BRUNA VECCHI CULCASI DONNA E CAVALIERE

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Un gruppo di gregari senza il consenso e il permesso dei boss aveva derubato e vessato altri agricoltori amici degli amici per procurasi i capitali necessari per acquistare “legalmente” (dai latifondisti locali) vasti appezzamenti di terreni per poi, attraverso prestanome, lottizzarli e rivenderli legalmente. Le amministrazioni comunali (e non soltanto loro) rimasero inerti e distratte accettando formule contrattuali non proprio ortodosse. Nessuno indagò. Frattanto, rivendendo quei lotti, gli aspiranti boss moltiplicarono i propri capitali. Contestualmente, aggregarono attorno a sé manovalanza criminale spietata e disposta a tutto pur di elevare il proprio tenore di vita e di salire nella considerazione di amici e compaesani. Tutto ciò per i capi di “cosa nostra” era intollerabile: “….perché ne offuscava l’onorabilità.” A sua volta il boss di Paceco fu ucciso con trentatré colpi di fucile. Un delitto eclatante che sarebbe stato deciso dal vertice della mafia vincente per punirlo in quanto non aveva aderito ai nuovi capi, ma anche perché “badava quasi esclusivamente al proprio arricchimento personale.”” Questo sostennero i pubblici ministeri al processo “Halloween” celebrato davanti la seconda sezione della Corte di Assise di Trapani.

Fu una vera e propria guerra dentro la quale rientra il primo sequestro di persona (dopo la fine del secondo conflitto mondiale) di un imprenditore del settore navale e alberghiero. Culminò nell’eccidio degli autori che avevano violato le consegne dei boss imperanti. Furono indotti a scendere in campo soprattutto perché il loro “prestigio” era stato messo in discussione da “quattro cani sciolti”. In conclusione: una questione di violato prestigio del cartello mafioso. Lo Stato è stato tenuto fuori e ha svolto il ruolo di spettatore impotente e indolente. Lo Stato -ridotto al rango di figlio dei Governi- non c’entra! e.t. 88


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