Power to gas e transizione energetica

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POWER TO GAS E TRANSIZIONE ENERGETICA a cura di Pietro Mezzi


GLI AUTORI Pietro MEZZI

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POWER TO GAS E TRANSIZIONE ENERGETICA a cura di Pietro Mezzi

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Il ruolo delle tecnologie P2G nella transizione energetica. Due contributi utili per capirne i limiti e i pregi. Con una panoramica delle principali iniziative nazionali ed europee

È un dato pressoché assodato: per il sistema energetico dei prossimi anni, il Power to Gas rappresenta una soluzione tecnologica adatta alla transizione energetica. Più nel dettaglio, P2G è adatta a un contesto ad alta penetrazione di fonti rinnovabili elettriche di tipo intermittente. Argomento quello del Power to Gas è stato a lungo affrontato anche nell’ultima edizione Forum UNI-CIG, approfondito, in particolare, da due contributi, quello di Pierluigi Leone, docente del Politecnico e dell’Energy Center Initiative di Torino, e Luciano Baratto, dell’Anigas, l’Associazione nazionale che raggruppa le imprese industriali del gas, che ha analizzato il tema anche ad Accadueo.


“L’idea di base – secondo Pierluigi Leone – si rifà alla possibilità di sfruttare la rete del gas per far fronte allo sfasamento tra generazione e domanda energetica dal punto di vista temporale e spaziale. Quando si parla di Power to Gas si ragiona su due schemi fondamentali. Nel primo, più elementare, si utilizzano l’energia elettrica in sovra generazione, cioè in eccesso rispetto alla domanda, e l’acqua, per la produzione di idrogeno, che può essere iniettato all'interno della rete del gas naturale. Nel secondo schema, più complesso, si tratta di produrre combustibili sintetici, anche gassosi. In questo caso, oltre a energia elettrica e acqua, è necessario fornire un vettore di carbonio. È così possibile produrre metano sintetico, che può essere anche iniettato nella rete del gas naturale. Oppure si possono produrre dei combustibili liquidi, a più alta densità energetica, sulla base del processo di sintesi chimica scelto. Il vantaggio di questa soluzione sta nell’utilizzare l’estensione della rete gas per riuscire a far fronte a una sfasatura spaziale fra generazione di domanda e produzione di energia da impianti rinnovabili; impianti che spesso sono localizzati in aree di grandi potenzialità energetiche da fonti rinnovabili, ma con una domanda di energia localizzata in altre aree del Paese a più alta vocazione industriale. Sfruttando la rete esistente si può far fronte a tale sfasamento spaziale”. L’altro tema che riguarda il Power to Gas riguarda il superamento dello sfasamento temporale di periodi lunghi, anche stagionali, sfruttando sia le infrastrutture di storage già disponibili all'interno della rete gas e la capacità di storage intrinseca alla rete stessa. “Si può arrivare a una elettrificazione indiretta e degli usi finali producendo gas rinnovabili. Anche se, va detto, esistono delle barriere. Alcune sono rappresentate dai costi abbastanza elevati e dai fattori di capacità che vanno valutati accuratamente. Un altro ostacolo può essere rappresentato dai costi operativi legati all’accettazione di questo tipo di gas. Inoltre, vi sono i problemi tecnologici e normativi per la regolamentazione del trasporto e dello scambio di anidride carbonica legati all’approvvigionamento di CO2 nel caso in cui si vogliano produrre dei combustibili sintetici. Altri ostacoli sono rappresentati dai regolamenti relativi all’iniezione, ancora mancanti, e dalle misure di mercato che vanno necessariamente chiarite. Sul tema dell’integrazione delle reti energetiche, infine, potrebbe essere necessario riflettere sulla governance integrata della gestione di queste reti”. 4


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Un caso interessante di integrazione di diversi settori energetici studiato dai ricercatori del Politecnico, è rappresentato dalla città di Torino. “Abbiamo realizzato un caso studio sulla città di Torino – ricorda Leone – che vanta tre reti molto sviluppate: elettrica, gas e di teleriscaldamento. L’ipotesi di partenza era quella di capire come negli scenari di decarbonizzazione degli usi finali residenziali le tre reti e i diversi vettori energetici potessero non tanto competere tra loro, ma come integrarsi. In un primo scenario si è scoperto che, per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell’80%, il driver principale era rappresentato dall’efficienza energetica, quindi dalla riduzione dei consumi, poi dalla possibilità di disporre di un mix di generazione in cui il ruolo del gas naturale fosse predominante, dalla presenza di una componente di elettrificazione degli usi finali e, infine, dalla penetrazione a scala urbana del fotovoltaico pari al 12%. In questo scenario i gas rinnovabili non sono stati considerati, ma sarebbe possibile raggiungere questi obiettivi se il settore di generazione elettrica venisse fortemente decarbonizzato, con una riduzione di circa il 70% delle emissioni rispetto ai valori attuali”. Ma quale è il ruolo dei gas rinnovabili in questo contesto? “In questo contesto – secondo il professore dell’Energy Center Initiative – si scopre che il biometano può giocare un ruolo importante nella decarbonizzazione del settore, per raggiungere gli stessi obiettivi nel caso in cui, per esempio, il mix di generazione elettrica sia decarbonizzato in maniera minore rispetto all’ipotesi precedente. In questo caso, si passa infatti da un 70% di riduzione delle emissioni, rispetto al 2015, a un 35%, con una riduzione della metà del valore di decarbonizzazione del mix energetico. I gas rinnovabili entrerebbero nel mix, determinando un aumento della quota di elettricità importata allorquando la quota di rinnovabili intermittenti nel mix dovesse superare il 35%, quando cioè ci dovesse essere bisogno di immagazzinare l’energia elettrica per evitare tagli della rete piuttosto che congestioni”. Leone non ha dimentica, tuttavia, di ricordare anche gli ostacoli oggi esistenti. “In uno scenario di simulazione del mix elettrico italiano al 2050, si scopre come l’eccesso di energia elettrica generata potrebbe essere fino a 40 terawattora. Questo dato implica, di fatto, un potenziale dell’8% di produzione di gas sintetico rispetto agli usi finali del 5


