Le Meraviglie

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gennaio di 2019 leggere il reale attraverso la anno diciannove meraviglia come generatrice di

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LE MERAVIGLIE - NON-FICTION NELL’ALBO ILLUSTRATO

conoscenza, in una visione che non può prescindere da una sollecitazione estetica che ci proietti a recuperare la bellezza come strumento euristico.

Giorgia Grilli Joëlle Jolivet Telmo Pievani Ilaria Dindelli Editoriale Scienza L’Ippocampo Tecnoscienza Topipittori

hamelin 48 -

I non-fiction picturebook mettono al

hamelin 46 centro della riflessione una modalità

Le meraviglie

Non-fiction nell’albo illustrato

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - CN/BO


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le meraviglie

Non-fiction nell’albo illustrato

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Bellezza e conoscenza. Riflessioni sul nuovo non-fiction picturebook per l’infanzia Giorgia Grilli 22 Occhio e lente, sentimento e fede Ilaria Tontardini 34 Non-fiction picturebook. Possibili percorsi bibliografici Ilaria Dindelli

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Raccontare la scienza a ragazze e ragazzi. Molteplici linguaggi per diventare cittadini consapevoli Telmo Pievani 58 Con onestà e chiarezza. Albi illustrati e divulgazione scientifica Matteo Gaspari, Giordana Piccinini, Ilaria Tontardini 74 Stimolare la curiosità. Tre editori e le nuove forme di albo non-fiction

E se gli altri se ne accorgono? Il corpo delle ragazze nei libri di non-fiction per la pubertà Elisabetta Mongardi 112 L’ambizione di disegnare tutto. Intervista a Joëlle Jolivet Matteo Gaspari, Giordana Piccinini, Ilaria Tontardini, Emilio Varrà 128 Storie, nozioni e immagini: il fumetto di divulgazione scientifica Matteo Gaspari 96

143 felix bork 161 proposte di lettura


editoriale

Questo numero prende spunto dalla vivace esplosione dell’universo degli albi illustrati di non-fiction. Ci è sembrato che questa fioritura – che travalica i confini dell’albo, lambendo anche il fumetto, e si conferma uno dei fenomeni editoriali del momento – riverberasse con una contemporaneità nella quale sempre di più siamo messi a confronto con la non-fiction, in termini di approccio con la realtà, di rapporto con la dimensione ecologico-scientifica che questa sollecita, di focalizzazione di sguardo sul presente. In questo senso è interessante osservare il panorama di invenzioni, stili e capriole interpretative dei non-fiction picturebooks, non tanto per il contributo alla diffusione delle scienze (ci si muoverà sul sottile confine tra non-fiction per figure e divulgazione scientifica propriamente detta) ma perché mette al centro della riflessione una modalità di leggere il reale attraverso una diversa lente, che muove apparentemente in direzione opposta ai bisogni contemporanei di settorialità e utilitarismo: quella della meraviglia come generatrice di conoscenza, in una visione che non può prescindere da una sollecitazione estetica che ci proietti a recuperare la bellezza come strumento euristico. Questa divergente radicalità è l’aspetto più eversivo e pedagogicamente germinativo dell’incontro fra scienza, illustrazione e narrazione oggi, che vorremo far trasparire e che troverete raccontato dalle voci di esperti, scienziati, autori e editori. Hamelin


“La scienza infatti (ovvero i tanti disprezzati “occhio e lente”) non sarebbe progredita di un passo senza l’immaginazione, senza l’intuizione, senza una disposizione intellettuale a penetrare nella sfera del mistero, ovvero senza tutto ciò che rientra nell’ambito di “sentimento e fede”. Nemmeno la poesia può essere ascritta esclusivamente a una delle due sfere.” Wisława Szymborska, Letture facoltative, Adelphi, 2006

Ilaria Tontardini

Occhio e lente, sentimento e fede

Gli albi di non-fiction costituiscono un terreno quantomai vasto e dai confini elastici e porosi, che tocca la divulgazione scientifica vera e propria (lo spiegare con metodo e rigore scientifico per immagini e parole concetti, scoperte, esperimenti delle scienze) ma anche un ambito più ampio di sperimentazione, La meraviglia in cui ci si confronta su quel racconè da sempre to dell’universo reale che ci circonda nell’eccezionalità (dalle stagioni al linguaggio, dai mezzi di trasporto al carnevale, dalle metadell’oggetto, essa è morfosi all’atmosfera), e l’incessante motore primario di lavorio che l’uomo continua a compieconoscenza re, fin dalla sua origine, per spiegarselo. La citazione di Wisława Szymborska ricuce i ponti fra due visioni che il nostro sapere manicheo vorrebbe indelebilmente separate: quella del mito e quella della scienza, che poi implicano due diverse modalità di narrazione, finzione e non-fiction. E nel guardare il panorama contemporaneo della non-fiction in forma di albo illustrato la connessione fra immaginare, porsi in una attitudine crea-

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tiva e conoscere con metodo e rigore mi sembra particolarmente azzeccata. Gli albi in questione potrebbero benissimo essere riposti negli stipi di una wunderkammer cinquecentesca fra nautilus, bezoar, zanne di elefante e coralli: sarebbero classificati assieme agli artificialia, i manufatti meravigliosi creati dall’ingegno umano. Sono dei microcosmi che raccontano il mondo racchiuso nel guscio, apparentemente banale, del libro. Pensando a libro e wunderkammer vengono in mente dei precedenti illustri come le tavole acquerellate di piante, fiori, frutta, animali, nei volumi commissionati da Ulisse Aldrovandi a partire dalla seconda metà del XVI secolo, in cui la coda di un meraviglioso pappagallo, lo Psittacus Coccinocyano, viene aggiunta con una aletta di carta e ripiegata regalandoci un pop-up ante litteram. La necessità descrittiva aguzzava l’ingegno che a sua volta lavorava la forma. La meraviglia è da sempre nell’eccezionalità dell’oggetto, essa è motore primario di conoscenza, è anche un dato che si appoggia su una tipologia linguistica specifica, quella propria dell’albo: la dimensione estetica afferma come il legame fra forma, linguaggio e soggetto siano in questo campo estremamente efficaci. Alcuni esempi, per chiarirci, in questo panorama ampio e multi-direzionale: Paul Cox sceglie la forma del libro “circolare” per descrivere la simultaneità nel tempo e la linearità nello spazio. Intanto… Il libro più corto del mondo, attraverso l’uso di una sola parola, “intanto”, descrive azioni distinte nello spazio – anche solo quello della pagina del libro, oltre

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Blexbolex, Stagioni, orecchio acerbo, 2010


alla location diversa nel pianeta – che si svolgono nello stesso istante: un uomo al telefono, un astronauta nello spazio, una carovana nel deserto, un eschimese che rema, un bambino che emette il suo primo vagito. La contemporaneità di tutti questi eventi può iniziare in una pagina qualsiasi del libro, in un perfetto loop temporale, ottenuto grazie alla spirale che rilega il libro e che fa da perno, come l’asse terreste, per un eterno girare pagina. Cox sceglie la dimensione stilistica del pixel come unità di misura visiva dell’opera, quasi a ridurre il linguaggio iconico alla sua essenza più pura e astratta, ottenendo così una sorta di linguaggio basilare e unanimemente condiviso. Di semplicità minimale è maestra assoluta Iela Mari che dalla stessa struttura circolare dell’albo ricava l’intero ciclo della vita senza che questo si fermi mai. La ciclicità è il centro della sua intera opera di non-fiction; la ottiene attraverso un dispositivo simile a quello utilizzato da Cox – l’andamento continuo fra inizio, fine e di nuovo inizio, che progettualmente era stato pensato anche qui con la rilegatura a spirale – che genera una idea di durata, che Mari declina poi in vari soggetti: l’intero giro della catena alimentate (Mangia che ti mangio), la vita dell’ecosistema attorno ad un albero nelle quattro stagioni dell’anno (L’albero), il filosofico riflettere sull’origine (L’uovo e la gallina)… Iela Mari, come il grande illustratore giapponese Mitsumasa Anno, sono antenati illustri di quella sapienza del dialogo fra non-fiction e albo a cui diamo una connotazione tutta contemporanea ma che affonda le sue radici ben lontano.

