Gothic Lolita

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(Milano 1982) si è laureata in Grafica d’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Brera con una tesi sull’arte contemporanea giapponese. Ha lavorato con diversi editori italiani di fumetti e attualmente collabora con la casa editrice J-Pop, per la quale si occupa dell’adattamento grafico e dell’editing dei testi di diverse serie di manga giapponesi e manhwa coreani, lavorando anche su autori come il gruppo Clamp, Sahara Mizu e Naked Ape. È tra i fondatori dei siti/blog Dobtown.com e Lovedob.com. Oltre a Gothic Lolita, Tunué ha pubblicato anche un suo altro lavoro, Kawaii Art, sempre nella collana «Frizzz».

GOTHIC LOLITA . Valentina Testa

Valentina Testa

Abbigliate con cura come delle delicate bambole di porcellana, adornate come deliziose dame dell’Ottocento, influenzate dall’estetica ´ Vittoriana e dal Rococo; in pose che celebrano l’immaginario delle eroine dei manga e degli anime: le Lolita girls esprimono l’amore per il bello, la grazia e l’eleganza.

©Tunué | tunue.com

Euro 9,70

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Valentina Testa

GOTHIC LOLITA

La nuova moda delle ragazze giapponesi conquista il mondo


Nella stessa collana:

1. Sergio Messina . Real Sex

Il porno alternativo è il nuovo rock’n’roll

2. Giorgia Caterini . Japan Horror

Il cinema dell’orrore giapponese

3. Valentina Testa . Kawaii Art!

Fiori colori palloncini (e manga) nel Neo Pop giapponese


Valentina Testa

Gothic Lolita

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La nuova moda delle ragazze giapponesi conquista il mondo


Indice

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Introduzione. Gli abitanti del Ponte 1. Generazione gyaru Le nuove giovani: dalle ojôsama alle gyaru Ganguro e yamanba: eccessi, autonomia e rimescolazione di colori ed etnie

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2. Gothic & Lolita Gothic Lolita: una «rivoluzione» fatta di cuoricini e Rococò Breve fenomenologia di uno stile

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3. Nozioni di moda Lolita Anatomia di una Lolita: il perfetto corredino della principessa moderna Vita da Lolita: interessi e passatempi di chi avrebbe voluto nascere all’epoca del Rococò Lolita styles: tutta questione di dress code Lolita brands: piccole storie dei colossi della moda

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4. Arte Lolita Lolita Lolita Lolita Lolita

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nella musica nella letteratura e nel cinema nei manga nell’arte

Conclusioni. Sognando il Jingu-bashi ai piedi del Colosseo Letture utili Arigatô gozaimasu


A MinÚ la pallina di pelo nera piÚ bella del mondo ‌ piccina, morbida e kawaii



Introduzione Gli abitanti del Ponte Mi sarebbe piaciuto tanto nascere in Francia, all’epoca del Rococò.

Gli abitanti del Ponte Nel quartiere di Harajuku, zona ovest di Tokyo, a pochi passi dall’incantevole santuario shintoista Meiji-Jingu, c’è un ponte che divide Takeshita Dori, la via principale del quartiere, dal Parco Yoyogi. Il Jingu-bashi non è un ponte qualsiasi. Lo si può definire come il luogo in cui si sono reincarnate delle deliziose dame dell’Ottocento, che con grazia e maestria hanno saputo trarre ispirazione da un periodo storico-artistico remoto e l’hanno riadattato coniugandolo alla bellezza tradizionale giapponese, senza tralasciare riferimenti provenienti dalla cultura dei manga. Sono le Lolita, nate in una megalopoli in cui tradizione e modernità coesistono, dove folklore e avanguardia si sposano, una città talmente attuale da non trascurare mai la sua memoria. Questa coniugazione tra creatività e voglia di distinzione ha fatto breccia prima sulla società giapponese per poi lasciare un segno indelebile anche all’estero, nelle capitali come Parigi e Sydney, forse più ricettive di altre a una moda che vada oltre i canoni delle passerelle dell’haute coûture delle grandi firme. A ogni modo moda Lolita a poco a poco si sta espandendo anche nel resto del mondo, dove giovani appassionate si scambiano consigli e informazioni tramite forum dedicati, e ogni tanto organizzano incontri per conoscersi e coltivare anche dal vivo la loro passione. Parlando di Lolita verrebbe quasi da iniziare con «C’era una volta, sul ponte Jingu-bashi, un gruppo di ragazzi e ragazze abbigliati con uno stile che ricorda quello vittoriano, con mise ricche di pizzi, merletti e adorni di cuffiette e nastrini…»; ma per fortuna questa non è una storia che si


conclude con «e vissero tutti felici e contenti», perché le Lolita che passeggiano per Tokyo, noncuranti degli sguardi altrui, non hanno fatto il loro tempo. Il loro stile, che ha iniziato a prendere forma a partire dal 1980, è tutt’oggi in voga e quando arriva il fine settimana le Lolita continuano a esibirsi per fotografi e turisti, abbigliate con cura come delle delicate bambole di porcellana, in pose che celebrano l’immaginario delle eroine dei manga e degli anime, i fumetti e disegni animati nipponici. Una nota sulla citazione all’inizio dell’Introduzione: è una frase pronunciata dalla protagonista del film Shimotsuma Monogatari, conosciuto in Italia come Kamikaze Girls, film ispirato a un light novel di Novala Takemoto, regia di Tetsuya Nakashima, Giappone 2004. All’inizio di ogni Capitolo, la citazione di apertura proviene da una frase pronunciata da Momoko, la protagonista di questo film. 10

_Valentina Testa, Eve Last Quarter IV, 2009. © Valentina Testa.

