AirOne magazine Gennaio 2012

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magazine

EURO 4,90

OTTOBRE 2011

GENNAIO 2012

Barolo: un mito che dura nel tempo 1 Capo Vaticano: mare e cibo degli Dei 1 Le tante sorprese di Licata 1

I PROFUMI

AIR ONE MAGAZINE by VDG MAGAZINE | ANNO 2 | N.10 | MENSILE | EURO 4,90

DELLE ERBE

LE REGOLE D’ORO

DEL BOLLITO MISTO Intervista a Dardanello di Ospitalità Italiana

Serbia, dove l’Europa ha sapore d’Oriente

www.viedelgustostore.com



editoriale

di Domenico Marasco

L’anno che verrà

Riflessioni sulla nuova Pac (politica agricola comunitaria) Facciamo nostra la sollecitazione fatta da Carlin Petrini dalle colonne di Repubblica di occuparci della nuova politica di aiuti comunitari detta Pac.

agricola e l’assicurazione alla relativa popolazione di un tenore di vita equo intervenendo sul miglioramento del reddito individuale.

Il meccanismo I cittadini dell’Europa pagano le tasse. L’Europa spende parte di queste in salute, formazione, agricoltura. A noi di Vdg Magazine interessa come vengono spesi i soldi destinati all’agricoltura. Diciamo subito che finora questi quattrini sono stati spesi male e lo abbiamo segnalato più volte. Abbiamo scritto spesso di quanto i soliti burocrati, peraltro non eletti da nessuno, siano sordi (in gergo si dice che si fanno i fatti loro e delle lobbies che rappresentano, tutelano, promuovono). Finora l’80% degli aiuti sono stati destinati all’agricoltura di quantità, quella della grande industria, della grande distribuzione. Hanno sostenuto le monoculture sviluppate su centinaia di ettari. Insomma hanno favorito i soliti noti, le solite lobbies, in una parola le multinazionali.

SU QUESTI PUNTI C’È STATO UN VERO E PROPRIO FALLIMENTO Nel corso dei 4 decenni che si sono appena succeduti, la Pac ha subito numerose riforme. Con l’agenda 2000 si sono create le condizioni per lo sviluppo di un’agricoltura comunitaria multifunzionale sostenibile e concorrenziale. Adesso è arrivato il momento di dare una svolta verso una nuova agricoltura che aiuti il territorio a non franare e gli agricoltori a non sparire.

NON È DI QUESTO CHE HA BISOGNO L’AGRICOLTURA L’agricoltura ha bisogno di una Pac che tuteli e protegga il territorio. L’agricoltura ha bisogno di una Pac che aiuti a riportare i turisti nelle zone rurali. Una politica di aiuti comunitari deve servire a proteggere le coltivazioni di qualità. La nuova Pac deve aiutare quelle produzioni che hanno proprietà salutistiche per l’uomo. Tra le finalità della Pac, fin dal suo esordio nel 1962, vi erano l’incremento della produttività

L’Europa dei bond, dello spread e dei tecnocrati deve rendersi conto, una volta per tutte, che l’agricoltura deve stare al centro di qualsiasi idea di sviluppo e di crescita. Il mondo agricolo (perché di un vero e proprio mondo si tratta) va considerato alla stregua di un forte driver economico con un potenziale straordinario in quanto genera infinite direttrici di sviluppo quali: l’artigianato, e quindi i mestieri, i cibi di qualità, per cui la salute, la tutela del paesaggio. E poi il turismo, che a sua volta aiuta gli albergatori e i ristoratori e con questi un intero volano economico. Speriamo di non farci sfuggire questa splendida opportunità della nuova Pac che può darci un’Europa migliore di quella dello spread che, solo a sentirne la musicalità della parola, ci viene da rimettere. Buon Anno e buona lettura

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sommario sommario gennaio 2012

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12 Dall’Italia e dal mondo 16 L’Italia che merita 18 Occhio ai consumi 20 Appuntamenti 36 Ospitalità italiana

30 Cover story

Le regole d’oro del bollito misto, da quello alla piemontese a quello vicentino, passando per i bolliti brianzoli ed emiliani

70

58

cibo&territorio 46 I profumi delle erbe Le aromatiche sono parte essenziale di una cucina saporita e sana, da coltivare in terrazza o adottare in cascina

50 Scienza e vita, alimenti di origine animale

70 Le selezioni, il caciocavallo 72 Cibo delle star, Salma Hayek 74 Il ristorante, Franco Rossi 76 Chef italiani nel mondo

54 Il buono a tavola, Umbria 56 Almanacco 58 Orto dei semplici, la rucola 60 Il ristorante, Le Quattro Stagioni d’Italia 62 Cibo & blogger 64 Olio 68 La scoperta, la rosa di Gorizia

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46


siamo presenti a Parigi

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sommario sommario gennaio 2012

90

114 102

120 Le selezioni

inviaggio

piaceri

80 Fidelissima Licata

98 Per alpinisti del palato

Le tante sorprese di un’antica città inserita in un magnifico contesto ambientale fra mare, pianure e montagna

84 Serbia, dove l’Europa ha sapore d’Oriente Questo lembo dell’antico impero asburgico ha un fascino speciale che si manifesta nelle bellezze paesaggistiche, nel multiculturalismo e nell’arte

90 Capo Vaticano, il mare degli Dei Nella terza spiaggia più bella d’Italia con l’imbarazzo di scegliere tra le bellezze marine e il fascino del folclore e dei sapori forti del territorio

94 Lezioni di ospitalità 8

Monovitigno, torbate, barricate... negli ultimi anni il mercato della grappa si è arricchito di varianti e sperimentazioni

102 Barolo: un mito che dura nel tempo

Un vino importante, austero e ricco di aromi

104 Vini naturali 107 Trendy 108 Shopping 110 In vetrina 112 Benessere 114 Arte 116 Libri


Š Generalcommunication

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Direttore Responsabile Domenico Marasco

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Contributi fissi Roberto Rabachino

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Calabria Ottavio Cavalcanti, Salvatore Chiarella, Antonio Romeo Campania Ferdinando Cappuccio, Luisa Del Sorbo Emilia-Romagna Lucrezia Argentiero, Luca Bomezzadri, Marco Landucci, Andrea Marchi, Gianpietro Nagliati, Luca Sardi, Nerino Trentini, Fruttuoso Zucchini, Luca Campana

Lombardia Cesare Assolari, Roberto Bonsi, Massimiliano Bruni, Franca Dell’Arciprete Scotti, Alessandra Favaro, Lorenzo Foti, Francesca Frediani, Valentina Gavarini, Eugenio Meloni, Umberto Mortelliti, Aldo Pagnussat, Giampaolo Perna, Barbara Pinnetti, Saro Trovato Marche Michela Pallonari Ferruccio Squarcia

Friuli Venezia-Giulia Valentina Coluccia

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Lazio Francesco Maria Bucarelli, Domenico Bruno, Rosalia Imperato, Alessandro Mei,

Piemonte Fabio Alcini, Gian Nicolino Narducci Mauro Rosta, Sarah Scaparone,

Puglia Bruno Micai, Jolanda De Nola, Nunzio Pacella, Mariella Piscopo, Sergio Siciliano Sardegna Roberto Dall’Acqua, Annalisa Bernardini, Lino Erriu, Giuseppe Pulina Sicilia Cesare Aldesino, Marco Scapagnini Toscana Elena Conti, Marco Ghelfi, Alberto Presutti, Antonio Tartarelli Trentino Francesca Negri Umbria Gino Celletti, M. Pia Fanciulli Veneto Benedetta Frare



dall’Italia e dal mondo

di Francesco Condoluci

Il commento

Cibo: quello che i grandi media non dicono

L’EFSA (European Food Safety Authority) ha reso note le nuove autorizzazioni per le diciture presenti sulle etichette dei prodotti alimentari che attribuiscono un beneficio per la salute. L’agenzia europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma, incaricata di esprimersi in merito a oltre 2.500 claim, ha dato il via libera solo a 222 indicazioni e messo uno stop a tutti gli altri. Tra i promossi vi sono i polioli o polialcoli, utilizzati nelle gomme da masticare perché riducono effettivamente il rischio di carie attraverso la neutralizzazione degli acidi prodotti dai batteri cariogeni, e i prodotti che contengono calcio, utili per il normale sviluppo delle ossa dei bambini. Tra i bocciati e i rimandati, in attesa cioè di ulteriori prove, troviamo il cioccolato che non “aiuta a crescere”, il tè

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nero che “non favorisce la concentrazione”, la pappa reale che “non sempre migliora la vitalità del sistema immunitario”, il tè verde che “non ha effetti sulla pressione del sangue”, il caffè “che non influenza gli avvolgimenti del DNA”, l’aminoacido taurina, presente in molti energy-drink, che “non migliora le performance intellettuali”, la glucosammina che “non sembra in grado di aggiustare le cartilagini logorate”, e molto altro. L’EFSA si è mostrata severa e sembra abbia voluto lanciare un messaggio preciso: basta con le virtù terapeutiche non dimostrate attribuite ai cibi, e con le distorsioni relative a caratteristiche dei nutrienti che nulla hanno a che vedere con effetti curativi o preventivi. (fonte: www.ilfattoalimentare.it)

L’Italia, a suo tempo, ci aveva fatto una battaglia politica. Trasformando la disputa sulla localizzazione dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) in una sorta di “punto d’onore” per il Belpaese. Una battaglia che alla fine è risultata vincente. Parma, dal 2004, ospita la sede centrale dell’organismo scientifico comunitario deputato a vigilare contro i rischi a tavola e intervenire sulle irregolarità in ambito alimentare. Eppure, malgrado ce l’abbiano in casa, gli italiani, di questa EFSA, sanno ben poco. Colpa probabilmente dello scarso appeal che l’Agenzia di Parma esercita sui mass-media generalisti nazionali. Tecnicismi alimentari e sentenze censorie su etichette non veritiere e pubblicità ingannevoli, forse sono argomenti troppi tediosi per trovare spazio su giornali e televisioni. Ma, a voler dare credito all’interpretazione più malevola, più che un problema di scarso appeal mediatico, di mezzo, in realtà, ci sarebbe una questione di più prosaico interesse: l’EFSA, come da mandato conferito dall’UE, spesso, nelle sue attività istituzionali, si trova costretta a “bacchettare” le grandi aziende agroalimentari (anche italiane): le stesse cioè che, a suon di costosi spot video e generose inserzioni, contribuiscono a tenere in vita la grande stampa. Ecco allora perché certe notizie “scomode” passano sotto silenzio nel panorama dell’editoria più diffusa. VdG Magazine, in linea con la sua filosofia di fondo che è sempre stata quella di tutelare – attraverso un’informazione puntuale, onesta e libera – i consumatori e valorizzare i piccoli produttori che sono la vera spina dorsale del made in Italy agroalimentare, ha deciso: da oggi darà sempre più spazio alle notizie provenienti da organismi di vigilanza come l’EFSA e da tutte quelle fonti, istituzionali e non, il cui lavoro va in direzione della difesa della buona tavola, della genuinità alimentare e della sensibilizzazione nei consumi. Così come approfondirà ancor di più le tematiche legate alla food safety e la denuncia delle sperequazioni economiche e delle (tante) iniquità che contrassegnano l’agricoltura e la catena alimentare globale. Tutto ciò, insomma, che potrà contribuire, in una qualche misura, a formare nel consumatore una “coscienza alimentare” sempre più attenta e consapevole. È il buon proposito che VdG Magazine s’è dato per il 2012, con l’auspicio di poter aiutare i più deboli a renderlo un anno migliore del precedente.



dall’Italia e dal mondo I Piccolini: Barilla costretta a cambiare etichette e spot

Dietrofront della Barilla sulla linea I Piccolini. I prodotti (pasta e confezioni sughi per bambini), finiti al centro di una querelle con tanto di strascichi legali, dalla prossima primavera, come ha annunciato la stessa azienda, recheranno sulle etichette la frase-avvertenza – già inserita negli spot televisivi – «Per consumatori sopra i 3 anni». I Piccolini non sarebbero adatti, infatti, a essere consumati dai piccini sotto i 3 anni per via dei livelli di pesticidi e di micotossine troppo elevati riscontrati nei contenuti. Si chiude così la battaglia a colpi di spot e di provvedimenti giudiziari che nei mesi scorsi aveva visto la Plasmon scendere in campo, attraverso delle specifiche pubblicità comparative, contro i prodotti Barilla propagandati come adatti alla prima infanzia, malgrado i contenuti non corrispondenti alla tutela dei consumatori più piccoli.

Per uscire dalla crisi più tasse sul cibo. A pagare sono i soliti noti

La crisi economica avanza in Occidente e i governi europei cosa fanno? Per rastrellare risorse, impongono tasse sul cibo che però finiscono per colpire soprattutto le classi più deboli. Succede in Francia, dove il governo, nella manovra di bilancio, ha introdotto una tassa speciale sulle bibite gassate analcoliche con aggiunta di zucchero e anidride carbonica (ma non sullo Champagne). E se il parlamento scozzese ha imposto un prezzo minimo di vendita per le bevande alcoliche, in Italia, l’aumento dell’Iva si ripercuoterà inevitabilmente su ogni acquisto di beni essenziali, compreso il cibo, portando a un aggravio della spesa alimentare di quasi 200 euro l’anno a famiglia. Tutto questo malgrado, solo nel giugno 2010, gli Stati UE si fossero impegnati a fare uscire 20 milioni di persone dal rischio di “privazione materiale”, l’indicatore riferito all’incapacità di accedere a risorse come cibo e alloggio.

Svolta salutista per McDonald e Burger King? Non ci crede nessuno

Patatine più piccole e con meno sale e calorie. La Burger King si appresta a ridimensionare le porzioni delle classiche french fries. «Vogliamo offrire un prodotto più in linea con quanto richiesto dai nutrizionisti» ha spiegato la catena di fast-food, aggiungendo che le nuove patatine conterranno il 20% di sale in meno e saranno cotte solo con sale marino e grassi vegetali privi di acidi grassi trans. Una marcia indietro in direzione salutista che fa il paio con quella dell’altro colosso McDonald’s, i cui Happy Meals, dal settembre scorso, hanno visto abbattuto il loro livello calorico. Ma il fatto che il trash-food si sia improvvisamente “convertito sulla via di Damasco” lascia non poche perplessità tra gli esperti del settore. Ai quali non è sfuggito che, a fronte dei ridimensionamenti di volume e di calorie, Burger King e McDonald’s, proprio di recente, abbiano alzato il prezzo dei prodotti abbinati ai gadget, per aggirare le nuove normative che, in America, vietano di regalare giochi insieme ai menù per bambini contenenti calorie, grassi e zuccheri in eccesso. 14

Cioccolato: l’UE mette in mora l’Italia

Addio distinzioni di etichetta tra “cioccolato” e “cioccolato puro”, nel Belpaese. La Commissione UE vuole imporre all’Italia di cambiare le etichette che a tutt’oggi tutelano la qualità, distinguendo il cioccolato puro da quello senza aggettivi che, a differenza del primo, può contenere 6 diversi grassi vegetali in sostituzione del burro di cacao. Per l’Europa invece ci deve essere “un solo cioccolato” e le autorità minacciano sanzioni contro chi non si è ancora adeguato. Una guerra, quella delle etichette e della composizione del cibo degli Dei, che, tra Italia e UE, va avanti da mesi, e non senza polemiche. L’Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori parla infatti di «atto discriminatorio nei confronti del made in Italy» e di «ennesima chimera a favore dei colossi alimentari». «Creazioni come il formaggio senza latte, il vino senza uva, l’aranciata senza arance, e la contemporanea lotta al “Vero cioccolato italiano” – sostiene il presidente Pileri – mostrano come l’UE penda dalla parte delle multinazionali a discapito dei piccoli produttori di qualità e dei protagonisti dell’enogastronomia nazionale».



l’italia che merita

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a cura della redazione

Assaggi di dolcezza

Per sostenere un’oasi felice

Panettone alla birra? Si può fare

Volley e Tonno Callipo: squadra vincente

Il biscottificio Dolcegiorno, per amore di una tradizione che si tramanda da generazioni e grazie all’intraprendenza dei fratelli Giorno, diventa azienda nel 2006 e oggi vende i suoi prodotti non solo in tutta Italia ma anche in Europa. Il biscottificio sorge tra le colline di Santa Sofia d’Epiro, paese che si estende a nordest del territorio calabrese e scende lungo il fiume Crati. L’impegno della società per il prossimo futuro è quello di aumentare la gamma dei prodotti studiando nuovi biscotti, nel pieno rispetto delle antiche ricette. Tra le principali linee di prodotto: Ho.Re.Ca., biscottini monodose al cacao, alla panna o all’albicocca, un dolce piacere da portare sempre con sè; e la linea Prestige, che, in eleganti confezioni contenenti frollini, bisocotti e cantucci, racchiude il gusto, la tradizione e la genuinità dell’arte dolciaria calabrese. www.dolcegiorno.com

Una lenticchia dal colore bruno-rossiccio e dalla buccia morbida e sottile, che non richiede ammollo, ha un’ottima tenuta in cottura ed è pronta da gustare in soli 12 minuti. Anche quest’anno Pedon sostiene i bambini delle favelas brasiliane: per ogni confezione di lenticchie, l’azienda devolverà infatti 15 centesimi a sostegno del progetto Casa del Sorriso di Cesvi, fondato nel 2006 a Rio de Janeiro, nella favelas di Manghuinhos, con l’obiettivo di coinvolgere centinaia di ragazzi in attività ricreative e formative (corsi di disegno, danza, musica e informatica), garantendo loro un’istruzione adeguata e assistendoli dal punto di vista sociale, psicologico e igienicosanitario. Per i bambini, per le loro famiglie e per tutta la comunità di Manguinhos, il centro è un’oasi felice, lontana dalla violenza e dal degrado della strada e rappresenta una reale alternativa alla delinquenza e alla povertà del paese. www.cesvi.org

Zago, azienda pordenonese rinomata per le sue birre artigianali, da qualche anno propone anche il primo e originale Panettone alla HY Cuvée: rivisitazione della ricetta classica ottenuta aggiungendo agli ingredienti tradizionali HY Cuvée, ramata 100% di malto d’orzo a metodologia Champenoise. Proprio i lieviti di quest’ultima, oltre che l’utilizzo del lievito madre e il lento processo produttivo, rendono questo panettone unico e dal gusto inimitabile, oltre che estremamente soffice, fragrante e digeribile. Per esaltare al massimo l’assaggio di questo dolce, senza canditi ma ricco di uvette, si consiglia di scaldarne in forno per qualche minuto le fette e di servirle accompagnandole con un cucchiaio di gelatina di HY Cuvée, una restrizione di birra pura prodotta dalla stessa azienda. Esaltante l’accostamento se si aggiunge anche un calice della stessa birra a completare il trittico del gusto. www.zago.it

È l’avanguardia del movimento pallavolistico del Sud Italia. L’unica società dal Lazio in giù a calcare i campi sintetici della serie A1 di Volley. La Tonno Callipo Vibo Valentia rappresenta l’appendice sportiva della solida azienda alimentare che ha sede a Maierato, in Calabria. Immagine vincente, accattivante e giovane di un gruppo che affonda le sue radici agli albori del secolo scorso. È infatti dal 1913 che la famiglia Callipo, oggi alla quarta generazione, produce, secondo la tradizione, il rinomato tonno che l’ha resa celebre nel mondo. Il gruppo conta oggi nuove aziende che spaziano dal turismo alla produzione di gelato, ma la pallavolo resta la punta di diamante che consolida l’immagine del brand e regala grandissime soddisfazioni ai tanti appassionati e tifosi che la seguono anche dall’estero con un orgoglio tutto calabrese. www.volleytonnocallipo.com



occhio ai consumi

di Marco Bacchetta e Danila Reposi Associazione Civici Consumatori - www.civiciconsumatori.it

A sostegno della ricerca New Medical Therapy: il 2012 è l’anno dello studio e della sperimentazione medica antitumorale In un contesto internazionale che vede governi e cittadini concentrati sulle problematiche economiche, non si deve perdere di vista il fatto che, proprio in questo periodo, la ricerca medica sta cercando di vincere la più importante battaglia per l’umanità: sconfiggere la cellula tumorale. Le notizie giunte dopo tanti anni di esigui risultati, sono assai interessanti e incoraggianti: infatti dopo il recente annuncio, da parte di un valente gruppo di ricercatori di Candiolo (To), dell’importanza di una proteina, denominata semaforina E3, nella diffusione delle metastasi, giunge ora, da un gruppo di ricercatori svizzeri, la scoperta che una ulteriore proteina, la periostina, è l’agente che nelle cavie prepara le condizioni per la diffusione dei tumori secondari, e sempre nelle cavie è stato verificato che inibire tale proteina, mediante uno specifico anticorpo, significa inibire la diffusione della malattia. Ora tale ricerca proverà a verificare i risultati sull’uomo. Ma la novità che ci rende veramente speranzosi è l’annuncio dato da un gruppo di medici oncologi italiani di Milano e Monza, con decennale esperienza quali primari o medici dei reparti di radiologia e oncologia, dello sviluppo, in laboratorio, di un metodo per indirizzare solo sul tu-

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more i farmaci usati in chemioterapia. Come infatti è noto, tali farmaci, che entrano in circolazione nel corpo per aggredire le cellule tumorali, purtroppo debilitano anche l’organismo in quanto agiscono in modo non mirato. Con il nuovo metodo, tali farmaci, racchiusi in speciali microscopici involucri che permettono loro di transitare, portati dal sangue, nelle parti sane dell’organismo senza creare alcun danno, vengono poi liberati grazie a un macchinario elettronico esterno solo nelle zone tumorali. Ciò consentirà di poter impiegare, contro il tumore, farmaci assai più aggressivi e potenti rispetto a quelli attualmente in uso. Infatti tali farmaci, pur già conosciuti, attualmente non possono essere utilizzati sui malati data la grande tossicità generale. La sperimentazione è entrata nella fase finale e l’Associazione Civici Consumatori ha deciso di sostenere, vista l’importanza del progetto, il consorzio no profit New Medical Therapy, destinato al sostegno di tale iniziativa, devolvendo a esso una speciale raccolta fondi, che continuerà per tutto l’anno e che verrà ufficialmente lanciata durante un convegno di presentazione che si terrà a Piacenza nel mese di febbraio 2012 e, successivamente, si ripeterà a Roma a marzo 2012. Per ricevere ulteriori informazioni e aggiornamenti, comunicare la richiesta di inserimento in mail list e il proprio indirizzo di posta elettronica alla casella ass.civiciconsumatori@yahoo.it appositamente attivata.


Amore a prima vista

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di Gilda Ciaruffoli

appuntamenti

gennaio

1 Domenica 2 Lunedì 3 Martedì 4 Mercoledì 5 Giovedì 6 Venerdì 7 Sabato 8 Domenica

Emilia-Romagna Befane d’Italia, unitevi!

La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte e, a giudicare dalla longevità e dal successo che continua ad avere, deve trattarsi della strategia migliore. Dopo il successo del 2011, torna quindi anche il Raduno Nazionale delle Befane e dei Befani, una lunga festa dedicata al mitico personaggio che ha già appassionato migliaia di persone e che si apre giovedì 5 gennaio con il Gran Galà, serata danzante, e l’elezione di Madame Befana e Monsieur Befano.Venerdì 6 invece aprono i mercatini, con 180 banchi di capi di tipicità artigianali ed enogastronomiche selezionate per dare spazio alla tradizione. 5-6 gennaio, Fornovo Taro (Pr) Info: www.befanaraduno.it

Valle d’Aosta Profumo di pane e tradizioni A Saint-Denis (località La Plau), piccolo borgo della Valle d’Aosta, si tiene ogni anno la sagra del Gran Forno. In questa giornata gli abitanti si ritrovano intorno al vecchio forno comune del villaggio, da poco ristrutturato, in cui vengono fatte cuocere circa 250 forme di pane. I lavori iniziano al mattino quando si prepara l‘impasto, si scalda il forno e finalmente si infornano le pagnotte su lunghe assi di legno. Segue l’infornata del pomeriggio, e la serata si conclude con una grande tombolata. 3 gennaio, Saint-Denis (Ao) Info: www.lovevda.it

Trentino-Alto Adige Da una nuova prospettiva Nello splendido contesto dei monti alto-atesini si svolge il Dolomiti Balloonfestival che prevede moltissimi avvenimenti, tutti in mongolfiera, tra cui gare e voli dimostrativi in diurna. A colorare il cielo i tanti equipaggi e aerostati accorsi a Dobbiaco da tutto il mondo: attese 30 mongolfiere provenienti da 12 nazioni, 10 mongolfiere radiocomandate e un gran numero di aquilonisti. Tra i momenti di maggiore richiamo la Grande Notte delle Mongolfiere con serata musicale e mercato tirolese dei contadini. 7-15 gennaio, Dobbiaco (Bz) Info: www.balloonfestival.it 20

Marche La vecchina nazionale

È il paese che la nonna più famosa d’Italia ha scelto come sua dimora ufficiale, Urbania. E come ogni anno, il borgo celebra la sua cittadina onoraria con la Festa Nazionale della Befana, che si apre con la consegna delle chiavi della città da parte del sindaco alla Befana in persona. Tanti gli eventi organizzati, tra i quali la Discesa della Befana – entrata in scena quotidiana della vecchina carica di golosità, dopo un volo di 36 metri – è solo la ciliegina sulla torta. Da segnare, per i visitatori golosi, gli appuntamenti con la Piazza del Cioccolato, il Cortile delle Tipicità, la Piazza delle Regioni e l’evento DegustaRegioni. 2-6 gennaio, Urbania (Pu) http: www.labefana.com



appuntamenti

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Campania Assaggi di musica e storia

Alla Festa di Sant’Antuono prendono parte 21 Battuglie di Pastellessa, ovvero 21 carri allegorici che sfilano carichi di oltre 1000 percussionisti che suonano botti, tini e falci. Le sfilate delle Battuglie si tengono nei giorni 14, 15 e 17 gennaio; il 16 è invece dedicato all’esecuzione dei giochi tradizionali fra cui la corsa con le botti. Inoltre, durante l’evento è possibile degustare la Past’ e ‘llesse (pasta con le castagne lesse), piatto tipico locale, abbinato, dall’Associazione nazionale Città del Vino, al Cantone Sannio Igt 2008 Cantina Sociale La Guardiense Coop. Agr. in Guardia Sanframondi (Bn), medaglia d’oro 2011. 13-17 gennaio, Macerata Campania (Ce) - Info: www.santantuono.it

Trentino-Alto Adige C’è giusto a essere sportivi Chi suda con impegno può anche mangiare come si deve. Questo è il motto cui si sono votati da anni dodici ristoranti della Val Casies che, dalle 12 alle 16, invitano, lungo il tracciato di fondo della Val Casies, a un lauto pasto tradizionale nell’ambito della 20ª Maratona dei Canederli. E vale proprio la pena di conoscere le raffinate varietà di questa rotonda (il più delle volte) delizia del palato, che scalda il corpo e il cuore dopo la fatica. L’appuntamento è da non perdere anche per quanti, lungi dall’essere atleti, amano frequentare le piste o anche solo le buone tavole dei migliori ristoranti di montagna! 15 gennaio, Plan de Corones, Val Casies (Bz) Info: www.gsieser-tal.com

Veneto Come te non c’è nessuno Nel 1786 Goethe ebbe modo di assaggiare il broccolo fiolaro e se ne innamorò. Da allora questa particolare coltivazione, tipica del vicentino, è stata protagonista di alterne fortune: da regna delle tavole povere a specialità Dop. Diverso nella forma e nel gusto a qualsiasi altra varietà di broccolo, il fiolaro è protagonista di una sagra che ne esalta le molteplici attitudini: utilizzato per i tipici piatti locali, è possibile degustarlo qui in mille forme. Durante la festa è organizzata a che una passeggiata panoramica sul colle di Creazzo. 12-22 gennaio, Creazzo (Vi) Info: www.ilbroccolofiolaro.it 22

Marche Tu lo conosci Nino?

La Festa del Nino giunge alla sua 10ª edizione. Protagonista il Nino, ovvero il maiale, emblema della tradizione contadina, declinato in mille modi. Nelle giornate di venerdì e sabato si possono degustare le prelibatezze e i prodotti del territorio ed essere guidati all’assaggio dei migliori vini delle cantine locali. La domenica, per gli sportivi, si parte con il trekking di Sant’Antonio, un percorso che si snoda tra i crinali attorno al castello; nella mattinata viene anche servita la colazione d’gli omini, a base di salumi e vermut. Nel frattempo i mazzarini (i norcini locali) preparano la “pista”, ovvero stendono e preparano le carni di maiale, che diventerà ottimo cibo da gustare sia a pranzo che a cena. 13-15 gennaio, Sant’Andrea di Suasa (Pu) Info: www.festadelnino.org



appuntamenti

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Domenica

Veneto Di corsa tra le colline

Da 36 anni, Monteforte d’Alpone, borgo del veronese ai piedi delle colline del Soave, accoglie circa 20 mila podisti provenienti da tutta Italia e dall’estero, riservando loro una calorosa ospitalità. Il tutto nell’ambito della Montefortiana, appuntamento classico invernale del podismo veronese, ricco anche quest’anno di grandi novità. Tra tutte: la prima Ecomaratona, evento che valorizza anche lo stretto rapporto tra la gara podistica, il suo territorio e i frutti di questa terra, come il Soave Clivus. Tante inoltre le attività collaterali dedicate non solo agli amanti dello sport ma anche a quelli della buona tavola. 21-22 gennaio, Monteforte d’Alpone (Vr) - Info: www.montefortiana.org

Trentino-Alto Adige La montagna è servita Torna Chef’s Cup Südtirol, appuntamento gourmand che raduna i protagonisti della migliore cucina internazionale in una cornice mozzafiato. Protagonisti di questa tradizionale festa sono i DoloMitici, i tre chef stellati dell’Alta Badia: Norbert Niederkofler, Fabio Cucchelli e Arturo Spicocchi. Tante e varie le sfide, culinarie e non, tra cui la gara della Gran Risa – la rinomata pista della Coppa del Mondo di Sci – che vede sfidarsi i campioni dei fornelli, e la S.Pellegrino Ski Cup: un originale parallelo di sci inaugurato dagli ex campioni della Nazionale. Novità di quest’anno, la cena di chiusura che vede partecipare gli chef che nel 2011 sono stati premiati dal The S.Pellegrino World’s 50Best Restaurants. 22-27 gennaio, Alta Badia (Bz) Info: www.chefscup.it

Lazio Secoli di storia e gusto La prima domenica dopo il giorno di Sant’Antonio Abate, si svolge la Sagra della Braciola. La prima edizione ebbe luogo nel gennaio del 1959 in concomitanza con il centesimo anniversario dell’incendio che distrusse l’antico borgo di Camerata Vecchia e le cui cause sono ancora avvolte nel mistero. La manifestazione ha inizio intorno all’ora di pranzo quando viene servito un menù tradizionalmente composto da gnocchi al sugo di pecora e braciole di pecora di Camerata, arrostite su enormi bracieri, condite da vino, musica, balli e costumi tipici. 22 gennaio, Camerata Vecchia (Rm) Info: www.cameratavecchia.it 24

Sardegna Tra Mamuthones e Issohadores

In occasione della festa di Sant’Antonio Abate, fanno la loro prima apparizione pubblica i Mamuthones. I festeggiamenti hanno inizio la sera del 16 gennaio, Sa die de su Pesperu, con l’accensione e la benedizione di un grande fuoco dal quale prenderanno vita i fuochi accesi in tutti i rioni cittadini. Per tutta la notte, e per i due giorni successivi, la popolazione si raccoglie intorno ai fuochi; ai compaesani e ai visitatori sono offerti vino e dolci tipici. In questa circostanza, come accennato, per la prima volta nell’anno, Mamuthones e Issohadores sono protagonisti della festa, e visitano i vari rioni danzando intorno ai fuochi con il loro caratteristico passo cadenzato. 16-17 gennaio, Mamoiada (Nu) Info: www.mamuthones.it


Tradizionale all’origine: Mokarabia seleziona e importa in esclusiva i migliori caffè crudi dai principali Paesi produttori del mondo. Moderna nel servizio: leader nella fornitura delle più pregiate miscele di caffè, Mokarabia offre una completa gamma di prodotti per il bar (decaffeinato, solubile, cioccolata, the, orzo, camomilla) e una linea di caffè per uso domestico solo per le caffetterie. Internazionale nella visione: una grande azienda paneuropea e presente in molti altri paesi. Uno stile inconfondibile, lo stile Mokarabia: la qualità dei prodotti si completa con un servizio ineccepibile. Per questo, ogni giorno, più di 15mila tra bar, ristoranti e alberghi in Italia e nel mondo scelgono Mokarabia per “servire” il caffè. MOKARABIA S.p.A. via Matteotti, 24 / 40057 Granarolo dell'Emilia (BOLOGNA) / Italy / tel. +39 051 60 20 411 / info@mokarabia.it / www.mokarabia.it


appuntamenti

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Lunedì

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Emilia-Romagna tutto per il buongustaio e lo chef

SapEur 2012 arriva alla sua 9a edizione e si conferma come un importante palcoscenico dove poter rappresentare la qualità delle produzioni artigianali e il mondo dell’enogastronomia made in Italy. Lo scopo è quello di voler ricreare e far scoprire prodotti in fase di estinzione mediante l’accostamento di nuovi sapori e antiche tradizioni dimenticate. L’evento, che si pone come un viaggio gustoso tra i profumi e le tipicità delle varie regioni d’Italia, offre ampio spazio anche agli antichi mestieri, l’artigianato tipico della nostra terra, e alle attrezzature professionali e all’utensileria da tavola che qualunque chef dovrebbe conoscere per la buona riuscita delle sue ricette. 27-30 gennaio, Forlì - Info: www.sapeur.it

Liguria Un mare verde di fiori Dal 1993 Il Giardino degli Ellebori di Pietra Ligure apre al pubblico nel periodo della fioritura. Le proprietarie, Anna e Carla Barbaglia, hanno iniziato la raccolta 43 anni fa coltivando l’Helleborus niger ereditando la passione dalla mamma californiana.

