Speleologia n. 38 - settembre 1998

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SEMESTRALI

Ov^,

ISSN 0394-99^t Anno IXX settembre'1998



SOMMARIO EDITORIALE--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------La parola al Presidente

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DOCUMENTI ITALIA--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------LA GROTTA DELLA MONACA A SANT’AGATA D’ÉSARO (Cosenza) - Felice Larocca, Domenico Lorusso Invito alla conoscenza di un’interessante grotta lungo il confine sud-occidentale del Parco Nazionale del Pollino 5 IL SEGRETO DELLA COSTA DEL PALIO (Bergamo) - Massimo Pozzo, Evon Malixi Grotta Alaska: nuova grossa scoperta in terra bergamasca 13 GRAVA DELLE ROSE (Brindisi) - Salvatore Inguscio, Enzo Pascali, P. Boscato La grotta è stata ritrovata tramite una antica mappa, ma agli inquinatori purtroppo era già nota 21 LA GRAVE DEGLI APPESTATI A FASANO (Brindisi) - Carlos Solito, Vincenzo Manghisi Nota da secoli per la macabra utilizzazione in essa vennero gettati i cadaveri della pestilenza del XVII secolo 25 BURANCO II DI CASE DI PEGLIA (Boissano - Savona) - Roberto Chiesa Un -165 metri inatteso a due passi dal mare. L ’eccezione che conferma la regola del «mai desistere» 29 L’ABISSO DI UNTZLAN (Alpi Apuane) - Leonardo Piccini Venti anni di impegnative esplorazioni nel Monte Sumbra (Lucca) 33 SPELEOLOGIA SUBACQUEA AMBIENTALE NELLA SORGENTE DEL FORAME (Treviso) - Alessio Fileccia Inquinamento e bonifica di una sorgente carsica 41 CERCANDO LA GROTTA DI ULISSE TRA IL CIRCEO E L’ISOLA DI PONZA - Lorenzo Grassi, Maria Luisa Battiato Panoramica sulle oltre cento cavità marine (e non solo) del Sud Pontino. 47 GROTTA DINURIGHE (SS): ESPLORANDO ELPASSATO-S . Ginesu, S.Sias, J.M. Cordy, M. Turmes, L. Trebini, A.Mele, A.Serra, P. Virgilio, A.Zara. Dall’esplorazione di uno stretto condotto carsico emerge un importante dato sul rapporto tra resti fossili, vulcanismo ed evoluzione del territorio 52

CAVITÀ ARTIFICIALI-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------L’ACQUEDOTTO IPOGEO ROMANO DI MONTERODUNI (Molise) - Giovanna Battista, Massimo Mancini Contributo allo studio delle strutture idrauliche di un insediamento romano di epoca repubblicana

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PROTOSTORIA DELLA SPELEOLOGIA------------------------------------------------------------------------------------------------------LA PIÙ BELLA RAPPRESENTAZIONE DI CONCREZIONI DELL’ANTICHITÀ SCOPERTA A PIAZZA ARMERINA - Paolo Forti

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TORRENTISMO----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------A PIOBBICO VIENE CONCEPITA LA «ASSOCIAZIONE ITALIANA CANYONING» - Michele Angileri TORRENTISMO : SPELEOLOGIA SOLARE O REALT A SEPARATA? - Giuseppe Antonini

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SPEDIZIONI ALL'ESTERO-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------IN HONDURAS LA SPELEOLOGIA DEL TERZO MILLENNIO? - Michele Sivelli, Francesco De Grande Il piccolo paese centroamericano comincia a mostrare tutte le sue potenzialità LA MARCIA VERSO L’OMBLIGO DEL MUNDO (Chiapas - Messico) - Tullio Bernabei, Antonio De Vivo, Italo Giulivo Il racconto della difficile conquista di uno dei principali obiettivi del Progetto Rio La Venta VIAGGIO IN ETIOPIA - Matteo Rivadossi, Paolo Pezzolato Resoconto della prospezione speleologica italiana nel Como d ’Africa DIARIO DI UN VIAGGIO AI CARAIBI - Natalino Russo Racconto di un italiano alla ricerca della Cuba speleologica RICOGNIZIONE SPELEOLOGICA NEL LAOS CENTRALE - Elisabetta Preziosi, Mimmo Scipioni Appunti da un viaggio di preparazione ad una spedizione

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NOTIZIE DALL’ESTERO---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------□ MESSICO-M . Rivadossi

□ SPAGNA-L . Girelli, S. Renghi

□ G R E C IA -A Larocca, G. Elia

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QUESTIONI DI DIDATTICA LA SPELEOLOGIA AI BAMBINI - Paola Nicolini

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SPELEORACCONTI----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------NEL M EANDRO-Natalino Russo

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MEMORIE------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------A.Bogli -A. Cigna. W.Maucci - P. Guglia. G.Pasquini -A.Cigna, A.Felici. L.Sorbini - U.Sauro. V.Prelovsek - F. Utili. A.N. Jimenez - P.Forti

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NOTIZIE ITALIANE----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------□ Friuli-Venezia Giulia - V ili Convegno Regionale di Speleologia del Friuli-Venezia Giulia. □ Lombardia - Attività dello SC Orobico CAI BG: Valle Imagna, Valle Brembana, Valle Seriana. Attività del GS Le Nottole - BG. Sviluppi al Pian del Tivano: Grotta della Betulla, Grotta Tacchi. Esplorazioni del GGMilano in Val Brembana. Notizie dallo SC Valceresio. □ Piemonte Novità dal M. Mondolè. □ Liguria - Novità sulle prealpi liguri imperiesi. □ Toscana - Giunzione Aria Ghiaccia - Saragato. □ Umbria - La didattica speleologica attività trainante del CEN di Bocca Semola. □ Puglia - Riaperta la Grave di Don Donato. □ Calabria - Toma nelle cronache speleologiche la Voragine delle Balze di Cristo e tutto il sistema carsico della Caldana (CS). □ Sardegna - Monte Albo. Breve nota sulle esplorazioni a Su Strexiu, Domusnovas, Cagliari. Attività del GS CSI Specus.

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RECENSIONI--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ATTI DEL XVII CONGRESSO NAZIONALE DI SPELEOLOGIA - KRAS: SLOVENE CLASSICAL KARST. - Arrigo Cigna

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BIBLIOTECA--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ELENCO RIVISTE E PUBBLICAZIONI EDITE DAI GRUPPI SPELEOLOGICI - Michele Sivelli

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SPULCIANDO QUA E LÀ IN BIBLIOTECA -------------------------------------------------------------------------------------------------RECENSIONI-Elisabetta Preziosi

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VITA DELLA SOCIETÀ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ — VARIE DALLE COMMISSIONI

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«SPELEOLOGIA» Rivista della Società Speleologica Italiana — N° 38 settembre 1998 — Anno IXX Autorizzazione del Tribunale di Perugia n° 2/97

Direttore Responsabile: Marco Bani Redazione: Luca Girelli, Massimo Goldoni, Leandro Pe­ sci, Silvia Renghi, Michele Sivelli. Hanno collaborato a questo numero: Michele Angileri, Giuseppe Antonini, Gio­ vanni Badino, Cristina Bani, Maria Luisa Battiate, Giovanna Battista, Tullio Bemabei, P.Boscato, Rino Bregani, Giulio Cappa, Ro­ berto Chiesa, Arrigo Cigna, Corrado Conca, Jean Marie Cordy, Francesco De Grande, Antonio De Vivo, Giuseppe Elia, Alberta Fe­ lici, Graziano Ferrari, Alessio Fileccia, Pao­ lo Forti, C arla G aleazzi, M .Gam betta, Andrea Gaviano, Sergio Ginesu, Luca Girel­ li, Italo Giulivo, Lorenzo Grassi, Paolo Gu­ glia, Salvatore Inguscio, Antonio Larocca, Felice Larocca, Lamberto Laureti, Domeni­ co Lorusso, Evon Malixi, Massimo Mancini, Vincenzo Manghisi, Rinaldo Massucco, An­ tonello Mele, Paola Nicolini, Giorgio Pannuzzo, Enzo Pascali, Alessandro Pastorelli, Paolo Pezzolato, Leonardo Piccini, Massimo Pozzo, Elisabetta Preziosi, Silvia Renghi, Matteo Rivadossi, Guglielmo Ronaghi, Na­ talino Russo, Ugo Sauro, Mimmo Scipioni, Antonio Serra, Stefania Sias, Michele Sivel­ li, Carlos Solito, Luca Tanfoglio, Luciano Trebini, Muriel Turmes, Franco Utili, Alber­ to Verrini, Pietro Virgilio, Alessandro Zara. Organizzazione editoriale: EDIZIONI NUOVA PRHOMOS Via Orazio Bettacchini, 3 - 06012 Città di Castello (PG) - Tel 075 8550805 Associata alla Federazione Pro Natura, Segreteria C/o ISEA Via Marchesana, 12 40124 Bologna - Associata all'USPI La rivista viene inviata a tutti i soci SSI in re­ gola col versamento delle quote sociali. Singoli L. 40.000 - Gruppi L. 80.000 Versamenti in C.C.P. 58504002 intestato a Società Speleologica Italiana Via Zamboni 67 - 40127 Bologna. Specificare la causale del versamento Gli articoli vanno inviati a:

Marco Bani - hanimarcCakrenet.it C E N «Bocca Serriola» 06012 - Città di Castello (PG) Tel. 075/8554392 - fax 075/8521167

Foto di copertina Eseguite da Felice Larocca V - Grave di Grubbo (Verzino, Crotone). Bancate di gesso fittamente stratificate. 2“ - Grave di Grubbo (Verzino, Crotone). Vaschette allagate lungo il Ramo del Fiume. 3” - Grotta di Serra del Gufo (Cerchiara di Calabria, Cosenza). Concrezioni sopra il P4. 4“ - Grotta di Vri (Grecia, Peloponneso). Esplorazione del grande lago terminale.

SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA Sede legale: Via Zamboni, 67 - 40127 Bologna Codice Fiscale 80115570154 - Partita IVA 02362100378 Anagrafe nazionale ricerca L 18909 LLISN N 0394-9761

7991

D IR E Z IO N E

PRESIDENZA

- Giovanni BADINO - Via Cignaroli, 8 - 10152 (TO) tei. 011 4361266, fax e segreteria 011 5214500

VICE PRESIDENZA

- MAURO CHIESI - Via Luca da Reggio, 1 - Borzano D ’Albinea (RE) - tei. e fax uff. 0522 910758

SEGRETERIA

- Giampietro MARCHESI - Via Don S. Arici, 27b - 25040 Monticelli Brasati (BS) - tei. ab. 030 6852325 (anche fax)

-

U F F IC I UFFICIO AMMINISTRATIVO ASSICURAZIONI

- Cristina DONATI - Via Don S. Arici, 27b - 25040 Monticelli Brasati (BS) - tei. ab. 030 6852325 (anche fax)

REDAZIONE «SPELEOLOGIA»

- Marco BANI - CEN Bocca Serriola 06012 Città di Castello (PG) - tei. 075 8554392 fax 075 8521167

PUBBLICITÀ

- Valter PASINETTI - Via S. Fiorano, 24 - 25123 Brescia - tei. Ab. 030/3751672, uff. 030/3581545, fax 030/3582404

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CENTRO DOC. GRANDI CAVITÀ

- Gilberto CALANDRI - Salita Don Glorio, 14 - 18100 Imperia tei. ab. 0183 299498

COMMISSIONE NAZIONALE SCUOLE

- Rinaldo MASSUCCO - Via alla Rocca 21/9-17100 (SV) tei.uff. 010 6546390 ab. 019 853752, fax 019 811960.

COMMISSIONE CATASTO

- Da nominare

C O M M IS S IO N I P E R M A N E N T I

C O M M IS S IO N I S P E C IA L I SCUOLA NAZIONALE SPELEOLOGIA SUBACQUEA

- Alessio FILECCIA - Via G. da Codetta, 15-31100 Treviso tei. 0422 411520

SPELEOLOGIA IN CAVITÀ ARTIFICIALI

- Lamberto LAURETI - Dip.to Se. della Terra Univ. di Pavia Tel. 0382 505858 - Fax 0382 505890 - Tel. Ab. 02 4079840 G R U P P I DI L A V O R O

SCIENTIFICO

- Paolo FORTI - Via Zamboni, 67 - 40127 Bologna tei. 051 354547, fax 052 354522

PER LA DIDATTICA

- Franco UTILI - CP 101 - 50039 Vicchio (FI) - Tel. e fax 055 8448155

MATERIALI E TECNICA - Giovanni BADINO - Via Cignaroli, 8 - 10152 Torino tei. 011 4361266, fax e segreteria 011 5214500 FOLKLORE DELLE GROTTE

- Paolo MONTINA - Via Casale Pividori, 9 - 33017 Tarcento (UD) tei. 0432 783089

SPELEOTERAPIA

- Alfonso PICIOCCHI - Parco Comola, 9 - 80122 Napoli tei. 081 650738

/ SALVAGUARDIA AREE - Mauro CHIESI - Via Luca da Reggio, 1 - 42010 Borzano DI INTERESSE di Albinea (Reggio Emilia) - tei. uff. 0522 910758, 0336 426283 SPELEOLOGICO R E D A Z IO N I «INTERNATIONAL JOURNAL OF SPELEOLOGY»

- Parte biologica: Valerio SBORDONI - Istituto di Zoologia Viale Università, 32 - 00100 Roma - Parte fisica: Dott. E. Burri Dip. Se. Amb., Università, Via Vetoio loc. Coppito - 67100 L'Aquila

«GROTTE D'ITALIA»

- c/o Paolo FORTI - Via Zamboni, 67-40127 (BO) - Tel. 051 354547

«SPELEO»

- c/o Franco UTILI - Via Cimabue, 5 - 50121 Firenze

«IPOANTROPO»

- c/o GSPGC - Via Massenet, 23 - 42100 Reggio Emilia

«SOTTOTERRA»-

- c/o USB Cassero di Porta Lame P.zza IV Novembre 1944 40122 (BO)

«PROGRESSIONE»

- Comm. Grotte E. Boegan SAG - Via Machiavelli, 1 - 34132 (TS)

«SARDEGNA SPELEOLOGICA»

- Via De Magistris, 9 - 09100 Cagliari


EDITORIALE La parola al Presidente Il Club Alpino Italiano ha un nuovo Presidente Generale. La no­ mina può riempirci di gioia dato che il neo eletto Gabriele Bian­ chi è una persona estremamente addentro ai meccanismi CAI e dunque in condizioni di dare un grande impulso all'associazione. Soprattutto, però, è un ottimo conoscitore della speleologia dato che se ne è occupato molto negli ultimi anni, tanto da essere di­ ventato socio della Società Speleologica Italiana. Possiamo dunque tranquillamente proseguire nell'opera di con­ vergenza fra le due associazioni, nel rispetto di una sanissima mutua indipendenza. Un augurio di tutto cuore all'amico Gabrie­ le che per i soci SSI che sono anche iscritti al CAI (siamo il 40%), è doppiamente consocio. Buon lavoro. Anche in appello abbiamo avuto conferma della vittoria per la causa legata alla chiusura del Corchia, e conferma del fatto che siamo stati riconosciuti "parte lesa" per la chiusura di una grotta. Credo che questo sia uno dei maggiori risultati che, al mondo, siano mai riusciti a degli speleologi. Dopo un lungo travaglio il nuovo statuto è stato messo all'appro­ vazione di un'assemblea straordinaria. Consisteva di due gruppi di modifiche, l'una associata alle leggi ONLUS e l'altra indirizza­ ta a svecchiare la struttura. Le prime sono state modificate senza problemi. Le altre hanno invece incontrato il voto contrario di tre soci presenti che però, con le deleghe che portavano (quasi tutte quelle presentate), avevano oltre il 20% dell'assemblea, ed hanno cosi lasciato lo statuto com'era. Il succo dell'opinione contraria era che le variazioni statutarie non andavano abbastanza nella direzione delle federazioni regio­ nali. Credo peccassero di scarsa conoscenza della realtà naziona­ le; noi avevamo cercato di fare una ristrutturazione che potesse essere più adatta dell'attuale a rappresentare tutta insieme una realtà costituita da zone dove c'è la FedReg e funziona, dove c'è ma non funziona, dove non c'è e non ci sarà mai, dove si sta for­ mando, dove c'è ma è in lite con una fetta degli speleo locali, dove c'è ma è in lite con alcuni gruppi, dove ce ne sono due, dove c'è ma non conta niente. Ma questi soci hanno ritenuto più dannoso provare la struttura nuova che continuare alla vecchia maniera. È una posizione di­ scutibile ma sostenibile. Sta di fatto che la messa in minoranza del Consiglio è stata possibile appunto perché la rappresentativi­ tà è aumentata, altri si sono interessati al problema, e hanno por­ tato un contributo critico. Abbiamo assaggiato il lato negativo dell'essere finalmente "importanti" senza ancora assaggiarne il positivo ... Ne riparleremo nella prossima Assemblea Ordinaria. Le elezioni alle cariche sociali si avvicinano. In questi anni, di fatto, l'associazione speleologica si è formata. È senza soldi? Relativamente, ne ha pochi per far bene quel che abbiamo preso a fare. Per vivacchiare ne abbiamo invece un mucchio, ben più di prima. Ha pochi soci? Relativamente, ne ha il doppio di pochi anni fa ma

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ancora pochi rispetto alla popolazione. Ha difficoltà burocratiche? Certo, ma in questi anni le difficoltà create a bella posta alle associazioni sono divenute atroci, ed ora quasi sappiamo superarle. Ha poca gente che lavora? Relativamente, ne abbiamo ben di più di poco tempo fa, solo che i lavori necessari sono decuplicati. Insomma, il guaio è che le esigenze sono aumentate in modo ter­ ribile mentre il supporto è cresciuto di poco. Abbiamo investito in settori sino a ieri impensabili, ma molti speleologi continuano a ritenere che il loro lavoro si esaurisca il sabato e domenica in grotta, e lasciano il campo agli altri oppure si concentrano, quando va bene, su interessi locali. Paolo Forti, a commento dell'Assemblea Straordinaria mi scri­ veva: "Quello che è certo è che ancora una volta il mondo spe­ leologico ha voluto ribadire la sua peculiarità fatta di interessi non generali, ma locali (da non confondere con quelli persona­ li): di Federazione per chi è infederazione di Gruppo per chi è in gruppo di Singolo per chi è cane sciolto. Comunque mai genera­ li: nazionali o sovranazionali. Coloro che si caricano di tali compiti agli occhi della stragrande maggioranza degli speleolo­ gi devono avere secondifini, guadagnarci personalmente, altri­ menti sarebbero pazzi. E una musica che ancora oggi sento quo­ tidianamente riferita a me, all'IIS e alla Biblioteca. In 20 anni di attività sovralocale non sono riuscito neppure a scalfire questa idea, e quel che è peggio è che in fondo in fondo anche persone molto mie amiche credono che sia vero. " Il quadro generale è di un basso desiderio di partecipare, accop­ piato al fatto che molti partecipanti mostrano una affidabilità davvero ridotta. Lo sperimentiamo tutte le settimane, dal livello di gruppo in su: si può fare 100? Ci sarà uno che abbozza 10, poi (per fare altro) passa il testimone ad un altro che in riunione tuona che farà 200, che lo afferra e si rende irreperibile. Fra due riunioni si scuserà, si farà riapprovare l'assegnazione promettendo 300 e sparirà di nuovo. Poi si dimet­ terà adducendo una scusa qualsiasi, oppure qualche affronto in­ tollerabile che gli è stato fatto. Finalmente un altro, dei soliti, af­ ferra e arriva a 20. Cosi siamo tutti irritati, inadeguati e abbiamo perso tempo. Credo di aver cominciato a capire perché avviene questo. Per al­ cuni è importante il ruolo che possono ottenere durante un "mo­ mento sociale", una riunione: vogliono sentirsi "dentro", sentirsi vivi e protagonisti della speleologia anche se da tempo le grotte non danno loro gran soddisfazioni. Per riuscirci costoro prendo­ no posizioni e soprattutto incarichi che poi, tornati a casa, non si sogneranno nemmeno di portare avanti. Per chi ha questa testa non è soddisfacente la realizzazione di una cosa ma il Ruolo Sociale Momentaneo che ottiene impegnandosi a farla. Nel nostro mondo volontaristico questo è un vero tallone d'Achille perché la pigrizia e malavoglia di chi potrebbe fare fa sì che assemblee, elezioni e cariche siano una sorta di "filtro" con cui "arricchire" di questi individui le classi dirigenti, un po' come si fa, con meno rischi, con gli isotopi dell'Uranio. 3


Editoriale

Le elezioni si avvicinano, io ed altri passeremo il testimone. Lo so che la prospettiva di farsi avanti spaventa, ma se ti senti di po­ ter fare qualcosa, fallo. Non farti rappresentare da uno qualsiasi. Saranno le ultime elezioni col vecchio statuto, credo, ma c'è un'indicazione strategica a lungo termine che sgorga da questi anni di interazione e coltivazione delle federazioni regionali e che riguarda proprio in che modo ristrutturarci e chi eleggere. In varie riunioni di discussione del nuovo statuto avevo espresso dubbi sul costituire un parlamentino fatto di rappresentanti re­ gionali (l'associazione nazionale come "federazione di federa­ zioni"). Non tanto perché ognuno avrebbe portato acqua al suo mulino, portando al massimo livello le miserie locali ("ho il cugi­ no geometra che è stato incaricato dell'adattamento turistico del­ la tal grotta e allora dobbiamo approvarla e se voi vi opponete al­ lora vi boccio l'altra proposta etc. - dite che non succede? Succede, succede.. Non tanto per questo dicevo, ma perché a quel punto vi verrebbero elette proprio e solo le persone di ran­ go locale. Tullio, ad esempio, non potrebbe mai essere sospettato di fare scelte per favorire la speleologia laziale, o io per quella piemon­ tese (o ligure?), o Mauro per l'emiliana in quanto che, in sostan­ za, delle nostre speleologie regionali, in quanto tali, non ce ne frega un tubo. Ma allora, proprio per questo, nel momento in cui una federazione regionale dovesse scegliere se mandare come suo rappresentante "uno che conosce e partecipa ai problemi re­ gionali" ovvero "un tipo che di quelli non se ne importa nulla e, anzi, se è il caso ci dà contro", non avrebbe dubbi: manderebbe il primo, a spiegare come organizzare l'intera nazione sulla falsari­ ga dell'esperienza Lucana o Trentina, e non avrebbe mai rango e mandato per dare contro alla sua federazione nel momento in cui questa si mettesse a fare schifezze. Sarebbe un'assemblea perfetta per rappresentare la nostra po­ chezza. Con la costituzione delle federazioni regionali in Umbria, FriuliVenezia Giulia, e Campania abbiamo quasi finito, quasi tutte le regioni si sono date una base organizzativa. Rimangono fuori solo regioni dove la speleologia è recente e mi­ nuscola: il Molise (60 grotte e un gruppo speleologico), la Basili­

cata (250 grotte e un gruppo), la Calabria (370 grotte e 6 gruppi), ... il Trentino (1530 grotte e 9 gruppi) e la Lombardia (3020 grot­ te e 42 gruppi). .. . Un'altra indicazione strategica deriva dal fatto che ancora molte persone credono che la nostra associazione, fatta di volontari che rubano il proprio tempo per mandarla avanti, sia una sorta di ente statale cui ricorrere in caso di bisogno, facendoci anche i predi­ cozzi su cosa dovremmo fare, ma da ignorare ogni volta che è possibile. Vari episodi di questi anni mi inducono a pensare che, effettivamente, occorra un ripensamento della strategia dell'offrire servizi, attività, aree di intervento per avere in cambio sup­ porto. Credo che sia opportuno iniziare a reperire l'appoggio de­ gli speleologi sulla base di singole iniziative "extra-associative", un po' come fanno vari enti ambientalisti. Vogliamo far causa per il Corchia? Ottimo, lanciamo una sottoscrizione e cerchiamo dei volontari: se frutta i soldi e gli uomini necessari si fa, sennò no, perché significa che a nessuno importa nulla. Concludo con un elenco di modi con cui il singolo socio può con­ cretizzare il supporto alla nostra associazione. I ) Iscrivi nuovi soci. Questa è la nostra base, è questo che ci fa ti­ rare avanti. Reperire fondi statali ci vincolerà e priverà di respon­ sabilità verso la base, è meglio essere totalmente autonomi. 2) Investi i tuoi risparmi nelle pubblicazioni, che si possono continuare a fare solo se vengono assorbite, sennò la macchina si ferma e non ce ne saranno più. Chiediti se sia il caso di indebolire la struttura che cerca di rap­ presentarci tutti per risparmiare il costo di due bottiglie di vino. 3) Se hai idee e disponibilità di lavoro, diccelo. Ci sono infinite cose che sono estremamente utili, sul numero scorso di Speleo­ logia c'è una lista drammatica di ciò che si potrebbe fare, ci fosse solo chi lo fa. 4) Collabora a riordini di livelli locali, cioè a creare strutture unitarie regionali. Solo così riusciremo a dare una veste unitaria non dico alla speleologia italiana (impossibile e non auspicabile) ma alle sue voci. II nostro attuale stato deplorevole rappresenta un progresso in­ credibile rispetto a dieci anni fa. Giovanni Badino

SSI NEWS per una nuova possibilità di comunicare È partita l’ultima iniziativa editoriale della Società Speleologica Italiana. Si tratta di un foglio che verrà inviato come supplemento a “Speleologia”, ma avrà una uscita più frequente della rivista e permetterà di mantenere coi soci un contatto più assiduo garantendo una informazione più agile e tempestiva. Notizie correnti dalle Commissioni, notizie di significativi appuntamenti speleologici o anche notizie esplorative per coinvolgere altri... questo foglio non avrà una periodicità regolarmente cadenzata, ma uscirà quando avrà fatto il pieno di informazioni. La redazione di “Speleologia” manterrà contatti stretti con i curatori di SSI NEWS in modo da smistare verso la nuova testata le notizie caratterizzate da essenzialità, PER INVIARE MESSAGGI A SSI NEWS taglio adatto e la necessità di una rapida diffusione.

FAX 059/356096 - 0583/582270 E-MAIL tregnag@cin.it 4

Il coordinatore di SSI NEWS è Massimo Goldoni la grafica è curata da Antonio Trenaghi. Speleologia 38 - 1998


DOCUMENTI ITALIA

LA GROTTA DELLA MONACA A SANT'AGATA D’ÉSARO (Cosenza) RIASSUNTO Viene descritta la cosiddetta “Grotta del­ la Monaca”, ubicata nel territorio comu­ nale di Sant'Agata d'Ésaro (provincia di Cosenza - Calabria nord-occidentale). Si tratta di una cavità naturale ad andamento orizzontale, lunga oltre 300 metri, all'intemo della quale sono state riconosciute le tracce di una consistente attività di estrazione mineraria (la roccia calcarea, infatti, è molto ricca di ossidi ferrosi), il cui ambito cronologico, per quanto anco­ ra incerto, sembra addirittura iniziare in età protostorica. Vengono presentati, inoltre, alcuni passi di un'interessante cronaca esplorativa di fine '800, a firma di E.G. Pirongelli, che rappresenta al mo­ mento uno dei più “antichi” documenti di cui si dispone sulla storia della speleolo­ gia calabrese.

Invito alla conoscenza di un'interessante grotta lungo il confíne sud­ occidentale del Parco Nazionale del Pollino Felice LAROCCA Gruppo Speleologico “Sparviere” Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici” Domenico LORUSSO Gruppo Speleologico Ruvese Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici”

PREMESSA A Grutt 'a Monaca: non vi è abitante di Sant'Agata d'Ésaro che non la conosca, se non di fatto (e comunque sono molti i

Santagatesi che l'hanno visitata), per lo meno di nome. E non potrebbe essere al­

trimenti, considerato che il suo maestoso ingresso, come un enorme occhio scruta­ tore, ha sempre sorvegliato dalla sommi­ tà di una ripida rupe il passaggio umano nella valle del fiume Ésaro. Una cavità naturale con una ben stratificata tradizio­ ne popolare al suo riguardo: le leggende locali la dicono ancor'oggi collegata, at­ traverso lunghi e profondi passaggi, ai paesi vicini, oppure percorsa da un fiume sotterraneo, il cui fragore si avverte sin dall'ingresso. La denominazione è invece attribuita ad una singolare formazione calcitica, simile ad una monaca stante, vi­ sibile nella grande “Sala dei Pipistrelli”. Una cavità ben nota anche agli stessi spe­ leologi, che l'hanno sempre fatta oggetto di frequenti visite. Tuttavia, fino ad oggi, la grotta non è mai stata studiata ed inda­ gata approfonditamente e per tale motivo diversi suoi aspetti di grande interesse sono sempre rimasti sostanzialmente in ombra. Con quest'articolo si presentano i primi risultati delle ricerche che gli scri­ venti, coadiuvati da numerosi collabora­ tori, hanno condotto a partire dalla pri­ mavera del '97.

Abstract This article describes the so-called “Grotta della Monaca”, located near Sanf Agata d'Ésaro, in Cosenza province (north-western Calabria), a natural horizontal cavity about 300 metres in length. Inside the cave, where the calcareous rock itself is rich in ferrous oxides, there are signs of a substantial amount of mining activity; it is not entirely clear when this took place, but it may well even date back thousands of year. The article also includes excerpts from a fascinating account by E.G. Pirongelli of caveexploration at the end of the 19th century, one of the oldest documents around on the history of Calabrian caving.

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Documenti Italia

La Grotta della Monaca a Sant’Agata d ’Ésaro

L ’ingresso della grotta alla sommità di un ripido bastione roccioso, (foto D. Lorusso)

STORIA DELLA SCOPERTA E DELLE ESPLORAZIONI La prima segnalazione accertata della Grotta della Monaca compare sui mano­ scritti del noto letterato calabrese Vin­ cenzo Padula da Acri che, nella seconda metà deH'800, aveva iniziato a raccoglie­ re notizie di vario genere (storia, tradizio­ ni, economia, etc.) su diversi centri abita­ ti della Calabria. Negli appunti relativi a Sant'Agata d'Ésaro il Padula aveva scrit­ to due note, per così dire, “speleologiche”: “Grotte. Molte: ne pigliano il terre­ no perfarne nitro'’’’e, più avanti, “Grotte. 2 naturali in 2 monti opposti: Grotta del­ la Monaca, e nella seconda stanza vi si vede ancora, benché guasta dal tempo, una monaca scolpita; e Grotta del Tesau­ ro, abbondante di terra gialla”. Non sap­ piamo se il letterato di Acri abbia visitato egli stesso le due cavità segnalate oppure, com'è più probabile, ne abbia avuto noti­ zia da qualche informatore del luogo. Certo è che poco più tardi, e precisamen­ te il 27 ottobre 1878, le stesse grotte già citate dal Padula (Monaca e Tesauro) fu­ rono esplorate da un tal Enrico Giovanni Pirongelli, che dell'impresa lasciò un det­ tagliato resoconto apparso su “Il Cala­ brese ”, un giornale dell'epoca. La crona­

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Veduta verso l'esterno dall ’imbocco della cavità. (foto F. Larocca)

ca esplorativa del Pirongelli è uno scritto ricco di preziose informazioni (si veda la relativa finestra di approfondimento in questo stesso articolo) e rappresenta, a tutt'oggi, il più “antico” documento stori­ co propriamente speleologico che si pos­ segga per la Calabria.

Muro a secco sotto la frana della condotta d ’ingresso, (foto F. Larocca)

Il 16 novembre 1939 la Grotta della Mo­ naca fu esplorata nuovamente da Enzo dei Medici, il pioniere della speleologia calabrese che per primo iniziò a docu­ mentare e a censire sistematicamente le grotte della provincia di Cosenza. Il dei Medici realizzò nell'occasione un primo schizzo grafico speditivo della grotta (planimetria e sezione longitudinale), at­ tribuendole uno sviluppo complessivo di 260 metri. Dovettero passare ben 36 anni perché qualcuno ritornasse ad occuparsi della cavità: e questa volta toccò a spe­ leologi della Società Svizzera di Speleo­ logia che, nel giugno del 1975, dotarono la cavità di un più accurato rilevamento topografico nell'ambito di una campagna di ricerca speleologica nel territorio di Sant'Agata d'Ésaro. E fù proprio durante una delle ripetute visite che gli Svizzeri effettuarono nella grotta che emerse per la prima volta il suo interesse dal punto di vista paietnologico. Su un documento inedito conservato dal Catasto delle Grotte della Calabria, Serge Piaget - uno dei componenti la spedizione svizzera segnala il rinvenimento di “fragmenti di vaso di terracotta come pure ossa inde­ terminate ed un dente probabilmente umano quindi aggiunge: “Sarebbe as­ solutamente necessario che s'interessas­

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La Grotta della Monaca a SantAgata d ’Ésaro

se uno specialista in archeologia a via di poter determinare con certezza se la grotta della 'Monica'fu abitata dall'uo­ mo preistorico”. Il resto è storia recente, e riguarda le ricerche i cui risultati sono presentati in queste pagine.

ITINERARIO DI AVVICINAMENTO Da Piazza Carducci (piazza principale di Sant'Agata d'Ésaro, attraversata dalla SS 105) si segue la Strada Statale in direzio­ ne di Belvedere Marittimo e, dopo soli 400 metri, subito oltre un'edicola dedica­ ta alla Madonna, si svolta a destra lungo una stradina secondaria in salita. Tale carreggiata, asfaltata, deve essere seguita per Km 1,350 fin dove, superato un mar­ cato tornante a destra, un esiguo slargo permette di parcheggiare le autovetture lungo il ciglio destro della strada. Da qui si prosegue a piedi lungo un sentierino il cui imbocco è facilmente individuabile a monte della stessa carreggiata, protetto da un cancelletto di fortuna e a lato di un'evidente scarpata di frana biancastra. L'imbocco della cavità è comodamente raggiungibile in 10 minuti di marcia.

DESCRIZIONE DELLA CAVITÀ La Grotta della Monaca si apre con un maestoso ingresso a 600 metri di altitudi­ ne s.l.m. e domina, dall'alto di un maesto­ so bastione roccioso, la valle del Fiume Ésaro in prossimità della confluenza in

La condotta d ’ingresso occupata al suolo da cospicui depositi di crollo, (foto F. Larocca)

La caratteristicaformazione calcitica simile ad una “monaca ”, da cui prende il nome la cavità, (foto F. Larocca)

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esso del cosiddetto Vallone della Tragonara. L'ampio imbocco (alto circa 14 me­ tri), sulla sinistra idrografica del fiume, è ben visibile dalla Strada Statale n° 105 che collega i centri abitati di Belvedere Marittimo e Sant'Agata d'Ésaro. Dal punto di vista morfologico, la cavità risulta caratterizzata nel suo complesso da tre settori a sé stanti: 1) la condotta d'ingresso (pregrotta), 2) la grande “Sala dei Pipistrelli”, 3) una serie di stretti cu­ nicoli terminali. Il primo settore, quello di pregrotta (A 1-3), è rappresentato da un'ampia galleria in lieve salita, dal piano di calpestio completamente invaso da un accumulo caotico di poderosi macigni di crollo, distaccatisi dalla volta e dalle pa­

reti. Solo il tratto immediatamente conti­ guo all'ingresso si presenta pianeggiante e sgombro di materiali clastici, e proprio per tale motivo è stato frequentemente utilizzato dai pastori del luogo come rifu­ gio delle proprie greggi. Addentrandosi nella condotta d'ingresso, costretti ben presto ad arrampicarsi su enormi macigni di frana, si raggiunge dopo circa 50 metri quella che a prima vista sembra essere la parete terminale della cavità. In realtà un piccolo varco sulla sinistra, a circa 2 me­ tri dal piano di calpestio, permette di pe­ netrare nel secondo settore della grotta, la Sala dei Pipistrelli, così battezzata dagli speleologi svizzeri in occasione delle loro esplorazioni (1975). Ma prima di

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Area di miniera lungo un potente filone di ossidi di ferro, (foto F. Larocca)

passare alla descrizione di questo nuovo ambiente dobbiamo soffermarci ancora sulla condotta d'ingresso. Esplorazioni attente condotte tra gli accumuli di frana hanno permesso di accertare, al loro in­ terno, la presenza di adattamenti artifi­ ciali da parte dell'uomo. Si è riscontrata, in particolare, la frequente sistemazione con muretti a secco di alcuni interstizi fra i crolli, soprattutto laddove questi ultimi sono più facilmente praticabili. Tali mu­ retti, spesso anche di vaste proporzioni, implicano una notevole quantità di lavo­ ro, in condizioni non facili, per la loro realizzazione. Sempre sotto la frana sono state individuate, inoltre, ampie porzioni di cavità escavate artificialmente, come testimoniano le impronte di colpi di pic­ cone ben evidenti soprattutto sulle pareti. Queste tracce di escavazione sono osser­ vabili in corrispondenza di alcuni filoni di ossidi ferrosi presenti lungo le discon­ tinuità della roccia, qui particolarmente abbondanti ma in generale riscontrabili un po' dovunque nella cavità. Non è diffi­ cile intendere il senso di siffatti interventi e adattamenti artificiali: siamo infatti in presenza di quel che resta di una vecchia miniera, scavata sotto il naturale piano di calpestio della grotta e insinuantesi, con una serie di brevi diramazioni, in varie direzioni (sulla planimetria essa è ripor­ tata in tratteggio, parte sotto la condotta d'ingresso, parte sotto la successiva Sala 8

dei Pipistrelli, tra i A 18-20 e 22-23). Al momento non siamo in grado di determi­ nare con precisione l'ambi­ to cronologico di tale attivi­ tà estrattiva, che fra l'altro non ha lasciato alcuna trac­ cia nel ricordo collettivo della popolazione locale. È im portante sottolineare, tuttavia, la presenza di al­ cuni significativi toponimi in alcune località prossime alla grotta, come “Casino delle Miniere ” e “Forgie ” (la “fo rg ia ”, nel dialetto calabrese, è la bottega del fabbro o comunque il luogo in cui si praticano attività metallurgiche). La Sala dei Pipistrelli è un vasto ambiente sotterraneo (A 3-6), com pletam ente oscuro, che deve la propria denominazione alla pre­ senza di una nutrita colonia di chirotteri. Le sue dimen­ sioni, pari a circa 60 metri di lunghezza massima e 30

di larghezza, ne fanno uno dei più vasti saloni sotterranei attualmente conosciuti in Calabria. Il piano di calpestio, che è completamente ricoperto da spessi e vi­ scidi depositi di guano di pipistrello (in passato utilizzato dai contadini del posto come fertilizzante agricolo), dapprima si presenta al visitatore con un andamento alquanto pianeggiante, poi degrada con forte inclinazione verso un poderoso ma­ cigno concrezionato incastrato tra suolo e volta. Possenti forme di concrezionamento in gran parte fossili (gruppi stalagmitici e, in misura minore, colate calcitiche) adomano l'ampia sala, soprattutto nel suo settore iniziale e lungo le pareti. E proprio all’aspetto di una singolare colata calcitica di questa sala, simile ad una mo­ naca, si deve la denominazione della ca­ vità. Tale figura, che la tradizione vuole scolpita da mano umana, è tuttavia chia­ ramente di origine naturale, forse solo lievemente ritoccata nella parte del volto. Un aspetto peculiare della Sala dei Pipi­ strelli, alta in media 6 metri, è il netto contrasto luministico tra le chiare banca­ te calcaree della volta (presentanti, a trat­ ti, evidenti accumuli di ossidi ferrosi in corrispondenza dei giunti di strato) e gli

SCHEDA CATASTALE numero catastale: Cb 65; denominazione dialettale: Grutt 'a Monaca-, comune: Sant'Agata d'Ésaro; provincia: Cosenza; località: La Difesa - Grotta della Monaca; cartografia: carta d'Italia I.G.M.I. (serie 25/V - scala 1:25.000) F° 229 IV N.O. “S. Sosti” (1958); coordinate geografiche: longitudine: 3°31'20" E, latitudine: 39°37'34" N; quota ingresso: 600 metri s.l.m.; sviluppo pianimetrico: 316 metri; sviluppo spaziale: 327 metri; dislivelli: +10 metri, -12 metri; profondità: 22 metri; terreno geologico: calcari dolomitici del Trias; rilevamenti topografici: 1°) Domenico Lorusso*1, Carlo Cecalupo1, Felice Laroc­ ca*2 (8 giugno 1997); 2°) Domenico Lorusso*1, Carmine Lepera3, Roberto Zofrea3(21 giugno 1997); 3°) Domenico Lorusso*1, Carlo Cecalupo1, Felice Laroc­ ca*2, Angelo Ambrosi (7/8 luglio 1997); 4°) Domenico Lorusso*1, Carlo Cecalupo1, Roberto Zofrea3 (23/24 agosto 1997). * Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici” SSI 1 Gruppo Speleologico Ruvese SSI 2 Gruppo Speleologico “Sparviere” SSI 3 Gruppo Speleologico “Le Grave” SSI NOTA: Della Grotta della Monaca il Catasto delle Grotte della Calabria possiede altri due rile­ vamenti topografici, anteriori rispetto a quello presentato in queste pagine, il primo effettuato da Enzo dei Medici il 16 novembre del 1939, il secondo realizzato da S. Piaget, H.P. Stolz e P.Y. Rossel della Società Svizzera di Speleologia nel giugno del 1975 ; la scheda catastale sopra ripor­ tata si riferisce ad un ulteriore rilevamento topografico (quello presentato in questo stesso artico­ lo), effettuato per esigenze di maggior dettaglio connesse ad indagini paletnologiche.

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La Grotta della Monaca a SantAgata d'Ésaro

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GROTTA DELLA MONACA - Cb 65 Sant'Agata d'Esaro (Cosenza) Sala dei

_p i pistrelli

Sezione longitudinale

♌2.40 m

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Planim etria

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Monaca

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Sala dei pipistrelli

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Rilevamento topo grafico a cura del C en tro Regionale di Speleologia "Enzo dei Medici" (1997) <SJ

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30 m

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Due asce-martello rinvenute nella cavità, interpretate come strumenti di lavoro di minatori protostorici, (foto G. De Tullio)

scuri depositi di guano al suolo. Discesi nella parte più depressa della sala, si raggiunge un'esigua area semipia­ neggiante costituita da un deposito argil­ loso. Questa rappresenta la parte finale del suddetto salone e, allo stesso tempo, il punto in cui la cavità si ramifica in due di­

ramazioni secondarie, costituenti i tratti iniziali di quelli che diventano, più avan­ ti, stretti cunicoli al limite della praticabi­ lità umana. La diramazione a destra (A 617), lunga complessivamente 40 metri, costringe ben presto a procedere carponi su spigolosi massi: essa conduce dappri-

Cranio umano rinvenuto a ll’interno della grotta, appartenente ad una probabile sepoltura di età protostorica. (foto F. Larocca)

ma in prossimità di una profonda frattura verticale (A 16), quindi si restringe sem­ pre più fino a raggiungere uno dei punti con massimo dislivello negativo rispetto

UN'IMPORTANTE SCOPERTA PALETNOLOGICA L'11 maggio 1997, in occasione di un'attenta esplorazione nella Grotta senti nel calcare. Percuotendo i filoni di minerale, molti mazzuoli e della Monaca, si rinveniva un interessante manufatto litico tra i massi di asce-martello si frammentavano durante l'uso: le schegge degli stru­ frana presenti in un determinato settore della cavità. Tale manufatto era menti venivano ovviamente abbandonate in loco, allo stesso modo di immediatamente riconosciuto come uno strumento preistorico apparte­ quegli utensili non più utilizzabili in quanto completamente spaccati. I nente ad una specifica categoria tipologica: si trattava infatti di un'ascia- manufatti integri si potevano invece spiegare come utensili accantonati martello in granito perfettamente levigata, caratterizzata ad una estre­ nella cavità in previsione di un futuro ritorno, mai più avvenuto, oppu­ mità da un profilo appuntito e, all'altra, da una superficie piatta, simile re, tuttalpiù, come oggetti persi. Quanto ai resti umani presenti nella appunto ad un martello. 11reperto presentava inoltre su tutto il corpo una stessa area di rinvenimento dei manufatti litici, essi potevano essere profonda scanalatura trasversale, nella parte mediana, certamente con­ messi in relazione con un utilizzo della cavità, in un momento cronolo­ nessa a necessità di immanicatura. Dopo poco tempo, in un'area conti­ gico diverso, a scopo funerario. Nella grotta, infatti, sono state ricono­ gua al luogo di rinvenimento e sempre fra gli accumuli clastici, si sciute frequentazioni umane di epoche diverse sulla base della raccoglieva un nuovo manufatto, simile al primo per natura litologica e dispersione ceramica, dalla protostoria all'epoca storica. Limitando per la scanalatura che gli correva su tutto il corpo, ma con entrambe le l'attenzione alla ceramica protostorica è da sottolineare la connessione estremità piatte, a mo’ di un vero e proprio mazzuolo. La stretta associa­ di almeno una parte dei suddetti reperti litici con frammenti di recipien­ zione fra questi due reperti e una quantità consistente di resti scheletrici ti fittili riferibili alla cultura di Piano Conte, datata alla metà del III mil­ umani, largamente frammentati e dispersi, li faceva in un primo mo­ lennio a.C. circa. Questi ultimi sono ben riconoscibili per le tipiche mento considerare come oggetti di corredo di qualche sepoltura preisto­ , decorazioni a “solcature”, presenti tanto sulle pareti esterne che interne rica. Tuttavia, il successivo rinvenimento di altri reperti dello stesso dei vasi. Compare tuttavia anche ceramica protostorica più recente (ge­ genere (in totale ne sono stati recuperati 12, tra integri e frammentari, nericamente attribuibile all'età del Bronzo). ora conservati presso il Museo della Sibaritide), faceva cadere la primi­ La leggibilità del contesto archeologico risulta in gran parte impedita tiva congettura. Prendeva invece sempre più consistenza una seconda dallo stato di estrema dispersione e frammentazione dei reperti: ciò è ipotesi, e cioè che quei manufatti rappresentavano gli indicatori di senz'altro dovuto al fatto che le attività estrattive nella Grotta della Mo­ un'antica attività estrattiva compiuta nella Grotta della Monaca, ricca naca sono continuate anche in epoca successiva a quella protostorica, com'è di ossidi ferrosi lungo le bancate calcaree. Questa particolare ti­ situazione che ha determinato l'obliterazione o, peggio, la distruzione pologia di strumenti litici, infatti, è ben attestata nei non numerosi con­ dei settori di miniera più antichi. La testimonianza più evidente della testi minerari di età protostorica che si conoscono in Europa, in un continuità estrattiva è indicata dalla presenza di estese gallerie artifi­ ambito territoriale che si estende dalla Penisola Iberica fino ai Balcani. ciali tagliate proprio lungo i filoni di minerale, alle cui pareti si ricono­ Ricordiamo, per fare degli esempi, le analoghe mazze litiche da Rio Co- scono ancora le impronte dei colpi di stmmenti metallici (ciò è ben rumbel (Huelva, Spagna sud-occidentale) o da Rudna Glava (Serbia). evidente tra i A 18-20 e 22-23). Una prova indiretta a supporto di tale nuova ipotesi era costituita dal fat­ Allo stato attuale le ricerche sono in pieno svolgimento, tanto per quel to che una buona parte degli strumenti litici rinvenuti si trovava allo sta­ che riguarda l'esatta determinazione dei minerali escavati, quanto per to frammentario, a volte sotto forma di schegge più o meno grandi, fatto la precisa individuazione degli orizzonti cronologici - preistorici e sto­ alquanto strano nell'eventualità li si considerasse come facenti parte di rici - durante i quali la Grotta della Monaca venne utilizzata come una corredi funerari. La frammentarietà ben si spiegava, al contrario, suppo­ vera e propria miniera. nendo un loro utilizzo pratico all'interno della cavità, ad esempio per a cura di estrarre i minerali metallici dalle fratture e dalle superfici di strato pre­ Felice Larocca

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alla quota d'ingresso (-12 metri). La diramazione a sinistra si ramifica subito in due distinte condotte, i cui imbocchi si presenta­ no sovrapposti: quella in­ feriore (A 7-13. riportata in tratteggio sulla plani­ metria) è lunga pressap­ poco 20 metri e procede in marcata discesa, situa­ zione che determina l'ac­ cumulo di abbondanti depositi clastici negli am bienti più depressi (anche questa presenta un dislivello negativo di 12 metri). La condotta superiore, al contrario, si addentra per oltre 60 metri dentro le bancate calcaree (A 711 ): essa costringe i visi­ tatori, per la maggior par­ te del suo percorso, ad avanzare strisciando, fin­ ché diventa così stretta da precludere del tutto ogni ulteriore tentativo di progres­ sione.

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Uno scorcio della grande Sala dei Pipistrelli, con il piano di calpestio completamente coperto dal guano dei chirotteri. (foto F. Larocca) RINGRAZIAMENTI Per la fattiva collaborazione e per la di­ sponibilità dimo­ strata ringraziamo innanzitutto l'Am­ ministrazione Co­ m u n ale di S an­ t'A g a ta d 'É sa ro , nelle persone del Sindaco Domenico Tolve e del Vice Sindaco Maria An­ tonietta Raimondo. Un pensiero di gra­ titudine, inoltre, a Don Fiore Borrelli, Parroco di Mottafollone (Cs), e al

Prof. Giovanni Laviola, studioso di Trebisacce (Cs), il primo per averci segnala­ to l'esistenza della cronaca esplorativa del Pirongelli, il secondo per averci mes­ so a disposizione i preziosi numeri origi­ nali de “Il Calabrese”, su cui detta crona­ ca è stata pubblicata. Grazie anche a Serge Piaget che ha messo mano ai suoi ricordi a distanza di ben 22 anni e a tutti gli speleologi che, con com­ piti diversi, hanno collaborato alle ricer­ che nella grotta, in particolare ad Angelo Ambrosi, Carlo Cecalupo, Luca Antonio Dimuccio, Antonella Fazio Pontieri, Carmine Lepera, Francesco e Chiara Le­ vato, Isabella Marano, Andrea Marino, Lorenzo e Leonardo Zaccaro, Roberto Zofrea. □

BIBLIOGRAFIA

Penetrando nella Sala dei Pipistrelli, (foto F. Larocca) Speleologia 38 - 1998

LAROCCA, Felice - Le grotte della Calabria. Guida alle maggiori cavità carsiche della regione, Nuova Editrice Apulia, Martina Fran­ ca (Ta), 1991. LAROCCA, Felice; DIMUCCIO, Luca Antonio - Importanti scoper­ te nella Grotta della Monaca, “Speleologia” (rivista semestrale del­ la Società Speleologica Italiana), anno XVIII, n° 37, dicembre 1997, pp. 129-130. PADULA, Vincenzo - Calabria prima e dopo l'Unità, scritti demolo­ gici inediti, a cura di A. MARINARI, voi. II, Laterza, Roma-Bari, 1977. PIRONGELLI, Enrico Giovanni - La Monaca e Thesauro. Caverne esplorate il27ottobre 1878, “Il Calabrese” (giornale scientifico let­ terario didattico); articolo pubblicato in quattro numeri successivi: la parte: anno XI, n° 19, Castrovillari, 20 Ottobre 1879,pp. 145-146; 2a parte: anno XI, n° 20, Castrovillari, 31 Ottobre 1879,pp. 153-154; 3a parte: anno XII, n° 12, Castrovillari, 30 Giugno 1880, pp. 91-92; 4aparte: anno XII, n° 15, Castrovillari, 25 Agosto 1880,pp. 116-118.

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guardavano impassibili, silenziosi e proseguivano; e, per rompere la loro taciturnità, dissi sorridendo "Per ¡sgomentarci, ecco un po ’ di fracasso: siamo ricevuti in un modo abbastanza singolare! Rispose uno di essi “‘Ed in una sala che pare il limbo, ove, con quattro fiaccole, quasi non possiamo vederci l'un l'altro Infatti, ciò mi parve strano dapprima, ma, pensando poi che ero dentro terra, ed avevo sotto ipiedi per tappeto cinque buoni palmi di sterco, mi persuasi che in quel luogo LA MONACA E THESAURO l'acido carbonico dovea in gran copia svilupparsi. Ed in vero, in alcuni CA VERNE ESPLORA TE IL 27 OTTOBRE 1878 [...] In S. Agata molto si diceva intorno ai misteri dì queste due caverne, punti, a 20 centimetri dal suolo, il lume ardeva fioco o si spegneva. battezzate col nome di La Monaca e Thesauro. Asserivano, tra le cose Tutto ciò che trovavasi in quella smisurata camera era bruttato da que­ più belle, che una (la principale) la Monaca, conducesse fino a S. Do­ gli animali nauseanti, e osservazioni accurate mi han rivelato che il nato, paese distante quattro buone ore da S. Agata; pretendevano che suolo una volta era ricco di massi, belli per form a e bianchezza, senza fosse ivi dentro scolpita una Monaca nell'atteggiamento di tessere, e che nulla ora si potesse scorgere, essendosi le fessure cementate, i mille altre cose che occupavano la meridionalefantasia del mio popolo. massi bruttati, e tra un masso e l'altro, sotto ai dormitoi, formatesi [...] Tornato da Torino, alcun poco ammaestrato nelle ginniche disci­ cloache pericolose. Laonde la leggenda della Monaca potrebbe esser pline, rifrustando in certe vecchie cartacce di mia famiglia, lessi con falsa, ma non si potrebbe contraddire, chi dicesse esser quella Beata sorpresa che mio Nonno e mio Padre, fanciullo, eransi rischiati di sepolta col suo telaio nello sterco dei pipistrelli. E bensì vero che ad un penetrare nell'orribile caverna della Monaca e giunti solo ad ossen’are angolo, a mano sinistra, evvi un certo naturale abbozzo di pietra bian­ la prima e la seconda camera; che avevan trovato di maraviglioso chissima calcarea che, parandotisi d'innanzi, ti produce patetica sen­ molto più dì quanto il popolo narrava, salvo che la favoleggiata sazione. Quell'abbozzo di figura umana mi parve la melanconia che Monaca tessente; e, nell'ardore dei miei vent'anni, volli che la mia S. triste e pensosa ivi abitasse, come in sua reggia! Agata non dovesse più essere maestra di arcane paure e balorde tra­ Pure orma umana quel suolo avea difresco calpestato, poiché rinvenni dizioni, e feci proponimento di avventurarmi nell'ardua impresa ivi una paletta ed una cesta. Qualche ardito pastore delle mie balze, dell'esplorazione. Stentai a rinvenire compagni a mio modo: li volevo avea osato di esportare quel fetido concime per le sue bisogne. In d'obbedienza passiva e macchinale, coraggiosi e taciturni; li ebbi, e la mezzo alla caverna, in buona parte pulita era una pietra bianca, che da domenica che si contavano li 27 del mese di Ottobre, ad ore 6 ant., rozzo scalpello parea ridotta allafigura di una ala di A ngiolo. Aggira­ mossi con tre compagni per la caverna la Monaca. Bene armati e tomi per una lunga pezza in questa melanconica stanza, vidi ai lembi meglio equipaggiati, destramente arrampicandoci, arrivammo alla della volta abbozzi di colonne, prodotte dal secolare stillicidio. Osser­ bocca di essa, e poiché, essendo noi per entrare, uno storno di colombi vai che a destra ed a manca nessun ridotto, nessun andito, nessunafes­ sura mi schiudeva l'accesso ad altre caverne ed andai in fondo. Avea partì dall'antro, battezzai questa prima camera: questa camera una bassura: m'inoltrai, scesi, guardai in alto, e vidi La grotta dei Colombi. Quest'antro non ha nulla di notevole, se ne togli una certa venerazione che alcuni massi pendenti dalla volta parea toccassero il suolo, ma in che t'ispirano il silenzio e quei massi giganteschi caduti dalla volta realtà ne rimanevano discosti alquanto, onde guardando dalla metà della rupe. La bocca è un triangolo equilatero, alto una ventina di della camera, nulla addimostrava questo che trovai. Sotto quelle metri, tutta intorno, dalla parte esteriore, ricoperta di elei e di ellera. rocce, dunque, che radevano il suolo mi ridussi coi compagni e trovai [...] Il suolo é ricoperto di massi accatastati gli uni agli altri, che tutto un'altra camera, ove erano quattro orribili bocche circolari... [...]. En­ l'ingombrano e non lasciano nulla scoprire. Fra quei massi non si può trammo per la prima carponi un pezzo, poscia fu d'uopo strisciare ed affatto penetrare e generano un certo sconforto, poiché è d'uopo ag­ arrivammo ad una cavernuccia inform a di un cono. Ivi raccolti scam­ grapparsi su d'essi, per arrivare sino alfondo della camera. Salito dun­ biammo poche parole di conforto e proseguimmo, essendo io secondo; que sui massi, in sul mezzo, l'oscuro si fece intenso, e, per andare ma la mia guida di un tratto sifermò, e costrinse noi a fare altrettanto, innanzi, fu necessaria la fiaccola. Nulla vidi ai lati, d'ogni intorno le fino a che, strisciando a rovescio, ritornammo alla cameruccia canico­ fessure erano inaccessibili, e, mentre guardava pieno d'esitanza, sentii lare. Di là si scende all'inferno, egli disse, avvi una bocca circolare, un rumore cupo, sordo, lontano, giungermi dall'alto. Seguii, m'inoltrai, che scende perpendicolarmente, mandando un'aria fredda fredda, né origliai vicino ad un lembo della volta, e m'avvidi che un enorme masso arrivo a distinguerne ilfondo. Volli assicurarmene, ripresi il cammino, mi nascondeva una buca a quattro o cinque metri alta dal suolo. M'im­ ed inoltrato quanto lui, trovai come egli avea detto. Rotolai un pezzo di misi carponi, con grande difficoltà, preceduto da uno degli intrepidi roccia, ascoltai, andava sempre producendo un rumore cupo; ma d'un miei compagni (che camminava con un'arme per ciascuna mano) ed, tratto rabbrividii. Il sasso aveva annunziato lafine del suo viaggio, con alquanto inoltrato, fu i compreso da altissimo terrore. Feriva il mio un fracasso d'inferno: trovai la spiegazione del fenomeno, pensando orecchio un lungo gemere, che pareva uscisse dal fondo di un monu­ che aveafatto un tonfo nell'acqua. Ci voltammo e c'immettemmo nella mento sepolcrale. Davvero “quivi pianti, grida ed alti guai risonavan seconda bocca. La via ci si spianò facile tanto, che camminammo car­ per l'aer senza stelle!". Nonpotevam comunicare tra di noi, eravamo poni e non più strisciando. Dopo pochi minuti, ci fermammo in una come in una trappola di graniti, e fu necessità il proseguire. Andammo cameruccia che parea la dimora di una Fata. Eran la volta e le pareti tra quel chiasso d'inferno, e, balzati giù, sdrucciolammo come se aves­ di bianco, fregiate di stalattiti, e di altre naturali meraviglie talmente, simo avuti i piedi sopra la poltiglia. In questo, puntai il lume in viso ai che scrissi al mio taccuino: miei tre compagni, li vidi impassibili, mi allietai, e raddoppiammo le La grotta delle stalattiti o la sede dell'arte. [...] Qui la natura volle dare un modello di quanto essa può. [...] Qui fiaccole. non uno degli animali immondi della seconda stanza, tutto leggiadro, La Caverna delle Nottole, ovvero la Reggia della Malinconia. Fanciullo, sedendo talvolta al domestico focolare, sentivo mia nonna a tutto terso: dalla volta pendevano stalattiti vaghissime per forma, favoleggiare. Ascoltavo le fantastiche descrizioni delle dimore dei grezze, ricciute, ma non più umidate dall'acqua. In giro però presso Maghi, sentivo di vastissime camere scure scure, ove sussurravano gli alla parete una ventina di esse mandavano acqua, la quale si era sca­ spiriti edi demoni guardiani del mago abitatore. Penetrato in quella or­ vata dei ridotti che menavano a certe vaschette semicircolari ed ovali; ribile caverna, mi parve di essere in una dellefavoleggiate dimore, e ve­ e l’acqua produceva tale un dolce mormorio, che, in quel silenzio, sem­ brava soavemente cullare l'Arte, ivi addormentata. dutane i limiti nella penombra, fu i lì in un punto per gridare soccorso era una immensa altissima sala, dì form a ellittica, dalla cui volta pen­ Da questa leggiadrissima stanza fu necessità tornare indietro, poiché devano neri ammassi, oscillanti, che parean sospesi ad unfilo, e pronti non aveva comunicazione con altre, ma prima di lasciarla, a mano sinistra, sopra la più vaga vaschetta che ivi fosse notai il mio nome e ad ogni momento di schiacciarmi -. Quegli ammassi neri, moventisi d'un tratto, mi parve si frangessero, e quello dei compagni ed un saluto a colui, che, avventurandosi alla cadessero sul mio capo, ma, con grande meraviglia, nulla mi toccava, e esplorazione, trovasse quella scritta del ventisette Ottobre. nessun rumore me ne annunziava la caduta. Dopo pochi secondi, la mia [...] Taluno domanderà: a che ha menato la mia audace esplorazione? fiaccola fu spenta, due altri compagni ebbero la stessa sorte, e solo il A nulla, io rispondo, per conto mio, né mi proposi di trovare nella ca­ quarto riuscì a preservare la diogenica lanterna, cingendola colle due verna nascosti i tesori di Creso. Dissi a me stesso: osserverò ifatti e li mani. Erano Pipistrelli grossissimi ed innumerevoli, che ci piombavano esporrò come sono, acciocché qualche apostolo della scienza, invo­ addosso e ci spingevano indietro. Quei chirotteri erano di colore gial­ gliato a fa re altrettanto, possa leggere in quel campo smisurato di os­ lognolo, grandi poco men che un gufo, e, fra le cinque specie, apparte­ servazioni, meglio ch'io non vi ho letto. Enrico Giovanni Pirongelli nevano alla principale (Nottola o Pipistrello) che porta i propri figliuoli attaccati alle mammelle. Invidiavo i miei compagni, i quali mi Alla fine dell'800 Enrico Giovanni Pirongelli esplorava la Grotta della Monaca e la Grotta del Tesauro nel territorio di Sant'Agata d'Ésaro, lasciandoci dell'impresa una puntuale cronaca esplorativa, apparsa sul giornale “Il Calabrese". Ne pubblichiamo qui di seguito i passi più significativi, limitati alla sola trattazione della Grotta della Monaca:

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IL SEGRETO DELLA COSTA DEL PALIO (Bergamo) RIASSUNTO Si riassumono le ricerche degli ultimi anni sulla “Costa del Palio”, interessante area carsica situata nelle Prealpi Lombar­ de Centrali, a diretto contatto col famoso massiccio del Monte Resegone, e in pro­ vincia di Bergamo. Il potenziale esplorativo di tutta la zona è notevole, vista la presenza di cavità arti­ colate su più livelli con condotte forzate di grandi dimensioni, e di sorgenti con portate considerevoli in tutte le stagioni. Alaska, l'ultima scoperta che avvalora le nostre ipotesi, non è altro che l'inizio di un'avventura che si preannuncia molto eccitante... nello spazio... e nel tempo.

INQUADRAMENTO GEOLOGICO La Costa del Palio si trova nelle Prealpi Lombarde Centrali, ed è situata all'estre­ mo nord della Valle Imagna (Bg): è rag­ giungibile da Bergamo seguendo la stra­ da provinciale che attraversa tutta la valle, fino ai piccoli comuni di Bramano e Fuipiano. Vista dall'alto, si presenta come un marcato “anfiteatro calcareo”, le cui estremità sono costituite, nel ver­ sante idrografico destro (ovest) dalla ca­ tena del M. Resegone (1.875 m) e la pia­ na di Bramano (900 m), e in quello

Grotta Alaska nuova grossa scoperta in terra bergamasca Massimo POZZO Evon MA LIXI Speleo Club Orobico CAI Bergamo

sinistro (est) dalla piana di Fuipiano (1.019 m) e le sue cime, cioè lo Zucco di Pralongone (1.503 m) e I Canti (1.563 m). Il Passo del Palio ( 1.462 m) e lo Zuc di Valmana (1.546 m) sono rispettiva­ mente la quota più bassa e quella più alta della “Costa”. La stratigrafia delle due estremità è incli­ nata dolcemente ai lati (10-15 gradi), e degrada verso il centro della Costa del Palio, immergendosi prevalentemente con direzione nord-ovest. Tutta la dorsa­ le è interamente formata da calcari, la cui serie stratigrafica comprende, dal più giovane al più vecchio, il Calcare di Moltrasio, il Calcare di Sedrina (entrambi di età Liassica-Giurassico Inferiore), la Do­ lomia a Conchodon e il Calcare di Zu (di età Retica-Triassico Superiore). La stes­

sa successione vale per il versante oppo­ sto, appartenente alla giovane provincia di Lecco (alta Val Taleggio), che com­ prende il bacino del Torrente Enna (ver­ sante idrografico destro) e la zona di Morterone. Anche qui la serie stratigrafi­ ca presenta caratteri di continuità, ma in alcuni punti la successione è lacunosa di una o dell'altra fascia Questo settore, che non approfondiamo nell'articolo, è di fondamentale impor­ tanza per la visione d'insieme della zona, perché ospita una trentina di cavità cono­ sciute, tra cui spiccano “La Maddalena” (oltre 9 Km di sviluppo) e “Fiom Lat”, probabile risorgenza del sistema, che ha portate considerevoli anche durante pe­ riodi di massime magre. Il versante bergamasco è altresì ricco di risorgenti che, unendosi, danno vita al Torrente Imagna, ma nessuna di quelle localizzate è paragonabile a Fiom Lat. Una sostan­ ziale differenza tra i due versanti è data dal fatto che nella zona del Torrente Enna il livello di base è riscontrabile nel con­ tatto tra Dolomia a Concodon e il Calcare di Zu, mentre quest'ultimo, in Valle Ima­ gna è carsificabile (ne è un esempio la fa­ mosa grotta “il Forgnone” con oltre 2 km di sviluppo). La Costa del Palio è anche “tagliata” dalla Linea del Faggio, un'im­ portante faglia regionale con decorso nord-sud, che la separa dalla Dolomia

Abstract The researches of the last years in “Costa del Palio” , an interesting karstic area in the Prealpi Lombarde Centrali in direct contact with the famous massif of M. Resegone in the district of Bergamo are reported in this article. The exploratory possibilities of the whole area are remarkable in consideration of the presence of caves articulated on different levels with large forced phreatic galleries and of sources with considerable flows in all seasons. Alaska Cave, the last finding which confirms our hypotheses, only represents the beginning of a vety exciting adventure through space ... and time.

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... Dal 1995 ... I Canti

Zuc de Valmana

M. Resegone 1875 1.563 ■ 1.175 ' 750

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Le risalite in artificiale danno subito otti­ mi risultati: dopo 40 metri di verticale, la Sibèria svela un totale di 410 metri nuovi, tra condotte, pozzi, rametti laterali e ca­ mini, poi, di colpo tutto sembra debba terminare nelle solite fessure impenetra­ bili: l'aria violenta si prende gioco di noi. Troviamo altri nuovi rametti, ma non si riesce a “sfondare”. Così, nonostante la convinzione e la “visione mistica” di es­ sere vicini alla scoperta di un qualcosa di consistente, abbandoniamo per un po’ la grotta, dedicandoci alla ricerca esterna. Troviamo un nuovo abisso, il Vuotodaria, portando avanti un altro “lavoro” del buon Renato, ma ci fermiamo a -86 (oltre 160 metri di sviluppo), e una serie di nuo-

Norica del Resegone (unità sovrascorsa). Tutta l'area ha un'estensione che si aggira sui 15 kmq circa.

INTRODUZIONE STORICA Intorno agli anni '60-70 il GG San Pelle­ grino esplorò le cavità più evidenti inse­ rendole nel catasto regionale. La zona in questione però viene “scoperta” dal GS Brianteo SEM MEDA-SSI, che nel 1985 inizia un'esplorazione metodica nel ver­ sante di Morterone, trovando cavità im­ portantissime e di notevole sviluppo, ma il sodalizio, in seguito ad un momento di crisi, perde consistenza. Chiede così rin­ forzi agli speleo del GS CAI Varese, e, assieme, danno vita all'affascinante sto­ ria esplorativa de “La Maddalena”, au­ tentico “mostro” di oltre 9 Km di svilup­ po, con condotte forzate al suo interno di oltre 20 metri di diametro ... che puntano verso il Resegone. Renato e Mina (chi non conosce i Banti?), con altri amici, cominciano a giron­ zolare nel versante imagnino della “Co­ sta” e anche loro, in breve tempo, trovano un discreto numero di cavità nuove. La più importante, il Bus de la Sibèria, ha uno sviluppo di 300 metri ed è attraversa­ ta da una fredda corrente d'aria, sia nei pozzi che nelle condotte, che fa ben pre­ sagire ... oltretutto è ricca di camini ine­ splorati ... Nel 1994, il sottoscritto, proveniente da un gruppo ligure, ma approdato a Berga­ mo per lavoro, viene condotto alla base di un bel caminone “risucchiarne” ancora inviolato, ignaro di qualsiasi eventualità di “pirataggio”, e decide di iniziare a risa­ lire ... Da quel giorno, sboccia l'innamo­ ramento per la Costa del Palio, ed inizia l'esplorazione seria in zona, anche dallo Speleo Club Orobico CAI Bergamo.

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La Galleria delle Favole, (foto B. Mazzoleni)

ve cavità, tutte di sviluppo modesto e con pochissime possibilità di prosecuzione. Per alcuni, dopo già due anni di ricerche, poteva essere il giusto motivo per perdere l'entusiasmo: “troppa fatica per pochi metri” non piace a nessuno, ma per altri è stata la chiave di volta per “pensare posi­ tivo”, per convincersi che la “Costa” cu­ stodisce un insieme di vaste e articolate cavità ancora tutte da esplorare. È stato questo il segreto: non pensare solo “alla grotta”, ma ad un “insieme” di grot­ te. Anno 1997 Torniamo comunque in Sibèria, trovando ancora: la grotta ora ha tre ingressi. Lo sviluppo raggiunge gli 850 metri, le novi­ tà sono sempre pura cosa ma cominciano a diventare decisive, soprattutto in vista della nuova scoperta. Tanti ci prendevano per folli o illusi, ma l'insistenza e la volontà di non demordere ci ha premiato, dopo tre anni, con la pri­ ma conferma: Alaska e le sue dimensio­ ni, sproporzionate per occhi abituati a condottine e strettoiacce ... Oltre al­ l'emozione unica di esplorare più di 1.300 metri di “nuovo” (fatto storico per lo SCO), le gallerie di Alaska, con sezio­ ni circolari che variano dai 5 ai 10 metri di diametro, confermano il passaggio di

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enormi quantità d'acqua. I torrentelli e i sifoni, invece ci fanno sapere quanto la Costa del Palio sia viva, perché Alaska, a differenza di Sibèria, è attiva, ed è bello esplorare sentendo il fium e... più g iù ...

Sì, la somma di tante piccole delusioni è stata ampiamente ripagata da questa avventurosa scoperta, che, oltretutto, ridà valore e importanza a tutte le cavità cir­ costanti. Adesso, la mole di nuovi dati, ci

IL MEANDRO Affrontare “il meandro ", in Alaska, è una sfida con te stesso. Oltre a!fisico, ti devi preparare mentalmente, devi sentirti a tuo agio in un ambiente così mutevole. Calcoli le energie che devi consumare già nella prima strettoia: “calma, non sforzarti troppo, ce n'è di strada da fare ”, Prendi il tuo tempo. Respira piano: il respiro è importante, deve coincidere con i tuoi passi... Svuota la tua mente, via il pensiero de! mondo esterno, e accetta con gioia le “sue "forme misteriosamente sinuose, e i “suoi ” appigli nascosti, invisibili. Eccitati, all'idea di essere in un territorio nuovo e sconosciuto. Adesso ci sei solo tu e “il meandro ”. "Che fai? corri? " ...non correre, ricordati che la sfida è con te stesso, non con “lu i”, perché è capace di allungarsi a dismisura e farti affannare, perdere il fiato. Può sembrare che non finisca più. Entra in armonia con “lui ”, apprezza i suoi stretti difetti, e non offenderlo mai. Tocca il suo “fango-budino ” vellutato, e giocaci a “palle di fango ", come tra due compagni d'avventura. Dev'essere un approccio che richiede uno sforzo, un'apertura mentale totale, perché riguarda noi stessi e le nostre introspezioni: con “lui" si ha soltanto da perdere. È con la nostra volontà che bisogna guadagnare..., devi soltanto osservarlo e “amarlo "per quello che è. A d un certo punto, il tuo viaggio col meandro finisce, e ti rendi conto che metà del biglietto per vedere lo spettacolo, l'hai già pagato. Ora, se ti vuoi divertire, di “lui" te ne devi dimenticare... sarà difficile, ma devi! Perché Alaska continua, enorme e tenebrosa, dentro la montagna. Non portarlo nella tua tasca mentale, tanto sarà “lu i” ad aspettarti per il ritorno ... e si prenderà l'altra metà de! biglietto per accompagnarti verso la via d'uscita ...verso il tempo, verso il mondo a cui appartieni.