Kawaii Art!


Introduzione

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_Valentina Testa, Eve Last Quarter I, 2009. © Valentina Testa.

_A sinistra: Valentina Testa, Eve Last Quarter II, 2009. © Valentina Testa _ A destra: Valentina Testa, Eve Last Quarter III, 2009. © Valentina Testa.

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Gothic Lolita


L’apparenza comunque è importante, e racconta molto di una persona.

Tutto ebbe inizio forse casualmente, quando nel 1980 Omotesandô e Takeshita-dori, le strade principali del quartiere Harajuku, vennero chiuse al traffico la domenica (norme riviste e allentate poi negli anni Novanta). Forse accadde per caso o forse perché i giovani giapponesi necessitavano di un luogo di aggregazione, ma la chiusura della circolazione nella zona del Parco Yoyogi favorì un massiccio raggruppamento di giovani che con sé portarono concerti rock, spettacoli indipendenti e performance di artisti di strada, permettendo a Harajuku di diventare il quartiere giovane e anticonvenzionale che è oggi. Con questo nuovo fermento era impossibile che non germogliassero dei nuovi stili nati dall’istinto e dalla creatività dei ragazzi, che col tempo si delinearono in tendenze riconoscibili, identificabili anche dalle forme comporamentali, dalle preferenze musicali e da marchi di moda accuratamente selezionati (si veda Nessa Neko [pseud.], Lolita and Japanese Society, Lolitafashion.org/Lolita_culture.php). Fu questo il retroterra in cui si forgiarono le kogyaru, le ganguro, le yamanba, le Lolita, le decora e molti altri stili minori, scaturiti da contaminazioni tra i vari generi, nomi curiosi che designano ciascuno una specifica subcultura giovanile femminile giapponese, che si distingue per abbigliamento, acconciature, trucco, accessori, atteggiamenti. Prima di addentrarsi nell’incantato mondo delle Lolita e del loro modo di vivere, è pertanto necessario analizzare almeno sommariamente il panorama delle sottoculture di Tokyo, perché, com’è facilmente intuibile, non basta la chiusura di una strada a provocare certi fenomeni: quando avviene un cambiamento di rotta, in genere è perché la società necessita una metamorfosi.

1. Generazione gyaru

I nuovi giovani: dalle ojôsama alle gyaru


_Stazione di Harajuku. Š blog Wandering Vegans e ulteriori aventi diritto.

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Ojôsama, ovvero ‘ragazza’ o ‘giovane donna nubile’ proveniente da una buona famiglia, con una buona istruzione ed educazione, vestita in modo tradizionale composta, cortese. Questo è il ruolo che probabilmente iniziò a stare stretto alle giovani giapponesi a partire dagli anni Ottanta, quando cominciarono a proliferare molteplici culture underground che furono causa e conseguenza della comparsa delle gyaru, il corrispettivo, traslitterato con pronuncia giapponese, dell’inglese girl. Il fenomeno gyaru vanta una serie di sottocategorie che esprimono il modo di essere di tante ragazze che adottano stili, linguaggi e atteggiamenti che delineano il profilo della nuova donna giapponese. Questo avvenimento non è facilmente definibile e non è nemmeno una circostanza di cui si possa raccontare un inizio e una fine, ma solo un concetto cardine e il suo continuo trasformarsi ed evolversi: gyaru è la nuova ragazza della classe media giapponese, moderna, emancipata, che agisce per il proprio divertimento al di là della compostezza, della riservatezza e della buona educazione tradizionali. In concomitanza con questo fenomeno si fece strada un sempre più presente «complesso di Lolita», detto anche lolicom o, con pronuncia giapponese, rorikon, che vuole le adolescenti in uniforme scolastica al centro della pornografia per soddisfare un crescendo di uomini incapaci di rapportarsi alle loro coetanee, rifugiandosi in un feticismo verso bambine e ragazzine. Cominciò così il boom delle liceali o joshikôsei no bumû, che iniziò a invadere il Giappone in ogni aspetto, da quello apparentemente più innocente, come la pubblicazione del libro di Mori Nobuyuki Note sulle uniformi delle liceali di Tokyo (Tôkyô joshikô seifuku rangai, cit. in Alessandro Gomarasca [a cura di], La bambola e il robottone. Culture pop nel Giappone contemporaneo, Torino, Einaudi, 2001, p. 98), una vera monografia delle uniformi delle studentesse edochiane corredata di mappe per raggiungere i vari licei, fino alla proliferazione dei burusera, dei veri e propri «emporii del rorikon» in cui gli uomini possono acquistare dei feticci sessuali prima apparGenerazione gyaru

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tenuti a liceali, dai pantaloncini agli slip usati, il tutto corredato della foto della ragazza da cui provengono gli oggetti. I burusera e i concetti a essi legati ebbero un grosso peso sull’alterazione dello sguardo della società nei confronti delle giovani donne giapponesi: ci fu una promozione perpetua e ossessiva di questa immagine ambigua della liceale da parte dei mass media, che venne calcata al punto di modificare irrimediabilmente la figura delle giovani nipponiche. In questo clima nacquero le kogyaru, che se da una parte vengono considerate delle semplici ragazze che non amano l’omologazione tanto presente nella cultura giapponese, e il cui mantra è «Se lo trovi divertente non chiederti perché», dall’altro sono considerate alla stregua di prostitute coinvolte nel fenomeno enjo kôsai, ovvero ‘appuntamenti ricompensati’ (con uomini più anziani), probabilmente per i numerosi accessori molto costosi che le kogyaru sfoggiano, dai cellulari ai più superati pocket bell, per finire con tutti gli abiti di famose marche internazionali. Questo è sicuramente uno dei frequenti casi in cui la linea di confine tra realtà ed esasperazione, finalizzata alla costruzione di una figura 16

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_Immagine di materiale rorikon in vendita in un burusera. Š Blog Diario Ilustrado de un Ilustre Inadaptado e ulteriori aventi diritto.

