R. Villano - Rudolf Vrba, farmacologo del protocollo di Auschwitz

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Rudolf Vrba, il farmacologo del “Protocollo di Auschwitz” Raimondo Villano

Walter Rosenberg nasce a Topoľčany, in Cecoslovacchia, l’11 settembre 1924 da Elias Rosenberg ed Helena Grunfeldova. Il padre possiede una segheria a vapore a Jaklovce, vicino Margecany. Jozef Tiso del pro-governo fascista, poi, introduce in Slovacchia nel 1940 leggi anti-ebraiche modellate su quella nazista di Norimberga e, conseguentemente, il giovane Walter è espulso dal Gymnasium (liceo) di

Rudolf Vrba nella sua Palestra nell’anno scolastico 1935-1936 (è il quarto da sinistra sulla fila inferiore).

Bratislava all’età di 15 anni perché è ebreo. Rudolf Vrba è il nome di battaglia che adotta dopo l’adesione alla resistenza cecoslovacca e che sarà, poi, anche quello definitivo civilisticamente. Lavora come operaio fino al 1942 a Trnava e continua i suoi studi a casa, imparando l’inglese e il russo. Secondo il Daily Telegraph, la madre trova il suo interesse per la lingua inglese eccentrico, ma il suo interesse per la lingua russa lo allarma a tal punto da portare il giovane Walter a visita da un medico. Nel marzo 1942, all’età di 17 anni, si unisce a coloro i quali vogliono ribellarsi contro l’antisemitismo del Paese e decide di riparare in Inghilterra per partecipare alla formazione di un esercito cecoslovacco in Gran Bretagna. Elimina, pertanto, dai suoi abiti la stella di David gialla che gli ebrei sono obbligati dai nazisti ad indossare e prende un taxi da Topoľčany per l’Ungheria, con l’equivalente attuale di circa 10,00 euro. Ma l’Ungheria, per un ebreo slovacco senza status giuridico è, in pratica, un Paese troppo ostile e constata che è pericoloso continuare il viaggio alla volta Gran Bretagna; decide, quindi, di far rientro in Slovacchia ma è catturato dalle guardie ungheresi mentre tenta di attraversare la frontiera. È inviato in Slovacchia al campo di transizione di Nováky da dove scappa con un altro prigioniero, Josef Knapp, ma è catturato da un poliziotto slovacco, insospettito alla vista di Vrba che indossa due paia di calze, ed è rimandato al campo. Vrba lavora nel settore storage, soprannominato “Canada”, in cui i beni rubati ai deportati sono smistati prima di essere inviati in Germania. Il 14 giugno 1942, Vrba è deportato al campo di concentramento di Majdanek in Polonia, dove trova uno dei suoi fratelli. Si offre volontariamente per effettuare i lavori agricoli e il 30 giugno è inviato ad Auschwitz I, il campo principale del complesso di Auschwitz e centro

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amministrativo per i campi satellite. Piuttosto che la promessa di “lavori agricoli” a Vrba è assegnato un lavoro che consiste nel riesumare i corpi di oltre 100.000 ebrei tumulati affinché possano essere essere inceneriti. Successivamente, stringe amicizia con un prigioniero viennese, che è di fiducia da parte delle SS, il quale gli procura un lavoro in Aufräumungskommando. Si tratta di un particolare lavoro: prendere i beni fino a 2.000 uomini e donne nuovi arrivati ed eliminare i cadaveri di quanti hanno lavorato sul Judenrampe ( “rampa ebraica”) tra Auschwitz I e II. I nazisti sono organizzti in modo che eventuali oggetti di valore sono riconfezionati e spediti in Germania mentre l’oro è fuso in lingotti per la Reichsbank. Il Kommando ed i suoi impianti di stoccaggio dove opera Vrba occupano diverse decine di baracche nel settore BIIg di Auschwitz II-Birkenau e sono soprannominati “Canada I” e “Italia II”, ufficialmente Effektenlager I e II, perché contengono abbigliamento, scarpe, medicinali, coperte e altre derrate. Questo settore, pertanto, è considerato come una sorta di paradiso dai prigionieri in quanto consente accesso a cibo, sapone e vestiti caldi. Durante la permanenza in questo settore, Rudolf Vrba durante la guerra. quindi, Vrba è in grado di rimanere in buona salute. Egli assume persino un ruolo nella gerarchia dei furti perpetrati dalle guardie del campo, anche se a un certo punto è picchiato per aver contrabbandato merci ad amici. Il 15 gennaio 1943 è nuovamente trasferito insieme al resto del Aufräumungskommando a Birkenau, il campo di sterminio a circa 4 chilometri dal campo principale. Alla “Selezione” sul Judenrampe i nuovi arrivati sono inviati a destra per l’assegnazione a un lavoro di dettaglio mentre a sinistra per il Sonderbehandlung, il “trattamento speciale”: le camere a gas. Vrba è selezionato a destra ed assegnato per il lavoro come parte del Aufräumungskommando, che ha l’ordine di sistemare i nuovi arrivati. Gli è tatuato il numero di prigioniero 44.070. Quando arriva a Birkenau, Vrba scopre che Alfréd Wetzler, un uomo anziano che aveva conosciuto nella sua città natale, è già lì registrato come prigioniero no. 29.162. Wetzler lavora nella camera mortuaria Birkenau, dove registra sia il numero di prigionieri morti per cause diverse dalla gasazione che la quantità di oro estratta dal loro denti. Vrba è descritto da chi lo conosce come dotato di memoria fotografica, per cui durante la sua permanenza ad Auschwitz I e II cerca di memorizzare sia il numero di ebrei che arrivano che il luogo di provenienza di ciascuno di essi. Ciò è possibile in quanto il suo lavoro lo costringe ad essere presente sia quando la maggior parte dei deportati ebrei arriva che quando sono smistate e le cose appartenute a quanti sono gassati. Vrba, dunque, si convince di essere in grado di calcolare con ridottissimo margine di errore quanti sono inviati ad Auschwitz e quanti sono uccisi. Egli nota, inoltre, che molti deportati ebrei hanno con sé valigie, come se fossero destinati ad un impiego di lungo periodo; vede vestiti per diverse stagioni e utensili per Il settore storage, denominato “Canada”, dove ha lavorato Rudolf Vrba ed in vari usi e ciò lo convince del cui i beni rubati ai deportati sono trattenuti prima di essere spediti in Germania. fatto che gli ebrei credano alle