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ALASKA Speleo Club Orobico 1997

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Comune: Brumano Carta: C. T.R. B4e4 Monte Resegone • «• Longitudine! 1.538.91 7 Latitudine: 5.078.850 Quota: 980 m Sviluppo reale: 1.330 m Dislivello: 155 m (-146;+9)

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- BUS DE LA SIBERIA - SORGENTE DI QUOTA 900 IN VALLE FOPPA - DOLINE - BUCA SU STRADA PRESSO VAL DEL TETTO

I -TA N A D EL LUPO L - INGHIOTTITOIO SECONDO DI VALLE FOPPA M - BUCA SU STRADA PRESSO VALLE FOPPA N - SORGENTE DI QUOTA 900 PRESSO VAL DEL TETTO

Bus de la Sibèria. Il passaggio del Laminatoio, (foto M. Pozzo)

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permette di proseguire con più certezze, programmando addirittura dove e come cercare ancora. Il numero di grotte a catasto è aumentato da 4 a 13 (altre sono anche in esplorazio­ ne dallo SC “I Protei” di Milano): i rispet­ tivi ingressi si trovano più o meno nella fascia che va dai 950 ai 1.100 metri di quota (Calcare di Sedrina/Calcare di Moltrasio); le sorgenti delle due vailette principali sono a quota 900 (Calcare di Sedrina/Dolomia a Conchodon). Esiste poi una linea più bassa con numerose sor­ genti captate, a quota 800-850, che po­ trebbero rappresentare un livello di falda: i sifoni di Alaska, anche se corrispondo­ no a questa quota, puntano tutti a Nord, verso Morterone e la Linea del Faggio. Dal momento che, come già detto, gli strati sembrano affondare verso Nord-O­ vest, crediamo che le acque possano at­ traversare tutta la struttura e avere un le­ game con La Maddalena e Fìom Lat, magari nel momento stesso in cui la falda si alza. Una seconda teoria, tutt'altro che improponibile, sarebbe quella di collega­ re il settore di Brumano e parte della Co­ sta del Palio, con la grotta II Fomone, (nella quale si uniscono due corsi d'acqua ben distinti), e la sottostante Sorgente Carrera, ma in questo caso la Linea del Faggio dovrebbe svelarci tutti i suoi mi­ steri, perché diventerebbe una sorta di spartiacque interno che aprirebbe valide porte per proseguire verso il Resegone.

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In tutti e due i casi, ci sarebbe da cammi­ nare per parecchi chilometri ... Il bello è che non abbiamo solo l’impressione di essere appena all’inizio, ma sia­ mo anche nella posizione di poter ipotiz­ zare qualsiasi cosa: che questo enorme bacino di assorbimento costituisca un tu tt’uno, proteso verso un ignoto e potente collettore, ricco di “troppo pieni” che escono un po' di qua e un po' di là ... o p p u re che si ra m ific h i in so tto collettori" indipendenti, ma di pro­ porzioni comunque notevoli. La geologia, ovviamente, affermerà che siamo dei pazzi, però, riscontrando che tante “pazzie” prendono vita e si trasfor­ mano in realtà, e che la logica con la spe­ leologia non sempre vince, continuiamo, settimana dopo settimana, a crederci sempre più. Una cosa è certa: là sotto... il mostro c’è!

onorati, l'invito ...». Sì è vero, sapevamo cosa c’era là sotto, anche se il ritrovamento della grotta è ef­ fettivamente un misto tra “culo” e “paz­ zia”. Si tornava dall’“ennesima siberiata” quando, in una valletta vista mille volte, In un buchetto da 10x10 centimetri, ve­ diamo muoversi una ragnatela ... La febbre esplorativa e la follia, ci fanno scavare per tre giorni come non mai, ar­ mati di piede di porco, punte, piazzette e secchio. Dopo 8 metri di autentico “passamano-di-sassi-in-meandrino-intasato”, sbuchiamo in una saletta: è estate ed esce una marea di aria fredda.. poi, dopo un altro cunicoletto c’è un pozzo che sembra profondo ... possibile che sia un ingresso basso?

DESCRIZIONE ALASKA COME VIVERE UN SOGNO Il ritrovamento di Alaska non nasce per puro caso, casuale forse è la via di acces­ s o ... una delle tante porte per entrare nel­ la Costa dei Palio. Sapevamo cosa c'era là sotto, e a fùria d'insistere, il sogno si è avverato... «La ‘"Costa" si svela ... e ci accoglie, mostrandoci finalmente le sue preziose bellezze ... e noi, eterni curiosi, non possiamo fa r altro che accettare,

Sappiamo benissimo che 1.300 metri, in alcuni contesti, non sono altro che sem­ plici “rami secondari”, ciononostante, Alaska per noi è una grotta che ha dell'in­ credibile: mai era successo di esplorare così tanto, trovando ambienti di simili di­ mensioni e di così rara bellezza. E poi, in bergamasca, rappresenta sicuramente un grosso risultato esplorativo: sono solo cinque le altre cavità che superano il chi­ lometro (sono circa 850 le grotte a cata­ sto), e nessuna ha gallerie con sezioni del

BUS DE LA SIBERIA S.C.O.-C.A.I. BG

BUS DE LA SIBERIA Catasto: L oB gll97 Comune: Brumano Carta: C.T.R. B4e4 Monte Resegone Longitudine: 1.539.355 Latitudine: 5.078.950 Quota: 1015 m Sviluppo reale: 850 m Dislivello: 81 m (-47;+34)

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“Urla Pazze

La bellissima Galleria delle Favole, (foto B. Mazzoleni)

genere. I primi 250 metri sono la somma di alcune verticali molto ampie, che in breve conducono a -55: lungo tutta la di­ scesa del P. Oxygene (P25), un'enorme frana sospesa aleggia sui nostri caschi come la famosa Spada di Damocle, men­ tre nel parallelo P. Symetricrum (P I8 + P23) scende un piccolo “affluente” del corso d'acqua che incontreremo molto più alfintemo. L'acqua si infila sottofrana in un meandro allucinante, il “Meandro Budino” (presto diventerà famoso), lungo oltre 160 metri, con misure per sogliole ed un'altezza che varia dai 5 ai 7 metri: il fango è cosparso lungo tutte le pareti, che in alcuni punti sono perfettamente lisce. Fortunatamen­ Speleologia 38 - 1998

te, la caratteristica forma a “buco di serra­ tura” permette strane ma utili contorsioni per proseguire: è ovvio che tutto “l'inuti­ le” vada riposto nel sacco, dagli attrezzi all'accendino, e per percorrerlo, un'ora è poca. Tra l'altro, la parte iniziale di que­ sto budello è cosparsa di micidiali stret­ toie: due di queste ci hanno impegnato per oltre un mese. Al termine di questo incubo c’è “il Bivio”, primo vero punto di sosta: il meandro diventa galleria. Si scende a destra il Pozzo dell’“0 ” (P9), alla cui base c'è una galleria allagata. Traversando a pochi metri dall'acqua si entra un una condotta forzata ascendente dove si sta quasi in piedi. Questo passag­ gio sbuca, dopo breve, nella galleria più

bella di Alaska. Le misure aumentano notevolmente (4 x 4), con scallops puli­ tissimi lungo le pareti, vaschette e con­ crezioni fantastiche ... giallissime e su­ pergocciolanti. La prima volta ci sembrò che tutto fosse di plastica.. .“Urla Pazze” è attiva e termina in sifone a - 93. Tornati al “Bivio”, A sinistra c’è il “P. Ciambella” (P I4), alla cui base l'ambien­ te diventa “corchiesco”: ancora un pozzo e poi bisogna infilarsi in una frana e scen­ dere ancora. Si atterra così nella sinuosa “Galleria delle Dune”, larga più di 5 me­ tri, che dopo un centinaio di metri sfocia nell’ancor più maestosa “Vendetta”. Le sue misure, per noi, sono assurde: il pun­ to più largo fa 12x10 metri di condotta forzata! A monte, si va incontro ad una delle due “Grandi Frane”: la profondità di questo ambiente si aggira sui -100 metri. Ma la “bestiona” scende ancora, e, non finendo di stupire, ci conduce alla “Sala del Caffè”, molto ampia, in cui convergono ben tre corsi d'acqua differenti (di portata modesta). A valle, in condotte dove si potrebbe tranquillamente correre, c'è un altro bivio da cui arriva un forte rumore d'acqua. È lo Yukon, che fuoriesce dal “Sifone Inter­ medio” e che allaga 25 metri di galleria larga 5. Questa è sicuramente la via più importante per le esplorazioni verso il settore orientale della “Costa”, visto che le portate del fiume sono notevoli: duran­ te il periodo invernale, il livello si è alzato di circa 2 metri. Di metri, ne mancano ancora un po' per arrivare al fondo di Alaska: bisogna entrare nella stupenda “Galleria dei Profiteroles”, dove si cammina sopra palle giganti (pisoliti oltre mezzo metro di dia­ metro, di fango concrezionato), con lo Yukon che scorre sotto. I successivi 150 metri di “tubo” perfetto, con misure da capogiro (7x6!), sempre tra “palle” e pla­ stici sproporzionati, conducono al “Sifo­ ne Smeraldo”, inquietante e profondo, a quota -146. Cinquanta metri prima, la “Città dei Vulcani”, grossa diramazione laterale, riconduce a monte nella seconda “Grande Frana". Un effetto particolare sono le linee di li­ vello dell'acqua sui plastici di fango: sembrano veri e propri sentieri ... li tro­ viamo fino alla “Galleria delle Dune”, se­ gno che il livello di base subisce (o ha sub ito ) le n te ma fo rti o s c illa z io n i, superando un dislivello di oltre 80 metri: nelle gallerie più profonde, alcuni scal­ lops sono in contropendenza, testimo­ nianza intangibile di grossi movimenti della falda. Inizialmente, però pensava­ mo che i livelli fossero legati a oscillazio­ ni appartenenti ad un passato molto re­ moto: l’ultima stravolgente notizia risale 19


Il segreto della Costa del Palio (Bergamo)

al 25 aprile di quest'anno, dove, nell’in­ tento di eseguire un servizio fotografico agli ambienti del fondo, siamo rimasti bloccati a quota -100 da un misterioso e tranquillo “mare” ... il “Mare della Ven­ detta” ... la falda si è mossa, salendo di ben 45 metri (i segni erano evidenti per ulteriori 10 metri!), sommergendo oltre 350 metri di gallerie (più la grande Sala del Caffè): nessuno, nell'occasione ci vo­ leva credere. Purtroppo non possiamo ancora sapere se si tratta di un evento na­ turale straordinario o se si ripete annual­ mente in periodi ben determinati: in ogni caso, l’esperienza è stata davvero emo­ zionante ... La questione della falda è una notizia del­ l'ultimo momento che ha un grosso valo­ re sia dal punto di vista geografico che geologico: le nostre ipotesi restano co­ munque tali, impreziosite da questo nuo­ vo elemento. A questo punto saranno determinanti eventuali immersioni e colorazioni: pro­ babilmente sarà più difficile proseguire versi il basso, ma restano valide tutte le altre direzioni. L'unica grossa via a monte sono le “Ne­ bulose Vie del Marcio”, dove fango, ac­ qua e laminatoi dirigono la scena: qui sia­ mo fermi di fronte al “Terzo laminatoio”, ma c'è anche un bel camino da risalire. Alaska, da questa parte, si rivolge verso la Sibèria: che sia vicino lo “Stretto di Bering”?

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CONCLUSIONI Sarebbe più appropriato intitolare questo paragrafo con “inizi”, e alla luce dei fatti non si può far altro che pensare così. Alaska si trova, per lo sviluppo attuale, in un punto strategico della Costa del Palio, con possibilità di sviluppo in tutte le dire­ zioni: i sifoni, a parte l'intermedio, punta­ no verso Morterone e/o la Linea del Fag­ gio; le due grosse frane (probabilmente è una sola di dimensioni spropositate) na­ scondono un'importante via a monte che sembra proveniente dal contatto con il Resegone; le Nebulose Vie del Marcio, in verità devono ancora “schiarirsi”, ma vanno verso Sibèria. Ci sono poi varie ri­ salite da fare e parecchie condottine da forzare: i punti interrogativi di Alaska sono senz'altro ancora tanti. Per quel che riguarda la visione d'insie­ me, al di là delle possibili connessioni di cui si parlava all'inizio, direi che unire Alaska con Sibèria sarebbe un risultato di immensa soddisfazione: si darebbe vita ad un complesso eccezionale e le proba­ bilità di riuscita sono già buone ... Il “segreto della Costa”, comunque, non è ancora stato svelato ... Possiamo trarre delle conclusioni, inve­ ce, su un altro argomento non meno im­ portante, cioè quello dell'affiatamento e del gioco di squadra, decisivi per la riu­ scita di questa esplorazione. Il famoso detto “uno per tutti e tutti per uno” ha ve­ ramente trionfato: mai una lite, mai un problema, tutti daccordo e tanto diverti­ mento è stata la nostra forza.

Credere in quello che stiamo facendo ci ha solo facilitato le cose: se non c'era Ala­ ska, ne avremmo trovato un'altra ... Un grazie a tutti noi, quindi... ma anche ad “Askidus”, l'elfo buono padrone di casa che non ci ha mai rifiutato, fin dal­ l'inizio ... ... ma l'inizio ... non è adesso?

RINGRAZIAMENTI A parte Stefano Brambilla (Naomi), che ha scavato con noi, ma poi è diventato un “chi l’ha visto?", un gigantesco e sincero «GRAZIE» è rivolto al resto della squa­ dra con cui abbiamo trascorso parecchi sabato notte, nella più totale armonia. A Pietro Cadei (Piter) e Maurizio Aresi (il Coop), inesauribili “macchine da guerra”, a Bruno Mazzoleni (Braun), il fotografo spaccatutto, e a Mauro Batta­ glia (M.B.), altro “trattore” a cui manca soltanto la f... (be', se viene con noi al sa­ bato sera ... come farà a cuccare?) Ad Antonio Bertolini (Tone), che ha con­ diviso un autentico calvario: il rilievo del “Meandro Budino” in notturna infrasetti­ manale, ... e anche perché passa le notti davanti al suo computer ... con i nostri articoli! All'aria, che ci ha permesso di seguirla. Ad “Askidus”, che ci lascia entrare ed uscire senza problem i... ... ma soprattutto grazie al ragnetto che si era costruito la sua bella casa... e non si è incazzato quando gliel’abbiamo portata via.D

BIBLIOGRAFIA [1] E. PEZZOLI: "Fenomeni geomorfologici e faunistici di Valle ¡magna (carso, acque, fauna, uomo) - prima parte

CAI Bovisio Masciago.

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GRAVA DELLE ROSE (Brindisi) PREMESSA Agli inizi dello scorso anno, durante una ricerca in campagna di alcuni riferimenti topografici presenti su una antica mappa, un nostro ex corsista si è imbattuto, nel mezzo di un campo coltivato, in un tom­ bino. Il nostro amico, credendo di trovar­ si sul punto topografico indicato sulla an­ tica mappa come “Grava delle Rose”, ci coinvolse per l'esplorazione. Divelto il pesante tappo in cemento armato, siamo stati investiti da un tanfo acre che impedì la prima esplorazione e ci fece rendere subito conto che la cavità era stata utiliz­ zata per scopi non propriamente leciti. Informazioni richieste ai contadini del luogo ci confermarono che il buco in pas­ sato era stato utilizzato per frequenti sca­ richi di liquidi costituiti in gran parte da scarti della lavorazione delle olive. La quantità dei liquidi scaricati ci fu eviden­ ziata, durante le prime esplorazioni, dal­ la marcata linea di livello impressa sulle pareti. Il proprietario del terreno, infatti, allarmato dalla continua presenza di au­ tobotti, nel 1987 decise di sigillarla. Inizialmente decidemmo di sostituire il tappo in cemento armato con una robusta grata in modo da permettere un ricambio d'aria e, quindi, l'esplorazione.

La grotta è stata ritrovata tramite una antica mappa, ma agli inquinatori purtroppo era già nota Salvatore INGUSCIO Enzo PASCALI Gruppo Speleologico Martinese P. BOSCATO Dip. Arch. e Storia delle Arti Sez. Preistoria, Università degli Studi di Siena STORIA DELLE ESPLORAZIONI Una dom enica ci organizziam o per l'esplorazione; una squadra di quattro si cala nel pozzetto di accesso arrivando a

mettere i piedi su un cumulo di sacchi di rifiuti. Due dei quattro esploratori, a circa 20-30 m dall'ingresso, avvertono dei fle­ bili malesseri e per precauzione ritornano in prossimità dell'ingresso. Gli altri due, avvertiti della situazione, non accusando alcun disturbo, decidono di proseguire l'esplorazione. A circa 70 m dall'ingresso incontrano un pozzetto che li costringe a tornare indietro per recuperare la corda necessaria. Riunita la squadra per l'occa­ sione, si decide di continuare l'esplora­ zione. Si ritorna sul pozzetto, lo si arma in modo esplorativo, permettendo così la discesa del più eccitato che continua ad andare avanti. Si decide intanto di mi­ gliorare l'armo. Nel frattempo la punta è costretta a tornare indietro di corsa in pre­ da ad una evidente crisi di respirazione, convincendo anche gli altri ad una fretto­ losa ritirata. Consci di aver sfiorato la tra­ gedia, ci ritiriamo pensando come poter continuare l'esplorazione con sicurezza. Con un motoconvogliatore degli amici Vigili del Fuoco di Taranto immettiamo,

Abstract An old map, dating back to 1566, took us to the finding of “Grava delle Rose”. The cave, obvidusly known by polluters without scruples, has been closed by means of cement in 1987 by the land owner who noticed suspect movements around the entrance. Unfortunately the inside of the cave has shown big heaps of rubbish and liquamen, so that the exploration is made possible only with aqualungs. Paleontological Pleistocene finds of Bos Primigenius, Dama, dama and Cervus Elaphus have been found in the cave too.

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Pianta di Locorotondo risalente al 1566 da cui è iniziata la ricerca della “Grava delle Rose”. A metà del lato destro, nel riquadro, si vede infatti chiaramente riportata tale denominazione.

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Grava delle Rose (Brindisi)

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Alcuni delle migliaia di lombrichi che pasteggiano nel passaggio basso, (foto F. Lo Mastro) SINTOMI AVVERTITI

Immissione di aria pulita con motoconvogliatore dei Vigili del Fuoco di Taranto, (foto F. Alò) all'uscita successiva, circa 160.000 metri cubi di aria pulita grazie ai quali riuscia­ mo in seguito a topografare senza proble­ mi circa 70 m, fermandoci in prossimità del pozzetto interno dove l'aria era di nuovo irrespirabile. In seguito, pensando che il nostro problema sia dato da una ec­ cessiva quantità di anidride carbonica, organizziamo appositamente delle uscite per quantificarne la presenza con l'ausilio

di autorespiratori dei W F F . Risultato: fino alla sommità del pozzetto interno 0,5% C 0 2; alla base dello stesso la per­ centuale si raddoppia. Al fondo della ca­ vità: 3% di C 0 2. La quantità di anidride carbonica, sia pur alta rispetto alla media, in base alle nostre conoscenze, non è sufficiente a crearci i disturbi accusati e pensiamo quindi alla presenza di qualche altro gas.

Mancanza di aria, aumento notevole dei battiti cardiaci, dolori di testa, perdita di equilibrio, aumento della sudorazione, fitte al petto.

Base del pozzetto d ’accesso con evidente cumulo di immondizia, (foto F. Alò)

Passaggio "nei lombrichi”, (foto F. Alò) 22

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DESCRIZIONE DELLA CAVITÀ La grotta si apre in prossimità di una delle tante depressioni della Valle d'Itria, nei pressi dei confini amministrativi dei co­ muni di Locorotondo, Cistemino e Mar­ tina Franca. Il suo ingresso (Capovento) è uno stretto pozzetto di circa 5 m il cui fondo è coperto da sacchi di rifiuti, sotto i quali si intravede una interessante via di prosecuzione. Dallo stesso punto, in dire­ zione S-SE, una discreta galleria, larga circa 3 m ed alta altrettanto, ci conduce,

Tratto esplorato con gli autorespiratori, (foto E. Pascali) dopo una decina di metri, ad un basso passaggio che si sviluppa in direzione NNO, lungo in tutto 15 m, il cui pavimento è costituito da uno spesso strato di terric­ cio rimaneggiato da migliaia di lombri­ chi. Alla fine di questo basso passaggio si entra in un ambiente largo più di 4 m ed alto 3 m nel quale è presente un notevole riempimento di massi e terra rossa prove­ nienti sicuramente da una frattura, un tempo beante. Si nota un ringiovanimen­ to che ha evidenziato, in stratigrafia, un notevole deposito paleontologico. Ad un nuovo cambio di direzione (N-E) l'am­ biente, restringendosi fino a meno di un metro di larghezza, assume una morfolo­ gia meandriforme, e dopo circa 10 m il meandro è interrotto da un P5, pozzo ca­ scata che immette in un nuovo ambiente alto circa 10 m. Dopo 25 m, con un repen­ tino abbassamento della volta, un nuovo cambio di direzione. Ancora circa 20 m, e con nuove riduzioni di altezza si arriva al fondo costituito da una pozza di un li­ quido denso e non ben identificato. Notate due piccole finestre nell'ambiente più alto.

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Meandro. Si nota al fondo la traccia evidente che il liquido riversato ha marcato nel suo passaggio, (foto F. Alò)

LA FAUNA PLEISTOCENICA DI CAPOVENTO DI MASSERIA CASINO (Grava delle Rose) Capovento di Masseria Casino contiene un deposito breccioso con ossa di grandi mammiferi associate a pietrame a spigoli vivi di piccole e medie dimensioni. Que­ sto deposito risulta eroso da ruscellamento orizzontale nella parte mediana del cu­ nicolo ed è quindi presente ai lati del condotto, per un tratto lungo alcuni metri, a costituire una sorta di piccolo terrazzo. La presenza di lembi di breccia e di qual­ che osso concrezionato in posizione su­

periore al terrazzo, fa ipotizzare una fase più antica in cui parte del cunicolo era quasi completamente occlusa dal mate­ riale breccioso. L'arrivo nella grotta di tale materiale, incluse le ossa, inizial­ mente non legato da concrezioni, è pro­ babilmente dovuto alla presenza di un in­ ghiottitoio esterno imito ad un sistema di fratture beanti, ora di difficile lettura. Per l'assenza di tracce di fluitazione negli elementi inclusi nella breccia, si pensa che il materiale non abbia subito un sen­ sibile trasporto orizzontale da acque cor­ renti ipogee. Le ossa sono inserite tra il pietrame con­ crezionato in posizione caotica, senza

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Grava delle Rose (Brindisi)

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Capovento di Masseria Casino Pu.\l 511

"GRAVA delle ROSE" Loc: Figazzano- Cistemino (BR) Rii: Enzo Pascali - Salvatore Inguscio G.S.M.

G.S.N Geologia: calcari del Cretacico Quota: 344 m slm Lat. 40°53'56" Long. 40° 44' 35" Sviluppo totale: ca 150 m Dislivello: ca -30 m Pozzo accesso: 5 m Pozzo interno: 5 m

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piani preferenziali di accumulo. Sulla sommità del piccolo terrazzo di breccia, in alcuni punti, è presente del sedimento argilloso rossastro. Le ossa fossilizzate sono piuttosto fragili, alcune fratturate, e presentano pigmenta­ zioni manganesifere. La determinazione del materiale osseo è stata effettuata solamente su pochi ele­ menti rinvenuti svincolati dalla concre­ zione, per lo più sulla superficie del ter­ razzo. Sono state rinvenute le seguenti specie:

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• Metacarpo destro. Lunghezza: 235; larghezza massima prossimale (Bp): 37,6; spessore massimo prossimale (Dp): 27,2; larghezza massima distale (Bd): 37,6; spessore cresta articolazione condi­ lo laterale: 35,8; spessore emicondilo as­ siale del condilo laterale: 26,4. • Metatarso, frammento di diafisi. • Metatarso destro, frammento medio prossimale. Larghezza massima prossi­ male (Bp): 28,6; spessore massimo pros­ simale (Dp): 32.

Bos prìmigenius bojanus, 1827 (Uro) • Femore sinistro, frammento medio prossimale di grosse dimensioni privo di gran parte dell'articolazione. Circonfe­ renza sotto il trocantino, mm 203; circon­ ferenza 5 cm sotto il trocantino mm 190. • Costola, articolazione.

Dama dama L. 1758 (Daino) • Omero sinistro di individuo giovane con articolazione prossimale non saldata. Larghezza massima distale (Bd): 40; lar­ ghezza troclea (Bt): 39; altezza minima troclea: 23,2; altezza massima troclea: 30,9. • Femore destro, frammento diafisi.

Cervus elaphus L. 1758 (Cervo) • Molare 1-2 superiore destro con fram­ mento di mascellare. Lunghezza occlusa­ le: 20,5; lunghezza alveolare: 16; lar­ ghezza massima: 21,7. • Omero sinistro. Lunghezza: 230; lar­ ghezza minima della diafisi (SD): 25; lar­ ghezza massima distale (Bd): 49,1; lar­ ghezza troclea (Bt): 47,3; altezza minima troclea: 26,4, altezza massima troclea: 35,8. • Radio destro, frammento medio pros­ simale.

L'esiguità del campione faunistico deter­ minato, genericamente attribuibile al Pleistocene, non permette particolari va­ lutazioni cronologiche o paleoecologi­ che. Tra le tre specie rinvenute, il Daino (Dama dama) è forse la più indicativa. Questo cervide, legato ad ambienti tem­ perati, sembra infatti scomparire nella nostra penisola verso la fine dell'ultimo interpleniglaciale. I daini presenti attual­ mente in Italia derivano da introduzioni effettuate in epoca storica. L'Uro (Bosprimigenius), è un grosso bo-

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Nota: a causa della presenza di sacche di un gas non ancora identificato la grotta è percorribile interamente con l'ausilio di autorespiratori. L'ingresso è munito di grata e lucchetto.

vide comparso in Italia nella fase iniziale del Pleistocene medio. In Europa riuscì a sopravvivere fino al diciassettesimo se­ colo, quando scomparve a causa della caccia operata dall'uomo. Frequentava soprattutto spazi aperti o radure arborate. Il cervo (Cervus elaphus), diffuso in tut­ to il Pleistocene e attualmente presente in vaste zone in Europa, è un ungulato lega­ to ad ambienti forestali. Ulteriori dati potrebbero emergere dal re­ cupero di altro materiale, ma la fragilità delle ossa saldate da concrezione consi­ glia un intervento con mezzi e tempi ade­ guati. Per il momento, grazie alla chiusu­ ra con grata all'imbocco della grotta, il deposito non corre rischi di asportazioni clandestine.

CONCLUSIONI Il presente articolo non ha come scopo principale il far conoscere una nuova grotta, quanto il mettere in evidenza le problematiche affrontate ed i rischi corsi; sperando con lo stesso, di trovare nei let­ tori soluzioni e risposte alle difficoltà in­ contrate. Ringraziamo: P. Semeraro per la segnalazione, i VVFF di Taranto per l'aiuto tecnico, il Comune di Cistemino per la grata, il Comune di Locorotondo. □

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LA GRAVE DEGLI APPESTATI A FASANO (Brindisi) PREMESSA Era un bel pezzo che si rimandava una vi­ sita alla Grave degli Appestati (PU 1211), nonostante fossimo a conoscenza della sua ubicazione. Sita su un ampio gradone alla base della scarpata adriatica delle Murge sud-orientali, essa è nota da secoli perché utilizzata come cimitero per i morti della peste che funestò questo lembo di Puglia alla fine del XVII secolo. In molti, ci parlavano del suo immenso salone: nulla da invidiare ai vicini am­ bienti di S. Biagio, Zaccaria e S. Angelo (Ostuni BR); ma la nostra curiosità era destata principalmente dal suo “strano” toponimo ... Intorno ad ottobre '97 con Francuzzo corriamo a fare una capatina. Il pastore della masseria Casabura ci per­ mette l'accesso senza nessun problema, anzi ci invita ad una visita; la grotta non è visitata da tempo. La breve discesa, e immediatamente ci ri­ troviamo nel salone silouettati dalla pic­ cola fiammella; l'ambiente è immenso non si immaginavano tali dimensioni: una buòna grotta per un corso di speleo­ logia; finalmente qualcosa di diverso! Poco tempo è rimasto a Marco Giorgini della CGEB, tra non molto partirà. I fe­ steggiamenti della sua partenza vengono celebrati in sede: ci prepara un bel pento­ lone di Gran Pampel, brindiamo alla Spe­ leologia e agli speleologi. La domenica dopo si ritorna in tanti per vedere una vecchia grotta conosciuta speleologica­ mente dal 1971, nuova per noi dal 1997; c'è anche Marco, è la sua ultima uscita con noi. Giù in grotta, gli effetti del Gran Pampel si fanno sentire. Qualcuno urla

Nota da secoli per la macabra utilizzazione in essa vennero gettati i cadaveri della pestilenza del XVII secolo Carlos SOLITO Speleo Club Cryptae Aliae Grottaglie Vincenzo MANGHISI Gruppo Puglia Grotte Castellana Grotte continuam ente la form ula m agica: «ODINO! ODINO! ...». Dall'esterno al­ cuni cacciatori mettono orecchio agli in­ gressi scambiando il tutto per i lamenti degli appestati della lontana pestilenza. Carlos Solito

GROTTE E APPESTATI... L'uso di seppellire i morti in grotta risale certamente alla preistoria, ma non è raro incontrare, anche in Italia, il caso di cavi­ tà carsiche che sono state utilizzate come cimitero anche in tempi recenti. Il Casel­ li ( 1906) scrive che “f i no al 1902 a Beve­ rone, paesetto del comune di Calice (Massa Carrara) i morti erano gettati in una profonda caverna, che si apre in prossimità della chiesa, e, se, quell'uso primitivo è ora cessato lo si deve ai la­ menti degli abitanti de'paesi vicini. ” E ancora Sacco (1928) ricorda “le grotte dell’A lta Valle del Tanaro che fino a qualche decennio fa una di queste cavità puteolari presso il paese detto Piaggie (presso Monesi) veniva utilizzata come cimitero! ” Anche in Lombardia abbiamo un esem­ pio di cavità utilizzata come sepoltura di appestati: si tratta della Grotta della Mar­ ta (LO 1050) nel Bergamasco. Frassoni S. e Zanchi E. (1932) ci dicono che “nel-

Abstract The article describes a cave whose historical news dates back to the times of the great pestilences which once hit Apulia. According to these old documents the corpses of the infected people, once inhabitants of the nearby town of Fasano, where thrown into the “Grave degli Appestati”. The skeletons have not been found; but they may lie below the heap of stones thrown into the cave while removing the stones from the fields.

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La Grave degli Appestati a Fasano (Brindisi)

la grotta non vi sono tracce di resti uma­ ni, che abbiano ad avvalorare la tradi­ zio n e p o p o la re, secondo la quale sarebbero stati quivi gettati i mòrti della peste di manzoniana memoria. ” In Puglia, la zona situata a cavallo tra le province di Bari e Brindisi comprendente i comuni di Conversano, CastellanaGrotte, Turi, Putignano, Mola di Bari, Monopoli, Polignano a Mare e Fasano fu colpita da una epidemia di peste negli anni 1690-91. Subito le autorità istituiro­ no un doppio cordone sanitario, ossia una vera e propria frontiera per impedire la li­ bera circolazione dei sospettati di infe­ zione e quindi la diffusione del contagio. In quei tempi i morti venivano sepolti nei sotterranei delle chiese, ma, in caso di pe­ ste, i cadaveri venivano portati lontano dalle città. In Puglia, per seppellire le mi­ gliaia di morti, si utilizzarono spesso grotte e cisterne sparse nelle campagne, come nel caso della cisterna della Ma­ donna dell'Altomare ad Andria (BA). Conosciamo due grotte in Puglia che fu­ rono adibite a questo scopo: a Conversa­ no (BA), la Grotta presso la Cappella di S. Gusmano (non individuata dall'indagi­ ne speleologica) e la Grave degli Appe­ stati (PU. 1211) a Fasano (BR). La Grot­ ta presso la Cappella di S. Gusmano secondo Sante Simone (1892) fu “riem­ pita dai cadaveri degli appestati; una parte della quale (grotta) fu messa allo scoperto dalla trincea praticata colà nel­ la costruzione della strada Conversano26

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Polignano a Mare. Nessuno prese cura a ricoprirla, permettendo che i ragazzi an­ dassero a baloccarsi con gli stinchi ed i crani di quei poveri martiri. ” La Grave degli Appestati denuncia già nel suo nome la sua utilizzazione: in essa vennero gettati i cadaveri dei morti di pe­ ste, che furono trasportati con i carri da Fasano distante circa 2,5 km. Nel XVII secolo il prete monopolitano Leonardo Chirullo ricorda nel suo scritto «Selva d'Oro» il tragico avvenimento: “Aipiedi del Monte Laureto v ’ha un largo spazio sulla campagna che volgarmente chia­ mano Casaburo. Quel luogo prende il nome da chi -ab antico- lo possedette, la famiglia Casaburo, proprietà passata poi senza titolo alle Monache. Ivi si apro­ no nel suolo tre grandi bocche, che met­ tono in una profondissima cava, la quale si protrae senza termine verso sud, vi si vede una linea di muro alzata a sostenere quasi la gran volta, che, oscura e piena di larghi crepacci pare voglia crollare ad ogni momento. E uniforme la tradizione di essere stata quella cava sepoltura ai nostri appestati... ”. Nella grave oggi, non vi sono resti dei ca­ daveri degli appestati. Non vi sono ragio­ ni per credere che si tratti solo di una tra­ dizione, è senz'altro plausibile invece che questi miseri resti giacciano sotto tonnel­ late di pietrame calcareo scaricato all'in­ terno della cavità durante le fasi di spie­ gamento dei campi. Vincenzo Manghisi

STORIA DELLE ESPLORAZIONI Le prime notizie storiche sulla Grave de­ gli Appestati sono legate alle terribili pe­ stilenze che infierirono nell'Italia meri­ dionale negli anni 1656 e 1690-91, in cui si ebbe un elevatissimo numero di vitti­ me. Infatti la tradizione popolare ritiene che in essa furono gettati i corpi di appe­ stati della vicina cittadina di Fasano di Puglia; da ciò deriva il nome della grave. Nel marzo del 1971 la Ronda Speleologi­ ca Giovani Esploratori Italiani (RSGEI) di Bari, esplora per la prima volta la cavi­ tà con intenti speleologici effettuando anche un rilevamento parziale. Antecedente a questa data, le firme di un numeroso gruppo di curiosi confermano una prima visita datata 15 novembre 1953. L'esplorazione dei baresi viene successi­ vamente seguita da visite saltuarie ad opera di vari gruppi speleologici dei co­ muni limitrofi. Una nuova puntata esplo­ rativa ad opera del Gruppo Puglia Grotte il 7 gennaio 1988 permette di forzare le condotte terminali guadagnando a fatica solo pochi metri di ambienti altrettanto esigui. Dieci anni dopo, (1997-1998) lo Speleo Club Cryptae Aliae riesplora la cavità riuscendo ad aumentare lo svilup­ po della stessa di pochi metri formicando oltre il limite raggiunto dai castellanesi e in brevi cunicoli paralleli, restituendo, inoltre, un nuovo e completo rilevamento topografico in collaborazione con Marco Speleologia 38 -1998


La Grave degli Appestati a Fasano (Brindisi)

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Giorgini della Commissione Grotte “E. Boegan” di Trieste.

ITINERARIO DI AVVICINAMENTO Dalla frazione di Laureto (Fasano - BR) seguire la diramazione della SS N° 172. Percorsi circa 100 metri svoltare sulla de­ stra per una strada in forte discesa e per­ correrla per 2 Km e 200 metri fino ad un bivio. Da qui continuare sulla destra per altri 200 metri e giungere nel vialetto d'ingresso della Masseria Casabura. Dal complesso masserizio seguire un sentie­ ro che conduce in uno spiazzo; dopodi­ ché, procedendo a piedi deviando a de­ stra attraverso un uliveto, si raggiungono gli ingressi della grotta.

DESCRIZIONE INTERNA DELLA CAVITÀ Nota alla gente del posto, la grave ha creato intorno a sé un alone di paura: stando ad alcune testimonianze raccolte sul posto, fino a poco tempo fa, dagli in­ gressi echeggiavano i lamenti delle ani­ me imprigionate che invocavano l'eterno riposo. I tre imbocchi permettono di di­ scendere un salto di dieci metri nella ca­ verna iniziale colorata sulle pareti da vi­ vaci muschi verdeggianti. Dalla sommità del cono detrítico sulla parete nord, una finestra concrezionata ospita un simpati­ co meandro che serpeggia tra belle sta­ lagmiti. Discendendo la china detrítica in direzione est, si guadagna l'accesso ad una piccola caverna riccamente concre­ zionata con una possente stalagmite che s'innalza per circa tre metri. In direzione ovest il cumulo di detriti degrada rapida­ mente in un maestoso salone alto 22 me­

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tri, lungo 46 e largo 18. La discesa avvie­ ne costeggiando, con molta lena, la frana di massi di risulta scaricati nel corso dei secoli per gli spietramenti dei terreni li­ mitrofi. Alla base del salone seguono una serie di condotte forzate con morfologie erosive di tipo freatico (scallops) che per­ mettono di individuare chiaramente la paleodirezione del deflusso idrico orien­ tato verso la costa adriatica. A metà altez­ za della grande caverna, sulla parete sud, una cascata calcitica apre le porte del ramo superiore che si mostra riccamente concrezionato con crolli sui quali viag­ giano ulteriori dislivelli meandriformi. Nel versante più lungo di questo ramo stretti passaggi scivolano in piccole con­ dotte concrezionate che si restringono in passaggi impraticabili. La genesi della cavità che si sviluppa lun­ go linee di fratturazioni in direzione WSW - ESE è sicuramente legata alle ac­ que assorbite dagli inghiottitoi presenti sul fondo del Canale di Pirro (come ad esempio il Gravagliene PU 354) posto sull'altopiano e impostato sulla stessa di­ scontinuità tettonica grosso modo W-E. Altri sistemi minori di fratturazione pre­ senti, si incrociano con la direttrice prin­ cipale, impostati in direzione N-S lungo il quale si sviluppano la breve diramazio­ ne alla base del P 10 e i meandri (punto 13 - 14) dei rami superiori. Oggi la cavità, non più interessata da circolazione idrica, è allo stato fossile e presenta diversi livel­ li di scorrimento freatico, che testimonia­ no il progressivo abbassamento di base carsico. Carlos Solito

NOTE GEOMORFOLOGICHE DELL'AREA L'area in esame appartiene geografica­ mente alle Murge sud-orientali. Essa è compresa tra il livello del mare e i 450 metri circa dell'entroterra ed è caratteriz­ zata da una uniformità litologica: si tratta infatti di una successione di sedimenti marini di piattaforma carbonatica riferi­ bili al Cretaceo. La struttura di base del territorio è forma­ ta dal Calcare di Bari del Barremiano Turoniano, affiorante alla base della scarpata murgiana, su cui poggiano in trasgressione i Calcari di Altamura del Senoniano-Maastrichtiano che costitui­ scono l'ossatura dell'altopiano interno. Lungo la fascia costiera adriatica, sempre sui Calcari di Bari poggiano in trasgres­ sione formazioni più recenti costituiti dalla Calcarenite di Gravina (i così detti “tufi”) anch'essi carsificabili di età pliopleistocenica. Dal punto di vista tettonico-strutturale, le formazioni affioranti presentano un blando assetto tabulare, in­

teressato da faglie prevalentemente di natura distensiva a blande pieghe, in per­ fetta concordanza con l'assetto strutturale generale delle Murge. Nella porzione di territorio oggetto della nostra indagine, due sono i sistemi principali di faglie le­ gati a distinte fasi tettoniche: il primo si­ stema è di direzione appenninica NWSE, lungo il quale si è sviluppata la scar­ pata osservabile tra Conversano (BA) e Carovigno (BR), la quale delimita l'alto­ piano collinare dalla sottostante piana costiera. Il secondo sistema di direzione W-E forma il “graben” del Canale di Pir­ ro, grande polje tettonico che si estende Per una lunghezza di oltre 12 Km e per una larghezza che a tratti raggiunge 1 km. Altri sistemi minori di fratturazione ri­ scontrabili sono di direzione antiappenninico NE-SW e N-S. Questa zona può essere suddivisa in due aree con diverse Caratteristiche morfologiche: un'estesa area interna, avente caratteristiche di al­ topiano, con quote comprese tra i 300 e i 450 metri, bruscamente interrotta da una ripida scarpata, il cui ciglio raggiunge la sua massima altezza di 406 metri in corri­ spondenza della Selva di Fasano. Segue poi una ristretta fascia costiera occupata prevalentemente dalle calcareniti pliopleistoceniche, che degrada dolcemente verso il mare; detta fascia è stata interes­ sata da ingressioni marine che hanno la­ sciato una serie di terrazzi marini delimi­ tati da piccole scarpate. Lungo la costa, a testimonianza di una at­ tiva rete idrica sotterranea, sono localiz­ zate alcune sorgenti carsiche, che resti­ tuiscono le acque assorbite sull'altopiano interno; le più importanti sono: la Sor­ gente Fiume Grande (portata massima 1132 lt/sec) presso Torre Canne (Fasa­ no), la Sorgente Fiume Piccolo (488 lt/sec) che scaturisce a circa 1,5 Km di di­ stanza ad E della precedente e la Sorgente Fiume Morello (608 lt/sec) ad Ostuni. Inoltre numerose altre sorgenti sgorgano lungo la costa sotto il livello del mare. Vincenzo Manghisi

CONCLUSIONI E PROSPETTIVE ESPLORATIVE Il territorio del comune di Fasano, nono­ stante sia vasto e costituito da rocce bril­ lantemente carsificabili, allo stato delle attuali conoscenze speleologiche non ri­ specchia le sue notevoli potenzialità. Ad oggi le cavità censite presso il catasto grotte della Federazione Speleologica Pugliese sono nove e non tutte munite di una completa documentazione catastale. Tra le più importanti senza dubbio sono la Grotta di Laureto PU 484 lunga 78 me­ tri la quale rappresenta lo sbocco di una canalizzazione carsica fossile, la Grotta

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La Grave degli Appestati a Fasano (Brindisi)

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GRAVE DEGLI APPESTATI PU. 1211 FASANO - BR

RILEVAMENTO: C. Solito (Speleo Club Cryptae Aliae) F.Liuzzi (Speleo Club Cryptae Aliae) C. Fanigliulo (Speleo Club Cryptae Aliae) N. Fornaro (Speleo Club Cryptae Aliae) M. Giorgini (Commissione Grotte “E. Boegan“) DATA: 23 novembre 1997 8 febbraio 1998 DISEGNO: C. Solito

SCHEDA CATASTALE

sezione longitudinale

Denominazione della cavità: Grave degli Appestati Toponimi di uso locale: La Grave Località: Masseria Casabura Comune: Fasano Provincia: Brindisi F° 190 II NE Coordinate geografiche: Latitudine: 40°48' 45" - Longitudine:4° 54' 28" Quota dell'ingresso: 180 metri s.l.m. Sviluppo pianimetrico: 270 metri Dislivello massimo: - 32 metri Terreno geologico: Calcare di Bari del Barremiano Turoniano 1° rilevamento: Ronda Speleologica Giovani Esploratori Italiani - Bari Data 1° rilevamento: 21 marzo 1971 2° rilevamento: C. Solito, F. Liuzzi, C. Fanigliulo, N. Fornaro (Speleo Club Cryptae Aliae) M. Giorgini (Commissione Grotte "E. Boegan ” - Trieste) Data 2° rilevamento: 23 novembre 1997 - 8febbraio 1998 Disegno: C. Solito

Preistorica di Torre Moscia PU 877 lunga circa 50 metri importante per il ritrova­ mento di vasellame preistorico al suo in­ terno e la Grotta di Montalbano PU 1031 (presso la frazione di Montalbano) ricca­ mente concrezionata. Un'attenta prospe­ zione sull’intero territorio, e sulle cavità già note, darebbe sicuramente ottimi ri­ sultati. Allo stato attuale delle nostre os­ servazioni, la Grave degli Appestati rap­ presenta un piccolo frammento di un sistema carsico ben più vasto e merite­ rebbe uno studio geomorfologico ed idrologico di dettaglio. Oggi le possibili-

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tà esplorative sembrano esau­ gini della C om m issione G rotte “E. rite, ma la cavità presenta si­ Boegan" di Trieste e Alberto Moretti del curamente degli sviluppi. In Gruppo Speleo Statte. □ direzione W i cunicoli termi­ Vincenzo Manghisi nali delle condotte forzate Carlos Solito sono rappresentati da esigui passaggi, impraticabiBIBLIOGRAFIA CONSULTATA li all'uomo. In direzione Campobasso V., Olivieri C., 1967 - Osservazioni preliminari sul­ E, l'enorme la stratigrafia e sulla tettonica delle Murgefra Castellana-Grot­ cono detritite (Bari) e Ceglie Messapica (Brindisi). Ist. Geol. e Paleont. co della ca­ Università di Bari, Studi geol. e morf. sulla regione pugliese, 2, Bari, pp. 1-20, 1 tav. verna iniziaCaselli C., 1906 - Speleologia. Hoepli (Milano). le s e mb r a Frassoni S., Zanchi E., 1932 - Grotte di Lombardia. Le Grotte chiudere d'Italia (Postumia), anno 6, n° 2, pp.71 -73. in eso ra b il­ Iannone A., Pieri P., 1980 - Caratteri neotettonici dell'area dei mente ogni Fogli 178 "Mola di Bari", 190 "Monopoli" e 191 “Ostuni". prosecuzio­ Contr. prelim. alla realizzaz. della Carta Neotettonica d’Italia, ne; solo uno Napoli, pp. 101-120. strettissimo Merla G., Ercoli A., 1971 - Note illustrative della Carta Geologica d'Italia: Foglio 190 "Monopoli”. Cava dei Tirreni, pp. 1-23,1 fig. cunicolo tra la sommità del cono detrítico e la Orofino F., 1965 - Elenco delle grotte pugliesi catastate fino al 31 gennaio 1965. Rassegna Speleologica Italiana, anno XVII, volta della cavità sem­ fase. 1-4, Castellana Grotte. bra invitare ad un im­ Orofino F., 1986 - Elenco delle grotte pugliesi catastate fino al mane e quasi impensa­ 31 dicembre 1985. Itinerari Speleologici, serie 11, n° 1, Martina bile lavoro di scavo. Franca.

Per la realizzazione del presente articolo si rin­ graziano tutti i soci del­ lo Speleo Club Cryptae Aliae, Maurizio De Pa­ squale per il servizio fo­ tografico, Marco Gior-

Pieri P., 1980 - Principali caratteri geologici e morfologici delle Murge. Murgia Sotterranea (Martina Franca), n° 2, pp. 13-19. Sacco F., 1928- Caverne delle Alpi Piemontesi. Le Grotte d'Italia (Postumia), anno 2, n° 3, pp. 97-121. Sampietro G., 1922 -Fasano. Indagini Storiche. Rielaborazione di Angelo Custodero, Vecchi Ed. (Trani), pp. 301-308. Simone S., 1892-Lapeste a Conversano negli anni 1690-91-92. Top. R. Loiacono, pp. 1-37.

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BURANCO II DI CASE PEGLIA (Boissano - Savona) RIASSUNTO L’articolo tratta di una grotta ad anda­ mento verticale che si trova a pochi Km dal Mare Ligure, nel comune di Boissano (SV), alla quota di 860 m s.l.m., al contat­ to tra i calcari del Trias ed i porfiroidi e quarziti del Permiano. La cavità risulta interessante perché, con i dati in nostre mani, potrebbe essere la terza grotta più profonda della Liguria. Scoperta nel 1980 dal GS Savonese fino a 30 m di profondità, con uno sviluppo di 70 m (Ramo dei Savonesi), è stata ripresa dal GS Cycnus, nel 1994, che l’ha portata a 165 m di profondità, con un pozzo inter­ no di 40 m, per uno sviluppo di più di 300 m (Ramo Cycnus). La grotta chiude in un piccolo sifone. Il GS Cycnus sta ora conducendo una ri­ cerca sistematica in questa piccola ma in­ teressante zona.

STORIA DELLE ESPLORAZIONI Nel 1994 il GS Cycnus ha deciso di af­ frontare un campo nella zona di Case Peglia sul monte Ravinet (1060 m) perché

Abstract

Un -165 metri inatteso a due passi dal mare. L ’eccezione che conferma la regola del «mai desistere» Roberto CHIESA GS Cycnus Toirano - SSI (Savona) abbandonata da anni da tutta la speleolo­ gia locale, non per la lontananza dalle strade o per l’assenza di fonti, ma per l’assenza di “buchi interessanti”. La zona di Peglia, meglio conosciuta come “prati di Ca’ de Peia”, è costituita da un grande pendio prativo che va dalla quota di 750 m a quella di 900 m sul ver­ sante SE del Monte Ravinet, è costellata da piccoli sprofondamenti e presenta 3 grotte: Buranco di Case Peglia, conosciu­ ta da anni, Buranco II di Case Peglia, ri­ trovato dopo 2 anni di sporadiche ricer­ che e la Condotta di Case Peglia. Solo la buona volontà e la vicinanza con il Monte S. Pietro (891 m) ci hanno spro­ nati a prendere in esame questa zona da tutti ritenuta sterile. Il Monte S. Pietro ci ha fatto da base decentrata perché dotato

di una teleferica collegata a Toirano e di un poderoso monastero capace di ospi­ tarci nelle sue antiche stanze. Il programma prevedeva di fare il punto sulla situazione della zona: • scendere il Buranco di Peglia esploran­ do, rilevando e, nel caso, disostruendo; • scendere il Buranco II di Case Peglia operando come sopra; • rilevare il Buchette sopra il sentiero; • rilevare e disostruire più doline possi­ bile tracciando una mappa dettagliata delle locazioni; • rilevare il “Buco Primavera”; • individuare, esplorare, rilevare e, nel caso, disostruire la Condotta di Case Pe­ glia. Il tempo però è stato molto ostile e ci ha fatto perdere il primo giorno, quello deH’allestimento del campo, a causa di un violento temporale durato due giorni. Durante lo svolgimento del campo non abbiamo seguito il programma definito perché armando il Buranco II di Case Pe­ glia ci siamo accorti che un buchette, po­ sto a pochi metri dalla via logica, in se­ guito denominata Ramo dei Savonesi, immetteva in un pozzo indipendente che ci ha portato ad una profondità doppia a quella conosciuta. Ebbe così inizio l’avventura del Buranco II di Case Peglia. Dopo il campo si scatenò il tristemente

This article concerns a vertical cave situated a few kilometers far from the Ligure sea in Boissano country (Savona), 860 m height from the sea level, between limestone (Trias) and quartzite (Permiano). This cave is very interesting just because, according to the data we possess it may be classified, for deepness, as the third cave in Liguria. The GS Savonese discovered this cave in 1980, 30 m deep with 70 m of development (Savonesi Way); later on, during 1994, the GS Cycnus works in it just to make it deeper until 165 m deep, with a 40 m deep internal pit, and 300 m of development (Cycnus Way). The cave closes in a little siphon. GS Cycnus is still going to take in consideration this little but interesting area.

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Buranco II di Case Peglia. (Boissano - Savona)

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noto nubifragio del 5 novembre che mise in ginocchio metà del nord Italia con enormi danni alle cose ed alle persone. Anche noi, nel nostro piccolo ne risen­ timmo sin dalla prima uscita post-campo quando alle 7 del mattino scoprimmo che la strada sterrata di avvicinamento (circa 4/5 Km) era stata interrotta da cinque fra­ ne che avevano scaricato grandi quantità di materiale. Fino ad aprile le esplorazioni proseguiro­ no a ritmo serrato, ma condizionate dalle frane che ci obbligavano a due ore di cammino in più per raggiungere la grotta e da lì per tornare alle auto, per cui ogni uscita durava mediamente dalle sette del mattino alle dieci di sera.

BREVI NOTE GEOMORFOLOGICHE La cavità si trova nel comune di Boissa­ no, più genericamente nell’area Carsica di Monte Carmo di Loano (SV 24) alla quota 860 m s.l.m., con le esigue dimen­ sioni di 25 per 70 cm, nel pendio prativo di “Ca’ de Peia”, poco distante dal sentie­ ro che dal Monte Carmo (1396 m s.l.m.) scende a Boissano. La zona, non lontana dai calcari grigi che circondano Toirano, è caratterizzata da una copertura di Porfiroidi del Melogno (Permiano Inferiore) e di quarziti (Permiano Superiore-Trias In­ feriore) e presenta, in profondità, piccoli banchi di calcare e dolomia (Trias Medio). Si è sviluppata nei contatti stratigrafici sfruttando due principali piani di frattura, quasi ortogonali, orientati NE-SW eN-S. E costituita da una serie di pozzi interca­ lati da piccole sale e strettoie. Il fondo dei pozzi e delle salette è costituito principal­ mente da cumuli di massi di crollo; le strettoie sono presenti soprattutto al con­ tatto con i banchi di dolomie che affiora­ no di tanto in tanto, con maggior frequen­ za nella parte inferiore della cavità.

DESCRIZIONE DELLA GROTTA Il Buranco li di Case Peglia, scoperto dal Gruppo Speleologico Savonese nel 1970 e ritrovato dal nostro gruppo nel giugno ’94 durante una battuta di ricerca e visita­ to nell’agosto dello stesso anno, era stato esplorato per circa 70 m di sviluppo e per una profondità di circa 30 m. Dopo le esplorazioni effettuate durante il campo del novembre 1994 abbiamo pro­ seguito con un ritmo incessante fino al raggiungimento della strettoia di -155 m che, date le esigue dimensioni e la note­ vole lunghezza, ci ha scoraggiato facen­ 30

“Il Traverso ” tra “Il Volo del Calabrone ” ed il “PI5 (foto A. Chiesa)

doci preferire altre mete. Effettuato il rilievo dei rami principali ci siamo dedicati alla ricerca di vie alterna­ tive che by-passassero la strettoia senza trovare però alcunché. Dopo una breve battuta d ’arresto abbia­ mo attaccato la strettoia rendendola agi­ bile, solo per i più magri, raggiungendo il sifone che ha bloccato ogni possibilità di proseguimento a -165 m; secondo i dati in nostro possesso risulta essere la 3a grotta più profonda della Liguria. L’ingresso è impostato su due pozzetti di 3 metri percorribili in libera o con l’ausi­ lio di una corda che da qui in poi accom­ pagnerà lo speleologo fino al fondo. Seguendo un salto di 4 m su colata ci si immette nella “Sala del Bivio” da dove si

può procedere per il “Ramo dei Savone­ si” o per il “Ramo Cycnus”. Ramo dei Savonesi Sviluppo spaziale: 75 m Sviluppo pianimetrico: 44 m Dislivello: -31 m (dati riferiti all 'ingresso esterno) Passati sotto la colata si supera un angu­ sto passaggio e ci si trova in una piccola saletta colma di pietre; nella parete di fronte, armando con fettucce su alcune lame naturali, si scende il “P I2” a metà del quale una piccola cengia permette di accedere a due tubi di pressione: uno por­ ta ad un salto collegato con il fondo del Speleologia 38 - 1998


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“P12”, l’altro ad una risalita occlusa da massi instabili. Alla base del “P I2”, percorrendo una frattura in leggera discesa, si entra nella sala terminale che presenta il fondo fan­ goso ed una parete fortemente inclinata, alla cui sommità un tappo detrítico chiu­ de ogni speranza. Pochi metri oltre il fondo del “P I2”, alla base della frattura, un pozzetto di 6 metri, in dolomia, chiude al contatto con i porfiroidi lasciando solo una piccola apertura di 5 cm da cui abbiamo stabilito, via voce, il collegamento con il sottostante “Ramo Cycnus”. R am o C ycnus Sviluppo spaziale: 240 m Sviluppo pianim etrico: 80 m D islivello: -165 m (dati riferiti all ’ingresso esterno)

Dalla colata si prosegue tra le pietre della “Sala del Bivio” fino a raggiungere un buchetto, vicino ad una stalagmite, che immette nel “Pozzo Arterio”, costituito da un tubo, in parte verticale ed in parte molto inclinato, ricoperto da colate carbonatiche e fanghiglia che lo rendono molto scivoloso. In corrispondenza di un’evidente rientranza sulla destra si ac­ cede, in ordine: ad una saletta compietamente ricoperta da una colata color aran­ cione vivo; ad un piccolo passaggio che porta al pericoloso “Pozzo Nero”; al “Ramo Intermedio”. Tutti e tre fini a sé stessi e senza prosecuzioni. Il “Pozzo Nero”, originato da uno spro­ fondamento, è in più punti ingombro di massi: sulla volta, sulle pareti, sulla cengia di metà e sul fondo, saldati tra loro da cola­ te di fango. Data la pericolosità, ima volta eseguito il rilievo, è stato disarmato. Il “Ramo Intermedio” è l’unico tratto orizzontale dell’intera grotta: originato in una spaccatura, si sviluppa per circa 40

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metri percorrendo un ambiente asciutto il cui pavimento è costituito da grandi mas­ si di crollo ricoperti da terra ed argilla. Passando tra i blocchi, si accede a tre li­ velli diversi di gallerie, uno dei quali por­ ta in una sala con risalita occlusa, a due brevi diramazioni e ad uno sprofonda­ mento. Tutti questi fondi sono estremamente pericolosi perché sovrastati da grandi tappi detritici molto instabili. Al fondo del “Pozzo Arterio” una mici­ diale strettoia blocca la discesa verticale. Un piccolo “Meandro” sulla destra la bypassa ed in pochi metri immette nel “Ca­ mino” che, con una breve risalita porta ad un cumulo di massi impenetrabili e ad un passaggio in frattura discendente, che prosegue nella zona in cui la grotta divie­ ne ‘grande’. Il “Meandro” prosegue, ma solo i più magri lo possono affrontare, e si affaccia sul “Pozzo Nero”, in corrispon­ denza della “Cengia Sospesa”, al di là della quale continua per pochi metri assai concrezionato. Tornando al ramo principale, superata la spaccatura discendente del camino, ci si affaccia ad una finestra che sprofonda nel “Volo del Calabrone” (P21), così chia­ mato a causa del calabrone che a -33 m di profondità ci ha rotto le scatole per tutto Tarmo, l’esplorazione, il rilievo ed il di­ sarmo; è impostato su una frattura orien­ tata SE-N W, larga 3/4 per 7/8 m e perfet­ tamente verticale. Alla base, costituita da un cumulo di massi cementati tra loro da una potente colata carbonatica, ci sono due vie. Risalendo la colata si può scen­ dere un “PIO” affusolato, dal fondo ro­ tondo, di 3,5 m di diametro, tappato da sabbia fine. Scendendo un piccolo salto ed un successivo scivolo si può affrontare il “P I5”, in roccia marcia e friabile, che porta ad una spaccatura stretta e lunga. Attraversando una piccola cengia alla sommità del “P 15” si entra in una piccola saletta con un cunicolo in risalita, imper­ corribile, da cui arriva acqua.

La spaccatura stretta e lunga, superabile con una ‘semi tirolese’, altro non è che la parte sommitale del “Pozzo Cassullo” o “P40”, intitolato all’amico Fabio scom­ parso nel ’91. Con una serie di rinvìi si scende il pozzo che presto prende forme circolari e poi el­ littiche con dimensioni più umane di 2/4 per 4/6 m. La parete di discesa, costituita da roccia marcia, è verticale, non viene mai toccata dalla corda che la sfiora sempre e, nono­ stante i molti frazionamenti, rischia di scaricare blocchi di fango misti a sabbia e sassi ad ogni passaggio. La base del “P40” consiste in un cumulo di massi di crollo, in parte cementati ed in parte libe­ ri di movimento, che lasciano due possi­ bilità di avanzamento. Quella di destra porta ad una frattura d ’interstrato che stringe fino a chiudere 10 metri più in basso; quella di sinistra porta a due pozzi, di 10 e 12 metri, denominati “La sosta” perché spaziosi e asciutti, quindi ottimi per bivaccare. Il primo dei pozzi, superabile con un pic­ colo traverso ed un breve salto, è ricoper­ to da fango e sfasciumi tra i quali oc­ chieggiano alcuni massi dall’instabilità garantita ed è separato dal secondo pozzo da un terrazzo composto da roccia e clasti cementati. Il secondo, con una parete di duro calca­ re, scende verticalmente sino ad incon­ trare il fondo costituito dagli strati che da verticali divengono orizzontali. Un forte stillicidio, creato dall’acqua che si raccoglie sul fondo del “P40”, riecheg­ gia nel pozzo e scompare dopo una breve corsa nello “Sciacquone”. Lasciati i pozzi della “Sosta” con dimen­ sioni di 2 per 4 m e di 1 per 3 m si entra in un’ulteriore frattura con direzione NESW impostata su due piani sovrapposti. Sceso un piccolo salto in contrapposizio­ ne si arriva ad un “P4”, sommità di uno scivolo fangoso che porta alla partenza del “Pozzo dell’Ac­ cesso” (P I5). L ’a­ spetto della grotta cam bia com pietam ente diventando molto attiva ed un forte stillicidio ob­ b lig a alla d o ccia chiunque voglia pro­ seguire l’esplorazio­ ne. In questa zona sono evidenti le tracce di un antico sifone e del­ la regressione idrica che ha dapprima crea­ to due livelli e poi li 31


Buranco II di Case Peglia. (Boissano - Savona)

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COSA ABBIAMO FATTO E COSA DOBBIAMO ANCORA FARE

ha sfondati nella metà, rendendo fossile la via superiore. Il “Pozzo dell’Accesso”, raggiungibile attraverso uno stretto passaggio di 30 cm di diametro, è affusolato e percorso da tutta l’acqua di stillicidio incontrata nei rami della cavità, si sviluppa nel calcare ed ha un fondo di 3 m di diametro. L’acqua alla base del “Pozzo dell’Acces­ so” si è aperta una forretta, unico punto in cui abbiamo dovuto disostruire. Origina­ riamente larga 10 cm ed alta da 30 cm a 2 m, ora è percorribile nei suoi 8 metri di lunghezza (da uno speleologo medio) per poi gettarsi con un salto di 5 m in una pic­ cola diaclasi in dolomia, larga 1,5 e lunga 6 m, che dopo alcuni crestoni carbonatici chiude nel piccolo specchio d’acqua di 1,5 per 2 m del sifone terminale, decisamente non a misura di un eventuale speleosub. 32

La temperatura media della grotta é di ire . La circolazione idrica é quasi inesistente: da quando abbiamo raggiunto il sifone ad oggi, il livello é sceso solo di circa 20 cm nonostante le scarse precipitazioni dell’ultimo anno. Lo stillicidio di tutta la cavità sembra convergere nello “Sciacquone” da dove precipita nel “Pozzo dell’Accesso” e va ad alimentare il piccolo specchio d ’acqua del sifone. Sono presenti poche concre­ zioni soprattutto nei livelli alti (“Saletta del Bivio” e “Meandro”) ed alcuni fiori di aragonite (“P I5”). Al fondo della cavità sono state rinvenu­ te, e continuano ad esserci, tre rane: una alla partenza dello ’’Sciacquone” e due nel sifone! Da dove vengano, dove vada­ no e cosa facciano nessuno lo sa.

Invogliati dalla propizia tipologia del ter­ reno, ricco di doline, e sperando di trova­ re qualcosa di interessante, abbiamo pre­ so in esame questo luogo sempre visto da casa ma raggiungibile solo con tre ore di viaggio tra auto e cammino. I risultati ottenuti dal campo, graditi ed inaspettati, ci hanno dato la forza per tor­ nare in decine di uscite successive, con poche pause, fino ad arrivare al Sifone che dapprima ci ha un po’ scoraggiati, facen­ doci preferire altre mete, e poi ci ha spro­ nati a prendere in esame la zona circostan­ te, con nuove sorprese. Confidiamo in una concreta ripresa dei lavori nell’intera zona (esterna ed ipogea) per scoprire se ci può offrire nuove particolarità e comunque per sommare nuove esperienze e ricordi a quanti già vissuti. (Come cancellare l’e­ mozione della scoperta del “Pozzo Cassullo”, il tepore infuso allo spirito ed al corpo dai tè bollenti nei bivacchi in grotta o dinanzi alla casetta utilizzata come ripa­ ro, sia dal maltempo che dalle cariche dei tori, le lotte con i cani smarriti dai caccia­ tori che ci rubavano le provviste, e la pri­ ma notte in grotta?). Per questo abbiamo preso in esame la zona circostante e ... • siamo tornati al Buranco di Peglia, troppo distante per un collegamento con il Buranco II di Case Peglia, ma comun­ que non visionato e studiato a dovere; • abbiamo disostruito pesantemente il Buco di Peglia (un bellissimo inghiotti­ toio colmo di terra e pietre che dopo 3 giorni di sacrifici ci ha regalato solo 3 m di interstrato al limite della percorribilità); • continuiamo a scavare nella Condotta di Case Peglia dove ci auguriamo di tro­ vare qualcosa di interessante, date le ca­ ratteristiche che presenta; • abbiamo trovato e disostruito per pa­ recchi metri il “Buco del Muretto” a quo­ ta 1000 m circa s.l.m. • abbiamo trovato il Riparo di Peglia, solo ed isolato, ma comunque nel com­ prensorio; • abbiamo individuato altri buchetti inte­ ressanti negli immediati dintorni del Bu­ ranco II di Case Peglia. Qualcosa rimane comunque ancora da fare: scavare. Per il momento stiamo inquadrando la zona, costellata da una m iriade di buchetti, ricerchiamo eventuali sorgenti e stiamo riportando su carta tutto il rile­ vato. □

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L’ABISSO DI UNTZLAN (Alpi Apuane) INTRODUZIONE Il massiccio del Monte Sumbra è stato uno degli ultimi massicci calcarei delle Apuane ad essere esplorato sistematicamente dagli speleologi. Sino al 1978 sono documentate solo alcune sporadi­ che esplorazioni effettuate da speleologi versiliesi nelle parti basse dei versanti meridionali, che portarono alla scoperta di alcune piccole cavità, tra cui vale la pena di ricordare la Buca del Fosso del Fatonero (475 T/LU) e la Buca del Canal Bianco (467 T/LU). Anche i bolognesi effettuarono qualche battuta nella zona di Passo Fiocca, scendendo alcuni dei pozzi superficiali dagli ingressi più evidenti. Con l'autunno del 1977 inizia, da parte del neonato Gruppo Speleologico Pipi­ strelli di Fiesole, l'esplorazione sistema­ tica di tutta l'area. I risultati non si fanno attendere, e con l'estate dell'anno succes­ sivo iniziano le esplorazioni e i rileva­ menti delle numerose cavità individuate. Tra queste l'Abisso H 11, poi denominato Draghi Volanti, si rivela subito come il boccone più succoso. L'abisso viene esplorato nel corso delle estati del 1978, 1979 e 1981, sino a raggiungere la pro­ fondità di -860 m, poi portata a -880 dagli

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Speleologia 38 -1998

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The Abisso di Untzlan was discovered by GS Pipistrelli o f Fiesole in the 1979, on the northern side of M. Sumbra. The first exploration stopped at the depth o f -100 where a rock collapse occurs. In the 1994 the cavers of Fiesole were able to continue the explorations. In the 1995-1997 about 800 m o f passages were explored till to the depth of 380 m. The exploration has been enough difficult because of the presence of long narrow passages and several rock collapse. The strong air flow indicates a connection with not yet found higher entrances, located close to the top of the mountain.

speleo del GS Fiorentino nel 1991. Nel 1979, durante un lungo campo estivo organizzato dal gruppo di Fiesole, ven­ gono individuate molte altre grotte, tra queste una, particolarmente promettente per la forte corrente d'aria, è quella che viene battezzata Abisso di Untzlan. Il nome, probabilmente storpiato, è quel­ lo di una divinità minore dell'antico Mes­ sico, a cui i giovani speleovisionari del GS Pipistrelli di Fiesole si rivolgevano allora al fine di essere guidati nella ricer­ ca delle grotte.

Vent’anni di impegnative esplorazioni nel Monte Sumbra (Lucca)

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L'Abisso di Untzlan. (Monte Sumbra - Alpi Apuane)

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mità di una grande sala. Il rinnovato entusiasmo si esaurisce, pur­ troppo, già durante la punta successiva alla base della sala, dove la grotta chiude in frana a -380. Occorre aspettare la primavera del 1998, prima di ritrovare la voglia, e un po' di gente, per tornare in questa grotta. Un traverso, verso la sommità di una cascatella che cade nella sala e l'esplorazio­ ne di uno stretto cunicolo non portano purtroppo a niente e quindi si decide per il disarmo.

BREVE INQUADRAMENTO GENERALE DELL’AREA

Le vaschette calcaree alla base del P I 5 a -200. (foto L. Piccini)

BREVE STORIA DELLE ESPLORAZIONI Nell'estate del 1979 le esplorazioni con­ dotte dal GS Pipistrelli di Fiesole, inte­ ressarono la prima parte della grotta sino a circa -100 fermandosi di fronte ad una frana, difficilmente superabile con i mez­ zi di allora, da cui proveniva la forte cor­ rente d’aria che si avverte all'ingresso. A parte un tentativo di risalita compiuto l'anno successivo, la grotta rimane nel di­ menticatoio sino al 1994, nel cui autunno i pochi superstiti del GSPF riarmano la grotta nel tentativo di forzarne la frana terminale. Già durante la prima discesa un po' di col­ pi ben assestati permettono di passare al di sotto dei blocchi che costituiscono il pavimento della ex sala terminale, scen­ dere un pozzetto da 10 e fermarsi alla sommità di un altro bel pozzo di una ven­ tina di metri. Le tre punte esplorative che seguono, no­ nostante le avverse condizioni meteo, consentono di scendere, tra una disostru­ zione e l'altra, per brevi pozzi (max 25 m) e meandri, uno fossile e largo, l'altro stretto e bagnato, sino a circa 250 m di profondità. Le prime nevicate bloccano le uscite, visto che l'ingresso si apre a 1380 m di quota su di un versante con ol­ tre 40° di inclinazione e sotto un canalone che d'inverno scarica valanghe in conti­ nuazione. Un tentativo all'inizio della primavera del '95, naufraga invece sul tappo di neve che occlude quasi comple­ tamente l'ingresso. Nell'estate del '95, una nuova punta scen­ de una serie di tre pozzi sino a fermarsi a circa 350 m di profondità lungo un mean­ 34

dro che potremmo definire in fase di len­ to collasso gravitazionale. Le scarse pro­ spettive di passare oltre fanno sì che si tomi nella grotta solo un anno più tardi. Nel '96 riusciamo a forzare il meandro e a entrare finalmente in un piccolo sistema di gallerie freatiche, che sovrastano l'at­ tivo e che portano ad affacciarsi alla soni­

li M. Sumbra, alto 1672 m è uno dei mas­ sicci carsici più orientali del settore set­ tentrionale delle Apuane metamorfiche. Si tratta di una dorsale allungata in dire­ zione E-W, che si stacca verso E dalla dorsale principale apuana, che ha dire­ zione NW-SE. L'assetto morfologico generale è forte­ mente influenzato dalla strattura geolo­ gica. Il Sumbra si presenta infatti come una dorsale allungata parallelamente alle superficie di piano assiale di una sincli­ nale, con asse molto inclinato, e con al

II pozzo da 20 a -230. (foto L. Piccini)

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L ’Abisso di Untzlan. (Monte Sumbra - Alpi Apuane)

Diasprini e Scisti Sericitici. Il fianco nor­ male di questa struttura è costituito dalla serie dei Marmi di Boana e rappresenta il punto strutturalmente più profondo di tutto l'edificio apuano.

CARSISMO E IDROGEOLOGIA I fenomeni di carsismo profondo più vi­ stosi sono concentrati in una piccola area situata subito a N di Passo Fiocca e lungo il crinale che dalla vetta del Sumbra scen­ de verso E. Poche e sempre di piccole di­ mensioni le grotte tuttora conosciute sul­ l'ampio e scosceso versante meridionale. Sul versante settentrionale della monta­ gna si apre l'Abisso dei Draghi Volanti (680 T/LU), profondo 880 m con uno sviluppo rilevato di circa 1800 m ed anLo stretto cunicolo a -205. (foto L. Piccini)

nucleo i Calcari Selciferi. Tale struttura costituisce in pratica la spina dorsale del monte. Tra i caratteri morfologici più interessan­ ti, oltre ai fenomeni carsici, occorre men­ zionare le forme di origine nivo-glaciale, lasciate da ghiacciai e nevai perenni du­ rante la glaciazione wurmiana, soprattut­ to sul versante settentrionale ma anche su quello meridionale. Fenomeni glacio-carsici hanno modella­ to sia il versante meridionale, lasciando canali fortemente incisi ricchi di marmit­ te, che quello settentrionale, ove su ripia­ ni morfologici a controllo strutturale si concentrano forme carsiche di superficie ben sviluppate, tra cui alcune ampie doli­ ne a fondo piatto o imbutiformi.

Da un punto di vista geologico il Monte Sumbra è costituito prevalentemente da Marmi, piegati in una stretta sinclinale con i Calcari Selciferi, che affiorano sulla cima del monte, al nucleo. La struttura è piuttosto complessa essen­ do questa una delle zone ove si ha la mas­ sima interferenza tra le diverse fasi plicative che hanno interessato le Apuane. Partendo dalle pendici settentrionali del monte e salendo sino alla cresta sommita­ le per poi ridiscendere lungo i ripidi ver­ santi meridionali si attraversano le superfici assiali di almeno 5 strutture plicative tra loro sovrapposte. La più bassa, da un punto di vista strutturale, è una sinclinale che taglia a metà altezza i versanti setten­ trionali con una cintura di Calcari Selci­ feri e lembi sradicati di Diaspri, Scisti La parte finale delia stretta frattura a - 305. (foto L. Piccini)

damento prevalentemente verticale, per molti aspetti simile a quello degli abissi della vicina Valle di Ametola. Nella stessa zona si aprono altre grotte tra cui: la Buca dell'Orso Sballato (674 T/LU), interamente scavata nei Calcari Selciferi; la Buca dei Fulmini (662 T/LU), costituita da una grande frattura a cielo aperto profonda una trentina di me­ tri; e la Risorgente dei Cristalli (664 T/LU), cavità orizzontale scavata nei Calcari Selciferi ad Entrochi che funge da risorgente temporanea delle acque as­ sorbite da una piccola conca sovrastante. Nei pressi della cima del Sumbra si trova invece la Buca del Guru (671 T/LU) cavi­ tà a sviluppo verticale profonda 70 m. Le condotte freatiche di -300. (foto L. Piccini)

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L'Abisso di Untzlan. (Monte Sumbra - Alpi Apuane)

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Lungo la cresta orientale, che presenta vistosi fenomeni di carsismo superficia­ le, si aprono invece alcuni piccoli abissi impostati su fratture e costituiti da un se­ rie di salti verticali con morfologie tipi­ che di pozzi di percolazione. Tra questi i più profondi sono: la Buca del Carbonaio (857 T/LU), l'Abisso del Piloro (667 T/LU) e la Buca della Pietra Tombale (668 T/LU). Alla base della ripida parete meridionale, nella parte orientale di que­ sta, è stato recentemente scoperto l'Abis­ so Icaro (1285 T/LU), abisso verticale impostato su di una evidente frattura che taglia tutta la parete. L'idrogeologia del massiccio è fortemen­ te influenzata dallo sviluppo dei fenome­ ni carsici che conferiscono agli affiora­ menti di rocce calcaree un coefficiente di infiltrazione “in grande” piuttosto alto, nonostante l'elevata acclività. Le acque di infiltrazione, dopo essere scese verticalmente sino alla quota della zone satura, che qui si trova intorno ai 550 m s.l.m., si muovono principalmente verso SE andando a riemergere alla Sor­ gente della Pollaccia (109 T/LU), situata poco a monte dell'abitato di Isola Santa ad una quota di 540 m s.l.m.. Tale circolazione è stata dimostrata con una colorazione effettuata nel 1981 che, a dire il vero, diede esito positivo (pur con qualche dubbio) anche alla Sorgente dell'Aiarone, che si trova nelle vicinanze del paese di Vagli di Sotto, ad una quota di 550 m. Dato il bassissimo gradiente esistente tra la quota dei sifoni al fondo dei Draghi Volanti e la quota delle sorgenti è possi­ bile che il colorante si sia disperso nella zona satura finendo poi per essere “cattu­ rato” da entrambe le emergenze alimen­ tate dall'acquifero del M. Sumbra. Ciò è tanto più probabile se si tiene conto che all'immissione del colorante seguirono, dopo poche ore, delle precipitazioni piut­ tosto intense che portarono le sorgenti in regime di piena rendendo possibile l'in­ nesco di vie di circolazione profonda non usuali, slegate dalla posizione degli spar­ tiacque sotterranei in regime normale.

