COVER ESTATE 2010

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polo | fotografia | vela surf | canyoning nordic walking | abu dhabi sardegna | bardonecchia lago di garda | style

estate 10 | numero 02



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Mercedes-Benz è un marchio Daimler.

PACCHETTO SPORTIVO

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si merita un brivido copilota, ma ti lascia libero il sedile vuoi basta chiederlo Per non perdere mai posizioni.

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Robby Naish, Hokua 9’3”, Pohnpei/Micronesia photo: E.Aeder

17’0” 14’0”JavelIn 14’0” 1/8 1/4 1/4 3/4

x 263/4” x 53/4”

321L

x 26 ” x 6 ”

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12’0”

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14’0”aSt 12’0”aSt x 271/4” x 53/4”

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GlIde series FlatWater CruISInG and raCInG With the naish Glide series, you’ll never look at flat water the same way again. everything from recreational paddling, fitness training to competitive racing, the Glide range sets a new standard in SuP. You’ll also look at windy days with a whole new sense of stoke by taking a downwind cruise every chance you get.

x 293/4” x 51/4”

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10’5”

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210L

x 32” x 43/4”

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Manaseries InStant Fun

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7’9”

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Mana series boards are wide, short and stable. Stand-up paddling and catching waves has never been easier. these compact shapes offer great “throw-around” handling and outstanding stability. this range was designed for those who simply want to get out and have fun.

Please use respect and common sense when surfing an SUP. Just because you could catch every wave doesn’t mean you should. No one likes a wave hog. Have respect, and don’t be a kook!


tHe World’S MoSt CoMPlete Stand uP ranGe

naISHSuP.CoM

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naluseries Fun and PerForManCe

longboard style SuP’s that are easy to ride and offer outstanding performance in a wide range of conditions. the nalu series is the ideal choice for first time paddlers, flatwater cruisers, small wave surfers, and high performance wave riders. distribuito da: action to Sport Srl, info@action2sport.com, T: 0185-264754, F: 0185-261231

9’0”

x 261/4” x 4”

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7” 8” 9.5” Carbon GlaSS

11’6” Gun 9’6” x 28 ” x 4 ” 1/4

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8” 9.5” 9.5” 8” Carbon Carbon Carbon kevlar Wood

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x 261/8” x 33/4”

95L

Hokua series real SuP SHortboardS the Hokua series combines shortboard surfing characteristics with the cutting edge performance of modern SuP design. these boards excel at pumping down the line, tail slides and massive carving turns. Yet, they provide float and glide to maximize your ride. the Hokua series is targeted for more experienced riders than the nalu series.


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Photo: P. M. Libertini / OP

movimento | le mille anime del jazz | i libri consigliati | Sardegna - Roma | Bardonecchia | outdoor photographer | stagione velica 2010 | Giulia Monego | torrentismo | the island | rockshow 2.0 | nordic walking | Abu Dhabi | Gallura | Lago di Garda | fashion & shopping | birdwatching a Comacchio |

SOMMARIO

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EDITORIALE MUSICA LIBRI POLO BICI FOTO YCCS TRIP CANYONING SURF TRIP SPORT GPS TURISMO DI CHARME TURISMO DI CHARME STYLE EVENTI

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WWW.PROTEST.EU CALIFORNIA SPORTS TEL: 011 - 9277943 WWW.CALIFORNIASPORT.IT WWW.PROTEST.IT 10


Foto di copertina: courtesy Puma

Cover

Bieffenautica srl Divisione Editoriale Via Sacra di San Michele 134/136 10040 - Rivalta di Torino (TO) T 011 901 9057 / 58 F 011 901 9121

Direttore Editoriale Direttore Responsabile Progetto editoriale e grafico Coordinamento grafico Coordinamento redazionale

Roberto Facello rfacello@bieffenautica.com Paolo Meitre Libertini info@coverfreepress.com outdoor project outdoorproject@libero.it Guillermo Vincenti / info@grafichevincenti.it Paola Perazzo info@coverfreepress.com

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Ufficio traffico Hanno collaborato

Fotografie

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Registrazione Prezzo di copertina La redazione di COVER accoglie ogni contributo artistico, fotografico ed editoriale. Testi, fotografie, materiali ricevuti e non espressamente richiesti, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. è vietata la riproduzione anche parziale di testi e foto, senza il consenso scritto dell’editore. Punti di distribuzione e abbonamenti consultabili su: www.coverfreepress.com

