Credete nella mia pura innocenza?

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luglio_2010

19-07-2010

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POLITICA Nel basso impero berlusconiano, mentre tutti gli uomini del presidente, da Dell’Utri a Cosentino, da Verdini a Carboni, schizzano ai vertici dello scandalo P3 e dopo la vergogna della “cricca” che speculava attorno alla protezione civile, il governo procede nella sua crociata contro la libertà di informazione. E lo fa non soltanto con la cosiddetta legge “bavaglio” ma anche con i tagli ai fondi per l’editoria (i giornali delle cooperative) e addirittura eliminando le tariffe agevo-

DIALOGO

late per le spedizioni di libri, riviste, quotidiani. Il maxiemendamento alla manovra di bilancio è il malcelato tentativo per chiudere la bocca ai giornali, spina nel fianco del tele-regime. Dopo la distruzione di ogni parvenza di servizio pubblico il Governo intende affondare lo stiletto sulla carta stampata. Eppure i soldi ci sono ma il governo vuole essere lui a scegliere come e a chi darli. Noi, insieme a un mondo politico-giornalistico-

editoriale enorme come mai prima nella storia dell’Italia, noi nel nostro piccolo delle 5500 copie che diffondiamo, stiamo dalla parte del no. Tuttavia non vogliamo oscurare chi la pensa diversamente. Per questo abbiamo deciso di far discutere, attorno al tema madre della libertà, tre voci discordanti. Questa è la libertà che vogliamo, e se non si ferma questo provvedimento, non l’avremo più. La redazione

ASIMMETRICO SU LIBERTÀ E INTERCETTAZIONI Roberto Cavallo: Cominciamo col dire che avere a cuore la questione della privacy, porsi il problema della scelta, ovvero se preferire adottare l’espressione ‘riforma delle intercettazioni e della loro diffusione” piuttosto che “leggebavaglio”, non comporta come suo necessario corollario la difesa del Governo Berlusconi, del Ministro Alfano, del tal presidente di commissione o di chicchessia. Giuseppe Nobile: Niente male come inizio, forse un po’ paraculo. RC. Non paraculo ma dettato dalla necessità di sparigliare gli steccati precostituiti. Il punto è chiedersi che cosa è la privacy, perché è così importante, fino a che punto possa essere sacrificata. Dell’utilità delle intercettazioni, non dubito. Della loro diffusione, un po’ sì. Se è vero, come sostiene Marcel Gauchet, che l’intimità è oramai diven-

tata un criterio di giudizio politico, a noi spetterebbe il compito di capire perché ciò sia avvenuto, poiché, quanto meno nell’opera dei maggiori filosofi-politici, l’intimità non è mai stata trattata come una “categoria politica”. Sarebbe interessante ricercare nella psicologia dei consumatori di gossip, paladini della trasparenza tout court, e vedere in quale alcova giace la motivazione di tali pretese. Costoro si appellano all’art. 21 della Costituzione sulla libertà di pensiero e di stampa; ma pretendere il rispetto

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Come se si chiacchierasse al bar o - per essere al passo con lo spirito dei tempi - come in una qualsiasi chat, Roberto Cavallo, Marco Signore e Giuseppe Nobile discutono del recente provvedimento in discussione in Parlamento sulle intercettazioni (a detta di molti “Legge Bavaglio”). Ma soprattutto discutono - brevemente, tra una nocciolina e un bicchierino virtuali - di libertà e sicurezza, di Costituzione e malafede.

della libertà di stampa, senza porsi il problema del diritto alla segretezza della corrispondenza, sancito dall’art 15 della Costituzione, non è un modo efficace di difendere la legalità. Quali sono i rischi che si corrono se vi è una sistematica e arbitraria diffusione di intercettazioni, prima che intervenga una pronuncia di un Tribunale? Marco Signore: Aggiungo al ragionamento che la libertà del singolo e la sicurezza della collettività possono essere collocati assieme sul piano più alto della gerarchia dei valori di una società democratica, ma solo se il bene comune perseguito è ben determinato o determinabile. Però, quando l’interesse generale mostra dei contorni inafferrabili, la nostra Carta Costituzionale pretende di non sacrificare, in alcun modo, la libertà e la dignità della persona umana. GN. Va bene la privacy e la libertà individuale. Siamo d’accordo nel considerare morbosa la tendenza a considerare rilevanti politicamente presunti vizi privati (a parte che non so chi sia Gauchet..). Ma non avete l’impressione di essere di fronte ad una gigantesca

“foglia di fico”, rappresentata dalla legge sulle intercettazioni, dietro la quale si nasconde l’interesse della classe dirigente a non dover rispondere in nessun modo delle proprie azioni pubbliche? È la fuga dalle responsabilità il dis-valore di fondo di questo provvedimento. Se si voleva solo tutelare la riservatezza delle comunicazioni, come sostiene Stefano Rodotà (ex presidente dell’autorità garante per la privacy), si poteva introdurre la possibilità da parte del giudice e delle parti di decidere quali parti delle intercettazioni sono rilevanti penalmente, procedendo con la distruzione del materiale considerato collegialmente irrilevante. Col provvedimento invece si vuole limitare sostanzialmente il ricorso a questo strumento investigativo e proibire (e punire) la pubblicazione di tutte le intercettazioni. RC. Ma la contrarietà ad un cattiva legge non può dare il via all’arbitrarietà della magistratura e agli istinti della folla. Da un punto di vista giuridico, ad esempio, l’istituto della rimessione del giudice (laddove si sospetti la perdita di indipendenza della magistratura giudicante) da parte della Cassazione nasce come garanzia per rimediare alle esperienze della democrazia assembleare sperimentata durante la Rivoluzione, poiché accadeva allora che i tribunali si

trovavano a giudicare davanti a una folla urlante che chiedeva di passare subito alla ghigliottina. Con le dovute proporzioni, oggi si chiede un processo di piazza, di televisione, e un tribunale del popolo; ma il giudizio reso dal popolo, che poi è una parte, non è un giudizio, e perciò il processo rivoluzionario – oggi “televisivo” – non è, per il giurista, un giudizio. Esagerato paragone? MS. Anche perché non è ragionevole ipotizzare che il magistrato, in grazia del proprio status, sia immune da errori o da condizionamenti. Chi diventa magistrato, certo non smette di continuare ad essere una persona normale come tutti noi. GN. Infatti è proprio il principale sponsor di questa legge – il nostro presidente del Consiglio – ad aver definito «menti deviate» i magistrati… Concordo metodologicamente con voi ma continuo a vedere la malafede in questo provvedimento. Lo si vede nel tempismo della presentazione, nelle argomentazioni dei suoi sostenitori. E poi c’è un altro punto: in tutti i paesi democratici chi svolge ruoli pubblici ha delle responsabilità, non solo penali bensì politiche e sociali. Un esempio di giornata: il consigliere della Cassazione che rassicura la cricca di Verdini rispetto alla possibile esclusione della Lista Formigoni dalle ultime elezioni regionali in Lombardia, garantendo un suo intervento presso i giudici, anche se poi non realizza questo intervento, non è censurabile almeno sul piano disciplinare se non penale? Non ha intaccato l’indipendenza del suo ufficio? E poi, perché la pubblica opinione (non la piazza forcaiola) non dovrebbe essere informata su questo fatto? Come in un’intercettazione mal riuscita, non si sente la conclusione della discussione. Forse non c’è, anche perchè il nostro proposito era instillare il dubbio, molteplici dubbi, piuttosto che proporre certezze.


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