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Ogni elemento del linguaggio albo può funzionare da leva per escogitare modi diversi di raccontare il mondo. La dimensione, come nei grandi albi di Joëlle Jolivet, in cui si incastonano i costumi e gli animali, atti a diventare dei veri e propri cataloghi dell’esistente e che per questo richiedono la massima superficie possibile; o i leporelli che si srotolano nello spazio per raccontare il dentro e il fuori di una casa, come in Ma maison di Laëtitia Bourget e Alice Gravier; o la doppia pagina, la superficie del doppio che si specchia identico Iela Mari, come ma diverso come nel bellissimo Légumes di Bernadette Gervais – Mitsumasa Anno, sono un imagier che cataloga verdure antenati illustri di quella apparentemente classicissimo – in sapienza del dialogo fra cui figura dipinta e figura fotogranon-fiction e albo a cui fata fanno a gara di perfezione e diamo una connotazione descrittività. La stessa doppia è il tutta contemporanea ma dentro e il fuori dell’albo omonimo di Matthias Aregui e Anne-Margot che affonda le sue radici Ramstein, che gioca di opposizioben lontano ni e di slittamento di senso. Tutti insieme di Élisa Géhin, un piccolo manuale su come l’insiemistica possa ritrarre la nostra quotidianità, punta invece sul giro pagina grazie al quale due oggetti o concetti che sono uno contenuto nell’altro, posti uno di fronte all’altro, si risemantizzano attraverso il gioco di sorpresa di un’aletta e la scoperta di un terzo elemento. La regia e il montaggio sono nodali in questi albi che sono spes-

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so libri a concetto, in cui attorno alla visione di un fenomeno e un’intuizione linguistica si architetta l’intera opera. Colpiscono la versatilità e la ricchezza estrema nell’uso del linguaggio rispetto alla semplicità e alla presunta obsolescenza del supporto, soprattutto quando applicate a questi ambiti. L’esplosione della non-fiction arriva in un frangente storico in cui il libro ha perso la funzione di luogo autorevole di reperimento di informazioni scientifiche, intendendo queste nel Alla vitalità fa da senso più ampio, che passano atcontrocanto una traverso altri canali. Le enciclopestanchezza o un minor die, che gli albi di non-fiction citano in continuazione, non sono più senso di ricerca nell’albo utilizzate nella prospettiva dell’acpiù prettamente quisizione della conoscenza (ormai narrativo per la maggior parte fornita da canali digitali) e, forse proprio per questo, sono ormai oggetti parzialmente muti ed enigmatici e quindi di grande fascino; sono come il Codex Seraphinianus di Luigi Serafini, che dipinge il perfetto funzionamento di un mondo che riconosciamo per eco, che non possiamo più leggere perché non possediamo più il codice per farlo. Se questo è vero per gli adulti – gli artisti e i lettori – che forse di quella meraviglia di conoscere hanno in fondo nostalgia (che a volte traspare da alcuni titoli), diversa è l’attenzione Blexbolex, di bambini e bambine che nella pedanteria classificatoria, Stagioni, nell’accumulo, nell’enumerare e nel nominare trovano inveorecchio ce una chiave sempre esatta per impadronirsi e destreggiaracerbo, 2010

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si in ciò che gli accade intorno. Qui si sintonizzano lettore e linguaggio. Gli albi di non-fiction riprendono moltissime delle strutture più classiche della divulgazione, dell’educazione e della trasmissione del sapere: gli abbecedari, gli atlanti, le mappe (basti per tutti il successo dell’omonimo titolo dei coniugi Mizielinski), i cataloghi che nelle loro ferree strutture si trasformano in congegni da forzare nei modi più creativi. Eccellenza di questa “disciplina” è Blexbolex, che ha giocato moltissimo con la forma dell’imagier, albo in cui in ogni pagina sono presenti una figura e un sostantivo che la nomina. In capolavori come Immaginario o ancora di più in Stagioni, parte da un codice dato e poi lentamente fa scivolare il gioco di immagine e parola da una dinamica descrittiva a una dinamica più metaforica e sinestetica, arrivando a distillare qualcosa di completamente nuovo. Le pagine si succedono e così gli elementi che dialogano fra loro, giocando di rimbalzi (una foglia secca/un cappotto), di causa e effetto (un profumo/un’allergia), di assonanze (una colonna/una colonia) e indicando il passaggio da una stagione all’altra. Alla fine di un ciclo si riparte dalla primavera, con cui l’albo principia. Ad ogni “giro” di stagioni, le informazioni si stratificano dando vita a un palinsesto che lentamente ci permette di leggere non più solo un fluire per singole immagini ma piccoli agglomerati di storia: un uomo che perde un berretto a causa di una bufera, che poi cade sul ghiaccio e ritroviamo in convalescenza in una casa che forse abbiamo già visto lungo le pagine; le prugne che ritornano come forma di raccolto, di albero troppo carico, di frutto secco… Spesso sono solo inci-

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pit di storie ma qui il rigore del procedimento di non-fiction incontra un principio di narrazione, e Blexbolex sembra, proprio attraverso la non-fiction, volersi interrogare sulla natura delle storie: un succedersi di immagini diventa un succedersi di indizi che istintivamente ricomponiamo, generando un rudimentale ordito per narrare rafforzato dalla dinamica di spostamento di senso della relazione fra figura e testo. Lo dimostra il percorso che dopo questi due primi albi lo porta a Ballata che riprende formalmente la struttura dei primi due ma si addentra completamente nel regno della fiaba, sfruttando uno stratagemma per capitoli in cui di volta in volta l’inserimento delle immagini crea il dipanarsi di una trama. Sperimentazioni “sulla frontiera” come queste mi sembrano uno degli aspetti più interessanti nell’esplosione linguistica e creativa degli albi di non-fiction. Alla vitalità in questo ambito infatti fa da controcanto una stanchezza o un minor senso di ricerca nell’albo più prettamente narrativo, schiacciato probabilmente dalla piaga dei libri a “tema” e delle emozioni, dalla necessità di appiattire le storie sul reale, da un formalismo abbastanza vuoto. Abbiamo molto e molti modi per dire di ciò che sta attorno a noi ma sembra che poco ci resti della capacità di costruire storie “mitiche”, finzioni capaci di ridirci altrettanto bene l’esistente e dargli senso. È sintomatico, se si pensa soprattutto all’area francofona, la più attiva in questo settore, il percorso (non per forza lineare) dall’albo narrativo a quello più grafico, anche se nell’ambito della finzione, alla non-fiction da cui stanno arrivando sperimentazioni fra le più aperte e innovative.

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Abbiamo più bisogno di concentrarci sul mondo, ma per farlo necessitiamo di strutture che ci permettano di interpretarlo. È ciò che fanno questi albi: ci forniscono la lente per guardare attorno molto da vicino e arrivare a percepirne le sfumature. Forse recuperando quella disposizione intellettuale a penetrare nella sfera del mistero, di cui parlava la Szymborska, la non-fiction potrebbe avere come compito (o come effetto collaterale) quello di diventare paradossale tramite per ritrovare il racconto? Torna in gioco l’idea di meraviglia. Questa volta non più solo come principio conoscitivo, ma come motore di narrazioni, come elemento che ci riporti a scoprire che le storie sono ancora lì.

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Iela Mari, L’uovo e la gallina, Babalibri, 2004 Iela Mari, L’albero, Babalibri, 2007 Iela Mari, Mangia che ti mangio, Babalibri, 2010 Aleksandra Mizielińska, Daniel Mizieliński, Mappe, Electa Kids, 2014 Luigi Serafini, Codex Seraphinianus, Rizzoli, 2013

BIBLIOGRAFIA

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Matthias Aregui, Anne-Margot Ramstein, Dentro Fuori, La Margherita, 2018 Blexbolex, Immaginario, orecchio acerbo, 2008 Blexbolex, Stagioni, orecchio acerbo, 2010 Blexbolex, Ballata, orecchio acerbo, 2012 Laëtitia Bourget, Alice Gravier, Ma maison, Les Grandes Personnes, 2018 Paul Cox, Intanto… Il libro più corto del mondo, Corraini, 2002 Élisa Géhin, Tutti insieme, il Castoro, 2017 Bernadette Gervais, Légumes, Albin MIchel, 2018 Joëlle Jolivet, Emmanuelle Grundmann, Zoo Logico, Rizzoli, 2012 Joëlle Jolivet, Costumes, Les Grandes Personnes, 2013

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Il testo che segue è la trascrizione di una conversazione con Matteo Pompili e Danilo Cinti di Tecnoscienza, realtà di divulgazione e comunicazione specializzata nello storytelling della scienza, della tecnologia e della sostenibilità. Punto di partenza è stata la curiosità di indagare i confini fra divulgazione scientifica e non-fiction, ascoltando il punto di vista di chi delle scienze e della loro trasmissione si occupa quotidianamente. Base dello scambio è stata una rosa selezionata di albi illustrati che sono citati nel corso della conversazione.

Matteo Gaspari, Giordana Piccinini, Ilaria Tontardini, Matteo Pompili, Danilo Cinti

Con onestà e chiarezza Albi illustrati e divulgazione scientifica

HAMELIN: La premessa di questa chiacchierata sono gli scambi che abbiamo avuto su alcuni albi di non-fiction. Quella degli albi illustrati di divulgazione è una categoria di libri che ci piacerebbe provare a definire, o almeno sulla quale ci piacerebbe riflettere, tenendo a mente che i parametri attraverso i quali noi, che ci occupiamo di albi illustrati, li guardiamo possono essere diversi dai vostri, che invece di mestiere cercate di trasmettere la scienza alle bambine e ai bambini e in generale ai non scienziati. Qual è la vostra ottica rispetto a questi libri? Per noi è importante il senso di meraviglia: meraviglia che diventa motore pedagogico che fa scattare l’apprendimento, meraviglia attraverso la quale imparare. In questo senso la nostra non è una preoccupazione scientifica, di accuratezza. È però una diversa modalità di approcciare gli stessi libri.

