è nata in Cécile quando si è trovata davanti al bosco sacro in Senegal, un parco con tre alberi diversi intrecciati che rappresentano le tre religioni praticate nel Paese (Islam, Cattolicesimo e Animismo), da questo momento in poi la scrittrice ha iniziato a mettersi in ascolto delle storie degli alberi, ne ha raccolte molte, ha fatto ricerche e dopo un lavoro di analisi e di scrittura è nato queste splendido libro: Gli alberi e le loro storie. Un libro illustrato in cui ogni racconto è affiancato da un’illustrazione, quaranta opere per altrettante storie, parole e immagini che si intrecciano tra loro e si danno forza a vicenda. Se il rapporto dell’uomo con la natura è millenario, filosofi e scrittori ne hanno analizzato gli equilibri, le sfaccettature e le

conseguenze, previlegiando l’uno o l’altra parte; leggere oggi della sequoia che nessuno poteva fotografare per via della sua grandezza o dell’acacia spinosa che dopo centinaia di anni di sopravvivenza nel deserto del Teneré è morta a causa di alcuni camion, è un esercizio per fermarsi a riflettere sulla potenza della natura, sulla sua bellezza e creatività e come tutto ciò sia intrinsecamente legato a noi, al nostro passato e al nostro futuro. Un libro adatto a tutti, dai 6 ai 99 anni, perché è sempre il tempo di perdersi in racconti di parole e immagini sulla nostra esistenza. Cécile Benoist, Charlotte Gastaut GLI ALBERI E LE LORO STORIE Trad. Camilla Diez Gallucci, Roma, 2019 pp. 48, € 16,40 Da 6 anni

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personaggio da divenire quasi lui stesso un’icona vivente della “Pulzella di Orleans”: alle presentazioni del suo ultimo libro, da lui illustrato e anche scritto, è comparso con i capelli tinti di un giallo dorato, indossando una metallica corazza. Argute concessioni al merchandising, ma anche segno palese di condivisione con la sua Giovanna d’Arco, per la quale Rossato ha studiato molti documenti, soprattutto i verbali del processo del 1431. Ed è per questo che le parole e le immagini non descrivono tanto l’epica e la mistica di una guerra religiosa, ma la forza e la gentilezza di una fanciulla che si è sentita chiamata: “In questa oscurità tu devi essere la luce. Indosserai l’armatura. Libererai le città assediate”. Rossato spiega nella nota: “La mia Giovanna è la voce di chi combatte le sue battaglie

con coraggio… di chi non ubbidisce ciecamente e lotta per cambiare il mondo. Il suo cuore ignora l’egoismo e abbraccia un bene superiore”. Senza usare il colore oro, ma con colori acrilici “acquarellati” e matite colorate, Rossato immerge la storia in un’aura bianco-dorata, con immagini che evocano Giotto, Mantegna, Il Perugino, e soprattutto Piero della Francesca con i volti delle sue Madonne e la sua Annunciazione. È un albo che si apprezza diversamente a vari livelli ed età, ma tutti resteranno incantati dal personaggio, dal quale si è fatto incantare anche l’autore. Franca De Sio

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Barbara Ferraro Alessandra Lazzarin GRILLI E RANE Edizioni Corsare, Perugia, 2019 pp. 48, €12,00 Da 7 anni Tre racconti, tre ricordi d’infanzia, tre istantanee di un’estate calabra. La protagonista ripercorre episodi semplici della sua lunga vacanza sulla Sila, nella casa dei nonni, a stretto contatto con la vegetazione e gli animali. Sono piccole vicende senza apparente importanza: l’amicizia con una cagnetta randagia, la caccia alle rane, la raccolta di grilli tra i prati. La narrazione della Ferraro restituisce la pace di una campagna tranquilla, quasi sospesa nel tempo, nel quale i bambini possono vagare liberi, senza essere rincorsi dalle paure adulte: uno spazio sicuro nel quale anche le più piccole creature si fanno compagne di gioco. La protagonista scruta il mondo intorno a sé con uno sguardo curioso, annusa il paesaggio, immerge il suo corpo nella natura, a suo agio tra stagni e cespugli, senza ribrezzo per nessuna bestia. Le illustrazioni della Lazzarin assecondano lo sguardo della bambina, con ricchi primi piani dal dettaglio naturalistico e la linea languida degli acquerelli che sembra intrisa della calura estiva. Nadia Riccio Franca Perini, Anna Pedron L’INFILATRICE DI LACRIME Kalandraka, Firenze, 2019 pp. 32, € 16,00 Da 7 anni Il testo apparentemente semplice di questo albo svela a poco a poco la complessità delle emozioni umane, specie quelle legate alla

sofferenza. L’infilatrice del titolo colleziona le tracce del dolore altrui: lacrime per le cose perdute, per le amicizie smarrite, lacrime per ciò che si è intensamente desiderato o che non si è saputo cogliere ma anche lacrime per il paesaggio che cambia e si perde, per le ingiustizie del mondo… Ogni rimpianto ha una materia, un colore e l’infilatrice, questa enigmatica investigatrice del cuore umano, le raccoglie e se ne fa collane, allegoria della forza che possiamo trarre dall’attraversare il dolore, della bellezza collaterale.

