Tutto_Misure 04/2011

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Franco Docchio

EDITORIALE

Buone notizie (nonostante la crisi)

Good news (despite the crisis) Cari lettori! Di solito inizio i miei editoriali con un accenno alla realtà socio-politica del nostro Paese. In questo frangente, mi piacerebbe che mi fosse consentito di evitarlo: la nostra situazione è talmente ingarbugliata e contorta che non ho la competenza per affrontarla. Sono stato a trovare mia moglie Giovanna negli Stati Uniti (v. rubrica sulla Visione Artificiale) e ho potuto toccare con mano la situazione della ricerca di quel Paese, ma soprattutto, avendo passato un weekend con amici in New Jersey (un banchiere in pensione), ho avuto modo di verificare che, in questi ultimi mesi, il nostro Paese è diventato l’ago della bilancia nelle sfide economico-finanziarie mondiali. Fino a sei mesi fa erano l’economia e la finanza USA a dettare le regole del gioco: ci svegliavamo al mattino e l’andamento della Borsa italiana era condizionato dai risultati di Wall Street del giorno prima. Oggi gli occhi del mondo sembrano puntati a ciò che il (non) governo Italiano1 fa per definire gli andamenti delle borse mondiali. Il mondo guarda all’Europa, l’Europa guarda all’Italia (ormai Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda sono confinati a un ruolo di “sparring partners”) e l’Italia… non c’è o, se c’è, rema contro se stessa. Stringiamo i pugni, teniamo duro, confidenti che prima o poi la nostra politica riuscirà a fare un salto di qualità e prendere consapevolezza del ruolo che le è affidato dal contesto europeo e mondiale. Come detto sono reduce da una piacevole settimana al MIT in compagnia di mia moglie Giovanna, dove ho avuto modo di fare “vita di Dipartimento e di Laboratorio”, ma soprattutto di scambiare contatti con colleghi italiani e locali. Da questi ultimi, e dal sentore che ho avuto rispetto all’attività scientifica svolta in quella prestigiosa sede, mi sembra di poter confermare quanto scritto da Giovanna nella sua rubrica, e cioè: (i) i fondi (ingenti, anche se in calo) che pervengono ai ricercatori del MIT sono per lo più statali/federali e le aziende latitano anche lì; (ii) il sistema è caratterizzato da un’elevata efficienza amministrativa e da un’elevatissima capacità e propensione a pubblicizzare l’eccellenza dell’Istituto; (iii) a questo non sempre corrisponde un’obiettiva efficacia del lavoro scientifico dei ricercatori in termini di risultati rapportati ai finanziamenti erogati. E, non ultimo, anche in quella sede l’attenzione alla proprietà industriale non è sempre altissima! Mi crolla un MITo (scusate il gioco di parole)! È sicuramente una buona notizia per noi Italiani, in quanto rivaluta le nostre Sedi, che hanno (ancora) una scarsa propensione alla pubblicizzazione delle proprie ricerche ma, spesso, svolgono ricerche di qualità uguale, se non superiore, rispetto ai cugini sul fiume Charles. V’è da dire che iniziative di promozione della ricerca come quelle locali bresciane vanno nella direzione sperata di far cono-