La collezione si è arricchita negli anni, e oggi Il Giardino contiene quella che gli inglesi chiamano National Collection di questa pianta, cioè la collezione completa delle specie, che sono 15, più le sottospecie, gli incroci e oltre 370 varietà da ammirare, di cui circa 70 sono in vendita. Protagonisti della mostra Sinfonia in Verde, che proseguirà fino ad aprile, (ogni domenica con ingresso libero alle 13), gli Ellebori verdi. dal 29 gennaio, Pietra Ligure (Sv) Info: www.ilgiardinodegliellebori.it

Trentino-Alto Adige L’olio del Garda Anche quest’anno a Expo Riva Hotel è previsto un ricco calendario enogastronomico per Riva Food & Beverage. Da ricordare in particolare Sololio – Mostra dell’eccellenza olearia italiana, rassegna dei migliori oli d’oliva extravergine Dop e monovarietali del nostro paese. Nel corso dei quattro giorni di fiera, in primo piano le iniziative organizzate in partnership con le Strade del Vino e dei Sapori del Trentino, per valorizzare la filosofia dell’uso di prodotti a “chilometro ravvicinato”. Presenti circa 30 produttori selezionati. dal 29 gennaio, Riva del Garda (Tn) Info: www.exporivahotel.it 26

Valle d’Aosta foto dal mondo

Il Forte di Bard, principale polo culturale della Valle d’Aosta, ospita la prima tappa italiana del tour mondiale della mostra fotografica Wildlife Photographer of the year 2011. L’esposizione raccoglie oltre cento immagini, vincitrici nelle 17 categorie del concorso indetto dal Natural History Museum di Londra, il più prestigioso al mondo nel suo genere. Gli scatti sono giunti per la prima volta anche da paesi molto lontani, come Cambogia, Moldova, Brunei e Kirghizistan. Si è assistito, inoltre, a un notevole aumento delle fotografie inviate da India, Cina e Russia. dal 28 gennaio, Bard (Ao) Info: www.prolocoardesio.it



appuntamenti in breve 34

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Fiaccolata della Madonna delle Nevi

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Una suggestiva discesa notturna benaugurale. Info: www.scuolascibielmonte.it 1 gennaio, Bielmonte (Bi) – Piemonte 2

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Regata di capodanno

Classica regata che parte dal porto di Otranto per giungere al Faro di Palascia, e ritorno. Info: www.comune.otranto.le.it 1 gennaio, Otranto – Puglia

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Mostra mercato di presepi dal mondo 4

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Salone del cioccolato e del dolce tipico Manifestazione dedicata esclusivamente al settore dolciario, con degustazioni e mostre. Info: www.palafiori.com 4-8 gennaio, Sanremo (Im) – Liguria 5

Panevin

Aspettando l’Epifania, le piazze dei comuni coinvolti si illuminano col fuoco purificatore. Vin brulé per tutti. Info: www.trevisoinfo.it 5 gennaio, località varie (Tv) – Veneto 6

La Nott de Bisò

Festa folcloristica e giostra tra cinque cavalieri rionali. Info: www.comune.faenza.ra.it 5 gennaio, Faenza (Ra) – Emilia-Romagna 7

Der Orsh Van Der Belin

Manifestazione suggestiva legata al personaggio della Bélin, donna vecchia e sporca protagonista di una festa che si svolge al suono delle fisarmoniche, bagnata da tazze di tè e vin brulè. Info:
www.sauris.org 5 gennaio, Sauris (Ud) – Friuli-Venezia Giulia 8

Notte dei cucibocca

Antica e magica tradizione della quale sono protagoniste misteriose figure vestite di scuro, con al piede una catena che bussano alle porte e chiedono offerte. Info: www.comune.montescaglioso.mt.it 5 gennaio, Montescaglioso (Mt) Basilicata

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Sacre rappresentazioni che arrivano da tutto il mondo: Russia, Polonia, Nepal, Birmania e Betlemme. Info: www.aquilonefarigliano.org 1-6 gennaio, Farigliano (Cn) – Piemonte 9

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Sos Tres Res

La sera della vigilia dell’Epifania, continua un’usanza molto antica: gruppi di appassionati del canto a chiterra o del canto in coro in filonzana girano per il paese intonando il canto de Sos tres Res. Info: www.comune.bonnanaro.ss.it 5 gennaio,
Bonnanaro (Ss) – Sardegna 10

Lungo programma di iniziative culturali, e in particolare musicali, capaci di creare atmosfere suggestive nel periodo delle feste. Info:
www.riminiturismo.it 5-6 gennaio, Rimini – Emilia-Romagna 11

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Brusa la vecia

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Presepe vivente

Sagra della Sfincia

Tradizionale festa dedicata al dolce tipico monteleprino a forma di “e” preparato con acqua e farina e condito con zucchero, miele e cannella. Info: www.comune.montelepre.pa.it 6 gennaio, Montelepre (Pa) – Sicilia 16

Festa di Li Tri Re

La festa rappresenta il rogo della Befana che porta via le feste di Natale. Info: www.comune.arborea.or.it 6 gennaio
Arborea (Or) – Sardegna

Rievocazione della visita dei Re Magi alla grotta di Betlemme. Info: www.comune.canicatti.ag.it 6 gennaio, Canicattì (Ag) – Sicilia

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Festa della Befana

Evento interamente dedicato ai più piccoli, con le Befane che passeggiano per le strade della città e distribuiscono dolci. Info: www.comune.otranto.le.it 6 gennaio, Otranto – Puglia

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Manifestazione che si snoda per le vie dell’antico borgo medievale coinvolgendo un centinaio di figuranti. Info: www.comune.marsciano.pg.it 6 gennaio, Compignano (Pg) – Umbia

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Sagra della polenta

Compie 50 anni la manifestazione dedicata al piatto povero per eccellenza. Info:50sagradellapolenta2012.blogspot.com 6 gennaio, Pettorano sul Gizio (Aq) Abruzzo 12

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Le Feste a Rimini

Sagra della Ricotta

Tradizionale manifestazione pastorale di Sant’ Angelo Muxaro. Info: www.comunedisantangelomuxaro.it 6 gennaio, Sant’Angelo Muxaro (Ag) Sicilia

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Passeggiando nel Presepe

Visita narrata al centro storico di Napoli, ripercorrendo il folklore delle tradizioni e delle leggende napoletane legate al presepe. Info: 0813411125 7 gennaio, Napoli – Campania

Salone del Turismo Itinerante. Info: www.tourit.it 14-22 gennaio, Marina di Carrara (Ms) Toscana

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Manifestazione che si svolge in uno dei borghi medievali meglio conservati d’Italia. Info: www.festesermoneta.altervista.org 15 gennaio, Sermoneta (Lt) – Lazio

Festival delle sculture di neve

Trenta artisti provenienti da tutto il mondo scolpiscono il ghiaccio e regalano ai visitatori uno spettacolo incredibile. Info: www.snow-festival.com 11-13 gennaio, San Candido, e 16-18 gennaio San Vigilio (Bz) - Trentino-Alto Adige 20

La Giostra del Saracino

Suggestiva manifestazione che si svolge all’interno della splendida Cattedrale cittadina. Info: www.giostradelsaracino.arezzo.it 14 gennaio, Arezzo – Toscana

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Corsa di cani da slitta

Una delle più importanti gare europee a media distanza: 300 km in 7 tappe. Info: www.alpentrail.com 14-21 gennaio, Alta Pusteria – Trentino-A.A.

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Tour.it

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Le Farchie

Festa in onore di Sant’Antonio Abate. Protagoniste le Farchie, gigantesche colonne di canne che vengono innalzate e incendiate. Info:
www.farchie.it 16 gennaio, Fara Filiorum Petri (Ch) - Abruzzo 26

Falò di Sant’Antonio

La notte tra il 16 e il 17 gennaio da Dorgali a Bolotana, da Bosa a Desulo, da Budoni a Escalaplano, da Samugheo a Orosei e in tanti altri paesi si accendono i falò in onore del santo. Info: www.sardegnaturismo.it 16-17 gennaio, località varie – Sardegna

Fuochi di Sant’Antonio

Rigoroso il rituale di accensione, che prevede la benedizione del fuoco principale dal quale viene prelevata la brace per gli altri falò. Info: www.comune.colletorto.cb.it 16-17 gennaio, Colletorto (Cb) – Molise 28

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Festa dell’olio

Degustazioni dell’olio nuovo. Info: www.comunedicortona.it 15 gennaio, Cortona (Ar) – Toscana

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Sagra della polenta

Festa di Sant’Antonio Abate

Processione allietata dalla distribuzione della ricciata, piatto semplice a base di legumi, insieme a pagnottelle di pane. Info: www.comune.petrellatifernina.cb.it 17 gennaio, Petrella Tifernina (Cb) – Molise 29

Carnevale offidano

Apertura ufficiale della manifestazione le cui origini risalgono alla metà del ‘700. Info:
www.inoffida.it 17 gennaio, Offida (Ap) – Marche 30

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Festa di San Bassiano

Festa patronale con distribuzione del tipico piatto lodigiano, la busèca (trippa con verdure e fagioli). Info: www.comune.lodi.it 19 gennaio, Lodi – Lombardia

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Sagra del Maiale

Degustazioni di prodotti tipici con spettacoli musicali e gruppi folk. Info: 0984526251 21-22 gennaio, Fagnano Castello (Cs) Calabria 32

Coumba Freida

Carnevale tipico che rievoca al passaggio di Napoleone attraverso il Colle del Gran San Bernardo, nel maggio del 1800. Info: www.lovevda.it 21-22 gennaio, Valpelline (Ao) Valle d’Aosta 33

Sagra del Sabadone

Festa del dolce tipico romagnolo che prende il nome dalla saba, distillato del mosto d’uva. Info: www.prolocomassalombarda.it/sabadoni.htm 21-25 gennaio, Massa Lombarda (Ra) Emilia-Romagna 34

Val Gardena Ciasp

Corsa con le racchette che da 11 anni coinvolge centinaia appassionati grazie alla formula che prevede una gara competitiva e una marcia non agonistica. Info: www.valgardena.it 22 gennaio, Val Gardena – Trentino-A.A. 35

Festa di Sant’Antonio Abate

Benedizione degli animali, mezzi agricoli e sfilata dei cavalli. Info: www.comune.casorateprimo.pv.it 22 gennaio,
Casorate Primo (Pv) – Lombardia 36

La prima dei Picai del Recioto

Folclore e gastronomia per l’ottava edizione della spremitura in piazza. Info: www.viniesapori.net 22 gennaio, Montorso Vicentino (Vi) - Veneto 37

Swing on snow

Le note di band musicali risuonano fra le nevi immacolate dell’Alpe di Siusi. Musica folk tradizionale e sperimentale. Info: www.swingonsnow.com 22-29 gennaio, Sciliar-Alpe di Siusi (Bz) Trentino-Alto Adige 38

Scasada dol Zenerù

Ogni anno, alle prime ombre notturne, ragazzi e giovani muniti di campanacci, tolle e cioche si lanciano per le vie strette del paese per a scacciare l’inverno. Info: www.prolocoardesio.it 31 gennaio, Ardesio (Bg) – Lombardia

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il bollito perfetto cover story

Le regole d’oro del bollito misto Quello alla piemontese può considerarsi tale qualora sia composto da almeno cinque parti di carne e quattro salse. Ma da Vicenza alla Brianza, da Trieste a Reggio nell’Emilia, tutto il Nord Italia (e non solo) è pervaso dal profumo di pentole fumanti dove a cuocere sono gli ingredienti della tradizione locale di Riccardo Lagorio

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Difficile credere che non vi sia nulla di esoterico in quel rincorrersi di numeri 7 che caratterizza una delle più succulente creazioni culinarie italiane, il bollito misto alla piemontese, ma rimane il dubbio che chi codificò quelle portate potesse contare almeno su uno stomaco… fuori dalla normalità, proponendo un piatto sostenibile da pochi eletti. Accanto alle varie interpretazioni, esiste infatti una ricetta ufficiale del bollito misto che sembra quasi un’antica formula magica da recitare sottovoce mentre si preparano i vari ingredienti. Secondo quella regola, il gran bollito misto si compone infatti di sette tagli di polpa (tenerone, scaramella, muscolo di coscia, stinco, spalla, fiocco di punta e cappello del prete), sette – per così dire – ammennicoli (lingua, testina con musetto, coda, zampino, gallina, cotechino e tasca ripiena), sette bagnetti o salse (verde rustico, rosso, cren, verde ricco, mostarda, cugnà e salsa al miele), un richiamo (la lonza di maiale arrostita con pepe, aglio e rosmarino che viene servita a metà bollito), e quattro contorni (patate lesse, spinaci al burro, funghi trifolati e cipolle in agrodolce). Finale con una tazza di brodo caldo delle carni consumate. Come si intuisce si tratta di una vera e propria battaglia di cui il convitato principale suo malgrado è il bovino Piemontese, un bestione che tocca con facilità i 600 chilogrammi quando raggiunge i 18 mesi di età, ma che sfiora anche la tonnellata e mezza in taluni esemplari. Questione di razza: tra quelle italiane da carne, a cui si accompagnano Chianina, Maremmana, Podolica, Romagnola e Marchigiana, è la più diffusa e che trasforma meglio di altre il foraggio in massa muscolare con un ridotto tenore di grasso sottocutaneo e una carne tenera, magra e gustosa. Ma è anche quella che ha subito meno il tracollo numerico dovuto alla sostituzione della forza di trazione animale in mezzi meccanici agli albori del Novecento quando le cascine straripavano di bovini destinati al lavoro nei campi prima ancora che alla tavola. Oggi il bollito misto alla piemontese si può considerare di tutto rispetto qualora sia composto da almeno cinque parti di carne e quattro salse. Ma a Carrù, patria dei carrelli del bollito, la tradizione viene mantenuta integra grazie a locali come Il Vascello d’oro (www.

L’Associazione dei Cavalieri della Confraternita del Bollito Misto sono alla continua ricerca del bollito perfetto per i ristoranti del Nord Italia

vascellodoro.it).

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il bollito perfetto cover story

A tutta salsa Salsa verde rustica Ingredienti caratterizzanti sono il prezzemolo, l’aglio e le acciughe. Poi olio extravergine, aceto di vino e mollica di pane. Salsa verde ricca Qui sono sempre prezzemolo e acciughe gli ingredienti principali, a cui si aggiungono tuorli d’uovo, capperi, aceto, olio extravergine e mollica di pane raffermo. Salsa al miele Lo dice il nome stesso: al miele millefiori si aggiungono gherigli di noce tritati, senape in polvere, aceto e brodo. Cren La radice di rafano (altro nome che distingue il cren) viene grattugiata e vi si aggiunge aceto ed olio extravergine d’oliva. Salsa rossa Ai pomodori ben maturi, sbollentati e privati di bucce e semi si aggiungono cipolla, carota, peperone dolce, sedano, rosmarino aglio, basilico, peperoncino, olio extravergine d’oliva e pepe. Il tutto cuoce insieme per almeno tre ore. Cugnà Al mosto d’uva di dolcetto vanno aggiunti gherigli di noce, nocciole, mele cotogne, pere Martin Sec e scorza di limone. Mostarda Alla frutta (ciliegie, albicocche, pere, mele soprattutto) si aggiunge la senape, che caratterizza il prodotto finale. La quantità ne determina la piccantezza. Pearà Midollo di bue, burro, pane tostato, brodo di carne, pepe sono gli ingredienti fondamentali per la buona riuscita della pearà. Talvolta vi si aggiunge formaggio grattugiato. Ma non è tutto: è l’esperienza che suggerisce quando la crema ha raggiunto la giusta consistenza dopo la sobbollitura degli ingredienti, che solitamente avviene in un tegame di coccio per almeno cinque ore. Peverada Davvero una salsa complessa: i fegatini di pollo vengono tritati insieme a sopressa, filetti di acciuga, prezzemolo, olio extravergine d’oliva, succo di limone, pepe, aceto e aglio.

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Sette ricette per sette bolliti

to marzo. Nell’area intorno alla città di Verona

Avente lontano legame di parentela con il nobile

inseparabile accompagnamento è la pearà, anzi

bollito bovino è la casöla, piatto invernale lom-

è forse questa salsa che la fa da padrona sulle ta-

bardo che si accompagna con la polenta. Ingre-

vole veronesi e la cui diffusione, come ebbe a di-

dienti basilari, pur nelle sue innumerevoli varian-

re Giorgio Gioco, storico ristoratore locale, si ha

ti, sono verze (che per tradizione devono avere

conficcando al centro dell’Arena un palo e trac-

preso la prima gelata per rimanere più tenere

ciando con una corda lunga 40 chilometri a mo’

alla cottura), cotenne, costine, piedini, testina e

di compasso il limite geografico della pearà. Sino

salamini di maiale, i cosiddetti verzini. In origine

a fine Ottocento il bollito era però il piatto per

la carne suina veniva utilizzata per insaporire la

il recupero di ossa e tagli meno attraenti per le

verza mentre in Lomellina si sostituisce la carne

classi nobiliari, vale a dire soprattutto quarti an-

di suino con l’oca. Anche nel Veneto il bollito è

teriori. Tant’è che il bollito compare tra le portate

un piatto sontuoso, delle feste comandate, delle

delle famiglie venete più abbienti solamente sul

domeniche trascorse in famiglia da ottobre a tut-

finire del secolo. Anche in questo caso sette tagli


di carne di bue o vitellone: punta di petto, testina, spalla, noce, sottopancia, stinco e lingua salmistrata, oltre alla gallina e al cotechino, che assicurano un giusto equilibrio tra grasso e magro, tenerezza e consistenza, sapore deciso e tenue, contribuendo così a rendere il bollito una pietanza adatta ai ceti facoltosi. Tradizione comune nel Vicentino, che però si contraddistingue per il maggiore ruolo che ottengono i volatili, con la comparsa del cappone e della gallina come elementi essenziali per potere considerare degno di attrazione il carrello del bollito, preceduto sovente da una minestra in brodo con tagliatelle o riso o, in sparuti casi, entrambi. Accompagnamento d’obbligo il cren e, negli ultimi anni, la mostarda vicentina, assai senapata, a base di frutta: mela, mela cotogna, pera, limone e cedro candito. Piatto esclusivo della domenica, l’arte del recupero, qualora ne fossero risultati avanzi, prevedeva che la carne venisse tagliata a pezzi con insalata verde e cipolla oppure macinata e amalgamata a uova, pane grattugiato, prezzemolo per trasformarsi in saporite polpette. Nella sua memorabile opera, Pellegrino Artusi le considera un ovvio risultato della carne lessata avanzata: tritata con la lunetta insieme a una fetta di prosciutto grasso e magro va condita, secondo il maestro di Forlimpopoli, con parmigiano, sale, pepe, spezie, uva passa, pinoli, midollo di pane cotto nel brodo o nel latte e legato il tutto con uova. Fattane pallottole e panatale, queste vanno fritte in olio o in strutto e ornate infine con una salsa d’uova e agro di limone (ricetta 314). A dispetto della sua presunta origine autunnale e invernale, a Mantovana, frazione di Predosa nell’Alessandrino, il bollito misto viene celebrato in pieno agosto, in onore del santo patrono, San Lorenzo. L’usanza secolare è stata ripresa dalla Pro Loco e trasformata in sagra che richiama estimatori da tutta la Regione. Qui il bollito viene servito sotto forma di quattro tagli di carne (magro bianco stellato, testina, lingua e cotechino) accompagnato dal bagnetto verde, a base di prezzemolo e acciughe. Dicono serva a sconfiggere la calura estiva… Trieste è una lasagna: alle vestigia romane si sono sostituite quelle centroeuropee,

In queste pagine alcuni degli ingredienti del bollito misto, in tutte le sue declinazioni regionali. L’insieme di tagli di carne bovina (accompagnati anche da carne di gallina) vengono messi a cuocere in acqua già bollente e conditi con una serie di intingoli saporosi

Oltre alle varie interpretazioni, esiste una ricetta ufficiale del bollito misto che sembra quasi un’antica formula magica da recitare sottovoce mentre si preparano gli ingredienti. A ricorrere in modo misterioso, il numero sette 33


il bollito perfetto cover story

I cavalieri del bollito Un focus sulle razze bovine ideali per un bollito perfetto di Salvatore Piergiacomo Rassu e Giuseppe Pulina Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Sassari

Il bollito misto sta acquisendo sempre più interesse da parte di ristoratori e consumatori, tanto da dare origine all’Associazione dei Cavalieri della Confraternita del Bollito Misto, un gruppo di buongustai che girovagano per il Nord Italia, da un ristorante all’altro, per sperimentare la loro pietanza preferi-

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poi slave e italiane. La porcina è la versione

no onnipresenti mentre lo zampone pren-

ta. Fondamentale precisare la differenza fra bollito

triestina di un bollito misto di verdure, so-

de spesso il posto del cotechino. Gli odori

e lesso: il primo consta di un insieme di tagli di car-

prattutto verza, carni e insaccati di suino.

che preparano l’acqua di bollitura acqui-

ne bovina (talvolta accompagnati anche da carne

Il tipo di carne che caratterizza la porcina

stano un ruolo fondamentale: aglio, timo,

di gallina) messi a cuocere in acqua già bollente; il

è la coppa o spalla di maiale, poi pancet-

prezzemolo, chiodi di garofano inseriti nel-

secondo è un taglio di carne messo a cuocere in ac-

ta, testina, cotenna, zampetti, orecchie, co-

la cipolla sono quelli indispensabili e sem-

qua fredda, impiegato per fare il brodo. In entrambi

stolette e carré affumicato. Tra i salumi, la

pre presenti. La distinzione vera si attua

i casi la cottura avviene in acqua salata arricchita di

salsiccia Vienna (nome con cui si conosco-

però sulle salse: quelle verdi, con base il

verdure. I tagli di norma più utilizzati sono quelli di

no i wurstel nella città giuliana), cotechino,

prezzemolo, predominano su tutte, poi il

terza (o seconda) categoria, ricchi di tessuto connet-

zampone e cragno, ovvero la salsiccia car-

cren e ultimamente quelle a base di aceto

tivo, semigrassi (o grassi); fra i più diffusi:

sica, leggermente affumicata. Il sistema di

balsamico che esaltano il gusto agrodolce

• biancostato (spuntatura), che è la parte intercosta-

cottura è unico: dentro una grande pentola

del condimento, specie nel Modenese e nel

le, tra dorso e petto del bovino, sopra la pancia;

bolle in continuazione un brodo che viene

Reggiano, sono le più gettonate. A Rubiera,

periodicamente rinnovato ma raramente

una manciata di chilometri dal capoluogo

cambiato del tutto: le carni immerse per

Reggio Emilia, ha da poco compiuto 75

la cottura acquistano così una sapidità uni-

anni la Clinica Gastronomica Da Arnaldo

ca e perdono meno sali e sostanze. Le ver-

(Tel. 0522626124), dove da sempre si ce-

ze sono cucinate come crauti e le salse alla

lebra l’arte del bollito. Frequentato negli

senape e il cren compensano la divisione

anni Sessanta dai medici del Policlinico di

• geretto posteriore e anteriore (ossobuco), ossia la

dei sapori. Servita nei caratteristici buffet,

Modena, il nome caratteristico si deve al

parte superiore della gamba;

la porcina è una delle bandiere gastronomi-

fatto che il proprietario, scherzando con

che della città. Arcionota e arcibuona quel-

loro, affermava che dall’ospedale i pazienti

la di Bepi s’ciavo (Tel. 040366858) non di-

uscissero tristi mentre dal suo locale, zeppo

stante dal Molo Audace. Come accade per

di carrelli di bollito, salsine e ammennicoli

il Piemonte, la golosa Emilia è una delle

tutti se ne andavano soddisfatti. Potere mi-

• sottospalla (o fracosta) e copertina (o polpa di spal-

roccaforti del bollito. Le carni bovine so-

racoloso e magico della carne.

la) tagli corrispondenti alla regione della spalla.

• punta di petto e fiocco, si ricavano dalla zona compresa tra collo e pancia, parte anteriore il primo e posteriore il secondo; • collo, massa muscolare divisa in due parti, quella superiore più magra e quella inferiore più grassa;

• pesce, muscoli vicini al geretto posteriore; • taglio reale, ricavato dai muscoli che coprono le prime cinque vertebre dorsali;


Per capire quanto il bollito unifichi l’Italia, e quale sia l’importanza di questa pietanza sulle tavole dell’intero Stivale, è sufficiente citare le più importanti razze bovine utilizzate, che si identificano e occupano il territorio della nostra Penisola da Nord a Sud.

La razza Piemontese (1) Il bollito di carne di razza Piemontese è forse uno dei più antichi, in particolare quello misto. La provenienza della carne deve essere rigorosamente accertata di bue o manzo di razza bovina Piemontese, detta anche “fassone del Piemonte” o razza a “groppa doppia”. L’animale sacrificato è un soggetto adulto (4-6 anni per il bue, 2 anni per il manzo) di buona conformazione “della coscia”, alimentato in ambiente tranquillo con fieno, orzo, crusca e fave. È diffusa in quasi tutta la regione di origine e in particolare nelle province di Asti, Cuneo e Torino. Questa razza specializzata da carne è la più rappresentata in Italia, nonostante nel passato facesse parte delle razze a triplice attitudine. Sotto l’aspetto morfologico, si tratta di un animale di taglia media (140 cm nei maschi e 130 cm nelle femmine) e mole (oltre i 2 anni: 800 kg nei maschi e 500 kg nelle femmine). Il mantello, fromentino alla nascita (cioè di colore rosso fulvo simile al frumento maturo), cambia con l’avanzare dell’età e si presenta nei tori grigio con zone tendenti al nero. L’ossatura è molto sottile e la pelle è finissima. La testa è quadrata con corna di media lunghezza, nere fino a circa 20 mesi di età, e giallastre alla base e nere all’apice negli adulti. Il collo è corto e muscoloso, con giogaia ben sviluppata; il tronco cilindrico, spesso insellato. Ciò che caratterizza questa razza è lo sviluppo muscolare, soprattutto nei soggetti a groppa doppia detti “piemontesi della coscia”, grazie all’ipertrofia muscolare proprio della coscia e delle natiche. Sotto l’aspetto produttivo, la Piemontese mostra buoni ritmi di accrescimento (kg al giorno: 1,1-1,2), anche se non prolungati nel tempo, elevate rese alla macellazione (65% circa), ma soprattutto carcasse, tagli e qualità della carne eccezionali. La razza, allevata sia in purezza che in incrocio, si adatta ai sistemi di allevamento stallino e brado (purché non in situazioni difficili) e alla produzione del vitellone semipesante (450-500 kg di peso corporeo al sacrificio).

La razza Chianina (2) Tra tutte le razze italiane da carne, la Chianina è forse quella che oggi gode dell’immagine più nobile d affermata, anche grazie alla fama che si è saputa conquistare con il mito gastronomico della Fiorentina. Tuttavia, la fama di una razza non può essere legata esclusivamente a un singolo taglio, ma è espressione di una qualità apprezzabile per le diverse porzionature adatte alle più svariate preparazioni. La Chianina, originariamente utilizzata anche per il lavoro, è una delle razze più antiche d’Italia (viene allevata da più di 2 mila anni) e l’unica realmente autoctona. Attualmente, per importanza, è seconda soltanto

alla Piemontese. Dalla culla di origine, la Val di Chiana, il suo allevamento si è esteso inizialmente alle province di Arezzo, Firenze, Livorno, Pisa, Siena e Perugia, ma attualmente è cosmopolita, con importanti presenze nelle Americhe e in Australia. La Chianina è caratterizzata da gigantismo somatico, essendo la razza bovina più grande al mondo: i tori raggiungono i 180 cm di altezza e un peso di circa 17 quintali e le femmine sono alte 165 cm e pesano 800-900 kg. Il mantello è bianco porcellana in entrambi i sessi, anche se nei maschi si possono manifestare gradazioni grigie. Presentano pigmentazione nera le ciglia, le mucose orali e il musello, la punta delle corna, la regione perivulvare e perianale, il pisciolare e la nappa della coda. La testa è sottile e allungata con corna piccole, collo e tronco allungato, arti lunghi e robusti. Dalle stalle di pianura la Chianina si è progressivamente trasferita su colline e montagne dell’Appennino Centrale, passando dall’allevamento stanziale a quello brado e semi brado. Le performance produttive si caratterizzano per l’elevato ritmo di accrescimento (1,3-1,4 kg al giorno), l’alta resa alla macellazione (62-64%), l’elevata resa in tagli pregiati e l’ottima qualità della carne. Purtroppo presenta una limitata rusticità e una maturità somatica tardiva che ne limitano l’impiego alla produzione del vitellone pesante (peso superiore a 600 kg al sacrificio).

I tagli più utilizzati sono quelli di terza (o seconda) categoria, ricchi di tessuto connettivo, semigrassi (o grassi)

La razza Podolica (3) È la razza che, tra le popolazioni bovine giunte nel nostro paese dall’Oriente, maggiormente mantiene le caratteristiche originarie. Allevata soprattutto in Puglia, dove ha preso il nome di Pugliese, fino agli anni ‘50 era diffusa in tutto il Paese. Attualmente, malgrado la sua rusticità e una discreta produzione di carne e di latte, è ridotta a pochi esemplari allevati nelle zone difficili dell’Italia CentroMeridionale. È caratterizzata da impalcatura scheletrica solida, ma leggera; il mantello nei vitelli è fomentino dalla nascita fino a 4-6 mesi di età e poi vira al grigio nelle femmine, con varianti più scure nei maschi; le mucose e la cute sono pigmentate nere, le corna lunghe (70 e anche 100 cm) e dalle caratteristiche forme a semiluna nei maschi e a lira nelle femmine. Questa razza presenta un’eccezionale capacità di adattamento ad ambienti difficili e una straordinaria versatilità nell’uso di risorse alimentari che non potrebbero essere sfruttate diversamente (pascoli cespugliati, foglie di essenze arbustive, etc.). Nonostante originariamente fosse una razza da lavoro e secondariamente da latte, oggi è utilizzata come razza da carne anche per incrocio con tori di razza in purezza. La produzione di latte talvolta eccessiva per il vitello consente di produrre un ottimo formaggio, il caciocavallo. Ovviamente dei buoni lessi o bolliti si possono ottenere anche con carni dalle altre razze italiane, quali la Frisona, la Bruna, la Pezzata rossa, la Marchigiana per citare solo le principali. L’importante è comunque che gli animali siano stati alimentati bene, allevati secondo le regole del benessere e il loro prodotto sia stato sottoposto alle giuste maturazioni prima dell’immissione al commercio.

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unastoriaitaliana

Solo vera cucina tricolore, please di Francesco Condoluci

“Ospitalità Italiana. Ristoranti nel Mondo”, un marchio esclusivo per proteggere le autentiche produzioni nazionali

«Dicono che gli italiani siano maniaci della cucina. Che la pasta dev’essere “solo” di grano duro.