Cristina Bersani, Mario Piras (mpiras@bieffenautica.com) C. Brena, P. Dellasega, A.Maiorano, P. Perazzo, Polo Gold Cup, C. Roccati, E. Roncalli, Yacht Club Costa Smeralda J. Chin, P. M. Libertini/OP, Polo Gold Cup/Tony Ramirez, M. Piras/OP, Yacht Club Costa Smeralda, SALEWA/Xandi Kreuzeder, photomaio.com, Scuola Italiana Nordic Walking L’Artistica Savigliano Via Togliatti 44 12038 Savigliano (CN) Iscrizione al Tribunale di Torino n° 59 del 29/10/2009 Iscrizione ROC n° 18235 Gratuito



editoriale

movimento Estate Ancora non si è sciolta la neve sulle nostre montagne e già mi ritrovo a scrivere un editoriale che parla di sole, di mare e di estate. Con l’arrivo della bella stagione, ci arrivano proposte di ogni genere. Nuove tendenze come il nordic walking, una tecnica di camminata nordica che deriva dallo sci di fondo e che garantisce miracoli per il benessere psicofisico e il raggiungimento di una perfetta forma fisica. Uno sport per tutti, economico e divertente, da praticare da soli o in compagnia, sempre a contatto con la natura. Dal fronte opposto, ci arrivano notizie dal mare aperto, dove le vele si spiegano al vento delle prime regate, e dalla bella terra di Sardegna che ospita le gare italiane della World Cup di polo; un insieme di mondanità e sport all’aria aperta all’insegna delle nostre belle isole. Della trasparenza dei mari italiani. Con la primavera, arriva il tempo di pedalare lungo i sentieri sterrati dell’alta val di Susa, mentre i nostri collaboratori tornano entusiasti dall’Adventure Challenge, il più grande evento mediatico dei raid multisport degli Emirati Arabi. Cinque giorni tra le dune del deserto che confina con il mare. E ancora, surf nostrano sulla splendida costa sud di terra sarda. Non mancano inoltre le proposte per il turismo di charme, ormai una consuetudine sulle nostre pagine.

OUTDOOR PHOTOGRAPHER guide Novità anche sul nostro piano editoriale. Con l’estate 2010, infatti, parte una nuova produzione editoriale, che affiancherà la nostra rivista: le Outdoor Photographer guide. Una moderna concezione di guide fotografiche illustrate, che riportano dati, coordinate fotografiche e geografiche di ogni scatto. Sono dedicate a fotografi e appassionati dell’arte fotografica all’aria aperta. Forniscono suggerimenti rapidi e precisi per migliorare tecnica di ripresa, inquadratura, punto di vista, interpretazione della luce. Sono delle guide utili per ottimizzare le trasferte di quanti - arrivando sul territorio interessato - intendono trovare subito gli “spot” fotografici migliori. Sono realizzate in un formato ridotto e hanno una grafica sobria e una carta importante, che regalano ampio respiro alle immagini stesse. Su questo numero un accenno agli Outdoor Photographer, appuntamenti fotografici da noi organizzati nei parchi nazionali italiani nelle prossime stagioni. La fotografia come punto d’incontro, che parte dalle nostre pagine per arrivare lontano.

outdoor photographer

elba e capraia photoguide

paolo meitre libertini

Paolo Meitre Libertini

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musica l’album di questo numero

nicola conte - the modern sound of nicola conte – versions in jazz dub (Schema Records - 2009) Artista completo e punto di riferimento nella scena nu-jazz internazionale, Nicola Conte è da oltre dieci anni sinonimo di qualità musicale, competenza e stile. Un anno dopo Rituals, disco che ha ereditato la maturità artistica espressa nel precedente Other Directions, l’artista barese propone il doppio album The Modern Sound Of Nicola Conte – Versions in Jazz Dub. Duplice è la chiave di lettura: i migliori remix degli ultimi anni, insieme ad alcuni brani inediti. Un lavoro che rappresenta in pieno il sound “cosmopolita” di Nicola Conte, e documenta la stima di artisti internazionali sviluppata nel corso degli anni.

le mille anime del jazz lorenzo tucci - touch (Schema Records - 2009)