scere le eccellenze della ricerca in molti settori dell’Ingegneria e delle Biotecnologie. Proprio da questa rinata certezza nelle nostre capacità e nei limiti di istituti più blasonati deriva l’invito forte a Università e Industrie a tenere duro in questi momenti di crisi, sviluppare ogni possibile sinergia e valorizzare al meglio le competenze scientifiche e tecnologiche nazionali. È la seconda volta che chiedo a tutti di “tener duro” su queste pagine, ma consentitemelo! In questo contesto, ho due notizie (buone): la prima è la costante, anzi accresciuta, presenza della Rivista in importanti sedi espositive nazionali. L’ultima, in ordine di tempo, è “Teknomotive 2011”, importante manifestazione del settore del terziario in ambito automotive tenutasi a Brescia alla fine di ottobre. La rivista era presente con uno spazio espositivo, in sinergia con il Quotidiano di Brescia, città che ospitava la manifestazione. Crisi permettendo, è stata un’occasione per stringere rapporti utili per la promozione della Rivista e degli eventi a essa collegati. La seconda notizia è corollario di quanto ho scritto poc’anzi e riguarda l’incremento di contributi, da parte dei portatori d’interesse della rivista, alle notizie in tema di R&D nel campo delle Misure e dell’Automazione. Un numero crescente di “News” e proposte di convegni: questo è il risultato di una campagna di sensibilizzazione finalizzata a promuovere la visibilità delle Associazioni che si riconoscono nella Rivista, per favorire il trasferimento tecnologico delle attività di ricerca svolte dalle Università e dai Centri di Ricerca nazionali. In questo numero viene attivata una rubrica di “Lettere al Direttore”, con lo stimolante contributo di un collega (già preventivamente commentato nello scorso numero telematico) che riguarda la valutazione della didattica dei candidati alle prove abilitanti per l‘ingresso nel mondo dell’Università. Devo dire che sto raccogliendo impressioni del tutto positive da parte di colleghi sull’esigenza di valutare, ad esempio, adeguatamente la didattica dei candidati in aggiunta alla produzione scientifica. In conclusione, un primo caldo invito: continuate a contribuire alla promozione di attività di ricerca, trasferimento tecnologico, brevetti, iniziative portate al successo. Questo vale anche per le aziende, in un’ottica di convivenza e stimolo reciproco. Un secondo “caldissimo” invito: negi USA, più di un interlocutore mi ha invitato a proporre idee innovative italiane e start-up nazionali al mondo del Venture Capital americano, per eventuali finanziamenti (dicono che siano cospicui, da quelle parti!). Scrivetemi: vi farò da tramite! Buona lettura e, naturalmente, buone Feste!

Franco Docchio 1 Per (non) governo intendo qui la (non) partecipazione fattiva a un’armonica dialettica politica e amministrazione della cosa pubblica: oggi siamo alle prese con una (non) maggioranza e una (non) opposizione.

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COMUNICAZIONI, RICERCA E SVILUPPO DA ENTI E IMPRESE

SENSORI IN FIBRA OTTICA E OPTOELETTRONICI PER APPLICAZIONI BIOMEDICHE AL CAMPUS BIO-MEDICO DI ROMA

All’inizio degli anni ‘50 fu il campo delle telecomunicazioni il primo ad accogliere l’innovazione delle fibre ottiche poi, a distanza di un decennio, tale tecnologia fu introdotta anche in ambito medico: le fibre ottiche furono utilizzate per illuminare le cavità interne del corpo umano e ciò diede un forte impulso allo sviluppo della chirurgia laparoscopica e della diagnostica endoscopica. I potenziali impieghi delle fibre ottiche in medicina non si limitano, tuttavia, al mero trasporto di luce nelle applicazioni descritte: alcune peculiari caratteristiche le rendono, infatti, particolarmente adatte alla realizzazione di trasduttori per il monitoraggio di parametri fisiologici in scenari critici. I primi sensori con principio di funzionamento basato su fibra ottica furono realizzati negli anni ’60, ma solo nell’ultimo decennio, grazie alla riduzione dei costi, al miglioramento della qualità e alla miniaturizzazione della componentistica ottica, oltre all’intrinseca immunità alle interferenze elettromagnetiche, tali sensori hanno mostrato una sostanziale crescita commerciale anche in ambito biomedico. Il Laboratorio di Misure e Strumentazione Biomedica dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, in collaborazione con il partner aziendale Ital GM s.r.l., è impegnato nel portare avanti un progetto di ricerca per lo sviluppo e il trasferimento tecnologico aziendale (finanziamento Regione Lazio – Filas – progetto ITINERIS2