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Che si portano dietro i prodotti dall’Italia. Che i po-

Se trovate la “Q” dorata, potete fidarvi

modori devono essere San Marzano, il parmigiano

Un distintivo di qualità che, dal 1997, viene attri-

Parmigiano Reggiano, il basilico quello ligure Dop

buito alle migliori aziende del settore turistico-al-

e l’olio, se non è italiano extravergine d’oliva, sono

berghiero tricolore, dopo una rigorosissima sele-

capaci di fare una scenata». La scena è quella della

zione fondata sul rispetto dei disciplinari stilati da

cucina di un ristorante in America. E mentre una

Camere di Commercio e associazioni di categoria

voce fuori campo snocciola, con tanto di sottotitoli

e operata mediante severe schede di valutazione,

in inglese, questi tipici luoghi comuni sugli italiani

visite ispettive e l’esame finale di qualificate com-

all’estero, si vede un aiuto cuoco affaccendato ai for-

missioni provinciale, regionali e nazionali. Entra-

nelli a preparare un piatto di spaghetti al pomodoro.

re nel ristretto club della “Q” dorata con il sigillo

Un simpatico omone di colore, che, alla fine, solleva

“quality approved” che contraddistingue il mar-

lo sguardo e, nel classico accento italo-americano

chio Ospitalità Italiana, è insomma, per le attività

“maccherone”, commenta il tutto con un laconico

ricettive italiane, una specie di laurea con 110 e

«E c’hanno ragione». È il gustoso siparietto ideato

lode. Un contrassegno esclusivo di qualità e pro-

per il video spot di Ristoranti Italiani nel Mondo, il

fessionalità, a prova di bomba. Tanto che dopo 13

progetto internazionale promosso lo scorso anno da

anni spesi su e per giù per lo Stivale a certificare i li-

Unioncamere e Isnart (l’Istituto Nazionale Ricer-

velli di eccellenza raggiunti da quasi 6.000 aziende,

che Turistiche del sistema camerale italiano), sulla

2.228 alberghi, 2.274 ristoranti, 892 agriturismi e

base dell’esperienza acquisita entro i confini nazio-

523 tra campeggi, B&B e stabilimenti balneari di

nali con il marchio Ospitalità Italiana.

90 province, nel 2011 Unioncamere e Isnart – in


Una veduta del ristorante italiano “Grissini” di Hong Kong vincitore della targa con la “Q” dorata

collaborazione con i Ministeri degli Esteri, dello Sviluppo Economico, delle Politiche Agricole, dei Beni Culturali e del Turismo – hanno puntato a espandere a tutto il globo il loro sistema di autenticazione della qualità, nell’obiettivo di aiutare anche oltreconfine il riconoscimento dei “veri” ristoranti italiani e difendere così il Made in Italy

Premiato solo chi rispetta le regole: dai prodotti utilizzati all’esperienza degli chef, i requisiti vengono verificati in maniera severa e rigorosa

e la tavola del Belpaese dal dilagare dei tentativi di contraffazione. Contro chi lucra sull’italian sounding Di fakes, marchi alterati o taroccati e ladri di etichette, il panorama mondiale dell’enogastronomia abbonda, si sa. E a farne le spese, più di ogni altro, è proprio il made in Italy. Nei ristoranti stranieri che cercano di adescare clienti offrendo (falsamente) “cucina italiana” si è stimato che solo 1 prodotto su 8 è davvero autenticamente italiano. Il mercato estero dei falsi d’autore spacciati per italiani, ha persino un nome, italian sounding, (“prodotti

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unastoriaitaliana

che suonano italiani”) e un fatturato che solo per quanto riguarda i Paesi del Nord America si attesta su cifre da capogiro: 24 miliardi di euro nel 2011. Una concorrenza sleale che soffrono fortemente anche i gestori dei ristoranti italiani all’estero, sempre più assediati e circondati da catene o singoli locali i quali, pur non essendo di casa nostra, si promuovono subdolamente come “italiani” inserendo nei menù ricette e prodotti italian sounding. Prima di ideare e lanciare il nuovo progetto, ribattezzato “Ospitalità Italiana - Ristoranti nel Mondo,” Isnart ha effettuato approfonditi studi e indagini finalizzati a capire quale potesse essere la contromossa più efficace ad arginare il fenomeno dei falsi. Da lì è nata l’idea di certificare e premiare con un In alto la Masseria San Domenico di Fasano, vincitrice assoluta della V edizione del premio Ospitalità Italiana, accanto un momento della premiazione. Sotto una struttura premiata a Dubai e per ultimo Ospitalità Italiana sbarca anche a Bangkok

marchio di garanzia e affidabilità i “veri” ristoranti tricolori che servono, appunto, la “vera” pasta di grano duro, i “veri” pomodori San Marzano e il “vero” Parmigiano Reggiano richiamati dallo spot. Indirizzi sicuri dove si può mangiare veramente italiano a Madrid, come a San Francisco, a Tokyo

Tra Europa, Usa, Singapore, Giappone, Sudafrica e Venezuela, sono oltre 1000 i ristoranti che hanno chiesto la certificazione “Ospitalità Italiana” per entrare nel gotha mondiale della ristorazione made in Italy. Quella “vera”, ovviamente 38

o a Johannesburg. Oltre 1000 ambasciatori del gusto tricolore Il marchio “Ospitalità Italiana - Ristoranti nel Mondo” è diretto a loro, ai ristoranti disseminati in tutto il pianeta ma che conservano ancora intatta la loro “italianità”, offrendo i sapori, la genuinità, la freschezza e le materie prime made in Italy ma anche la conoscenza, la cultura, la professionalità e l’accoglienza del servizio, lo stile nell’ambiente. In sostanza, gli autentici ambasciatori del gusto italiano all’estero. «La gastronomia e i nostri prodotti tipici sono un’arma davvero speciale, capace di richiamare sempre l’attenzione dei turisti oltreconfine e quindi promuovere l’Italia all’estero come pochi altri – spiega in proposito Giovanni Antonio Cocco, direttore generale Isnart – e i ristoranti tricolori sparsi ormai in ogni angolo del mondo hanno grandissime potenzialità in tal senso. Il progetto nasce dall’esigenza di valorizzare l’immagine dei ristoranti italiani all’estero che garantiscono il rispetto degli standard di qualità tipici dell’Ospitalità Italiana, creare una rete che consenta la re-


Da sinistra, Ferruccio Dardanello e Giovanni Antonio Cocco

Il meccanismo di certificazione

alizzazione di eventi promozionali (turismo, prodotti agricoli), sviluppare e promuovere le tradizioni dei prodotti agro-alimentari italiani e valorizzarne la cultura gastronomica. In una parola: tutelare il brand Italia e il suo straordinario territorio. Nell’interesse di tutti è mettere al bando una volta per tutte chi lucra sul falso, portando risultati positivi anche all’economia e al turismo di casa nostra». Nell’arco del 2011, le Camere di Commercio aderenti al progetto hanno raccolto 1.130 candidature in 44 Paesi, e presto contano di riuscire ad intercettare altre migliaia di “autentici” ristoratori tricolore che ambiscono ad avere questo speciale marchio dell’italianità. Basta un click sul portale www.10q.it per trovare quanto di meglio offre, in qualsiasi punto del globo, la ristorazione Made in Italy. Quella “vera”, ovviamente.

La certificazione dei ristoranti avviene nel modo seguente: alla base di tutto c’è il disciplinare. Le CCIE si adoperano per informare i ristoranti e raccogliere le candidature. I ristoranti candidati vengono visitati da una persona della CCIE che compila la scheda di valutazione e raccoglie il materiale necessario alla candidatura (principalmente fotografie). Il materiale viene quindi inserito in un sistema intranet disegnato da Isnart. Non appena il materiale è completo, la Segreteria effettua l’istruttoria. L’istruttoria termina con la compilazione di un documento dove è evidenziato in modo sintetico il rispetto dei requisiti del disciplinare: ad esempio vengono fisicamente contati i vini presenti nella carta dei vini e viene calcolata la percentuale (>30%). Terminata l’istruttoria, il materiale viene reso disponibile per i Componenti del Comitato di Valutazione che, individualmente, valutano con un colore la posizione del ristorante e aggiungono eventuali note. Il Comitato di Valutazione viene convocato dal Presidente Giancarlo Deidda, discute le posizioni e certifica i ristoranti e ove necessario può chiedere alle CCIE di approfondire alcuni aspetti. Una volta certificati i ristoranti sono visibili in internet e su iPhone/iPad. A ogni ristorante certificato vengono consegnati una targa e un attestato. Il Comitato di Coordinamento è il massimo organo di governo del progetto e defini-

sce e aggiorna il disciplinare. È composto delle seguenti persone in rappresentanza delle rispettive organizzazioni: Giuseppe Tripoli-Celi (Ministero dello Sviluppo Economico), Eugenio Magnani (Ministero del Turismo), Matteo Scibilia (Consigliere del Ministro Beni e Attività Culturali), Francesco Maria Accolla (Consigliere Ministero Affari Esteri), Riccardo Deserti (Ministero Politiche Agricole Alimentari e Forestali), Ferruccio Dardanello (Unioncamere), Maurizio Maddaloni (Isnart), Nino Esposito (delegato Assocamerestero), Francesco Postorino (Confagricoltura), Toni De Amicis (Direttore della Fondazione Campagna Amica di Coldiretti), Marina Cencioni (Dirigente dell’Ufficio Studi e Marketing dell’Enit), Lino Stoppani (Fipe), Giuseppe Cornacchia (Presidente Associazione “Agricoltura è Vita” della Cia), Gian Domenico Auricchio (Federalimentare) e Marcello Masi (Stampa Agroalimentare Italiana). Il Comitato di Valutazione si occupa di applicare il disciplinare e certifica i ristoranti candidati. È così composto: Giancarlo Deidda (UnionCamere), Franco Vaccaro (Assocamerestero), Palma Esposito(Confagricoltura), Rolando Manfredini (Coldiretti), Marco Bruschini (Enit), Luciano Sbraga (Fipe), Tommaso Buffa (Cia) ed Enrico Marchetti (Federalimentare). La Segreteria del progetto si occupa del governo dell’intero progetto ed è affidata per intero a Isnart.

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unastoriaitaliana

Intervista a Ferruccio Dardanello Se Isnart è il braccio operativo di “Ospitalità Italiana Ristoranti nel Mondo”, il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, ne è certamente l’anima. Piemontese doc, con natali a Mondovì, 67 anni, commerciante di professione ma da sempre votato alla carriera politica dentro le istituzioni della sua categoria, Dardanello dal 1993 presiede la Camera di Commercio della provincia di Cuneo e dal giugno 2009 è alla guida di Unioncamere nazionale, dopo una sfilza di incarichi in Confcommercio e in altri enti prestigiosi del mondo economi-

Ferruccio Dardanello, presidente Unioncamere

co italiano, e numerose onorificenze tra cui quella di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana. Un elegante e distinto signore la cui aria sobria e la moderatezza dei

continuano a mostrare coraggio e a credere nell’impresa.

toni non devono trarre in inganno: dietro questa coltre

Perché noi, l’impresa ce l’abbiamo nel DNA. Lo dimo-

di pacatezza c’è una forma mentis estremamente prag-

strano quei 200 mila connazionali che quest’anno si ac-

matica che si traduce in quella “cultura del fare” che da

cingono per la prima volta ad aprire un’attività. Nuove

sempre è la filosofia di fondo della sua vita. E’ stato lui

forze capaci di iniettare idee fresche nel nostro sistema

il trait-d’union tra istituzioni e aziende, capace di costru-

produttivo, visto che a scommettere sono per la metà

ire le collaborazioni e le infrastrutture necessarie a sup-

giovani al di sotto dei 35 anni. Ma non bisogna nascon-

portare il progetto sulla certificazione della ristorazione

dersi dietro un dito, le difficoltà non mancano. Tirare su

tricolore. Un’iniziativa che il presidente di Unioncame-

la saracinesca non è sufficiente. Bisogna anche tenerla

re, peraltro, aveva ideato e già avuto modo di mettere in

aperta. Gli imprenditori stanno facendo la loro parte,

pratica nel 2006 in provincia di Cuneo, assegnando le

tuttavia senza un contesto favorevole al fare impresa la

targhe “di qualità” alle strutture certificate sul territorio.

strada per lo sviluppo è in salita».

Oggi, per Dardanello, il marchio della “Q” dorata non è solo uno degli strumenti più efficaci per tentare di sana-

Quali sono le prossime sfide che attendono le

re la piaga dell’italian sounding, ma anche un ulteriore

Camere di Commercio?

vettore per promozionare nel mondo l’immagine stessa

«Semplificazione, internazionalizzazione, accesso al cre-

- un pò offuscata, di questi tempi - del made in Italy e

dito, innovazione. Sono queste le parole d’ordine dalle

dello straordinario patrimonio di aziende che il Belpa-

quali non si può prescindere per dare ossigeno al no-

ese può vantare.

stro sistema imprenditoriale. E dunque proprio su questi fronti si sta concentrando l’impegno delle Camere di

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Presidente, dal suo osservatorio privilegiato, che

Commercio per accompagnare le nostre imprese lungo

giudizio può dare sul momento che sta vivendo

il sentiero della crescita. La burocrazia resta infatti an-

l’Italia?

cora un peso insopportabile per le imprese. Nel corso di

«La sfiducia che si è abbattuta sui debiti sovrani europei è

questi anni il sistema camerale ha fatto molto per alleg-

con tutta evidenza una crisi sistemica, che nulla ha a che

gerire il rapporto tra Pubblica amministrazione e impre-

vedere con l’economia reale. Il nostro tessuto produttivo

se. Lo dimostra il successo di ComUnica che permette di

costituito da milioni di piccole e piccolissime aziende,

far nascere un’impresa con un click. Un successo che ci

nonostante le difficoltà, continua a essere sano e vitale.

auguriamo possa essere replicato con lo Sportello unico

Certo il battito cardiaco appare rallentato, ma gli italiani

per le attività produttive, a patto che si superino parti-


colarismi e localismi. E oggi grazie alla nostra decennale

Facciamo il punto sul comparto agroalimentare...

esperienza nella conciliazione, imprese e cittadini pos-

«L’agroalimentare italiano è senz’altro il miglior bigliet-

sono contare sulla nostra competenza anche per ottene-

to da visita per presentare all’estero quanto di bello e di

re una giustizia più rapida, efficace ed economicamente

buono la nostra terra sa esprimere. E per questo pensiamo

conveniente. In soli 6 mesi dall’avvio della mediazione

che, insieme al turismo, costituisca un asset strategico per

obbligatoria per diverse tipologie di controversie, il ricor-

lo sviluppo del nostro sistema-paese. Un eccezionale pa-

so alla conciliazione presso le Camere di Commercio si è

trimonio di ricchezza che, come tale, va adeguatamente

tradotto per gli italiani in un risparmio di oltre 21 milioni

valorizzato per promuovere il made in Italy sui mercati

di euro! Segno che è questa la strada da seguire con deter-

globali. Tanto più che in questo momento, come dicevo, è

minazione. Ma non basta. Le nostre imprese in questo dif-

proprio l’export a costituire per il tessuto imprenditoriale

ficile momento lamentano un peggioramento delle con-

tricolore la chiave per crescere e consolidarsi sui mercati.

dizioni di accesso al credito quando riescono a ottenerlo.

Il progetto “Ospitalità Italiana. Ristoranti nel Mondo” va

Per questo è necessario che ci sia un patto che unisca tutte

proprio in questa direzione per portare sulle tavole stra-

le forze sul campo, dalle Province alle banche. Le misure

niere un pezzo della nostra straordinaria Italia».

sul fondo di garanzia per aiutare l’accesso al credito del-

di Domenico Marasco

le PMI stabilite dalla manovra varata dal Governo vanno perciò nella giusta direzione. Il Sistema camerale ha già investito solo nel 2011 circa 100 milioni di euro con lo

La premiazione del ristorante La Piazza di New Delhi

strumento dei Confidi. E altrettanto ci prefiggiamo di fare nel 2012. Occorre inoltre una più efficace politica di sostegno finanziario all’export. Perché è bene ricordarlo non c’è crescita senza internazionalizzazione». Internazionalizzazione: quali sono le prospettive? «Con una domanda interna ferma al palo, le imprese devono saper guardare oltre confine per vedere aumentare le opportunità di crescita del proprio business. Oggi sono solo 200 mila le aziende italiane che esportano all’estero, poche operano in maniera stabile sui mercati stranieri. È necessario perciò aiutare un numero crescente di imprese ad affacciarsi sui mercati internazionali e a mettervi radici. Occorre stimolarle a lavorare in rete, per fare massa critica ed essere più competitive. Il Sistema camerale è impegnato su tutti questi temi. Siamo promotori di un intenso programma di iniziative per supportare le PMI a fare affari in terra straniera. Uno sforzo che ci auguriamo possa essere reso ancora più efficace con lo sviluppo di una strategia nazionale in materia. Obiettivo che oggi sentiamo più vicino, grazie agli interventi annunciati dal Governo di riorganizzazione degli strumenti per la internazionalizzazio-

Per saperne di più: www.10q.it www.premiospitalita.it www.isnart.it

ne, dell’Ice e di una cabina di regia della quale farà parte Unioncamere. E per aumentare il ricorso alle reti di impresa abbiamo già sottoscritto diversi accordi con il mondo istituzionale e associativo».

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alimenti e benessere

“Lupino Più gusto al benessere”: è questo il marchio con il quale l’azienda Dominae Trading realizza e distribuisce alimenti a base di lupino. L’azienda è stata fondata nel 2006 dalla famiglia Gerlach, che ha costantemente supportato la ricerca scientifica nel campo della prevenzione delle malattie cardiovascolari. Credendo nelle proprietà del lupino e dei suoi derivati, Dominae Trading si è fatta promotrice e pioniera per il loro sviluppo e la distribuzione di tali prodotti.

Da Dominae Trading: la dieta coi prodotti di lupino, 100% Vegetali, senza latte, senza uova, con più gusto al benessere

Conoscete il lupino? Il lupino è un legume di cui, a scopo alimentare, ne vengono coltivate oggi quattro specie: bianco, giallo, azzurro e mutabile. Il lupino sta tornando alla ribalta in campo alimentare per il suo elevato contenuto proteico, che lo rende un’ottima alternativa rispetto alla carne e alla soia. Contrariamente alla soia, però, del lupino non esistono varietà geneticamente modificate. I prodotti di lupino oltre ad essere altamente proteici, presentano una rilevante percentuale di olio, con un alto contenuto di Omega-3, hanno un basso contenuto di amido e un’elevata percentuale di fibra grezza, non contengono colesterolo. La ricerca I prodotti a base di lupino stanno riscontrando sempre maggiore interesse e soddisfazione, sia nel mercato vegetariano, sia tra i consumatori tradizionali attenti a diversificare la propria alimentazione. Sono molti gli effetti benefici dei prodotti di lupino, soprattutto: il controllo di colesterolemia, glicemia e pressione arteriosa. La conferma viene anche da una fonte autorevole come Healthy- Pro-Food (2003-2005), un progetto di ricerca Europeo all’interno del quale 12 gruppi internazionali si sono occupati dell’applicazione delle proteine di lupino in sostituzione dell’uovo, delle proteine di latte, della carne e di quelle della soia, valutandone gli effetti salutari per l’organismo. Sul fronte della nutraceutica Dominae Trading è tuttora parte di HPF NUTRACEUTICS Srl, società compartecipata dall’Università degli Studi di Milano, con lo scopo di approfondire le ricerche sperimentali e gli studi clinici sui prodotti di lupino. A seguito dei buoni risultati finora conseguiti Dominae ha promosso, insieme a 5 aziende europee e 5 centri di ricerca, un nuovo progetto europeo, denominato “LUPICARP” (“Innovative functional foods based on sweet lupin protein for cardiovascular prevention”). Dominae è stata nominata presidente del LUPICARP (Project Steering Commitee) e inoltre avrà il ruolo di coordinare le attività di comunicazione e diffusione dei risultati scientifici che si otterranno a livello europeo. Nell’ambito del pro-


getto LUPICARP, il Centro di Ricerca dell’Università di Milano supporterà Dominae nell’ottimizzazione del profilo nutrizionale dei propri prodotti. In particolare per quanto riguarda il gelato il supporto sarà nel renderlo idoneo per coloro che sono costretti ad escludere o ridurre drasticamente saccarosio e glucosio nella loro dieta (soggetti diabetici). La gamma L’alto contenuto proteico e il sapore decisamente gradevole fanno dei prodotti di lupino dei veri protagonisti in cucina e una concreta alternativa alla carne e alla soia. La gamma di prodotti (100% vegetali) a marchio “Lupino Più Gusto al benessere” è molto varia e consente, anche ad artisti culinari, la creazione di fantasiose ricette. Spazia dagli alimenti Meat free, come straccetti, salsicciotti e paillard, per arrivare alla linea di creme e salse (salsa tipo maionese e crema cacao e nocciola). La produzione include inoltre la gamma di gelati, disponibile in sei gusti (vaniglia, cacao, nocciola, variegato ai frutti di bosco, fragola e banana). Il gelato di Dominae Trading, per l’elevato potere emulsionante delle proteine di lupino, risulta cremoso come quello tradizionale, nonostante sia senza glutine, senza latte e derivati, e con colesterolo inferiore a 0,0008 gr/ 100 gr. Anche la salsa tipo maionese, senza uova e lattosio,

risulta morbida ed avvolgente al palato con un gusto delicato. Il prodotto, per le sue caratteristiche, ha vinto il premio della critica Sapore Innovation Award alla fiera di Rimini (Sapore 2011).

Dominae Trading www.lupino.it info@dominae-trading.eu nfo@dominae trading.eu



Cibo&Territorio 46

I profumi delle erbe Le aromatiche sono parte essenziale di una cucina saporita e sana, da coltivare in terrazza o adottare in cascina

da pag. 50 Rubriche

• Scienza e vita • Il buono a tavola, • Almanacco • Orto dei semplici • Il ristorante • Cibo & blogger • Olio • La scoperta • Le selezioni • Cibo delle star • Il ristorante • Chef italiani nel mondo

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cibo&territorio

I profumi delle erbe 46


Le erbe aromatiche trovano asilo nel balcone di ogni casa, non necessitano di grandi cure e sono sempre pronte all’uso. A destra un mazzetto di Alloro

Nell’812 Carlo Magno obbligò a coltivare ogni tipo di erba “salutare”, ma già Etruschi e Greci ne facevano ampio utilizzo. Le aromatiche oggi sono parte essenziale di una cucina saporita e sana, si possono coltivare anche in terrazza e persino adottare direttamente in cascina di Isa Grassano Sulla scia di Michelle Obama che si è messa

stituiscono un elemento importante nella pre-

a coltivare l’orto nei giardini dell’ala sud del-

parazione dei cibi: esaltano il gusto e diventa-

la villa neopalladiana, ciascuno può avere il

no fondamentali per alcuni piatti, aggiungendo

proprio pezzo di verde. Magari non si riesce

quel sapore in più. Riuscireste a immaginare la

ad avere un vero e proprio giardino, ma certa-

pizza napoletana Margherita o il pesto alla ge-

mente è possibile coltivare in casa, sul terrazzo

novese senza il basilico? E i salti in bocca alla

o sul davanzale della finestra, le erbe aromati-

romana senza la salvia? Inoltre le erbe aromati-

che da utilizzare in cucina. Di regola queste erbe

che sono anche salutari e rendono ogni prepara-

non hanno problemi di crescita in piccoli spazi

zione più digeribile. Già nell’812, Carlo Magno,

e alcune di loro, come ad esempio la menta, si

primo imperatore del Sacro Romano Impero,

trovano a proprio agio se le radici sono un poco

con un editto obbligò a coltivare ogni tipo di er-

“strette” nel vaso; inoltre non richiedono alcun

ba “salutare”, contenute in un elenco, in numero

nutrimento particolare. Prendono il loro nome

di settantaquattro.
Ma con che piatti si sposano

proprio dal gradevole profumo che emanano.

bene? Il Basilico è una delle erbe più conosciute,

Furono gli Etruschi i primi veri importatori di

anche perché il suo utilizzo è versatile. Si abbina

tali condimenti. I Greci seguirono a ruota e l’uso

con minestre, mozzarelle, carni, sughi, insalate,

di erbe e spezie orientali si diffuse con gran-

pomodori.
Un consiglio? Deve essere aggiunto

de successo. Un tempo rappresentavano anche

alla fine cottura in modo da non far evaporare gli

un buon sostituto del sale, costoso e difficile da

oli essenziali in esso contenuti e avere un buon

reperire. Oggi la menta, così come la salvia, il

gusto. Il rosmarino si abbina con arrosti, pizza-

rosmarino, l’origano, il timo, la maggiorana, co-

iole, pesci alla griglia, mentre la salvia è indicata

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cibo&territorio

A destra un cespuglio di Salvia e sotto il primo piano di una pianta di Ietone, tipica erbetta aromatica dei monti lucani

per dare più sapore a brodi, pesce, frittelle. Ci sono poi le erbe meno usuali come il coriandolo, meglio conosciuto come il prezzemolo cinese (è originario dell’Europa meridionale e del Medio Oriente), dal profumo intenso che lega bene con cavoli, crauti, legumi, pesce, agnello, maiale. La Santoreggia è usata per condire fave, fagioli e lenticchie (le leguminose in genere) e ne corregge la 
caratteristica “ventosità”, ma è pure ideale per le carni di agnello, la selvaggina e per la preparazioni di vari intingoli. Ancora la Melissa, buona per le zuppe marinate, il Levistico per arricchire il minestrone, il cui sapore ricorda quello del sedano.
Infine, vale la pena usare qualche accorgimento nel loro utilizzo. La maggior parte di queste erbe va consumata fresca; altre, tipo l’origano, la maggiorana, il timo, la salvia, l’alloro, mantengono bene il loro aroma anche essiccate.Altre ancora possono essere surgelate (ma prima di porle nel freezer è meglio scottarle per qualche secondo in acqua bollente, in modo tale da mantenere il colore verde brillante), ed utilizzate in seguito come decorazioni aromatiche: si prestano a questo uso soprattutto il prezzemolo, l’erba cipollina, il dragoncello, il cerfoglio. E anche nei ristoranti sta prendendo sempre più piede una cucina a base di erbe. È il caso del ristorante Al Becco della Civetta (www.beccodellacivetta.it), a Castelmezzano, nel cuore delle piccole Dolomiti Lucane. Qui Maria Antonietta Santoro presta tanta attenzione nel preparare piatti salutari e da sempre fa ricerca sulle misticanze, le erbe gradevolmente amarognole, della vicina foresta di Gallipoli-Cognato, che utilizza per molte sue specialità. La curiosità? Nei boschi lucani vi è un’erba in particolare, conosciuta col nome di Ietone (Atriplex hortensis), che, oltre a essere curativa, pare abbia mille virtù e che aiuti a invecchiare tanto e bene. Non è un caso che nel territorio delle Dolomiti Lucane ci sia un alto numero di centenari. Tanto che gli abitanti della zona sono soliti affermare che l’elisir di lunga vita si trova proprio qui.

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Scelti per voi Distilleria Caffo

Prodotto simbolo della Distilleria Caffo è il Vecchio Amaro del Capo, liquore di erbe di Calabria, frutto di un’antica ricetta rielaborata dall’esperienza di quattro generazioni della famiglia Caffo. Il Vecchio Amaro del Capo racchiude in sé i principi attivi di tante benefiche erbe, fiori, frutti e radici infusi in finissimo alcol, per aiutare la digestione e dare una gradevole sensazione di benessere. Tra le 29 erbe officinali che compongono l’infuso ricordiamo l’arancio amaro, l’arancio dolce, la liquirizia, il mandarino, la camomilla e il ginepro. Via Matteotti, 11 - Limbadi (Vv) Tel. 096385025 - www.caffo.com

Adotta l’Essenziario

Mettere mano alle piante, toccare la terra e sentirne il profumo. Cosa c’è più terapeutico per chi viene dallo stress delle metropoli? E se le piante sono anche un po’ nostre, tutto diventa ancora più piacevole. Come fare? Basta adottare l’Essenziario. È questa la proposta della Cascina Molino Torrine, una piccola azienda agricola a Cavaglià, nel basso biellese, con annesso Agriturismo ed Essenziario, ovvero una particolarissima esposizione, in pieno campo, di erbe aromatiche ed officinali. Adottando l’Essenziario (composto da 28 varietà di rosmarino, 32 varietà di Lavanda, 43 varietà di Timo, 27 varietà di Origano, 24 varietà di Salvia e Menta, 42 varietà di Basilico, Artemisie e Girasoli), ci si può impegnare a ricercare delle nuove varietà di erbe aromatiche o officinali, ad esempio procurandosi dei semi o delle piantine, basta che siano delle piante alimentari. E dopo i lavori del campo, vale la pena rilassarsi nell’annesso agriturismo, ricavato all’interno di un vecchio mulino. A tavola si possono assaggiare i piatti della cucina piemontese, esaltati dall’utilizzo delle erbe aromatiche. Info: Cascina Torrine Tel. 3356899938 www.cascinamolinotorrine.com


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Bevi Varnelli responsabilmente

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di Giuseppe Pulina Professore di Zootecnia speciale all’Università di Sassari

scienza e vita

Alimenti di origine animale: nutrienti e salutari Carne, latte e latticini sono spesso al centro del dibattito. Fanno bene, fanno male, sono causa di malattie gravi o la loro assunzione è consigliata? Ed entro quali limiti? Facciamo chiarezza sui tanti interrogativi in merito a questo delicato argomento

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Il consumo di alimenti di origine animale è quasi sicuramente la base del nostro essere uomini e rappresenta una scelta obbligata per vasti strati della popolazione umana di solito residenti in territori difficili sotto l’aspetto ambientale. L’importanza e la necessità di questi alimenti è testimoniata dal fatto che all’aumento del reddito disponibile segue sempre un incremento dei loro consumi, che è previsto raddoppieranno entro il 2050. Se da un lato è indubbio il beneficio nutrizionale degli alimenti di origine animale, in quanto apportatori di proteine di alto valore biologico, di macro e micro elementi (Calcio, Ferro, Zinco, Magnesio), di vitamine (Vit. B6, B12, D), di acidi grassi essenziali (omega3-acidi grassi polinsaturi quali ALA, DHA, EPA, etc.), dall’altro essi sono costantemente messi sotto accusa perché sospettati di aumentare i rischi di contrazione di malattie croniche a elevato tasso di letalità quali il cancro e i disordini cardiovascolari. Ne abbiamo parlato su questa rivista nel numero di ottobre del 2010, ma data l’entità del dibattito è meglio tornarvi sopra. Poiché gli alimenti di origine animale rappresentano un ambito vastissimo di prodotti freschi, trasformati e conservati, prenderemo in esame soltanto le due classi di cibi più direttamente coinvolte nella polemica sulla salubrità: le carni cosiddette “rosse” (che comprendono le bovine – vitelli

inclusi –, le ovine e caprine, suine e equine. Al di là del colore dovuto alla maggiore quantità di emoglobine presenti, questa distinzione non è corroborata da nessuna altra differenza di tipo qualitativo fra i vari tipi di carni, a eccezione del tacchino che si allontana sostanzialmente da tutte la altre), fresche e trasformate (i salumi, le carni affumicate, le carni in scatola, le carni salate), e il latte con i sui prodotti, indagandone i pregi e i difetti. Riguardo il valore della carne per il benessere nutrizionale essa ha il fondamentale ruolo nell’alimentazione umana di soddisfare le esigenze in micronutrienti, soprattutto nella prima età. La carenza nel primo anno di vita di vitamina B12, praticamente assente nei prodotti vegetali, può comportare sintomi neurologici, anemia megaloblastica, ritardi nella crescita fino a gravi danni cerebrali. I casi di carenza di vitamina B12 nei bambini riguardano principalmente quelli allattati esclusivamente al seno da madri vegane o vegetariane e la povertà di carne nelle diete infantili comporta inoltre altre carenze nutrizionali, in particolare in Ferro e Zinco, correlate con ritardi nello sviluppo neuropsichico, motorio e cognitivo. La carne rappresenta, infine, un’importante fonte di acidi grassi, in particolare di alcuni polinsaturi a catena lunga, fondamentali per un ottimo accrescimento fetale e neonatale.


