Mestieri d'Arte & Design n°8

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92 Ettore Bocchia è il padre della cucina molecolare. E al ristorante Mistral di Villa Serbelloni

ATTRAZIONE

di Alessandra Meldolesi - foto di Bob Noto

È

È una trovatella con uno stuolo di padri putativi e una risma di esami del Dna, la cucina molecolare, rivoluzione abiurata dai più che rischia un fraintendimento non meno clamoroso della nouvelle cuisine, ridotta alla rarefazione contemplativa del fagiolo solitario sul piatto. Molecolare che però in Italia ha un padre certo: Ettore Bocchia, chef che in questi tempi di paleocucina in stile Flintstones, con tanto di scuoiamenti congressuali a vista e segaossa per teste e femori sanguinolenti, continua a concentrare sul piatto le energie di un pensiero fortissimo (giacché di questo si tratta). Dove non c’è spazio per l’improvvisazione pasticciona o

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l’effettismo sguaiato, ma il bisturi affonda con fermezza nelle nervature invisibili della materia, dissezionandone potenzialità insospettate. Cosicché dai fumi dell’azoto emerge un gioco nitidamente cartesiano, aritmetico, esatto. Leggero e scorrevole come una mano che pettini le acque del lago. Lo scenario è quello di Villa Serbelloni, magnifico edificio neoclassico dalle fondamenta rinascimentali che specchia logge e pinnacoli nel blu del lago di Como, già cantato da Stendhal e Flaubert. Dall’altro lato digradano le terrazze, tappezzate di aiole, bossi e tassi geometrizzati dall’ars topiaria. Mentre all’interno si dipanano evocative atmosfere viscontiane, sotto i

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