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CUP F87G10000120009 “Sensori innovativi in fibra ottica per misure meccaniche in ambito biomedico”), che ha come principale obiettivo l’ideazione d’innovativi sensori in fibra ottica per il monitoraggio di grandezze fisiologiche d’interesse in ambito diagnostico e terapeutico. I primi sforzi sono stati focalizzati sullo sviluppo di trasduttori per il monitoraggio della portata volumetrica di gas erogata in ventilazione artificiale. Il primo sensore sviluppato, composto da un target a forma di “T” e da due coppie nominalmente identiche LEDfotodiodo che ne rendono il principio di funzionamento differenziale, ha mostrato interessanti caratteristiche. Infatti, la ripetibilità, pari a circa li 3% del fondo scala, la soglia di discriminazione (<1l·min-1) e la buona sensibilità, abbinate alla capacità di rilevare il verso della portata e al contenuto valore della resistenza fluidodinamica (<0,34 Pa·l-1·min) introdotta nel circuito paziente, sono caratteristiche da considerarsi pregevoli nello specifico campo d’applicazione. Sebbene questo primo prototipo non contempli la presenza di fibre ottiche, stiamo lavorando sull’implementazione del medesimo principio con fibre ottiche a fini di utilizzo in ambiente Risonanza Magnetica. Un altro trasduttore è costituito da una fibra ottica che convoglia la radiazione emessa da un LED a un position sensitive detector (PSD) in grado di misurare spostamenti dello spot luminoso che lo investe dell’ordine di decine e centinaia di micrometri. L’elevata sensibilità permette di utilizzare tale principio di funzionamento per misurare spostamenti della punta della fibra e, pertanto, tutte le grandezze fisiche in grado di causare tali spostamenti.

Sebbene la forte crescita dell’attività di ricerca e dell’utilizzo in ambito industriale e medico dei sensori in fibra ottica confermi che tale tecnologia sia ormai pronta a diffondersi e sostituire in molte applicazioni i trasduttori convenzionali, la sfida è quella di realizzare sensori robusti, con strumentazione a contorno di costo contenuto. L’introduzione di tali sensori in nuove applicazioni mediche ne consentirebbe l’impiego anche in circostanze nelle quali i trasduttori tradizionali non possono essere usati, come in chirurgia, in concomitanza con l’utilizzo di strumenti di cauterizzazione in radiofrequenza, oppure in risonanza magnetica. Unità Campus Bio-Medico di Roma (E. Schena, S. Silvestri, [e. schena] [s.silvestri]@unicampus.it) IL PROGETTO SIRIO (UNITÀ GMEE DI BARI)

Partecipanti al Progetto

• APULIABIOTECH (www.apuliabio tech.it), società con sede presso il Consorzio C.A.R.S.O. (Centro di Addestramento per la Ricerca Scientifica Oncologica). • CENTRO DI MEDICINA MOLECOLARE, Dipartimento Scienze Biomediche, Università degli Studi di Foggia (www.medicina.unifg.it): attività di ricerca e di diagnostica molecolare in campo nefrologico. • GRUPPO MISURE ELETTRICHE ED ELETTRONICHE, Politecnico di Bari, Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica (http://dee.poliba. it/DEE/DEE.html): attivo su problemi di visione artificiale, analisi e classificazione di dati e immagini mediche, sistemi Scada/Hmi, modellizza-


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Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica (http://dee.poliba.it/ DEE/DEE.html): attivo su problemi di visione artificiale, analisi e classificazione di dati e immagini mediche, sistemi Scada/Hmi, modellizzazione di convertitori A/D e caratterizzazione e monitoraggio di dispositivi e impianti fotovoltaici.

zione di convertitori A/D e di caratterizzazione e monitoraggio di dispositivi e impianti fotovoltaici.

Motivazioni

Compito principale del Centro Servizi (CSS) di Apuliabiotech è la messa a disposizione di diversi centri nefrologici nazionali (50 in tutto), in modalità web, di una cartella clinica che soddisfi le esigenze specifiche della nefrologia. Notevole rilevanza rivestono i dati relativi agli esami di laboratorio eseguiti sui pazienti, che possono arrivare all’operatore oltre che in forma elettronica anche in forma cartacea; in entrambi i casi l’operatore si trova di fronte a un problema difficile da gestire per la mancanza di standardizzazione dei dati elettronici o per la necessità di doverli introdurre manualmente all’interno del software di gestione. In quest’ultimo caso diventa fondamentale il tempo impiegato per l’attività d’immissione dati e la percentuale di errori di trascrizione degli stessi. Questi due fattori incidono notevolmente sul risultato finale, sia per l’evenienza che a causa della poca disponibilità di tempo del personale sanitario le cartelle non vengano inserite, sia perché le stesse sono spesso introdotte in modo incompleto o inesatto. In entrambi i casi si hanno ricadute negative per ciò che attiene il monitoraggio dello stato di salute del paziente e gli studi epidemiologici dei medici. La ricerca ha dunque riguardato la realizzazione di un sistema integrato di gestione informatizzata della cartella clinica in ambito nefrologico. Tale sistema mira a garantire un’assistenza nefrologica completa dal punto di vista diagnostico, amministrativo ed epidemiologico su scala nazionale.

