Artigianato 54

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MUSEI di Gian Carlo Bojani

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urioso destino quello dell’originario Museo delle Arti Decorative di Berlino, ora chiamato per diversa funzione “Martin-Gropius-Bau”, dal nome dell’architetto che ne progettò la costruzione nel 1881. Esso pare riflettere la situazione generale europea di una eclisse delle arti decorative, ma in realtà non è da vedersi in modo così negativo. Quel solido e un po’ tetro edificio, collocato peraltro a fianco di atroci rimembranze naziste, dalle linee neorinascimentali con paramento in laterizio rosso scuro, incastonato di mosaici e bassorilievi raffiguranti le allegorie delle Arti maggiori e delle Arti minori, è ora destinato a mostre di arte contemporanea. L’interno a loggiati e ad ambienti percorribili quasi senza soluzione di continuità, appare oggi molto adatto a performances, a installazioni, sperimentazioni. Esso è risultato assai felice per l’esibizione che vi ho visto di recente dedicata alle macchine artigianali-tecnologiche di Fabrizio Plessi, inquietanti nelle loro moli incombenti, sommerse nel buio con improvvisi squarci e bagliori di luci,

Le arti a Berlino

Una sempre maggiore attenzione alle arti decorative ispira e rinnova l’intensa attività dei musei berlinesi di arte contemporanea

stranianti nei loro sommessi rumori di operatività fabbrili. La manualità artigianale e la programmazione video-informatica vi trovavano un singolare connubio, assai efficace. Dunque, non tutto è perduto dell’antica sede rimasta, delle sue finalità originarie: mentre le arti decorative e industriali trovano ora posto poco lontano, nel funzionale, ra zionalistico“Kunstgewerbemuseum im Tiergarten”, quasi l’Acropoli berlinese delle arti, costruito tra il 1978 e il 1985. Vi ho visto, nello scorso mese di febbraio, una bella mostra di design scandinavo con percorso avviato nel segno delle “Lezioni americane” di Italo Calvino e intitolata “Scandinavian Design beyond the Mith”. Una prestigiosa sede storica, lo Schloss Kopenick, presenterà già da quest’anno raccolte di pregiato arredo, parte integrante delle sue collezioni. Non sempre, dunque, si perde a cambiare pelle, involucro, guscio: collocarsi altrove può rappresentare, ed è di fatto, oltre che una metafora del rinnovamento, una realtà che ci proviene da Berlino in modo molto vitale ed esemplare.

Martin-Gropiuus Bau, ex Museo Arti Decorative.

The arts in Berlin

The destiny of the former Museum of Decorative Arts of Berlin, named for a different function “Martin-Gropius Bau” (after the architect who designed it in 1881), echoes the European situation of eclipse of the decorative arts, but it is not quite negative. The neo-Renaissance building is now place of contemporary art exhibitions. The inside seams fit for events like the recent one about the artisan-technological machineries by Fabrizio Plessi, big-sized, overwhelmed with dark, with glares of lights and noises, in a union of artisan manuality and video-informatic programming: not everything is lost of the initial purposes of the centre. The decorative as well as the industrial arts have their right place in “Kunstgewerbemuseum im Tiergarten”, where in February was held an exhibition called “Scandinavian Design beyond the Mith”. Schloss Kopenich, a prestigious historical seat, will present this year some furniture from its collections. So, sometimes it is worth to change skin: to settle down elsewhere can be both a metaphor of the change and a reality that in this case comes from Berlin in a commendable way.

Kunstegewerbemuseum im Tiergarten, Museo Arti Decorative.

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