Lorenzo Tucci, tra i batteristi di maggior talento della scena jazz, si distingue per la capacità di trasmettere alle nuove generazioni la lezione di alcuni grandi maestri del passato (Art Blakey, Philly Jo Jones, Elvin Jones, Tony Williams, Max Roach), con uno stile molto personale. Nel 2009 la sua ambizione di produrre e suonare un disco tutto suo di canzoni jazz si è concretizzata con Touch. Questo nuovo album è un equilibrato mix di jazz, funk, bossa nova, latin, dance e pop, con un groove potente e uno swing impeccabile; mescola affinità musicali, umori jazz ed esperienze differenti, manipolati in maniera sorprendente dall’estro, dalla sensibilità e dal “tocco” colorato di Lorenzo Tucci.

alessandro magnanini - someway still I do (Schema Records - 2009)

Someway Still I Do segna il debutto da solista del chitarrista, compositore e produttore Alessandro Magnanini, e nasce dalla consapevolezza del grande successo ottenuto dall’artista emiliano come compositore. Porta infatti la sua firma This is What You Are, brano che ha lanciato il catanese Mario Biondi. Le principali fonti di ispirazione sono le grandi melodie easy listening filtrate da un approccio jazzistico, ma anche gli arrangiamenti di artisti straordinari. Arriva così questo primo lavoro, valorizzato dall’immediatezza del pop e dalla classe negli arrangiamenti, dalla leggerezza di una musica senza tempo e dal mondo delle colonne sonore, in un jazz dal respiro orchestrale. 14

La musica, come la vita, possiede molte sfumature, che la rendono più interessante e degna di essere vissuta. La maggior parte della gente trova qualcuno con cui condividere le esperienze, e da questi legami possono nascere collaborazioni fortunate come quella tra Davide Rosa e Luciano Cantone. La mission di Luciano Cantone è indirizzata a una produzione musicale che prima di tutto prenda coscienza del suo potenziale artistico, esaltando le dinamiche creative che si identificano con il brand musicale della label. Questo passo, all’inizio dei ’90, sta alla base della nascita delle Edizioni Ishtar prima, e della consociata Family Affair Distributions dopo, grazie alla quale inizia e si sviluppa la scena elettronica italiana nel mondo, ancora oggi molto fertile.Parimenti fondamentale è la mission di Davide Rosa, produttore esecutivo e co-fondatore della Ishtar. Impegnato in precedenza nella direzione di uno studio di registrazione, entra in contatto con Luciano che stava cercando uno spazio dove potersi esercitare nell’uso della batteria. Condividendo la stessa passione musicale e le idee artistiche decidono di dar vita alle Edizioni Ishtar. Questo binomio costituisce il solido legame che mantiene fermo il timone artistico/tecnico di questa etichetta discografica. Il risultato del loro scambio di idee prende forma in numerose nuove idee, portate avanti con la stessa passione dei primi giorni.

Oggi Edizioni Ishtar rappresenta realtà musicali ben note agli appassionati di musica: Schema Records, sicuramente lo spin-off più famoso, trampolino di lancio di artisti come Nicola Conte, Gerardo Frisina, Mario Biondi, Rosalia De Souza, Soulstance, The Dining Rooms, S-Tone Inc, Alessandro Magnanini, Lorenzo Tucci, Toco e tanti altri. Artisti che amano il jazz dei ’50 e ’60, le contaminazioni fra le varie anime della musica afroamericana e sudamericana. Di rilievo anche il posizionamento internazionale: Sex & The City, Csi, Sopranos e Six Feet Under sono alcune delle più famosi produzioni televisive americane che hanno usato le composizioni degli artisti della Schema Records.


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libri Ioannis Schinezos

Autori Vari

Michael Freeman

La fotografia di natura

7milamiglialontano

Conoscere la fotografia digitale

206 pagine | 185 foto colori brossura 21x27 | euro 32,00

cofanetto di 4 volumi e DVD | 248 pagine cartonato 22x29 | euro 100,00

160 pagine | foto colori brossura 21x23 | Logos | euro 14,95

arte e tecnica

Ioannis Schinezos è un fotografo professionista specializzato in natura e animali. Con questo suo nuovo volume propone qualcosa di diverso dal libro che raccoglie gli scatti migliori di un autore. Schinezos lo ha infatti strutturato come una guida all’arte e alla tecnica della fotografia naturalistica. Non un manuale di consigli tecnici, ma in primo luogo un bel libro di fotografia di natura. Nelle sue pagine infatti sono presentate quasi duecento immagini (con didascalie in cui sono forniti anche i dati tecnici dello scatto). La maggior parte è opera dell’autore: a queste se ne aggiungono una quarantina di altri fotografi, per completare l’illustrazione di tutti i generi di fotografia di natura. La presentazione si snoda lungo i capitoli che affrontano in modo discorsivo i principali aspetti tecnici ed estetici della fotografia di natura. Proprio la scelta di un tono discorsivo e non freddamente tecnico, rende questo libro più simile a un workshop o a una lezione di fotografia che a un semplice ricettario di informazioni tecniche. Il volume è strutturato in tre parti. Nella prima vengono trattati i principali concetti teorici e le tecniche basilari di ripresa. Nella seconda sono tratti i gruppi di soggetti. Nella terza sono illustrati i diversi ambienti naturali.