Risultati

Il progetto ha prodotto come risultato finale uno strumento software parametrizzabile, capace di accettare in input dati eterogenei e non strutturati provenienti dall’ambito delle analisi cliniche. Indipendentemente dalla forma d’ingresso (cartacea o elettronica)

Motivazioni

Segmentazione e riconoscimento del tipo di dati

La liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica ha prodotto come effetto collaterale una serie di questioni e problemi non ancora risolti; uno dei più spino-

il sistema è in grado d’interpretarli correttamente e renderli disponibili in un formato digitale standard e utilizzabile da altri software. Filippo Attivissimo, attivissimo@misure.poliba.it IL PROGETTO MIOGERIA (UNITÀ GMEE DI BARI)

Partecipanti al Progetto • ALTANET (www.altanet.it): società che si occupa di soluzioni d’innovazione tecnologica attraverso Internet. Le sue principali aree di ricerca sono lo sviluppo di soluzioni attraverso tecnologie informatiche collegate a Internet, i sistemi di automazione industriale e la progettazione di reti di notevole complessità. • QUALITY SOLUTIONS (www.qualitysolutions.it): società che implementa e realizza sistemi di gestione per l’energia conformemente allo standard UNI CEI EN 16001:209 e alla norma ISO 5000. • DISTRETTO NUOVA ENERGIA (www.lanuovaenergia.it): è una rete di 300 imprese legate tra loro per comparti produttivi o per filiere che svolgono attività di ricerca nel settore delle energie rinnovabili. • GRUPPO MISURE ELETTRICHE ED ELETTRONICHE, Politecnico di Bari,

Il circuito collettore dei segnali provenienti dai sensori di corrente e tensione

si è quello della misura dell’energia prodotta e utilizzata da ogni singolo utente, il monitoraggio della sua qualità, la riduzione dei disturbi che ogni singolo produttore e utilizzatore immettono in rete. D’altro canto, il diffondersi di nuovi e sempre più numerosi impianti di generazione dell’energia da fonti alternative ha prodotto la proliferazione di piccoli distributori che immettono energia nella rete nazionale di distribuzione così che, anche semplici problemi e disturbi a livello locale, possono ripercuotersi sulla rete nazionale. Risulta dunque vitale per il gestore e spesso anche per l’utente identificare, in tempo reale e con elevata precisione, le eventuali fonti di disturbo e quantificare le eventuali perdite nel-

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N. 04ƒ ; 2011 esame, insieme ai direttori della Scuola, delle domande pervenute.