fa passare di proprietario in proprietario, di volta in volta scolpita in nuove forme ma continua a soffrire la nostalgia per la sua terra e per l’altra metà rimasta lì. Ogni volta che la sofferenza l’assale una parte di lei si frantuma. Liao fa della pietra lo specchio delle emozioni e delle aspirazioni degli umani che la posseggono. Siamo di fronte a un testo che, attraverso ciò che è dipinto più che ciò che viene detto, ci spinge a prendere atto della caducità degli esseri e del coesistere di passioni effimere e sentimenti imperituri, fino ad assumere una dimensione quasi metafisica. Nadia Riccio

Il tratto sottile di Anna Pedron, che delinea figure diafane, immagini talvolta misteriose e quasi sfocate, come segnate dal tempo trascorso, contribuiscono in modo forte alla creazione di un’atmosfera coinvolgente e surreale. Nadia Riccio Jimmy Liao LA PIETRA BLU Traduzione di Silvia Torchio Camelozampa, Monselice, 2019 pp. 148, € 22,00 Da 7 anni Sempre suggestive le soluzioni grafiche di Liao, con un tratto preciso, l’uso pieno del colore, l’accurata costruzione della pagina che sperimenta insoliti punti di visione. La storia della pietra blu è un racconto allegorico dai toni poetici a tratti struggenti. Una grande e misteriosa pietra, dotata di sentimenti, viene spaccata e portata via dalla sua foresta d’origine. Nell’arco di moltissimi anni compie una parabola che la

Ole Könnecke BILL IL CATTIVO (ORA BUONISSIMO) Beisler, Roma, 2019 Collana «Leggo già» pp. 59, € 14,50 Da 7 anni Cosa c’è dietro il comportamento di un bullo? Con la consueta ironia di disegni e parole lo racconta ai bambini Ole Könnecke, pluri-


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premiato illustratore tedesco. Bill ha tutto del bullo: passo prepotente, berretto aggressivo, corporatura imponente e vittime preferite: i bambini, naturalmente. Ad essi requisisce la palla, la corda per saltare, e ruba anche la cioccolata. Finché un giorno i bambini scoprono di che cosa Bill ha paura e preparano un piano. Evocano i suoi incubi comparendo davanti a lui issati su incombenti trampoli e travestiti da suoi genitori, e lo riducono a un balbettante e piagnucoloso esserino. Ma poi subito intervengono in difesa del loro “amico Bill” e cacciano via l’incubo. Così Bill scopre che qualcuno può volergli bene, e ricambia. Un albo divertente e intelligente, da mettere in mano a bambini timorosi, o bulli. Franca De Sio Clive Gifford, Jacquie Wines IL PIANETA LO SALVO SEMPRE IO IN 101 MOSSE Trad. Guia Risari Ed Giralangolo, Torino, 2020 pp.144, € 10,00 Da 8 anni Il libro è il seguito di un long seller del catalogo Giralangolo, qui ampiamente rivisto e arricchito, al tempo dei movimenti dei ragazzi (anche giovanissimi) scesi in piazza per contribuire alla salvezza del pianeta con azioni concrete, perché «nessuno è troppo piccolo per fare la differenza», come ha detto Greta e (prima di lei) Julia Hill, che vent’anni fa visse per più di un anno su una sequoia americana, per salvarla dall’abbattimento. Il libro è un invito all’azione. Ad altezza di bambino e ragazzo, offre una miriade di idee, concrete e realizzabili, oltre a introdurre ai grandi problemi glo-

bali da affrontare, con un approccio euristico e pragmatico. Tante idee che aiutano i lettori a ripensare le proprie scelte e il proprio rapporto con la natura e l’ambiente. Dal fare la spesa, alla mobilità spicciola (W la bicicletta!), dal compostaggio, al bando della plastica, alle abitudini alimentari. Per ogni attività, presentata in modo divertente, talora un po’ folle grazie anche alle spiritose illustrazioni di Sarah Horne, il focus è il “tocca a te” per “risistemare” le cose che gli adulti (cioè noi!) abbiamo messo sottosopra. Per la sua impostazione, il libro si presta a un uso condiviso in famiglia ma anche, visto il prezzo molto accessibile, all’accesso diretto da parte dei ragazzi che vogliono sentirsi protagonisti. Tra i numerosi manuali per eco attivisti o esploratori, è sicuramente uno dei più riusciti, per la competenza degli autori, capaci di rivolgersi col tono giusto ai ragazzi e il progetto grafico. Da consigliare e regalare. Giuseppe Assandri Christoph Hein 20 COSE, TUTTO CIÒ DI CUI HAI BISOGNO NELLA VITA Ill. di Rotraut Susanne Berner Trad. Anna Patrucco Becchi Einaudi Ragazzi, San Dorligo della Valle (Ts), 2019 pp. 86, € 13,90 Da 8 anni Un piccolo gioiello che Cristoph Hein, romanziere tedesco non abbastanza conosciuto in Italia, ci regala, magistralmente tradotto da Anna Becchi. Il filone è quello degli elenchi delle cose che rendono felici, un gioco in cui si sono cimentati in tanti, da Woody Allen, a Philippe Delerm, a Roberto Saviano: cos’è davvero importante nella vita? Hein risponde con discrezione e misura, forza e ironia, con l’aiuto delle illustrazioni sognanti della pluripremiata Berner. Lo spunto iniziale è apparentemente triste. Un bambino deve andare in ospedale e riempie tre valigioni di giochi e cose che gli sembrano indispensabili. Ma rimane sorpreso perché alla fine, di tutte quelle cose che gli sembravano in-