Quattro fotografi e un videomaker raccontano il viaggio settemilamiglialontano. Sette mila miglia, più di 12.000 chilometri, sono la distanza che separa i bambini del centro Casa di Luce a Masoyore in India dai loro genitori adottivi dell’associazione Jyhoti Nilaya a Brescia, una distanza il più delle volte colmata da voli transcontinentali. Da qui è nato il progetto 7.000 miglia lontano: un team composto da fotografi, videomaker e giornalisti ha percorso il tragitto via terra a bordo di due automobili Ambassador e due moto Royal Enfield, raccontando la vita, le difficoltà e le speranze della gente, e in modo particolare dei bambini, nei vari luoghi attraversati dal viaggio. Ora il diario per immagini di questo viaggio è raccolto in un cofanetto di 4 volumi fotografici e un DVD. I titoli dei volumi sono: Religions: alla ricerca del centro con foto di Giuliano Radici; Light Paths con scatti di Theo Volpatti; Outside Border con immagini di Stefano Zarpellon e B-side Travel con foto di Massimo Tedeschi. Nel DVD è presentato il video di 50 minuti in super hd con regia e montaggio di Valerio Ferrario, riprese di Valerio Ferrario e Damiano Nava, musiche di Solidamòr. Informazioni più dettagliate sul progetto si trovano sul sito www.settemilamiglialon-

Paesaggi e Natura

È dedicato a Paesaggi e Natura il sesto volume della collana Conoscere la Fotografia Digitale. I volumi di questa collana, indirizzati a un largo pubblico, sono scritti da Michael Freeman, fotografo, collaboratore di riviste internazionali e autore di guide, manuali e libri fotografici. Non si tratta di manuali noiosi e complicati da seguire, ma di libri ricchi di immagini e che si basano su esempi concreti, con indicazioni chiare dei procedimenti da seguire. I volumi precedenti avevano trattato la luce, il colore, il bianco e nero, la fotografia ravvicinata (il close-up) e il ritratto. A differenza di questi ultimi, la fotografia di natura e paesaggio offre poco controllo sulla situazione ma richiede al fotografo la capacità di adattarsi alle situazioni cercando di ottenere il meglio per i propri scatti. La prima sezione del manuale è dedicata alla fotografia di paesaggio e vengono esaminati temi come i fenomeni atmosferici o la fotografia di panorami. La seconda sezione è incentrata sulla fotografia di animali nei vari habitat possibili. La terza parte presenta invece una serie di argomenti legati alla fotografia di viaggio: prende infatti in esame il paesaggio umano, dalle città ai giardini, dai ritratti in esterni alle scene rurali.

tutti i libri presentati in questa rubrica si possono acquistare nella grande libreria online specializzata in libri fotografici italiani e internazionali: www.hfnet.it | Hf Distribuzione | CP 56 | 13100 Vercelli | T 0161 210727 | hf.distribuzione@hfnet.it

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Photo: Polo Gold Cup Circuit/ Tony Ramirez

POLO

SARDEGNA - ROMA Esclusivo polo primavera–estate: verde smeraldo e vento di ponente

L’Audi Polo Gold Circuit passa dalla spettacolare versione invernale della Cortina Winter Polo, che nel 2010 si è guadagnata uno strepitoso successo ed è stata giocata in condizioni climatiche a dir poco “estreme” – bufere di neve alternate solamente in apertura e chiusura a splendide giornate di sole – al verde smagliante tardo primaverile del polo pitch più glamour d’Italia in Costa Smeralda, per poi “correre” nel Continente a celebrare la Coppa Duca D’Aosta nel più antico Polo Club nazionale, quello di Roma all’Acqua Acetosa.