Lista degli argomenti General information on aims and organization of the School (E. Bava and M. Kuehne - School Directors) Introduction Metrology: International organization and impact on society (M Kuehne - BIPM, Paris) New definition of units (T. Quinn - BIPM, Sèvres, FR) Uncertainty in measurements (W. Bich - I.N.Ri.M., Turin, IT) Nanotechnology and Quantum Effects Physical Constants (K. von Klitzing - Nobel Laureate, Max-Planck-Institut für Festkörperforschung, DE) Nanomagnetism (G. Bertotti - I.N.Ri.M., Turin, IT) Quantum Information and Quantum metrology (M. Rastello - I.N.Ri.M., Turin, IT) Nanoparticles (A.M. Rossi - I.N.Ri.M., Turin, IT) Amount of Substance Metrology Biological Standards (L. E. Locascio - NIST, Gaithersburg, USA) Gas Analysis (M. Milton - NPL, Teddington, UK) Chemical and Food metrology (S. A. Wise - NIST, Gaithersburg, USA) Ionizing Radiation for Health (F. Laitano - ENEA, Rome, IT) Optical methods for Environment and Art and Archaeology (P. De Natale - INOA/CNR, Florence, IT) Accurate Radiometry from Space: An Essential Tool for Climate Study (N. Fox - NPL, Teddington, UK) Time and Frequency Cold Atoms and Optical Clocks (K.Helmerson - NIST, Gaithersburg, USA) Microwave Clocks and Fountains (F. Levi - I.N.Ri.M., Turin, IT) Frequency metrology (E. Bava - Politechnic of Turin and I.N.Ri.M., Turin, IT) Time Scales (P. Tavella - I.N.Ri.M., Turin, IT) Physical Constants Quantum Hall Effect (A. Tzalenchuk - NPL, Teddington, UK) Watt Balance: Planck Constant (M. Stock - BIPM, Sèvres, FR) Avogadro Constant (P. Becker - PTB, Braunschweig, DE) Boltzmann Constant (M. de Podestà - NPL, Teddington, UK) Fine Structure Constant (F.Netz - LKB, Paris, FR) Il programma verrà inserito sul sito dell’I.N.Ri.M. quanto prima.

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IL MEGLIO DI METROLOGIA & QUALITÀ

IL TEMA

Francesco Crenna, Giovanni Battista Rossi, Luca Bovio

Misure per il riconoscimento dei volti Il ruolo dell’incertezza di misura nella decisione di riconoscimento

MEASUREMENTS FOR FACES RECOGNITION The paper considers an automatic recognition system as an algorithm that takes decisions based on the results of a face measurement. The authors propose a characterisation of the measurement system, considering the effect of some influence quantities, more than an overall characterisation of the recognition efficiency. Besides that, the paper introduces a compensation scheme for the effect of the recording conditions: this shows a reduction of measurement uncertainty, improving the recognition reliability. RIASSUNTO Il lavoro considera un sistema di riconoscimento automatico dei volti come un algoritmo decisionale basato sui risultati di una misurazione di volti. Propone quindi la caratterizzazione del sistema di misura anche a fronte di possibili grandezze d’influenza, piuttosto che la valutazione complessiva dell’efficienza di riconoscimento. Inoltre viene introdotto un modello per la compensazione degli effetti di alcune condizioni di ripresa che, migliorando i risultati di misura, rende le decisioni di riconoscimento più affidabili. IL RICONOSCIMENTO DEI VOLTI

I sistemi di riconoscimento sono di grande attualità e si ritrovano in una molteplicità di applicazioni nella vita quotidiana. Si possono distinguere applicazioni in cui è necessario confermare una specifica identità di un soggetto ignoto che si propone al sistema, oppure verificare se il medesimo è o meno incluso in un data base. Nel primo caso si tratta dell’autorizzazione di accesso che avviene in seguito a una dichiarazione d’identità: si pensi, per esempio, alla lettura dell’impronta digitale per l’accesso al personal computer. Nel secondo caso si tratta, invece, dell’identificazione di un soggetto in un insieme di soggetti preventivamente codificati. Le tecnologie biometriche disponibili sono molteplici: si pensi alla lettura dell’impronta digitale, al riconoscimento dell’iride o della voce; tra queste, nel presente lavoro si tratterà del riconoscimento dei volti, per quanto le metodologie proposte possano essere trasferite in altri ambiti. Nel seguito ci focalizzeremo su appli-

cazioni che rientrano nella seconda tipologia elencata, in modo particolare sull’identificazione di soggetti indesiderati, tra quelli che frequentano un ambiente pubblico. Tra le metodologie disponibili, il riconoscimento del volto presenta alcuni aspetti vantaggiosi. Prima di tutto, in linea di principio, esso non richiede la collaborazione del soggetto, che in tale modo non subisce restrizioni imposte da specifiche letture biometriche ed è del tutto libero di movimento. Secondariamente il riconoscimento può basarsi su sistemi di acquisizione d’immagini specificamente progettati (per esempio di fronte al banco del check-in negli aeroporti) o già esistenti (sotto forma dei diversi sistemi di video-sorveglianza). Per questi motivi principali il riconoscimento di un individuo sulla base di una immagine del suo volto è di particolare interesse applicativo. Al fine della caratterizzazione del sistema può essere interessante considerare i dati in base ai quali viene presa una decisione relativamente al riconoscimento dell’individuo [6]. Infatti il processo può essere schematiz-