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TECNOSCIENZA: La meraviglia non è bandita da un buon libro di divulgazione scientifica, ma deve essere un mezzo, non un fine. Lo scopo della divulgazione infatti è quello di trasmettere una conoscenza corretta – termine che possiamo usare, trattandosi di scienza – sulla quale costruire una consapevolezza scientifica contemporanea e proiettata verso il futuro, una cittadinanza scientifica. Ma se la meraviglia è a scapito della scienza, allora sì potrebbe esserci un conflitto. Dipende da cosa si intende per meraviglia. HAMELIN: È lo stupore. Lo stupore per qualcosa che non hai mai immaginato e un senso di sorpresa che ti mette in un atteggiamento di curiosità. Ci deve essere una dialettica tra stupore e curiosità, perché altrimenti anche un fuoco d’artificio può essere meraviglioso e spettacolare, però tu resti lì a guardarlo e rimani solo spettatore.

Immagine p. 60-61, Guillaume Duprat, Zoottica. Come vedono gli animali?, L’Ippocampo, 2013

TECNOSCIENZA: Allora la meraviglia, così intesa, e il rigore scientifico non sono in contraddizione. Nei nostri lavori – siano essi libri o altro - cerchiamo sempre di catturare l’attenzione con un’emozione. Un po’ come faceva Frank Oppenheimer - fratello di Robert, il fisico tristemente noto per la bomba atomica - che negli anni Settanta aveva aperto a San Francisco l’Exploratorium, il primo science center del mondo con l’idea guida che i bambini dovessero toccare le cose per scoprirle e imparare. Sulla sua scia Jorge Wagensberg, ex-direttore del museo delle scienze di Barcellona, diceva che per comunicare bene la scienza bisogna far-

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lo con le mani, con la mente e col cuore. Solo così abbiamo un pieno coinvolgimento. Un piccolo esempio: Wagensberg una volta riempì una teca piena di oggetti verdi, come sassetti e minuzie del genere. La didascalia recitava: “Qui dentro ci sono 21 insetti”. Così stimolava enormemente la curiosità, perché dopo aver letto la didascaLa meraviglia non lia dovevi aguzzare la vista, cercaè bandita da un buon re gli insetti, riconoscerli e contarli libro di divulgazione fino a trovarli tutti. Un’altra volscientifica, ma deve ta invece ha dovuto inventare un essere un mezzo, modo per divulgare la capacità di materiali super-resistenti di riunon un fine scire a reggere enormi pesi. Lo ha fatto appendendo al soffitto del museo un grande cubo pesante, sorretto da fili sottilissimi realizzati proprio con questi materiali “del futuro”. Gli spettatori erano obbligati a sedere sotto questo macigno retto da fili apparentemente dello spessore di quelli da cucito. Più che sorprendere e meravigliare, quindi la regola più generale della divulgazione è quella di emozionare, per poi innescare nel pubblico curiosità, pensiero e magari azioni. Tra i libri che ci avete consigliato, promuoviamo del tutto Mini di Nicola Davies e Emily Sutton e Zoottica di Guillaume Duprat: sono ineccepibili per come parlano degli aspetti scientifici, e al contempo generano continuamente stupore ed emozione. E sono molto coerenti rispetto all’età cui si riferiscono.

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HAMELIN: A quale età un bambino incontra per la prima volta la scienza? E in che modo un albo illustrato può favorire questo incontro?

Cruschiform, A tutta velocità!, L’Ippocampo, 2013

TECNOSCIENZA: Nella scuola italiana si fa realmente scienza dagli 8 anni. Nella scuola dell’infanzia è praticamente assente e lo è anche nei primi due anni di scuola primaria. In realtà per i bambini dai 3 ai 5 anni il programma prevedrebbe il tempo, le foglie, le stagioni… ma esplorare i colori delle stagioni e riconoscere le foglie non è necessariamente scienza. La scienza è un modo di guardare alle cose, facendosi sempre delle domande. Piantare un fagiolo e vedere come cresce non è detto che sia scienza. Invece domandarsi dove cresce meglio e magari piantarne uno sulla terra, uno sulla sabbia, un altro in un vasetto pieno di concime… allora quello diventa scienza, perché si analizza il fatto che, cambiando le condizioni, il risultato è diverso. La scienza è una catena di domande e di scoperte. Questo sguardo deve essere rappresentato nei libri di divulgazione scientifica. In Mappe di Daniel Mizieliński e Aleksandra Mizielińska ad esempio non c’è. Il che ovviamente non significa che il libro non abbia un valore: è un bellissimo libro illustrato, però non fa divulgazione: la scelta delle nazioni è totalmente arbitraria e le caratteristiche dei territori – popolazioni, monumenti… - non sono mai elencate con una direzione di senso, sia essa antropologica o tecnicoscientifica. È una lista senza criteri. Sottoterra/Sottacqua, degli stessi autori, invece funziona molto bene come opera

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di divulgazione. Rispetto al libro precedente è costruito con diverse modalità. C’è sempre un elenco di cose e fatti, anche incongrui – si passa dagli animali ai sommergibili, per esempio – ma contemporaneamente c’è una fortissima idea di viaggio di scoperta in cui si conduce il lettore, pagina dopo pagina, guidati dallo stesso desiderio che spingeva gli uomini a inventare batiscafi e sottomarini per andare a vedere cosa ci fosse in fondo al mare. In questo libro poi le informazioni sono asciutte, ma ci sono, esplicite e corrette. Il bambino può anche non recepirle sul momento, ma quando poi le studierà a scuola, magari tornerà su questo libro e lo troverà chiaro e accurato. Sottacqua/Sottoterra è un libro molto chiaro e onesto, come lo intendeva il pedagogista Jerome Bruner che sosteneva che si può insegnare qualsiasi cosa a qualsiasi individuo purché si trovi un modo onesto per farlo. HAMELIN: Il problema di Mappe è la mancanza di informazione mentre promuovete Sottacqua/Sottoterra anche perché le informazioni sono chiare. Ci può essere un buon libro di scienza in cui c’è la rappresentazione, magari accurata, ma nella quale l’informazione è implicita e non è posta a parole? TECNOSCIENZA: Secondo noi ciò che è davvero fondamentale è la correttezza. Che poi l’informazione sia esplicita o no, non è così importante. In una pagina di Mini, che è un libro sulle cose piccole e le cose grandi, si vedono una formica e una balena in relazione. Non sono rispettate le proporzioni ma allo stesso tempo quell’immagine non mi sta fuorviando.

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Un altro albo impeccabile è Zoottica che parte da un’idea chiara: vedere come vedono gli animali. E qui ritorniamo al discorso sull’onestà e sulla chiarezza: perché al di là dell’età di chi legge, Zoottica non ti trae in inganno, tutto è spiegato bene e la gerarchia di informazioni è chiara. Ci sono vari livelli di lettura: non è necessario leggere i testi – sono un secondo livello - si può semplicemente aprire le finestrelle sugli occhi degli animali, per scoprire come vedono. HAMELIN: È importante anche il fatto che gli occhi dei diversi animali si aprano in maniera diversa: anche questa diventa un’informazione, perché corrisponde a un diverso modo di guardare. Per cui le alette degli occhi del camaleonte ad esempio si aprono in direzioni divergenti. TECNOSCIENZA: Certo, e questo accade anche con la mucca e il cavallo. Perché mai gli erbivori vedono in maniera così diversa da noi, ma simile tra loro? L’illustrazione induce delle domande e le domande sono alla base della scienza. In più, pur essendo un albo estremamente accurato, c’è sempre anche una componente di gioco che genera divertimento e stupore. E la maniera di vedere dell’uomo – il lettore che guarda le pagine - è il perenne e invisibile paragone per tutto il libro. L’uomo fa parte degli animali: è un animale che ha la sua modalità di vedere le cose, non certo migliore né peggiore degli altri organismi. Ci sono libri invece che sottolineano forzatamente la differenza fra uomo e “natura”. Lo fa ad esempio La vita amorosa degli animali, certamente un buon

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libro, ma che non include l’uomo nella sua trattazione. Il che forse non è del tutto coerente con un’epoca come la nostra in cui dovremmo percepirci parte del mondo naturale. HAMELIN: C’è una grossa differenza di pesi tra uno scienziato e Jorge Wagensberg, uno scrittore? Per noi anche il mito ex-direttore del è un tipo di conoscenza, ma è un museo delle scienze di qualcosa che si assimila e si mette Barcellona, diceva che in discussione. Mentre l’affermaper comunicare bene la zione di uno scienziato pensiamo scienza bisogna farlo con che sia la verità. Il che porta a un dubbio anche sulla divulgazione: le mani, con la mente e mentre nella scienza c’è un mecol cuore todo, un processo di peer review, nella comunicazione della scienza non sappiamo se c’è questo rigore. Allora come si fa, da profani, a capire se quello che ci sta dicendo un libro è vero oppure no? TECNOSCIENZA: Anche se in un libro di divulgazione per ragazzi in genere gli argomenti sono quelli in cui c’è accordo nella comunità scientifica, alla base c’è sempre una contrattazione di fiducia tra scrittore e lettore. Uno strumento di trasparenza è l’esperimento, spesso presente in questo genere di libri. Se è proposto bene, effettivamente introduce delle ipotesi di partenza e chiede al lettore di racimolare delle informazioni, così che esso risponda autonomamente

