Vdg Italo

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NOVEMBRE 2013

Il giornale di

magazine

i Viaggi del Gusto

l’italia nascosta alla scoperta dell’olio extra vergine di oliva VERSO EXPO 2015

Intervista all’a.d. Giuseppe Sala VIAGGI D’AUTUNNO

Asolo, città dell’armonia I castelli della Val d’Aosta

artigianato

L’arte liutaia a Cremona Francesco Bartolucci e i suoi Pinocchi TENDENZE

Milano: la mappa del gusto

WINE PASSION

Il Riesling dell’Oltrepò CIBO&TERRITORIO

La cucina “lumbarda” Formaggi bergamaschi I dolci alla mela







magazine

editoriale

di Domenico Marasco

domenico.marasco@vdgmagazine.it

Non tutto è perduto. Anzi

“Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno” Nel 1931 Albert Einstein parlava della crisi. Quella del 1929. Ne condividiamo pienamente lo scritto e ve lo proponiamo integralmente. La crisi secondo Einstein “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”.

Dobbiamo prendere alla lettera ciò che diceva il premio Nobel ben 82 anni fa. Dobbiamo cercare ciò che di “buono” c’è nella crisi, così come Virgilio cercava l’oro nello sterco di Ennio. Con l’esplosione dell’era globalizzata, niente sarà più come prima. Gli effetti sono stati sottostimati (o sovrastimati, dipende dai punti di vista) da tutti gli economisti. Ciò che è in atto è una rimodulazione delle comunità locali che porterà ad una nuova riorganizzazione della distribuzione dei prodotti e dei consumi. Un qualcosa che porterà ad un nuovo concetto di solidarietà e di comunità. Ogni imprenditore che delocalizza impoverisce il territorio…che però per fortuna non si può delocalizzare! Per il nostro Paese, questa crisi può portare delle nuove opportunità. L’unicità dei territori, le varietà delle culture e dei cibi, le “eccellenze umane” come il maestro dei maestri pasticcieri Iginio Massari – che avete trovato in copertina – possono portare l’Italia fuori dalla congiuntura. C’è tuttavia una condizione da rispettare. Quella del primato della competenza. Iniziate, perciò, a chiedere il curriculum a chi vi sta attorno e a verificarne le reali capacità. Questo è il nostro proposito per il 2014. Buon viaggio del gusto. E Buon Natale

novembre 2013

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sommario sommario novembre 2013 68

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14 Dall’Italia e dal mondo

18 La salute nel piatto

Gli Omega-3

52

20 Scienza & vita

Il Veneto visto dall’alpeggio

22 Scenari di Nomisma

Il Sigaro Toscano

24 La pagina verde

Frutta: istruzioni per l’uso

26 Almanacco di Barbanera 28 Appuntamenti

40 Cover story Nel mondo se ne consumano 3 milioni di tonnellate l’anno. Un business, quello dell’olio, in continua crescita. Ma, oggi, per un consumatore, orientarsi nella “giungla dello scaffale” è sempre più difficile. A maggior ragione da quando multinazionali e “furbetti del frantoio” hanno invaso il mercato con prodotti di dubbia provenienza che spesso di “italiano” hanno solo il nome. Proviamo a capirci qualcosa.

panorama

inviaggio

48 Verso Expo 2015

60 Evasioni d’autunno

Come si prepara Milano all’evento? Ne parliamo con l’a.d. Giuseppe Sala

52 Milano mangia e bevi

Itinerari romantici e tappe golose. Per rivalutare la stagione più grigia

64 La città dell’Armonia

Indirizzi e tendenze per scoprire come si sta oggi a tavola sotto la Madunina

Scopriamo Asolo. Il borgo veneto che ha conquistato pure i giapponesi

56 Sapori&parole

68 Castelli valdostani

Gastronomia meneghina: lo scrittore Moni Ovadia spiega com’è cambiata

A spasso tra i fiabeschi manieri della verde Vallée: da Gressoney a Verrés

72 Terre lontane: Giordania

Una città scolpita nella roccia. E tanti segreti da svelare. Benvenuti a Petra

76 L’Italia in mostra: Prato

Excursurs artistico nella città toscana che ospita i capolavori rinascimentali

80 Città in 24 ore, Copenhagen

8

novembre 2013



sommario sommario novembre 2013 90

84

102

cibo&territorio

piaceri

84 La cucina “lumbarda”

102 Le mani raccontano

Cremona, regno del liuto. Un’arte storica e sublime divenuta Patrimonio Unesco

Cassöla, pizzoccheri e busecca: viaggio nella verace tradizione culinaria padana

90 L’oro bianco delle Orobie

Con 9 formaggi Dop, Bergamo domina il caseario italiano: scopriamone i sapori

94 Wine passion: il Riesling

Ha natali renani ma risiede in Oltrepò: un bianco che si sdoppia nel bicchiere

novembre 2013

di legno: un successo lungo 30 anni

106 Camera con vista, Gardone Riviera 107 Week-end cultura, Castiglioncello

96 Dulcis in fundo, i dolci alla mela

108 Soste d’arte

97 La storia in cucina, i giandujotti

109 Libri

98 Orto dei semplici, i cardi

110 Shopping

99 Il buono a tavola, ricette

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104 Le mani raccontano / 2 Francesco Bartolucci e i suoi Pinocchi



contributors novembre 2013

magazine

CHIARA MOJANA Musica e gastronomia sono le sue passioni. Raccontarle è il suo lavoro. Già direttrice di "A Tavola" e "Cucina Gourmet", lavora per la Federazione Italiana Cuochi. Viaggia e colleziona strumenti musicali e ricette con erbe e fiori. Promuove uno stile di cucina "naturale", attraverso corsi e il blog www.iocucinonaturale.com

ANTONIO ROMEO

i Viaggi del Gusto

Nativo di Botricello (Cz), fin da giovane mostra spiccate sensibilità gastronomiche. E infatti preso il diploma, finisce a Milano a fare lo chef. Da qualche anno è tornato in Calabria ad insegnare e combattere la sua crociata personale contro la cucina omologata e a favore dei piatti della tradizione regionale.

Direttore Responsabile Domenico Marasco

ELENA CONTI

ISA GRASSANO Lucana di nascita, bolognese d’adozione. Da piccola sognava di fare l’hostess o la giornalista. Quando s’è resa conto che non avrebbe superato l’1,60 di altezza, ha ripiegato sulla seconda opzione. Ma non ha rinunciato ai viaggi e al turismo, di cui scrive con passione e competenza. Tra voli aerei e pagine da riempire, ha anche trovato il tempo per creare un divertente manuale sulle “101 cose da fare Gratis in Italia”.

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novembre 2013

Senese ma di famiglia fiorentina in cui convivono pacificamente guelfi e ghibellini, e d’aspetto nordico. Con un pedigree del genere, non poteva che darsi alle lingue straniere. Giornalista per caso, prima tv, poi carta stampata e uffici stampa. Ha lavorato per anni con Carlo Verdone al Terra di Siena Film Festival. Ma quando ha scoperto il Cappero di Pantelleria, è passata con leggerezza dal cinema all’agroalimentare di qualità.

Coordinatore editoriale Francesco Condoluci Grafica e impaginazione Daniel Addai Carlo Fontana

MONI OVADIA

Editing Gilda Ciaruffoli

Ha origini ebraichesefardite-greche-turcheserbe, ma vive da sempre a Milano. Scrittore, autore teatrale, attore e cantante. S’è sempre fatto ispirare dal vagabondaggio culturale e reale del popolo ebraico e dalla cultura yiddish. Noto è il suo impegno politico e civile a sostegno dei diritti e della pace.

Foto Editor Gianluca Congiu

hanno collaborato a questo numero: Lucrezia Argentiero Flavio Amadei Laura Bernardi Locatelli Germana Cabrelle Piero Caltrin Olga Carlini Gilda Ciaruffoli Davide Ciccarese Elena Conti Silvana Delfuoco Maria Pia Fanciulli Eleonora Fatigati Michela Fischer Francesca Frediani Riccardo Lagorio Donato Lanati Lucia Lipari Iginio Massari Nomisma Giuseppe Pulina Carlos Solito Fondazione Veronesi

Foto Giulio Barreri Editore: Opera Italia Srl Via Pola, 15 20124 Milano Presidente: Roberto Patti Stampa: PuntoWeb Srl 00040 Ariccia (Roma) Distribuzione Italia ME.PE. S.p.A. Abbonamenti Opera Italia Srl - Via Pola 15 - 20124 Milano Tel. 02.89.053250 - fax 02.89053284 abbonamenti@vdgmagazine.it Il Servizio abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 12,30. L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. L’eventuale cambio di indirizzo è gratuito. Informare il Servizio abbonati almeno 20 giorni prima del trasferimento, allegando l’etichetta con la quale arriva la rivista. GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a: Opera Italia Srl Sede legale: via Pola 15 - 20124 Milano Redazione: via Pola 15 - 20124 Milano tel. 0289053250 - fax 0289053290 Registrazione Tribunale di Milano n. 92 del 10/02/2011

Sito: www.vdgmagazine.it Segreteria: Monia Manzoni - Tel. 02.89053250 ufficiotraffico@vdgmagazine.it L’editore ha ricercato con ogni mezzo i titolari dei diritti fotografici senza riuscire a reperirli. È ovviamente a piena disposizione per assolvere quanto dovuto nei loro confronti

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Direttore commerciale Ruggero Marasco Assistenti alle vendite Flavio Amadei Zofia Amador Montoya Betty Arena Iolanda Bivona Stefania Campus Donatella Graci Sara Loglisci Marco Olivito Prenotazione spazi e ricevimento impianti

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rassegna stampa dall’ Italia e dal mondo

di Francesco Condoluci redazione1@vdgmagazine.it

Migranti, l’Europa cambi rotta. Prima che i flussi (e i morti) aumentino Nella notte del 3 ottobre a circa un miglio e mezzo da Lampedusa, si è rotto il motore di un barcone partito dalla Libia con 518 persone, per la maggior parte eritrei e somali. Qualcuno dei migranti, intravista la costa, nel tentativo di farsi notare ha dato fuoco a una coperta innescando un incendio sul ponte intriso di gasolio. Per il caotico spostamento delle persone in preda al panico, il piccolo battello ha cominciato a imbarcare acqua, decine di passeggeri si sono gettati in mare e il natante s’è in breve inabissato con centinaia di persone rimaste intrappolate nella stiva. Un peschereccio, notate le fiamme, si è diretto verso la zona, seguito poco dopo da alcune motovedette. Sono state salvate 155 persone e recuperate 364 vittime. I dispersi sono 4. Il giorno 11 successivo, in una zona a 60 miglia a sud di Lampedusa, un altro barcone con 400 migranti si è rovesciato e solo la prontezza dei soccorsi ha consentito il salvataggio di 206 persone. Nella notte sono stati recuperati 34 cadaveri e risultano dispersi gli altri 160. Secondo i dati di Fortress Europe (aggiornati al 3 ottobre scorso), dal 1988 i morti lungo le frontiere europee sono stati 19.142, per la maggior parte annegati nel Mar Mediterraneo. 14

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Il commento Viaggi della speranza, migranti, barconi, scafisti, naufragi, morte, bare, canea mediatica, polemiche politiche, solidarietà pelosa, leggi sui flussi migratori da rivedere. Poi il silenzio. Altri viaggi della speranza, altri migranti, altri barconi, altri scafisti, altri naufragi, altre morti, altre bare, altre polemiche politiche, ancora solidarietà pelosa e ancora leggi sui flussi migratori da rivedere. Poi di nuovo il silenzio. Uno stillicidio che va avanti da 20 anni. Sempre uguale a se stesso nella sua tragica serialità. Come il lessico cronachistico delle stragi di migranti, che resta sempre lo stesso, così come le ipocrisie del giorno dopo dei terzomondisti d’occasione. Il mese di ottobre 2013 passerà alla storia come il “mese nero” dei naufragi nel canale di Sicilia a ridosso di Lampedusa, l’isola a cui la sorte ha dato, suo malgrado, l’indesiderato ruolo di macabro scenario di questi eventi luttuosi. Centinaia e centinaia di corpi annegati e povere vite spezzate in pochi giorni. Mai successo finora a così poca distanza. Ma la solfa non è cambiata: sull’onda dello sdegno (giusto per un paio di settimane) la politica solidarizza e pontifica, i media vomitano commenti e analisi, le anime belle chiedono verità e giustizia. Nessuno però – a giudicare da quello che si vede, si sente e si legge – che sia capace di capire, e far capire, a quale fenomeno storico di enorme portata sociale ed economica stiamo assistendo. Come se bastasse la pietas cristiana, gli interventi umanitari d’emergenza e la revisione della legge Bossi-Fini ad arginare un’onda umana che da qui al 2050 porterà in Europa 2 milioni di persone provenienti dall’Africa all’anno, secondo le stime (al ribasso) del Cnel. Si pensi che la sola crisi siriana, nel 2013, ha causato un’ondata migratoria di oltre 2 milioni di persone e che il numero dei conflitti in corso in Africa, Medio Oriente e Asia tende ad aumentare. Il tema dei flussi migratori dai Paesi meno sviluppati (continente africano, ma anche Medio Oriente e Afghanistan) è dunque “il” tema del Terzo Millennio. E per poterlo fronteggiare in maniera seria e organica, ci vuole una politica integrata a livello europeo che non lasci sole l’Italia, la Spagna, Malta e la Grecia (primi approdi dei flussi mediterranei) a gestire le emergenze. Una politica integrata, soprattutto, che incentivi i salvataggi in mare, faccia astrazione da normative e azioni repressive (inutili, stando ai fatti, oltre che inique) e preveda piuttosto, negli accordi bilaterali ed europei di respingimento, eventuali investimenti nei Paesi di origine per frenare il numero delle partenze. Perché quando l’Occidente smetterà di considerare (nella geopolitica mondiale) i Paesi meno sviluppati come mere “aree di consumo” e proverà invece a incentivarne lo sviluppo offrendo strumenti per far aumentare in loco produzione e lavoro, restituendo così anche una dignità alle popolazioni meno fortunate, allora forse parole come “migranti”, “solidarietà” e “terzomondismo” non avranno nemmeno ragion d’essere.



rassegna stampa

di Francesco Condoluci redazione1@vdgmagazine.it

Dall’Ue via libera alla Pasta di Gragnano Igp Ansa • La Pasta di Gragnano ha conquistato a livello europeo una nuova Indicazione geografica protetta (Igp) per l’Italia, e ora sarà tutelata da imitazioni e falsi. Lo ha annunciato la Commissione europea precisando che la pasta fabbricata nel comune di Gragnano, in provincia di Napoli “è conosciuta per il metodo tradizionale con cui viene prodotta, con l’utilizzo di trafile in bronzo che le conferiscono una rugosità tale da permetterle di amalgamarsi in modo ottimale a salse e condimenti”.
Con il riconoscimento ufficiale dell’esecutivo Ue, la nuova Igp sarà iscritta nello speciale registro europeo che protegge gli alimenti di alta qualità. Il registro europeo, nel quale l’Italia detiene il primato dei prodotti tutelati, è ricco di circa 1.200 eccellenze agroalimentari.

Google vuole promuovere il Made in Italy Wired • Google ha annunciato che l’azienda punta a promuovere il made in Italy all’estero tramite il digitale. Il presidente del gruppo di Mountain View, Eric Schmidt, è stato l’ospite d’onore del Big Tent, evento organizzato da Google a Roma per aiutare la crescita economica delle imprese grazie allo sfruttamento del digitale. Al governo italiano, Schmidt ha detto che «Le piccole aziende non sono nelle grandi città e hanno bisogno di banda larga veloce, wireless e Lte, perché nulla può succedere senza queste cose. La pubblica amministrazione deve farsi carico dell’alfabetizzazione digitale». Schmidt è venuto in Italia proprio a promuovere il binomio digitale-esportazione. Google è convinta infatti che in Italia sia necessario «dare vita a una nuova industria basata sui giovani e che Internet è il mezzo più adatto per far crescere il paese». Per questo investirà nella promozione del made in Italy concentrandosi su tre aspetti: «Far conoscere le eccellenze nascoste, diffondere tra gli imprenditori le competenze digitali e valorizzare i giovani come promotori della transizione al digitale dell’economia italiana».

Nutella resta italiana: Ferrero dice no a Nestlé Financial Times • Nestlé ha provato ad acquisire completamente o in parte l’azienda Ferrero, ma le sue avances sono state respinte dallo storico gruppo dolciario con sede ad Alba. La multinazione svizzera avrebbe provato a mettere le mani sul brand inventore della celeberrima Nutella, nell’obiettivo di espandere le sue attività nel comparto della pasticceria. «Nestlé ci ha provato, ma Ferrero è come una fortezza. I colloqui non hanno sortito alcun risultato» ha rivelato una fonte europea. L’azienda italiana, proprietaria anche dei marchi Kinder, Mon Chéri, Ferrero Rocher e Tic Tac, ha negato tuttavia di aver ricevuto l’offerta, ribadendo che «la Ferrero non è in vendita». Paul Bulcke, amministratore delegato Nestlé, dal canto suo, ha confermato al Financial Times che la holding svizzera «in linea generale, intende espandersi, nel settore dolciario» ma non ha voluto commentare la vicenda. 16

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Falsi cibi biologici, truffe in aumento L’Espresso • Quintali di prodotti che vengono fatti passare per delizie bio sottoposte a severi controlli ma che invece aggirano le norme falsificando le etichette e utilizzando, spesso, pericolosi pesticidi, liquidi non commestibili o persino mangimi per animali. L’ultima frode è stata scoperta a Roma, dove sono state sequestrate 2 mila confezioni di finti cibi bio: da tisane a salse di pomodoro a integratori alimentari. Solo nel 2013 il Nucleo Antifrode dei Carabinieri ha sequestrato in tutta Italia 2 milioni di finte etichette biologiche e confezioni “ingannevoli” e più di 77 mila prodotti agroalimentari. La Guardia di Finanza, invece, ne ha ritirati dal mercato quasi un milione in un anno. Un giro d’affari enorme che ha un doppio fine: truffare i clienti e accaparrarsi i finanziamenti Ue elargiti a favore dell’agricoltura biologica. In un anno, sempre i militari dell’Arma hanno accertato frodi ai danni dell’Ue per oltre 12 milioni di euro. Tanto che ora Bruxelles per scongiurare altre truffe “all’italiana” potrebbe decidere di chiudere i rubinetti dei finanziamenti decurtando per il 2014-2020 le assegnazioni dei fondi per la Politica Agricola Comune.



la salute nel piatto

A cura della Redazione scientifica Fondazione Veronesi testi di Donatella Barus

“Essenziali” per stare bene Se ne parla tanto, di Omega 3. La formula è ormai divenuta familiare come sinonimo di cibo salutare, irrinunciabile per i suoi effetti benefici. Scopriamo insieme come assumerli correttamente e a cosa servono

Sono detti acidi grassi “essenziali” in quanto non possiamo farne a meno ma il nostro organismo non sa produrli da sé. Gli Omega-3 vanno dunque ingeriti dall’esterno. Prendendoli da dove? In farmacia ed erboristeria ne esistono confezioni pronte per l’uso ma, volendo attingere alla normale alimentazione, ci si deve rivolgere invece a semi, frutta secca e pesce. Tra la frutta secca, le noci primeggiano su nocciole o mandorle in quanto, ricche di proteine e carboidrati, lo sono soprattutto di grassi: dei quali, però, soltanto il 10% sono saturi, cioè grassi “cattivi”. Il resto sono grassi “buoni”, insaturi. Tra i pesci, in quantità apprezzabili gli Omega-3 si trovano in salmone, sgombro, aringa, sardina e trota. In gran parte si tratta del famoso pesce azzurro dei nostri mari. Quanto ai semi, e agli oli da essi derivati, il primo posto va ai semi di lino. Il suo olio ha straordinari poteri benefici sul nostro organismo in quanto contiene ben 18

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57 gr di Omega-3 ogni 100, mentre l’olio di colza arriva a 9 gr, quello di soia a 7 e quello di oliva ne è quasi privo. Per fare il giusto pieno dei preziosi grassi, “essenziali” per il buon funzionamento del nostro corpo, ogni giorno si possono assumere due cucchiaini di olio di semi di lino oppure un cucchiaio di semi macinati più 30 gr di noci. Perché sono tanto importanti? Gli Omega-3 abbassano il colesterolo “cattivo” e i trigliceridi, regolano la pressione del sangue, riducono la capacità di aggregazione delle piastrine (vale a dire il rischio di trombosi), proteggendo dunque da malattie cardiovascolari. Anche al cervello arrivano benefici per la loro capacità di dare fluidità alle membrane delle cellule nervose. Va alla fine segnalato che gli Omega-3 sono attualmente sotto studio per la possibilità che contrastino alcune forme di tumore. Davvero non è piccolo il ventaglio delle opportunità che questa sola categoria alimentare offre alla nostra salute.

Alzheimer e alimentazione La buona notizia viene da uno studio della Columbia University, NY. A 1.219 persone con più di 65 anni di età e privi di turbe cognitive è stato chiesto di compilare un questionario sulle loro abitudini alimentari. Un anno e mezzo dopo, i volontari sono stati sottoposti a un prelievo di sangue per misurare il livello della proteina beta-amiloide, tipicamente associata ai problemi di memoria e alla malattia di Alzheimer. Confrontando tali livelli ematici con l’alimentazione seguita da ciascun volontario, i ricercatori hanno trovato che più un individuo consuma Omega-3, più sono bassi i tassi di proteina beta-amiloide nel suo sangue. Occorreranno altre ricerche di conferma, ma intanto l’indicazione uscita da questo studio è promettente.

Per saperne di più:

www.fondazioneveronesi.it


LE NOCI DELLA PREVENZIONE FANNO BENE DUE VOLTE.

A TE E ALLA RICERCA.

CERCALE NEI MIGLIORI SUPERMERCATI.

MARCO BIANCHI Divulgatore Scientifico per Fondazione Umberto Veronesi e Cuoco per vocazione

La scienza ha dimostrato che tre noci al giorno aiutano a prevenire tumori, malattie cardiovascolari e invecchiamento cellulare. E che sono un alimento sano per tutta la famiglia, perchĂŠ contengono molecole importanti per la salute, come Omega 3, fitosteroli, flavonoidi e Vitamina E. Ma solo le noci della Prevenzione fanno bene due volte. Quando le mangiamo e quando le compriamo perchĂŠ aiutano la ricerca scientifica della Fondazione Umberto Veronesi. In collaborazione con


di Giuseppe Pulina

Professore di Zootecnia speciale all’Università di Sassari

scienza e vita

Il Veneto visto dall’alpeggio Se delle cose importanti ci si accorge solo quando non ci sono più, pensiamo a ciò che accadrebbe se si smettesse di portare le greggi al pascolo. Niente più prodotti tipici come Asiago e Montasio, o le carni che hanno fatto la storia della gastronomia veneta. Ma non solo. Le tradizioni e i panorami alpini che tanto amiamo verrebbero inesorabilmente compromessi 20

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Un viaggiatore che volesse attraversare il Veneto da sud a nord incontrerebbe quattro grandi sistemi di paesaggi: le lagune lungo la costa adriatica, la fertile pianura con le sue città storiche (ma anche l’affollamento abitativo e industriale che minaccia le aree agricole rimaste), la pedemontana veronese, vicentina e trevigiana, dove potrebbe sostare tra i famosi vigneti, e infine le montagne, che si addentrano verso nord nelle Dolomiti, patrimonio mondiale dell’Unesco, fino al confine con l’Austria. Tuttavia, uno dei paesaggi unificanti la regione è quello zootecnico. A questo proposito abbiamo sentito il parere di uno dei maggiori esperti in Italia, il professor Maurizio Ramanzin, ordinario di Zootecnica all’Università di Padova. Il paesaggio zootecnico più caratteristico è quello montano? Sì, è in montagna che la zootecnia incontra il paesaggio nei suoi aspetti storici, naturalistici ed estetico-ricreativi. Non dimentichiamo che qui, come in tutte le Alpi del resto, l’allevamento è stato per secoli l’elemento dominante nelle economie locali. Nell’ultimo cinquantennio le condizioni economiche e sociali sono profondamente cambiate, e gli allevamenti si sono molto ridotti di fronte alla concorrenza della piccola industria e del turismo. Tuttavia,

la zootecnia svolge ancora fondamentali funzioni paesaggistiche. In che modo contribuisce al mantenimento del paesaggio montano? In primo luogo, mancando gli allevatori, le aree aperte sarebbero abbandonate e, in pochi decenni, ricoperte dai boschi. Ora, questa rinaturalizzazione di per sé è un fenomeno positivo, che diventa però negativo quanto si espande troppo, fino a rompere l’equilibrio del paesaggio. I prati e i pascoli gestiti in maniera estensiva, e quegli elementi artificiali, ma di alto valore naturalistico, che li caratterizzano (si pensi per esempio alle pozze d’alpeggio), sono infatti riconosciuti come necessari alla conservazione di molte specie vegetali e animali – come anfibi, uccelli e farfalle – tanto che il mantenimento di questi habitat di prateria rientra nelle priorità delle politiche agrarie e ambientali comunitarie. Inoltre, le aree aperte, soprattutto se abitate dagli animali al pascolo e con la presenza di manufatti ed elementi architettonici tipici, come muretti a secco, fontane, abbeveratoi e fienili, aprono la vista sul paesaggio e ne migliorano la qualità percettiva. Questo si riflette ovviamente sul valore turistico della montagna. Gli esempi forse più noti dove prati e boschi e pascoli s’integrano ar-


moniosamente nel paesaggio montano sono l’Altopiano dei Sette Comuni, l’Ampezzano, l’Alto Agordino e il Comelico, ma ce ne sono molti altri che chi ha visitato ricorda, o rivisita, con piacere. Turismo e zootecnia, questo è un tema inesplorato... Parlando di turismo, è inevitabile ricordare anche i numerosi prodotti tipici della zootecnia della montagna veneta: i formaggi Dop Asiago, Montasio, Monte Veronese e Piave, i presidi slow food Agnello d’Alpago, Asiago stravecchio, Monte Veronese di malga, Morlacco del Grappa; ma anche quasi tutti gli oltre 40 fra formaggi e latticini, e parte dei quasi 100 prodotti carnei, che sono riconosciuti come tradizionali del Veneto. Questi prodotti si caratterizzano per i legami con il territorio e con le tradizioni locali. Chi volesse, in Veneto trova non solo le “vie del vino”, ma anche quelle dei formaggi, itinerari che coniugano salutari escursioni, spesso in quota tra gli alpeggi, con gli assaggi di questi prodotti. A proposito di alpeggi, sono oltre 530 quelli ancora attivi nel Veneto, che continuano e rinnovano una secolare tradizione. Si pensi alle malghe della Lessinia, alcune delle quali risalenti al 1600, o a quelle dell’altipiano di Asiago, ricordate anche da Mario Rigoni Stern in Amore di confine. Queste sono le risorse che il paesaggio mobilita per il turismo; ma va tutto bene in montagna? Ovviamente non mancano le ombre. Non possiamo nascondere che in alcune zone l’abbandono della zootecnia e l’impoverimento conseguente del paesaggio sono stati notevoli, e che in altre la trasformazione degli allevamenti verso moduli intensivi ha sciolto il loro legame con le praterie e la tradizione. D’altra parte, non mancano neppure i segnali di ripresa, nel solco della sostenibilità. Le parole chiave sono diversificazione dei redditi, puntando anche sull’agriturismo o sull’integrazione delle attività familiari tra agricoltura e altri settori economici, valorizzazione della qualità dei prodotti attraverso filiere corte, finanche alla produzione diretta aziendale o in alpeggio, e servizi ambientali, che dovrebbero essere adeguatamente misurati e riconosciuti dalla comunità. Non mancano giovani imprenditori capaci di intraprendere questa strada innovativa e garantire quel ricambio generazionale che è fondamentale per il mantenimento della sinergia tra allevamento, territorio e paesaggio.