zato come una decisione basata sul risultato di una misurazione, così come avviene, per esempio, nella verifica di una tolleranza in fase di collaudo di un prodotto. Nel caso specifico del riconoscimento le misure effettuate sul volto sotto indagine (il misurando, nel nostro caso) possono essere relative a caratteristiche specifiche o generali del volto [1]. Nel primo caso si può schematicamente pensare a misure della posizione sulla superficie del volto di alcuni punti, detti di repere, come gli angoli della bocca o le estremità degli occhi. Nel caso più diffuso d’immagini bidimensionali, si tratta di una coppia di coordinate per ogni punto, quindi di una misura vettoriale. Nel secondo caso la misura ha un significato fisico meno diretto e vuole misurare le caratteristiche del volto nel suo insieme senza scendere in dettagli specifici [2]. Questo approccio assomiglia in qualche modo al processo cognitivo di riconoscimento in cui non si considerano dettagli specifici, se non in casi di particolare difficoltà [3]. Tali metodi risultano particolarmente robusti nei confronti di possibili camuffamenti, come presenza di barba o baffi, occhiali e via dicendo. D’altra parte essi richiedono immagini di volti ripresi nelle medesime condizioni e tollerano minime variazioni angolari. È quindi d’interesse trattare questi effetti come dovuti a grandezze influenzanti il risultato della misurazione, così come si trattano per esempio gli effetti termici in un sistema di misura tradizionale, per proporre, se possibile, un modello di compensaDIME (Dip. Ingegneria Meccanica, Energetica, della Produzione, dei Trasporti e dei Modelli Matematici) Università di Genova crenna.@dimec.unige.it

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Figura 2 – (a) volto medio, (b) andamento della variabilità all’aumentare del numero di autovolti

dei dettagli, il riconoscimento può quindi essere limitato a 12 parametri che rappresentano la proiezione dei volti lungo le direzioni identificate dai primi 12 autovettori. Essi hanno, peraltro, una somiglianza con gli stessi volti (Fig. 3a), per cui vengono denominati autovolti o eigenfaces. Ciascun volto può dunque essere rappresentato, in modo approssimato, da una combinazione lineare di dodici autovolti, ciascuno moltiplicato per un coefficiente che definisce la proiezione del volto sull’autovolto corrispondente. I coefficienti sono quindi i parametri caratterizzanti ogni volto e possono essere considerati il risultato della misurazione. Disponendo di una serie d’immagini di volti di soggetti noti, ritratti in condizioni controllabili e con la collaborazione del soggetto, è possibile costruire preliminarmente una base di autovolti. In seguito, nell’applicazione pratica, si disporrà di una immagine del volto di un soggetto sconosciuto, registrata sul campo, che verrà proiettata sulla base di autovolti precedentemente costruita. Si disporrà quindi di un punto nello spa-

zio N dimensionale (12 dimensioni nel caso specifico) corrispondente al soggetto sotto test e una serie di punti dovuti ai soggetti di riferimento. L’algoritmo di riconoscimento semplificato considererà la distanza Euclidea tra il punto del volto incognito e ogni punto di riferimento, operando il riconoscimento con l’identità del soggetto che risulta più vicino, ovvero la cui distanza è minima. La Fig. 3b mostra un esempio di distanze tra il volto incognito e i volti noti nello spazio degli autovolti: il soggetto riconosciuto presenta una distanza evidentemente inferiore alle altre. INDAGINE SPERIMENTALE