Una questione spinosa Veniamo ora alla polemica su carne e cancro. Nel 2009 il World Cancer Research/AICR ha considerato il consumo di carni rosse e trasformate fra i fattori di rischio legati all’insorgenza di cancro al colon-retto (CCR) e ha raccomandato di limitarne il consumo a 300 gr/settimana per le prime e di evitare le seconde. Tuttavia, lo stesso centro riconosce che non ci sono evidenze certe sul legame fra consumo di carni rosse e altri tipi di cancro. Nonostante un’importante parte della letteratura scientifica sembri concorde sul rapporto causale fra consumo di carne e aumento del rischio di contrarre il CCR, sussistono pesanti dubbi sulla corretta rimozione dalle ricerche dei fattori di disturbo rappresentati dagli stili di vita (fumo, consumo di alcol, obesità, scarsa attività fisica, basso consumo di verdure e frutta), ma, soprattutto, sulla confusione nella classificazione delle carni. Per quanto concerne il consumo di carne e il rischio cardiovascolare, si può dire che fin dallo studio sulle Seven Countries condotto da Keys nel 1953, il consumo di grassi animali e l’aumento del rischio cardiovascolare è entrato solidamente nelle credenze comuni e nelle prescrizioni dietetiche. Tuttavia, autorevoli ricercatori sostengono che tale associazione non è chiara e che meriterebbe un maggiore approfondimento per separare l’effetto del tipo di grasso da quello della carne. Ancora una volta, se il rischio è legato alla quantità e al tipo di lipidi (soprattutto ai saturi C14 – C16 e trans), la migliore soluzione è quella di disporre di carni magre, ricche in acidi grassi polinsaturi e bilanciate fra omega6/omega3. Il ruolo del latte e dei suoi derivati Vediamo ora il valore del latte e dei latticini per il benessere nutrizionale. Il latte e i prodotti lattierocaseari sono una matrice alimentare assai complessa che oltre ad avere una composizione della frazione lipidica tra le più eterogenee (più di 400 acidi grassi da 4 a più di 20 atomi di carbonio, fosflolipidi, sfingo-fosfolipidi, steroli, vitamine) contiene molte altre sostanze di natura azotata, glucidica e minerale che nel complesso rendono tali alimenti una fonte molto importante di macro e micro nutrienti in grado di svolgere fondamentali funzioni per il metabolismo umano. Posto che latte e latticini rappresentano una importante via di protezione contro il cancro, l’unico dubbio che resta attiene all’assunzione del grasso quale fattore predisponente le malattie cardio-vascolari. L’eccessiva riduzione del consumo di prodotti lattiero caseari (in particolare degli yogurt), tuttavia, ha conseguenze negative sull’equilibrio dei nutrienti presenti nella dieta e una azione addirittura deprottettiva nei confronti del miocardio. La comprensione di questi risultati deriva dalla rivisitazione della teoria

Due le principali classi di alimenti di origine animale: le carni rosse (dalle quali sono escluse solo quelle di tacchino) e il latte e i suoi derivati

Il consiglio? Consumare regolarmente carni fresche e magre (ottimi i selvatici) cotte in modo corretto, come anche latte (e suoi derivati) da animali allevati al pascolo, in un contesto di dieta equilibrata e stile di vita sano 51


scienza e vita

di carboidrati, con conseguente mancato beneficio in termini di riduzioni del rischio di malattie cardiovascolari. Tra gli acidi grassi, i trans sono particolarmente sotto accusa in quanto si accumulano evidenze sperimentali di un loro impatto negativo sui marker metabolici delle malattie cardio-vascolari: l’aumento del colesterolo LDL, una contemporanea diminuzione di quello HDL e un aumento dell’azione pro-infiammatorio sull’endotelio vascolare. Tale associazione negativa non riguarda quegli acidi grassi trans; in particolare l’acido vaccenico, C18:1 trans11, il principale acido grasso trans presente nei prodotti dei ruminanti somministrato a ratti affetti da dislipidemia, ha comportato un positivo miglioramento dei principali parametri lipidici. D’altra parte gli effetti negativi sulle malattie cardio-vascolari documentati per gli acidi grassi trans si riscontrano solo a livelli elevati della loro concentrazione nella dieta (più del 4-5% dell’energia totale ingerita), incompatibili con le limitate percentuali di questi riscontrate nel grasso dei prodotti di origine animale, che consentono di assumerne, al massimo, 1-1,5% del totale dell’energia ingerita.

sul ruolo degli acidi grassi saturi nella dieta. Infatti, contrariamente a quanto si è pensato per molto tempo, diversi studi (di intervento, epidemiologici, metabolici) hanno dimostrato che non ci sono evidenze che supportino un’associazione significativa tra grassi saturi e malattie cardio-vascolari. Gli acidi grassi a corta catena, ad esempio, non hanno alcun effetto né sulle frazioni del colesterolo né sul rischio di malattie cardio-vascolari; l’acido stearico ha un effetto neutro mentre il C14 (acido miristico) è quello che dimostra un’azione più marcata sull’innalzamento di LDL e HDL. Tuttavia, in termini di raccomandazioni nutrizionali, non è praticamente possibile separare i singoli acidi grassi e, pertanto, ciò che si osserva negli studi è l’effetto dell’interazione fra le varie categorie di acidi grassi saturi contenute negli alimenti. Inoltre, se da un lato la sostituzione degli acidi grassi saturi con una pari quantità di grassi polinsaturi ottiene un sicuro beneficio in termini di riduzione del rischio di malattie cardio-vascolari, dall’altro, la riduzione del consumo di acidi grassi saturi sotto la soglia raccomandata del 10% del totale dell’energia ingerita, ha comportato significativi incrementi nel consumo

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Pochi utili consigli In conclusione, l’effetto di uno specifico alimento sul rischio di malattie cardio-vascolari non può essere determinato semplicemente sulla base del solo profilo degli acidi grassi: l’esatta conoscenza della composizione del grasso di ogni alimento che compone la dieta, può fornire utili indicazioni su quello che può essere l’effetto complessivo sui marker delle malattie cardio-vascolari. Il consiglio che ci sforziamo di diffondere è che il consumo regolare di carni fresche e magre dal profilo acidico il più vicino possibile a quello dei selvatici, cucinate a temperature tali da non comportarne il bruciamento, e di latte (e derivati) ottenuto da animali allevati al pascolo alimentati correttamente, unitamente al regolare consumo di verdure e frutta, all’esercizio fisico, a un responsabile consumo di alcol e all’interruzione del fumo, sono le chiavi per un inserimento corretto di questi alimenti nella dieta corrente.

Il consumo di alimenti di origine animale cresce all’aumentare del reddito, ed è previsto che raddoppi entro il 2050



Il buono a tavola

di Antonio Romeo - romeo_1961@libero.it

Crostini con interiora di pollo

I crostini con le interiora (rigaglie) di pollo sono diffusi in tutta l’Umbria e sono tipici dell’Italia centrale. fegatini e ventricoli di pollo 1 cucchiaio capperi sott’aceto 1 cipolla piccola 1 carota 1 costa di sedano 4 bacche di ginepro 1 buccia di limone 1 cucchiaio aceto pane tostato sale e pepe olio extra vergine d’oliva

In Umbria la storia è nel piatto Una cucina dai sapori intensi (come i suoi salumi, speziati e saporiti) ma semplici (come i formaggi poco elaborati e il pane sciapo) dove protagonisti sono i legumi, retaggio di un passato lontano che qui rivive ogni giorno, tra il verde dei rigogliosi colli e l’arte dei grandi maestri La storia ci ha consegnato una regione adagiata nel verde, solenne. Con un respiro mistico. Patria di San Benedetto da Norcia e di altre due figure importanti per il cattolicesimo (San Francesco d’Assisi e Santa Chiara), qui il medioevo ha lasciato in dote paesaggi da fiaba e gli affreschi di Giotto e di Cimabue, presenti nella basilica di Assisi. Questo ci fa capire la potenza della chiesa in questa regione. E siccome tra il territorio e la gastronomia c’è un legame profondo, la cucina né è stata fortemente influenzata. Ha risentito dei periodi in cui la chiesa imponeva di mangiare magro e la grande osservanza delle vigilie: il risultato è una cucina semplice, poco elaborata con un trionfo di erbette, erbe aromatiche, cereali, legumi e prodotti ittici dai laghi umbri. Gli ingredienti più ricorrenti sono il tartufo pregiato di Norcia, e l’olio

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Porre in una pentola non troppo grande dell’acqua, le bucce di limone pelate a vivo e un cucchiaio di aceto. Salare, portare a ebollizione quindi immergere le interiora per qualche minuto e scolare. Tritare la cipolla, la carota e il sedano e farli soffriggere in una casseruola assieme a qualche cucchiaio d’olio; unire le interiora, farle cuocere per 10 minuti circa a fuoco medio e salare. Passarle al tritacarne con i capperi e le bacche di ginepro e rimettere il passato sul fuoco per 10 minuti, regolare di sale, aggiungere qualche goccia di olio. Spalmare con questo composto le fette di pane leggermente tostate in forno.

Penchi della Valnerina

Secondo la leggenda, questa preparazione è nata nel castello di Vetranola di Monteleone di Spoleto nel 1494. Questa pasta all’uovo, preparata in tutta la zona tra Monteleone e Cascia, è tipica del periodo di Carnevale. 600 gr di penchi 6 salsicce 120 gr di lardo o guanciale di maiale 400 gr di carne di suino magro (filetto) 4 rossi d’uovo 1 costa di sedano 1 carota 1/2 cipolla sale, pepe noce moscata olio extravergine d’oliva ricotta di Norcia o pecorino della Valnerina

Porre in un tegame l’olio extravergine d’oliva con il sedano e la carota tagliati a dadini, la cipolla tritata e il guanciale a dadini; soffriggere per qualche minuto. Aggiungere la salsiccia sbriciolata e il magro di maiale tagliato a piccoli cubetti e rosolare; quando la carne è cotta, aggiustare di sale, noce moscata e pepe. Preparare i penchi; cuocerli in acqua salata. Scolare e versare la pasta nel tegame, amalgamare e unire i rossi d’uovo, mantecare il tutto. Servire con il formaggio grattugiato sopra, o la ricotta salata o il pecorino stagionato.

Zuppa di farro con guanciale e pecorino Per questa zuppa, come per tutte quelle che vengono eseguite secondo tradizione, si usa il farro non in chicchi ma sfarrato, cioè frantumato con l’apposita macina di pietra. A Monteleone di Spoleto, la sera della vigilia della festa del patrono, viene distribuita per le vie del paese questa minestra di magro. La zuppa di farro più diffusa in Umbria era quella con l’osso di prosciutto, ed era tra i pasti più frequenti dei contadini. 500 gr di farro spezzato 200 gr di guanciale o lardo 300 gr di pomodoro passato 1 cipolla tritata 2 carote 2 coste di sedano olio extravergine d’oliva brodo vegetale o di pollo pecorino stagionato Porre in una pentola l’olio, il guanciale, la cipolla tritata, la carota e i sedani tagliati a dadini; lasciare soffriggere nell’olio, quindi unire il pomodoro, il sale e cuocere per pochi minuti. Aggiungere il farro, un po’ di brodo e far cuocere a fuoco basso per circa 30-40 minuti. Regolare di sale. Servire con scaglie di pecorino stagionato e un filo d’olio extravergine d’oliva.


Agnello arrosto con erbe aromatiche e patate al forno Allo spiedo o in forno, l’arrosto era il principale modo di cucinare le carni in Umbria, tanto che è stato detto che la cucina umbra è la cucina della brace. Allo spiedo si cucinavano fegatelli di maiale avvolti nella loro rete e intercalati da foglie d’alloro (a Norcia finocchio selvatico), alternate da foglie di salvia, fagiani, puntarelle (costine di maiale) e salsicce; agnello, capretto, tacchino coniglio, pollo e altri animali da cortile avevano l’onore del forno a legna con salvia, aglio, rosmarino e qualche volta un ciuffo di finocchio selvatico 1 coscio d’agnello intero rosmarino 3 spicchi d’aglio finocchio selvatico 200 gr di lardo succo di 1 limone olio extravergine d’oliva 1kg patate sale, pepe Disossare il coscio e metterlo a marinare con il succo di limone e una parte delle erbe aromatiche. Nel frattempo, preparare un trito grossolano con le erbe aromatiche e unirle al lardo tagliato a cubetti; passare il tutto al tritacarne. Con questo composto farcire l’agnello e legarlo ben stretto; sistemarlo in un tegame da forno. Aggiungere delle patate tagliate a spicchi. Irrorare di olio e cuocere in forno a 180°C per circa 40 minuti. Tagliare a fette e servire con le patate arrosto.

Stracciata con la cipolla rossa di cannara

Per la polenta: 800 gr di farina di granoturco, sale

In primavera si faceva un’ottima stracciata anche con le foglie appena spuntate della cipolla.

Per il condimento: 10 salsicce 200 gr di pasta di salsicce 10 costine di maiale 150 gr di carne di vitello tritata 1200 gr di pomodoro passato 2 coste di sedano 2 carote 1 cipolla 1 bicchiere di vino bianco 150 gr di parmigiano reggiano grattugiato 150 gr di pecorino grattugiato olio extravergine d’oliva sale e pepe

10 uova 1 grande cipolla olio extravergine d’oliva sale e pepe 1 pizzico di grana grattugiato crostini di pane tostato Sbucciare la cipolla, affettarla sottile e mettere in una padella con l’olio. Lasciare rosolare per qualche minuto, senza che diventi troppo scura. Quindi unire le uova, leggermente sbattute; salare e pepare. Lasciare rapprendere un po’ e servire con crostini di pane.

Polenta con costine e salsicce di maiale Un tempo la polenta con le salsicce e le costine di maiale si versava sulla spianatoia e tutti i commensali, ognuno con il suo cucchiaio, la mangiavano dal quel grande piatto comune.

Fare un trito di sedano, carota e cipolla e fare soffriggere in una casseruola con dell’olio. Unire la carne trita, la pasta di salsicce e le costine di maiale; rosolare, irrorare con il vino, lasciare evaporare e aggiungere il pomodoro passato e le salsicce intere. Cuocere a fuoco lento per 1 ora circa. Fare la polenta e sformarla; cospargerla con una parte di pecorino e parmigiano; versare il sugo sopra e servire con il rimanente formaggio grattugiato.

extravergine di oliva con il suo particolare retrogusto amarognolo e leggermente piccante. Da qui, il largo consumo di legumi coltivati in grande varietà come i fagiolini del Trasimeno (detti anche risina, per via delle piccole dimensioni), la cicerchia, i ceci e le famose lenticchie di Castelluccio (piccole e tenere, di ottima qualità grazie al particolare microclima dell’altopiano). Questi erano e sono tutt’ora gli ingredienti fondamentali delle zuppe umbre, insieme a funghi, tartufi e cereali, come il farro. Alcuni degli ortaggi più conosciuti invece sono le patate rosse di Colfiorito, le cipolle di Cannara, il sedano di Trevi e i piselli di Bettona. I prodotti tipici locali includono i salumi e tutti i derivati dal maiale (capocollo, prosciutto, coppa di testa, mazzafegato, corallina, mortadella, budellaccio, etc.) che in questa regione sono più speziati e saporiti, forse per meglio accompagnare il pane che, come sappiamo, è senza sale. I formaggi invece sono semplici, poco elaborati, come la caciotta, il pecorino e la giuncata, o la ricotta di Poggiodomo. Il vino umbro, l’oro di bacco, non ha bisogno di presentazione. Solo a menzionare i grandi, come il Sagrantino di Montefalco, l’Orvieto Classico, il Torgiano, si viene travolti da profumi e aromi che ci impongono di rimanere aggrappati alla terra con i sensi estasiati. Deve essere per questa ragione che la qualità dei suoi vini, e la tradizione vitivinicola dell’Umbria, sono conosciute in Italia e nel mondo (conclusione, liberamente tratta, dopo una buona bevuta!).

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almanacco di barbanera

di M. Pia Fanciulli

È questo il momento dell’anno in cui le temperature scendono, il freddo si fa sempre più intenso, ma la gioia e i desideri che il nuovo anno porta con sé scaldano il cuore. Si guarda al futuro, nell’orto si preparano i nuovi impianti, senza dimenticare le raccolte di ortaggi e frutti salutari

Sole e luna Il Sole

Aspettando i giorni della merla Da ricordare Mercoledì 25 gennaio San Paolo dei Segni Quello di San Poalo – convertitosi sulla via di Damasco – è uno dei giorni cosiddetti oroscopici, ovvero legati per tradizione alla previsione del tempo. E il Santo è detto dei Segni proprio per la sua capacità di dare indicazioni, segni, appunto, sulle condizioni meteo dei mesi a venire. “Delle calende non me ne curo, purché a San Paolo non faccia scuro” dice un proverbio, a sottolineare il fatto che se il 25 gennaio piove pronostica annata piovosa, mentre se è una bella giornata sarà in generale un anno di buon tempo. Venerdì 27 gennaio Giorno della Memoria Ricordare, non perdere la memoria del passato e dei fatti che hanno calpestato giustizia e dignità umana. Soprattutto trasferirne conoscenza e consapevolezza alle nuove generazioni. È questo il significato del Giorno della Memoria, ricorrenza istituita dal Parlamento italiano nel luglio del 2000 aderendo a una proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in

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commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell’Olocausto, e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. Ma perché il 27 gennaio? Perché fu quello il giorno, nell’anno 1945, dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche. Domenica 29, lunedì 30 e martedì 31 I giorni della Merla Le temperature sempre più basse portano alla mente la leggenda che ha fatto sì che gli ultimi tre giorni di gennaio, considerati i più freddi dell’anno, siano chiamati “giorni della Merla”. Si narra che un tempo i merli fossero candidi come la neve. Fin quando un anno, con un’ondata di gelo peggiore del solito, una merla non fu costretta per sopravvivere a rifugiarsi nel comignolo di una casa. Allora per riscaldarsi si bruciava legna o carbone di scarsa qualità che produceva molta fuliggine. Così, quando dopo tre giorni ritornò il sole, la merla riprese il volo ma le sue piume erano nerissime. Unica sopravvissuta al freddo, fu la capostipite dei merli quali oggi li conosciamo.

• Il 1° sorge alle 07.28 e tramonta alle 16.39 • L’11 sorge alle 07.27 e tramonta alle 16.48 • Il 21 sorge alle 07.23 e tramonta alle 17.00 Le giornate si allungano. Il 1° gennaio si hanno 9 ore e 11 minuti di luce solare – mentre il 31 se ne hanno 9 ore e 58 minuti. Si guadagnano, dall’inizio al 31 del mese, 47 minuti di luce. La Luna

• Il 1° tramonta alle 00.02 e sorge alle 11.23

• L’11 tramonta alle 08.27 e sorge alle 19.31

• Il 21 sorge alle 05.40 e tramonta alle 15.16 La Luna è all’Apogeo lunedì 2 alle ore 21. È al Perigeo martedì 17 alle ore 22. Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 19 e 20.


luna crescente luna piena

luna calante luna nuova

Orti e dintorni A gennaio i lavori nell’orto si riducono a causa del freddo che rallenta i ritmi vegetativi. Ma è una fase di stasi soltanto apparente: il momento è infatti ideale per dedicarsi alla sistemazione dell’attrezzatura, alla programmazione delle semine e alla predisposizione delle nuove colture. Poi ci sono le raccolte da fare, tuttora generose di cavoli, porri, valerianella, verze. In Luna crescente si

Saggezza popolare • Gennaio rigoroso, anno felice. • Di Pasqua Epifania (6 gennaio), il più gran freddo che ci sia. • Luna piena di gennaro, luce come il giorno chiaro. • Freddo a gennaio, frumento in granaio. • Annata nevosa, annata prosperosa. • Sant’Antonio (17 gennaio) fa il ponte e San Paolo (26 gennaio) lo rompe. • Con la polenta, il freddo non spaventa. • A San Sebastiano (20 gennaio), sali il monte e guarda il piano. • Con il gelo e con la brina la beccaccia è alla marina. • Fragole a gennaio, inganno del verduraio.

dovranno invece mettere in semenzaio cavolfiori, cavolo broccolo, rucola. In calante sarà tempo di mettere a dimora in piena terra i bulbilli di aglio e di cipolla invernale e di seminare in semenzaio lattuga, radicchio estivo, ravanello, sedano, valerianella. In giardino invece è il momento di mettere mano alle fioriture primaverili, di seminare in semenzaio, con la Luna

crescente, azalee, begonie, primule, tuberose e bulbi. Ma anche piselli odorosi, viole, violacciocche, zinnie. Inoltre mettere a dimora o trapiantare alberi, arbusti e rampicanti a foglia caduca e rosai a radice nuda. In calante lavorare superficialmente il terreno aggiungendo concimi organici. Eliminare i rami morti, spezzati e inclinati di alberi e arbusti spoglianti.

Belli e sani Quando le temperature si fanno così basse da imporre una drastica riduzione del tempo trascorso all’aperto limitando una salutare attività fisica, un efficace aiuto può venire da erbe aromatiche e spezie. Cannella, zenzero, peperoncino, aglio e cipolla, offrono infatti tutto il loro calore per dilatare i vasi sanguigni e stimolare la circolazione. Così il sangue potrà raggiungere agevolmente, scaldandole, anche le estremità. Se siamo alle prese con i disturbi di stagione, soprattutto alle vie respiratorie – tosse, bronchite, influenza – una mano per superare il fastidio possono darcela le foglie d’eucalipto, ricche di eucaliptolo, sostanza dalle note proprietà antisettiche. In particolare contro la bronchite si può preparare un infuso con le foglie (o con l’olio essenziale)

da lasciare tutta la notte accanto al letto dove dorme chi soffre del disturbo. All’eucalipto si ricorre anche per disinfettare l’aria di alcuni ambienti dove far diffondere i vapori fuoriusciti da una pentola d’acqua in cui siano state fatte bollire le foglie. È la stagione degli agrumi, autentici concentrati di salute. Non buttiamo via le loro bucce però perché sono molto ricche di betacarotene. Contengono essenze aromatiche stimolanti, coinvolte nei processi di neutralizzazione degli agenti cancerogeni da parte dell’organismo. Ricerche scientifiche hanno rilevato che le pectine contenute nella parte bianca sotto la buccia abbassano il tasso di colesterolo. Ma c’è buccia e buccia: indispensabile è scegliere quella di frutti bio!

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orto dei semplici

di M. Pia Fanciulli www.barbanera.it

Un’insalata afrodisiaca Pianta assai generosa che poco chiede e molto dà, la rucola ha una lunga storia che ci conduce agli orti degli antichi romani. Facile da coltivare, può essere un ottimo inizio per chi voglia dedicarsi all’orto sul balcone senza tema di insuccesso

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Mese impegnativo per la rucola! Gennaio è infatti il momento dell’anno in cui oltre a continuarne la raccolta, se ne fa pure la semina, in coltura protetta, in un piccolo semenzaio che può anche essere una semplice cassettina di legno da proteggere dal freddo con un telo trasparente. Amatissima e molto utilizzata in cucina per il suo sapore piacevolmente aromatico, la rucola, Eruca sativa, è pianta erbacea che entra nella preparazione di insalate, nel condimento di profumate pizze, nei sughi, nelle salse, nelle frittate e in altri prelibati piatti, tra cui un insolito e buon pesto. E per quanto la si associ soprattutto all’estate, è in realtà presente a lungo pure negli orti invernali, pronta ad arrivare fresca in tavola dove i suoi principi attivi stimolano l’appe-

tito, hanno azione diuretica, antinfiammatoria, emolliente e depurativa. Il suo nome, affiancato da diverse varianti popolari di cui forse la più nota è il romanesco rughetta o ruchetta, deriva dal termine latino urere, che vuol dire bruciare, probabilmente dovuto al suo sapore piccante. Originaria dell’Europa e dell’Asia occidentale, la rucola si trova anche allo stato spontaneo, rucola selvatica, da non confondere con la domestica, da cui si distingue tanto nella forma delle foglie quanto nei fiori, gialli in quella spontanea, bianchi venati di violetto in quella coltivata. La sua presenza negli orti risale comunque al tempo dei romani che ne utilizzavano foglie e semi a cui attribuivano proprietà afrodisiache. Già Columella, nel I secolo d.C., parlava dell’eruca


Coltiviamoli così Particolarmente indicata per la coltivazione sul balcone, la rucola regala anche la bella soddisfazione di dare raccolti tutto l’anno. Basta infatti proteggerla dal freddo e seminarla scalarmente dall’inverno all’autunno. La cassetta e il terriccio Basta poco spazio per far crescere la rucola che, seppur preferisca del terriccio leggero e fertile, sarà poi comunque in grado di adattarsi ovunque. La sua coltivazione risulterà quindi facile anche per gli “ortolani” alle prime armi che dovranno solo avere l’accortezza di interrare il seme a 1/2 cm di profondità evitando ristagni idrici. Sono sufficienti dei vasetti anche piccoli, di 10-12 cm di diametro.

La semina In pratica è possibile seminarla tutto l’anno. Anzi, si raccomanda la semina scalare proprio per poterla raccogliere di mese in mese. Bene quindi anche la semina in semenzaio a gennaio e febbraio, ma per il resto dell’anno si può interrare il seme direttamente all’aperto. La pianta resiste bene alla siccità – ovviamente senza esagerare – che conferisce più sapore alle foglie. Quando le piantine saranno alte circa 3 cm vanno diradate lasciando spazio alle più belle. Amano un’esposizione soleggiata, ma sopportano una parziale ombra. Punti deboli Pur essendo pianta rustica che ben si adatta a diverse temperature e condizioni, suo grande nemico è il freddo. Teme soprattutto gelo e vento.

Buono a sapersi Non ha particolari esigenze, è bene ricordare che la rucola va annaffiata solo sporadicamente, con 1 o 2 bicchieri d’acqua, lasciando il terreno asciutto per un paio di giorni prima di ripetere l’annaffiatura. Raccolta e conservazione La raccolta si fa scalare 40 giorni dopo la semina. Importante non estirpare ma tagliare le foglie alla base, permettendo così la ricrescita e più raccolti nel tempo. Molto delicata, la rucola si conserva poco anche in frigorifero. Quindi l’ideale sarebbe metterla a bagno in acqua come fosse un fiore, oppure in frigorifero con le radici avvolte nella carta inumidita e in un sacchetto di plastica bucherellato. Resisterà così 2/3 giorni.

Ci sono cavoli e cavoli

che “accanto al protettore degli orti, Priapo, si pianta, e i lenti mariti a Venere spinge”. Mentre il Mattioli, medico rinascimentale, la considerava una terza specie di senape, spiegando che il suo seme, molto meno acuto, veniva impiegato per preparare mostarde. Comunque, ancora nel Rinascimento, la si trova nei trattati di cucina indicata come Ruvola gentile, forse per distinguerla dalla specie spontanea dal sapore assai più piccante. Oggi, tornata protagonista in cucina dopo un periodo di decadenza, la rucola è tra quelle gustose insalate da coltivare con facilità persino sul balcone. Anche perché non sono necessari ampi spazi: bastano poche foglie per dare un tocco inconfondibile alla più semplice delle insalate.

Utile e buona In tempi passati, grazie al suo contenuto di vitamina C, si ricorreva alla rucola per combattere lo scorbuto. Oggi, che la si gusta più per piacere che per dovere, mangiarla non può comunque che farci bene perché oltre al suo buon sapore, questa insalata ha diverse virtù. Ricca di ferro, potassio, calcio e fosforo, ha la capacità di favorire la digestione e la diuresi, aiuta il fegato, stimola l’appetito. Senza dimenticare come una tisana preparata con rucola, menta e santoreggia abbia effetto rilassante e tonificante. E il rucolino, meno noto del limoncello, ma altrettanto efficace nel favorire la digestione? È un amaro tipico della tradizione campana, che si produce a Ischia e si sorseggia a fine pasto.

Esistono vari tipi di cavolo da coltivare praticamente ovunque e durante tutto l’anno. Ricchi di principi salutari, come la vitamina C, sono ovviamente i re degli orti invernali. Ma queste piante sono solo comuni ortaggi? Ormai non più: i cavoli sono infatti oggi apprezzatissimi per il loro effetto decorativo. Si tratta ovviamente di varietà ornamentali che vengono coltivate per le foglie dalle delicate tinte che vanno dal verde chiaro al bianco, oppure sfumate o variegate in eleganti toni di rosa, lilla o violetto: niente di più semplice quindi che dare un po’ di colore all’inverno utilizzando questi ortaggi per fare composizioni all’aperto. Resistenti al freddo, permettono infatti la realizzazione di macchie variopinte quando tutto intorno è in fase di riposo. Si possono piantare per delimitare le aiuole o per dividere in zone il giardino. Crescendo manterranno una forma composta con un effetto perfettamente coerente con quanto previsto al momento della piantagione. Anche in vaso, scegliendo le specie e le varietà più piccole, si otterranno sorprendenti risultati: il balcone apparirà colorato pure nella stagione fredda, evitando l’effetto vasi vuoti fino alla primavera.

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il ristorante

Punto di riferimento per i saluzzesi, e per quanti scelgano la cittadina del cuneese per la sua vivace vita notturna, il ristorante Quattro Stagioni è un locale storico i cui interni, ristrutturati in senso fortemente contemporaneo, sono espressione dello stretto legame tra tradizione e attualità voluto dal patron Piero Sassone Situato nel centro storico di Saluzzo, una delle più importanti realtà geopolitiche del Quattrocento, il ristorante Quattro Stagioni si trova sotto i porti scur, i portici scuri e bassi che introducono alla città alta per la porta Santa Maria che si apre davanti al Duomo. L’antica struttura, della quale Piero Sassone si era innamorato a prima vista e che ha deciso di ristrutturare nell’agosto 2010, è caratterizzata da volte a botte, mattoni a vista e un’aria di austera bellezza, ai quali oggi si accosta in assoluta armonia un arredamento più fresco, con tanti fiori, lampade e oggetti d’arte, un design rispettoso della storia, ma, al tempo stesso, moderno nella realizzazione. In tavola una cucina legata a doppio filo al territorio, alle tradizioni locali e, lo dice il nome stesso, alla stagionalità. Il Quattro Stagioni inoltre è anche pizzeria… sì, ma di altissima qualità, con lista delle vivande all’altezza dei tempi e un’eccellente carta dei vini; ed è proprio nella splendida cantina che si possono degustare le ottime pizze. Anticipando i tempi, dal 2000 il Quattro Stagioni propone menù gluten-free (il 90% delle paste alimentari sono senza glutine), prestando grandissima attenzione al problema delle intolleranze alimentari dei suoi ospiti. Questa particolare cura è inoltre espressione della filosofia di Piero Sassone, che non si stanca di ripetere che “il vero lusso nella vita sono i rapporti personali”; da lui, quindi, ci si sente sempre a casa, grazie anche a un servizio curato nel dettaglio e alle tante attenzioni riservate a un cliente che, alle Quattro Stagioni, viene coccolato e rispettato, anche nella sua voglia di intimità: qui infatti, persino tra 200 persone, è possibile riservarsi un angolo di magica tranquillità, per una cena indimenticabile. Le Quattro Stagioni d’Italia Via Volta 21 sotto i Porti Scur - Saluzzo (Cn) Tel. 017547470 www.ristorantele4stagioni.it

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di Domenico Marasco

Lusso accessibile

Nato a Viggianello, in provincia di Potenza, nel 1967, Piero Sassone ha lavorato in diversi grandi alberghi fra Germania, Svizzera e Francia. Tornato in Italia, nel giro di qualche anno ha creato una serie di locali di tendenza (caffetterie, bar-pasticceria, piccoli bistrot) per i quali ha fondato anche la Compagnia Mediterraneo, crescendo personale di fiducia e sviluppando nuove attività. Fra queste proprio il Quattro Stagioni, novità assoluta per una città come Saluzzo. Ha inoltre contributo a far sorgere l’Hotel Relais Poggio Radicati e il Resort San Giovanni, situato in un complesso medievale dall’abbagliante splendore.


