Mestieri d'Arte n°1

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Parlare oggi di mestiere d’arte significa interrogarsi sulle radici e sulle prospettive di quel «bello e ben fatto» che è spesso evocato per definire l’eccellenza della produzione italiana: una sintesi di quella ricerca, tecnica ed estetica, che ha nei secoli portato alla realizzazione di manufatti creativi al servizio del mercato. Proprio nella tradizione orafa, il «mestiere» assume un significato che, oggi più che mai, è fondamentale indagare ed enfatizzare: quello di una dimensione pressoché unica dove la preziosità del metallo e delle pietre s’intreccia con l’abilità di mani esperte che forgiano il metallo, incassano e rifiniscono ogni creazione in maniera inconfondibile, per dar vita a capolavori di tecnica e di inventiva. Nel «crogiolo» della bottega rinascimentale si fondevano non solo metalli, ma anche idee, filosofie, tecniche e arti. Quanto di questa magnifica tradizione italiana, che in Benvenuto Cellini trovò un apice assoluto, è ancora viva nel mondo orafo contemporaneo? «Mestiere d’arte è un termine spesso usato con facilità da tanti, in tutti i campi» afferma il maestro orafo fiorentino Orlando Orlandini. «Certo dà lustro a ciò che si realizza, ma sarebbe più appropriato usarlo solo per alcune punte supreme». «Il mestiere d’arte è una filosofia di vita» dice Vincenzo (Enzo) Liverino, nato tra i coralli e formatosi alla scuola del padre Basilio. «Per riconoscere un buon corallo grezzo, per esempio, è importante saperlo tagliare e lavorare: il corallo non pulito è come un libro da leggere. L’interprete del mestiere d’arte è dunque in grado di trasmettere emozioni attraverso le proprie mani, prolungamento dei sentimenti racchiusi nel cuore». Paolo Re rappresenta la seconda generazione della sua famiglia a comando della valenzana Recarlo. Nella sua visione, «il mestiere d’arte è legato alla tradizione di un territorio e/o di una famiglia, al saper fare e alla passione degli artigiani che lavorano su piccoli gioielli e pietre, in taluni casi, quasi invisibili». Anche Andrea Buccellati, che dal padre Gianmaria e dal nonno Mario ha ereditato il talento artistico e la formazione a bottega, pone l’accento sull’importanza della tradizione e della scuola di vita. «Il mestiere d’arte è la capacità dell’individuo di comprendere le proprie risorse creative e le abilità manuali e di svilupparle fino a farle diventare un “mestiere”. L’apprendimento si basa su un’assidua e costante presenza sul lavoro affiancando nella quotidianità persone già esperte. Si tratta di una scuola di vita che risale alla tradizione del Rinascimento italiano». L’interpretazione contemporanea del mestiere d’arte racchiude dunque in sé sia l’espressività dell’arte applicata, sia il contenuto di savoir-

l’efficienza aziendale è l’espressione moderna del concetto di bottega organizzata; non solo saper fare ma anche saper pensare

faire del mestiere. E se la prima può essere innata o coltivata nelle scuole d’arte, il secondo si può sviluppare solo a bottega: «Ho appreso il mestiere d’arte vivendo quotidianamente a contatto con la realtà Buccellati», spiega Andrea Buccellati. «Questo mi ha dato la possibilità di sviluppare le mie capacità creative, affiancando mio padre nel suo lavoro e assorbendo segreti e tecniche di lavorazione dagli artigiani». Il mestiere d’arte non è dunque solo soluzione estetica: è anche e soprattutto capacità tecnica. «Il mestiere è alla base di tutto», racconta Orlandini. «La creatività, pur importante, da sola non basta. Il professionista completo la affianca con la tecnica, intesa come padronanza della materia e conoscenza del mestiere, e le competenze di base d’impresa». La capacità di lavorare i materiali con una certa tecnica o di eseguire particolari lavorazioni dà vita a processi di innovazione: la lucentezza dei gioielli Orlandini deriva per esempio da una tecnica di sfaccettatura con ceselli della superficie in oro. Le miniature su smalti di Gabriella Rivalta rappresentano delle vere e proprie opere artistiche realizzate a mano su una base in oro e smalto con fini pennelli. La tecnica dei pizzi e del tulle di Gianmaria Buccellati porta a opere manuali di grande leggerezza. E l’elenco potrebbe continuare. Questo rapporto tra creatività e tecnica si riscontra anche nel modo in cui i manufatti sono proposti al mercato. Da un lato, il maestro artista concentra la sua sensibilità e fantasia nella realizzazione di oggetti unici, opere che trovano naturale sbocco nelle gallerie d’arte e in esibizioni personali: si tratta di pezzi di alta maestria, singolari e certo non pensati per il mercato. Dall’altro, il maestro artigiano concilia la sua creatività con i vincoli connessi alla riproducibilità, seppur in serie assai limitate: si tratta comunque di pezzi unici, data la manualità della rifinitura che li rende uno diverso dall’altro, offerti al mercato attraverso proprie boutique o il dettaglio specializzato. La sfida, in questo caso, è riuscire a farsi riconoscere in un mercato affollato. È importante, racconta Sergio Antonini (il creativo della Antonini di Milano) «evitare di collezionare i propri manufatti, andando invece alla ricerca del mercato». L’efficienza aziendale è perseguita attraverso la standardizzazione dei processi e delle procedure: è l’espressione moderna del concetto di bottega organizzata, non solo «saper fare ma anche saper pensare». In altri casi ancora, il mestiere d’arte è al servizio di una visione d’impresa più ampia, come spiega Andrea Visconti della valenzana Giorgio


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