Le condizioni di ripresa, così come la collaboratività del soggetto, influenzano l’immagine del volto ripresa sul campo e quindi il risultato della misurazione dei parametri caratteristici. È quindi utile caratterizzare il sistema di misura del volto, oltre che per ripetibilità e la riproducibilità, anche al variare di alcune grandezze importanti, come

l’orientamento rispetto all’asse della telecamera, la dimensione del volto nell’immagine, che dipende dalla distanza dalla telecamera, l’espressione e la presenza di occhiali. In Tab. 1 sono riportate le grandezze d’influenza analizzate e i corrispondenti livelli indagati. Verranno quindi analizzati i risultati di misura, ovvero i 12 parametri di ogni immagine di volto al variare delle grandezze d’influenza. Le immagini sono state ottenute tramite un set-up sperimentale, che consente la ripresa dei volti variando le condizioni in modo controllato, e grazie alla collaborazione dei soggetti. Sono stati ripresi complessivamente 28 soggetti per un totale di oltre 3.300 immagini in condizioni variabili. Disponendo d’immagini riprese in diverse condizioni note è stato possibile condurre un’analisi della variabilità per identificare le grandezze che più influenzano i risultati di misura. Per ogni proiezione e ogni soggetto, il valore ottenuto da una singola immagine frontale in condizioni ottimali è stato considerato come valore di riferimento, quindi si sono analizzati gli scostamenti al variare delle grandezze d’influenza. In generale la dimensione del volto, o scala, e l’angolo di rotazione sull’asse verticale, o azimuth, sono risultate essere tra le grandezze maggiormente significative. Si è quindi tentato di predisporre un modello per gli effetti di tali grandezze, sulla falsariga dei modelli utilizzati per gli effetti dovuti agli scostamenti di zero (offset) termici, nella misura delle grandezze fisiche (Fig. 4a). I parametri del modello sono stati stimati da un sottoinsieme dei dati disponibili, mentre il resto è stato utilizzato per la validazione del modello. RISULTATI SPERIMENTALI

Figura 3 – (a) Base di autovolti; (b) esempio di distanze nello spazio degli autovolti

L’effetto della compensazione su una proiezione è visibile in Fig. 4b. Si nota come la distribuzione degli scostamenti, in seguito alla compensazione, assuma un valore atteso prossimo allo zero, e una dispersione inferiore. La variazione del punto nello spazio degli autovolti provoca un cambiamento nelle distanze tra i volti. È pos-











































riale biologico di un soggetto) della vittima sul coltello repertato; ovvero è necessario accertare se l’arma del delitto sia effettivamente quella rinvenuta nella casa di uno degli imputati (in specie Sollecito). Tale indagine è stata svolta tramite l’ausilio di genetisti forensi incaricati dal giudice per le analisi sul reperto. Preliminarmente pare opportuno fare due doverose precisazioni, sulla scorta di quanto rappresentato dalla genetista incaricata delle analisi nel primo grado di giudizio: 1) L’analisi del DNA consente solamente di affermare se il profilo genetico di una determinata persona è presente o meno, ma non permette di determinare quando tale traccia è stata lasciata e, se vi sono più tracce appartenenti a diversi soggetti, non è possibile datarle e collocarle in un orizzonte temporale. Inoltre, per la certezza della presenza di DNA di una certa persona su un determinato reperto, è necessaria una quantità di materiale biologico sufficiente affinché il kit in dotazione per le analisi sia in grado di fornire dati attendibili; 2) Il genetista è chiamato a interpretare dati e risultati che possono essere (secondo quanto riferito dalla stessa consulente) diversamente letti da ciascun perito, ovvero assumono una sorta di dimensione soggettiva. Proprio in relazione a tali due elementi si gioca lo svolgimento della prova sul DNA e, conseguentemente, il suo eventuale ruolo all’interno di un procedimento giudiziario. Risulta evidente, alla luce di quanto affermato poc’anzi, che anche nell’indagine genetica si pone, in termini tecnici, il problema della misura e della sua incertezza, ovviamente dipendente dalla tipologia di misurazione che deve essere effettuata, che trova limiti oggettivi conseguenti al tipo di macchinari di prova utilizzati e limiti soggettivi intimamente legati alla figura specifica del perito incaricato. Nella fattispecie posta all’esame del genetista, per il caso di Perugia va precisato che il materiale biologico a disposizione, rinvenuto presumibilmente sulla lama del coltello, era in quanti-