2015. Un primo problema che si pone riguarda il profilo di generazione e domanda: così facendo si vengono a creare le DAC (Distance Amplitude Correction) curves, che prevedono, da un lato, dei forti picchi di capacità per far fronte all’eccesso di potenza generata da fonte rinnovabile e, d’altro, dei picchi relativi ai sistemi di backup. Questo potrebbe di fatto portare ad avere un’elevata capacità installata di sistemi di storage Power to Gas, sfruttati però per un numero di ore limitato. È un tema, questo, che va affrontato. Un altro tema riguarda il dispacciamento coordinato. Solitamente si parla di dispacciamento di energia elettrica, in quanto i sistemi Power to Gas hanno l’ambizione di accoppiare le due reti. È necessario ragionare su come il dispacciamento combinato, sia di energia elettrica che di gas, possa essere gestito nell'ambito di questa tecnologia. Sostanzialmente, se si accoppia domanda e generazione elettrica da fonte rinnovabile e tutto l’eccesso di generazione si utilizza per la produzione di idrogeno da iniettare sulla rete gas, si possono scoprire alcune questioni interessanti”. Ma quali sono stati i risultati più importanti del lavoro di ricerca? “In uno scenario in cui la penetrazione di fonti rinnovabili intermittenti sia all’incirca pari al 40% dei consumi elettrici – conclude Leone – si possono verificare dei fenomeni di reverse flow, delle inversioni di flusso da un livello di bassa tensione a un livello di media tensione. In questo contesto può essere interessante attivare degli elettrolizzatori in grado di produrre gas e dispacciarlo agli utenti finali. In un mese particolare come quello di luglio, in cui la generazione da fonti rinnovabili è massima e il consumo di gas è minimo, si possono verificare fenomeni di questo tipo, di un’elevata fluttuazione della composizione nel tempo e di livelli di concentrazione di gas sulla rete fino al 20% nel caso esaminato dalla nostra ricerca. In questo caso il Power to Gas può effettivamente estendere la flessibilità del sistema elettrico”. Non poteva mancare nella relazione del docente del Politecnico, un riferimento al tema della CO2. “Oggi si propone un accoppiamento di sistemi di produzione di biometano, con upgrading di biogas e separazione di CO2, alla produzione di gas naturale sintetico da fonte rinnova-

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bile in eccesso. Si tratta di un accoppiamento interessante, che ha dei limiti legati alla disponibilità di biomassa per la produzione di biogas sul territorio nazionale e all’onerosità legata alle infrastrutture necessarie per farlo funzionare. Per utilizzare CO2 da sistemi di carbon capture and utilization, vi è la necessità di sviluppare delle reti di trasporto dell’anidride carbonica o dalla cattura di CO2 dall’atmosfera, un’idea interessante, ma complicata da realizzare. Ma questi sistemi hanno delle prospettive. La ricerca è iniziata circa 15 anni fa. Siamo in una fase in cui è necessario realizzare dei progetti dimostrativi, cioè dimostrare che queste tecnologie funzionano, che risolvono problemi e servono a indicare gli impatti rispetto agli obiettivi internazionali”. A Luciano Baratto di Anigas invece il compito di illustrare alcune sperimentazioni sul campo in Italia e in Europa. “In Europa sul tema del Power to Gas ci si sta muovendo da tempo. L’Unione Europea ha stanziato fondi per sperimentazioni pilota in cui valutare differenti tecnologie. Come Anigas stiamo seguendo due progetti: Ingrid e Store&Go, entrambi finanziati dall’Unione. Con Ingrid abbiamo quantificato i progetti pilota europei attualmente in corso, per poi testare l’immagazzinamento di energia nel lungo periodo per dimostrare la concreta possibilità di conservare l’idrogeno sotto forma di stato solido, integrando la tecnologia dell'elettrolisi con quella delle celle a combustibile. Il tutto per arrivare a progettare e sperimentare nuove tecnologie e nuovi strumenti informatici di smart energy grid e di energy management. Per far funzionare tutto ciò serve una piattaforma informatica di una certa importanza. Con il progetto Store&Go, avviato nel 2018 in tre Paesi europei e che si concluderà nel 2021, è stato realizzato un impianto di Power to Gas a Troia in Puglia. In quell’area sono disponibili risorse energetiche da impianti di rinnovabili, eolico e fotovoltaico in particolare. È stato costruito un impianto a gas, con l’obiettivo di sperimentare l’idrogeno prodotto dalle celle elettrolitiche in forma solida che viene stoccato come idruro di magnesio e la successiva metanizzazione in cui la CO2 viene presa dall’atmosfera. Non è la soluzione migliore dal punto di vista economico, ma il progetto pilota prevedeva appunto l’utilizzo delle celle, il cui costo è più o meno di 700-1.000 euro a tonnellata”.

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