Generazione gyaru

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Kogyaru è un neologismo composto da una parola d’origine straniera, «gyaru», forma giapponese dello slang americano «gal», ‘ragazza’ e dal prefisso, «ko», ovvero ‘bambina’. «Kogyaru» vuol dire ‘ragazzina’, e indica le adolescenti giapponesi alla ricerca di un look particolare e un’esistenza spensierata tipica della loro età. Si veda Cristiano Martorella, «Kogyaru. Le ragazzine vivaci. Antropologia delle vispe ragazze delle metropoli giapponesi», Nipponico.com/dizionario/k/kogyaru.php.

Yamanba è un personaggio del folklore che raffigura una donna anziana piuttosto spaventosa che abita nelle foreste delle montagne giapponesi. In genere viene raffigurato come una figura con connotazioni negative, ma non mancano le leggende che parlano di lei anche in maniera positiva, come una donna che vive in armonia con la natura. Si veda Worldlingo.com/ma/enwiki/en/Yama-uba/1.

Para-para: è un ballo nato negli anni Ottanta, quando in Giappone iniziava a spopolare la musica dance e new wave occidentale. Per quanto si utilizzi principalmente la parte superiore del corpo e in particolare la danza si incentri su movimenti delle mani e delle braccia, il para-para ha centinaia di mosse piuttosto complesse da memorizzare. Negli anni la danza è diventata famosa nel mondo: nel 1999 è stata ballata da Topolino a Tokyo Disneyland, poi da alcuni personaggi della serie animata Dragonball Gt in un episodio, e nel film The Fast and the Furious: Tokyo Drift del 2006 è possibile vedere scene di questo ballo. 18

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divorata e strumentelizzata poi dai media, è davvero sottile. L’unica certezza è che negli anni Novanta vi fu un’effettiva esplosione di immagini di liceali sporcate da riferimenti sessuali anche molto espliciti, come giovani donne troppo danarose per essere delle normali studentesse, e ragazze che lavoravano nell’industria del sesso intrattendendo gli uomini dal vivo o attraverso linee erotiche. Ganguro e yamanba: eccessi, automomia e rimescolazione di colori ed etnie Com’è risaputo, Tokyo è un simbolo dell’incessante evoluzione e metamorfosi che coinvolge in Giappone ogni settore; naturalmente le mode underground non fanno eccezione. Alla fine degli anni Novanta, nei quartieri Shibuya e Ikebukuro apparvero le prime ganguro-gyaru, chiamate più semplicemente ganguro, che letteralmente si può tradurre con ‘volto scuro’ o ‘faccia nera’ (si veda Japanese lifestyle.com.au/fashion/ganguro.html). Le ganguro si caratterizzano per l’abbronzatura molto accentuata, in contrasto con i lunghi capelli schiariti, dal castano chiaro fino al biono platino passando per svariate tonalità di arancione, acconciati in maniera molto voluminosa e spesso cotonati. Secondo i primi tentativi di classificazione, il livello superiore di ganguro è quello delle gonguro, in cui il prefisso gon è un rafforzativo che significa ‘esagerato, super’ e sta a indicare un’abbronzatura e uno stile più marcati e decisi. Infine, il livello portato all’estremo è quello delle inconfondibili yamanba, le cosiddette ‘streghe di montagna’, che oltre ad accentuare l’abbronzatura a livelli quasi impensabili per una pelle chiara e delicata come quella che caratterizza la popolazione giapponese, estremizza anche il colore dei capelli fino a renderli grigi, bianchi, argentei e pluricromatici grazie anche all’applicazione di ciocche colorate. Generazione gyaru

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_Pubblicità di una chat line. © Andrea Santangelo

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Il trucco utilizzato dalle ganguro è in genere più chiaro rispetto alla tonalità della pelle, ed è quindi un trionfo di ombretti bianchi, rosa, azzurri, arancioni, argentati, accostati a spesse linee di eye-liner nero, il tutto completato con un rossetto abbinato all’ombretto. Per le yamanba anche il trucco viene esasperato: si arriva in tal senso a formare dei cerchi fluorescenti intorno agli occhi, inoltre vengono applicati brillantini e piccoli adesivi decorativi sul volto; e naturalmente l’abbinamento del rossetto è immancabile. Unghie lunghissime, molto curate e decorate con glitter e piccoli adesivi, tacchi «a zeppa» altissimi che raggiungono i 25 centimetri per le yamanba più coraggiose: un vero tripudio di eccessi e accessori per uno stile inconfondibile. Per quello che riguarda l’abbigliamento, l’immaginaGothic Lolita


_Lezioni di trucco. Ăˆ frequente trovare sulle riviste specializzate questo tipo di guide, che spiegano come effettuare un corretto makeup. Š Blog XKawaii e ulteriori aventi diritto.

