Credete nella mia pura innocenza?

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luglio_2010

19-07-2010

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CAVALLINO

SOGNO

La maggiornaza “di ferro” di Gorgoni si sfalda a un anno dal voto con tre “disertori”

DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

T

re componenti della maggioranza, di cui due assessori e il capogruppo, hanno rimesso i propri incarichi per divergenze insanabili con il Sindaco e parte della maggioranza. Un fatto che in altri paesi avrebbe aperto una diatriba politica tale da creare serie difficoltà nel prosieguo politicoamministrativo. Senza scomodare l’etica circa l’opportunità di continuare ad amministrare senza una parte rilevante della squadra di governo è passato l’ennesimo treno della vitalità politica cittadina. Lo scontro è avvenuto in consiglio comunale sull’approvazione del bilancio. Esattamente in un periodo di mezza estate si è confuso, come capita nei sogni, di vivere un tempo e uno stile del fare politica, diciamo poco conosciuto a Cavallino. Shakespeare sarà clemente per aver fatto ricorso alla sua commedia per definire una fatto locale, in una piccola città del sud Italia, che nulla ha a che fare con lo sfondo di Atene in cui è immaginata la commedia.

Ma è un’espressione che è nata da sola e non è più andata via, quando si è sparsa la notizia della rottura della maggioranza cavallinese. La politica di questo comune non è avvezza agli imprevisti, Cavallino è un paesotto che si è costretti a definirlo città perché si è inseguito e trovato tale fregio, ma le dinamiche sono e restano quelle di un paesotto nel quale ha vinto il pensiero unico. Qualcuno cerca di incorniciare come un fatto da guinness che tre pezzi della maggioranza siano fuoriusciti e già questo dà l’idea del blocco monolitico e noioso, avuto qui in questi anni. Siamo tutti chiamati a fare politica, ma alcuni si sono candidati assumendosi l’impegno di rappresentare l’elettore/cittadino. Quindi la noia del pensiero unico rende questo fatto politicamente interessante. Forse di intrigante c’è che ha reso un po’ più difficile la scelta o la composizione dei gruppi politici, che giunti quasi alla fine del mandato si apprestavano, nella quiete più assoluta, a riposizionarsi sul solito scacchiere. Entrare in

merito ai contenuti del perché si è avuta questa crisi non può essere riassunto in un articolo di giornale anche perché è onesto rendere giustizia alle grandi questioni che riguardano Cavallino e non perdersi nei rivoli di un bilancio, seppur importante. Fra le altre cose si è assistito ai tanti analisti, non tanti, i soliti, che da sponde diverse profetizzano questa o quella soluzione finale o peggio la fine di questa o quella carriera politica. Sempre poca cosa rispetto ai problemi di Cavallino. Forse da un articolo su un giornale ci si aspetta di chiarire i motivi e i fatti di tale rottura, ma nel rispetto dell’intelligenza di tutti, tale evento può essere preso come spunto di riflessione su quanto la politica deve dare ai territori. Non di questioni materiali ma di spinte politiche che provengono dall’immateriale, vien voglia di parlare, dallo spirito dell’amministratore che deve anteporre al suo protagonismo la sua progettualità. Se un fatto politico ha lesionato una maggioranza che determina il pensiero

unico della città non si apra la corsa alla presa della diligenza per fare parte di un secondo tempo del pensiero unico. Che la rottura di un gruppo politico sia occasione di libertà, libertà di pensiero, di azione, che sia occasione per costruire una pluralità di pensieri, che sia momento di coinvolgimento e partecipazione. È giunto il momento di rinunciare alle passeggiate-sfilate “vestiti” da politici e grandi pensatori, è necessario avere uomini che abbiano voglia non di esibirsi ma di creare pensiero , anche se questo è faticoso. Si torni alla politica. Non può continuare la storia che l’economia e gli interessi particolari sono i proprietari della nostra capacità di produrre pensiero. È il momento di sapere quanto si è alti e nessuno sa quanto è alto se non ci si alza in piedi. Auguro alla prossima classe dirigente di Cavallino di essere costituita, comunque andrà, da uomini e donne in piedi. Giancarlo Nicolaci


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