ABISSO DI UNTZLAN NOTE DESCRITTIVE L'ingresso di questa grotta si trova lungo i ripidi versanti settentrionali del M. Sum­ bra, a quota 1380. L'entrata, di difficile individuazione, è costituita da un mean­ dro tagliato dal versante. Si tratta quindi di una cavità evolutasi in condizioni mor­ fologiche diverse dalle attuali, in cui esi­ 36

stevano probabilmente delle piccole con­ che sospese che la alim en tav an o , analogamente a quanto avviene adesso nella zona dei Draghi Volanti, a nord di Passo Fiocca. Il meandro, si affaccia in una saletta di crollo, da cui un nuovo breve tratto meandriforme si sfonda su di un pozzo di 27 m. Alla base un nuovo breve tratto di meandro dà accesso al pozzo terrazzato che scende nell'ampia sala in cui si erano fermate le prime esplorazioni. Su un lato della sala, al di sotto di una fra­ na sospesa, la grotta continua con un poz­ zo di 10 m subito seguito da uno di 20. Un nuovo passaggio in frana permette di ac­ cedere ad un pozzo di una trentina di m, oltre il quale uno stretto pozzetto immet­ te su di una frattura ostruita al fondo da

detriti alla profondità di - 180 m. Sin qui la grotta ha andamento verticale avvitandosi su se stessa. Traversando verso la metà del P 30, si raggiunge un terrazzo da cui diparte un meandro fossi­ le interessato da crolli che si sposta in di­ rezione N. Alla fine del meandro, di cui sono conservate in alto le condotte gene­ ratrici, si scendono tre brevi pozzi in suc­ cessione che portano in una saletta con delle belle vaschette di concrezione atti­ ve. Da qui ha inizio una bassa condotta ri­ vestita di concrezioni che dopo alcuni stretti passaggi si approfondisce, in dire­ zione NE, in un meandro battuto da in­ tenso stillicidio. Dopo un tratto di una ventina di m il meandro si affaccia su di un pozzo di 20 m, anch'esso rivestito di concrezioni, alla Speleologia 38 - 1998


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L ’Abisso di Untzlan. (Monte Sumbra - Alpi Apuane)

del pavimento si raggiunge uno slargo da cui dipartono due angusti condotti. Quel­ lo di sinistra scende con percorso tortuo­ so, sino ad affacciarsi su di una grande sala in cui, da destra cade una cascata. Il condotto di sinistra, superate un paio di strettoie permette di raggiungere il corso d'acqua che cade nella sala. Verso monte il torrente è risalibile solo per pochi m sino ad un piccolo sifone da cui fuoriesce l'acqua. L'acqua della cascata si perde nel detrito che costituisce il pavimento della sala. Superato un accumulo di frana, sul lato opposto della cascata, si scende per un'al­ tra decina di m, raggiungendo la parte in­ feriore della sala. Lateralmente, si apre un nuovo pozzo, tra blocchi di frana, il cui fondo è irrimediabilmente ostruito. La profondità della grotta è di 380 m mentre lo sviluppo spaziale risulta di 1050 m.

CIRCOLAZIONE DELL’ARIA

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cui base la grotta svolta a 90°, in direzio­ ne SE, lungo una alta forra. Oltre una stretta curva si scende in una saletta, so­ spesa su di un nuovo pozzo di 17 m. Altri due pozzi terrazzati, per un dislivel­ lo totale di circa 40 m, portano su di una forra rettilinea impostata su di una evi­ dente frattura con direzione NE-SW. Scesi alla base della forra, l'acqua si per­ de in uno stretto meandro impercorribile. Per proseguire occorre alzarsi nella frat­ tura, raggiungendo una piccola condotta, semi occlusa da blocchi di crollo, che permette, dopo una cinquantina di m di percorso, di ritornare sulla forra attiva. La forra assume qui dimensioni più am­ pie e svolta decisamente verso NW; te­ nendosi alti si imbocca una galleria di chiara origine freatica, che si percorre in leggere salita per una trentina di m. Oltre uno slargo, una brusca svolta immette su di uno stretto pozzo che sbuca in una nuo­ va saletta, da cui dipartono alcune picco­ Speleologia 38 -1998

le condotte a sezione rotonda che si riuni­ scono tra loro, affacciandosi a diversa altezza in una forra fossile. Percorrendo la forra in corrispondenza

L'abisso presenta una circolazione d'aria piuttosto forte, che lascia intravedere di­ verse possibilità di continuare le esplora­ zioni. L'entrata si comporta da ingresso basso, con una corrente d'aria in uscita che in piena estate supera i 10 m3/s. La circola­ zione si inverte alla profondità di - 150, in corrispondenza di un camino, da cui proviene il flusso d'aria. Da qui in giù la circolazione ha, in estate, moto discen­ dente. Pur se di entità inferiore rispetto al primo tratto, la corrente d'aria rimane piuttosto forte sino alla sala terminale, ove il flusso d'aria prende probabilmente qualche via alta nella sala in direzione di un ingresso basso. L'ingresso dell'Untzlan è quindi un in­ gresso intermedio, appartenente ad un si-

BIBLIOGRAFIA PRINCIPALE BALDINI A., ROSI., ( 1977) - Secondo contributo alla conoscenza del carsismo del massiccio del Monte Sumbra. Atti II0 Congr.della F.S.T., Massa. CECCARELLI C., ROSI M., RANIERI G. (1969) - Primo contributo alla conoscenza del massiccio del Monte Sumbra. Atti 1° Congr. della F.S.T., Pietrasanta. CARMIGNANI L. (1984) - Carta Geologico Strutturale del Complesso Metamorfico delle Alpi Apuane. Scala 1:25.000, L.A.C., Firenze. G. S. PIPISTRELLI DI FIESOLE (1981)- Buche, buchette, abissi del Monte Sumbra. Atti IV° Congr. della F.S.T., Fiesole. SIVELLI M., VIANELLI M. (1981) - -870 all'Abisso dei Draghi Volanti. Sottoterra, 59. L. PICCINI (1986) - Ancora grotte sul Monte Sumbra (Alpi Apuane). Riv. Sp. Tose., 1. PICCINI L., PRANZINI G. (1989) - Idrogeologia e carsismo del bacino del Fiume Frigido (Alpi Apuane). Atti Soc. Tose. Se. Nat., Mem., s. A, 96. PICCINI L. ( 1994) - Caratteri morfologici ed evoluzione deifenomeni carsici profondi nelle Alpi Apuane. Natura Bresciana, Ann. Mus. Civ. Se. Nat. Brescia, 30 (1994) 1996. SIVELLI M„ VIANELLI M. (1982) - Abissi delle Alpi Apuane. Soc. Spel. Ital.

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L ’Abisso di Untzlan. (Monte Sumbra - Alpi Apuane)

stema il cui ingresso alto deve trovarsi verso la sommità del Sumbra, ove sono presenti diverse ventaiole che in inverno bucano la spessa coltre di neve. L'ingresso basso del sistema, che proba­ bilmente deve trovarsi intorno ai 1100 m di quota lungo i ripidi versanti settentrio­ nali del Sumbra, deve comunque essere di piccole dimensioni o parzialmente ostruito, tanto che la circolazione princi­ pale si instaura tra l'ingresso alto scono­ sciuto e l'ingresso dell'Untzlan.

CONCLUSIONI E POTENZIALITÀ ESPLORATIVE Nonostante la modesta profondità, le ca­ ratteristiche morfologiche di questa grot­ ta la rendono piuttosto impegnativa, so-

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prattutto a causa della presenza di tratti dalle ridotte dimensioni. Ciò non toglie che le possibilità esplorative siano, alme­ no in teoria, ancora notevoli. Per quanto deducibile dalle correnti d'aria, la grotta ha ancora notevoli possi­ bilità esplorative verso l'alto, essendoci ancora quasi 300 m di calcari tra l'ingres­ so e gli affioramenti più alti di marmi presso la vetta del M. Sumbra. Verso il basso, ammesso di riuscire a superare le frane terminali, c'è la possibilità di scen­ dere ancora 450 m sino alla probabile quota della zona satura. Nell'insieme, quindi, l'abisso ha una po­ tenzialità di oltre 1100 metri. Purtroppo lo stato di fratturazione della roccia facilita la formazione di frane e l'accumulo di detriti, il che ha reso diffi­ cile l'esplorazione di questa grotta. Per

raggiungere l'attuale sviluppo sono state forzate ben quattro frane che occludeva­ no quasi completamente il passaggio.

RINGRAZIAMENTI Un doveroso ringraziamento va ai pochi compagni che ci hanno coadiuvato nelle esplorazioni: Alessandra Lotti, Valenti­ na Malcapi e Alessio Romeo del G. S. Fiorentino, e gli amici emiliani, Roberto Corsi, Francesco De Grande, Mauro Mo­ relli e Gianluca Zacchiroli, che ci hanno aiutato nel faticoso disarmo. Oltre a chi scrive, hanno partecipato alla seconda fase delle esplorazioni: Axel Kaiser, An­ drea Lombardi e Marco Tavemiti del GS Pipistrelli di Fiesole. □

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SPELEOLOGIA SUBACQUEA AMBIENTALE NELLA SORGENTE DEL FORAME (Treviso) PREMESSA L’articolo descrive la prima fase di inter­ venti per lo studio e la bonifica di una sor­ gente carsica inquinata da idrocarburi. Il Colle del Montello è noto per l'esteso svi­ luppo del carsismo sia superficiale che sotterraneo. Numerose sono le doline e le valli cieche, seminascoste dalla fitta ve­ getazione. Pochi sanno invece che in al­ cune aree sono situati dei depositi militari di carburante. Si tratta di opere che risal­ gono agli anni ’50 ed ancora in esercizio. Nel Comune di Giavera, poco a nord del Cimitero Britannico, numerose doline sono diventate la sede di enormi serbatoi cilindrici in calcestruzzo del diametro esterno di ca 20 m, profondità 10-15 m e mimetizzate da una grande cupola rico­ perta di terriccio erboso. Dalla sommità si dipartono a raggiera cavi metallici con funzione di parafulmi­ ne, su cui sono perennemente puntati del­ le lance antincendio. Attualmente il carburante è costituito da gasolio, benzina verde e, per ragioni di si­ curezza, i serbatoi sono doppi. L'intercapedine è direttamente ispezionabile ed il liquido galleggia sopra uno strato di acqua: eventuali perdite, provocano in questo modo una fuoriuscita di questa, permettendo un pronto intervento. I contenitori sono collegati tramite chilo-

Inquinamento e bonifica di una sorgente carsica Alessio FILECCIA ARIANNA speleologia esplorativa e di ricerca (Treviso)

metri di gallerie e tubature che, oltre al passaggio delle persone ne permettono lo svuotamento e il riempimento. Tutto questo è oggi. Circa venticinque anni fa, nell'estate del 1973, la situazione era un po’ diversa. Molti serbatoi contenevano benzina, che non galleggiava sopra lo strato di acqua, anche se vi era sempre una piccola inter­ capedine tra le due pareti, non direttamente ispezionabile. Probabilmente a seguito di una perdita

dal cilindro interno, i vapori di benzina saturarono l'intercapedine e, durante un temporale estivo due fulmini, come af­ fermò un soldato di guardia, colpirono contemporaneamente la cupola determi­ nando una esplosione che provocò la fuo­ riuscita di 1.900 tonnellate di carburante. Quando, dopo poco tempo l'incendio fu domato, il bilancio era il seguente: • 400.000 litri di benzina recuperati • 1.500.000 litri mancavano ai controlli effettuati in seguito dai Carabinieri. A poche ore dall’evento e per molti gior­ ni di seguito, dalla vicina sorgente del Forame a 400 m di distanza e 70 m più in basso, fuoriuscì una miscela di schiumo­ geno e benzina (fig.l). Col passare delle settimane il forte odore che si poteva sen­ tire lungo il Torrente Giavera andò atte­ nuandosi e il “caso” finì per non interes­ sare più nessuno (o quasi). Come succede ancora oggi per episodi simili, la versio­ ne ufficiale fu che l'inquinamento si era assorbito “naturalmente”. La sorgente non è infatti utilizzata a sco-

Abstract Military deposits of fuel are situated in the karstic area of Colle del Montello. In the summer 1973 two lightningflashes struck the dome of a tank, causing the burst and escape of 1900 tons fuel. After 25 years from that accident the underground karstic source o f Forame still results contaminated. The article describes the first phase of a series of interventions for the study and reclamation of this source.

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Speleologia subacquea ambientale nella Sorgente del Forame (Treviso)

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Sorgente del Forame. Nella galleria parzialmente svuotata, il livello è sceso di l i metri. A causa della saturazione in vapori di idrocarburi, G. Contessa utilizza un autoprotettore per effettuare dei controlli. Lo strato galleggiante sulla superficie dell’acqua è gasolio. Dietro l ’operatore è visibile uno dei 3 tubi delle pompe stesi nella galleria. Ottobre 1997. (foto A. Fileccia)

Fig. 2: Stereogramma geologico del fianco meridionale del colle del Montello. Gli strati rocciosi di conglomerato sono debolmente inclinati verso sud e interessati da fenomeni carsici molto intensi, con numerose doline in superficie e cavità con sviluppo anche di 10 km; la sorgente sgorga alla base di una paretina rocciosa, dando origine a! Torrente Gioverà che, dopo un percorso di circa 1 km, esce nell’alta pianura, collegandosi alla rete dei canali di bonifica. La zona è classificata come area di ricarica nel Piano Regionale degli Acquedotti.

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po potabile e dopo qualche centinaio di metri nel bosco, l'acqua si butta nei canali di irrigazione, sparendo così in modo anonimo nella pianura. Gli unici a segna­ lare ancora la presenza di forti quantità di benzina nell’interno del sistema carsico furono gli speleosub che per anni conti­ nuarono ad effettuare esplorazioni nelle torbide gallerie del Forame. Nel 1993, a seguito di un primo incarico, fu effettuato lo studio idrogeologico con lo scopo di valutare anche la situazione di inquinamento. A seguito di questo fu uf­ ficialmente evidenziata la persistenza di idrocarburi che, dopo 20 anni erano an­ cora in concentrazioni variabili da 10 a 50 mg/lt. Dal 1995 si sovrappose anche la fuoriuscita di gasolio, in quantità elevate, anche se difficilmente quantificabili. Du­ rante i periodi piovosi, l’odore di idrocaburi era avvertibile fino a 500 m a valle dallo sbocco. Lo studio idrogeologico e l’esplorazione della sorgente, compiuta da 4 speleosubacquei, permisero di pre­ parare un primo intervento di bonifica ef­ fettuato nel settembre-ottobre del 1997, a cui seguirà un secondo nei prossimi mesi.

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Speleologia subacquea ambientale nella Sorgente del Forame (Treviso)

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Nel primo progetto di bonifica è stato previsto lo svuotamento della cavità mediante una pompa centrifuga esterna (A), e una pompa sommersa (P) posizionata a ca. 100 m a ll’interno della sorgente e 20 m di profondità. Tutta l ’acqua estratta è stata incanalata in una tubatura della lunghezza complessiva di 1,6 km, posizionata lungo l ’alveo del Torrente Gioverà fino al punto (E), e a piano campagna fin o a! depuratore militare (F). Tutto il percorso, dalla sorgente al depuratore, è in leggera discesa con dislivello di ca. 20 m. In basso sono riportate una sezione geologica e uno schema della galleria con la pompa sommersa in funzionamento.

PROBLEMI PARTICOLARI Lo studio e l’intervento effettuati hanno dovuto risolvere una serie di difficoltà principalmente di due tipi: • peculiarità del fenomeno per il quale non è disponibile una casistica di inter­ venti sufficientemente estesa • difficoltà d ell’ambiente di lavoro, completamente sommerso, con visibi­ lità di pochi cm e passaggi inferiori ad un metro

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L’inquinamento era stato segnalato alcu­ ni anni fa, da speleosub che erano giunti a 12 m di profondità, notando il forte odore di benzina anche in immersione. Fin dall’inizio abbiamo ritenuto pertanto op­ portuno topografare le gallerie (fig. 3). Il rilievo mostra uno sviluppo subacqueo di 120 metri con una profondità massima di 20 metri. Dal punto più distante (n. 11 in fig. 3), ostruito da un deposito di ghiaia e sabbia, proviene il flusso idrico principale con gli idrocarburi.

TOPOGRAFIA E GEOMORFOLOGIA Il colle del Montello costituisce una piat­ ta dorsale che si alza dalla pianura a ca 15 km a NNW di Treviso. La sua forma ellit­ tica in pianta, ha dimensioni di 13 x 6 km, la quota maggiore è di 371 m slm. Lungo il versante nord scorre il fiume Piave che poi piega bruscamente a SE in corrispon­ denza di Falzè, isolando il Montello dalle colline di Susegana. Dal punto di vista morfologico il corpo centrale della dor-

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Speleologia subacquea ambientale nella Sorgente del Forame (Treviso)

sale, presenta una zona sub-pianeggiante con quota media intorno a 170 m interes­ sata da un esteso fenomeno carsico. Il margine occidentale è distinto da una se­ rie di terrazzi fluvio glaciali che mostra­ no una intensità di carsificazione diffe­ rente. Il fianco meridionale è interessato da solchi vallivi fortemente incisi, con pareti subverticali fino a 10 m e che si svi­ luppano in senso NW-SE. Sempre lungo il lato meridionale, esiste una ampia fa­ scia di depositi eluviali e fluvioglaciali (Riss) di colore arancio.

GEOLOGIA Il Montello è situato lungo la propaggine meridionale delle prealpi venete. Esso è costituito da un substrato litoide in con­ glomerato poligenico a cemento calca­ reo, con intercalazioni argillose ed are­ nacee di età messiniana (fig. 2). Il conglomerato si presenta in banchi di spessore da 0,5 a 6 m, con ciottoli di 5-10 cm di diametro. I passaggi con le altre formazioni al letto ed al tetto sono netti con frequenti strutture incrociate, tipiche dei depositi continentali. Tutta la struttu­ ra è piegata in ampia anticlinale, il cui asse tettonico coincide con quello oro­ grafico del colle. La giacitura degli strati è ondulata, con piano assiale verticale di­ retto E-W, tipo anticlinorio (Cucchi, Martinis). Secondo indagini effettuate

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per la ricerca petrolifera, il fianco sud dell’anticlinale assume i caratteri di pie­ ga faglia inclinata verso NW. La copertu­ ra superficiale è costituita da un terreno rossastro di alterazione ricco in ossidi di ferro ed alluminio, il cui spessore è varia­ bile da pochi centimetri sulle culmina­ zioni a qualche metro delle depressioni.

SPELEOLOGIA L’importanza del Montello risiede anche nel gran numero di cavità che si aprono nel conglomerato e di cui ca 80 sono cen­ site nel Catasto Cavità Naturali del Vene­ to. La particolarità di queste grotte è lo sviluppo prevalente orizzontale ed a pia­ ni sovrapposti. Un lavoro inedito (Boccalon, Forti 1986) indica come vi sia una buona rispondenza tra struttura geologi­ ca e sviluppo del carsismo. In pratica l’andamento delle principali fratture ha condizionato lo sviluppo delle gallerie, la cui morfologia è poi dipesa dal tipo di roccia inglobante. La maggior parte delle cavità è concen­ trata nella parte orientale e centrale e di queste le piti estese sono nel quadrante sud orientale. Le sorgenti sono scarse e temporanee, localizzate lungo il bordo a nord, nord est e sud est. Sicuramente la più importante sia per portata che per svi­ luppo interno è quella del Forame, poco a nord di Giavera.

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IDROGEOLOGIA L’idrogeologia nei terreni carsici, costi­ tuisce un argomento di difficile studio, data l’eterogeneità del mezzo in cui si sposta l’acqua sotterranea. La stratifica­ zione e la rete di fratture determinano le direzioni preferenziali di scorrimento d’acqua. E quindi importante evidenziare in carta la struttura tettonica e l’andamen­ to delle principali cavità, dei corsi d’ac­ qua e delle sorgenti. Rifacendosi a studi precedenti, ancora in fase di completa­ mento, si può presupporre l’esistenza di un unico spartiacque sotterraneo di tipo idraulico, la cui posizione in senso verti­ cale ed orizzontale è legata ai regimi plu­ viometrici. Lo scorrimento dell’acqua può subire una inversione di senso nei pe­ riodi di forte siccità, influenzando il regi­ me delle sorgenti ai bordi del colle. All’interno del Montello esistono vari sottobacini di ampiezza variabile e con­ torno irregolare e che concorrono ad ali­ mentare le diverse sorgenti ed una mini­ ma parte del deflusso è anche di tipo geologico al di sotto delle alluvioni pede­ collinari. Le portate medie delle diverse sorgenti sono ridotte a pochi lt/sec e di tipo tempo­ raneo. Fa eccezione il Forame con brevi picchi di 4-4,5 mc/sec e scorrimento quasi pe­ renne (dr Drezzadore, tesi di laurea).

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REGIME DELLA SORGENTE Fino alla fine degli anni ’50 il Forame era captato a scopo potabile per il comune di Giavera. La bocca di presa è ancora pre­ sente e situata a 0,5 m sotto il livello nor­ male di magra. Come tutte le sorgenti carsiche la portata è molto variabile da 0 a 4,5 mc/sec. I valori massimi più fre­ quenti sono comunque intorno ad 1 mc/sec e quelli medi di 0,05-0,08 mc/sec. Le variazioni sono rapide e seguono le precipitazioni con una sequenza di que­ sto tipo: • evento piovoso • inizio della piena con un ritardo di 3-4 ore • picco di portata della durata di 1-2 ore • decremento e ritorno ai valori prece­ denti nell’arco di 2-8 giorni Da studi precedenti risulta che il regime è collegato esclusivamente alle precipita­ zioni esterne e non a quello del fiume Pia­ ve. La natura carsica del luogo è quindi causa delle rapide oscillazioni, della ele­ vata velocità e scarsa depurazione delle acque circolanti. Sulla base degli idro­ grammi di piena relativi ad alcuni eventi, abbiamo calcolato un’ampiezza del baci­ no idrogeologico di ca 7 kmq.

CHIMISMO DELLE ACQUE I numerosi prelievi di acqua e sedimenti anche all’interno delle gallerie hanno mostrato le seguenti concentrazioni di in­ quinanti: • Piombo totale: da 15 a 100 mcgr/lt • Idrocarburi: da 10 a 50 mg/lt • Presenza di batteri, coliformi, e particelle giallastre (protozoi, elminti ed al­ ghe).

IL BACINO IDROGEOLOGICO La definizione dell’area di alimentazione è stata effettuata anche con l’utilizzo di traccianti chimici (fluoresceina e leucophor) disciolti in corsi d ’acqua all’inter­ no della cavità. La scelta dei punti di im­ missione è stata fatta esaminando la disposizione delle grotte il drenaggio sot­ terraneo prevalente e la geologia. E pos­ sibile infatti riconoscere uno spartiacque generale allineato NE-SW lungo la parte più alta della dorsale del Montello. Esaminando le foto aeree e le carte topo­ grafiche a scala 1:5.000 si sono ricono­ sciuti i sottobacini e gli allineamenti di doline. In questo modo e sulle indicazio­ ni ricavate dai dati idrologici, abbiamo definito il bacino idrogeologico riportato Speleologia 38 -1998

Speleologia subacquea ambientale nella Sorgente del Forame (Treviso)

in fig 4, con una ampiezza di 6 kmq. Le prove di tracciamento sono state effet­ tuate dalle grotte di Castel Sotterra e del Bò di Pavei, mettendo i captori nelle sor­ genti del Forame, dell’Abbazia e nella grotta del Bus delle Fratte. Le velocità ricavate per il deflusso idrico sotterraneo sono dell’ordine di 12 m/ora.

DESCRIZIONE DELLA CAVITÀ

giungibile dopo 20 minuti di percorso a piedi da Villa Morassi. Poco prima di raggiungere la scaturigine, si incontrano in sinistra orografica i ser­ batoi di accumulo del vecchio Acquedot­ to. L’ingresso misura 0,7x4 m ed è in par­ te chiuso da una griglia in ferro che protegge il vecchio tubo di presa; si apre alla base di un pendio che con inclinazio­ ne iniziale di 45°-50° sale verso quota 150 m. Il primo tratto della galleria sommersa, fino a 12 m di profondità è inclinato di 45°, largo 7-8 m ed alto 4-5 m; dal punto 2 del rilievo, in avanti, assume un anda­ mento suborizzontale con passaggi stretti (altezza 0,6-0,8 m) di interstrato. Tra i punti 3-4 un deposito di ghiaia me­ dia mista a limo sul fondo e fango argillo­ so sulle pareti, provoca sempre intorbida­ mento dell’acqua portando a proseguire verso un cunicolo di 0,5 m di altezza che continua per qualche metro a visibilità molto ridotta. La prosecuzione è invece poco più in alto. La galleria, a parte due passaggi stretti ma brevi, assume infatti, dimen­ sioni più ampie (altezza 1-3 m, larghezza 4-7 m). Il fondo è costituito da sabbie e limo e tal­ volta da ghiaia media (punti 5-6), la visi­ bilità si mantiene buona per i primi minu­ ti ed a patto di non utilizzare le pinne. Tra i punti 6 e 7 a ca 60 metri dall’ingres­ so e -12 m di profondità, si apre una fes­ sura sulla volta, larga alla base 2 m ed orientata N 150 E. Il camino è stato risalito per ca 8 m, giun­ gendo a -2 m di profondità dove risulta impraticabile e con visibilità nulla.

Il nostro gruppo effettua da vari anni im­ mersioni nella sorgente. La scarsa visibilità dell’acqua in molti periodi ha però limitato le esplorazioni al tratto ascendente iniziale. L'esistenza di passaggi angusti già a 20 m dall’ingresso insieme alfinquinamento da benzina che si nota anche dal sapore dell’aria respirata in immersione, hanno limitato molto le esplorazioni tanto che fino a poco tempo fa la sorgente si poteva considerare praticamente sconosciuta. A seguito dell'incarico ricevuto, abbiamo effettuato una serie di immersioni sia a fine esplorativo che topografico. Il rilie­ vo dell'ingresso e dei primi 20 m risale al 1975 (Catasto Regionale delle Cavità del Veneto, n. 0075 V TV, area MT03, Coord. 0° 17' 30" W; 45° 48' 22" N,). La cavità si apre in comune di Giavera (TV) a quota 100 m slm ed è riportata sul­ la tavoletta IGM Volpago del Montello (3 8,III,NE) con il nome di Sorgente del Forame, 500 m a NW del Cimitero Bri­ tannico. Essa è situata alla testa di una stretta valle allungata in senso NW-SE, sul cui fondo scorre il Torrente Giavera alimentato dalle acque della sorgente ed in minima parte da q u e lle p ro v e ­ nienti da una vai­ letta laterale in destra, orientata est ovest. La car­ tografia di riferi­ mento è la Carta Tecnica Regio­ nale, elem ento n.084142 Sacel­ lo, a lla sc a la 1:5000 le riprese sono del 1983. A circa 100 m più a nord è si­ tuato il Secondo Deposito Carbu­ ranti con il serba­ Campione di liquido prelevato all 'interno. È visibile uno strato toio esploso nel superficiale di gasolio (1 cm) galleggiante sopra alghe in 1973 (fig .l). Il decomposizione. Foram e è rag­

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Speleologia subacquea ambientale nella Sorgente del Forame (Treviso)

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presa n. 4

Legenda ÊË S

limite del bacino idrogeologico

Sorgente Abbazia

flusso sotterraneo ricostruito con I traccianti serbatoio di carburante lesionato sorgente monitorata discarica abusiva

ingresso di cavità utilizzata per le prove

traccia delle gallerie naturali

Gr. Castel Sotterra

1 Arianna speleologia esplorativa e di ricerca C olle del Montello (IV) Bacino Idrogeologico della sorgente del Forame (Gioverà) Prove di tracciam ento eseguite con fluorescelna e leucophor nell'ottobre 1993, aprile e m aggio 1998

Fig. 4 In base al sedimento ritrovato sulle pare­ ti, riteniamo che questo sia un punto di accumulo di benzina fuoriuscita dopo l'incidente del 1973, dal sovrastante ser­ batoio militare. Dal punto 7 in avanti la galleria mantiene caratteristiche simili in ampiezza, degra­ dando fino a -20 m di profondità dove si chiude in un deposito di sabbia e ghiaia a 120 m di distanza dalPingresso. A tutt’oggi non abbiamo trovato percorsi in risalita o rami laterali.

INTERVENTO DI BONIFICA Questo primo intervento aveva lo scopo di conoscere con più precisione la quanti­ tà di idrocarburi presenti. Normalmente infatti, l ’acqua in uscita è limpida ad ec­ cezione dei periodi di piena, in cui oltre al forte odore è presente anche una fase surnatante. Sull’alveo del torrente ed all’in­ terno, si sono depositate alghe in decom­ posizione di colore bruno verdastro (foto n. 3). Data la struttura a sifone e l’assenza di campane d’aria raggiungibili in im­ mersione, è stato ipotizzato che la mag­ gior parte degli idrocarburi rimanesse bloccata oltre il tratto sifonante ostruito da ghiaia e sabbia (punto 11 del rilievo in fig. 3) per il minore peso specifico. La bonifica prevedeva dapprima uno svuo­

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.500

tamento quasi completo delle gallerie ed il prelievo del liquido in galleggiamento. Per fare questo e considerando il regime passato era necessario attendere un pe­ riodo di secca, verificantesi di solito in inverno o tarda estate. Nel settembre del 1997, con la portata naturale scesa a 2-4 lt/sec furono iniziati i lavori, trasportan­ do una pompa sommersa da 10 lt/sec e 70 kg di peso, ad 11 m di profondità. Per ot­ tenere questo è stato preparato un conte­ nitore stagno da usare come equi­ libratore. La pompa sarebbe stata poi riposizionata oltre, a livelli più bassi. AH’estemo fu posta una pompa centrifu­ ga, tale da provocare un primo abbassa­ mento di 7 m. Tutto il liquido prelevato era incanalato in una condotta di 1600 m attraverso il bosco, fino ad un depuratore presso la base militare. Il pompaggio, ad una portata media di 8 lt/sec, proseguì come previsto con le se­ guenti conseguenze: • formazione di uno strato sumatante di ca 1 cm (gasolio, benzina) • saturazione dell’ambiente con vapori di idrocarburi oltre i limiti di sicurezza e rilevabili dagli strumenti in dotazione (>300 ppm) Si decise pertanto di utilizzare subito una terza pompa antideflagrante per asporta­ re la fase in galleggiamento. In questo modo furono prelevati alla fine dei lavori

7.760 me di liquido, mentre la frazione oleosa è stata stimata a poco meno di 7 tonnellate. Purtroppo e per motivi esclusivamente economici, (i nostri committenti avevano finito i soldi!) i lavori di cantiere sono stati interrotti dopo circa un mese, senza avere recuperato tutto il sumatante che continuamente si formava. I dati ottenuti in questo intervento hanno mostrato una situazione di degrado supe­ riore a quella prevista; è stata pertanto ri­ conosciuta la necessità di una seconda e si spera definitiva fase dei lavori, per l’a­ sporto completo delle sostanze inquinan­ ti. Questa prevede l’utilizzo di miscele surossigenate di acqua e batteri, da iniet­ tare in corrispondenza al serbatoio lesio­ natosi nel 1973.

RINGRAZIAMENTI Questo lavoro ancora in fase di completa­ mento, è stato possibile grazie alla colla­ borazione dei seguenti speleosub: G. Maran (Arianna speleologia esplorati­ va e di ricerca), G. Contessa, T. Piovesan (G.G.T.) e della ditta Varisco Well Point, Padova. Le analisi delle acque per le pro­ ve di tracciamento sono state fatte dal prof. B. Vigna (Dipartimento Georisorse, Poi. Torino).□

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CERCANDO LA GROTTA DI ULISSE TRA IL CIRCEO E L’ISOLA DI PONZA INTRODUZIONE Nella primavera-estate del 1998 abbiamo ini­ ziato una ricognizione speleologica sistemati­ ca nell'area del Sud Pontino (Italia, Lazio, La­ tina); in particolare sul Promontorio del Circeo (cuore dell'omonimo Parco Naziona­ le) e sull'Isola di Ponza, luoghi dove la leg­ genda narra sia avvenuto rincontro tra Ulisse e la Maga Circe. Il lavoro - con una verifica puntuale delle cavità esistenti tramite sopral­ luoghi in canoa e documentazione fotografica - ha portato alla riesplorazione di oltre cento grotte, in gran parte marine e non catastate, e ad alcune nuove scoperte. Sul Circeo abbiamo sceso un pozzo inesplora­ to all'interno di una cavità terrestre (la Grotta dei Pipistrelli), mentre sull'Isola di Ponza ab­ biamo visitato e localizzato una cinquantina di grotte mai iscritte al Catasto delle Cavità Naturali del Lazio. Il riordino delle conoscenze speleologiche sulla zona può essere inquadrato nel progetto culturale avviato da Carmine Marotta e Gra­ ziano Ferrari per la creazione in Italia di un Centro Europeo di Speleologia Marina e, nel caso particolare, nell'affascinante ipotesi di ricerca della mitica spelonca dove Ulisse subì l'influsso magico di Circe, spelonca che sicu­ ramente si nasconde tra le decine di cavità sparse sulle coste del Monte Circeo e dell'Iso­ la di Ponza. La leggenda della Maga Circe ha radici pro­ fonde. Dall'“Odissea” di Omero alle “Meta­ morfosi” di Ovidio, sino all'“Eneide” di Vir­ gilio, si snoda un racconto che ambienta nel mondo sotterraneo, nelle grotte, alcuni dei momenti salienti della narrazione. Una leg­ genda che trova riscontro nei paesaggi, nel­ l'orografia e nell'evoluzione geologica e stori­ ca del territorio del Sud Pontino.

Abstract The first results of the speleological scouting expedition organized by Gruppo Grotte Roma “Niphargus” around the South-Pontine area (Italy, Latium, Latina); particulary on the Promontory of Circeo and the Island of Ponza, where according to legend Ulysses met Circe “The Enchantress”.

Speleologia 38 -1998

Panoramica sulle oltre cento cavità marine (e non solo) del Sud Pontino. Una ricerca speleologica tra bellissimi ambienti naturali sull'onda della leggendaria Odissea di Omero. Lorenzo GRASSI Maria Luisa BA TTIA TO GG Roma “Niphargus” Fotografie Maria Luisa BA TTIA TO INQUADRAMENTO

stallini bianchi del Lias inferiore e calcari do­ lomitici grigi del Lias medio. Nella parte più orientale si sovrappongono in discordanza lembi del complesso calcareo-mamoso mio­ cenico medio (Langhiano) e argilloso-arenaceo del Miocene superiore. Perifericamente, lungo alcuni tratti di costa, si appoggiano a queste formazioni dei lembi di breccia calcarea durissima, ad elementi ango• losi, sia piccoli che grandi a cemento rossa­ stro. Sono i resti di una fascia di coni detritici, demoliti dal mare, che s'addossavano sul ver­ sante sud. Isola di Ponza L'Arcipelago Pontino, e in particolare il grup­ po di isole nord-occidentali (Ponza, Palmarola e Zannone) sono, insieme alla Tolfa e ai Cimini, uno dei più antichi distretti vulcanici del Lazio. L'attività vulcanica, manifestatasi con incredibile violenza tra due e un milione di anni fa, ha lasciato un segno profondo nella morfologia del paesaggio costiero: indiscusse protagoniste della natura di queste isole sono le rocce, che con i loro spettacolari contrasti di forme e colori hanno affascinato viaggiatori e scienziati di ogni epoca. Le insenature semi­ lunari e le falesie a strapiombo sul mare, come quelle di Chiaia di Luna; gli affioramenti di nera ossidiana a Palmarola; i bianchi ammassi friabili di Zannone e i tufi color dell'ambra; i “dicchi”, colonne di colore nero o verdastro

Circeo Il Circeo è un promontorio che sorge isolato nella Pianura Pontina (sud del Lazio). Il suo isolamento non è solo geografico: fino a 130.000 anni fa, al termine dell'ultimo perio­ do interglaciale, il Circeo costituiva infatti una vera e propria isola. La storia del monte è strettamente legata al mutare del livello mari­ no, come ben mostrano i segni lasciati sulle pareti delle numerose grotte aperte nei calcari cristallini e dolomitici del ver­ sante occidentale. Molte di queste cavità offrirono riparo all'uomo preistorico e il Circeo costituisce oggi una delle più importanti stazioni paletnologiche italiane. Il promontorio è visibile da grande distanza e la leggenda vuole che il profilo della montagna disegni contro il cielo le fattezze della Maga che giace addormentata. Il ver­ sante marino è più scosceso e presso il “Precipizio” presenta grandi dirupi (dove si pratica anche l'arrampicata sportiva). Raggiunge la massima eleva­ m X ejsoU pjìm n zione all'estremità ovest con la V S È & J * ¿2 « -* * « » / Punta di Circe (541 metri di ^fONZA ' Pf ^ / quota). /S Ó L E P O N Z iA N E 0 ' X t W £7/VF Il Circeo, lungo 5,5 Km e con \fLatina) \ . ) .__ _ ° /ea to te n e una superficie di 11,4 Kmq, è •=> * costituito nella sua massa prin­ 775 cipale da calcari compatti cri­ / S

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Cercando la grotta di Ulisse tra il Circeo e l ’isola di Ponza

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che testimoniano gli antichi cammini della lava; cupole di ristagno come Monte Tramon­ tana a Palmarola e Monte della Guardia al­ l'estremità meridionale di Ponza. Queste sono solo alcune delle attrattive offer­ te dalle vulcaniti ponziane che, messe a nudo da successivi fenomeni di erosione, permetto­ no di leggere tutte le tappe delle lunghe e tra­ vagliate vicende che hanno portato alla nasci­ ta di queste isole. Peculiare è inoltre l'Isola di Zannone, annessa al Parco Nazionale del Circeo, costituita, oltre che da rocce vulcaniche, anche da rocce sedi­ mentarie, che abbracciano un arco di tempo tra 200 e 5 milioni di anni fa, e da rocce meta­ morfiche che, risalenti secondo certi autori a circa 300 milioni di anni fa, sono tra le più an­ tiche del Lazio.

i

G rotta Spaccata di Torre Paola

LA 175

2

G rotta A perta

LA 176 LA 177

3

G rotta dell'Isolotto, di P aola o di U lisse

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G rotta dei Forestali

5

G rotta del Bom bardiere

LA 178

6

G rotta “Breuil”

LA 179

7

G rattino a N ord della M aga Circe

8

G rotta della M aga C irce o del Precipizio

LA 180

9

G rotta dei Prigionieri o della Spiaggia dei Bom bardieri

L A 181

10

G rotta del Rim bom bo

LA 182

11

Sgrottam ento a Sud del R im bom bo

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G rotta delle A nfore

sotto u Precipizio

Scogliera delle C inque G rotte o delle “Cattedrali” G rotta dei T re Luigi

LA 210

G rotta A nna

LA 213

G rotta della Fessura

LA 211

G rotta delle Palm e

LA 186

G rotta S ospesa

LA 187

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G rotta dei Pesci

LA 188

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G rotta dello Schiavo

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Riparo della Calozza

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G rotta Barbara

18

Riparo Blanc

19

G rotta dell'A labastro

LA 189

20

G rotta Som m ersa di C ala dell'A labastro o G rotta delle C orvine

LA 1195

21

G rotta Enzo Lanzuisi T re G ratticene sotto T orre C ervia (L a Torraccia)

Costa centrale

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ra ro )

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G rotta ad O vest del Faro

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I G rotta ad Est del Faro

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II G rotta ad Est del Faro

26

orientale

versanti

____

1

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G rotta ad O vest e G rotta ad E st di T orre C ervia

LA 1 9 0 /L A 191

G rotta dell'A cquario

LA 192

G rotta del Fossellone

LA 193 LA 194

G rotta Elena

27 28

G rotta d elllm p iso G rotta delle Capre

29

G rotta D 'A ndrassi

30

G rotta del F ossellino

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G rotta A zzurra

LA 195

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A ntro

LA 196

33

Fessura ad O vest del Presepio

LA 82 LA 35

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G rotte I, II e III del Presepio

LA 197/190/199

35

G rotta del Cervide

LA 200

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G rotta Stefanini

LA 202

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G rotta di Torre Fico

38 39

G rotta som m ersa di T orre Fico

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G rotta del Porto

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G rotta G uattari

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G rotta del M alpasso

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G rotta dei Pipistrelli

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L e Tre Sorelle

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G rotta della Cava G rotta Ines

48

G rotta della C ona

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G rotta O rto Carbone

50

G rotta Estella

G rotta dei Colom bi

Riparo N ord I, II, III

LA 1161 LA 203

LE GROTTE DEL CIRCEO

Sul Promontorio del Circeo sono conosciute sin dai primi decenni del secolo una trentina di grotte. Gli studi archeologici compiuti tra gli anni '30 e '40 su impulso di Alberto Carlo Blanc, soprattutto all'intemo delle cavità ma­ rine, hanno portato alla scoperta di importanti resti paleontologici e paietnologici, tra i quali spicca il cranio di un uomo di Neanderthal rin­ venuto nella Grotta Guattari di San Felice Cir­ ceo. Quantità e qualità dei reperti hanno con­ vinto gli studiosi che la zona, durante l'Era glaciale, doveva ospitare una vera e propria “metropoli paleolitica”. Non mancano, però, tracce successive: come l'Acropoli di Circe e le anfore romane rinve­ nute neH'omonima cavità. Nel corso del nostro lavoro di rilocalizzazione e verifica delle grotte conosciute -basato so­ prattutto sui lavori già editi da Tommaso Lanzuisi e Marcello Zei, quest'ultimo fondatore del Centro Studi per l'Ecologia del Quaterna­ rio di San Felice Circeo- ci siamo imbattuti in molte cavità non iscritte a Catasto. A fronte delle 31 grotte “ufficiali”, infatti, ne abbiamo visitate oltre cinquanta: 24 sulla costa sotto­ stante la parete del Precipizio, 7 sulla costa centrale (Costa del Faro), 16 sulla costa orien­ tale e infine 5 distanti dal mare o su versanti diversi (Quarto Freddo). Risultano, inoltre, altre 9 cavità citate dallo Zei e da noi ancora non visitate, che portano il totale a più di 60. Una ricchezza speleologica e ambientale straordinaria, ancora non pienamente cono­ sciuta, che meriterebbe di essere valorizzata in forme ecocompatibili. Ecco alcune note sintetiche sulle quindici grotte più interessanti, con l'avvertenza che quelle lungo la costa sono raggiungibili quasi tutte solo via mare, alcune sono poi percorri­ bili internamente solo con piccole imbarca­ zioni e per visite più approfondite è consiglia­ bile portarsi dietro il casco con luce frontale (i numeri sono riferiti alla cartografia): 1) Grotta Spaccata di Torre Paola: spetta­ colare fenditura (sette metri di larghezza per quaranta di altezza) che si apre subito dietro la torre cinquecentesca. La grotta è divisa verti-

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Isola di Ponza: Arco dei Topazi.

Cercando la grotta di Ulisse tra il Circeo e l ’isola di Ponza

anfore romane in parte cementati da concre­ zioni. A poca distanza da questa cavità vi sono le bellissime Cinque Grotte (delle quali alcu­ ne sospese) della Scogliera delle “Cattedrali”. 17) Grotta Barbara: oltre la Cala della Cava d'Alabastro, ad oltre sette metri di altezza sul­ la scogliera, spicca il piccolo ingresso trian­ golare di questa cavità. Raggiungibile da ter­ ra, negli scavi archeologici ha restituito molti fossili di stambecco. 20) Grotta Sommersa di Cala dell'Alaba­ stro: questa cavità, che si apre sette metri al di sotto della superficie del mare in prossimità di un caratteristico scoglio a forma di sigaro, è stata esplorata a partire dal 1993 dai geologi Fabrizio Antonioli e Luigi Ferranti. Forma un grande ambiente ellittico, parzialmente emer­ so, esattamente sulla verticale del soprastante Riparo Blanc, importante sito preistorico ca­ ratterizzato da una grande parete inclinata. La cavità sommersa ha fornito importanti informazioni sul­ GROTTE DELL’ISOLA DI PONZA le variazioni del livello del G rotta del Bue M arino i mare negli ultimi 35.000 2 Fessura di Punta del G aetano anni. 21) Grotta Enzo Lanzuisi:

calmente in due ambienti sovrapposti e pre­ senta un approdo interno con una breve prose­ cuzione terrestre. 3) Grotta dell'Isolotto, di Paola o di Ulisse: si apre all'estremità di una piccola insenatura e mostra un ampio salone residuo di una gran­ de grotta in parte crollata. Sul lato orientale, tra grandi massi, è possibile affacciarsi sul te­ tro sifone dell'Oscura Spelonca: un laghetto ipogeo lungo una trentina di metri. Qui, se­ condo la leggenda, Ulisse nascose le suppel­ lettili della sua nave su ordine di Circe. 6) Grotta “Breuil”: cavità di particolare pre­ gio archeologico per il suo sedimento ricco di reperti fossili (rinoceronti) e manufatti litici. La grotta è divisa in due rami e si apre a tre metri sul livello del mare. L'ingresso è chiuso da un cancello per proteg­ gere i ritrovamenti. La cavità prende il nome dall'abate francese H. Breuil, celebre studioso di preistoria, che visitò il Circeo nella seconda metà degli anni '30. 8) Grotta della Maga Circe o del Precipi­ zio: si apre poco distante dalla Spiaggia dei

Bombardieri e presenta due ingressi ad arco a livello marino che danno accesso ad un gran­ de salone a cupola illuminato da un terzo in­ gresso pensile superiore. L'altezza massima della volta è di circa 40 metri, mentre il pavimento è scosceso e inva­ so da grandi blocchi calcarei crollati dal sof­ fitto. 9) Grotta dei Prigionieri: si apre nelfintemo della spiaggetta sassosa all'inizio del Precipi­ zio, nota come Spiaggia dei Bombardieri o Cala Moresca. La cavità presenta due livelli sovrapposti collegati da uno stretto passaggio verticale. Il nome deriva da una comitiva di ragazzi che rimase bloccata nella cavità per alcuni giorni a causa del mare in tempesta. 12) Grotta delle Anfore: di difficile indivi­ duazione, è nascosta in cima ad una rampa di detriti ed ha un ingresso di piccole dimensio­ ni. All'interno un cunicolo di una ventina di metri sul cui pavimento sono cosparsi cocci di Speleologia 38 -1998

appena prima del porticciolo artificiale di Torre Cervia, un cunicolo marino di di­ mensioni ridotte conduce ad un grande salone il cui pavi­ mento è disseminato da grandi blocchi calcarei ca­ duti dalla volta. 26) Grotta del Fossellone: imponente cavità che pre­ senta un bellissimo arco na­ turale verso il mare. E rag­ giungibile anche via terra traversando con attenzione sulla caverna della vicina Grotta dell'Impiso (caratte­ rizzata da una famosa stalat­ tite sulla volta che ricorda il profilo di un uomo impicca­ to) dopo aver deviato dal sentiero per la Grotta delle Capre. La Grotta del Fossellone (che si apre su proprietà pri­ vata) è stata oggetto di ap­ profondite ricerche archeo­ logiche nel corso delle quali è stata scoperta, oltre uno stretto cunicolo, la Grotta Elena che presenta delle bel­ le concrezioni. 28) Grotta delle Capre: è la grotta più famosa del Circeo insieme alla Grotta Guattari. E raggiungibile anche via terra con un sentiero segna­ lato. Vi si può entrare attra­ verso una vecchia cancellata oggi in rovina. Si accede così ad un salone a forma di cupola, alto oltre 15 metri. Sulle pareti, a circa 2 metri da terra (cioè a 9 metri di al­ tezza rispetto al livello attua­ le del mare), si possono os-

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Le G rottelle

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Arco naturale

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Passaggio a terra di fronte Scoglio Evangelista

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Passaggio di Scoglio Evangelista G rotta di Punta N era

8 ! V ersante (V erso V entotene)

G rotticelle ad O vest di F araglione dello Schiavone

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Passaggi di Scoglio del Prete

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G rotta degli Smeraldi

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G rotta del Fortino

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G rotta dietro passaggio C asocavallo

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G rotte A zzurre

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G rotta di Pilato

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A rco dei Topazi

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G rotta di U lisse G rotta di Spiaggia La Parata

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G rotta di Tiberio

G rotta del Segreto G rotta M arina Passaggio

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G rotta del D esiderio

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G rotta della D onna

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G rotta delle Streghe

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G rotta di C apo Bianco

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G rotte del F araglione a Terra G rotte dei Faraglioni di L ucia R osa

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G rotta Principale A ltri passaggi

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Fenditura di C apo B osco

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G rotta di C apo B osco G rotta a terra Scoglio Sacra Fam iglia

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V ersante (verso Palm arola)

G rotta della Spiaggia di A urora G rotte di C ala F e d a

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G rotta della Scogliera G rotta della M arina

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G rotte delle Piscine N aturali G rotta principale P assaggio som m erso

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G rotta della C aletta

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G rotte a Sud e a N ord della M ontagnella

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G rotta del Tesoro

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G rotta ad O vest del Tesoro

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G rotta dell'Ippocam po

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G rotta del C orallo

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G rotta di C ala Fonte

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G rotta di C apo Ram e

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G rotta ad O vest di C ala Félice

GROTTE DELL'ISOLA DI PALMAROLA G rotta dei V ricci G rotta del Faraglione di M ezzogiorno G rotta del G atto

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Cercando la grotta di Ulisse tra il Circeo e l ’isola di Ponza

Ecco alcune note sintetiche sulle quindici grot­ te a nostro giudizio più interessanti, anche in questo caso con l'avvertenza che praticamente tutte sono raggiungibili solo via mare e percor­ ribili internamente con piccole imbarcazioni (i numeri sono riferiti alla cartografia):

Isola di Ponza: Grotta dei Faraglioni di Lucia Rosa

servare i litodomi (fori di molluschi marini) che segnano il solco fossile della battigia del mare interglaciale. Nel salone sono evidenti anche i resti degli scavi archeologici compiuti in passato nella cavità. La grotta presenta alcune prosecuzioni: un cu­ nicolo sul fondo del salone, tra pareti bianche, prosegue per una trentina di metri di lunghez­ za sino ad ambienti sempre più ridotti. Un secondo ramo parte con un passaggio bas­ so sul lato destro del salone; un terzo, infine, con una rampa accanto all'ingresso. 31) Grotta Azzurra: bellissima cavità conti­ gua alla Grotta delle Capre. È completamente invasa dal mare e presenta dei particolarissimi riflessi turchini. Vi si può entrare per una trentina di metri solo con piccole imbarcazioni e mare assolutamente calmo. 34) Grotta del Presepio: la cavità si apre non lontano dallo sperone roccioso sul quale sorge Torre Fico. È caratterizzata da alcune grandi colate stalagmitiche mammellonari che, viste da una certa distanza, assomigliano a persone in preghiera. Da qui il suo nome. 41) Grotta Guattari: questa cavità, nota in tutto il mondo per il ritrovamento al suo inter­ no del cranio di un uomo di Neanderthal in perfetto stato di conservazione, si apre nel centro abitato di San Felice Circeo. Per entrar­ vi bisogna prendere contatto con la reception dell'Hotel Neanderthal. Il cranio, scoperto casualmente nel febbraio del 1939, giaceva dentro un ovale di pietre e mostrava due mutilazioni che, secondo alcuni esperti, sembrano indicare pratiche di canni­ balismo rituale. 43) Grotta dei Pipistrelli: cavità terrestre che si apre sul versante sopra il paese di San Felice. In questa grotta, nel maggio 1998, ab­ biamo esplorato una prosecuzione verticale mai scesa prima: la grande fenditura, con più ingressi, sprofonda per oltre venti metri tra strette pareti con grandi blocchi incastrati. Purtroppo il fondo è chiuso.

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LE GROTTE DELL'ISOLA DI PONZA

Ancora più interessante è stato il lavoro di rico­ gnizione avviato sui 41 km di costa della princi­ pale isola dell'Arcipelago Pontino; Ponza, dove non risultavano iscritte grotte a Catasto. Utiliz­ zando come base gli ottimi lavori editi dai locali Giuseppe e Silverio Mazzella, abbiamo localiz­ zato ed esplorato una cinquantina di cavità ma­ rine: 18 sul versante est (verso l'Isola di Venta­ tene) e oltre 30 su quello ovest, verso l'Isola di Palmarola. Su quest'ultima sono segnalate altre tre cavità (che non sono state da noi riviste): la Grotta dei Vricci, la Grotta del Faraglione di Mezzogiorno e la Grotta del Gatto. Non risulta­ no invece cavità di rilievo sull'Isola di Zannone; mentre l'Isola di Ventatene, che non dovrebbe riservare grandi sorprese speleologiche, non è stata presa in considerazione in questa prima fase.

I) Grotta del Bue Marino: piccola cavità di particolare valore paesaggistico per le spetta­ colari quinte rocciose di Punta Incenso. Una canaletta d'acqua conduce ad un piccolo am­ biente interno, sassoso, un tempo fresca abita­ zione di questi animali marini oggi quasi estinti nel bacino del Mediterraneo. 8) Grotta di Punta Nera: stretta e alta spacca­ tura invasa dall'acqua che si apre in prossimità di Punta Nera e si interna per alcune decine di metri sempre con grandi dimensioni verticali. La corrente d'aria segnala una possibile uscita sul lato opposto (sud) della punta. In zona da segnalare anche i piccoli passaggi di Scoglio Evangelista e l'imponente Arco naturale noto come “Spaccapurpo”. 9) Passaggi di Scoglio del Prete: questo pic­ colo faraglione, che si eleva sulla sabbia con una serie di colonne massicce, presenta una se­ rie di passaggi emersi e sommersi caratterizza­ ti da una incredibile e impalpabile luce azzurri­ na. 10) Grotta degli Smeraldi: l'ampio salone di questa cavità, che si apre tra la Piana Bianca e la Spiaggia del Core, è quasi per intero invaso dal mare ed è illuminato dall'alto dal singolare raggio luminoso che filtra da un oblò dell'anti­ co acquedotto romano. II) Grotta del Fortino: la stretta fenditura di ingresso si apre sul lato est della scogliera che ospita i ruderi dell'antico forte francese. Dopo pochi metri si perviene ad un ampio e basso sa­ lone circolare, nel quale un particolare effetto acustico amplifica l'eco delle onde in un sordo rimbombo. 13) Grotte Azzurre: queste due piccole grotticelle, collegate tra loro e con spiaggette inter­ ne, si aprono a pochi metri dalla baia della fra­ zione di Santa Maria. Sono dunque tra quelle

Circeo: Grotta dell ’Impiso.

Speleologia 38 - 1998


Documenti Italia più facilmente raggiungibili, seppure in via di degrado per effetto dell'inquinamento portua­ le. 17) Grotta di Ulisse: secondo la leggenda in questa piccola grotta dai riflessi azzurri e dalle alghe arancioni, poco lontana dall'altrettanto incantevole Arco dei Topazi, Ulisse si chiuse un giorno intero per sfuggire al sortilegio di un improvviso attacco di nostalgia per la Maga Circe e per il figlio Telemaco che era appena nato. 19) Grotta del Segreto: si apre a ridosso della rinomata spiaggia di Chiaia di Luna ed è nota anche come Grotta della Maga Circe. Un tem­ po ospitava i “vitelli marini” nella loro delicata fase riproduttiva, è la cavità dell'isola che pre­ senta la maggiore estensione pianimetrica: il condotto di ampie dimensioni si addentra per oltre una cinquantina di metri sino ad un gran­ de salone con una spiaggia difesa da massi. Nelle vicinanze anche la bellissima grotta ma­ rina del Canto del Serpe. 24) Grotte di Capo Bianco: nell'insenatura di questa punta dal colore immacolato e accecan­ te, si apre un piccolo “sistema” di cavità. La principale è il Grottone di Capo Bianco, traver­ sata di una quarantina di metri di lunghezza. A seguire la lunga e tetra Grotta delle Streghe (con ampio salone terminale semiallagato) e gli stretti cunicoli passanti della Grotta del De­ siderio e di quella della Donna. 26) Grotte dei Faraglioni di Lucia Rosa: il faraglione di terra, oltre all'ampio passaggio principale, presenta altre tre cavità passanti, di dimensioni assai ridotte e percorribili solo a nuoto. 28) Grotta di Capo Bosco: si apre appena ol­ tre il curioso scoglio a tre punte della “Sacra fa­ miglia” e presenta una volta d'ingresso molto ampia. Dopo pochi metri, però, le pareti strin­ gono in fessura. 31) Grotte di Cala Feola: in questa baia, che ospita anche le famose “Piscine naturali”, si aprono diverse grotte. La principale è quella della Marina, dall'ingresso basso, che prosegue per diversi metri nell'interno. Notevole anche la spaccatura che si apre nelle “Piscine naturali”, collegata con passaggio subacqueo, e la vicina Grotta della Caletta un tempo tana di una famiglia di foche monache e oggi purtroppo imbrattata di catrame. 35) Grotta del Tesoro: la cavità si apre nella Cala dell'Acqua, sulla scogliera sotto il fortino di Punta del Papa. Presenta una strozzatura dopo una decina di metri, per poi allargarsi in un salone finale con grandi blocchi che condu­ cono ad un'uscita terrestre superiore. La leg­ genda narra di un tesoro nascosto nella grotta da un galeotto e mai ritrovato. 38) Grotta del Corallo: ampia cavità, poco di­ stante dalla famosa Cala Fonte, che presenta due ingressi (ovest e nord). Lunga in totale una cinquantina di metri ha una forma ad angolo retto con un salone interno nel quale spiccano alcune stalagmiti cresciute su grossi roccioni. Il nome deriva dalle alghe di colore rosso in­ tenso. 40) Grotta di Capo Rame: la grotta si apre a poca distanza dalla bellissima spiaggia sassosa di Cala Fèlice. Presenta una piccola prosecu­ zione interna.

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Cercando la grotta di Ulisse tra il Circeo e l ’isola di Ponza CONCLUSIONI Il dettagliato lavoro di catalogazione delle ca­ vità del Circeo e dell’Isola di Ponza è stato rea­ lizzato anche con mezzi fotografici digitali. Ciò permetterà la creazione di un archivio elet­ tronico delle “Grotte di Ulisse”, facilmente ag­ giornabile, per una loro divulgazione sulla Rete Internet; ed eventualmente consentirà in futuro la produzione di un Cd-Rom. Nel corso dei sopralluoghi abbiamo scattato oltre 450 immagini degli ingressi e delfintemo delle cavità, segnandone o verificandone il punto cartografico esterno e raccogliendo in­ formazioni in merito: all'accesso (itinerari ed eventuali restrizioni), alle notizie storico ar­ cheologiche e alle note di colore e folklore, ol­ tre che bibliografiche. Una seconda importante

fase di lavoro prevederà l'esplorazione più compiuta delle grotte ritenute di maggiore in­ teresse, con il ricorso a tecniche speleologiche avanzate (risalite, verifica di prosecuzioni alla­ gate e in strettoia). Sarà inoltre avviata l'effettuazione ex novo dei principali rilievi topografici.

RINGRAZIAMENTI Per la buona riuscita del nostro lavoro, oltre alle persone citate nel testo e alle fonti riportate nella Bibliografia, dobbiamo ringraziare in modo particolare Antonio Balzano, ospitale e combattivo Sindaco di Ponza, che sa bene come far nascere l'amore per le bellezze della sua isola. □

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GROTTA DI NURIGHE (Sassari) ESPLORANDO IL PASSATO RIASSUNTO Il rinvenimento di fossili nella piana di Nurighe, presso Campu Giavesu, da par­ te del gruppo speleologico di Thiesi, ha destato il grande interesse dei ricercatori

Abstract Nurighe: exploring the past. An important information on connection between fossils, volcanic activity and geomorphological evolution emerges from exploring o f a narrow karst passage. The discoveri of a fossil site in the cave of Nurighe, near Campu Giavesu, from the speleological team of Thiesi, has awakened the interest of the researches which are striding this area reconstructing the evolutionary stages from the morphologies buried by the volcanic episodes. Many lava flows, different for age, localized in the territory (from upper Pliocene to middle and upper Pleistocene) have left the testifies of the ancient drainage network that has permitted the reconstruction of the morphogenetic processes and the landscape modifications between one volcanic episode and the following. Thanks to the acquired knowledges, the discovery of the fossils layers has permitted a definite stratigraphical position during the middle recent Pleistocene and the upper Pleistocene. The paleontological study has confirmed the hypothesis about the age and the morphocronology of this part of Logudoro Mejlogu territory. The morphological characteristics of the locality show, undoubtedly, the entrance of the cave localized in the inner part of the karst passage, between different miocenic layers of limestones; the primary entrance probably has been a refuge or a trap for the animals. The reconstruction of a faunistical variedness with macro and micro mammals, frogs, birds and gasteropodes is conformable to the reconstruction of a swampy environment formed by the emission of the M.Poddighe lava flow (0.2 m.y.b.p.) that was been a dam for the upstream of the rio Mannu river.

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Dall’esplorazione di uno stretto condotto carsico emerge un importante dato sul rapporto tra resti fossili, vulcanismo ed evoluzione geomorfologica del territorio Sergio GINESU Stefania SIAS Università di Sassari Jean Marie CORDY Muriel TURMES Università di Liegi Luciano TREBINI Sopraintendenza Archeologica per le Province di Sassari e Nuoro Antonello MELE Antonio SERRA Pietro VIRGILIO Alessandro ZARA Truma de Archeo Guturulugia “Monte Majore” Thiesi

ha consentito, in funzione delle cono­ scenze, anche una precisa collocazione temporale nell'intervallo del Pleistocene medio recente-superiore. Lo studio pa­ leontologico ha confermato quanto ipo­ tizzato sull'età del sito avvalorando quan­ to finora indicato sugli stadi morfocronologici del territorio del LogudoroMejlogu. Le caratteristiche morfologiche del sito, non lasciano dubbi sulla presenza di una apertura a monte del condotto carsico, scavata tra diversi livelli carbonatici, che costituiva un riparo per gli animali o pro­ babilmente una trappola. La presenza di una varietà faunistica data dal ritrova­ mento di macro e micro-mammiferi, di rane, uccelli e gasteropodi, è conforme alla ricostruzione di un ambiente paludo­ so dove la presenza dell'acqua costituiva un elemento importante: condizione ve­ nutasi a creare in seguito all'effusione del M. Poddighe (200 mila anni) che ha oc­ cluso il corso del Rio Mannu causandone un ristagno a monte dello sbarramento.

che da tempo studiano il territorio rico­ struendone le fasi evolutive in funzione della morfologia sepolta dalle colate ba­ saltiche. Le numerose colate laviche si­ tuate in più parti del territorio e di età dif­ ferente, dal Pliocene superiore sino al Pleistocene medio-sup., hanno lasciato ampia testimonianza della paleo-idrogra­ fia da cui si è potuto risalire alle modifi­ cazioni indotte dalle colate stesse e dai processi morfogenetici intercorsi tra un intervallo lavico ed il successivo. Ciò ha permesso una conoscenza geomorfologi­ ca dell'area tale da definire l'età delle for­ me fossili o relitte che caratterizzano il territorio del Logudoro. A tal proposito, il rinvenimento del sito paleontologico Speleologia 38 -1998


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INTRODUZIONE La costante attività esplorativa del grup­ po speleologico di Thiesi Trama de Arkeo-Guturulugia “Monte Majore”, ha portato alla scoperta di un giacimento fossilifero a resti di grandi vertebrati al­ l'interno di una stretta cavità carsica, si­ tuata nel territorio della provincia di Sas­ sari. Dal rinvenimento di questi resti nasce una importante collaborazione con le Università di Sassari e Liegi e con il Settore Geopaleontologico della Soprin­ tendenza per le Provincie di Sassari e Nuoro. L'abbondanza dei resti fossili rin­ venuti lungo il condotto carsico ha porta­ to ad una analisi delle cause di fossilizza­ zione ed accumulo dei resti ossei lungo un sifone, di cui alcuni ancora in posizio­ ne articolare. Da qui nasce la necessità di considerare attentamente la morfologia superficiale ed in particolare l'evoluzione di questa parte del territorio del MejloguLógudoro. I dati morfo-evolutivi risultano ben noti dai lavori finora svolti dai ricercatori del­ l'Università di Sassari che hanno rico­ struito le condizioni del paesaggio a par­ tire dal Pliocene inf., prendendo come limite inferiore l'età di effusione della co­ lata basaltica di Campeda. Le prime informazioni relative ai resti fossili permettono di collocare l'evento di fossilizzazione nel Pleistocene medio re­ cente, confermando quanto finora emer­ so dallo studio geomorfologico della pia­ na di Campu Giavesu su una età di circa 200 mila anni.

INQUADRAMENTO DELL'AREA L'area in studio è localizzata nella regio­ ne del Logudoro meridionale, situata a circa 35 chilometri più a sud della città di Sassari cui appartiene come territorio provinciale, ma inclusa nell'area comu­ nale del centro abitato di Cheremule. Lungo una scarpata di circa 5 metri di al­ tezza è situata l'apertura della grotta da cui scaturiscono le acque del Rio Nuri­ ghe, utilizzate per l'approvvigionamento idrico del comune di Cheremule; questa situazione ha costituito una limitazione nelle fasi esplorative del condotto da par­ te degli speleologi. La grotta è facilmente raggiungibile dalla grande arteria S.S. 131 “Carlo Felice” che collega i maggiori centri dell'Isola, poco più di un chilometro oltre il bivio per Cheremule in località Roccamanna. La cavità non risulta altrettanto facilmente visibile, essendo coperta da una fitta ve­ getazione arbustiva presente quasi tutto Speleologia 38 -1998

Grotta di Nurighe (Sassari): esplorando il passato

l'anno per l'abbondanza di acqua che fuo­ riesce dalle fenditure della roccia. Il costone carbonatico presenta numero­ se sorgenti che raccolgono le acque d'in­ filtrazione proveniente dal versante del M. Coronedda (600 metri circa) al con­ tatto tra livelli marnosi e conglomeratico arenacei, questi ultimi al passaggio con il substrato vulcanitico terziario, costituito da depositi cineritico-tufacei. Le sorgenti risultano perlopiù localizzate lungo piani di frattura a direzione NO-SE che interessano il complesso carbonatico debolmente inclinato verso nord. La gia­ citura degli strati carbonatici e la presen­ za di fratture in direzione quasi ortogona­ le ha favorito lo sviluppo di un sistema morfologico definito a “cuestas" con una idrografia caratterizzata da incisioni cataclinali ed ortoclinali alle bancate carbonatiche. I corsi d'acqua cataclinali risultano quasi sempre alimentati da un sistema di risor­ give collocate lungo il costone carbonatico che delimita ad occidente la valle del Rio Mannu, corso d'acqua ortoclinale. Le alterne vicende erosive di quest'ultimo hanno dato origine ad una ampia area pia­ neggiante che si sviluppa dalle falde del­ l'altopiano di Campeda sino alla piana di Chilivani, ad una quota di circa 350-300 metri, interrotta da deboli rilievi collinari costituiti da vulcaniti terziarie e da conet­ ti vulcanici di età pleistocenica. Questa superficie rappresenta un ampia area di denudazione conseguente all'arretra­ mento delle bancate carbonatiche che progressivamente esumano la vecchia superficie d'erosione sul substrato vulca­ nico terziario. Questa condizione è ancora oggi visibile per la presenza di una scarpata carbonatica che delimita ad occidente l'ampia val­ le del Rio Mannu, ad una quota costante di circa 50-40 metri dalla piana, articola­ ta in parte da gradonature. Queste ultime sono il risultato delle alter­ ne vicende erosive che anno interessato il territorio a partire dal Pleistocene infe­ riore (Sias, 1995, Melis & Sias , 1996) e di cui rimane testimonianza nella presen­ za di superfici d'erosione situate a quote differenti ed in parte fossilizzate dalle stesse colate. Le incisioni, presenti lungo il versante carbonatico, sono il risultato dell'erosio­ ne regressiva che si imposta preferibil­ mente lungo le valli cataclinali delle cue­ stas costituendo delle ampie vallecole a fondo piatto che si aprono verso l'ampia valle del Rio Mannu ad una quota di circa 350-300 metri. Tutta l'area risulta essere un'ampia super­ ficie fossile di alluvionamento determi­

nata dalle alterne fasi effusive delle cola­ te basaltiche che hanno sbarrato il Rio Mannu a partire dagli 800 mila anni (Sias, 1997). Cartograficamente la località risulta compresa nella sezione III Bonorva della nuova I.G.M. alla scala di 1:25.000, in prossimità dell'edificio Mulino Sanna.

