Artigianato 53

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a Ungania, a Tampieri, a Dario Poppi - alla terrena “pesantezza” del dolore, bensì trova riparo nella leggerezza della melanconia che dipana le ombre, schiarisce lo sguardo, per consegnarlo all’emozione del colore. Il 1950, data del trasferimento della famiglia a Firenze, assume un significato importante: segna, per Salerno, un preciso spartiacque del secolo, scandito da due tempi completamente diversi fra loro. Gambone - il coraggioso pittore che silenziosamente, da appartato e con indole romantica, dialoga con la modernità, con i linguaggi di un ’900 rivolto alla contemporaneità, ai venti di un dibattito europeo - lascia la scena sulla quale è stato riconosciuto unicamente come ceramista, costretto dalle necessità, ma anche dalla difficoltà di aprire un varco nel muro della cultura artistica cittadina di quegli anni, ancora tutta intrisa sia dal “popolanismo” della pittura tardottocentesca napoletana, sia dalla persistente aria d’inizio secolo, con declinazioni di un “classicismo” cifrato da accenti umbertini. Ho impaginato sul piano storico-critico questa mostra, la prima che ricostruisce attraverso cento opere, tra dipinti, sculture, ceramiche, la complessa esperienza creativa di Guido Gambone, cercando di dare risposta, innanzitutto, ad un vecchio impegno che la comunità salernitana aveva con un suo prestigioso artista: un desiderio e una necessità espressi, già nel 1973, da Filiberto Menna, caduti nel silenzio di una storiografia critica incupita dal fatalismo. Dare corpo ad una “assenza” ha significato tirare fuori dai paludati territori della retorica e dell’aneddoto l’artista Gambone, una figura chiave della cultura italiana, approfondire i passaggi salienti della sua vita, verificare con attenzione la cronologia delle opere, leggere il prezioso inventario al quale da anni lavora la figlia Maria Teresa, tessere, infine, l’ordito di un dibattito, quello vivo in Italia fra le due guerre e all’indomani del 1945, cercando di comprendere i movimenti di quel filo rosso che è per noi Guido Gambone.

A lato: “Herod throne”, in metallo, disegno originale

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