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METROLOGIA LEGALE

tà esigua (per espressa ammissione del consulente), e pertanto dava luogo a dubbi interpretativi in quanto i dati derivati dalla misura potevano non essere considerati attendibili. Soccorre, però, secondo quanto sostenuto dal consulente giudiziale, la competenza professionale del genetista stesso che, in base al risultato ottenuto in sede di prova e in considerazione delle proprie conoscenze ed esperienza, era posto in grado di fornire una risposta al quesito e determinare la presenza del DNA della vittima mediante l’interpretazione dei picchi rilevati dallo strumento attraverso l’elettroferogramma. Detto procedimento, però, assume aspetti piuttosto delicati sotto il profilo della valutazione dell’incertezza, dal momento che un’inesatta interpretazione dei contributi d’incertezza strumentali può indurre a conclusioni diametralmente opposte. Infatti i diversi picchi rilevati dallo strumento, che consentono d’identificare la presenza o meno di DNA, possono essere considerati in una duplice prospettiva, come alleli o come statter: nel primo caso indicano la presenza di DNA, mentre nel secondo si tratta di un artefatto dell’allele generato dal processo stesso di misurazione, ma non legato a una reale presenza di DNA. In termini metrologici questo fenomeno rappresenta un contributo all’incertezza di misura e, come tale, dev’essere correttamente valutato, perché è proprio sulla base anche di questa valutazione che il genetista può interpretare il risultato della misura. Sta in questo caso al genetista interpretare il dato, ovviamente sulla base della conoscenza del margine di errore dello strumento utilizzato per il processo d’indagine. Per quanto concerne i dati numerici relativi alla prova del DNA, tutti i periti coinvolti nel giudizio sono concordi nel ritenere che la soglia minima del valore di riferimento per definire l’esistenza o meno della traccia biologica appartenente a un dato soggetto sia pari o superiore a 50 RFU e, quindi, non dovrebbero essere presi in considerazione valori inferiori a tale soglia. In funzione della varia-

zione dei picchi e della loro altezza, confrontata con la soglia data dei 50 RFU, è pertanto possibile stabilire se sia presente il DNA che si ricerca. Una considerazione di questo tipo, come riportata dalla consulente del primo grado di giudizio, evidenzia immediatamente un “vizio” di natura tecnico-interpretativa riguardante la confidenza che il perito ripone nel risultato così come indicato: manca del tutto una valutazione circa il valore d’incertezza da associare a tali misure. Sembra addirittura mancare, nell’analisi svolta, la consapevolezza tecnica che un valore d’incertezza sia necessario alla corretta interpretazione del risultato dell’analisi effettuata. Benché, infatti, la consulente abbia riconosciuto che il materiale da analizzare fosse in quantità esigua (low copy number) e abbia dichiarato l’impossibilità conseguente di procedere alla ripetizione della prova, non ha tenuto conto di questi elementi nella valutazione finale dei dati risultanti dalle analisi, ritenendo quindi come certa la presenza del DNA della Kercher sulla lama del coltello. Ciò, malgrado dall’analisi effettuata i picchi non risultassero sufficientemente vicini alla soglia stabilita come riferimento. Sulla scorta di questa interpretazione dei dati forniti dall’analisi del DNA, e nonostante le contestazioni mosse dai consulenti degli imputati alle conclusioni così adottate dalla genetista, la sentenza di primo grado ha condannato la Knox e Sollecito ritenendo provata la presenza del loro DNA e di quello della vittima sul coltello che i giudici hanno riconosciuto come arma del delitto. Tuttavia, nel giudizio di secondo grado, i consulenti nuovamente nominati in sede di appello sono giunti a opposta valutazione, basandosi unicamente sui risultati dell’analisi condotta in primo grado, senza procedere a ulteriori prove, precluse dalla mancanza di materiale biologico, totalmente esauritosi nel corso dell’indagine effettuata nel primo procedimento. Infatti, essi affermano, sulla base di un’analisi metrologica quanto meno abbozzata, che “il profilo pre-




















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