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I costumi dell’anima

Stefano Nicolao, raffinato Maestro costumista veneziano, attinge alla propria sensibilità per tradurre in tagli, forme e colori le sue visioni. Mettendo in scena abiti da sogno, alternando l’anima di artista a quella di artigiano.

L’interpretazione è uno dei fondamenti di ogni espressione artistica. Senza interpretazione, un brano musicale, un testo teatrale, un soggetto pittorico non si può manifestare in modo originale, generando nel pubblico emozioni sempre nuove e diverse. Come ci ricorda Alberto Cavalli ne Il valore del Mestiere, anche l’eccellenza artigiana non può prescindere dal concetto d’interpretazione: mentre interpreta, infatti, il Maestro artigiano plasma e dà un senso compiuto a un’idea, generando un oggetto che è al contempo bello, originale, personale e utile. Da 50 anni il Maestro costumista veneziano Stefano Nicolao è un interprete raffinato delle visioni dei registi, delle personalità degli attori e dei cantanti. Non esegue. Traduce una visione artistica in un costume che rappresenta un carattere, una sensazione, un’idea.

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L’amore per l’arte germoglia presto nel giovane Nicolao, che a soli 13 anni si oppone ai genitori – lo volevano ragioniere – e riesce a iscriversi al liceo artistico. «Mi attirava l’ambiente. Avevo anche un’attitudine, mi piaceva disegnare e creare con le mani. Sentivo che non ero predisposto per la matematica, troppo razionale, fatta di postulati e regole, che una testa pazza come me non poteva seguire.» Una formazione che si rivela essenziale alla sua futura carriera di costumista, insieme alla passione per il teatro. Durante gli anni del liceo, infatti, Nicolao comincia a fare la comparsa in Fenice. Si iscrive ad architettura, scenografia e costume, e si diletta a realizzare i costumi e dipingere le scene, anche dietro le quinte dei teatri dove viene ingaggiato come attore. Si ritrova così “a rubare con l’occhio” e capisce che quella è la sua strada. Arrivano i primi successi come attore – «Mi voleva Strehler per fare il Campiello» – e una carriera abbastanza importante anche in tv e radio. «Però mi mancava sempre lo stare dietro le quinte» ricorda. «Decisi che quello che volevo fare era il costumista, anche se i miei genitori non erano d’accordo. Mi dicevano che avrei fatto la fame.» Nicolao trova un posto come assistente di sartoria in un teatro di Trieste, sotto la direzione del Maestro Angelo Delle Piane. «Mi affiancò al suo lavoro di tagliatore, a seguire le prove. Come nelle botteghe rinascimentali, mi mostrava come dalle misure si può tracciare un costume.»

Alla fine degli anni Settanta, a 25 anni, subentra al suo vecchio maestro e dopo una serie di stagioni di successo viene chiamato da Enrico Sabbatini per curare, direttamente sulle pendici dell’Himalaya, una parte dello sceneggiato televisivo

PAGINA ACCANTO: Madama Butterfly, costumista Omachi Shizuko, supervisor Stefano Nicolao, costumi realizzati da Nicolao

Atelier. Dopo il debutto alla Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, l’opera è stata rappresentata in diversi teatri, tra cui l’Opera di Montecarlo, il Festival dell’Opera La Coruña, il Teatro Gallo-Romano di Sanxay. Foto: Courtesy Nicolao Atelier.

QUI: Costume in velluto broccato realizzato da Nicolao Atelier per la serenata La Gloria e Himeneo scritta nel 1725 da Antonio Vivaldi, andata in scena al Teatro Olimpico di Vicenza nel 2017. Foto: Susanna Pozzoli per Michelangelo Foundation.

A SINISTRA: Realizzazione dei costumi per l’inaugurazione della nuova gondola seicentesca, presentata alla Regata Storica di Venezia: Stefano Nicolao all’opera nella preparazione di un abito ispirato all’incisione dell’editore Giacomo Franco (1550-1620).

Foto: Courtesy Nicolao Atelier.

Marco Polo, con la regia di Giuliano Montaldo. «Fu una tappa decisiva, non tanto per la mia carriera ma proprio per la mia esperienza.» Tornato a Venezia, capisce che in città manca un punto di riferimento per il teatro e il cinema. Così fonda Nicolao Atelier e continua la fortunata collaborazione con i migliori registi italiani e stranieri. Ma come nasce un costume? Il processo creativo segue uno schema preciso, e si basa sempre e soprattutto sull’interpretazione. «Occorre innanzitutto conoscere e capire il testo o la sceneggiatura, come sono i personaggi, come e dove e in che periodo è ambientato e, ovviamente, la visione del regista. Attraverso i costumi, bisogna riuscire a evocare lo spirito del carattere.» L’idea astratta si concretizza dapprima attraverso i disegni, che sono la sintesi di quello che si andrà a realizzare. Poi si scelgono i tessuti e gli accessori e si condivide tutto con il regista. «Arrivati alla prova costume, si capisce se si è sulla strada giusta. Se il regista approva, il mio lavoro è finito e passa agli attori. Io mi trovo avvantaggiato, perché ho recitato, e so cosa vuol dire essere aiutato dal costume giusto.» Come succede a Stefano Dionisi, protagonista del film Farinelli: Nicolao va a Parigi a fargli provare i suoi costumi. Dopo qualche minuto di silenzio

Dionisi, entusiasta, esclama di avere finalmente capito chi era

Farinelli! «Il costume induce un atteggiamento, ti obbliga a prendere coscienza del personaggio che stai interpretando.» Ma secondo il Maestro, l’interpretazione non si ferma qui. «Molto spesso scelgo i materiali perché mi chiamano. È un po’ il mio intimo che mi dice cosa è giusto. Molte volte, prima di realizzare un costume, ho proprio la visione di come deve essere. Lo vedo già fatto, ed è difficile che lo cambi in corso d’opera. Mi succede spesso già durante il primo colloquio con il regista. C’è una sovrapposizione di interpretazioni tra la mia anima di artista e quella di artigiano. L’artista quando dipinge dà voce a un’emozione e la rappresenta, l’artigiano deve aggiungere la conoscenza specifica dei materiali e di come si tratta il manufatto. L’obiettivo è coniugare l’idea finale con la visione del regista e il testo.»

Nicolao Atelier rappresenta un’eccellenza italiana per l’unicità e la raffinatezza delle sue produzioni. Il Maestro crede che il patrimonio di conoscenze ed esperienze maturate negli anni debba essere non solo tutelato ma anche condiviso con le nuove generazioni. Ne è una conferma il suo team di giovani collaboratori, che con lui si cimentano quotidianamente in nuove interpretazioni. All’insegna dell’arte e dell’artigianato. •

Stefano Dionisi indossa il costume Dresda in Farinelli. Voce regina, dedicato alla vita del leggendario cantante lirico attivo nel XVIII secolo. Il film ha vinto il David di Donatello per i magnifici costumi di Olga Berluti e Anne de Laugardière, realizzati da Nicolao Atelier nel 1994. Foto: Courtesy Nicolao Atelier.

Tavolo da pranzo Kervan, design Alessandro

La Spada. Il top si presenta con una singola lastra di marmo Port

Laurent di Antolini.

Il marmo viene trattato con finitura Azerocare che rende la superficie totalmente impermeabile.

Il basamento è in acciaio e pietra.

Visionnaire, brand ambassador del design d’interni made in Italy, punta tutto sulla sostenibilità. Un concetto di bellezza che nasce nel rispetto virtuoso dell’ecosistema, verso un Meta-lusso che sostiene la dimensione umana della creazione.