dispensabili, ne userà meno di metà. Così, quel bambino, tanti anni dopo elenca “tutto ciò di cui hai bisogno nella vita”. 20 cose, molto diverse tra loro. Alcune scontate (la mamma, un amico), altre meno prevedibili. Un gatto che è «qualcuno di cui puoi prenderti cura, che ha bisogno di te, ed è una gran bella cosa», una bici che “è veloce, sportiva, elegante, ed è facile da riparare. Inoltre è un mezzo di trasporto fantastico e fa bene alla salute. E non inquina l’ambiente». E poi la zia Magdalena, cioè un adulto di cui fidarsi. C’è la musica, il piatto preferito e poi ci sono le storie: quelle che ami perché «raccontano quello che sei o che ti piacerebbe essere». Un catalogo con cui confrontarsi. Cose, ma soprattutto esperienze, affetti ed emozioni. Da scoprire e condividere. Giuseppe Assandri Angelo Petrosino Marino Cassini A SCUOLA DI ENIGMISTICA Un anno di giochi tra i banchi della 5^A «Il battello a vapore» Piemme, Milano, 2019 pp. 176, € 13,50 Da 8 anni Maestro, giochiamo agli indovinelli?, mi chiedevano spesso i miei alunni quando insegnavo. Era un gioco allegro e divertente,

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che metteva in moto i cervelli e il ragionamento. Però pochi sono i libri per ragazzi che fanno davvero pensare… Poco tempo fa, ed è ancora in commercio, è uscito in libreria questo ottimo libro di noti e importanti autori, Petrosino e Cassini, che con un volumetto agile, narrativo, ci presenta giochi intelligenti con due protagonisti veri e propri: il maestro Marino e l’alunna Valentina la quale emerge nel racconto e capeggia un’ordinata scolaresca. Il lettore viene così in maniera lieve a conoscere e a giocare con gli acrostici, gli indovinelli, le sciarade, i logogrifi, le zeppe, i crittogrammi… Ma attenzione, il gioco non finisce qui, il libro è una vera e propria apertura verso il mondo della creatività, perché i ragazzi non sono protagonisti passivi, ma viene loro insegnato come si costruisce una filastrocca o una barzelletta, come si scrive una lettera, come si può trasformare una storia in prosa in poesia, come si costruisce un dialogo. Insomma alla fine del libro si capiscono – e si svelano praticandoli – i misteri delle parole della nostra lingua che, si scopre, è tra le più ricche del mondo. Molte le pagine bianche contengono proposte interattive ovvero una sorta di rubrica ricorrente in cui si invitano i ragazzi a costruire, essi stessi, nuovi giochi. Un libro interattivo, istruttivo e divertente per far giocare e pensare i nostri ragazzi. Ermanno Detti María Teresa Andruetto CLARA E L’UOMO ALLA FINESTRA illustrazioni di Martina Trach Traduzione di Lorenza Pozzi Uovonero, Crema, 2019 pp. 48, € 16,00 Da 8 anni Una storia personale quella che ci racconta qui Maria Teresa Andruetto (vincitrice nel 2012 del prestigioso premio Hans Christian Andersen Award) e una storia universale: quella del potere salvifico dei libri. Clara, la protagonista, è la mamma della scrittrice. Vive in un piccolo paese nella distesa pianura argentina

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dove non vi è scuola né biblioteca. Di rosso non ha il cappuccio ma le scarpe, ma come la protagonista della celebre fiaba deve andare dall’altra parte del paese, mandata dalla mamma che la ricopre di raccomandazioni, con un cesto in mano, a portare, non la focaccia, ma i panni lavati e stirati a un signore che abita in una bella e grande casa. Deve lasciare i panni e prendere i soldi sotto lo zerbino. Ma un giorno, l’uomo che non esce mai, le chiede dai vetri come si chiama, e Clara risponde con un’altra domanda «Perché te ne stai rinchiuso?». Lui non risponde ma prosegue: «Sai leggere?». Sì, Clara sa leggere, gliel’ha insegnato la nonna. E mentre guarda con occhi meravigliati e carichi di desiderio i tantissimi libri che riempiono quella casa, un legame speciale si instaura con l’uomo alla finestra. Ogni volta che andrà lì, Clara potrà portarsi a casa un libro nuovo da leggere. La bambina si innamora delle storie e l’uomo si dimentica delle sue paure tanto da raccontarle la sua storia e il suo dolore, il coraggio che non ha avuto. Un albo poetico, delicato, potente, con poche parole, essenziali, cariche di tenerezza. E con le splendide intense, emozionanti illustrazioni della giovane Martina Trach che raccontano la storia più delle parole. I gialli ocra, sfumati, le tonalità del marrone ci portano nella distesa infinita della pampa argentina, nella solitudine, nella lontananza, nel calore dei libri. Ci fanno respirare l’aria che Clara respira e sentire il dolore di Juan, ci fanno rimanere senza fiato nell’attesa e tirare un sospiro nella corsa finale di Clara verso casa sussurrando con lei: «Coraggio». Clelia Tollot