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alle ipotesi, o in qualche modo possa verificarle. In questo caso è il lettore che decide cosa è vero e cosa no e lo scrittore sembra dire: “Non ti fidi? Prova tu!”. Spesso però è impossibile far verificare i fenomeni – troppo piccoli o troppo distanti dal mondo del lettore - e la conoscenza è affidata alle illustrazioni: in Mini, quando si tratta della riproduzione dei microbi, si dice che raddoppiano in numero. La verifica è visiva: di pagina in pagina in effetti il numero raddoppia, una rappresentazione efficace. HAMELIN: Tuttavia nello stesso libro si sarebbe potuto rappresentare in maniera altrettanto efficace la moltiplicazione dei microbi disegnando di pagina in pagina il loro numero che aumentava di uno, invece di una crescita esponenziale. E questo sarebbe stato errato nel contenuto ma non avrei avuto motivo di dubitare dell’informazione: presuppongo che sia accurata. Allora correttezza ed efficacia sono due aspetti completamente separati, perché posso dare un’informazione corretta in modo poco efficace o viceversa. TECNOSCIENZA: Certo, sono spesso aspetti distinti. Per farli stare sullo stesso piano, si dovrebbero dare al lettore gli elementi per fargli confermare autonomamente se le conoscenze sul libro sono esatte. Questo ovviamente non è sempre possibile: autore e casa editrice, ma in realtà anche chi legge e critica il libro, devono prendersi la briga, con onestà, di informarsi, incrociare le fonti e verificare le informazioni che vengono date.

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HAMELIN: Un esempio diverso in questo senso è A tutta velocità! di Cruschiform.

bene, altrimenti rimane solo un gioco con una spiegazione alla fine.

TECNOSCIENZA: Su questo libro facciamo direttamente una domanda. Di cosa parla? La domanda vale per tutti i libri di divulgazione: cosa vogliono spiegare? Cosa lasciano nel lettore quando chiude il libro? Per esempio, Zoottica parla di come vedono gli animali, La vita amorosa degli animali di come fanno sesso. A tutta velocità! cosa spiega? Cos’è la velocità? No, perchè la sua definizione è relegata ad un glossario finale (ed è errata, probabilmente per un problema di traduzione). In questo libro si impara quanto vanno veloci le cose. Che un razzo va più veloce di una tartaruga o che un camminatore si muove a 3 chilometri all’ora, quando una carrozza va a 10 chilometri all’ora, come l’elefante. È un elenco di numeri, ma spesso ne manca il senso: sono medie? Qual è lo scopo del libro? Cosa vuole dirci? E, tramite queste immagini, lo sta davvero dicendo?

TECNOSCIENZA: Sì, A tutta velocità! lavora sullo stupore dato dai numeri senza aggiungere molto di più. Molti libri vengono scambiati per divulgazione quando in realtà utilizzano la scienza come una suggestione per fare altro. Ad esempio, anche Zoo Logico di Joëlle Jolivet mostra degli insiemi di animali senza spiegare nulla. Al massimo si vede che animali morfologicamente del tutto diversi sono accumunati per stare “tra gli alberi”. Da questo se ne trae conoscenza? Scopro che ci sono animali bianchi e neri, ma perché hanno questi colori? I motivi non vengono mai spiegati.

HAMELIN: Però poi nel glossario te lo spiega che è una media, che c’è chi va più veloce e chi più lento. Allora forse l’errore è nel modo di fare il glossario? O proprio sul fatto di sentire di dover mettere un glossario perché, se non ci fosse, l’informazione sarebbe parziale o addirittura scorretta? Perché allora forse il problema è che questi libri vogliono fare due cose contemporaneamente: da un lato fare un gioco di accostamento, che ti prenda a livello empatico ed emotivo, dall’altro insegnarti delle cose. E se ci riescono…

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HAMELIN: Ma allora vi chiediamo: il fatto che ricomponiamo degli insiemi apparentemente casuali, seguendo una logica che non è quella dello scienziato, non potrebbe essere comunque un gioco da cui apprendiamo delle informazioni? Il libro infatti si chiama Zoo Logico, sono due parole: uno zoo costruito su criteri logici, che poi si rivelano diversi da quelli a cui siamo abituati. TECNOSCIENZA: Zoo Logico infatti è un libro di logica, un approccio all’insiemistica. Non produce conoscenza scientifica, per farlo dovrebbe produrre insiemi seguendo criteri scientifici. Oppure il libro potrebbe enfatizzare ciò che si può estrarre da questa composizione apparentemente casuale di insiemi. Se ad esempio esercitando la logica induco la

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scoperta che esiste l’esigenza nel mondo animale di essere mimetici, sto facendo divulgazione. Se questo non accade, sto solo raggruppando gli esseri bianchi e quelli neri ed imparo solo che esistono animali bianchi e animali neri.

BIBLIOGRAFIA

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Cruschiform, A tutta velocità!, L’Ippocampo, 2013 Nicola Davies, Emily Sutton, Mini, Editoriale Scienza, 2016 Guillaume Duprat, Zoottica. Come vedono gli animali?, L’Ippocampo, 2013 Joëlle Jolivet, Emmanuelle Grundmann, Zoo Logico, Rizzoli, 2014 Aleksandra Mizielińska, Daniel Mizieliński, Mappe, Electa Kids, 2014 Aleksandra Mizielińska, Daniel Mizieliński, Sottacqua/ Sottoterra, Electa Kids, 2015 Katharina Von Der Gathen, Anke Kuhl, La vita amorosa degli animali, DeAgostini, 2018

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Aleksandra Mizielińska, Daniel Mizieliński, Sottacqua/ Sottoterra, Electa Kids, 2015


Abbiamo intervistato tre dei maggiori editori di albi illustrati di non-fiction per chiedere loro quali sono le sfide, ma anche le potenzialità questo linguaggio per fare divulgazione, da dove sia nata l’identità editoriale delle loro collane dedicate e come procedano al lavoro su questi libri. Hanno risposto alle nostre domande Sabina Stavro di Editoriale Scienza, Sebastiano Le Noël de L’Ippocampo e Paolo Canton di Topipittori.

Stimolare la curiosità Tre editori e le nuove forme di albo non-fiction

Editoriale Scienza è fin dal nome un progetto editoriale che ha la divulgazione scientifica al suo centro: da dove viene questa scelta? EDITORIALE SCIENZA: Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un passo indietro nel tempo, al 1993, quando la casa editrice è stata fondata a Trieste. All’epoca ci siamo resi conto che, sul mercato italiano, c’erano pochi titoli di scienza per bambini e ragazzi. Il nostro progetto si è dunque articolato in due parti: da un lato tradurre il meglio dell’offerta internazionale, dall’altro creare titoli e collane originali, sfruttando la consolidata presenza di autori e illustratori di talento nel nostro Paese, ma anche la particolare situazione di Trieste, uno dei distretti della ricerca scientifica in Europa. Qui si trovano, a pochi chilometri di distanza, centri di eccellenza come l’International Center for Theoretical Physics e qui è nato, negli anni Ottanta, l’Immaginario Scientifico, il primo museo in Italia dedicato alla scienza per ragazzi e caratterizzato da un’impostazione sperimentale, interattiva, ludica. Non a caso la nostra città quest’anno ospiterà Esof,

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la più rilevante manifestazione europea focalizzata sul dibattito tra scienza, tecnologia, società e politica. Topipittori pubblica prevalentemente storie di finzione ma, con PiPPo prima e PiNO poi, si è aperto alla non-fiction. Da dove viene questa scelta? TOPIPITTORI: Dalla consapevolezza che la letteratura di divulgazione per bambini e ragazzi è stata caratterizzata, per molti anni, benché con le dovute eccezioni, da un’estetica riprovevole. Ci pareva sorprendente che La meraviglia è spesso ai bambini e ai ragazzi si pretendesinsita proprio in ciò che se di insegnare l’arte e la scienza, si racconta, sta a noi due cose fra le più belle e affascimetterla in evidenza per nanti che l’uomo abbia inventato, appassionare il lettore proponendo libri brutti: libri che tendevano a privilegiare la massa delle informazioni somministrate rispetto alla qualità della somministrazione, i cui autori ed editori facevano un po’ come la buona cuoca dei collegi dickensiani, che per amore dei poveri orfani e per pacificarsi la coscienza aggiungeva sempre un buon mestolo in più nel piatto, affinché fosse pieno, dimenticando che, per quanta se ne potesse mangiare, quella sbobba brodosa non nutriva per niente. Il libro illustrato per noi è anzitutto uno strumento cognitivo. L’esperienza estetica che promuove, attraverso la narrazione visiva e verbale – quindi attraverso l’organizzazione di forme narrative coerenti e strutturate –, dà accesso