“Ora vacche e vitelle, pecore e agnelle, cavalli e puledre sono sui pascoli alti... ieri sono risalito per la vecchia strada che facevo da ragazzo con mio nonno e mio padre per visitare le malghe più belle dell’altopiano di Asiago” (Amore di confine – Mario Rigoni Stern)

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scenari di Nomisma

Sigaro Toscano, stile italiano A fumarlo è una nicchia, ma la sua fama è nota e la sua qualità è riconosciuta pressoché dalla totalità dell’opinione pubblica nazionale. In un periodo in cui i ridimensionamenti non risparmiano neanche il comparto del tabacco, questa icona del made in Italy è una felice eccezione in controtendenza

Per saperne di più:

agroalimentare@nomisma.it www.nomisma.it

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Pochi sanno che l’Italia rappresenta il primo produttore di tabacco in Europa, così come non tutti sanno che l’intera filiera nazionale, dalla produzione agricola alla vendita dei prodotti da fumo, arriva a coinvolgere annualmente circa 190 mila addetti e a esprimere un valore economico di quasi 19 miliardi di euro (di cui oltre 14 finiscono nelle casse dello Stato a titolo di Accise e Iva). Negli anni questa filiera si è fortemente ridimensionata, soprattutto nella fase agricola: se all’inizio del terzo millennio 27 mila agricoltori coltivavano quasi 40 mila ettari a tabacco, oggi meno di 4 mila produttori continuano nell’attività, mettendo a coltivazione poco più di 15 mila ettari. Cambiamenti nel mercato e nel quadro di regolamentazione hanno contribuito a ridisegnare il settore. Tuttavia, a questo scenario di forti mutamenti, c’è stato un prodotto che è riuscito a contrapporsi, mantenendo inalterata la sua capacità di attivazione economica e occupazionale. Si tratta del Sigaro Toscano. Nato “per sbaglio”, la sua sto-

A cura dell’Osservatorio Agroalimentare Nomisma

ria parte da molto lontano. A Firenze, in una torrida domenica dell’agosto 1815, un temporale estivo inzuppa una partita di tabacco. Per evitare il peggio, le foglie vengono stese al sole e asciugate con l’ausilio di fuochi a legna. La doppia fermentazione subita dal tabacco dà vita a un sigaro di qualità che incontra il favore di molti e il cui apprezzamento oggi si ripete grazie alla specializzazione raggiunta nella coltivazione e cura del tabacco Kentucky, una varietà prodotta principalmente dai tabacchicoltori in alcune e circoscritte aree vocate dell’Italia centrale. Una specializzazione che ha permesso a questo sigaro di ritagliarsi un posto di primo piano nell’immaginario degli italiani tra i simboli dell’Italian style. La conferma viene dai risultati di un’indagine che Nomisma ha recentemente svolto sull’opinione pubblica volta a identificare che cosa si intenda per “stile italiano” e quali valori e prodotti siano maggiormente riconducibili a esso. Qualità, tradizione produttiva, creatività e origine della materia prima sono le prerogative che maggiormente qualificano i prodotti made in Italy. Rispetto a tale “griglia”, l’opinione pubblica associa al Sigaro Toscano l’idea della tradizione produttiva italiana (il 35% degli intervistati) e della qualità del prodotto (il 19%). In definitiva il 68% della popolazione riconosce a questo prodotto capacità rappresentativa per unicità della materia prima, accuratezza e tradizione del sistema produttivo. Contestualmente, ne risulta particolarmente elevata la notorietà: oltre il 70% dell’opinione pubblica italiana conosce il Sigaro Toscano. Per un prodotto consumato da una nicchia della popolazione (sono 290 mila i fumatori di sigari in Italia, lo 0,6% della popolazione) non sono certo risultati scontati.



la pagina verde

di Davide Ciccarese Agronomo

La scomparsa della frutta Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne dovremmo mangiarne 400 gr al giorno. Non solo la quantità reale del consumo procapite non si avvicina lontanamente a questa cifra, ma negli ultimi 10 anni gli acquisti sono persino diminuiti del 22%. Cambiare rotta però è facile

Dovremmo mangiare più frutta. Ma non tutta la frutta è buona allo stesso modo. Un recente studio realizzato presso l’Università di Harvard, effettuato su un campione di 185 mila persone, ha rilevato ad esempio che alcune tipologie possono avere un effetto maggiormente preventivo verso il diabete rispetto ad altre. Mangiare uva, mele e pompelmi, per esempio, riduce il diabete di tipo 2, ma vincitore assoluto è risultato il mirtillo. La ricerca di Harvard, come molte altre in questo senso, ha stabilito che mangiare frutta è comunque un buon antidoto al diabete, confermandola sul podio tra gli alimenti salutari. Purtroppo però le notizie che arrivano dall’Europa, evidenziano che il nostro consumo di frutta è in forte calo. Sono 5 milioni i bambini affetti da obesità infantile e 22 milioni quelli sovrappeso: il problema serio è che la dieta dei bambini è sempre più composta da merendine e prodotti ricchi di grassi, zuccheri e sale. L’Europa ha realizzato un programma per distribuire e promuovere il consumo di frutta nelle scuole: tra il 2009 e il 2010 sono stati investiti 33 milioni di euro. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il consumo di frutta dovrebbe essere di 400 gr al giorno, ma siamo ben distanti da 24

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questi numeri. Negli ultimi 10 anni gli acquisti di frutta sono invece diminuiti del 22%. Gli agricoltori si trovano poi tra incudine e martello vedendosi diminuire sempre di più il prezzo della frutta, fino al 30% in meno solo nell’estate del 2011; questo spinge i produttori italiani a non raccoglierla e lasciarla marcire sotto il sole. Si aggiungono, a complicare le cose, le grandi difficoltà della filiera: secondo il XIII Rapporto di SOS impresa, l’aumento dei prezzi della frutta al consumo è legato anche alla presenza della criminalità organizzata che è particolarmente presente sul trasporto. Per cambiare questa rotta verso la scomparsa della frutta dai nostri menù e dai nostri campi, possiamo adottare semplici strategie, che ci faranno anche risparmiare. Il punto sta nel farlo davvero. Un esempio? Acquistare frutta di stagione direttamente dai produttori o acquistarla al mercato rionale, ci farebbe risparmiare molto (fino al 30% del prezzo alla grande distribuzione) e riscopriremmo il gusto delle cose buone. Non c’è dolce migliore di un frutto consumato fresco: basta provare, e anche i bambini lasceranno da parte le coloratissime merendine per un fresco e profumato frutto di stagione, garantito!



almanacco di barbanera

di M. Pia Fanciulli

Tra Santi e vin novello L’inverno incalza, tra piante da mettere al riparo e nuove semine in vista della primavera. E con un appuntamento da non mancare: l’incontro in cantina con l’allegria delle castagne e il tintinnio dei calici

Sole e Luna

Da ricordare Lunedì 11 novembre – San Martino L’appuntamento, come ogni anno, e come tradizione vuole, è con le castagne e il vino di San Martino. Patrono degli osti, degli albergatori e dei cavalieri oltreché del vino, il Santo è tra i più amati e festeggiati del calendario. Eletto nel 371 vescovo di Tours, Martino è ricordato per la grande generosità e per aver donato in pieno inverno il suo mantello a un mendicante infreddolito. Poi, come recita un ben noto proverbio, per San Martino ogni mosto diventa vino. Ed ecco l’11 novembre farsi giorno fatidico dell’anno agricolo, quello in cui spillare dalle botti, con la protezione del Santo, il vino dell’ultima vendemmia. Il vin novello appunto, quello che ci sta aspettando in cantina!

Saggezza popolare • Per tutti i Santi, prepara sciarpa e guanti. • Per san Martino, si lascia l’acqua e si beve il vino. • Per Santa Caterina (25 novembre), tira fuori la fascina. • Se la canna fa il pennacchio, molta neve e ghiaccio.

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Il Sole Il 1° sorge alle 06.33 e tramonta alle 16.54 L’11 sorge alle 06.45 e tramonta alle 16.43 Il 21 sorge alle 06.57 e tramonta alle 16.34 Le giornate si accorciano. Il 1° novembre si hanno 10 ore e 21 minuti di luce solare – mentre il 30 se ne hanno 9 e 23 minuti: si perdono, dall’inizio alla fine del mese, 58 minuti di luce. La Luna Il 1° sorge alle 04.05 e tramonta alle 15.38 L’11 tramonta alle 00.05 e sorge alle 13.13 Il 21 tramonta alle 09.52 e sorge alle 19.56 La Luna è al Perigeo mercoledì 6 alle ore 10. È all’Apogeo venerdì 22 alle ore 11. Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 18, 19 e 20.

Belli e sani Non è raro che in questo periodo dell’anno si aggiunga al freddo l’umidità, che comporta la comparsa di muffe sulle pareti, sui mobili… Una presenza fastidiosa che può alla lunga indebolire soprattutto i bambini, che diventano più fragili quanto a difese immunitarie. È necessaria dunque una bonifica dell’ambiente in cui vivono: ad esempio un’accurata pulizia con alcol denaturato laddove le muffe compaiono. Con il freddo poi ci si rintana in casa. Niente di più sbagliato, soprattutto per le persone in là con gli anni. Evitando le giornate più fredde, passeggiare di buon passo in campagna o nel parco della città, per almeno 40 minuti al giorno, è la più sicura terapia per contrastare la vecchiaia e fortificare il cuore.

Orti e dintorni Guardando alla Luna, continuare in calante (dal 1-2 e 18-30) la raccolta di cavolfiori, broccoli e finocchi. Seminare fave, piselli, cipolle e aglio. Porre al riparo gli agrumi e raccoglierne i frutti. In crescente (4-16) forzare i radicchi per l’imbiancatura. Legare e fasciare i gobbi affinché imbianchino e non gelino. Nel giardino, coprire le specie sensibili al freddo con “tessuto non tessuto” e terminare la messa a dimora dei bulbi a fioritura primaverile. Un consiglio per pulire gli stivali di gomma o gli scarponi dal fango accumulato nell’orto: costruitevi uno zerbino “raschiatutto” fissando i tappi di bottiglie di acqua minerale a una tavola di legno con i chiodi, sistemandoli con i dentini rivolti verso l’alto per trattenere il fango.



appuntamenti del mese appuntamenti novembre

di Gilda Ciaruffoli

Armonia di Torrone e musica

Scelti per voi dove mangiare

16-24 novembre Era il 1441, l’anno in cui, il 25 ottobre a Cremona, Bianca Maria Visconti andò in sposa a Francesco Sforza. Per celebrare l’evento, durante lo sfarzoso banchetto di nozze, venne servito un dolce singolare, modellato riproducendo la forma del Torrazzo, simbolo della città. La leggenda vuole che sia nato così il torrone, e l’episodio viene ricordato ogni anno con un corteo in costume tutto sbandieratori e tamburi, dame e arcieri, giullari e trampolieri, che sfila per le vie del centro storico fino ad arrivare in Duomo in occasione della Festa allo zuccheroso dolce dedicata. Da sottofondo alla manifestazione “il respiro del violino”, leit motif grazie al quale celebrare la tradizione liutaia cittadina, dando vita a un evento 28

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cultural gastronomico di forte impatto emotivo e... di gusto! L’edizione 2013 della Festa del Torrone quindi si presenta come un viaggio che inebria la mente e i sensi, grazie anche a percorsi e itinerari ad hoc che danno vita a un vero e proprio viaggio nel gusto e nell’arte liutaia, con i visitatori accompagnati da una guida turistica per svelare e vivere momenti di storia cittadina, curiosità e leggende. Per raggiungere la città lombarda è possibile, partendo da Milano, salire a bordo delle mitiche carrozze Centoporte trainate dalla locomotiva a vapore FS Gr. 625-177, un esemplare unico costruito a Berlino nel 1922 che per la sua eleganza veniva chiamato dai macchinisti “signorina”.

Cremona – Lombardia

www.festadeltorronecremona.it

Hosteria 700 Stanze affrescate per un locale che sa di antico. Il menù è vario e orientato alle tipicità. Prezzo medio: 25 euro Piazza Alessandro Gallina, 1 www.hosteria700.it Hosteria del Cavo Un punto di riferimento per i cremonesi. Ampia scelta di risotti. Prezzo medio: 20 euro Via Cavo Cerca, 8 Tel. 0372.434248

dove dormire B&B Monteverdi Elegante e comodo per una gita in città. Doppia da 90 euro Via Robolotti, 25 monteverdicremona.com B&B Al palazzo A due passi dalla cattedrale, doppia da 80 euro Via Cesare Battisti, 2 www.alpalazzocremona.it



appuntamenti novembre

3-24 novembre Si moltiplica l’allegria

1 novembre – 8 dicembre In giro per frantoi

Torna Frantoi Aperti, l’iniziativa dedicata alla valorizzazione dell’olio extravergine di oliva Dop Umbria e del turismo in campagna che coinvolgerà veri intenditori del buon vivere e del buon mangiare per 6 fine settimana consecutivi. Tanti i borghi umbri, le loro piazze, i loro palazzi, i teatri, gli uliveti, i frantoi, le aziende agricole, gli agriturismi, le trattorie protagonisti di questo evento assieme al dorato frutto delle 5 prestigiose zone dell’Umbria (Colli del Trasimeno, dei Colli Orvietani, Colli Amerini, dei Colli di Assisi e di Spoleto e Dop Colli Martani) e a prodotti agroalimentari di qualità.

Località varie – Umbria www.frantoiaperti.net

Brisighella, splendido borgo medioevale, è “dominata” da colli di gesso... e animata, nelle prossime settimane, dalla gustosa rassegna 4 sagre x 3 colli. Le danze si aprono il 3 novembre con la Sagra del porcello; il 10 è la volta della Sagra della pera volpina e del formaggio stagionato; il 17 quella della Sagra del tartufo. La manifestazione si conclude con la Sagra dell’Ulivo e dell’Olio il 24 novembre.

Brisighella (Ra) Emilia Romagna www.terredifaenza.it

9-10 novembre

9-10 novembre Piaceri obliqui

La città della torre pendente torna ad accogliere le leccornie italiane più squisite e raffinate in occasione di Dolcemente Pisa. In programma degustazioni, dimostrazioni e laboratori per approfondire in prima persona la conoscenza dei veri prodotti artigianali. Da non perdere i tornei di lancio del panforte, la simpatica disciplina sportiva nata ai primi del ’900 nelle case coloniche delle campagne toscane, quando le famiglie si incontravano per trascorrere insieme le sere del periodo natalizio.

Pisa – Toscana

www.dolcementepisa.it

Autunno fiorentino

2-17 novembre La via delle sagre Novembre ricco di appuntamenti lungo la Strada del vino Soave: si inizia nel weekend di Ognissanti a Cazzano di Tramigna, dove dal 2 al 3 novembre c’è la tradizionale Festa dell’Olio, Profumi e Sapori della Val Tramigna. Duplice appuntamento quindi con l’olio novello a Illasi, dapprima con la festa Olio in Camper (9-10 novembre) poi con L’Olio fa festa (15-17 novembre). In programma visite in frantoio, passeggiare fra gli ulivi, degustazioni guidate.

Località varie – Veneto

www.stradadelvinosoave.com 30

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Florence Wine Event è l’appuntamento annuale con i vini di pregio nell’Oltrarno fiorentino che soddisfa i palati degli eno-appassionati con una variegata scelta di etichette vinicole da tutta Italia. 
Ai banchi, come da tradizione, sono presenti i produttori che raccontano al pubblico i loro vini, la loro storia e i loro territori per far conoscere e apprezzare al meglio ciò che si gusta nel bicchiere. Il tutto, nell’ambito del trecentesco Convitto della Calza.

Firenze – Toscana

www.florencewinevent.com

9-11 novembre Lo spirito giusto Tante le novità per l’edizione 2013 del Merano Wine Festival. Come la Merano Wine Award Area che ospita una speciale selezione di bottiglie eccellenti ma in passato escluse dalla selezione in mostra. E mentre nella GourmetArena si vivrà una vera sfida, la Merano Chef Challenge, in cui 12 autorevoli Chef si esibiranno in una competizione all’ultimo ingrediente, l’area dedicata ai palati più raffinati si fa sempre più ricca e internazionale.

Merano (Bz) – Trentino Alto Adige www.meranowinefestival.com



appuntamenti novembre

10 novembre Tutti iN cantina

Una tradizione dalle origini antiche, quella di San Martino, legata all’aprirsi della nuova annata agraria. Cantine Aperte a San Martino punta su questo rituale appuntamento per sviluppare la conoscenza del vino e dei suoi territori di produzione, andando incontro all’interesse e alle esigenze degli appassionati. Degustazioni, ma anche musica e spettacoli, per una giornata di festa vera e cultura enologica.

Località varie – cantine Mtv

www.movimentoturismovino.it

21-25 novembre Golosi... per una buona causa! Torna il mercato enogastronomico organizzato da Amnesty International presso i locali dell’Unione Femminile Nazionale, in Corso di Porta Nuova 32 a Milano. Un punto di incontro fra palati raffinati e la voglia di gratificarsi con qualcosa di buono: l’iniziativa, promossa per sostenere il lavoro dell’associazione in favore dei diritti umani, raccoglie prodotti eccellenti selezionati e offerti da aziende artigianali conosciute in tutta Italia per gli elevatissimi standard qualitativi. Un percorso nella tradizione enogastronomica che rende il nostro Paese un punto di riferimento unico al mondo per donare delicatezze ai propri cari o per cedere alle tentazioni, sostenendo allo stesso tempo Amnesty International nella difesa della libertà e dei diritti umani in tutto il mondo.

Milano – Lombardia www.amnestylombardia.eu

10 e 17 novembre Passione per la Vernaccia

Torna Appassimenti aperti, manifestazione enologica che celebra le qualità e la storia di un grande vitigno: la Vernaccia Nera. L’appuntamento è a Serrapetrona, paesino incastonato sui Monti Azzurri, dove ad aspettarvi ci sono lunghe pareti di grappoli d’uva appesi, storie che raccontano l’antica arte della vinificazione da tramandare con rigore, e una cittadina che si copre dei colori dell’autunno e degli aromi intensi di vini pregiati.

Serrapetrona (Mc) – Marche www.appassimentiaperti.it 32

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EMMA Tel. 0571/419776 Fax 0571/401238 info@emmasrl.it, www.blugirl.it


appuntamenti novembre

22 novembre 1 dicembre

13-17 novembre Cioccolato in Piazza Maggiore

Le piazze e le vie del centro storico di Bologna accolgono i migliori produttori di cioccolato puro e artigianale di tutta Italia in occasione di Cioccoshow, ghiotta occasione per seguire le performance e i consigli dei maestri cioccolatieri dell’Associazione CiocchinBò impegnati, per tutte le cinque giornate di manifestazione, nella preparazione di golose creazioni che vengono offerte al pubblico alla fine di ogni dimostrazione.

Bologna – Emilia Romagna www.cioccoshow.it

una mole di dolci

16-19 novembre debutto Gourmet

La prima edizione di Cosmofood, organizzata presso la Fiera di Vicenza, ospita espositori provenienti da tutte le regioni italiane, articolati in sei aree tematiche dedicate a specialità, vini, birre, ristoranti, alimenti bio, tecnologie e attrezzature professionali. Evento interattivo e dinamico, offre un ricco calendario di appuntamenti rivolti agli appassionati di cucina e arte pasticcera; seminari, corsi di degustazione, incontri di formazione e dimostrazioni in diretta dedicati ai professionisti del settore.

La cultura del cibo degli dei torna protagonista a Torino con Cioccolatò, manifestazione dedicata al cioccolato made in Italy e internazionale, con un particolare focus sulle produzioni artigianali della tradizione cioccolatiera piemontese. A ospitare la kermesse, Piazza San Carlo grazie a iniziative ludico-didattiche, degustazioni guidate gratuite, attività culturali e di animazione.

Torino – Piemonte www.cioccola-to.it

Vicenza – Veneto www.cosmofood.it

16-18 novembre

30 novembre 15 dicembre

La cultura del gusto

Il Superstudiopiù di via Tortona ospita Golosaria, grande kermesse del gusto italiano e dell’alto artigianato enogastronomico che trova spazio in una sede molto più ampia rispetto alle precedenti edizioni.
Articolato e denso il programma di incontri, talk e spettacoli.

Milano – Lombardia www.golosaria.it

10 anni a lume di candela

18-24 novembre Viaggiarea costo zero

Appuntamento imperdibile per chi ama viaggiare in maniera alternativa torna La Settimana del Baratto. Per sette giorni migliaia di b&b e strutture ricettive affiliate al portale www.bed-and-breakfast. it barattano un soggiorno, di uno o più giorni, in cambio di beni o servizi: un modo ideale per concedersi un break vacanziero fuori stagione a costo zero.

Località varie

www.settimanadelbaratto.it 34

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Candele a Candelara, il primo mercatino natalizio italiano dedicato alle candele, festeggia i dieci anni di vita e conferma il suo successo prolungando per la prima volta l’iniziativa a tre week-end consecutivi. Per rendere il tutto ancora più suggestivo, nell’antico borgo medievale, ogni sera la luce artificiale viene spenta per lasciare posto a migliaia di fiammelle accese.

Candelara (Pu) – Marche www.candelara.com



appuntamenti in breve 10-17 novembre Tuttomele Cavour (To) – Piemonte www.tuttomele.net

10 e 17 novembre Fiera del tartufo “Trifola d’Or” Murisengo (Al) – Piemonte www.fieradeltartufo.com

4-6 novembre

30 novembre – 1 dicembre

PizzaUp Vighizzolo d’Este (Pd) Veneto www.pizzaup.it

Il maiale in tavola Busseto (Pr) – Emilia Romagna www.comune.busseto.pr.it

2-24 novembre November Porc Località varie – Emilia Romagna www.novemberporc.com

9-10, 16-17 e 23-24 novembre Mostra del Tartufo Bianco San Miniato (Pi) – Toscana www.sanminiatopromozione.it

9-10 novembre

24 novembre – 8 dicembre

Polentata al castello Monte Urano (Fr) – Marche www.comune.monteurano.fm.it

Sagra del Cinghiale Suvereto (Li) – Toscana www.suvereto.net

22-24 novembre Calici nel borgo antico Bisceglie (Bat) – Puglia www.calicinelborgoantico.it

8-10 novembre Food&Book Montecatini Terme (Pt) – Toscana www.facebook.com/foodebook

dal 22 novembre Cene galeotte Volterra (Pi) – Toscana www.cenegaleotte.it

8-10 novembre 15-17 novembre Pane, olio e… Montelibretti (Rm) – Lazio www.prolocomontelibretti.it

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Sagra della Castagna di Montella Igp Montella (Av) – Campania www.montella.eu

11 novembre

9-10 novembre

Sagra della Frittella Ragusa – Sicilia www.comune.ragusa.gov.it

Bacco nelle gnostre Noci (Ba) – Puglia www.bacconellegnostre.it



www.boscolodesign.it / ph www.ugly-duckling.it

Vecchia Grappa di Prosecco seduzione al primo incontro Ti avvicina con naturale eleganza, ti invita con limpidi sentori floreali, ti avvolge con morbide sfumature di vaniglia, ti appaga con preziose sensazioni. Vecchia Grappa di Prosecco, seduzione al primo incontro.

www.daponte.it


magazine

Panorama Panorama 52

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48 Verso Expo 2015

Come si prepara Milano all’evento? Ne parliamo con l’a.d. Giuseppe Sala

Nel mondo se ne consumano 3 milioni di tonnellate l’anno. Un business, quello dell’olio, in continua crescita. Ma, oggi, per un consumatore, orientarsi nella “giungla dello scaffale” è sempre più difficile. A maggior ragione da quando multinazionali e “furbetti del frantoio” hanno invaso il mercato con prodotti di dubbia provenienza

52 Milano mangia e bevi Indirizzi e tendenze per scoprire come si sta oggi a tavola sotto la Madunina

56 Sapori&parole Gastronomia meneghina: lo scrittore Moni Ovadia spiega com’è cambiata

“italiano” hanno solo Proviamo a capirci qualcosa.

che spesso di il nome.

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non è olio italiano

Olio,

giù la maschera!