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L’Insalata dal cuore mediterraneo… COF, azienda leader nel settore delle verdure pronto uso nel sud Italia, ha festeggiato i suoi primi dieci anni di attività produttiva e nel 2012 è pronta a lanciare e vincere nuove sfide. Dopo aver conquistato, gradualmente, la fiducia di importanti clienti, nella grande distribuzione organizzata e nella ristorazione, ha ottenuto un posto di rilievo nel settore della IV Gamma a livello nazionale. I suoi prodotti sono garantiti, in termini qualitativi, da sistemi di controllo continui, impianti di preparazione e confezionamento tecnologicamente avanzati e da numerose certificazioni ottenute sul prodotto e il processo di lavorazione. La sua è un’ampia gamma di verdure, a marchio Ortomania e/o privato, con un ottimo rapporto qualità/prezzo, disponibili in vari formati e pack attraenti, la cui integrità e il gusto inimitabile sono assicurati da una rigorosa selezione dei fornitori della materia prima e da un servizio di trasporto al punto vendita efficiente per il mantenimento della “catena del freddo”. Per maggiori info visita il nostro sito web:

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cibo & blogger notizie

curiosità

di Alessandra Favaro

consigli

passaparola

gossip

Le mille anime del food di Paola Da food&beverage manager nei villaggi turistici Valtur per una decina d’anni, a organizzatrice di eventi, a writer di guide turistiche. Paola Sucato ha una formazione poliedrica e una grande passione: la cucina. Esperta del mondo del food, della rete e dei social media, ha collaborato alla sezione dedicata alla cucina per il sito internet di Donna Moderna, ed è anche consulente web e social media per il blog lestellesincontrano. it. Da non perdere il suo sito web, Il blog di Ci_Polla punto di incontro per riflessioni, approfondimenti sull’enogastronomia e sugli eventi importanti di questo settore. Il tutto presentato come se si fosse a una chiacchierata fra amiche, come se si sfogliasse un bel libro di appunti, foto e ricette. A breve si potrà leggere Paola anche sulla carta: «sto scrivendo un libro per Gribaudo, che racconterà di uno Chef stellato e il suo coinvolgimento nel web e nei social network» ha confermato a Vdg Magazine. Intanto, mentre la si aspetta in libreria, la si può incontrare sul web, e imparare a fare il pane in casa grazie ai suoi preziosi consigli. www.paolasucato.it

Astuzie ai fornelli A costo zero, spesso con materiali di recupero o ingredienti semplici, si possono risolvere tanti piccoli grandi problemi in cucina. Vediamo oggi alcuni consigli dal blog di Grifasi, un sito web dedicato alla cucina tipica Siciliana e a tutte le tradizioni e la storia della terra sicula. Per eliminare i cattivi odori dal forno, dopo averlo pulito, cuocetevi alcune bucce d’arancia a 180°C. Per regalare un pizzico di sapore in

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più alle preparazioni, basta unire un po’ di zucchero alle pietanze salate e un po’ di sale a quelle dolci. Per far sparire l’odore del melone dal frigorifero, metteteci dentro, per una notte, una patata sbucciata tagliata a metà. Le mele dureranno più a lungo se le sistemate con il picciolo rivolto verso il basso, e se eviterete di tenerle insieme all’altra frutta. www.grifasi-sicilia.com

La Genovese: tipica napoletana Uno dei sughi simbolo della cucina napoletana ha il nome di un’altra città. Si chiama Genovese, ed è un ragù di carne e verdure che si sciolgono in bocca. Diverse le versioni per giustificarne il nome, ma sulla sua preparazione non c’è nessun dubbio. Per chi vuole una Genovese doc e saperne un po’ di più sulla sua storia, tappa obbligata sul blog A Cucina e Mamma’: un ricettario virtuale della più genuina cucina partenopea. Che vi porterà alla scoperta di tanti altri piatti tipici napoletani: dal polpettone a e’ puparulille, dai peperoncini verdi al Timpano do’ Vesuvio. www.acucinaemamma.blogspot.com



di Gino Celletti

l’olio

Capo Panel Consiglio Oleicolo Internazionale www.frantoicelletti.com www.monocultivaroliveoil.com

Olivi

argentati ed ecologici Anche se c’è chi pensa all’ulivo in cattività come pianta ornamentale da città per la sua capacità di catturare polveri sottili, al momento (e anche in futuro) la scelta migliore è quella di recarsi a respirare l’aria pulita dove l’ulivo è di casa, come in Umbria, una regione oleicola che stupisce sempre

Se percorrete in un giorno di vento la SS75, da Assisi direzione Spoleto, e guardate il Monte Subasio scorre alla vostra sinistra, potete ammirare onde successive che lo spettinano e lo ripettinano, con meches d’argento che lo percorrono da destra a sinistra e viceversa, intervallate da altre verde cupo. Questi colori argentei sono l’effetto della rifrazione della luce che i peli della parte inferiore delle foglie dell’olivo fanno quando sono colpiti dai raggi luminosi molti inclinati, come appunto nelle giornate nuvolose. La superficie inferiore è, per intenderci, quella dove si trovano gli stomi, quei passaggi che regolano lo scambio gassoso delle foglie con l’esterno, la fase in cui si produce la clorofilla (sintesi clorofilliana) e quella dove si elimina anidride carbonica. La forma di questi peli è simile a un ombrello rovesciato, senza telo, che a seconda dell’umidità si accorcia o si allunga. È comprensibile adesso capire

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come mai si sviluppa questa rifrazione luminosa, così caratteristica e tipica degli olivi umbri. La luce, sbattendo contro gli innumerevoli peletti, viene riflessa e rifratta altrove, cioè modifica la sua lunghezza d’onda che, intercettata dal nostro occhio, viene percepita come colore diverso dal verde originale della foglia. Alcuni studiosi dell’Istituto di Biometeorologia del Cnr di Bologna assegnano poi a questi peli della parte inferiore della foglia d’ulivo anche una sorta si funzione ecologica, in quanto sarebbero capaci di trattenere le polveri sottili (quelle che ogni tanto ci fanno andare in bicicletta di domenica). Sembra infatti che per questo motivo si voglia suggerire l’ulivo come pianta ornamentale da città, perché capace di catturare più polveri sottili di quanto altre piante già poste in loco possano fare. Personalmente mi auguro che questo utilizzo dell’Olea europaea cada nell’oblio e che resti solo un altro pregio

inutilizzato di questa pianta. Non so proprio immaginare viali di olivi nel centro di Milano, posto che resistano a questo ambiente nordico. Sì, io ne ho qui qualche pianta, e ho anche visto invaiare le olive, ma è pur sempre un vivere in cattività. Corre l’obbligo a questo punto di citare le cultivar che affollano i monti umbri. Il totale delle cultivar in Umbria è 44 (vedi per i dettagli www.monocultivaroliveoil.com), il 50% di essi è della cultivar Moraiolo, con punte dell’80% nel comprensorio Dop Colli Assisi Spoleto; segue il Frantoio con il 20%, il Leccino con il 10% e altre varietà come Rajo, Dolce Agogia, S.Felice (o Dritta), Ascolana Tenera per il rimanente 20%. Sono cultivar decisamente autoctone, con caratteristiche peculiari, che forniscono oli diversi per profumo e gusto, con aromi che vanno dalla mandorla tostata, al carciofo, alla lattuga, amari o dolcissimi per essere abbinati a secondo del piatto.



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la scoperta

di Riccardo Lagorio

Una rosa per gourmet Rara e dal gusto piacevolmente amarognolo, la bella cicoria rossa di Gorizia, dopo un passato glorioso e un presente reso difficoltoso dall’espansione urbanistica, si sta lentamente riaffermando sul mercato locale

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Nelle favole qualche volta i ranocchi si trasformano in principi; quello che non si legge mai è che nella realtà le rose si tramutano in radicchi! Accade a Gorizia, Gorizia città, dove la varietà locale di cicoria, dal colore rosso intenso o con variegature e sfumature che portano verso il rosa o il rosso granato, è meglio conosciuta in zona con il nome di Rosa di Gorizia. Anche se sono ormai solo una mezza dozzina gli agricoltori che custodiscono, tramandano e selezionano il seme della Rosa, questa verdura invernale, fragrante e squisita, è ritenuta a buona ragione il simbolo culinario della città. Lo ricordava in Gorizia, la Nizza austriaca, il barone Karl von Czoernig già nel 1873, quando tra le poche e sicure fonti di reddito della campagna dei mesi freddi veniva citata una cicoria rossastra. Il curioso nome di Rosa che contraddistingue il radicchio di Gorizia deriva dalla forma che si ottiene selezionando la produzione di semi che più si avvicinano a questa forma e che quindi possono risultare diversi a seconda delle orgogliose fami-

glie contadine da cui provengono. Il terreno ideale per ottenere forma e colori desiderati è quello di origine alluvionale con scheletro calcareo. Il radicchio viene seminato a pieno campo in tarda primavera, talvolta associato ad avena o frumento, poi ai primi freddi viene raccolto con le radici e legato in mazzi che vengono conservati per qualche settimana in trincee scavate nel campo per evitare la perdita di peso dovuta al gelo. Per la crescita in forzatura è necessario accostare i mazzi gli uni agli altri in locali riparati, caldi e privi di luce; talvolta per questo si ricopre il radicchio con della paglia mentre è caduta in disuso la pratica di utilizzare appositi spazi nelle stalle, che garantivano il giusto tepore e la migliore concimazione. Al momento opportuno i mazzi vengono tolti dal letto caldo, si ripuliscono le piante e si asportano le foglie che impediscono di vederne il cuore, a forma di rosa. Prodotto che in passato ha avuto grande importanza per l’economia cittadina, l’espansione urbana degli ultimi decenni ha messo a dura prova la sopravvivenza della Rosa di Gorizia, che si sta riaffermando sul mercato locale e su quello triestino. Il gusto piacevolmente amarognolo la rende adatta a essere lavorata con formaggi e carne. Il costo purtroppo è elevato rispetto alle altre verdure di stagione: dipende dalla difficoltà di reperimento e dall’elevata necessità di manodopera richiesta per il processo produttivo.

A Gorizia questa verdura invernale, fragrante e squisita, è ritenuta a buona ragione il simbolo culinario della città


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selezioni

di Cesare Aldesino

Caciocavallo, baciamo le mani Dall’aromatico latte di vacche di razza Modicana viene prodotto il celebre formaggio ragusano ancora adesso lavorato artigianalmente secondo una ricetta che si tramanda da generazioni e che lascia percepire al palato tutti i profumi e gli aromi della pastura: caratteristiche che fanno risaltare diverse preparazioni culinarie siciliane Nell’altipiano dei monti Iblei, nella provincia di Ragusa, dove si custodiscono immutate le tracce di un’antica natura rurale – luoghi cari allo scrittore Camilleri che ha ambientato, proprio da queste parti, le avventure del celeberrimo commissario Montalbano e dove sono state effettuate le riprese televisive della fiction – lo scenario che si presenta è caratterizzato da magnifiche masserie, uniche nel loro genere, e da muretti a secco che delimitano le proprietà, costruiti magistralmente dai contadini (massari) che hanno utilizzato le abbondanti pietre bianche locali. In mezzo a secolari alberi di ulivo, ficodindia, e a maestosi alberi di carrubo, si possono intravedere le mucche di razza Modicana che brucano allo stato brado le diverse tipologie di erbe aromatiche spontanee presenti in questi luoghi, che conferiscono al latte prodotto un sapore unico e particolare. In passato queste mucche erano allevate sia per la produzione del latte, sia per la loro tempra al lavoro e all’adattamento a climi 70

siccitosi; oggi, sono allevate in prevalenza per il loro peculiare latte che dà vita al caciocavallo ragusano, emblema dei formaggi tradizionali e genuini di Sicilia. In origine era il nutrimento delle famiglie contadine, ma dal XIV secolo si hanno notizie della sua commercializzazione oltre i confini del regno di Sicilia; oggi, oltre a essere uno dei più prelibati prodotti caseari, è conosciuto e molto ricercato anche all’estero. Le zone di produzione sono circoscritte, oltre che nella provincia di Ragusa, anche in alcuni comuni in provincia di Siracusa (Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini). Il riconoscimento della Dop (Denominazione di Origine Protetta), avvenuto nel 1996, garantisce i parametri entro i quali deve essere prodotto e ne tutela il processo di lavorazione. Il caciocavallo (cascavaddu, come comunemente viene denominato in dialetto siculo) è uno dei più antichi formaggi prodotti nell’isola e l’origine del suo nome è legata a diverse ipotesi; la più attendibile è quella riconducibile all’attaccatura con corde (liame) a cavallo di travi di legno per la stagionatura che varia da un minimo di quattro mesi fino anche a un anno e oltre. Ancora oggi la lavorazione del Ragusano è fatta secondo i precetti dell’originale ricetta con metodi tradizionali, con l’ausilio di utensili di legno e con manualità arcaica. Da novembre a tutto maggio, periodo in cui i pascoli nell’altipiano ibleo sono ricchi di foraggio spontaneo, il latte di vacca intero crudo, appena munto, proveniente da


Le tante facce del cacio Questo prodotto è così legato al suo territorio che, nella tradizione popolare siciliana, si definisce “a quattro facce come il Caciocavallo” una persona falsa che ti presenta sempre volti diversi (facciola) della quale è opportuno non fidarsi. Inoltre, e non a caso, negli ultimi anni Ragusa è divenuta sede di un’importante manifestazione legata al mondo dei latticini, Cheese Art, voluta dal Consorzio di Ricerca della Filiera Lattiero Casearia, in cui si celebrano i prodotti lattierocaseari e le loro antiche tradizioni.

Abbinamenti e preparazioni Per la sua peculiare duttilità, il caciocavallo ragusano viene impiegato come ingrediente in parecchie ricette della cucina tradizionale siciliana (cacio all’argentiere, involtini di pesce spada, etc.) e, in particolare, nella provincia di Ragusa e in alcune zone del siracusano. Sposa bene i vini rossi quando stagionato e quelli bianchi se fresco; si accompagna anche con le confetture di fichi, mandarini o pomodori verdi, con gelatine a base di vini o moscati.

In apertura una panoramica sui tetti di Ragusa, mentre in questa pagina, dall’alto, la campagna ragusana, forme di cacio appese e una tipica mucca Modicana

più mungiture, viene portato nel locale dove avviene la caseificazione. A seguito della filtrazione in grandi recipienti di legno, viene aggiunta la pasta di caglio d’agnello o di capretto sciolta in una soluzione acquosa e portato a una temperatura di 34°C; a seguire la cagliata viene riposta nei canestri per completare il filtraggio del siero e qui viene lasciata a riposare per venti ore per far maturare il giusto grado di acidità e il sapore. Dopo questo tempo la pasta densa viene tagliata a fette e posta nello staccio, un altro recipiente in legno o in rame su cui viene versata acqua calda che serve a far filare la pasta. Successivamente la pasta viene modellata al fine di farle assumere la caratteristica forma di un parallelepipedo a sezione quadrata; le forme vengono immerse, quindi, in piccole vasche di acqua e di sale per la prima salatura; possono restare in questo stato di salamoia da due a otto giorni, a seconda del peso. Infine, vengono portate alla stagionatura in locali freschi, umidi e ventilati, oppure in grotte naturali o nei centri di stagionatura. Nasce così un formaggio unico, che unisce i sapori dolce, da fresco, e deciso, da stagionato. Il Ragusano è un formaggio semiduro a pasta filata e si presenta con una crosta sottile di colore giallo paglierino più deciso all’esterno, mentre la pasta è più chiara e con una leggera occhiatura interna; in media pesa dai 10 ai 15 chilogrammi. Al palato è gradevole e dolce; quando è fresco si scioglie in bocca mentre se più stagionato diventa piccante e saporito e lascia percepire gli equilibrati sentori delle sue componenti aromatiche.

Tra agli ulivi, le piante di ficodindia e di carrubo, le mucche di razza Modicana brucano allo stato brado le erbe aromatiche che danno al loro latte un sapore unico

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il cibo delle star

di Marco Spagnoli

Meglio “tondi”, ma contenti! A cena con una stella: intervista esclusiva a Salma Hayek

È una delle donne più belle del mondo: un’icona latina che, a quarantacinque anni compiuti a settembre, non ha perso nemmeno un po’ di quel fascino con cui, negli ultimi quindici anni, è riuscita nella difficile impresa di conquistare Hollywood. Voce, in originale, di Kitty, protagonista dell’esilarante film d’animazione Il gatto con gli stivali, Salma Hayek ha da poco terminato il lavoro con Oliver Stone e il suo Le belve tratto dal famoso romanzo di Don Winslow. L’attrice, che da quando è sposata vive a Parigi, è da sempre attenta alla buona cucina: «un modo importante per stare in forma» dice la Hayek, figlia di un manager libanese, mentre la madre è una cantante d’opera messicana. Ironicamente il suo nome, in arabo, significa “calma”, ma l’ex fidanzata di Edward Norton, Robert Rodriguez e Josh Lucas è tutt’altro che tranquilla o pronta a rallentare la sua carriera. «Amo la vita e la semplicità delle cose: quando penso alla mia terra, al Messico, penso sempre a ciò che conta di più e definisce davvero l’esistenza: la famiglia, gli amici, il cibo». Alta un metro e cinquantasette, ma dal fisico perfetto (per “credere” basta guardare la scena di nudo in Chiedi alla polvere tratto dal romanzo di John Frante…) l’at-

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trice ricorda come, in vacanza a Roma la notte della vittoria dei Mondiali del 1982, uscita da un noto ristorante romano dove si trovava insieme con la famiglia, fu praticamente rapita dalla folla in festa.«Sono uscita dalla trattoria dove mi trovavo con mia madre e mia nonna e sono stata travolta da un fiume di persone», spiega la Hayek sposata con il magnate della moda, il multimilionario François Henri Pinault. «Sei ragazzi mi hanno presa in braccio e mi hanno innalzata come un trofeo portandomi in giro per le vie del centro. Non sapevo cosa fare. Alla fine, però, dopo un’ora, mi hanno lasciata in pace e sono tornata in albergo anche se per arrivarci ci ho messo un po’ visto che era la prima volta che mi trovavo a Roma». Si dice che lei faccia sempre molta attenzione all’alimentazione... «È vero: non amo fare la dieta e fare esercizio. Se capita che sia costretta per esigenze di lavoro, sono sempre di cattivo umore, quindi è meglio essere un po’ più “tondi”, ma allegri e contenti». Qual è il suo piatto preferito? «Una cosa che amo mangiare sono le pannocchie alla brace che non sono per niente facili da fare, se, ovviamente, vuoi mangiarle perfette. Devi prenderle, rosolarle da entrambi i lati per una ventina di minuti senza bruciarle. Quando il calore si è diffuso in maniera omogenea e ha cotto tutta la pannocchia ecco che la puoi servire con molto burro e anche, se vuoi, un po’ di sale». Le piace la verdura? «La adoro e per questo con mia figlia Valentina che ha quattro anni faccio di tutto per fargliela mangiare in qualsiasi maniera possibile. Tra l’altro una bibita che amo molto e che consiglio per rigenerarsi un po’ dopo le feste è un cocktail a base di verdura da bere a colazione: una manciata di spinaci, tre gambi di sedano, prezzemolo, tre foglie di cavolo verde due pere senza semi, quattro spicchi di limone e mezzo cetriolo. Si può servire con del ghiaccio, buttando la schiuma che si forma in superficie dopo avere passato il tutto e tenendo solo il succo. Bevuto la mattina ha una vera e propria azione disintossicante».

“Quando penso alla mia terra, al Messico, penso sempre a ciò che conta di più e definisce l’esistenza: famiglia, amici, cibo”


Voyage en Sardaigne A trip to Sardinia

Colore

Profumo

Sapore

Carattere

Colori, Sapori, Profumi. Il Carattere dell’isola nei vini della Cantina Dorgali.

CANTINA

info@cantinadorgali.com - www.cantinadorgali.com - tel. +39.0784.96143

Fotografie e grafica di Antonio Fancello

Viaggio in Sardegna


il ristorante

di Giulia Giovanelli

Le delizie della cucina bolognese Quello di Franco e Lino Rossi è un ristorante che si distingue per la cura dei dettagli e l’atmosfera liberty, una cantina che vanta più di 300 etichette provenienti da ogni regione d’Italia, piatti semplici e saporiti a chilometro zero Città dalla grande tradizione culinaria, Bologna ospita ancora, nel suo incantevole centro storico, ristoranti in cui la cucina è un gradevole mix di creatività, arte e tradizione. Perfino lo scrittore John Grisham nel suo diciottesimo romanzo, The Broker, un legal thriller in gran parte ambientato sotto le Due Torri, riporta questo suo ricordo. Per ben tre volte, infatti, lo scrittore ha fatto tappa al ristorante Franco Rossi, in via Goito all’angolo con via Donzelle, descrivendone gli arredi, il cibo e il vino, fino a soffermarsi sui modi del padrone di casa: “Svoltarono in un’altra stradina. Via Goito. E Luigi indicò un punto più avanti. ‘Eccoci’ disse, poi fermandosi davanti all’entrata del ristorante Franco Rossi. ‘Non ci sono mai stato, ma dicono che si mangi molto bene’”. Il ristorante Franco Rossi è proprio questo. Qui si possono degustare ottime pietanze emiliano-romagnole e mantovane, accompagnate da un gradevole sottofondo musicale proprio a due passi da Piazza Maggiore. Il locale, che si distingue certamente per la cura dei dettagli e per 74

l’atmosfera liberty, propone anche gustosi piatti internazionali. Uomini d’affari, esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo, politici, giornalisti e sportivi, si danno appuntamento qui, legati da un unico denominatore comune, l’arte della buona tavola! Franco, esperto sommelier e uomo di grande raffinatezza che si è fermato a Bologna solo dopo aver lavorato come maitre d’hotel in molte parti del mondo, e Lino, cuoco per passione in grado di abbinare tradizione e fantasia per creare piatti dall’intensa carica emotiva, sono gli inseparabili fratelli Rossi, che hanno dato vita, nel 1975, all’attiva ristorativa. All’ingresso sarete accolti da Giuseppe, maitre di sala e responsabile di una cantina che vanta più di 300 etichette diverse di bottiglie provenienti da ogni regione d’Italia, con un occhio di riguardo alle più importanti maison de Champagne. Bianchi, rossi, rosè, passiti, liquori e distillati selezionati tra produttori di vino italiani ed esteri saranno consigliati come abbinamento di ogni piatto. La maggior parte delle materie prime scelte

come ingredienti delle sfiziose e singolari ricette che gusterete sono a Km 0. Tutto è di alto livello, la tavola è apparecchiata con classe e sicuramente non troverete bottiglie di alcuna bevanda, ma degli attenti camerieri in smoking vi serviranno ogni volta vino, acqua e pane. Attualmente il ristorante Franco Rossi collabora con 3 diverse scuole alberghiere per tramandare un modo di lavorare colto e di grande stile. Prerogativa del cuoco è sicuramente creare piatti sì semplici ma saporiti e presentati con molta cura. E se volete festeggiare una data importante a lume di candela in intimità con persone care, Franco possiede una deliziosa tavernetta sotterranea circondata da grandi bottiglie d’annata. Vi lascerà un ricordo indimenticabile pieno di suggestioni. Per ogni occasione, per il turista straniero esigente, per la famiglia, per riunioni di affari, per incontri gioiosi, lo chef Lino propone un menù intriganti, dall’antipasto al dolce. E allora, buon appetito! E arrivederci a Bologna... da Franco Rossi naturalmente.


Encomio alla qualità: identità di un’azienda Parliamo spesso di qualità in vigna e in cantina per ottenere un prodotto speciale e questa è la prerogativa di Terredora, l’azienda vitivinicola di Montefusco. Ho avuto occasione di conoscere l’azienda e una famiglia, quella di Walter Mastroberardino, con i figli, Daniela, Lucio e Paolo, che mi hanno insegnato la filosofia della vigna. Ho chiesto a Paolo Mastroberardino com’é possibile avere una così variegata tipologia di terreni. Sono queste - ci dice - le zone più vocate alla coltivazione della vigna; allora impariamo che CampoRe è il terroir coltiva-

Ristorante O’ Carpino Situato all’interno del Parco dei Monti Picentini, nel cuore della verde Irpinia, il ristorante O’ Carpino (dal nome dalla località in cui si trova) ha una ventennale tradizione a carattere prettamente familiare, ponendo particolare attenzione al territorio e a quello che offre nelle diverse stagioni dell’anno, variando di volta in volta i piatti che restano sempre legati alla tradizione contadina. I porcini e i tartufi di cui sono ricchi i nostri boschi si sposano bene con le paste fatte esclusivamente a mano, come tradizione vuole. Da assaggiare: le tagliatelle ai funghi porcini, i ravioli di ricotta mantecata al tartufo nero, i fusilli avellinesi e i cavatielli passati al forno in tegame di terracotta con ragù napoletano e mozzarella e i paccheri al ragù di cinghiale. Da non trascurare le minestre quali scarola e fagioli, o la verza con le patate, la zuppa di orzo castagne e porcini, accompagnate dal pane fatto da noi cotto nel forno a legna e le rape e patate con la pizza di granone, un piatto povero della cucina contadina serinese. Le carni provengono tutte da pascoli di bovini e ovini e suini all’aperto all’interno del Parco dei Monti Picentini che oltre per le loro carni tra cui la pregiata razza podolica e per la preparazione di salumi tipici, vengono allevati anche per il latte che danno ai formaggi un gusto unico. Oltre alle varie carni alla brace da provare la tagliata di manzo servita su pietra lavica, la cacciagione in umido, il baccalà preparato in vari modi e la carn ‘e puorc patane e pepaine (carne di maiale con patate e peperoni all’aceto) un piatto tipico del periodo invernale. I dolci, sempre fatti in casa, variano in base alle stagioni anche se in questo periodo la fanno da padrone i dolci a base di noci e nocciole ma soprattutto castagne di cui il nostro territorio è ricco e rinomato in tutto il mondo senza trascurare le immancabili caldarroste.

to sia a Fiano che ad Aglianico. Un altro territorio il Terre di Dora, e poi ancora con Terre degli Angeli, Loggia della Serra e Pioppo del Cappuccino, da cui nascono i crù di Greco di Tufo Docg. In ogni sorso di Greco di Tufo trovate la differenza, Loggia della Serra, o Terre degli Angeli. Il Fiano di Avellino del crù CampoRe e quello di Terre di Dora, per non parlare dell’Aglianico, che poi diventa Taurasi con gli anni trascorsi in cantina, e in un sorso sentiremo i profumi di un vino dove le mani sono quelle di uomini cresciuti con l’idea di dare identità ai loro vini.

Terredora di Paolo s.s.a. (Società Semplice Agricola) Via Serra Snc 83030 Montefusco (Av) - Italia Tel.++39.0825.968215 Fax ++39.0825.963022 www.terredora.com info@terredora.com

Cosciotto di faraona farcito con fonduta di caciocavallo podolico e tartufo nero di Serino Ingredienti per 4 persone: 4 cosciotti di faraona da 180 gr 100 gr di pane raffermo 200 gr di funghi porcini 10 gr di tartufo nero 50 gr di caciocavallo grattuggiato 100 gr di salsiccia 2 bicchieri di Taurasi Prezzemolo, olio, sale, pepe, rosmarino qb Per la fonduta: 150 gr di latte 20 gr di burro 150 gr di caciocavallo podolico 1 tuorlo d’uovo Preparazione Dissossare i cosciotti di faraona. Far soffriggere i funghi porcini con la salsiccia. Aggiungere poi il pane raffermo, il caciocavallo grattugiato, tartufo nero, prezzemolo, sale e pepe qb. Farcire i cosciotti. Cuocere per 20 minuti in forno a 180° aggiungendo olio e rosmarino e bagnare con il Taurasi. Per la fonduta sciogliere adagio gli ingredienti e alla fine amalgamare con il tuorlo d’uovo. Stendere la fonduta a specchio nel piatto. Adagiare il cosciotto precedentemente scaloppato. Decorare con tartufo nero a fette. Buon appetito.


chef italiani nel mondo

di Gianluigi Pagano

Daniel Evangelista Chef professionista da più di 22 anni, è proprietario di un ristorante nella capitale turca che si chiama Peperoncino. Da subito il locale ha riscontrato un notevole successo, tanto che è prevista l’apertura di un locale simile a Istanbul. Dichiara: «i clienti adorano la cucina italiana e in particolare la pasta, che faccio tutta rigorosamente a mano».

Bucatini all’amatriciana con cipolla di Tropea Ingredienti: • 80 gr di bucatini fatti in casa • 80 gr di pomodori pelati a strappo Graziella (che potete trovare qui: viedelgustostore.com) • 15 gr di pancetta steccata tagliata a dadini • 15 gr di cipolla rossa di Tropea • 1 pezzetto di peperoncino • 1 spicchio di aglio • 10 gr di olio extra vergine di oliva • un pizzico di sale marino e pepe nero • 5 gr di prezzemolo trito • 10 gr di Grana Padano • 2 cl di vino bianco secco

Procedimento: Fate soffriggere nell’olio di oliva extravergine la cipolla con la pancetta, l’aglio e il peperoncino e spruzzatele con il vino bianco, aggiungete i pelati schiacciati con una forchetta e aggiustate di sale e pepe. Aggiungete i bucatini precedentemente bolliti in abbondante acqua salata e amalgamate il tutto con il Grana Padano e il trito di prezzemolo.

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Soffice di carrubba al miele su salsa al cioccolato, gocce di carota e arancia, ai profumi di Moscato Ingredienti: (Dolce vegano senza glutine) 300 gr di farina di riso 90 gr di farina di tapioca 25 gr di farina di carruba 150 gr di zucchero 60 gr di uvetta secca 50 gr di olio di riso 60 gr di mandorle tostate 1 bustina di lievito Latte di mandorla sale q.b. Scorzetta d’arancia Moscato di Pantelleria Riso soffiato 1 carota 1 arancia 100 gr di cioccolato 30 gr di crema di latte Fiori di gelsomino Semi di lino Miele di agrumi

Procedimento: Bollite una parte di latte di mandorle con la carruba e filtrate il composto; impastate le farine, lo zucchero, con il lievito e il latte di mandorle. Aggiungete l’uvetta (messa a bagno nel Moscato), tritate le mandorle aggiungendo al composto le scorzette di arancia e un pizzico di sale. Lasciate riposare per 1 ora, stufate una carota e frullatela col succo d’arancia, passate al colino. Sciogliete il cioccolato con la panna e cuocete il composto all’interno di una teglia a 180°C per circa 20’. Tagliate a tranci e sovrapponeteli, spalmati di miele. Vaporizzate col Moscato. Pasquale Caliri Si è formato all’Alma, la scuola d’alta cucina di Gualtiero Marchesi. Appassionato di cucina d’avanguardia ha ampliato le sue conoscenze presso vari ristoranti, anche stellati. Proprietario de La Movida, fucina di ristorazione madrilena, e Personal Chef a Milano. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti, è Sous Chef Premier all’Hotel Komsomolskiy di Perm in Russia.


Inghemarck Guida Originario di Vico Equense, lavora da vent’anni in ristoranti e prestigiosi hotel in Europa. Si ispira alla vocazione contadina del territorio, dando grande spazio all’innovazione. È il creatore del progetto www. chefacasavostra.com

Spaghetti con vongole, fiori di zucchine e Provolone del Monaco Dop Ingredienti: 400 gr di spaghetti 300 gr di vongole 150 gr di fiori di zucca 150 gr di Provolone del Monaco Dop. 150 ml di panna 80 ml di olio extravergine d’oliva 50 gr di prezzemolo 1 spicchio d’aglio

Procedimento: Sciogliete a bagnomaria il Provolone del Monaco Dop con la panna. Fate aprire le vongole con un po’ d’acqua, sgusciatele a mezzo guscio e conservatene l’acqua di cottura. Cuocete gli spaghetti, rosolate l’aglio con l’olio e appena si imbiondisce toglietelo e rosolatevi i fiori di zucca tagliati a julienne e le vongole con la loro acqua. Scolate gli spaghetti e mantecateli con il sugo e con un paio di cucchiai di fuso di Provolone e prezzemolo. Adagiate nel piatto di portata e completate con il fuso di Provolone Dop.

Foie gras al tartufo nero, gelatina di basilico e sorbetto al ribes rosso Ingredienti per 4 persone: 400 gr di foie gras 200 gr di sorbetto al ribes rosso 20 gr di gelatina di basilico 10 gr di ristretto di balsamico 2 gr di erba cipollina 4 gr di tartufo nero 2 gr di olio al basilico sale, pepe, zucchero di canna q.b.

Procedimento: Condite la scaloppa di foie gras con sale, pepe e zucchero di canna, fatela rosolare in padella da entrambi i lati e finite in forno la cottura a 180°C per 3 minuti. Tagliate a cubetti la gelatina di basilico e procedete per l’assemblaggio del piatto adagiando su un lato la scaloppa di foie gras; al centro versate il ristretto di balsamico e dall’altro lato mettete una quenelle di sorbetto. Ultimate con scaglie di tartufo nero, erba cipollina, ribes fresco, gelatina di basilico e qualche goccia di olio al basilico.

Luigi Ferraro Chef calabrese sempre in movimento, così come la sua cucina. Nell’ultimo decennio ha lavorato a Sharm el Sheik, Stoccarda, Londra, Bangkok, George Town, New York, e ora vive a Mosca dove propone la sua cucina creativa mediterranea in uno dei migliori ristoranti della città: il Cafe Calvados.