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al bambino alla possibilità di simbolizzare, astrarre, pensare, rappresentarsi. La ricerca della qualità del libro – testo, immagini, grafica, realizzazione – anche nella divulgazione, nasce da questa riflessione, e dalla volontà di promuovere questa esperienza. L’idea della PiPPo - Piccola Pinacoteca Portatile nasce nel 2012, da una mostra realizzata nel 2009 a Giuigliana da Guido Scarabottolo, dal titolo “Pinacoteca Portatile”, nella quale furono esposte opere d’arte celebri ridisegnate da Scarabottolo con il segno veloce di chi si appunta su uno sketchbook visioni di viaggio o di una visita a un museo. Ci colpì la bellezza e la precisione di quei disegni, che in modo rapido, immediato e incisivo, riuscivano a restituire la memoria dell’originale attraverso il suo racconto visivo. Quando cominciammo a pensare all’idea di una collana dedicata all’arte per bambini e ragazzi, la “Pinacoteca Portatile” ci venne subito in mente e chiedemmo a Guido se potevamo svilupparla in un progetto editoriale. Il permesso ci fu accordato e a Guido affidammo il progetto grafico e l’impaginazione dei volumi, alla cui base sta la natura del disegno come ragionamento sulle cose del mondo. Poi, come ben si sa, si può disegnare solo se si sa osservare. E consapevoli del fatto che l’osservazione è il primo passo del metodo scientifico, abbiamo pensato che l’associazione fra osservazione e azione (non solo disegno, ma anche) che sta al centro della collana di divulgazione dell’arte potesse essere la chiave per far avvicinare anche alle scienze della natura. E così è nata la collana PiNO – Piccoli Naturalisti Osservatori.

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Nell’articolato programma editoriale de L’Ippocampo, l’albo illustrato legato alle scienze ha un ruolo preponderante che connota la casa editrice. Da dove viene questa scelta? IPPOCAMPO: La casa editrice si è sempre focalizzata sulla non-fiction illustrata e la nostra specialità non sono le creazioni, ma l’acquisto dei diritti all’estero, soprattutto in Francia. Il nostro savoir-faire è quindi quello di selezionare quello che, a nostro avviso, c’è di meglio e di proporlo sul mercato italiano. Pubblichiamo circa 40 titoli per ragazzi ogni anno e il criterio di selezione è quello di sorprendere il pubblico. Una delle parti fondamentali del nostro lavoro è lo scouting. Quando scopriamo un libro che fa al caso nostro, è subito un colpo di fulmine. Così ad esempio è avvenuto quando per la prima volta ci siamo trovati di fronte al progetto di Colorama. Dalla visione dei bozzetti al libro finito sono passati diversi anni ma abbiamo deciso di attendere pazientemente come si attende qualcosa di stupefacente, sapevamo che sarebbe stato un grande e certamente lungo amore. Le scienze, infine, sono da sempre e rimangono una delle tematiche che più meravigliano e catturano i giovani lettori.

Silvana D’Angelo, L’ albero. Guida pratica e poetica alla vita arborea, Topipittori, 2017

A tal proposito, la storia delle scienze ci ha portato a considerare la meraviglia come un concetto antitetico al rigore della conoscenza. Tuttavia la produzione degli albi di non-fiction contemporanei insiste molto su meraviglia e stupore. Quale importanza gli date nel vostro catalogo in quanto strumenti educativi e di conoscenza? Per quali ragioni? ES: “La meraviglia è il seme da cui si genera la conoscenza” di-

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ceva Francis Bacon, e si deve partire proprio da qui se si vuole entrare in sintonia con il bambino e coinvolgerlo. Siamo profondamente convinti che la scienza sia parte irrinunciabile e fondamentale della cultura: per questo, tra i libri per giovanissimi, ci devono essere anche quelli di divulgazione, accanto alle fiabe e alla narrativa fantastica. Un bambino legge/si fa leggere Cappuccetto Rosso con lo stesso entusiasmo di un libro che descrive il corpo umano, il mondo animale o lo spazio: per lui sono storie altrettanto interessanti. L’importante è tenere sempre desta l’attenzione, partendo dalle sue esperienze quotidiane e dal mondo che lo circonda. La meraviglia è spesso insita proprio in ciò che si racconta (la ricchezza della natura, i viaggi spaziali, l’evoluzione della vita sulla Terra…), sta a noi metterla in evidenza per appassionare il lettore. I: I ragazzi sono molto curiosi e scoprono tutto stupendosi di continuo. Basta guardali quando con cura analizzano un libro che li attrae. Ci si perdono a capofitto con gli occhi spalancati. Certamente la meraviglia non sarà l’unica porta di accesso per comprendere la scienza ma abbiamo voluto che fosse il filo rosso delle nostre pubblicazioni. Volevamo fare dei libri che risvegliassero questo sentimento. Noi ricerchiamo libri che abbiano un forte impatto sullo sguardo e che presentino il contenuto scientifico in maniera accattivante e nuova. Lo stesso principio vale per la fiction. T: Per prima cosa, solo la scienza novecentesca ha negato alla meraviglia il posto che le spetta anche nell’ambito del-

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la ricerca scientifica (con meritorie eccezioni). Va ricordato che fino a poco più di cento anni fa, gli scienziati erano anche scrittori, musicisti, pittori, poeti, e che le loro passioni – quelle artistiche e quelle scientifiche – convivevano (si deve proprio dirlo) meravigliosamente. Ricordiamo che uno dei primi trattati di malacologia, pubblicato nel 1681, titolava Ricreatione dell’occhio e della mente nell’osservation’ delle Chiocciole; che Francesco Redi – lo scienziato che per primo ha confutato con successo il principio della generazione spontanea – era un poeta e scriveva trattati scientifici sulle api, in versi; che Galileo Galilei è passato alla storia non solo per i risultati delle sue ricerche nel campo della fisica, ma anche per la qualità letteraria dei suoi scritti, al centro delle riflessioni di Italo Calvino nelle Lezioni americane; che Wolfgang Goethe, oltre a essere lo scrittore nazionale tedesco, era uno scienziato molto serio che si occupava di botanica, di geologia e che la sua teoria del colore è ancora oggi il fondamento degli studi in materia. Nel secondo millennio, il mondo della scienza si è reso conto di quanto fosse importante raccontare le nuove scoperte e le ricerche in corso in un modo comprensibile e affascinante. Per questa ragione, oggi, istituzioni internazionali di ricerca, come il CERN di Ginevra o le basi scientifiche in Antartide, hanno fra i propri collaboratori artisti visivi; e la comunità dei ricercatori in nanotecnologie bandisce annualmente premi fotografici focalizzati sulla microfotografia scientifica. La meraviglia è fondamentale per lo sviluppo della scienza, ma forse meglio sarebbe dire dell’intelletto: se il mondo fosse brutto, se

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la natura disgustasse, se non ci fosse fascinazione e meraviglia, se non ci fosse “ricreazione dell’occhio e della mente” a nessuno verrebbe in mente di fare dell’osservazione e dell’indagine un impegno quotidiano, un mestiere. Questo esercizio dell’osservare per meravigliarsi acuisce l’ingegno, insegna la pazienza, aiuta a individuare e sviluppare inclinazioni e talenti. Nella creazione e produzione degli albi di non-fiction esiste una necessità di bilanciamento fra il dato estetico e quello più rigorosamente scientifico? Come si trova l’equilibrio fra queste due componenti? I: Non esiste, ma noi cerchiamo proprio questo equilibrio. L’aspetto estetico per noi è fondamentale. Desideriamo educare l’occhio del bambino al bello, ma senza andare su illustrazioni troppo grafiche che sono più “per adulti”. Crediamo che, per piacere ai bambini, una grafica non debba essere dozzinale o troppo carica, ma con illustrazioni più dolci e che siano sempre al servizio del contenuto, valorizzandolo. Il contenuto è ovviamente primario; deve essere di qualità e possibilmente presentarsi con una struttura innovativa. È necessario anche stare molto attenti all’abbinamento illustrazione/contenuto. Spesso si vedono titoli troppo grafici per bambini piccoli, o testi più impegnativi corredati da illustrazioni per bambini più piccoli. T: Non vorrei sembrare noioso e ripetermi ma, in realtà non c’è alcuna necessità di bilanciamento. Il dato estetico è par-

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te della scienza. Per quanto possa sembrare paradossale ai più, anche le scienze pure, come la matematica, hanno una dimensione estetica importantissima: si parla, fra matematici, di eleganza nella soluzione di un problema e di bellezza nella formulazione di un’equazione. Questo è ancor più vero per quanto riguarda le scienze applicate e le scienze naturali. Questa dimensione estetica ha sempre trovato uno spazio nelle pubblicazioni scientifiche e, in particolare, in quelle dedicate alle scienze naturali. Già il primo libro con immagini scienQuesto esercizio tifiche, il Das Puch der Natur di Konrad von Megenberg, stampato dell’osservare per per la prima volta senza indicameravigliarsi acuisce zione di luogo e di data prima del l’ingegno, insegna 1475, dimostra come non sia tanto la pazienza, aiuta a necessario cercare un equilibrio individuare e sviluppare fra due componenti, quanto troinclinazioni e talenti vare autori e illustratori all’altezza del compito. Non è un caso che tutte le grandi innovazioni della tecnologia poligrafica siano state sperimentate principalmente su libri scientifici: la necessità di rendere quanto meglio possibile la bellezza della natura ha sempre stimolato gli artisti, ma anche gli editori e i tipografi. Non vi è alcuna contrapposizione fra dato estetico e dato scientifico, dunque non è necessario trovare un bilanciamento. Credo lo abbiano dimostrato ampiamente, fra gli altri, Primo Levi con Il sistema periodico o Marianne Moore, la