Ogni anno, nel mondo, se ne consumano 3 milioni di tonnellate: è un business in continua crescita, quello dell'oro verde. Ma oggi, per un consumatore, orientarsi nella "giungla dello scaffale", è sempre più difficile. A maggior ragione da quando il comparto è nelle mani di multinazionali straniere e furbetti di casa nostra. I quali, sfruttando le falle della normativa, hanno invaso il mercato di extravergini che spesso non sono tali e di oli che, nella gran parte dei casi, di italiano hanno solo il nome di Francesco Condoluci 40

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“Costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti e delle merci, l’uso di segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli” (Articolo 6, Legge 14.01.2013 n. 9 “Norme sulla qualità e la trasparenza degli oli di oliva vergini”)

È l’alimento principe sulla tavola degli italiani. Un prodotto al quale nessuno riesce a rinunciare. L’olio d’oliva, dopotutto, è la quintessenza della tradizione culinaria europea e mediterranea e, in maniera particolare, dell’italian syle gastronomico. Estratto dalle olive – le drupe, per i tecnici – “l’oro verde”, così come viene chiamato per il suo straordinario valore intrinseco, ha una storia millenaria che affonda le radici nelle prime civiltà urbane del mondo, da quella mesopotamica a quella ellenica. La pianta dell’olivo – assieme ai suoi frutti e alla produzione olearia che ne deriva – di fatto, ha accompagnato l’uomo nell’arco dei secoli, facendosi venerare, nei tempi antichi, quasi come fosse una divinità. Basti pensare che la Costituzione degli Ateniesi scritta da Aristotele intorno al 330 a.C., prevedeva la “pena di morte per chi si fosse reso responsabile di sradicamento o abbattimento di un olivo”. Nell’antica Grecia, del resto, l’olio veniva utilizzato per le più svariate esigenze: non solo per l’alimentazione, ma per la cura del corpo, per l’illuminazione, come unguento e per officiare le pratiche religiose. E infatti, un cittadino ateniese, a quei tempi, consumava in media 55 litri di olio all’anno. Oggi, a distanza di millenni, il consumo annuo pro-capite, in generale, si è ridotto (circa 11 litri a famiglia, in Italia) ma in compenso si è allargato sensibilmente il bacino mondiale dei consumatori: nel 2012, secondo i dati Ismea, sono state consumate nel mondo quasi 3 milioni di tonnellate di olio d’oliva. Un mercato in netta ascesa che, essendosi allargato negli ultimi anni anche a Cina e Stati Uniti, è destinato con ogni probabilità a crescere ancora.

I furbetti del frantoio E l’offerta? Beh, l’offerta ha fatto presto ad adeguarsi a questa domanda proveniente dalle tavole di mezzo pianeta. Il problema, semmai, è il “come” s’è adeguata. Forzando cioè novembre 2013

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cover story

non è olio italiano

i tempi e i ritmi naturali pur di far trovare sullo scaffale al consumatore – in qualunque stagione e senza soluzione di continuità, malgrado la produzione dei vari cultivar esistenti vari di anno in anno – il proprio olio preferito e, soprattutto, a prezzi sempre più stracciati. In pratica oggi, le aziende, piuttosto che produrre l’olio secondo le regole (e i capricci) della natura, si sono specializzate nel “fabbricare” su misura, attraverso espedienti chimici, quelli più richiesti dai consumatori. Spacciando poi, grazie alle falle della normativa in materia, per “prodotto italiano” (in realtà soltanto lavorato, imbottigliato ed etichettato nel nostro Paese) miL’Italia produce 500 mila tonnellate scugli di oli meno predi olio e ne importa 300 mila giati provenienti da aldalla Spagna e altrettante tri paesi produttori. La complessivamente da Grecia, prassi, poco costosa e Tunisia e Marocco. Il consumo molto redditizia, è nointerno è pari a 600 mila tonnellate mentre la restante quota ta e la spiegano molto di 500 mila viene esportata. bene Mara Monti e LuL’olio importato supera quindi coltivazioni intensive ca Ponzi nel loro libroquello prodotto internamente, di ulivi e processi proinchiesta Cibo Crimiarrivando al 53% del totale duttivi su larghissima nale. "La maggior parte scala che nulla hanno a dei consumatori non sa che vedere con i piccoli che ad eccezione di alfrantoi di cui ancora oggi (fortunatamencune Dop, la maggior parte dell’olio d’olite) è disseminata l’Italia. Gli italiani, tuttava prodotto e messo in commercio deriva via, restano i primi rivenditori al mondo, da miscele di oli di provenienza diversa – si dal momento che i marchi storici dell’olio legge nel testo uscito nel giugno scorso – le nostrano sono ancora oggi quelli che renmultinazionali acquistano ingenti quantità dono di più sul mercato. Questo gli spadi olio di provenienza diversa e con l’aiuto gnoli lo hanno capito da un pezzo e infatdella chimica lo rendono aderente al gusto ti, anni fa, hanno fatto man bassa dei nostri e all’organolettica desiderata. In sostanza, brand, acquistando uno dietro l’altro Caral’olio non viene più spremuto dalle olive pelli, Sasso e Bertolli. Marchi che oggi sono ma viene fabbricato". Già, le multinaziodi proprietà della Deoleo, l’holding iberica nali.Alla fine, le strade del “grande inganno che, non a caso, detiene il 22% del mercato dell’olio”, conducono a loro e, soprattutglobale dell’olio d’oliva. Se in Italia per proto, portano dritte in Spagna, il primo produrre un kg d’olio ci vogliono non meno di duttore oleicolo al mondo e l’unico con 3,50 euro, in Spagna bastano circa 50 cenuna filiera veramente industriale basata su 42

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Nella foto qui sopra, una coltivazione intensiva di ulivi in Andalusia, regione della Spagna


Dalle drupe alla Dop

tesimi e in Tunisia fino a 20-30 centesimi in meno. Dunque, se un’azienda, italiana o straniera ma con marchio italiano, importa olio proveniente dalla Tunisia a 0,20 €/l e, vestendolo di italian sounding – mettendo cioè in etichetta la cartina dell’Italia o facendo percepire il concetto di italianità a partire dal nome, pur indicando in piccolo è “olio proveniente da oli comunitari” per rimanere nell’alveo della legalità – lo rivende a (minimo) 4 euro al litro, tolti i costi fissi (trasporto, etichettatura, imbottigliamento, magazzino, supermercato), ha un margine di almeno 2,50 euro a litro. Un guadagno a dir poco enorme. Che infatti ha scatenato gli appetiti di tutti, dalle multinazionali ai nostri “furbetti del frantoio”. Sia chiaro infatti che, malgrado la croce ricada spesso sui cosiddetti “signori dell’olio” che siedono negli uffici delle holding, mol-

La dicitura “spremitura a freddo”, come si evince, è elastica. Il processo di gramolatura è uno dei più delicati perché, se si alza la temperatura, si aumenta di Michela Fischer la quantità di olio che si può (chimico alimentare) estrarre, a scapito della qualità. Se non si tara in maniera corretta il tempo di gramolazione a seconda del cultivar e della A questo punto, cosa può fare quantità di acqua di vegetaconcretamente il consumatozione (l’acqua contenuta nel re per difendersi? Optare per frutto al momento della franun prodotto italiano Dop, ad gitura) si rischia poi di innescaesempio. La Dop infatti ci dice re processi indesiderati. Duranche le olive vengono coltivate e te la gramolazione, le gocce di frante in un’area limitata e ci soolio avvolte nella membrana no più probabilità che arrivino lipoproteica contenuta nelle al frantoio fresche e sane. Non cellule delle olive vengono liè l’unico criterio, ma è quello berate, si aggregano in gocce più semplice. Le drupe sane e più grandi e, nel decanter, venal punto giusto di maturaziogono infine separate. Proprio ne devono essere trasportate durante la gramolazione si vein contenitori di medie dimenrificano processi importanti cosioni affinché non si schiaccino, me la formazione di aromi, il e devono essere frante entro conferimento all’olio delle sue 24 ore dalla raccolta. Appena caratteristiche organolettiche le drupe entrano in frantoio, si e nutrizionali e, purtroppo, aninizia la separazione meccaniche fenomeni ca di rami, foDiffidate dalle informazioni negativi coglie e altre impurità. Segue fuorvianti in etichetta come me l’influenza dell’ossiil lavaggio. Le “carboidrati 0” oppure olive lavate “non contiene colesterolo”: geno sugli acidi grassi, vengono portutti sanno che l’olio è un soprattutto tate alla frangitrice e vengo- grasso vegetale e come tale i polinsaturi, non contiene colesterolo! favorendo la no schiacciate. formazione Ci sono vari tidi perossidi e il conseguente pi di frantoi, ma tutti finalizzati irrancidimento. Dopo la graa schiacciare la drupa in modo molazione la pasta viene diche fuoriesca la membrana celluita con un 10-30% di acqua lulare che contiene il suo succo. rispetto al peso (dipende dal tiQuando le olive sono frante, si po di olive). L’acqua deve aveforma una pasta che contiene re la stessa temperatura della olio, acqua e fibra data sia dalle pasta perché si separino al memembrane cellulari sia dal guglio acqua-olio-sansa (lo scarto scio dei noccioli. La pasta che di lavorazione). Riducendola si esce dal frangitore passa quinottiene un olio più ricco di sodi nella gramola. Si tratta di stanze fenoliche, di vitamina una vasca a doppia parete doE e di tocoferoli: il risultato è tata di mescolatori. Fra le dopun prodotto più amaro e più pie pareti, viene fatta circolare stabile. Temperature più alte acqua e qui c’è una sostanziasia nella fase di gramolazione le differenza tra il metodo di che di decantazione aumentalavorazione in Italia e in Spano invece la resa, ma l’olio sarà gna: da noi si lavora a 27°C e disarmonico; amaro ma senza per massimo 50 minuti, in Spaaromi. Un olio piatto. gna a 35° e fino a 90 minuti. novembre 2013

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te delle truffe nel comparto hanno il marchio di casa nostra. Prova ne siano i numerosi casi finiti nella cronaca giudiziaria: da quelli successi ad Andria e Cerignola, in Puglia, al caso Valpesana in Toscana.

Extravergine ex lege Altro dettaglio di non poco conto: la gran parte dell’olio che troviamo in circolazione nella Grande Distribuzione viene indicato in etichetta come “extravergine”. Perché un olio possa essere definito tale, secondo la legge, l’acido oleico “non deve superare lo 0,8”. Eppure gli esperti sostengono che se le olive sono sane, raccolte al momento giusto e lavorate come si deve, l’acido oleico non supera mai lo 0,3. La forbice così ampia voluta (un caso?) dalla normativa vigente consente pertanto che nella categoria “extravergine” rientrino oli che non ne avrebbero diritto ma, di fatto, lo acquisiscono ex lege: attenzione quindi ad acquistare oli la cui acidità 44

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Le 5 regole anti-truffa di Coldiretti per scegliere l’olio giusto • Sull’etichetta deve esserci l’indicazione d’origine: italiano • Preferire le Dop o le filiera dell’alta qualità rispetto a un generico extravergine • Il prezzo di un buon olio di qualità italiano oscilla fra i 7 e i 10 euro al litro, mentre per il “Top delle Dop” degli oli si oscilla fra i 20 e i 30 euro al litro • La confezione deve essere in vetro scuro e mai trasparente, oppure in confezioni in metallo • La sensazione olfattiva di fruttato e il gusto di amaro e piccante devono essere chiaramente percepibili dal consumatore

è più vicina allo 0,8 che allo 0,3. Sempre agli autori del libro Cibo Criminale il presidente della Cia Puglia, Antonio Barile, ha dichiarato: «In Italia su 9 bottiglie che dichiarano di contenere extravergine, solo 7 lo contengono realmente, 2 attestano il falso. E sulle 7 che dicono la verità, solo 4 contengono extravergine italiano, nelle altre c’é olio estero». Ma ad attentare alla buona fede dei consumatori poco avveduti (la stragrande maggioranza, quella cioè che compra principalmente olio in offerta) non c’é solo la fuorviante attestazione di provenienza, ma anche contraffazioni più sofisticate, come la “deodorazione”. Gli oli deodorati sono oli d’oliva non commestibili per via di grossi difetti che, con accorgimenti fisici e meccanici (non chimici, e quindi autorizzati a mantenere sull’etichetta “ottenuti meccanicamente”), diventano senza difetti, ma che non possono essere venduti come extravergine, a meno che non vengano miscelati con una quota di extravergine. Un olio deodorato è riconoscibile in laboratorio per la presenza di alchil esteri (si formano se le olive subiscono processi di fermentazione). Lo scandalo è che mentre prima erano fuorilegge, ora l’assurda legge europea sulla libera circolazione dei deodorati li permette fino a una presenza di alchil esteri di 70 mg/kg: tali sono i valori che la Spagna si è fatta approvare da Bruxelles, contro i 30 mg/kg che aveva richiesto l’Italia. Il perché, a questo punto, dovrebbe esservi abbastanza chiaro.

Per saperne di più: www.associazionefrantoiani.it www.coldiretti.it www.unaprol.it www.ismea.it


Fuori i mercanti dal tempio! Da troppi anni, "i signori dell'olio" sfruttano il made in Italy, frodano i consumatori e affamano i piccoli frantoiani, nella colpevole indifferenza dell'Ue. È tempo di dire basta! di Domenico Marasco

Ma noi italiani, quando li tireremo fuori gli attributi? Sarebbe proprio ora di dire basta ai soprusi dell’Europa e delle lobby multinazionali dell’agroalimentare: fino ad oggi, non c’è che dire, sono stati veramente bravi a confondere i consumatori di olio d’oliva, saccheggiando e sfruttando fino all’osso il made in Italy, ovvero il market plan più importante al mondo. La Bertolli, l’olio, dice di farlo “robusto, fragrante e gentile”. Carapelli, invece, sostiene di essere “la casa dell’olio, emblema dell’extravergine di qualità in Italia e all’estero”. Ma la vera chicca, la stessa Carapelli, la regala con il suo “Oroverde”, lanciato sul mercato con un claim

che suona più o meno così:“il meglio della tradizione della nostra penisola che si distingue per il suo stile italiano, esclusivo ed elegante”. Bello vero? Peccato che Carapelli così come Bertolli (e Olio Sasso) di italiano – e soprattutto di “italianità”, intesa, in questo campo, come sinonimo di eccellenza e genuinità delle materie prime e artigianalità dei metodi di produzione – abbiano ormai ben poco, visto che da anni sono delle controllate di Deoleo, colosso spagnolo rappresentante della filiera olivicola più “industrializzata” al mondo. A questa propaganda mediatica perlomeno discutibile, aggiungiamo la confusione generata dagli sconti sui prodotti in vennovembre 2013

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«Italiani, comprate l’olio nei frantoi» I consigli del presidente di Unaprol, Massimo Gargano, per fronteggiare le frodi del comparto Le multinazionali come Deoleo sguazzano nella scarsa chiarezza legislativa. Quali sono le azioni di Unaprol per la difesa del made in Italy e della qualità dell’olio? La verità è come l’olio: viene sempre a galla. Battute a parte, ci sono forti interessi perché tutto resti untuoso e poco limpido. Leggi non chiare e zone d’ombra non aiutano il consumatore davanti a uno scaffale che non distingue la qualità. Questo però non deve scoraggiare gli operatori onesti della filiera. Sono certo che la cultura della democrazia avrà la meglio sull’oligarchia del sommerso.

I prezzi concorrenziali praticati dalla grande industria mondiale hanno messo fuori mercato 6 mila piccoli frantoiani italiani

dita – in alcuni supermercati a Roma si è arrivati ad offrire extravergine a 2,89 euro al litro – e avremo il quadro completo del disastro. È dunque il caso di mettere i puntini sulle “i” e, per il bene dei consumatori, cominciare a porre dei paletti. Il primo dei quali è che in Italia, il vero olio d’oliva extravergine di qualità lo producono solo e soltanto i piccoli produttori, veri e propri baluardi dell’olivicoltura nazionale e dei nostri territori. Ne consegue ovviamente che la grande industria non produce qualità. Sarebbe alquanto difficile del resto, se non impossibile, produrre un olio qualitativamente eccellente e venderlo al supermercato a pochi euro al litro. Un’indagine condotta da Unaprol ha messo in evidenza infatti che in Italia produrre 1 kg di vero extravergine d’oliva costa mediamente 5,80 euro nel Cen46

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tro-Nord, 4,67 in Sicilia, 3,64 in Calabria e 3,53 euro in Puglia. Va da sé che, sommando al costo di produzione i costi aggiuntivi, una confezione da un litro di un buon extravergine “veramente italiano”, sullo scaffale non potrebbe costare meno di 6 euro. Invece il “mercato selvaggio” dell’olio in Europa ci fa trovare sugli scaffali, come detto, anche confezioni che inneggiano al made in Italy e che costano meno di 3 euro (!). Provate a chiederlo a un piccolo olivicoltore pugliese, toscano o calabrese se può permettersi di vendere sul mercato il suo prodotto a quei prezzi! Ma se loro, i piccoli, piangono, in realtà, da qualche tempo anche i giganti da 1,5 miliardi di euro di fatturato, come appunto la Deoleo, non ridono (più). Il business evidentemente si è inceppato. Fino ad oggi cos’aveva fatto la multinazionale spagnola?

I consumatori in cerca dello “sconto”, come si possono difendere dalle frodi? Vi sono leggi che regolamentano gli sconti e sono una buona valvola di sfogo per il mercato. Non si può, però, vivere di 3x2! C’è invece un’opportunità che gli italiani, diversamente dai consumatori del resto del mondo, possono cogliere. In Italia ci sono circa 6 mila frantoi dove è possibile verificare la tracciabilità del prodotto e acquistare a prezzi giusti un olio che racconta la storia e racchiude sapori e profumi di un territorio. Perchè in sede Ue non riusciamo a battere i pugni sul tavolo rispetto al tema dell’olio extravergine? Non è proprio vero che l’Italia non sia capace di far sentire la sua voce a Bruxelles. La legislazione europea in materia di trasparenza dell’olio di oliva, in realtà, è in qualche modo figlia dell’azione riformatrice del nostro Paese. È dal 1996 che l’Italia ha iniziato una battaglia in tal senso. Anzi, si può dire che la legislazione italiana, in tema di trasparenza, sia più avanzata di quella europea. L’Italia, però, dovrebbe essere più presente a Bruxelles e in tutte le istituzioni comunitarie e intergovernative per difendere i suoi prodotti, questo sì.


Si era comprata i marchi storici dell’olio veramente italiano (come appunto Sasso, Bertolli e Carapelli), ma andava a prendersi la materia prima coltivata in maniera intensiva in Spagna, Tunisia, Marocco e Grecia – ammassando le olive in vere e proprie montagne invece di spremerle subito, e sottoponendole quindi a raffinazione, decolorazione, dolcificazione, deodorazione – per poi rivendere il prodotto finito in grande distribuzione con un prezzo-prova convincente e, ovviamente, non prima di averlo pubblicizzato ad arte con lo spot televisivo che alludeva al made in Italy. E l’ha data a bere (è proprio il caso di dirlo!) a tutti a quelli che ci sono cascati. Ma, dicevamo, adesso le cose non vanno più come prima. Deoleo ha messo in vendita il 30%: un bell’affare si direbbe, e invece nonostante i prezzi a saldo, pare che di acquirenti non ve ne siano tanti. Nel frattempo però gli spagnoli hanno messo in difficoltà ben 6 mila produttori italiani di qualità, messi “fuori mercato” dai prezzi concorrenziali della grande industria. E mentre la produzione industriale arranca, la grande distribuzione non “margina” più e gli olivicoltori sono in ginocchio, a Bruxelles i soloni dell’Ue continuano a pontificare senza costrutto. A questo punto, la rivoluzione contro le multinazionali del cibo e le ingiustizie della catena alimentare non può che partire dal basso: dai consumatori e da un piccolo gesto fatto davanti allo scaffale che (se ripetuto migliaia di volte) tante conseguenze positive può comportare sull’intera filiera olivicola italiana. Consumiamo meno olio dunque, ma consumiamolo meglio. Pensando semplicemente che è inconcepibile spendere 12 euro per il litro d’olio che versiamo nel motore nella nostra macchina e appena 3 per quello che facciamo ingerire al nostro organismo.

La rivoluzione contro le multinazionali del cibo e le ingiustizie della catena alimentare non può che partire dal basso: dai consumatori! In Italia ci sono circa 6 mila frantoi dove è possibile verificare la tracciabilità del prodotto e acquistare a prezzi giusti un olio che racconta la storia e racchiude sapori e profumi di un territorio Raccolta di olive in Lombardia nell'ottobre 2013 (foto Coldiretti)

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Milano2015

Avanti con fiducia di Francesco Condoluci

Con l’intervista a Giuseppe Sala, Commissario Unico delegato del Governo, parte il nostro viaggio alla scoperta dell’Esposizione Universale che nel 2015 trasformerà Milano nella capitale mondiale dell’alimentazione di qualità Mancano ancora 17 mesi. O se preferite, 540 giorni. Ma il conto alla rovescia è già partito: meno di un anno e mezzo e Milano Expo aprirà finalmente i battenti ai 24 milioni di visitatori che si prevede sbarcheranno nel capoluogo lombardo per visitare l’Esposizione Universale dedicata al tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Che tradotto dal protocollo delle esposizioni internazionali significa: “alimentazione”, declinata in tutte le sue varie sfaccettature, medico-scientifiche, sociali, economiche, culturali e sensoriali. Con centinaia di Paesi pronti a mettere in vetrina, nei padiglioni dell’Expo milanese, progetti, idee, allestimenti, rappresentazioni e mostre sul loro patrimonio alimentare 48

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e sul tema della qualità e della sicurezza del cibo. In sostanza, nel 2015 Milano diventerà la capitale mondiale del food: praticamente un abito su misura per la più internazionale delle città del Belpaese, patria riconosciuta della buona cucina oltre che della Dieta Mediterranea. Ma la città meneghina come si sta attrezzando a fronteggiare i riflettori e ad accogliere i visitatori di mezzo mondo? Al di là delle immancabili polemiche di casa nostra, i lavori sul sito espositivo sono effettivamente in corso d’opera, così come, seppur tra mille difficoltà, anche quelli su infrastrutture e viabilità, vale a dire strade di raccordo, collegamenti ferroviari e nuove linee della metropolitana. La struttura organizzativa di Expo Milano 2015, insomma,


«Expo 2015 raccoglie più colpe e meriti di quanti ne abbia. C’è chi parla solo dei cantieri a rischio infiltrazioni mafiose e chi invece ne parla come di un evento salvifico per l’economia italiana. Sbagliato in entrambi i casi. In realtà è solo un treno sul quale il nostro Paese deve salire puntualmente e non prima di essersi adeguatamente preparato» sta facendo il suo lavoro. E la città invece? E i milanesi? E la classe imprenditoriale nostrana? Con che spirito si stanno preparando a cogliere le opportunità – di business economico, di crescita culturale, di visibilità mediatica e di attrattività turistica – che l’evento di portata planetaria è destinato a offrire ai nostri giacimenti agroalimentari e turistici? L’uomo che, meglio di chiunque altro, è in grado di chiarire i dubbi e fotografare nitidamente lo “stato dell’arte” della Milano (e dell’Italia) pre-Expo è, ovviamente, il Commissario unico delegato dal governo per l’evento, Giuseppe Sala, manager con collaudata esperienza alla guida delle più importanti aziende del Paese e figura di estrema competenza e pragmatismo.

