Opera prima angle mort fausto urru

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Fausto Urru

Angle mort

Opera Prima 2014



Autore Fausto Urru Titolo Angle mort Anno 2014 A cura di Poesia 2.0 Copertina adattamento di una scultura di Roberto Almagno Questo e-book rappresenta una delle cinque raccolte poetiche risultate finaliste alla edizione 2014 del progetto editoriale Opera Prima, ideato da Ida Travi e diretto da Flavio Ermini. Il presente documento è da intendersi a scopo illustrativo e senza fini di lucro. Tutti i diritti riservati all’autore.

2013



Fausto Urru Angle mort Opera Prima 2014



D'un verso l'obolo sottrarre dalle bocche nostre di ghiaccio, dalle nostre annichilite membra scostare a pena un lembo del sudario quotidiano.



ANGLE MORT / DISSOLVENZE

Faute de soleil, sache m没rir dans la glace. HENRI MICHAUX



Ma quale erma torre di avorio, fonde forre son questi ottenebrati grembi e cavi cuori – ricco sostrato d'io – da cui umore e suono sghembi si avvitano al midollo, si depositano miei al fondo mio.


Albeggia. Si rannicchia dentro rugiade la sudamina dei secoli, riscaldano pregresse conseguenze, dÊjà vu. Precluso par lo sguardo virginale per quanto l'alba turgida suggella in ogni dove virando al rossastro la perdita dell'innocenza, il predominio dell'orario. Sorgere è qui risorgere con l'habitus di sottintesi intessenti il sudario.


Penuria di inchiostri, di calamai e di piume da intingere. Ma quanti i curvi scriba a schiere irrequieti per un verbo, uno solo e tardivo. Ăˆ futuro remoto. Qui topico è il condizionale, è ubiquo imperativo.


Vibrar tu vuoi per simpatia capitale; in sordina, poco su poco colmare parvenze di vita, tentare. Ma riavrai il tuo suono venuto meno. E tonfo tuo postremo sarĂ incompiuta sinfonia. Tu pur siccome corpo cadrai, giĂ stai cadendo.


Su monoblocchi immacolati alla deriva non si ode la catartica battigia. Il cuore lì lascivo, lì come una medusa esausto evapora sul limine del mare. Ondìvago qui esser per difetto, perché solo in franchigia in fine palmo a palmo rinvenire?


Le vide, cette matière de la possibilité d'être ! GASTON BACHELARD

Laddove i passi più passi non sono, fra tanto liquida esistenza, un grumo che i sé condensi e dia misura dei flussi, dei riflussi, un lento coagularsi – sede – sia dentro l'entropia del corpo. Non si chieda all'orma vizza dell'affondo un orizzonte che non sia ma al solco etereo del rilascio al suo vacuo facondo.


Così eravamo noi quella notte; ci siamo poi inerpicati sui fianchi delle colline, tra gli sterpi che erano morti e la loro morte pareva viva, abbiamo varcato frutteti ed alberi carichi di amarene, e siamo giunti sopra un'alta cima. Di là chiaramente si videro due riflettori lontanissimi e feroci, occhi meccanici a cui non era dato sfuggire, e allora un terrore d'essere scoperti ci prese, mentre abbaiavano cani, e ci parve d'esser colpevoli, e fuggivamo sul dorso, cresta della collina.” PIER PAOLO PASOLINI

Luce soverchia e me errabondo e il passo mio. Esistere sottende più riverenze dinnanzi al sipario e dentro il più labile accenno la docile resa finanche del corpo. A te disvelo il mio peccato originario.



ANGLE MORT / RISORGENZE

L'Art est une blessure qui devient lumière. GEORGE BRAQUE



IMAGO Si incrini l'equilibrio, si rigonfi del collo lunga prima vena, si dilati lo spazio antistante e ceda all'urlo, ceda al punctum. Crolli subitanea la struttura che anima rattiene e ceda pure lei, scivoli in basso molle ventre e il capo si cinga con le serpi di cui abbonda. Indi con mille occhi scruti – medusa – pietrifichi desnudo a colpi di pupilla il mondo. Si allunghi io mondo si distenda: ab ovo inizi o dalla fine.