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poetessa statunitense che si è cimentata nella descrizione di fenomeni e organismi con tutta l’esattezza consentita dalla parola poetica. Parola poetica che già nel XIV secolo era stata usata dai fratelli Leonardo e da Gregorio di Pietro Dati per la scrittura in ottave di un trattato illustrato di argomento astronomico-geografico, La sfera, che ebbe grande diffusione sia in forma manoscritta sia a stampa. ES: Non credo che esista una regola generale, dipende da ogni singolo titolo. Ci sono argomenti che si prestano a illustrazioni anche molto poetiche, come ad esempio negli albi di Nicola Davies illustrati da Emily Sutton; in altri casi, invece, le immagini devono essere estremamente fedeli fin nei minimi dettagli e “tradurre” visivamente un concetto o una spiegazione; in altri ancora devono risultare scientificamente rigorose. La scelta dell’illustratore è frutto di una lunga ricerca, ma alla fine si trova spesso, o almeno lo speriamo, il giusto equilibrio, quindi un libro capace tanto di spiegare quanto di emozionare. Quali sono i criteri con cui si scelgono un autore e un illustratore quando il focus è divulgare la scienza? Che tipo di “affiancamento” scientifico o di editing è previsto in questo senso? ES: Dietro a ogni nostro titolo c’è sempre, anche nelle traduzioni più semplici, un lavoro di revisione del contenuto e di editing. Possiamo contare su diversi collaboratori con formazione scientifica, che ci supportano nella revisione o nella rilettura dei libri, per individuare eventuali termini e

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Emmanuelle Figueras, Claire Gastold, Zoodorato. Come sentono gli animali, L’Ippocampo Ragazzi, 2020


concetti errati oppure non aggiornati. L’importanza di usare un linguaggio chiaro e non banale, ma scientificamente corretto, è uno dei primi requisiti che cerchiamo negli autori. Un altro criterio che usiamo nella scelta è la capacità di destare l’interesse del lettore e mantenerlo vivo. Puntiamo all’affidabilità del contenuto, che si sposi a chiarezza della scrittuL’editore ha una ra, originalità, capacità di rendere l’argomento attraente e accattiresponsabilità in vante. In tutti i casi la redazione questo senso e non lavora a stretto contatto con l’aupuò permettersi di tore e l’illustratore, con l’obiettivo approssimare il proprio di creare un libro che incuriosisca lavoro pur di andare e soddisfi il bambino.

in stampa. Non deve mancare anche un certo coraggio!

T: I libri della collana PiNO nascono, in genere, da una passione personale: passione diventata professione, o oggetto di studi universitari, in ogni caso praticata con costanza. Spesso, poi, l’autore del testo è anche illustratore: c’è una consolidata tradizione di naturalisti versati nel disegno che va dall’ittiologo cinquecentesco Ippolito Salviani (che fece incidere le sue tavole di pesci al Beatricetto) a Fulco Pratesi. Ma ci è capitato il caso di un’ittiologa refrattaria al disegno, o di una illustratrice espertissima ornitologa, ma consapevole dei propri limiti nel disegno naturalistico. In questi casi, all’editore tocca un lavoro di mediazione e coordinamento piut-

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tosto complesso, perché gli illustratori naturalisti specializzati tendono ad avere esperienza nell’esecuzione di singole tavole descrittive e non hanno molta dimestichezza con le strutture narrative di un libro. L’attività editoriale, sui libri di questa collana e della collana PiPPo è, in linea di principio, non molto diversa da quella che sviluppiamo per tutti gli albi che pubblichiamo: si lavora molto sulla messa a punto del testo, confrontandosi continuamente con l’autore, alla ricerca di un giusto equilibrio fra la quantità sterminata di cose da dire che ha normalmente un appassionato e le scelte necessarie per restare nei limiti imposti dalla struttura del singolo libro e della collana; parallelamente si lavora con l’illustratore (che, come detto, spesso è la stessa persona) affiancati dal grafico, per far sì che testi e immagini siano ben bilanciati, e dare il giusto ritmo alla lettura. Naturalmente, alla fine del processo si chiede sempre una rilettura e un’opinione a un terzo non coinvolto, in grado di dare un parere scientifico e professionale sui contenuti scientifici. Ma, in genere, si tratta solo di un parere e non ci è ancora accaduto di dover rivedere in maniera rilevante un libro o una sua parte. I: Come dicevo, la nostra partita si gioca soprattutto sulla scelta degli editori partner da cui noi acquistiamo diritti all’estero e selezioniamo un libro quando siamo pienamente convinti dal progetto che ci viene sottoposto. Le illustrazioni e i testi, una volta superato il nostro metro di giudizio, vengono spesso provati prima sui nostri piccoli di casa (abbiamo

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la fortuna di essere circondati da molti bambini di età diverse che si prestano a farci da test). Oltre a ciò naturalmente riponiamo uno sforzo enorme nel lavoro di editing. Il terzo passaggio è la rilettura esterna dell’opera da parte di un esperto in base all’ambito (astronomi, ornitologi, geologi, naturalisti, medici, pedagogisti, storici, ecc.). Sempre più spesso si vedono testi copiati da internet con informazioni errate o semplicemente non verificate. L’editore ha una responsabilità in questo senso e non può permettersi di approssimare il proprio lavoro pur di andare in stampa. A volte alcuni lavori vanno congelati e riveduti prima di procedere. Non deve mancare anche un certo coraggio!

Chiara Carminati, Mariachiara Di Giorgio, La signora degli abissi, Editoriale Scienza, 2017

Sempre di più gli albi illustrati, per le specificità del linguaggio e del loro funzionamento, si prestano a veicolare contenuti scientifici o primi approcci al mondo del sapere: quali sono secondo voi le potenzialità dell’albo in questo campo, rispetto al libro di divulgazione più classico? Quali gli eventuali punti critici? Possono tracciare una nuova modalità di divulgazione delle scienze? I: Un testo associato a un’immagine ha una potenzialità enorme, soprattutto per i ragazzi che devono costruire il loro immaginario. Gli albi illustrati stanno godendo di un particolare momento di grazia e la loro produzione diventa sempre più un campo di battaglia della creatività. Sono agili, incisivi, curati, in genere molto specifici (e quindi a volte di maggiore approfondimento) rispetto ai libri di divulgazione più “vecchio stile”. Detto questo, non sono affatto una novità, anzi. Per al-

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cuni aspetti tuttavia seguono un principio di atomizzazione del sapere con talvolta risvolti che sacrificano la complessità di certi argomenti. Resta fermo che è e rimane compito della scuola dare le direttive su cosa e come apprendere, tracciando la via maestra. Gli editori di libri per bambini e ragazzi danno senz’altro il loro contributo al meglio delle proprie possibilità, o così si spera, ma prediligeranno un approccio più creativo e in linea con il mercato. L’albo illustrato può facilitare il lavoro dell’insegnante ma non può sostituirlo. ES: L’albo illustrato è un ottimo veicolo per fare divulgazione: aiuta a creare quella curiosità che appassiona il lettore, che lo invita a porsi domande e a guardare con attenzione quanto lo circonda. La curiosità è leva della conoscenza, e l’albo illustrato, con la sua capacità di generare meraviglia, permette di accenderla. Naturalmente è chiaro che, nella sua realizzazione, non si deve mai perdere di vista la finalità divulgativa. Tratto caratterizzante di tanti nostri libri, anche di quelli per piccoli, è l’approccio ludico e sperimentale. Da una parte c’è la volontà di spingere il bambino a mettere in pratica quanto letto e a verificarne gli effetti, per trasmettere un approccio attivo alla conoscenza, dall’altra c’è l’intento di sviluppare manualità e creatività. T: Gli albi illustrati sono strutture complesse e, per conseguenza, difficili da gestire. Non c’è alcun dubbio che possano essere anche usati come strumenti di divulgazione dei saperi più diversi, ma pongono un problema in più, rispetto alle forme

