Artigianato 44 special

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La relazione “natura-artificio” si esprime in modo chiaro quando alla materia “travertino” si lega l’elemento “acqua”. Lo dimostrano le forme plastiche delle fontane romane (di Trevi, dei Fiumi ecc.): queste diventano espressione massima di quell’integrazione che ricompone la materia nella forma architettonica e scultorea. Ma non solo! Il lavoro dell’uomo è il segno della continuità del travertino.  Una pietra antica, ma capace di trasformarsi nel tempo per essere sempre viva ed attuale: cedevole quanto basta allo scalpello dello scultore, flessibile e plasmabile dalla manualità dell’artigiano, resistente e leggera sotto l’azione della macchina che la modella. La singolarità di questa “nuova roccia” consiste proprio nell’essere contemporaneamente “natura ed artificio”, nel rappresentare il lavoro dell’uomo che l’ha trasformata, nell’assumere un valore simbolico come “luogo della memoria” dell’arte manuale. Nel 1990 la mostra “ Marmi e progetti, via Giulia e la scuola romana di architettura” costituì l’occasione per importanti architetti come Aymonino, Portoghesi, Anselmi, Dardi, Purini, Prati, D’Ardia tra i tanti, di rivisitare le possibilità espressive del travertino. Così Aymonino disegna una panchina viva con i fianchi a forma di grifo; Anselmi il tavolo “Arcipelago” (confine tra scultura e architettura); Portoghesi una fontana in travertino chiaro. Successivamente ancora il travertino protagonista; ricordiamo: nel 1994 la mostraconcorso “Un tavolo in travertino romano”; nel 1997 la mostra “Contenitori di solidi, di liquidi e di sogni” con “Lucère”,contenitore di fuoco e di luce dello Studio Archema, realizzato con una particolare formazione di travertino denominata “Genesis”; nel 1998 “Abitare il Tempo” con una serie di vasi per fiori lavorati al tornio presentati da Ugo La Pietra.

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