Ogni creatura umana cova disarmonie da requiem, cela ed invano il suo lumacare lo strascico di bave e di comete e tace. Io vado e vado a fondo e dentro al costato mi scopro atrio facondo e invitta rampa di Escher che preme sul torace, mi spero labirinto in fieri, non la sterile spirale. Al bando il bandolo della matassa, il cieco seguitare!


Si avvampa di inopinata fiamma la crassa patina del giorno indi la stanza disadorna satura quale polmone intabaccato. Ed io come diaframma di accanito fumatore a vuotare il pieno, a tentare.


Sì poco basta, un interstizio infinitesimale ma ampio abbastanza. E discioglie la mia cera rappresa, ove d'altri in calco le ditate rivelano l'esatta summa delle precorse sottrazioni. Il meno gesto è già un eccedere di luce spuria – scarto da cui bisogna partire.


A fatica la tela del corpo mio corpus conquista le due dimensioni. Quando breve la discontinua grazia di una terza è l'attimo in cui preme un'altra luce come un maglio, inarca le rifuggenti trame, si fa taglio. Dipoi chi piomba dentro l'hic et nunc del primo stato, chi dilegua nell'abbaglio?


In chiuso intorno io doppio bulbo oculare germoglio. E tempo incunea le ore fra le trame del dorso, brina (è spazio percorribile da fermo). Il nostro contenderci a vicenda è sempre a somma zero.


Mon corps, topie impitoyable. MICHEL FOUCAULT

Io, spietata topia otre colma di liquidi ricordi, altri ricordi dai passati a strati accogli e cori aviti e soliloqui (pazienti caldo siero instillano e aspre voci a te stranieri e pianti lunghi secoli). Io, dardo teso a un arco spazio-atemporale, quando scocchi il tempo schiudi e odori dal suo scrigno la fitta polvere, la vita.


Su bambagia di piume acuminate, su irto mollume di squame... Da quale nido di serpe o di colomba estrarre a nuda mano l'esizio conclamato tiepido ancora, ovale?


Il punto auspicio di parola, lauto pre-lògos di ghiaccio brunito e ablata lingua sino a fronte, il punto sorgente.



ANGLE MORT / TRE DISTOPIE



Aperte porte come lunghe bocche e quante lingue schioccanti sull'uscio se bave di sapone di altro tempo a fiotti esalano il suo odore. Per troppo sonno che mi sconca o troppa vita addentro fra i declivi di selciati a capofitto scivolo simbionte ridivengo tra scenari.


LIEUX DE MÉMOIRE Si ingombra l’orizzonte di saturi sguardi sepolti. Sussulta il vento su palpebre a pena dischiuse, su immote ciglia dove arida terra si aggruma vermiglia. Dal fondovalle il silenzio smisurato scompiglia il volo di una nottola smarrita.


AL JALEO DI ES CASTELL Atopico pare l'umano corteo di vacillanti vocaboli usciti da altro secolo a chi col dito suo prediletto ricopre la riga che non ha scritto e più non sa dal breviario sgualcito leggerne il passo del giorno di festa. Se prosa fu quella ancor prosa è pur se in pagine spaiate, in ritagli da cui falbo un discorso trapela, in esuli pensier dirama, e primizie e retaggi di una bocca babelica schiusa così lontana da me, così a me vicina che sentirne posso del suo respiro l'affanno se assidua gioventù con sgorbia improvvida e brutale la credenza intacca dei suoi padri la annacqua quale ghiaccio a mollo in avida pomada.



ANGLE MORT / FLÂNERIES



PRAGA alla memoria di A. M. Ripellino

Di muri sbrecciati e slavati sassi divelti, tra grovigli di scuri cavi al vento il fiato caldo e greve e bisbigli di passi: mute grida di chi teme che il nulla oltre a questa morte che si rinnova ci sia.


DIE GROSSTADT Senza l'involucro di pelle dura avvezza agli urti ci disfaremmo fra lunghe trafile di viali che agli angoli la miseria appuntisce. Come dei polpastrelli incalliti eseguiamo la stessa aria, da lustri. Se cambia la partizione l'accento del passo mai varia.


