Shingle22J - 5th Edition 2015

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Opere esposte Tra i lavori surrealisti parigini di Lee Miller, spiccano due opere di forte impatto emotivo, realizzate intorno al 1929: due immagini di un seno reciso e posizionato su un piatto. Lee trafugò da un ospedale un seno reciso durante una mastectomia, lo mise su un piatto e lo nascose sotto un tovagliolo; lo portò poi negli uffici di Vogue, dove posizionò il piatto su una tovaglietta apparecchiata, insieme ad una forchetta, un coltello e un cucchiaio da dessert. Riuscì a fare solo due fotografie prima di essere sbattuta fuori dall’ufficio da Hoyningen-Huene, capo fotografo dell’ufficio francese di Vogue. Le due immagini appaiono leggermente diverse: in entrambe il seno è posizionato su un piatto accompagnato dalle posate, il tutto accuratamente sistemato su una tovaglietta monoposto, su un tavolo altrimenti spoglio; ma nella seconda fotografia il piatto risulta più illuminato e ruotato verso lo spettatore, mettendo così in evidenza il seno nella sua interezza. Un pasto raccapricciante che aspetta un commensale perverso e solitario. Le due immagini, concepite da Lee per essere messe una di fianco all’altra, sono un’evidente riferimento all’anatomia e all’universo femminile e una critica al fatto che le donne fossero ancora viste dagli uomini solo per i loro attributi sessuali ed estetici. La rabbia di Lee verso la visione maschile della donna è sottolineata dal collegamento tra il seno e il piatto, chiaro riferimento al dovere della brava moglie di preparare da mangiare. La presentazione del seno su un piatto è sconcertante e getta nel caos ogni convenzione: anche questa volta, Lee prende un classico stereotipo e lo capovolge, dimostrando la sua audacia e il suo desiderio di turbare e scioccare lo spettatore. I due lavori parlano di oggettivazione sessuale, della disumanizzazione della donna, pensata e trattata come oggetto, strumento o merce, rappresentando una critica feroce alla visione surrealista dell’universo femminile, basata sull’intrappolamento e sulla sottomissione della donna. L’oggettivazione dell’individuo comporta una sorta di frammentazione strumentale e uno smembramento della persona in più parti, viste separatamente e trattate come oggetti. I surrealisti erano un gruppo bohemien che viveva secondo i dettami dell’amore libero – ma, nonostante si professassero come un movimento moderno, in realtà il concetto dell’amore libero non si applicava alle donne. Lee odiava questa distinzione e quindi viveva anche lei come un uomo, incarnando perfettamente l’artista surrealista, donna o uomo che fosse, avendo le sue storie e essendo padrona del suo corpo, secondo una concezione di donna forte, emancipata e moderna. Come altri surrealisti, anche Man Ray celebrava spesso il corpo femminile nei suoi lavori, trattando il torso o il seno della donna come una scultura in sé. Un esempio di questo modo di pensare e di procedere, è lo smembramento che riservava alla Miller, prima fotografandola nella sua interezza, e poi smontandola in tante singole parti: le tagliava via un occhio, le labbra, il torso, la testa, effettuando così una sorta di processo riduttivo volto alla sua sottomissione per affermare il proprio dominio supremo su di lei. Le opere esposte rappresentano un dialogo di dissenso con la visione dell’epoca riservata alla donna e con la rappresentazione del corpo femminile da parte del suo mentore surrealista. La Miller incarna la donna di oggi, libera e indipendente e, in quanto tale, la rappresenta in tutte le sue opere come eroica, forte, e sicura di sé, lanciando, con queste immagini, una provocazione al mondo e trasmettendo un messaggio forte e chiaro, che la donna non è solo ciò che appare.


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