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Con la tappa in Sardegna, secondo appuntamento dell’anno, si disputa la Costa Smeralda Spring Polo Audi Gold Cup, dal 29 maggio al 5 giugno. L’isola riserva agli ospiti in arrivo i colori e il clima eccezionale di fine primavera, contribuendo in modo essenziale ad accrescere il fascino di un evento già ricco di glamour e di attrattive. Una settimana di gioco (si comincia e si finisce di sabato con le partite in programma nel tardo pomeriggio e squadre con 12–15 goal di handicap) che garantisce, con cinque team in campo, spettacolo e sport ad altissimo livello sullo splendido tappeto erboso del Centro Ippico Shergan, nell’entroterra di Porto Cervo (località Bucchi Toltu – San Pantaleo). Non sono solo i cavalli come sempre a rendere accattivante il rendez–vous in Costa Smeralda... Il programma degli eventi di contorno del torneo è infatti come sempre molto ricco: cocktail e ricevimenti esclusivi tra il Golf Club del Pevero e lo Yacht Club di Porto Cervo, cena di gala nella meravigliosa cornice dell’Hotel Cala di Volpe, degustazioni enogastronomiche, presentazione delle squadre nella celebre Piazzetta di Porto Cervo, esibizione degli spericolati cavalieri nelle esibizioni equestri tradizionali e storiche della Sardegna, gemellaggio con la Louis Vuitton Cup di vela. Accoglienza e ricercatezza sono le linee guida dell’organizzazione guidata da Maurizio Zuliani e Claudio Giorgiutti, ideatori di questo apprezzatissimo circuito di cui tutto il mondo del polo parla. Un elegante villaggio tendato riservato agli ospiti e agli sponsor si sviluppa con un’ampia e accogliente terrazza sul bordo di uno dei lati lunghi del campo. Arredi d’autore, servizio bar e cocktail curato dall’Hotel Cala di Volpe, spettacolo e relax. Dopo quattro anni il polo in Sardegna è ormai diventato di casa e l’attesa degli appassionati del cavallo in Costa Smeralda è sempre crescente. Lo spettacolo è assicurato anche al di fuori del Polo Village ai cui margini sono montate comode tribunette con accesso gratuito per il pubblico. Per l’occasione arriveranno in Sardegna circa centoquaranta cavalli, che verranno alloggiati nella cittadella delle scuderie allestita in prossimità del campo di gara. I primattori del torneo saranno come sempre i forti giocatori argentini che, con il loro apprezzamento, hanno contribuito in modo determinante a diffondere l’eco di questo torneo in tutto il mondo. Perché il polo in Sardegna La Sardegna ha acquisito con il polo un altro elemento di forte attrazione per presentarsi e fare leva sul turismo internazionale di élite. Questo gioco, che vanta due millenni di storia, unisce ad alta spettacolarità, azione e sport anche eleganza, moda e grande glamour. La Costa Smeralda è entrata nel mondo internazionale di questa affascinante disciplina equestre nel 2006, quando Maurizio Zuliani e Claudio Giorgiutti, ben noti organizzatori di tornei internazionali, hanno deciso di guardare all’isola per trovare una location sul mare adeguata per affiancare, in un circuito ideale, l’ormai tradizionale torneo su neve di Cortina d’Ampezzo, un appuntamento che già da molti anni riscuote grandissimo successo. L’idea di organizzare un torneo a Porto Cervo ha trovato terreno fertile perché Tom Barrack, il tycoon americano che ha effettuato grandi investimenti immobiliari in Costa Smeralda, è un grandissimo appassionato ed è giocatore egli stesso, nonché promotore in California del Polo Club di Santa Barbara, un esclusivo circolo sull’Oceano Pacifico, il preferito del principe Carlo d’Inghilterra.

Tre spettacolari fasi di gioco sulla verde erba della Sardegna.