Dottor Sala, i lavori preparatori, da parte della struttura organizzativa, come stanno procedendo? Più o meno come da programma. Abbiamo speso l’ultimo anno e mezzo per preparare le aree che ospiteranno i padiglioni dei Paesi partecipanti. Contiamo di consegnare gli spazi espositivi al 50% entro dicembre e per il restante 50 nei prossimi mesi. Contestualmente stiamo sviluppando le attività sui contenuti dell’evento, sulla “vita” che si svolgerà all’interno dei padiglioni dell’Expo. La nostra fortuna è che l’alimentazione mette tutti d’accordo: dagli appassionati di problematiche socio-culturali fino ai gourmet interessati solo all’aspetto sensoriale. Si sta lavorando per costruire un evento basato molto sull’interattività, la partecipazione, l’intrattenimento, l’uso del digitale. L’obiettivo è offrire un prodotto legato a un concetto tradizionalmente italiano come il cibo ma con una cornice innovativa, moderna, partecipativa. Per quanto riguarda invece il padiglione italiano, il progetto è ancora in fase di messa a punto. Posso anticipare però che Eataly di Farinetti avrà uno spazio dedicato alle cucine regionali che coinvolgerà grandi chef ma anche piccoli ristoratori e che il Ministero delle Politiche Agricole sta preparando il progetto di uno spazio dedicato al vino, il cui scopo sarà quello di raccontare l’Italia attraverso i suoi vitigni autoctoni. La città, invece, come sta vivendo il countdown? Con operosità, debbo dire. A parte i lavori pubblici che si stanno effettuando su mobilità e servizi, noto che sul piano delle strutture ricettive anche l’iniziativa privata si sta muovendo. Basta fare un giro in centro per accorgersi che stanno aprendo sia piccoli alberghi che strutture più lussuose, e lo stesso vale per i ristoranti. novembre 2013

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Milano2015

Siamo sulla buona strada, quindi… Non esattamente. Il punto non è solo ampliare l’offerta. Bisogna anche adeguarla alle abitudini dei visitatori stranieri. E qui tocchiamo un tasto dolente. Nelle realtà internazionali, dove è risaputo che si mangia a qualunque orario, i locali si sono conformati alle esigenze del pubblico. Anche Milano deve allinearsi. Il ristoratore che vorrà lavorare nel 2015, alle 4 del pomeriggio in estate dovrà rimanere aperto. Allo stesso modo i tassisti dovranno imparare l’inglese e tutti gli esercenti consentire l’uso delle carte di credito. Expo 2015, per Milano, deve rappresentare insomma l’occasione per internazionalizzarsi. La realtà mondiale, del resto, è in continua evoluzione. Basti pensare che 8 anni fa, i turisti più numerosi in città erano i giapponesi, oggi sono i russi, prossimamente saranno i cinesi. Cambiano i visitatori e adeguarsi ai loro desideri diventa una necessità categorica. L’immagine che l’Italia proietta all’estero, in questo momento di crisi, è un po’ appannata. Milano può pagarne dazio in vista di Expo? Bè, in questa fase, chi da fuori guarda all’Italia, vede certamente luci e ombre. Ma, tendenzialmente, il mondo si mostra indulgente nei nostri confronti. Gli stranieri sono più interessati al glamour e alle nostre bellezze che agli sprechi e al debito pubblico. Noi dobbiamo stare attenti a non perdere il nostro potenziale attrattivo nei confronti dell’Europa, ma al contempo puntare a rafforzare la nostra immagine in Medio Oriente e in Asia, dove il fascino che emana Milano è sempre fortissimo. E non dimentichiamo il Sudamerica, verso il quale Papa Francesco è un elemento di richiamo straordinario. Qual è lo slogan giusto per invitare i turisti a Milano? Qualcuno, una volta, ha detto che “Milano non è bella, è un tipo”. Credo sia una frase alquanto rappresentativa. La prerogativa di questa città, 50

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L'Expo vista da vicino Quella che si aprirà a Milano il 1° maggio del 2015 per chiudersi il 31 ottobre successivo, (dopo Hannover 2000, Aichi 2005 e Shangai 2010) sarà la quarta Esposizione Universale del XXI secolo. A tutt’oggi, cioè alla fine di ottobre del 2013, i Paesi che hanno scelto di aderire sono 137. Secondo le stime di via Rovello, dove ha sede a Milano il quartier generale della struttura organizzativa di Expo 2015, i visitatori in arrivo dovrebbero essere 14 milioni tra gli italiani e 10 tra gli stranieri. Il sito espositivo che ospiterà l’evento si trova nella parte nord-ovest della città e si sta sviluppando su una superficie complessiva di 1,7 milioni di metri quadri, attorno al polo fieristico di Fiera Milano a Rho-Pero.


d’altronde, è che non essendo una megalopoli, riesce a concentrare dentro spazi più o meno ristretti, tantissimi elementi d’interesse. Si passa con facilità dalle vie dello shopping ai ristoranti, dalla Scala ai musei: un contenitore piccolo ma ricchissimo di contenuti. Dopo il 2015, cosa resterà a Milano dell’Expo? Spero innanzitutto che resti, e si consolidi, quel cambiamento che auspicavo prima sotto il profilo della “internazionalizzazione”. Sul piano infrastrutturale invece, rimarrà la darsena rinnovata con i fondi Expo finalizzati a riqualificare le “vie d’acqua” di Milano. Quanto al futuro del sito espositivo, la questione è più che mai aperta: il comune di Milano ha lanciato una manifestazione d’interesse per la riconversione dell’area ed è in atto un dialogo tra gli enti interessati.

In alto, come si presenterà il sito che ospiterà l'Esposizione Universale nel 2015. Sotto, la Galleria Vittorio Emanuele, uno dei simboli di Milano

Expo può essere occasione di rilancio per il made in Italy? Ribadisco: bisogna lavorare sul possibile, non sull’aleatorio. L’Italia oggi ha un sistema finanziario debole ed è incapace di crescere. E la causa è spesso da ricercare nell’incapacità tutta italiana di valorizzare le potenzialità innovative e le qualità delle nostre risorse. Expo non può certo risolvere questo tipo di problemi atavici. Ma può lavorare sui cosidetti “fattori abilitanti”. Un esempio su tutti: grazie a un accordo con i sindacati, assumeremo a breve 800 giovani mediante contratti temporanei, apprendistati e stage. Si tratta di un accordo che mira ad assumere a condizioni diverse senza togliere tutele, e che lo stesso ministro del Lavoro ha individuato come buona pratica. Ecco, Expo 2015 può lavorare su questi fattori, sulle best practices. E se proprio vogliamo prenderci un altro merito, diciamo che Expo mette tutti d’accordo. Regione Lombardia, Comune e Provincia di Milano, Governo centrale: sotto la nostra bandiera tutti parlano la stessa lingua.

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Milano mangia e bevi: ritorno al futuro! Una ricercata semplicità. Il piacere della tradizione condita con materie prime d'eccellenza e il guizzo creativo di grandi chef. E poi tanta, tanta personalizzazione. Oggi, nella capitale della moda, si mangia così! di Chiara Mojana 52

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Milano è la metropoli che non si ferma mai. Quella che detta le mode e che le accoglie con entusiasmo. Una fucina inesauribile di nuovi stili, di nuovi cibi. E non c’è da sorprendersi se nel volgere di un solo decennio il panorama della ristorazione milanese è così profondamente mutato. Allora esisteva una netta divisione tra pochi ristoranti gourmet di fascia alta e una vivace realtà di ristoranti e trattorie di fascia (e spesso qualità) bassa. Oggi, invece, nella Milano dei grattacieli, delle Archistar e della corsa verso l’Expo 2015, si può fare un’esperienza gourmet anche mangiando un panino o stando seduti al tavolo di una “nuova” latteria di quartiere. Anzi, il vero lusso in questi anni sembra proprio da ricercare nella semplicità più

che nell’ostentazione. Nelle piccole cose ben fatte. A cavalcare questo nuovo trend sono i fast food di qualità, che propongono panini d’autore e birre artigianali, pizze a lievitazione naturale e persino polpette, che da cucina degli avanzi diventano specialità della casa: nel nuovo locale di Diego Abatantuono sui Navigli, The Meatball Family, ce ne sono ben 36 tipi diversi!

Tu vuo’ fa’ ll’americano
 Attualmente a Milano è più facile mangiare un buon hamburger che non una milanesissima “orecchia d’elefante”. Che lo si gusti seduti al bancone di Trita in piazza XXIV Maggio, ai tavoli rustici di Polpa in Porta Romana, o a un elegante tavolo del Trussardi Caffè in via Manzo-


ni, l’hamburger a Milano è però una cosa seria. Lo dimostra il fatto che puoi scegliere non solo le salse, ma anche con quale carne fartelo preparare: bufalo campano, limousine padana, black angus e persino wagyu giapponese. Personalizzazione e qualità sono dunque la chiave del successo delle hamburgherie milanesi,
ma la tendenza del cibo americano non si esaurisce qui: non c’è caffetteria che si rispetti che non offra muffin e cupcakes, donuts e bagel, i morbidi panini a ciambella da farcire voluttuosamente all’ora di pranzo.

Michette alla riscossa Risposta tutta meneghina all’invasione dei bagel e degli hamburger è la michetta. Il tradizionale pane leggero e fragrante, cavo

all’interno, è tornato alla riscossa con Mica in via Baracchini, a due passi dal Duomo, che ne ha recuperato l’antica ricetta e lo propone farcito di salumi pregiati, come il culatello, e anche in versione dolce con l’intramontabile Nutella. Anche nel Quadrilatero della moda i panini si rifanno il look: da Chic&Go in via Montenapoleone diventano irresistibilmente snob, realizzati con pani speciali e ingredienti preziosi, dal salmone selvaggio alla carne di angus e persino all’aragosta. E ancora, da Ottimomassimo nella centrale via Spadari, dove le materie prime eccellenti e la creatività dell’alta cucina diventano accessibili a tutti: ogni mese uno chef stellato propone una ricetta diversa per un panino gourmet che viene inserito in menu. A novembre e dicembre protagonisti sono Giannovembre 2013

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consumi&tendenze

carlo Morelli del Pomiroeu di Seregno e Norbert Niederkofler della Rosa Alpina di San Cassiano in Badia.

Tutti dicono… bistrot!

Diego Abatantuono nella cucina del The Meatball Family, polpetteria di nuovissima apertura sui Navigli, al fianco della cuoca, Libera Massa, e delle sue deliziose creazioni

Scelti per voi Polpa burger trattoria Via Agnesi, 6 Tel. 02.58305893 www.polpa.it

Ottimomassimo 
 Via Spadari Tel. 02.49457661 ottimomassimogourmet.it

Refettorio Simplicitas
 Via dell’Orso, 2
 Tel. 02.89096664
 www.refettoriomilano.it

The Meatball Family Via Vigevano, 20 Tel. 02.45471809

Dry Cocktails & Pizza
 Via Solferino, 33
 Tel. 02.63793414 www.drymilano.it

Erba brusca
 Alzaia Naviglio Pavese, 286 Tel. 02.87380711 www.erbabrusca.it

28 posti 
 Via Corsico, 1 Tel. 02.8392377 www.28posti.org

Mica
 Via Baracchini, angolo Via Paolo da Cannobbio www.michetteria.it

Trita
 Piazza XXIV Maggio, 6
 www.​trita.it Rebelot
 Ripa di Porta Ticinese, 55 Tel. 342.1933607 Chic&Go
 Via Monte Napoleone, 25 www.chic-and-go.com

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Un posto a Milano
 Via Cuccagna, 2 Tel. 02.5457785
 www.unpostoamilano.it

Caffè Trussardi Piazza della Scala, 5 Tel. 02.80688295 www.cafetrussardi.it

Sarà la crisi, sarà il bisogno di ritrovare le proprie certezze nelle cose che profumano di casa, ben fatte e al giusto prezzo. Sta di fatto che i grandi chef non storcono più il naso davanti all’idea di mettersi in gioco aprendo una pizzeria o un bistrot. Anzi, i più lungimiranti hanno già scommesso su una proposta di alta qualità, ma anche quotidiana e accessibile. Due su tutti: Andrea Berton e Matias Perdomo. Il primo è tra i soci del Dry che in via Solferino propone una formula insolita quanto semplice: pizza e cocktail. Fatti a regola d’arte s’intende. Farine macinate a pietra e lievitazione naturale per una pizza stile napoletano e una selezione di condimenti che vengono serviti a parte, lasciando i clienti liberi di comporre il loro piatto, aggiungendo per esempio un crudo di Parma 24 mesi o la prelibata ventresca di tonno. Originali gli abbinamenti con le bevande, che si aprono allo sconfinato mondo della mixologia. In un altro quartiere della vecchia Milano, quello dei locali serali e dell'happy hour, un altro grande chef strizza l’occhio ai consumatori più evoluti con una proposta di tapas gourmet. È Matias Perdomo che sul Naviglio grande ha aperto il Rebelot (confusione, in milanese), un bistrot con un menu fatto di piattini di qualità e un’ottima scelta di vini. Un’isola felice per chi ama la qualità al giusto prezzo.

Etico e sostenibile Milano è anche la città dell’Expo 2015 e quindi particolarmente sensibile ai grandi temi della sostenibilità ambientale e del biologico. E così a diventare chic è il


IL

ROSSO NELL’ANIMA

www.quignones.it


consumi&tendenze

sapori&parole

Foto Andrea Erdna Barletta

In alto, il bancone di Mica; sotto Un posto a Milano

Han trovato un milanese chì a Milan di Moni Ovadia (testo raccolto da Eleonora Fatigati)

locale arredato con mobili di recupero, o con sedie e tavoli scompagnati. Come il 28 posti sul Naviglio grande, dove i tavoli e le sedie hanno la particolarità di essere in vendita, realizzati nella falegnameria del carcere di Bollate; dall’arredo alla cucina, tutto il progetto di questo locale è improntato ai valori etici e al rispetto dell’ambiente. Vero punto di riferimento per gli amanti del bio è poi Un posto a Milano, in via Cuccagna, nella cornice di una cascina del Settecento che regala un po’ di campagna nel cemento della città. La cucina è semplice, basata sui prodotti si stagione, per lo più bio e vegetariani. I green lovers si sentiranno a casa anche al Refettorio Simplicitas in via dell’Orso: ottimo rapporto qualità-prezzo e un menu che cambia ogni giorno, giocato su una grande varietà verdure, cereali e legumi. E ancora, spingendosi quasi ai confini della città lungo l’Alzaia Naviglio Pavese c’è l’Erba Brusca: ottima cucina in quella che era una vecchia locanda del Seicento, immersa nel verde. Un localesimbolo di quella ricercata semplicità che seduce il palato e scalda il cuore. 56

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Milano è stata una città di migrazione, che ha accolto (e accoglie) la cucina di ogni parte del mondo. Io stesso ho praticato più la cucina degli altri, che quella milanese. Sono figlio di migranti, appartengo alla cultura ebraica sefardita. Mia mamma preparava ricette della nostra tradizione che solo con il passare del tempo si sono arricchite di sapori italiani. Inoltre, non mi sono seduto al tavolo di un ristorante fino a sedici anni; solo quando ho iniziato a lavorare ho scoperto quindi le trattorie. Quelle autentiche. Milano ha accolto tutta l’Italia, dicevamo, e si è lasciata contaminare da tradizioni altre. Del resto, già ai tempi, era difficile trovare milanesi di quarta generazione: han trovato un milanese chì a Milan, si diceva in quei rari casi! Così, nel “dopo teatro” mi sono spesso ritrovato a mangiare nelle pizzerie gestite dai napoletani, oggi passate in mano agli egiziani, bravissimi panificatori, oppure nelle trattorie pugliesi, toscane, emiliane. Piatti leggendari come la cassoeula, l’osso buco e il risotto giallo, li ho assaggiati, prima di diventare vegetariano, a casa di amici, perché fuori la città offriva molto altro. Ricordo anche le latterie. Spazi domestici, modesti, a conduzione familiare. Oltre al latte e ai formaggi, i gestori, spesso marito e moglie, servivano due, tre piatti semplici come

la cotoletta o la pasta. Erano economiche e il gusto del cibo era quello di casa. Oggi che la nefasta “Milano da bere” e i terribili anni dell’edonismo più sfrenato sono un ricordo lontano, Milano è piena zeppa di ritorni. Tornano le latterie e i sapori della tradizione. Certo noi milanesi non siamo diventati improvvisamente immuni da confusione e superficialità, con la cucina che pare essere diventata l’unica protagonista di un’epoca alla ricerca di significati, l’estremo tentativo di compensare un’esistenza grama. Eppure la voglia di buon cibo fatto in casa c’è, ed è autentica. Penso a Slow Food e alla nostalgia di certi sapori “perduti”. Personalmente non cucino. Non sono di quelli che vivono per mangiare... ma ammetto di avere un debole: la pasta fresca. E Milano me ne offre una scelta meravigliosa. Tanto che quasi posso vantare una sorta di parentela con la signora Concetta, proprietaria siciliana di un negozio di pasta fresca nel centro storico della città! Meravigliosa. In alto, Moni Ovadia "on stage" e qui il suo ultimo libro edito da Slow Food




i Viaggi del Gusto

benvenuti a bordo Il piacere di un viaggio ad alta qualità il punto

Xxxxx xxx xxxxxx Xxxx xxxxxx concorrenza, libertà di scegliere

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le novità del mese

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il cinema a bordo

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il programma fedeltà

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il menu di eataly

Xxxxx xxx xxxxxx Xxxx xxxxxx xxxxxxxxxxxx l’intrattenimento

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il network di Italo

Torino

Milano

Venezia Mestre

Bologna

Firenze

Roma

Rimini

Pesaro

Ancona

Napoli Salerno

Tutti gli orari xx xx xx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx xx xxxx xxxxxx

II

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il punto di NTV

Le ragioni della concorrenza I vantaggi della scelta aliquam, sit, core core minissi. Is ad tatie volore exer sustrud esequis nullan ulla feu feum dunt ut velestrud dit, vel ut iriliquip ex et, verit alit wis nullaorem in velis nosto dolenis aliquis dionsequi blan utat lutpat. Faccums andrem dolore dolore commy num del ulla faccumsan ulla commy nostrud te tiniscil irit utat vullandigna feu feum iurTumsan et ipit, vulla feugue modolum dolorperat ad etum diate vel in ea ad tionumsan ulla feuisse quipsus ciliquatie dolortin ut niametum nulputat, quisi.Lorpero od diamcommod molorem dignis nim ipit ut lobore tio ex ea feummod tat vulputp ationsequam, quisl ut inisl dui etum iure elis at praessenis nostrud magnim velesequatem iuscinci et alisi.Agnismo luptatueros

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La carta di identità di Italo • Xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx • Xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx • Xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx • Xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx • Xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx

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III


gli ambienti

Il relax

di viaggiare coccolati aliquam, sit, core core minissi. Is ad tatie volore exer sustrud esequis nullan ulla feu feum dunt ut velestrud dit, vel ut iriliquip ex et, verit alit wis nullaorem in velis nosto dolenis aliquis dionsequi blan utat lutpat. Faccums andrem dolore dolore commy num del ulla faccumsan ulla commy nostrud te tiniscil irit utat vullandigna feu feum iurTumsan et ipit, vulla feugue modolum dolorperat ad etum diate vel in ea ad tionumsan ulla feuisse quipsus ciliquatie dolortin ut niametum nulputat, quisi.Lorpero od diamcommod molorem dignis nim ipit ut lobore tio ex ea feummod tat vulpu

Lo stile viaggia giovane

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Stesso comfort tre livelli di servizio La Prima, comoda ed elegante aliquam, sit, core core minissi. Is ad tatie volore exer sustrud esequis nullan ulla feu feum dunt ut velestrud dit, vel ut iriliquip ex et, verit alit wis nullaorem in velis nosto dolenis aliquis dionsequi blan utat lutpat. Faccums andrem IV

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le novità del mese

A Natale con Italo è più Natale Babbo Natale viaggia sull’Alta Velocità aliquam, sit, core core minissi. Is niametum nulputat, quisi.Lorpero ad tatie volore exer sustrud eseod diamcommod molorem dignis quis nullan ulla feu feum dunt ut nim ipit ut lobore tio ex ea feumvelestrud dit, vel ut iriliquip ex et, mod tat vulputp ationsequam, verit alit wis nullaorem in velis noquisl ut inisl dui etum iure elis sto dolenis aliquis dionsequi blan at praessenis nostrud magnim utat lutpat. Faccums velesequatem iuscinci andrem dolore dolo- Xxxx xxx x xxx et alisi.Agnismo luptare commy num del xxx x xxx xxx x tueros auguerosto doulla faccumsan ulla xxx xxx x xxx xxx luptatuer sis nim quis commy nostrud te tix xxx xxx x xxx dolum zzrillum quip et niscil irit utat vullannostrud esequipit uldigna feu feum iur- xxx x xxx xxx x lam velessi enibh et, Tumsan et ipit, vulla xxx xxx x xx xxx senibh el incidui ssefeugue modolum do- xxx x xxx xxx x nim dolor sustrud et lorperat ad etum diaad tem velis adionsete vel in ea ad tionumsan ulla feunim zzriliscinim amet iure conulisse quipsus ciliquatie dolortin ut lam zzril iniam, consenit praesenis elis eum et vel ute del do exercidunt utpatue digna commolo boreet ulput aliscipit ad modigna cor sent ate magna consenim inciduissed doloreet, con henit am ea aliquat nulput prat. aliquam, sit, core core minissi. Is Et esent alit velendre dolobore ad tatie volore exer sustrud esemodit lum dolobore magna faquis nullan ulla feu feum dunt cip esed minibh ercidunt eum vel ut velestrud dit, vel ut iriliquip ex dolore dionsecte do el eu feuet, verit alit wis nullaorem in vegiatie dolobore feugait am, quilis nosto dolenis aliquis dionsequi blan utat lutpat. Faccums andrem dolore dolore commy num del ulla faccumsan ulla commy nonim quis dolum zzrillum quip et strud te tiniscil irit utat vullandinostrud esequipit ullam velessi gna feu feum iurTumsan et ipit, enibh et, senibh el incidui ssevulla feugue modolum dolorpenim dolor sustrud et ad tem verat ad etum diate vel in ea ad lis adionsenim zzriliscinim amet tionumsan ulla feuisse quipsus iure conullam zzril iniam, conseciliquatie dolortin ut niametum nit praesenis elis eum et vel ute nulputat, quisi.Lorpero od diamdel do exercidunt utpatue digna commod molorem dignis nim ipit commolo boreet ulput aliscipit ut lobore tio ex ea feummod tat ad modigna cor sent ate mavulputp ationsequam, quisl ut inigna consenim inciduissed dolosl dui etum iure elis at praessenis reet, con henit am ea aliquat nulnostrud magnim velesequatem put prat. iuscinci et alisi.Agnismo luptatueEt esent alit velendre dolobore ros auguerosto doluptatuer sis

E a San Silvestro il viaggio è gratis

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V


i servizi

In carrozza i servizi nostress aliquam, sit, core core mi- molorem dignis nim ipit ut nissi. Is ad tatie volore exer lobore tio ex ea feummod sustrud esequis nullan ulla tat vulputp ationsequam, feu feum dunt ut velestrud quisl ut inisl dui etum iure dit, vel ut iriliquip ex et, ve- elis at praessenis nostrud magnim veleserit alit wis nullaorem in velis Xxxx xxx x xxx quatem iuscinci nosto dolenis xxx x xxx xxx x et alisi.Agnismo luptatueros aualiquis dionsequi blan utat xxx xxx x xxx xxx guerosto doluplutpat. Faccums x xxx xxx x xxx tatuer sis nim dolum andrem dolore xxx x xxx xxx x quis dolore commy xxx xxx x xx xxx zzrillum quip et num del ulla xxx x xxx xxx x nostrud esequipit ullam velesfaccumsan ulla commy nostrud te tini- si enibh et, senibh el inciscil irit utat vullandigna feu dui ssenim dolor sustrud feum iurTumsan et ipit, vul- et ad tem velis adionsenim la feugue modolum dolor- zzriliscinim amet iure coperat ad etum diate vel in nullam zzril iniam, conseea ad tionumsan ulla feuis- nit praesenis elis eum et vel se quipsus ciliquatie dolortin ute del do exercidunt utpaut niametum nulputat, qui- tue digna commolo boreet si.Lorpero od diamcommod ulput aliscipit ad modigna

Bambini non accompagnati

Il viaggio a quattro zampe aliquam, sit, core core minissi. Is ad tatie volore exer sustrud esequis nullan ulla feu feum dunt ut velestrud dit, vel ut iriliquip ex et, verit alit wis nullaorem in velis nosto dolenis aliquis dionsequi blan utat lutpat. Faccums andrem dolore dolore commy num del ulla faccumsan ulla commy nostrud te tiniscil irit utat vullandigna feu feum

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L’architettura dei prezzi La trasparenza aliquam, sit, core core minissi. Is ad tatie volore exer sustrud esequis nullan ulla feu feum dunt ut velestrud dit, vel ut iriliquip ex et, verit alit wis nullaorem in velis nosto dolenis aliquis dionsequi blan utat lutpat. Faccums andrem dolore dolore commy num del ulla faccumsan ulla commy nostrud te tiniscil irit utat vullandigna feu feum iurTumsan et ipit, vulla feugue modolum dolorperat ad etum diate vel in ea ad tionumsan ulla feuisse quipsus ciliquatie dolortin ut niametum nulputat, quisi.Lorpero od diamcommod molorem dignis nim ipit ut lobore tio ex ea feummod tat vulputp ationsequam, quisl ut inisl dui etum iure elis at praessenis nostrud magnim velesequatem iuscinci et alisi.Agnismo luptatueros auguerosto doluptatuer sis nim quis dolum zzrillum quip et nostrud esequipit ullam

Base Xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx

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Economy Xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx

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Low cost Xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx

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Il miglior prezzo Xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx xxxx xxx xxx xxx xxx

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Il valore della fedeltà Xxxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xx xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xx xxx xxx x xxx xxx x aliquam, sit, core core minissi. Is ad tatie volore exer sustrud esequis nullan ulla feu feum dunt ut velestrud dit, vel ut iriliquip ex et, verit alit wis nullaorem in velis nosto dolenis aliquis dionsequi blan utat lutpat. Faccums andrem dolore dolore commy num del ulla faccumsan ulla commy nostrud te tiniscil

irit utat vullandigna feu feum iurTumsan et ipit, vulla feugue modolum dolorperat ad etum diate vel in ea ad tionumsan ulla feuisse quipsus ciliquatie dolortin ut niametum nulputat, quisi.Lorpero od diamcommod molorem dignis nim ipit ut lobore tio ex ea feummod tat vulputp ationsequam, quisl ut inisl dui etum iure elis at praessenis nostrud magnim velesequatem iuscinci et alisi.Agnismo luptatueros auguerosto doluptatuer sis nim quis dolum zzrillum quip et nostrud esequipit ullam velessi enibh et, senibh el incidui ssenim dolor sustrud et ad tem velis adionsenim zzriliscinim amet iure novembre 2013

VII


il palinsesto del mese

Il cinema in carrozza Xxxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xx xxx xxx x xxx xxx x xxx xxx x xx xxx xxx x aliquam, sit, core core minissi. Is ad tatie volore exer sustrud esequis nullan ulla feu feum dunt ut velestrud dit, vel ut iriliquip ex et, verit alit wis nullaorem in velis nosto dolenis aliquis dionsequi blan utat lutpat. Faccums andrem dolore dolore commy num del ulla faccumsan ulla commy nostrud te tiniscil irit utat vullandigna feu feum iurTumsan et ipit, vulla feugue modolum dolorperat ad etum diate vel in ea ad tionumsan ulla feuisse quipsus ciliquatie dolortin

Il portale di bordo

Il pranzo è servito

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ut niametum nulputat, quisi.Lorpero od diamcommod molorem dignis nim ipit ut lobore tio ex ea feummod tat vulputp ationsequam, quisl ut inisl dui etum iure elis at praessenis nostrud magnim velesequatem iuscinci et alisi. Agnismo luptatueros auguerosto doluptatuer sis nim quis dolum zzrillum quip et nostrud esequipit ullam velessi enibh et, senibh el incidui ssenim dolor sustrud et ad tem velis adionsenim zzriliscinim amet iure conullam zzril

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etum diate vel in ea ad tionumsan ulla feuisse quipsus ciliquatie dolortin ut niametum nulputat, quisi.Lorpero od diamcommod molorem dignis nim ipit ut lobore tio ex ea feummod tat vulputp ationsequam, quisl ut inisl dui etum iure elis at praessenis nostrud magnim velesequatem iuscinci et alisi.Agnismo luptatueros auguerosto doluptatuer sis nim quis dolum zzrillum quip et nostrud esequipit ullam velessi enibh et, senibh el incidui ssenim dolor sustrud et ad tem velis adionsenim zzriliscinim amet iure conullam zzril iniam, consenit praesenis elis eum

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magazine

InViaggio Viaggio In

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60 Evasioni d’autunno

68 Castelli valdostani

Itinerari romantici e tappe golose. Per rivalutare la stagione più grigia

A spasso tra i fiabeschi manieri della verde Vallée: da Gressoney a Verrés

64 La città dell’Armonia

72 Terre lontane: Giordania

Scopriamo Asolo. Il borgo veneto

che ha conquistato pure i giapponesi

da pag. 80 Rubriche

• Città in 24 ore

Una città scolpita nella roccia. E tanti segreti da svelare. Benvenuti a Petra

76 L’Italia in mostra: Prato Excursurs artistico nella città toscana che ospita i capolavori rinascimentali

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inviaggio / tendenze

Evasioni Lungo una strada di foglie gialle e rosse, inseguendo il profumo delle castagne arrostite e dell’uva appesa ad appassire, qualche consiglio per godere a pieno di questa stagione forse malinconica, spesso romantica, ma sempre perfetta per una golosa passeggiata tra sagre e natura di Isa Grassano 60

novembre 2013

Le ferie sono un lontano ricordo e avete già voglia di scappare dai ritmi stressanti del lavoro? L’autunno è il mese ideale per concedersi una piacevole evasione e lo confermano anche i dati. Questo periodo fa sempre più rima con natura, capitali e tradizioni nostrane, almeno stando a HostelBookers. È Roma a registrare un costante aumento di ricerche, +17% per il solo mese di settembre, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La città eterna offre, nelle prossime settimane,

mostre davvero interessanti. Alle Scuderie del Quirinale, La visione di una nuova era (fino al 9 febbraio 2014) che presenta le tappe della storia di Augusto, in parallelo alla nascita di una nuova epoca storica. Al Chiostro del Bramante, invece, si può ammirare Cleopatra. L’Incantesimo d’Egitto (fino al 2 febbraio 2014). Allo stesso tempo, si fanno strada mete più piccole ma altrettanto preziose e stimolanti come Aosta (+51%) per andare alla scoperta dei castelli e Asti (+28%) come punto di par-


Archivio Turismo Padova - A. Mazzetti

d’autunno tenza per esplorare e assaporare le Langhe. Per Hotels.com, sito specializzato nella prenotazione di hotel online, invece, è Vernazza, città ligure delle Cinque Terre, a guidare la classifica delle località più ricercate, ma la Puglia resta la regione con il maggior numero di mete in classifica. I trulli di Alberobello hanno guadagnato la settima posizione, con un aumento del 113% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le altre località pugliesi in classifica sono Otranto (+97%), San Giovanni Rotondo (+89%), Castellana Grotte (+86%) e Porto Cesareo (+73%). All’estero si posiziona bene Amsterdam, per la quale gli appro-

fondimenti sono aumentati dell’88%. Sul fronte medio raggio, invece, tengono bene le crociere, stando ai numeri di Last Minute Tour. Il 15% del totale è rappresentato da quelle nel Mediterraneo, seguite dall’accoppiata Canarie & Capoverde.

