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Cattedra di bellezza

di Giuditta Comerci

Bellezza italiana e cultura del progetto: elementi essenziali dell’ “Homo Faber” di nuova generazione. Talento, genio creativo e tradizioni si fondono con savoir-faire, artigianalità e innovazione. La bellezza si trasforma in mestieri e in storie di successo.

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creatività, innovazione, interpretazione, originalità, talento, territorialità, tradizione. Ogni elemento viene analizzato e definito per comprenderne il significato artistico, culturale e progettuale, al fine di comprendere come questo “codice” sia un vantaggio competitivo che contribuisce a rendere una creazione attraente, desiderabile e di successo.

Dal 2015 il Politecnico di Milano ospita una particolare materia, proposta tra i corsi a scelta degli studenti della facoltà di Design: Mestieri d’arte e Bellezza italiana. Fortemente voluta dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e affidata ad Alberto Cavalli, la Cattedra ha per finalità quella di instillare nelle giovani menti del nuovo millennio la capacità di riconoscere e rigenerare continuamente il DNA della bellezza italiana, attraverso un percorso di senso. “Senso” così come inteso dal filosofo François Cheng: il bello è infatti autentico quando manifesta una direzione al bene, all’evoluzione costruttiva dell’essere umano e non alla sua distruzione, allo smarrimento; quando è portatore di significato, quando è frutto di un progetto maturo e consapevole; quando colpisce i sensi, perché impressionando l’emozione diventa parte indelebile e profonda dell’uomo. Direzione, significato e sensazione sono il senso complesso di una bellezza di cui l’Italia è portatrice da secoli e dalla quale è possibile trarre un paradigma articolato che ne orienti il riconoscimento da parte dei giovani designers. Riconoscere ed evitare il banale, uscire dalla produzione del superfluo, crescere, formarsi e riconoscersi in ciò che ha valore e infonderlo nella propria creatività, nell’espressione originale della propria, autentica vocazione è il principale obiettivo di un corso che mira a formare le nuove generazioni di “Homo Faber”, ovvero: progettisti consapevoli, formalizzatori della bellezza italiana del domani attraverso la cultura del progetto.

La bellezza italiana viene dunque presentata e studiata come un vero e proprio codice genetico articolato intorno ad alcuni fattori imprescindibili: artigianalità, autenticità, competenza,

La bellezza italiana, infatti, è una componente essenziale della creatività legata all’eccellenza, che nel nostro Paese ha una lunga e prestigiosa storia: ma questa bellezza, lungi dall’essere solo una componente estetica e superficiale, si costruisce e si nutre di lavoro, impegno, tradizione e territorio, arte e mestiere. Diventa ulteriore espressione di un talento e di un’etica, oltre che di un’estetica, che caratterizza l’eccellenza della produzione italiana, e che non può fare a meno dei mestieri d’arte (di tradizione o di nuova generazione) che sono legati al territorio. E che dall’arte, dalla storia e dalla bellezza stessa dei territori traggono forza e identità, in un ideale circolo virtuoso. Comprendere come decodificare la “costruzione” di questa bellezza significa riconoscere nel patrimonio materiale e immateriale italiano un’infinita fonte di ispirazione non solo creativa, ma anche professionale e progettuale.

Per meglio legare il concetto di bellezza a quello di lavoro, cultura e ricerca, le lezioni vengono organizzate in numerosi luoghi significativi della città di Milano – il Museo Poldi Pezzoli, la Palazzina Appiani, la Biblioteca Trivulziana, l’Atelier della Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli, la Galleria d’Arte Moderna… Ogni lezione è inoltre arricchita dalla testimonianza diretta di esperti come Maurizio di Robilant, Ugo La Pietra, Stefano Micelli, Isabella Villafranca Soissons, Sara Ricciardi, Zanellato/Bortotto, Paolo Ferrarini: ogni incontro con questi maestri aiuta gli studenti a comprendere come la bellezza italiana sia integrabile alla loro capacità progettuale e alle loro scelte di vita. E sia necessaria per permettere loro di trovare un proprio linguaggio formale, rispettoso e interlocutorio rispetto alla bellezza che serve loro da ispirazione. Al principio e alla fine di ogni lezione e dell’intero corso, la domanda che gli studenti pongono a se stessi è quella che Pasolini incastona nel cuore de La recessione, una delle sue liriche più belle: «una domanda che non è di soldi, ma è solo d’amore, soltanto d’amore». Per sé, per il proprio Paese, per il proprio destino. Una domanda alla quale risponde bene Massimo Cacciari, tracciando l’ideale continuum tra la mano e la mente che dal Rinascimento giunge sino a noi: «Per bene vivere occorrono industria, consiglio, arte, ma anche mani, piedi e nervi: le ragioni del corpo devono allearsi con quelle della diligenza, della sollecitudine, della cura, per sfidare fato e fortuna. Se anche l’uomo avesse il doppio dell’ingegno e non avesse la mano, ’organo degli organi’, non esisterebbero dottrine, edifici e città.» Ovvero, non esiterebbe il design. E forse, neanche la bellezza. •

QUI: “Il Sogno del Cavaliere” di Raffaello è l’immagine con cui, ogni anno, si apre il corso di Bellezza Italiana presso il Politecnico di Milano. Il giovane condottiero che sogna la sua gloria futura, sotto un albero di alloro, è affiancato da due figure che simboleggiano lo studio, l’impegno e l’abnegazione da una parte; lo splendore, il piacere e la grazia dall’altra. Tutti i doni offerti al giovane sono necessari, perché queste sono le qualità di cui hanno bisogno i creatori di meraviglie del futuro: competenza nel creare e felicità nel fare. Foto: Copyright The National Gallery, London/Scala, Firenze.

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