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storie di reinsediamento in Oriente diffuse dai nazisti. Nell’estate del 1943, poi, gli è affidato l’incarico di cancelliere (Blockschreiber) nella sezione di quarantena per gli uomini, settore Birkenau BIIa. Dalla sua caserma può vedere i camion diretti verso le camere a gas. Questo gli permette effettivamente di stimare il numero di ebrei che arrivano ogni giorno e la percentuale destinata al gas. La sua stima è che solo il 10 per cento di ogni trasporto è selezionato per andare a destra mentre il restante 90 per cento è ucciso. In aprile 1944 calcola che 1.750.000 ebrei sono già stati uccisi: una cifra, in effetti, nettamente superiore a quella attualmente accertata dagli storici. Rudolf Vrba, tuttavia, anche a distanza di molti anni insisterà sul fatto di essere stato preciso in questo macabro calcolo. Nei primi anni di guerra le notizie delle atrocità sull’Olocausto degli ebrei in Europa ad opera dei nazisti filtrano solo in minima parte dai campi di sterminio e dalle gerarchie di Hitler verso il mondo esterno. Dall’inizio del 1943, però, gli inglesi cominciano ad avere notizie di alcuni massacri e, nello stesso anno, Jan Karski, un leader della resistenza polacca, informa il Presidente Franklin D. Roosevelt di alcuni orrendi episodi di eccidio di ebrei. Il 17 dicembre 1943 gli Alleati rilasciano una dichiarazione in cui si afferma che ebrei deportati ai campi sarebbero stati uccisi. Poi, il 4 aprile 1944, un aereo spia alleato riesce a fotografare Auschwitz, ma documenta soltanto la costruzione di un impianto di carburanti sintetici. Il giorno dopo, un prigioniero fugge ed avverte gli ebrei cechi. Nel contempo si rafforza la convinzione di Vrba che doeve scappare: ci ha pensato per due lunghi anni, ma ora, scriverà poi,: “non è più una questione solo di denunciare un crimine, ma di avvertire gli ungheresi, incitandoli a raccogliere un esercito forte, un esercito che lotta, piuttosto che morire”. All’inizio del 1944, in effetti, Vrba nota che sono in corso i preparativi per una nuova linea ferroviaria che consente ai detenuti di prendere direttamente la strada per le camere a gas. Ha, poi, una conferma di ciò il 15 gennaio 1944 da uno dei costruttori, un Kapo tedesco, che gli confida anche che ha sentito le guardie SS discutere di come si sarebbero presto procurate “salame ungherese”.

“Selezione” sul Judenrampe nel maggio/giugno 1944: da inviare a destra significa l’assegnazione a un lavoro di dettaglio, a sinistra le camere a gas. Vrba vi lavora nell’Aufräumungskommando, con l’ordine di sistemare i nuovi arrivati.

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Egli poi scriverà: “Quando sono arrivati una serie di convogli di ebrei dai Paesi Bassi si parlava di ‘formaggio’, si parlava di ‘sardine’ quando sono arrivati gli ebrei francesi, di ‘halva’ e delle ‘olive’ quando i trasporti di ebrei provenienti dalla Grecia hanno raggiunto il campo, e ora le SS stavano parlando di ‘salame ungherese’...”. Il 7 aprile 1944, alla vigilia della Pasqua, il giovane Vrba e l’anziano Alfred Wetzler riescono a fuggire da Auschwitz. I due uomini attraverso un cunicolo salgono all’interno di un nascondiglio scavato fuori sotto una catasta di legno conservata per costruire il “Messico”, sezione per i nuovi arrivati: sono al di fuori del perimetro di filo spinato interno di Birkenau ma all’interno di un perimetro esterno tenuto eretto durante il giorno dalle guardie delle SS. Gli altri prigionieri ripongono, poi, tavole su tutta l’area scavata per nascondere gli uomini e cospargono la zona di tabacco russo imbevuto di benzina, miscela dall’odore pungente in grado di ingannare i cani delle guardie: un trucco che Vrba ha imparato da russi prigionieri di guerra. Alle 20,33 il comandante di Auschwitz II, SSSturmbannführer Friedrich Hartjenstein, è informato dalla telescrivente che due ebrei sono fuggiti. Vrba sa da precedenti tentativi di fuga di altri detenuti che, una volta che la loro assenza è notata nel corso dell’appello serale o per appello nominale, le guardie delle SS continuano a cercarli per loro per ben tre giorni. La loro fuga, dunque, è rocambolesca e straziante: restano nascosti sotto una pila di legname nel settore Auschwitz-BIII di Birkenau chiamato “Meksyk” (Messico) fino a quando la quarta notte una guardia delle SS in rastrellamento giunge in cima alla catasta di legno, proprio sopra di loro, con il cane che fiuta e rovista, fortunatamente invano, fino a pochi centimetri di distanza da loro. Dunque, l’escalation della mattanza di ebrei, unitamente alle ricorrenti affermazioni carpite dai nazisti di Auschwitz circa una imminente operazione di “salame ungherese”, rafforzano la determinazione di Vrba a rischiare la vita per cercare di mettere in guardia gli ebrei ungheresi, ultima grande comunità rimasta intatta in Europa. “La forza dell’orrore della ‘soluzione finale’ è stato il suo segreto, la sua impotenza”, affermerà, poi, un giornale canadese di Ottawa nel 2005 a tal proposito mentre Vrba nell’intervista dichiarerà: “Sono scappato per rompere la convinzione dell’impossibilità di una pubblica denuncia. E per fermare gli omicidi”. Il 10 aprile, con indosso abiti olandesi, cappotti e stivali presi dal settore “Canada” percorrono la strada a sud, camminando parallelamente al fiume Soła, diretti al confine polacco con la Slovacchia, a 133 chilometri di distanza, utilizzando come guida una pagina da atlante di un bambino che Vrba trova nel magazzino. Egli scrive: “Al momento della nostra fuga, tutti i collegamenti con qualsiasi amico e contatti sociali che abbiamo avuto in Auschwitz sono stati tagliati e non abbiamo assolutamente alcun legame che ci aspetta al di fuori del campo di sterminio ... Siamo di fatto cancellati dal mondo, dal momento in cui sono siamo stati caricati su un treno per la deportazione nella primavera del 1942 ... L’unica prova amministrativa della nostra esistenza è un mandato di cattura internazionale su di noi, spiccato telegraficamente e distribuito a tutte le stazioni della Gestapo. Tale mandato è anche inoltrato telegraficamente al Kripo, la Polizia criminale, al Sicherheitsdienst, la Polizia di sicurezza, e alla Grenzpolizei, la Polizia di frontiera”. Undici giorni dopo la fuga, Vrba e Wetzler attraversano il confine polacco-slovacco e si incontrano con un contadino che li mette in contatto con il medico ebreo Pollack, che ha un contatto con Adre Steiner, nel Judenrat (il Consiglio ebraico) slovacco.