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In Viaggio 80

Fidelissima Licata Le tante sorprese di un’antica città inserita in un magnifico contesto ambientale fra mare, pianure e montagna

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Serbia, dove l’Europa ha sapore d’Oriente Questo lembo dell’antico impero asburgico ha un fascino speciale che si manifesta nelle bellezze paesaggistiche, nel multiculturalismo e nel dinamismo artistico

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Capo Vaticano, il mare degli Dei Nella terza spiaggia più bella d’Italia con l’imbarazzo di scegliere tra le bellezze marine e il fascino del folclore e dei sapori forti del territorio

da pag. 94

Rubriche

• Lezioni di ospitalità

Novi Sad. Alla scoperta delle bellezze serbe. Pag 84

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emozionidiviaggio

Le tante sorprese di un’antica città inserita in un magnifico contesto ambientale fra mare, pianura e montagna e impreziosita da notevoli architetture civili e religiose, resti archeologici e una messe di sapori Nel cuore dell’agrigentino, a soli 30 minuti di guida dalla Valle dei Templi, alla foce del Salso, antico Himera, sorge la piccola, affascinante Licata, una città antichissima, fuori dal turismo di massa, che attraverso ogni pietra racconta le sue remote origini e le vicende delle popolazioni che vi si insediarono attraverso i secoli. Fondata intorno al VI sec a.C. da coloni rodio cretesi, è sempre stata, grazie al suo fiume navigabile e alla presenza del suo promontorio Ecnomo, un sicuro attracco per le numerose imbarcazioni mercantili che solcavano il Mediterraneo e uno strategico osservatorio del traffico marittimo. Quale porta di accesso alla ricchissima Trinacria, la città ha sempre stimolato gli appetiti di ogni nuovo conquistatore. Nel corso dei secoli Licata ha infatti visto avvicendarsi Fenici, Greci, Cartaginesi, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Angioini, Aragonesi, Spagnoli fino alle truppe piemontesi al tempo dell’unificazione italiana e allo sbarco de-

Fidelissima Licata di Giancarlo Roversi - foto Paolo Barone

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gli eserciti degli Alleati nel 1943. Il centro storico sorge al limite occidentale del Golfo di Gela, in una magnifica situazione ambientale che da sola meriterebbe la visita di questi luoghi. Il litorale conserva caratteri di incontaminazione che ne fanno uno dei più belli di tutta la costa meridionale della Sicilia, soprattutto per l’alternarsi di tratti sabbiosi e rocciosi ammantati da estese praterie di Posidonia oceanica. Il primo nucleo di Licata si sviluppò durante il periodo bizan-


In apertura: particolare della facciata di uno dei Palazzi della Marina. A sinistra: Municipio Liberty a firma Ernesto Basile

I sapori

La cucina offre splendide emozioni e indimenticabili esperienze sensoriali grazie all’ampia presenza di trattorie, ristoranti e vinerie che esaltano le due anime di Licata, quella agricola con i piatti a base di verdure e carni arrosto che premiano gli ottimi vini rossi locali, e quella marinara che, con i suoi antipasti di sarde mpalavittate e i fritti misti, trova nei bianchi delle colline licatesi un connubio di grande eleganza. Per gustare appieno i frutti della terra è consigliabile una sosta presso L’Oste e il Sacrestano, mentre per il pesce fresco cucinato in modo tradizionale basta fare un salto alla trattoria Donna Rosa o al ristorante Don Chisciotte, approdi ideali per gli amanti delle delizie marinare. Meta immancabile per ogni buongustaio è il pluripremiato ristorante La Madia di Pino Cuttaia, il valente chef Licatese divenuto famoso anche oltre i confini siciliani e italiani. Dopo una lauta mangiata non c’è niente di meglio che una bella granita di limone del bar Azzurro alla marina. Per che desidera conoscerla a fondo, Licata offre anche una vasta scelta di B&B e hotel di buon livello, in particolare l’antica dimora S. Girolamo, il Baia d’oro e il Faro.

La costa e le spiagge Il territorio di Licata si sviluppa per circa 20 km su una costa formata da magnifiche scogliere che si alternano a spiagge di ciottoli in un continuo avvicendarsi di promontori, cale e calette e lunghi tratti di spiagge tra cui quelle molto apprezzate di Poggio di Guardia, Playa, Marianello, Cavalluccio, Nicolizia, Balatazze (o Caduta Colonne), Mollarella, Poliscia, San Nicola, Rocca, Pisciotto, Foce della Gallina, e Torre di Gaffe.

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emozionidiviaggio

Nikao: il primo passito di Nero d’Avola Nella piana di Licata alla foce del fiume Salso (l’antico Himera) lungo i Campi Geloi di greca memoria, proprio in faccia al mare africano, si estende la tenuta dei baroni La Lumia con una superficie complessiva di 150 ettari di ottima terra fortemente vocata alla coltivazione della vite. L’azienda vinifica esclusivamente uve proprie che hanno origine da vitigni autoctoni selezionati tra i migliori di Sicilia: Nero d’Avola, Inzolia, Nerello Mascalese e Frappato, dai quali si ottengono vini eccezionali per intensità di aromi e di gusto. Il casale arabeggiante, attorno al quale si impernia tutta la fattoria, è stato edificato alla fine del ’700 e costituisce una delle aziende vinicole più affascinanti dell’isola. L’attuale proprietario, il barone Nicolò, ha continuato l’antica tradizione enologica familiare, coadiuvato dal figlio Salvatore, la cui passione ha dischiuso nuovi orizzonti ai tesori enologici dell’azienda, riportando in auge i vini che in un glorioso passato avevano creato la ricchezza dei coloni rodio cretesi e l’opulenza di Agrigento. Soprattutto l’impareggiabile Nikao (in greco vincitore), il primo passito di Nero d’Avola al mondo, un’autentica rarità del gusto. A paragonarlo ai normali passiti si è completamente fuori strada perché il Nikao, più che un vino da suggello di un pasto importante, è principalmente un’emozione, un vino da intenso raccoglimento. È il frutto della tenacia e dell’entusiasmo del barone Nicolò e di suo figlio Salvatore

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che, dopo instancabili sperimentazioni di appassimento delle uve, hanno saputo estrarre dal Nero d’Avola in purezza la sua essenza più intima e creare un vero capolavoro enologico. Le uve da cui ha origine sono lavorate e vinificate secondo il metodo degli antichi greci, i quali scelsero queste stesse terre accarezzate dalla brezza del mare africano per dar vita a quei vini che resero ricco e rigoglioso il territorio agrigentino. Le uve vengono fatte interamente appassire al sole e poi vinificate. La maturazione in vasca d’acciaio si protrae per almeno due anni mentre quella in bottiglia raggiunge i 12 mesi. Il vino ha un colore rosso rubino carico con riflessi violacei e all’esame olfattivo presenta una gamma aromatica dove spiccano il glicine, la marasca e i fichi. Al gusto si rivela dolce ma non stucchevole, complesso e perfettamente equilibrato. L’epoca di massimo godimento inizia dal secondo anno in avanti. Temperatura di servizio ideale: 22°. Il Nikao si fregia in etichetta della dicitura “ad alto contenuto di resveratrolo”, una sostanza presente nei vini rossi che esercita benefici effetti a livello cardiocircolatorio. Insomma una specie di toccasana! Un privilegio che spetta anche agli altri rossi delle cantine La Lumia (Signorio, Stemma, Torreforte, Cadetto rosso, Delizia del Conte, Don Totò, Limpiados). Le analisi di laboratorio hanno infatti accertato che questi vini, per le particolari condizioni pedoclimatiche dei terreni della tenuta, hanno un contenuto di resveratrolo 3-4 volte superiore a quello degli altri rossi in commercio. I positivi riscontri sono arrivati da tutto il mondo: dal Vinitaly di Verona al Mondial du Vin di Bruxelles; dal Vinexpo di Bordeaux, all’Internetional Challenge Wine di Londra. Il barone Nicolò e suo figlio Salvatore coltivano un’altra ambizione: quella di creare a Licata una realtà vinicola che per qualità e sfruttamento del terreno faccia a gara con gli Chateaux francesi.

Dall’alto: il barone Nicolò La Lumia col figlio Salvatore; la tenuta La Lumia; la selezione delle uve di Nero d’Avola destinate alla produzione del Nikao, il primo passito ottento con questo celebre vitigno


tino, attorno al castello a mare di Lympiados. Nella sua storia non sono mancati momenti drammatici come quello vissuto nel luglio del 1553 quando la città venne saccheggiata e distrutta dal pirata saraceno Dragut. La terribile esperienza indusse gli abitanti a ricostruire le mura e a erigere una superba torre di guardia sulla sommità del colle Sant’Angelo che domina ancora la città. Licata cominciò lentamente a rivivere grazie anche all’immigrazione di un gruppo di abitanti di Malta, approdati sulle sue coste nel 1565 per sfuggire ai continui assedi e saccheggi della flotta ottomana. La colonia maltese venne incrementata da un nuovo sbarco, avvenuto nel 1645, che diede vita al primo borgo fuori dalle mura, l’attuale quartiere di S. Paolo, sulle pendici del colle Sant’Angelo, in prossimità dell’antica chiesa di Santa Agrippina, poi dedicata a San Paolo, prorettore di Malta. Passeggiando oggi per le strette strade del quartiere di Marina o del Cotturo è possibile ammirare l’ingegnoso contributo sia artistico che tecnico dei popoli qui sbarcati. E si resta ammaliati dal luccicante zampillio dell’acqua di una antica fontana araba mentre si gusta una inebriante granita di limone. Dell’incrocio fra le diverse civiltà si ha un riscontro tangibile nella genetica degli abitanti e nelle loro tradizioni. Specie di sera, quando i licatesi dagli occhi verdi, marron scuro o azzurro

Qui sopra: la cappella del Cristo Nero all’interno della Chiesa Madre; sotto, una vasca di fermentazione greca sul Monte Sole (monte eknomon)

cielo, con capelli lisci o ricci dal biondo platino al nero corvino, passeggiano per le vie del centro in un clima di serena giocondità. La gentilezza e l’ospitalità come pure il pianto nei funerali, testimoniano le tradizioni e gli stili di vita del mondo greco arcaico, mentre il sapido cibo, i profumi che si spandono per l’aria e un’atmosfera di piacevole indolenza ricordano la lenta andatura degli arabi nel deserto. La profonda religiosità durante le processioni per la festa del santo patrono o per la Via Crucis riecheggiano la tradizione spagnola. Oggi la vita degli abitanti della città, la Fidelissima Licata, titolo attribuitole da Alfonso I d’Aragona, scorre tranquilla, scandita dall’orologio del Palazzo di Città e dalla bellezza dei tramonti sulle spiagge dorate, ma anche dal superbo contrasto fra le pale verdi di ficodindia e lo sfondo giallo del grano.

Città antichissima, Licata racconta attraverso ogni pietra le sue remote origini e le vicende delle popolazioni che vi si insediarono nei secoli 83


inviaggio

Serbia,

dove l’Europa ha sapore d’Oriente di Francesco Condoluci

Attraversato dal “bel Danubio blu”, questo lembo dell’antico impero asburgico ha un fascino speciale, che non si esaurisce nell’appetibilità degli investimenti e degli scambi commerciali con l’Italia, ma si manifesta nelle non poche bellezze paesaggistiche, nel multiculturalismo e in un dinamismo artistico capace di lasciare il visitatore piacevolmente sorpreso

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Ospitalità, buona cucina, paesaggi mozzafiato, arte e divertimenti in pari misura. Sullo sfondo, un mix di culture e tradizioni orientali e mitteleuropee. Benvenuti in Serbia, cuore balcanico dell’Europa che fu, storico punto di incontro (e di scontro) tra confessioni cristiane e musulmane e nuovo crocevia di bu-

La nuova Serbian way of life tra secolari monasteri ortodossi e i locali alla moda del centro di Belgrado

siness e di rotte alternative al turismo di massa. Chi pensa a una nazione arretrata e ancora sconvolta dalla guerra e dai disordini sociali provocati dagli estremismi etnico-religiosi che portarono alla dissoluzione dell’ex Jugoslavia, si sbaglia.

Nel vecchio regno degli Asburgo, il business parla italiano Oggi, la Serbia è un Paese in pieno boom postricostruzione che percorre a grandi passi il cammino verso l’integrazione nell’UE e, nel frattempo, mantiene la barra dritta verso la crescita, agevolato anche da un’attrattività nei confronti degli investitori esteri che non è scemata nemmeno di fronte alla crisi economica che ha colpito l’Occidente. Sia chiaro: i problemi interni e le difficoltà legate alla proverbiale precarietà degli equilibri politico-geografici dei Balcani non mancano, ma la strada dello sviluppo, tra Belgrado e la Vojvodina, non s’è mai vista così affollata. Per gli italiani poi, la Serbia sembra essere diventata l’ultima frontiera del business, una sorta di “Cina in miniatura” a un’ora e mezza di volo da Milano. Nei quasi limitrofi Friuli e Veneto, ma ora anche nelle altre regioni del Nord, sono sempre più le imprese che guardano all’est appena oltreconfine: 200 quelle già insediate nel piccolo stato balcanico, ma gli investimenti nel metalmeccanico e manifatturiero sono destinati a lievitare ancora, così come le presenze in loco di nostri connazionali. Nel Belpaese insomma, cresce febbrilmente la “voglia di Serbia”, e non solo tra gli imprenditori interessati alle opportunità economiche. In apertura: una veduta notturna di Novi Sad. A destra, dall’alto: la cattedrale ortodossa di Saint Sava e il centro storico di Belgrado visto dal Danubio

Per saperne di più: www.pks.rs www.serbiatravel.it www.srbija.gov.rs

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inviaggio

Affari & nightlife: così Belgrado ha conquistato l’Europa Qualcuno la chiama “la Milano dei Balcani”. Con quasi 2,5 milioni di abitanti e una vocazione commerciale che negli ultimi 10 anni l’ha trasformata nell’area metropolitana più popolosa dell’ex Jugoslavia e in uno dei più importanti nodi d’affari dell’Europa sudorientale, Belgrado oggi – a dispetto della sua tumultuosa storia passata e recente – è una città cosmopolita, moderna, attraversata da fermenti sociali e artistici vivacissimi: nel 2009, ad appena un decennio dai bombardamenti della Nato che la misero a dura prova, la metropoli serba si è aggiudicata, non a caso, il prestigioso riconoscimento di “capitale europea della night life”. Boutique di moda, caffè all’aperto, musica dal vivo, locali con spettacoli di entertainment per tutti i gusti, ristoranti di lusso, trattorie etniche, discoteche dove in estate si balla fino all’alba sotto le mille

luci accese che riflettono le acque del Danubio: per chi vuole sperimentare lo spirito godereccio di Belgrado, c’è solo da scegliere. E infatti, il numero dei giovani in arrivo da tutta Europa cresce di anno in anno. Ma l’ex capitale jugoslava sa offrire ai visitatori anche un altro volto, più classico ma non meno affascinante, legato alla storia millenaria di una città che, ancora oggi, nella sua architettura, nelle opere d’arte e nel folclore, conserva intatti i segni delle dominazioni romane, bizantine, ottomane e asburgiche che ne hanno contraddistinto l’esistenza. Se volete respirare aria da Vecchio Impero austro-ungarico, ad esempio, basta una passeggiata a Ulica Knez Mihailova, la zona pedonale dove sono concentrati gli edifici cittadini più rappresentativi, e vi ritroverete immersi nell’atmosfera da Belle Epoque neoromantica che Belgrado

visse alla fine dell’800. Ulica Kralja Petra I è invece una delle vie più vecchie, dove un tempo c’erano la basilica, le terme e il forum romani e dove oggi ha sede il Patriarcato della Chiesa Serbo-Ortodossa. Ma non dimenticate di fare un salto a Skadarlija, la via dei bohemien serbi, da cui prende vita un intero quartiere dai caratteristici vicoli acciottolati di stampo ottocentesco. Nella visita alla città, fondata dai celti nel III secolo a.C. con il nome originario di Singidunum, non possono mancare quindi le tappe alla Fortezza, al parco Kalemegdan, antico centro storico, all’ex Palazzo Reale Obrenovic oggi sede dell’Assemblea cittadina, e all’incantevole cattedrale ortodossa Saborna Crkva. Hotel: Zira Hotel, Ruzveltova Street 35 Ristoranti: Lorenzo&Kakalamba, Cvijiceva 110 Night Club: Underground Club, Via Pariska 1A

A spasso sul Danubio tra arte, natura e multiculturalità Il fascino esercitato da questo lembo dell’antico impero asburgico, non si esaurisce infatti solo nell’appetibilità degli investimenti. Con le sue non poche bellezze paesaggistiche, il multiculturalismo islamico, ortodosso e occidentale che si riflette nella popolazione variegata (25 etnie presenti su nemmeno 10 milioni di abitanti) e in ogni altro aspetto delle sue città e dei suoi villaggi e il dinamismo artistico che la caratterizza, la Serbia è capace di lasciare piacevolmente sorpreso chiunque. Privo di sbocchi sul mare, il Paese compensa questa lacuna con l’incanto del “bel Danubio blu” che l’attraversa, i laghi e le cascate naturali Zlatibor, le aree protette di montagna che intervallano le fertili pianure agricole, gli impianti sciistici, le stazioni termali di origine romana, i monasteri ortodossi che sono i veri custodi secolari dell’arte e della cultura serba. Affacciata alla modernità grazie alle sue grandi città metropolitane Belgrado e Novi Sad – veri centri di divertimento notturno per tutte le generazioni, tutti gli stili e tutte le tasche – la Serbia rimane tuttavia ancora saldamente ancorata alle sue tradizioni rurali e ama esibire

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con orgoglio e fierezza tutta la sua “tipicità” che si riverbera, in particolare, nell’accoglienza cordiale di stampo contadino dei suoi abitanti e soprattutto nella cucina, ricca e saporita come nella migliore tradizione di campagna.

A tavola: carne, sapori forti e piccanti, e tanta grappa Una ricchezza, quella della tavola serba, che deriva anch’essa, ovviamente, dalla varietà geografica, etnica e culturale e dall’imprevedibile miscela di influenze storiche. La cucina della Serbia nasce infatti dal connubio tra ricette greche, bulgare, turche e ungheresi ed è basata principalmente sulla carne, regina suprema dei piatti locali. Nonostante le mode vegetariane e gli appelli a bilanciare la dieta, i serbi – che mangiano in media tre volte al giorno, aprono tradizionalmente i loro pasti con delle minestre e prediligono i sapori forti e piccanti – non rinunciano mai ad assaporare un pezzo di carne, specie se alla griglia, o i tradizionali cevapcici, polpettine di manzo o di maiale dalla forma allungata onnipresenti nei menù balcanici, così come il burek, una sottile pasta sfoglia farcita all’interno con carne macinata, spezie o formaggio. Per mangiare pesce, invece, bisogna prenotare in uno dei tanti ristoranti ricavati sulle case galleggianti ancorate sul Danubio. Ma chi ha avuto modo di onorare il palato a Belgrado e dintorni non si sarà fatto sfuggire i cibi autoctoni: prosciutto di carne bovina, kajmak (panna), ajvar (crema di peperone), cicvara (pappa fatta di farina, kajmak e acqua). Passando ai dolci, quello d’impronta mediorientale più diffuso è la baklava, costituito da più strati di pasta sfoglia, uniti da burro fuso e da un ripieno di pistacchi e noci macinate. Per chiudere in bellezza, quindi, in Serbia, solitamente si beve la grappa locale, la rakija, spesso fatta in casa, un distillato di frutta con un’importante gradazione alcolica. Ma attenzione: qui si brinda rigorosamente con il tin-

La “tipicità” della Serbia si riverbera anche nella sua gastronomia, frutto di una imprevedibile miscela di influenze storiche, ma ricca e saporita come nella migliore tradizione di campagna

tinnio dei bicchieri e ci si guarda negli occhi e al grido «Živeli!». E i serbi, potete scometterci, su certe usanze non transigono.

Dall’alto i cevapcici, al centro i burek e qui accanto i baklava

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inviaggio

L’intervista Goran Ilic è a capo dell’Ufficio di Rappresentanza della Camera di Commercio della Serbia in Italia, da appena un anno. Ma nel Belpaese ci vive dal 2004. Abbastanza per imparare a conoscere a fondo lo Stivale e innamorarsi dell’Italian style. Giovane, ma con già alle spalle una lunga esperienza nel settore della consulenza alle imprese, Ilic è anche un grande appassionato di vini e di gastronomia e, più in generale, di tutto il made in Italy. La persona giusta, insomma, per lavorare all’intensificazione degli scambi commerciali sul binario italo-serbo. Con lui proviamo a capire come si stanno muovendo e come si potranno muovere in futuro, le relazioni tra questi due Paesi. Direttore, la Serbia dopo gli anni della guerra sta vivendo un momento di espansione importante... «Diciamo che gli ultimi 10 anni, in Serbia, sono stati caratterizzati da una quasi costante crescita del PIL e della domanda interna, da importanti investimenti esteri e da una forte crescita dell’interscambio commerciale con l’estero e in particolare con l’Italia. L’ambiente è favorevole al business, come dimostra la presenza di numerose aziende italiane. C’è un regime fiscale agevolato per le imprese, il governo incentiva gli investimenti esteri e la manodopera è qualificata e a basso costo. E non solo. Non va dimenticata la posizione geografica strategica: la Serbia, oltre alle ex repubbliche sovietiche, è l’unico Paese che ha un accordo di libero scambio con la Russia e anche con Bielorussia, Kazakistan e Turchia». Il settore agroalimentare è uno dei punti di forza. Quali sono i prodotti già internazionalizzati? «L’agro-alimentare ha un ruolo fondamentale nell’economia serba: rappresenta quasi un quarto dell’export totale. Nel 2010 abbiamo esportato prodotti agricoli per un valore di 2,2 miliardi di euro. Il surplus maggiore, oltre 500 milioni, é stato registrato dall’export di cereali: grano e mais sono i più diffusi, seguiti da frutta, mele e prugne, verdura e zucchero. La Serbia inoltre è tra i primi produttori al mondo di lamponi». La Camera di Commercio come si muove per agevolare gli scambi con l’Italia? «Innanzitutto è il primo punto di riferimento per gli imprenditori serbi interessati all’Italia e, dall’altra parte, ci sono tante richieste italiane, sia pubbliche che private, verso il mio Paese. Quindi con i servizi di cui mi occupo in prima persona: parliamo dell’organizzazione di missioni imprenditoriali e incontri B2B sia in Italia che in Serbia, assistenza alle fiere, ricerche di mercato e di partner commerciali e/o produttivi, informazioni su aziende locali. Tut-

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to ciò che contribuisce a stare vicino all’imprenditore sia serbo che italiano e creare un rapporto di fiducia». Ci sono prodotti agroalimentari che possono destare particolarmente l’interesse dei consumer italiani? «Dalla mia esperienza, so che il consumatore italiano è abituato ai prodotti di alta qualità visto la vostra particolare storia, cultura e tradizione alimentare; di conseguenza, credo che gli italiani si distinguano dai consumatori medi di qualsiasi altro paese. All’Italia voglio dire che la Serbia vanta condizioni naturali ideali per la produzione agroalimentare, che i terreni sono tra i più fertili d’Europa e di conseguenza i prodotti sono ottimi. Le imprese agroalimentari serbe sono presenti in tutto il mondo, grazie a un ottimo rapporto qualità/prezzo. C’è un costante aumento degli ordini di carne bovina, tartufi, funghi, lamponi, mele, mais. In particolare, negli ultimi anni, l’industria alimentare è concentrata sull’export di frutta e verdura, succhi, concentrati, marmellate, congelati e frutta secca. Svizzera, Francia, Spagna, Belgio, Germania, Regno Unito, Giappone e Russia hanno già valorizzato il prodotto serbo. Mi auguro lo faccia presto anche l’Italia». Il mercato serbo invece, che rapporto ha col made in Italy? «Il made in Italy, in Serbia, è leader in comparti come calzaturiero, moda-abbigliamento, mobili e arredo e ovviamente enogastronomia. Direi che, in quest’ultimo ambito, è più che evidente il gradimento verso prodotti come vino, pasta, olio e formaggi, eccellenze da tempo posizionate sui menù della cucina serba». Come può crescere ancora l’asse commerciale italo-serbo? «Oltre all’aspetto commerciale, vorrei sottolineare le opportunità di investimento con l’obiettivo di puntare sul mercato locale e dei Balcani ma soprattutto quello russo, per il quale la Serbia, come detto, gode di misure privilegiate. Penso anche al trasferimento della tecnologia e del know-how italiano come nel caso Fiat. Ma non voglio dimenticare altri esempi di cooperazione, più piccoli ma non meno importanti, come ad esempio, per la produzione di mele, nella quale, grazie agli italiani, siamo riusciti ad aumentare l’export. Credo che questi due esempi siano la prova di come possa continuare a crescere, in futuro, il modello di cooperazione economica tra i nostri Paesi, nella consapevolezza che l’Italia è da sempre tra i nostri partner commerciali più importanti al mondo».

Goran Ilic. In alto, la bandiera della Serbia

«Italiani, fidatevi: Serbia vuol dire prodotti di qualità». Parola del direttore della Camera di Commercio serba in Italia



inviaggio

Capo Vaticano, il mare degli Dei Chi va in vacanza a Ricadi, nella “terza spiaggia più bella d’Italia”, ha solo l’imbarazzo di scegliere tra il godersi l’estasi delle bellezze marine, la suggestione dei panorami, l’accoglienza e la festosa allegria dei villaggi turistici, il fascino del folclore e dei giacimenti culturali, il piacere dei sapori forti del territorio

di Francesco Condoluci

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Quando fu il giorno della Calabria, Dio si trovò in pugno 15 mila kmq di argilla con riflessi viola... Si mise all’opera e la Calabria uscì dalle sue mani più bella della California e delle Hawaii... diede alle spiagge la solitudine, all’onda il riflesso del sole... volle il mare sempre viola...

In apertura: i fondali pescosi e cristallini di Capo Vaticano popolati da saraghi, triglie, madrepore e stelle marine. Sotto una scogliera caratteristica della “Costa degli Dei”

(L.Repaci)

Strapiombi mozzafiato, faraglioni che sanno

da quello di Gioia Tauro, estendendosi tra il comune

d’antico e piccole baie accessibili solo dal mare.

di Ricadi e il litorale di Tropea – una costa dalla bel-

Spiagge briose dalla sabbia bianchissima, acque

lezza superba che ancora conserva quel tocco di “in-

da far invidia al Mare dei Caraibi, fondali pescosi

contaminato” capace di renderla unica. Un patrimo-

dove nuotano indisturbati occhiate e saraghi e dove

nio di incommensurabile valore turistico e culturale

le triglie si acquattano tra stupende madrepore e stel-

per l’intera Calabria. Lo chiamano, non a caso, “la Co-

le marine. La macchia mediterranea dell’Appennino

sta degli Dei” questo pezzo della provincia di Vibo

che immerge fiumare e alberi secolari, e davanti alla

Valentia tuffato nel Mar Tirreno che nulla ha da invi-

quale, nelle giornate più luminose, si staglia magica-

diare alle più rinomate località turistiche del pianeta,

mente all’orizzonte il profilo nitido e maestoso delle

se non forse la risonanza mediatica che non sempre

isole Eolie. E ancora: le leggende immerse nelle radici

gli ha reso giustizia. Nonostante ciò, Capo Vaticano di

storiche greco-romane, i sapori caratteristici e la ge-

Ricadi resta “la terza spiaggia più bella d’Italia” e fra

nuinità delle materie prime che rendono inimitabili i

le prime cento al mondo, secondo una classifica stila-

tanti possibili percorsi naturalistici, culturali e gastro-

ta dai francesi. La sua costa inizia dalla Baia di Riaci e

nomici. Tutto questo fa di Capo Vaticano – il graniti-

finisce a quella di Santa Maria: 10 chilometri di spiag-

co e frastagliato promontorio sovrastato dalle propag-

ge incantevoli (tra cui spicca la vivace Grotticelle) e

gini di Monte Poro che divide il Golfo di Sant’Eufemia

vecchie vestigia di dominazioni millenarie, sormon-

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inviaggio

tate, in alto, dal Faro installato 140 anni fa sulla sua punta più estrema. Su questo fantastico punto panoramico da cui, lasciandosi accarezzare dal vento di scirocco, si possono godere scenari da brividi, Giuseppe Berto, lo scrittore veneto che negli ultimi anni di vita fece di Capo Vaticano la sua patria d’adozione, scrisse: “Sacerdoti e indovini qui vi andavano a scrutare il futuro, basandosi sul volo degli uccelli e altre cose. Duecento metri al largo della punta c’è uno scoglio chiamato Mantineo, e in greco ‘manteuo’ significa comunicare con la volontà divina. Il Capo era un posto sacro, e lo è ancora, nonostante tutto”. Secondo la tradizione locale infatti, “sul Mantineo la profetessa Manto faceva il suo vaticinio, predicendo il futuro ai naviganti, prevedendo o scongiurando l’ira dei mostri di Scilla e Cariddi, le correnti marine dello Stretto di Messina”. Chi viene in vacanza da queste parti ha solo l’imbarazzo di scegliere tra il godersi l’estasi delle bellezze marine, la suggestione dei panorami, l’accoglienza e la festosa allegria dei villaggi turistici, il fascino del folclore e della cultura, il piacere dei sapori del territorio. Tra giugno e set-

A destra, una veduta a campo lungo del promontorio di Capo Vaticano di Ricadi

dove comprare Caseificio Salumificio Monteporo F.Lli Pugliese Snc Via Provinciale - Spilinga (Vv) Tel. 096365238 www.monteporo-spilinga.it Artemide Sas. Prodotti Tipici Calabresi Contrada Gurdurello – Capo Vaticano di Ricadi (Vv) Tel. 096366338 info@artemidesas.it www.artemidesas.it Delizie Vaticane di Tropea, mousse di cipolla e altre specialità Via Provinciale - Santa Domenica di Ricadi (Vv) Tel./fax 0963669523 dfurchi@libero.it www.delizievaticane.it

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Le spiagge da vedere • Riaci • Giardinello • Massara Gabbaturco • Formicoli • Torre Marino • Turiano • Torre Ruffa • Tono • Scogliera del Capo • Praia i Focu • Grotticelle • Santa Maria • Porticello


Scelti per voi dove dormire tembre, oltre alle tappa obbligate nelle vicine “perle del Tirreno” , Tropea e Pizzo, imperdibile è il tour nei piccoli centri del Capo, le cui strade ribollono di processioni religiose, sagre e feste popolari allietate dal ballo dei Giganti, i fantocci di cartapesta che rievocano l’amore tra Mata e Grifone, da spettacoli teatrali e fuochi d’artificio. Il tutto, ovviamente impreziosito dai profumi e dagli aromi della stuzzicante cucina tipica calabrese, nella quale la cipolla rossa di casa, quella di Capo VaticanoTropea, è solo la gemma più preziosa di un patrimonio gastronomico locale ricchissimo, che annovera l’immancabile peperoncino piccante secco o sott’olio, i tonni di Bivona e la frittura di surici tra le specialità di pesce, la ‘nduja di Spilinga, i latticini e i salumi di Monte Poro, i funghi delle Serre, i vini di Brattirò, le zuppe di legumi, la fileja e le altre tipiche paste fatte in casa, e per finire, i dolci tradizionali di miele e farina.

