BRUNA VECCHI CULCASI DONNA E CAVALIERE

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“la consapevolezza di esistere, e di non essere soltanto la componente indistinta di una famiglia, me l’ha data il lavoro che ho trovato presso una cooperativa di consumo. avevo appena quindici anni. subito dopo mi occupai presso il consorzio agrario dove fui incaricata di tenere la contabilità. lo stato di salute di una azienda sana si misura dalla corretta tenuta dei conti: attraverso loro si può monitorare la circolazione sanguigna della ditta e adottare le terapie per venire a capo di tutto.” Ma i tempi cambiano e così all’orizzonte della vita si intravvedevano ormai i primi orrendi bagliori della guerra. Anzitutto emergeva l’irrequietezza degli uomini e della società in genere. Era lo stipendio che, comunque, continuava a mettere le ali ad ogni progetto futuro. “si badava all’essenziale. non tutte le ambizioni che c’erano si potevano trasformare in realtà. io ho vinto una borsa di studio che consisteva nella somma di cinquanta lire. Debbo dire che verso di me c’era una buona disposizione, perché eccellevo in matematica. più avanti mi sarebbe servita per far quadrare i conti.”

“Quello che guadagnavo ogni mese lo conservavo quasi per intero per comprarmi il corredo, quando sarebbe arrivato il momento che tutte le ragazze attendevamo. con il matrimonio si fondava tra gli sposi anche il progetto di dare vita ad una sorta di piccola azienda finalizzata alla creazione di un terzo reddito. erano pochi gli emiliani che non pensavano di mettersi in commercio o di creare una piccola azienda produttiva, al di là dell’occupazione ufficiale, e fuori dall’orario di lavoro. era una vocazione che le mamme e le nonne ci avevano già miscelato nel poppatoio quando eravamo ancora lattanti”. “la mia personalissima cassaforte era il materasso sopra il quale dormivo.

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