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Grazie anche all’attenzione delle autorità territoriali è nata dunque una splendida sinergia, che ha portato risultati eccezionali sin dall’esordio: già dal debutto, in tutto il mondo si è parlato del polo in Sardegna. Da allora una media di oltre centosessanta cavalli attraversano in primavera il Tirreno per diventare protagonisti di un torneo che già dalla sua prima edizione ha chiuso con un bilancio eccellente, tanto da essere inserito a pieno titolo nel Gotha dei grandi eventi internazionali. “Quella del debutto – commenta Maurizio Zuliani – è stata un’esperienza davvero entusiasmante. Il supporto logistico degli alberghi Cervo e Cala di Volpe e del Consorzio Costa Smeralda è stato senza dubbio essenziale per la buona riuscita della manifestazione, ma anche l’atavica passione della gente sarda per i cavalli ha avuto il suo peso. Ai tanti ospiti del Polo Village si sono aggiunti centinaia di spettatori che hanno affollato con entusiasmo il parterre: tutti appassionati cultori dei cavalli”. Nel 2007 in Sardegna le tappe della Polo Gold Cup sono diventate due, una in primavera ed una in estate inoltrata. Nel 2008 si è assistito a un’ulteriore innovazione: l’appuntamento estivo è stato giocato in notturna. Sotto la luce dei riflettori si è svolta la Master Cup, che anche e soprattutto per questa spettacolare novità ha avuto grandissimo successo. Il 2009 ha visto la consacrazione della Costa Smeralda Spring Polo Gold Cup nel World Polo Tour, il circuito mondiale che riunisce i più prestigiosi appuntamenti internazionali di questo gioco. Prima dell’arrivo della stagione estiva il Polo Gold Cup Circuit Audi 2010 si chiude a Roma, dal 15 al 19 giugno, con la Coppa Duca d’Aosta, il torneo più importante del calendario del Roma Polo Club. Nel centralissimo impianto capitolino, che viene definito “culla del polo italiano”, si gioca in notturna un torneo con squadre da 10 goal di handicap.

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Cavalli poderosi, cavalieri robusti ma agili: questo è il polo!


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A Roma, già prima del 1930, il polo veniva praticato da cavalieri stranieri, aristocratici italiani e diplomatici. L’originario Roma Polo Club ha 74 anni, anche se l’atto costitutivo porta la data del 1953. Il terreno dell’Acqua Acetosa, che allora era praticamente in campagna, divenne il regno del polo romano, un piccolo paradiso nel centro di Roma: cinque ettari di verde a pochi passi dall’esclusivo quartiere Parioli. Il gioco del polo nella Capitale ebbe il suo grande rilancio, nel 1976, con il barone Francesco Antonelli Incalzi, che diede un nuovo impulso a questa disciplina sportiva organizzando corsi per studenti e giovanissimi. Così il polo romano iniziò a crescere numericamente e qualitativamente, sino ad arrivare oggi a ospitare uno dei tornei del prestigioso circuito dell’Audi Polo Gold Cup. Serate glamour e festaiole, sfoggio di mise elegantissime e ricercate per i soci del Roma Polo Club e gli ospiti che, tra un bagno in piscina, il tradizionale “asado” argentino e i freschi cocktail a bordo campo, cercano una piacevole conclusione alle già calde giornate metropolitane, sperando anche nel contributo del famoso ponentino romano. 24


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Foto: PML

Bardonecchia Paradiso delle due ruote A novanta chilometri da Torino, al centro di una conca soleggiata in Alta Valle Susa si trova Bardonecchia, noto centro turistico sia in inverno sia in estate, che offre infinite possibilitĂ di escursioni a piedi e in bicicletta.

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Vacanza attiva in tutte le stagioni Chiuso in una conca a 1.300 m di altitudine e contornata da quattro valli – la Valle di Rochemolles, la Valle Stretta, la Valle del Frejus e la Valle della Rho – e lontano dalle grandi vie di comunicazione del passato, ad eccezione delle mulattiere del Colle della Scala e del Colle della Rho, il paese ha da sempre una storia a sé rispetto al resto della valle. Gelosa della sua relativa indipendenza, Bardonecchia ha voluto il motto “Seigneur de soi même” sotto lo stemma comunale Della chiusura di un tempo oggi rimane ben poco. Facilmente raggiungibile in auto percorrendo l’A32 o in treno con la linea internazionale Roma-Parigi, Bardonecchia è sinonimo di vacanza attiva a contatto con la natura, in ogni stagione. Sci alpino, fondo, snowboard e sci alpinismo, in estate lasciano spazio a una straordinaria varietà di attività: adventure park, free climbing, vie ferrate, passeggiate, escursioni a cavallo e un’infinità di percorsi per gli amanti delle due ruote. 28


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Una risposta per ogni biker Percorsi su strada, strade sterrate prive di difficoltà, tecnici single track e comodi impianti di risalita per chi non ama faticare in salita. La cittadina dell’Alta Val Susa ha una risposta per ogni biker! In funzione dall’estate 2006, il Bardonecchia Kona Bike Park - inserito nel comprensorio Alpi Bike Resort di cui fanno parte anche Sauze d’Oulx, Sestriere, Cesana-San Sicario e Prali - offre oltre 40 percorsi serviti dagli impianti di risalita, per un totale di 400 chilometri di sentieri segnalati. Percorsi cross country per tutta la famiglia, salite ed emozionanti discese con passaggi tecnici per i freerider, percorsi dedicati agli amanti del downhill con paraboliche, passerelle, cliff. Inoltre, la bike area di Bardonecchia offre un posto d’onore anche ai più piccoli, con due Junior Park (a Campo Smith e a Pian del Sole) dove i bambini si possono divertire in sicurezza insieme ai maestri della Scuola di mountain bike. www.bardonecchiaski.com 29