Fabio Stassi LA GAMBA DI LEGNO DI MIO ZIO Illustrazioni di Veronica Truttero Sinnos, Roma, 2019 pp. 40, € 14,00 Da 8 anni Il primo libro per bambini di Fabio Stassi è una storia che fa tornare bambino chi ha qualche anno in più e che fa vivere immaginarie e fantasiose avventure per mare a chi ha qualche anno in meno. Al pranzo di Natale della grande famiglia riunita c’è sempre un posto apparecchiato, ma vuoto: è quello dello zio emigrato in quella terra «che suona come il miele: A-ME-RI-CA». Il protagonista, ancora bambino, conosce dai racconti, forse inventati dalla nonna?, la vita e le avventure di tutti quei parenti lontani e fantasmatici, ma non li ha mai visti. Fino a quando bussa alla porta proprio… il capitano Achab! Cappotto lungo e scuro, barba lunga e una gamba di legno. È lo zio Amerigo, «Però non è lui che porta il nome dell’America, è l’America che si chiama come lui», precisa il padre; uno zio che avrà sicuramente visto balene, vele gonfiate dal vento, forse le Piramidi, o trovato un tesoro. La realtà si mescola alla fantasia, alle tante storie che il protagonista ha letto nei libri. E poi c’è l’inevitabile curiosità verso quella gamba di legno, ma anche un lieve timore quando lo zio gli ordina di toccarla. E una lezione: una mosca non è meno pericolosa di una balena. Un albo illustrato che ci porta indietro, a chi è dovuto partire tanto tempo fa, ma ci fa riflettere e pensare a chi, ancora oggi, è costretto a dover lasciare il suo paese. Anche le evocative illustrazioni di Veronica Truttero ci portano lontano e fanno volare la fantasia del lettore tra cammelli e polipi gi-

ganti, tra naufragi e la statua della libertà, accompagnando magistralmente le parole, così sapientemente calibrate da uno dei nuovi scrittori contemporanei. Clelia Tollot

Irène Cohen-Janca MARIE CURIE Illustrazioni di Claudia Palmarucci Traduzione Paolo Cesari · Orecchioacerbo, Roma, 2019 pp. 88, € 16,50 Da 8 anni La vita di Maria Sklodowska, più nota con il suo nome francese da sposata, Marie Curie, è la storia di

una donna di scienza che da sempre affascina come un romanzo e suscita spesso nei giovani lettori una grande passione per la scienza e per la ricerca. Forse perché la passione, l’ostinazione, l’amore sconfinato per la scienza e la forza di battersi contro i tanti ostacoli che ai suoi tempi più che mai bloccavano il cammino delle donne, sono le caratteristiche più

forti di questa straordinaria biografia. La fuga dalla Polonia per accedere agli studi scientifici nella più aperta Parigi, le due lauree, il conferimento di due premi Nobel per le sue straordinarie scoperte sono le tappe importanti di una vita dedicata alla ricerca, ma anche alle passioni e agli affetti privati. L’amore per il suo sfortunato marito Pierre Curie, compagno di vita e di ricerca, le loro figlie sono tutt’uno con l’impegno della scienziata. Questa volta la storia di madame Curie è uno splendido albo illustrato, in cui autrice e illustratrice hanno realizzato un intreccio di testo e immagini, che si pone in assoluta continuità, tanto che appare difficile distinguere cosa narra e cosa illustra. Persino il lieve filtro di colore che copre come una patina le pagine è tutt’uno con la storia: è il colore della pechblenda, il velo giallinoverdognolo che caratterizza la sostanza. Ancora un libro prezioso, nella forma e nel messaggio. Paola Parlato Gigliola Alvisi, Luca Cognolato Emanuela Da Ros Silvia del Francia Giuliana Facchini, Beppe Forti Chiara Lorenzoni, Laura Walter ARAMBÌ. INSIEME PER DARE UNA MANO ALLA TERRA testi scientifici di Gianluca Lentini Illustrazioni di Fabio Sardo Feltrinelli, Milano, 2019 pp. 123, € 13,00 Da 9 anni Insieme si può: dai una mano anche tu? È il messaggio-provocazione di questo testo illustrato. Nato dall’urgenza di fare qualcosa dopo la devastazione della tempesta Vaia (2018) nelle Dolomiti, il libro è frutto di un Progetto eccezionale: fare squadra tra un “collettivo” di otto scrittori veneti per ragazzi, un geofisico, un illustratore, l’azienda Arbi SpA e il granchietto Silver, un robottino, che pulisce i fondali marini dalla plastica. I proventi dell’opera sono destinati al progetto Blue Resolution dell’Istituto di Biorobotica e Management della Scuola Uni-