CARATTERI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI Il condotto carsico di Nurighe si sviluppa nei sedimenti carbonatici del Miocene, ampiamente diffusi in tutto il territorio, che poggiano sui livelli più antichi del Miocene inf. rappresentati da depositi tufaceo-cineritici di colore verde-grigio. Nella zona compresa tra gli abitati di Thiesi e Cheremule, questi sedimenti co­ stituiscono una superficie sub orizzonta­ le situata alla quota dei 400-450 metri, quota a cui corrispondono diverse super­ fici erosionali presenti nel territorio e ca­ ratterizzate da substrati differenti e di cui si è potuto definire l'età riferibile al Plei­ stocene medio grazie alla presenza delle colate basaltiche (Sias, 1997; Ginesu, 1991). Durante il Pliocene tutta l'area del Logudoro-Mejlogu è stata interessata da una intensa attività vulcanica a carattere basi­ co che ha prodotto numerose e ripetute colate durante un intervallo di tempo di circa 2 milioni di anni (Beccaluva, 1981). La continuità del fenomeno ha permesso una puntuale ricostruzione degli eventi morfoevolutivi con particolare riferi­ mento al reticolo idrografico essendo in piu punti fossilizzato dalle colate (Sias, 1997). Il carattere perlopiù esplosivo dell'attivi­ tà vulcanica ha dato origine a conetti di scorie e brevi colate laviche che hanno occupato strette e profonde incisioni sul substrato carbonatico; nell'area in studio ampie colate, quali quelle provenienti dal M. Cujara e dal M. Austidu, sono scorse sulla superficie vulcanica oligomioceni­ ca. Entrambe le colate mostrano una con­ dizione paleoidrografica del Rio Mannu riferibile rispettivamente agli 800 e 400 mila anni, in cui è possibile osservare una migrazione verso ovest dell'alveo per erosione laterale al contatto con il sub­ strato vulcanitico terziario. L'erosione differenziale tra il substrato vulcanitico terziario e le bancate carbonatiche ha portato all'arretramento verso occidente di queste ultime con conseguente esuma­ zione di una superficie strutturale semi­ pianeggiante sepolta dai sedimenti e rife­ ribile alle prime fasi di trasgressione ma53


Grotta di Nurighe (Sassari): esplorando il passato

2 - Depositi recenti (alluvioni, colluvi e suoli), Olocene 6 - Basalti del M. Annaru-Poddighe, Pleistocene medio-recente (~ 0.2 m.a.) 5 - Basalti del M.Cuccuruddu, Pleistocene medio-recente (~ 0.2 m.a.) 26 - Basalti di Pranu Coronedda, Pliocene (~ 2.0 m.a.) 56 - (giallo) Sedimenti calcareo-arenacei del Miocene 58/57 - (viola-rosa) Vulcaniti calco-alcaline del ciclo effusivo oligo-miocenico (Da Beccaluva et. al. 1981; parzialmente semplificato)

rina del Miocene inferiore. Tale situazione è stata favorita da un con­ dizione generale di scarsa capacità erosi­ va del Rio Mannu costretto a spostare la propria direzione di scorrimento in se­ guito all'effusione del M. Cujaru e se­ guita successivamente da quella del M. Austidu (400 mila anni) che determinerà una totale occlusione della valle. Le vicende paleoclimatiche non porte­ 54

ranno a sostanziali cambiamenti in que­ st'area, se non nel tentativo, da parte del corso d'acqua, di ristabilire le condizioni normali di drenaggio con l'erosione re­ gressiva dovuta alla variazione del livel­ lo di base. Gli effetti dello sbarramento del corso d'acqua sono visibili nella con­ dizione di scarso drenaggio che ha impe­ dito l'inversione del rilievo delle colate, favorendo un lento accumulo di materiali

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fini (sabbioso-siltosi) che hanno colmato le parti più depresse. Il processo di alluvionamento ha dato origine ad un unica superficie estesa alla quota dei 400-350 metri, sulla quale non sono più distingui­ bili le colate dal substrato. Anche per le colate scorse lungo il versante occidenta­ le, non è possibile distinguere la confor­ mazione, essendo ancora inserite all'intemo delle paleo-valli; lo stesso fronte di avanzamento si mantiene alla quota della piana. Questa situazione fa ben comprendere le condizioni geomorfiche generali del sito in esame, in particolare del pianoro di Nurighe dove insistono due colate basal­ tiche di età differente ma effuse entrambe dallo stesso condotto localizzato nel ri­ lievo del monte di Cheremule. La prima fase effusiva è riferibile a 2.1/2.2 milioni di anni dal presente (K/Ar, Beccaluva & al., 1981), ha pro­ dotto una colata allungata secondo una direzione grossomodo nord-ovest/sudest, di cui oggi rimane un lembo basalti­ co che ha originato il pianoro di M. Coro­ nedda. La superficie su cui è scorsa la colata si estende intorno alla quota media dei 600 metri circa, e rappresenta un lembo di quella paleo-superficie che caratterizza­ va l'intero territorio del nord-Sardegna durante il Pliocene sup. e di cui si ritrova­ no testimonianze in più parti del territo­ rio. Data l'estensione e la frequenza di queste superfici sospese a quota intorno ai 550-650 metri si è ritenuto di definirle come superfici relitte di un paleopaesag­ gio del Pliocene sup. (Sias, 1997). La seconda fase effusiva si è avuta tra 800 e 400 mila anni dai centri del M. Cu­ jaru e M. Austidu che hanno fortemente condizionato l'evoluzione del bacino causando ripetute fasi di sovralluvionamento dei tratti a monte dello sbarramen­ to dell’effusione basaltica. Di conseguenza tutta l'area mostra una condizione di fossilizzazione del paesag­ gio per cui le stesse colate risultano indi­ stinguibili dalla superficie su cui sono scorse. Una terza fase effusiva si è avuta intorno ai 200-140 mila anni ha portato alla for­ mazione delle colate del M. Poddighe, del M. Oes e del M. Cuccuruddu, situate lungo il versante ovest e come tale collo­ cate lungo le strette valli carbonatiche an­ cora ben visibili, in parte fossili o sepolte dalle colate. Quest'ultima fase effusiva, circa 200 mila anni, mette in evidenza una morfologia del versante occidentale, dalla piana di Campu Giavesu fino a Cabu Abbas, non molto differente dall'at­ tuale, mostrando versanti a cuestas e graSpeleologia 38 -1998


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Grotta di Nurighe (Sassari): esplorando il passato

donature lungo il costone carbonatico. L'effusione del M. Poddighe produce lo sbarramento del tratto occidentale del Rio Mannu che determina la formazione della piana di Campu Giavesu in quanto la stessa caldera risulta incassata lungo i paleo versanti del corso d'acqua, situati alla quota dei 400 metri. Il M. Cuccuruddu ed il M. Oes mettono meglio in evidenza la presistenza di un versante a “cuestas ” ad occidente della piana, infatti entrambe le colate sono scorse lungo le valli cataclinali sino a raggiungere la piana in cui scorre il Rio Mannu (Ortoclinale). Entrambe le colate risultano incassate nelle paleo valli e i loro fronti basaltici risultano distinguibili dal resto della piana solo per la presenza della vegetazione arbustiva. Il Monte Cuccurruddu e la colata basaltica rappresentata dalla striscia scura che sovrasta il tavolato calcareo, (foto Archivio Università di Sassari)

L'AMBIENTE DEL PLEISTOCENE SUPERIORE

d'acqua sottoposti a regi­ me di variazioni climati­ La presenza della fauna finora classifica­ che durante il Pleistocene. ta, la geometria della cavità carsica e l'età Pertanto le vallecole inci­ della colata lavica concordano con le evi­ se su questi orizzonti cardenze geo-morfologiche note in questo bonatici producevano lun­ territorio. go le pareti una erosione La direzione predominante nord-sud del selettiva tra i differenti condotto di Nurighe sono ricollegabili sfrati calcarei ed i sotto­ alle predominati direttrici tettoniche del stanti livelli arenaceo con­ territorio ed in particolare all'ultima fase glomeratici, dando luogo vulcanica connessa a linee di frattura con a profonde nicchie sotto direzione nord-sud come mostra l'alli­ roccia sede talvolta di in­ neamento dei centri effusivi. gressi carsici. Stazione di pompaggio e ingresso della cavità Il paesaggio riferibile a 0.2 milioni di Questo effetto, ancora vi­ alla base del canneto, (foto di A. Serra) anni risulta infatti caratterizzato dalla sibile oggi nelle scarpate presenza di questi pianori d'erosione con­ dei versanti fossilizzati, cordanti con l'antica superficie del Plei­ ha determinato probabilmente la presen­ di Nurighe in prossimità dell'attuale con­ stocene medio ed ormai incisi da corsi za di un ampio ingresso della paleogrotta tatto con i basalti della colata del M. Cuc­ curuddu. La presenza del giacimento fossilifero nella zona più interna del con­ dotto carsico testimonia l’esistenza del­ l'originario ingresso in prossimità del contatto con la colata basaltica. L'abbondanza dei resti fossiliferi ed il loro ottimo stato di conservazione fanno ritenere che tale luogo fosse un importan­ te sito di frequentazione della fauna loca­ le e si potrebbe anche supporre un rifugio con la presenza di una sorgente d'acqua. Ipotesi molto suggestiva ma ancora priva di riscontri oggettivi per la difficoltà di recupero e analisi morfologica del giaci­ mento. Le fasi successive all'evento effusivo sono caratterizzate da lenti processi ero­ sivi legati soprattutto ai processi di ver­ sante, essendo parte del corso d'acqua fossilizzato dalle colate. Il lento processo di accumulo di sedimenti per lo più fini, La grotta è caratterizzata da depositi fangosi sui quali si striscia per evitare il corso legati alla presenza del substrato carbo­ d ’acqua letteralmente cosparso di resti ossei dì cervidi. (foto A. Serra) natico marnoso e tufaceo cineritico, deSpeleologia 38 -1998

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5A/S5 RILIEVO

:

GROTTA DI NURIGHE A.SERRA- R VIRGILIO - A ZARA

S E Z IO N E

-

cherem ule

- A MELE (T.A.G. 1997)

LO N G IT U D IN A LE

termina un addolcimento delle vallecole e dei rilievi in generale. L'ultimo evento paleoclimatico, quello wurmiano, è re­ sponsabile della genesi della piccola val­ le del Rio Nurighe e dell'attuale venuta a giorno della grotta stessa grazie all'ero­ sione regressiva del corso d'acqua che impostatosi lungo i fianchi della colata ha riattivato la circolazione superficiale for­ temente ostacolata dalle espansioni lavi­ che. Il ciclo carsico che ha originato la grotta è pertanto riconducibile alle fasi climati­ che temperate del Pleistocene medio, tut­ tavia le incrostazioni e le morfologie ipo­ gee ricoprenti i resti fossiliferi, già fluitati e rimaneggiati, confermano resi­ stenza di un ciclo carsico molto più re­ cente ascrivibile a fasi temperate del Wurm e dell'Olocene. Tale ipotesi è anche confortata dal grado di durezza di queste acque che, scorrendo prevalentemente in calcari arenacei e marnosi, non mostra valori particolar­ mente elevati e anche la velocità di sedi­ mentazione non è tale da far ritenere que­ st'area a più elevata attività carsica. La conservazione di ampie porzioni di questo paesaggio è ascrivibile ad una condizione di fossilizzazione di ampie porzioni del reticolo idrografico e, più precisamente, del corso principale, il Rio 56

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Mannu, che hanno ridotto gli effetti ero­ sivi dovuti al clima arido del Wurm, par­ ticolarmente efficace nei calcari del Mio­ cene.

LA GROTTA DI NURIGHE

sta paleontologico e geomorfologico. Si tratta di un evento davvero formidabile, sia per la notevole quantità di reperti osteologici, che per l'ottimo stato di con­ servazione in cui si trovano, e non ultimo, per le notevoli difficoltà che si presenta­ no nel raggiungere il sito.

La Grotta di Nurighe, risorgente carsica a noi nota sin dai primi vagiti del gruppo, inspiegabilm ente trascurata, è stata esplorata e studiata nell'arco di appena... dieci anni! Come spesso accade, si realizza ciò che non ti aspetteresti mai, ed una grotta che, viste le notevoli difficoltà di accesso e progressione vorresti vederla chiudere al più presto, magari oltre la prima curva, continua invece imperterrita a snodarsi per centinaia di metri di angusta galleria, mettendo a dura prova i materiali ma so­ prattutto i nostri apparati muscolo-sche­ letrici. Infatti, nonostante le cifre parlino di di­ mensioni modeste, l'esplorazione e la ste­ sura del rilievo topografico hanno richie­ sto tanti sacrifici e decine di ore di lavoro tra contorsioni e fatiche indicibili. Fortu­ natamente le tribolazioni patite, oltre a saziare la nostra irrefrenabile claustrofi­ lia, ci hanno permesso di arrivare ad un ritrovamento importante dal punto di vi­

Poiché attualmente le acque di Nurighe hanno un utilizzo potabile, prima di ogni esplorazione ci premuriamo di ottenere le dovute autorizzazioni da parte del Consorzio intercomunale che ne gestisce l'utilizzo (Cheremule e Thiesi), oltreché delle autorità sanitarie. Per permettere all'acqua eventualmente intorbidita dal nostro passaggio di decan­ tare, si decide di entrare tra un'operazione di pompaggio e l'altra, fatta ad orari stabi­ liti. Pertanto sfruttiamo il lasso di tempo maggiore, cioè quello delle ore notturne, per l'esattezza tra le ore 22,00 e le 05,00. La vestizione richiede almeno mezz'ora dovendo indossare a secco sotto la tuta speleo la muta subacquea. Tale muta non facilita certo il superamento delle male­ dette strettoie che si incontrano ma e indi­ spensabile date le condizioni di semi im­ mersione pressoché costante nelle quali si è costretti a progredire. Viene quindi il quarto d'ora dedicato al­ l'angolo delle invenzioni durante il quale Speleologia 38 -1998


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i reduci delle esplorazioni precedenti, memori delle indicibili sofferenze subite, provano, montano o indossano incredibi­ li marchingegni nel tentativo spesso vano di rendersi più comoda la traversata. Sfi­ lano mutandoni ricavati da grosse came­ re d'aria, cuscinetti para ginocchia e para gomiti, guanti di tutte le fogge, nuovi si­ stemi per niente infallibili di impermea­ bilizzazione e tenuta stagna, maschere e boccagli modificati, briglie elastiche per il trasporto a schiena del sacco personale e quant'altro una fantasia mediamente sviluppata e le torture subite abbiano sug­ gerito. La prima esplorazione risale al 10/08/88, quando furono Enzo e Tonino ad aprire le danze, per fermarsi però di fronte alla pri­ ma strettoia (punto 2) a circa 40 metri dall'ingresso. All'uscita riuscirono però a descriverci chiaramente cosa si celasse oltre l'ingres­ so, paragonandosi a dei coccodrilli. Mai esempio è stato più eloquente! Furono talmente convincenti che ci vollero ben sette anni per organizzare una seconda spedizione. Il 13/05/95, facendoci corag­ gio a vicenda vi rimettiamo piede ... par­ don! pancia, stavolta in quattro: Enzo, Antonio S., Alessandro e Antonello. Pur­ troppo dopo aver superato gloriosamente Speleologia 38 -1998

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il tanto temuto ostacolo e sguazzato per alcune ore ci fermiamo di fronte ad una seconda strettoia (punto 3), allungando di circa 20 metri la grotta. All'insegna del “rientra sarai più fortuna­ to (grotta e vinci!)” si replica il 02/08/95. Vi partecipano: Enzo, Piero ed Alessan­ dro. Una volta oltrepassato il limite pre­ cedente, vengono percorsi ancora circa 200 metri per poi infrangere i sogni sul­ l'ennesimo restringimento che per giunta appare semi sifonante (punto 6). E in questa occasione che avviene rincontro con un sorcio (onorario!) di notevoli di­ mensioni, il quale superate le prime per­ plessità di fronte a quegli strani esseri striscianti, volta le spalle e si dilegua sen­ za nascondere una palese aria schifata. Buon per lui, perché i nostri eroi erano già pronti a vendere cara la pelle. L'aver scoperto di non essere gli unici ap­ passionati alla grotta, non ha però frenato il prosieguo delle esplorazioni e il 10/10/96 si ritorna col duplice obiettivo di superare l'ultimo punto e di eseguire il rilievo topografico. Iniziano la lettura de­ gli strumenti in posizioni da contorsioni­ sta Antonio S. ed Antonello con la con­ v in z io n e di ra g g iu n g e re T ore ed Alessandro che nel frattempo sono pas­ sati avanti dopo aver sorpassato la squa­ dra di rilievo in un raro quanto provvi­

denziale slargo, diretti all'estrem ità distale della grotta. Rilevare in tali condi­ zioni è veramente difficile e faticoso, in­ fatti dopo avere lavorato per oltre cinque ore, decidiamo di tornare indietro con­ vinti di non aver completato il rilievo per una manciata di metri. Siamo fuori dopo oltre sette ore di contorsioni, semi som­ mersi e con selve di stalattiti che, come spade di Damocle, ci minacciano dalla volta quasi mai più alta di 50-60 cm. Ab­ biamo giusto il tempo di cambiarci e ri­ focillarci che dopo circa un'ora sbucano anche gli altri due uomini-rettile. Sono, oltre che stremati, visibilmente soddisfatti: gatta ci cova!... Non solo hanno superato lo pseudo-sifo­ ne senza dover disostruire, ma hanno per­ corso ancora un lungo tratto per un totale di circa mezzo chilometro, fermandosi in corrispondenza di una frana che impedi­ sce di andare avanti. Più che una buona notizia sembra un colpo basso: significa che altre lunghissime ore di scomodo e umido lavoro ci aspettano. La novità che ci fornirà lo stimolo per continuare consi­ ste nella scoperta che le ultime decine di metri da loro esplorate sono letteralmen­ te cosparse di resti ossei fossili presumi­ bilmente ascrivibili a parecchi esemplari di megaceros. Vengono identificati svariati crani in ot57


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Nei pressi del giacimento fossilifero, termine delle attuali esplorazioni, la grotta si fa un po ’più ampia, (foto A. Serra)

timo stato di conservazione spesso inglo­ bati nelle concrezioni. Lo stupore è grande, la gioia è alle stelle ma l'immensa soddisfazione non impedi­ sce a Tore di autorizzarci a prenderlo a calci nel sedere qualora manifestasse l'in­ tenzione di rientrare a Nurighe. Ormai la curiosità prevale sulla fatica e dopo due settimane, il 25/10/96, si ritor­ na. Antonio S., Alessandro e Corrado vanno avanti per documentare fotografi­ camente la scoperta e cercare nel contem­

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po di forzare la frana terminale, mentre Piero e Antonello (i fortunati!) portano avanti il rilievo. La frana è un osso duro (come i fossili...) in quanto occlude quasi interamente il già esiguo lume della grotta, lasciando libero un laminatoio semi allagato lungo circa 4 metri ma non alto più di 30 centimetri. Anche il rilievo prosegue a rilento a cau­ sa dell'andamento molto sinuoso del bu­ dello. Siamo stanchi ma è necessario un altro

calvario. L'8/l 1/96 Franco, Piero, Ales­ sandro e Antonello, pronunciata la formu­ la magica, si tramutano in coccodrilli. Franco, date le dimensioni (o ha sbagliato nel pronunciare la formula?) non passa la seconda strettoia ed è costretto a uscire. Gli altri proseguono mettendo su carta un altro tratto di rilievo ed è in questa occa­ sione che viene notato un camino (punto 9), impostato su diaclasi, alto circa 4 me­ tri e largo circa 40 centimetri che sembra essere stato occluso artificialmente dal­ l'esterno. Questo è tuttora la nostra unica speranza di dimezzare le pene della pro­ gressione, visto che la superfice è li a po­ chi metri da noi. Riportando il rilievo sul­ la superficie esterna, è stato localizzato il punto corrispondente sul terreno, ma nel raggio di decine di metri, non vi è niente che alimenti le nostre speranze. Il rilevamento della grotta viene comple­ tato il 21 /12/96 da Alessandro e Antonel­ lo che non riescono però nel tentativo di disostruire la frana terminale. Inoltre si cerca ancora di individuare il camino, stavolta per mezzo di urla so­ vraumane e turpiloqui di ogni genere. Tutto inutile, Vanna e Corrado non senti­ ranno nulla (pensavano ad altro?....). L'ultima incursione è del 01/03/97, da parte di Davide, Alessandro e Antonello ed ha lo scopo di localizzare il camino

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sulla superfice e di superare l'attuale li­ mite della grotta. Il primo obiettivo verrà centrato, grazie al supporto della squadra esterna composta da Angela, Antonio S., Vanna e Franco armati di “sonda vibro­ metro”, un infernale strumento capace di sentire in profondità anche i più imper­ cettibili rumori. Nessuna difficoltà quin­ di a captare le percussioni generate dalla squadra interna con mezzi molto meno sofisticati, rappresentati da semplici sassi percossi ritmicamente sulle pareti del ca­ mino, alle quali seguivano in risposta percussioni altrettanto ritmiche. Ad onore dei rilevatori, va sottolineato che il punto ora individuato con esatta precisione, è quasi coincidente con il pre­ cedente. Per quanto riguarda il secondo obiettivo i risultati sono stati mediocri. Accantonata dopo vari tentativi l'idea di passare attraverso l'unico passaggio ri­ masto libero, si dà inizio alla disostruzio­ ne della frana, con l'avanzamento di circa tre metri, dopodiché si sospendono i la­ vori per mancanza di tempo e di energie. Hanno così termine, almeno per ora, le esplorazioni della grotta di Nurighe. Più che una grotta, questa cavità è un sim­ bolo, un formidabile paradigma della re­ latività delle dimensioni spazio-tempo: per percorrere 500 metri occorrono 3 ore e ci si ritrova a 200 mila anni orsono. Tuttavia i lavori non sono conclusi, anco­ ra ci aspettano diverse escursioni, sia per approfondire gli studi e cercare di risol­

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vere il mistero dei megaceros, che per ve­ rificare cosa si nasconde oltre la frana. In merito esistono già diverse ipotesi, ma, è inutile dirlo, queste non possono bastarci.

DESCRIZIONE La grotta si sviluppa su un tavolato carbonatico correndo su un giunto di strato secondo vie di minore resistenza rappre­ sentate da fratture parallele con asseN-S. La cavità ha inizio con un ambiente lungo circa cinque metri ed alto due, chiuso da un muro sul quale si aprono una finestra e la porta. Al suo interno si trovano le va­ sche di raccolta delle acque, la cui portata varia dai 5 ai 20 1/min. a seconda delle stagioni, che poi raggiungono la vicina stazione di pompaggio. A ridosso delle vasche ha inizio la grotta vera e propria con un'apertura di circa 1 x 0,5 m. Strisciando sull'acqua si percorrono i pri­ mi 5 metri, poi ci si rialza in prossimità de “la pressa” (punto 1) uno stretto passag­ gio generato dal distacco di un grosso masso che consente di passare tra lo stes­ so e la volta in un laminatoio talmente basso da costringere a levarsi di dosso ca­ sco e cintura per evitare di incastrarsi. Superato il primo ostacolo ci si rialza in piedi per poi riprendere a strisciare sul­ l'acqua che d'ora in poi sarà sempre pre­ sente. Altra costante è rappresentata dal­ l'abbondanza di concrezioni stalattitiche, quasi sempre sottoforma di candide cannule. Si prosegue sino ad incontrare una seconda strettoia (punto 2) e poi a circa 60 metri dall'ingresso una terza (punto 3) denominata “non passa il bessudese” perchè es­ sendo la più selettiva dell'inte­ ra grotta, costrinse Franco a fare dietro-front. Si avanza allegramente alter­ nando l'appoggio dei gomiti a quello delle ginocchia e già non si capisce più quali siano più indolenzite. Solo per brevi tratti il livello dell'acqua un po più alto dei soliti 10-15 cm. permette di galleggiare (anche per merito della muta da sub) alleviando così le pene. Ma finora nulla è paragonabile al “tunnel dell'amore” (punto 4) un condotto fossile lungo 5 metri, che oltre ad essere stret­ tissimo ha il pavimento forma­ to da acuminate concrezioni capaci di far pentire anche i più appassionati speleologi. Al­ l'uscita dal tunnel, percorsi an­

cora circa 20 metri, (punto 5) si ha final­ mente, per la prima volta, la possibilità di alzarsi in piedi in un piccolo ambiente diaclasico, sempre stretto ma alto intorno ai 3 metri. Ma si sa, le cose belle durano poco, in questo caso meno di 5 metri, per­ chè bisogna riprendere subito a strisciare sino ad un piccolo e fangoso ambiente che immette nel passaggio semi sifonante che interruppe la terza esplorazione (punto 6). Lo si supera sommersi nell'ac­ qua sin'oltre la bocca. Subito dopo si abbandona un istante il fiume per percorrere due anse fossili ta­ gliate perpendicolarmente dal ramo atti­ vo (punto 7) e quando si ritrova il fiume si ha, sulla sinistra, una piccola diramazio­ ne fossile lunga meno di 4 metri, degna di menzione solo perchè è l'unica della grot­ ta. Sul letto del fiume, si trova invece l'unica vaschetta stalagmitica di tutta la grotta che per giunta è danneggiata per cause naturali. A breve distanza si trova il punto chiave delle future esplorazioni: il “camino” della speranza (punto 9). Con­ siste in una stretta diaclasi (40 cm.) alta intorno ai 4 metri ed occlusa da massi di chiara provenienza esterna. Anche sul letto del fiume, in corrispondenza del ca­ mino, si riscontrano alcuni sassi che han­ no tutta l'aria di essere li da poco. Da questo punto la morfologia della grot­ ta cambia leggermente. L'ambiente di­ venta più spazioso (ma solo di pochissimi centimetri!), ed il livello dell'acqua più alto, tanto da consentire di sguazzare per lunghi tratti, nei successivi 150 metri, fa­ voriti anche dalla crescente quantità di argilla depositata ai lati del fiume. Quan­ do mancano meno di 100 metri alla fine della cavità, iniziano ad apparire le prime ossa, prima quelle più leggere e quindi più facilmente trasportabili dalla corren­ te e poi man mano che si avanza, anche le ossa lunghe ed i crani, con una crescente abbondanza da compromettere quasi la progressione per paura di danneggiarle. Si tratta di resti fossili di numerosi cervi megaceros, conservati in maniera straor­ dinariamente buona ed in alcuni casi in­ globati tra le concrezioni stalagmitiche o stalatto-stalagmitiche. La grotta di Nurighe ha al momento fine presso una frana (punto 11) che occlude quasi interamente il passaggio. Rimane sgombro solo un laminatoio, sul quale scorre il fiume, lungo circa 4 metri, largo 1 metro, ma alto solo 30 centimetri dei quali la metà costituiti da acqua. Ogni tentativo di superarlo è stato fino ad oggi inutile, ma forse la strada più semplice è quella di disostruire la frana, costituita principalmente da terra e che in buona parte è stata già rimossa. Non ci attendia59


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mo un grosso sviluppo della grotta, anche perchè a meno di 100 metri si avrebbe il contatto con le colate basaltiche del Plei­ stocene, ma, proprio questi ultimi metri potrebbero riservare sorprese incredibili. Queste ultime righe, vogliono essere di ringraziamento a quanti, del TAG e non, hanno reso possibile questo lavoro, sia partecipando all’esplorazione, che for­ nendo un valido quanto indispensabile supporto esterno: Tonino Sassu, Enzo Mele, Domenico Zara, Tore Meloni, Corrado Conca, Davide Pulpito, Fran­ co Congiu, Gianmario Demartis, Be­ niamino Carta, Giovanna Sanna, Gio­ vanna Calvia, Vanna Chessa, Angela Pinna, Antonello Piras, Salvatore Ferrandu, Maria Giovanna Masia, Mad­ dalena Chessa, Giuseppe Serra, Salva­ tore Serra e l'addetto alla stazione di pompaggio Giuseppe Ferrandu Non ultimi, ringraziamo i materiali che ci hanno accompagnato in questa avventu­ ra, sopratutto le tute speleo, che ogni vol­ ta venivano fuori lacere e gli impianti ad acetilene, abbandonati a favore dei più leggeri e funzionali elettrici Micro Petzl (è pubblicità?), naturalmente con una buona riserva di batterie conservate gelo­ samente e sopratutto in maniera stagna alfintemo della sacca.

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molto marcato e indicanti una taglia me­ dia nel contesto della variazione della biometria di questa specie. Le fotografie prese mostrano chiaramente che la pre­ senza dei Cervidi è predominante. A fianco di questo cervide, due ossa (un metatarso ed un osso coxale) testimonia­ no la presenza del canide insulare, Cynotherium sardus. Sul piano della microfauna sono presenti in gran numero le ossa e i denti del Prolagus sardus (Lagomorfi). Tra i Roditori sono presenti resti di Tyrrhenicola henseli e il Rhagamis orthodon con una pre­ valenza del primo, la taglia dei denti indi­ ca chiaramente che si tratta di forme evolute di due linee insulari. Oltre alla fauna a mammiferi sono pre­ senti resti di uccelli, di un batricide e ga­ steropodi indeterminati. Inconfutabil­ mente questa fauna appartiene alla biozona terminale della storia paleonto­ logica della Sardegna (biozona a Mega­ loceros cazioti, Tyrrhenicola henseli e Rhagamys orthodon). Come richiamo questa biozona inizia probabilmente nel Pleistocene medio-recente e si conclude con la transizione dal Pleistocene all'Olo­ cene. La datazione dalla ostruzione della grotta da parte di una colata basaltica (circa 200 mila anni) è concordante e conforta l'idea di una biozona terminale lunga che non si limita solamente al Pleistocene superiore.

STUDIO DELLA FAUNA

emersi non possono considerarsi esauriti in questo lavoro ed evidenziano l'impor­ tanza ed il ruolo talvolta determinante dell'esplorazione del sottosuolo ad opera di gruppi ed appassionati in collaborazio­ ne con gli esperti dei vari settori. Le prime indicazioni ottenute da questa collaborazione forniscono una serie di dati che riconfermano quanto finora emerso dal solo studio morfoevolutivo del territorio. La scoperta di un giacimento risalente al Pleistocene medio recente, in uno stato non consolidato dei singoli elementi os­ sei, porta inevitabilmente alla considera­ zione di un area soggetta ad alluvionamenti per la scarsa capacità erosiva del corso d'acqua dovute alle condizioni già esposte nel paragrafo precedente. Altri aspetti morfoevolutivi che vengono confermati da questo ritrovamento sono: • La precisa collocazione stratigrafica della grotte di Nurighe, pre colata di ba­ salto, antecedente i 0.2 milioni di anni. • La datazione al Wurm - Olocene della vallecola di Nurighe conseguente alla ri­ presa dell'erosione da parte del Rio Mannu. • La presenza di una associazione fauni­ stica il cui limite superiore viene riferito all'età assoluta della colata, 0.2 milioni di anni. • La scoperta di un giacimento fossilife­ ro d'importanza locale per l'intero territo­ rio nei suoi aspetti evolutivi e paleontolo­ gici.

CONCLUSIONI Questo studio preliminare della fauna è basato sul ritrovamento delle ossa raccol­ te dagli speleologi su un deposito di sedi­ menti di riempimento alfintemo della grotta e su due piccoli campioni di mate­ riale prelevato dagli stessi negli strati su­ perficiali. I due ultimi campioni sono sta­ ti lavati, setacciati e separati con cura per la raccolta dei micromammiferi. Inoltre il sedimento, oltre alla fauna pleistocenica, contiene resti di bivalvi ed echinodermi provenienti dalla dissoluzione dei calcari del basamento. Da un punto di vista tassonomico, biso­ gna sottolineare che le ossa sono ben con­ servate anche se un po’ decalcificate e che non presentano segni di erosione flu­ viale importante. Inoltre le stesse, risultano annerite in su­ perficie da uno strato probabilmente di sali di Manganese. Tra i grandi mammiferi sono stati ricono­ sciuti frammenti di un cervide della taglia di un daino attuale riferibile alla specie insulare Megaloceros cazioti, di cui ri­ sulta ben conservata una tibia e dei fram­ menti di corno con appiattimento non 60

Questa prima nota pone in evidenza alcu­ ni significativi problemi legati allo studio multidisciplinare di una morfologia car­ sica apparentemente comune e poco inte­ ressante. Le osservazioni ed i problemi

Infine riteniamo utile evidenziare le enormi difficoltà incontrate nell'esplora­ zione di questa cavità, difficoltà crescenti lungo tutto il condotto che necessiterà di un intervento superficiale per l'ulteriore esplorazione. □

BIBLIOGRAFIA Beccaluva L., Deriu M., Macciotta G. (1981) - Carta geopetrografica del vulcanismo PlioPleistocenico della Sardegna nord-occidentale. Scala 1:50.000. L.A.C. Firenze. Cordy J.M., Ginesu S. (1997)7/ Monte Tuttavista (Orosei - Gattelli). I riempimenti carsici e la scoperta delle nuove specie del Pleistocene. Ed. Poddighe, Sassari. Ginesu S. ( 1991 ) - The Coloru lavaflow andits implications in thè landscape evolution during thè coldstages in thè Pleistocene. Geomorphological map. 1:25.000. XIIIINQUA Congress, Beijing, China. Melis R.T., Sias S. (1996) - Il deposito pleistocenico di S. Michele (Ploaghe, Sardegna setten­ trionale) ed i suoi rapporti con l'evoluzione morfologica del Logudoro. Geogr. Fis. Dinam. Quater., 19, 63/69. Sias S. ( 1994) - La genesi della piana di Paule nel quadro evolutivo delle pianure logudoresi (Sardegna settentrionale). Geogr.Fis. Dinam. Quater., 17, 73/78. Sias S. ( 1995) - Vulcanismo del Logudoro - Mejlogu (Sardegna settentrionale): un 'areaper un parco diverso. La Sard. nel Mondo Mediter., IV Conv. Studi Sias S. (1997) - Modificazioni del reticolo idrografico ed evoluzione del paesaggio indotte dall'attività vulcanica plio-pleistocenica (Logudoro - Mejlogu, Sardegna). Tesi Dott., IX (93/96), 1/144. Serra A .(1997)- “Ultime notizie dal Pleistocene". Sardegna Speleologica n° 11,giugno'97.

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CAVITA ARTIFICIALI

L’ACQUEDOTTO IPOGEO ROMANO DI MONTERODUNI (Molise) RIASSUNTO Gli autori segnalano il rinvenimento, in agro di Monteroduni (provincia di Isemia - Molise), di un acquedotto ipogeo romano fino ad oggi non ancora cono­ sciuto. Di tale struttura vengono presen­ tati il rilievo, la documentazione storica e alcune fotografie. Parole chiave acquedotto romano, Molise, Italia cen­ trale. Key words roman aqueduct, Molise region, centrai Italy.

INTRODUZIONE Il territorio di Monteroduni, nella provin­ cia di Isemia (Molise), è da alcuni anni oggetto di numerosi studi storici, sia per la notevole quantità di reperti che ancora oggi si rinvengono, sia per un'importante questione, non ancora risolta, circa la rea­ le ubicazione dell'antico insediamento sannitico di Rotae nella località Grotte, sito di rinvenimento dell'acquedotto. Tale struttura è stata trovata nel 1996 da alcuni componenti dell'Associazione “Speleologi Molisani”, il cui studio si spera possa contribuire a chiarire alcuni aspetti della storia locale.

NOTIZIE STORICHE Ricerche condotte in vari archivi della re­ gione Molise non hanno fino ad oggi ri­ velato 1'esistenza di antiche notizie sul-

Abstract The authors report the discovery of a roman aqueduct in the Monteroduni's country (Isemia's province - Molise region). The survey, the historical data and some photographs are reported.

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Contributo allo studio delle strutture idrauliche di un insediamento romano di epoca repubblicana Giovanna BATTISTA Massimo MANCINI Associazione Speleologi Molisani l'acquedotto. La prima risulta essere quella del Canonico F. Scioli che, nel 1882, realizza tre “Schemi grafici” del territorio di Monteroduni, ricostruendo, anche attraverso alcune note, la storia de­ gli insediamenti relativamente all'età del­ la pietra e del bronzo, all'epoca sanniticoromana ed al medio evo. In quest'ultima cartina lo Scioli riferisce di "... catacom­ be o vie sotterranee, qui dette grotte, per salvarsi in tempi di guerre ... serviva di comunicazione dei due sovrastanti ca­ stelli e ritirata su pe' boschi e per le gole dei monti. ” E chiaro che l'autore attribui­ sce al cunicolo un'altra funzione non avendo visitato perso- r nalmente l'acquedotto che, in virtù di quanto è possibile osservare oggi, era sicuramente percorso dall'acqua anche all'epoca. Nel 1921 infatti, come risulta dai documenti del progetto di costru­ zione della strada pro­ vinciale n.75 Volturno - Pentrica, il cunicolo viene individuato e se­ gnalato come condotto di alimentazione della vicina Fontana Grotte. | Durante i lavori di rea­ lizzazione della sud­ detta strada, fu parzial­ mente modificato nel tratto iniziale senza

che fosse redatto alcun tipo di documen­ tazione relativa allo stato precedente al­ l'intervento. Una prima sommaria esplorazione fu realizzata solo nel 1954 da tre ragazzi di Monteroduni (P. Nuvoli, M. Buttari e L. Scioli), che percorrono buona parte dell’acquedotto e ne descrivono poi la struttura con uno schizzo ed una breve nota. Solo di recente alcuni autori locali (De Giacomo, 1988, Mattei, 1994) in tratta­ zioni storiche di altro genere riportano brevi notizie sull'esistenza del cunicolo. Ultimo in ordine di tempo è il sopralluo­ go dei funzionari della S.A.B.A.A.A.S. del Molise che nel 1989, in occasione dei saggi di scavo realizzati nella stessa loca­ lità, vengono a conoscenza dell'ingresso senza però menzionarlo nella relazione prodotta. Nel settembre del 1996, durante la cam­ pagna di ricerca di cavità nel settore nord-occidentale del massiccio del Mate­ se, il toponimo “Grotte”, riportato sulla ta v o le tta I.G .M . 1 :2 5 .0 0 0 , a ttira l’attenzione degli autori che, grazie alle preziose informazioni ricevute dai locali abitanti, individuano l'acquedotto.

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L'acquedotto ipogeo romano di Monteroduni (Molise)

1 - Copertura del cunicolo iniziale a pochi metri dall ’ingresso, (foto G. Battista)

IPOTESI SULL'ORIGINE DELL'ACQUEDOTTO L'agro di Monteroduni risulta essere sta­ to abitato fin dalla preistoria, nel suo ter­ ritorio sono state ritrovate infatti alcune tombe neolitiche. Successivi insedia­ menti, di epoca sannita (II sec. a.C.), lo­ calizzati più a valle rispetto all'attuale ubicazione del paese, si suppone siano sorti come presidi difensivi dell'accesso alla vallata. Tra questi anche Rotae che alcuni storici, in base anche all'analisi della Tavola Peutingeriana, collocano presso la località detta Mulino Scanduzio (Carroccia, 1989), altri invece presso la contrada attualmente denominata Grotte (De Giacomo, 1988). In quest’ultima lo­ calità sono oggi visibili alcune strutture appartenenti ad una villa romana residen­ ziale di epoca repubblicana (I secolo a.C.), come risulta dai saggi di scavo rea­ lizzati dalla Soprintendenza, che hanno riportato alla luce nei fondi contigui alla Fontana Grotte un pilastro, murature in opus reticulatum, mosaici pavimentali,

Cavità artificiali

alcuni oggetti in avorio e altri reperti. Inoltre durante i lavori di costruzione del cam­ po sportivo, nella stessa contrada, sono stati rin­ venuti un lastricato e un basolato probabilmente di una strada romana. Ciò nonostante, la man­ canza di scavi archeolo­ gici sistematici e di studi approfonditi non con­ sentono ancora di realiz­ zare alcuna fondata ipo­ tesi né di giungere ad una visione univoca del­ la storia locale. Tutta­ via, lo stato delle attuali conoscenze lascia sup­ porre una probabile re­ lazione tra l'acquedotto ed i manufatti rinvenuti, che v e ro s im ilm e n te coevi, furono costruiti l'uno a servizio degli al­ tri.

DESCRIZIONE 3 - Cunicolo principale: tratto “evidentemente " molto allagato, (foto E. Ruggero)

L'acquedotto, a circa 2000 anni dalla sua co­ struzione, pur non essendo in perfette condizioni di conservazione, è ancora funzionante. Oggi infatti alimenta la Fontana Grotte utilizzata dai locali abita­ nti non solo per abbeverare animali do­ mestici, ma anche ad uso potabile. Tutto il cunicolo si presenta interamente scava­ to nel conoide di deiezione di un torrente detto Vallone del Vaglio, in un terreno geologico caratterizzato principalmente da detrito di falda libero o debolmente ce­ mentato. Numerose sono le tracce di di­ versi attrezzi da scavo che è ancora possi­ bile riconoscere su buona parte delle pareti, rivestite solo nel tratto iniziale ed in corrispondenza di alcuni cedimenti. L 'a ttu a le in g re sso (di b h w » dimensioni 60x60 cm), si­ ti tuato al di sotto della strada provinciale n. 75 VoltumoPentrica, è tenuto chiuso dall'Ammistrazione Comu­ nale mediante un cancello metallico. Il primo tratto è percorribile all'asciutto, poiché l'acqua è trattenuta da una diga dalla quale parte il tubo che 25 metri più a valle alimenta la Fontana Grotte. Oltre la diga il cuni­ 2 - Lo spiramen visto dall’esterno, (foto P. Palazzo) colo è sempre allagato e la

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profondità dell'acqua varia da pochi cen­ timetri a più di un metro. Sul fondo è riconoscibile una canaletta, ancora sufficientemente incisa, che pro­ babilmente è stata oggetto di manuten­ zione anche in epoca recente come risulta dai depositi di calcite rimossi fino nei tratti più distanti dall'ingresso. Il ramo

4-11 secondo cunicolo in corrispondenza della frana, (foto E. Ruggero)

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Cavità artificiali

L ’acquedotto ipogeo romano di Monteroduni (Molise)

5 - Ambienti del cunicolo situato ad un livello superiore, (foto M. Mancini)

principale ha una direzione costante into­ rno ai 110° N ed è rivestito per 112 metri in modo non uniforme. La copertura si presenta a tratti piana (con lastre di pietra affiancate) e a tratti a “tetto” o “a cappuc­ cina” (con lastre di pietra a contrasto) (foto 1). Ha un'altezza che varia da un m in im o di 60 cm , in p ro s s im ità dell’ingresso, ad un massimo di 170 cm in corrispondenza del vertice della coper­ tura a tetto. La larghezza invece varia da un mimimo di 38 cm ad un massimo di 120 cm. A 154 metri dall’ingresso, in corrispondenza di uno spiramen (pozzo necessario alla costruzione ed alla manu­ tenzione dell'acquedotto) (foto 2), ostrui­ to da un riempimento di detriti che in par-

6 - Suggestiva immagine del cunicolo superiore, (foto P. Palazzo)

7 - Tratti molto concrezionati come questo sono presenti sia nel secondo cunicolo che in quello superiore (foto M. Mancini)

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te rende poco agevole anche il passaggio, c'è una prima diramazione. Il cunicolo principale, nel quale l'acqua supera per un tratto il metro profondità (foto 3), mantiene nei successivi 86 metri la dire­ zione di 110° N e termina in un fronte di scavo abbandonato evidentemente per la natura poco coerente del terreno che in tale sito è arenaceo-argilloso. Sono presenti due tratti in muratura di pietrame realizzati presumibilmente per consolidare le pareti meno stabili. Il pri­ mo, lungo 150 cm, è coperto a volta semicircolare in opus caementicium, il secon­ do, lungo 230 centimetri, è coperto “a cappuccina”. Un secondo cunicolo si sviluppa in dire­ zione 350° N ed ha una lunghezza di 173

metri circa. In esso vi è una sola struttura di contenimento e diversi tratti concre­ zionati, tali, in alcuni punti, da sembrare condotte naturali. Termina in corrispon­ denza di una frana, cementata da una co­ lata di calcite (foto 4), che impedisce l'esplorazione di ulteriori e più grandi ambienti comunque individuati. Sono riconoscibili infatti, attraverso alcune fes­ sure, uno spiramen e un cunicolo di di­ mensioni maggiori. A 37 m dalla prima biforcazione, vi è una seconda dirama­ zione. Sulla destra in alto, si trova l'acces­ so ad un cunicolo di dimensioni maggiori (foto 5 -6 ) situato ad un livello superiore rispetto agli altri condotti e anch'esso percorso da un abbondante flusso d'ac­ qua. Questo è l'unico ramo che non pre-

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L ’acquedotto ipogeo romano di Monteroduni (Molise)

senta tracce di costruzione eccetto un pic­ colo muretto di pochi filari di pietra in prossimità dell'ingresso. Ha un'altezza che varia da 100 cm fino a 323 cm, sono presenti tratti molto concrezionati (foto 7) e con forte stillicidio e zone allagate con acqua alta fino a 80 cm. Il ramo termina con una piccola vasca d’acqua con le pare­ ti completamente concrezionate, tanto da non lasciare neppure immaginare una pro­ babile prosecuzione, nascosta anche qui da un cumulo di detriti franati e cementati da una spessa coltre di calcite.

Cavità artificiali

coccio. Tali manufatti, rimossi circa 15 anni fa dalfamministrazione comunale perché ostruiti da detriti di varia natura, farebbero supporre che la parte iniziale del cunicolo non abbia in realtà subito sostan­ ziali modificazioni almeno in epoca re­ cente. Non è da escludere che eventuali in­ terventi sia di manutenzione sia di vera e propria destinazione delle acque siano in realtà avvenuti contemporaneamente alla costruzione della Fontana Grotte, epoca alla quale non è stato possibile risalire.

RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano la S.A.B.A.A.A.S. e l'Archivio di Stato di Campobasso per la cortese collaborazione, l'Amministra­ zione Comunale di Monteroduni per il contributo e l'interessamento ai lavori. Un particolare ringraziamento va al dott. C. Scioli ed al prof P. Nuvoli, infaticabili guide nelle vicissitudini storiche del ter­ ritorio di Monteroduni.

BIBLIOGRAFIA CONCLUSIONI L'acquedotto fu probabilmente costruito con l'intento di raccogliere le acque per stillicidio, ipotesi confermata da ciò che, almeno attualmente, è possibile osservare. Per quanto concerne l'originale destina­ zione delle acque non si hanno sufficienti elementi per anticipare alcuna ipotesi. Tuttavia nel tratto iniziale sono ancora vi­ sibili sul fondo alcuni resti di tubazioni in

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Archivio di Stato di Campobasso - Fondo “Genio Civile II", busta 493, fase. 1223. BODON G. et al., 1994 - Utilitas Necessaria. Sistemi idraulici dell'Italia romana. Milano, Grafiche Falietti. CARROCCIA M., 1989 - Strade ed insediamenti del Sannio in epoca romana nel segmento V della TabulaPeutingeriana. IN. GRA. C.,S. Ella Fiumerapido (FR). De Giacomo G., 1988 - Monteroduni dalla Preistoria al Mille. Lamberti Editore Cassino. MATTEI A. M., 1994 - Memorie storiche di Monteroduni. Tipolitografia Atemo, Pescara. S.A.B.A.A.A.S., 1990 - Relazione della ricognizione territoriale e dei saggi di scavo in loc. Grotte nel comune di Monteroduni. Prot. 3786/9.3.1990. SCIOLI F., 1882 - Schemi grafici di Monteroduni. Inediti.

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PROTOSTORIA DELLA SPELEOLOGIA LA PIU BELLA RAPPRESENTAZIONE DI CONCREZIONI DELL’ANTICHITÀ SCOPERTA A PIAZZA ARMERINA Paolo FORTI Istituto Italiano di Speleologia RIASSUNTO Ai tempi dell’impero romano gli artisti hanno rappresentato le grotte e, in particolare, anche speleotemi in alcuni mosaici. Il mi­ gliore di questi, realizzato nel terzo secolo A.C., si trova nella “Villa del Casale”, vicino a Piazza Armerina (Sicilia). Questo breve articolo riporta la descrizione di questo mosaico e degli speleotemi in esso rappresentati. Abstract During the Roman Empire artists represented caves and specifically speleothems in some mosaics. The best of which, made in the III century A.D., is in the "Villa del Casale " near Piazza Armerina (Sicily). In the present paper a short description of this mosaic and of the represented speleothems are reported.

I MOSAICI DELLA “VILLA DEL CASALE” L'uomo, ben prima di lasciare una descrizione scritta delle con­ crezioni di grotta, ne aveva fatta una illustrazione: infatti la pri­ ma rappresentazione di speleotemi è quella scolpita in una lami­ na di bronzo proveniente dal trono del Re assiro Shalmaneser III ed ora esposta al British Museum di Londra (Hill e Forti 1997): quel Re visitò una grotta alle sorgenti del Tigri nel 853-852 A.C. e rimase evidentemente colpito dalle sue stalagmiti e dalle gocce d'acqua che vi cadevano sopra. Tale rappresentazione, comunque, pur essendo corretta dal pun­ to di vista genetico, non poteva dirsi “naturalistica” in senso lato a causa della ieraticità tipica dell'arte assira. Dovevano poi passare oltre nove secoli, prima che venisse fatta una descrizione scritta delle concrezioni di grotta ( Plinio il Vec­ chio A.D. 77).

Foto 1 - Classica inquadratura del mosaico raffigurante l'antro di Polifemo sono state riquadrate le aree a sinistra e a destra ove iniziano le raffigurazioni delle concrezioni.

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Rappresentazione di concrezioni dell’antichità a Piazza Armerina

Foto 2- Particolare della parte sinistra de! mosaico della caverna di Polifemo con la stalagmite e le due vele (v. Fig. 1) (foto P. Forti)

Da quel momento in avanti le descrizioni di speleotemi divenne­ ro via via più comuni, ma sino ad oggi si pensava che solo nel 1576 venisse realizzata un'altra immagine di stalattiti e stalagmi­ ti, questa volta in un famoso libro di medicina cinese (Li Shihchen, 1576). Recentemente, però, approfittando di un viaggio in Sicilia, mi è stato possibile scoprire la più bella e più varia rappresentazione di concrezioni del mondo antico. Infatti, durante una vista ai famosi mosaici della Villa del Casale a Piazza Armerina, risalenti al terzo secolo della nostra era, la mia attenzione è stata catalizzata dall'estremità destra dell'antro di Polifemo, ove erano evidentissime le immagini di vele poli­ crome, stalagmiti, colate... Superato il primo momento di mera­ viglia e di incredulità, ho cercato di capire come mai nessuno fino ad oggi si fosse accorto di loro: la spiegazione mi è venuta visitando i banchetti che, a decine nei pressi dell'ingresso della villa, vendono cartoline e libri sui mosaici. La stanza di Polifemo è rappresentata in centinaia di foto, ma sempre la parte delle concrezioni è, per la maggior parte, irrime­ diabilmente tagliata, in modo così da togliere significato alle stesse (Foto 1). Naturalmente questo non è stato fatto in spregio agli speleologi, ma semplicemente perché i vari fotografi vole­ vano per il possibile centrare le figure importanti del mosaico: Polifemo, Ulisse e i suoi compagni, gli agnelli e le pecore e per questo tagliavano il semicerchio della grotta per meglio adattare i personaggi principali al formato rettangolare del fotogramma. Ma questo portava di conseguenza a trascurare la parte “geologi­ ca” del mosaico e quindi le concrezioni che si trovano appunto in queste parti marginali. Vari speleotemi sono infatti raffigurati sia all'estrema sinistra sia all'estrema destra del mosaico. A sinistra (v. Foto 2 e Fig. 1) sono presenti una piccola stalagmi­ te sopra una mensola stratificata sotto la quale si sono sviluppate 66

Protostoria della speleologia

due vele, mentre dalla parte destra del mosaico (v. Foto 3 e Fig. 2) sono evidenti va­ rie concrezioni (tre stalag m iti, due grandi vele e due colate) che coprono buona parte della parete ro c c io s a d e lla grotta. Nel com­ plesso l'artista è poi riuscito, attra­ verso il cromati­ smo delle tessere, a dare “volume” e Fig. 1- Disegno dell'area di Foto 1 con “n a tu ra lità '” ai evidenziati gli speleotemi rappresentati: 1) stalagmite; vari speleotemi, 2) coppia di vele. dimostrando così (Disegno Patrizia Ferraresi) una notevole co­ n o sc e n z a del mondo sotterra­ neo in generale e delle concrezioni in particolare, conoscenza che doveva per for­ za esser il risultato, non tanto di descrizioni riportate, ma piutto­ sto di una frequentazione personale di quegli ambienti: un artista speleologo, dunque, di circa 1500 anni addietro!

UN ALTRO MOSAICO COEVO CON CONCREZIONI A KELIBIA Successive ricerche, poi, mi hanno permesso di appurare che in un altro mosaico, praticamente coevo a quello della Villa del Ca­ sale, conteneva una rappresentazione ulteriore di concrezioni di grotta. Si tratta di un piccolo mosaico scoperto a Kelibia, Tuni­ sia, raffigurante Minerva e Marsia all'interno di una grotta natu­ rale: dal soffitto della cavità si sviluppano concrezioni di non fa­ cile interpretazione morfologica (v. Fig. 3). In questo caso è assolutamente evidente che l'artista non aveva mai in vita sua osservato direttamente degli speleotemi; inoltre solo le figure principali hanno un “volume” mentre lo sfondo (e quindi anche le pareti della grotta) è bidimensionale. Tutto que­ sto, assieme al fatto che sia la frequentazione diretta che la divul­ gazione a mezzo stampa di questo mosaico è di gran lunga infe­ riore rispetto alla Villa del Casale, giustifica il fatto che sino ad oggi anche le concrezioni di questo mosaico erano sfuggite al­ l'osservazione di tutti. In questo mosaico, lo speleotema più interessante è la stalattite bifida (una eccentrica?) raffigurata alla sinistra dell'elmo di Mi­ nerva, mentre alla sua destra è evidente una vela e, ancora più a destra, vi sono tre concrezioni di difficile definizione anche se probabilmente vogliono rappresentare delle colate stalattitiche.

CONCLUSIONI Il mosaico della grotta di Polifemo della Villa del Casale, assie­ me al coevo mosaico di Kelibia, sono le seconde più antiche rap­ presentazioni di concrezioni di grotta (superate cronologica­ mente solamente da quella sulla lamina bronzea del trono di Shalmaneser III), ma la loro minore antichità è di gran lunga Speleologia 38 -1998


Protostoria della speleologia

Rappresentazione di concrezioni dell’antichità a Piazza Armerina

compensata, almeno per il mosaico siciliano, dal fatto che essa risulta essere molto più varia nel tipo di concrezioni rappresentate e sicuramente più bella, anche e soprattutto

per i suoi cromatismi. Essa risulta essere l’unica ra p p resen ta zio n e realmente naturalistica, effettuata cioè dopo una sicura osservazione di­ retta degli speleotemi all’interno di ima grotta. Per questi motivi mi sento di affermare che quegli “insignificanti”, e per questo sempre tra­ scurati, particolari della Grotta di Polifemo da soli possono, non solo giustificare, ma addirit­ tura rendere auspicabile per l’appassionato una spedizione speleologico culturale a Piazza Armerina. □ Fig. 2- Disegno dell'area di Foto 2 con evidenziati gli speleotemi rappresentati: 1) vela policroma; 2) stalagmite con colata; 3) vela policroma; 4) stalagmite con colata; 5) stalagmite. (Disegno Patrizia Ferraresi)

caverna di Polifemo con le due vele, le tre stalagmiti e le due colate originatesi a! piede di due delle stalagmiti. (v. Fig.2) (foto P. Forti)

BIBLIOGRAFIA HILL C., FORTI P., 1997, Cave Minerals of thè World. LI SHIH-CHEN, 1576, Pen Tshao Kang Mu. PLINIO IL VECCHIO, 77, Historia Naturalis.

Fig. 3- Disegno della parte superiore del mosaico di Kelibia, Tunisia, con evidenziati gli speleotemi rappresentati: 1) stalagmite bifida (eccentrica?); 2) vela; 3) colate stalattitiche. (Disegno PatriziaFerraresi)

LA STORIA DELLE CONCREZIONI SI ALLUNGA DI 400 ANNI Sino all'anno scorso, come si può desumere nel volume "Cave Minerals of thè World" si pensava che la prima relazione scritta sulle concrezioni di grotta fosse quella fatta da Plinio il Vecchio nel 77 D.C. Nuove ricerche bibliografiche, condotte dalla Prof. Ornella Montanari dell'Università di Bologna, hanno però permesso di scoprire che già 4 secoli prima qualcuno aveva descritto gli spe­ leotemi e in particolare le stalattiti. Infatti Aristotele, il famoso filosofo greco vissuto tra il 384 e il 322 A.C., descrivendo l'isola di Demoneson nella Propontide (Ar. Mir. 59.2) dice testualmente: « ...C 'è nello stesso posto una grotta che si chiama cava: in que­

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sta si sono solidificate colonne da alcuni stillicidi. Ciò diventa manifesto nel restringimento verso il suolo: infatti colà [il re­ stringimento] è più pronunciato...» È interessante notare come la descrizione fatta da Aristotele ci fornisce anche una spiegazione del meccanismo che porta allo sviluppo delle stalattiti che è essenzialmente corretto: a quel tempo, infatti, non potevano conoscere il fenomeno della pre­ cipitazione per sovrasaturazione e pertanto lo assimilavano a quello della solidificazione che ben conoscevano per le osser­ vazioni fatte sia sul ghiaccio stagionale sia sulla fusione dei metalli. Paolo Forti

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TORRENTISMO A PIOBBICO VIENE CONCEPITA LA «ASSOCIAZIONE ITALIANA CANYONING» Michele ANGILERI Canyoning? chi è costui? Niente paura, si tratta del nostrano “torrentismo”, attività che anno dopo anno incrementa (se pur lentamente) le file dei propri appassionati. Tra gli speleologi è una attività diffusa, perché (come ben sapete) il torrentismo è storicamente figlio della speleologia. I figli però crescono, e un bel giorno può capitare di accorgersi che hanno assunto caratteristiche peculiari, assenti nei genitori, hanno esigenze particolari, hanno modi che un buon genitore non può che definire “deprecabili”, agiscono apparentemente senza rispettare “i buoni costumi”. I genitori non li capiscono, e non riescono più a dare loro indirizzi chiari e corretti. E i figli a un certo punto si trovano di fronte alla necessità di agire autonomamente. C'è il rischio di sbagliare, di perdersi, ma non si può fare a meno di correrlo se si vuole andare avanti. Metafore a parte, da un po' di tempo in qua i torrentisti di tutta Ita­ lia lamentano l'assenza di una struttura associazionistica specifi­ camente dedicata al torrentismo, una struttura di portata naziona­ le. L'ambito nazionale è richiesto dall'attuale sparpagliamento della pratica torrentistica: gruppuscoli autonomi sparsi per tutta Italia tra i quali non esiste una rete di diffusione delle informazio­ ni e di scambio delle esperienze, non esiste un momento comune di riflessione sulle tecniche, sulle linee didattiche, sulla difesa dell'ambiente delle forre, sulle problematiche connesse al diffon­ dersi dell'utilizzo delle forre per fini escursionistico-commerciali, sul soccorso nelle forre. La specificità è richiesta dalla multiformità delle esperienze che sono confluite nel torrentismo: quello che una volta era preroga­ tiva degli speleologi oggi è praticato da sportivi provenienti dalla canoa fluviale, dall'alpinismo, nonché da sportivi che si accosta­ no al torrentismo partendo da zero, che hanno cioè il torrentismo come prima loro attività in montagna. Questa multiformità del torrentismo rende le strutture associazionistiche nazionali attuali inadatte a fornire un supporto adeguato. Per queste ragioni a Piobbico (paese marchigiano dell’alto pesarese) si sono riuniti il 16 maggio scorso una trentina di “ad­ detti ai lavori” provenienti un po' da tutta Italia. C'erano rappre­ sentanti di strutture associazionistiche nazionali come il CAI e la UISP, rappresentanti di quelle associazioni che hanno già tentato precedentemente una forma federativa nazionale (FITOR), tor­ rentisti appartenenti a organizzazioni impegnate nel torrentismo (CNSAS, SSI), rappresentanti di gruppi di ambito locale, solitari “cercatori di forre”, canoisti membri della FICK. L'obiettivo di queste persone era quello di verificare in dettaglio la possibilità di fondare una struttura associazionistica di ambito nazionale de­ dicata al torrentismo, e di individuarne le linee guida. La verifica ha dato esito positivo, e nel corso della giornata sono state messe a fuoco le linee guida di quella che sarà chiamata “Associazione Italiana Canyoning”. Contestualmente si è formato un gruppo di lavoro che si sta occupando della stesura della bozza dello statuto dell'AIC. La bozza verrà resa pubblica e verrà discussa nel corso della assemblea costituente dell'AIC, che si terrà a Genova a metà settembre 1998. Tutti gli appassionati di torrentismo sono invitati a partecipare, e quindi a votare sullo statuto.

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Per maggiori informazioni contattate: Corrado Conca, tei. 079/278900, e-mail coconca@iin.it Michele Angileri, tei. 0761/509186, e-mail mang@uni.net La giornata torrentistica del raduno “Chiusa 98” sarà in parte de­ dicata alle problematiche che stanno conducendo alla nascita dell'AIC. LE LINEE GUIDA DELL’AIC L'AIC sarà una associazione di singoli e gruppi. I suoi obiettivi saranno la diffusione del torrentismo, la riflessione sulle tecni­ che e sulle attrezzature, la messa a punto di standard didattici, la cura e la diffusione del “catasto delle forre d'Italia” (potrebbe an­ che chiamarsi “catasto dei percorsi torrentistici d'Italia”). È inte­ resse dei torrentisti che in Italia ci sia una organizzazione di soc­ corso in forra sempre efficiente (o più efficiente), interesse avvertito specialmente dai promotori dell'AIC che si occupano attivamente della cosa in ambito CNSAS; dunque ci si dovrà im­ pegnare anche su questo fronte, ma a Piobbico questo argomento non è stato affrontato (bisogna procedere per gradi!). Se l'AIC avrà poi quella diffusione che i presenti a Piobbico le augurano di avere, allora potrà proporsi come “voce dei torrentisti” nel dia­ logo con le autorità dello Stato. Infine l'AIC vuole essere “fonte di divertimento torrentistico, e occasione di incontro per i torren­ tisti”; per questo avrà una propria “commissione gite” che si oc­ cuperà di organizzare attività torrentistiche per i soci, esplora­ zioni, campi torrentistici in Italia e (perché no?) all'estero. L'AIC non avrà una propria “scuola di torrentismo”, e quindi non abiliterà gli istruttori. Saranno i gruppi e le associazioni federate all'AIC ad aprire proprie scuole di torrentismo e ad abilitare i propri istruttori. L'AIC però metterà a punto uno standard didattico-formativo che le associazioni federate dovranno seguire se vorranno attribuire ai propri allievi ed istruttori la “omologazio­ ne AIC”. Riguardo all'accompagnamento nelle forre a scopo commerciale i presenti a Piobbico vedono la cosa come una attività positiva se esercitata nel rispetto di una deontologia professionale (di cui si dovrà discutere) e lontano dai rambismi. Riguardo al catasto, si è voluto distinguere nettamente tra una scheda catastale e una toposcheda. La seconda si propone di gui­ dare un torrentista (non meglio specificato) alla discesa di un certo torrente, è insomma la scheda-tipo presente nelle “topogui­ de torrentistiche” che tanta fortuna hanno in Francia. La scheda catastale invece conterrà solo pochi dati essenziali al reperimen­ to della forra e alla sua discesa, dati “a misura di addetto ai lavo­ ri”: non conterrà cose come lo stato degli armi, la sequenza dei salti, i tempi di discesa stimati, non conterrà alcun suggerimento per la preparazione dello zaino, non conterrà giudizi estetici. Si limiterà insomma a delineare i tratti essenziali della forra (es. ac­ quaticità), ad illustrarne eventuali aspetti particolarmente peri­ colosi, a sottolinearne le eventuali peculiarità ambientali e le si­ tuazioni di inquinamento.

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Torrentismo

INTERNET Un ruolo cardine nella genesi dell'Ale è sta­ to svolto dalla recente diffusione della posta elettronica e di Inter­ net. Come si diceva sopra, i torrentisti ita­ liani sono sparpagliati e privi di una rete di comunicazione, spes­ so ignari l'uno dell'al­ tro, provenienti da esperienze e ambienti differenti. In questo quadro disomogeneo e disaggregato la di­ scussione dei temi di cui sopra risultava concretam ente pro­ blematicissima, ed è probabilmente questa la ragione per cui i precedenti tentativi di creare strutture torrentistiche significati­ ve in ambito naziona­ le non hanno avuto buon esito. La diffu­ sione della comunica­ zione telem atica ha reso invece possibile, semplice ed economi­ ca la discussione di tem i c o n tro v e rs i come quelli di cui so­ pra, discussione con­ dotta tra appassionati di tutta Italia. Internet ha annullato le distanze permetten­ do ai torrentisti di tro­ varsi in una sorta di “assem blea perm a­ nente”, che negli ulti­ mi mesi si è identifi­ cata con la mailing list “torrentismo”: (to r r e n t is m o@ itaweb.com). Così ci si è ritrovati a Piobbico con il terre­ no di discussione già a b b o n d a n te m e n te preparato dalle di­ scussioni telematiche La Forra delle av v en u te nei m esi precedenti, e per que­ sta ragione a Piobbico l'accordo è stato facile e indolore. Il dibattito ha mostrato un ap­ proccio maturo ai temi trattati telemáticamente, ed ha stupito tut­ ti i presenti per la sua grande e rapida costruttività. La discussio­ ne ha toccato tutti i temi all'ordine del giorno (e anche di più), e lo ha fatto in metà del tempo preventivato (un giorno anziché due; il Speleologia 38 - 1998

A Piobbico viene concepita la «Associazione Italiana Canyoning»

Vene nei Monti Sibillini, (foto M. Barn)

secondo giorno si è così potuti andare a divertirsi alla Forra del Presale a Monte Nerone). Un risultato, quello di Piobbico, impossibile senza la telematica. Un risultato che apre la porta all'utilizzo sempre maggiore della telematica a fini aggregazionistici.D 69


Torrentismo

TORRENTISMO SPELEOLOGIA SOLARE O REALTÀ SEPARATA? Giuseppe ANTONINI

Bagnandosi nell 'acqua della vita (Appennino centrale), (foto G. Antonini)

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C ’è molto fermento nel mondo delle forre e nelle attività strettamente colle­ gate, soprattutto su Inter­ net, in cui è presente una lista di torrentismo piutto­ sto vivace. Il torrentismo, o canyoning, non è più l’attività di pochi speleo­ logi esploratori, sta uscen­ do infatti dalla fase pio­ nieristica e si prepara a divenire in breve un’atti­ vità molto praticata, pro­ prio come negli altri paesi. Lo dimostra del resto an­ che il materiale prodotto fino ad ora: manuali di tecnica, guide divulgati­ ve, articoli. Insomma il fe­ nomeno sta prendendo davvero consistenza ed è in via di definizione perfi­ no una Associazione Ita­ liana di Canyoning, la se­ conda per la precisione, dal momento che la prima, nata un paio d ’anni fa, non sembra dare segni di vita. La frequentazione delle forre si avvia ad assumere proporzioni imprevedibi­ li ed inimmaginabili fino a quindici anni fa, quando questi solchi acquatici ve­ devano solo pochi esplo­ ratori. Come per tutti i fe­ nomeni in crescita que­ sta nuova tendenza chiede un’attenzione particolare, soprattutto in ambito spe­ leologico, e questo per molti motivi. Non tutti gli speleologi frequentano assiduamente il mondo delle forre e qualcuno po­ trebbe anche domandarsi quali possano essere gli interessi della speleologia verso il torrentismo. Pro­ babilmente pochi, se lo si considera come attività di puro diletto. Ma l’interes­ se diventa palese se si in­ quadra la S peleologia Speleologia 38 - 1998


Torrentismo

Torrentismo: speleologia solare o realtà separata?

com e a ttiv ità d e d ita all’esplorazione, alla ricer­ ca e allo studio delle regio­ ni carsiche. In questo qua­ dro come non riconoscere nelle forre un elemento carsico di spicco? Forre, canyon, valloni, cascate, colatoi, insomma gole in senso lato, altro non sono se non l’espressione dell’a­ zione erosiva e corrosiva dell’acqua che ha sempli­ cemente scelto di percorre­ re una via superficiale in luogo di quella sotterranea, con l’unica differenza che la via è unica e normalmen­ te si svolge alla tenue luce del sole. Ma c ’è di più: quante grotte nel tempo sono state forre? E quante forre rappresentano lo sta­ dio evolutivo finale di una grotta a conclusione di un ciclo carsico? Esistono in­ somma molti elementi che inducono a ripensare alle forre come ad un fenome­ no carsico m orfologica­ mente rilevante, al punto da giustificarne una fre­ quentazione ed una ricerca con una filosofia tutta Spe­ leologica. Ma al di là di quelli che potrebbero esse­ re personali punti di vista, oggetto di ampie discussio­ ni, come spiegare altrimen­ ti l ’attrazione esercitata dalle forre su molti speleo­ logi? Neanche a farlo apposta le forre vengono esplorate in massima parte proprio da­ gli speleologi e sempre più spesso entrano nella quoti­ dianità e negli interessi del­ la Speleologia come un fat­ to scontato. Ma ci sono altri elementi in comune, marginali se si La cascata che non si ferm a mai. Dolomiti bellunesi. (Foto G. Antonini) vuole, ma sostanzialmente indicativi di quella che è la situazione, soprattutto per quanto riguarda il soccorso: dal 1990 il soccorso speleologico una struttura ufficiale in cui possano riconoscersi gli appassiona­ del CNSAS studia il problema con un’apposita commissione tec­ ti di torrentismo. Fino a pochi anni fa gli esploratori erano nica. I risultati sono stati la pubblicazione del primo manuale di speleologi tecnicamente preparati che adattavano tecniche e co­ tecniche di progressione in lingua Italiana e la imminente pubbli­ noscenze acquisite nella speleologia esplorativa alle esigenze cazione del manuale di soccorso in forra. Le radici culturali spe­ specifiche della progressione in forra. E di quegli anni la discesa leologiche dell’attività in forra vengono dunque ribadite anche in delle forre più grandi e significative del paese, ma le informazio­ ni circolavano esclusivamente in una ristretta cerchia di pochi questo contesto. appassionati. Con la pubblicazione di “Profonde Gole” di Sivelli Ma se in Italia abbiamo le idee piuttosto chiare sul soccorso, pa­ radossalmente non esiste una vera e propria base organizzata, e Vianelli, si è fatto un bel passo in avanti verso la diffusione del­ Speleologia 38 - 1998

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la conoscenza del torrentismo che è uscito definitivamente dall’anonimato. Oggi il fenomeno sta esplodendo con virulenza, ma la gente non trova ancora un riferimento organizzativo; si tratta sempre più spesso di escursionisti, alpinisti e di uno zocco­ lo duro di speleologi, appassionati che tuttavia non trovano strut­ ture adeguate, né scuole: è una carenza che spesso porta a dege­ nerazioni del fenomeno ed all’allontanamento da un approccio culturalmente corretto. Ma passi avanti in questo senso ne sono stati fatti e vengono non a caso dalle strutture speleologiche na­ zionali quali il CAI e la SSI. A partire dal 1994 sono stati organiz­ zati corsi nazionali di specializzazione della scuola SNS aventi come obiettivo la ricerca di un’uniformità nelle tecniche di pro­ gressione in grotte e forre acquatiche. Visto l’interesse crescente e la richiesta di appuntamenti tecnici più specifici sulle forre, i corsi successivi hanno assunto il carattere di veri e propri corsi di torrentismo, con funzioni di specializzazione ma anche di ag­ giornamento per i quadri della scuola. Anche la SSI ha prodotto analoghe iniziative, tra cui il corso di tecniche di autosoccorso in forra ed in grotta tenutosi quest’anno sul Monte Nerone. Stranamente, mentre si fanno corsi di torren­ tismo nell’ambito di strutture nazionali, che nella sostanza sem­ brano aver assimilato anche questa nuova disciplina, non esiste un settore specifico di riferimento all’intemo delle stesse, mentre è chiaro che sta affiorando l’esigenza di una struttura e di un coordinamento che si occupi delle forre sotto i più svariati punti di vista: tecnico, scientifico, culturale. Potrebbe essere una nicchia nella struttura SSI o CAI con un’impostazione schiettamente speleologica, alternativa alla diffusa tendenza verso un’impo­ stazione basata su aspetti sportivi con frequentatori da parco di­ vertimenti, tendenza che sempre più si va affermando a causa della grande confusione nel settore. In questo quadro è compren­ sibile la ricerca di un organismo specifico: ma quale? Chi lo deve fare ?

I TENTATIVI

Ieri Nel 1996 nasce una federazione nazionale di torrentismo. Vi si trovano a confronto speleologi, alpinisti ma soprattutto canoisti. Doveva essere un’associazione di torrentisti a scopo ricreativo: in realtà la speranza per molti era di creare una struttura che in qualche modo legittimasse una sorta di alibi professionale, un brevetto per esercitare come guida. Ma in Italia, così come in Francia, le leggi dello stato assegnano questo settore alle figure professionali della Guida Speleologica e della Guida Alpina, le uniche che occupano legittimamente questa fetta di mercato. Non esiste invece e non esisterà una figura autonoma di guida ca­ nyon, almeno sul piano professionale, poiché la legge quadro fa rientrare nelle figure anzidette tutte le attività montane di tipo verticale. Svuotata dei veri motivi per cui era stata creata, la fede­ razione ormai non sembra dare grandi segni di vita: chi voleva la­ vorarci e non aveva l’abilitazione professionale ha dovuto o do­ vrà smettere. Nel frattempo a livello regionale o locale molti gruppi hanno dato spazio notevole all’attività in forra, trasformandosi in qual­ che caso in gruppi speleo-torrentistici. Oggi Oltre agli speleologi, oggi sono molti gli appassionati di torrenti­ smo puro, alcuni dei quali di estrazione speleologica. Stanchi di attendere qualcosa di specifico, alcuni di questi si sono organizzati trovandosi su Internet: sembra siano ad un passo dal­ la creazione della seconda associazione italiana canyoning. Staremo a vedere. 72

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E domani ? È opportuno riflettere su quello che è lo scenario del torrentismo attuale: all’intemo della speleologia esiste un interesse crescente per le forre. Sono gli speleologi che in anni di attività hanno rac­ colto una mole di informazioni, esperienze, che hanno portato alla tecnica attuale, alla didattica. Di fronte a questa evidenza viene spontaneo domandarsi come mai non è proprio nella speleologia, nelle sue più rappresentative organizzazioni, che si convogliano queste forze creando un set­ tore di riferimento. L’ ipotesi di un settore torrentistico della SSI o del CAI (o di tutte e due) nasce prima di tutto da considerazioni di carattere etico: la frequentazione delle forre richiede un approccio corretto con l’ambiente carsico di cui le forre sono elemento evidente e carat­ terizzante. E insomma la necessità di contenere l'impatto am­ bientale causato dalla massiccia frequentazione poco qualifica­ ta, spesso poco sensibile alle problematiche ambientali. Lavarsi le mani del problema appare un po’ come mettere la testa sotto­ terra, cosa che ci riesce anche molto facile; del resto lasciare la questione esclusivamente ad altri equivarrebbe a firmare una de­ lega in bianco, con il rischio di vedere proliferare un torrentismo concepito esclusivamente in chiave divertimento: le forre diven­ terebbero il grande luna park da consumare. In Francia sono già evidenti gli effetti collaterali di una scorretta frequentazione del­ le gole, per alcune delle quali vi sono restrizioni o addirittura dra­ stici provvedimenti di interdizione. E il primo passo verso la chiusura di luoghi delicati in ambiente carsico, una tendenza che in definitiva potrebbe espandersi per altri canali al mondo sotter­ raneo. Gli interessi verso orizzonti naturali si ampliano e guardano a spazi sempre più remoti, ecco perché l’attività in forra dovrebbe essere adeguatamente canalizzata. La Federazione Francese di Speleologia da molti anni ha istituito una commissione canyon incaricata di studiare il fenomeno e che si è successivamente trasformata in Scuola Francese di Canyo­ ning (EFC), struttura didattica parallela della Scuola Francese di Speleologia (EFS). Sono evidentemente più avanti di noi e mi sembra che ci stiano indicando una strada da percorrere.