Foliage emiliano Al di là delle cifre, ciascuno può scegliere la sua mini vacanza per staccare qualche giorno dal quotidiano. Diverse le proposte. Per chi è alla ricerca di esperienze da fare ed emozioni da vivere, l’ideale sono gli itinerari di Pink route nel piacentino. Tre le valli coinvolte – Val d’Arda, Val Nure e novembre 2013

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Archivio foto Provincia Forlì-Cesena

inviaggio / tendenze

In questa immagine, la foresta della Lama a Bagno di Romagna

“Pràtonta, pràtonta”, nella Grecìa Salentina Scoprire un territorio “facendone parte”, immergendosi appieno nel cuore e nello spirito dei luoghi e delle genti. Non più solo visitatore ma protagonista o meglio rootista. È questo l’obiettivo di Agrifeudi, società di promozione turistica, che ha da poco lanciato un nuovo format d’offerta turistica in Puglia, partendo dalla Grecìa Salentina (il progetto coinvolgerà anche altre regioni), dove l’esperienza del viaggio può essere vissuta scoprendo le radici più autentiche

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di questa terra. Tutto nasce attorno a una cornice narrativa in cui vengono inserite le eccellenze locali. Filo conduttore è la musica salentina, la pizzica e il racconto. Pràtonta, pràtonta, camminando, camminando, i turisti/rootisti, diventano parte principale di una commedia, dove la storia, i misteri e le leggende si incrociano con le tradizioni locali. Uno spettacolo nello spettacolo, fra chiese e frantoi ipogei, degustazioni e feste patronali. di Lucrezia Argentiero

Val Tidone – e 27 le aziende che ruotano attorno a quattro tematiche, tra arti, colori, mestieri e sapori. Numerosi i pacchetti che ciascuno può costruire su misura, secondo le proprie inclinazioni e il budget. Così gli amanti delle passeggiate tra i boschi, possono prenotare un pacchetto che includa una visita all’azienda agricola biologica L’Oca Irriverente, con percorsi emozionali nel bosco delle orchidee, alla fattoria Borella nelle campagne verdiane, o ancora all’azienda Ca’Milla, proprio sulle rive del Po. Se la vostra passione è il nettare di Bacco, ci sono diverse scelte. Dall’azienda Magistrali a Ziano piacentino, dove degustare il rosso Gutturnio e il bianco Ortrugo, all’azienda La Tollara, a Cortina di Alseno, voluta dalle sorelle Federica e Mariolina Bolzoni. Ovviamente ogni attività s’interseca con le altre, si sposa con la buona tavola e il piacere di girare per borghi, abbazie, castelli. Sempre in Emilia Romagna, va in scena la seconda edizione di Autunno Slow nel Parco delle Foreste Casentinesi (che copre anche parte della Toscana). Fino al 17 novembre, escursioni, laboratori didattici, visite guidate, mostre, workshop di fotografia, degustazioni di presidi Slow Food e di ricette antiche a base di prodotti tipici della stagione, come funghi, castagne, zucca, miele, formaggio raviggiolo. Tutto da scoprire “in punta di piedi”. È questa infatti una delle zone tra le più belle per il foliage: la foresta esplode in un caleidoscopio di colori, dall’oro dei faggi nelle quote più alte a tutte le sfumature del giallo, dal rosso al marrone nelle quote intermedie.

Tutti in carrozza! Spostandosi in Toscana, sono le terre di Siena che invitano alla scoperta a bordo di un treno d’epoca e ritmi slow: il Treno Natura. Ogni tappa, infatti, è abbinata a


Mentre la città eterna si conferma capitale anche delle gite fuori porta autunnali, crescono le mete meno note, siano borghi antichi, come Vernazza, boschi dal raffinato foliage come quelli romagnoli o mete religiose

Scelti per voi dove dormire

La chiesa di Santa Giustina a Padova, tappa della Via delle Chiese

sagre, feste, mostre, mercatini e iniziative create ad hoc per unire la visita del territorio alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche e dello straordinario patrimonio artistico e culturale. Così il locomotore a vapore fa tappa a San Giovanni D’Asso, in occasione della mostra mercato del Tartufo Bianco (nelle domeniche 10 e 17 novembre). Nel mese di dicembre il Treno Natura continuerà a viaggiare alla scoperta dei Mercatini di Natale dell’Amiata (1° dicembre) e delle degustazioni di Olio Novo a San Quirico d’Orcia (8 dicembre).

Amore sacro e amor profano Non solo natura. Secondo un’indagine Isnat in epoca di crisi economica globale, aumentano i viaggi verso le mete religiose più note, generando 5,6 milioni di presenze annue. Padova con la Basilica del Santo è una delle città

più frequentate. Per far scoprire anche i dintorni è stata ideata (grazie al finanziamento del progetto europeo Thetris) La Via delle Chiese che tocca le Abbazie di Praglia a Teolo, Santa Giustina a Padova (che ospita opere d’arte di pregio tra cui la pala di Paolo Veronese raffigurante il martirio di Santa Giustina) e la Corte Benedettina di Correzzola. Tiene bene anche l’enogastronomia, tra sagre e manifestazioni a tema. Tra le più curiose, c’è Appassimenti aperti, nel borgo della Vernaccia. L’appuntamento è a Serrapetrona, cittadina incastonata sui Monti Azzurri, nel cuore del Maceratese, nelle domeniche del 10 e del 17 novembre. E come ogni anno si ripete la magia di un evento unico: stanze di appassimento colme di grappoli, storie che raccontano dell'antica arte della vinificazione da tramandare, mentre gli aromi intensi di vini pregiati si diffondono nell’aria.

Hotel Capo d’Africa All’ombra del Colosseo, ideale per passeggiate all’insegna della cultura e della bellezze. È possibile acquistare il proprio biglietto alle mostre in fase di prenotazione della camera. Doppia da 210 euro Via Capo d’Africa 54 – Roma Tel. 06.772801 www.hotelcapodafrica.com La Maison di Eleonora Appartamento vacanza nel quartiere Ostiense, arredato elegantemente. Prezzi: da 150 euro Via G. Benzoni 5 – Roma Tel. 335.6670764 Agriturismo La finestra sul Po In Val d’Arda, di recente apertura. Dieci camere e la possibilità di degustare la cucina tipica piacentina. Via Argine, San Giorgio 12 Monticelli d’Ongina (Pc) Tel. 0523.827033 Masseria Sant’Angelo Nel cuore della Grecìa Salentina, masseria ricavata all’interno di quelle che una volta erano le stalle, con un attento recupero soprattutto della pietra locale. Casetta con cucina da 65 euro Corigliano d’Otranto (Le) Tel. 0836.320575 www.masseriasantangelo.it

Per saperne di più: www.pinkroute.it www.parcoforestecasentinesi.it www.trenonatura.terresiena.it www.appassimentiaperti.it ww.agrifeudi.it novembre 2013

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inviaggio

Asolo, città dell’armonia testo e foto di Germana Cabrelle

Del “borgo dai cento orizzonti”, assiso sui primi rilievi trevigiani, si sono innamorati artisti e intellettuali. Nobili e notabili. Ultimi, in ordine di tempo, i ricercatori dell’Università di Tokio che hanno assurto la cittadina a modello di perfezione In viaggio lungo la statale che collega Bassano del Grappa a Montebelluna, l’occhio viene catturato da una fortificazione che si erge, bianchissima, sopra un insieme di colline che rivelano una sequenza di tetti scoscesi e cipressi svettanti. È Asolo, che il Carducci definì il “borgo dai cento orizzonti” per la sua magnifica posizione panoramica e che, per il suo esem-

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plare equilibrio tra architettura e natura, è stata recentemente riconosciuta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Tokio come una sorta di ideale “città dell’armonia”. Qui visse ed è sepolta Eleonora Duse, il poeta britannico Robert Browing vi trascorse gran parte dell’esistenza e la “Mosca”, compagna di Eugenio Montale, lo elesse a luogo di contemplazione, come scri-

ve il poeta ligure in Lettera da Asolo contenuta nella raccolta Satura. Tanti gli intellettuali di fama internazionale che hanno scelto Asolo come meta di un soggiorno o come dimora. Al Caffè Centrale tutti i loro nomi sono ricordati e stampati nel retro delle caratteristiche sedie rosse: da Ada Negri a Gabriele D’Annunzio fino alla viaggiatrice inglese Freya Stark. E ancora,


«da Yoko Ono a Michelangelo Antonioni, da Gianni Agnelli a Marcello Mastroianni, da Orson Welles a Catherine Deneuve – racconta Lele Botter, uno dei gestori dello storico locale, attivo dal 1796 – le celebrità che hanno circolato qui non si contano. Del resto, è un posto bellissimo, che accende la creatività». Oltre a essere annoverata fra i Borghi più Belli d’Italia, Asolo rientra nel circolo delle città Slow ed è stata premia-

ta con la bandiera arancione del Touring. È conosciuta in tutto il mondo per i suoi eventi musicali e culturali, tant’è che il flusso turistico è in continua e costante crescita: inglesi e russi in primis, seguiti da tedeschi, americani, francesi e olandesi. Tuttavia, il fascino maggiore di Asolo è dato proprio da questa energia particolare, da questo magnetismo indescrivibile che si avverte mano a mano che si sale a scoprirla.

In apertura, una bella veduta sui tetti di Asolo. Nella pagina successiva, la casa di Eleonora Duse

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inviaggio

Assaggi di arte e gusto

Questione d’equilibrio Ma cosa determina la bellezza di un posto a prescindere dal suo patrimonio artistico e culturale? Che caratteristiche deve possedere un borgo, una città, per essere universalmente ritenuta tanto attraente da calamitare persone da ogni parte del globo? A determinare questo quid ci ha provato, a settembre, un gruppo di ricercatori giapponesi della facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università di Tokyo, guidata

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dal professor Takeshi Ito, esperto e studioso di storia delle città. L’équipe ha condotto uno studio approfondito finalizzato al confronto tra la realtà urbana giapponese e quella europea. E ha concluso che Asolo è un perfetto equilibrio fra geomorfologia naturale e insediamento artificiale, esatte proporzioni fra linee orizzontali ed elementi verticali del paesaggio, giusto rapporto fra città e natura. In una parola: l’armonia.

Appena si sale con l’auto l’incanto si rivela e si incomincia a percepire la bellezza di Asolo, con le sue stradine in pavè di porfido, i portici sinuosi, le vetrine ammiccanti di negozi d’antiquariato ed enoteche. Una targa all’ingresso spiega che Asolo fu città murata: la cortina fortificata che la racchiudeva misurava 1350 metri ed era dotata di 24 torri. Ma il simbolo per eccellenza di Asolo è la Rocca, che dai 316 metri del Monte Riccio sovrasta il paese con la sua caratteristica forma di poligono irregolare.Tutt’intorno ulivi, palme, cipressi, scorci medioevali e ville palladiane. Un saliscendi in mezzo alla vegetazione più spontanea, a scenari che solo il paesaggio collinare può offrire. Lungo via Browing, la strada centrale degli asolani, si incontrano diversi negozi di prodotti della tradizione, osterie, enoteche, caffè e trattorie dalle sedie impagliate dove gustare i tipici cicchetti e le ottime produzioni locali: olio, miele, biscotti di Asolo, il caratteristico dolce pinsa con pane raffermo, farina di mais e fichi secchi, altri dolci, prodotti della malga, vini Doc e Docg della zona. Sulle colline di Asolo, infatti, maturano le uve dell’Asolo Prosecco Superiore Docg. L’azienda agricola Pat del Colmèl ha dedicato il millesimato dry alla Duse. Un vino dal fine perlage il cui colore è giallo paglierino, con riflessi verdi. La nuova Docg Asolo Prosecco ha visto la luce dalla volontà dei produttori del Montello e dei Colli Asolani: un traguardo importante che premia l’impegno dei produttori locale e una grandissima opportunità per questo splendido territorio da sempre vocato al Prosecco. Altro prodotto tipico della Pedemontana veneta è lo stracchino del caseificio Castellan, che da più di quarant’anni è un laboratorio a conduzione familiare che mantiene viva la grande tradizione casearia veneta.


compagne di strada

Clio Sporter, confortevolmente sportiva Design accattivante, guidabilità perfetta, spazio a bordo illimitato, zero rumori o quasi nell’abitacolo. Se Asolo è la città dell’armonia, allora l’auto che abbiamo scelto per visitarla è un accostamento più che mai azzeccato. Parliamo della nuova Clio Sporter di Renault: un vero concentrato di armonia, grazie alle rinnovate caratteristiche di linea e di motore che hanno trasformato la più classica tra le utilitarie della casa francese in una confortevole station-wagon. Cinque porte, cinque posti comodi, un bagagliaio sorprendente ma sotto il cofano un tre cilindri turbobenzina TCe da 90 cavalli che grazie al sistema Start&Stop, specie nei circuiti urbani, non va a incidere pesantemente sul dispendio di carburante. La Clio Sporter station-wagon è l’auto ideale per affascinare i giovani: poche concessioni al lusso, prezzo contenuto, consumi accettabili, linee sportive riuscite e non banali, ottima agilità nei tratti guidati e allestimenti interni (Energy) di grande impatto: a bordo la differenza la fanno le colorazioni fresche e simpatiche che mettono allegria e i comandi funzionali e innovativi al del sistema multimediale R-Link. Dall'alto, la veduta sui colli trevigiani da Asolo; uno scorcio del centro storico e, sotto, Villa Cipriani

Tra ricordi e tradizione Qui hanno soggiornato Marcello Mastroianni, Vittorio de Sica, Orson Welles, Peter O’Toole, Catherine Deneuve e Kim Basinger; esponenti della nobiltà internazionale come Giuliana d’Olanda, il principe Filippo di Edimburgo, la Regina Madre d’Inghilterra; capitani d’industria e mecenati come Aristotele Onassis e Gianni Agnelli. Siamo a Villa Cipriani, storico hotel nonché magnifica villa palladiana. Da due anni ne è proprietario Massimo Zanetti, noto industriale del caffè, che ci ha confidato: «Rilevare Villa Cipriani è stato per me quasi come ritrovare ricordi e affetti familiari, perché qui ho vissuto i momenti più emozionanti della mia vita. Ho in animo di farlo ritornare all’originario splendore, introducendo quelle migliorie – come ad esempio la recentissima piscina – che vanno incontro a una clientela abituata a standard di relax e di immagine elevati». Nel ristorante interno, guidato dallo chef piemontese Mauro Poggio, si gusta la migliore tradizione gastronomica della regione. Per saperne di più: www.villaciprianiasolo.com

Prezzo versione 1.0 TCe 90 CV S&S Energy (benzina): 16.700 euro

Scelti per voi dove mangiare Locanda Baggio Lo chef Nino (attento anche a celiaci e vegani) prepara piatti deliziosi. Menu degustazione: 40 euro Via Bassane, 1 – Asolo Tel. 0423.529648 www.locandabaggio.it

dove dormire Ca’ Cinel B&B Location silenziosa e atmosfera familiare. A partire da 45 euro Via Mestre, 9 – Asolo Tel. 334.8172160 www.cacinel.it

Ristorante Tappo Bar Locale giovane, meritano un assaggio gli spaghetti di Gragnano con pesto alle erbe. Prezzo medio: 25 euro Piazza Brugnoli – Asolo Tel. 0423.952201 – www.tappobar.it

Casa Asolana Casale ottocentesco nel verde. Tre le camere a disposizione degli ospiti. Doppia da 85 euro Via Sottocastello, 18 – Asolo Tel. 0423.55754 www.casasolana.it

Bistrot Prodotti della zona in un locale elegante ma informale. Prezzo medio: 30 euro Via Pietro Bembo, 85 – Asolo Tel. 0423.529592 www.ristorantebistrotasolo.com

Hotel Duse Davanti al Duomo, sotto le arcate gotiche, lo si nota dai davanzali fioriti. Doppia da 120 euro Via Browing, 190 – Asolo Tel. 0423-55241 www.hotelduse.com

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Valleè,

castelli e sapori di Flavio Amadei

Non esistono tante regioni che possono vantare un così alto numero di manieri, caseforti e torri dislocati su una superficie tanto piccola quanto quella valdostana. Scopriamo i più belli, con un romantico tour fatto di storia, arte e golosità

Gressoney Saint-Jean Verrès Valle d'Aosta

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Si scorgono da lontano come sentinelle a guardia del territorio, alcuni nel pieno del loro splendore architettonico, altri allo stato di semplici rovine, ma sempre in posizioni strategiche. Disseminati per le valli, si stagliano contro il cielo terso che sovrasta la più piccola regione italiana, la Valle d’Aosta, raccontando la storia millenaria che è passata in mezzo a queste montagne. Se nei mesi autunnali, avete voglia di perdervi tra le miste-

riose e un po’ fiabesche atmosfere dei manieri dellaValle d’Aosta,Castel Savoia a Gressoney può essere un buon punto di partenza.Voluto dalla regina Margherita per trascorrervi le vacanze estive al cospetto del Monte Rosa, il curioso edificio con le sue cinque torrette grigie tutte diverse fra loro venne realizzato tra il 1899 e il 1904. Domina l’alta Valle di Gressoney,piccola porzione di territorio abitata dalla comunità Walser, popolazione che, nel corso


Foto Enrico Romanzi

Una fuga d’amore

del ’500, giunse dalla vicina Svizzera tedesca in cerca di terra da coltivare, portandosi dietro i propri usi, costumi e la propria lingua. Non c’è da stupirsi dunque di vedere da queste parti le insegne tedesche accanto alle italiane, anziché quelle in francese come nel resto della regione. Chi ha la fortuna di visitare il castello, che emerge da una folta abetaia, non potrà perdersi una sosta golosa nel piccolo borgo di Gressoney-Saint-Jean dove, nelle botteghe artigiane, si trovano deliziosi torcetti al burro e strudel di mele e fra i formaggi la toma di Gressoney. Inoltre potrà portarsi in città le coloratissime e calde pantofole in lana,i sock,che sono ancora confezionate a mano dalle donne del paese riunite in cooperativa.

Tra folclore e regali banchetti Il più imponente e massiccio castello valdostano, oltre al Forte di Bard, è quello di Verrès, di forma cubica e dall’aspetto inespugnabile, costruito intorno al 1390 su un’altura che domina sia la vallata centrale, sia l’imbocco della Val d’Ayas. Curiosamente, questo aspetto così duro viene a mitigarsi durante il Carnevale quando il maniero, come per magia, si risveglia e accoglie i personaggi della famiglia Challant, feudatari dei Savoia, in costume storico. Si festeggia con cortei, musiche danze e cene a base di lardo di Arnad servito con pane nero e miele; fagottini di tacchino con mousse al bleu d’Aoste (formaggio simile al gorgonzola) e noci; sfoglia-

Celebre anche il Castello di Issogne, le cui vicende occupano circa nove secoli di storia, dal XII secolo. In questo castello abitava Renato di Challant, che sposò la portoghese principessa Mencia di Braganza. La camera di Renato conserva un dipinto che lo ritrae con la moglie Mencia e le figlie Filiberta e Isabella, elegantissime nei loro abiti cinquecenteschi e protagoniste, loro malgrado, di una saga rosa che oggi farebbe la gioia dei giornali scandalistici. Promessa sposa a Giovanni Federico Madruzzo dei principi-vescovi di Trento, Filiberta preferì fuggire, dopo aver rubato i gioielli di famiglia, col palafreniere di casa Challant, tale Michel Grepal e riparare con lui a Venezia. Fu Isabella, infine, a impalmare il Madruzzo e ad abitare stabilmente il castello. novembre 2013

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Foto Assessorato alla Cultura della Val d'Aosta

Scelti per voi

In apertura, nella pagina precedente, Castel Savoia a Gressoney. Qui, dall'alto, gli interni del Castello di Verrès e di quello di Issogne. Sotto, il Castello di Fénis

dove mangiare Ymeletrob Dai migliori aperitivi di Cervinia alla carne cucinata in sala, il tutto in un ambiente caratteristico di fronte a un bel camino del ’300. Piazza Guide Maquignaz, 4 Breuil-Cervinia (Ao) Tel. 339.1390055 La Chaumiere Paradiso per carnivori. Caratteristiche pierrade e brasserade. Prezzo medio: 35 euro Loc. Signayes Clou, 111 (Ao) Tel. 0165.40940 ristorantelachaumiere.it

Foto Assessorato alla Cultura della Val d'Aosta

tine con cavolo verza, patate e cotechino. Anche quella del Castello di Fénis è una storia che comincia da lontano, nel XIII secolo, quando il visconte di Aosta Gotofredo II di Challant lo ebbe in feudo. Arricchito da cicli pittorici attribuiti alla scuola di Giacomo Jacquerio, il castello presenta a ridosso dello scalone, nel cortile interno, il celebre affresco di San Giorgio e la principessa, che nel 1884 fu preso a modello per il cortile della Rocca nel Borgo Medievale di Torino. Quello di Fénis è il castello più visitato della Valle d’Aosta, forse perché con la doppia cinta muraria e le torrette merlate rappresenta un suggestivo punto di riferimento per il visitatore. Per addolcire la sosta a Fénis si consiglia una degustazione di baci di Nus accompagnati da un bicchierino di Muscat de Chambave, vino da meditazione ricordato già nei documenti medievali. Il Castello reale di Sarre, infine, è situato su un’altura all’ingresso dell’alta Valle d’Aosta. Il nucleo primitivo risale al XII secolo; nel 1869 venne acquistato da Vittorio Emanuele II di Savoia, “il re cacciatore”, che ne fece il punto di partenza per le battute di caccia nelle valli di Cogne, Rhêmes e Valsavarenche. Gli ambienti sono piuttosto semplici e buona parte delle sale del primo piano è decorata con una moltitudine di trofei di caccia. È stata la residenza estiva prediletta degli ultimi sovrani d’Italia, Maria-José e Umberto, e i loro figli spesso giocavano con i bambini dei villaggi limitrofi al castello. Per concludere degnamente questo viaggio tra manieri da favola, amori disperati e nobiltà tormentate, niente di meglio che tornare coi piedi per terra e acquistare un assaggio di salsicce e sanguinacci tipici della zona e preparati ad arte in una nota macelleria del vicino borgo di Villeneuve. Un goloso souvenir, per portare un po’ di Vallée a casa e nel piatto!

dove dormire Hotel De La Ville Nel cuore di Saint Vincent, a pochi passi dal Casinò e dalla funicolare che porta alle Terme, si distingue per l’eleganza degli interni e la cura nei dettagli. Doppia da 106 euro Via Aichino, 6/8
 Saint-Vincent (Ao) Tel. 0166.511502
 www.hoteldelavillevda.it Hotel Chalet du Lys Tradizionale struttura che si affaccia sul piazzale che rappresenta il punto di arrivo delle più belle piste del comprensorio del Monte Rosa. Il ristorante La Grange offre piatti ricercati legati alla tradizione locale. Camere da 80 euro a notte Loc. Staffal, 14
 Gressoney La Trinitè (Ao) Tel. 0125.366806 www.chaletdulys.it



terrelontane

Petra,

una fuga romantica Giordania Petra

A pochissime ore di volo dall’Italia, la Giordania svela il suo segreto accogliendoci nella monumentale città scolpita nella roccia da visitare di giorno, magari in sella a un cammello. O nella notte silenziosa, al lume di mille candele, abbracciati dalle rocce, protetti da un cielo trapunto di stelle come non l’avete mai visto Testi e foto di Carlos Solito 72

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Dici autunno e pensi subito al buen retiro. Alla fuga tra boschi dai colori caldi, in un convento solitario, tra borghi in pietra dai profili medievali, in una cantina a sorseggiare vino novello, tra i castagneti a passeggiare per sentieri. Dici autunno e per quanto l’estate sia appena andata via, viene voglia di una nuova fuga, anche breve, ma sicuramente romantica. Meta ideale è la Giordania. La terra dell’antico


fiume Giordano, al confine con Israele, che solo nominarlo vale un viaggio biblico, intimo, di fede, tra i luoghi del Vecchio e Nuovo Testamento: qui fu battezzato Gesù. Nonostante sia piena di altipiani aridi e deserti qui c’è la magia dei venti che sferzano, sussurrando storie antiche dal sapore magico fatte di notti stellate e silenzi pieni come materia che si accampano tra le pieghe della roccia e, tra la roccia, segnano sentieri invisibili per luoghi unici. Uno fra tutti è il dono di chi per millenni ha popolato questa terra, gli antichissimi Nabatei, gli artefici di un miracolo il cui nome evoca eternità: Petra.