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versitaria Superiore Sant’Anna di Pisa. Il grido fonetico, «l’oh-issa» dei pescatori che insieme tirano a riva le reti – arambì in lingua swahili – è diventato il grido metaforico degli scrittori per dare voce a diciotto persone, che in Italia e nel mondo hanno contribuito e contribuiscono alla salvaguardia della nostra vita sulla Terra. Sono racconti di speranza, concreti esempi del fare la differenza. Così Julia Hill riesce a salvare la sequoia Luna, vivendoci sopra per due anni; la keniota Wangari Muta Maathai con il motto Save the Land, harambee! pianta milioni di

alberi, seguita, nel 2007, in Baviera, da Felix Finkbeiner, 9 anni, che oggi con Plant for the Planet, è arrivato a quasi 14 milioni di alberi piantati nel mondo; Nadia Sparkes, Trash girl, la ragazza spazzatura, diventata ambasciatrice del Wwf ed eroina di un fumetto; e ancora le battaglie di Greta Thunberg, delle mamme di Revine Lago, di Peter Roberts, di James Bolog, di Alfredo Moser, di James Blyth, di Luisa Minazzi… Alle narrazioni si alternano gli approfondimenti scientifici guidati da Silver, che sono fondamentali per la conoscenza e la consapevolezza per tutelare l’ambiente. Lucia Zaramella Tove Jansson MUMIN E L’ISOLA DESERTA illustrazioni a colori Traduzione di Sofia Sacchi Iperborea, Milano, 2019 pp. 68, € 12,50 Da 9 anni Una chicca! Un fumetto formato striscia, a colori, una storia straordinaria scritta quasi 75 anni fa e

ancora piena di fascino. Le storie dei Mumin furono pubblicate in libri, tradotti in Italia prima da Salani e poi, a fumetti, sulla r i v i s t a “Linus” a partire dagli anni Settanta, infine da Iporborea che le ripropone ora in questo gustoso formato. La storia nell’isola deserta è una delle più singolari. La famiglia dei Mumin (si tratta di troll bizzarri, fantasiosi e magici) parte per un picnic in elicottero ma una tempesta li costringe ad atterrare su un’isola creduta deserta. Ma qui scopre che in quell’isola ci sono addirittura gli antenati, dei pirati che diventano subito compagni di avventura. Tove Jansson, nata nel 1914 a Helsinki e scomparsa nel 2001, è considerata in Finlandia “monumento nazionale” ed è nota in tutto il mondo. Per le sue opere per bambini ha vinto nel 1966 il

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prestigioso premio Hans Christian Andersen. È una lettura da non perdere: spassosa, divertente, onirica, piena di fantasia. Ermanno Detti Jaco Jacobs L’ALBERO AL CENTRO DEL MONDO Trad. di Marina Mercuriali Rizzoli, Milano, 2019 pp. 192, € 15,00 Da 10 anni Scritto dal più famoso autore afrikaner per ragazzi del Sudafrica (i bianchi nativi discendenti dei co-

FUORITESTO

IL PRESIDENTE PIÙ AMATO di Paola Vallombrosa l libro si apre con una scenetta familiare, mamma, papà e figlioletti a cena. Diletta, la più grande che frequenta la prima media, racconta che a scuola hanno parlato del ruolo del Presidente della Repubblica. Il papà si infiamma, viene trascinato dai ricordi, di quando in un giorno lontano, da bambino, non solo ebbe modo di incontrare il presidente Pertini, ma riuscì addirittura a dargli un bacio! Da questo ricordo ha origine l’appassionante racconto che il papà farà ogni sera a Diletta del Presidente Pertini, della sua storia e della storia dell’Italia di quegli anni. Il papà di Diletta ha un’ammirazione profonda per Sandro Pertini, per la sua coerenza, per i suoi nobili valori che seppe difendere anche con il sacrificio personale. Il racconto pieno di calore e di passione dura alcune sere e affascina la piccola Diletta che attraverso le parole di suo padre finisce per provare una grande ammirazione per questa straordinaria figura di uomo e di politico.

I

Il testo è corredato da due testimonianze altrettanto commosse, anche se molto diverse fra di loro. Si tratta dell’intervento del giornalista Michele Cocuzza che racconta un suo fortunato scoop ai tempi di Radio Popolare con un Pertini come sempre disponi-

bile e comunicativo. C’ è poi l’intervista a Dino Zoff, portiere di quella squadra italiana che nel 1982 vinse i mondiali di calcio nella finalissima in Spagna, alla presenza dell’immancabile presidente Pertini. Ne viene fuori una biografia a più voci, ora storica, ora aneddotica, ora colorita di affettività ma sempre autentica di quello che è stato certamente il più amato Presidente della nostra Repubblica. Una lettura gradevole, accessibile anche ai più piccoli

Fulvia Degli Innocenti SANDRO PERTINI AMATO PRESIDENTE Illustrazioni di Roberta Santi Buk Buk, Trapani, 2020 pp 90, € 9,90 Da 8 anni