UN SASSO NELLO STAGNO

La logica conclusione di queste righe si può sintetizzare in una domanda rivolta agli speleologi: è o non è il caso che la speleo­ logia si occupi ufficialmente di tutto quanto riguarda le forre? Non stiamo parlando naturalmente di un torrentismo fine a se stesso, né di quello mercenario, ma di una struttura che dovrebbe occuparsi delle forre così come la speleologia si è fino ad oggi occupata delle grotte: esplorazione, catasto, studi e ricerche, tec­ niche, didattica etc etc. con una filosofia essenzialmente speleologica, la stessa che al torrentismo ha dato i natali. Nel 1997 a Casóla c’è stata una tavola rotonda sull’argomento, occasione mancata perché lasciata alla deriva e guardata forse con troppo scetticismo. L’unica cosa emersa chiaramente è che regna ancora molta confusione: c’è chi cerca una struttura per portare una patacca sul petto, chi cerca davvero una nuova fron­ tiera dell’esplorazione e chi semplicemente il parco giochi ac­ quatici: i primi comunque sono di gran lunga la schiera più nu­ merosa. Forse è arrivata l’ora di definire una volta per tutte se il torrentismo in futuro debba essere argomento di interesse per la SSI ose le strade di grotte e forre divergeranno definitivamente. Pensiamoci bene, sperando di ritrovarci su questa rivista con le idee più chiare. □ Speleologia 38 - 1998


SPEDIZIONI ALL’ESTERO

IN HONDURAS LA SPELEOLOGIA DEL TERZO MILLENNIO? RIASSUNTO Nel mese di Gennaio 1998 si è svolta la secon­ da spedizione italiana in Honduras, composta da cinque speleologi provenienti da Bologna, Livorno e Firenze. Tre le zone esplorate: la Montaña de la Flor, la Montaña de las Cuevas e la Montaña de Susmay, nei Dipartimenti di Yoro, Francisco Morazan e Olancho. Le pri­ me due sono state viste molto superficialmen­ te, ed è stata scoperta una nuova cavità nei pressi del villaggio di E1 Aguilar (Municipio di Mangulile, Olancho), che misura più di 1 km. Nella Montaña de Susmay è stato conti­ nuato il lavoro svolto agli inizi degli anni '90 da speleologi inglesi del British Tea Caver, e nella Cueva de la Quebrada de Susmay sono state trovate nuove diramazioni che si dirigo­ no sotto i grandi inghiottitoi posti sugli alto­ piani sommitali. Con 6,5 chilometri di svilup­ po la Cueva della Quebrada è oggi la cavità più lunga dell'Honduras e, alla luce di questi risultati, la zona in esame è senza dubbio la più interessante per le future esplorazioni spe­ leologiche di questo Paese.

ABSTRACT In January 1998 has taken place the second Italian expedition to Honduras. T he fiv e p a r tic ip a n ts cam e from Bologna, Livorno and Florence. The three explored areas were: the Montaña de la Flor, the Montaña de las Cuevas and the Montaña de Susmay, respectively in the Departments o f Yoro, Francisco Morazán y Olancho. The first two areas have been explored in a rather superficial fashion, but nonetheless a new cave of more than 1 km has been discovered near the village of El Aguilar (Municipio de Mangulile, Olancho). In the Susmay Mountain we continued the work started at the beginning o f the Nineties by the English cavers of the British Tea Caver. In the Cueva de la Quebrada (Susmay), we have discovered big branches, which go towards the big sinkholes situated at the top of the plateau. The Cueva de la Quebrada, with its length of 6.5 km, is today the longest cave in Honduras. These results show that this is without any doubt the most interesting zone for future speleological explorations in that Country.

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Nuove esplorazioni nella Cueva de Susmay, che con i suoi sette km di sviluppo è oggi la grotta più grande dell'Honduras. Il piccolo paese centroamericano comincia a mostrare tutte le sue potenzialità. Michele SIVELLI Francesco DE GRANDE RESUMEN En enero de 1998 tuvo lugar la segunda expe­ dición espeleològica italiana en Honduras. Los cinco participantes provenían de Bolo­ gna, Livorno y Florencia. Las áreas explora­ das fueron tres: la Montaña de la Flor, la Mon­ taña de las Cuevas e la Montaña de Susmay, en los Municipios de Yoro, Francisco Mo­ razán y Olancho. Las primeras dos áreas han sido exploradas de forma superficial, y se de­ scubrió una nueva cueva cerca del pueblo de El Aguilar (Municipio de Mangulile, Olan­ cho), que mide más de un kilómetro de largo. En la Montaña de Susmay continuamos el tra­ bajo empezado a principios de los Noventa por los espeleólogos ingleses del British Tea Caver, y descubrimos en la Cueva de la Que­ brada nuevas ramificaciones que se dirigen hacia los grandes resumideros situados arriba en los altiplanos. La Cueva de la Quebrada, con sus 6.5 km de desarrollo, es hoy en día la cueva más larga de Honduras. Los resultados indican que esta área es sin duda la más intere­ sante para futuras exploraciones espeleológicas en este País.

PREMESSA Nella primavera del '97, ad un anno e mezzo esatto dal nostro primo viaggio in Honduras (Speleologia n. 35: 84-95), cominciamo a pensare ad una seconda spedizione speleolo­ gica nel piccolo stato centroamericano, da ef­ fettuarsi nel gennaio del '98. Scartiamo quasi

subito l'idea di tomare nelle splendide foreste della Mosquitia, non perché il luogo non sia interessante, tutf altro, ma per via del limitato tempo a nostra disposizione (non più di un mese). E' infatti molto difficile poter organiz­ zare una ricerca in un luogo come quello, rag­ giungibile solo dopo 250 km di navigazione su piroga e senza altre vie di comunicazione se non il fiume e i suoi affluenti. Fra le molte altre zone carsiche presenti in Honduras, ap­ pena “morsicate” dalle poche spedizioni eu­ ropee o nordamericane, le regioni montuose centrali comprese fra La Sierra de Agalta e la Montaña de las Cuevas destano la nostra at­ tenzione. Il territorio più interessante è sen­ z'altro la Montaña de Susmay, propaggine oc­ cidentale della Sierra de Agalta, sulla quale esiste un discreto lavoro svolto qualche anno fa da speleologi inglesi; in particolare vi sono due grandi cavità, parzialmente esplorate e mai topografate, che potrebbero riservare grandi sorprese. La seconda zona è invece to­ talmente sconosciuta (agli speleologi) ma possiede un nome sicuramente accattivante (cueva in spagnolo significa grotta). Le foto aeree studiate in collaborazione con il Dipar­ timento di Scienza della Terra dell'Università di Bologna ci danno le ulteriori indicazioni necessarie a tracciare, almeno a grandi linee, gli obiettivi di questa seconda spedizione in terra hondureña. Decidiamo di vedere ambe­ due le zone, noleggiando un fuoristrada e fa­ cendo una prima e rapida indagine fra le im­ mense doline e i grandi inghiottitoi sparsi nella Montaña de La Flor e de Las Cuevas; se ci saranno buoni risultati ci fermeremo lì, al­ trimenti ci trasferiremo sulla Montaña de Su­ smay.

IN HONDURAS Nonostante l'iniziale interesse da parte di molti, questa volta il gruppo è veramente ri­ dotto all'osso: solo 5 persone, poco più che una squadra per una punta in grotta che non un gruppo da spedizione. Ma non tutti i mali ven­ gono per nuocere. Se da un lato essere in 5 si­ gnifica non avere i necessari ricambi di ener­ gia per sviluppare tutto il lavoro previsto, dall'altro vuol anche dire aver poche difficoltà di spostamento, nessun problema logistico e grande velocità decisionale. Tutte condizioni che ci avvantaggiano perché è nostra inten­ zione affittare un pick-up ed essere compietamente autonomi. Con i bagagli più di tanto non riusciamo a “stringere”, anche perché

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In Honduras la speleologia del terzo millennio?

Spedizioni all’estero paiono con discontinuità, formando ampie lenti rocciose isolate in cui, vedremo poi, si sviluppano gli ambienti ipogei più interessan­ ti. Nel suo complesso il territorio rimane estre­ mamente inospitale e con lunghe vie di avvi­ cinamento.

INIZIANO LE ESPLORAZIONI Intenzionati a conoscere tutti gli accessi pos­ sibili per raggiungere i nostri obiettivi, a Te­ gucigalpa finiamo di procurarci la cartografia necessaria e pianifichiamo i nostri sposta­ menti. Rimaniamo increduli quando leggia­ mo sulla carta topografica “drenaje subterra­ neo” in una zona ad est dei monti de La Fior.

Il villaggio di El Aguilar (Mangulile, Olancho) con alle spalle la parete de La Peña alla cui base confluiscono le acque dei due fium i che formano il “Portillo ”. pensando di trovare grotte “acquatiche” ab­ biamo aggiunto alle normali attrezzature tec­ niche anche qualche “acquastop” e quattro mute complete da sub (scelta quest'ultima azzeccatissima, visto l'uso quotidiano che poi ne abbiamo fatto). Giunti a Tegucigalpa, la capitale dell'Honduras, torniamo allTnstituto Hondurefio de An­ tropologia e Historia (I.H.A.H.) con il quale abbiamo già collaborato nella precedente spe­ dizione del '95-96. Questa volta l'appoggio che possono darci è meno determinante ai fini della nostra ricerca, ma non per questo meno prezioso. Formalizziamo un nuovo contratto di collaborazione con l'incarico ufficiale di ri­ cercatori nel Proyecto Espeleològico en las Montañas de Olancho; prendiamo nota di eventuali persone residenti in Olancho che possono offrirci supporto logistico e ci diamo appuntamento fra un mese per illustrare i ri­ sultati del lavoro. La Montaña de las Cuevas e de La Fior A dispetto del nome accattivante, sulla Mon­ taña de las Cuevas non è ancora conosciuta al­ cuna cavità di dimensioni significanti. Il terri­ torio, da noi appena visitato, è vastissimo e completamente privo di piste carrozzabili in quota. L'altezza massima del massiccio si at­ testa a 2282 metri con interessanti zone di as­ sorbimento tra i 1700 e 1500 metri. Comprese essenzialmente nel Dipartimento di Yoro, la Montañas de las Cuevas e de La Fior occupa­ no anche parte dei dipartimenti di Francisco Morazan e Olancho. Sotto l'aspetto geologico la zona è occupata da rocce con litologia ete­ rogenea appartenenti al Cretaceo Superiore (Gruppo Valle de Angeles). Da quanto si può interpretare dalle foto aeree gli affioramenti calcarei si estendono con continuità verso nord fino alle pianure della valle di Yoro, a 650 metri di quota, dove tra l'altro sRtrovano numerose sorgenti carsiche (SIVELLI 1994). Verso meridione le formazioni calcaree ap­

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II Portillo de la Pena (Mangulile, Olancho). La cascata d ’ingresso della grotta. Nel lago profondo che si form a alla sua base si incontrano numerosi pesci, "scesi" in grotta direttamente dal limpido torrente esterno.

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Montaña de las Cuevas. Inquadramento geografico della zona esplorata.

In Honduras la speleologia del terzo millennio? Sarà il nostro primo obiettivo! Il Toyota pick-up che abbiamo noleggiato è indispensabile, data l'assenza di strade per­ corribili dai pur avventurosi trasporti locali. Siamo in Olancho, quasi al confine con il Di­ partimento di Yoro, e la strada sterrata si fer­ ma a “La Cañada”, una piccola aldea di cam­ pesinos produttori di caffè form ata da un'ottantina di case posta a circa 1000 m. s.l.m.. Veniamo ospitati nel locale della scuo­ la comunale, chiusa in quei giorni così come tutte le scuole dell'Honduras. Prepariamo i materiali sotto lo sguardo curioso di numero­ sissimi bambini e fissiamo per il giorno dopo alle sette in punto la partenza, accompagnati da Lupe, un gentilissimo campesino. Dopo due ore di cammino su un comodo sentiero al­ l'interno di boschi di conifere giungiamo a E1 Aguilar (950 s.l.m.), un nucleo di poche case situato in prossimità di una splendida parete calcarea. Qui confluiscono due grossi torrenti che drenano le acque ai piedi della Peña, il luogo indicato sulla carta come drenaje sub­ terraneo. Alcuni uomini sono intenti a strizza­ re lunghe canne da zucchero in una pressa; sono proprio loro che ci accompagnano al Portillo de la Peña, il nome locale della grotta. Seguiamo l'alveo del fiume che si “inforra” via via fra pareti sempre più alte; gli abitanti di E1 Aguilar ci confermano che oltre ad un certo punto lì non c'è mai stato nessuno. Con grande entusiasmo attrezziamo la prima discesa; le viscide pareti sono traditrici e con cautela se­ guiamo il fiume fino al primo vero salto nel

Il Portillo de la Peña (Mangulile, Olancho). La via fossile superiore, caratterizzata da una grande galleria fossile con approfondimenti vadosi. In alto a sinistra è visibile l'imbocco del Salone de! Guano, grande ambiente di crollo dove trova rifugio una colonia di pipistrelli.

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In Honduras la speleologia del terzo millennio?

buio. L'ingresso è magnifico! Una cascata si getta nel vuoto rombando fra le pareti di una vera forra ipogea. Il salto è di circa 20 metri ed è occupato alla base da un profondo lago. La grotta presenta subito un bivio: una via attiva con una bassa galleria allagata ed una via asciutta, con grandi ambienti pianeggianti oc­ cupati da massi ciclopici. Quest'ultima via si interrompe ben presto su un salto; lo evitiamo sulla destra ed entriamo in un sistema di con­ dotte freatiche con aria che ritornano sul pia­ no attivo. L'esplorazione comincia a farsi complessa ed interessante, occorre quindi più tempo ed ora, legati ai tempi di rientro di Lupe, siamo costretti a fermarci, rimandando la punta al giorno dopo con una più adeguata preparazione. L'indomani, per ottimizzare al massimo la possibilità d'azione, ci dividiamo in due squa­ dre da due (sic!). Si rileva mentre si esplora. Verso valle la diramazione principale forma una grande galleria fossile che si approfondi­ sce formando uno splendido cañón. Superata poi una profonda marmitta ci si ricollega poco più a valle al ramo attivo. Dopo duecento me­ tri di percorso la grotta termina con un altro ingresso: il fiume toma a giorno sul versante settentrionale de la Peña. Il Portillo de la Peña è una classica grotta di at­ traversamento e la sua evoluzione è probabil­ mente avvenuta parallelamente all'arretramento dei versanti che hanno modellato la lente rocciosa che la ospita. La Peña infatti è un blocco calcareo isolato che si staglia ben evidente sulle formazioni impermeabili di base. La grotta è costituita da un grande ramo

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principale (indicato come fossile nel rilievo, ma non ci giureremmo) sotto cui è impostato un piano di gallerie attive che a loro volta di­ vergono e convergono in più punti. E' possibi­ le inoltre che il Portillo rappresenti solo la parte più giovane di un complesso carsico più sviluppato che ormai è stato completamente smantellato. Questa ipotesi sarebbe avvalora­ ta dalla presenza di alcuni paleo ingressi si­ tuati lungo le pareti della Peña. Due di questi, posti quasi sulla vetta della montagna, sono stati da noi visitati e costituiscono il moncone fossile di un'altra cavità di attraversamento. Infine è opportuno segnalare che probabil­ mente con il nome di Portillo de la Peña i loca­ li indicano solo l'ingresso a valle della grotta poiché questo è facilmente raggiungibile. L'idea ci viene suggerita dal fatto che difficil­ mente una popolazione locale attribuisce un nome ad un ambiente che in realtà non ha mai visto, come appunto il “difficile” ingresso a monte. Il tipo di struttura de La Peña è spesso chiama­ ta mogote, termine che in lingua spagnola sta ad indicare rilievo montuoso con cuspide ar­ rotondata. Questo fenomeno morfologico, non necessariamente carsico, è presente an­ che in altre parti della nostra area, tant'è che Lupe ci segnala un altro ambiente simile, con un’altra probabile grotta di attraversamento. Occorrono però tre ore di marcia per raggiun­ gerla e secondo i nostri piani non possiamo fermarci altri due o tre giorni: se vogliamo ri­ vedere anche l'altra zona dobbiamo ripartire l'indomani. Sarà per la prossima volta!

E1 Rancho Lasciato il Portillo (e l'altra grotta inesplora­ ta), ci dirigiamo verso la Montaña de las Cue­ vas. Quasi due ore di fuoristrada la separano da La Cañada, ma si tratta solo di un periplo della montagna e non di una reale distanza chilometrica. La pista sterrata termina in loca­ lità E1 Rancho, una spianata in cima ad una collina dove vivono, in due case distinte una di fronte all'altra, Elba e Mincho Pacheco, fra­ tello e sorella cinquantenni, o giù di lì. Ci sem­ bra di capire che siano i proprietari della mag­ gior parte dei cafetales (appezzamenti di terreno coltivati a caffè) esistenti nella zona. Il piccolo borgo di case è normalmente disabita­ to ma nei mesi di gennaio e febbraio, la tem­ porada del caffè, brulica di lavoratori, trasfe­ ritisi lì con tutta la famiglia. Provengono quasi tutti da Yoro, capoluogo dell'omonimo dipar­ timento. Sistemiamo il nostro campo all'inter­ no del recinto della casa di Elba che ospita an­ che uno spazio d ed icato alle funzioni religiose, una specie di chiesa all'aperto ma senza altare. Il prete sembra non averne biso­ gno, in quanto la sua messa è un coinvolgente canto accompagnato dal suono di tre ottimi chitarristi. Niente ostie, niente vino e niente confessioni, o almeno così ci è sembrato. Il giorno dopo partiamo per raggiungere la nostra meta, un inghiottitoio a circa otto ore di cammino da E1 Rancho. Superato il villaggio di Matapalo saliamo di quota e raggiungiamo la valle successiva. Non riusciamo bene a ca­ pire dove siamo, inglobati nel classico inferno verde, assaliti da minuscole garrapatas (zec­ che in spagnolo) e con la cartografia 1:50.000

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Cueva de la Quebrada de Susmay. Tratto iniziale delle Gallerie dell'Est. Lunghe circa 3.500 metri, le Gallerie sono probabilmente il risultato di una erosione antigravitativa, come testimonierebbero i frequenti canali di volta visibili sul soffitto.

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che ci fa penare un po' ad orientarci. Siamo di­ retti alla casa di un campesino di nome Teodulo, che a detta di altri è un buon conoscitore della montagna. Lo incontriamo al suo ritorno da una battuta di caccia, e si offre di accompa­ gnarci all'inghiottitoio, anche se sembra molo tico sulle nostre reali intenzioni, forse a causa delle sgargianti tute arancioni che ci danno un aspetto un po' troppo militaresco. All'indoma­ ni ci mettiamo in marcia verso la Piedra Bian­ ca, una parete di calcare che si staglia nitida nel mare verde della selva tropicale. Cammi­ niamo per altre 2 ore circa, e finalmente la raggiungiamo. Siamo nella terra dei Tulupanes, uno dei sei gruppi etnici dell'Honduras, forse gli indigeni più poveri di tutto il paese. Originari della fascia costiera i Tulupanes si sono quasi tutti ritirati all'interno dei monti de La Fior e de Las Cuevas sotto la spinta colo­ nizzatrice dei bianchi e dei ladinos. Attualmente, pur possedendo una “riserva an­ tropologica” sui monti de La Fior, vivono sparpagliati e isolati in un territorio molto va­ sto, in singole capanne abitate da una sola fa­ miglia. E' la loro speciale tecnica di auto con­ servazione, ma ci chiediamo fino a che punto l'assenza di una comunità “visibile” permette­ rà loro di sopravvivere. Timidi ed impauriti, i Tolupanes temono anche il semplice contatto fisico con noi; quando raggiungiamo la Piedra Bianca troviamo proprio una famiglia di indi­ geni che si trincera nella sua piccola capanna senza più affacciarsi. Cerchiamo di essere di­ screti ed in fretta raggiungiamo la base della parete; purtroppo il nostro inghiottitoio si ri­ vela completamente tappato da fango e tron­ chi d'albero, con nessuna possibile entrata.

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Spedizioni a ll’estero

Montaña de Susmay. Inquadramento geografico della zona esplorata.

Desistiamo, e con la coda fra le gambe tornia­ mo a E1 Rancho. Per il momento occorre una pausa di riflessione e ci prendiamo qualche giorno di riposo tornando a Tegucigalpa. Le ricerche nell'area carsica della Montana de Susmay La seconda parte della spedizione si è svolta sulla Montana de Susmay, unità morfocarsica situata nel zona occidentale della Sierra de Agalta. L'area carsica di Susmay era già stata frequentata da speleologi inglesi della British Tea Cavers, i quali tuttavia non avevano la­ sciato testimonianze esaurienti sulle loro esplorazioni. Pertanto, solo con la spedizione Olancho '98, si sono poste le basi per appro­ fondire la conoscenza di un territorio che ha appena mostrato la sua potenzialità. Se da una parte la consapevolezza di operare in un terri­ torio “pizzicato” da altri ci ha garantito la pre­ senza di grotte, dall'altra non ha facilitato la scelta delle priorità d'azione e delle strategie organizzative, condizione complicata dalla quasi totale inattendibilità delle informazioni fomite dagli abitanti del luogo. Ad esclusione delle pubblicazioni riguardanti le cavità della vicina area di Catacamas, (CHOEN 1986; BRADY-HASEMANN-FOGARTY 1995), per la Montana de Susmay, come già detto, sono state reperite solo alcune note informati­ ve del BTC (HAW KINS - McKENZIE 1993). Avvalendosi degli archivi delle Peace Corps, gli inglesi, nei primi anni '90, hanno condotto una capillare “esplorazione a tavoli­ no” dei riquadri cartografici al 50.000 del­ l'Istituto Cartografico Hondureno, compilan­

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Rio Grande, fiume che scorre verso nord in di­ rezione del mar caraibico. A differenza di quelli settentrionali, i versanti meridionali de­ gradano lungo valli tortuose che si confondo­ no con altre catene del territorio di San Franci­ sco de la Paz. La stratigrafia della zona è costituita principalmente da calcari massicci appartenenti al Cretaceo Inferiore (Gruppo Yojoa). Ma, come abbiamo potuto constatare dalla cartografia geologica normalmente re­ peribile e dalle osservazioni di campagna, la litologia di Susmay è formata da varie asso­ ciazioni rocciose costitute da calcilutiti, con­ glomerati selciferi, arenarie, brecce e vario materiale terrigeno insoluto. Per quanto con­ cerne i tratti morfologici del carso epigeo, questi sono caratterizzati da ambienti a rapida evoluzione, tipici di molti carsi tropicali. Il modellamento dei versanti si è sviluppato for­ mando complessi reticoli idrogeologici cattu­ rati e restituiti a più riprese. Cosicché sugli al­ topiani sommitali, lungo l'asse di sviluppo del massiccio, si estende un territorio occupato da imponenti valli cieche, doline a morfologia complessa e marcati gradini strutturali. Le fa­ sce altimetriche di tali zone variano tra i 1700 e i 650 metri di quota. Sotto l'aspetto ambien­ tale la zona è maggiormente occupata da selva alta di latifoglie sempreverdi o semisempre­ verdi in cui abbonda l'epifitismo. Il sottobo­ sco è invece costituito da felci arborescenti, palme, muschi e vari tipi di liane. L'impatto antropico a Susmay è visibile in particolar modo a monte e a valle delle piste

do un primo catasto dei luoghi di interesse speleolo­ gico. Alcuni di questi sono stati poi oggetto di esplora­ zione del BTC e fra questi l'area di Susmay. Grazie alla lista del BTC e alle informa­ zioni reperite in precedenza (SIVELLI 1994), abbiamo teorizzato l'estensione del carso profondo e di qui stu­ diato gli accessi più adatti ai nostri spostamenti.

INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E GEOMORFOLOGICO L'area esplorata rientra inte­ ramente nella tavoletta IGH foglio n.2960 1° - San Fran­ cisco de La Paz, dove sono presenti appunto tutte le lo­ calità raggiunte nel corso della spedizione. Sviluppata su ll'a llin e a m e n to E st Ovest, la Montagna di Su­ smay si presenta come una larga cresta incisa da ripide valli con altezze che sfiora­ no i 2000 metri di quota. Verso settentrione il mas­ siccio è nettamente delimi­ tato a 650 metri di quota dal­ le pianure alluvionali del

Montana de Susmay (S.Francisco de la Paz, Olancho) Cueva del Nuovo Cafetal. L'interesse della grotta è dato dalle suggestive erosioni del soffitto, caratterizzato da canali di volta e pendenti di dimensioni eccezionali.

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In Honduras la speleologia del terzo millennio?

Cueva de la Quebrada de Susmay. Uno dei tre laghi, superabili a nuoto, che caratterizzano il primo tratto della grotta. Il piĂš lungo dei tre misura 120 metri.

Cueva de la Quebrada de Susmay, le Gallerie dell'Est. Una delle numerose anse della galleria. Qui il fium e fa una inversione netta di 180°, creando questa magnifica doppia galleria.

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Ingresso q. 890

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Expío: B.T.C. ’92; Spedizione “Olancho ‘98”

Topo: Spedizione “Olancho ‘98” Sviluppo spaz.: 6.545 metri Dislivello: 70 metri (+ 62; -8)

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Ramo degli aghi 16 (q.906) che conducono ai vari villaggi cafetaleros. Qui si possono osservare estese piantagioni alternate a piccoli appezzamenti di mais asso­ ciato a coltivazioni di fagioli, colture necessa­ rie soprattutto al fabbisogno alimentare loca­ le. Ancora molto rare invece le tracce di disbosco nelle aree centrali di Susmay, dove si estende un comprensorio forestale che, uni­ formemente a quello della Sierra de Agalta, costituisce una delle più importanti selve tro­ picali originarie dell'Honduras. Va inoltre ri­ cordato che per questo motivo la Sierra de Agalta dal 1987 è un Parco Nazionale con 655 km2 di area protetta. Le tappe esplorative Come accennato in precedenza, uno dei nostri obiettivi già dall'Italia era quello di rivedere con più attenzione le cavità esplorate dal BTC e da queste capire se le depressioni osservabili dalle foto aeree potevano avere interessanti ri­ svolti esplorativi. Considerando poi che le grotte già esplorate si concentravano soprat­ tutto nelle zone più vicine alle piste carrozzabili, ci sembrava logico immaginare che le valli cieche poste al centro del massiccio fos­ sero rimaste ancora inesplorate. E così, dopo un rapido studio a tavolino delle mappe, ten­ tiamo un primo avvicinamento dai versanti meridionali del massiccio. Sistemiamo il campo base presso il villaggio de La Afilado­ ra, a una settantina di chilometri di pista ster­ rata dalla cittadina di San Francisco de la Paz. Da qui, nonostante l'assoluta enigmaticità con cui i locali accolgono le nostre domande, ci sembra possibile raggiungere gli obiettivi prefissati senza sforzi eccessivi. Ma non sarà così semplice. Solo dopo due giorni di ricerche riusciamo a capire che sulle carte IGH, attorno ai 1400 metri di quota vi è un macroscopico errore di

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isoipse; sulla mappa infatti non viene rappre­ sentata una vasta ma poco accentuata depi^ssione, “dettaglio” morfologico che ci fa addi­ rittura temere di aver sbagliato clamoro­ samente la lettura delle carte. Il contrattempo subito ci permette tuttavia di scoprire un'inte­ ressante cavità che denominiamo Cueva del Nuevo Cafetal. Finalmente, dopo tre giorni di ricerca raggiungiamo, sperduto in mezzo alla selva, uno dei due grandi inghiottitoi, meta delle nostre battute. Questa valle, che chiameremo “Escondida” per il mistero che cominciava ad avvolgerla, ha dimensioni veramente impressionanti. Le pareti a strapiombo che la chiudono per oltre duecento metri d'altezza rimangono assolutamente insospettate fino a brevissima distanza. Un torrente percorre la Valle con una portata stimabile attorno ai 50/70 litri al secondo, vo­ lume che diminuisce sempre più man mano che ci si avvicina all'inghiottitoio terminale. L'ultimo tratto dell'alveo è occupato infatti da affioramenti calcarei fratturati di color grigio scuro, fossiliferi e con frequenti venature calcitiche di ricristallizzazione. L'ingresso ipo­ geo è fra un caos di massi di crollo, dietro i quali scende una stretta e profonda diaclasi che percorriamo verticalmente per circa una decina di metri. Sopra la forra, a 20 e 40 metri di altezza occhieggiano due interessanti con­ dotte di circa 4 metri di diametro. La scarsità di risorse della spedizione e l'impossibilità di allestire in tempi brevi un campo minima­ mente vivibile in questo luogo, ci fa però desi­ stere dal continuare le esplorazioni su questo versante. Con l'idea di non lasciar nulla di intentato pensiamo di individuare un accesso più rapi­ do sul versante settentrionale della Montaña de Susmay, e di raggiungere anche l'altra grande valle cieca situata a un paio di chilo­

metri ad occidente della “Valle Escondida”. Questo cambiamento di programma è favori­ to dal fatto che sui versanti Nord si aprono le numerose cavità già viste dagli inglesi su cui insistono i nostri programmi di revisione. La Cueva del Nuevo Cafetal Contemporaneamente alla ricerca della Valle Escondida viene anche esplorata e rilevata la Cueva del Nuevo Cafetal. La cavità si apre a 1510 m di quota al bordo settentrionale di una dolina disboscata per un recente impianto di caffè. Si tratta di un inghiottitoio periodico di modeste dimensioni con tre ingressi. L'inte­ resse maggiore della grotta è dato da suggesti­ ve erosioni del soffitto, caratterizzato da ca­ nali di volta e pendenti di dimensioni ecce­ zionali. Il pavimento sabbioso della cavità è solcato, nella seconda parte della grotta, da un piccolo corso d'acqua, proveniente da un ramo laterale (terzo ingresso). L'intero svilup­ po della grotta supera di poco i 250 m., e la ca­ vità termina con una saletta invasa per buona parte da un piccolo lago; qui abbiamo trovato un nido costruito con foglie e ramoscelli e an­ cora utilizzato dal legittimo proprietario, pro­ babilmente un mammifero tipo mico de noche. A Susmay In mezza giornata, grazie al nostro pick-up, ci spostiamo nei pressi del villaggio di Susmay. Qui, a differenza che a La Afiladora, la como­ dità del luogo e la presenza di famiglie ospita­ li ci permettono di allestire un campo base piacevole e ben organizzato. Secondo il pro­ gramma iniziale a Susmay si sarebbero dovuti alternare giorni di ricerche esterne a “incur­ sioni” nella vicina Cueva della Quebrada, grande grotta sorgente esplorata dal BTC. Tuttavia, gli immediati risultati esplorativi

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CU EV A DE LA Q U EBRA D A SUSM AY Municipalidad de Gualaco - Olancho Honduras C.A. sifone term inale

+ 53 (q.943)

CUEVA DE LA QUEBRADA SUSMAY Susmay, San Francisco de la Paz, Olancho Foglio 2960 I San Francisco de la Paz Coordinate: X 165225 Y 59755 Z 890 Sviluppo spaziale: 6.545 metri Dislivello: 70 metri (+62, -7)

CUEVA DEL NUEVO CAFETAL La Afiladora, S. Francisco de la Paz, Olancho Foglio 2960 I San Francisco de la Paz Coordinate: X 164865 Y 60190 Z 1510 Sviluppo spaziale: 269 metri Dislivello: -17 metri

CUEVA DEL PORTILLO DE LA PEÑA El Aguilar, Mangulile, Olancho Foglio n. 2860 IV - Montaña de la Flor Coordinate: X 165675 Y 50850 Z 920 Sviluppo spaziale: 1615 metri Dislivello: 84 metri

Interno-esterno dell'area circostante la Cueva de la Quebrada de Susmay. Le frecce tratteggiate indicano i possibili deflussi degli acquiferi

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che otteniamo nella stessa - e la sua strepitosa bellezza - ci fanno ben presto rinunciare a pro­ seguire la difficile ricerca di altre cavità nella selva. La Cueva de la Quebrada Susmay L'ingresso della grotta è noto ai locali da tem­ po poiché a pochi metri da questa nascono le acque del torrente omonimo, necessarie al fabbisogno domestico dei ranchos circostanti. L'interesse speleologico nasce però solo nei primi anni '90 all'indomani delle prime esplo­ razioni del BTC. Dalle informazioni lasciate dagli inglesi la grotta dovrebbe avere una svi­ luppo di circa 3 chilometri. Tuttavia, solo dopo aver terminato il rilievo strumentale, pensiamo che gli inglesi possano aver percor­ so almeno quattro chilometri di grotta. Dalle ultime case di Susmay, percorrendo il fondo della Quebrada si giunge all'ingresso della cavità. La grotta si trova in corrispon­ denza di un marcato gradino morfologico del­ l'alveo e l'entrata è una cinquantina di metri a monte del punto vero e proprio di uscita delle acque. Scendendo una rampa rocciosa si arri­ va subito all'acqua sbarrata da un caos di bloc­ chi franati. Un passaggio verticale di tre metri in risalita conduce all'inizio del Ramo Attivo, costituito da una grande forra che si percorre facilmente sul fondo. I primi 300 metri di grotta non hanno cambiamenti direzionali ap­ prezzabili e sono caratterizzati da una diaclasi costantemente occupata dalle acque correnti (sezione trasversale 1 del rilievo). I frequenti stillicidi e i concrezionamenti che pendono dalla volta fanno capire che questo tratto di grotta non è altro che il percorso ipogeo del torrente soprastante. Oltre i primi 500 metri, la grotta assume un andamento sinuoso e se­ mi-pianeggiante, segno che questo alveo ma­ turo è stato interessato da un ringiovanimento strutturale. Il Ramo del Mismo e altri piccoli arrivi attivi dalla sinistra orografica testimo­ nierebbero questa ipotesi evolutiva. Fin qui la progressione è fortemente acquatica con al­ meno tre laghi profondi da superare a nuoto. Il percorso è entusiasmante e privo di difficoltà a patto che si sia attrezzati con idrocostumi o mute in neoprene. Raggiunta la fine di un ulti­ mo lago di 120 metri, si arriva ad un importan­ te bivio. A sinistra, dopo un passaggio semi chiuso da una colata, si entra in una vasta gal­ leria asciutta: è l'inizio delle favolose Gallerie dell'Est. A destra il Ramo Attivo prosegue per altri 150 metri per chiudere davanti ad una modesta pozza sifonante. Lungo questo tratto arrivano da sinistra le acque di un affluente (impraticabile), con portata inferiore e tempe­ ratura più elevata rispetto a quelle fin qui per­ corse, apporto che con ogni probabilità pro­ v ie n e d a lle v ic in e G a lle rie d e ll'E s t. Rientrando poi in queste ultime e rimontando subito a destra una grande china fangosa, si entra nella zona del by-pass. Si tratta di circa 800 metri di gallerie fossili che conducono da ima parte nuovamente sulla-monte del Ramo Attivo e dall'altra nei rami del Meandro Nero e delle Gallerie Superiori. Sul Ramo Attivo, scavalcato un profondo lago-sifone, si posso­ no percorrere ancora altri 200 metri di gallerie prima di giungere ad un terzo ed ultimo sifo­

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Sosta nella selva in cerca della Valle Escondida.

ne. Il Meandro Nero è un ramo stretto, con ti­ piche morfologie vadose da cavità alpina. Lo si può risalire per circa un centinaio di metri fino ad un laghetto, alimentato da stillicidi provenienti da alcuni restringimenti. Molto più interessanti sono invece le Gallerie Supe­ riori che sono facilmente raggiungibili risa­ lendo la Colata dei Calzari, nome dato ad una splendida concrezione che abbiamo preserva­ to dal fango togliendoci gli scarponi al mo­ mento dell'esplorazione. Le Gallerie Superio­ ri rappresentano probabilm ente il paleo livello della grotta, piano che purtroppo è pos­ sibile percorrere solo per pochi metri poiché, sia a monte che a valle, rimane occluso da vari tipi di riempimenti. Tornando alle Gallerie dell'Est, queste si svi­ luppano per circa 3500 metri fino al Sifone Terminale, limite attuale della grotta. La loro morfologia è pressoché omogenea e sono pro­ babilmente il risultato di un'erosione antigravitativa, come testimonierebbero i frequenti canali di volta visibili sui soffitti (sezioni 4, 12, 7). Altri punti delle gallerie paiono pre­ sentare erosioni di approfondimento laterale, condizionate dall'impermeabilità dei sedi­ menti trasportati (sezione 8 e precedenti). Si tratta di gallerie attive anche se la portata, che scorre costantemente in subalveo, è visibile solo nell'ultimo chilometro di grotta. Data la nostra breve permanenza non abbia­ mo avuto modo di capire se questi ambienti sono soggetti aperiodiche inondazioni, anche se la scura patina di ossidazioni presenti lungo le pareti e sull'alveo farebbero supporre di sì. In queste Gallerie sono state esplorate quattro diramazioni di cui solo due rilevate: il Ramo Bidimensionale e il Ramo degli Aghi. Il pri­ mo è così chiamato a causa della sua bizzarra sezione trasversale (sezione 10) ed è costitui­ to da una grande galleria fossile che è stata percorsa solo nel suo approfondimento vado­ so. Il limite è dato da un restringimento che probabilmente, riguadagnando la parte som­ mitale della galleria, è possibile aggirare. Il Ramo degli Aghi è un arrivo fossile concausa

della formazione del grande salone di crollo su cui si connette (sezione 6). Gli aghi sono acuminatissime eccentriche presenti in vari punti delle condotte freatiche che costituisco­ no questo ramo. Possibilità esplorative ancora in risalita. Oltre a queste diramazioni, riteniamo che nel­ le Gallerie dell'Est possano ancora celarsi, magari dietro i ciclopici massi di crollo, diver­ si altri rami. L'esperienza ci dice infatti che ben difficilmente si può sviluppare una galle­ ria così lunga senza collegamenti con altri im­ portanti arrivi. Estremamente interessante, lungo tutta la grotta, la presenza di fauna troglobia ancora completamente da studiare. Da segnalare anche la presenza di pesci all'inter­ no di bacini fermi, a molti chilometri dall'in­ gresso.

CONSIDERAZIONI SULLE FUTURE ESPLORAZIONI Due anni fa, di ritorno dalla Mosquitia, scri­ vemmo sulle pagine di questa Rivista che l'Honduras riservava possibilità esplorative estremamente interessanti. La Spedizione Olancho '98 conferma questi pronostici. In realtà è l'Honduras intero ad essere un Paese ancora poco apprezzato e studiato sotto ogni aspetto. Per la nostra attività questo luogo conserva un fascino discreto, dovuto princi­ palmente alla non “vistosità” del fenomeno carsico. Infatti, anche semplicemente viag­ giando lungo le poche strade esistenti, non si noterà mai la presenza di superfici calcaree erose o rocce stratificate di origine sedimenta­ ria. Per ciò che riguarda il futuro delle esplo­ razioni sui territori da noi studiati occorre fare una netta distinzione. Sulla Montaña de las Cuevas e zone limitrofe vi è ancorq una conoNella pagina seguente:

Cueva de la Quebrada de Susmay, le Gallerìe dell'Est. E' l'ambiente più grande di tutta la grotta. Alcuni dei rami che dipartono da queste gallerie non sono stati ancora esplorati.

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In Honduras la speleologia del terzo millennio? nure degli af­ fluenti del Rio Grande. Il BTC (fonti consúltate: NSS News; BTC '93; Sped. Olancho '98; Subterránea n. 8; ipotizza che le Caving International Magazine n. 10) acque d e ll'in ­ ghiottitoio de E1 Le grotte più lunghe: Cueva de la Quebrada Susmay (Olancho) 6.540 R e s u m id e ro Cueva del Rio Talgua (Olancho) 3.090 (già uscite dalla Sumidero de Rio San Jose de Atima / Cueva Pencaligue (Santa Barbara) 2.450 C u ev a de la Portillo de la Peña (Olancho) 1.615 Q u eb rad a Su­ Cueva Masical (Santa Barbara) 1.500 smay), siano le Cueva del Resumidero (Olancho) 1.200 stesse che rie­ Cueva de la Joya del Zacate (Olancho) 1.000 mergono dalla Cueva El Borbollón (Copan) 1.000 grotta de la Joya Cueva de Taulabé (Comayagua) 782 Cueva Guatemalla (Santa Barbara) 330 del Zacate, altra Cueva la Buena Fé (Santa Barbara) 300 c a v ità situ a ta appunto in pros­ e le più fonde: simità delle pia­ Sumidero Maigual (Santa Barbara) - 420 nure citate. Tale Pozo del Portillo (Olancho) - 265 supposizione è Sumidero de Rio San José de Atima - Cueva Pencaligue (Santa Barbara) 190 basata sull'os­ servazione della portata dei due torrenti che risulterebbe di scenza limitatissima, ciononostante vi sono eguale consistenza. Per ciò che riguarda le tutte le possibilità perché si possano scoprire cavità anche di profondità ragguardevoli. Si­ zone di assorbimento sommitale, è possibile azzardare un'altra interessante ipotesi. E cioè curamente per impiantare una spedizione se­ che la Valle Escondida e la Cueva de la Que­ ria su quei monti occorrono molti giorni di brada costituiscano un'unica rete idrogeologi­ perlustrazione solo per impostare la logistica del campo. Necessità che riteniamo non possa ca. Ad avvalorare questa idea ci sarebbe la di­ rezione di spostamento delle Gallerie dell'Est, neanche essere sopperita da ricognizioni con che arrivano a meno di un chilometro in linea elicottero poiché la caratteristica del carso d'aria dalla Valle Escondida. Se tutto ciò fosse esterno non pone in risalto ingressi evidenti. vero il complesso carsico esistente sarebbe di Ai margini meridionali di quest'area la nostra svariati chilometri e di oltre 500 metri di disli­ spedizione ha sicuram ente abbandonato vello assoluto. Osservando ancora l'intemo-eun'esplorazione molto interessante in prossi­ stemo della zona, è possibile pensare anche ad mità di Santa Maria del Conejo (paese non uno sviluppo delle zone di esplorazione in di­ lontano da La Canada), luogo dove pare per­ rezione ovest e cioè verso la grande depres­ dersi o uscire un torrente. sione carsica de E1 Pastorero, dove tra l'altro Le esplorazioni sulla Montana de Susmay sono invece concretamente avviate. Questo sono state segnalate altre cavità. Chiaramente queste considerazioni empiriche dovranno es­ anche se le attuali possibilità esplorative alla sere avvalorate da ulteriori esplorazioni e da Cueva della Quebrada non sono del tutto evi­ denti. Studiando invece gli esterni-interni del­ prove con i traccianti. Questo è quanto si può supporre realisticamente sulla base delle attua­ la zona si potrebbe dar via alla composizione li conoscenze; abbiamo comunque motivo di di un mosaico assai interessante. Osservando credere che anche altri complessi, forse indile linee di deflusso principali si nota che la di­ pendenti a quello fin ora descritto possano svi­ rezione dei drenaggi carsici dell'area dovreb­ lupparsi all'interno della Montaña de Susmay. be convergere a Nord, in direzione delle piaSPELEOMETRIE IN HONDURAS (febbraio '98)

BIBLIOGRAFIA BRADY E. J„ HASEMANN G., FOGARTY H. J. 1995: "Harvest o f skulls & bones" In: Americas, may/june 6-15. CHOEN L. 1986 “Explorations o f the Rio Talgua". In: NSS News, may 1986. HAWKINS T. & McKENZIE A. 1993 "The caves o f Honduras a first list". British Tea Ca­ vers, xiii + 59. JONES H. 1994 “Honduras recce 1994 a short report". SIVELLI M. 1994 "Viaggio in Honduras". In: Sottoterra, anno XXXIII, n. 97 pp. 5-13. BIBLIOGRAFIA IN RETE Per chi volesse consultare Internet ecco qualche indirizzo: www.geology.utoledo.edu/research/latin-am/index.shtml Si tratta del sito del Dipartimento di Geologia dell'Università di Toledo (USA). Oltre a mappe e studi di tutto il Centro America, vi è una interessante pagina dedicata al Villaggio Archeologico di Talgua, con numerose foto della grotta omonima. www.txinfinet.com/mader/ecotravel/center/hond.html È un sito sui Parchi Naturali dell'Honduras, con un lungo elenco di associazioni o istituzioni legate all'ambiente. Anche qui foto e mappe. Moltissimi i link con altre pagine, soprattutto dall'Università di Toledo.

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Spedizioni all 'estero PROBLEMI LOGISTICI DELLA SPEDIZIONE E DEL LUOGO II numero dei partecipanti: come accennato in premessa effettuare una spedizione in cin­ que persone presenta diversi svantaggi. “Prendere possesso del territorio” attraverso 10 studio delle vie di accesso, il contatto con i locali, la valutazione delle difficoltà ambien­ tali ed altro ancora, è sicuramente più compli­ cato. Nel nostro caso ha anche significato non esplorare due cavità pur conoscendone l'esat­ ta ubicazione. La stesura dei rilievi: un'altra cosa molto uti­ le che abbiamo potuto svolgere solo parzial­ mente proprio a causa del numero ridotto di partecipanti, è stata la restituzione dei dati del rilievo in tempo reale. Nel caso di spedizioni con poche persone l'uso di un PC portatile, magari con già dentro la scansione delle carte topografiche della zona, permetterebbe di avanzare immediatamente delle ipotesi più precise sul lavoro da svolgere. E, a questo pro­ posito, durante l'esplorazione della Cueva de la Quebrada, non essere riusciti a tracciare su­ bito la poligonale non ci ha fatto vedere una cosa importantissima, e cioè che la grotta si dirigeva proprio sotto la Valle Escondida, dove probabilmente si trova l'inghiottitoio a monte della cavità. I rapporti con il territorio: molti luoghi hondureni non hanno nomi. Sulle carte topografi­ che sono riportati solo i toponimi principali, non sempre concordanti con quelli usati dalla popolazione residente. Molto spesso, chieden­ do come si chiama quella valle o quel monte, ci rispondevano “no tiene nombre”. Il geografo hondureno Aguilar Paz, nel suo “Historias y Leyendas de Honduras” afferma che ciò dipen­ de dal fatto che gli hondureni non amano il loro paese; non sappiamo se sia vero, quello che è certo è che questo diverso approccio alle cose ha creato qualche difficoltà nel momento in cui volevamo avere la certezza di aver inquadrato 11 territorio e gli unici che potevano darcela era­ no proprio i locali. Per di più nella Montagna di Susmay la popolazione non è stanziale: così come accadeva a E1 Rancho, la gente abita nel paese de La Afiladora solo in occasione della raccolta del caffè, e per il resto dell'anno vive altrove, nei paesi più grandi di fondo valle. Va da sé che la conoscenza dei sentieri, dei nomi, dei fiumi, dei monti non fa parte del patrimonio culturale della maggior parte delle persone che abbiamo incontrato.

RINGRAZIAMENTI Al Prof. Zecchi del Dip. di Scienza della Terra dell'Università di Bologna; all'Instituto Hon­ dureno de Antropologia e Historia di Teguci­ galpa nella persona della Lie. Carmen Julia Fajardo per l'appoggio e le informazioni logi­ stiche. Partecipanti: da Bologna Michele Sivelli e Francesco De Grande, da Firenze Marco Bettoli, da Livorno Marco Menicucci e Matteo Baroni. Tutte le foto che accompagnano questo articolo sono dei componenti la spedizione. □

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SPEDIZIONI ALL’ESTERO

PROGETTO RIO LA VENTA (Chiapas - Messico) LA MARCIA VERSO L’OMBLIGO DEL MUNDO INTRODUZIONE Sin dal 1993, quando per la prima volta si ini­ ziarono a studiare le foto aeree della Selva E1 Ocote in Chiapas, l'attenzione e la curiosità degli esploratori si rivolse a quel grosso sotano di forma leggermente ellittica, tra gli 80100 m di diametro, ubicato nel cuore dell’im­ penetrabile foresta, nel punto più depresso di un’imponente valle cieca. Da allora in poi, quello che nell'archivio fu ca­ talogato al numero 145 con il nome di Ombli­ go del Mundo, divenne un obiettivo primario del progetto Rio La Venta. Una possibile porta di accesso al mondo sot­ terraneo di un carso tropicale che con il cañón del Rio La Venta e le imponenti risorgenze dava mostra della sua potenzialità; un “oc­ chio” in una selva tanto impenetrabile quanto sorprendentemente ricca di vestigia preco­ lombiane sconosciute: questo era l'Ombligo del Mundo, un obiettivo talmente affascinan­ te e difficile, da entrare ben presto a pieno tito­ lo tra i nostri sogni speleologici. Ad ogni costo andava fatto un tentativo per coprire quei circa 10 chilometri in linea d'aria oltre l'ultima colonia raggiungibile sul lato meridionale della selva; ben presto però le difficoltà di avanzamento tra i profondi e lar­ ghi karren, in una fitta vegetazione che toglie ogni riferimento orientativo e costringe a machetare di continuo, senza acqua e con vari serpenti, ci hanno fatto temere che il sogno potesse rimanere tale per sempre. Abstract The article describes the difficulties overcome by the explorers of the Rio La Venta Project to reach the “World Navel”, a wide sotano at the centre of the Selva El Ocote, a wide rainforest area in Chiapas (Mexico), located by means of aerial photos. After several attempts by land and helicopter and numberless vicissitudes, in 1998 the explorers have finally reached the target; unfortunately, the lack of water, food and time at their disposal has kept them from going beyond the entrance shaft and from locating the probable prosecution.

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SECONDO TENTATIVO 1997

Tullio BERNABEI Antonio DE VIVO Italo GIULIVO Associazione LA VENTA PRIMO AVVICINAMENTO 1994 Il primo tentativo per raggiungere l'Ombligo del Mundo risale al 1994; nel corso di quella prima spedizione si tentò per 15 giorni di avvi­ cinarsi all'obiettivo con una tecnica di tipo himalayano, senza campi intermedi. In pratica gli otto esploratori presenti, strutturati in varie squadre, dovevano aprire la via e tornare al campo base in giornata; questo per risparmiare sul trasporto d'acqua e per sfruttare al meglio il fatto che in questo tipo di terreno il tempo di percorrenza a breccia aperta è circa un quarto o un quinto di quello speso inizialm ente per aprire e soprat­ tutto per decide­ re la via. Nelle due settimane di permanenza in zona si riuscì a coprire circa la metà del percor­ so ipotizzato, e questo sia a cau­ sa delle oggetti­ ve difficoltà, sia per il soprag­ g iu n g e re del maltempo che se da un lato al­ levia l'angoscia della mancanza d'acqua, dall'al­ tro rende ancora più pericolosa la p r o g r e s s io n e su lla v isc id a roccia.

Nel 1997 una squadra ridotta, composta da cinque esploratori tra i quali la più esperta guardia della riserva El Ocote, fece un nuovo tentativo questa volta in stile alpino, con un solo campo itinerante, trasportandosi l'acqua per l'intero tratto. La scelta, risultata poi sba­ gliata, si basava sulla convinzione che la brec­ cia in foresta del 1994 fosse ancora sufficien­ temente aperta e che la preparazione psico­ fisica del gruppo in procinto di partire fosse in grado di superare con relativa tranquillità gli ostacoli. Si riuscì ad avanzare per un tratto si­ gnificativo oltre il precedente limite, scopren­ do con sorpresa, tra l'altro, ulteriori indizi di antichi insediamenti “zoque” in zone fino ad allora insospettate; ma anche questa volta la selva ebbe la meglio ed il tentativo fallì anche e soprattutto per la totale mancanza d'acqua. Sempre nel 1997, al termine della grossa spe­ dizione, un fortuito, fortunato e allora molto discusso contatto con la sezione antinarcotici

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(Chiapas - Messico). La marcia verso VOmbligo del Mundo

Spedizioni all 'estero El Ocote a chiedere il supporto tecnico del­ l'associazione per calare con l’elicottero uo­ mini nella selva con l'intento di disboscare e creare un eliporto di soccorso: la poca sicu­ rezza delle operazioni, la lotta contro il tempo che si stava operando e l'immane lavoro che avrebbero dovuto sopportare i volontari per tagliare i grossi alberi della selva e livellare alla meno peggio l'accidentato terreno, hanno fatto desistere da qualsiasi tentativo. D'altro canto le foreste tropicali carsiche rappresenta­ no casi particolari anche in caso d'incendio: l'ambiente è tale da impedire l'avvicinamento di vigili del fuoco e volontari (per rendere l’idea, sulle carte di Sulawesi in Indonesia questo stesso tipo di terreno viene definito semplicemente “impassable”) ed anche quando l'intervento umano o la pioggia sem­ brano aver avuto la meglio, il fuoco si ripre­ senta alimentato dalle radici ancora accese che si incuneano in profondità tra i karren in cerca di umidità. Tornando all'Ombligo, sulla scorta delle pas­ sate esperienze, quest'anno il tentativo di av­ vicinamento è stato strutturato in modo da po­ te r o p erare sia da te rra che d all'aria. L'approccio alla selva via terra è stato com­ piuto scegliendo il versante settentrionale, giudicato a torto più accessibile, e partendo dalla colonia di Salina Cruz, in prossimità del Lago Malpaso. L'uso del mezzo aereo, soprat­ tutto per le difficoltà di volo connesse alla scarsa visibilità da fumo sulla selva in fuoco, si è limitato al supporto logistico per traspor­ tare uomini e rifornimenti al campo base, per effettuare un rocambolesco lancio di cibo, ac­ qua e materiali sull'Ombligo utilizzando un originale paracadute autocostruito, e per fun­ gere da orientamento alla squadra di terra a mo’ di “stella cometa”. La squadra via terra ha operato in stile decisa­ mente himalayano, con l'appoggio di circa dieci portatori locali che si alternavano nel trasporto dell'acqua e nell'apertura della brec­ cia. Contrariamente a quanto si potrebbe pen-

L 'Ombligo. Foto aerea, (foto P. Petrignani, archivio La Venta)

dell'esercito messicano permise un tentativo con l'uso dell'elicottero. Grazie ad uno straor­ dinario lavoro di squadra e alla disponibilità di un pilota particolarmente freddo e deciso, due esploratori riuscirono a farsi calare in una piccola radura nei pressi dell'Ombligo: rag­ giunto il sotano si calarono nel pozzo iniziale intravedendo un pozzo successivo non disce­ so per mancanza di tempo e attrezzatura. Il recupero dalla selva non risultò cosa facile e solo facendo ricorso ad una tecnica poi bat­ tezzata del “baricentrico variabile”, con una corda di cento metri appesa al gancio dell'eli­ cottero e calata progressivamente, si po­ terono letteralmente strappare alla folta ve­ getazione, dopo due giorni di tentativi, i due intrepidi esploratori ponendo fine alla loro peripezia.

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ULTIMO AVVICINAMENTO 1998 E veniamo alla spedizione del 1998. Prima di tutto bisogna dire che le condizioni climatiche e ambientali hanno posto anche quest'anno, nonostante l'esperienza acquisita in passato, una serie inenarrabile di difficoltà da superare. Durante la stagione secca il Chiapas, come d'altronde molti altri stati messicani, è deva­ stato da forti, diffusi e generalmente dolosi in­ cendi boschivi: quest'anno poi, complice la lunga siccità di quasi sei mesi, il fuoco si è av­ vicinato pericolosamente alle squadre in esplorazione e addirittura l'esercito ha talora impedito l'accesso alle zone più colpite. La si­ tuazione ha raggiunto livelli così tragici da spingere la direzione della Riserva Naturale

Calata sull 'Ombligo. (foto T. Bernabei, archivio La Venta)

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Spedizioni all’estero sare, non è sufficiente un machete per tagliare una via all'interno di un “muro” verde, soprat­ tutto quando il muro si trova sopra una gnivie­ ra di lame calcaree affilatissime; tagliare col machete è una vera e propria arte, così come lo è raffilatura della lama.

PROBLEMI DA SUPERARE Quello dell'apertura della via è solo uno dei tanti problemi posti da un avvicinamento come quello dell'Ombligo. Primo fra tutti, come già detto, la totale mancanza d'acqua in superficie; in secondo luogo, la difficoltà di orientamento legata alla chioma degli alberi che costituisce una densa fascia di vegetazio­ ne sospesa attorno ai quaranta metri, impedi­ sce una ricezione affidabile per l'uso di satel­ litari. Riportare i punti di avanzamento su carta è stata quindi un'operazione estremamente delicata, possibile solo ricorrendo ad estenuanti poligonali esterne, ma anche in questo caso una zona di forte anomalia ma­ gnetica ha portato ad un errore di 90° nella lettura della bussola, facendo sorgere non pochi dubbi nell'interpretazione del territo­ rio e della sua via d'accesso. Se all'Ombligo si è alla fine arrivati è grazie ai ripetuti sorvoli del percorso, alla scelta di una ipotetica via migliore sulla base degli

(Chiapas - Messico). La marcia verso VOmbligo del Mundo stessi sorvoli e del­ l'interpretazione del­ le foto aeree, all'in­ tuito di coloro che avendo sorvolato la zona hanno saputo capire e decidere una v o lta im m ersi nel verde. Pochi e stremati sono quelli che hanno po­ tuto vedere il sotano, ma degno di nota è lo sforzo collettivo di quanti hanno tenuto duro fino alla fine con determinazione: tanto per dare un'idea concreta di questo sfo rzo , l'a v v ic in a ­ mento ha richiesto tre settimane per percor­ rere sei chilometri in linea d'aria, traduci­ bili in trentacinque di percorso effettivo. Oltre al campo base è stato in stallato un campo avanzato, e due relais intermedi per l'acqua rispettiva-

Avanzata verso l ’Ombligo su terreno a Karren. (foto P. Petrignani, archivio La Venta)

Avanzata verso l'Ombligo su terreno a Karren. (foto P. Petrignani, archivio La Venta)

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mente a metà strada tra base-avanzato e avanzato-Om bligo. Q u elli che h anno partecipato all'inte­ ro a v v icin a m e n to hanno percorso in totale circa 350 chi­ lometri, che su que­ sto tipo di terreno sono davvero tanti. Persino le m itiche Vibram, pur dimo­ stra n d o s i se m p re estrem am ente affi­ dabili a livello di te­ nuta, hanno dovuto cedere a questo paz­ zesco test di “dan­ za” su lame: partite n uove di ze cc a, dopo la prova somi­ g liavano m olto al terreno su cui ci ave­ vano portato. Biso­ gna anche dire che altre suole e altre c a lz a tu re si sono a p e r te c o m p ie ta m ente e non solo consumate.

ESPLORAZIONE La radura toccata esattamante un anno prima scendendo su corda dall'elicottero è stata rag­ giunta nuovamente il 23 aprile 1998 da due soci dell'associazione La Venta e da quattro locali di Salina Cruz. Nei due giorni di perma­ nenza in zona è stato esplorato il secondo poz­ zo dell'Ombligo, quello non disceso in prece­ denza, che purtroppo chiude cento metri più in basso; ma vi è una seconda via che fortuna­ tamente prosegue e che si spera in futuro pos­ sa riservare le sorprese che la grotta merite­ rebbe. Alla disperata ricerca di acqua è stata anche esplorata un'altra grotta più piccola poco distante dalla radura. 1125 aprile il primo gruppo è stato raggiunto da un terzo socio e da un altro amico di Salina. Il ritorno è stato pos­ sibile grazie alla presenza di alcune liane ric­ che d'acqua e a una pozzanghera che opportu­ namente filtrata ha modificato il colore in qualcosa di più decoroso a vedersi. I locali, alcuni dei quali rappresentano delle vere e proprie forze della natura, assolutamente non descrivibili da aggettivi quali for­ tissimi o resistentissimi, opportunamente mo­ tivati, hanno svolto un ruolo fondamentale nella riuscita dell'impresa. E pensare che gli stessi l'anno prima, come ci hanno confessato, sono stati ad un passo dal tirare una schioppet­ tata a quegli strani tizi che appesi ad un elicot-

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(Chiapas - Messico). La marcia verso VOmbligo del Mundo tero dell'esercito se ne andavano in giro per la selva violando il loro territorio. Un grazie dunque alle nostre guide e non solo per il loro appoggio logistico, ma anche per averci fatto capire che la vita di queste zone non è fatta di sole storie di narcotraffico, carcere, lotte inte­ stine, omicidi, vendette e minacce di morte, ma anche di storie che parlano di onore, di te­ nere fede alla parola data, di onestà e di amici­ zia. Anche tutto questo, e non solo il verde in­ tenso della foresta, ha fatto da sfondo alla marcia verso l'Ombligo del Mundo. □

Nota Tutte le attività e i risultati del Progetto Rio La Venta saranno oggetto di un libro di immi­ nente pubblicazione, in coedizione italo-messicana.

Spedizioni all 'estero

“COMO TE VOY A OLVIDAR” ... IL CARSO TROPICALE DELLA SELVA EL OCOTE Dall'alto l'occhio rimane colpito nel vedere un susseguirsi di cockpit lussureggianti. Un immenso alto­ piano dalle incredibili potenzialità esplorative sembra ribollire sotto l'elicottero. Questo ocea­ no verde dalle forme morbide si imprime nella mente come su una pellicola: si rimane subito affascinati. Da terra una foresta densa, a tratti quasi impenetrabile, carica di contrasti, primordiale e crudele, ma an­ che dolce e forte. Senz'altro viva. Un mare di vegetazione e scogli taglienti quanto la morte, dove l'uomo è costretto a divenire acrobata se vuole raggiungere gli strapiombi che custodisco­ no l'immenso vuoto che si articola sotto i suoi piedi e l'infinita bellezza che vi si nasconde. Da dentro acqua. Quella che dà senso ed articola il vuoto. Tutta l'acqua che la selva non riesce a trattenere. Tutta l'acqua che per giorni e giorni cade sopra le nostre teste. L'acqua che crea la vita, crea le forme, acqua che brilla e che fa brillare (luccichio di concrezioni cristalline abbraccia lucide rocce scure levigate), acqua che genera il vuoto e lo indirizza chissà dove. Silvia Renghi PATROCINI E COLLABORAZIONI Società Speleologica Italiana (SSL); Club Al­ pino Italiano (CAI); Centro Studi e Ricerche Ligabue; Centro Italiano Studi e Ricerche Ar­ cheologiche Precolombiane (CISRAP); Mi­ nistero per l'Università e la Ricerca Scientifi­ ca; Dipartimento Ambiente ENEA Casaccio di Roma; Dipartimento di Fisica Università La Sapienza di Roma; Istituto Italiano di Spe­ leologia Università di Bologna; Istituto di Antropologia Fisica Università di Padova; Union Internationale de Speleologie (UIS); Istituto Pasteur di Parigi; Università Nicola Koperniko di Torun; Dipartimento di Antro­ pologia e Storia Università di Varsavia; Go­ verno dello Stato del Chiapas; Instituto Na­ cional de Antropologia e Historia - Messico (INAH); Instituto de Historia Naturai de Chia­ pas (IHN); Universidad de Ciencias y Artes de Chiapas (UNICACH); Comisión Nacional del Agua (CNA); Secretaria de Ecologia Chiapas; Consejo Estatal para la Cultura y las Artes de Chiapas (CONECULTA); Instituto Nacional de Ecologia (SEMARNAP) - Reserva El Oco­ te; Secretaria de Turismo Chiapas; Oficialía Mayor de Chiapas; VII Región Militar; Procuradoria General de la República (PGR).

SPONSOR DUPONT CORDURA; FERRINO; KONGBONAITI; ABITARE LA STORIA; RAU­ MER; DURACELL; CALAMAI; NITAL; KODAK ITALIA; IBERIA; AVIACSA; ROCKPORT; HOTEL MAYA SOL; TIPO­ L IT O G R A F IA TU R R A ; N A P A P IJR I, VIAJES PAKAL. Partecipanti alia spedizione La Venta '98:

Badino Giovanni, Bellotti Alvise, Bernabei Tullio, Boldrini Gaetano, Della Lana Lucio, De Vivo Antonio, Domenici Davide, Eli Men­ dez Leon Pascual, Gaydou Adriano, Gianolio Amalia, Giulivo Italo, Grube, Gulli Gioacchi­ no, Liverani Massimo, Lo Mastro Francesco, Martino Ivan, Massa Luca, Orefici Giuseppe, Petrignani Paolo, Renghi Silvia, Savino Giu­ seppe, Souza Ricardo, Suriano Pasquale, Te­ sta Franco, Topani Marco, Vacca Ugo.

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BIBLIOGRAFIA BERNABEI T., DE VIVO A., GIULIVO 1.(1995): Progetto Rio La Venta (Chiapas - Messico). Speleologia, anno XVI, n°33. RIVADOSSIM. ( 1996): Un sogno chiamato Rio La Venta. Speleologia, anno XVII, n°35. BERNABEI T„ DE VIVO A., DOMENICI D., GIULIVO I. (1997): Progetto Rio La Venta Il sistema carsico della Lopez Mateos. Atti Congresso Intemazionale di Speleologia, Sviz­ zera (in corso di stampa).

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SPEDIZIONI ALL’ESTERO

VIAGGIO IN ETIOPIA DIARIO Nacque tutto da un inganno di mezza estate del '96 il sogno africano con cui Guido, vero­ nese giramondo, cercò di ammaliarci. Si pro­ fuse in alchimie geologiche, rituali tribali, non disdegnando banali trucchi di magia bianca. Riuscendovi. In autunno fervono i preparativi di una pro­ spezione di lusso, un vortice di contatti con ministeri, università, ambasciate, sponsor che ci ipnotizzano sensualmente in una vera e pro­ pria segreteria hot line (non fosse altro per le bollette). Poi più nulla. Lui è in forse fino al­ l'ultimo, noi, scopriremo, anche dopo... Dopo il ciclone Vrtiglavica, il Canin italiano contraccambia con rigide invernali settima­ nali che precedono lo sbalzo non solo termico della foresta di E1 Ocote, sulle pedestri tracce dell'Ombelico quello vero, non quello della tivù... Dieci giorni solo in Italia e a metà marzo per me e Tanfo un altro mondo, ancora in un'iner­ zia ormai profumatamente stressata. L'aereoporto di Addis è una specie di ambula­ torio Ussl di città solo che qui gli extracomu­ nitari siamo noi. Fuori la follia turistica ci as­ sale con una crisi fotografica, rituale come il primo rischio d’arresto visto che è cosa vieta­ tissima. .. Su consiglio degli amici svizzeri al Buffet de la Gare lasciamo i bagagli e contro le indica­ zioni della preziosissima edizione in amharico della guida del Fossile usciamo fiduciosi in cerca di un ristorantino. «Sarà anche questione di immedesimarsi nel­ la cultura locale» pensiamo scortati per i pri­ mi tre chilometri da un brigante, fantasma sgualcito, che ci minaccia con una pietra in mano; poi anche lui annusa che potrebbe esse­ re l'ultimo spettacolo... Cena con piatto tipico, permette al gorgonzola al rinomato ristorante Castelli. L'Etiopia vera Abstract After visiting thè famous cave of Sof Omar thè authors describe thè difficulties connected with thè speleological prospection in Ethiopia and give a geographical, climatic and geological description of thè region. Besides thè logistic organization they also highlight thè complex problems relating to bureaucracy and administration, adding some advice and wamings for future explorations in Ethiopia.

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Resoconto della prospezione speleologica italiana nel Como d'Africa Matteo RIVADOSSI Gruppo Grotte Brescia “C. Allegretti” Paolo PEZZOLATO Commissione Grotte “E. Boegan” per i quattro marinaretti comincia così. Passano giorni in città persi per sbrigare fan­ tomatici permessi, cartacce, balzelli, per sca­ ricare orde di questuanti che ti umiliano rosic­ chiati dalla lebbra. Per non essere investiti dal circo rotabile. Ci ritroviamo personaggi kaf­ kiani rintanati al Buffet a respirare. Esausti contrattando la jeep. La strada passa per Dodola, verso sud, dove dormiremo spezzando i quasi 600 Km di pol­ vere che separano Nuovo Fiore da Sof Omar. L'orizzonte più lun­ go, rosso come la terra, nasconde la valle incantata del fiume Web tanto da arrivare alla meta senza accorgersi, prima che quel che re­ sta delle alte terre degradi verso l'Ogadèn semidesertico e malari­ co, verso la Somalia e i suoi pro­ fughi che sconfinano affamati. Nessuno cercherebbe una grotta da queste parti se non sapesse che già esiste. Militari e curiosi, la gente del vil­ laggio che si adopera per il tra­ sporto del materiale: ho sempre fisso un ripido sentiero fatto da pietre familiari lavorate e la sen­ sazione di entrare in un altro tem­ po. Le foto che porto allo sceicco povero di Sof Omar da parte di J. Jacques saranno il nostro la­ sciapassare, onorato che due ten­ de spaziali siano picchettate da­ vanti alla sua capanna. Le mattine al villaggio sono tutte uguali da millenni forse. Nell'or­ dine: babbuini invadenti ma trop­ po più furbi di noi per assomi­

gliarci, poi le mosche che anneriscono i biscotti con la marmellata come fanno con la faccia dei bambini, infine una cappa torrida dalle tinte bruciate. Che Sof Omar non è una grotta l'avevamo ca­ pito da tutto ciò che ci circondava. Dietro l'an­ sa anche il fiume spariva inghiottito da geo­ metrie perfette, inquietanti per solennità. Sì, è un azzardo geologico anche il fatto di es­ sere contenuta in un ridicolo pacchetto di cal­ cari marnosi, fortunatissimo sforacchiamento ad opera della forza di un fiume, ma non basta. Lei è la Perla Nera, un enchanted place fatto di magica sacralità. L'ingresso di Ayiew Maco è a 80 metri dalle tende: è stato rifugio per l'eroico monaco Sof Omar che qui si riparò resistendo all'odore di guano prima che agli attacchi nemici, ma ripa­ ro anche seicento anni dopo quando pioveva­ no tuoni e nebbie violacee mandate sugli infe­ deli senza che nessuno sapesse della vicina guerra del golfo... Per un po' corridoi a lato del fiume placido e profondo si alternano in forme regolari, trop­ po per essere naturali. Da una finestra arabescata l'irreale spazio di Safari Straight, sezione rettangolare 40x20 uguale per un chilometro; qui occorre guadare il terribile Web, terribile perché come tutti i

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Viaggio in Etiopia

Spedizioni all ’estero quei ricordi. Si percorrono i passaggi più sco­ modi a rilevare sperando di aggiungerli allo sviluppo, ma dopo un chilometro pagato ar­ rampicando e strisciando, al villaggio rispol­ verano una copia della topografia inglese da­ tata 1972 davvero troppo precisa; la Perla Nera non diventerà per mano nostra la grotta più lunga del Continente Nero. L'ultimo giorno violeremo la sacralità di Ayiew Maco spittando un difficile 7b su uno spigolo intarsiato, strapiombo da muscoli tre­ manti per il Paludrine con sicura in acqua sot­ to decine di paia di occhi e qualche fucile. Ultima notte tra le preghiere dei bambini.

S o f Omar Cave. L'ingresso Ayiew Maco. (foto M. Rivadossi)

fiumi che all'esterno scorrono placidi, in grot­ ta diventano così. Safari, Great Dome, la mitica Chamber o f Columns, un susseguirsi di corridoi bianchi, ton­ di o pentagonali per questa moschea sotterra­ nea. Il fiume inizia a rumoreggiare quando la stra­ da più breve è a sinistra quasi sbarrata da enor­ mi tronchi: pare che nella stagione delle piog­ ge qui le portate abbiano un bel da fare con i loro 140 metri cubi! E si può anche credere perché non vi sia ombra di fango, perché le pareti siano così bianche, smerigliate dalle pietre vulcaniche nei vortici. Il portale immenso e irreale che si affaccia su Holuca non è che una delle trenta aperture del­ la zona a valle, reticolo ortogonale tagliato dalla falesia, dal fiume verde smeraldo. Con gli altri dieci della serie di Ayiew Maco fanno

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il maggior numero di entrate che un unico vuoto possa vantare. Ah, giusto non possiamo attraversarlo, ci ri­ cordano i beduini in sottana che ci hanno scor­ tato nel loro tempio, trafelati: coccodrilli, e ti pareva! Tornando ci travolgerà qualcosa di grande. C'è un gran fuoco all'ingresso. Gli adulti danzano forsennatamente mentre il capovillaggio sgozza un paio di capre, le loro carni sulle fiamme tra il nostro timore, il grido Sof - Omar echeggia sul soffitto dell'androne. L'energia di aria e acqua, retaggi animistici di cui le pietre lisce trasudano, ci coinvolgono in un dejà vù forse antecedente anche alla regina di Saba. Ritmi assillanti di preghiere poi Gia­ como thè Soft farà giochi di prestigio per non mostrarsi vegetariano! Ruberemo fotografie, centinaia di fotografie a

Ad Addis ci renderemo conto davvero perché tutto ciò a momenti non valeva la pena e optia­ mo per un lungo trekking sul Ras Dashen, quarta vetta d'Africa. Ci separano però nove­ cento chilometri di sterrati già mediocri per l'epoca coloniale che mietono due gomme e un ammortizzatore. Fossilone l'africano non ci perdonerà mai la deviazione al Nilo Azzur­ ro e relativo testardo naufragio in cinque su una piroga di vimini in vista delle sue podero­ se cascate! L'antica Gondar poi Debarek, dove affittere­ mo guida e scout armato e muli obbligatori al­ l'entrata del parco dei Siemens. Quattro speleo arrabbiati muovono veloci le loro zampe risparmiando alle guide il motivetto creato per i turisti bolsi. Rispetto per lo straniero, per tutte le lunghe tappe, attraverso dislivelli spesso monotoni. Centottanta i chilometri di spettacoli ricamati sul bordo di una scarpata di duemila metri, pa­ tria dei babbuini gelada speleo e arrampicato­ ri, delle piante a forma di fiore, delle notti freddissime. All'orizzonte le ambe e i pinnacoli vegetati si perdono nella foschia. La scacchiera degli dei si addormenta prima di noi. Anche i gelada nelle loro tane da vertigine. Domani per Debarek sul cassone del camion siamo pressati, c'è gente sofferente che piange e vomita ma l'autista non ha pietà divorando a piena velocità quaranta chilometri d'inferno. Sorrideremo invece allo stuart che sbuffa con alito mefitico, pancia fuori dalla camicia, che genuflesso sul vassoio annacqua la coca cola; e la compagnia di bandiera ci ripaga con un at­ terraggio da paura. Nevrotiche ultime commissioni, il nostro viaggio era già finito da tempo, prima che ci brillassero gli occhi all'ambulatorio, prima di leggere Lufthansa su quella carlinga che avrebbe guarito la fastidiosa sensazione di es­ sere di troppo. Dall'oblò Mr. Charles Tanfowski è ancora nel piazzale con l'Esperta Chimica, una mamy da due quintali che sputa su dei sassi e dieci in­ servienti che fanno la stessa cosa. Gli spietati controlli antiterroristici impediscono di por­ tarci a casa gli ultimi quindici chili di carburo, mentre il pessimismo giuliano ci vorrebbe già nella parte dei prigionieri politici... Ricordi. Unici anche per la stessa Africa dove la pazienza e la meraviglia non sono mai ab­ bastanza.