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Infine, dopo 18 giorni complessivi di un viaggio disperato, aiutati da civili polacchi e slovacchi lungo il cammino, il 25 aprile i due fuggitivi raggiungono la cittadina di Zilina, in Slovacchia settentrionale, dove riescono a mettersi segretamente in contatto con notabili ebrei in clandestinità e con essi lavorano per stendere il loro rapporto scritto, redatto da entrambi in due stanze separate. Il rapporto è scritto e riscritto più volte. Wetzler scrive la prima parte, Vrba la terza e i due scrivono la seconda parte insieme. Lavorano, poi, sulla relazione insieme ed effettuano la riscrittura sei volte. Mentre scrivono, aiutati dall’avvocato tedesco Oskar Neumann, l’ingegnere Oscar Krasniansky traduce dallo slovacco in tedesco con l’aiuto di Gisela Steiner, un rapporto di 32 pagine in tedesco, che è completato già il 27. Vrba scrive che il rapporto, poi, è stata anche frettolosamente tradotta in ungherese. La versione originale slovacca del rapporto non sarebbe stata conservata. La versione tedesca contiene una descrizione precisa della geografia dei campi, della loro costruzione, dell’organizzazione della gestione e della sicurezza, di come i prigionieri sono stati numerati e suddivisi in categorie, della loro dieta, delle selezioni effettuate, delle gassazioni, delle sparatorie, delle iniezioni letali, dei morti e delle condizioni di vita. I memorandum sono riuniti in un unico corpus di 60 pagine dattiloscritte, parte in slovacco ed il restante in tedesco, in cui i due fuggitivi forniscono una versione separatamente, ma coerente. Il rapporto riguarda ciò che accade dentro Auschwitz non solo in base a ciò che essi hanno visto personalmente ma anche in base alle notizie che per mesi hanno raccolto da altri detenuti, compresi i membri del Sonderkommando.Vrba, in particolare, fornisce la prima prova di testimone oculare inerente non solo l’entità della tragedia che si sta consumando nel campo di sterminio ma anche la dinamica esatta di attuazione del genocidio di massa nazista. L’attendibilità delle affermazioni inerenti gli eventi sono accuratamente verificate, confrontando le registrazioni effettuate durante gli interrogatori di entrambi i fuggitivi. Vrba scrive che inizia disegnando la struttura interna di Auschwitz I e II nonché la posizione della rampa in relazione ai due campi. I fuggitivi, inoltre, descrivono il campo, la sua planimetria, i suoi impianti di sterminio, l’organizzazione interna e il servizio di sorveglianza, il sistema della numerazione dei detenuti, la vita di ogni giorno, le reazioni degli SS alle fughe dei prigionieri, le selezioni iniziali sulla banchina di arrivo (le rampe), le selezioni interne, le punizioni, le uccisioni, le

Una delle mappe dal rapporto Vrba-Wetzler.

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gassazioni. Non riescono, però, a fornire un numero esatto di vittime ma solo una stima approssimativa: 1.765.000 ebrei tra l’aprile del 1942 e l’aprile del 1944 (valutazione risultata troppo alta secondo gli ultimi studi). La relazione contiene anche bozzetti e informazioni sul layout degli interni e sulle operazioni delle camere a gas, sulla scorta delle informazioni che Vrba e Wetzler hanno ricevuto dal Sonderkommando dove hanno lavorato, ma vi sono varie imprecisioni(1). Lungi, comunque, dall’essere invalidalidabile, lae imprecisioni confermano l’autenticità del rapporto in quanto le descrizioni sono chiaramente basate su ciò che il testimoni hanno in realtà visto e sentito(2). I più completi resoconti su quanto avviene dentro al campo di Auschwitz-Birkenau, in effetti, sono ottenuti in occasioni diverse da 5 fuggitivi. Questi si sono trovati nella condizione di conoscere i meccanismi di funzionamento della vita e della morte nel campo perché 4 di essi hanno svolto funzioni amministrative (Blockschreiber) in diversi blocchi del campo e uno di loro ha ricoperto la posizione di anziano del blocco (Blockaeltester). I rapporti complessivamente sono tre: uno stilato dal Maggiore dell’esercito polacco Jerzy Tabeau, fuggito il 19 novembre 1943; uno stilato da due ebrei slovacchi, Rudolf Vrba e Alfred Wetzler, fuggiti insieme il 7 aprile 1944; un altro stilato da Arnost Rosin e Czeslaw Mordowicz, rispettivamente slovacco e polacco, fuggiti insieme il 27 maggio 1944. La relazione di Rudolf Vrba e Alfred Wetzler diventa nota come il “Protocollo di Auschwitz”. È il primo dettagliato resoconto sul meccanismo dello sterminio di massa applicato a Birkenau, luogo in precedenza quasi totalmente ignoto agli osservatori occidentali. Il proposito del rapporto è di informare il mondo occidentale ed indurlo ad intervenire. I tempi di distribuzione della relazione, tuttavia, diventano fonte di controversie. Entro la fine di aprile del 1944 il rapporto raggiungerebbe i leader delle comunità ebraiche a Bratislava e a Budapest. In Ungheria, dove dal 15 maggio sono iniziate le massicce deportazioni verso Auschwitz, il rapporto inizia a circolare solo nel giugno successivo, mentre in Slovacchia esso è subito consegnato dai due leader, il rabbino Michael Dov Weissmandel e Gisi Fleischmann, a Giuseppe Burzio, l’Incaricato d’Affari Vaticano a Bratislava. Il 20 giugno anche Vrba incontrerebbe il Legato Vaticano Monsignor Mario Martilotti al monastero Svaty Jur. Sembra che Monsignor Burzio mandi il rapporto in Vaticano il 22 maggio del 1944 ma che questo raggiunga effettivamente la destinazione per via Svizzera solo alla fine di ottobre. Un’altra copia del rapporto Vrba-Wetzler, inviato tramite la resistenza slovacca, raggiunge Jaromir Kopecki, rappresentante diplomatico del governo slovacco in esilio di stanza in Svizzera.