La notte nella città rosa Dichiarata dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità il 6 dicembre 1985, due ore e mezza a sud di Amman, esattamente nel mezzo tra il Mar Morto e la costa di Aqaba, da qualche tempo la cosiddetta Città Rosa si visita anche di notte tra migliaia di candeline che, come briciole di fuoco, indicano il sentiero. Solo tre volte a settimana (lunedì, mercoledì e giovedì) l’escursione notturna parte dall’ingresso del Wadi Musa e dopo un percorso largo, che costeggia le case dello Spirito, i profili dei jebel si avvicinano, s’impastano e fanno una sola montagna con un taglio netto in basso: è il Siq, la porta segreta. Come un serpente infuocato striscia nel ventre roccioso e prende a girare e curvare tra silenzi assurdi passando attraverso strette pareti che, verso l’alto, sfuggono svelando spicchi di cielo stellato. Nel firmamento brilla più di tutte l’Orsa Maggiore, il faro della notte: le guide all’ingresso vi diranno «Alza la testa e se trovi Aldob Alakbar – il Gran Carro – vuol dire che stai andando bene». Striscia il Siq, striscia e in fondo a tutto il serpente spalanca le fauci in una voragine di arenaria ferrosa e il suo è un morso che paralizza, neanche un respiro neanche un movimento, solo il cuore fa rumore e va a mille. Il serpente qui inietta il più dolce dei veleni, lo stupore.

La leggenda di sabbia e roccia Una delle sette meraviglie del mondo dal 2007, la storia di Petra è una favola tanto quanto la sua bellezza. Fu fondata dagli Edomiti tra la fine dell'VIII e l’inizio del VII secolo a.C. e dal VI secolo divenne la fiorente capitale dei Nabatei che la scolpirono nell’arenaria creando un capolavoro architettonico unico in tutta l’antichità. La sua gloria durò fino all’VIII secolo, poi con la decadenza dei commerci fu abbandonata e cadde nell’oblio fino all’epoca moderna quando il suo nome era associato a una leggenda beduina. Solo nel 1812, durante un viaggio sulla tratta Damasco-Egitto, il caparbio esploratore svizzero Johann Ludwgig Burckhardt, che in abiti arabi si spacciò come pellegrino fedele al profeta Aronne, portò nuovamente alla luce l’antica città nella roccia facendo esplodere una vera e propria febbre archeologica.

In apertura, una suggestiva immagine del Tesoro by night con la facciata di Al-Khazneh illuminata dalla romantica luce di mille candele. In questa pagina, in alto, uno scorcio del Siq, il sinuoso canyon che fa da ingresso all'antica città di Petra. Qui sopra, il Teatro Romano

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terrelontane

Scelti per voi dove mangiare

È possibile programmare tour a piedi, a cavallo o a dorso di camello per visitare l'intero sito di Petra

Al-Khazneh, la tomba del Tesoro, è alla fine della gola lunga un chilometro. Ci si ferma di fronte a una parete altissima nella quale è scolpita una facciata perfetta dall’eleganza ellenistica. La luce fioca e tremula delle mille candeline disposte a terra svela la tomba del re nabateo Aretas III.Tutto sembra un miraggio. L’atmosfera mette addosso qualcosa di bello, forte, grande. Davanti al quale sedersi, tenersi per mano, e ascoltare il magico racconto della guida su come questo tesoro sia stato creato e custodito.

La mecca dello stupore Petra, però, non è solo il Tesoro by night. L’intero sito va visto anche di giorno, programmando una visita – a piedi, a cavallo o a dorso di camello – oltre il Tesoro, nella cornice di un altro canyon, dove si percorre la Strada delle Facciate bacata da tombe assire. Alla fine si fa tappa al Teatro Romano, così chiamato per l’ampliamento di Roma con la presa della città nel 106 do74

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po la morte del re nabateo Rabbel II. Qui il percorso si sdoppia. I più impavidi possono seguire per l’Altura del Sacrificio, al Madbah, sulla cima di una ripida scalinata intagliata nella roccia dalla quale si ammira un panorama unico su tutto il sito. Continuando, invece, si arriva alle ciclopiche Tombe Reali da non perdere al tramonto per le nuance rosse che infiammano sulle facciate delle tombe dell’Urna, Corinzia, di Seta, del Palazzo e di Sesto Fiorentino. Sul versante opposto la strada colonnata e la porta di Traiano precedono la visita al Tempio Grande e a quello dei Leoni Alati. Nei pressi anche la chiesa bizantina con pavimenti di arte musiva. Guardandovi attorno noterete ovunque tracce del passato nabateo, obelischi, mausolei, tante altre tombe: quelle giunte a noi, risparmiate dai terremoti, sono ben cinquecento. A fine tour romantico, mano nella mano col vostro partner, vi direte: “Petra è la mecca dello stupore. Petra è magica!”.

Yahya Hassanat In posizione panoramica sulle montagne di arenaria che custodiscono Petra, questo ristorante propone la tipica cucina araba. Da non perdere il mouloqhiya, un primo a base di riso con carne di agnello e pollo con foglie di malva cotte, aglio e coriandolo.

dove dormire Mövenpick Resort Nel villaggio di Wadi Mousa, alle porte del sito archeologico, l’hotel racchiude l’eleganza e la raffinatezza dell’architettura e dell’ospitalità araba. Tel. +962.3.2157111 moevenpick-hotels.com/petra

da comprare Oltre ai bazar del villaggio del Wadi Mousa che vendono ogni tipo di souvenir (soprattutto le bottigliette che contengono la sabbia del deserto e oggetti in argento) chiunque visiti Petra non può non portarsi a casa una t-shirt del brand Jo Bedu che propone stampe e simboli della Giordania rivisitati in chiave artistica da designer e stilisti arabi. www.jo-bedu.com


UN SOGGIORNO NEL LUSSO Grand Hotel Imperiale via Mazzini 20, 55042 - Forte Dei Marmi (LU) Tel. +39 0584 78271

www.grandhotelimperiale.it


l’italiainmostra

Officina Pratese La capitale italiana del tessile va alla riscoperta del suo straordinario patrimonio artistico con una mostra dedicata ai grandi maestri del Rinascimento e alla loro opera in bilico tra sacro e profano

di Silvana Delfuoco

Prato

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Delle tre chiavi che, nel Duomo di Prato, aprono la preziosa teca in cristallo di rocca dove dal 1638 si conserva la Cintola della Madonna, quella che secondo la tradizione Lei stessa donò a San Tommaso al momento dell’Assunzione in cielo, una sola è in custodia del Vescovo. Le altre due sono proprietà del Comune, a sottolineare l’importanza anche civile del-

la reliquia, simbolo della città. Narra infatti la leggenda che il prezioso oggetto, una sottile striscia tessuta in lana di capra con ricami d’oro, arrivò qui dalla Terrasanta intorno al 1140 portata da Michele, un modesto pellicciaio che l’aveva avuta curiosamente in dono dal suocero come dote della moglie e che alla sua morte la donò a sua volta al prevosto della chiesa di San-


Mai senza pane

zio della notte tentò il furto sacrilego. Subito scoperto, non solo fu bruciato sul rogo, ma per ulteriore punizione gli venne prima mozzata la mano dalla folla in tumulto. Perché qui non si trattava soltanto di vendicare l’oltraggio. I Pratesi infatti, già da allora abili mercanti di stoffe abituati a fare affari in tutta Europa, per nulla al mondo avrebbero rinunciato agli introiti portati in città dal continuo afflusso di pellegrini! Amor sacro e interesse profano: due anime che sono da secoli il motore di questa città.

Crisi e rinascita

In apertura, la cattedrale di Santo Stefano in piazza del Duomo. La struttura risale al XII secolo e ospita la Sacra Cintola, reliquia giunta fin qui dalla Terra Santa

to Stefano, il futuro Duomo. E da allora l’attaccamento della gente di Prato alla Sacra Cintola, dalle proprietà miracolose, divenne sempre più intenso. Ne fece le spese nel 1312 il povero, e un tantino sprovveduto, Musciattino, che arrivato quatto quatto dalla vicina Pistoia, che di Prato era, inutile dirlo, eterna rivale, credendosi protetto dall’oscurità e dal silen-

È una delle Chinatown più fiorenti d’Europa, seconda soltanto a Londra e a Parigi, quella alla periferia di Prato, fuori Porta Pistoiese. Ultima evoluzione di quel costante incremento dell’industrializzazione, soprattutto nel settore tessile, che fin dall’Ottocento ne aveva fatto la “Manchester della Toscana”. Un fervore di attività sempre crescente, di cui però ha fatto le spese l’altra anima della città, quella che l’aveva resa, sotto la Signoria dei Medici, un importante crocevia di innovazione artistica, dove lavoravano abitualmente maestri del calibro di Donatello, Paolo Uccello, Filippo Lippi, tanto da far dire a uno dei massimi esperti di pittura italiana, il critico Keith Christiansen, “senza Prato non si può comprendere il Rinascimento”. Peccato che per farlo ricordare a tutti noi – e in primis ai Pratesi – ci sia voluto lo spettro della crisi economica! Ma anche questa volta una

Si comincia dalla bozza, pane che non “sa di sale” nonché orgoglio locale, e si finisce coi biscotti di Prato, anche loro unici tra i cantucci toscani per la presenza delle mandorle e l’assenza di anice. In mezzo ci stanno tutti i piatti della tradizione di una cucina semplice, dove è regola inderogabile evitare lo spreco. Ecco perché tra gli antipasti – ma è anche un’ottima merenda – regna la fettunta, che partendo da olio, aglio e pepe, si apre a tutte le variabili. O la ritrovata mortadella di Prato, che si gusta anche tiepida tagliata a tocchetti. E tra i primi, ecco la meraviglia della pappa col pomodoro, che come la cucinano qui – si dice – fa anche diventare belli. Poi ci sono le pappardelle, fatte col sugo di lepre quando è stagione di caccia, se no di cinghiale selvatico, o di casalinga anatra. Si continua con l’arista arrosto, il piatto dei giorni di festa, accompagnata da rape o cavolo nero fatti saltare a parte nel suo sugo. Quando è festa grande si portano in tavole le pesche di Prato, una sorta di babà bagnati nell’Alkermes e farciti di crema. Il tutto, s’intende, innaffiato dai vini di Carmignano, che già rallegravano le tavole dei Medici. novembre 2013

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Scelti per voi

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dove mangiare Ristorante Baghino All’interno di un palazzo del '400, un riconosciuto punto fermo della cucina tradizionale. Prezzo medio senza vino: 40 euro Via dell’Accademia, 9 Tel. 0574.27920 Trattoria Soldano Due locali a gestione familiare, con un’ampia scelta di piatti del territorio. Prezzo medio senza vino: 15 euro Via Pomeria, 23 Via della Sirena, 12 Tel. 0574.34665 – 0574.830913 www.trattoriasoldano.it Ristorante Lo Scoglio Cucina giovane, rivolta ai sapori del mare, all’interno di un antico convento. Prezzo medio senza vino: 35 euro Via Verdi, 42 Tel. 0574.22760 www.ristoranteloscoglioprato.it

dove dormire Da Donatello a Filippo Lippi “Se questa mostra si fosse fatta novant’anni fa, una sezione dedicata a Paolo Uccello sarebbe stata del tutto diversa o forse non sarebbe affatto esistita”. Così scrive Matteo Mazzalupi in apertura al suo saggio in catalogo. E in effetti è un momento di autentica emozione la rivelazione del passato giovanile, finora di difficile ricostruzione, del più irrequieto e fascinoso pittore di quegli anni. È una favola cortese trasformata in racconto surreale il suo San Giorgio e il drago, e una autentica sinfonia di blu, rosa e oro la tavoletta dell’Annunciazione. Ma certo

In alto, la Madonna della Cintola di Filippo Lippi. Il volto della Vergine è quello di Lucrezia Buti, grande amore dell'artista

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l’Officina pratese non sarebbe stata tale, o forse non ci sarebbe stata affatto, senza “il più singolare maestro del tempo suo” come lo definì il Vasari: Filippo Lippi. La Santa Margherita che compare nella sua Madonna della Cintola ha il volto dolcissimo di Lucrezia Buti, il grande amore “profano” della sua vita. Una storia nella storia, fra le tante che questa città nasconde e invita a riscoprire. fino al 13 gennaio Museo di Palazzo Pretorio www.officinapratese.com

luce di speranza per la città è venuta dalla sua Madonna della Cintola. È Lei infatti, ritratta da Filippo Lippi, l’immagine simbolo della mostra con cui Prato si apre alle sfide di un nuovo futuro nelle sale dello storico Palazzo Pretorio, fresco di restauro. Una mostra che vuol essere anche un atto d’amore verso i Pratesi e verso il mondo. E che sia sacro o profano, anche stavolta poco importa!

Hotel San Marco Accogliente tre stelle a due passi dal centro storico. Doppia da 85 euro Piazza San Marco, 48 Tel. 0574.21321 www.hotelsanmarcoprato.com Hotel Giardino Affacciato sulla piazza del Duomo, uno storico tre stelle dotato di ogni comfort. Doppia da 70 euro Via Magnolfi, 2/4/6 Tel. 0574.26189 www.giardinohotel.com Agriturismo Sottotono Relax nel verde delle colline tra Prato e Firenze. Doppia da 90 euro Via Poggio dei Colli, 1/2/3 Santa Cristina a Mezzana – Carmignano (Pr) Tel. 0558.712058 www.agriturismosottotono.it

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di Lucrezia Argentiero

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Restaurant Höst Tutto danese lo stile del locale e il sapore dei piatti dello chef Jonas Christensen. Prezzo medio: 40 euro Nørre Farimagsgade, 41 Tel. +45 89.93.8409 cofoco.dk/hoest_restauranten.php

dove dormire

Copenhagen in 5 tappe Design ultra moderno e palazzi antichi modellano in perfetta armonia la capitale della Danimarca, riconosciuta come la città dalla migliore qualità di vita del mondo. Curiosi di scoprire il perché? 1 Salutare la sirenetta La statua fu commissionata da Carl Jacobsen, mecenate e patron della birra danese (la Carlsberg-Tuborg), che nel 1909 incaricò dell’opera lo scultore, anch’egli danese, Edvard Eriksen. Come modella venne scelta la ballerina Ellen Price, che però, pensando al fatto che il suo nudo sarebbe stato sotto gli occhi di tutti, si rifiutò di continuare a posare, e lo scultore ripiegò su sua moglie, Eline Eriksen. 2 Farsi una foto in Piazza del Re Nella piazza Kongens Nytorv si trova Amalienborg, il castello reale, una delle più grandi opere di architettura danese in stile rococò. A volte si vede passare la regina, ma sono le guardie reali a dare davvero spettacolo: ogni giorno alle 12 attraversano la città a passo di marcia dal castello di Rosenborg al Palazzo di Amalienborg. 3 Perdersi a Ørestad Se siete appassionati di design non potrete non fare un salto in uno dei quartieri più 80

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nuovi della città. Col naso all’insù vi stupirete ammirando l’hotel Bella Sky, il Bella Centre o la serie di edifici progettati dall’architetto Bjarke Ingels. Da non perdere anche il molo di Strandgade, sull’isola di Christianshavn, culla di design affacciata sul porto canale. 4 Rimirar le stelle nella Torre Circolare La Round Tower, è il più antico osservatorio funzionante in Europa: da qui le stelle sono state guardate e studiate sin dal 1642. Quando Cristiano IV costruì la torre, la Danimarca era molto famosa per le scoperte astronomiche dell’ingegnoso astronomo Tycho Brahe. 5 Vivere l’atmosfera natalizia Obbligatoria una tappa nel più antico parco di divertimenti del mondo, il Tivoli, con il suo mercatino di Natale. Quest’anno, le bancarelle saranno aperte dal 15 novembre al 31 dicembre. L’annuale Crazy Christmas Cabaret Show sarà invece in scena a partire dall’8 novembre.

Hotel d’Angleterre Il posto giusto per una notte da sogno. Amato dalle star internazionali. Doppia da 470 euro Kongens Nytorv, 34 Tel. +45 33.12.0095 www.dangleterre.dk Andersen Boutique Hotel Albergo moderno e centrale, in zona Giardini di Tivoli. Doppia da 132 euro Helgolandsgade,12 Tel. +45 33.31.4610 www.andersen-hotel.dk

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L’idea in più Il Castello di Kronborg Solo 10 minuti di treno vi portano al Castello di Kronborg a Elsinore, uno dei più importanti del Nord Europa e famoso per l’Amleto di Shakespeare. I sotterranei ospitano la statua di Holger Danske: la leggenda dice che in caso di pericolo la figura di pietra dell’eroe nazionale si animerà per soccorrere la patria.


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Il sole e la terra hanno donato calore e vita al frutto, la luna gli ha regalato l’anima. Le note olfattive, grazie alle forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, si arricchiscono di sfumature uniche ed irripetibili. Questo spumante nasce dalla vinificazione in bianco con metodo charmat, di uve nero d’avola di proprietà.

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magazine

Cibo&Territorio Cibo&Territorio 84

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84 La cucina “lumbarda”

Cassöla, pizzoccheri e busecca: viaggio nella verace tradizione culinaria padana

90 L’oro bianco delle Orobie

Con 9 formaggi Dop, Bergamo domina il caseario italiano: scopriamone i sapori

da pag. 96 Rubriche

• Dulcis in fundo • La storia in cucina • Orto dei semplici • Il buono a tavola

94 Wine passion: il Riesling Ha natali renani ma risiede in Oltrepò: un bianco che si sdoppia nel bicchiere

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cibo&territorio

Di burro o di lardo il piatto è lombardo Ris giald e risot rugnus. Casöla e bruscìtt, sciatt e gnoc de la cuö. Ma che lingua stiamo parlando? È il lumbard, bellezza! Quello delle massaie ai fornelli e delle tavole imbandite della tradizione, che ci accompagna alla scoperta di una cucina ricca e varia, dai piatti delle vette alpine a quelli delle città di pianura di Riccardo Lagorio 84

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Due tra i piatti principali della cucina lombarda vengono descritti da Alessandro Manzoni ne "I promessi sposi": le polpette servite a Renzo, Tonio e Gervaso poco prima del matrimonio a sorpresa e lo stufato dell’Osteria della Luna Piena, dove il protagonista cena dopo i tumulti di Milano “Ogni popolo usa per friggere l’unto che meglio si produce nella propria area. In Toscana si dà la preferenza all’olio d’oliva, in Lombardia al burro, e nell’Emilia al lardo che vi si prepara eccellente”. Fu Pellegrino Artusi a suggerirci cosa caratterizzava la mensa del lombardo del suo tempo. Ma già sessant’anni prima Ugo Foscolo e il matematico Gregorio Fontana anticipavano questa abitudine milanese e, in parte, lombarda, denominando con sottile ironia il capoluogo Butirropoli. Tanto importante dunque il burro per i lumbard, da aver lasciato segno indelebile in alcuni detti regionali come “non farsi passare al burro da nessuno” (cioè non lasciarsi manovrare) o il colorito bresciano-bergamasco “ìgö ‘l cül ‘ndel butèr” (avere il fondoschiena nel burro, ovvero essere particolarmente fortunato). Sempre Foscolo, appellandosi ai Bresciani, chiede loro se saranno in grado di liberare il poeta di Zante dalla cattività di Paneropoli (da panera, ovvero burro derivato dalla panna) ospitandolo magari in una casa ariosa e soprattutto “con molta verdura dinanzi”. Come sempre, però, nella cucina italiana nulla è più costante della mutevolezza. E se persino in Lombardia l’uso del burro viene ormai messo in discussione, alla pari di quello del formaggio, ogni certezza sembra proprio destinata a venire meno! Lombardia novembre 2013

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cibo&territorio

Pazzi per l’extravergine

In apertura, nella pagina precedente, la busecca; qui sopra la preparazione dei casoncelli

Ogni boccone una sorpresa Grazie alle influenze culturali gonzaghesche e alle commistioni con la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano, la Lombardia vanta una lunga tradizione anche di paste ripiene, differenti per forma, dimensione e farcia, da condire – manco a dirlo – con il burro, o da servire in brodo. Decisamente particolari i tortelli di zucca e amaretti del Mantovano, che associano sapore dolce e salato al pari di quelli cremaschi, caratterizzati dall’amalgama nel ripieno di cedro candito, spezie, amaretti, Grana Padano Dop e uva passa tra gli altri; numerose le varianti dei casoncelli bresciani (singolari per ripieno di prosciutto cotto e Grana Padano Dop quelli di Barbariga) e bergamaschi (dove spiccano gli scarpinocc di Parre, di magro) tutti sempre generosamente conditi di burro fritto e salvia. Quasi un’istituzione cittadina poi i marubini di Cremona, piccoli anelli di pasta racchiusa intorno a un ripieno di carne, Grana Padano Dop e pangrattato immersi in brodo di tre carni (gallina, manzo e vitello). Risentono di aria piemontese, invece, gli agnolot86

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ti pavesi ripieni di stracotto e conditi con il sugo dello stesso o in brodo d’oca. L’incremento del numero di paste ripiene va di pari passo con la fantasia di massaie, se mai ancora ne esistono, e cuochi, creando ripieni con le materie prime disponibili in loco: sui laghi il pesce la fa da padrone, sulle montagne il re è il formaggio (come il nostrano Valtrompia Dop nell’omonima vallata bresciana o il bagoss nella vicina Valle Sabbia) o la rediviva ricotta.

Là dove il riso abbonda Già nel ’400 la coltivazione di riso era sicuramente diffusa nella regione, e oggi la Lombardia è al secondo posto in Italia in quanto a risicoltura dopo il Piemonte. In

Se è vero che l’olio di oliva proveniente dai laghi ha sempre intriso, con le parentesi dovute alle forti gelate che si protrassero sino a metà Ottocento, le mense lombarde, si è pur sempre trattato di un fenomeno relegato ad aree limitate. Tuttavia negli ultimi quarant’anni vi è stata una progressiva omologazione del gusto lombardo agli usi alimentari nazionali: meno diffusi i grassi animali, più olio tra i condimenti a scapito del burro. Ultimamente diffusi da Coldiretti Lombardia i dati di consumo: 32 milioni di litri per un valore di 132 milioni di euro. Nel particolare, il consumatore lombardo è quello che, a livello nazionale, predilige l’extravergine d’oliva Dop e biologico. Si prevede cha la produzione della campagna 2013 si aggiri intorno agli 850 mila litri, concentrati sul lago di Garda (che rappresenta il 78% dell’olio prodotto a livello regionale).

La Lombardia è seconda tra le regioni d'Italia per la produzione di riso. Un piatto che esalta questa materia prima è il milanesissimo risotto allo zafferano con l'ossobuco



cibo&territorio

Tradizione che fila e fonde Zincarlin, panerone, nisso, formaggelle del Luinese... a elencarli i formaggi lombardi andremo avanti ore. Spesso poi entrano in cucina come ingredienti dei piatti più tradizionali. Come nel caso Valtellina Casera, figlio della tradizione delle latterie sociali e turnarie, necessario per uno dei piatti simbolo della Valtellina, i pizzoccheri, larga e irregolare pasta a base di grano saraceno condita con aglio e salvia fritti, bietola e patate; ma non solo. Un cuore di Casera ricoperto di pastella di grano saraceno è alla base degli sciatt, frittelle servite su cicoria condita con aceto. In Val Camonica il silter serve per la preparazione di una pastella in aggiunta a pane raffermo e latte che diventa, immersa a cucchiaiate in acqua bollente, gnoc de la cuö di Ponte di Legno (serviti con burro fritto). Il formaggio a grana (riconducibile all’odierno Grana Padano Dop) è invece fondamentale nelle mariconde, giganti sfere impastate con uova, pane raffermo ammorbidito nel latte e burro, e servite in brodo, emblema di una fascia che si estende da Bergamo città all’alto Mantovano.

