Mestieri d'Arte n°5

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SAPER USARE LE MANI PER PLASMARE UN MONDO MIGLIORE L’artigiano è il vero artista del futuro. In grado di tramandare saperi e valori. Capace di proiettare i giovani verso una consolidata professionalità Plasmare la materia con amore e rispetto, donandole un’anima. È la poesia del mestiere d’arte, lontana anni luce dall’immagine decadente a cui il saper fare era stato relegato dalla rivoluzione industriale. Il mondo corre, sempre più velocemente, in una spirale che porta inevitabilmente ad avvitarsi su se stessi. È la fascinazione dell’attimo a illudere in un’iperbole che la quantità, immediata, sia più gioiosa della qualità. Qualcosa però si sta muovendo. Lontano dalle parate mediatiche del tutto e subito. È un’educazione al gusto, alla materia, al tempo. È quella bella parola più sopra citata: rispetto. Le eccellenze del saper fare lo sanno. E lo comunicano, con i loro modi, in botteghe che sono sempre più atelier e che aprono al grande pubblico nei giorni in cui Milano risplende grazie a un Salone che, sarà un caso, è dedicato al manufatto per eccellenza: il mobile. Stanchi dei cataloghi stile Ikea, di una vita precaria a bassa intensità, troviamo rifugio in questi antichi mestieri che hanno imparato a riconoscere la simbiosi con il design. E rivivono oggi grazie a scuole che finalmente insegnano un mestiere.

viverlo, per i più, in 3D o inseguire l’ultima versione di un iPhone passivamente, senza saper riconoscere il valore di un oggetto, la sua storia, la maestria di tradizioni tramandate nei secoli, la sua evoluzione. No, non è un ricovero nostalgico. Atigiano contemporaneo è sinonimo di bellezza. In Mestieri d’Arte, che nasce dall’unione tra due realtà vocate alla valorizzazione di questo mondo come Swan Group e Fondazione Cologni, prosegue quindi il cammino che porta dritto al futuro. Assistiamo al crollo di economie basate su derivati e speculazioni, alla revisione di chi si è ostinato per anni a dire «delocalizzare» è bello, facendo dell’immediato profitto un’ipoteca sul futuro proprio e delle nuove generazioni. Troppi patrimoni sono andati dispersi, troppi mestieri scivolano via come sabbia in una clessidra. Abbiamo ascoltato i profeti del falso design irridere il laboratorio di falegnameria o l’artigiano che, invece, secondo noi era e rimane un artista del quotidiano. Proprio così. L’artigiano come artista del futuro. In grado di far rivivere il fascino senza tempo, capace di intraprendere e fare impresa insegnando a quelli che un tempo erano garzoni di bottega e oggi sono apprendisti qualificati. Lo Stato non soffochi questi germogli con eccessive pressioni fiscali, contratti ipersindacalizzati che oltre a essere anacronistici comportano il rischio di annientare ulteriormente le possibilità del domani. E l’artigianato, da parte sua, esca dall’enclave dei tempi andati. Abbia il coraggio di rimettersi in discussione. Anche se il giovane che ha accanto ha gli occhi a mandorla o l’accento dell’Est. Sono loro i primi ad aver capito che il futuro passa da qui. Hanno trovato le strade spalancate, perché nel frattempo i nostri giovani hanno disimparato valori come impegno e fatica. Colpa di un sistema universitario che partorisce disoccupati, di una scolastica che ha declassato gli istituti professionali a istruzione di serie B, di una società che privilegia l’apparire all’essere. Mentre sempre più alto si leva il lamento di artigiani anziani che non trovano eredi. Invece c’è un futuro. È a portata di mano. Di chi vuol creare. Dei talenti. E di chi sa crescerli.

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Di questo parliamo da cinque numeri. Perché se vogliamo donare un mondo migliore ai nostri figli è da lì che dobbiamo ripartire. Saper usare le mani per creare. Insinuarsi in microscopici dettagli che, esasperati per quanto impercettibili, fanno la differenza. Recuperare materiali di scarto. Restituire valore alla conoscenza. Godetevi le immagini di queste pagine, respirate la vitalità di un universo-mondo che abita le porcellane di Meissen, le lacche di Vacheron, i vetri soffiati dell’isola del tesoro, il tratto di Gaetano Pesce, la collezione Giovanni Sacchi come le trame mediterranee. Ne troverete giovamento. Come nello scoprire quanti spazi vengono destinati ai giovani talenti, alla sperimentazione di lavorazioni e materiali, alla ricerca. Sono testimonianze, vive, di un’arte antica che torna a sorridere in questa realtà post-industriale che restituisce il mondo a una dimensione più umana. Sullo scorso numero abbiamo rilanciato la necessità di ripartire dalle scuole. Quelle dell’artigianato. Quelle dove si imparavano i mestieri. Il futuro è lì anche se è più comodo

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