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tradizionali del libro illustrato divulgativo: esigono, infatti, una narrazione forte, costruita sull’interazione fra le parole e le immagini. Trasformare la scienza (o la conoscenza di un fenomeno) in una storia è sempre un rischio: è un po’ come camminare su un filo sospeso fra banalizzazione, pretenziosità e retorica. È chiaro che in ogni cosa, in ogni fatto, in ogni personaggio c’è una storia; ma ci vuole qualcuno che questa storia la sappia raccontare con garbo e professionalità. In questo, eventuali albi scientifici o divulgativi non sono dissimili dai cosidTrasformare la scienza detti “libri a tema”. Consapevoli di questi rischi e di queste difficoltà, (o la conoscenza di un finora ci siamo applicati a libri ilfenomeno) in una storia lustrati divulgativi, più che ad albi è sempre un rischio: è divulgativi, con la sola, speriamo un po’ come camminare notevole, eccezione di Che cos’è un su un filo sospeso fiume? di Monika Vaicenavičienė. fra banalizzazione, In questo libro, la cui edizione originale è svedese e della quale abpretenziosità e retorica biamo acquistato i diritti italiani, non essendo riusciti ad accaparrarci quelli globali, gli elementi divulgativi sono inseriti in un quadro narrativo forte che si riferisce alla relazione fra il bambino e l’anziano e alla trasmissione naturale delle conoscenze. Un espediente che, in questo caso, funziona, ma che non ci sentiremmo di applicare indiscriminatamente. Non v’è alcun dubbio sull’efficacia dell’albo illustrato nel veicolare informazioni e conoscenze e, molto probabilmente,

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qualcuno riuscirà a trovare una chiave per sfruttare questa potenzialità. Noi, ancora, non sappiamo quale sia la strada da intraprendere per riuscirci e sperimentiamo con cautela, per evitare i rischi che elencavamo sopra e di rendere, così, un pessimo servizio ai lettori. Qual è il processo con cui si identifica il pubblico di riferimento per un albo che vuole divulgare contenuti scientifici? E come si ragiona sulla scrittura in base a questo pubblico, semplificando senza banalizzare? Puntare all’infanzia spinge a riflettere sulle domande essenziali? Insomma, spinge a essere più “filosofici”, a guardare dall’alto i fenomeni, a concentrarsi sulla loro essenza più che sui dettagli? ES: Partendo dal target d’età a cui ci si vuole rivolgere, si può stabilire cosa dire (quanto scendere nei dettagli, ad esempio) e come dirlo. Inoltre, è importante considerare, sempre in base alla fascia d’età a cui ci si indirizza, la realtà del bambino, il mondo e le esperienze con cui può entrare in contatto. Scegliere cosa raccontare di un determinato argomento è il punto di partenza e anche quello più complesso: si deve sia selezionare cosa dire di materie ampissime senza banalizzarle, sia raccontarlo in un modo chiaro e appassionante. Un aspetto per noi fondamentale è quello di non sottovalutare il bambino, di parlargli con un linguaggio adeguato, che non ne sminuisca le capacità. Riteniamo determinante per i nostri lettori la comprensione dei contenuti scientifici trattati, e puntiamo a realizzare questo obiettivo senza dimenticarci di divertire e stupire, in quanto l’aspetto ludico è da ritenersi

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essenziale nel veicolare i saperi e nell’imprimerli nella memoria. Inoltre siamo consapevoli che non c’è un unico modo per raccontare la scienza, e per questo offriamo una proposta variegata, in grado di attrarre anche i lettori più restii: possiamo raccontare uno stesso argomento in modi completamente diversi, sia con un testo denso e articolato, che con un testo diluito e strutturato in paragrafi brevi. Di alcuni libri, la lettura può essere addirittura non lineare: il bambino può scegliere di partire dalla sezione che più lo incuriosisce e costruire un percorso di lettura personalizzato. In questo modo andiamo incontro a gusti e abitudini diversi. I: Il pubblico si identifica con la tematica e il livello di informazioni date. A ciò va associato un tipo di illustrazione adatto e che possa valorizzare il tutto. La domanda è quanto essere divulgativi. Uno dei nostri autori preferiti è Guillaume Duprat che nei suoi libri si occupa sia del testo che delle illustrazioni. Impiega cinque anni a fare un libro ed è ossessionato da una cosa: la rappresentazione visiva dei concetti scientifici. Ad esempio ne Il libro delle Terre immaginate ci mostra, visivamente e attraverso giochi di finestrelle, come l’uomo ha immaginato la terra in tutte le civiltà. In Universi, i suoi disegni rappresentano concetti matematici e fisici complessi in illustrazioni immediate. In Zoottica - come vedono gli animali? ha ricostruito attraverso gli studi scientifici la visione di venti animali. Cerca sempre di trovare un equilibrio di divulgazione che non banalizzi la materia. Inoltre questi suoi volumi hanno vari livelli

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di lettura. Una visione immediata e globale e molteplici approfondimenti che analizzano il dettaglio. I suoi libri sono un perfetto esempio di opere che un genitore può leggere e scoprire insieme ai propri figli e, appunto, meravigliarli.

guardare così che poi si possa capire se qualcosa interessa, se è il caso di approfondire o anche se usare ciò che si è appreso sullo sguardo per guardare qualcos’altro. D’altra parte, la scienza e l’arte cominciano da un impulso comune: l’osservazione del reale. Poi prendono strade diverse. Ma questa è tutta un’altra storia.

T: Se c’è una cosa che cerchiamo di non fare è identificare un pubblico preciso e calibrare la proposta creativa (testi e immagini) in funzione delle sue supposte esigenze o capacità. Nel fare i libri delle collane PiPPo e PiNO, il nostro pensiero va a un pubblico vario, composto solo in parte da bambini e ragazzi. È un pubblico fatto di persone che non conoscono, non hanno mai visto, hanno guardato senza vedere; persone che non sanno se sono interessate a un fenomeno, ma sono abbastanza curiose da volerlo scoprire. L’obiettivo, quindi, non è concentrare molte informazioni in uno spazio limitato, per far sì che il lettore apprenda qualcosa, ma suggerirgli di guardare con attenzione, di osservare, di agire (disegnare, raccogliere, descrivere). Per riuscire a farlo, pensiamo sia utile presentare i fenomeni raccontati nei singoli libri in modo chiaro e lineare, cercando di sottolineare le cose più peculiari, curiose, affascinanti. Se poi qualcuno – grande o piccolo – si appassionasse, avrà a disposizione una quantità di eccellenti manuali propedeutici per qualsiasi disciplina: dalla storia delle avanguardie artistiche all’entomologia. A quel punto sì, avrà bisogno di filosofia, di racconti dall’alto, di ‘essenze fondamentali’ e dettagli. Quel che noi vorremmo capitasse è semplicemente muovere l’attenzione, invitare a

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Se dobbiamo rassegnarci alla produzione seriale di biografie di donne illustri, speriamo almeno che ne escano sempre di più come questa di Marie Curie, scritta da Irène CohenJanca e illustrata da Claudia Palmarucci, che ha vinto il BolognaRagazzi Award 2020 nella categoria Non-fiction.

Irène CohenJanca, Claudia Palmarucci, Marie Curie nel paese della scienza, trad. di P. Cesari, orecchio acerbo, 2019

L’albo racconta gli eventi principali della vita di Marie Curie in ordine cronologico, dall’infanzia trascorsa nella povertà in Polonia al trasferimento a Parigi che segna l’inizio delle sue ricerche, fino alla vittoria di due premi Nobel e, infine, alla morte. Di biografie di Marie Curie ne sono uscite diverse solo negli ultimi anni – ne segnaliamo due su tutte: Marie Curie di Alice Milani (BeccoGiallo, 2017) e Marie Curie. La signora dell’atomo di Davide Morosinotto (EL, 2017). Questa si distingue per la cura grafica e per la capacità di Cohen-Janca di raccontare la tenacia e l’ambizione di una donna rivoluzionaria per la sua epoca senza cadere nei cliché di tante biografie “al femminile”. Niente sensazionalismi, dunque, né inviti espliciti a credere che tutto sia possibile: della vita di Curie sono messi in luce tanto i traguardi quanto le sofferenze con lo stesso tono, delicato e preciso. Soprattutto è delicato il racconto del rapporto tra Marie e Pierre Curie, compagni di vita e di ricerca, che rivela una parità di genere che, negata dalle condizioni culturali e sociali, si esplicita almeno nella sfera familiare. Un punto di merito a parte va alle illustrazioni: Palmarucci ha creato un contrappunto perfetto alla voce narrante, con tavole regolari realizzate su una base di giallo verdognolo ispirato alla fluorescenza del radio, uno degli elementi studiati da Marie Curie, che diventa il filtro che accompagna la lettura. La composizione delle tavole è raffinata e nasconde una trama sotterranea di rimandi visivi alle opere di grandi artisti classici – Mario Giacomelli, Winslow Homer, il Bronzino – e a motivi iconografici della storia dell’arte, per chi vuole coglierli. Un esempio di combinazione riuscita tra divulgazione ed esperienza estetica.