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Viaggio in Etiopia

Spedizioni all’estero GEOGRAFIA Il territorio dell'Etiopia, compreso tra il Tro­ pico del Cancro e l'Equatore, corrisponde gran parte alla vasta regione di acrocori ed elevati altipiani (parte integrante, anzi più rappresentativa, dell'Africa Alta) posti tra la tozza penisola somala e la depressione dell'al­ to Nilo. Fatta eccezione per territori margina­ li come l'aridissima Dancalia (per altro quasi totalmente compresa nei confini dell'Eritrea) e gli altipiani dell'Ogadèn, che digradano già verso la Somalia orientale. Un grande blocco sollevato: durante i movimenti di innalza­ mento si verificarono immense fuoruscite di lava che raggiunsero in qualche punto lo spes­ sore di duemila metri. L'Etiopia ha una sua ben definita unità geo­ grafica e può considerarsi sostanzialmente costituita da una successione di altipiani di di­ versa estensione, elevati a quote di migliaia di metri, spesso tipicamente tabulari, incisi pro­ fondamente da grandiosi solchi di origine tet­ tonica o compartimentati da valloni, da gole incassate, forre e burroni. Durante l'Oligocene e il Miocene la parte set­ tentrionale dell'altopiano viene separata da quella meridionale da un'enorme e complica­ ta frattura, la Rift Valley o Fossa Galla, la più grande depressione terrestre caratterizzata dalla presenza di una serie di laghi in parte craterici o intervulcanici. Questo grande sol­ co, dopo aver attraversato diagonalmente l'al­ topiano, si allarga progressivamente nella re­ gione percorsa dal fiume Auasc dando origine alla vasta depressione della Dancalia.

La frattura, con i suoi elevati ciglioni esterni, permette di distinguere l'altopiano etiopico da quello galla-somalo, originariamente unitari. I fiumi etiopici derivano i loro caratteri princi­ pali dall'orografia e dalle precipitazioni ed hanno generalmente regime torrentizio. Una parte delle acque scorre verso il Nilo e quindi al Mediterraneo (Nilo Azzurro, Atbara); altre volgono verso il Mar Rosso e l'Oceano India­ no (Uebi Scebeli, Giuba), altre ancora si di­ sperdono nelle sabbie o finiscono in bacini la­ custri privi di comunicazione col mare.

CLIMA L'altopiano etiopico e in genere tutto il territo­ rio al di sopra dei 2.000 metri, ha notevolissi­ ma uniformità termica i cui caratteri essenzia­ li sono rappresentati da una media annua che si aggira intorno ai 18°C e da escursioni molto limitate fra temperature massime e minime. Nonostante il prevalere degli stessi caratteri climatici su tutto il territorio, la configurazio­ ne molto accidentata del rilievo, la presenza di valli che penetrano profondamente nell'alto­ piano, il regime dei venti e le condizioni bariche introducono notevoli elementi di diffe­ renziazione regionale. La regione confinante con il Sudan per esem­ pio presenta caratteri climatici tropicali mentre la fascia che confina con l'Eritrea, tutta la Dancalia e parte dell'Ogadèn sono fra le re­ gioni più calde e aride del mondo con tempe­ rature massime assolute di 50°C che uniti alla scarsa ventilazione e alla forte umidità rendo-

S o f Omar Cave. Uno degli ingressi di Holuca. (foto M. Rivadossi) no particolarmente invivibili questi luoghi. Un elemento climatico fondamentale della parte centrale più elevata è costituito dalle ab­ bondanti precipitazioni la cui intensità è de­ terminata dalla diversa esposizione del Paese rispetto all'Oceano Indiano seguendo un mec­ canismo di tipo monsonico. Su quasi tutte le alte terre etiopiche esiste una sola stagione piovosa, però tradizionalmente suddivisa in due periodi, “piccole piogge” e

S o f Omar Cave. Lungo il fiume, (foto P. Pezzolato)

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Viaggio in Etiopia

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SOF OMAR BALE— ITYOPYA

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“grandi piogge”, anche se in realtà non vi è una netta distinzione. In generale le piogge cadono nel semestre che va da aprile a settem­ bre con i picchi massimi concentrati nei mesi

di luglio e agosto. Caratteristica delle piogge è quella di manife­ starsi in forma temporalesca; frequente è la grandine.

of caos

ASPETTI GEOLOGICI In Etiopia il basamento è costituito da rocce granitiche e metamorfiche di età sconosciuta ma che si vuole indicare come precambriana, intensamente piegate e fratturate prima della deposizione delle serie posteriori. Durante il Liassico la Somalia e una parte del­ l'Etiopia furono ricoperte dal mare. Dividen­ do l'Etiopia in sette regioni dal punto di vista stratigrafico noteremo la presenza di calcari nelle seguenti aree: 1. Tigrai, calcari del precambriano superiore e calcari di Antalo risalenti al Mesozoico; 2. Alpi Dancali (ora in territorio eritreo), zona di catene montuose tabulari dove i calca­ ri costituiscono la massa principale il cui spessore raggiunge probabilmente il migliaio di metri. I fossili indicano il Giurassico; 3. Scioa, calcari di Antalo, Mesozoico; 4. Harrar, la zona occupa la parte occidentale dell'altipiano somalo con un'altitudine media di 1850 metri; i calcari raggiungono i 4-500 metri di spessore, l'età va dal Sequaniano al Kimmeridgiano; 5. Ogadèn occidentale, calcari con spessore massimo di 200 metri, età stimata Cenomaniano superiore - Turoniano inferiore. Sono segnalati anche gessi con potenziale attorno ai 200 metri ed età risalente al Cenomaniano; 6. Ogadèn orientale, presenza di calcari Eo­ cenici; 7. Giuba, calcari del Dava con età variabili (in base alla stratigrafia) dal Lias fino al Kimme­ ridgiano.

LA RICERCA SPELEOLOGICA IN ETIOPIA

Carta geologica dell 'Etiopia. I riquadri indicano le aree carsiche. (BSEE, 1972)

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Ricerche e prospezioni speleologiche sono state effettuate in alcune vaste aree monta­ gnose del Paese (regioni di Mekele, Harrar, Fantale, Shalla e Baie) ma pare che la zona più

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Spedizioni all’estero interessante (senza essere quella di potenziale maggiore) sia localizzata 300 chilometri sud­ est di Addis Abeba nella regione di Baie, im­ mediatamente a sud della Rift Valley. Carat­ terizzata da una serie di valli che incidono profondamente l'altopiano calcareo, que­ st'area risulta anche la meglio indagata: vi si trovano infatti le più importanti cavità etiopi­ che quali Sof Omar (15 Km di sviluppo) e Achere Cave (3,5 Km), ma le conoscenze spe­ leologiche sono ben lontane dall'essere com­ plete. Le indagini esplorative, escludendo le spedi­ zioni biospeleologiche (F. di Zeltner, 1901), riguardano quasi esclusivamente le grotte di Sof Omar: la prima visita è del 1897, poi per conto di italiani nel 1913 e 1938, fino alla pri­ ma traversata completa, trattandosi la grotta di un traforo idrogeologico, ad opera dell'in­ glese Chlapman nel 1966. La prima spedizione speleologica moderna­ mente intesa è del 1972 (British Speleological Expedition to Ethiopia) che appunto aggiorna lo sviluppo della grotta più importante e cono­ sciuta del Paese a 15.100 metri di sviluppo. Sof Omar diventa la grotta più lunga dell'inte­ ro continente africano mentre l'esplorazione di alcune grotte verticali è a cura dell'Univer­ sità di Addis Abeba (Enkoftu Mohu, -192 m). Successivamente le ricerche sono state inter­ rotte dalla guerra civile: i pochi tentativi con­ dotti da russi ( 1983 - 1985), da svizzeri ( 1994) ed altri non hanno significativamente allarga­ to le conoscenze speleologiche su questa ed altre interessanti aree che per difficile accessi­ bilità e gravi problemi logistici (in taluni casi proprio di sicurezza!) rimangono compietamente sconosciute. In molte zone per esempio attendono di essere esplorati vasti altipiani dove il calcare (per lo più della formazione di Antalo) raggiunge va­ rie centinaia di metri di spessore lasciando in­ tendere con chiarezza la possibilità di rintrac­ ciare cavità anche molto profonde.

PROBLEMI BUROCRATICO - AMMINISTRATIVI Sia ben chiara una cosa: in Etiopia la burocra­ zia ereditata dalla dittatura socialista di Mengistu è sopravvissuta al nuovo corso politico per cui organizzare qualsiasi spedizione di­ venta problematico e molto dispendioso. Al­ tresì bisogna tener conto che le regole ora in vigore sicuramente tra sei mesi saranno cam­ biate e cosi via. Una cosa è certa: bisogna comunque pagare, e molto, senza tener conto delle quantità di tem­ po da dedicare a districarsi nell'oceano di mi­ nisteri che bisogna visitare dove vale la regola ferrea per cui nessuno è al corrente delle com­ petenze dell'altro, girare senza sapere di fatto a chi rivolgersi per ottenere qualche fantoma­ tico permesso. Ammesso di esser riusciti ad ottenere tutto in Addis Abeba, bisogna poi fare i conti con i funzionari ed il governatore della regione che si vuole visitare: là bisogna ottenere altri per­ messi, pagando ovviamente, più qualche ac­ compagnatore locale al seguito. Così dopo

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Viaggio in Etiopia tante attese, permessi, gabelle si accede alla fase locale ovvero la realtà rurale composta dai capi villaggio, i sultani e chiunque abbia un minimo di autorità magari solo su di un branco di pecore. Tutti chiederanno qualcosa e non basteranno le conversazioni d'obbligo per non irritare queste popolazioni spesso tutt'altro che pacifiche. Visto che la speleologia è considerata materia di studio, qualsiasi spedizione deve prevedere un appoggio ufficiale tramite un'università: in tal caso è necessario contattare l'ambasciata etiope a Roma presentando un progetto della spedizione e relativo budget comprensivo di tutto. All'arrivo in Etiopia le autorità locali pretenderanno il 10% di tale bilancio come tassa d'ingresso o se vogliamo come balzello doganale... Sempre tramite l'ambasciata a Roma si dovrà contattare il Ministero della Cultura e quello dell'Agricoltura che vaglie­ ranno la concretezza della richiesta. Il tutto va presentato almeno un anno prima della par­ tenza! Da notizie sembra che adesso venga richiesta una somma di 1.600 dollari per ogni spedizio­ ne che entri per motivi di studio. Con questi presupposti anche una prospezio­ ne in Etiopia diventa molto dispendiosa sotto ogni punto di vista. Senza i permessi non si può fare nulla che esca dalle normali rotte turistiche, pena l'arresto!

CONCLUSIONE La cosa migliore sarebbe attendere lo stabiliz­ zarsi delle varie situazioni etno-politiche del­ le regioni etiopiche ed eritree oltre una regola­ rizzazione dell'attuale burocrazia per riuscire a fare una prospezione completa nelle zone più interessanti ovvero le Alpi Dancali e il Massiccio dell'Harrar, questo per rendersi poi conto degli enormi problemi logistici di quel­ le aree dove non esistono strade e probabilità di reperire l'acqua. I costi sono tuttora molto alti (autonoleggio proibitivo) e cercare di ab­ batterli comporterebbe enormi quantità di tempo. Comodo sarebbe appoggiarsi alla locale fa­ coltà di geologia ma senza un'ufficialità di­ venta impossibile anche richiedere carte geo­ grafiche o geologiche!

Certo le Alpi Dancali sono un miraggio allet­ tante dove la speleologia avrà sicuramente grosse soddisfazioni a patto di un'organizza­ zione molto complessa e con notevoli fondi per poter operare diversi anni prima di rag­ giungere qualche risultato.

RINGRAZIAMENTI La spedizione patrocinata dalla SSI e dal CAI è stata realizzabile grazie all'interessamento delle ditte Longoni Sport (Co), Ande (Le), Gialdini Adventure Team (Bs), dei gruppi speleologici CGEB e GGB, oltre all'entusia­ smo degli amici come Sonia Reboulaz, Paola Turconi e Jean Jeacques Bolanz. A tutti loro un grazie sincero. □

PROMEMORIA Viaggio - voli da Roma settimanali con Ethiopian Airlines, da Francoforte voli ogni due giorni con Lufthansa (1.500.000 £, 7 h). - passaporto con visto dell'ambasciata d'Etiopia a Roma (ottenibile in 15 gg. Tramite agenzie) genera­ lizzando “scopo turistico”, ovviamente. - vaccinazione obbligatoria contro la febbre gialla, consigliata 1'antitifka e la profilassi antimalarica (in previsione di visitare zone sotto i 2.000 m). - moneta: dollari da cambiare (man mano e solo in banca) in bir: Attenzione al rientro che il bilancio tra le dichiarazioni sia preciso e giustificabile.

Materiale collettivo da recuperare prima del viaggio - farmacia completa (di normale utilizzo speditivo con particolare cura per i farmaci contro i problemi gastro intestinali, punture di varia natura e insola­ zioni). - creme solari. - integratori salini e vitaminici. - filtri acqua a pompa e ricambi, prodotti potabiliz­ zatori. - bidoni stagni da 50 litri - fornello a benzina (il gas non si trova). - liofilizzati (indispensabili per il fatto di non poter magari conservare il cibo fresco).

Materiale reperibile in Addis Abeba - taniche (attenzione non siano forate!). - stoviglie, pentolame, contenitori ermetici vari. - prodotti per la pulizia. - cibo di ogni tipo (supermercati). - carburo (presso fabbri o mercato).

BIBLIOGRAFIA Caves o f Ethiopia, the transaction o f the cave research group o f Great Britain - Volume 15, n° 3, September 1993 ANDREA SEMPLICI - Etiopia - Club Guide, Collana Paesi The bulletin south Africa speleological association - volume 32, 1991 The caver's magazine Descent - August/September 1996, n° 131 Atti del I X Congresso Internazionale di Speleologia - Spagna 1986, volume II FABRIZIO POMPILY / CARLO CAVANNA - La spedizione maremmana in Etiopia 100 anni dopo Vittorio Bottego DAINELLI / O. MARINELLI - Di alcune grotte della colonia eritrea - Estratto da “Mondo sotterraneo”, bollettino del Circolo Speleologico e Idrologico Udine, 1909 Grottan, organ fò r sveriges speleolog-fdrbund - n°2 arg. 9, maggio 1974 COURBON & CHABERT - Atlas o f great caves o f the world - 1989 ENI - Enciclopedia del petrolio, Etiopia PHILIP BRIGGS - Giade to Etiopia

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SPEDIZIONI ALL’ESTERO

DIARIO DI UN VIAGGIO AI CARAIBI FRATELLI SPELEO

ANTEFATTO Grande concorso! Ricordate l'annuncio ap­ parso circa tre anni fa su queste pagine? Credo che pochi lo presero sul serio, me compreso. Ma tant'è, l'Associazione stabilì che fossi io il... meritevole, e certo la cosa non mi procurò dispiacere. Mio compagno di viaggio doveva essere Mimmo Lorusso, pugliese, che però fu fregato dal servizio civile. Dunque partii col biglietto pagato da “La Venta”. E sebbene il viaggio si concluse nel breve arco di una settimana, fu per me un otti­ mo assaggio dell'isola caraibica nei suoi vari aspetti, soprattutto speleologici. L'occasione mi consentì di incontrare figure emblemati­ che della speleologia cubana, personaggi qua­ si storici, e mi fu utile a stabilire contatti che durano ancora oggi (specie adesso che laggiù hanno la posta elettronica). Confrontai dun­ que la mia esperienza italiana, e in generale europea, con una cultura speleologica per nul­ la inferiore alla nostra, se non negli aspetti le­ gati a fattori economici. È passato poi un po' di tempo prima che mi de­ cidessi a fame un resoconto. Ma di quella se­ rie fortunata di coincidenze ed incontri, ora fi­ nalmente vi narro.

L'ARRIVO

Racconto di un italiano alla ricerca della Cuba speleologica Natalino RUSSO Società Speleologica Italiana mi aggiro per il corridoio in cerca di un volto solitario con cui dividere una doppia in qual­ che albergo di Varadero prima di spostarmi, il giorno successivo, a La Habana. Mi siedo ac­ canto a un signore corpulento e pacioccone che legge il giornale. Le solite domande timi­ de, del tipo “Dove v a... cosa fa.. Per farla breve, il tizio sta andando a far visita al figlio, trasferitosi da anni a Cuba, e non esita ad invitarmi a casa sua, sulla spiaggia di Guanabo, a 20 Km dalla capitale. Gli stringo la mano: affare fatto! E mi si stampa in faccia un largo sorriso che non mi lascerà fino al ritorno. L'Italiano vive con gente del posto. Acco­ glienti, simpatici, neri, di marcate origini afri­ cane. La spiaggia proprio dietro casa è di quelle snobbate dal turismo di massa: una tranquillità tropicale. Decido di restare un al­ tro giorno: La Habana e le grotte possono aspettare.

Il successivo spostamento nella capitale av­ viene a bordo di una vecchia macchina ameri­ cana, che di originale conserva ben poco. Sono diretto alla sede della Sociedad Espe­ leológica de Cuba (SEC), il cui indirizzo mi è stato fornito dall'infallibile Forti. Insieme all'autista e all'auto borbottante giun­ go a Miramar, cerco il posto nel complicato sistema di numerazione civica in uso a Cuba. Poi finalmente ci siamo. Busso. Mi risponde una vecchina minuta come un filo: Isabel. Do­ mestica in quella casa fino alla rivoluzione, ha continuato a viverci anche dopo, quando l'edi­ ficio fu assegnata alla SEC. Ovviamente anche qui non sussistono proble­ mi per dormire e, scarafaggi a parte, per il re­ sto del mio tempo sull'isola sono a posto. Ma sto giusto cacciando le cose dallo zaino quan­ do entra una ragazza, tal Ana Abraham Alon­ so. Si presenta, mi presento. Perfetto: Anita è stata tre mesi in Italia e questo tipo di scambi la entusiasma. Non a caso: cura i rapporti del­ la SEC con le spedizioni a Cuba e perciò co­ nosce mezzo mondo, sia fuori che in patria. Inoltre per mia meschina fortuna, se così si può dire, nonostante la laurea in ingegneria, è per qualche giorno senza lavoro, il che signifi­ ca tutto il tempo da dedicare alla mia visita. Me lo dice sorridendo. E se sorride lei... Sono senza parole.

Il charter svuota il suo carico di pallidi turisti a Santiago de Cuba, nel sud del paese. Riparte in una notte di poche luci, spezzata dai baglio­ ri americani di Guantanamo. Nell'ora di volo che segue mi domando dove andrò a dormire, faccio mille pensieri finalizzati al risparmio, Abstract This is the report of a journey of the author in Cuba, where SSI sent him in aprii 1996. There he enlaced contacts with a lot of emblematic persons of the local speleology, making interviews with the president of Sociedad Espeleológica de Cuba (S.E.C.), dr. Antonio Nunez Jimenez, an other leaders of the organization. The author visited also some caves, like the system named Gran Caverna de Santo Tomas, the Bellamar cave, near the sea, and other important caves used during the revolution.

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Vinales. Paesaggio carsico tropicale, (foto N. Russo)

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Spedizioni all’estero

Diario di un viaggio ai Caraibi

Gran Caverna De Santo Tomás, (foto N. Russo)

ORGANIZZAZIONE CUBANA Sembra un controsenso, ma chi ha avuto rap­ porti con gli speleologi cubani si sarà reso con­ to deH'efficienza della loro organizzazione, che in quanto ad approcci, metodi, strategie di salvaguardia ed esplorazione, non ha nulla da invidiare alle realtà a noi più vicine. La tecnica, poi, quella è un altro discorso, ché risente di un trentennio di dura vessazione economicocommerciale, colpevole di impedire l'arrivo di attrezzature evolute (corde, attacchi, trapani, ma anche caschi, impianti), che normalmente fanno da volano allo sviluppo delle tecniche ad esse associate. Ma torniamo agli aspetti organizzativi. Innan­ zitutto Cuba ha un numero di speleologi pari se non superiore (in rapporto) alla media europea. Ed è questo un dato che propongo di considera­ re al di là del fatto che anche i dati sul numero di analfabeti, di laureati, di scrittori, possono essere portati da Cuba a testa alta. Il numero di speleologi è però un valore che di un paese la dice lunga sul suo grado di sviluppo non solo culturale in senso stretto, bensì civile, economico, scientifico. Sviluppo ora a Cuba segato alla base, ma che fino a venf anni fa van­ tava primati mondiali di tutto rispetto, anche in senso speleologico. E del resto chi non ha an­ cora risolto i problemi legati alla sussistenza non si sognerebbe di andarsene per grotte. Uno dei miei primi incontri lo faccio nella splendida sede della Fundación de la Natura­ leza y el Hbmbre, a pochi passi dalla SEC. Si tratta di Antonio Nuñez Jiménez, presidente storico della società speleologica cubana, vate

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dell'esplorazione caraibica e non, che mi intro­ duce subito nel suo mondo di ricordi ed impre­ se memorabili. Oltre alle grotte, i suoi interessi hanno spaziato dal mare alla montagna, dalla geografia all'etnologia. Sempre con un chiodo fisso: esplorare. Nonostante gl'impegni a raffi­ ca, che lo hanno visto professore, ambasciatore, vice ministro. Il piacevole dialogo che ho con lui e con Angel Grafia González, suo segretario, si svolge nei raffinati locali della Fundación, che cura un al­ lestimento permanente di cimeli e memorie (per la verità un poco egocentriche) di imprese cui ha preso parte Nuñez Jiménez: dalla rivolu­ zione al fianco del Che, con tanto di foto e lette­ re, all'uso militare delle grotte in quegli anni, da una traversata oceanica in piroga ai rapporti e le collaborazioni con i più grandi esploratori del secolo: navigazione in Antardide, archeo­ logia in mezza Europa ed America, esplorazio­ ne sul Rio delle Amazzoni. Poi i due mi illustrano l'organizzazione della SEC, nelle linee generali simile alla nostra SSI, tranne per il fatto di essere un'istituzione gover­ nativa. I soci singoli versano una quota mensile, mentre i gruppi pagano annualmente in base al numero di soci. L'organizzazione, che copre ca­ pillarmente tutto il territorio nazionale, cura so­ prattutto gli aspetti scientifici legati alla salvaguardia e i progetti didattici. A questo scopo esistono diversi Comite Espeleológicos Provin­ ciales (CEP) dedicati ai singoli temi, e di recente è stata istituita una Escuela Nacional, sita nei pressi della Gran Caverna de Santo Tomas, che i due mi esortano a visitare. Le chiacchiere si concludono con una stretta

di mano e con l'augurio di rivederci presto. Ma il 13 settembre di quest'anno Nuñez Jimé­ nez è deceduto, portandosi via un prezioso ba­ gaglio di ricordi, e chissà quanti progetti esplorativi ancora da realizzare. Diffusa da al­ cuni speleologi cubani a mezzo internet, la notizia ha fatto in breve il giro del mondo.

LE GROTTE Lo speleologo a Cuba non può interessarsi di grotte prescindendo dall'imponente morfolo­ gia carsica tropicale, che in alcune regioni si manifesta in maniera sorprendente. Al mio rientro in sede SEC, trovo Anita ad aspettarmi. Entusiasta, non ancora pentita dell'impegnativa promessa di portarmi in giro, è lì con due biciclette, con cui avremo modo di girare La Habana da cima a fondo. Poco dopo mi presenta suo marito Pepe Gerhartz Muro, geomorfologo, di remote ori­ gini mitteleuropee, tesoriere della SEC. Con i due stringo un ottimo rapporto che tuttora continua. Ma non c'è tempo da perdere : i posti da vedere sono tanti, e farli stare tutti nel tempo che ho a disposizione è un'impresa non facile. Ci orga­ nizziamo, partendo per un giro di tre giorni nella regione di Pinar del Rio e Vifiales, nella Sierra de los Organos, a sud ovest della capi­ tale. E una regione traforata di grotte fino al­ l'inverosimile, con sistemi ipogei dallo svi­ luppo dell'ordine delle decine di chilometri. Forse proprio per questo è nata qui la Escuela Nacional de Espeleología, un centro moderno

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Diario di un viaggio ai Caraibi e curatissimo, dotato di diversi spazi attrezza­ ti a dormitori, aule, mense, magazzini. Qui Anita e Pepe mi presentano Joseito, diret­ tore della scuola. È una persona simpaticissi­ ma, che a quanto pare dedica la vita alla speleologia: vive qua con la moglie, spenden­ do tutto il proprio tempo nella cura del prato, nella rifinitura della logistica, nella messa a punto dei programmi didattici, nella ricerca di materiale. “Questo è il vero problema della nostra speleologia, - mi dice, - abbiamo poco materiale, e quando c'è è obsoleto”. Intanto mi apre la porta del magazzino, dove con uno sguardo posso verificare le sue parole: po­ chissimi caschi, solo impianti elettrici (con le batterie che costano come l'oro), gli attrezzi sembrano pezzi rari di un museo. “Eppure ab­ biamo dei programmi all'avanguardia, for­ miamo la gente con criteri moderni, ospitia­ mo le numerose esplorazioni in atto negli sterminati sistemi carsici che ci circondano”, continua il direttore. Uno di questi sistemi è la Gran Caverna de Santo Tomas, dichiarata monumento nazio­ nale, esplorata quasi esclusivamente nei tratti suborizzontali per via delle carenze tecniche cui facevo cenno, ma che già così può vantare uno sviluppo che sfiora i 50 Km, su sette di­ versi livelli. Trascorriamo buona parte del primo giorno nelle immense gallerie di questo sistema car­ sico, esteso tra un mogote e l'altro, spesso ve­ nendo a giorno nel mezzo della foresta con de­ gli improvvisi hoyos (doline di crollo) che lanciano nella cavità raggi di luce e liane e ra­ gnatele enormi. Qui la vegetazione si è aperta un varco nel buio, e le possenti radici affonda­ no sinuose nei suoli in rapida formazione. Poi si entra di nuovo in grotta, seguendo la natura­ le prosecuzione delle gallerie, concrezionate in maniera fantastica, e in cui occhieggiano lontane finestre che ancora attendono di esse­ re esplorate. Ma Santo Tomas non è certo l'unica grande cavità della zona. Il sistema Majaguas-Cante­ ra, ad esempio, misura 35 Km, mentre quello di Palmarito supera i 20. Ancora un esempio: nella vicina Sierra del Rosario si apre la Gran Caverna de los Perdidos, esplorata fino ad oggi per circa 30 Km. E poi ci sono i sistemi sommersi, che superano a volte i 2000 metri di sviluppo. L'importanza di molte di queste cavità è lega­ ta all'utilizzo militare che ne fu fatto alla fine degli anni Cinquanta e immediatamente dopo la rivoluzione. Alcune recano una targa con i nomi dei caduti, oppure il ricordo del passag­ gio del Che o di Fidel Castro. Ancora oggi esi­ stono aree di esclusiva competenza militare, interdette quindi ai civili, dove vengono svol­ te esercitazioni o comunque altre manovre co­ perte dal segreto militare. Lo stretto legame spesso intercorrente tra Sta­ to Militare e grotte ha fatto sì che nell'isola fosse fortemente favorita (soprattutto in pas­ sato) qualunque attività tesa alla ricerca e al­ l'esplorazione delle cavità carsiche. E fin quando l'economia cubana è rimasta aggan­ ciata a quella sovietica le cose sono andate bene, nonostante l'embargo. Adesso le cose sono molto cambiate.

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Spedizioni all 'estero

La Cueva Escarlata (Cueva Bellamar). (foto N. Russo)

IL RITORNO Le nostre attività si sono susseguite a ritmo frenetico, passando dalla montagna alle visite in città, dove Anita sembra conoscere tutti: entriamo al Museo Nacional de Ciencias Naturales e mi presenta il direttore, nei vari posti archeologici e turistici saluta chiunque trat­ tandoli da amici. Incredibile. Ma una settimana passa davvero in fretta, e così ecco arrivato l'ultimo giorno. Gli amici cubani, così credo di poterli chiamare, mi hanno accompagnato all'aeroporto. Ma prima abbiamo fatto una sosta alla Cueva de Bella­ mar, una grotta (turistica) ricca di formazioni cristalline e sfruttata dall'ente per il turismo in collaborazione con i gruppi speleologici. Poi ci siamo salutati con qualche lagrima, da sentimentali che siamo, e ormai l'aereo è par­ tito. È sera e dal finestrino non si vede nulla, se non l'esplosione di luci sulla spiaggia di Varadero, dove i turisti si rotolano nei loro lussi a buon mercato. Io invece tomo a casa, portando con me tante foto, pagine e pagine di diario (che vi ho ri­ sparmiato), appunti vari richiestimi da Siccar-

Gran Caverna de Santo Tomás, (foto R. Lopez Silveiro)

di per una spedizione dei Savonesi, il carnet di membro della secretary. Ma soprattutto porto a casa un'esperienza che, per quanto condensata nello spazio di otto giorni, mi ha regalato la conoscenza di una realtà portentosa e ammanettata, parzialmen­ te libera, e dei suoi instancabili fautori. Resteremo amici. □

BIBLIOGRAFIA E PUBBLICAZIONI DI INTERESSE Academia de Ciencias de Cuba (1990), Nuevo Atlas Nacional de Cuba, La Habana. Balado Piedra E. - Grupo Martel, S.E.C. (1991), Compilación de las cavernas más significa­ tivas del archipílago cubano, Lapiaz, Mon. III, pp. 38-40. Balado Piedra E. & Folres Valdés L. - Gmpo Martel, S.E.C. (1991), Sistema Majaguas-Can­ tera, Lapiaz, Mon. III, pp. 40-41. Nuñez Jiménez A., 40 años explorando Cuba, Ed. Científica Técnica, La Habana. Nuñez Jiménez A. et al. (1988), Cuevas y carsos. La Habana. Nuñez Jiménez A. (1990), La Gran Caverna de Santo Tomas, monumento nacional, Ed. Jane, La Habana. Gerhartz Muro J. L. - S.E.C. (1991), Algunas reflexiones sobre la ordenación territorial de los paisajes cársicos en Cuba, Lapiaz, n. 20, pp. 22-24. Gerhartz Muro J. L. & Abraham Alonso A. N. - S.E.C. (1991), Características climáticas de la región de Vinales y su relación con elfuncionamiento hidrológico del sistema caverna­ rio de Palmarito, Lapiaz, Mon. III, pp. 50- 53.

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SPEDIZIONI ALL’ESTERO

RICOGNIZIONE SPELEOLOGICA NEL LAOS CENTRALE RIASSUNTO L ’obiettivo principale di questa ricognizione nel Laos centrale (marzo 1997) era di indivi­ duare le aree carsiche in cui organizzare una successiva spedizione, identificare le difficol­ tà logistiche e all’occasione fare qualche esplorazione. I risultati conseguiti, viste le premesse, sono dignitosi: siamo riusciti infat­ ti ad esplorare alcune grotte, in due delle zone visitate, che sono state rilevate per circa 2 km

Appunti da un viaggio di preparazione ad una spedizione Elisabetta PREZIOSI Mimmo SCIPIONI ASIC

sbocchi sul mare e questo, oltre allo svantag­ gio commerciale, ne limita lo sviluppo turisti­ co. Fra le sue maggiori risorse vi sono il legno e l’energia idroelettrica potenziale. Si calcola che il 50% della vegetazione del Laos sia an­ cora costituito dalla foresta monsonica, am­ piamente sfruttata dai confinanti vietnamiti e tailandesi, in cerca di legno pregiato dopo aver decimato le foreste di casa propria. Le nuove centrali idroelettriche, funzionanti o in costruzione grazie a progetti intemazionali, serviranno a produrre energia elettrica da ven­ dere ai paesi confinanti. Stretto tra la potenza politica del Vietnam e quella economica della Tailandia, il Laos rischia però di perdere rapi­ damente sia le sue risorse naturali che la sua identità culturale. La prima documentazione sul carsismo lao­ tiano risale ai tempi dell’Indocina francese (Macey, 1908), quando vennero percorsi e de­ scritti alcuni tra i principali trafori carsici del Laos centrale. A partire dal 1992 sono state condotte alcune esplorazioni nella zona di Luang Pha Bang (Mouret 1993), nel Khammouane (Mouret 1993, Mouret & Vacquie 1993, Mouret et alii 1994, Broquisse & Mou­ ret 1996, Gregory 1996) e nei dintorni di Vang Vieng (Gregory 1996) L’obiettivo principale di questa ricognizione (marzo 1997), in due e quindi “leggera”, era di individuare le aree carsiche in cui organizzare una successiva spedizione, identificare le dif-

Carso a coni nei dintorni di Vang Viang, Laos centrale. complessivi. Le difficoltà incontrate princi­ palmente sono state: ottenere i visti d’ingres­ so, trovare un mezzo di trasporto privato a prezzi accettabili, infine i problemi sanitari ti­ pici di un paese tropicale.

Abstract The authors give the results of a visit to two important karst areas in Central Laos. The aim of the reconnaissance was to identify the pratical problems and prepare for a full scale expedition to the region. However, during their 20 day stay they were also able to explore and survey caves, some of impressive dimensions, in both areas.

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I paesi del sud-est asiatico stanno attirando negli ul­ timi anni T interesse della speleologia “occidenta­ le”, specie quelli, come il Vietnam e il Laos, che solo recentemente hanno liberalizzato il turismo. II fascino dell’oriente, in­ sieme alla prospettiva di en o rm i aree ca rsic h e “inesplorate”, fungono da richiamo per viaggiatori e speleologi. Il Laos, una nazione di 235.000 Kmq, con poco più di 4 milioni di abitan­ ti, si trova fra Cina, Viet­ nam, Tailandia, Birmania e C am b o g ia. N on ha

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Ricognizione speleologica nel Laos centrale

Spedizioni all’estero ficoltà logistiche e all’occasione fare qualche esplorazione. I risultati conseguiti, viste le premesse, sono dignitosi: siamo riusciti infat­ ti a visitare alcune grotte, in due delle zone vi­ sitate, che sono state rilevate per circa 2 km complessivi e documentate fotograficamente. Le ricognizioni speleologiche in Laos hanno un sapore particolare: le grotte sono general­ mente note agli abitanti del villaggi, che le uti­ lizzano come luoghi di culto religioso, come trafori naturali fra una valle e l’altra, o come “riserve di pesca” o ancora per la raccolta di nidi di rondine. Non si può quindi parlare di esplorazione nel senso stretto del termine, mentre manca in genere una documentazione topografica sulle cavità, la cui realizzazione può certamente essere importante. Sulla base delle informazioni raccolte, abbia­ mo organizzato la ricognizione: durante circa 20 giorni, 4 dei quali trascorsi nella capitale Vientiane alla ricerca di carte topografiche e materiali vari, sono state visitate tre zone car­ siche del Laos centrale (dintorni di Vang Viang, dintorni di Thakhet, dintorni di Lac Sao); in due di queste è stato possibile visitare e rilevare alcune cavità. Le grotte visitate sono principalmente dei tra­ fori e si sviluppano in una formazione calca­ rea del Carbonifero-Permiano. La morfologia superficiale è caratterizzata dalla presenza di

Speleologia di spedizione: in bici verso la grotta.

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Spedizioni all’estero

Ricognizione speleologica nel Laos centrale

Tham Nasom: il ramo “secco

visto d’ingresso dall’Italia e l’elevato costo dell’affitto dei fuoristrada, tanto che sembra più conveniente chiedere il visto e affittare le auto in Tailandia. Contrariamente a quanto letto su altri articoli sul Laos non abbiamo incontrato alcun pro­ blema a causa di mine inesplose. Abbiamo però avuto conferma della loro presenza in zone più prossime al confine col Vietnam. Nella regione a nord di Vang Vieng (fra Kasi e Luang Pha Bang), dove ci siamo recati alla ri­ cerca di un possibile tunnel individuato sulle carte, attualmente vi sono dei problemi a cau­ sa di gruppi di ribelli o di banditi e potrebbe essere pericoloso, o proibito, muoversi al di fuori delle strade principali.□

Tham Son: veduta della galleria in prossimità dell’ingresso. Il torrente che scorre nella grotta dà origine al Nam Ka.

coni e pinnacoli con pareti acclivi e quote spesso elevate rispetto ai fondovalle. Per que­ sto motivo i laotiani preferiscono a volte ser­ virsi di tunnel carsici per spostarsi all’interno delle aree carsiche. In conclusione è stato possibile individuare alcune aree particolarmente interessanti per successive spedizioni, sia nei pressi di Vang Vieng che nel Khammouane. Le difficoltà principali sono state ottenere il

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BIBLIOGRAFIA MACEY P. (1908), Cours d 'eau souterrain du Laos. Bulletin et mémoires de la Soc. De Spéléo­ logie, n. 52, Juin 1908, 27 p. MOURET C. & VACQUIE J.F. ( 1993), Deux écoulements karstique souterraines du Laos cen­ tral. Spelunca, n. 51, pp 41,45. MOURET C„ COLLIGNON B: & VACQUIE J.F., (1994), Notizia in “Ecos de profondeurs étranger”. Spelunca, n. 55, pp. 5,6. BROQUISSE F. & MOURET C., (1996), Notizia in “Ecos de profondeurs étranger”. Spelunca, n. 64, pp. 11,14. GREGORY A., (1996), Notizia in “The Caving Scene”. The Inter. Caver, 18, p. 38. Rep. Democratica Popolare Laos, Serv. Geografico di Stato: fogli topografici in scala 1:100.000: E-48-90 (Thakhek); E-48-91 (B. Mahaxai); E-48-37 (Vangviang).

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NOTIZIE DALL’ESTERO

MESSICO CHIAPAS - PROJECTO ESPELEOLOGICO CERRO BLANCO Importanti risultati esplorativi sono stati raccolti a Gennaio '98 nel nord del Paese dalla spedizione organizzata dal GG Brescia alla quale hanno preso parte oltre a sette bresciani un triestino della SPDT e uno sloveno del JDDK: la campagna rientra nel­ l'ambito del programma di ricerche intemazionali coordinate daH'americano-messicano Ruben Comstock. Nella splendida zona di carso tropicale alpino situato tra la citta­ dina di Pueblo Nuevo e la parte sommitale del massiccio di Cerro Bianco (2400 m) sono stati rilevati 5,4 Km suddivisi in 4 diverse cavità, nuove o in sospeso dalla scorsa spedizione (vedi “Speleo­ logia” n°37, pp. 69-71). Varie punte e battute: oltre al solito bot­ tino di foto e topografie, anche il sacrificio di un discreto filmato tra Cueva de Chilocayote ( 1.000 m, -120 m), Cueva de Maravillas (3.400 m), Cueva de Rinchon Chamula ( 1.800 m, -70 m) e Cueva de Lunes (-290 m). Le sorprese più eclatanti verranno poi dal versante opposto della stessa montagna, lungo i dolci pendìi che degradano nei pressi dei villaggi di Arroyo Grande e Soconusco, una monoclinale spesso deforestata compresa tra i 2.300 e i 1.000 m di quota, cor­ rugata in superficie da doline, avvallamenti e corsi d'acqua che si perdono non appena la ridicola copertura arenacea cede. Sono solo i presupposti dei grandi sistemi esplorati per oltre 40 Km a partire dal 1989 dai colleghi statunitensi e canadesi (ancor prima dagli italiani Sbordoni & C.), grandi pozzi in tiro unico (fino a 295 m!) alla base dei quali solitamente dipartono le ramificazio­ ni suborizzontali percorse da impetuosi torrenti. In basso ovvia­ mente risorgive, accessi fossili, gallerie colossali... Dalla seconda metà del mese per vari cambiamenti di program­ ma ci si ritrova a lavorare sui grandi sistemi di Soconusco (5 in­ gressi, 12 Km, -570 m) e il collettore di Aire Fresco (10 Km, +350 m) a fianco dei colleghi d'oltreoceano. È chiaro che dopo otto anni di ricerche uno dei loro obiettivi è la giunzione tra que­ sti due colossi tra l'altro piuttosto differenti. Dopo una prima punta nostra, turistica se non fosse per aver arrampicato 100 m di una modesta confluenza attiva, il 16 gennaio 1998 si toma ad Aire Fresco, due grappi e due propositi: loro a monte, noi a rive­

dere una lunga diramazione laterale. Non c'è alcun clima di competizione, ma la fortuna regalerà a tre di noi l'incredibile soddisfazione di ricadere sul torrente interno di So­ conusco, non prima di aver percorso un labirinto di passaggi sco­ modi e difficili giusto per non dimenticare la speleologia di casa. E fatta: il complesso Soconusco - Cueva de Aire Fresco raggiun­ ge così i 25 Km andando ad occupare la prima piazza fra le grotte più lunghe del Chiapas e la quarta dell'intero Messico! Ma la spedizione, suggellata da uno dei più grossi risultati esplora­ tivi raccolti da speleologi italiani all’estero, non è ancora finita. Dopo una pausa dedicata più a W nella municipalità di Coapilla alle prese con la Cueva de Dolores (risorgenza lunga meno di un km posta alla base di una spettacolare falesia), il 26 dello stesso mese si è ancora ad Aire Fresco per continuare le risalite dei cali­ forniani Matthew & C. lungo l'amonte principale. Da un’enorme e friabile diaclasi (ecco spiegato il caloroso invito degli am ici... ) una serie di arrampicate fanno riprendere l'aria in corridoi a meandro poi grandi e basse gallerie, 1.500 metri ansi­ mando fino ad intravedere radici e addirittura un francobollo d'az­ zurro. Con una frenetica disostruzione dall'interno viene presto li­ berato l'ingresso sbucando alla base di un salto lungo il greto secco di un torrente stagionale battuto palmo a palmo proprio il giorno prima! A 5 Km dall'entrata bassa, 550 m più in alto siamo tre ita­ liani e l'amico canadese Taco ad urlare di gioia. L'indimenticabile esperienza messicana inaugurata proprio i pri­ mi giorni di gennaio con la terza traversata del Sistema La Venta, si conclude gli ultimi due giorni con un'altra ripetizione interna­ zionale, italiani e americani insieme nel meraviglioso traforo del Chorradero, splendido canon sotterraneo a due passi da Tuxtla (a saperlo ... ) quindi grotta molto acquatica, esilarante, ma non da sottovalutare con 4.000 metri di sviluppo e quasi 400 di dislivello, che obbliga la rumorosa squadra a decine di tuffi (fino a 12 m) con l'obbligo di sole 4 calate a corda. Un luna park d'acqua! A presto un lavoro esauriente. Matteo Rivadossi Gruppo Grotte Brescia “C. Allegretti ”

SPAGNA NOVITÀ ESPLORATIVE DAI PICOS DE EUROPA Nella prima metà del mese di agosto la spedizione speleologica italo-francese PICOS '98 ha proseguito il lavoro di ricerca inizia­ to già da qualche anno nel Massiccio Occidentale dei Picos de Europa (Parque Nacional de la Montana de Covadonga, provin­ cia de Leon). In particolare quest'anno l'attività ipogea si è svolta soprattutto aO'intemo della grotta M921-Pozo Thesaurus Fragilis, il cui in­ gresso è ubicato alla quota di 2 000 metri s.l.m. nella dolina Vega Huerta. Le nostre aspettative sono state soddisfatte in quanto il sistema, esplorato fino alla profondità di -610 metri per uno svi­ luppo di circa un chilometro, si è rivelato complesso e ben artico­ lato, presentando numerosi arrivi d'acqua che lasciano ipotizzare eventuali collegamenti con altri abissi della zona (M2;B3). Le fa­ glie principali che interessano questo massiccio guidano la mor­ 100

fologia della cavità, caratterizzata da angusti meandri a cui si al­ ternano profondi pozzi e passaggi semisifonanti, oltre i quali si suppongono importanti prosecuzioni. Al momento l'esplorazione è stata documentata da topografia e fo­ tografie e, date le notevoli dimensioni dell'abisso, per il futuro sono in programma studi di carattere idrologico, geomorfologico, biospeleologico ed eventuali discipline connesse. (per la bibliografia sui Picos de Europa si rimanda all'articolo ap­ parso a pag.73 del n°37 di SPELEOLOGIA). Hanno partecipato: Speleo Club de la Seine, ASIC, GS Matese, GS CAI Spoleto, Sez. Speleologica CAI-SSI Città di Castello. Luca Girelli, Silvia Renghi SS CAI-SSI Città di Castello Speleologia 38 - 1998


Notizie dall’estero

GRECIA MAGL-MADI '97 È la quarta volta con quest'anno che il Gruppo Speleologico “Sparviere” di Alessandria del Carretto (CS) effettua campi di ri­ cerca speleologica in Grecia e per la precisione nella regione del­ la Lakonia. Tutto ebbe inizio nel 1989 e sin da allora le ricerche si sono concentrate in una determinata zona: nel distretto di Mo­ lai, nella parte sud-orientale della regione. Vi sono state anche delle puntate nella parte nord-occidentale, nei pressi della città di Sparta (monti del Taigetos). Se risultati rilevanti in quest'ultima zona non ve ne sono stati, nel distretto di Molai il lavoro fatto può essere considerato molto soddisfacente. Numerose infatti sono state le grotte esplorate e studiate che hanno dato sia risultati prettamente speleologici sia speleo archeologici (vedi L’Ausi n° 9 ott. 1990; Speleologia n° 22 marzo 1990 pp 67/68). Il lavoro andava quindi continuato ed ecco il motivo di “Magl-madi ’97”. Quest'anno, dal 25/12/1997 all' 1/1/1998, due componenti del GS Sparviere sono stati impegnati nel completamento del rileva­ mento topografico di una delle grotte trovate negli anni scorsi: TPITTA TY BOPIAI, ovvero BUCO NELLA BORA. Si tratta di una grotta ubicata nel comune di Metamorfosi che ha un pic­ colissimo ingresso (30x40 cm) da cui fuoriesce, spessissimo, una forte e fredda corrente d'aria (da cui il nome) che i locali han­ no da sempre utilizzato come luogo per buttare materiale com­ promettente o dannoso! Dato il suo verticale e profondo anda­ mento, unito alle ridotte dimensioni iniziali, mai nessuno (almeno in vita!) vi entrò. Quando il primo di noi nel 1990 dopo quasi 50 metri di perfetta verticalità toccò il fondo del “buco” si

ritrovò con sua e nostra grande gioia in un ambiente ciclopico e, con meno gioia (solo lui!), in mezzo a numerose bombe a mano inesplose, fucili, qualche resto di scheletro umano e tanto materia­ le domestico di epoche passate. Da informazioni raccolte succes­ sivamente risultò che le bombe e i fucili erano stati buttati all'inter­ no intorno agli anni '70 da partigiani e il resto vi fu buttato in epoca non ben precisata (ma in ogni caso intorno al 1700/1800) poiché “impestato”, uomini compresi! Da una prima esplorazione, seguita da un lavoro topografico, la grotta risultò lunga circa 1 Km e con un dislivello in negativo di 132 m. Inoltre le possibilità esplorative erano eccellenti. La carat­ teristica principale però era, ed é, la grande volumetria degli am­ bienti e l'abbondante ed imponente concrezionamento. Nel 1990 rilevammo poco più di 500 m e quest'anno altri 350 me­ tri circa (misure spaziali), ma la grotta ... CONTINUA! La nostra intenzione é di tornare quanto prima sia per continuare il lavoro a Buco della Bora che nel resto delle altre grotte trovate. Per meglio continuare le ricerche, approfittando di questo spazio, ci rivolgiamo a qualche gruppo speleologico o singolo speleo che abbia lavorato in Lakonia in modo da confrontare o scambiarci i dati, magari organizzando insieme anche un campo. Il nostro indi­ rizzo è: Gruppo Speleologico “Sparviere”, rione Monte Calvario, 87070 Alessandria del Carretto (Cosenza). Antonio Larocca Giuseppe Elia GS “Sparviere”

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«ALL’INTERNO DEI VULCANI» IX SIMPOSIO INTERNAZIONALE DI VULCANOSPELEOLOGIA Organizzato da

Centro Speleologico Etneo (CSE) con il patrocinio di

Unione Intemazionale di Speleologia (UIS) Istituto Intemazionale di Vulcanologia (IIV) CNR Area di ricerca di Catania - CNR Ente Regionale Parco dell’Etna Il IX Sim posio Internazionale di V ulcanospeleologia è organizzato a C atania dall’l l al 19 settem bre 1999 Il Sim posio tratterà i più im portanti aspetti della speleologia in am biente vulcanico Segreteria c/o CSE Via Cagliari, 15 - 95127 CATANIA Tel/fax +39 / 95 / 437018 E-mail: licitra@ fnail.asianet.it - sonia@ iiv.ct.cn r.it

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QUESTIONI DI DIDATTICA LA SPELEOLOGIA AI BAMBINI “Igrandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stan­ cano a spiegargli tutto ogni volta” A. De Saint-Exupéry Si fa presto a parlar di o su i bambini, ma parlare con loro è altra cosa. Una competenza che non si improvvisa e non si apprende dai libri, ma da uno specifico addestramento che può durare anni e talvolta non avere una vera e propria fine, dal momento che nel­ la supervisione al proprio lavoro spesso specialisti del finano sensibilità e professionalità. Mi riferisco, se non è ancora chiaro, a un dibattito che ha interessato anche questa rivista su “bambi­ ni e sp e le o lo g ia ” . Da esperta dell'infanzia ho desiderio di dire la mia. Credo che nessun corso, per quanto lungo e appro­ fondito, possa dare a qualsiasi speleologo la c o m p e te n z a con la quale pensare di gestire autonomamente espe­ rienze di grotta con bambini. Non si tratta solo di tradurre in paro­ le semplici formule com­ plesse, di passare concetti tecnici che riguardano la speleogenesi, la bio-spe­ leologia o la speleologia urbana con modalità comprensibili an­ che ai più piccoli. Si tratta di intratte­ nere relazioni interpersonali corrette all'interno di un ambito e un ambiente particolari, mettendo in campo una serie di sapienze che si costruiscono in tempi lunghi, coin­ volgendo l'intera persona. Sto semplicemente dicendo che gli speleologi, in quanto tali, non dovrebbero arrogarsi diritti di colonizzazione sull'infanzia. Ma allora che fare? La risposta che mi sembra la più corretta è quella di imparare a collaborare con quanti, esperti del settore, si occupino di svolge­ re un ruolo di intermediazione tra mondo dello speleologo e mondo dei bambini. Può apparire perfino scontato, ma l'espe­ rienza ci insegna quanto poco siamo dediti &\\'ascolto reciproco e al dialogo, anche all'interno della stessa comunità speleologica. La capacità di collaborare, lungi dall'essere una competenza in­ nata, presuppone invece un apposito apprendimento', implica at­ tenzione, rispetto, capacità di ascolto, possibilità di integrare i propri modelli mentali con proposte di altri, esercizio di separa­ zione dei contenuti che vengono proposti dalle reazioni emotive che da questi scaturiscono. L'elenco potrebbe continuare. Portare bambini in grotta implica una specifica capacità di colla­ borazione con quanti - insegnanti, educatori, genitori, animatori, operatori socio-psico-pedagogici - di solito si rivolgono a noi con la richiesta di programmare una lezione o una visita. Così lo

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speleologo esercita la sua competenza speleologica in interazio­ ne stretta, continua e dinamica con altri adulti investiti per vocazione o per professione dell'educazione del bambino. Solo questo stretto rapporto, che si traduce in riunioni preliminari in cui chiarire obiettivi, pianificare esperienze, codificare organiz­ zazioni, garantisce che l’approccio al bambino sia corretto su tut­ ti i versanti. Su questo presupposto la Federa­ zione Speleologica Marchi­ giana ha messo insieme un Corso di Didattica della Speleologia in cui volutamente non si sono trattati temi a carattere psico-socio-pedagogico, ma piut­ tosto si è scelto di riunire i gruppi ade­ renti facendo sì che collaborassero a un progetto di aggior­ namento comune, mettendo a disposi­ zione ognuno il pro­ prio specifico baga­ glio di competenze. Si è voluto così forni­ re un'occasione di in­ contro e di scambio reci­ proco (su temi quali a esempio la speleologia ur­ bana, la fotografia, le grotte sulfuree) seguita da un momen­ to di riflessione sull'attività svolta, sui ruoli giocati, sulle personali per­ cezioni. Consapevoli di rivolgerci a persone molto differenti per preparazione e interesse, abbiamo scelto di proporre un apprendimento per esperienza diretta, che ci è sembrato potesse garantire il coinvolgimento personale e la pos­ sibilità di riflettere su un'esperienza condivisa. Il corso è stato perciò strutturato in una serie di incontri in cui ogni gruppo ha te­ nuto una lezione agli altri su un argomento scelto in base alla pro­ pria preparazione. La seconda parte del corso si è rivolta invece alla progettazione di un’attività didattica, alla sua realizzazione e verifica. Non si è parlato di bambini, ma mettendo insieme i vari punti di vista, si è voluto creare un momento in cui potessero convivere, per una volta pacificamente, senza passare subito ai riduzionismi imposti dal mito dell'oggettività della scienza e della verità, che per essere tale ha bisogno di essere una. “La psiche inconscia del bambino ha un'ampiezza pressoché sconfinata ed è di età incalcolabile” scriveva Jung nel 1931: bi­ sogna avvicinarsi all'infanzia in punta di piedi, con rispetto. Recanati, 14.09.1998 Paola Nicolini Ricercatrice di Psicologia - Università di Perugia Gruppo Speleologico CAI Macerata

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SPELEORACCONTI NEL MEANDRO N atalin o R U SSO dell'estate il gruppo aveva organizzato un grosso cam­ Sulpofinire esplorativo a Pozzo della Neve, approfittando della secca che ne rendeva praticabile il sifone. Sul posto erano arrivati spe­ leologi da varie parti d’Italia, da sud e da nord, da molto lontano. C'erano anche i Romani conosciuti tanti anni prima, tra cui alcuni artefici delle prime esplorazioni proprio in quell'abisso. Accampato appena più in là un gruppetto di Polacchi che, pur non disdegnando le chiacchiere e le bevute delle sere accanto al fuoco, avevano preferito dedicarsi ad altri giri, nella zona di Piscina Cui di Bove, poco distante. La squadra della prima punta era partita verso mezzogiorno. Quat­ tro persone forti, attrezzate per una permanenza di tre giorni. Tra­ pano, corde e attacchi a sufficienza per una risalita verso il fondo lasciata a metà due anni prima. E sacchi a pelo, amache, fornello. Viveri. Un bel gruppo, assortito tra locali e speleo del nord. Filetto, all'anagrafe Giuseppe Alfano ma per tutti Filetto, era tra loro. Si erano lasciati alle spalle un bel sole di fine agosto, e il cielo fra­ stagliato dalla faggeta. La corda del primo pozzo era nuova e ave­ va sfilato come olio nel discensore. Perfetto. Lo scivolo pietroso, poi l'altro trenta. Il sifone, semivuoto. O semipieno. Passarono scalzi per non bagnare i calzettoni. Proseguirono verso il bianco lunghissimo meandro, percorso tante volte soprattutto da Filetto. Filetto il ghiro, Filetto il secco che passa ovunque. Ma che quel giorno, non sapeva perché, si era svegliato con un peso addosso, come un nodo alla gola che lo rendeva agitato, facendogli avverti­ re troppo vivamente le asperità di quel territorio, a cui pure era tan­ to abituato, ma che adesso gli appariva improvvisamente ostile. O almeno infido. Una delle sue caratteristiche era la leggerezza. Leggerezza con cui si muoveva, una sorta di fare delicato che gli consentiva di spostar­ si sottoterra senza quasi sporcare la tuta. E questa cosa risultava quasi un prodigio agli occhi dei compagni, loro che ovunque si in­ fangavano, che si bagnavano ad ogni passaggio stretto che avesse una pozza d'acqua. Filetto no. Lui aveva questa dote innata della confidenza tutta speciale con la montagna, rapporto privilegiato che negli ultimi anni gli aveva consentito un numero altissimo di uscite, grazie a cui conosceva praticamente tutte le grotte della sua regione e molte di quelle confinanti. E così nella sua testa si era co­ struita poco a poco una grande articolata mappa dei mondi sotter­ ranei, cartografia mentale che gli dava un intuito speciale e la fan­ tasia verosimile per riuscire a figurarsi gli ambienti da esplorare, scelti nell'infinita serie di quelli possibili. Perché questa sua cosa venisse fuori, aveva però bisogno di restar­ sene da solo, progredendo in solitaria o simulando una solitaria, il che significava andare in grotta con altri, ma scegliere di stare mol­ to dietro al gruppo. osì fece quella volta a Pozzo della Neve. Non si sentiva gran che in forma ed avvertiva una certa alterazione della sua capa­ cità percettiva, tuttavia preferì restare indietro. Solo con la grotta. Ad ascoltare la cavità attraverso cui la montagna esprime il suo linguaggio misterioso. Già dal sifone aveva detto ai compagni “Andate avanti”, e quelli, che lo conoscevano, erano partiti senza esitazioni. Così Filetto era rimasto qualche minuto seduto, con la lampada spenta, fino a quando dei suoi amici non aveva più sentito neppure l'eco lontana. Poi si era messo in cammino, lentamente, controllando il respiro e attivando quei suoi speciali recettori che tante volte gli avevano re-

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galato fantastici dialoghi con la montagna. Avviò piano la sua esperta progressione, come un motore che ha bisogno di scaldarsi. Come sempre sfiorò dolcemente la roccia concrezionata di bianco. Ascoltava lo scorrere dell'acqua, quel saltellare omogeneo fatto di cento piccoli rumori diversi che si univano a pronunciare una sola voce sommessa. Dialettale, ca­ denzata. La parlata del Torrente Sotterraneo. In quel primo tratto Pozzo della Neve è un'intenninabile succes­ sione di fessure e passaggi da conoscere e ricordare, di scorci co­ perti da candida calcite, a tratti appena ingiallita. E così continua fino al pozzo da ottanta, lì dove la grotta si getta in un'imponente galleria che mette fine al meandro, e si fa Abisso. Ma mancava ancora molto a quel punto, e Filetto continuò la sua marcia, trascinandosi dietro il pesante sacco giallo di pivuccì. Pas­ sando nelle fessure lo teneva infilato su una spalla, in modo da co­ stituire con esso un unico corpo schiacciato che assecondasse l'an­ damento della roccia. Dove invece il capriccio di questa lo consentiva, e il meandro si faceva più ampio e agevole, tale da po­ terci camminare comodamente, il sacco se lo caricava alla manie­ ra tradizionale, come fanno gli scolari. Ma questo era piuttosto raro, giacché il meandro è la tipologia sotterranea più capricciosa e variabile, e subito, dopo solo qualche metro, costringe a cambia­ re nuovamente assetto e andatura, e poi ancora, ancora, fino a di­ struggere i nervi. iletto questo lo sapeva, e almeno l'andatura, quella, la teneva sempre costante. In quanto all'assetto, bè, non c'era gran che da fare: semplicemente assecondare la volontà dispettosa del monte. Così faceva: arrivato davanti ad un passaggio stretto, spesso ricor­ dava bene la successione di movimenti più comoda, e si preparava ad assumerla. Risultato di numerosi sforzi ed errori, quello era un codice prezioso e incomunicabile a cui attingeva con parsimonia, estraendone con eleganza soltanto gli elementi indispensabili, senza spreco di movimenti. Giunto davanti al passaggio, quindi, sistemava bene il sacco in modo da poterlo poi tirare dalla posizio­ ne che istintivamente si prefigurava. E senza più esitare s'infilava nella fessura, la superava sgusciando come se vi nuotasse. Poi si rigirava, allungava una mano ad afferrare saldamente il sacco, se lo tirava dietro per un po', incurante. Riprendeva l'avanzata. Ma un meandro non è fatto solo di fessure. Ci sono passaggi bassi semi allagati, dislivelli che hanno le caratteristiche di un pozzo, tratti così pieni di fango scuro da annullare l'effetto illuminante dell'acetilene. Ci sono parti scivolose e zone zeppe di concrezioni fantastiche a cui aggrapparsi per non finire in acqua. Molti posti scomodi, ma anche tantissimi passaggi che una mente allenata su­ bito riconosce e decodifica, leggendoli senza fatica. E sono questi i momenti in cui uno può illudersi di riuscire a comprendere il sen­ so dell'andare per grotte. Filetto amava tali considerazioni sulla natura delle cose, gli dava­ no emozione. E il fatto di viverle da solo gliele rendeva ancora più speciali. Allora riusciva a sentire lo spazio intorno a sé come una dimensione tutta personale, ritagliata nell'infinito possibile a suo uso esclusivo. E poteva perdercisi per ore. In questa situazione a metà fra la contemplazione e una progres­ sione istintivamente tecnica, in passato era riuscito ad avere fortu­ nate intuizioni su rami laterali che avevano poi condotto ad intere regioni inesplorate. Inspiegabilmente, nel senso che neppure lui capì mai come ci fos­ | se riuscito.

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Si spostava nel monte, dunque. Da solo, a una distanza ormai inde­ finita dal resto del gmppo. Lo faceva con quell'automatismo che solo l'abitudine conferisce agli uomini, e che lascia loro lo spazio di occuparsi d'infinite altre cose. Avanzava senza alcuno sforzo fisico. Però dopo una mezzora gli ritornò quell'ansia leggera che aveva sentito all'ingresso, prima di staccarsi dal gruppo. Era come se av­ vertisse intorno a sé una presenza, un essere minaccioso che in­ combeva e che poteva in qualche modo determinare la sua sorte. Al Lago dell'Altimetro Pozzo della Neve si biforca: da una parte il Ramo Attivo, via dell'acqua; dall'altra il resto del gigante che scen­ de a menomille. Filetto giunse al bivio, gettò uno sguardo sul pelo dell’acqua profondissima che si infila nel Ramo Attivo, ed ebbe la sensazione di essere osservato, di scorgere due occhi che lo spia­ vano dal buio e in esso subito si ritraevano, scomparendo del tutto. Lasciò perdere. Esitò un attimo prima di attaccare il passaggio: lì l'acqua è profonda e scura e passarci sopra nella posizione balorda imposta dalla grotta mette sempre un po' di tensione. Ma lui ci era stato già altre cento volte, anche da solo. Allungò una gamba verso l'unico minimo appiglio fuori dall'acqua, portò avanti un braccio, poi l'altro, lo zaino sospeso su una spalla. Passò senza bagnarsi un dito. Il sacco sfiorò veloce la superficie del laghetto e imbarcò un po' d'acqua. Dopo il bivio Filetto si fermò a guardare, voltandosi indietro. L'uscita da lì era uno stretto cunicolo semiallagato che sbucava sul lago, stretto fra due alte pareti che si perdevano nelle sue profondi­ tà, laddove qualche anno prima era caduto un altimetro, dandogli il nome. Filetto pensò all'attrezzo, che se ne stava sul fondo di quel­ l'acqua gelida. Perfetto, pulito, come nel momento in cui era scap­ pato di mano ad un esploratore. Adesso stava lassotto, in un posto ormai fuori dal tempo. E restarci, sì, avrebbe potuto per sempre. T Vagheggiando intorno a quei pensieri, chissà come gli affiorò V alla superficie dei pensieri l'idea che ogni speleologo coscien­ zioso ed esperto porta sempre con sé: l'incidente. L'evento dovuto alla fatalità, alla congiuntura, alla banale distrazione. Il fatto dram­ matico. E le sue conseguenze, i soccorsi, la stanchezza, la gente, il sonno, il carburo, i trapani e le corde, le carrucole, la barella, la tec­ nica. Sonno, sonno, sonno. Ma come sarebbe mai passata di lì una barella? Quest'idea gli fece raggelare il sangue, e se lo sentì scorrere dentro freddo come quel­ l'acqua che gorgogliava perdendosi giù giù nel Ramo Attivo. “Tirare fùori di qui un ferito sarebbe proprio un bel casino”, pensò col suo spirito cinico, di chi è abituato a ragionare considerando queste situazioni applicate agli altri. Diversi anni nel soccorso, nu­ merosi recuperi, spesso anche di salme, lo avevano messo più vol­ te di fronte al fatto compiuto. La morte era diventata un caso tecni­ co da risolvere, e questo gli aveva srotolato intorno come una pellicola di rivestimento impermeabile alle emozioni. Ma quella volta a Pozzo della Neve considerò la possibilità che l'incidente capitasse a lui, che lui restasse vittima di quella fatalità, di quella maledetta congiuntura di eventi, della distrazione che ammazza la gente. Avvertì l'insicurezza entrare da una minuscola falla nel domopack che ravvolgeva. Rabbrividì. Una linea di sudore freddo gli rigò la schiena prima di assorbirsi nel pile del sottotuta. Si accorse che in quella pausa di riflessione si stava raffreddando. Allora si alzò deciso, portandosi il sacco su una spalla con un mo­ vimento automatico. Non pensò più alla storia dell'incidente, ar­ rampicò il breve salto che segue il lago, proseguì piano nella galle­ ria appena più ampia. Se da una parte aveva accantonato l'idea di farsi male, l'aumento di quel peso insolito con cui era entrato in grotta sembrava non voler­ lo lasciare. Sentì un vociare oltre la curva successiva: i compagni che lo aspettavano. Si fermò ad ascoltare, trattenne il respiro per non fare alcun rumore. Ma nulla. Adesso non sentiva più nulla. Si rimise in moto, superando un'altra svolta del meandro, ed ecco nuovamente quel vociare cupo e lontano, accompagnato a tratti 104

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anche da risa. Urlò “Ehi!”, poi si fermò ancora. Ma come smetteva di produrre rumori, non appena la stoffa della tuta cessava di stro­ finare contro il sacco, e la carburo di sbattere contro la roccia, ecco tutto taceva. E persino la luce dell'acetilene sembrava di troppo, tanto quel silenzio era privo di spazio. Dimensione troppo piccola, in cui anche solo il rumore dell'acqua sulle pietre sembrava un ec­ cesso. Niente. Oltre a quello scorrere e saltellare e gorgogliare, oltre a quel flusso inarrestabile verso il basso, non c'era proprio niente. Oppure i ragazzi si stavano beffando di lui: l'aspettavano dietro l'ansa successiva, e lì parlavano un po' e poi subito zittivano? conosceva bene le mille voci delle grotte, sapeva ricono­ Filetto scerle, e in base ad esse attribuire agli abissi un carattere speci­ fico. Ogni grotta aveva per lui una sua personalità inconfondibile, che restava fissa nel tempo e a cui ci si poteva affezionare e starla a sentire e parlarci. Ma quella volta era strano. Pozzo della Neve, il vegliardo del Matese, il mastodonte addormentato e sornione, non era lo stesso di sempre. Filetto disse ad alta voce “Che ti succede?”. Ascoltò l'eco di quelle parole, e già non sapeva se si fosse rivolto alla grotta o a se stesso. Era una situazione insolita, non riconobbe i toni della sua voce ri­ flessi dalle pareti della grotta. Non riconobbe tutta quella serie di piccole alterazioni che ogni grotta produce, e a cui ci si abitua e che, con imo sforzo di concentrazione, può svelare l'identità segre­ ta di ogni luogo sotterraneo. Ci riusciva benissimo, lui, ma quella volta dubitò a lungo. Ripetè la sua domanda: “Che c'è?”, disse a voce più alta. La grotta emise le sue vibrazioni di risposta. Ma distanti, evasive. Filetto capì che non erano le stesse di sempre. Qualcosa non anda­ va, ne era sicuro adesso. Ricominciò a camminare, quasi vacillan­ do sulle gambe, pieno di un’insicurezza che non era abituato a co­ noscere. Col riprendere dei suoi passi e dei movimenti, tornarono anche i fantasmi della sua fantasia. Le voci oltre il meandro erano meno nette adesso, ma le poteva sentire anche dietro, verso monte, sui passi che lasciava sospesi sull'elastico che lo separava dall'uscita. E l'acqua del Torrente Sotterraneo gorgogliava insistente, e conte­ neva toni gutturali da mettere i brividi. Filetto sentì che qualcuno lo stava seguendo. Adesso ne era certo: qualcosa gli stava dietro. E sentiva tendersi l'elastico del ritorno in superficie, tensione che in passato mai aveva vissuto. La cosa che lo seguiva presto lo avrebbe raggiunto. Era forse quell'elastico, che si era staccato dall'ingresso e adesso gli sfrecciava contro, e rimbalzava sulle pareti e quello era il ru­ more che produceva? Cosa sarebbe successo quando quella molla lo avesse raggiunto, e la sua tensione si fosse perduta per sempre? Si scrollò dalla testa anche questi pensieri, riprese a controllare i movimenti, che per un po' si era fidato di lasciare ai loro collaudati automatismi. Era su una corda adesso, stava scendendo un pozzo, o meglio un salto che lo avrebbe portato verso la parte bassa del meandro. Si accorse che stava sudando, se ne meravigliò, decise di rallentare ancora i movimenti. presenza era ormai alle sue spalle, e non osò voltarsi per Quella paura di vedersene allungare addosso l'ombra che, più grande di lui, lo avrebbe senz'altro inghiottito. Ci pensò su, concluse che era uno stupido e che dietro non poteva esserci nessuno di questi mostri, che erano solo frutto della sua immaginazione, della stan­ chezza, della tensione. Forse aveva digerito male. O fatto troppa baldoria ieri sera. Stava veramente sudando, e la cosa lo rendeva insicuro nei pensie­ ri e nella progressione, gli faceva poggiare male i passi sui limitati appigli del meandro e sui ciottoli arrotondati del fondo. Gli rende­ va stanco il respiro, e la mente piena di nuove preoccupazioni. Giunto in uno slargo appena più comodo, si fermò ancora un atti­ mo a riposare. Aprì il sacco, ne estrasse la bottiglia con l'acqua e ne prese un gran sorso, ingoiandolo come un boccone non masticato, Speleologia 38 - 1998


Nel meandro

Speleoracconti

incurante degli effetti negativi che quel bere incontrollato poteva produrre. Poi si accese una sigaretta, rimase ad aspirare e sbuffa­ re, aspettando che il fumo si espandesse lateralmente in una parte di quell'ambiente, e poi restando a guardare come il vento sotter­ raneo se lo portava verso valle. Forse i suoi compagni erano poco più avanti, forse avrebbero sentito l'odore del tabacco bruciato, traendo così qualche leggero spunto emotivo da quella comunicazione affidata all'aria come un biglietto alla bottiglia nel mare. Chissà. E in effetti l'acqua continuava la sua corsa verso il basso. La voce del Torrente non era diminuita, e borbottava e parlottava le sue mille lingue. Filetto aspirava dal filtro della sigaretta, poi tratte­ neva dentro il fumo e se ne stava ad ascoltare: era una foresta di voci diverse messe insieme, un mondo di comunicazioni incom­ prensibili, di traffici, di rapidi messaggi lanciati da una parte al­ l'altra, e di ritorni, risposte parimenti incomprensibili. Tutta una rete complessa di scambi da cui lui era escluso. E questa era una brutta sensazione, che gli fece avvertire e sentire il peso della sua condizione solitaria, oltre che di tutte le disastro­ se conseguenze che essa avrebbe avuto qualora si fosse verificata anche una soltanto delle infinite possibilità che la mente umana può immaginare (e che la sua stava indubbiamente pensando) che gli accadesse un incidente. Ecco, adesso poteva sentire intorno a sé la presenza inequivoca­ bile del Monte, con i suoi stanchi pesanti strati di roccia inclinata, e ancor più con i suoi inesplorati vuoti, cavità immense che pote­ vano aprirsi anche dieci centimetri oltre le pareti che chiudevano quello spazio meandriforme. Enormi sale in cui il Torrente si get­ tava vaporizzando il suo gelido flusso in miliardi di goccioline nebulizzate, che riempivano uno spazio eternamente buio e sconfinato. E se quell'esile setto separatorio si fosse spezzato proprio sotto di lui? Avvertì con sconcerto quella possibilità a cui non aveva mai pro­ vato a pensare, mentre il Torrente se ne scorreva saltellando ver­ so valle. Quello stesso torrente, quell'acqua che, così tranquilla, altrove poteva manifestare invece forze spaventose e tremende, estese nel buio più totale, e pertanto più terrificanti ancora. Com'era tutto intorno quella montagna? Fin dove si estendevano le gallerie oltre le piccole fessure ancora inesplorate? e dove con­ ducevano? Lo stillicidio continuo nelle vaschette e contro la calcite amplifi­ cava i mondi possibili, espandendone i contorni e i vuoti. Que­ st'idea improvvisa di vastità colpì la fantasia di Filetto al suo ultimo tiro di sigaretta, al suo ultimo messaggio in codice affida­ to al vento della grotta. Poi era fermo già da troppo tempo, ed ebbe nuovamente freddo. Si rimise in cammino. E al primo passo che poggiò sulla roccia, le voci del meandro ripresero la loro chiacchiera. Mugolii vicini e parlate lontane, davanti e dietro, in­ torno, fin sopra il suo collo, che era già nuovamente teso, e suda­ va, nonostante il freddo pungente, all'idea di voltarsi e scoprire il mostro che gli si rivelava, che gli stava addosso. Proseguì guardando avanti. serie misteriosa di fattori, quella volta la sua percezione Pers'eraunafatta forse più acuta, consentendogli l'intuizione di una così spaventosa presenza millenaria: il Torrente Sotterraneo, che scende, che percorre tutto e tutto pervade con la sua presenza liqui­ da e informe e microscopica e inarrestabile. Una presenza che mai aveva notato fino ad allora, e che adesso era così evidente, non era più possibile prescindere da essa. Ma perché era rimasto indietro rispetto agli altri? Perché aveva quella maledetta abitudine, per cui adesso rischiava di essere consegnato nelle mani di quel mostro inconsistente e ep­ pure così reale? Stava per abbandonarsi ad esso, cioè a questi pensieri, quando giunse alla diramazione col Ramo delle Foglie, laddove si apre una grossa sala piena di blocchi arrotondati dalle concrezioni. Lì vide le luci: i suoi compagni erano tutti e tre ad aspettarlo. E chi Speleologia 38 - 1998

mangiava e chi regolava l'acetilene, chi fumava. Parlavano a voce alta, tanto che a Filetto sembrò impossibile non averli sentiti fin quando non aveva svoltato l'ultima ansa del meandro. “Ma tant'è, così son le grotte, - pensò - che hanno questa proprietà magica di giocare coi suoni, e beffarsi di essi”. E, tant'è, aveva raggiunto gli amici. Mario detto la Bestia, uno dei più esperti, disse “Ehilà Filetto, ab­ biamo sentito la puzza del tuo tabacco e abbiamo pensato di aspet­ tarti”. Gianni, quello che stava riavvitando il serbatoio del carburo, disse “Come va? perché ci hai messo tanto?”. Filetto rispose che bene, andava tutto bene. Ansimava un po', disse che aveva visto delle finestre interessanti appena a monte, e che erano da rivedere, perché ci girava intorno un bel movimento d'aria. Ma quella punta era da dedicare al fondo, e gli altri, che avevano ormai finito, si erano riposati e si stavano raffreddando. Mario dis­ se “Sempre il solito, eh?”, poi restarono ancora un po' a parlare con lui e cominciarono i movimenti per la partenza. Raccolti i vari ba­ rattoli e gli elastici, le buste con dentro i generi più diversi, dai chiodi a qualche moschettone, fecero sparire tutto nei sacchi. Poi se li cacciarono in spalla e, senza smettere di parlare e di scherzare, si avviarono verso valle, verso la prosecuzione del meandro. Prima di svoltare la curva che avrebbe nascosto le loro voci, Gian­ ni disse: “Oh Filè, ci acchiappiamo giù alla Galleria Nunziata!”. Andrea, che non parlava mai, fece solo un cenno col braccio. Sparirono. iletto restò solo col suo panino e con lo zaino su cui stava sedu­ to, e tutto il resto da trasportare. Era più sereno rispetto a prima, e lo stillicidio che lo circondava sembrava aver ripreso il tono di sempre, quella cadenza e tutto l'insieme degli echi che ogni singo­ la goccia produce reiterandosi all'infinito tra le pareti. Clic, - si sentiva qui a mezzo metro, - plin, - più in là oltre quel gruppo di stalagmiti. E tutti questi suoni andavano a convergere in una dimensione unica e livellata, dove si bilanciavano e si egua­ gliavano in un annullamento comune, in uno smarrirsi oltre i con­ fini della cavità, dentro la roccia. Di tutti quei gocciolìi ripetuti nel tempo la roccia doveva pur con­ tenere il segno. “La calcite lascia le concrezioni; gli speleologi le impronte, - pensava Filetto, - e i rumori? che ne è di tutti i suoni prodotti senza sosta dal gocciolio?” Restò a pensare a questo suo nuovo dubbio, e intanto masticava le ultime briciole del panino. S'immaginò le forme che lo stillicidio poteva produrre all'interno della roccia, una sorta di venatura o puntinatura, che chissà quando qualcuno si sarebbe deciso a stu­ diare. Poi aveva finito di mangiare. L'acetilene proiettava intorno una luce bianca e regolare, sembrava a posto. Ma lui si stava raffreddando ancora una volta, così risistemò ogni cosa nel sacco, incastrando tutto per bene per utilizzare al meglio il poco spazio, e ripartì. Prima di svoltare la prima curva di quella seconda parte del mean­ dro che va verso il pozzo da ottanta, si voltò a guardare la sala. Vi riconobbe l'ambiente assolutamente vergine di quando quel posto era stato esplorato, anni addietro. Per fortuna i ripetuti passaggi umani non vi avevano lasciato alcuna traccia, cosa che era succes­ sa invece in altri posti della grotta. Quest'idea lo gratificò e si sentì bene. Gli erano tornate tutte le energie. Con un saltello si aggiustò lo zai­ no in spalla e si mise in cammino nel meandro, fischiettando. Il Torrente, che nel frattempo si era nascosto dietro un macigno o un gruppo di stalagmiti o dentro un lago, si mise subito a seguirlo adesso. Svelto, insieme alle sue mille voci cupe incomprensibili, lo raggiunse. E incombeva già su di lui. Natalino Russo Gruppo Speleologico del Matese Napoli, 9 giugno 1998