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(1) Jean-Claude Pressac, specialista francese sulla meccanica del delitto di massa, ha esaminato la relazione concludendo che, mentre la relazione è “poco affidabile ed anche sbagliata su alcuni punti, ha il merito di descrivere esattamente il processo di gassificazione nel tipo II / III Krematorien a partire da metà marzo 1943, mentre si compie l’errore di generalizzare le descrizioni interne ed esterne e il metodo operativo relativo ai Krematorien IV e V. (2) Gli studiosi, in effetti, concordano sul fatto che la descrizione dei crematori nel consiglio di guerra per i rifugiati contiene degli errori ma, date le condizioni alle quali le informazioni sono state ottenute, la mancanza di formazione in architettura di Vrba e Wetzlar nonché le condizioni in cui la relazione è stata redatta, sarebbe stato sospetto se non fossero presenti errori. Il Karny scrive che la relazione è un documento storico prezioso perché fornisce informazioni note solo ai detenuti, la maggior parte dei quali sono morti, tra cui, per esempio, che le forme di scarico sono state allestite per i prigionieri che furono gassati, indicando che i tassi di mortalità nel campo sono stati deliberatamente falsificati.

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Il messaggio, comunque, raggiunge il segno: Kopecki si mette subito in contatto con Fritz Ulmann, rappresentante dell’Agenzia Ebraica e con il segretario del Congresso Mondiale Ebraico Gerhart Riegner a Ginevra. Nello stesso tempo fa’ pervenire il rapporto, come richiesto da Weissmandel e Fleischmann, insieme alla loro lettera datata 22 maggio 1944, al rabbino Shoenfeld di Londra. La distruzione dell’ebraismo ungherese è ormai inesorabilmente in corso e Kopecki include nel messaggio i suggerimenti dei due leader Bratislava, giugno-luglio 1944. Vrba a dx; a sx Arnost Rosin, slovacchi: che il Foreign Office informi gli fuggito da Auschwitz il 24 maggio 1944. A centro Josef Weiss, altri governi alleati, soprattutto quelli che già funzionario del Ministero della Salute Bratislava. hanno loro cittadini rinchiusi nel campo e che indirizzi un ammonimento ai tedeschi e agli ungheresi secondo cui gli Alleati che sono nelle mani dei tedeschi avrebbero subito delle ritorsioni; che si bombardino i crematori, distinguibili dalle alte ciminiere e dalle torrette di guardia; che si bombardino le maggiori vie di comunicazione tra la Slovacchia e l’Ukraina sub-carpatica; che si usi il rapporto per una larga campagna di sensibilizzazione, senza citarne la fonte; che si rendano pubblici gli ammonimenti ai tedeschi e agli ungheresi; che si chieda al Vaticano di pronunciare una dura condanna pubblica; che il Foreign Office britannico informi il Congresso Mondiale Ebraico e l’Agenzia Ebraica di Londra(3). Il 26 maggio, Kopecki, manda un estratto del rapporto anche al governo cecoslovacco in esilio a Londra aggiungendovi la testimonianza di un terzo transfuga da Auschwitz, Jerzy Tabeau, l’ufficiale dell’esercito polacco che il 19 novembre del 1943 è riuscito ad evadere con l’assistenza della Resistenza del campo(4). Con il “Protocollo di Auschwitz”, dunque, la specificità di ciò che sta accadendo a Birkenau, la parte di Auschwitz dedicata allo sterminio, comincia ad emergere dettagliatamente in tutta la sua drammaticità ed imponenza all’attenzione generale. Appare chiaro, ad esempio, di come sia stata la costruzione di una ferrovia a dare funzionalmente un nuovo grande impulso alle camere a gas, attuando un gigantesco trasporto di massa di esseri umani. Anche se non si rende di pubblico dominio il rapporto, dunque, esso risulterebbe comunque diffuso. Lo storico israeliano Yehuda Bauer, infatti, scrive che Rudolf Kastner, un avvocato ebreo giornalista e di fatto capo degli aiuti sionisti dà una copia a Geza Soos, funzionario del ministero degli Esteri ungherese, che gestisce un gruppo di resistenza, non appena lo riceve, intorno al 28 aprile. Soos lo dà a Joszef Elias, capo di un’organizzazione missionaria protestante, e la sua segretaria Maria Szekely lo traduce in ungherese e ne prepara sei copie (anche se Vrba, invece, afferma che è già stato tradotto in ungherese da Krasniansky). Queste copie giungono a vari funzionari ungheresi. Ma i leader ebrei ungheresi, secondo Vrba, non provvederebbero a lanciare un allarme: un presunto errore che è stato a lungo dibattuto. Vrba, in effetti, sosterrà fino alla fine della sua vita che è plausibile che i dirigenti, anche se i motivi di un tale comportamento sarebbero complessi e poco chiari, temevano di mettere a repentaglio una estrema trattativa segreta con Adolf Eichmann per salvare almeno una certa quantità ebrei. Vrba sostiene, infatti, che il rapporto sia stato deliberatamente tenuto riservato al fine di non compromettere _____________________________