Isabel Minhós Martins, Bernardo P. Carvalho, Atlante dei grandi esploratori. Nove uomini e due donne alla scoperta del mondo, trad. di N. Babi, Donzelli editore, 2019

Oggi si corre all’esplorazione e alla scoperta dello spazio, si cercano nuovi orizzonti, mondi sconosciuti, universi lontani perché il globo è finito, è stato già mappato tutto, continenti, isole, mari e oceani. Tutti noi oramai non possiamo più perderci. Ma come siamo arrivati a questo punto? Chi si è allontanato di più da casa? Chi ha viaggiato per più tempo? Chi ha avuto più coraggio? Chi ha desiderato oltre ogni limite? Questo libro, dalle premesse molto chiare, racconta la storia di alcuni uomini e poche donne (forse qui la questione poteva essere approfondita meglio) che hanno avuto l’ardire, per i loro tempi, di inoltrarsi in mondi poco conosciuti, anzi spesso totalmente ignoti. Nei loro viaggi hanno sempre dimostrato un grande rispetto per la natura, la cultura e i popoli che hanno incontrato e questo è quanto di più attuale si possa riscontrare. Partendo dal IV secolo a.C. con Pitea che naviga oltre le colonne d’Ercole e poi con Xuanzang, monaco buddista che viaggia a piedi dalla Cina fino all’India per il puro desiderio di sapere, passando poi per Giovanni da Pian del Carpine che parte a sessant’anni per incontrare il sovrano della Mongolia e carpirne i segreti militari. E ancora la famiglia Polo: Niccolò, Matteo e Marco che arrivano alla corte di Kublai Khan. E che dire del viaggio di Ibn Battuta che partito in groppa a un asino rimane lontano per trent’anni! E ancora viaggiare oltre la paura e le credenze come hanno fatto Bartolomeu Dias che, doppiando Capo delle Tempeste, ha dimostrato che la terra non finisce all’estremità sud dell’Africa e con Jeanne Baret, botanica, che fingendosi un uomo si imbarca nel 1767 con più di 100 marinai! E poi Mary Henrietta Kingsley, prima donna europea a viaggiare da sola alla scoperta del continente africano mettendo in dubbio il valore “dell’uomo bianco”. E per finire Joseph Banks che intuisce quanto le scoperte scientifiche debbano essere condivise a livello internazionale; Alexander von Humboldt, grande catalogatore e abolizionista della schiavitù e Charles Darwin che, ridicolizzato dalla famiglia, cambierà il mondo con L’origine della specie. Questo è un atlante prezioso pieno di biografie, citazioni, mappe e ritratti di popoli, animali e territori più o meno lontani.

elisabetta mongardi federica rampazzo

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Federica Buglioni, Anna Resmini, Naturalisti in cucina, Topipittori, 2019

Uscito per PiNO: Piccoli Naturalisti Osservatori, l’albo di Buglioni e Resmini sembra un’ottima rappresentanza per una collana coraggiosa e interessante che ha contribuito a rinnovare il panorama editoriale italiano della non-fiction. L’approccio di Naturalisti in cucina, infatti, risponde perfettamente agli obiettivi dichiarati dal nome della collana, mettendo in pagina un convincente ed elegante invito all’osservazione. Non bisogna andare molto lontano per allenarsi a un apprendistato da giovane naturalista ed esercitare la curiosità e lo sguardo che sono strumenti primi e insostituibili. Basta stare in cucina e cominciare a guardare quello che siamo abituati ad avere intorno e sul piatto per fare tantissime scoperte. Una cosa che emerge con forza è proprio questo legame che c’è tra i nostri sensi e lo spazio: i nostri occhi, ma anche le mani, le orecchie, la bocca, il naso non sono “dotazioni” astratte, ma si attivano proprio nel momento in cui entrano in contatto con ciò che ci sta vicino, si accendono in relazione all’ambiente attorno e al quotidiano. E questo procedere per piccoli movimenti, che diventano altrettanti punti di vista privilegiati, è mantenuto dalla successione dei diversi paragrafi che compongono l’albo: la classificazione di semi, bucce, foglie e quant’altro non è un vocabolario scientifico o una serie di definizioni da imparare a memoria, ma è l’esito di una ricerca che non si accontenta del dato di fatto, lo esplora osservando le differenze tra l’intero e la metà, il sopra e il sotto, il dentro e il fuori, il verticale e l’orizzontale. È una simile continua sollecitazione del reale a determinare la conoscenza, i nomi scientifici nascono dalle cose e non viceversa. Questa relazione tra parola e cosa è evidenziata con forza nell’organizzazione grafica dell’albo e nel dialogo costante e ben ritmato tra figure e testo, che ingaggiano un duello visivo nell’organizzazione sempre calibrata della pagina, mai pesante pur nella quantità di informazioni che riceviamo. La precisione del linguaggio, capace di far convivere abilmente tono colloquiale e terminologia scientifica, è un’attenzione evidente e diventa tutt’uno con l’esattezza delle immagini. Graficamente stilizzate, secondo una linea stilistica che a partire da Iela Mari si è imposta tra le dominanti nel panorama editoriale contemporaneo, frutti, piante, radici, semi, funghi si rivelano ai nostri occhi in tutta la loro bellezza, di cui l’illustratrice riesce a mostrarci con abilità la semplicità e la ricchezza, fondendo insieme precisione nel dettaglio ed eleganza nelle forme e nei colori. giordana piccinini

favola, mistero e avventura uniti in un commovente romanzo di denuncia

IN LIBRERIA 171


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Le librerie in cui trovare “Hamelin. Storie figure pedagogia” EMILIA-ROMAGNA

Libreria Coop Ambasciatori via Degli Orefici, 19 40124 BOLOGNA www librerie coop.it Libreria per ragazzi Giannino Stoppani via Rizzoli, 1/f 40124 BOLOGNA www gianninostoppanilibreria net Modo Infoshop via Mascarella, 24/b 40126 BOLOGNA www modoinfoshop com Alessandro Distribuzioni via del Borgo, 138 40126 BOLOGNA www alessandrodistribuzioni it Libreria Trame via Goito 3/c 40126 BOLOGNA www libreriatrame com Libreria Mellops corso Mazzini, 52/8 48018 FAENZA (RA) www giocattoli-libri it

Castello di carta via Belloi, 1/b 41058 VIGNOLA (MO) Libreria Momo via Mazzini, 36 48121 RAVENNA

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LAZIO

Libreria Volare corso Torino, 44 10064 PINEROLO (TO) www libreriavolare it

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LOMBARDIA

Libreria dei ragazzi via S. Bartolomeo, 15/a 25128 BRESCIA www lalibreriadeiragazzi it Libreria Il viaggiatore leggero via XXIV maggio, 12 23801 CALOLZIOCORTE (LC) Spazio Libri La Cornice viale Ospedale, 8 22063 CANTÙ (CO)

La libreria dei ragazzi via A. Tadino, 53 20124 MILANO www lalibreriadeiragazzi it

Viale dei Ciliegi 17. Libreria dei ragazzi via Bertola, 53 47921 RIMINI www vialedeiciliegi17 it

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Infinite Parentesi via Pedicciano, 4 00132 ROMA

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Il Semaforo Blu via Emilia S.Stefano 62/b 42121 REGGIO EMILIA

Le foglie d’oro via Gavelli, 2 61121 PESARO

PIEMONTE

Libreria per ragazzi Timpetill via Mercatello, 50 26100 CREMONA

Libreria Fiaccadori strada al Duomo, 8/a 43121 PARMA

La bottega del libro Corso Repubblica Italiana, 7/9 62100 MACERATA

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Libreria Moby Dick via XX Settembre, 3/b 48018 FAENZA (RA)

Libri e formiche via Mistrali 2/b 43121 PARMA www librieformiche it

MARCHE

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VENETO Libreria pel di carota via Boccalerie, 29 35139 PADOVA www peldicarota it L’aquilone vicolo Stella, 2 37121 VERONA www librerialaquilone com

Farfilò Rigaste San Zeno 23/e 37123 VERONA

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Il libro con gli stivali via Alessandro Poerio, 24 30172 VENEZIA www libroconglistivali it

Il treno di Bogotà galleria IV Novembre, 14 31029 VITTORIO VENETO (TV) www iltrenodibogota it

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Libreria dei Ragazzi via Stampatori, 21 10122 TORINO

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PUGLIA

Spine Temporary Small Press Bookstore Officina degli esordi via Francesco Crispi 5 70123 BARI Svoltastorie - Libreria per ragazzi viale Alessandro Volta, 37 70125 BARI

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SARDEGNA

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TOSCANA

Cuccumeo via E. Mayer, 11-13r 50134 FIRENZE www.cuccumeo.it/

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TRENTINO-ALTO ADIGE Libreria Mardi Gras via A. Hofer, 4 39100 BOLZANO mardigrasbz.blogspot.it Libreria Piccolo Blu via Rialto, 47 38068 ROVERETO (TN) La seggiolina Blu via Manzoni, 51 38122 TRENTO www.laseggiolinablu.com

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Per abbonarsi: c/c postale n. 18680488 Intestato a Hamelin Associazione Culturale, via Zamboni 15, 40126 Bologna causale: Abbonamento Hamelin. Storie figure pedagogia Italia: euro 35 Estero: euro 40 Abbonamento sostenitore con bibliografia tematica omaggio: euro 50

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Sguardo sul presente: n. 30 Contro i libri a tema, n. 35 Il migrante, n. 37 Troppe storie, n. 47 Potere alla parola


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