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Villaggio residence Torre Ruffa Robinson Un fantastico resort, affacciato sulla splendida spiaggia di Torre Ruffa tra Capo Vaticano e Tropea, che fin dal 1969 mette al servizio dei clienti senso e cultura dell’ospitalità. Ideale per le famiglie con bimbi piccoli, e per una vacanza attiva da godere tra mare, animazione, giochi in piscina, serate danzanti, spettacoli, escursioni e sport di tutti i tipi. Soggiorni disponibili da aprile a settembre in hotel, appartamento o residence. Fascia di prezzo medio-alta. Località Torre Ruffa San Nicolò di Ricadi (Vv) Tel. 0963663185 info@villaggiorobinson.com www.villaggiorobinson.it Hotel Village Eden Immerso nel verde, il villaggio è composto da appartamenti e camere in hotel a 40 metri dal mare della baia più bella di Capo Vaticano, e da dependance situate in altura a 250 m con servizi di trasferimento. Disponibili anche ville panoramiche e villini esterni. Dal bar-ristorante con veranda sul mare si accede direttamente alla spiaggia di sabbia fine incorniciata da stupende scogliere. Aperto da aprile a ottobre. Fascia di prezzo media. Spiaggia Grotticelle Capo Vaticano (Vv) Tel. 0963663949/3470684879 info@edenvillage.it www.edenvillage.it Residence Hotel La Taverna Situato a poche decine di metri dalla spiaggia di Grotticelle, vi stupirà per l’accoglienza e la professionalità che sono un pò il marchio di fabbrica di casa, assieme alla cucina, semplice e genuina, in grado di offrire ricette di tutta la gastronomia nazionale ma sopratutto quelle tipiche del territorio. Il martedì in particolare è dedicato alla cucina locale con ricette che esaltano i sapori calabresi. Feste in piscina divertentissime. Hotel e residence aperto da maggio a ottobre. Fascia di prezzo media. Via Grotticelle San Nicolò di Ricadi (Vv) Tel. 0963663882/3387518404 info@residencelataverna.com www.residencelataverna.com Capovaticano Resort Thalasso & Spa Elegantissimo seaside resort con vista mozzafiato sul vulcano Stromboli e sulle isole Eolie. Membro della esclusiva collezione MGallery. Località Tono, Fraz. San Nicolò (Ricadi) Tel. 0963665760 www.mgallery.com

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lezioni di ospitalità

di Roberto Lavarini Sociologo dell’ambiente e del territorio

L’accoglienza in una regione

Quello pugliese è un territorio che ha tanto da offrire e si sta sempre più aprendo ai flussi turistici, soprattutto dagli Stati Uniti. La sede ENIT di New York ha portato avanti una ricerca per evidenziare le conoscenze e le aspettative dei turisti americani riguardo questa destinazione, con interessanti risultati

“Accogliere” sembra un termine facile ma quando si tratta di applicarlo scopriamo che è estremamente difficile se lo si vuole fare bene. Siamo abituati ad accogliere nella nostra casa, nel nostro albergo e abbiamo inventato nel tempo degli stili che hanno avuto successo perché conosciamo chi ci viene a trovare. Si sente dire qualche volta che noi italiani sappiamo ricevere bene coloro che visitano il nostro paese. Che c’è uno stile tutto nostro frutto di passione, di sensibilità, di esperienza che ci porta a mettere a suo agio chi arriva, a farlo sentire bene, a fargli desiderare di tornare. In effetti non abbiamo solo un sorriso sempre pronto, che già di per sé è molto importante, ma sorridiamo anche con gli occhi e con i gesti e soprattutto cerchiamo di conoscere i nostri clienti. C’è una regione, la Puglia, che ha tanto da offrire e si sta sempre più aprendo ai flussi di turisti soprattutto statunitensi. La sede ENIT di New York diretta dal dottor Riccardo Strano ha affidato alla sua équipe e a Luciano Scarfone, uno studente di Scienze turistiche della IULM di Milano, una ricerca che andasse a evidenziare le conoscenze e le aspettative dei Tour Operator statunitensi riguardo la destinazione Puglia. I risultati sono stati molto interessanti e comunque costituiscono un approccio serio all’incentivazione delle relazioni fra USA e Italia. Va detto, infatti, che l’immaginario della destinazione Italia percepita all’estero, in questo caso negli USA, è legato a forti stereotipi come ad esempio: il mare, il sole, la storia, il food&wine, la tradizione religiosa etc. Sono tutti elementi di grande importanza che riguardano l’intero territorio nazionale piuttosto che una singola regione. Inoltre, i turisti americani conoscono soprattutto le grandi città come Roma, Venezia, Firenze o Milano e difficilmente si avventurano nelle meravigliose contrade se non sulle ali della curiosità o della nostalgia per il paesino da cui magari era partito il loro nonno. I quasi

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200 travel agent che sono stati coinvolti nella rilevazione, sono coloro che hanno dimostrato interesse per la destinazione Puglia e da moltissimi (84%) è stato manifestato il desiderio di partecipare al Symposium del 13-19 novembre 2011 per approfondire le proprie conoscenze. Nel caso della Puglia, infatti, vogliono saperne di più, perché non basta associarla un po’ a tutto: mare, storia, cibo, religione. Cos’altro può offrire ai visitatori statunitensi? Cosa c’è di “emotivamente” rilevante? Vogliono caratterizzare la destinazione offrendo prodotti non standardizzati. Certo, la capacità di accoglienza di una regione si fonda su servizi dati sempre più spesso per scontato: facile accesso mediante aeroporti, ferrovie, autostrade, navi; alberghi di buon livello, informazioni adeguate nella lingua del turista, accompagnatori e guide preparate. Ma questo non basta. Il turista cerca suggestioni, cerca personalizzazione, ossia vuole sentirsi unico e coccolato. Nulla di più facile, molti direbbero, perché è nel nostro stile dare un servizio mirato alla persona. Il problema è che rimane nella sfera dell’intraprendenza personale. Rimane soggettivo e pochi pensano che si possa insegnare e imparare. L’ENIT può aiutare come sta facendo per la Puglia promuovendo ogni singola regione. Può cercare di capire le attese e incentivare le amministrazioni e gli operatori locali a dare risposte serie, strutturate e, soprattutto, affascinanti. Ma non può fermarsi qui. Sarà indispensabile fare una nuova rilevazione rivolta agli stessi travel agent dopo la manifestazione per vedere se le loro attese sono state soddisfatte e se hanno trovato serie opportunità per andare avanti. Ma ha bisogno della collaborazione dei locali, ha bisogno che l’approccio alla corretta ed efficace accoglienza sia il risultato della collaborazione sia fra enti e residenti, sia fra imprese e mercato. Un lavoro utile, necessario, indispensabile e che non può essere ulteriormente rimandato.


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Piaceri 98

Per alpinisti del palato Monovitigno, torbate, barricate... negli ultimi anni il mercato della grappa si è arricchito di varianti e sperimentazioni

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Barolo: un mito che dura nel tempo Un vino importante, austero e ricco di aromi

da pag. 104 Rubriche

• Vini naturali • Trendy • Shopping • In vetrina • Benessere • Arte • Libri

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piaceri Monovitigno, torbate, barricate, speciali… negli ultimi anni il mercato della grappa si è arricchito di varianti e sperimentazioni, incontrando un pubblico sempre più vasto: dai maturi appassionati, ai giovani, alle donne, senza distinzioni geografiche di Piero Baldissera

La grappa pare esser stata concepita dalla Scuola Medica Salernitana che, intono all’anno Mille, codificò le regole della concentrazione dell’alcol attraverso la distillazione e ne prescrisse l’impiego a scopo terapeutico. Da allora, e fino a oggi, la grappa è rimasta un prodotto che i contadini ottenevano nelle loro cantine con strumentazioni di vario genere, atte a sfruttare al massimo persino gli scarti della pigiatura delle uve: le cosiddette vinacce, cioè graspi, bucce e semi rimasti dopo la separazione del mosto. Fino all’Ottocento il termine grappa venne riferito all’acquavite di vinaccia genericamente intesa, ogni regione italiana la denominava in modo diverso, e la produceva con criteri strettamente legati agli usi locali. Amata dalle classi popolari, inserita nel corredo degli alpini come genere di conforto, è stata tradizionalmente snobbata dai ceti benestanti. Ma da qualche lustro a questa parte tutto è cambiato. Risale agli anni Settanta del secolo scorso la brillante intuizione della grappa di monovitigno, ottenuta cioè dalle vinacce di una sola varietà di uve di pregio. Sono nati così prodotti con aromi e con bouquet nuovi, morbidi, fruttati, sapientemente impreziositi da bottiglie ed etichette innovative nella fattura e nel design. L’innovazione continua di tutto il settore ha fatto sparire la vecchia immagine di prodotto “povero”, al punto che oggi non si parla più di un solo tipo di grappa, ma di tante varianti

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Per alpinisti del palato


Se giovane, la grappa, trasparente e incolore, va gustata a fine pasto a una temperatura fra i 10 e i 15 gradi; se invecchiata si apprezza meglio attorno ai 18 gradi diverse: oltre a quelle di monovitigno, ci sono le torbate, le barricate, e le speciali, quelle adatte ad accompagnare il sigaro toscano. E chi più ne ha più ne metta. Proprio grazie al forte dinamismo dei produttori, la grappa ha mantenuto il suo pubblico maturo di

Da sempre i contadini preparano la grappa nelle loro cantine sfruttando persino gli scarti della pigiatura delle uve: graspi, bucce e semi rimasti dopo la separazione del mosto

appassionati, senza essere disdegnata, oggi, dal popolo della notte, dai giovani e da un seguito femminile in continua crescita. Dal nord al sud. Stando alle ricerche di mercato, i consumatori sono in prevalenza uomini, anche se c’è già un nucleo consistente di consumi, circa un terzo, rappresentato dal pubblico femminile. L’età avanzata non è più discriminante: gli over 50 sono infatti ormai una minoranza, mentre la maggior parte degli appassionati si colloca nella fascia fra i 35 e i 50 anni, con una quota non disprezzabile di consumatori appartenenti a segmenti d’età ancora più giovani. Più della metà degli estimatori beve la grappa a casa, a fronte di un terzo che la chiede al bar o al ristorante, mentre un’esigua minoranza la consuma in entrambe le situazioni. In ogni caso è il distillato di gruppo per eccellenza: meno del 5% dei consumatori ama degustare la grappa in solitudine, laddove tutti gli altri preferiscono berla in compagnia. Anche il panorama internazionale segnala un gradimento in sensibile aumento, grazie alle esportazioni che non sembrano aver avuto alcun contraccolpo negativo dall’apprezzamento dell’euro. E a crescere, nel recente passato, sono stati soprattutto i mercati extracomunitari, a dimostrazione di come le produzio-

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piaceri

Amata dalle classi popolari, inserita nel corredo degli alpini come genere di conforto, la grappa è stata tradizionalmente snobbata dai ceti benestanti. Ma da qualche lustro a questa parte tutto è cambiato

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ni di qualità dell’agroalimentare italiano continuino a esser fortemente ricercate a ogni latitudine. Come si degusta la grappa? Se è giovane, trasparente e incolore, va gustata a fine pasto a una temperatura fra i 10 e i 15 gradi, mentre una grappa invecchiata (maturata in legno, di colore variabile tra il giallo chiaro e l’ambrato) si apprezza meglio attorno ai 18 gradi. Il bicchiere ideale in entrambi i casi è il tulipano piccolo, con l’imboccatura ristretta, che va riempito meno della metà per consentire al distillato prima di sprigionare, poi di concentrare in alto i suoi sentori. Quando è buona, la grappa non deve essere ruvida al palato, deve lasciare un retrogusto lungo e piacevole e deve trasmettere un’ampia sensazione di calore. Anche se la grappa viene consumata soprattutto liscia, non manca chi comincia a cimentarsi in miscelazioni, cocktail e abbinamenti con cioccolato, latte, miele e menta. Qualcuno infine sta rispolverando il tradizionale resentìn, ovvero la diluizione con un dito di grappa delle ultime gocce di caffè che rimangono sul fondo della tazzina.

Qui, il classico tulipano da grappa; sotto, l’antica distilleria Mazzetti d’Altavilla durante l’ormai tradizionale giornata di Grapperie Aperte


La Grappa riserva Luigi Bonollo Medaglia d’Oro a “Acquaviti d’Oro” La 6a edizione del prestigioso concorso Acquaviti d’Oro, organizzato dall’ANAG (Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa ed Acqueviti) ha premiato con la Medaglia d’Oro la Grappa Riserva Luigi Bonollo nella categoria “Grappe invecchiate”. Questa l’analisi sensoriale: “Grappa riserva, ottenuta da vinacce di vitigni vari, si presenta di color giallo paglierino brillante. Al naso è intensa, molto fine, con profumi di vaniglia, speziato dolce, frutta matura esotica e note floreali. Lascia in bocca una sensazione armonica, con retrolfatto piacevole e ricco di profumi fruttati e miele di lunga persistenza. Si abbina a un cioccolato fondente 80%”.

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ipiaceridelvino

Il “re dei vini” è forse la definizione che più si addice a questo rosso nobile e generoso, quello che scegli in ogni parte del mondo ogni volta che desideri un vino importante, austero, ricco di aromi, che si conferma a ogni vendemmia come un vino per intenditori

Barolo:

un mito che dura nel tempo

La storia del Barolo ebbe inizio in pieno Risorgimento quando i Savoia guardavano alla Francia come unico punto di riferimento. Già allora sulle tavole dell’aristocrazia arrivavano i prodotti di Bordeaux e Borgogna, i grandi vini secchi di Francia. I vini piemontesi invece erano principalmente dolci, senza struttura e destinati alla pronta beva. Fu in quel periodo che la Marchesa Falletti di Barolo chiese a un enologo francese di grande fama, Louis Oudart, di trasformare il suo vino in un grande vino al fine di renderlo pari ai più nobili prodotti d’Oltrealpe. I risultati ottenuti dal francese furono straordinari, a tal punto che indussero Cavour a chiamare Oudart al suo Castello di Grinzane. Dal Marchese Tancredi Falletti a Re Carlo Alberto, dallo stesso Cavour a Vittorio Emanuele II e al conte Emanuele di Mirafiore, il Barolo ven-

di Roberto Rabachino Giornalista e Presidente IWTO International Wine Tasters Organization

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ne definitivamente connotato come vino aristocratico, di corte, un grande vino da presentare e


Zona di produzione

Il Barolo non è certo un vino facile, è un insieme complesso di sensazioni organolettiche sempre diverse nelle sfumature non da nascondere. Impegnativo ed elegante, il Ba-

La Docg prevede la produzione solo nei comuni di Barolo, Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba per l’intero territorio comunale e La Morra, Novello, Monforte d’Alba, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Roddi e Cherasco per una parte.

Vitigno Il vitigno è il Nebbiolo. Cenni storici risalenti al 1200 d.C. dimostrano quanto questo vitigno sia antico e radicato. Grazie a un documento rinvenuto nella zona di Barolo, sappiamo che nel 1511 veniva chiamato Nebiul. L’etimologia del suo nome deriva dalle nebbie che avvolgono il paesaggio durante la vendemmia, che si svolge nel mese di ottobre. Per il Nebbiolo da Barolo le sottovarietà sono quelle del Michet, Lampia e Rosè.

rolo presenta l’impronta dei terreni in provincia

Invecchiamento

di Cuneo, nel cuore pulsante delle Langhe, dove

Tre anni a partire dal primo gennaio successivo alla raccolta delle uve, di cui due in botti di legno di castagno o di rovere. La specificazione “Riserva” può essere riportata in etichetta solo dopo 5 anni di conservazione in cantina, calcolati sempre a partire dal primo gennaio successivo alla raccolta delle uve.

solo può essere prodotto. Le Langhe, terre magiche, sono in grado di suscitare sempre forti emozioni. In pieno inverno, quando la neve si distende assecondandone i profili. In estate quando i toni verdi delle colline mettono in risalto i disegni geometrici dei filari curati con grande amore dai vignaioli. Le Langhe sono un insieme di fattori unici e inimitabili. La nebbia, il vento, il sole. Un sole, vita per tutti, che riesce sempre a distribuire i suoi raggi lungo quei pendii collinari in modo omogeneo grazie principalmente alla disposizione accurata e precisa dei vigneti. Oggi come in passato il Barolo non è certo un vino facile in quanto insieme complesso di sensazioni organolettiche sempre diverse nelle sfumature. Rosso di grande struttura, elegante e pieno di fascino, si conferma a ogni vendemmia come un vino per veri intenditori. Il tempo, poi, è l’elemento fondamentale per far grande questo vino. Il tempo che ruba i riflessi al mattone e la saggezza al legno delle silenziose cantine. Il profumo, intenso, evolve dal sentore di viola e di rosa canina appassita al goudron (termine che letteralmente significa “catrame” ed è uno dei componenti che si possono trovare nel bouquet di un vino rosso da invecchiamento molto maturo), sfumando in un bouquet etereo, molto peculiare. Un vino forte, capace di mantenersi per tantissimi anni, un vino di grande lignaggio. Gastronomi importanti lo abbinerebbero a qualsiasi portata, ma il meglio del Barolo lo si scopre con gli arrosti, i brasati, la selvaggina e i formaggi.

Le annate Molte le annate storiche del Barolo ma, tra le migliori in assoluto che ho avuto il piacere personale di degustare, cito quelle sotto indicate. Mi fermo all’annata 2000 perché, a mio giudizio, il Barolo da il meglio di sé solo dopo i 10 anni di vita. 1961: grande, vino pieno di carattere, con intensissimo fine profumo e magnifico velluto. 1971: eccezionale, vino splendido per l’armonia e l’equilibrio, profumo intenso. 1978: grande, vino pieno e robusto, profumo intenso, grande stoffa e lunga vitalità. 1982: maestoso, vino pieno e robusto, equilibrato, di profumo intenso, ampio e delicato. 1985: eccezionale, vino di notevole struttura, grande equilibrio e pieno di carattere. 1989: grande, tannicità elegante, delicatamente amarognolo. 1990: unica, vino esaltante e complesso di grande struttura, equilibrio e consistenza. 1997: maestoso, vino splendido di grande complessità, elegante struttura, eccezionale armonia. 1999: grandissimo, elegante, generoso e pieno, importante tannicità. 2000: grande, vino di straordinaria eleganza, complessità e carattere. 103


vini naturali

Nel rispetto dell’uva

di Michela Pallonari Consulente indipendente wine Marketing e Comunicazione culturale

Un minimo d’intervento è quasi necessario: quanto più questo risulta invasivo, però, tanto meno il vino può essere considerato naturale. L’introduzione dell’etichetta sarebbe buona cosa per orientarsi nella scelta, ma non possiamo comunque prescindere da una corretta educazione del consumatore

La condizione ideale che ricercano i produttori di vino più radicali è quella di non aggiungere assolutamente nulla all’uva, né durante la fermentazione né durante l’affinamento, e neppure durante la fermentazione e l’imbottigliamento. Per un vino completamente figlio della natura, del proprio territorio e della propria annata con differenze addirittura da una bottiglia all’altra. Una vinificazione così invasiva comporta dei rischi molto elevati anche per una mano ferma ed è naturale che molti produttori non si sentano di correrli fino in fondo. Un minimo d’intervento sia sull’uva sia sul vino si rende quasi necessaria ma è la quantità minima che fa la differenza tra un vino naturale e uno che non lo è. Naturalmente l’argomento più “focoso” di discussione è quello riguardante la solforosa, anche se le sostanze che si possono aggiungere al vino sono numerose e possono essere molto invasive fino ad arrivare alla sua pastorizzazione. A questo punto una sostanziale linea di demarcazione è che: più si aggiungono sostanze all’uva, meno il vino è naturale. Sicuramente possiamo dividere le sostanze in due fasce: quelle “di bellezza” che servono a modificare la struttura, la consistenza e il sapore del vino (tannini, aromi, gomma arabica) e quelle che servono a stabilizzarlo e farlo evolvere (lieviti ed enzimi). Non credete che i consumatori abbiano diritto di aspettarsi che il vino contenga solo uva fermentata? Dove al massimo sia presente una dose veramente minima di solforosa? Certi abili produttori di vino naturale che amano rischiare, realizzano un vino con zero di solforosa… Incredibile, ma il prodotto che ne risulta è delizioso, non solo in bocca e al palato ma anche in “testa”. Quindi l’unica cosa reale che rimane da fare è che il consumatore finale possa fidarsi del produttore o del venditore. Molti produttori insistono sul fatto che siano inseriti in etichetta gli ingredienti (dimenticavo: sapete che il vino è l’unico prodotto alimentare a non dover indicare in etichetta gli ingredienti? Che strano, no? Strano, ma possibile). In questo modo il consumatore potrebbe scegliere in base al retro etichetta ossia alla sua lunghezza che, quindi, più è corta e più il vino dovrebbe essere naturale. Il

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Come si fa il vino naturale

Alcuni produttori di vino naturale lo realizzano in totale assenza di solforosa: il prodotto che ne risulta è delizioso

consumatore in tutto ciò andrebbe profondamente educato poiché è stato abituato da aziende spudoratamente commerciali a bere un vino perfetto, con odore, con colore pulito, vino chiarificato e senza sbavature… Credetemi nella maggior parte dei casi questi sono vini taroccati, non dico pessimi, ma resi perfetti e quindi taroccati. Credo che il consumatore al momento non sia pronto e, se non avviene questa formazione al gusto, non sia in grado di accettare un vino con qualche difetto, con qualche riduzione e piccola volatile, perché non è abituato ad andare incontro al vino, ad accoglierlo, a farlo parlare della sua terra, della pioggia che ha preso l’uva, della neve e delle gelate inattese, del sole forte quando non è stagione, di quanto ha vissuto i ritmi della natura… Ma il vino ha bisogno di attenzione perché è il frutto della terra e della natura e per questo va protetto e decifrato. È questo l’aspetto più etico del bere naturale, quando i brand aziendali non coprono il gusto e quando il consumatore ha la libertà di esprimere un’emozione, sia essa positiva o negativa.

La filosofia: il principio è di estrarre il prezioso succo d’uva senza inquinarlo nelle varie fasi della lavorazione per ottenere un vino esente da impurità con una stabilità naturale. Questo procedimento permette di bere un vino frutto dalla sola fermentazione del succo d’uva, senza l’aggiunta di nessun additivo. Il metodo: l’uva va coltivata con sistemi biologici. Da una scelta molto accurata delle uve, poi, si passa alla raccolta in piccole casse. In seguito i grappoli interi sono lavati: in tal modo è possibile togliere dalla superficie della buccia i residui degli antiparassitari provenienti dall’inquinamento ambientale depositati sull’acino attraverso le precipitazioni atmosferiche. Poi l’uva lavata e asciugata è pigiata in modo “soffice” per l’estrazione del succo: nella vinificazione in rosso invece, prima della spremitura le bacche preventivamente diraspate sono mantenute in un vinificatore orizzontale fino all’estrazione del colore. Dopo la fermentazione, il vino è conservato senza la presenza dell’ossigeno e dopo il processo di stabilizzazione a freddo è imbottigliato. L’affinamento avviene in bottiglia, dove la conservazione è garantita dall’assenza di ossigeno e dalla sterilità della bottiglia stessa. Attraverso questo procedimento si ottengono vini di ottima qualità esaltando i sapori originali dell’uva e le caratteristiche varietali. Ma sopratutto si creano vini salubri cioè esenti da sostanze tossiche, compresa la famigerata SO2 normalmente usata in tutte le vinificazioni tradizionali, ma totalmente escluso nel processo di lavorazione del vino naturale.

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Oltre la superficie Dalla conoscenza dei materiali e dalla passione per l’architettura di Salvatore Pepe e Mario Coniglio è nato Mosaico Digitale, progetto che unisce la tradizionale tecnica mosaicistica e un innovativo sistema basato sulle più moderne tecnologie digitali, rendendo così possibile la realizzazione di un numero infinito di soluzioni nella forma e nella scansione cromatica

DADA Architecture + Design sarl

Il Mosaico Digitale rivoluziona il mondo della decorazione e dell’arredo. Realizzato in un elemento flessibile e leggero come la resina, il prodotto consente di scomporre qualsiasi immagine in tessere di qualunque forma. Leggero ma solido, Mosaico Digitale è progettato per resistere all’usura del tempo, agli agenti atmosferici e ai raggi ultravioletti, oltre a essere impermeabile all’acqua e ignifugo. L’azienda realizza mosaici di qualunque dimensione personalizzabili al 100%, partendo da un’immagine digitale scelta dal cliente ed elaborata da un esclusivo software ideato dalla Pepe&Con, offrendo quindi la possibilità di arricchire, modificare e creare qualunque tipo di ambiente. L’evoluzione apportata da Mosaico Digitale non si limita, però, al materiale e alla libertà di progettazione, ma riguarda anche la forma. A differenza del tradizionale mosaico, infatti, non ci sono limiti legati all’aspetto delle tessere, che possono essere di qualsiasi dimensione, regolari o irregolari. Estrema personalizzazione anche nella lucidatura e nella consistenza stessa delle tessere di resina, che possono essere più rigide o più morbide a seconda della cristallizzazione che viene data durante la produzione. Qualora la superficie dovesse danneggiarsi, non è necessario sostituire l’intero mosaico, è possibile infatti riprodurre una copia perfetta dell’originale, anche si trattasse di un elemento singolo. Le tessere, inoltre, possono essere arricchite con elementi esterni come Swarovski, chicchi di caffè, sabbia, grano, oro e qualsiasi altro materiale.

Pepe&Con Srl Via Enrico Fermi, 15 - Gravina in Puglia (Ba) Tel. 0803255940 www.mosaicodigitale.it - www.mosaicodautore.it Studio di Architettura Luca Scacchetti


trendy

di Giemme

Per un inizio senza pensieri

1) costume Yamamay; 2) giacca donna Achao, Napapijri; 3) sci SottoZero, Pirelli; 4) valigia Mouse, Fabbrica pelletterie Milano; 5) costume Calzedonia

Prima di metterci a pensare alle nuove tasse, alla crisi, alle cinghie da stringere (per non parlare della fine del mondo incombente!), e ancora prima di fare il punto su un 2011 non facile da archiviare con leggerezza… prendiamoci una meritata vacanza, con il giusto guardaroba In questo inizio di anno tutti noi abbiamo un sogno: scappare dalla realtà e andare lontano. Con la mente questo viaggio è sempre possibile ma fisicamente no. A volte mille problemi ci fermano e allora non abbiamo che una chance: quella di sognare. Iniziare e affrontare un anno come il 2012 non è facile. L’inverno, i problemi economici, le nuove tasse, la fine del mondo… Allora prendiamo una bella valigia e mettiamoci dentro, a seconda delle destinazioni, poche cose essenziali che ci potrebbero servire nel nostro luogo di vacanza. Ma non dimentichiamo: un buon libro, un favoloso ipod appena aggiornato con le ultime hits, qualche medicinale di base, carta, penna, articoli strappati da giornali con indirizzi per ristoranti e luoghi da visitare. Ma più che altro non dimentichiamoci di mettere in valigia tutte le cose negative del 2011 che si sono accatastate nella nostra mente. Quelle sì che vanno lasciate a casa. Ben chiuse in un cassetto. Solo al ritorno vedremo di analizzarle: una a una. Sicuramente troveremo una soluzione. Questo mese vi segnalo solo alcuni capi di moda. Per mete al caldo costumi delle linee cruise Yamamay e Calzedonia. Per mete al freddo giaccone Napapijri e sci Pirelli. E la famosa valigia Mouse della Fabbrica pelletterie Milano.

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shoppin shopping

di Olga Carlini

Accessori… divini La ballerina Cecchi De’ Rossi nasce dallo sviluppo di un concetto circolare che caratterizza le borse realizzate dall’azienda toscana. La scarpa ha una struttura interna in cavallo che sostiene la cover morbida in canguro di forma circolare, che chiudendosi sul piede dà vita a un gioco di onde. Il sistema di chiusura a elastico ricorda quello degli scarponi da sci: la scarpa risulta quindi facile da indossare, confortevole e leggera. Caratteristica principale della ballerina però è l’innovativo metodo di tintura realizzato con gli scarti della vinificazione, frutto della creatività e della lungimiranza di Tommaso Cecchi De’ Rossi, peculiarità originale della produzione aziendale. Prezzo: 504 euro

Design prêt-à-porter Fa parte della nuova collezione Phantom, la body bag firmata Momodesign. Linee pulite e informali, forme squadrate, evidenziate dalle scelte materiche e cromatiche: il tessuto gommato e il blu navy. Il logo Momodesign, declinato in bianco, diventa segno grafico distintivo. Prezzo: 75 euro

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Doppia velocità, tripla dimensione LG offre un’esperienza tridimensionale in completa mobilità: Optimus 3D è il primo smartphone che permette di guardare, creare, giocare e condividere in 3D senza occhialini. Inoltre, con LG Optimus 3D è possibile convertire foto e video in 3D e, con la Gaming Edition, scaricare gratuitamente 14 giochi tutti in 3D per trascorrere il tempo libero. Prezzo: 603,99 euro


ng Scent of woman

Morbida eleganza

Intramontabile e moderno, Burberry Body racchiude tutte le qualità del brand del lusso inglese. Femminile, caldo e naturalmente sensuale, con un’eclettica combinazione di raffinati ingredienti, le cui note di testa sono fresia, assenzio verde e pesca, che si fondo con l’iris, la rosa e il sandalo, lasciando spazio nel fondo a cashmeran, muschio, ambra e vaniglia. Prezzo: 110 euro

Per combattere il freddo nel modo più confortevole e raffinato, i guanti Alberta Ferretti sono in 100% pelle di capra scamosciata con interno foderato. Impreziositi da un delicato ricamo. Prezzo: 120 euro

Anniversario di stile Per celebrare i 125 anni del Punzone di Ginevra, Chopard presenta un’edizione limitata di 125 esemplari del suo modello L.U.C XPS in oro rosa 18 carati dalle linee essenziali e dinamiche, dal quadrante color cioccolato con finitura satinata a raggi di sole, impreziosita da una finestrella per l’indicazione della data, e dal logo del Punzone di Ginevra a ore 12. Prezzo: 13.910 euro

Seduzioni femminili Occhiale da sole in acetato dalla forma ampia e morbida, sottolineata da spessori accentuati e allungati (mod. B.V. 185/S). Femminile e affascinante, il modello seduce con un glamour irresistibile; adatto anche per lenti da vista, è decorato dalle iconiche cifre di stile di Bottega Veneta: le aste con l’anima in metallo lavorata in Intrecciato, le cinque viti a vista e la piccola farfalla sui terminali. La palette cromatica comprende i toni raffinati del nero, del corno nocciola striato, del corno verde striato e del grigio/avana. Prezzo: 280 euro

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in vetrina tendenze

di Saro Trovato

Glam tascabile L’eleganza e lo stile della Costa Azzurra nell’esclusiva lattina di Perrier C’è chi in borsa porta un lettore musicale, un buon libro o una consolle per videogame. In tutti e tre i casi l’oggetto irrinunciabile serve a regalare un po’ di conforto o sollievo in particolari momenti della giornata, e immerge chi li adopera nel fantastico mondo della musica, nell’immaginazione iconografica della scrittura o nell’accattivante universo dei videogame. Ogni oggetto ha dentro di sé un mondo e chiunque lo desidera può liberarlo o penetrarlo. La parola d’ordine è astrarsi dalla realtà per vivere emozioni lontane ma al tempo stesso uniche e irrinunciabili. E cosa c’è di più accattivante delle esclusive atmosfere della Costa Azzurra? Oggi quel sogno di lusso ed eleganza evocato da località come Monaco, Cannes e Nizza, si trasforma facilmente in realtà! Nessun biglietto aereo però: è infatti possibile rivivere quel magico clima attraverso lo stile e l’eleganza della prima acqua minerale in lattina, facilmente trasportabile e desti-

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nata a essere alla stregua di un accessorio irrinunciabile. A introdurre questa tendenza non poteva non essere la Perrier, da sempre l’acqua più chic del mondo, lontana anni luce dalle altre minerali per innovazione e glamour, al punto che gli addetti ai lavori e i critici la considerano un premium drink frizzante. Da sempre Perrier è considerata lo champagne delle acque minerali: protagonista di uno stile di vita chic e anticonvenzionale, è conosciuta e apprezzata nei locali di tutto il mondo. Moderna ed edonista, l’acqua Perrier è il premium drink frizzante e naturale per tutti coloro che ricercano il massimo della freschezza; è elegante e salutare, e oggi facile da portare in borsetta grazie alla nuova lattina. Consumata nei bar, all’aperto, in viaggio, alle feste, con gli amici, come aperitivo o a tavola, in qualsiasi stagione dell’anno, l’acqua Perrier valorizza i cibi con la sua intensa effervescenza, da sola o come ingrediente di cocktail e long drink.