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LE SCHEDE

loni europei), questo romanzo breve merita di essere segnalato e letto perché intreccia i temi di una storia di crescita con quelli della sensibilità per l’ambiente e la natura. Protagonista e voce narrante è un ragazzo tredicenne che si trova a recitare in famiglia il ruolo di “fratello di mezzo”, stretto tra il

brillante fratello maggiore Donovan, bello e tutto muscoli, conteso tra le ragazze e il piccolo Adrian, geniale e imbattibile nell’escogitare sistemi per guadagnare soldi. E così a Marnus toccano spesso i lavori domestici che i suoi fratelli, per motivi diversi, riescono a scansare. Stanno per arrivare le vacanze di Natale, che si preannunciano tristi e monotone ed è proprio mentre sta lavando i piatti che Marnus va ad aprire la porta perché hanno suonato. Si trova davanti una ragazza bionda con grandi occhi azzurri. Ma non è lì per le lezioni di bacio impartite da Donovan! Leila infatti gli chiede di firmare una petizione e per convincerlo lo trascina fuori e lo porta davanti a un grande albero che gli operai del comune hanno l’ordine di abbattere. La petizione è per impedirlo, salvando così quello che per la ragazza è “L’albero al centro del mondo”. I due ragazzi (un po’ come Julia Hill che vent’anni fa trascorse quasi due anni sulla sequoia che voleva proteggere) salgono sull’albero dove passano le giornate e la notte, trovando persone che condividono in vari modi la loro battaglia. Marnus impara molte cose e non solo sugli alberi, scopre nuovi punti di vista su se stesso, i genitori, il

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mondo. E anche se non riusciranno a salvare l’albero, i due ragazzi impareranno a coltivare un sentimento nuovo ed emozionante. Giuseppe Assandri Kyung-Sun Lee IL LIBRO DELLE RAGAZZE CRESCERE, CAMBIARE, APRIRSI AL MONDO Traduzione di Claudia Valentini Il Castoro, Milano, 2019 pp. 215, € 3,60 Da 11 anni Un libro utile oltre che bello e divertente: aiuta, mentre si cresce, ad aprirsi alla realtà del mondo. L’adolescenza si sa è l’età dei cambiamenti per eccellenza, muta il corpo, muta la mente, i desideri, il modo di percepirsi. E questo naturalmente suscita dei turbamenti. Questi cambiamenti sono più repentini e visibili nelle ragazze, che nel giro di un tempo a volte brevissimo, si trasformano radicalmente. Comincia l’età delle paure, delle contraddizioni, si ama e si odia il proprio corpo, nuove emozioni, nuovi pensieri, nuovi desideri si affacciano al cuore e alla mente. Ogni ragazza reagisce in modo diverso; il cambiamento talvolta è atteso e accettato con gioia, altre volte spaventa e suscita il desiderio di nascondersi al mondo. Le ragazze hanno la sensazione in certi momenti di essere abitate da una sconosciuta che governa i loro sentimenti e i loro pensieri e la cosa più difficile è proprio riconoscersi nella nuova pelle e accettare il cambiamento. In questo libro Kyung-Sun Lee cerca di fornire le risposte ai

dubbi e ai turbamenti più diffusi tra le adolescenti, risposte che possano aiutarle ad affrontare con serenità questo momento delicato della vita e accompagnarle senza traumi all’ingresso nella vita adulta. Paola Parlato Fulvia degli Innocenti Giuliana Facchini UN ATTIMO TUTTA LA VITA Raffaello Ragazzi Monte San Vito (AN), 2019 pp. 140 € 10,00 Da 12 anni Orlando e Angelica sono i protagonisti di questo coinvolgente racconto che, ambientato ai giorni nostri, narra la loro storia d’amore vissuta con la leggerezza, la felicità e la spontaneità della loro giovane età. Si conoscono quasi per caso a una festa e Orlando rimane incantato dalla misteriosa Angelica che sta un po’ in disparte. Prende coraggio e le si avvicina per poter parlare ma viene subito respinto. Angelica è una ragazza fuori dal comune, molto particolare, tanto ribelle e forte ma anche docile e sensibile. L’unica cosa che ama è andare a cavallo, odia la scuola e non studia, proprio tutto l’opposto di Orlando. Che però rimane folgorato proprio dal suo particolare modo di essere. I due ragazzi cominciano a frequentarsi e Orlando riesce sempre di più a conquistare il cuore di Angelica, sovrastando la corazza che lei ostenta di fronte alle altre persone, forse proprio per paura di essere ferita. Quando le cose iniziano ad andare per il meglio un litigio interrompe il loro equilibrio e a seguito della discussione, in una giornata di pioggia, Orlando rimane vittima di un grave incidente con il motorino. Nei pochi secondi che precedono il suo schianto a terra ripensa a tutta la sua vita, che fino a quel momento è stata davvero breve per un ragazzo di soli 16 anni. Ripercorre con la mente tutti i momenti belli e brutti affrontati e si rende conto che fino a quel momento non ha vissuto al massimo la sua vita, la cosa più preziosa che ognuno di noi possiede e che gli avrebbe riservato un futuro meraviglioso. Per questo trova la forza di andare avanti, sceglie che quello non è il suo momento. Portato in

ospedale e effettuati diversi controlli, torna a casa. Nel frattempo con Angelica non si sono più sentiti. Si incontrano per caso una sera nella piazza della città e Orlando quando la rivede è sicuro di non volerla perdere di nuovo. All’inizio tra i due c’è un po’ di tensione ma Orlando prende coraggio ed esterna i propri sentimenti. Per concludere in bellezza la giornata coronano il loro giovane e immenso amore con una romantica passeggiata a cavallo. Consiglio questo libro perché fa riflettere sul dono meraviglioso e raro che è la vita. E fa capire che non va sprecata. Veronica Micca Sofia Gallo L’ULTIMA MELA Settenove, 2019, Cagli, (Pu) pp. 200, € 15,00 Da 12 anni La crescita non è mai facile, e non lo è neanche quella di Alice, liceale quindicenne milanese che si trova a dover affrontare un fidanzato che la lascia, la separazione dei genitori, i fantasmi che da sempre aleggiano nella storia della sua famiglia, la tristezza che si trasforma, però, in forza quando scopre che una ragazza è finita all’ospedale per una violenza subita. A tutti i costi Alice vuole sa-