Generazione gyaru

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rio che gravita intorno a questa moda è quello dei colori caldi, dei motivi floreali, la ripresa e rivisitazione in chiave nipponica di impulsi esterni come lo stile dei surfisti, quello dei militari americani o delle popolazioni africane. Il risultato è una moda unica al mondo che, pur potendo sembrare agli occhi di chi la osserva volgare e superficiale, in cui l’unica cosa importante è mostrarsi, distinguersi, truccarsi in maniera ossessiva e ballare il para-para per le strade del quartiere Shibuya, nasconde in realtà risvolti sociologici e antropologici molto rilevanti. Le ganguro, con la loro «faccia nera» e la loro irriverenza, stanno agli antipodi delle ojôsama, che con la loro carnagione diafana sono l’emblema della «ragazza per bene», educata nelle migliori scuole private, dai modi raffinati, casta e dagli alti valori morali. Molte ragazze che hanno adottato lo stile ganguro hanno studiato in scuole poco prestigiose e spesso non le hanno nemmeno terminate. Sono andate via di casa molto presto, cercando la propria autonomia, tagliando il cordone ombelicale con la famiglia d’origine, rimodellando la loro vita dividendosi tra lavoretti saltuari e le ore passate con il folto gruppo di amiche, con cui si sono appropriate della strada e dei quartieri nevraglici dello shopping. Tokyo, Shibuya, Harajuku, Ginza. Quartieri ad alto tasso di feticismo vestimentario. Punti nodali dove una corrente di facce, di corpi, di occhi scorre fluida in paesaggi saturi di segni. Emozioni al neon. Un brusio oceanico. Una tempesta subliminale. Make up fosforescenti, capelli coloratissimi, look da bambola, contaminazioni manga, suggestioni afro, citazioni pop. Le ragazze hanno preso il controllo della strada e danno vita a look spettacolari. Non più rosai kenbo, buona moglie e saggia madre, ma kogyaru, ganguro, yamanba, burikko, neo lolita. [Ornella Kyra Pistilli, Dress Code. Sincretismi cultura comunicazione nella moda contemporanea, Roma, Castelvecchi, 2005, p. 157]

Il modo di vivere delle ganguro ha inevitabilmente sollevato polemiche dell’opinione pubblica, che vede queste giovani come il simbolo della perdi22

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_Ganguro con i loro decoratissimi cellulari. Š Blog Txapela Buruan Eta e ulteriori aventi diritto.

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ta dei valori e le identifica con un ceto sociale disagiato. Ma non è tutto: il loro eccesso spaventa, la loro autonomia dalla famiglia e dalle regole della società tradizionale le inquadra come una minaccia. Ma ancora una volta non esiste una via di mezzo: molti sociologi vanno contro corrente, facendo di loro quasi delle paladine dei tempi moderni che hanno adottato l’eccesso come forma di contrasto all’apatia e alla frustrazione che ha contagiato la gioventù giapponese. Secondo questo filone di pensiero, le esuberanze delle ganguro hanno la sola funzione di colpire, scioccare, turbare… sicuramente ottenendo l’effetto desiderato. Secondo il sociologo Shinji Miyadai le ganguro si sono adattate a un mondo privo di riferimenti, colmando l’apatia e la disillusione riguardo i valori convenzionali, con un senso di appartenenza alla strada e al proprio gruppo sociale. Inoltre secondo Midori Nakano, editorialista della rivista Bungei shunjû, il look delle yamanba non è da considerarsi una moda nel senso classico del termine, come un mezzo per arrivare al fine della bellezza e dell’eleganza, ma dev’essere considerato uno stile atto al puro sconvolgimento dello spettatore (cfr. A. Gomarasca [a c. di], op. cit., pp. 125-31). Sia che le moderne gyaru agiscano per puro spirito goliardico in nome del divertimento, sia che lo facciano spinte da un inconscio malessere dovuto al torpore e alla disaffezione per le norme sociali tradizionali, è inevitabile che studiosi, ricercatori e sociologi si occupino di una metamorfosi tanto rilevante, com’è normale che ci siano menti mal disposte verso delle figure così eccentriche da diventare in alcuni casi inquietanti (non solo per le generazioni precedenti ma per gli stessi coetanei al di fuori del fenomeno). Rimane una sola certezza: che le gyaru, le kogyaru, le ganguro, così come le Lolita, hanno incuriosito, affascinato e conquistato giovani e adulti in molti paesi, al punto da far fare il giro del mondo alle loro immagini e ai loro stili.

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Gothic Lolita


Ci sono ragazze che hanno provato tutte le esperienze, dolci e amare. Io non voglio nulla di amaro, voglio nutrirmi solo di cose dolci.

