Mestieri d'arte e design 12

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lavoro da realizzare. Se lo facesse l’artista stesso, il risultato non sarebbe quello desiderato. Il nostro compito è proprio di interpretare, insieme agli artisti, schizzi, dipinti, foto e collage che ci portano. Il nostro è un mestiere molto tradizionale e lavoriamo con maestri contemporanei, ma sembra che l’intesa sia ottima!». «Teniamo in gran conto il dialogo tra artisti e tessitori», sottolinea Weir. «Musicisti, pittori, designer: tutti portano qualcosa di nuovo nel nostro mondo, un punto di vista diverso e aggiungono una variante inconsueta a questo dialogo. Ecco come riusciamo a mantenere lo Studio al passo coi tempi: mentre il nostro patrimonio resta, è il lavoro a rinnovarsi». Nel 2008, ad esempio, Dovecot ha collaborato con la Fondazione Henry Moore per realizzare i suoi disegni tessili. «Nel 1950, Henry Moore creò un arazzo qui a Dovecot; poi continuò a sviluppare le sue stampe serigrafiche, creando un’incredibile collezione di foulard. La mostra ci ha permesso di guardare le sue opere in un modo nuovo, e il pubblico ha potuto rendersi conto che Moore non fu solo un grande scultore ma anche un creativo che amava sperimentare sia con i materiali sia con le tecniche». La scelta dei colori è fondamentale. «Li mescoliamo direttamente sulle spole di legno, per ottenere una maggiore gamma di variazioni», spiega Robertson. «Raramente tessiamo con

un colore piatto. In questo modo aumentiamo sfumature e profondità, rendendo vivi i colori. Questo processo è alla base di tutto il nostro lavoro». Ciascun tessitore ha le proprie spole preferite («migliorano con il tempo e l’uso», conferma Robertson) e lavora da solo. «Ma reciprocamente seguiamo i colori, le gradazioni, le tonalità che andiamo creando. è un lavoro di squadra», spiega. La tradizione vuole che il tessuto non venga mai tagliato (porta sfortuna) e vengono impiegate solo tecniche antiche: «Non è cambiato niente. Usiamo lana, cotone e lino, ma non la seta. è rimasto tutto come è sempre stato». Nel 2013, Naomi Robertson ha collaborato con la pittrice Alison Watt su un arazzo, commissionato dalla Scottish Opera, chiamato Butterfly, alla realizzazione del quale hanno lavorato tre tessitori per dieci mesi. All’apertura dell’arazzo, la commozione era generale: «è sempre un momento particolare», dice Robertson. E come spiega David Weir, «sta tutto nelle mani, nel cuore e nella testa che lavorano insieme. Nel nostro lavoro non c’è niente di digitale: sono le mani che, tessendo, creano una magia nelle nostre menti. Questa è, ed è sempre stata, la cosa più importante». La produzione di Dovecot ha per simbolo proprio la colombaia in pietra, risalente al ’500, situata nella proprietà che fu la prima sede dello studio. Le iniziali del tessitore possono essere sul fronte o sul retro. La Dovecot Gallery è aperta al pubblico dal lunedì al sabato, e un paio di giorni a settimana sono visitabili anche i laboratori. I visitatori sono cresciuti da 5mila nel 2008 a 45mila nel 2014. Le attività culturali organizzate a Dovecot sostengono creativamente ed economicamente il lavoro della Fondazione. Al momento, Dovecot sta realizzando il suo progetto più ambizioso: un arazzo lungo 50 metri, destinato a un nuovo edificio, che sarà completato nel 2016. L’aspirazione più grande di David Weir è di tenere viva l’arte tessile contemporanea in un modo significativo, affinché «nessuno possa guardare queste opere senza fermarsi a riflettere sul lavoro che c’è dietro. Stiamo andando incontro a un periodo particolarmente denso di impegni, e abbiamo già una lista d’attesa di due anni».

In alto, David Weir, direttore di Dovecot Studios. A lato, dal basso, Alison Watt con Naomi Robertson posano davanti all’arazzo «Butterfly» (l’opera misura 5,6 x 4,2 metri, e alla sua esecuzione hanno collaborato tre tessitori per dieci mesi); il tessitore Rudi Richardson.

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