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MEMORIE ALFRED BÖGLI (1912-1998)

quale membro della Commissione per i fenomeni carsici dell'Unione Geografica Intemazionale, primo membro straniero della Cave Re­ search Foundation (USA), membro della Commissione per la termino­ logia carsica dell'Union Internationale de Spéléologie. Ha compiuto an­ che numerose ricerche negli USA ed in Giamaica. Tuttavia il contributo che, più di ogni altro, ha collocato Bògli nel novero dei "numi tutelari" della speleologia è stata la formulazione della teoria della corrosione per mescolanza di acque, pubblicata per la prima volta nel 1964. In un lavoro che avevo presentato al 5° Congresso Intemazionale di Speleolo­ gia di Stoccarda nel 1969, avevo espresso il mio disappunto in relazione alla scarsa considerazione che la sua teoria aveva riscosso. In particola­ re, aggiungevo, che l'importanza della corrosione per mescolanza per la speleologia era del tutto paragonabile all’importanza della teoria della relatività di Einstein per la fisica. L'amico Bògli, pur grato del paragone, mi aveva pregato di togliere questo riferimento dal testo da pubblicare negli atti perché lo riteneva esagerato e possibile fonte di critiche da par­ te di altri colleghi. Con suo rincrescimento non ero poi riuscito ad ap­ portare la modifica richiesta e così il testo pubblicato in quegli Atti ri­ porta tal quale il mio pensiero originale. Non ho mai avuto notizia che gli siano derivate delle critiche feroci a causa delle mie parole e, quindi, pur nel rincrescimento di avergli causato forse un dispiacere, non posso che rallegrarmi dell'accaduto. Infatti sono sempre stato convinto che il concetto della corrosione per mescolanza sia stato il primo esempio di un essenziale contributo teorico per spiegare tutta una serie di effetti os­ servati nel fenomeno carsico. La mancanza di quell'immediato ricono­ scimento che avrebbe meritato derivava da una mentalità molto diffusa tra gli speleologi che erano portati a basarsi esclusivamente sull'osser­ vazione della natura escludendo in modo categorico qualsiasi controllo quantitati­ vo che comportasse una formula mate­ matica. Soltanto più tardi, con la scom­ parsa della vecchia generazione, sono apparsi sulla scena dei giovani più dispo­ Alfred Bögli. (foto B. Fuchs) nibili ad accettare formule e simboli e così anche il nostro grande Bògli ha avuto il successo che si meritava. Naturalmente Nato a Berna, ha studiato Geografia, Geologia, Petro­ questo non vuol dire che la teoria della grafia e Mineralogia dal 1931 al 1937, ottenendo l'abili­ corrosione per mescolanza spieghi tutto tazione per l'insegnamento secondario nel 1935 a Berna quel che accade nel fenomeno carsico. e nel 1937 a Lucerna. Nel 1939 si è poi laureato in Geo­ Molte cose dipendono da altri fattori, al­ grafia a Friburgo. In quel periodo si è occupato di studi cuni già noti ed altri tuttora sconosciuti. sulla morfologia glaciale delle Alpi ed, inoltre, di morfoMa dopo la prima osservazione che la genesi, idrografia e morfologia carsica aderendo, nel corrosione di certe rocce avviene per ef­ 1945, al Gruppo per le ricerche geomorfologiche delle fetto dell'acido carbonico, qualsiasi con­ Alpi Svizzere. Dal 1962 ha avuto inizio la sua partecipa­ trollo quantitativo avrebbe facilmente zione all'elaborazione delle carte geomorfologiche per mostrato che tale corrosione non poteva l'Atlante svizzero. Nel 1965 è stato incaricato dei corsi avvenire, in pratica, dopo pochi centime­ di Geografia, Geomorfologia carsica ed Idrografia al­ tri al di sotto della superficie esterna. Nessuno si era arrischiato a tanto nono­ l'Università di Francoforte diventandone poi nel 1967 professore onorario. Dal 1969 ha svolto corsi di Geogra­ stante che ci fosse una chiara contraddi­ fia fisica all'Università di Zurigo. Nell'immediato dopo­ A. Bògli nello Schlundgang dell' Hòlloch, Muotathal zione tra il ruolo dell'acido carbonico che il 29 Dicembre 1980. (foto B. Fuchs) appariva confermato da tante prove e guerra ha iniziato le prime ricerche nell'Hòlloch dedi­ l'impossibilità teorica di un fenomeno candovi gran parte delle proprie attività: a questo carsico ipogeo dal momento che le acque di percolazione raggiungeva­ proposito si pensi che nel 1969 ha trascorso in grotta più di 5400 ore, no la saturazione dopo percorsi brevissimi. L'acuto ragionamento del cioè quasi 2/3 delle ore che ci sono nell'anno! Nel 1949 ha collaborato Nostro ha risolto il dilemma componendo due osservazioni che appari­ come geologo col Gruppo di ricerca del Club Alpino Svizzero. Dopo es­ vano incompatibili. Tutta la comunità degli speleologi e di quanti si in­ sere stato nominate direttore scientifico del Gruppo Speleologico delteressano al carsismo piange oggi la perdita di questo grande personag­ l'Holloch nel 1951, ne è diventato direttore generale nel 1959: le esplo­ gio e carissimo amico che ci ha aperto nuovi orizzonti col suo razioni da lui dirette hanno portato a conoscere e rilevare ben oltre un insegnamento. In particolare gli speleologi italiani si uniscono al dolore centinaio di chilometri di questa grotta. Con l'esperienza acquisita pro­ dei colleghi svizzeri e della Famiglia Bògli in questo triste momento. prio con queste ricerche, Bògli è diventato uno specialista dei fenomeni Arrigo A. Cigna carsici a livello intemazionale ricoprendo vari incarichi, ad esempio,

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Memorie

WALTER MAUCCI (1922-1995) Sono passati quasi tre anni dal­ l'agosto del 1995 quando, nella lontana isola del Bomeo, è avve­ nuta la scomparsa dello speleolo­ go triestino Walter Maucci. La notizia è passata pressoché in sor­ dina, quasi come logica continua­ zione di quel silenzio che si era creato negli ultimi 25 anni attorno alla figura di questo importante ri­ cercatore, ma il peso che questo studioso ha avuto nell'ambito del­ la speleologia mondiale rende do­ veroso tracciare un suo ricordo per le attuali generazioni. Nato a Vienna il 30 agosto 1922, Walter Maucci inizia, nel 1939, la sua attività speleologica a Trieste, nella Commissione Grotte dell'Alpina delle Giulie. Già in questi primi anni unisce all'attività esplorativa un'innata curiosità, che lo spinge ben presto alla ricerca dei meccanismi che hanno portato alla genesi delle grotte che sta visitando. Si laurea quindi a Torino con una tesi sul carsismo ed al 2° Congresso Nazionale di Asiago, nel 1948, presenta un suo studio sull'abisso di Opicina Campagna, primo contributo di una lunga serie di lavori rivolti ad una maggiore conoscenza del sottosuolo carsico triestino. Milita nella Commissione Grotte fino al 1951, ma già nel dicembre 1950 diventa uno fra i principali promotori della costituzione, in seno alla So­ cietà Adriatica di Scienze Naturali, di una Sezione Speleologica (in se­ guito Geo-speleologica). La sua concezione della speleologia si rivela fin dall'inizio estremamen­ te chiara ed intransigente: essa deve rappresentare la fusione fra la ricer­ ca ad alto livello e l'esplorazione estrema. Questa sua idea traspare chia­ ramente nell'articolo intitolato “Sezione Geo-speleologica della Società Adriatica di Scienze. Dieci anni di attività. 1951/1960” (pubblicato in: Bollettino della Società Adriatica di Scienze, Trieste, Voi. LI, 1960). Quando si accenna alle motivazioni che hanno portato alla nascita della Sezione, si precisa infatti: “Per molti decenni la speleologia triestina aveva mantenuto una posizione di preminenza in campo mondiale. Ma erano i tempi in cui la speleologia, ancora ai suoi primi passi, stava appe­ na iniziando ad affermare la sua dignità di disciplina scientifica. [...] Ma negli anni più recenti, ed in particolar modo nel dopo-guerra, il graduale e sempre maggiore affermarsi di un indirizzo scientifico nella speleolo­ gia non trovò adeguato sviluppo presso di noi”. Quindi “[...] la speleo­ logia triestina venne trovarsi a poco a poco pressoché avulsa anche dal generale slancio di rinnovamento della speleologia italiana del dopo­ guerra, movimento che trovò in primo piano i lombardi”. Per questi mo­ tivi la Sezione si propone “[...] un programma ispirato soprattutto al proposito di sviluppare una seria ricerca scientifica, senza rinunciare alla tradizionale perizia tecnica che è vanto della speleologia triestina. Arrivare insomma ad una feconda sintesi fra l'ardita esplorazione tecni­ camente difficile e la razionale indagine dei problemi del sottosuolo car­ sico”. E proprio sulla base di questi principi che Maucci porta avanti la sua ricca attività speleologica, fondendo strettamente ricerca ed esplora­ zione. Comincia in questo periodo a prendere forma anche la sua teoria sulla formazione delle cavità carsiche, tanto originale ed innovativa, che pubblica nel 1952 con il titolo “Ipotesi dell'erosione inversa come con­ tributo allo studio della speleogenesi” . Ma assieme alfimmagine di stu­ dioso prende consistenza, in quegli stessi anni, anche la sua figura di va­ lente esploratore. Nel 1952, la Sezione Geo-speleologica della Società Adriatica di Scien­ ze Naturali avvia le operazioni per il forzamento del sifone di entrata dell’Abisso di Trebiciano (n° 17 VG). Si tratta di un'esplorazione subac­ quea che non ha alcun paragone con quelle dello stesso periodo, trattan­ dosi di un sifone situato non in superficie, bensì sul fondo di un abisso ad andamento prevalentemente verticale, a 329 metri di profondità. I pre­

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parativi impegnano gli uomini della Sezione dal marzo all'ottobre del 1952, mentre l'esplorazione subacquea vera e propria si svolge nel pe­ riodo luglio-agosto 1953. Maucci è l'uomo di punta di questa impresa e, assieme a Steno Bartoli, supera il sifone e raggiunge il seguente lago Boegan. In un suo manoscritto ancora inedito, viene riportata l'attenta cronistoria di tutti gli avvenimenti che hanno permesso il superamento del sifone e da queste pagine traspaiono non solo le difficoltà oggettive di tale impresa, ma anche la forza e l'entusiasmo che Maucci dedica alla riuscita del progetto. Durante le immersioni non sono mancati momenti drammatici e di diffi­ coltà, che in qualche caso lo hanno coinvolto direttamente. Ad esempio, durante la fase di ritorno dopo il primo superamento del sifone, si spezza la sagola che collega Maucci ai suoi compagni. Privo di guida s'infila in diramazioni secondarie e questi sono stati i suoi pensieri, così come di­ rettamente trascritti nel manoscritto: «Evidentemente quel corridoio sommerso che avevo fiduciosamente seguito, anziché portarmi in salvo - ed io non ne avevo minimamente dubitato - mi aveva condotto in un meandro sconosciuto. [...] Tolsi la maschera e cercai di orientarmi. A due metri circa sott'acqua, si apriva una stretta galleria, che in qualche punto doveva diramarsi verso il lago Boegan da una parte, verso la ca­ verna Lindner, dall'altra. Si trattava dunque di trovare la diramazione giusta. Il problema era tutto lì... Ma come trovare questa diramazione, come individuarla in quel labirinto di fenditure tutte maledettamente uguali, dove, anche se dei segni riconoscibili cifossero, sarebbero spa­ riti nella opacità inesorabile di quel torbidume che l'occhio era impo­ tente a penetrare? Come trovare la strada, quando era necessario pro­ cedere a tastoni, ciecamente, in un mondo senza forma, senza direzione, senza suono ... ?». Ma anche le difficoltà legate al superamento del sifone sono superate di slancio e con pieno successo. L'attività esplorativa di Maucci continua quindi ad altissimi livelli. Nel periodo 1952-54 esplora la Spluga della Preta (Monti Lessini) ed avvia studi su alcune grotte appenniniche (di Acquasanta e delle Tassa­ re). Nel 1956, assieme al romano Giorgio Pasquini, rappresenta l'Italia nella spedizione intemazionale al Gouffre Berger: in quell'occasione ha modo di studiare l'evoluzione del sistema ipogeo della grotta più fonda del mondo. Nel 1959 diventa infine “libero docente di speleologia”. Notevole, inoltre, è stata la sua partecipazione all'attività della Società Speleologica Italiana, nella quale ha rivestito varie cariche dal 1955 al 1975. Attivo nel periodo 1939-1970, abbandona improvvisamente e completamente lo studio del fenomeno carsico dedicandosi, dall'anno 1986, allo studio dei tardigradi diventandone, in brevissimo tempo, un esperto a livello internazionale. Maucci è stato quindi un personaggio che ha ottenuto consensi a livello intemazionale e che, in un periodo ben preciso della storia speleologica nazionale, è diventato riferimento stimato in tutti gli ambienti scientifi­ ci. Propugnatore di una “speleologia comparata e sistematica”, è stato forse proprio a Trieste a non essere compreso pienamente. La sua figura di speleologo studioso ed esploratore (ed a volte intollerante) non è stata sempre apprezzata, infatti, in un ambiente dove regnava, e parzialmente regna tuttora, anche la figura del grottista romantico e “scanzonato”. Forse non sono state gradite da qualcuno nemmeno le sue iniziative re­ lative al Catasto Grotte della Venezia Giulia, che hanno portato ad uno scontro diretto fra Società Adriatica di Scienze Naturali ed Alpina delle Giulie (negli anni ’50) per la tenuta di tale istituzione. Nonostante que­ sto, il grande merito di Maucci è stato quello di riscattare la speleologia triestina che, dopo la scomparsa di Eugenio Boegan, non era riuscita più ad esprimersi ai massimi livelli. Professore di scienze naturali, grande comunicatore, studioso ed esplo­ ratore, personaggio di importanza mondiale, scienziato più apprezzato altrove che nella sua città adottiva, Maucci ha quindi portato Trieste ai vertici della speleologia italiana. Il fatto che oggi siamo forse più cono­ sciuti per il “gran-pampel” che per l'attività svolta, dovrebbe farci sor­ gere qualche dubbio e spronarci ad un rinnovato impegno. Paolo Guglia

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Memorie

GIORGIO PASQUINI (1932-1998)

Il 22 maggio 1998 alle ore 20.30 è mancato Giorgio Pasquini, dopo aver lottato invano contro la leucemia per quattro mesi. Per molti speleologi italiani di oggi il suo nome è pressoché scono­ sciuto, dato che ormai da anni si era allontanato dal mondo spe­ leologico attivo. Tuttavia negli anni '50 e '60 era stato una figura di primo piano della speleologia italiana. Piuttosto imponente per statura e per modo di fare, roboante e vulcanico, non passava certo inosservato ogni qualvolta lo si in­ contrasse. Proprio per questa sua caratteristica la prima impres­ 108

sione che suscitava non era quella dello speleologo ricercatore. Invece era un "armadio" che, tuttavia, pensava ed anche bene: tra i suoi lavori di quell'epoca vorremmo ricordare, in modo partico­ lare, quelli riguardanti il ruolo dell'acqua di condensazione nello sviluppo delle cavità. Oggi è un fenomeno noto e studiato a fon­ do, ma in quegli anni si era trattato di un'intuizione non da poco. Inoltre non si può dimenticare come sia stata una sua telefonata, che sollecitava la disponibilità di uno di noi ad una candidatura alla carica di presidente della SSI, che ha poi aperto una "carrie­ ra" speleoburocratica prima nella Società Speleologica Italiana e poi nell'UIS. Bisogna riconoscere che se non fosse stato per quel suo interven­ to l'Arrigo Cigna in questione sarebbe rimasto ad occuparsi di ri­ cerca in grotta senza altre velleità. Giorgio è nato a Roma nel 1932 dove si è laureato in Geografia nel 1959. Dal 1961 al 1969 è stato assistente di Geografia Fisica all’Università "La Sapienza" di Roma e nel 1971 è passato pro­ fessore di Geografia all'Università di Genova. Nel 1972 si è traferito presso la School of Geography dell'Uni­ versità di Oxford. La sua vita speleologica ha avuto inizio nel lontano 1952 come socio del Circolo Speleologico Romano; ma la speleologia in Italia gli sta subito stretta, tant'è che già nel 1956 ha fatto parte della squadra italiana nella spedizione intemazionale che rag­ giunge il primo fondo del Gouffre Berger in Francia: fa piacere ricordare che proprio la scorsa estate, durante il XVII Congresso Intemazionale di Speleologia, tenutosi in Svizzera, uno dei fa­ mosi "treize" componenti della favolosa squadra, George Garby, ancora ricordava il nostro Giorgio. Nel 1959, con una dozzina di altri speleologi, ha fondato lo Spe­ leo Club Roma; dove viene subito attorniato da giovani studenti di geologia. Il suo entusiasmo unitamente al suo carisma, trasforma conside­ revolmente il modo di affrontare la speleologia: sempre pronto a nuove esperienze e sensibile ad apportare continue migliorie sia sul piano tecnico che scientifico. Intanto dal 1961 al 1969 è stato consigliere della SSI e dal 1964 al 1969 si è occupato in particolare delle Scuole di Speleologia. Inoltre è stato il responsabile per l'Italia centro-meridionale del Soccorso Speleologico del Club Alpino Italiano dalla sua costi­ tuzione fino al 1971. Nel 1963 ha organizzato il V Convegno degli Speleologi del­ l'Italia Centrale, a Terracina, nel 1968 ha organizzato con lo Spe­ leo Club Roma, di cui era sempre presidente, il X Congresso Nazionale di Speleologia a Roma e, infine, nel 1971 la Tavola Rotonda sulla Sicurezza in Grotta, a Montecompatri e Roma: purtroppo questi due eventi segnano l'inizio del suo declino. Nel 1972 ha presentato un suo contributo "Considerazioni sulla percolazione e sulla condensazione" al Seminario di Speleogenesi, organizzato dalla SSI e tenutosi a Varenna dal 5 al 8 ottobre, dove erano presenti i migliori studiosi europei. Giorgio ha dato molto alla speleologia e vorremmo che quelli che l'hanno conosciuto lo possano ricordare per tutto quanto di buono ha fatto e non soltanto per i suoi errori, poiché chi ha vera­ mente vissuto con lui gli entusiasmi e le imprese esplorative, an­ che le più pazzesche, se fa un bilancio constaterà che la parte valida ha avuto molto più peso di quella "discutibile". Arrigo A. Cigna Alberta Felici Speleologia 38 - 1998


Memorie

LORENZO SORB INI (1939-1997) Il 26 ottobre 1997 è mancato, dopo una breve e sofferta malattia, il dott. Lorenzo Sorbini Di­ rettore del Museo di Storia Naturale di Verona dal 1983. Vi era entrato come Conservatore per la Geologia dal 1969. La cartolina che lo ricorda, inviata dalla Fami­ glia agli amici, riporta di fronte alla fotografia i versi del salmo 148, fra cui: "Lodate il Signore della Terra Pesci del mare, e voi tutti Abissi, voi Monti, Alture e Colline" In questi versi sono racchiusi i principali moti­ vi di interesse di Lorenzo: gli abissi, i monti, le alture, le colline e le tracce che il rilievo terre­ stre racchiude della storia della vita in forma di “impressioni” più o meno sbiadite. In effetti Lorenzo con i suoi studi ha spaziato su quasi tutti i principali settori delle Scienze della Ter­ ra, fissandosi in particolare su quelle meravi­ glie della storia naturale che sono i pesci fossili di Bolea, vere “’’opere d'arte" frutto di vicende complesse di interrelazioni fra la storia della Terra e la storia della vita. Chi ha conosciuto Lorenzo ha apprezzato la sua vivacità culturale, i suoi interessi a tutto campo, la sua capacità di conciliare la “passio­ ne” per quei fossili straordinari con il senso pratico della progettazione e della gestione di ricerche a più ampio spettro a carattere geologico e geomorfologico sia regionale che applicativo. Tutto questo senza perdere di vista da un lato i rapporti con gli organi territoriali e con le istituzioni scientifiche e dall'altro i problemi della ge­ stione e promozione culturale del territorio. Lorenzo infatti ha contri­ buito ai lavori di numerose commissioni tecniche e scientifiche locali, regionali e nazionali, ha coordinato lo sviluppo del sistema di Musei Na­ turalistici della Lessinia promuovendo un'Associazione dei Gruppi Na­ turalistici e Culturali e ha pubblicato numerosi lavori a carattere specia­ listico e divulgativo. Anche nei confronti delle Società ed Associazioni Nazionali dimostrò grande disponibilità, restando fedele alla tradizione dei suoi predecesso­ ri i professori Francesco Zorzi, Angelo Pasa e Sandro Ruffo. Fra le varie Associazioni che si sono appoggiate al Museo di Storia Na­ turale di Verona ricordiamo la Società Italiana per il Quaternario (AIQUA) e la Società Speleologica Italiana che è stata fondata (o meglio “rifondata”) presso il Museo nel 1950. Proprio qui il 25 giugno 1950 si riunirono 33 speleologi di 14 gruppi di­ versi per costituire la Società Speleologica Italiana, nel cui consiglio en­ treranno un decennio più tardi il Direttore Angelo Pasa come Vicepresi­ dente e il noto speleologo veronese Mario Cargnel come Consigliere.

Il 20 giugno 1990 la Società Speleologica commemorava il quarantesimo anniversario della sua fondazione con lo scoprimento di una lapide commemorativa. Lorenzo Sorbini presenziò a questa cerimonia insieme al Presi­ dente, il Consiglio della Società e molti dei soci anziani. Per far meglio conoscere questo amico trac­ ciamo un breve profilo biografico, elencando alcune delle sue pubblicazioni più significati­ ve. Lorenzo Sorbini nacque a Pesaro l'8.12.1939 e nel 1963 conseguì la laurea in Scienze Geolo­ giche a Padova discutendo una tesi sulla Geo­ logia del Monte Baldo. Dal 1968 al 1971 fu esercitatore di Geografia presso l'Università di Padova. Nel 1969 vinse il posto di Conservatore della sezione di Geo­ logia e Paleontologia presso il Museo di Storia Naturale di Verona e iniziò a frequentare il Museo di Storia Naturale di Parigi e l'Univer­ sità Pierre et Marie Curie ottenendo nel 1977 il titolo di Docteur des Sciences con una tesi sui pesci fossili di Bolca. Nel 1983 vinse il posto di Direttore del Museo di Storia Naturale di Verona. Fu promotore di progetti di ricerca su temati­ che paleontologiche e paleogeografiche in collaborazione con il Céntre National de la Rècherche Scientifique, con l'Accademia delle Scienze della Russia e con la Smithsonian Institution di Washington. Fu responsabile centrale del Progetto coordinato CNR “Evoluzioni ter­ ritoriali recenti cause antropiche cause naturali”. Svolse attività di ricer­ ca presso numerose Istituzioni scientifiche europee e campagne di stu­ dio sia in Italia che all'estero (Europa, Asia, Africa, Sud America). Fu membro dei Consigli direttivi della Società Paleontologica Italiana e dell'Associazione Nazionale Musei Scientifici Italiani e di commissioni del CNR, della Regione del Veneto e del Ministero dell'Università e del­ la Ricerca scientifica e tecnologica. Coordinò ricerche sulla morfologia della pianura Veronese e collaborò alla stesura della Carta Geomorfologica della Pianura Padana del M.U.R.S.T. Diresse scavi paleontologici nel Veneto, Puglia, Emilia-Romagna, Marche. E autore di oltre 150 pubblicazioni, a carattere geologico e paleontologi­ co, sia con taglio divulgativo, sia a carattere specialistico, apparse in rivi­ ste scientifiche italiane, francesi, olandesi, portoghesi, russe, americane. Ugo Sauro

ALCUNI LAVORI FRA I PIÙ SIGNIFICATIVI • 1977 - Geologia del territorio del Comune di Verona. Mem. Mus. Civ: St. Nat. Verona, (II serie) Sez. Scienze della Terra n° 1,1-52: In allegato: tre carte tematiche (in collaborazione con V. De Zanche e V. Spagna). • 1981-1 fossili di Bolca. II edizione. 133 pp.. La Grafica, Verona. • 1983 - La collezione Baja di pesci e piante fossili di Bolca (con descrizione di nuove specie e nuovi generi). 116 pp., Mus. Civ. St. Nat. Verona. • 1984 - Geologia e geomorfologia di una porzione della pianura a Sud-Est di Verona con allegata Carta Geomorfologica (a cura di L. Sorbini), Mem. Mus. Civ. St. Nat. Verona, s.2, - Sez. Se. Terra, n°. 2, 91 pp. carte tematiche. Biogeography and climatology of Pliocene and Messinian fossil fisch of Eastern-Central Italy. Boll. Mus. Civ. St. Nat. Verona, 14: 1-85. • 1994 - Geologia, idrogeologia e qualità dei principali acquiferi veronesi (a cura di L. Sorbini). Mem. Mus. Civ: St. Nat. Verona, s.2, Sez. Sc. Ter­ ra, n°. 4, 150 pp, carte tematiche. New Superfamily and Three New Families of Tetraodontiform Fishes from the Upper Cretaceous: The Earliest and Most Morphologically Pri­ mitive Plectognats.Smithsonian Contributions to Paleobiology: 82, 59 pp. In collaborazione con James C. Tyler.

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VITTORIO PRELOVSEK (1941 - 1997) “Affrettati le stelle tramontano all'alba del nulla ” Il “vecchio” Vittore si presentò al GS Fiorentino nell'imponente salone di Palazzo Pazzi allora Sede della Sezione Fiorentina del CAI, alla fine del 1962 sotto la “Reggenza” di Claudio De Giuli. Sigaretta in bocca, berrettino di lana grigio verde, borsetto pure grigio-verde a tracolla contenente bussola, alti­ metro, coltello e viveri di conforto. Presto scopria­ mo che i viveri di conforto sono delle boccettine mi­ gnon prevalentemente di grappa. Prima in palestra poi in campagna fraternizziamo raggiungendo un grande affiatamento. Era il tempo delle scalette e della sicura e con lui alle manovre si viaggiava in tutta tranquillità: mai che la corda fosse troppo tirata o che peggio scendesse sotto i piedi. E così ci siamo goduti tutte le esplorazioni della Valle del Frigido a Forno di Massa assieme all’amicizia con la famiglia Alberti ambedue cementate da gene­ rose libagioni ove nessuno si tirava indietro. Durante un'uscita a Renara, eravamo nel 1963, non sillabò verbo né, cosa ancora più grave, accettò un bicchiere di vino. Ci preoccupammo per lui, lo sol­ lecitammo finché ci confessò che voleva sposarsi, ma che non riusciva a trovare altre parole di richiesta che “Signore, vorrei la mano di sua figlia”. E così il nel maggio del 1964 si sposò con Carla ed ebbe un figlio: Marco. Tutto il Gruppo partecipò al matrimonio e al rinfresco nella casa di Sesto Fiorenti­ no e in quell'occasione avemmo modo di vedere i suoi quadri e di parlare del suo concetto di arte molto vicino a quello dei così detti “poeti maledet­ ti” per cui l'artista deve soffrire per potere esprimere il meglio di sé. Dopo un rallentamento dell'attività riprendemmo a tempo pieno: sabato e domenica fissi in Apuane e soprattutto a Gorfigliano e Gramolazzo con meta il Monte Pisanino. L'espantore che stava progettando, lui tecnico del Nuovo Pignone, fu l’argomento di quel periodo. In poche parole doveva progettare un attrezzo per il quale i calcoli non erano sufficienti e risolse il problema con esperimenti empirici che facevano inorridire i grandi tecni­ ci tedeschi. Alla progettazione seguì la costruzione e l'attrezzo ebbe molte commesse da vari paesi. Spostammo l'attività in Carcaraia e trovammo la Buca dell'Imprevisto, poi ribattezzata Abisso Piero Saragato, in ricordo del comune amico e compagno di esplorazioni. Demmo fondo a tutto il materiale del gruppo: mi ricordo appeso sull'ultimo gradino di una campata di 170 metri di scale da cui a stento vedevo il fondo del pozzo Firenze avvolto da un nuvolo di vapore con lo stillicidio che mi entrava nel collo per uscire dagli stivali. La conformazione del pozzo rendeva impossibile comunicare, ma appena iniziai a risalire la corda si tese e con molto aiuto potei raggiungerlo sul terrazzino ove faceva sicura. In quell'anno 1967, entrammo ambedue nel­ la squadra di Firenze del Soccorso Speleologico. Oramai riuscivamo a in­ tenderci senza parlare e naturalmente parlavamo d'altro. Assieme aveva­ mo analizzato il rilievo dell'Antro del Corchia e assieme decidemmo di dedicargli una spedizione per fame la verifica. Nel 1969, in concomitanza della discesa di Amstrong sulla Luna, noi raggiungevamo il fondo della grotta e risalivamo rilevando assieme a Stefano Frosini. Con noi anche Claudio De Giuli, Ferdinando Cheliini, Gabriella Nannucci, Claudio Snider, Elena del Panta, Giorgio Pasquini, Claudio Giudici, Nicola Ferri, Giuseppe Dente e Franco Chiarantini. In quell'occasione meditava uno studio sulle “scallops” che però è rimasto incompiuto. Diresse anche diversi Corsi Sezionali di Speleologia e nel 1969 fu nomi­ nato INS del CAI per chiara fama. La cosa non lo inorgoglì più di tanto e continuò con le ricerche, le pubblicazioni. Al Gruppo era sempre un pun­ to di riferimento sia per la tecnica dei materiali, che conosceva approfon­ ditamente, che per la localizzazione di grotte che ricordava come non po­ chi che per piacevoli digressioni sui più svariati argomenti compresa la poesia, riuscendo a mettere chiunque a suo agio. Non volle mai incarichi di prestigio né in gruppo né all'esterno ma collaborò sempre in tutte le ini­ ziative. Assidua la frequentazione a Convegni e Congressi ove spesso presentava comunicazioni. L'avvento della tecnica tutta corda non lo trovò impreparato, magari de­ motivato, dopo più di 15 anni di speleologia attiva, e come molti rallentò l'attività. Credo che gli mancassero soprattutto gli amici di esplorazione; sta di fatto che si impigriva. Lui diceva che era vecchio, che era stanco,

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che non aveva voglia e che sarebbe ritornato sulla scena appena avesse finito un croll a motore per ri­ salire i pozzi. Ma non lo diceva per scherzo: realizzò un croll a motore azionato a batterie ricaricate dal calore del corpo. Sul terrazzo della casa di Sesto Fiorentino coltivava molte piante finché si appassionò a quelle sensibili come la “Drosera” e addirittura ideò un apparecchio per misurarne le reazioni nei confronti dell'uomo. E ci raccontava di come alcune accarezzate sulle fo­ glie dessero risposte di piacere o di timore a seconda dei casi e che queste risposte variavano col variare delle persone che le toccavano come se anche le piante avessero un'intelligenza. Si interessò anche del cielo o meglio delle stelle. Partendo da nozioni tecniche accessibili nel suo la­ voro si mise a cercare un blocco di “vetro” per fame lo specchio di un telescopio. Sul pavimento al cen­ tro della cucina fissò con lunghe viti una colonna metallica con un piano ad altezza di lavoro alla qua­ le era possibile girare intorno. Ci poggiò il blocco di vetro, lo cosparse di un sottile strato di sabbia e co­ minciò a lavorarlo, cioè semplicemente a sfregarlo dall'esterno aH'intemo con movimenti causali, ma sempre in circolo. Era certo che la somma di tali mo­ vimenti avrebbe portato al concavo perfetto. Col passare dei mesi lo spec­ chio prendeva incredibilmente forma; la sabbia usata diventava sempre più fine e così la superficie lavorata diventò perfettamente lucida. II “ve­ tro” fu portato ad argentare e il Vittore cominciò a pensare al “corpo” del telescopio. Acquistò un tubo metallico alla base del quale doveva essere sistemato lo specchio e tutti i meccanismi per farlo girare e posizionarlo in modo da individuare i corpi celesti da osservare. Il tutto fu messo insieme e ne venne fuori un meccanismo delicato che si rimuoveva con estrema facilità. Fu posizionato in terrazza e poi spostato con l'aiuto di molti amici in Mugello, su una terrazza a tasca sul tetto, e finalmente assieme agli amici potè passare intere nottate a guardare il cielo. Nel 1984/85 si trasferisce a Prato da cui gli riesce difficile raggiungere con i mezzi pubblici il Gruppo che dal 1978 era in Via Torre del Gallo. Si avvicinò quindi all’Unione Speleologica di Calenzano ove mise a disposi­ zione le sue conoscenze e la sua umanità. Credo che la sua presenza sia stata un forte stimolo di crescita soprattutto culturale e gli amici di Calen­ zano hanno dimostrato l'apprezzamento della sua positiva anarchia nei giorni della malattia. Con loro svolse un'attività incentrata sui monti della Calvana. Con loro partecipò a lavori di ricerca e disostruzione che dettero spesso interessanti risultati. Come affermava Marinelli, intorno al 1958, in Calvana ci si doveva andare col piccone e altri artigianali strumenti come una serie di secchi collegabili a una catena azionata da un motore di Vespa per portare all'esterno il riempimento. Aprirono diverse grotte. Quando si trasferì a Prato acquistò un'Ape con la quale si spostò finché questa ebbe la bontà di funzionare, poi rimase appiedato e conseguente­ mente le sue possibilità di movimento diminuirono. Diminuirono anche i nostri incontri diretti pur suppliti da lunghe telefonate. Da quel momento ci incontrammo soprattutto a Convegni e Congressi cui partecipava vo­ lentieri anche per ascoltare quanto gli altri avevano da dire. Quando nel 1992 ebbi l'idea di riunire i “vecchi” del GSF per il trentennale ci volle dei bello e del buono per convincerlo a muoversi. Un tipo così, con la sigaretta sempre in bocca, col solito berrettino milita­ re con la solita sacchettina a tracolla e ora anche con un barbone da “guru”, in epoca di globalizzazione e di uniformazione non è che trovasse molto consenso al Nuovo Pignone ove lavorava anche se i capi più intelli­ genti lo apprezzassero e non lo lasciassero senza lavoro, per cui alla fine accettò il “consiglio disinteressato” di andare in pensione. Si iscrisse alla Facoltà di Fisica per coronare un sogno che aveva a lungo coltivato. Fre­ quentò qualche mese e poi ci disse che si trovava spaesato tra tutti quei ra­ gazzini, e smise di frequentare la Facoltà. In ospedale ci siamo rivisti per l'ultima volta. Abbiamo parlato di progetti per il futuro e del fatto che ora un croll a motore avrebbe fatto comodo an­ che a me: il vecchio progetto era realizzato ma per lui quel motore era troppo pesante. Ora ne stava preparando uno a pistoni rotanti e i progetti erano sul tavolo di casa. Franco Utili

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Memorie

ANTONIO NUÑEZ JIMENEZ (1923-1998) La notizia, improvvisa, è arrivata via telefono da Cuba: Antonio Nufiez Jimenez ci ha lasciati in questo inizio di settembre. I più giovani forse non lo ricordano, probabilmente, se non sono stati frequentatori dei Congressi Intemazionali di Speleologia, non lo hanno mai incontrato: peccato per loro... Antonio è stato infatti forse uno dei più incredibili speleologi di questo secolo, avendo intersecato la Storia con la sua attività speleologica e in una certa parte avendo contribuito addirittura a scriverla. Nato da una famiglia della borghesia cubana, ha iniziato prestissimo la sua attività speleologica: ad appena 16 anni infatti, nel 1939, esplorava la Cueva de la Candela. Immediatamente si dava da fare per organizzare l'attività speleologica nel suo paese e nel 1940 fondava la Società Speleologica Cubana, di cui sarà ininterrottamente Presidente. Si laureò in filosofia e lettere all'università dell'Avana nel 1951, divenne quindi dottore in Scienze Geografiche alfUniv. Lomonosov di Mosca e dottore in Scienze geografiche della Repubblica di Cuba, veniva nomi­ nato quindi Professore di Geografia all'Accademia delle Scienze della Habana. Ma era la rivoluzione Castrista che doveva segnare per sempre la sua vita: sin dai suoi albori infatti Antonio era sempre in prima fila, meritan­ dosi i gradi di capitano sotto il comando del Comandante Guevara. Gra­ zie proprio alla sua attività speleologica, riuscì a salvare dalla cattura e forse dalla morte, Castro e il Ché nascondendoli dentro le grotte della "Sierra dos Organos": probabilmente, quindi, senza il suo intervento la dittatura di Batista non sarebbe stata successivamente rovesciata.... Una volta vittoriosa la rivoluzione, Castro ricompensò Antonio, pro­ muovendolo a Viceministro per la Cultura e dando alla Società Speleologica Cubana un potere, anche politico, assolutamente unico in tutto il mondo. Basti pensare che nell'esercito cubano esisteva addirittura una "brigata speleologica".... Per gli oltre 50 anni di attività speleologica Antonio ha non solo esplora­ to e fatto esplorare le grotte di Cuba e di molti altri Paesi del Centro America, ma ha anche pubblicato oltre 100 tra la­ vori scientifici e monografie di argo­ mento speleologico, coprendo temi come la speleogenesi, la geomorfolo­ gia, la mineralogia, l’archeologia. In campo organizzativo ha il merito as­ soluto di aver lottato per tutta la vita per divulgare l'attività speleologica in tutta l'America latina: è certamente molto merito suo se oggigiorno molti paesi dal Venezuela al Brasile, dall'Argenti­ na al Costa Rica, dal Messico al Perù hanno loro organismi speleologici fun­ zionanti. Nell'ambito di questo disegno riusciva a fondare la Federazione Spe­ leologica dell'America Latina e del Ca­ ribe, riconosciuta dall'Unione Intema­ zionale di Speleologia, che oggi conta oltre 22 nazioni aderenti. Antonio ne è stato il primo Presidente, carica che ha mantenuto sino a che le forze glielo hanno concesso. Ma l’attività frenetica di Antonio Nufiez Jimenez non si limitava alla speleologia: si è occupato anche di ar­ cheologia mesoamericana, per cui ha organizzato lo studio sistematico dei petroglifi del Perù. Ha fatto studi geo­ grafici, ripercorrendo anche epiche vie d'acqua quali quella che dalle sorgenti del Rio delle Amazzoni lo hanno porta­

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to a Cuba in canoa. Quest'ultima impresa ideata e realizzata quando era Presidente della Commissione Nazionale (di Cuba) Commemorativa del Cinquecentenario della scoperta reciproca delle culture del vecchio e del nuovo mondo (scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Co­ lombo. 10 ho avuto la fortuna di conoscerlo bene e di essergli un amico: lo in­ contrai la prima volta oltre 20 anni addietro ad un Riunione Intemazio­ nale di Speleologia, ove mi fu presentato dallo Spagnolo Adolfo Eraso, e da quel momento lo incontrai almeno un'altra diecina di volte, sia a Cuba, ove sempre ero invitato nella sua bella casa di Miramar, che in al­ tre parti del Mondo. Mi piace qui ricordare come una volta Antonio decise di creare quasi un incidente diplomatico, pur di poter passare una mezza giornata con me: in quell'occasione era in Italia (come Vice Ministro e Presidente del Co­ mitato delle Celebrazioni cubano) per la predisposizione del program­ ma finale delle manifestazioni per i 500 anni della scoperta delle Ameri­ che. Naturalmente il suo programma era stato deciso mesi prima ed era assolutamente stretto e cadenzato, dovendo rispettare sia necessità pro­ tocollari che di sicurezza personale... Ebbene lui volle stravolgerlo, ri­ cavandosi una mezza giornata da trascorrere in casa mia a Bologna: Si può benissimo immaginare lo stupore di tutti (Ambasciatore Cubano, Prefetto e Questore di Bologna, carabinieri di scorta, servizi segreti...): 11 mio telefono per i 2 giorni precedenti fu subissato di telefonate di au­ torità che mi chiedevano: Perché proprio da m e?... e io che cosa ero per Lui?... Io rispondevo, non creduto, che ero semplicemente un suo ami­ co, che condividevo con lui l'amore per la speleologia e questo era più che sufficiente... Passammo un piacevolissimo pomeriggio a parlare delle spedizioni fat­ te assieme, di quando mi ero ferito all'interno delle Caverna di Santo To­ mas, e facemmo vari progetti per il futuro sotto gli occhi stupiti dei suoi importanti accompagnatori Cubani ed Italiani, che avevano dovuto ri­ nunciare ad un programma che per loro sarebbe stato certamente più al­ lettante... In quell'occasione mi colpì la sua umanità e il suo interesse per l'istruzione dei suoi concittadini: mi pregò infatti di accompagnarlo in un negozio dove potesse comprare una cinquantina di matite da disegno da do­ nare agli allievi di una scuola d'arte cu­ bana che, per le note vicende dell'em­ bargo, non aveva più nulla con cui fare disegnare: Antonio era anche questo. Agli speleologi, non solo cubani, lascia in eredità una serie di organizzazioni da lui pensate e realizzate che hanno aiutato in passato e aiuteranno in futuro generazioni di giovani ad avvicinarsi con facilità e sicurezza all'affascinante mondo delle grotte. A Cuba rimarrà la sua casa, praticamente già da tempo trasformata in un museo ove ai cimeli raccolti nel suo pe­ regrinare in tutto il mondo, si aggiun­ geva una biblioteca, non solo speleolo­ gica, che potrebbe esser invidiata da molte Società Nazionali. A quelli che lo hanno conosciuto reste­ rà il ricordo di una personalità unica, che sapeva contemperare la sua indole frenetica e decisionista con una educa­ zione squisita e un sincero amore per la discussione. Agli amici, un vuoto difficilmente col­ mabile. Paolo Forti

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NOTIZIE ITALIANE a cura della redazione FRIULI-VENEZIA GIULIA

ATTIVITÀ DEL GS LE NOTTOLE BERGAMO

V ili CONVEGNO REGIONALE DI SPELEOLOGIA DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA

Continua l’indagine speleologica del GSB Le Nottole nei massicci carbonatici della fascia mediana delle prealpi berga­ masche (vai del Riso - vai Parina - vai Se­ riana, Lombardia centrale). L ’area ha in passato fruttato alcuni dei maggiori siste­ mi carsici della provincia, ma non ha cer­ tamente esaurito le sue potenzialità. Dopo avere ripreso in esame la situazione si è infatti cominciato a ottenere nel corso degli ultimi tre anni il ritrovamento di una lunga serie di grottine e abissetti, an­ che di notevole valore estetico. Ultimamente le ricerche sono state con­ centrate sul M. Arerà (m 2.512), accredi­ tato di circa duemila metri di potenziale carsico, caratterizzato anche da un den­ sissimo reticolo di gallerie minerarie che spesso permettono di accedere a cavità naturali. Proprio grazie all’esplorazione di questi sistemi di miniera sono stati ri­ trovati alcuni nuovi abissi di un certo in­ teresse. In realtà un abisso di discreta profondità era già noto da alcuni decenni (Lacca della Miniera, LoBG 1405; Di­ slivello: -118 m). Il salto di qualità c’è stato alla fine del 1996 con la scoperta dell’Abisso F. Zap­ pa (LoBG 3831; sviluppo reale: 650 m; dislivello: -178 m / +53 m ), seguito dal vicinissimo Abisso D. Stratos (LoBG 3832; sviluppo reale: 210 metri; dislivel­ lo: -158m /+2m ). Le due cavità sono so­ vrapposte ed è stata individuata almeno una possibile giunzione, senza conside­ rare diverse ulteriori possibilità esplora­ tive ancora da verificare.

La Federazione Speleologica Regionale del Friuli-Venezia Giulia organizza nei giorni 4-5-6 giugno 1999, in località Cave di Selz (Ronchi dei Legionari, Gorizia), l’VIII Convegno Regio­ nale di Speleologia del Friuli-Venezia Giulia. Al convegno sono invitati tutti gli speleologi interessati al fenomeno carsico ed alla speleolo­ gia della nostra Regione. Saranno accettati lavori inediti di carattere esplorativo, tecnico, scientifico e storico riguardan­ te la speleologia e il fenomeno carsico nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia. A di­ screzione del Comitato Scientifico verranno vagliati lavori riguardanti gli aspetti della speleologia extraregionale e quella in cavità artificiali. I lavori e le relazioni dovranno perveni­ re alla Segreteria non oltre il 30/04/1999. Inoltre sono previste manifestazioni collaterali come riunioni, assemblee, mostre, proiezioni, stand espositivi e momenti di svago. Segreteria del Convegno c/o Maurizio Cornar - via dell'Argine, 6 - 34075 P1ERIS (GO) Informazioni Gianni Benedetti - tel/fax 040/568544 - E-mail bengi@4u.net oppure id970017@net96.it Maurizio Cornar - tei 0481/470277 per il Comitato Scientifico Andrea Mocchiutti - tel/fax 0432/501628 - e-mail geomok@iol.it

LOMBARDIA ATTIVITÀ DELLO SPELEO CLUB OROBICO - CAI BERGAMO Valle Imagna (BG) Continua l’attività di ricerca in Valle Imagna in Costa del Palio: la grossa sor­ presa dell’anno è Alaska (LoBG 3850), che, dopo un meandro allucinante lungo ben 160 metri, regala gallerie larghe 10 metri per uno sviluppo attuale di 1330 metri e un dislivello di 155 metri. Il Bus de la Sibèria (LoBG 1197) rag­ giunge gli 1.240 metri e una profondità di 112. Nei dintorni sono state scoperte altre grottine (si tratta comunque di un bel complessone... a circa 1500 metri c’è La Maddalena, 10 chilometri di sviluppo) per ora in corso di esplorazione. Sempre in Valle Imagna, ma nella zona di Bedulita, oltre a piccole cavità inferio­ ri a 100 metri di sviluppo, spicca la Grot­ ta ’96 (Lo BG 1374) ferma su sifone a 160 metri dall’ingresso. Nei dintorni di Vaisecca spunta un gioiel­ 112

lo: O Sbadol (LoBG 1426), con un lago lungo più di 20 metri, circondato da con­ crezioni. Valle Brembana (BG) Nella zona di Dossena, in Valle Bremba­ na, nuove scoperte nelle miniere PaglioPignolino: l’Abisso 13 (-120) e L’Abisso sul Ciglio Cava Lotto Nord è ancora in esplorazione (5 fondi a circa -100, per uno sviluppo di circa 371 metri). Grossi risultati con le collaborazioni. As­ sieme allo Speleosub Team Lecco esplo­ rata la Grotta Sandro Lecchi per 600 metri, nella zona dei Piani di Bobbio, su­ perando un impegnativo sifone (è una ri­ sorgenza). Valle Seriana (BG) Nel Monte Arerà in Alta Valle Seriana, in collaborazione col GSB “Le Nottole” portiamo alla luce La Dolce Vita, l’abissone di -400 per uno sviluppo oltre 1000 metri, con un bellissimo P I00 al suo in­ terno, mentre il complesso Zappa Stratos, grazie ad un nuovo ramo discendente “Bora et Labora”, ventosissimo, raggiun­ ge i -230 metri. Massimo Pozzo Speleo Club Orobico CAI Bergamo

Dopo poche settimane dalla scoperta di queste due grotte i lavori hanno subito un deciso rallentamento a causa del conse­ guimento di un grosso risultato speleolo­ gico lungamente atteso e caparbiamente voluto, un nuovo abisso immediatamente balzato al secondo posto della classifica delle grotte più profonde della provincia di Bergamo. La nuova cavità, battezzata La Dolce Vita (LoBG 3833) si è genero­ samente offerta alla conquista degli in­ creduli esploratori senza opporre alcuna resistenza. Una splendida sequenza di brevi meandri (mai scomodi) e di pozzi variamente assortiti ha accolto il nostro Speleologia 38 -1998


Lombardia

Notizie Italiane

entusiasmo; solo a circa -340 m uno stret­ to meandrino, bagnato e fangoso, è riu­ scito finora ad ostacolare l’accesso verso nuove prospettive. Il ramo principale inizia con uno scivolo detrítico seguito da un innocuo PIO, po­ chi metri di meandro intervallano i suc­ cessivi pozzi: P49; P7; P8; P18; P5; P I00; P54; P30; P35; P2; P5. Un altro paio di diramazioni sono state parzialmente esplorate fino a oltre -100. La profondità totale è al momento di 392 metri, (-340 a cui bisogna aggiungere 52 metri di dislivello positivo). Attualmente si sta privilegiando la verifi­ ca accurata delle parti alte prima di pren­ dere in esame le tantissime evidenti pos­ sibilità esplorative ancora esistenti nelle zone medio-basse. Tale lavoro sistematico ha già permesso di trovare molte ramificazioni di tipo la­ birintico, incrementando lo sviluppo rea­ le della cavità (oltre 700 m finora rilevati) e dando contemporaneamente preziose informazioni sulla sua struttura pianime­ trica. Ovviamente lo sviluppo in pianta allarga anche le prospettive per quanto ri­ guarda il reperimento di possibili vie al­ ternative sia verso il basso che verso l’al­ to, non bisogna infatti dimenticare che ancora parecchie centinaia di metri di roccia carsificabile ci separano dalla cima della montagna. In parole povere stiamo investendo sul futuro, senza cer­ care disperatamente di avere tutto e subi­ to (inteso come primato di profondità). Le complesse caratteristiche della grotta, che presenta molti esempi di meandri e pozzi che si sviluppano più o meno paral­ lelamente, fanno ben sperare sulla possi­ bilità di superare con nuove ipotetiche di­ ramazioni la quota minima raggiunta finora (circa 900 m slm). Ciò ci permette­ rebbe di bypassare l’attuale ostico fondo evitando faticosi lavori di disostruzione nonché risalite e traversi. L’obiettivo finale è quello, estremamente ambizioso, di penetrare dalla porta di ser­ vizio nel grosso sistema carsico che ali­ menta la famosa sorgente Nossana (vai Seriana). L’esplorazione ed il rilievo vengono portati avanti congiuntamente dal GS Bergamasco Le Nottole e dallo Speleo Club Orobico CAI Bergamo, un discontinuo ma valido apporto di energie arriva inoltre da speleologi di altri gruppi e da autonomi. Non è finita qui: sempre sull’Arerà, in collaborazione con un altro gruppo stori­ co della provincia (il Gruppo Speleologico Valseriana Talpe) si sta seguendo una nuova via ventosa alla Laca di Miiradèi. La cavità è passata da un dislivello di -43 Speleologia 38 - 1998

all ’attuale profondità di circa -160 con un ulteriore salto non sceso valutato sui 30 metri. Sempre il GSVT annuncia di avere esplo­ rato in zone d’alta quota un pozzo pro­ fondo 130 metri. Anche il Monte Grem, qualche chilome­ tro più a oriente, ha offerto novità esplo­ rative. Abbiamo recentemente trovato la Grotta del Discepolo e la Grotta dei Dispersi, due nuove cavità prevalentemente verti­ cali profonde poco meno di 50 metri. Grazie alla scoperta di un ingresso supe­ riore e ad alcune risalite l’Abisso S. Bar­ bara ha sensibilmente incrementato il suo sviluppo ed è passato ad un dislivello complessivo di 136 metri. Giorgio Pannuzzo

SVILUPPI AL PIAN DEL TIVANO (CO) Grotta della Betulla Sulle pendici boscose dei rilievi che cir­ condano il Piano del Tivano (e i suoi 20 km di sistemi di grotte - Tacchi-Zelbio, Stoppani, Nicolina), accurate battute portano spesso al ritrovamento di stretti buchi soffianti. Nel settembre '97 uno di questi, alla base di un alberello, ha rivelato un nuovo abis­ so, costituito da una serie di stretti pas­ saggi in discesa, impostati sulla stratifi­ cazione del Calcare di Moltrasio. Dopo una sala in frana si apre una splendida forra a saltini, seguita da passaggi obliqui trasversali all'andamento degli strati. An­ cora piccoli salti alternati a stretti mean­ dri fangosi, dove la disostruzione si svol­ ge a calci, grazie (!?!) all'inconsistenza della roccia. Finalmente, verso i -300 una frattura subverticale causa un approfon­ dimento spiraleggiante seguito da uno spezzone di condotta orizzontale e da una sala in frana. La prosecuzione è da ricercare al di sotto dei massi di fondo. La profondità attuale stimata è di -350. Ciò significa che le parti terminali sono alla stessa quota delle gallerie principali di Stoppani e Nicolina, ma ad un chilometro di distanza, nel cuore della montagna. Il nuovo abisso, pur aprendosi a poca distan­ za dalla sommità del rilievo, si comporta da ingresso basso, con ima circolazione a tubo di vento fino al fondo attuale. Le prospettive sono perciò: 1) l'approfondimento della cavità secon­ do gli strati al di sotto dei sistemi attual­ mente noti. Si prevede di dover litigare con i tradizionali compagni (e nemici)

delle esplorazioni al Tivano: i riempi­ menti argillosi e detritici o i sifoni, questi ultimi in genere causati da irregolarità lo­ cali della stratificazione. 2) il congiungimento non con i sistemi già noti, bensì con uno o più arrivi ancora sconosciuti, che risucchiano tutta l'aria verso ingressi ancora più alti. La grotta presenta numerose difficoltà tecniche, e richiede esperienza e cautela da parte degli esploratori. In effetti, com­ plice l'incoerenza degli appigli, è già av­ venuto un incidente, per fortuna senza gravi conseguenze. Le esplorazioni sono condotte da un va­ riegato gruppo trasversale, composto dalla maggior parte dei tradizionali esploratori tivanici. Le associazioni di appartenenza sono: Gruppo Grotte Milano - SEM CAI Gruppo Speleologico Comasco CAI Associazione Speleologica Comasca Gruppo Grotte I Tassi A titolo personale: Angelo (Ruspa) Zardoni, Graziano Ferrari. Graziano Ferrari Grotta Tacchi Nell'autunno 1997 si sono aperti i sifoni nella Grotta Tacchi, ai Piani del Tivano (LoCo), ma ripetuti scavi nella sabbia del 5° sifone (Tipperery), a cui hanno parteci­ pato elementi del Gruppo Grotte Milano e del Gruppo Speleologico "I Tassi" CAI Cassano - INT, non hanno comunque con­ sentito il passaggio del punto critico, né tantomeno un bagno nel sifone stesso. A livello del secondo sifone ho compiuto una serie di arrampicate su roccia marcia e coperta di fango risalendo con tecnica mi­ sta un grande salone (punto H del rilievo) per circa una trentina di metri. Sopra continua con un pozzone verticale di cui sono visibili almeno 20 metri, con un arrivo d'acqua, ma i rischi ed il fango rappreso cominciavano ad essere spro­ porzionati. L'ameno posto grondante di macigni ha ricevuto il nome di Apocalipse now. Rino Bregani

ESPLORAZIONI DEL GG MILANO IN VAL BREMBANA (BG) Negli ultimi due anni il GGM sta effet­ tuando una serie di esplorazioni nella grotta Puerto Escondido in vai Brembana (LoBg). Le risalite hanno portato alla scoperta di due gallerie attive con una sequenza di pozzi (max 30 metri) e grossi ambienti intervallati da meandri concrezionati. Una galleria è prossima all'esterno e con 113


Piemonte, Liguria

un rilievo ARVA è stato posizionato il posto in cui sono già cominciati gli scavi. Lo sviluppo complessivo supera ora il traguardo dei 1.000 metri, mentre non cambia la profondità (-250 m). Stiamo ancora cercando il ramo della possibile ipotetica giunzione con l'Abis­ so di Val Cadur. Nella grotta Puerto Escondido (cfr so­ pra) è stato svolto un esperimento medico allo scopo di valutare il rendimento mu­ scolare durante sforzo prolungato (10-12 ore) in grotta assumendo bustine conte­ nenti creatina, amminoacidi ramificati e sali minerali. L'esperimento è stato configurato in "doppio cieco" con "cross-over" ed i ri­ sultati (in apparenza molto interessanti) sono in fase di elaborazione. Rino Bregani

NOTIZIE DALLO SPELEO CLUB VALCERESIO (CO) Le ricerche condotte sul monte Minisfreddo dai soci dello Speleo Club Valceresio CAI Guglielmo Ronaghi, Rino Bonato, Giuseppe Pupillo e Giuseppe Gastaldi hanno recentemente portato alla scoperta e alla esplorazione di una nuova grotta profonda attualmente 92 metri. Si tratta di una cavità ad andamento presso­ ché verticale dove nella zona di fondo un tappo di frana impedisce per il momento il proseguo delle esplorazioni. La grotta è stata denominata dagli scopri­ tori Abisso Valceresio. Guglielmo Ronaghi

PIEMONTE NOVITÀ DAL MONTE MONDOLÈ (CN) Il primo risultato significativo di una ricerca avviata sul Monte Mondolè (Mondovi, CN) da circa un anno ad opera di alcuni soci del Gruppo Speleologico Savonese e del Gruppo Speleologico Alassino, si è avuto con l'esplorazione del Garbo du Bedùn da' e Quattro Come. Si tratta di una cavità già nota nei primi metri, ad andamento prevalentemente verticale, la cui esplorazione è ferma per ora a circa 110 metri di profondità alla base di una grande pozzo, su un meandro con molta aria. A. Verrini M Gambetta

114

Notizie Italiane

La Jodel (termine altoatesino che indica gioia) sul Monte C orna ( 1.596 m s.l.m.), cavità profonda 52 metri con uno svilup­ po di circa 100 metri, che attualmente ter­ mina su di una frana con forte aria. Il pun­ to più profondo dello Jodel dista pochi metri dai rami alti della Grotta della Melosa (253 Li/IM). Una possibile congiun­ zione porterebbe il dislivello della cavità ad oltre 300 metri di profondità.

LIGURIA NOVITÀ SULLE PREALPI LIGURI IMPERIESI Durante la primavera -estate 1998 lo Spe­ leo Club CAI Sanremo ha scoperto ed esplorato due nuove grotte.

LE PIÙ ... DELLA PROVINCIA DI IMPERIA LUNGHE 1

Tana dei Rugli

Pigna

1950 m

GSL-GSI

2

Grotta della Melosa

Pigna

1600 m

GGCS-GSL-GSI

3

Garbo di Piancavallo

Cosio d'Arroscia

1400 m

GSP

4

Garbo della Foce

Cosio d'Arroscia

660 m

GSI-GSP

5

Tana degli Strassasacchi

Rocchetta Nervina

620 m

GSI

6

Sgarbu du Ventu

Pieve di Teco

600 m

GSI

7

Sistema della Serra

Rocchetta Nervina

500 m

GSI

8

Tana de Vie Burche

Rezzo

400 m

GSI

9

Abisso Sgora

Rocchetta Nervina

382 m

GSI-SCS

10

Grotta della Bramosa

Caravonica

350 m

GSI

1

Grotta della Melosa

Pigna

-253 m

GGCS-GSL-GSI

2

Tana dei Rugli

Pigna

+142 m

GSL-GSI

3

Tana Comarea

Cosio d'Arroscia

+120 m

GSL-GSI

4

Sgarbu du Ventu

Pieve di Teco

-100 m

GSI

PROFONDE

5

Pozzo li di Lucasaz

Pigna

- 99 m

GSI-SCS

6

Complesso E1-E2

Pigna

- 90 m

GSI

7

Abisso Gl

Pigna

- 89 m

GSI

8

Abisso Sgora

Rocchetta Nervina

- 82 m

GSI-SCS

9

Pozzo I di Lucasaz

Pigna

- 80 m

GSI

10

Jodel

Pigna

- 52 m

SCS

GSL = Gruppo Speleologico Ligure Issel Genova GGCS = Gruppo Grotte CAI Sanremo Sanremo (gruppo ormai estinto) GSI = Gruppo Speleologico Imperiese CAI - Imperia GSP = Gruppo Speleologico Piemontese CAI UGET - Torino SCS = Speleo Club CAI Sanremo Sanremo La seconda scoperta è la Grotta delle Ferrate sul Monte Pietravecchia (2.038 metri s.l.m.). Si tratta di una grotta di origine tettonica con uno sviluppo di oltre 100 metri ed un dislivello di 50 metri circa. Entrambe le grotte sono ancora in fase di esplorazione. Alessandro Pastorelli Speleo Club CAI Sanremo

Speleologia 38 -1998


Toscana, Umbria, Puglia, Calabria

Notizie Italiane

TOSCANA GIUNZIONE ARIA GHIACCIA - SARAGATO Minucciano (LU) Era tanto nell'aria che non ci si credeva più. Poi a metà luglio un'insperata traver­ sata risucchia grotte e speleologi nell'uf­ ficialità del Complesso e la Carcaraia non è più la stessa. Giunzione, in realtà non lontana dal pun­ to d'intersezione vero tra il massimo pa­ rallelo sudoccidentale della costruzione vadosa Aria Ghiaccia e il livello freatico fossile del collettore Saragato.Un'unica realtà separata da una frana che avrebbe reso il percorso, simbolicamente o meno, comunque poco reversibile. Già nel 1995 nella zona del Climbing on thè Moon, poi l'anno dopo a monte del ramo Voyage, le esplorazioni si erano ar­ restate in salita davanti a frane ventose ma impossibili se non addirittura perico­ lose. Anzi, sembravano già di tutto ri­ spetto i 150 metri di distanza pianimetri­ ca dal campo base Saragato ridotti nel '96 addirittura a 70! A -100, dopo ben 1.000 metri di saliscendi percorso sin lì, non sa­ rebbe stato certo un problema - frane per­ mettendo - scendere i 2-300 m di disli­ vello restanti, si pensava giustamente. Il fatto poi di essere davanti ad una circo­ lazione d'aria unidirezionale rafforzava le ipotesi, lasciando presupporre grandi cose. Tutto questo oltre, però... Nel tentativo sempre di svalicare in quei collettori paralleli che si erano ipotizzati (“Speleologia”n° 34, pp. 13-23), gli stessi in cui stavano spaziando contemporanea­ mente le insistenti esplorazioni inter­ gruppo concepite e guidate dai fiorentini, è stata ripresa una modesta forra attiva a pozzi scavata nei grezzoni che s'innesta nel Ramo delle Pulci, by-pass di scomo­ de condotte comprese tra il Climbing on thè Moon e la Confluenza: ovviamente altre arrampicate, ovviamente un tappo di frana a monte, ovviamente al passag­ gio nei marmi. La caratteristica però che l'intaso occlu­ desse una comoda galleria in salita (!) ha permesso di provare una disostruzione seria. Tra giugno e luglio due uscite di gruppo che meriterebbero di non essere raccontate per i rischi sfiorati, servono per svuotare i quasi 10 me di marmo im­ pazzito. Poi il buio; c'è da salire. Una ter­ za volta, entrati in due per l'ennesima ar­ rampicata, si svicola invece lateralmente attraverso una serie di condotte ventose

Speleologia 38 -1998

sbucando in un nodo da cui dipartono vari rami: il meno appariscente ma arieg­ giato è uno stretto meandro a pavimento che si spalanca in un P40 seguito da un P20 direttamente in Saragato, a metà cir­ ca della lunghissima e notevole con­ fluenza attiva in corso d'esplorazione dalla zona del Pozzo di Aki. E il 18 luglio ore 19,45 e finalmente quel­ lo che prima era scontato, poi impossibi­ le, poi forse possibile ma per acqua, poi di nuovo impossibile, poi velatamente certo ma dall'altra parte... smette di esse­ re un sogno: 24 Km di sviluppo, profon­ dità massima invariata a -1.078, 2.400 i metri di dislivello complessivo tra in­ gresso e ingresso ma soprattutto la cer­ tezza di aver costruito da una parte e dal­ l'altra qualcosa che per valore esplorativo è forse un passo avanti. Polemiche e rancori no. Luca Tanfoglio, Matteo Rivadossi Gruppo Grotte Brescia “C. Allegretti”

UMBRIA LA DIDATTICA SPELEOLOGICA ATTIVITÀ TRAINANTE DEL CENTRO ESCURSIONISTICO NATURALISTICO (CEN) DI BOCCA SERRIOLA Il Centro Escursionistico Naturalistico (CEN) di Bocca Semola (Città di Castel­ lo - PG) è entrato in piena attività. Nel mese di aprile sono stati inaugurati i nuo­ vi locali che consentono al Centro di te­ nere a pensione completa fino a 50 perso­ ne. Le scuole sono i fruitori privilegiati di questa struttura, tenendovi seminari resi­ denziali di due o tre giorni. Avendolo progettato io stesso e curando­ ne l’attività didattica non potevo non conferire ai programmi un indirizzo spe­ leologico. Il vicino Monte Nerone con le sue grotte rappresenta meta ambita per i gruppi ospitati al CEN. La traversata del­ la Grotta dei Cinque Laghi costituisce il motivo di maggiore attrazione per ra­ gazzi e adulti. Gioco e avventura si me­ scolano e sono complici della conoscen­ za, quella autentica, quella che proviene dall’esperienza. Anche alcuni gruppi speleologici hanno scelto il CEN per dei fine settimana in cui a pochi minuti di auto si trovano palestre esterne e grotte. La Cinque Laghi è otti­ ma per iniziare, La mitica Grotta delle Tassare presenta tutte le caratteristiche tecniche per preparare uno speleologo. Marco Bani

PUGLIA RIAPERTA LA GRAVE DI DON DONATO Locorotondo (BA) La ricerca di una cavità verticale diversa, agli antipodi del solito, punta, intorno ad aprile 1998, alla Grave di Don Donato (Pu 822) ubicata nel territorio di Locoro­ tondo (BA). Una grotta costituita da due pozzi che si approfondiscono fino a - 41 metri. Esplorata e rilevata da Pino Palmi­ sano e Giorgio Braschi nel dicembre del 1969, la grave è avvolta in una misteriosa leggenda che la vuole “cassaforte” di un fantomatico tesoro nascosto nel suo in­ terno. Pino Palmisano ci dice che la cavi­ tà è ostruita da molto tempo: il vicino muro a secco è crollato ostruendo com­ pletamente il primo salto di 4 metri. In aprile lo SCCA inizia i lavori di disostru­ zione spittando il primo pozzo con nuovi armi percorrendo, alla base del salto ini­ ziale, un breve cunicolo. In successive tre puntate, una delle quali con Pino Palmi­ sano, si amplia la selettiva fessura che permette di discendere nel fondo della grotta. Inutili le disostruzioni nella fessu­ ra terminale che non lascia sperare nessu­ nissima nuova via di prosecuzione. In prossimità dell'ingresso, all'esterno, è stato rilevato un pozzetto naturale di 4 metri indubbiamente facente parte dello stesso complesso; impossibili le diso­ struzioni perché il piano di calpestio è completamente ricolmo da carcasse di animali in putrefazione. Carlos Solito SC Cryptae Aliae - Grò ttaglie

CALABRIA TORNA NELLE CRONACHE SPELEOLOGICHE LA VORAGINE DELLE BALZE DI CRISTO E TUTTO IL SISTEMA CARSICO DELLA CALDANA (CS) La storia della Voragine delle Balze di Cristo, ubicata nel territorio comunale di Cerchiara di Calabria (CS) è alquanto tra­ vagliata, fatta di esplorazioni interrotte bruscamente da episodi di incuria umana e cattiva gestione dei territorio, almeno così fino all'inizio di quest'anno quando finalmente i lavori di apertura della stata­ le n° 92 (al cui margine è ubicato l'ingres­ so della voragine) sono terminati. Infatti

115


Sardegna

nella primavera di quest'anno vari sono stati i gruppi speleo interessati all'area carsica così detta della Caldana. Il Gruppo Speleologico “Sparviere” di Alessandria del Carretto (Cs) ha avuto così l'occasione di riprendere i lavori di rilevamento interno ed esterno e le ricer­ che idrogeologiche delle varie grotte pre­ senti nell'area. Ricerche iniziate nel 1994 insieme al Gruppo Speleologico Impe­ riese CAI di Imperia. Quest'anno si sono aggregati alla ricerca, sia idrologica-topografica che esplorativa, alcuni compo­ nenti dei Gruppo Speleologico ’’Cudinipuli" di Mendicino (Cs) e dello Speleo Club Cryptae Aliae di Grottaglie (Ta). I risultati finora raggiunti possono tran­ quillamente considerarsi ottimi dato che al già comprovato collegamento, tramite fluoresceina (fatto nel 1994), fra la Vora­ gine delle Balze di Cristo (Cb 88) e la Grotta dei Bagni (Cb 48), la Grotta dei Pipistrelli (Cb 116) e la Grotta Scura (Cb 47), si è completato il rilevamento topografico di precisione della Voragine delle Balze di Cristo e il posizionamento esterno di tutte le sei grotte dell'area (le piccole grotte della Quinta Luna (Cb 193) e della Muraglia (Cb 279), oltre a quelle già menzionate. Le ricerche si sono concentrate nella Vo­ ragine delle Balze di Cristo che risulta es­ sere fra l'altro l'unica grotta di un certo spessore speleologico. Qui i risultati sono stati particolari e originali. Come prima cosa il rilievo ha evidenziato che la grotta è impostata su una serie di fratture incrociate che promettono altri futuri ed ottimi risultati esplorativi. Inoltre il rilie­ vo interno, sostituendo quello precedente e approssimativo, fatto nei primi anni '70 dalla Delegazione Speleologica Veneta di Venezia, ha fatto rivoluzionare i suoi dati sia di lunghezza (finora ignoti), che di profondità (ridimensionandoli). Ora la grotta ha uno sviluppo spaziale di 615 metri (sviluppo pianimetrico 517 metri) e una profondità di -90 metri. Mi­ sure, soprattutto quelle della lunghezza, destinate senz'altro ad aumentare; quelle relative alla profondità hanno poche pos­ sibilità di essere cambiate dato che, ormai, si è al livello di falda, ma possono essere trovati nuovi ambienti e forse nuo­ vi ingressi a monte. Vi è qualche interes­ sante camino!. La cavità presenta al suo interno quattro sifoni e pseudo-sifoni di acqua sulfurea, tutti posizionati intorno ai -90 metri (la differenza rientra nei 50/100 cm) e a +3 metri dal sifone-sorgente della sottostan­ te e piccola Grotta dei Bagni. La distanza invece fra i vari sifoni e la grotta non su­ pera i 50 metri. Va detto però che la fluo116

Notizie Italiane

resceina è stata utilizzata solo da uno dei sifoni, quello detto “dell'Inferno”, e il tempo di percorrenza è stato di circa 2 ore. Gli altri tre sifoni dovrebbero essere, essendo poco più in alto, la parte superio­ re del torrente sulfureo, ma che si tratti di altri indipendenti emissari della sorgente della Grotta dei Bagni non è del tutto escluso. Le ricerche future ci toglieranno questi dubbi. Antonio Larocca Gruppo Speleologico “Sparviere ”

SARDEGNA MONTE ALBO (NU) Il battutissimo massiccio del Monte Albo (comune di Lula, Nu) continua a dare i suoi frutti almeno a chi si accontenta di piccole verticali inesplorate. Grazie alla segnalazione di un pastore, proprietario del fondo, è stata scovata e discesa la vo­ ragine nota con il nome di Tumba 'e Trullius. Dico "nota" perché di questa voragine ne avevamo già sentito parlare da altri speleo e dalle genti del posto. Le leggende lo davano come un pozzo senza fondo dove, pare, venissero nascosti cor­ pi da... far sparire. Le leggende sono sem­ pre molto fantasiose e, anche in questo caso, si confermano tali: il pozzo dalla profondità quasi inmisurabile si rivela di appena 40 metri, verticale unica, con un cono detritico al suo fondo senza alcun resto osseo e senza nessuna speranza di prosecuzione. Nella stessa zona, detta Janna Nurai, abbiamo visitato anche un'altra piccola cavità, con ingresso a pozzo, ed un modesto sviluppo orizzon­ tale, particolarmente interessante per le numerose specie faunistiche presenti. Corrado Conca

sti in un ramo laterale del Pozzo del Pen­ dolino. Si pensa ad una prossima esplorazione un tantino più pesante in uomini e materiali. La storia continua. Corrado Conca GSAGS TAG - Thiesi (SS)

ATTIVITÀ DEL GRUPPO SPELEOLOGICO CSI SPECUS La grotta Budd’Isousu (CA) Dopo una lunga ricerca sul Monte Cabras a Domusnovas, Gesuino e Matteo Marini ficcavano il naso in una cavità ostruita da un grosso masso. Dopo una mezz’ora di lavoro siamo riusciti a superare una stret­ ta imboccatura che permetteva di adden­ trarsi in un breve cunicolo che dava ac­ cesso ad una stanza seguita subito da un pozzetto terminante in uno scivolo. L’esplorazione si è conclusa in un pas­ saggio dall’apparenza impraticabile. La Grotta Sebera (CA) Questa grotta si trova in cima alla monta­ gna omonima, situata nel territorio di Santadi. Si preannunciava interessante per la fuoriuscita di un notevole flusso d ’aria che faceva sognare tutti n o i... tan­ to non fa m ale... Il sogno si è realizzato a metà. Dopo un giorno di scavo siamo riu­ sciti ad entrare in due, i più sottili, e dopo una breve esplorazione siamo usciti un po’ delusi. La grotta si forma nel Calcare di Gonnesa. Nei periodi piovosi si presume per­ corsa da un notevole flusso d’acqua. Si tratta di una grotta attiva e priva di con­ crezioni. Andrea Gaviano

BREVE NOTA SULLE ESPLORAZIONI A SU STREXIU, DOMUSNOVAS - CAGLIARI La risalita dell’Empire State Building continua a bastonarci con una difficoltà inaspettata: una valanga di fango rende l’arrampicata sempre più impegnativa e disumana. Questa è stata salita finora per uno svi­ luppo di circa 100 metri (pochi in realtà, ma di tutto rispetto), lasciando alcune di­ ramazioni laterali ancora da esplorare. Il trapano si è collassato. Dopo 18 ore di la­ voro sono state lasciate altre corde fisse. Intanto sono stati rilevati alcuni pozzi po­ Speleologia 38 -1998


RECENSIONI A T T I D E L X V II C O N G R E S S O N A Z IO N A L E D I S P E L E O L O G IA C A S T E L N U O V O D I G A R F A G N A N A , L U C C A , 1994 v o i. 1 ( o t t o b r e ! 9 9 7 ) e v o i. 2 (a p r ile 1 9 9 7 ). Forti (tantis nominis nullum par elogium!) ve ne sono altri di un livello Con buoni tre anni di ritardo sono stati finalmente pubblicati questi atti che si può definire inferiore. Un esempio per tutti: le foto che mostrano di questo Congresso. Evidentemente è nato sotto una cattiva stella già come si usa un apparecchio Drager quando all'ultimo momento è stato per la misura della concentrazione spostato da Seravezza a Castelnuovo R e g io n e T o s ca n a - G iu n ta re g io n a le dell'anidride carbonica (voi. 1: 97). per evitare incidenti con i cavatori M u s e o c iv ic o Parco Regionale delle Alpi Apuane Evidentemente questo metodo deve delle Apuane. Infatti nonostante un d i S to ra N a tu ra le d i L u c c a Gruppo Speleologico Lucchese Studio Naturalistico Lucchese seri C A I SS I FST essere stato considerato quale uno de­ tempo di pubblicazione incredibil­ gli ultimi traguardi tecnologici rag­ mente lungo, dal momento che i la­ X V II giunti nel 1994. Certi riassunti in in­ vori sono stati fomiti sia in forma glese sono, dal canto loro, veramente cartacea che su dischetto, il risultato ongresso azionale rimarchevoli quali esempi di neo-lin­ è quanto mai modesto. Il numero di di p eleologia gua e potranno essere interessanti og­ errori e di imperfezioni dovuti alla getti di studio da parte di quanti si oc­ mancanza di revisione del testo nel cupano dell'evoluzione delle lingue passaggio da un programma di scrit­ europee. tura ad un altro (per non parlare del Infine, dopo aver concluso la laborio­ passaggio da PC a MAC) è piuttosto sa stampa nell'Ottobre 1997, si è ef­ elevato. Inoltre non è stato fatto il mi­ fettuata la distribuzione dei volumi nimo sforzo per controllare se le fig­ mediante "una scelta randomizzata" ure fossero leggibili o no: rimarche­ dei nominativi. Poi, per non sovrac­ vole, sotto questo punto di vista, la caricare troppo le poste di questo no­ pag. 132 del voi. 1 dove i sei dia­ stro Paese gli invii sono stati diluiti grammi sono assolutamente invisibi­ nel tempo. Nel mio caso personale ho li e pertanto rimarremo per sempre dovuto sollecitare la mia copia (intor­ all'oscuro sull'orientamento delle ca­ no al marzo 1998): mi è stato detto vità nelle diverse formazioni del­ che il mancato invio era dovuto al fat­ l'unità Ivrea-Alto Verbano. to che il mio nominativo non risultava Quando invece le figure erano ottime tra gli iscritti... (vedi più avanti a pro­ dal punto di vista grafico si è resa più posito di questo ameno dettaglio). interessante la lettura mediante la Comunque la ciliegina sulla torta è collocazione delle stesse col criterio costituita dal bilancio del congresso, del gioco dell'oca in modo che l'at­ pubblicato alla fine del voi. 1. Questa tenzione del lettore fosse sempre sti­ era un'idea che, effettivamente, non molata dalla necessità di scovare la era mai venuta in mente a nessuno in figura citata nel testo ma stampata in oltre mezzo secolo di congressi spe­ ordine sparso, come è accaduto per volume primo relazioni e contributi leologici in Italia. E dalla lettura di l'ottimo lavoro di R. Nini sulla fonta­ questo bilancio se ne evince che tra na di Porcelli (voi. 1: 355-361). Na­ tutti i 250 e passa iscritti, soltanto turalmente, a fronte di queste chic­ Burri, Castellani, Cigna, Pavel e Ros­ che, l'idea che si potesse dare una si hanno versato duecentomila lire a testa, mentre tutti gli altri hanno ver­ ripassata al malloppo dei lavori da parte di un qualche "comitato edito­ sato somme comprese tra le centocinquantamila e lo zero. riale" (che avrebbe avuto tempo a iosa per questa attività) era veramente Saremo stati i più fessi o i più benemeriti ? Mah... però, forse, conosco la un chiedere troppo. risposta esatta. Così a fianco di svariati lavori pregevoli ed interessanti quali, ad esem­ pio, i primi due dovuti, rispettivamente, a Giovanni Badino ed a Paolo Arrigo A. Cigna K R A S: S L O V E N E C L A S S IC A L K A R ST a c u r a d i Andrej KRANJC Pubblicato da Znanstvenoraziskovalni center SAZU, Zalozba ZRC e Institut za raziskovanje krasa ZRC SAZU, Lubljana 1997, in in­ glese, senza indicazione di prezzo. Si tratta di un elegantissimo libro di quasi 250 pagine, in folio, pubblica­ to con il contributo dell'UNESCO, della Commissione Nazionale Slo­ vena all'UNESCO e del Ministero della Scienza e Tecnologia della Slo­ venia. Alla sua compilazione hanno collaborato diversi specialisti che hanno descritto il Carso classico della Slovenia in 13 capitoli. Dopo una Introduzione che inquadra l'ambiente e la sua storia, si passa alla descrizione della Geologia, della Morfologia, dell'Idrologia, della Speleologia, del Suolo e della Vegetazione, del Patrimonio naturale e della sua conservazione, della Occupazione umana nel Pleistocene e parte dell'Olocene, della Geografia umana, dell'Etnografia per conclu-

Speleologia 38 - 1998

dere con l'Architettura. Come si può vedere la trattazione complessiva è completa e copre tutti gli aspetti rilevanti del tema. Nella prefazione viene indicata la scelta di trattare soltanto la parte del Carso che appartiene alla Slovenia, dettata da ovvie considerazioni prati­ che dovute evidentemente alle scadenze temporali ed a problemi di coor­ dinamento. D'altra parte l'intera commissione editoriale si augura che in futuro sia possibile pubblicare un libro, in collaborazione con i colleghi italiani, che tratti del Carso nel suo complesso secondo i confini naturali e non quelli politici. È una proposta che mi auguro possa essere accolta specialmente dagli amici che hanno già collaborazioni in atto con gli autori di questa eccel­ lente opera.