Si chiamano Lolita, ma sono più note come Gothic Lolita, in giapponese Goshikku Roriita. Il termine viene spesso contratto in gosurori o gothloli e rappresenta le giovani giapponesi abbigliate secondo lo stile Lolita in generale, e in particolare il filone «gotico». A dispetto di quello che si può pensare non è solo un modo di agghindarsi o un mezzo per differenziarsi dalla massa: Lolita è la definizione che comprende tutte quelle adolescenti che hanno fatto del bello uno stile di vita. Il concetto basilare da sviscerare prima di intraprendere un viaggio – per quanto breve – in questo universo è senz’altro legato a un comune fraintendimento: Lolita non è un tipo di cosplay (si veda Elena Romanello, «Il Gothic Lolita: viaggio tra società, manga, cinema, musica», 2007, Ubcfumetti.com/manga/?15124). Ci sono molti siti e un manga, Othello di Satomi Ikezawa, che classificano questo stile come tale, ma in realtà è fondamentale capire la sottile linea di confine che separa il primo dal secondo. Il cosplay, in giapponese kosupure, è una pratica ormai nota e diffusa anche in Occidente, legata a particolari eventi come le fiere del fumetto. Il termine unisce le parole inglesi costume e play, che viene inteso come ‘interpretare’, ‘recitare’, e rappresenta l’hobby di incarnare con un costume i propri personaggi preferiti, siano essi fantastici come gli eroi dei manga, o reali come personalità dello spettacolo, prendendone, oltre che le sembianze, anche le movenze e gli atteggiamenti. Per questo lo stile Lolita può essere definito cosplay solo nel momento in cui chi si abbiglia con determinati abiti cerchi di imper-

2. Gothic & Lolita

Gothic Lolita: una «rivoluzione» fatta di cuoricini e Rococò


_Due Lolita in posa con il loro grazioso cagnolino. © Masayuki Yoshinaga e ulteriori aventi diritto.

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sonare un idolo che veste abitualmente con quello stile. Per il resto, il Lolita è una delle innumerevoli mode urbane con cui le ragazze giapponesi amano distinguersi una volta tolta la divisa scolastica. Chi si veste Lolita non lo fa perché ispirato da un personaggio ma, al contrario, è la sua immagine a ispirare numerosi artisti e mangaka. La moda Lolita è influenzata principalmente dall’estetica Vittoriana e dal Rococò, da cui le ragazze non traggono solo l’ispirazione per il vestiario, ma anche la propria filosofia. Il Rococò, deriva primosettecentesca del tardo Barocco, effettivamente è conosciuto per i suoi requisiti laici, aristocratici e mondani. A livello artistico, con l’avvento del Barocco (secolo xvii) ci fu una prima liberazione Gothic Lolita


dai gravi e cupi strascichi caravaggeschi del tardo Cinquecento e primo decennio del Seicento, che lasciarono spazio a colori vivaci e immagini pregne di allegria e vivacità. Successivamente, con l’avvento del Rococò l’arte rimase fondamentalmente la stessa ma con una caratterizzante predilezione per la decorazione, che fa di questo movimento artistico uno dei più ridondanti ed eccessivi della storia. Per molti anni ebbe una connotazione negativa, in quanto le sue raffigurazioni dal carattere sensuale, atte a raccontare «l’attimo fuggente», l’emozione di un momento, le gioie della vita, da molti erano considerate volgari, superficiali, leggere. Per questo motivo, per la sua breve durata (1715-1760 circa) e per la sua dichiarata laicità, che escluse totalmente l’arte Gothic & Lolita

_Lolita abbigliata come la sua bambola. © Masayuki Yoshinaga e ulteriori aventi diritto.

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_Personaggi in stile kawaii. Š Sanrio Co. Ltd.


_Ragazze vestite con accessori kawaii. Š Shoichi Aoki e ulteriori aventi diritto.


sacra dalla produzione di quel periodo, il Rococò incontra pareri discordanti, e a scuola è uno degli argomenti più sottovalutati dei programmi di storia dell’arte (si veda Gerardo Milani – Mario Pepe, Dizionario di Arte e Letteratura, Milano, Zanichelli, 2003, pp. 537-9). Ciò nonostante per chi ama il bello, l’allegria e i piaceri della vita, come le ragazze Lolita, il Rococò è un’inesauribile fonte d’ispirazione. Il sogno di vivere come delle principesse, il desiderio di circondarsi solo di cose belle, comunque non fanno parte solo della rivisitazione dell’esistenza capricciosa e spensierata del Rococò: un elemento fondamentale dello stile di queste bambole di porcellana contemporanee è la contaminazione con il kawaii. Il guardaroba delle Lolita è straripante di accessori kawaii: ogni orpello indossato è scelto con cura, esibito con grazia e orgoglio. La prima versione della parola nel vocabolario giapponese fu kawayushi, in uso dalla metà degli anni Quaranta. Nei dizionari precedenti al 1970 kawayushi fu sostituito da kawayui, ma il senso rimase lo stesso. Kawaii, nel suo significato classico, indica i concetti di ‘timido’ e ‘imbarazzato’ e marche secondarie quali ‘vulnerabile’, ‘caro’, ‘amabile’ e ‘piccolo’. Invece, nel suo uso derivato dai giovani, esso ha preso le accezioni secondarie come primarie. [Marco Pellitteri, Il Drago e la Saetta. Modelli, strategie e identità dell’immaginario giapponese, Latina, Tunué, 2008, p. 206]

Il kawaii oggi non ha età: Hello Kitty, Topolino, Totoro, Pikach������� û������ e innumerevoli altri personaggi super cute dai lineamenti essenziali, tondeggianti, dagli occhioni dolcissimi, hanno conquistato donne di tutte le età. Il kawaii è l’Isola-Che-Non-C’è delle donne che non vogliono far spegnere la fiamma dell’innocenza: che ci si limiti a decorare il proprio cellulare con adesivi e nastri carini, o che si esageri fino a farne un caposaldo del proprio stile, il kawaii è il simbolo di una ragazza che nel suo piccolo desidera una fuga dalla realtà a favore di un mondo senza le pressioni della società moderna e dell’età adulta… esattamente com’è il mondo dei bambini (si 30