Itinerari per tutti Sono davvero moltissimi gli itinerari tra i quali i biker che hanno scelto Bardonecchia come centro della loro attività sportiva possono scegliere ogni giorno. Per esempio, possono salire fino alla Diga di Rochemolles, seguendo dapprima la strada asfaltata che porta a Millaures e a Gleise, oppure portandosi più velocemente in quota sfruttando l’impianto di risalita dello Jafferau. Qui si segue l’antico tracciato della Decauville che, in alcuni tratti, ancora conserva le traversine dei binari, raggiungendo le grange La Croix e la strada carrozzabile che risale lungo la valle di Rochemolles fino al colle del Sommeiller: basta attraversare la strada per raggiungere la diga, che chiude il bacino di un ampio lago artificiale; se si prosegue, si può arrivare al rifugio Scarfiotti, oppure raggiungere il colle del Sommeiller, percorrendo la strada carrozzabile più alta d’Europa. Passato il rifugio, la strada si inerpica con diversi tornanti fino ai pianori sovrastanti, da cui prende a salire nella pietraia che porta al

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colle. Si tratta di un percorso lungo, reso difficoltoso soprattutto dal fondo stradale che, nei tratti più in alto, è fortemente sconnesso e costituito da pietre che rendono impegnativa la pedalata. L’itinerario è però stimolante in quanto attraversa diversi tipi di ambiente, dal bosco iniziale al paesaggio dell’alta montagna, costituito solo da pascoli e pietraie. Per agevolare la mobilità a piedi, a cavallo e in bicicletta, la strada dal rifugio al Colle dal 1° giugno al 30 settembre è chiuso al traffico motorizzato, dal venerdì alla domenica dalle 9 alle 17. Anche la Valle Stretta offre la possibilità di una gratificante pedalata tra i boschi. Dall’ex dogana dopo la frazione Melezet, si segue la strada carrozzabile che si inoltra nella valle, passa sotto l’imponente Parete dei Militi – storica palestra di arrampicata – e raggiunge il rifugio Terzo Alpini, o il vicino rifugio Re Magi. Il percorso prosegue in un lariceto fino a raggiungere il piano della Fonderia, dove si attraversa quindi il rio su un ponticello usato nel passato dai minatori del Banchet, e il suggestivo lago Verde.


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Altro suggestivo percorso nella zona di Bardonecchia, di grande impegno ma con scorci panoramici davvero unici, è quello che porta al Passo della Mulattiera: si scende leggermente dal paese in direzione di Oulx, quindi si imbocca a destra la sterrata che passa sotto la ferrovia e si inerpica con alcuni impegnativi tornanti fino al forte Bramafam, fortificazione ottocentesca sorta sul luogo di un antico castello, ora adibita a museo. Superato il forte, con una serie di tornanti si raggiungono Pian del Sole e quindi Punta Colomion. Si prosegue su mulattiera su una balconata che offre una magnifica vista sul Passo della Mulattiera e sulle caserme militari della zona. Infine, su sentiero, si raggiunge il Passo, dal quale si gode il meraviglioso scorcio della Valle Stretta, su Oulx e sulla sua valle. Altra escursione, consigliabile per ciclisti medi, è quella, che partendo da Borgovecchio, sale fino alle grange della Rho, supera la cappella della Madonna di Mont Serrat e raggiunge infine le grange Chareun; in alternativa è possibile salire al colle della Rho lungo un sentiero ripido e difficile, che richiede una grande preparazione. La discesa si effettua lungo lo

stesso itinerario della salita fino alle grange della Rho, dalle quali si prosegue però su una mulattiera che scendendo incrocia la strada percorsa in salita. Anche per i biker che preferiscono cimentarsi con lunghi percorsi su strade prevalentemente asfaltate Bardonecchia costituisce un punto nodale, dal quale partono diversi impegnativi itinerari, per esempio quello che, salendo dall’impegnativo Colle della Scala, prosegue poi per Briançon e affronta l’ascesa ai 2.361 metri dell’Izoard, molte volte percorso dal Tour de France, in cima al quale una targa ricorda il “campionissimo” Fausto Coppi. Sicuramente molto impegnativo, ma di grande sodddisfazione è l’anello che da Bardonecchia sale al Colle delle Finestre, tocca Sestriere, Cesana Torinese e Oulx e riporta a Bardonecchia. Il Colle è molto noto ai ciclisti, soprattutto per l’impegnativo versante nord, che da Meana di Susa porta al Colletto omonimo, dove termina la strada asfaltata; da lì, inizia la sterrata che porta all’Assietta – teatro della battaglia tra Piemontesi e Francesi del 1747 – e successivamente raggiunge il Colle delle Finestre.