MOSTAR Quale ritorta legge del taglione, inalbera ogni punto di sutura un plastico invito all'oblĂŹo. Il selciato che sa, supino inarca il dorso. Non a ferita con ferita, non alla morte, Mostar, si risponda con altra malcelata morte.


CAGLIARI Solo i piani inclinati di Cagliari lambita dall'autunno e le sparute biglie in carne ed ossa e qualche perla appesantita a compiacersi nel suo regno di albagĂŹa. Ăˆ umano errare ma non sempre in balĂŹa di troppo umano moto inerziale.


ANGLE MORT / SEMI DI GINESTRA A mia sorella R.

Filamentosi addii da corpo a corpi sparsi e soli in quell'attimo di buio che ci investe e ci cancella, noi giĂ mezzo lisi sbavati fogli, se di vento un filo adagia presagi di odorose e morte foglie sul nostro pallore che tutto avvampa. L'eco di ogni tua parola come forbice recide di palpebre congiunte come mani in preghiera i punti di sutura. E s'alza polverosa bruma, ricade.


Da tergo hanno sottratto al bargiglio la voce e stinto le chiome dell'alba; han limato le asperitĂ dattorno ben colmato le conche ed asciugato i piĂš reconditi palati, le piĂš dolci pupille, lasciando freschi semi di ginestra fra le orme ingravidati e le formiche.


A ME STESSO Siamo due abissi: un pozzo che fissa il Cielo. BERNANDO SOARES

Lascia le quattro care mura barcollanti al buio che fuori scolora i prismi sghembi dell'artificio. Lascia il solito conclave della materia abiotica dattorno balbettare a stento il giorno solo, il giorno in cui siamo. Lascia che ĂŹmpeti di pioggia impudica si attardino invano a colmare l'orbo pozzo abissale tu orante orbo corpo.


Cumuli di carbone sopra l'ardesia immacolata di un cielo qui cosparso di argentico sale. SĂŹ preme financo l'aria il corpo nostro, latente. Le risa sĂŹ dense d'ombra, in preda ad un bagliore cupo, son tacita, dismesica armonia.


Per quanto io agiti le braccia ed alzi la mia flebile voce che si scorda e sforzi compia per me immani, a pena quest'aria smuovo impia e viscosa. Se aperta da un lauto saluto si rinserra inalterabile sostanza senza capo nÊ coda. Non sprigiona alcuno effetto papillon (potesse almeno) l'io larva intabarrata e non precorre e non è causa.


Esaurita ogni spinta centrifuga, si affonda – sedimento o fondame – addentro scabri involucri di otri sature d'amara mistura, di pellame ora avvezzo al cedimento. Nell'imperante albescenza dell'ineffabile dattorno la mia confitta lingua d'ombra oscilla dalle fronde albumose di un pioppo riboccante ed ai padiglioni avvizziti sola converge una polacca di Chopin.



Fausto Urru nasce in Sardegna, a Oristano, nel 1983. Infanzia sino alla prima media a Cuglieri, adolescenza a Samugheo. Conseguito il diploma di maturità scientifica, si trasferisce a Bologna per gli studi universitari e si iscrive alla Facoltà di Scienze Politiche. Nel 2005 consegue il Diploma di Laurea triennale in Relazioni internazionali dopo un soggiorno di studi all'Institut d'Études Politiques di Bordeaux, città dove si rivela la sua passione per la fotografia. Quindi si installa a Bruxelles. Parallelamente al corso di Laurea Specialistica in Cooperazione internazionale, frequenta il corso di Fotografia presso l'École Supérieure des Arts de l'Image “le 75”. Nel 2008 consegue la Laurea magistrale in Cooperazione internazionale alla Facoltà di Conservazione dei Beni culturali di Bologna, sede di Ravenna, con una tesi sulla produzione dello spazio sociale nella capitale belga. L'anno seguente termina la Laurea in Fotografia. Assistente di Éric Dessert nel 2009 a Lyon, si trasferisce a Parigi nel 2010 dove attualmente lavora come fotografo indipendente.




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