(3) “Destinazione Auschwitz” (cd-rom), Proedi, Milano, 2000. (4) Insieme ad un compagno di prigionia, Roman Cieliczko, è riuscito a raggiungere il Governatorato Generale. A Zakopane, Cieliczko si è congiunto con una unità partigiana, mentre Tabeau ha proseguito verso Cracovia dove è entrato in contatto con la combattente antinazista Teresa Lasocka-Estreicher. Questa, attivamente coinvolta nell’aiuto ai detenuti di Auschwitz, è in contatto con la Delegazione locale del Governo polacco in esilio a Londra. A Cracovia, in dicembre, Tabeau stende il suo rapporto su Auschwitz-Birkenau. Kopecki si mette poi in contatto, assieme a Riegner, sia con il rappresentante a Londra del War Refugee Board, sia con il Comitato della Croce Rossa Internazionale. Questa volta Kopecki è in grado di dare notizie anche delle tragiche deportazioni dall’Ungheria, iniziate il 15 maggio che il rapporto Vrba-Wetzler non da perché precedente a tale avvenimento. In effetti due altri ebrei sono riusciti a fuggire da Auschwitz il 27 maggio e hanno raggiunto la Slovacchia il 6 giugno 1944 rifacendo lo stesso percorso di Vrba e Wertzler. Sono il polacco Czeslaw Mordowicz e il cecoslovacco Arnost Rosin che producono un resoconto dei primi arrivi degli ebrei ungheresi e della loro uccisione di massa. Essi si incontrano anche con Vrba e Wetzler nel loro rifugio a Liptovsky Svaty Mikulas, ai piedi dei monti Tatra.

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un complesso, e, in definitiva, inutile negoziato tra il Comitato e Eichmann, l’ufficiale delle SS responsabile delle deportazioni degli ebrei di Ungheria, per scambiare le vite degli ebrei a fronte di denaro, 10.000 camion e altri beni: la cosiddetta trattativa “sangue per le merci”. Vrba nel suo libro sostiene che Kastner secreta i documenti e mostra il rapporto ad Eichmann chiedendogli se quanto descritto sia vero; Eichmann avrebbe negato ma, resosi conto che il contenuto del rapporto non è ancora diffuso, avrebbe accelerato le deportazioni ungheresi e, nel contempo, avrebbe emesso anche una pesante taglia sulla testa di Vrba. Rudolf Vrba ritiene, quindi, che molti dei 437.000 ebrei ungheresi inviati ad Auschwitz tra il 15 maggio e il 7 luglio 1944 avrebbero resistito o si sarebbero nascosti se avessero saputo che dovevano essere uccisi e non reinsediati. Egli, infatti, scrive: “È mia convinzione che un piccolo gruppo di persone informate, con il loro silenzio, ha privato altri della possibilità o del privilegio di prendere le proprie decisioni di fronte Rudolf Vrba nel 1946. al pericolo mortale”. Vrba scrive nelle sue memorie che, come i tedeschi stavano preparando le deportazioni di massa ad Auschwitz, le comunità ebraiche in Slovacchia e in Ungheria hanno mal riposto la loro fiducia sia nella leadership sionista che in leaders ebrei ortodossi. I nazisti erano consapevoli di questo è, perciò, hanno attirato i membri della comunità in diversi negoziati, presumibilmente progettati per condurre al rilascio di alcuni, o anche la maggior parte degli ebrei, ma probabilmente considerati dai nazisti esclusivamente quale stratagemma per rasserenare la leadership ebraica e non diffondere il panico. In effetti, il primo incontro di Kastner con Eichmann si svolge il 25 aprile 1944 e tre giorni dopo, il 28 aprile, il primo convoglio di ebrei ungheresi parte per Auschwitz; si può credere, dunque, che abbia già ricevuto una copia del rapporto Vrba-Wetzler, e, quand’anche, non in tedesco ma già tradotto in ungherese? La maggior parte degli storici dell’Olocausto è in disaccordo con l’interpretazione sostenuta da Vrba circa le azioni riprovevoli della leadership slovacca e ungherese ebraica. L’autorevole storico israeliano Yehuda Bauer, ad esempio, confuta scrivendo che quando è stato redatto il rapporto era, comunque, già troppo tardi per qualsiasi azione in grado di influenzare i piani di deportazione dei nazisti Bauer mette in guardia sulla necessità di distinguere tra la ricezione di informazioni e la loro “internazionalizzazione”, sostenendo che questo è un processo complicato; d’altro canto, poi, riflette sul fatto che “durante l’Olocausto, innumerevoli persone hanno ricevuto informazioni e le hanno respinte, soppresse o razionalizzate, sono stati nella disperazione, senza possibilità di agire su di esse, o apparentemente hanno interiorizzato e poi si comportavano come se non le avevano mai ricevute”. Il 6 giugno 1944, il giorno della sbarco in Normandia o D-Day, altri due internati ad Auschwitz, Arnost Rosin e Czeslaw Mordowicz, arrivano a Zilina, riferendo di treni stracolmi di ebrei ungheresi che sono stati massacrati. Nel frattempo un’altra edizione del rapporto, abbreviata e in inglese, è inviata il 19 giugno da Moshe Kraus dell’Ufficio palestinese a Budapest, completo del racconto delle deportazioni dall’Ungheria, e raggiunge la Svizzera. Essa conteiene la notizia che più di 430.000 ebrei sono stati deportati dall’Ungheria verso Birkenau. Il rapporto arriva sotto gli occhi del giornalista inglese Walter Garrett e da questo momento vari servizi sono diffusi attraverso Radio Londra e vari articoli sul genocidio in atto ad Auschwitz appaiono sulla stampa inglese e svizzera. Il rapporto, poi, è inviato alla fine di giugno personalmente da Kopecki a Londra al Presidente della Repubblica cecoslovacca in esilio Edvard Benes, che però ne era già al corrente(5). _____________________________

(5) “Destinazione Auschwitz”, ibid.