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veda Marco Pellitteri [a cura di], Anatomia di Pokémon. Cultura di massa ed estetica dell’effimero fra pedagogia e globalizzazione, Formello [Rm], Seam, 2002, pp. 15, 185). Anche in questo caso, quando si parla di «rivoluzione» o «ribellione» da parte delle adolescenti giapponesi, bisogna riflettere su questi termini, contestualizzarli e rileggerli nella giusta chiave. Ancor più delle ganguro o delle kogyaru, quella delle Lolita non è una rivoluzione per i diritti della persona e per l’emancipazione individuale come la intenderemmo noi occidentali, abituati a situazioni come la rivoluzione sessuale o ai moti femministi degli anni Sessanta e Settanta; non è la battaglia che ogni adolescente sente di dover combattere a favore della propria indipendenza, ma è piuttosto un fenomeno molto più discreto e delicato, le cui cause sono da ricercare nella rigida educazione giapponese. Il raggiungimento della maturità e dell’età adulta comportano un aumento delle responsabilità sociali e personali, quindi non vengono vissute con positività per la conquista dell’indipendenza: crescere non significa libertà, al contrario è sinonimo di restrizioni e di duro lavoro (si veda Sharon Kinsella, «Cuties in Japan», in Brian Moeran – Lise Skov [a cura di], Women, Media and Consumption in Japan, Honolulu, Hawai’i University Press, 1995). Proprio per questo la cultura kawaii viene inserita più genericamente nel concetto di «moratoria», ovvero il rifiuto di crescere e l’opposizione agli inevitabili cambiamenti del corpo, che abbandona le sembianze acerbe a favore di forme adulte. Il kawaii per molti rappresenta il desiderio di cristallizzare l’infanzia per sempre (cfr. M. Pellitteri [a c. di], op. cit., p. 187). A permeare l’universo giovanile sarebbe il rifiuto della maturità, la volontà di protrarre indefinitivamente la fase liminare dell’adolescenza, il tentativo di sottrarsi ai riti di passaggio che segnano l’ingresso nel mondo degli adulti. [Alessandro Gomarasca – Luca Valtorta, Sol Mutante. Mode, giovani e umori nel Giappone contemporaneo, Genova, Costa & Nolan, 1996, p. 77] Gothic & Lolita

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Questa situazione viene indubbiamente amplificata dalla preoccupazione, in parte eccessiva, della società nipponica, che per anni ha messo al centro di dibattiti e indagini i giovani e le loro problematiche, facendo emergere un’immagine molto preoccupante dell’adolescente medio, definendolo talvolta «apatico, apolitico, amorale, autistico» (ivi, p. 74). Le kogyaru seguono in tal senso il mantra, già citato, «Se lo trovi divertente non chiederti perché�������������������������������������������������������� »������������������������������������������������������� e le Lolita vorrebbero provare solo le esperienze dolci della vita. Probabilmente, pur nelle loro differenze estetiche e comportamentali, c’è un punto d’accordo, un trait d’union che collega le adolescenti al di là dello stile adottato: il desiderio di vivere una vita allegra, divertente e spensierata. Breve fenomenologia di uno stile L’origine del termine Lolita è da ricercarsi in due direzioni: la prima è il titolo del romanzo di Vladimir Nabokov, che sicuramente ha influenzato il mondo occidentale orientando questo significato verso una connotazione scabrosa; successivamente, complice la trasposizione cinematografica di Stanley Kubrick, il termine è entrato nel linguaggio popolare per indicare una ragazza giovane, attraente e sessualmente precoce. Il secondo significato del termine è da ricercarsi nel «complesso di Lolita» di cui s’è parlato in precedenza, ovvero il termine con cui i giapponesi indicano gli uomini di mezza età interessati a ragazze molto più giovani (si veda Vera Mackie, «Transnational Bricolage: Gothic Lolita and the Political Economy of Fashion», Intersections: Gender and Sexuality in Asia and the Pacific, n. 20, aprile 2009, Intersections.anu.edu.au/issue20/mackie.htm; e A. Gomarasca – L. Valtorta, op. cit., p. 38). Entrambe le direzioni portano a una strada in cui il lemma Lolita sarebbe connesso a una sessualità preponderante, sporca e negativa. Niente di più falso per ciò che riguarda le Gothic Lolita: esse si dissociano dalle situazio32

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_Ragazza abbigliata con uno stile dal chiaro richiamo all’infanzia. Š Shoichi Aoki e ulteriori aventi diritto.


ni in cui emergano un erotismo esplicito e una sensualità marcata. Al contrario, le Lolita sono ammiccanti, indossano abiti che lasciano scoperti solo pochi lembi di pelle e nascondono biancheria intima kawaii, indossano pizzi e merletti con un tocco d’impertinenza, si mettono in posa adornate come bambole ma nel loro sguardo si intravede in pizzico di malizia, tutto ciò che i giapponesi chiamano burikko: una falsa ingenuità.

Burikko: è il termine con cui si definiscono le adolescenti che curano in modo spasmodico i loro atteggiamenti e le loro relazioni con gli altri, per dare un’impressione di estremo infantilismo e frivolezza al fine di essere ritenute kawaii, dolci e indifese. Cfr. M. Pellitteri, op. cit., p. 219.