ABBONARSI AL PEPEVERDE È FACILE pere di più e scoprire chi è il responsabile ancora impunito. Nell’indagare Alice si troverà a fare i conti con i pregiudizi, scoprirà l’infanzia difficile della madre, la complessa storia della sua famiglia, una nonna femminista, l’amicizia sincera ma soprattutto la sua voglia di crescere e di impegnarsi in un movimento contro la violenza sulle donne. Un tema oggi attuale più che mai che Sofia Gallo tratta con delicatezza, intrecciandolo ad altri, come quello delle movimento delle donne degli anni ’60 ’70, e a misteri che percorrono il romanzo. Sofia Gallo, con la sua scrittura lineare, chiara, senza fronzoli che arricchiscono questo bel romanzo di formazione è capace “prenderci” e portarci tra le pagine quasi a voler aiutare Alice nella sua ricerca della verità. Un romanzo che tiene il ritmo dall’inizio alla fine, che ha momenti di suspence e altri, ben calibrati, di leggerezza e semplicità e che fa venire voglia di leggerlo tutto d’un fiato per arrivare a disvelare i diversi misteri che si nascondono tra le parole. Clelia Tollot Simona Dolce L’ISOLA DEL SOLE Raffaello Ragazzi, Monte San Vito (AN), 2019 pp. 164, € 10,00 Da 12 anni Potrà mai un bambino europeo che vive la sua vita, più o meno serena, in una comoda casa, con genitori affettuosi, fratelli, nonni e tanti amici e una scuola vicina in cui studiare, imparare e crescere, potrà mai comprendere appieno cosa voglia dire “minore non accompagnato”, cioè solo, diverso, straniero in un mondo di volti, di parole, di paesaggi mai conosciuti, senza il conforto di un affetto, di un volto noto, di una parola conosciuta e dolce? Si tratta di un’esperienza che tanti, troppi bambini vivono ogni giorno nel nostro mondo tristemente pieno di guerre, di fame, di migrazioni e di sofferenza. Khouma, il protagonista della storia, è un piccolo senegalese di soli undici anni. Come tanti ha attraversato il mare tra mille peri-

coli, su uno di quegli orribili barconi, con la promessa di un mondo nuovo e migliore, ma che il più delle volte si trasforma nell’ultimo viaggio. Per gli scampati c’è il centro di accoglienza, vissuto spesso come una prigione. È questo che prova Khouma, l’oppressione di una solitudine senza fine a cui si sottrae con la fuga. E da quel momento la splendida Lampedusa gli mostrerà la sua bellezza, fatta non solo di sole e di mare, ma anche di accoglienza, di solidarietà, di amicizia. Paola Parlato

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Prezzo di un numero: Annalise Heurtier L’ETA’ DEI SOGNI Gallucci, Roma, 2018 pp. 154 €12.90 Da 12 anni Il libro è finalista al Premio Strega Ragazze e Ragazzi e racconta una storia vera. Stati Uniti, anni Cinquanta, nove ragazzi neri hanno la possibilità di frequentare un liceo di soli bianchi. Ma l’atmosfera di quegli anni è davvero pesante: è vietato ai neri di prendere gli stessi mezzi di trasporto dei bianchi, di andare negli stessi supermercati. Molly, appena quindicenne, spera che la situazione possa migliorare

12,00 Italia 16,00 Estero

quando viene scelta, insieme ad altri 8 ragazzi di colore, per prendere parte ad un progetto che li rende studenti del liceo di Little Rock, frequentato solo da ragazzi bianchi. Ma Molly riceve di continuo telefonate minacciose e intimidatorie, i bianchi protestano in ogni luogo e a ogni ora per terrorizzare i poveri ragazzi, non li vogliono nella loro scuola. Si agita la paura è che possano attaccare malattie ai loro figli. Con ansia, Molly e gli altri si avventurano verso il liceo ma vengono bloccati da una folla che ostacola loro il passaggio, grida offese e vengono inseguiti, sono costretti a ritirarsi. Ma non si arrendono e dopo vari sforzi e con un mese di ritardo entrano a far parte del liceo, scortati dai militari. Nessuno ha vita facile, i ragazzi bianchi li prendono costantemente in giro, fanno scherzi, li insultano e nessuno li punisce. Solo una ragazza, Grace, trova tutto questo ingiusto, ma non può esprimere il suo pensiero

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per paura che possa capitare qualcosa anche a lei. Dopo qualche tempo Grace e Molly divengono amiche, all’oscuro di tutti. L’anno scolastico giunge al termine e nonostante una ragazza si sia fatta sospendere per aver risposto male ad un compagno che l’ha insultata, gli altri studenti riescono ad arrivare a fine anno con buoni voti e uno di loro consegue anche il diploma. I bianchi riescono a far chiudere il liceo, Grace viene addirittura rapita e picchiata quando si è venuto a sapere che ha scambiato qualche parola con Molly. Divenuta una famosa giornalista Molly ha fatto della sua passione un lavoro. A oggi vive e insegna felicemente in una scuola a San Francisco. A tutti gli otto ragazzi che hanno partecipato al progetto, esclusa la ragazza che è stata espulsa, è stata conferita la prestigiosa Congress Gold Medal. Un libro bello e forte, ben scritto, consigliabile non solo ai ragazzi ma anche agli adulti.