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Leader mondiali, tra cui Papa Pio XII, il Presidente americano Franklin Delano Roosevelt e il re di Svezia fanno appello all’ammiraglio Miklós Horthy, nazionalista ungherese e antisemita, per fermare le deportazioni. Il 26 giugno Richard Lichtheim, membro della Agenzia Ebraica a Ginevra, invia un telegramma in Inghilterra invitando gli alleati a considerare i membri del governo ungherese personalmente responsabili per le uccisioni. Il 7 luglio, è ordinata la fine delle deportazioni, avvenuta due giorni dopo. Lo storico T.L. Sakmyster scrive che la paura di essere processati per crimini di guerra non è stata l’unica ragione per cui Horthy ha fermato le deportazioni, anzi, prima ancora di leggere la relazione Vrba-Wetzler, Horthy aveva presumibilmente respinto le voci su Auschwitz come “esagerazione ebraica”. Alla lettura del rapporto Horthy è imbarazzato ma, soprattutto, si persuade che la Germania avrebbe perso la guerra e, quindi, convoca Edmund Veesenmayer, rappresentante ungherese nazista poi condannato come criminale di guerra, al Palazzo Reale e gli ordina una riduzione del Vrba nel 1960. personale di Eichmann in Ungheria protestando nel contempo perché la Germania ha violato la sovranità dell’Ungheria. Horthy resiste alle minacce di Hitler ed oltre 200.000 ebrei sono risparmiati dalla deportazione ad Auschwitz. Gli ebrei, tuutavia, continuato ad essere espulsi, anche se in numero minore, dopo la caduta del governo Horthy e la sua sostituzione il 15 ottobre del 1944 con il fascista pro-nazisti Arrow Cross Party. Nel mese di novembre, Eichmann organizza per decine di migliaia di ebrei una marcia a piedi di 200 km da Budapest a Vienna, senza cibo, sotto la pioggia e la neve. Alla fine, le proteste da parte di Paesi neutrali e, secondo quanto riferito da altri ufficiali delle SS, per intervento diretto del capo delle SS Heinrich Himmler ad Eichmann è ordinato di fermare le marce. In questo periodo, però, il coinvolgimento del diplomatico svedese, svizzero, spagnolo, portoghese delle ambasciate a Budapest, come pure quella del Nunzio Apostolico del Vaticano, proteggono decine di migliaia di ebrei della città dalla deportazione. La delegazione svedese con Raoul Wallenberg, ad esempio, salva 70.000 ebrei fino all’arrivo dell’Armata Rossa a Budapest nel mese di gennaio 1945. Successivamente i rapporti sono inviati al governo degli Stati Uniti ed alla Croce Rossa Internazionale. In effetti, i rapporti danno origine ad una relazione pubblicata a Washington a cura dell’Executive Office of the President del War Refugee Board nel novembre del 1944 in 59 pagine (Doc. NO 022-L). Contemporaneamente il rapporto è pubblicato anche in Svizzera in due diverse versioni, una dal titolo “L’extermination des Juifs en Pologne. Depositions et temoins oculaires” pubblicata a Ginevra, l’altra dal titolo “Souvenirs de la maison des morts. Le massacre des Juifs” in 76 pagine senza data e senza luogo di edizione ma di sicura origine svizzera. La stampa americana, dunque, prende coscienza del contenuto dei rapporti dei 5 fuggitivi di Auschwitz solo sette mesi dopo la loro estensione. Dopo la pubblicazione del War Refugee Board, il New York Times ne pubblica un ampio estratto: troppo tardi perché la commozione dell’opinione pubblica possa influenzare le decisioni alleate di non bombardare Auschwitz e salvare gli ebrei ungheresi(6). Ormai, la deportazione degli ebrei ungheresi ad Auschwitz procede ad un tasso di 12.000 unità al giorno e “già 200.000 di quelli che avevo cercato di salvare erano morti” scrive a tal proposito il Dott. Vrba: ma, alla fine, il totale dei morti sarebbe risultato adddirittura più del doppio! Gli allarmi lanciati dai fuggitivi, tuttavia, riescono indirettamente a salvare un numero ancora enorme ebrei, almeno 100.000 secondo alcune stime, come, ad esempio, nel caso delle pressioni esercitate dagli Alleati che hanno spinto il reggente di Ungheria ammiraglio Miklos Horthy ad arrestare le deportazioni nel luglio 1944. _____________________________

(6) “Destinazione Auschwitz”, ibid.

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Quando parti del rapporto diventano note nell’estate del 1944, il governo degli Stati Uniti le riconosce e le approva qualificandole come “rispondenti al vero”. Tuttavia, né il nome di Vrba né quello di Wetzler né del Maggiore dell’esercito polacco, le cui informazioni sono state successivamente aggiunte al Protocollo finale, sono resi pubblici, al fine di tutelarne la sicurezza. E, in effetti, molti libri di storia ancora omettono i loro nomi, benché lo stesso documento “Protocollo di Auschwitz” sia stato autorevolmente al centro di molte discussioni inerenti l’Olocausto e, soprattutto, sia stato utilizzato quale prova al processo di Norimberga, celebrato nell’immediato dopoguerra contro i criminali nazisti. Il 29 agosto 1944, l’esercito slovacco si ribella ai nazisti: entrambi i fuggiaschi Vrba e Wetzler, rifugiati in Slovacchia, si uniscono ai partigiani che salutano la liberazione come combattenti armati. Vrba combatte come mitragliere in una Rudolf e Robin Vrba al loro matrimonio nel 1975. unità comandata da Milano Uher. Riceve, poi, la Medaglia al valor militare cecoslovacco, l’Ordine di insurrezione nazionale slovacca e l’Ordine di Meritorious Fighter. Dopo la liberazione della Cecoslovacchia legalizza il suo nuovo nome Rudolf Vrba. Dopo la guerra Vrba si trasferisce a Praga nel 1945 dove consegue alla Technical University nel 1949 la laurea di Tech. Sc. in Chimica e biologia discutendo una tesi sul metabolismo dell’acido butirrico. Nel 1951 consegue il Dottorato di Ricerca in Farmacologia e successivamente effettua ricerche postdottorato presso l’Accademia delle Scienze cecoslovacca, conseguendo nel 1956 il relativo titolo. Secondo gli amici, Vrba è inizialmente un convinto sostenitore del partito comunista, che lo aveva aiutato nella fuga da Auschwitz e per i quali aveva combattuto con i partigiani cechi; tuttavia, le purghe staliniane anti-semite in Cecoslovacchia, conclusesi con il processo al segretario del partito comunista cecoslovacco Rudolph Slansky, lo spingono a desiderare di emigrare. Nel 1958 Vrba riceve un invito a presentare una conferenza internazionale in Israele al Weizmann Institute of Science di Rehovot ed utilizza il soggiorno in Israele in qualità di membro della delegazione scientifica per lasciare la Cecoslovacchia comunista. in Israele lavora presso il Ministero dell’Agricoltura. L’11 maggio 1960, l’SS Obersturmbannführer Adolf Eichmann è catturato dal Servizio segreto israeliao Mossad a Buenos Aires e condotto a Gerusalemme per essere processato. Vrba presenta una dichiarazione nelle prove contro Eichmann ed il rapporto Vrba-Wetzler è discusso ma Vrba non è assunto come testimone. Nel contempo, però, Vrba si convince di non poter continuare a vivere in Israele in quanto, secondo lui, gli stessi uomini che avrebbero tradito la comunità ebraica in Ungheria sarebbero in posizioni di potere nel Paese. Così decide di trasferirsi in Inghilterra nel 1960, diventando cittadino britannico nel 1966: lavora per due anni nel Neuropsychiatric Research Unit in Carshalton, Surrey, e sette anni per il British Medical Research Council. Vrba, poi, si trasferisce in Canada dove lavora presso il Medical Research Council dal 1967 al 1973, diventa cittadino canadese nel 1972 e, infine, va negli Stati Uniti d’America ad insegnare presso la Harvard Medical School.

