Artigianato 44

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MUSEI di Eduardo Alamaro

A conversazione con Gian Carlo Bojani

Intervista all’ex direttore del M.I.C.  Museo Internazionale Ceramiche di Faenza ora al comando dei Musei Comunali di Pesaro

I

nostri lettori più attenti sanno dell’interesse con il quale la nostra rivista ha seguito lo sviluppo delle sperimentazioni e degli studi ceramici posti fra tradizione ed innovazione, segnalando costantemente le iniziative del MIC, Museo Internazionale Ceramiche di Faenza, la “corazzata” dei Musei delle ceramiche d’Italia. Il professor Gian Carlo Bojani, direttore di quell’istituto museale internazionale dal 1979, dal primo ottobre 2001 è passato a dirigere i Musei Comunali di Pesaro. Abbiamo chiesto al nostro collaboratore (nonché del bollettino MIC di Faenza) Eduardo Alamaro, di intervistare il direttore “uscente”, suo antico amico. Ne è nata una lunga, precisa, ficcante conversazione che coinvolge i temi antichi e recenti relativi alla ceramica e al MIC, temi sui quali si misura trimestralmente la nostra rivista. Ne offriamo alcuni stralci all’attenzione del volonteroso lettore, augurando novelli successi alle arti applicate ed industriali di Pesaro a direzione Bojani. A - Di dove sei? Quale la tua “radice” antropologica? B - Sono di Fano: mio padre della campagna -Roncosambaccioera cresciuto ribelle in un meraviglioso castello dei Conti Saladini, “villa San Biagio” con torri e merli: i nonni paterni ne erano i custodi e io vi ho trascorso momenti incomparabili; mia madre, di genitori ignoti (si sa chi erano...),

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mi ha segnato profondamente. Da parte di mio padre la fantasia, la poesia, la libertà; da mia madre una problematica carnalità, una ferrea normatività… addolcita con gli anni. A - Che studi hai fatto? Che formazione hai avuto? B - Dal liceo classico di Fano, alle Università di Roma, Firenze, Poitiers (Francia), Lovanio (Belgio), fino alla conclusione con l’arrivo a Faenza, all’età di trentasei anni. A - Quando hai incontrato la ceramica, anzi le ceramiche? B - La ceramica l’ho incontrata grazie al professor Ulrich Middeldorf, direttore dell’Istituto Germanico di Firenze, che mi segnalò al professor Giuseppe Liverani direttore del MIC di Faenza, che cercava un successore dietro pressione di Cora, Fanfani, etc. Questi signori (studiosi e collezionisti che poi molto hanno donato al MIC, ndr) diffidavano delle scelte che avrebbero potuto fare i politici … Raccontando a Middeldorf delle mie esperienze con la ceramica in archeologia, un giorno mi disse che ero la persona adatta per il Museo di Faenza… A - Quando sei arrivato a Faenza? B - Nel mese di settembre del 1974, ma Liverani mi contattò l’anno prima. A - Quando e perché hai assunto la direzione del MIC? B - Nel 1979, alla scomparsa di

Liverani. La successione era stata indicata da Liverani stesso sollecitato dai “fiorentini” (di cui sopra, ndr). A - In che condizioni trovasti allora quell’istituto museale? B - Il Museo mi piacque proprio per la sua aria vecchiotta (il mio castello dell’infanzia?), ottocentesca, un po’ fanée. Il mio professore Jozef Mertens, archeologo di Lovanio, venutomi un giorno a trovare, mi disse che occorreva cambiare molto, ma che questo doveva essere fatto con prudenza e poco a poco. A - Sono note le divergenze d’opinione con la Ravanelli Guidotti, conservatrice del MIC. Quando iniziò “la forcella”. Quale l’episodio che ti viene in mente? B - Carmen Ravanelli era nata si può dire nella ceramica, aveva avuto scuola da Liverani, e dunque: chi era costui che veniva ad usurpare uno spazio, lui che non ne sapeva niente di ceramica? A - Era d’uso a Faenza che “il papa” uscente nominasse il suo successore: Ballardini scelse Liverani, quest’ultimo te. Tu avevi scelto quale “delfino” Vossilla, mi pare di ricordare. Perché fallì questa “successione al trono”? Chi bloccò il salto del “delfino”? B - Francesco Vossilla rimane certamente una personalità eccellente di storico dell’arte, di livello veramente internazionale, ha studiato negli USA, può


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