Cosa si nasconde dietro un risultato perfetto

il sistema completo Winterhalter

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benessere

di Francesca Frediani

Relax e benessere nel cuore dell’Umbria

Dall’oftalmologia l’innovazione della bellezza

Da un antico monastero secentesco immerso in un bellissimo parco di alberi secolari, è nato il Park Hotel ai Cappuccini (membro del prestigioso Small Luxury Hotels), una splendida struttura alberghiera che si trova a Gubbio, sulle colline umbre e lontano dai ritmi frenetici urbani. All’interno la nuovissima e meravigliosa Spa di Aveda (una delle pochissime in Italia) con percorsi e trattamenti esclusivi dedicati al benessere che si fondono nell’atmosfera unica e originale del luogo. La struttura propone di continuo offerte speciali per i suoi ospiti. Per L’Epifania, ad esempio, è previsto un pacchetto benessere in mezza pensione & Spa di 2 notti (in camera doppia) a partire da 320 euro a persona. www.parkhotelaicappuccini.it

Si chiama Apot.care ed è la prima e unica gamma di cosmesi francosvizzera a base di componenti utilizzati in oftalmologia. I principi attivi impiegati nella cura degli occhi, altamente sicuri per la pelle, vengono trasferiti nei trattamenti quotidiani di bellezza, dimostrando scientificamente un’efficacia anti-età senza uguali. La linea è composta da sei prodotti specifici tra i quali la Lozione Micellare Irido-Radiant (detergente lenitivo, che svolge un’azione profonda di pulizia rispettando la pelle), il Siero Giornaliero IridoRadiant (per un’azione riparatrice, un incarnato perfetto e maggiore luminosità della pelle), fino al Siero Trattamento intensivo Irido Radiant per un’azione intensiva di 7 giorni da ripetere per 6 mesi. Prezzi a partire da 35 euro (per la Lozione Micellare), nelle profumerie selezionate. www.officinaparfum.com

La ricetta dell’eterna giovinezza

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Latte Corpo Melograno è l’ultimo nato dell’Officina Farmaceutica di Santa Maria Novella di Firenze, il marchio che vanta oltre 400 anni di storia a opera di frati domenicani dediti alla coltivazione di erbe officinali. Il melograno è da sempre sinonimo di giovinezza eterna e fertilità grazie alle sue proprietà vitaminiche e antiossidanti e, proprio per questo, il marchio fiorentino ha messo a punto una crema per il corpo fluida, di facile assorbimento, emolliente e rinfrescante. Flacone in vendita da 250 ml. Prezzo su richiesta. www.smnovella.com

Tentazioni iberiche… per due! Il Mercure Santo Domingo Hotel, un 4 stelle situato nel centro storico di Madrid, propone a tutte le coppie un weekend davvero speciale in magnifiche camere a tema. Il pacchetto “Tentazioni per due”, valido fino al 31 marzo 2012, offre l’opportunità di poter vivere in coppia le diverse attrazioni dell’hotel. Include la sistemazione in camera doppia superior, bottiglia di champagne con selezione di cioccolatini, prima colazione servita in camera, cena romantica all’interno del ristorante Sandò, cocktail nelle suggestive grotte risalenti al periodo dell’inquisizione e possibilità di late check-out fino alle ore 14. Prezzo speciale di 129 euro per notte a persona (Iva esclusa), con sconti ulteriori se si arriva di domenica o di lunedì. www.santodomingo.es


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C’è qualcosa di nuovo nel bicchiere

Alla fonte del benessere Acqualight: un nuovo modo di vivere l’acqua, sia questa per dissetarsi, cucinare o curare la casa; un nuovo modo di pensare a concetti come l’ecologia, il risparmio e la salute

Azienda dinamica, affermatasi nel settore del trattamento delle acque, che, oltre ai propri prodotti, offre ai clienti stili di vita orientati al benessere, Acqualight è nata nel 2008; grazie alle numerose collaborazioni strette con partner italiani e internazionali, ha acquisito competenze e professionalità sia nell’ambito domestico che in quello industriale, offrendo sistemi per la purificazione e l’addolcimento tanto semplici quanto efficaci. Semplici nell’istallazione, che non richiede interventi murari o invasivi, e nell’utilizzo, completamente computerizzato e automatico; efficaci perché i risultati sono tangibili nel breve e nel medio/lungo periodo. Istallando gli impianti Acqualight basati sui processi di microfiltrazione, ultrafiltrazione, nanofiltrazione, osmosi inversa e, la più innovativa delle tecnologie, ionizzazione con ricostruzione del DNA originario dell’acqua, bere dal rubinetto di casa o presso il proprio ristorante di fiducia diventa una nuova abitudine, sapendo di poter godere di un’acqua più sicura e più pura. Sostanze come cloro, calcare, nitrati, metalli pesanti, elementi

nocivi attualmente presenti nelle nostre acque, vengono rimosse garantendo un gusto piacevole e di giusto equilibrio salino. Per non parlare dell’evidente risparmio economico: per una famiglia di 4 persone si calcolano circa mille litri di acqua minerale in un anno, per una spesa di circa 300 euro, mentre un metro cubo d’acqua del rubinetto, pari a 1000 litri, costa poco meno di 1 euro! E ancora, consideriamo i vantaggi ambientali, relativi sia al taglio nell’acquisto e dunque nella produzione e nello smaltimento di bottiglie in Pet, sia alla possibilità di evitare di utilizzare prodotti aggiuntivi, come anticalcare per gli elettrodomestici o shampoo speciali per i capelli. Una rete capillare di assistenza inoltre garantisce all’utente massima disponibilità in caso di guasto o per il semplice mantenimento del prodotto nel tempo.

Tra le proposte in casa Acqualight, due nuovi sistemi di filtrazione Crystal Light e Water Life DNA. Il primo è un sistema pozzo che, con un solo prodotto, risolve il problema di calcare, ferro, manganese, ammoniaca, arsenico e Ph; il secondo, adattabile ad ogni impianto a osmosi inversa prodotto in Italia (e non solo), è in grado di trasformare il vecchio impianto in uno di ionizzazione dell’acqua ricostruendone il DNA originario, quindi con il massimo potere rigenerante. L’intento è quello di dare, da una parte, una valida soluzione a tutti coloro che utilizzano acqua di pozzo, dall’altra, di offrire un’alternativa agli imprenditori (e non) che si vogliano distinguere offrendo ai propri clienti un’acqua oligominerale purissima e che fa bene alla salute, fresca, naturale o gasata.

Acqua Light Viale Giulietti, 31 Casteggio (Pv) Tel. 03831911065 www.acqua-light.it


arte

di Gilda Ciaruffoli

Artefiera – Art First

Anthony James Ex modello, Anthony James è oggi il nome di punta dell’arte contemporanea Usa. Fondendo precisione tecnica, ripetitività e spettacolarità, James mette a nudo l’influenza del Pop e del Minimalismo sull’arte e sulla cultura contemporanee. Il corpus delle sue opere sperimenta i mezzi più disparati: strutture in acciaio, grossolani disegni composti da tubi al neon, meccanismi placcati nickel, intimistici dipinti a olio. Nelle sue ultime opere, dal titolo Consciousness & Portraits of Sacrifice, James prosegue la ricerca sul concetto di ritualità e racchiude foreste vergini di legno di betulla in vetrine simili a un tempio, che si espandono all’infinito grazie al gioco degli specchi e collocano lo spettatore in uno spazio distante e innaturale.

Tra i più importanti eventi in Italia dedicati all’arte moderna e contemporanea, vede protagoniste prestigiose gallerie di tutto il mondo che qui incontrano un pubblico di esperti e appassionati accorsi per ammirare esposizioni dei più noti artisti contemporanei della scena internazionale.
I visitatori hanno anche l’opportunità di partecipare a incontri focalizzati sulle diverse sfaccettature del collezionismo d’arte, o visitare le numerose installazioni disseminate nel centro storico della città di Bologna, dove l’evento si allarga per coinvolgere la città intera. 27-30 gennaio BolognaFiere - Viale Aldo Moro – Bologna www.artefiera.bolognafiere.it

dal 12 gennaio Brand New Gallery - Via Farini, 32 – Milano www.brandnew-gallery.com

Il Quirinale. Dall’Unità ai nostri giorni

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La mostra intende, da una parte, illustrare il patrimonio artistico, la politica di acquisizione di opere d’arte da parte dei sovrani di casa Savoia, e il successivo impegno dei Presidenti della Repubblica volto allo studio, al restauro, alla scoperta, alla gestione degli edifici, dei giardini e dei tesori d’arte custoditi nel Palazzo. Dall’altra, sotto il profilo storico-istituzionale, la riflessione parte dal ruolo svolto dai Savoia (e dalle consorti dei sovrani, in particolare dalla regina Margherita alla quale è dedicata un’apposita sezione) per poi approfondire l’attività dei Presidenti della Repubblica. Esposti dunque oggetti del Quirinale – libri, quadri, livree –, documenti di archivio e ritagli stampa, con ampio uso di fotografie, registrazioni sonore e riprese cinematografiche e televisive. Allestimento di Luca Ronconi.

Non si è mai fatta in Italia una mostra sulla pittura americana del XX secolo, che la analizzi e la percorra completamente. Solo, di tanto in tanto, qualche esposizione monografica. La rassegna di San Marino non ha ovviamente l’ambizione di tracciare questo percorso nella sua interezza, perché il numero di opere, una ventina, non lo consente. Ma si presenta comunque come la prima circostanza in cui, attraverso nomi celebri, la vicenda pittorica statunitense del Novecento viene almeno raccontata lungo tutto lo scorrere del secolo.

fino al 17 marzo

dal 21 gennaio

Palazzo del Quirinale Piazza del Quirinale – Roma www.quirinale.it

Palazzo Sums – Via G. B. Belluzzi, 1 Repubblica di San Marino www.lineadombra.it

Da Hopper a Warhol


Hotel Caesius Thermae & Spa Resort

Coccolati e in forma sul Garda Sono cinque gli edifici che costituiscono la struttura immersa nel verde e distribuita su una superficie di 40mila metri quadrati, di cui 3mila interamente dedicati a salute e remise en forme dell’Hotel Cæsius Thermæ & Spa Resort. Fiore all’occhiello è infatti il centro benessere che dispone di piscina coperta, idromassaggio, calidarium, sauna, mediterraneo, solarium, docce emozionali, vasca fredda e confortevoli aree relax dove ritemprarsi con tè e tisane. Grazie al Cæsius Beauty Center, massaggi, trattamenti estetici atti a soddisfare ogni esigenza, coccole e relax sono assicurati, così come la voglia di natura, appagata sia dal Centro Termale, grazie al quale godere di tutte le virtù minerali dell’acqua, sia dal grande giardino florido di acque, dagli uliveti e dai vigneti tra i quali passeggiare, dai tour in bicicletta alle uscite in barca con il veliero san Nicolò. L’Hotel offre anche la possibilità di partecipare a escursioni e serate di opera lirica in Arena, usufruire delle convenzioni con selezionati campi da golf e, in alcuni periodi, dell’uso gratuito di sette campi da tennis. Senza dimenticare che il lago e la spiaggia distano pochissimi metri dalla struttura. Interessante anche il programma di corretta nutrizione che prevede visita medica e dieta fisiologica personalizzata con menù a base di alimenti biologici dagli effetti equilibranti, ricostituenti, snellenti e, se il caso, dimagranti. Rigoroso nella sua filosofia dello star bene, il Centro Ayurvedico è l’ennesimo punto di forza dell’albergo. Sotto la guida di un medico esperto nel settore si può così intraprendere una terapia completamente incentrata sulla celebre scienza indiana. Seguiteci su facebook, flickr e youtube.

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Hotel Cæsius Thermæ & Spa Resort (****) Via Peschiera, 3 - Bardolino (Vr) Tel. 0457219100 www.hotelcaesiusterme.com

A pochi passi dal centro storico della cittadina di Bardolino, l’Hotel Cæsius Thermæ & Spa Resort apre le porte a un’avventura fatta di ospitalità e calde atmosfere. Resort complesso e completo, garantisce il massimo del relax grazie a una magnifica Spa, alle piscine esterne e interne, alla zona termale e alla wellness, alle sue confortevoli 185 camere e a un’ottima cucina (anche ayurvedica)

Diverse cucine, stessa qualità Sono addirittura tre le cucine offerte dall’Hotel Caesius: una naturale orientata al benessere, l’Ayurvedica, curata dal dottor Pomari (e qui proposta non come una moda, ma come un vero e proprio stile di alimentazione finalizzato a ritrovare o a mantenere un sano equilibrio psicofisico) e la cucina del territorio, a chilometro zero. Tutte e tre recano la firma degli chef Alessandro Salandini ed Emanuele Selvi e sono all’insegna dell’eccellenza. Non a caso l’Hotel Caesius, già inserito nella Guida del Gambero Rosso 2011, si riconferma, anche per il 2012, l’unico hotel del Lago di Garda sponda Veronese presente nel prestigioso vademecum con punteggio incoraggiante di 74/100, per avere valorizzato i prodotti del territorio.


libri letti per voi Il libro del mese Almanacco Barbanera Editoriale Campi 8/9 euro

Ricorre quest'anno il 250° anniversario dalla prima edizione: due secoli e mezzo che fanno di Barbanera un classico del buon vivere, una tradizione italiana che non ha mai perso il suo fascino. Tante buone pratiche fra passato e presente, tra città e campagna, per queste pagine dense di consigli, pensieri, cose da leggere e da fare.

di Gilda Ciaruffoli

Un tour gastronomico tra la Via Emilia e il West

Gli scoiattoli di Central Park sono tristi il lunedì

Bolli bolli pentolino Editoriale Scienza 12,90 euro

Il volume raccoglie l'esperienza maturata in più di 40 anni nelle cucine dei Nidi d'infanzia bolognesi, famosi per la loro eccellenza. Tante le ricette per i più piccoli e i consigli di nutrizionisti e pedagogisti.

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Katherine Pancol Dalai Editore 20 euro "La felicità ci inganna e dura un istante. La domenica i turisti affollano il parco, ma il lunedì?". È questa la morale che i protagonisti di questo romanzo corale traggono dai vivaci abitanti e veri padroni di Central Park, gli scoiattoli. Tante le vicende raccontate, per un mosaico di vite che si intrecciano inaspettatamente, in una storia corale, terzo capitolo di una ideale trilogia, da leggere e amare, se non l'avete ancora fatto.

In due c'è più gusto

L'America in Vespa

La cucina Tex-Mex

Chiara e Angela Maci Pendragon 15 euro «Adoro Bologna, i suoi portici e la genuinità della gente. Ma c'è poco da fare. Io mi sento campana e cilentana al 100%» ha dichiarato Chiara Maci, bloggher, volto televisivo e grande appassionata di cucina, bolognese di adozione e simbolo, agli occhi dei tanti che già la amano, di una certa solarità e piacevolezza tutte emiliane. Con la sorella Angela cura il blog www. sorelleinpentola.com e sempre con lei pubblica oggi il suo primo, sfiziosissimo, libro di ricette.

Giorgio Serafino Mursia 16 euro Classe '75, marchigiano, l'autore di questo volume, nel 2010, ha deciso di intraprendere assieme a sua moglie quello che per molti è il Viaggio: percorrere la Route 66 in sella a una vecchia Vespa 50 Special, portata a nuova vita per l'occasione. Il volume è un godibile reportage di questa avventura a stelle e strisce.

Laurel Evans Ponte alle Grazie 14 euro "Considerate questo testo come una guida del paesaggio gastronomico del Texas, pensando a ogni capitolo come una differente destinazione nel nostro grande Stato". Introduce così l'autrice, texana di settima generazione e milanese ad honorem, questo volume in bilico tra il libro di viaggio e quello di ricette, alla scoperta di una terra dai sapori tutti da esplorare.

Bologna la dolce Katia Brentani Damster Edizioni 9 euro Un anno di golosità bolognesi, scandite mese per mese da detti dialettali e ricette della tradizione. Per quanti abbiano provato il gusto unico della cucina del capoluogo emiliano e se ne siano innamorati. Scrive l'autrice: "Da bolognese Doc spero di farvi amare questa città godereccia come lo amo io e permettervi [...] di cogliere gli umori, le passioni, gli odori e i sapori che porto nel cuore".


Casa Ponziana azienda agricola biologica di Caterina Salerno

Vini da uve biologiche, nel cuore della Magna GrĂŚcia, in un lembo di terra che baciando il mare di Riace evoca miti e antiche leggende PhĂ­los: rosso da Calabrese, Gaglioppo e Greco Nero Himeros: rosato da Gaglioppo e Calabrese

Inrete

AgĂĄpe: bianco da Mantonico in purezza

Casa Ponziana \ Azienda agricola biologica di Caterina Salerno - Via Milano 13, Catanzaro 88100 Vigne | Stignano SS106, km 125,300 (RC) - Cantina | Riace Marina, via Nazionale 15 (RC) www.casaponziana.it | info@casaponziana.it T 338 4311989 \ 339 5931371 \ 327 0998533




selezioni

Il nobile gusto della tradizione Nella piana di Licata, là dove sfocia il fiume Salso (antico Himera), nei Campi Geloi di greca memoria, prospiciente il mare africano, si estende la tenuta dei Baroni La Lumia. Il casale arabeggiante, attorno al quale si impernia tutta l’azienda, è stato edificato alla fine del ’700 e costituisce una delle proprietà vinicole più affascinanti dell’isola

Tenuta La Lumia sorge a 7 km dal centro di Licata; l’antico casato La Lumia vanta origini Longobarde e giunge in Sicilia al seguito del Re Martino intorno al 1300. Ai primi dell’800 Don Totò diede inizio al ramo di Licata. Uomo di grande intraprendenza e lungimiranza, Don Totò sviluppò un gran numero di attività sul territorio e ingrandì i propri possedimenti terrieri praticandovi una modernissima agricoltura, privilegiando l’arte della vigna e del vino, sino all’imbottigliamento. Ancora oggi, i 40 ettari attivati a vigneto, che hanno origine da strati gessosi-solfiferi e godono di un microclima unico per luminosità, giusta vicinanza al mare ed escursione termica, confermano la loro natura di territorio fortemente vocato alla coltivazione della vite. Nelle antiche strutture della Tenuta, dove un tempo si conservavano grano, leguminose e biade, è stata realizzata una cantina funzionale e moderna nel rispetto della tradizione che le varietà autoctone impongono quale eredità di antiche pratiche e conoscenze locali che risalgono alle tradizioni greche. L’azienda vinifica esclusivamente uve proprie che hanno origine da vitigni autoctoni selezionati tra i migliori di Sicilia: Nero d’Avola, Inzolia, Nerello Mascalese e Frappato. L’attuale proprietario, Nicolò, ha infatti continuato con passione e competenza l’antica tradizione enologica, facendo rivivere quei vini che in un glorioso passato avevano creato la ricchezza dei coloni rodio-cretesi e l’opulenza di Agrigento. L’intero processo produttivo, dalla vinificazione alla lavorazione, dall’invecchiamento all’imbottigliamento, avviene tra le antiche e solide mura dello splendido casale, sotto il diretto controllo del barone Nicolò e del figlio Salvatore.

In foto Salvatore, figlio del barone Nicolò proprietario della tenuta, e due scorci degli interni e delle vigne

Itinerari tra vigna e cantina Varie le possibilità di visita alla Tenuta La Lumia, differenziate in termini di tempo, livello di approfondimento tecnico e attività, grazie alle quali è possibile conoscere le produzioni aziendali e gustarne i frutti, grazie alle degustazioni con le quali le visite solitamente si concludono. All’interno del baglio inoltre è possibile visitare un piccolo Museo degli arnesi di lavoro e delle attrezzature di uso quotidiano legati alla vita agreste che si svolgeva sia nei campi sia all’interno delle mura del casale.

Tenuta Barone Nicolò La Lumia c/da Pozzillo Licata (Ag) Tel./ Fax: 0922891709 www.baronelalumia.it


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Dolcezze d’altri tempi Per scoprire le origini dell’azienda Davide Barbero, occorre tornare indietro di ben 5 generazioni e risalire alla richiesta della licenza di produrre torroni e noasetti da parte di Melchiorre Barbero. Era il 1883, e così nasceva a Mombercelli d’Asti la realtà che oggi come ieri si caratterizza per la produzione del torrone friabile artigianale e per il finissimo cioccolato Condotta dalla stessa famiglia da oltre un secolo, la torroneria e cioccolateria Davide Barbero produce dolciumi mantenendo immutata la qualità delle materie prime impiegate, oggi come allora. Autentiche ghiottonerie per intenditori sono i vari tipi di torrone della Barbero con un esaltazione massima del Friabile Piemontese che viene prodotto mantenendo la ricetta tradizionale astigiana e che ha ricevuto ultimamente il marchio Deco, Denominazione comunale di origine. Nella storica sede nel cuore di Asti, la produzione si estende al Gianduja, tipico

cioccolato del Piemonte, ai grissini Rubatà ricoperti di cioccolato, alle tavolette di torrone Gran Cru e a mille altre leccornie. Grande importanza viene data alla Pasqua, con la produzione di uova di ogni dimensione, ovetti, gallinelle e campanelle. Entrare alla Barbero, sede tutta raccolta intorno al cortile ricco di profumi, o nello spaccio che si affaccia su Via Brofferio, significa incontrare un bel pezzo di civiltà fatta di lavoro, costanza, rispetto della tradizione, fedeltà ai sani valori del Piemonte, a cui si ispirano i Barbero, oggi come allora.

Barbero Davide srl Via Brofferio, 84 - Asti Tel. 0141594004 www.barberodavide.it

La Collezione Barbero Le macchine storiche, i documenti originali, le foto di un tempo sono conservate all’interno della Collezione Macchine Antiche per il Cioccolato Barbero. Ogni anno sono moltissime le persone di diverse nazionalità che visitano la collezione e i locali di produzione dell’azienda. La Barbero rappresenta un vero e proprio museo che lavora e che affascina per l’artigianalità della produzione e per la location in un caseggiato stile liberty. La visita rappresenta un’esperienza unica e interessante e si conclude con una dolce degustazione.


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State già pensando alle vacanze estive? Segnate in agenda l’indirizzo della Tenuta La Chiusa di Portoferraio, dove sorseggiare un fresco bicchiere di Vermentino in un contesto idilliaco, tra verde e mare incontaminati

La nuova Doc dell’Isola d’Elba Dalla vendemmia 2011 anche il vitigno Vermentino potrà fregiarsi della Doc Isola d’Elba, una delle isole più spettacolari del mar Tirreno dove quest’uva viene coltivata sui terrazzamenti a picco sul mare, nelle piane soleggiate oppure nelle ex cave di ferro. La natura del terroir dell’Elba, di cui fanno parte i terreni vulcanici e sassosi, le argille, l’alta concentrazione di minerali, insieme alla macchia mediterranea e al clima dell’isola, è la caratteristica che accomuna questo territorio a molte regioni mediterranee come la Sardegna e la Liguria, in cui il Vermentino ha potuto esprimersi al meglio. In particolare presso la Tenuta La Chiusa, dove i vigneti che circondano l’antico casale e la villa dell’800 si spingono sino a lambire il mare, il vitigno Vermentino dà il meglio di sé. Grazie alla ricchezza di argilla e ferro dei terreni della Tenuta si ottiene un vino corposo, profumato, ma, allo stesso tempo, un vino in grado di mantenere un’elegante nota fresca data dalla sua acidità e dalla sua sapidità; caratteristiche queste che ne fanno un vino di pronta beva adatto ad accompagnare antipasti di pesce, come tartar di tonno o ricciola; si sposa perfettamente anche con i primi, come i risotti a base di verdure, e certamente non disdegna di essere abbinato a formaggi dolci, magari di media consistenza e non troppo stagionati. Perfetto in estate, accompagna allegre serate sull’isola e allieta l’ospite stanco dopo una giornata di mare. La Tenuta, dove potrete degustare questo vino, è una location spettacolare, come la vista che si può godere dal punto vendita. Un posto che ha il sapore di altri tempi.

Tenuta La Chiusa Loc. Magazzini, 93 - Portoferraio (Li) Tel. 0565933046 - www.tenutalachiusa.it


Greco di Bianco Azienda Agricola Umberto Ceratti S.S. 106 (Km 82) C.da Palazzi 89030 Casignana Mare (RC) Italia (tra Bianco e Bovalino)

Distribuito da Vie del Gusto Store Viale Zara 28 - 20124 Milano Tel. 0289053270 - Fax 0289053290 www.viedelgustostore.com


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Viticoltori con le radici nel territorio Credere molto nel proprio territorio e nelle sue potenzialità vinicole. Questo il filo conduttore che sta alla base della produzione dell’azienda Taverna Pur essendo oggi una realtà giovane e innovativa, l’azienda Taverna nasce e si sviluppa fin dai primi anni cinquanta. La famiglia Lunati, da sempre strettamente legata al proprio territorio, ha coltivato nel tempo la volontà di lavorare per una sempre maggiore qualità del prodotto, il che comporta un investimento continuo e al passo con i tempi sia in innovazione tecnologica che in sperimentazione di pertinenza di esperti del settore. Proprio per questo motivo, Taverna ha spesso collaborato con l’Università degli Studi della Basilicata, anche con l’intento di valorizzare il patrimonio vitivinicolo della zona per la sua promozione, cosa che l’ha portata a svolgere un ruolo preponderante all’interno di un contesto territoriale e socioeconomico più ampio. Tra le attività portate avanti dall’azienda, il cui contributo alla ripresa del lavoro nelle campagne locali e al loro ripopolamento è notevole, da ricordare un importante progetto per il recupero degli antichi vitigni autoctoni in collaborazione con il mondo uni“Il territorio versitario e il Consiglio per la Ricerca della provincia di e la Sperimentazione in Agricoltura. Matera è molto importante «Nella nostra idea di azienda – cone con esso quei vitigni che da clude Lunati – non può mancare il secoli maggiormente ne sono contatto con il territorio e con le stata l’espressione, dimenticati persone. Cerchiamo di essere molsfortunatamente per far posto to attivi organizzando eventi che coinvolgono gli abitanti, sia attraad alloctoni più in voga e verso occasioni istituzionali, come maggiormente richiesti Cantine Aperte, che mondani e culdal mercato” turali, come mostre d’arte». Pasquale Lunati

Società Agricola Taverna Contrada Taverna - Nova Siri (Mt) Tel. 0835877083 - www.aataverna.com


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Sapori di Piemonte

Fondato nel 1887 da un oste bizzarro che favoleggiava con gli avventori sulle leggende di una nave che trasportava immense ricchezze nei mari del Sud, il ristorante Vascello d’Oro è una tappa imperdibile per gli amanti del bollito misto di Riccardo Lagorio

Sta sul “ponte” del suo Vascello d’Oro Giuseppe Cravero (Beppe per gli amici), pizzo appena ingrigito ed enorme cappello da cuoco. L’attesa di clienti non è mai lunga: un via vai incessante che dalla strada centrale di Carrù si dirige alla sua Casa è circostanza frequente (mai di domenica sera e di lunedì, quando il locale chiude). Giuseppe Cravero, la moglie Lidia e il figlio Marco hanno fatto rivivere dall’1 maggio 1982 le mura della pioda (ovvero l’osteria: testimoni il parquet consunto dal tempo e dagli incalcolabili tacchi, i rintocchi del cucù, i mobili e le madie) fondata nel 1887 da tale Conti, oste bizzarro che favoleggiava con gli avventori sulle leggende di una nave che trasportava immense ricchezze nei mari del Sud. Spiegato il singolare nome, attesto che il vascello continua a portare con sé tesori e ricchezze che danno altrettanto piacere. Anche se di ben altra sostanza, e degne di essere consumate a braccetto con una delle regali etichette in elenco sulla carta dei vini. Il menù dettato a voce prevede la partenza con antipasti d’uso piemontese, che incontri già all’ingresso accomodati su generosi tavoli. In ordine sparso e per personale predilezione cito: vitello tonnato, acciughe al verde, fiori di zucchine

con fonduta di formaggi, peperone grigliato con granella di nocciole Piemonte, torta rustica alle erbette, insalata russa tradizionale. E ancora altri, numerosi. Poi una lunga teoria di primi piatti, in cui le paste e gli gnocchi sono di evidente fattura familiare. Le paste sono belle e buone, ma copiabili; i ravioli belli, buoni e irripetibili. Vanno in brodo (e che brodo!), al burro e salvia, al sugo d’arrosto; le tagliatelle sono ricoperte da funghi porcini, al ragù di carne o salsiccia. Deliziosa senza limite la trippa rasata a mano. Poi arriva la migliore ragione per fermarsi in questo vascello delle meraviglie: il gran carrello dei bolliti. Sette tagli sette che vanno dalla punta di petto alla lingua, dalla coda alla gallina, dalla testina (che esige bis) al biancostato, poi stinco, cotechino e trippa a rotazione. Carni di razza Piemontese che sono accompagnati dalle salse o dal semplice sale grosso e olio extravergine d’oliva. Concedetevi però anche un assaggio di batsuà, lo zampino panato e fritto detto calze di seta, o, in alternativa, un assaggio di fritto misto alla piemontese. Dessert (se si è in grado di assorbire ancora calorie) di casa: bunet e torta di nocciola e crema superbe. Qualificata scelta di distillati.

Trattoria Vascello d’Oro Via San Giuseppe, 9 - Carrù (Cn) Tel. 017375478

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Una storia di vino lunga un millennio Da tempi immemorabili i terreni dell’Abbazia Santa Anastasia, fondata da Ruggero d’Altavilla nel XII secolo e oggi prestigioso Relais, regalano uve di altissima qualità, oggi coltivate adottando esclusivamente agricoltura biologica e biodinamica

L’Abbazia Santa Anastasia si estende su una superficie di circa 400 ettari nel comune di Castelbuono (Pa), alle pendici del Parco delle Madonie, dalle quali in lontananza si scorge il mare con le isole Eolie che vi si distendono solennemente. Fondata da Ruggero d’Altavilla nel XII secolo, per lungo tempo l’Abbazia, retta prima dai monaci Teatini e poi dai Benedettini, fu il centro di maggior interesse culturale e lavorativo dell’intera zona. I monaci vi realizzavano vino fin da tempi immemori; vino che veniva allora richiesto dalle più importanti mense baronali e vescovili di Sicilia. Il passare inesorabile dei secoli ha, inevitabilmente, trasformato l’antico maniero in un vero e proprio rudere, con i terreni un tempo rigogliosi e verdeggianti ridotti a immense distese sterili, arse e assolate. Quei terreni, tuttavia, immersi nella macchia mediterranea e con delle condizioni microclimatiche rare, sono tornati, grazie a un profondo e amorevole interesse, a dare uve di altissima qualità adottando esclusivamente agricoltura biologica e biodinamica; l’uva, con l’applicazione della biodinamica moderna, in cantina si trasforma in vini di grande piacevolezza che esprimono la tipicità del terroir e che non lasciano spazio all’indifferenza. L’antico sito dell’Abbazia, da ormai un decennio, è stato trasformato nel romantico Relais Santa Anastasia (29 camere e 2 ristoranti). Il Relais completa un percorso enoturistico raffinato dove è possibile trascorrere momenti magici, tra storia, cultura e tradizione, accompagnati dai vini d’eccellenza prodotti nelle cantine dell’adiacente casa vinicola dell’Abbazia Santa Anastasia.

Abbazia Santa Anastasia

C.da Santa Anastasia - Castelbuono (Pa) Tel. 0921671959 - Fax 0921672527 info@abbaziasantanastasia.it - www.abbaziasantanastasia.it


Benvenuti a bordo La compagnia Air One è lo “Smart Carrier” del gruppo Alitalia, che assicura offerte ampiamente personalizzabili adatte a soddisfare le preferenze di tutti i tipi di viaggiatori, dal più attento al risparmio a coloro più orientati al servizio. Air One è una compagnia giovane e dinamica che offre un’ampia gamma di destinazioni, prezzi competitivi e un servizio semplificato e trasparente.


La flotta Air One si distingue nel panorama internazionale per l’utilizzo di aeromobili moderni, sicuri e confortevoli che ti offrono elevati standard di servizio a bordo. Oggi la flotta è composta da 7 aerei Airbus 320 di nuova generazione, configurati a 180 posti con nuove poltrone in pelle di tipo Slim che offrono la massima comodità per tutta la durata del viaggio.

Praga da 27e

Zagabria

Milano Malpensa

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Pisa Bari

Alghero

Palma

da 24e

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Olbia

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Palermo

da 27e

Trapani Tunisi da 57e

da 24e

Brindisi da 27e

Lamezia Terme

da 27e

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I prezzi si intendono solo andata, tasse incluse.

Napoli

da 27e

da 21e

Catania da 27e

Tirana da 51e

Corfù

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da: Milano Alghero (dal 3/6 al 28/10) Bari Brindisi Catania Napoli Olbia (dal 3/6 al 18/9) Palermo Lamezia Terme Trapani Ibiza (dal 3/6 al 18/9) Minorca (dal 1/7 al 17/9) Palma (dal 1/7 al 18/9) Atene Corf첫 (dal 29/6 al 11/9) Creta (dal 1/7 al 18/9) Rodi (dal 5/7 al 18/9) Praga (dal 19/9) Tirana Tunisi Zagabria (dal 20/9)

da: Pisa

Atene

da 37e

Rodi

Creta

da 31e

da 31e

Catania Lamezia Terme Olbia (dal 1/7 al 11/9) Minorca (dal 2/7 al 10/9) Palma (dal 1/7 al 11/9) Atene (dal 1/7 al 12/9) Praga (dal 19/9) Tirana

Alghero

da: Milano Malpensa durata volo: 1:10 h numero di voli: 1 al giorno

Bari

da: Milano Malpensa durata volo: 1:40 h numero di voli: 2 al giorno

Brindisi

da: Milano Malpensa durata volo: 1:30 h numero di voli: 1 al giorno

Catania

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Napoli

da: Milano Malpensa durata volo: 1:30 h numero di voli: 3 al giorno

Olbia

da: Milano Malpensa durata volo: 1:10 h numero di voli: 1 al giorno da: Pisa durata volo: 00:55 h numero di voli: 1 al giorno

Palermo

da: Milano Malpensa durata volo: 1:40 h numero di voli: 2 al giorno

Lamezia Terme

da: Milano Malpensa durata volo: 1:50 h numero di voli: 1 al giorno da: Pisa durata volo: 1:25 h numero di voli: 1 al giorno

Trapani

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Palma

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Creta

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Rodi

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Tariffe

GO

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VALUE

Cambio data

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(via Call Center e in aeroporto)

Rimborsabilità

Totale

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Bagaglio

a partire da 10€

Millemiglia Alitalia

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Legenda

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Air One Smart Carrier ti permette di scegliere il tuo posto a bordo. Potrai scegliere il tuo posto a bordo in fase di acquisto biglietto o, successivamente, nella sezione modifica prenotazione o durante il web check-in sul nostro sito, via Call Center 199 20 70 80 oppure

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comodamente e facilmente raggiungibile con i principali mezzi dal centro di Milano 8. Alta professionalità per un servizio di qualità: per garantire il massimo piacere dall’esperienza di un viaggio smart, tutto il personale Air One è dedito alla cura del cliente 9. Innovazione: una Flotta di soli Airbus 320 moderna, sicura e confortevole 10. Air One rispetta l’ambiente: i motori di ultima generazione riducono l’emissione di CO2



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