"Igö ‘l cül ‘ndel butèr" dicono a Brescia quando si sentono fortunati. Anche l'olio però è sempre più presente sulle tavole lombarde verità è Pavia la provincia dove la cultura del riso è più radicata, con marcite sommerse d’acqua ideali per la crescita delle spighe; sebbene nel corso degli ultimi anni sia cresciuta la superficie dedicata al Carnaroli, la famiglia dell’Arborio è l’altro grande gruppo coltivato in Lomellina, pure indicato per risotti. Nel Mantovano la parte del leone la gioca il Vialone Nano, così versatile da essere ottimo per sartù e risotti, timballi o anche bollito; nella parte orientale del territorio virgiliano, quella che guarda al Veronese, è nata infine la Strada del riso e dei risotti mantovani. Impossibile non citare, a questo 88

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punto, quello che Emilio Gadda definì “risotto patrio”: il milanese, allo zafferano. Il ris giald deve i natali alla fortunata combinazione della coltivazione del cereale e dell’allevamento bovino per ottenerne il brodo e il midollo, grazie alla dotazione nelle terre basse di una congeniale sistemazione idraulica da parte dei monaci di

In alto, i pizzoccheri, pasta larga e irregolare a base di grano saraceno condita con aglio e salvia fritti, bietola, patate, Casera e burro; sotto, la casöla fatta di verza, piedini, costine, verzini e cotenna di maiale


Esempio efficace di quanto la cucina lombarda necessiti di lunghe cotture sono i bolliti misti cremonesi

San Bernardo di Clairvaux nel XII secolo, e della coltura dello zafferano (diffusa sino a tutto il Cinquecento). Nella vicina Brianza il risotto è caratterizzato dall’assenza dello zafferano e dall’intervento di vino rosso e di lucanica sbriciolata. Il risot rugnus con salamella sbriciolata, pomodoro e ricca mantecatura con burro e formaggio è la versione lodigiana. Risotto alla pilota invece nell’ovest mantovano, con ingredienti: pesto di maiale, burro e Grana Padano Dop, la cui variante, definita risotto con puntel, prevede di servire la braciola di suino intera invece che il pesto. Diffuso ovunque il risotto ai funghi, mentre quello con gli asparagi si è concentrato nelle aree di coltivazione: cantello nel Varesotto, cilavegna in Lomellina, il brianzolo e rosato di Mezzago e il verde mantovano di San Benedetto Po.

Sia carne... che pesce! Se è vero che la cotoletta alla milanese ha conquistato carattere pressoché nazionale per la sua facilità di preparazione, la cucina lombarda necessita di lunghe cotture. Bastino come esempio i bolliti misti cremonesi accompagnati da mostarda senapata; la rustisciada, stufato di carni suine (compresi fegato e rognone) rosolate in cipolla e lardo, comune tra Brianza e Varesotto; la busecca, trippa di vitello rosolata in burro, lardo, cipolla e altri odori, fatta cuocere per

almeno due ore con pomodoro e fagioli, che vanta in Lodi patria di elezione; i bruscìtt, dadini di carne di manzo cotti per ore a fuoco basso in vino rosso ed erbe profumate, serviti con fumante polenta, d’origine bustocca. Per non parlare degli stufati e degli stracotti (di manzo e di asino) o della casöla, una sorta di pottaggio che ha per ingredienti principali verza, piedini, costine, verzini (piccole salamelle) e cotenna di maiale con salsa di pomodoro, piatto un tempo popolare nell’area d’influenza milanese (la versione lomellina prevede l’utilizzo dell’oca a sostituire il maiale). Tradizionale del Bergamasco e del Bresciano è l’utilizzo di uccelli di piccola o media dimensione cucinati in casseruola con burro nella città di Arlecchino; allo spiedo, con non poche varianti di accostamento, nel territorio della Leonessa d’Italia. I laghi e le risorgive provvedono a fornire pesce, quasi sempre cucinato al forno (come le tinche), talvolta fritto o essiccato (come accade per gli agoni che diventano missoltini del lago di Como o le sarde del versante bresciano del Sebino), o ancora bollito e accompagnato da salsa a base di prezzemolo (come il luccio in salsa mantovano). L’accompagnamento della polenta, più morbida nella parte occidentale, pressoché compatta nell’area orientale e sulle montagne della regione, è infine la costante di ogni piatto.

L’angolo del salümér

Sul versante dei salumi, alla tradizione della carne essiccata di manzo, comune in tutte le Alpi Retiche si rifà la Bresaola Valtellina Igp (punta d’anca e magatello bovino), mentre il suino si fa salame di differenti granature (da quello a taglio grossolano come quello bergamasco o di Varzi Dop a quello a taglio più sottile del Cremasco) e speziature (molto ricco d’aglio quello mantovano). Non solo maiale, ci s’intende: i salumi d’oca sono caratteristici nella zona della Lomellina, mentre prosciuttini di capra, detti violini, lo sono in Valchiavenna e in Val Camonica, di pecora nel nord della Brianza.

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L'oro bianco delle Orobie Con la recente consacrazione dello strachitunt, sono nove le Dop casearie presenti in Bergamasca. Partiamo insieme per un tour tra alpeggi e baite dai caratteristici tetti in piöda alla scoperta dei sapori e dei saperi che hanno contribuito a dare vita a questo gustoso patrimonio di Laura Bernardi Locatelli Il viaggio alla scoperta dei formaggi, dei gesti antichi e dell’arte di conservare il latte tutto l’anno inizia in quota, alle radici della tradizione casearia della provincia di Bergamo. Le piccole produzioni ancorate alla montagna e agli alpeggi, alla qualità del foraggio e dei pascoli, riportano dritti nelle stalle della Val Brembana. E iniziamo col branzi Dop,antico formaggio a pasta semi-cotta tipico dell’omonimo comune dell’Alta Valle, che esalta le essenze vegetali presenti nei foraggi estivi e la cui scioglievolezza conquista nella polenta taragna; è tra i formaggi più apprezzati del Nord Italia, grazie anche all’impegno della Latteria Sociale, storico consorzio nato nel 1953. Catapulta sin dall’olfatto in quota il formai de mut Dop, che conserva tutto il sapore dei pascoli montani e delle casere d’alpeggio;grasso e a pasta semicotta,dalla produzione limitata,viene prodotto esclusivamente 90

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Lombardia

Valbrembana Bergamo


La strada dello stracchino L’app Strada dello stracchino e della pietra, compatibile con i sistemi Apple e Android, guida alla scoperta delle caratteristiche baite con tetti in piöda, dei calecc e dei caseifici dalla Valle Imagna alla Val Taleggio. A due itinerari di trekking si affianca un tour da percorrere in auto: dalla contrada Roncaglia a Corna Imagna. Con una sosta golosa alla Casa dello Stracchino in contrada Feniletti; qui allevatori, agricoltori e comune hanno unito le loro forze per salvare i formaggi tradizionali della Valle. Oltre allo stracchino all’antica della valle – strachì –, l’eccezionale latte della vacca Bruno Alpina produce anche il cornèl, il quartì e il fiurìt, oltre alla formagéla e al formagì.

La leadership assoluta per concentrazione di formaggi a Denominazione d’Origine Protetta della provincia di Bergamo (ben 9, contro le 7 di Cuneo) contribuisce in maniera decisiva al primato nazionale della Lombardia, che da sola concentra un terzo delle Dop italiane con latte di vacche – nutrite a pascolo e fieno – proveniente da una o due mungiture giornaliere. Le forme d’alpeggio (formai de mut estivo) sono serigrafate con il colore blu, mentre il marchio in rosso va alle forme prodotte anche in inverno nelle latterie. Oltre al bitto Dop, la Valle rivendica due presidi Slow Food: il bitto storico, lavorato a mano, dalla mungitura alla monticazione, con latte di vacche d’alpeggio e una piccola percentuale di latte di capra Orobica, e l’agrì di Valtorta, piccolo formaggio fresco a pasta cruda particolarmente aromatico.

Taleggio e Strachitunt DallaValle Imagna,attraverso la forcella di Bura si raggiunge la patria del taleggio nell’omonima Valle, che si può conquistare anche da San Giovanni Bianco, attraverso lo spettaco-

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Occhio ai consumi

lare Orrido, una gola lunga tre chilometri scavata nel torrente Enna. È questo il regno del taleggio artigianale e delle antiche celle di stagionatura, che ancora si possono visitare a Peghera. A Vedeseta, in frazione Reggetto, presso la Cooperativa Agricola Sant’Antonio si possono acquistare burro di malga e ottimi formaggi, dal vero taleggio al leggendario strachitunt Dop, erborinato naturale di antichissima tradizione – una pergamena ne attesta la presenza dal 1380 – salvato dalla tenacia dei casari della minuscola Valle, che lo chef Gianfranco Vissani ha eletto “miglior formaggio al mondo”. Lo “stracchino tondo”, antenato del Gorgonzola, viene lavorato da latte di razza Bruna Alpina allevate al pascolo in Val Taleggio, con tutte le sue unicità e le sue specie arboree autoctone che conferiscono al prodotto un gusto e un aroma non riproducibili altrove. Per saperne di più: www.formaggiobranzi.com www.formaidemut.info www.iltesorodellabruna.it www.santantoniovaltaleggio.com http://strachitunt.it

In basso, lo strachitunt da latte di razza Bruna Alpina allevate al pascolo in Val Taleggio

Risotto pere, strachitunt e Moscato di Scanzo Ingredienti: 200 gr di strachitunt 500 gr di riso Carnaroli 1 pera (160 gr) 10 gr di parmigiano 250 ml di Moscato di Scanzo 150 gr di burro 30 gr di scalogno Brodo vegetale q.b. Aceto balsamico tradizionale Preparazione: Tostare il riso con lo scalogno tritato e sfumare con il Moscato di Scanzo. Coprire con il brodo vegetale e cuocere per 18 minuti circa. Nel frattempo, saltare le pere tagliate a cubetti con una noce di burro, aggiustare di pepe e sale e bagnare con mezzo bicchiere di Moscato di Scanzo. Terminare la cottura, mantecare il risotto con il parmigiano, il burro a fiocchetti, lo strachitunt tagliato a pezzetti e le pere saltate. Guarnire con aceto balsamico a gocce.

I marchi che contraddistinguono i Consorzi di Tutela dei formaggi Dop bergamaschi sono sempre presenti su ogni forma, riconoscibili anche dai siti che riportano i loghi depositati. Le etichette riportano il nome – intraducibile – dei formaggi, l’azienda produttrice e il logo del marchio collettivo. Per alcuni formaggi, come lo strachitunt, dev'essere indicata la provenienza del latte, la tipologia di vacche e la loro alimentazione.

Scelti per voi dove mangiare Taverna di Arlecchino Lo chef Franco Moretti propone piatti di montagna rivisitati. Da non perdere gli gnocchi con crema allo strachitunt. Prezzo medio: 30 euro Via Oneta, 1 - San Giovanni Bianco (Bg) Tel. 0345.42458 www.tavernadiarlecchino.it Hotel Corona Branzi, burro di malga e farina di mais danno vita a una polenta d’autore: in cucina infatti c'è Elda Midali, nipote del mitico Gioanì, “papà” della taragna. Prezzo medio: 30 euro Via San Rocco, 8 - Branzi (Bg) Tel. 0345.71042 www.hotel-corona.info

dove dormire Baita&Breakfast Un vero e proprio alpeggio dove è possibile rivivere la vita dei bergamini. Prezzo medio a persona: 30-45 euro Taleggio, frazione Sottochiesa (Bg) Tel. 348.4061813 www.ecomuseovaltaleggio.it Agriturismo Ferdy Un’oasi di relax con bagni di bellezza al latte di capra orobica, massaggi con oli essenziali della Val d’Inferno e bio sauna del contadino. Prezzo a persona: da 70 euro Località Fienili - Lenna (Bg) Tel. 0345.82235 www.agriturismoferdy.com

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winepassion

Due vitigni per un solo Riesling Di origini renane, carattere complesso e intenso l’uno. Giovane, frizzante e “italico” il secondo. Dalla loro unione nasce oggi un vino dalle molteplici declinazioni, che porta alta la bandiera dell’Oltrepò pavese nei calici di tutto il mondo di Silvana Delfuoco 94

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Che fossero proprio le colline intorno a Montalto Pavese, nel cuore dell’Oltrepò, la terra giusta dove far crescere anche in Italia i nobili vitigni del Riesling del Reno lo avevano capito per primi gli austriaci durante la loro storica permanenza nel Lombardo-Veneto. Della formazione degli agricoltori, si occupò personalmente il conte di Wilzeck che non voleva privare i fini palati degli ufficiali austriaci delle delizie a cui si erano abituati alla Corte di Vienna. Per la mensa delle truppe era invece ritenuto più che sufficiente il fresco bianco fruttato prodotto con le uve di Riesling italico, coltivato nel vicino Veneto e da lì approdato in seguito in Oltrepò, che null’altro aveva in comune se non il nome con il suo più aristocratico rivale. Due vitigni per un solo vino, dunque. Due vitigni dalle caratteristiche enologiche molto diverse, che col tempo hanno però imparato

a convivere in modo sempre più amichevole, tanto che dal 2007 il Disciplinare di produzione della denominazione Oltrepò Pavese ha deciso per la soppressione in etichetta del riferimento alle due diverse tipologie. È da allora che in Oltrepò si parla soltanto, e in modo sempre più lusinghiero, semplicemente di Riesling.

2007: l’anno della svolta «La scelta di indicare in etichetta il nome Riesling tra le tipologie contemplate nella Doc Oltrepò Pavese, senza specificare se italico o renano – spiega il direttore del Consorzio di Tutela, Matteo Marenghi – è stata fatta in seguito a un’apertura offerta dall’Unione europea e nell’ottica di semplificare il messaggio nei confronti del consumatore. Da noi il vitigno Riesling ha un ruolo molto importante: è infatti il quarto più diffuso dopo Croatina, Bar-


bera e Pinot nero». Una decisione senza dubbio coraggiosa, che però deve ancora fare i conti con un immaginario collettivo piuttosto radicato nelle abitudini anche di molti eno-appassionati. Il solo nome del Riesling renano infatti evoca subito il ricordo dei grandi vini alsaziani, longevi e intensamente aromatici. Meno conosciuto ai più, e quindi solitamente meno apprezzato anche dalle nostre parti, è invece il Riesling italico, diffuso soprattutto nell’Europa centrale, a dispetto di un nome che sembra rimandarlo a una lontana, e incerta, provenienza latina. «È vero che i due vitigni hanno poco in comune – continua Marenghi – l’italico, più generoso nelle produzioni, è adatto a vini freschi e giovani e dà i migliori risultati nelle versioni frizzanti e spumanti; il renano è invece un vitigno dalle produzioni più contenute e origina vini complessi dalla spiccata aromaticità e mineralità». Una bella sfida per le aziende vinicole della zona che hanno scelto di inserire il Riesling nella loro produzione. A loro il compito di valorizzarlo, interpretandolo degnamente secondo le diverse caratteristiche dei vigneti. «Gli Oltrepò Pavese Riesling – conclude Matteo Marenghi – possono essere sia vini giovani e freschi, frizzanti e beverini, o spumanti, sia vini più strutturati e complessi, che nel tempo aggiungono mineralità e nobiltà a un prodotto già di elevata concentrazione aromatica. A sostenere e valorizzare questa seconda tipologia è nata sul territorio anche un’associazione di vitivinicoltori che si chiama La Valle del Riesling e che ha frequenti scambi con i produttori della Mosella, in Germania, alla cui filosofia enologica si ispira. Finora il Riesling dell’Oltrepò Pavese ha avuto una diffusione soprattutto nazionale, ma non mancano spedizioni all’estero, di tutte le tipologie». Si prospetta dun-

Lombardia

Oltrepò Pavese La Valle del Riesling si estende su 500 dei 1550 ettari impiantati a Riesling dell’Oltrepò pavese

Nicchie di piaceri La Doc Oltrepò Pavese Riesling, ottenuta da uva Riesling renano o Riesling italico, si produce nelle tipologie fermo, frizzante e anche spumante secondo il metodo Charmat; è Superiore quando il titolo alcolometrico supera i 12%, Riserva se invecchiato almeno 24 mesi. La zona storicamente vocata per la sua coltivazione, la Valle del Riesling, è una nicchia di circa 500 ettari sui 1550 totali impiantati a Riesling sull’intero territorio dell’Oltrepò e comprende i comuni di Calvignano, Montalto Pavese, Oliva Gessi, parte di Casteggio, Mornico Losana e Rocca de Giorgi.

que un nuovo futuro, anche grazie al Riesling, per tutta la produzione vinicola oltrepadana, sempre più spesso oggetto di attenzione anche nelle degustazioni dei più qualificati assaggiatori.

Abbinamenti paradisiaci Il Riesling dell’Oltrepò ha un bel colore giallo paglierino, con possibili riflessi ambrati e un intenso aroma fruttato. Fresco e gradevole è ottimo per gli aperitivi, ma può essere usato a tutto pasto. Perfetto con i salumi locali, come il salame di Varzi, ma anche i frutti di mare, i risotti o i ravioli alle verdure o alle castagne. Si sposa con secondi a base di pesci bolliti o di crostacei e, nella versione spumante, con i locali formaggi caprini e i dolci “poveri” della zona: ciambelle, crostate, o una “semplice” torta paradiso con il miele. Per saperne di più: www.vinoltrepo.it www.valledelrieslingoltrepo.it novembre 2013

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dulcis in fundo

La forma del desiderio Ricorda il corpo di una donna, e al mercato per sceglierla la si accarezza. È la mela, eterno simbolo di potere, che si fa torta e sprigiona profumi che stuzzicano i sensi e evocano fantasie inconsce. Peccaminose, forse. Ma in modo del tutto “originale”!

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di Iginio Massari

Per una mela ci siamo giocati tutto, persino il Paradiso. Volevamo essere divini. Da allora questo frutto si è trasformato, anche nell’immaginario collettivo, sempre e comunque in un mezzo di conoscenza, di potere. È il pomo della discordia, da assegnare alla “più bella” fra le donne; è quella di Paride che scatena la guerra di Troia. Oppure è posta sul capo del figlio di Guglielmo Tell, eroe dell’indipendenza elvetica. Ma anche re Artù si nasconde ai nemici dentro la cavità di un enorme melo; mago Merlino sotto un altro melo tiene lezione; a Newton ne cade una sul capo a conferma della legge di gravità… E si potrebbe continuare a lungo. Qual è il segreto di tanto successo? Di sicuro quello della torta di mele sta nell’equilibrio tra acidità e zuccheri, una intrigante ricerca di armonia. Lo zucchero è un antidepressivo naturale, ma un improvviso eccesso nel nostro organismo porta all’aggressività: la mela di Adamo forse era tutto questo, un appetito sfrenato, la forma del desiderio da soddisfare a ogni costo. Tonda e sensuale, la mela ricorda il corpo femminile, e anche nel caos del mercato non si sceglie una mela, la si accarezza. Al centro contiene una stella a cinque punte, formata dagli alveoli che racchiudono i semi: mangiarne è una sorta di iniziazione. In parole povere significa abusare dell’intelligenza per conoscere il male, della sensibilità per desiderarlo, della libertà per farlo. Nel magico mondo delle leggende celtiche, l’isola di Avalon, il luogo in cui riposano per sempre re ed eroi, è detta l’isola delle mele. Chi mangia di quelle mele vive in eterno; anche i frutti sono eterni, non si consumano mai. In alchimia un pomo d’oro è simbolo dello zolfo, del potere anche nell’aldilà. Cosa occorre però? Occorre la trasgressione per diventare potenti, un gesto di sfida, saltare il fosso della conoscenza normalmente negata ai mortali. La nostra torta di mele! Che si sposa bene con lo zucchero caramellato, dorato; il suo profumo solletica gli zigomi e fa nascere in noi fantasie nascoste nell’inconscio. Dolce come il peccato originale, perché noi uomini siamo originali. Ci risiamo; ci piaccia o no. La mela, il serpente, il desiderio; e l’ambizione. Eva, il peccato: originale poiché è all’origine della specie umana o originale forse perché è creativo? E la mela…


la storia in cucina

di Elena Conti

Napoleone e il giandujotto È spesso in circostanze d’emergenza che nascono le idee migliori. Questo vale anche per il celebre cioccolatino torinese, spesso ancora oggi realizzato a mano secondo l’antica ricetta ottocentesca Sembra un piccolo lingotto. Tolta la lamina dorata, emana un aroma ricco e delicato. L’aspetto è invitante, la grana omogenea. È il giandujotto, e la sua storia ha curiosamente inizio per motivi “politici”. Era il 1806 e per colpire l’economia britannica, Napoleone impose il blocco continentale, proibendo alle navi battenti bandiera inglese l’attracco in qualsiasi porto dei paesi soggetti al dominio francese. Questo comportò un ridotto afflusso di prodotti coloniali e le scorte di cacao si ridussero sensibilmente, proprio mentre la richiesta di cioccolato continuava ad aumentare. Solo piccole quantità di cacao riuscivano a forzare il blocco ma giungevano in Europa a prezzi esorbitanti. Così a un cioccolataio piemontese, Michele Prochet, venne l’idea di provare a sostituire parte del cacao con un prodotto comune sul territorio, la nocciola Tonda Gentile delle Langhe, dal gusto deciso e delicato. Unendo nocciole in polvere, cacao,

burro di cacao e zucchero, il pasticciere ottenne un impasto dal gusto gradevolissimo. Ma la presenza di una notevole quantità di nocciole nell’impasto non permetteva che il cioccolatino venisse prodotto negli stampi e inizialmente venne tagliato a mano. Ancora oggi c’è chi continua la produzione tradizionale di giandujotti torinesi, tagliandoli e incartandoli a mano con una ricetta molto simile a quella dell’epoca. Il giandujotto così prodotto viene colato direttamente sulle piastre senza ricorrere all’uso di stampi, e si ottengono dei cioccolatini che hanno un’inconfondibile consistenza in perfetto equilibrio fra fluida e solida, ben diversa da quella dei giandujotti ottenuti con gli stampi, in modo industriale. Il particolare cioccolatino prese il nome di giandujotto solo dopo il carnevale del 1865, quando, per promuoverlo, incartato in lamine dorate o argentate, fu distribuito per le strade della città dalla maschera torinese Gianduja.

Della nocciola... non si butta via nulla Nella ricetta del giandujotto gli ingredienti possono variare, ma insostituibile è la presenza della nocciola piemontese, la Tonda Gentile delle Langhe. Sgusciate e torrefatte, intere, rotte in pezzi grossolani, trasformate in pasta olio o farina, sono utilizzate per preparare anche cioccolate, nocciolati, torroni, gelati... Le nocciole vengono usate anche per cosmetici, profumi, saponi e medicinali; i gusci come combustibile, mentre con il legno della pianta si produce una brace finissima, usata per le carbonelle da disegno e della polvere da sparo.

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orto dei semplici

di M. Pia Fanciulli

Coltiviamoli così Richiede un po’ di spazio, per questo non è proprio l’ideale sul balcone. Ma ciò non vuol dire che non si possa tentare.

Cardo,

il signore del freddo Si fa ben notare negli orti autunnali – e pure in quelli dell’inverno – dove le sue lunghe foglie possono superare il metro d’altezza. Vero re della stagione appena iniziata, non chiede molte attenzioni, se non un abbraccio della terra per addolcirne la natura un po’ amarognola

È così tipicamente invernale, da avere conquistato un posto d’onore sulle ricche tavole del Natale. Al punto che in alcune regioni, soprattutto del Centro Italia, non sarebbe festa se mancasse la gustosa parmigiana di gobbi – così vengono anche chiamati i cardi – dal menu più atteso dell’anno. Uno straordinario ortaggio che si comincia a raccogliere a novembre e che arriva fin sul limitare della stagione fredda, nel mese di febbraio. E se buono è in tavola, bellissimo lo è nell’orto. Possente, alto e forte, il cardo – Cinara cardunculus – è pianta dalla forma simile a quella del sedano, pur appartenendo alla stessa famiglia 98

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dei carciofi. La parte commestibile è il gambo che risulterebbe piuttosto duro e dal sapore amarognolo, se non fosse imbianchito. In Europa era coltivato intensamente in epoca medievale, ma già Plinio, molti secoli prima, nella sua Naturalis historia (I secolo d.C.) lo annoverava fra gli ortaggi pregiati. Mangiarlo fa bene, perché depurativo e protettivi del fegato, oltreché antiossidante. Grazie alle proprietà toniche e decongestionanti sono un ottimo aiuto in caso di stress e depressione. Infine, grazie alle sue pochissime calorie, può essere arricchito di sapore utilizzando condimenti piuttosto ricchi.

La semina Il cardo si semina, in Luna crescente, direttamente a dimora ad aprile-maggio in file distanti un metro l’una dall’altra e con 80 cm di distanza tra le piante. Si collocano 3 o 4 semi per buca, poi dopo la nascita si diradano lasciando solo una pianta. Oppure si possono trapiantare a maggio-giugno le piantine ottenute da semina in semenzaio o in appositi contenitori. Richiede terreni molto fertili e soffici. Punti deboli Teme le gelate e le basse temperature. L’esposizione deve essere soleggiata. Buono a sapersi Nel mese di settembre inizia la fase di imbianchimento che consiste nell’incurvare i cardi e ricoprirli di terra, oppure nel rialzare due o tre foglie esterne legandole alla pianta e avvolgendo il tutto con paglia e vecchi sacchi di carta. Il buio, all’interno del fogliame così rastremato, favorirà l’imbianchimento della parte edule. Raccolta e conservazione La raccolta, in Luna crescente, avviene da settembre a febbraio. In frigorifero si conserva per una settimana avvolgendo la base con l’alluminio e chiudendolo in un sacchetto per alimenti forato.
In luogo fresco e asciutto il modo migliore per conservarlo è tenerlo appeso, così resta croccante perché al riparo da luce e fonti di calore.


di Antonio Romeo

Il buono a tavola

Docente istituto alberghiero IPSSEOA di Soverato (Cz)

Pan dei morti Ingredienti: 500 gr di amaretti 300 gr di zucchero in polvere 250 gr di farina 100 gr di uvetta 100 gr di fichi secchi 100 gr di mandorle sbucciate 4 albumi 1 bustina di lievito in polvere vino bianco secco qb zucchero a velo qb 1 cucchiaino di cannella in polvere ostie qb Procedimento:

Dolce Ognissanti a tutti Fave, pane e torrone dei morti, colva, pupi di zucchero, frutta martorana… a base di mandorle, cioccolato, canditi o semplicemente zucchero, vengono preparati ogni anno nei giorni dedicati alla commemorazione dei santi, ma soprattutto dei defunti. Per voi, tre ricette dal gusto lombardo per addolcire questa malinconica festività Fave dei morti

Pan de Mei

Ingredienti: 100 gr di farina 200 gr di mandorle sbucciate 20 gr di pinoli tritati 100 gr di zucchero 30 gr burro 1 uovo cannella e grappa qb

Ingredienti (per 6 persone): 200 gr di farina di mais a grana fine 150 gr di farina 00 100 gr di farina di mais a grana grossa 150 gr di burro la buccia grattugiata di un limone 3 uova 20 gr di lievito di birra sciolto nel latte tiepido 3 cucchiaini di fiori di sambuco zucchero vanigliato 120 gr di zucchero e un pizzico di sale

Procedimento: Ridurre in polvere le mandorle e i pinoli e mescolarli a tutti gli altri ingredienti aggiungendo 1 o 2 cucchiai di grappa. Lavorare l’impasto in modo che risulti omogeneo. Accendere il forno a 180° e foderare una teglia con un foglio di carta oleata. Stendere la pasta su una superficie leggermente infarinata, ricavare un rotolino e tagliare in pezzetti grandi come una grossa nocciola. Schiacciare col palmo della mano in modo da ottenere delle piccole fave spesse circa 1 cm. Far cuocere per circa 10-15 minuti finché saranno diventate di un bel colore biondo.