Arrigo A. Cigna

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BIBLIOTECA ELENCO RIVISTE E PUBBLICAZIONI EDITE DAI GRUPPI SPELEOLÒGICI a cura di

M ich ele S IV E L L I Si ricorda che per una corretta catalogazione delle riviste è molto importante dare la possi­ bilità ai bibliotecari di conoscere il percorso storico di ogni rivista pubblicata. A questo proposito si ribadisce la richiesta ad ogni Gruppo che pubblica periodici (o ha pubblica­ to) di inviare l’elenco delle proprie annate a: Biblioteca “F. Anelli” via Zamboni 67 40127 Bologna tel.+fax 051.538741 oppure attraverso posta elettronica:

ssibib@geomin. unibo. it. Negli elenchi inviati indicare per esteso e con precisione: 1) il nome del Gruppo e il relativo indirizzo, 2) il nome della rivista, 3) il bibliotecario (o altro responsabile) e sua reperibilità telefonica, 4) la periodicità della rivista, 5) l’anno e possibilmente il mese del Ionumero, 6) se non più pubblicata il numero e anno dell’ultimo numero uscito della rivista, 7) il tipo di numerazione adottata (indicando eventuali modifiche seguite), 8) quanti fascicoli è composta fisicamente la rivista (per esempio se ci sono numeri doppi o fuori serie), 9) eventuali pubblicazioni monografiche o fuori serie che riportano il nome della rivista sulla copertina, 10) eventuali errori di stampa capitati sul frontespizio che indica la numerazione, 11) se sono stati pubblicati numeri che non ri­ portano alcun tipo di numerazione per i quali è impossibile risalire a una data di pubblicazio­ ne o di collocazione numerica, 12) ove esistono: i numeri di indice e biblio­ grafici, 13) altre pubblicazioni edite dal Gruppo e/o ru­ briche su altre riviste (di queste solo quelle fisse). 14) Non indicare eventuali estratti della stes­ sa rivista elencata, nonché gli articoli pubbli­ cati su atti di convegni o su altre riviste, scritti dai singoli soci. Le liste precedentemente pubblicate sono ap­ parse sui seguenti numeri di Speleologia: Speleologia n.31 (pag.100-102) US Bolognese e FS dell’Emilia Romagna: “SPELEOLOGIA EMILIANA” Unione Speleologica Bolognese (Bologna): “MONOGRAFIE DI SPELEOLOGIA EMI­ LIANA” “NOTIZIARIO DI SPELEOLOGIA EMI­ LIANA” Speleologia n.32 (pag. 103-104) Gruppo Speleologico Bolognese del CAI (BO): “SOTTOTERRA” Gruppo Speleologico Savonese (Savona): “STALATTITI E STALAGMITI”

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Speleologia n.33 (pag.63) Gruppo Speleologico Dauno (Foggia): “MONDO IPOGEO” Federazione Speleologica Triestina (Trieste): “RASSEGNA” Gruppo Triestino Speleologi (Trieste): “BOLLETTINO” GS Monfalconese A.d.F. (Monfalcone): “NATURA NASCOSTA” Speleologia n.34 (pag. 71-72) GG “I Tassi” - INT CAI (Cassano d’Adda, MI): “IL TASSO” Club Alpinistico Triestino - GG (Trieste): “LA NOSTRA SPELEOLOGIA” “BOLLETTINO DELLA SEZIONE SPE­ LEOLOGICA” “TUTTOCAT” Gr. Speleologico Archeologico G. Spano (CA): “ANTHEO” “LE MONOGRAFIE DI ANTHEO” Gruppo Grotte Milano CAI - SEM (Milano): “IL GROTTESCO” Speleologia n. 35 (pag. 134) Gruppo Grotte Schio (Vicenza): “STALATTITE” Centro Ricerche Carsiche “C.Seppenhofer” (GO): “SOPRA E SOTTO IL CARSO” Federazione Speleologica Sarda (Cagliari): “SARDEGNA SPELEOLOGICA” Speleo Club Roma (Roma): “NOTIZIARIO S.C.R.” Speleologia n.36 (pag. 135) Gruppo Speleologico Piemontese Cai-Uget (Torino): “GROTTE” Gruppo Speleologico Cai Roma (Roma): “L’ECO DEL PIPISTRELLO” Gmppo Speleologico Cai Bolzaneto (Genova): “GRUPPO SPELEOLOGICO” Speleologia n.37 (pag. 133) Associazione Friulana Ricerche (Tarcento - UD) “BOLLETTINO A.F.R.” Club Speleologico Proteo (Vicenza) “IL PROTEO - ANNUARIO DEL CLUB SPELEOLOGICO PROTEO” Società Studi Carsici «Lindner» “STUDI E RICERCHE” Gruppo Grotte Roma «Niphargus» (Roma) “NOTIZIARIO DEL NIPHARGUS” Gruppo Grotte XXX Ottobre (Trieste) “ANNALI” Ringraziamo per la collaborazione alla se­ guente lista: Valentina Malcapi, Mauro Mucedda e Rober­ to Chiesa.

GRUPPO SPELEOLOGICO FIORENTINO CAI Via Torre del Gallo, 30 - 50125 Firenze Tel. 051/2299979 (anche segreteria telefonica) Riunione sociale: martedì e giovedì 21,30-24.00 Bibliotecario: Alessandro Montigiani Nome rivista: NOTIZIARIO AI SOCI Periodicità: annuale N .l 1966 ciclostilato A4 senza copertina; n.2 1967; n.3 1968; n.4 1969; n.5 1970; n.6 1971 n. 7/8 1973; n.9 1974; n.10 1976; n.l 1 1977; n.12 1978; n.13 1979; n.14 1980 ciclostilato A4 con copertina; n. 15 1983 ; n. 16 1984; n. 17 1985; n.18 1986 stampato 17x24 con coperti­ na; n .l9 1987/89; n.20 1990/91; n.21 1992; n.22 1993; n.23 1994; n.24 1995; n.25 1996. Usciti 25 numeri corrispondenti a 24 fascicoli. Il GSF ha inoltre pubblicato: ECO SPELEOLOGICA, notiziario e bolletti­ no di informazione bibliografica del GSF sup­ plemento al “Bollettino - notiziario” della Se­ zione di Firenze del CAI: Voi 1 fase. 1 gennaio-giugno 1954 (unico numero uscito). Numerosi articoli a carattere speleologico sono inoltre apparsi sul “Bollettino - notizia­ rio” della Sezione di Firenze del CAI.

GRUPPO SPELEOLOGICO SASSARESE C/o Giuseppe Grafitti Via Tirso, 8 -07100 Cagliari Bibliotecario: Giuseppe Grafitti tei. 079/242535 Nome rivista: BOLLETTINO DEL GRUP­ PO SPELEOLOGICO SASSARESE Periodicità: di regola annuale, a volte biennale Tipo di numerazione: N .l 1975 stampato 22x33; n.2 1976; n.3 1977; n.4 1978; n.5 1979; n.6 1980/81; n.7 1983; n.8 1984 stampato 17x24; n.9 1995; n.10 1986/87; n.l 1 1988; n.12 1989/90; n.13 1991/92; n.14 1993; n.15 1994; n.16 1995. Usciti 16 numeri corrispondenti a 16 fascicoli.

GRUPPO SPELEOLOGICO CYCNUS Via G.B. Parodi n. 31 - 17055 Toirano (SV) Nome rivista: I CAVERNICOLI Bollettino del Gruppo Speleo Cycnus Periodicità: annuale Bibliotecario: Adis Pirani Tipo di numerazione: numero progressivo Numero unico 1970; n.2 agosto 1989; n.3 ago­ sto 1991; n.4 dicembre 1993; n.5 dicembre 1994; n.6 dicembre 1995; n.7 agosto 1997. Usciti 7 numeri corrispondenti a 7 fascicoli. □

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SPULCIANDO QUA E LA IN BIBLIOTECA a cura di Elisabetta Preziosi C ari lettori, è da 4 anni che curo questa rubrica, e mi sem bra giunto il m om ento di passare il testim one e di occuparm i d'altro. Il m io obiettivo è stato quello di fornirvi un breve riassunto critico dei lavori più im portanti pubblicati dai notiziari, in m odo che questa rubrica potesse costituire anche uno strum ento di ricerca biblio­ grafica. N e ho dovuti saltare tanti, per m ancanza di tem po o di energia, specie per quei bollettini ricchi di tante brevi note, tutte ugualm ente interessanti, ma troppe da citare in una recensione. Spero di esservi stata utile e gradita.

Betta BOLLETTINO del Gruppo Triestino Speleologi Vol.15 - 1997 Il bollettino del GTS presenta l'attività esplo­ rativa degli ultimi anni nella zona del Monte Canin, ed altre note, tra cui segnalo: G. Casagrande: "L'abisso OP IH" Si tratta di un -624 ubicato nei pressi di Sella Nevea, nel massiccio del Canin, esplorato negli scorsi anni in collaborazione con la CG "E. Boegan" ed altri. Una descrizione detta­ gliata accompagna il rilievo e la storia del­ l'esplorazione. A. Mosetti: "Abisso Emilio Comici" Nel quadro dell’esplorazione del complesso "Foran del Muss" (M. Canin), viene rifatto completamente il rilievo della vicina grotta "E. Comici", nota sin dagli anni ’70, la cui profondità si riduce a 641 m contro i 774 del primo rilievo. A -430 m circa viene inoltre realizzata la con­ giunzione con l'abisso "Momig". M. Marengo: "Speleologia Virtuale" Mi pare simpatica la definizione che l'A. for­ nisce di "virtuale" (parlare di grotta davanti ad una birra, è virtuale?). Ma si tratta di un preambolo per introdurre le possibilità che fornisce Internet per accedere ai siti nazionali e locali della speleologia italiana, su cui il GTS ha una sua pagina.

GROTTE del GS Piemontese CAI UGET N.124 maggio-agosto 1997 Il bollettino piemontese dedica una buona parte delle sue pagine al campo estivo nella conca del Biecai (Alpi Liguri). M. Vigna: "Il campo estivo al Biecai" L'A., esperto conoscitore di questo settore delle Alpi Liguri, al termine dell'ennesimo campo estivo aggiunge un altro tassello im­ portante per l'inquadramento dell'area carsi­ ca. Nella nota descrive in modo sintetico, ma estremamente chiaro, lo schema della circola­ zione idrica nelle grandi cavità note (GachéPiagga Bella, Sardu, Gonnos), proponendo un collegamento (da confermare) fra i rami alti del Gaché e l'Abisso Sardu. La nota è correda­ ta da una planimetria e da uno spaccato, con la traccia delle cavità. G. Badino: "Speleologi e tribù: quasi una fantasia (seconda parte) "

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L'A. conclude una lunga dissertazione inizia­ ta nel numero precedente di Grotte, sulla struttura tribale della speleologia. Analizza diversi comportamenti tipici, dei gruppi e dei singoli, cercando una spiegazione antropo­ centrica alle crisi interne ai gruppi. Trovo de­ gli spunti interessanti, fra cui l'idea che quella sindrome definita attualmente "morte della speleologia" è in realtà la crisi dell'attività del­ le "tribù", soppiantata da ricerche condotte da pochi individui, magari di gruppi diversi (la speleologia "trasversale"), che spesso non viene accettata all'intemo dei gruppi-tribù. La separazione della nostra attività dal mondo esterno sarebbe la molla principale della gran­ de attrazione che questa esercita su di noi (concordo in pieno), poiché "fortemente libe­ ratorio dalle strutture [...] in cui viviamo". GROTTE del GS Piemontese CAI UGET N.125 settembre-dicembre 1997 U. Lovera: " A ll’ultimo atto" Recenti esplorazioni e il disarmo di questo 680, chiuso su sifone, nei pressi del Marguareis. A. Eusebio, L. Fancello, B. Vigna ed altri: "Natale a Su Anzu" Esplorazione al complesso di Su Ansai, in Sar­ degna, in collaborazione col GRA Dorgali, che frutta alcune nuove gallerie. La nota com­ prende la storia delle esplorazioni, uno sche­ ma idrogeologico, la descrizione dei rami vecchi e nuovi, e tanti rilievi. A. Landi: "Tutto sul carburo" Cito questa nota, tratta da una comunicazione dell'A. sulla lista di posta elettronica "speIeoit@telemar. it ", poiché si tratta di una sche­ da sulle norme principali da conoscere sul carburo: come stoccarlo, in che quantitativi, eccetera. Mi pare importante sapere che fino a 300 kg non è necessaria alcuna autorizzazione. NOTIZIARIO dello Speleo Club Roma N.12 dicembre 1996 La rivista annuale del SCR è ricca di contribu­ ti corredati da rilievi e carte in allegato, alcuni dei quali a firma di speleo di altri gruppi di Roma e provincia, che riassumono l'attività dei romani svoltasi essenzialmente nei mas­ sicci carsici dell'Italia centrale, ordinati per

area geografica. Per l'estero segnalo le rela­ zioni di spedizioni in Patagonia (M. Barbati) e Marocco (A. Benassi e V. Olivetti). Le ultime dalla regione, a cura di G. Mecchia, conclude il numero. Fra i contributi segnalo: G. Cappa: "Ifenomeni carsici nella regione Lazio" Una sintesi della distribuzione del carsismo nelle unità orografiche del Lazio che permette di riordinare le idee sullo "stato dell'arte" del catasto della regione. Oltre alla rapida descri­ zione di ciascuna unità, una tabella permette di individuare il numero di grotte a catasto per ognuna di esse. C.M. Mancini: "Contributo ad una storia esplorativa dell'attività speleologica nella città di Roma (1850-1946)" Si tratta di un lavoro presentato dall'autore al X Congresso Nazionale di Speleologia a Roma, e mai pubblicato. Non resta che ringra­ ziare i curatori del Notiziario per avere inseri­ to questa interessante sintesi, in cui nomi, date e citazioni permettono di rivivere gli inizi del­ l'attività dei romani, dal 1800 all'immediato dopoguerra. L. Cianetti, G. Di Girolami, P.L. Orsini: "Le cavità artificiali di Fosso Formicola nel territorio di Crustumerium (Settebagni, Roma)" Gli Autori descrivono le cavità artificiali di un ristretto territorio nei pressi della capitale, uti­ lizzate come opere di drenaggio della campa­ gna, cave di tufo e infine un ninfeo, collegato probabilmente con una villa di età imperiale. Segue l'interessante nota di: G. Di Girolami: "Le cavità artificiali e l'archeologia" L'Autore, archeologo, spiega l'interesse delle cavità artificiali, che rientrano nella categoria di "monumenti". Auspica un approccio multi­ disciplinare, che permetta di ricostruire le di­ verse fasi di utilizzo delle opere e non una mera datazione, e una archeologia disponibile "a muoversi sulle corde della speleologia". Mi permetto di aggiungere che questa nota chia­ risce brillantemente il significato delle cavità artificiali, oggetto di studio dell'archeologo, a cui lo speleologo può certamente contribuire utilizzando le tecniche che conosce e la sensi­ bilità sviluppata nello studio delle cavità natu­ rali, che restano certamente - lo sottolineo - il vero oggetto della speleologia. G. Mecchia e M. Piro: "Amaseno e le sue sorgenti" Fra il massiccio dei Monti Lepini e quello de­ gli Ausoni, nel Lazio meridionale, scorre il Fiume Amaseno, alimentato da numerose sorgenti carsiche. Gli Autori descrivono le cavità associate ad alcune di queste sorgenti, visitate dall'SCR a partire dal 1994. Alcuni sifoni in magra hanno permesso di oltrepassare i limiti di precedenti esplorazioni. Delle cavità visitate sono fomite la descrizione e l'itinerario d'accesso. I rilievi delle principali grotte e uno schema topogra­ fico (ahimè, senza numerazione) completano la nota.

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Spulciando qua e là in biblioteca RIVISTA DEL CAI N.2 gennaio-febbraio 1998 C.B. d'Aramengo: "Le grotte in Italia" La nota ha il chiaro obiettivo di fornire, in ter­ mini molto semplici, alcune indicazioni sulla distribuzione del carsismo in Italia a chi non sa nulla sull'argomento. La carrellata di notiziole sparse sulle princi­ pali aree carsiche italiane è costretta a mante­ nersi troppo in superficie, e non riesce a sod­ disfare lo speleologo, pur costituendo un contributo alla divulgazione. RIVISTA DEL CAI N.4 marzo-aprile 1998 T. Samoré: "Icento anni del Gruppo Grotte di Milano" In poche pagine l'A. racconta le principali esplorazioni speleo a cui i milanesi hanno par­ tecipato, fin dalla nascita della loro associa­ zione. Dopo le prime esplorazioni nei dintorni di Milano, all'inizio del secolo, e la pausa for­ zata della prima guerra mondiale, l'attività si allarga ad altre regioni italiane. L'A. ci rac­ conta del sequestro del catasto lombardo, da parte dei tedeschi, che dovrà essere ricostitui­ to, della fondazione de "Il Grottesco", delle prime esplorazioni in Francia negli anni '50, quindi fuori Europa a partire dagli anni ’60 e le immersioni, fra cui quella nei "Blue Holes" polinesiani con Cousteau. Ma non è solo esplorazione: i milanesi partecipano alla co­ stituzione della SSI, del Soccorso Speleologico e alla formazione della Scuola di Speleolo­ gia del CAI. Il resto è la storia dei giorni nostri, sintetizzata in poche righe. RIVISTA DEL CAI N.6 maggio-giugno 1998 G. Cappa e A. Felici: "Monte Soratte, terra di monaci, santi e... speleologi" La nota descrive il carsismo del Monte Sorat­ te, un rilievo isolato nei pressi di Roma, carat­ terizzato dalla presenza di pozzi anche note­ voli, nonostante le modeste dimensioni del monte. Oltre all'inquadramento geomorfolo­ gico, vengono fomite le descrizioni delle ca­ vità note. Gli Autori accennano alla storia e alle leggende legate a questo rilievo, citano Orazio, i monaci e i briganti la cui storia è in qualche modo legata a quella del Monte, ren­ dendo così la nota più piacevole ed interes­ sante.

SPELEOLOGIA IBLEA Rivista di speleologia e ambiente del CIRS - Ragusa N.6 1996 La rivista degli speleologi di Ragusa si pre­ senta con una bella veste grafica, molte foto a colori e una parte degli articoli col testo in in­ glese a fronte. Come spiega il sottotitolo la pubblicazione non è dedita esclusivamente alla speleologia, ed è divisa in due parti : la pri­ ma, che tratta dell'attività in ambito locale, de­ scrive alcuni aspetti naturalistici dei dintorni di Ragusa, comprese alcune antiche cave sot­ terranee ("Latomie"); la seconda riporta i ri­ sultati di due spedizioni all'estero, svolte nel­ l'am bito di un progetto finalizzato alla conoscenza del carso tropicale, rispettiva­ mente in Indonesia e Tanzania.

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Fra i lavori di sicuro interesse speleo cito: R. Ruggeri: "Fenomeni carsici nel settore meridionale dell'isola di Sulawesi (Indonesia)" Un ampio articolo in cui vengono descritte quattro aree carsiche visitate dai ragusani in collaborazione con speleo della Federazione Indonesiana. Vengono descritte le cavità esplorate e avanzate ipotesi speleogenetiche. I. Galletti: "Nota biospeleologica della spe­ dizione Sulawesi 94" Segue un breve accenno alla fauna ipogea ri­ levata nelle cavità esplorate. R. Ruggeri: "Il carsismo nell'area delle Matumbi Hills (distretto di Kilwa, Tanzania) Caratteristiche idrogeologiche e relazionifra morfo-strutture e fa si tettoniche" Risultati di una spedizione italo-tedesca che ha portato al rilievo di diverse cavità, per sva­ riate migliaia di metri di sviluppo, in una suc­ cessione calcarea parzialmente coperta da arenarie fratturate. L'A. descrive l'assetto geomorfologico e strutturale dell'area e ipo­ tizza l'evoluzione carsica e geomorfologica dell'area. Segue una breve nota sulla caratte­ rizzazione idrochimica degli acquiferi carsici (di M.L. Antoci, I. Galletti, R. Ruggeri) e sul­ la biospeleologia (di I. Galletti).

TALP Rivista della Fed. Spel. Toscana N.16 dicembre 1997 G. Ledda: "Parco delle Apuane, da consorzio ad ente" Del Presidente della FST segnalo questo bre­ ve contributo che riassume come, assieme alla trasformazione del consorzio del Parco in ente, sia stata approvata anche la nuova perimetrazione delle aree tutelate, che disattende buona parte delle aspettative della comunità speleologica. Nella nota si fa cenno anche al consenso concesso dalla FST al progetto di fruizione turistica dell'Antro del Corchia, in cambio di un inizio di riconversione dell'atti­ vità estrattiva che, a quanto si legge, è ben lun­ gi dall'essere attuata. P. Porri: "Nuovi strumenti - il GPS" La nota fornisce una sintetica spiegazione sul funzionamente e alcuni dati tecnici sul Global Positioning System. Poche le informazioni pratiche. M. Baroni: "Esplorazione post-sifone al­ l'Abisso degli Urli" "Gli Urli" si trova nel Lazio, sui Monti Emici, e fu esplorato fra l'87 e l'89 prevalentemente dai romani dello SCR, che si fermarono su di un sifone a -567 m. L'A. racconta del supera­ mento del sifone e del successivo, effettuata in due puntate assieme a G. Guidotti, che ha permesso di confermare il proseguimento del­ la grotta in ambienti non sommersi per alme­ no un centinaio di metri. Un terzo sifone con visibilità scarsa pone un termine all'esplora­ zione, circa 30-40 m più in basso. M. Marchetti: "La Tana che Urla" Per la rubrica "Talp archivio", viene riportato un contributo di 65 anni fa, che descrive in modo dettagliato la sorgente carsica e la cavi­ tà. S. Montigiani: "Un nuovo metodo di analisi dei fluocaptori nelle indagini idrogeologiche con fluoresceina" La nota descrive una metodologia per l'analisi dei fluocaptori tramite spettrofluorimetro,

che prevede la separazione preliminare delle eventuali sostanze fluorescenti diverse dalla fluoresceina adsorbite dai fluocaptori, per evitare la sovrapposizione con il tracciante. Il metodo, che si avvale della cromatografia liquida, è evidentemente da effettuarsi in un laboratorio specializzato, ed è certamente utile in caso di bassa concentrazione del tracciante. TALP Rivista della Fed. Spel. Toscana N.17 luglio 1998 G. Adiodati, F. Fallani, P. Magazzini, E. Mori: "L'area carsica ad est di Orbetello primi risultati" Contributo alla conoscenza di un’area carsica "minore", nei pressi della laguna di Orbetello, dove le quote massime superano di poco i 350 metri. Numerose le cavità rinvenute, di cui viene fornita la descrizione e il rilievo, anche se di sviluppo limitatissimo, spesso dei sem­ plici pozzi o "bottini", come vengono definiti localmente. Bilbo: "Il carburo di calcio" Ancora una breve ma interessante nota sulle norme che regolano la conservazione e lo stoccaggio del carburo (vedi la recensione di Grotte n. 125). Più esauriente della breve nota riportata dal bollettino piemontese (vengono citate le leggi e riportati alcuni articoli), que­ sta conferma l'assenza di particolari disposi­ zioni per lo stoccaggio entro i 300 kg. S. Delaby: "Le Fate" Si tratta del resoconto di una lunga esplora­ zione, condotta da speleo belgi (fra cui l'auto­ re della nota) e italiani. L'Autore sintetizza la storia delle esplorazioni e descrive in modo più esauriente i vari settori della grotta, for­ nendo il livello di difficoltà, l'equipaggiamen­ to e il tempo necessario. Nelle conclusioni ac­ cenna alle possibilità esplorative. G. Ledda: "E il Corchia va" Ovvio il riferimento al progetto del Corchia turistico, che dovrebbe essere inaugurato entro un paio d'anni. Il Presidente della Federazione Toscana depreca la mancata riconversione dell'economia delle Apuane, "patteggiata" a suo tempo in cambio della collaborazione degli speleologi ma disattesa totalmente (anzi, la zona estrattiva è stata recentemente ampliata!), e i sommari ed incompleti risultati del monitoraggio della cavità.

IL FENOMENO CARSICO DELLE VALLI DEL NATISONE (PREALPI GIULIE - FRIULI) a cura di G. Muscio Memorie deU'Ist. Italiano di Speleologia s.II, vol.IX, 1997 Un lavoro pregevole, che raccoglie i risultati di anni di ricerche scientifiche in un’area

Inviare 2 copie delle riviste da recensire a: M A R C O BANI C entro E scursionistico N aturalistico «B occa S e m o la » 06012 - C ittà di C astello (PG )

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Spulciando qua e là in biblioteca carsica del Friuli. I numerosi Autori che hanno contribuito all'opera discutono vari aspetti del carsismo: la storia delle ricerche speleologiche, la descrizione degli insedia­ menti preistorici nelle cavità, la evoluzione tettonica e geomorfologica delle valli del Natisone, i minerali e i depositi chimici delle grotte. La fauna viene trattata in due note: gli artropo­ di terrestrie la fauna delle acque carsiche; infi­ ne vengono discusse le caratteristiche chimi­ che e batteriologiche delle acque sotterranee. Il volume è arricchito da alcune foto a colori, da diversi diagrammi e figure esplicative e da due schemi geologici allegati.

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CIRCOLO SPELEOLOGICO IDROLOGICO FRIULANO - Udine Provincia di Udine Assessorato ali'Ecoiogia

Bibliografia speleologica del Friuli a cura di P. Guidi - Udine, 1997 Il volume, che raccoglie circa 4.000 schede bibliografiche ciascuna con una breve sintesi o commento, riunisce il materiale già pubbli­ cato precedentemente, arricchito delle novità dell'ultimo quinquennio. Le schede vanno quindi dalla fine del secolo scorso al 1997, ordinate per capitoli: Speleo­ logia fisica; Speleologia esplorativa; Biospe­ leologia; Antropospeleologia; Speleologia applicata; Speleologia tecnica; Speleologia documentaristica. Ogni capitolo è a sua volta suddiviso in subcapitoli.

RUBRICA "UN'OCCHIATA IN EDICOLA" PUGLIA TURISMO N.5 - maggio 1998 C. Solito e R. Onorato: "Zinzulusa: la bellezza profonda affacciata sul mare" Gli Autori descrivono una grotta pugliese, nota per il recente rinvenimento di una nuova specie di spugna. Si sviluppa per circa 300 m, di cui 150 subaerei, sfruttati a scopo turistico, e 150 sommersi. Alcuni aneddoti e racconti folkloristici dan­ no un po' di colore all'articolo.

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ANCORA UNA DONAZIONE IMPORTANTE PER LA BIBLIOTECA! LA DOTTORESSA CAROL HILL HA DECISO DI DONARE ALLA NOSTRA BIBLIOTECA TUTTI I SUOI LIBRI

A ncora una volta il servizio svolto dal C entro di D ocum entazio­ ne F. A nelli per tutta la speleologia, ben oltre il ristretto am bito nazionale, ha ricevuto un im portante riconoscim ento in cam po intem azionale. L a D ottoressa C arol H ill, fam osa speleologa del N uovo M essico, che per oltre un ventennio ha studiato in p arti­ colare i depositi secondari delle grotte, ha deciso di donare alla nostra biblioteca tutti i suoi libri, opuscoli, estratti relativi alle concrezioni e alle m ineralizzazioni di grotta. Le quattro pesanti casse, dopo un viaggio di oltre 3 m esi per m are, sono finalm ente

Speleologia 38 - 1998

approdate in V ia Z am boni in ottim o stato. U na parte del m ateriale è già stata inserita nelle collezioni della B iblioteca, m a vista la m ole della donazione, si pensa che il lavoro di catalogazione non potrà esser ultim ato prim a della fine dell'anno. A nom e di tutti gli speleologi italiani la Società Speleologica Ita­ liana ringrazia dal più profondo del cuore la D ottoressa C arol Hill per il suo gentile ed utilissim o dono.

Il Responsabile della Biblioteca

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VITA DELLA SOCIETÀ CARICHE SOCIALI PER IL TRIENNIO 1997-1999 Consiglio Direttivo SPELEOLOGICA ITALIANA GIUNTA ESECUTIVA Presidente Vice Presidente Segretario Tesoriere Consigliere Anziano

GIOVANNI BADINO - Via Cignaroli, 8 -10152 Torino - segreteria tei. e fax 011 5214500 MAURO CHIESI - Via Luca da Reggio, 1 - Borzano D’Albinea (RE) - tei. e fax uff. 0522-591758 GIAMPIETRO MARCHESI - Via Don S. Arici, 27b - Monticelli Brusati (BS) - tei. ab. e fax 030 6852325 VALTER PASINETTI - Via S. Fiorano, 24 - 25123 Brescia - tei. ab. 030 3751672, uff. 030 3581545, fax 030 3582404 ANTONIO DE VIVO - Via Priamo Tron, 35 -31100 Treviso - tei. ab. 0422 403159, fax 0422 320981

CONSIGLIERI----------ELISABETTA PREZIOSI PAOLO PEZZOLATO ANGELO NASEDDU GIANNI GUIDOTTI MASSIMO GOLDONI

Via Capitonese, 385g - 05020 Capitone (TR) - tei. 0744 730087 Viale D ’Annunzio, 29/1 - 34138 Trieste - tei. 040 660452 Via Roma, 8a - 09015 Domusnovas (CA) - tei. ab. e fax 0781 70699 Via F. Paoletti, 54 - 50134 Firenze - tei. 055 486102 Viale Verdi, 8-41100 Modena - tei. 059 356096, uff. 059 356098

REVISORI DEI CONTI ANNA AGOSTINI FRANCO UTILI GIUSEPPE ALGHISI

Via Enriques, 13 -40139 Bologna - tei. 051 540645 C.P. 101 -50039 Vicchio (FI)-Via Cimabue, 5 -50121 Firenze - tei. e fax ab. Vicchio 055 8448155, tei. ab. Firenze 055 2343077 Via Poncarale, 3 - 25021 Bagnolo Mella (BS) - tei. ab. 030 620853

PROBIVIRI--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------PAOLO FORTI ARRIGO A. CIGNA LAMBERTO LAURETI

Via Zamboni, 67 - 40127 Bologna - tei. Uff. 051 354547, fax 051 354522 Fraz. Tuffo - 14023 Cocconato D’Asti - tei. ab. e fax 0141 907265 - e-mail cigna@biemmenet.it Dip. Scienze della Terra Univ. di Pavia - Via Ferrata, 1 - 27100 (PV) - tei. 0382/505858, fax 0382/05890, tei. ab. 02/4079840

COMMISSIONE NAZIONALE SCUOLE DI SPELEOLOGIA-----------------------------------------------------------------------Segretario RINALDO MASSUCCO

Via alla Rocca, 21/9 - 17100 Savona - tei ab. 019 853752, tei. lav. 010 6546390, fax 019 811960

COMITATO NAZIONALE-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Da definire

RESPONSABILE NAZIONALE SOCCORSO SPELEOLOGICO--------------------------------------------------------------------PAOLO VERICO

Via Garibaldi, 4 - 36100 Vicenza - tei. ab. 0444 273420, tei. uff. 0444 555848, celi. 0337 479155

COMITATO NAZIONALE PER IL TRIENNIO 1997-1999 ABRUZZO BASILICATA CALABRIA

da definire Carmine Marotta - Piazza del Popolo, 10 - 85049 Trecchina (PZ) - tei. ab. 0973 826037 Antonio Larocca - Via Mazzini, 35 - 87070 Alessandria del Carretto (CS) - tei. ab. 0981 53025, celi. 0330 3250096, fax 0981 51975 CAMPANIA da definire EMILIA-ROMAGNA Alessandro Casadei Turroni - Via Panisi, 27 - 42100 Sabbione (RE) - tei. 0522 673650, 41316 FRIULI-VENEZIA GIULIA Gianni Benedetti - Via Galilei, 18 - 34126 Trieste - tei. ab e fax 040 568544 LAZIO da definire LIGURIA Alessandro Pastorelli - Strada S. Giovanni, 8 - 18038 Sanremo (IM) - tei. 0184 502734, LOMBARDIA da definire MARCHE da definire MOLISE Massimo Mancini - Via D’Amato, 2 - 86100 Campobasso - tei. 0874 64816 PIEMONTE da definire PUGLIA Vincenzo Pascali - Via Madonna Dell’Arco, 37 - 74015 Martina Franca (TA) SARDEGNA Angelo Naseddu - Via Roma, 8a - 09015 Domusnovas (CA) - tei. ab. e fax 0781 70699 SICILIA Nicola Barone - Via Macello, 23 - 95030 Mascalucia (CT) - tei. ab. 095 7272842, fax 095 437018 TOSCANA da definire TRENTINO ALTO ADIGE Giuliano Perna - Salita dei Molini, 49 - 38050 Villazzano (TN) - tei. 0461 924425 UMBRIA Marco Bani - CEN Bocca Serriola - 06012 Città di Castello (PG) - tei. 075 8554392 VENETO Enrico Gleria - Via Peschiera, 44 - 36100 Vicenza - tei. ab. 0444 924384

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Speleologia 38 - 1998


Commissione Nazionale Cavità Artificiali

Vita della Società

C O M M IS S IO N E N A Z IO N A L E C A V I T À A R T I F I C I A L I V ER BA LE DELLA RIUN IO N E G EN ER A LE T EN U T A SI AD O R V IETO IL 25.4.1998 redatto da Giulio CAPPA e revisionato da Lamberto LAURETI

La riunione si è tenuta come da programma presso l'albergo Etruria di Orvieto. Ad essa hanno preso parte, oltre al Presidente della Commissione, i rappresentanti del­ le seguenti regioni: LAZIO (Giulio Cappa), TOSCANA (Paolo Porri), UMBRIA (Roberto Nini), LOMBARDIA (Bruno Signorelli) e inoltre Antonio Ginetti (GS Pistoia), Annalisa Bassi (UTEC Nami), Antonio de Paolis (ASR '86 Roma), Carlo Germani (ASR '86 Roma), Letizia Bovari (UTEC Nami), Vittorio Castellani (SSI, Roma), Odoardo Papalini (GS “L'Orso”, CasteH’Azzara/Grosseto), Carla Galeazzi (ASR '86 Roma), nonché il Presidente della Speleotecnica di Orvieto, Claudio Biz­ zarri, e Marco Benedetti, anch'esso della Speleotecnica di Orvieto. La riunione è iniziata alle ore 15.30, come da programma, e si è svolta seguendo l'Ordine del Giorno distribuito con la convocazione.

1) Comunicazioni del Presidente Il Presidente Laureti illustra i motivi della scelta di Orvieto come sede per rincon­ tro di primavera: città famosa per il grande numero e l'importanza delle CA presen­ ti nel suo sottosuolo, ringraziando per la fattiva collaborazione all'organizzazione della presente Riunione la Speleotecnica di Orvieto e il locale Gmppo Speleologico che, il giorno successivo, renderanno possibile la visita ad un paio tra le più inte­ ressanti cavità nel Parco delle Grotte (la prima comprende un frantoio sotterraneo, una cava di pozzolana ed altri siti più antichi, la seconda è un colombario posto su vari piani, trasformato in epoca successiva, per esempio in fornace). Presenta e distribuisce quindi ai presenti il numero uno del foglio informativo (che provvederà a distribuire periodicamente per assicurare un'informazione tempesti­ va sulla attività della Commissione) dal titolo: C.ART. INFORM. Nel numero uno è incluso anche il verbale della riunione tenuta in novembre a Casola, che apparirà anche sulla rivista Speleologia, il cui attuale numero, già pronto, è però in ritardo di distribuzione per problemi postali. Vi è allegato anche l'elenco dei Membri della Commissione, che sarà aggiornato periodicamente. Come già annunciato a Casola, Laureti ribadisce di aver accettato l'incarico col pre­ ciso intento di rivitalizzare l'attività della Commissione ma pronto a lasciare ad al­ tri l'onore di presiederla non appena raggiunto il traguardo.

2) RELAZIONI DI ATTIVITÀ NELLE VARIE REGIONI Il Presidente riferisce brevemente sulle relazioni pervenutegli da membri che non hanno potuto venire di persona (S. Saj per la Liguria, Paolo Guglia per la Venezia Giulia e la cui relazione è già inserita nel numero uno del foglio informativo) e che appariranno nel numero 2 di C.ART.INFORM. assieme al presente Verbale. Invita quindi i presenti a riferire sulle attività delle proprie regioni, ma a farvi seguito sol­ lecitamente con una relazione scritta da inserire nel foglio informativo. Signorelli (Lombardia) riferisce sull'attività del proprio Gruppo (GS Le Nottole di Bergamo: studio di cisterne, rifugi antiaerei - prossimo corso sulle CA) ma fa pre­ sente anche la difficoltà ad ottenere notizie dagli altri Gruppi, alcuni dei quali svol­ gono attività molto sporadica, mentre altri, come lo SCAM di Padovan (Milano), si sono posti in una posizione di dissidenza dalla SSL Laureti assicura che cercherà di intervenire per riallacciare buoni rapporti. Cappa (Lazio) presenta una breve relazione scritta: in sintesi l'attività ferve da parte di vari Gruppi, con buona collaborazione con archeologi professionisti mentre il Catasto è giunto al numero 147, alla relazione è allegato il tabulato catastale, scritto in Winword, delle prime 145 cavità. Castellani invita a catastare anche gli emissari ben noti di Nemi e Albano. Porri (Toscana) fa un breve quadro dell'attività, svolta solo da 3 o 4 Gruppi della re­ gione (i pisani a Portoferraio, i livornesi nelle miniere presso Campiglia, Porri nei saggi minerari di Montacone) Annuncia quindi il suo ritiro da coordinatore regio­ nale, giustificato dai vari altri impegni che lo coinvolgono nella Federazione To­ scana e propone che l'incarico sia affidato a Papalini, già membro della Commis­ sione e accettato dalla Federazione. La Commissione approva. Nini (Umbria) illustra l'attività svolta dai gruppi di Nami, Orvieto e Todi, oltre che dalle associazioni locali che promuovono la valorizzazione turistica delle impor­ tanti cavità presenti nel sottosuolo di queste città. Segnala anche che sono in corso studi di cunicoli e miniere (di bauxite, sotto colata lavica) in ambito extraurbano. Carla Galeazzi segnala che Umberto Gibertini (Emilia Romagna) sta per inviarle la relazione sull'attività nella propria regione (la stessa è poi arrivata nei giorni suc­ cessivi anche al Presidente). Riferisce quindi sullo stato di avanzamento degli stu­ di nel Parco della Caffarella (Roma). Castellani accenna al suo viaggio nel nord della Cina migliaia di chilometri di cuni­ coli) e annuncia il suo prossimo ritorno in Cappadocia, per portare avanti lo studio della città sotterranea di Derinkuju (15/7-1/8 p.v.). Laureti accenna infine alle sue ricerche sulla distribuzione delle antiche miniere, abbandonate o dismesse, nelle Alpi italiane, informando che sul recupero dei vec­ chi siti minerari si sta attivamente occupando anche l'associazione Nazionale Inge­

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gneri Minerari che ha già organizzato due convegni sull'argomento (notizie più dettagliate saranno inserite sul prossimo numero del foglio informativo)

3) Stato di preparazione del materiale per Opera Ipogea Carla Galeazzi annuncia che gli articoli già promessi (di cui mostra l'elenco) saran­ no pronti a breve e in numero già sufficiente per assicurare la stampa di un fascicolo della rivista. Purtroppo però i preventivi raccolti sulla piazza romana, per un nume­ ro di circa 200 pagine (12 sedicesimi di cui un quarto circa a colori; 500 -1000 co­ pie) si aggira sui 15 milioni di lire. Segue ampia discussione sul numero di pagine, il ricorso o meno a fotocolor, la ri­ cerca di altri preventivi: l'orientanento della Commissione è in favore di un numero di circa 100 pagine, stampato in modo più sobrio di quello sulla Cappadocia. Per il reperimento del finanziamento, Castellani segnala difficoltà col CNR, dove co­ munque dovrebbe presentare un piano dell'opera e alcuni preventivi formali per sa­ pere che possibilità realmente sussistano, e la possibilità invece di avere l'appoggio della SITACO (editrice di Forma Urbis), sempre però con un progetto definito e la garanzia del ritiro, a pagamento, di un certo numero di copie, per le quali dovrebbe­ ro quotarsi i vari gruppi interessati.

4) Prossimi Convegni Il Presidente annuncia che cercherà di organizzare una mezza giornata sulle CA al prossimo Congresso Nazionale di Speleologia di Chiusa Pesio (ottobre 1998), i presenti lo invitano anche a premere sugli organizzatori perché la riunione della Commissione si tenga almeno sabato 31 ottobre nel pomeriggio o addirittura il 1 novembre. Carla Galeazzi e Vittorio Castellani informano che stanno seguendo la possibilità di realizzare presso il Museo di Albano un incontro, allargato a tutti gli altri studiosi interessati, sugli ipogei dei Colli Albani. Data prevista: il ponte del 6-8 dicembre p.v. Castellani e Porri riferiscono sul progetto di realizzazione di un incontro intema­ zionale a Firenze per l'anno 2000: il Comune sarebbe favorevole ma non è chiaro se 10 finanzierebbe; l'incontro dovrebbe coinvolgere anche gli studiosi di opere sotter­ ranee in senso lato, uscire cioè dallo stretto ambito SSI-UIS, sia per farci meglio co­ noscere ed apprezzare all'esterno, sia per aumentare le possibilità di finanziamento. Si è alla ricerca di sponsors: Castellani riferisce sui suoi contatti con l'associazione dei tecnici delle gallerie minerarie, che dispone di buoni mezzi economici.

5) Rapporti con Enti ed Istituzioni 11Presidente ritiene necessario fare il punto sui rapporti con le Soprintendenze, rac­ cogliendo informazione sullo stato attuale (cita l'esempio positivo della Liguria) per preparare un rapporto sui casi positivi ma anche sulle difficoltà incontrate. Nini riferisce sui positivi rapporti locali che è riuscito ad instaurare e sui contati avuti a suo tempo col Ministero B.C. Carla Galeazzi fa l'esempio degli accordi della ASSO (associazione che è socia della SSI) con la Soprintendenza del Comune di Roma e riferisce sui suoi contatti con il Soprintendente Archeologico del Lazio, Claudio Moccheggiani. Signorelli racconta delle disavventure occorsegli a Bergamo, insorte nonostante il corretto comportamento del suo Gmppo,

6) PROBLEMI DI FUNZIONAMENTO E GESTIONE DELLA COMMISSIONE 11Presidente propone la creazione di un sito su Internet specifico per la Commissio­ ne, non essendo più soddisfacente quello creato a suo tempo da Lorenzo Grassi, che non è stato più aggiornato. Per il Catasto riferisce di aver preso contatti con un collaboratore dell'Università di Pavia al fine di arrivare alla scheda in Data Base. Al riguardo Cappa fornisce vari suggerimenti e trasmetterà indicazioni (in allegato) per l'aggiornamento delle tipo­ logie e altri particolari della scheda. 11 Presidente quindi invita tutti a collaborare all'aggiornamento dell'indirizzario ed elenca varie funzioni necessarie al buon funzionamento della Commissione, che ri­ chiedono ovviamente la fattiva collaborazione dei membri (catasto, redazione di Opera Ipogea, raccolta di informazioni sull'attività di singoli e di gruppi, organiz­ zazione di riunioni e convegni, bibliografie, materiale documentario, ecc.).

7) Varie ed eventuali Vengono presentate varie proposte di logo per la Commissione, preparate da Anto­ nio De Paolis, variamente commentate dai presenti con suggerimenti per arrivare alla scelta definitiva. Ginetti chiede ai presenti se possono procurargli diapositive sui condotti idrici nelle varie regioni, da utilizzare in conferenze di presentazione dell'attività in tale settore. La riunione si conclude alle ore 19,30 ed è seguita da una cena, offerta dal Gmppo Speleologico Orvietano presso il Parco delle Grotte.

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Commissione Nazionale Cavità Artificiali

Vita della Società

«OPERA IPOGEA» La prima rivista scientifica della SSI interamente dedicata alle cavità artificiali partecipa anche tu spedendo i tuoi articoli COMMISSIONE NAZIONALE DELLE CAVITÀ ARTIFICIALI COORDINAMENTO OPERA IPOGEA Carla Galeazzi c/o Residence Villa Marignoli - Via Po, 2 -00198 Roma Tel. 06/8845318 (uff.) - 06/76901095 (ab.) - 0335/6608319 - Fax 06/8411639 e-mail: g e r m a n i.c a r lo @ io l.it I numeri arretrati sono disponibili presso la Biblioteca SSI “F. Anelli" - Via Zamboni, 67 - 40127 Bologna - Tel. e Fax 051/250049

CRONACA ROSA IN CAVITÀ ARTIFICIALI Il 10 Maggio 1998 alcuni componenti della Commissione, in qua­ lità di “inviati speciali” per Speleologia, nonché di indegni foto­ grafi, si sono ritrovati a Roma per un evento davvero esclusivo: il matrimonio del Presidente della Commissione, Lamberto Laureti, con Geppina Samataro. La coppia ha finalmente coronato, nella splendida cornice del Campidoglio, un sogno durato circa venti anni. Presenti alla cerimonia l'emozionatissima Luisa, figlia sedi­ cenne della coppia ed il bellissimo Alessandro, figlio dello sposo. Presente, pur se non espressamente invitato, tale Marc'Aurelio che, sul suo cavallo, tornato recentemente a farsi ammirare sulla rinomata piazza romana. Il sole della Città Eterna non ha minima­ mente tradito le aspettative degli invitati, convenuti da tutta Italia, regalando una giornata estiva con temperature sui 30 gradi. Toc­ cante e convincente il “si” della sposa, un po' meno quello dello sposo che, alla domanda di rito, ha risposto con il suo tipico tenten­ namento: «... ecco, si, veramente, ecco, io vorrei dire... ecco, ef­ fettivamente...», prontamente stroncato dalla ormai consolidata esperienza del rappresentante del Sindaco, che in tale evidente confusione mentale ha invece voluto leggere la determinazione del «si» ed ha proceduto con una imbarazzante celeri­ tà alla conclusione della cerimonia. Ot­ timo il pranzo, consumato in un noto ed elegante ristorante romano, allietato da canzoni napoletane e romanesche can­ tate da una giunonica interprete, che è riuscita a scalfire, sia pure per pochi istanti, persino il rinomato self control degli invitati Giulio ed Emanuele Cap­ pa. Assolutamente degna di nota la lista dei vini (per maggiori informazioni in merito potete rivolgervi al Prof. Vitto­ rio Castellani ed ai coniugi C. & C. Ger­ mani che non hanno perso occasione per degustarli tu tti... nel senso letterale del termine). Nel corso del convivio i componenti della Commissione presen­ ti sono riusciti per ben cinque lunghissi­ mi minuti a non parlare di attività spe­ leologica e a conversare educatamente del più e del meno con gli altri invitati.

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Allo scadere della “tregua” si sono lanciati, fino al termine della giornata, in estenuanti considerazioni su vari argomenti clou quali 1) Opera Ipogea: costi e ricavi, articoli e coordinamento (reclutati sul momento due articoli a cura di un ignaro invitato arrivato da Napoli ed ancora frastornato dal viaggio); 2) Prossimi convegni: organizzazione generale, date e logistica; 3) Ultime esplorazioni: osservazioni in merito; 4) Esplorazioni all'estero: date di partenza, ritorno, attenta valutazione dei luoghi da visitare; 5) Memorie spe­ leologiche e non... dal 1960 all'altro ieri... SIGH! Al momento, attesissimo, del taglio della torta Lamberto Laureti ha voluto regalare ai presenti un'immagine non troppo “patinata” tuffandosi a pesce sul dolce, sotto lo sguardo tenerissimo ma un po' trasecolato della sua Geppina, anziché procedere all'ormai consolidato rituale. Insomma: una bellissima cerimonia che resterà con allegria nella memoria dei presenti. A Geppina e Lamberto ancora tantissimi auguri! Carla Galeazzi

Lamberto e Geppina sposi, (foto C. Galeazzi)

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Commissione Nazionale Scuole di Speleologia

Vita della Società

C O M M IS S IO N E N A Z IO N A L E S C U O L E D I S P E L E O L O G IA D E L L A S O C IE T À S P E L E O L O G IC A IT A L IA N A ABRUZZO CALABRIA

Fabrizio Di Primio - Via Palena, 31 - 66013 Chieti - tei. ab. 0871 562484, tei. uff. 0871 579741 Gianluca Ferrini - Dipartimento Scienze della Terra, Università della Calabria - 87036 Arcavata di Rende (CS) tei. uff. 0984 493678, tei. ab. 055 582896, celi. 0368 989191 Aristide Fiore - Via Madonna del Monte, 33 - 84121 Salerno - tei. 089 225214 CAMPANIA Paolo Nanetti - Via Mazzini, 112 - 40138 Bologna - tei. ab. 051 393063, tei. uff. 051 4196112 EMILIA-ROMAGNA FRIULI-VENEZIA GIULIA Maurizio Tavagnutti - Via Ristori, 31 - 34170 Gorizia - tei. ab. 0481 520537, tei. uff. 0481 528311 Roberto Sarra -Piazza Caduti Via Fani, 9 - 03100 Frosinone - tei. 0338 6020201 LAZIO Mario Forneris - Via Privata Ciapai 6 - 17020 Balestrino (SV) - tei. 0347 4317423 LIGURIA Valter Pasinetti - Via S. Fiorano, 24 - 25128 (BS) - tei. ab. 030 3751672, uff. 030 3581545, fax 030 3582404 LOMBARDIA Stefano Meriggi - Via Circonvallazione Le Grazie, 81 - 62018 Potenza Picena, Macerata MARCHE Michele Notarmaso - Contrada Sant'Andrea - 86010 Ferrazzano (CB) - tei. uff. 0874 403262, tei ab. 0874 416130 MOLISE Dario Olivero - Corso G. Ferraris, 19 - 12100 Cuneo - tei ab. 0171 693577 PIEMONTE PUGLIA Giuseppe Savino - Via Andrea Angiulli - 70013 Castellana Grotte (BA) - tei. ab. 080 4961980, uff. 080 4960372 SARDEGNA Pietro Caredda - Via S. Caterina, 157 - 09013 Carbonia (CA) - tei. 0781 64656, celi. 0338 7312506 SICILIA Giuseppe M. Licitra - Via Monfalcone, 17 - 95127 Catania - tei .095 372179, fax 095 437618 TOSCANA Fabio Guidi - Vicolo Minerva, 3 -55100 Lucca - tei. ab. 058 3582324, tei. uff. 058 3492151 - 058 3493124 Andrea Liberati - Strada di S. Urbano, 17 - 05035 Nami (TR) - tei. 0744 726739 UMBRIA Diego Carli - Via Valpolicella, 42 - 37025 Parona (VR) - tei. ab. 045 942314, tei uff. 045 990779 VENETO SEGRETERIA:

RINALDO MASSUCCO - Via alla Rocca, 21/9 - 17100 Savona - tei. ab. 019 853752, uff. 010 6546390 fax 019 811960 (Società Savonese di Storia Patria)

GLI ULTIMI CORSI REALIZZATI DALLA CNSS-SSI 27° CORSO NAZIONALE DI TERZO LIVELLO

«B IO SPE L E O L O G IA » Dal 3 al 5 ottobre 1997 si è tenuto in Toscana un seminario di biospeleolo­ gia inserito tra i corsi di 3° livello della Commissione Nazionale Scuole di Speleologia della SSI e organizzato dal Gruppo Speleologico Archeolo­ gico Livornese, in collaborazione col Museo Provinciale di Storia Natu­ rale di Livorno. Il Corso è stato suddiviso in due parti. La prima, riservata ai soli corsisti, si è svolta nei giorni di venerdì 3 e sabato 4 ottobre nella sede del Parco Archeominerario di San Silvestro a Campiglia Marittima (LI), su argomenti riguardanti la biospeleologia. La seconda parte si è svolta nell’auditorium del Museo Provinciale di Storia Naturale di Livorno, aperta al pubblico,

su argomenti più specifici, trattati da relatori esterni, docenti universitari e ricercatori CNR di Roma e Firenze. La serata del sabato a Campiglia Marittima, ha visto anche la presenza della cittadinanza per assistere alla proiezione di un documentario a tema speleologico e delle diapositive delle grotte-miniera della zona. I partecipoanti sono stati 21, di cui 9 provenienti dalla Toscana e 12 da al­ tre regioni.

28° CORSO NAZIONALE DI TERZO LIVELLO

«T EC N IC H E SPEC IA LI E A U T O SO C C O R SO » Il Corso, organizzato dalla segreteria CNSS-SSI in collaborazione con Marco Bani e la Scuola di Speleologia CNSS-SSI di Città di Castello, si è tenuto alTHotel “Trota Blu” di Piobbico il 27-28 marzo 1998 e per la parte applicativa ci si è valsi della splendida palestra naturale di Fondarca (PS). Il Corso ha visto la partecipazione di solo 7 allievi, ma la capacità e l’im­ pegno degli istruttori tecnici (Giuseppe Antonini e Giovanni Badino) sono stati notevoli e hanno “conquistato” tutti gli intervenuti che hanno potuto così arricchire notevolmente la loro preparazione tecnica.

Il medico del CNSAS dott. Gigliola Mancinelli ha illustrato le problema­ tiche mediche. L’interesse suscitato è stato notevole (inversamente proporzionale al nu­ mero di iscritti al Corso) e si è pensato di rendere itineranti gli appunta­ menti tecnico didattici di questo genere, programmandoli con cadenza re­ golare nei vari comprensori geografici italiani, in collaborazione con le federazioni speleologiche regionali e con i diversi coordinamenti interre­ gionali CNSS-SSI.

L A N U O V A O R G A N IZ Z A Z IO N E D E L L E S C U O L E SS I Il 28-29 marzo 1998 si è tenuta a Piobbico (PS) l’Assemblea Nazionale dei Coordinatori Regionali CNSS-SSI per dibattere lungamente sul pro­ blema della necessaria ristrutturazione della Commissione Scuole della SSI, in modo da rendere maggiormente dinamico e standardizzato l’inse­ gnamento della speleologia. La via preliminare per attuare gli scopi prefissati è sembrato quello di ap­ provare un nuovo Regolamento della Commissione Scuole SSI, che è sta-

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to successivamente ratificato dal Consiglio Direttivo della SSI (in data 9 giugno 1988) ed entrerà in vigore il Io gennaio 1999, dopo essere stato ul­ teriormente illustrato e discusso nell’Assemblea Nazionale delle Scuole SSI a “Chiusa ’98”, il 31 ottobre 1998. La nuova organizzazione della CNSS-SSI prevede la strutturazione della Commissione Scuole della Società Speleologica Italiana in 3 ambiti: lo­ cale, regionale, nazionale.

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Commissione Nazionale Scuole di Speleologia

Vita della Società

1 - Ambito locale

Uno o più Gruppi Speleologici, che curino unitariamente Corsi di 1° Livello, designano - triennalmente - un unico Direttore della loro Scuola di Speleologia, che rappresenta localmente la CNSS SSI e, almeno un mese prima dell'attivazione di ogni Corso (tramite il Direttore della Scuo­ la), uno o più Direttori di Corso (uno per ogni Corso da effettuare).

cura laprevenzione degli incidenti ed il rispetto delle norme di protezione dell'ambiente. Aggiorna inoltre il registro regionale degli Istruttori di Speleologia (I.S.), degli Istruttori di Tecnica (I. T.) e degli Aiuto Istruttori (A.I.) e cura la distribuzione dei supporti didattici. 3 - Ambito nazionale

L'Assemblea Nazionale dei Coordinatori Regionali della CNSS ed il Co­ L'insieme dei Direttori delle singole Scuole di Speleologia operanti in mitato Esecutivo Nazionale (CEN) della CNSS, da essa nominato, gesti­ una Regione costituisce la Commissione Regionale Scuole di Speleolo­ scono amministrativamente ed operativamente in ambito nazionale la CNSS-SSI. gia. (CRSS-SSI) Il CEN è costituito da almeno 5 componenti, non necessariamente Coor­ La Scuota promuove e svolge Corsi di 1°Livello - cura l'addestramento e dinatori Regionali, ma possibilmente rappresentanti di diverse aree geo­ l'aggiornamento di I.T. e A.I.. grafiche del paese (nord, centro, sud, isole), tra i quali viene nominato un Segretario. 2 - Ambito regionale Il Segretario può giovarsi della collaborazione di una Segreteria, formata La Commissione Regionale Scuole di Speleologia rappresenta in ambito da esperti e tecnici del settore, nominata dall'Assemblea Nazionale dei Regionale la CNSS-SSI ed elegge triennalmente il Coordinatore Regio­ Coordinatori Regionali della CNSS-SSI. nale CNSS ed il Comitato Esecutivo Regionale (CER), di cui fanno parte il Coordinatore Regionale, almeno 3 Direttori delle Scuole di Speleologia L'Assemblea Nazionale ed il CEN organizzano i Corsi di 3° Livello ed della Regione ed il Rappresentante designato dalla Federazione Speleolo­ esercitano il coordinamento nazionale delle Scuole, incentivando le oc­ casioni di collaborazione interregionale. gica Regionale. Il Rappresentante designato dalla Federazione può essere lo stesso Coor­ Producono i supporti didattici ed amministrano ifondi della CNSS-SSI. Attuano le norme del Regolamento e ne curano l'aggiornamento. dinatore Regionale. Ove in una Regione non sia stata costituita la Federazione, sarà la SSI a I componenti del Comitato Esecutivo Nazionale rappresentano singolar­ nominare un suo Rappresentante, prò tempore. mente e collegialmente la CNSS in ambito nazionale, in occasione di In­ Qualora le Scuole CNSS-SSI della Regione non superino il n. di 3, i Diret­ contri, Corsi, Convegni, Congressi e nei confronti di Persone, Organismi o Enti Pubblici o Privati, esterni alla SSI; redigono i consuntivi di attività tori delle Scuole componenti il CER saranno pari al n. delle Scuole. e curano le relazioni con la Commissione Scuole dell'UIS (Unione Inter­ La Commissione Regionale Scuole promuove ed organizza i Corsi di 2° nazionale di Speleologia) in rappresentanza della CNSS-SSI. Seguono Livello e gli stages di qualificazione per Istruttori di Tecnica (l.T.) ed inoltre le pratiche assicurative infortuni ed RCT relative alle Scuole. Aiuto Istruttore (A.I.); Esercita il coordinamento delle Scuole in ambito regionale, verifica programmi e lo svolgimento dei corsi di 1° Livello, II Segretario rappresenta la CNSS in seno al Consiglio della SSL

C O M M IS S IO N E N A Z IO N A L E S C U O L E D I S P E L E O L O G IA S S I CORSI NAZIONALI 1999 29" CORSO NAZIONALE DI TERZO LIVELLO

«LA GEOLOGIA APPLICATA ALLA RICERCA E ALL’ESPLORAZIONE DELLE GROTTE NELLE AREE CARSICHE» L e v ig lia n i (M S ) 1 2 -1 4 m a r z o 1 9 9 9 o r g a n iz z a z io n e lo g is tic a F E D E R A Z IO N E S P E L E O L O G IC A T O S C A N A c o o r d in a m e n to d id a ttic o L E O N A R D O P IC C IN I d o c e n ti G . C A R R I E R I , A . E U S E B I O , I. G I U L I V O , L . P I C C I N I , M . V I G N A Il c o r so si s v o lg e r à p r e s s o l ’a lb e r g o V a lle c h ia r a (d a lla P ie r a ) a L e v ig lia n i Il c o r s o è r iv o lto in p a r tic o la r e a s p e le o lo g i d i m e d ia e sp e r ie n z a in p o s s e s s o d i n o z io n i d i g e o lo g ia d i b a se (lito lo g ia , te tto n ic a , e c c .). L e le z io n i s a r a n n o o r g a n iz z a te in u n a b r e v e r e la z io n e (4 0 -5 0 m in u ti) d a p a r te d i u n o o p iù d o c e n ti, a c u i s e g u ir à u n a d is c u s s io n e d i c ir c a 3 0 -4 0 m in u ti. 1 p a r te c ip a n ti d e v o n o e s s e r e d o ta ti d i a ttr e z z a tu r a c o m p le ta d a g r o tta (te m p e r a tu r a 6 -7 °C ) e a b b ig lia m e n to in v e r n a le d a m o n ta g n a . u lte r io r i in fo r m a z io n i L E O N A R D O P IC C IN I - te i. a b . 0 5 5 8 6 5 6 7 6 5 , fa x 0 5 5 2 1 8 6 2 8

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Speleologia 38 - 1998


Commissione Nazionale Scuole di Speleologia

Vita della Società

ETODI DI RICERCA PREISTORICA NELLE GROTTE» 25-28 marzo 1999 Centro di Educazione Ambientale di Gavorrano (Grosseto) ORGANIZZAZIONE Società Naturalistica Speleologica Maremmana con la collaborazione del Museo di Storia Naturale della Maremma e della Federazione Speleologica Toscana. Saranno coinvolti il Comune di Gavorrano, la Regione Toscana, la Soprintendenza Archeologica Toscana e il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Firenze. PROGRAMMA PROVVISORIO DELLE LEZIONI E RELATIVI RELATORI 1 - Le manifestazioni artistiche delle grotte (prof. Alda Vigliardi, Cattedra di Paletnologia dell’Università di Firenze). 2 - Metodologie di scavo archeologico in ambienti ipogei (Dr. Luca Bachechi, Paletnologo docente dell’Università di Firenze). 3 - Ritrovamenti nella grotta “La Fabbrica” (Prof Giuseppe Guerrini, Direttore del Museo di Storia Naturale della Maremma) 4 - Esempi di riproduzione di resti archeologici e graffiti mediante calchi (Carlo Cavatina, Presidente della Soc. Nat. Spel. Maremmana). 5 - Visita alle grotte “La Fabbrica” e “Scoglietto” nel Parco Naturale della Maremma.

Costo L. 220.000 (lezioni, dispense, vitto e alloggio). Scadenza iscrizioni 20 febbraio 1999. INFORMAZIONI ED ISCRIZIONI Società Naturalistica Speleologica Maremmana C/o Carlo Cavanna, via Petrarca, 57 - 58046 Marina di Grosseto (GR) tei. 0564 37095 - fax 0564 34503 - e-mail speleo@gol.grosseto.it

«INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELL’IDROLOGIA CARSICA» data provvisoria 12-13 GIUGNO 1999 ORGANIZZAZIONE Delegazione Speleologica Ligure in collaborazione con la Commissione Regionale Scuole di Speleologia della SSI SEDE Accademia dell’Ambiente, Colle di Nava (Pomassio, Imperia, Alpi Liguri) INFORMAZIONI Segreteria della Commissione Nazionale Scuole di Speleologia della SSI Rinaldo Massucco, via alla Rocca 21/9 - Savona Tel 019 853752 (casa) - 010 6546390 (ufficio) - 019 811960 (fax)

«MONITORAGGIO DELLE GROTTE E DELLE AREE CARSICHE» Primavera 1999 ORGANIZZAZIONE E DIREZIONE Mauro Chiesi (Vice Presidente SSI) e Franco Utili (Commissione Didattica SSI) INFORMAZIONI Mauro Chiesi - tei e fax 0522 591758, e-mail chiesim@tin.it Franco Utili - tei e fax 055 8448155

C O R S I D I Q U A L IF IC A Z IO N E P E R IS T R U T O R I D I T E C N IC A E A IU T O IS T R U T T O R I

PRIMAVERA 1999 Località: Regione Toscana Direzione: Fabio Guidi - tei. ab. 0583 582324, tei. uff. 0583 492151 AUTUNNO 1999 Località: Regioni Emilia Romagna e Marche Direzione: Paolo Nanetti - tei. ab. 051 393063, tei. uff. 051 4196112

QUOTA D'ISCRIZIONE? Speleologia 38 - 1998

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SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA > r Domanda di ammissione per socio singolo ^

Nome............................................... ............. Cognome............................................................................ Nato/a il................... a ..................... .................................................... Provincia..................................... Residente a ................................................................Provincia................................ CAP........................ V ia................................................... ....................................................................................... N°............. Tel. ab..............................................Tel.uf........................................... Fax................ Codice Fiscale...............................................................................................................

DICHIARA DI AVER SVOLTO ATTIVITÀ SPELEOLOGICA: dall'anno.................................

autonomamente

Nel Gruppo Speleologico................ Nel Gruppo Speleologico................ Avendo preso visione dello statuto della SSI e pagato la quota di L................................ per l'anno in corso

CHIEDE DI ESSERE AMMESSO TRA I SOCI SSI Data

Firma

Socio presentatore

Socio presentatore

Domanda approvata

Domanda respinta

Dal Consiglio Direttivo del



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