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Rudolf Vrba scrive, poi, in collaborazione con A. Bestic, la sua storia, o meglio, la sua autobiografia, in un libro sulle sue memorie personali di Auschwitz dal titolo “Fuga da Auschwitz: io non posso perdonare” (Londra, Inghilterra, 1963, e New York, 1964) che esce in diverse altre edizioni, tra cui quella in tedesco (Monaco 1964 e /o 1999), in francese (Parigi 1988), in finnico (Kempen, 1996) e in ceco (Praga, 1998). Di grande importanza è il suo scritto in cui illustra dettagliatamente gli schemi delle camere a gas e dei forni crematori. Con notevole precisione, acquisita sul campo in posti di lavoro che gli hanno consentito l’accesso a vari angoli inusuali e più segreti di Auschwitz, comprese le camere a gas, il Prof. Vrba divulga dettagliatamente la verità sconosciuta su questo campo di concentramento dove si attua un’imponente sterminio di massa. Sposa Gerta Vrbová e nel 1975 in seconde nozze Robin Vrba Ha 2 bambini: Dr. Helena Vrbová (1952) e Zuza Vrbová Jackson (1954). Dopo vari posti ricoperti in qualità di Ricercatore Farmacologo, distinguendosi in Israele, Gran Bretagna, Stati Uniti e in Canada e scrivendo su decine di riviste scientifiche e giornali, diventa nel 1976 Professore associato di Farmacologia presso l’Università della British Columbia di Vancouver in Canada, incarico che detiene fino all’inizio del 1990, specializzandosi, poi, anche in Neurologia. È noto a livello internazionale come autore di oltre cinquanta articoli scientifici sulla chimica del cervello e anche per la sua ricerca nel campo del diabete e del cancro. La sua influenza, inoltre, aumenta in modo rilevante dopo essere apparso nel documentario intitolato “Shoah” realizzato da Claude Lanzmann nel 1985. Colpito dall’eroismo di Vrba, lo storico inglese Sir Martin Gilbert sostiene una campagna nel 1992 per fargli conferire l’Ordine del Canada e sollecita con lettere molti personaggi di spicco canadesi, ma senza successo. Nel 1998 Ruth Linn, dell’Università di Haifa, traduce in ebraico il libro di Vrba e poi l’Università di Haifa gli conferisce una laurea honoris causa in Filosofia in riconoscimento della sua fuga eroica e del suo contributo pedagogico sull’Olocausto. Dal 1999 si presta annualmente per la One World internazional film festival sui diritti umani nella Repubblica Ceca, creato da Mary Robinson e Vaclav Havel, per il conferimento di un “Rudolf Vrba Award” nella categoria “per il diritto a sapere”, conferito ad un film documentario che informi la società su un rilevante problema sconosciuto o taciuto. Nel 2001 Vrba è criticato in una serie di articoli a cura di un gruppo di leader storici israeliani con legami con la comunità slovacche, tra cui Yehuda Bauer, Hanna Yablonka, Gila Fatran e Livia Rothkirchen. L’introduzione di Giora Amir si riferisce ai sostenitori della tesi collaborazionista del Consiglio degli ebrei slovacchi con i nazisti, definendoli “un mucchio di schernitori e pseudostorici...” Amir scrive che alle accuse “prive di fondamento” è stato dato un certo credito quando l’Università di Haifa ha conferito la laurea honoris causa alla “testa di questi schernitori, Vrba”. Amir, riferendosi aVrba, prosegue affermando che: “l’eroismo di questa persona, insieme al compianto Alfréd Wetzler, tra i primi a fuggire da Auschwitz, è fuor di dubbio; Vrba nel 1997. ma il fatto che, in quanto prigioniero di