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Il grillo parlante

L’epoca della rete e la cultura orizzontale e proviamo ad analizzare stili di vita, gusti e comportamenti, anche culturali, di ragazzi, adolescenti e giovani1, emerge abbastanza chiaramente che siamo di fronte a una trasformazione che è corretto definire “epocale”. Mi riferisco ai cambiamenti intervenuti nell’ultimo mezzo secolo (da poco sono stati celebrati i cinquant’anni di Internet e, nelle occasioni di discussione che hanno accompagnato l’anniversario, si è spesso detto che questa invenzione ha cambiato profondamente la nostra esistenza; l’espressione secondo la quale ormai è «tutto un altro mondo» vale anche per la cultura) e in particolare a ciò che è accaduto nei primi vent’anni di questo nuovo secolo, che potremmo sintetizzare in tre punti di fondamentale importanza: in primo luogo, la connessione in mobilità, che con il wireless e gli smartphone ha reso la rete simile all’aria che respiriamo; poi la smaterializzazione delle risorse documentarie, che rende disponibile in modo immediato ed estremamente facile una enorme quantità di “contenuti”, non solo da fruire, ma con i quali interagire; e infine, un radicale cambio di paradigma, che sovverte la gerarchia dei codici comunicativi e che tenderà sempre più a marginalizzare la pagina scritta, dando invece una rilevanza crescente all’apprendimento per immagini. Ne deriva un indebolimento delle funzioni di mediazione e una tendenza al fai-da-te. Il combinato disposto di tutto questo è l’affermarsi della “dimensione orizzontale”2 nelle forme di produzione e di partecipazione culturale, che caratterizza le pratiche culturali dei giovani. Per evitare equivoci, è bene chiarire fin da subito che questa sottolineatura della orizzontalità della cultura del XXI secolo non sottintende un pregiudizio negativo e non corrisponde necessariamente a un’idea di appiattimento, né allude alla visione di chi ha definito i giovani come “sdraiati”3. Proviamo a evidenziare alcuni connotati di questa orizzontalità. Anche senza voler assimilare il concetto di orizzontalità al rischio di un appiatti-

S

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mento, sarebbe colpevole sottovalutare il pericolo di un impoverimento delle pratiche culturali e di una perdita di complessità che si profila all’oriz-

zonte. Ma enfatizzare eccessivamente questi aspetti negativi potrebbe far commettere agli adulti (tra cui genitori ed educatori) gli stessi errori già commessi decenni addietro con la televisione. Infatti, se è vero che la rete globale può omogeneizzare gusti e comportamenti, è altrettanto vero che essa si presta anche a un uso “personalizzato” e favorisce la nascita di tante specifiche comunità di interessi, ognuna con i suoi tratti identitari. Alla rete è connaturata una ideologia della cultura, intesa non più come un patrimonio precostituito da tramandare o di cui impadronirsi attraverso accumulazione e ricezione passiva, ma come un insieme di «pratiche e

di Giovanni Solimine

conoscenze collettive»4 rese possibili quando una comunità è dinamicamente e unitariamente coinvolta nei processi che le determinano. È innegabile che all’ambiente di rete sia più congeniale un modo di “fare cultura” che prevede una convergenza interattiva tanto per la produzione, quanto per l’acquisizione di conoscenza. In questa chiave è più corretto parlare di “partecipazione culturale”, perché la cultura diventa una delle componenti dell’appartenenza a una comunità e una delle condizioni per il completo sviluppo della nostra identità di individui sociali, partecipi di quella «intelligenza collettiva» di cui ha parlato già vent’anni fa Pierre Lévy5. Per il pieno di sviluppo di questa intelligenza e per poterne fare parte, oltre che per non restare intrappolati nelle insidie che a volte la rete contiene (fake news e altri ancora più seducenti effetti collaterali e indesiderati), necessitiamo però di una solida capacità d’uso degli strumenti attraverso i quali si realizza il nostro rapporto con gli oggetti culturali. In una sorta di gioco dell’oca, torniamo così alla casella di partenza e alle competenze che si acquisiscono attraverso i percorsi formativi. La cultura orizzontale, in altre parole, non può fare a meno della cultura verticale. Note 1 Molti dati sono disponibili nel portale http://www4.istat.it/it/giovani. 2 Una più compiuta presentazione di questa idea di cultura è in Giovanni Solimine-Giorgio Zanchini, La cultura orizzontale, Laterza, Roma-Bari, 2020. 3 Michele Serra, Gli sdraiati, Milano, Feltrinelli, 2013. 4 Grande dizionario italiano dell’uso, ideato e diretto da Tullio De Mauro, 6 voll., UTET, Torino 1999, sub voce. 5 Pierre Lévy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Milano, Feltrinelli, 2002..


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