Tsutomu Miyazaki: Negli anni Ottanta ci fu l’arresto del serial killer Tsutomu Miyazaki. Quando la stanza di Miyazaki venne mostrata al pubblico, fu considerata dall’opinione pubblica la camera di un otaku. Naturalmente le esagerazioni dei media trasformarono tutti gli otaku in potenziali maniaci e nonostante in seguito i casi di otaku coinvolti in crimini furono statisticamente irrilevanti, in un paese dalla bassa criminalità come il Giappone questo fu un caso molto sentito. A causa di ciò e a causa dell’effettivo disadattamento sociale in cui vivono, ancora oggi gli otaku non vengono visti di buon occhio. Cfr. Gabriele Rossetti, Japan Underground, Roma, Castelvecchi, 2006, pp. 94-5.

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Moe: originariamente si riferisce all’adorazione per i personaggi dei videogiochi, degli anime e dei manga, e successivamente ha assunto un significato più generale, corrispondente all’amore per un hobby. Cfr. Otakuforum.it/showthread.php?t=23133.

Lolita: è la giovane protagonista del celebre romanzo che ebbe grande risonanza anche per i contenuti scabrosi che vertevano su un rapporto pedofilo e parzialmente incestuoso. Cfr. Vladimir Nabokov, Lolita, Milano, Mondadori, 1959.

Se si volesse paragonare le Gothic Lolita al personaggio di un racconto, queste non sarebbero equiparate affatto alla Lolita di Nabokov, al contrario sarebbero più conformi al romanzo di Lewis Carroll, Alice nel Paese delle Meraviglie, figura ricorrente e amata nell’immaginario in questione: una ragazzina vestita un po’ in stile Vittoriano che finisce in un mondo fantastico dove personaggi assurdi sovvertono le normali regole comportamentali. Se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo: niente sarebbe com’è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa! Ciò che è, non sarebbe e ciò che non è, sarebbe! [Da Alice in Wonderland, titolo italiano Alice nel Paese delle Meraviglie, film prodotto da Walt Disney, regia di Clyde Geronimi, Wilfred Jackson e Hamilton Luske, Usa 1951] Gothic & Lolita

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_Esempio di stile gotico. Š Masayuki Yoshinaga e ulteriori aventi diritto.


Il mondo Lolita (Gothic e non) presenta dei riferimenti ad alcuni manga degli anni Ottanta: Candy Candy e Georgie sono forse le avanguardiste della moda Lolita e poi delle Gothic Lolita. In generale lo stile Lolita può essere collegato alla cultura shôjo, quella «per ragazze» e di conseguenza agli shôjo manga, il ramo femmilie del fumetto giapponese. Essendo una moda in continua evoluzione, come accennato in precedenza, gli autori di manga prendono spesso spunto dalle Lolita per la creazione di nuovi personaggi, creando molti manga di successo. Questo sicuramente ha avvicinato il movimento Lolita alla cultura otaku, una cui caratteristica peculiare è quella di vivere nella fantasia dedicandosi totalmente al proprio hobby e alla propria passione, lasciandosi alle spalle i problemi della vita reale. Gli otaku sono pressappoco il corrispettivo del nerd occidentale, con la differenza che mentre a ponente la figura del nerd è stata promossa e caricaturata al punto da diventare una delle ultime mode, in Giappone mantiene sempre una sottile accezione negativa. Gli otaku sono attaccati al proprio oggetto di venerazione, sia esso un personaggio di un videogame, un manga, un feticcio proveniente dal sottobosco nerd, secondo un tipo di sentimento e affezione definito con il termine moe. Più di recente il concetto di moe è stato attribuito anche alle ragazze «molto più che kawaii»: moe è una ragazza affascinante, candida, graziosa, adorabile, magari un po’ buffa, il livello Super Sayan del kawaii… se così si può dire. Per ricercare l’origine del termine goth (e dell’aggettivo corrispondente, gothic), invece, dobbiamo ripercorrere la Storia fino ad arrivare al popolo proveniente dall’attuale Germania orientale, i Goti, che ebbero un ruolo centrale nella caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Successivamente il lemma fu collegato all’architettura ecclesiastica medievale, stile che fu più volte ripreso e rivisitato nel corso della storia. Lo stile gotico è stato al centro di numerose mode e movimenti a partire dagli anni Settanta: le sue principali caratteristiche sono il colore nero, le atmosfere cupe, e i membri Gothic & Lolita

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delle subculture gotiche generalmente sono caratterizzati da un senso di malessere, insofferenza e pessimismo nei confronti del mondo circostante. Dopo i moti punk e dark degli anni Settanta-Ottanta, il goth sembrava essersi spento, restando vivo solo grazie a isolate fiammelle nostalgiche e irriducibili «anime nere». In realtà negli ultimi anni la sensibilità all’oscurità, all’horror, al noir si è risvegliata e il goth è tornato in auge grazie anche a film e romanzi che hanno riscontrato un forte successo di massa nonostante tematiche e caratteristiche al di là dei più normalizzati gusti pop. Fanno parte di questa categoria telefilm e film cult come Buffy l’ammazzavampiri, La famiglia Addams, fino al recente successo della saga di Twilight, che nel 2009ha portato i vampiri a essere le star incontrastate di romanzi e film. Un pioniere del goth è Tim Burton, con le sue produzioni hollywoodiane dallo stile inconfondibile, come Edward Mani di Forbice, La Sposa Cadavere, Il mistero di Sleepy Hollow, fino alla sua rivisitazione goth di Alice in Wonderland. Musica cupa e penetrante, abiti tenebrosi, accessori spesso lugubri e trucco pallido, ecco l’identikit del perfetto gotico. Attorno alla sfera black e quindi al colore nero si diramano molti stili collegati al goth, tra cui il punk, il fetish, e anche il Gothic Lolita.