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Auschwitz dotato di eroismo personale, abbia incoronato se stesso come competente a giudicare tutti coloro che partecipano al nobile lavoro di soccorso e li accusi falsamente, turba profondamente la comunità ceca”. Bauer, dal canto suo, definisce memorie quelle di Vrba, sostenendo che esse “contengono stralci di conversazioni di cui non vi è alcuna possibilità di accuratezza” e elementi che non corrispondono necessariamente alla realtà. Bauer, in effetti, sostiene che “tutto quello che racconta se stesso e le sue azioni ... non è solo la verità, benché ciò che scrive sia un documento di notevole valore storico” e prosegue affermando: “Ho ammirato Vrba, con vera ammirazione, anche se mescolata con la resistenza al suo pensiero storico, in cui egli ritiene di essere un esperto”. Da parte sua, infine, Vrba spesso respinge il parere degli storici dell’Olocausto dichiarando, ad esempio, che Hilberg e Bauer “semplicemente non sanno di cosa stanno parlando (…) e non conoscono a sufficienza la storia di Auschwitz o le Einsatzgruppen”. Nel 2004 Vrba aiuta il “Memorial and Museum Auschwitz-Birkenau” nei lavori per la commemorazione di un luogo in cui aveva lavorato per qualche tempo, il cosiddetto Judenrampe: tratto diretto di strada ferrata tra Auschwitz e Birkenau, dove i nazisti inviavano durante la guerra i treni pieni di gente deportata ad Auschwitz(7). Il Museo di Auschwitz-Birkenau, ha pubblicato il rapporto Vrba-Wetzler in polacco, inglese e tedesco dal titolo “Relazioni di evasi dal campo di concentramento di Auschwitz”, con un’introduzione di Henrk Świebocki del Dipartimento di Ricerca storica del Museo dal titolo “Auschwitz - Il mondo conosce la verità sul campo durante la guerra?”. Il Prof. Vrba ha dichiarato di aver dedicato il 95 per cento del suo tempo alla scienza e il 5 per cento all’Olocausto ma, in entrambi i casi, spingendosi al di là dei fatti verso coinvolgimenti in eventi di ben più grande portata. Nel 1998, inoltre, afferma al Jerusalem Post che si riconosce persino in grado di comprendere le motivazioni di talune persone che avazano dubbi circa le vere dimensioni della Shoah, giacché in essi praticamente non vi è traccia alcuna di una diretta esperienza lontanamente paragonabile a quell’immane tragedia. Muore ad 81 anni il 27 marzo 2006 in un ospedale di Vancouver, in British Columbia, di cancro (secondo quanto riferito dalla moglie). Oltre alla seconda moglie Robin, lascia la figlia Zuza Vrbova Jackson di Cambridge, in Inghilterra, e due nipoti.

Raimondo Villano Via Maresca, 12 80058 Torre Annunziata (Na) farmavillano@gmail.com

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(7) Fonte: website del “Memorial and Museum Auschwitz-Birkenau” (21 aprile 2006).

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Abstract IT Rosenberg/Vrba, deportato ad Auschwitz, riesuma cadaveri ebrei per l’incenerimento e raccoglie dai nuovi arrivati beni spediti poi in Germania. A Birkenau calcola quanti vivono e quanti sono uccisi, osservando i camion diretti alle camere a gas. Le notizie sull’Olocausto non filtrano ancora. Nel 1944 fugge e con notabili ebrei clandestini stende un rapporto noto come “Protocollo di Auschwitz”, primo resoconto sullo sterminio di massa, esaminato anche al processo di Norimberga. I tempi di distribuzione del rapporto sono controversi; accusa di omissione i leader ebrei ungheresi ma è smentito dagli storici. Il rapporto, in effetti, lanciando un circostanziato allarme indirettamente salva molte vite. Dopo la guerra è Farmacologo all’Accademia delle Scienze di Praga, poi in Israele, Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada, scrive su riviste, diventa Professore di Farmacologia, si distingue in ricerche sul diabete e sul cancro, scrive un libro di sue memorie personali su Auschwitz tradotto in più lingue, ha ruoli pubblici correlati agli eventi bellici ma è criticato dagli storici per alcune sue tesi e per il metodo analitico su vari eventi.

Abstract EN Rosenberg / Vrba, deported to Auschwitz, Jews resurrect scorpses for incineration and collects the goods dispatched, then newly arrived in Germany. At Birkenau calculate how many live and how many are killed, watching the trucks directly to the gas chambers. The news of the Holocaust still do not filter. In 1944 the Jewish leaders, clandestine escapes and extends a relationship known as “Auschwitz Protocol”, on the first report of mass destruction, also looked at the Nuremberg trials. The time distribution of the report are controversial; charges of failure to Hungarian Jewish leaders but is denied by historians. The report, in fact, launching a detailed alarm indirectly save many lives. After the war he Pharmacologist Academy of Sciences in Prague, then in Israel, Great Britain, the United States and Canada, and writes for magazines, becoming Professor of Pharmacology, is distinguished in research on diabetes and cancer, wrote a book ofhis memoirs personal Auschwitz translated into several languages, has public roles related to the war but criticized by historians for some of his theses and the analytical method on various events.

Bibliografia essenziale Rudolf Vrba, “Fuga da Auschwitz: io non posso perdonare”, Loening, Monaco di Baviera, 1964; Martin Gilbert, Auschwitz e gli Alleati, Rinehart e Winston, New York, 1981; Encyclopedia of the Holocaust, Il rapporto Vrba Wetzler, volume I, , Israel Gutman, editor in Chief, C. 1990, Macmillan Publishing Co. (New York), ISBN 0-02-896090-4; Henryk Swiebocki (Hg.), Londra informata, 1997, ISBN 83-85047-64-6. (contenente, tra l’altro il rapporto Vrba Wetzler completo con note dell’editore); Rudolf Vrba, Quando il Canada era in Auschwitz, Piper, Monaco di Baviera 1999; Ruth Linn, Genocidio e politica del ricordo: il senza nome e gli eroi dell’Olocausto, Journal of Genocide Research 5 (2003) 565; Ruth Linn: Fuggire Auschwitz. Una cultura di dimenticare, Cornell University Press, 2004.

Articoli essenziali Douglas Martin, “Rudolf Vrba, 81, Auschwitz Witness, Dies”, The New York Times, Europe, publ. 7 aprile 2006;

Multimedia essenziali “Destinazione Auschwitz” (cd-rom), Proedi, Milano, 2000.

Web-links essenziali Rudolf Vrba: Curriculum Vitae (www.pharmacology.ubc.ca/vrba/VrbaCV.pdf); Wolf Oschliess: Rudolf Vrba, rifugiato da Auschwitz, testimone dell’Olocausto e procuratore. (Basato su un colloquio con il Deutschlandfunk, Colonia, 27 gennaio 1996). www.shoa.de/content/view/108/202/; Ruth Linn, Obituary Rudolf Vrba, The Guardian, www.guardian.co.uk/secondworldwar/story/0. 1752845.00.html; Website “Memorial and Museum Auschwitz-Birkenau”; www.nytimes.com/2006/04/07/world/europe/07vrba.html; www.economy-point.org/r/rudolf-vrba.html.

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