BRUNA VECCHI CULCASI DONNA E CAVALIERE

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Nei giorni feriali il rientro a casa la sera era previsto per le sette. Praticamente, per più di dodici ore i lavoratori stavano lontani dalla famiglia. Il riscaldamento nelle case lo dava una stufa a legna, per chi ce l’aveva: comunque, soltanto una per tutta una casa.

“si dormiva tenendo anche la testa sotto le lenzuola. la mattina -quando l’impianto non si era frattanto gelato- l’acqua che usciva dai rubinetti metteva i brividi. era un tempo in cui con Francesco ci interrogavamo per conoscerci meglio. si cercava di fare coincidere le nostre opinioni. si andava d’accordo. ci capivamo. lui non mi contrastava, anzi cercava di sminuire quegli aspetti che per provenienza territoriale ci facevano apparire diversi. lui impiegato pubblico nello stato che non è stato mai generoso, io con una vocazione per il privato, ma anche per pensare ad una impresa tutta mia. una fantasia? e perché negarsela!” “ci frequentammo per due anni. Veniva a cena dai miei. nel frattempo continuava a studiare perché voleva laurearsi in economia e commercio e ci riuscì dopo sposati. lui di suo era già geometra.”

“nei primissimi anni cinquanta, la domenica andavamo a ballare nelle balere: valzer, mazurca, tango, ma non c’era cavaliere fisso. il ballo anzitutto consentiva di condividere il piacere della musica che animava due esseri giovani e di sesso diverso. lui non si mostrava geloso, ma poi finì che spesso facemmo coppia fissa. approfittando della Vespa, qualche volta andammo sugli argini del po distante cinque chilometri da casa mia. e poi andavamo in giro per i paesi, alle sagre. e tante risate, da farci scoppiare il cuore di gioia.” “mia madre, con molta grazia, voleva verificare quanto io mi sentissi legata a 23


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