I film citati: Edward Mani di Forbice (Edward Scissorhands), regia di Tim Burton, Usa 1990. La Sposa Cadavere (Corpse Bride), regia di Tim Burton e Mike Johnson, Usa 2005. Il Mistero di Sleepy Hollow (Sleepy Hollow), regia di Tim Burton, Usa 1999. Alice in Wonderland, regia di Tim Burton, Usa 2010.

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Gothic Lolita


_Esempio di stile gotico. Š Masayuki Yoshinaga e ulteriori aventi diritto.


Super Sayan: definizione tratta dal famoso manga Dragon Ball Z, di Akira Toriyama. Super Sayan è la trasformazione che gli abitanti del pianeta Vegeta riescono a raggiungere dopo un lungo allenamento e che conferisce loro maggiore forza e potenza per affrontare i combattimenti. Cfr. Cristian Posocco, MangArt. Forme estetiche e linguaggio del fumetto giapponese, Milano, Costa & Nolan, 2005, p. 148; e Dragon ballworld.it/saiyan.htm.

Com’è intuibile, c’è un filo che unisce il movimento goth con lo stile Lolita: il rifiuto dei valori e delle aspettative della società, il desiderio di rifugiarsi in un mondo parallelo. Ovviamente c’è una differenza sostanziale fra la morbosità e il pessimismo gotici e la ricerca di una vita spensierata delle Lolita, ma i due generi si conciliano e si compenetrano con naturalezza. Le ragazze che riprendono gli elementi gotici e li adattano alla moda Lolita non si distanziano poi tanto dalle altre sottocategorie del genere (se ne parla nel prossimo Capitolo); semplicemente acquistano l’atmosfera decadente e il romanticismo dark, alleggerendolo e liberandolo dai toni spigolosi e pesanti del gothic puro: nessun elemento che ricordi catene o schiavitù, nessun accessorio dall’aspetto troppo crudo, le Gothic Lolita mettono in scena la malinconia gotica diluendola nell’eleganza Lolita.

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Gothic Lolita


Arigatô gozaimasu

A

rigatô gozaimasu... come si dice dalle nostre parti «grazie mille». Quindi grazie mille a Marco Pellitteri per la pazienza e per il metodo vecchio come il mondo «del bastone e della carota»... funziona sempre. Grazie mille alla mia famiglia, che mi ha lasciata vagare tranquillamente per la casa con pile di libri, manga, film e con la faccia perennemente preoccupata. Grazie mille al mio Angelo mi ha rimproverata di ridurmi continuamente all’ultimo (come sempre), ma mi ha supportata (come sempre), e mi ha sopportata con la sua proverbiale pazienza (come sempre... spero). Grazie agli amici, in particolare a Max, che si è sorbito le mie ansie telefoniche giorno dopo giorno. Un ringraziamento speciale a Livia Pusterla, la maestra che ogni bambino meriterebbe. E’ grazie a lei e al suo metodo d’insegnamento (che purtroppo al giorno d’oggi non esiste più) se a 7 anni coniugavo già correttamente tutti i tempi verbali e se, almeno per quello che riguarda la grammatica, ho vissuto di rendita per tutta la mia carriera scolastica. Infine... grazie a chi ha avuto voglia di leggere questo piccolo scorcio sul mondo incantato delle Lolita, spero che il viaggio vi sia piaciuto. V.T.


I edizione: aprile 2011 Copyright © Tunué S.r.l. Tunué. Editori dell’immaginario Via dei Volsci 139 – 04100 Latina – Italy tel. 0773661760 | fax 07731875156 info@tunue.com | www.tunue.com ISBN 978-88-89613-96-2 Per le immagini interne, dove non espressamente indicato, il copyright è degli aventi diritto

Editor di collana Marco Pellitteri Progetto grafico Mandarinoadv.com Copertina Iena Animation Studios S.r.l. (ienastudios.com) Stampa Stampa Sud S.p.A. Via P. Borsellino 7 74017 Mottola (Ta) – Italy


(Milano 1982) si è laureata in Grafica d’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Brera con una tesi sull’arte contemporanea giapponese. Ha lavorato con diversi editori italiani di fumetti e attualmente collabora con la casa editrice J-Pop, per la quale si occupa dell’adattamento grafico e dell’editing dei testi di diverse serie di manga giapponesi e manhwa coreani, lavorando anche su autori come il gruppo Clamp, Sahara Mizu e Naked Ape. È tra i fondatori dei siti/blog Dobtown.com e Lovedob.com. Oltre a Gothic Lolita, Tunué ha pubblicato anche un suo altro lavoro, Kawaii Art, sempre nella collana «Frizzz».

GOTHIC LOLITA . Valentina Testa

Valentina Testa

Abbigliate con cura come delle delicate bambole di porcellana, adornate come deliziose dame dell’Ottocento, influenzate dall’estetica ´ Vittoriana e dal Rococo; in pose che celebrano l’immaginario delle eroine dei manga e degli anime: le Lolita girls esprimono l’amore per il bello, la grazia e l’eleganza.

©Tunué | tunue.com

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Valentina Testa

GOTHIC LOLITA

La nuova moda delle ragazze giapponesi conquista il mondo


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