Ammorbidire l’uvetta per circa 15 minuti in acqua tiepida poi scolarla e asciugarla. Tritare le mandorle e pestare gli amaretti in modo da ridurli in polvere. Versarli in una ciotola e mescolarli a farina, zucchero, uvetta, fichi secchi sminuzzati, lievito e cannella. Aggiungere gli albumi, qualche cucchiaio di vino e impastare per una decina di minuti in modo da rendere il tutto omogeneo. Se l’impasto è troppo duro aggiungere ulteriore vino. Ricavare quindi dei panini ovali leggermente appiattiti e adagiarli su una placca rettangolare ricoperta con carta da forno mettendo sotto ognuno una o due ostie (dipende dalla grandezza). Infornare a 180° e farli cuocere fino a quando risulteranno ben secchi anche internamente. Spolverizzare con zucchero a velo.

Procedimento: Impastare le farine setacciate con un cucchiaino di fiori di sambuco, sale, lievito sciolto nel latte, uova, buccia di limone e zucchero. Mettere l’impasto ottenuto in una terrina e far lievitare fino a quando avrà raddoppiato il suo volume. Trascorso questo tempo, formare con la pasta tante pagnottine lievemente schiacciate, di circa 10 cm di diametro. Cospargerle con lo zucchero vanigliato e i fiori di sambuco avanzati e far cuocere a 190° per mezz’ora. novembre 2013

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magazine

Piaceri Piaceri 102

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102 Le mani raccontano

da pag. 106

Cremona, regno del liuto. Un’arte storica e sublime divenuta Patrimonio Unesco 104 Le mani raccontano Francesco Bartolucci e i suoi Pinocchi di legno: un successo lungo 30 anni

• Camera con vista • Week end cultura • Soste d’arte • Libri • Shopping

Rubriche

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lemaniraccontano

Quando il liuto è fatto ad arte Cremona è universalmente nota come la città di Stradivari e del saper fare liutario. Dalle loro storiche botteghe del centro, oggi i maestri artigiani partono alla conquista dei mercati del mondo

di Lucia Lipari 102

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Turòon, turàs, tetàs. Torrone, torrazzo e... Cremona è la città delle tre T, si sa, ma anche quella della musica. Qui sono nati Andrea Amati, Giuseppe Guarnieri del Gesù e, il più celebre tra tutti, Antonio Stradivari. Questa è la patria di viole, violini e violoncelli e del “saper fare liutaio”. Ma cosa rende l’arte liutaria cremonese così unica? In primo luogo la peculiare capacità degli artigiani locali di realizzare la “forma” dello strumento ad arco, specialmente del violino. Una tecnica che, sin dal tardo Rinascimento, viene tramandata di maestro in allievo, di padre in figlio. «Questo nobile lavoro – ci spiega Stefano Trabucchi, consigliere del Consorzio Liutai, vicepresidente Confartigianato Cremona e membro del Comitato Scientifico del Museo del Violino – coniuga alta artigianalità, arte e ricerca continua. La passione spinge ogni giorno a dare vita a nuovi strumenti, utilizzando nuovi

materiali, per raggiungere livelli qualitativi e acustici sempre più elevati».

L’arte del sogno Per realizzare un violino, sono oltre 70 i pezzi di legno che vengono modellati e assemblati rigorosamente a mano attorno a una forma base, secondo una disciplina che deve essere adattata alle risposte acustiche sempre differenti di ciascun pezzo, tanto che non potranno mai esistere due strumenti uguali. Tutto ha inizio con l’acquisto di legno di acero dai Balcani e abete rosso della Val di Fiemme, vecchio da 10 a 25 anni. Si fanno prima le fasce laterali che si formano con gli zocchetti, poi il fondo e la tavola; lo spessore va da 1,5 a 4 mm. Per realizzarlo servono almeno due mesi e una ventina di mani di vernice a base di resine naturali; per il violoncello occorre almeno il doppio del tempo. E se tutto questo non bastasse ancora, alcuni sostengono che il


segreto della perfezione dei violini cremonesi risieda nella particolare densità del legno, altri ritengono che si tratti del trattamento chimico del legno stesso, e c’è persino chi parla di vernice dalla formula misteriosa...

La musica che gira intorno Oggi a Cremona ci sono 141 botteghe specializzate: 93 italiane, di cui 71 di maestri cremonesi, e 48 straniere. Alle botteghe si affianca la Scuola Internazionale di Liuteria, dove gli studenti hanno la possibilità di esplorare le affascinanti possibilità della materia e del suono attraverso la tecnica e l’ingegno. A tutela del metodo costruttivo cremonese e per la valorizzazione di quest’immenso sapere, nel 1996 è nato poi il Consorzio Liutai Antonio Stradivari; e con il Consorzio, il Marchio Cremona Liuteria, che consente una verifica costante dell’autenticità degli strumenti e si pone come mezzo di contrasto alle contraffazioni. Proprio il Consorzio è stato protagonista, lo scorso ottobre, della manifestazione Musik China all’interno del padiglione italiano dell’Expo Internazionale di Shangai. «Un’occasione straordinaria per valorizzare la nostra tradizione liutaria e per promuovere, attraverso essa, il sistema economico lombardo – ha commentato il presidente del Consorzio e della Camera di Commercio, Gian Domenico Auricchio – Ma, in particolare, si è trattato di un’opportunità per Cremona, di cui la liuteria è il biglietto da visita, che ha avuto così la possibilità di consolidare rapporti significativi con i principali centri culturali nel mondo». «Il mestiere del maestro liutaio si è evoluto, e si è evoluto anche il suo marketing – conclude Giorgio Grisales, consigliere e responsabile delle attività commerciali del Consorzio – Dall’epoca di Stradivari fino alla prima metà del ’900, infatti, i liutai aspettavano i clienti in bottega, ora si devono muovere nei diversi mercati: Cina, Giappone, Stati Uniti e altri paesi emergenti, come quello dell’America latina e del sud est asiatico».

Cinque secoli di note Lo StradivariFestival ha fatto da colonna sonora all’inaugurazione del Museo del Violino, lo scorso 14 settembre. All’interno delle sale del Museo oggi è possibile esplorare cinque secoli di storia della liuteria cremonese, classica e contemporanea, venendo a contatto con i grandi maestri e i loro strumenti: nessun'altra struttura museale in Europa può attualmente vantare una collezione così importante e completa di strumenti ad arco della scuola di Cremona. Per saperne di più: www.museodelviolino.org Nelle foto, alcuni momenti dell'affascinante lavoro artigianale di un maestro liutaio

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lemaniraccontano

C’era una volta un pezzo di legno… Come la favola di Collodi, anche quella di Francesco Bartolucci inizia con un burattino. Un artigianale Pinocchio che, 30 anni fa, ha dato forma ai sogni dell’ebanista, trasformando la sua passione in un vero successo di Enzo Di Monte

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Un albero, come un uomo, nasce, cresce, muore, e il legno che se ne ricava non è mai anonimo. Ha una sua individualità e una sua vitalità, esattamente come ci ricorda Dante nel XIII canto del Paradiso “Ond’elli avvien ch’un medesimo legno, secondo specie, meglio e peggio frutta; e voi nascete con diverso ingegno”. Quello da cui prende vita questa storia è un materiale semplice... "non un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta", lo stesso che deve essersi trovato tra le mani Geppetto, quando sognava: “vorrei fabbricarmi da me un bel burattino di legno; ma un burattino maraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il

mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino”. Fin dall’inizio il rapporto del falegname immaginato da Collodi con il suo pezzo di legno è filiale, “Che nome gli metterò? Lo voglio chiamar Pinocchio”. Un momento magico, rivissuto, una trentina d’anni fa, da Francesco Bartolucci, quando ha deciso di reinventare il burattino più famoso del mondo, rifacendolo come l’originale richiedeva. Bartolucci è un artigiano del legno e soprattutto è il traino di un piccolo paese di collina, Belvedere Fogliense, arrampicato tra Marche e Romagna. «Tutto cominciò per caso», racconta. «Sin da piccolo mi facevo i giocattoli da solo. La mia era una famiglia di falegnami, mio nonno costruiva le casse per le fisarmoniche, mio


padre e mio zio mobili in stile». Da un intaglio a uno scalpello, da una trasformazione all’altra, Bartolucci scopre la sua capacità creativa e si mette a realizzare dei Pinocchi in legno. «I primi tempi li regalavo agli amici, poi un giorno ho preso un tavolino e sono andato a Gradara. Ho venduto subito tutto e, con mio immenso stupore, c’è chi è stato lì ad aspettare proprio il Pinocchio fatto sul posto, per vederlo nascere dalle mie mani». L’inizio non è comunque semplice, perché si tratta pur sempre di un’attività artigianale fatta di duro lavoro e sudore. Francesco produce e vende nelle fiere, e il lavoro è doppio: «Quando tornavamo – racconta affiancato dalla moglie Mariagrazia – eravamo stanchissimi, ma dovevamo produrre per vendere ancora». Coinvolge il padre, le sorelle, l’intera famiglia. Pinocchio va forte, ma arrivano presto altri prodotti, la moto, una grande Harley Davidson, l’aeroplanino e gli orologi a pendolo. Bartolucci crede in quello che fa e continua a reinvestire. La bottega sotto casa non basta più e si sposta in un capannone, sempre a Belvedere. Apre un negozio a Urbino, poi a Cattolica e Rimini, fino a spingersi in oriente e oltre Oceano, e alla fine mezzo paese va a lavorare da lui: «Ancor oggi gran parte dei nostri dipendenti è di Belvedere». Ogni passo è valutato con attenzione, ma è sempre lui, con la moglie al fianco che decide, come nelle più classiche delle imprenditorialità fondate sull’intuito e la capacità del fondatore.

“Abbiamo scritto anche un libro per raccontare la nostra storia. Un testo che va a ruba! Il cliente è affascinato dal nostro spirito aziendale. Tanti poi ci inviano le foto delle camerette dei bambini arredate con i nostri oggetti”

glio di aver collaborato, realizzando l’intera bottega di Mastro Geppetto, all’edizione televisiva di Rai Uno del 2009. «Il momento più emozionante è stato quando ho mostrato a Bob Hoskins – Geppetto nella fiction – come far muovere le mani a Pinocchio, e lui mi ha detto: sarò così bravo che anche tu dovrai credere che l’ho fatto io!». Nonostante i successi ottenuti, Francesco continua a vivere nella stessa casa e nello stesso paese per realizzare i propri sogni di legno, ma «mi piacerebbe tanto anche stare nel negozio di Firenze a intagliare – ci ha confidato – offrendo a chi entra l’odore della bottega artigiana e la stessa emozione che vivo ancora oggi. Un sogno per il futuro? Spero che lo stesso cuore e lo stesso ardore lo mettano in tutto ciò che fanno e nella loro vita anche i miei due figli, Maria e Giovanni».

Per saperne di più: www.bartolucci.com

In apertura, Francesco Bartolucci tra i suoi "pinocchi" nel 1982. Qui sotto, la bottega di Firenze

Orgoglio artigiano Una delle più grosse soddisfazioni per Bartolucci è stata quella di aver riprodotto a grandezza naturale il burattino originale del film di Comencini del ’72 con Nino Manfredi e Gina Lollobrigida, gioiello della storia del cinema. Ma il maestro artigiano vanta anche l’orgonovembre 2013

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camera con vista

di Francesco Condoluci

Un inno alla bellezza Le sue stanze furono testimoni dell’idillio amoroso tra Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse. Ma l’ambiente regalmente chic e i servizi da lussuoso cinque stelle non ingannino: al Grand Hotel Fasano non manca quella giusta dose di informalità capace di far sentire chiunque a proprio agio Nelle mattine d’autunno, quando l’aria è livida e le acque del Garda si specchiano nel pallore del cielo, affacciarsi da una delle camere del Grand Hotel Fasano è come immergere gli occhi nel più suggestivo dei dipinti impressionisti. La natura e i suoi colori tenui e mutevoli, il profilo poco distante di maestose ville gentilizie, la nota esotica dei palmizi che favoriti dal mite clima lacustre vi crescono tutt’intorno rigogliosi, la splendida veduta del giardino interno impreziosito dalla piscina e dalla terrazza che si tuffa nel lago: il tutto immerso nel silenzio irreale, estatico, commovente quasi, del grandioso parco che lo circonda. Del resto, qui, in questo incantevole albergo dal sangue blu – che, nato nel tardo ’800 come residenza di caccia della casa imperiale austriaca, divenne hotel nel primo ’900 grazie all’intuizione del capostipite della famiglia Meyer, prendendo il nome dalla fasanerie, il recinto dei fagiani – tutto sembra una sorta di inno alla bellezza e alla perfezione. Dal mood elegantemente sontuoso delle camere agli ambienti raffinati che trasudano un secolo e più di storia, per finire a un servizio di prim’ordine che potrebbe essere preso a paradigma della più autentica ospitalità made in Italy. I tedeschi, non a caso, 106

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dove&come Grand Hotel Fasano Corso Zanardelli, 190 Gardone Riviera (Bs) Prezzo medio a notte in doppia vista lago: 350 euro Tel. 0365.290220 www.ghf.it

da decenni, hanno eletto il Fasano come dimora prediletta per le loro vacanze italiane improntate a relax, charme e benessere. “Bisogna fare della propria vita come si fa un’opera d’arte”, scriveva Gabriele D’Annunzio che a poche centinaia di metri da qui, all’estetismo ha innalzato il suo tempio personale, col visionario Vittoriale di Salò. E l’atmosfera di questo lussuoso albergo – che fu testimone dell’idillio tra D’Annunzio ed Eleonora Duse – sembra incarnare perfettamente il culto per la bellezza e lo stesso spirito del Vate, di cui l’albo d’oro del Fasano conserva gelosamente una pagina scritta agli inizi del secolo scorso e dedicata all’hotel. Ma l’ambiente regalmente chic e i servizi da lussuoso cinque stelle non ingannino: al Fasano non manca quella giusta dose di informalità capace di far sentire chiunque a proprio agio. Anche gli ospiti esterni, che possono accedere sia al centro benessere, ispirato alle antiche terme romane, che al ricercato ristorante di casa affacciato sulla terrazza a lago, Il Fagiano, nel quale l’estroso chef Matteo Felter ogni sera a cena stupisce con straordinarie preparazioni frutto di piacevoli connubi tra prodotti tipicamente gardesani e piatti creativi. Per chiudere in bellezza. Ovviamente.


week end cultura

di Gilda Ciaruffoli

Come dentro un film... Il tramonto più famoso della storia del cinema? Quello di Via col vento. Rosso, epico, carico di tensione. In comune, con il rosa caldo che al calar del sole bagna le vigne, gli olivi, gli orti, le stalle, la cantina, il giardino, il ristorante... affacciati sul Tirreno del Casale del Mare ha forse “solo” l’intensità. L’atmosfera qui, infatti, non potrebbe essere più rilassata, e aspettare il raggio verde dal balcone naturale del Casale (all’orizzonte l’isola Gorgona e, quando il cielo è terso, anche un’idea di Corsica) è un’esperienza quasi spirituale. E allora perché tirare in ballo Rossella O’Hara? Perché tutto, qui, parla di cinema. Siamo infatti a un paio di chilometri da Castiglioncello, uno dei tempi della Dolce Vita, dove ancora si respira quella “certa atmosfera”: c’è il circolo 4 ruote lisce, santuario della memoria dove fermarsi a chiacchierare con gli anziani soci che Mastroianni, Panelli e compagnia bella se li ricordano bene; c’è la fatale curva del Sorpasso, film icona al quale la cantina del Casale ha dedicato un ottimo rosso. E c’è Fulvio Martini, novello Richard Burton che, assieme all’affascinante Laura Marzari, è anima e mente del relais e di Agrilandia, azienda

agricola i cui frutti vanno a rifornire il ristorante e la cantina. Il tutto pensato e voluto nel rispetto della tradizione livornese, in bilico tra mare e campagna; ed è proprio in omaggio a questa terra e ai suoi tesori, che le bottiglie di Fortulla – bianco, rosso e rosato, destinati a lasciare il segno – ricordano la silhouette dei cipressi, alberi simbolo della zona. Come quelli di Bolgheri, di carducciana memoria, da vedere, come anche Castagneto Carducci, le surreali spiagge bianche di Rosignano e il vicinissimo Monte Pelato, sul quale salire come un tempo i Macchiaioli... Così, al termine di un tour che tocchi anche Livorno e Volterra, tornare al Casale per assaggiarne l’ottima cucina, è davvero un piacere. Tanti i piatti consigliati, come l’antipasto di crudo di mare e gli gnocchi alla triglia, da abbinare al Fortulla o al Sorpasso preferiti. Infine, dopo aver discusso di cavalli, auto d’epoca e arte contemporanea con i proprietari, sazi di cibo, vino e cultura, ad attendervi ci sono i sette eleganti appartamenti messi a disposizione per gli ospiti. Per farvi sentire a casa e risposare come si deve, perché in fondo domani... è un altro giorno!

dove&come Casale del Mare Strada vicinale delle Spianate Castiglioncello (Li) Prezzo a notte appartamento per 2 persone dal 17/9 al 17/12: 120 euro Menu degustazione, vini inclusi: carne da 40; pesce da 55 euro Tel. 0586.759007 www.casaledelmare.it

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Castiglioncello (Li)

Immerso nella macchia mediterranea, a picco sulla baia del Quercetano, il Casale del Mare nasce dal recupero di un’antica fattoria. Una sosta ideale per inebriarsi di vino, arte e ricordi in bianco e nero

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soste d’arte

di Gilda Ciaruffoli

Duchamp. Re-made in Italy

Schlafender Hund Un cuscino stropicciato dove ha dormito un cane. È l’originale installazione tridimensionale dell’artista svizzera Zilla Leutenegger che ha tracciato i contorni – in due differenti posizioni – del suo amico a quattro zampe che riposa. Il risultato è una curiosa video installazione a disegno animato, dove il cane respira e si gira da ambo i lati. Questa opera d’arte dal titolo Schlafender Hund (cane dormiente) si può ammirare nella reception del Kulturhotel Maratscher di Lagundo (Bz) ed è contemporaneamente presente alla fiera d’arte moderna Art Basel di Basilea. fino al 30 novembre Lagundo (Bz) – www.maratscher.com

A 50 anni dal suo viaggio in Italia e 100 dalla creazione del primo ready-made Ruota di bicicletta (1913), la mostra è l’occasione per raccontare la storia del passaggio espositivo dell’artista in Italia nel 1964 e 1965, e delle conseguenze che questo ha comportato sul lavoro di alcuni artisti italiani entrati in contatto diretto con lui. Cuore dell’esposizione il ready-made, un processo affascinante nel lavoro di Marcel Duchamp, sicuramente il più conosciuto dal grande pubblico, forse però non ancora del tutto indagato. fino al 9 febbraio Gnam, Roma www.gnam.beniculturali.it

Rodin. Il marmo, la vita

Edvard Munch Nel 150esimo anniversario della sua nascita, l’Italia rende omaggio all’artista norvegese con un’imperdibile retrospettiva che accompagna il visitatore lungo tutta la sua evoluzione artistica con oltre 120 opere.
L’esposizione è allo stesso tempo rappresentativa del percorso artistico ed esistenziale di Munch, ma anche testimonianza del passaggio da un naturalismo di stampo impressionistico a una pittura nuova e audace che contribuisce in maniera determinante a sconvolgere tutta l’arte del XX secolo. 6 novembre – 27 aprile Palazzo Ducale, Genova – www.mostramunch.it 108

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Danno vita e forma alla modernità, animando proprio la materia classica per eccellenza, destinata per sua natura all’immobilità, le sculture di Auguste Rodin. La rassegna presenta un corpus di oltre 60 opere con un numero tanto vasto di sculture in marmo da costituire la più completa rassegna che sia stata allestita sui marmi del maestro francese. Carne, sensualità e incompiutezza fanno da leit motiv all’esposizione.

fino al 26 gennaio Palazzo Reale, Milano www.artpalazzoreale.it


di Eleonora Fatigati

A spasso con Verdi

Foto Brambilla-Serrani

libri letti per voi

Oltre il giardino

Prêt à gourmet

Maria Adriana Giusti Burbatti è architetto e professore al Politecnico di Torino. I giardini storici sono da anni il campo privilegiato delle sue ricerche.

Gianluca Biscalchin, primo illustrogiornalista gastronomico d’Italia, ci racconta cosa fa (e non fa) il gourmet al ristorante.

Che differenza c’è nel raccontare uno spazio aperto e uno chiuso? Uno spazio chiuso si trasforma solo se chi lo abita vi interviene. Nello spazio aperto la materia prima è in continua metamorfosi: si può descrivere ancora oggi un interno del Settecento ritrovandovi dettagli originali, ma non si ritroverà mai lo stesso giardino!

Perché la cucina è così di moda? La televisione ha fatto da propellente per il successo mediatico degli chef, ma il vero motivo credo sia legato alla crisi di valori e contenuti. Il cibo riempie i vuoti valoriali, è accessibile a tutti, comprensibile, crea calore e socialità. Non passerà mai di moda.

Scriverne dunque è come fissare un’idea nel tempo? Sì, nello scrivere di uno spazio aperto c’è la volontà di fissare ciò che cambia continuamente e che si lega a uno stato d’animo; in passato si dipingevano i giardini nella loro rassicurante primavera eterna o i paesaggi tempestosi nella perturbante drammaturgia romantica. Cosa prova per il suo giardino? Mi ci sento bene in ogni stagione a contemplare, fare, pensare. La funzione terapeutica coincide con quella estetica. Pendragon 190 pp 16 euro

Cosa significa essere un gourmet? Il libro parte dalla distinzione classica tra gourmand (ghiottone) e gourmet (raffinato conoscitore), per arrivare alla proposta ideale di un gourmet felice: goloso ma con consapevolezza. A chi è rivolto il libro? Non è per addetti ai lavori, ma per i curiosi, per chi vede l’alta cucina come qualcosa di lontano, inaccessibile e, in molti casi, una fregatura. A loro spiego come la cucina stellata può dare la felicità, senza spendere una fortuna e senza paura di fare gaffe.

Sulle note cantate dalla Callas-Violetta nella Traviata e tra gli schiavi ebrei nel coro del Và pensiero, l’autrice Giancarla Moscatelli, con la prefazione di Mirella Freni, ci conduce per le vie di una Milano insolita, nei luoghi che hanno conosciuto il passaggio di un illustrissimo musicista di cui quest’anno ricorre il bicentenario: Giuseppe Verdi. Sono strade, chiese, case, palazzi, teatri e caffè che non esistono più o che resistono ancora come testimoni di un legame importante che il compositore ha avuto con la città lombarda. La guida, ricca di immagini e corredata da un cd con le più belle arie dell’opera verdiana, racconta in modo approfondito un’epoca piena di fermento intellettuale e trasporta il lettore, viaggiatore o turista che sia, non solo nelle vicende bibliografiche e musicali del Maestro, ma anche tra le voci dei personaggi a lui contemporanei e vicini, nelle vicende storiche della città, nelle sue trasformazioni. Edizioni Curci 256 pp 19 euro

Electa 144 pp 22 euro

novembre 2013

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di Lucia Lipari

Il rosso che va su tutto

Il rosso speed è l’accento Active della nuova collezione Furla. Usato su pellami naturali e finitura matt, è sempre abbinato al nero. Contrasti di grande effetto tra le linee classiche di borse senza tempo e le suggestioni moderniste di materiali e dettagli contemporanei. Prezzo: 480 euro

Accessori intramontabili

Come sempre Massimo Dutti fa del casualchic la propria pietra angolare. Un esempio? Il portafoglio in pelle con finiture in metallo dorato. Già un classico. Prezzo: 69,95 euro

Un caldo abbraccio

Crea il tuo stile Bracciali componibili arricchiti con charms da scegliere in base all’umore: è questa la filosofia della collezione Colour Your Mood. Marlù Gioielli per l’inverno imminente ha scelto stampe pitonate, sinuosi serpenti in acciaio e solitari in 13 colori. Prezzo: da 15 a 80 euro

Con l’arrivo dei primi freddi, come rinunciare a un caldo sciarpone Timberland in lana dalla fantasia grafica? Un twist glamour e compassato, ma molto moderno, dalla verve tutta british. Prezzo: 39 euro

A tutto colore È arrivata la stagione dei cappotti, da sempre simbolo dell’identità del marchio Basile. Eleganti e raffinati, con forme scolpite e linee decise. Per le più romantiche, un delicato modello sagomato a sfiorare il ginocchio in panno color glicine. Prezzo: 725 euro 110

novembre 2013

Solo per urban biker Mh Way ha pensato a tutti gli innamorati delle due ruote, realizzando una collezione dall’alto design e innovazione, leggera nel peso ma anche nello spirito, che semplifica la caotica quotidianità metropolitana. In foto, cartella zaino. Prezzo: 138 euro


Nuova apertura: De Luxe Village – Porto Cervo



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