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Info Ufficio del Turismo, Piazza de Gasperi, 1 Bardonecchia Tel. (+39) 0122 99032 e-mail: info.bardonecchia@turismotorino.org

Scuole di mountain bike Nord Ovest Mountainbike Loc. Campo Smith tel.: (+39) 0122 99072 www.scuolascinordovest.it Liberi Tutti Mountainbike Loc. Campo Smith mob.: (+39) 393 9612158 www.liberi-tutti.eu Mr. Mig Kamp (freeride) www.mrmig.it Spazio Estate mob.: (+39) 338 360 2533 / (+39) 347 011 2468 www.spazioneve.it Scuola Sci Bardonecchia tel. (+39) 0122 999253 www.scuolascibardonecchia.com

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Di giorno biker, di notte… comodo! Diverse strutture ricettive di Bardonecchia aderiscono al circuito Bed & Bike della provincia di Torino: si tratta di luoghi dove le esigenze dei biker vengono prima di tutto, con servizi dedicati: • aree per il lavaggio della bici e deposito sicuro, • officina per piccole riparazioni • servizio di lavanderia, • informazioni su percorsi e bike park, • colazioni rinforzate. www.turismotorino.org/bed_bike Hotel Des Geneys Splendid*** www.hoteldesgeneys.it Hotel La Quiete** www.hotellaquiete.it Bellevue Dipendenza* www.bellevuechalet.it Chalet della Guida*** www.chaletdellaguida.it Casa vacanze La Tana del Ghiro www.alloggibardonecchia.com


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Text & Photo: P. M. Libertini

OUTDOOR PHOTOGRAPHER razza meticcia

A metà tra il fotografo di natura, il fotografo sportivo e il fotografo di reportage, l’OP possiede un’identità propria. Laddove i puristi dell’immagine di natura escludono dall’inquadratura ogni presenza estranea all’ambiente, lui inserisce la figura umana come elemento integrante del paesaggio stesso. Nelle sue immagini il bianco e nero dei reportage diventa un arcobaleno di colori. La sua missione: guardare, osservare e ritrarre tutto quanto vede intorno a sé. Secondo lui è l’uomo, inserito nell’immagine, che testimonia la propria presenza nella natura, che ne valorizza l’ampiezza e ne esalta le dimensioni. Il suo terrenoo d’azione è la terra, vissuta e vista sotto il cielo aperto. L’attrezzatura fotografica che usa è ridotta al minimo indispensabile, si porta dietro soltanto il necessario. L ‘esigenza è quella di viaggiare leggero. È il randagio della fotografia, il meno raffinato, il meno esigente di tutti i fotografi, ma con le immagini racconta la sua poesia. Se il mondo dei fotografi è pieno di cavalli di razza, lui senza dubbio è un mezzosangue che vive allo stato brado.

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Le nostre pubblicazioni si presentano, come forse avrete intuito, con una spiccata vocazione fotografica. Molte delle lettere che arrivano in redazione, ricche di complimenti per la bellezza delle immagini che pubblichiamo, sono di lettori interessati ad apprendere la tecnica fotografica utilizzata per questo o quello scatto. “Come si fa ad ottenere un’immagine con quella luce?”, oppure “Come si identifica un posto da fotografare? Si va a colpo sicuro quando si vuol fotografare questo o quell’animale?”, e ancora “E i fiori? Come si blocca l’azione quando uno salta da una scogliera, e come si fa a rendere spettacolare il suo salto?”. Questi alcuni dei quesiti che ci avete posto. Perciò, essendo io l’autore di alcune delle immagini “prese di mira”, ho deciso di scrivere questo articolo, con alcuni consigli utili per chi intende divertirsi con la macchina fotografica. Le domande che spesso mi vengono rivolte, direi il 99% di queste, sono incentrate sulla tecnologia della macchina fotografica. Da una parte questo mi delude, perché l’era del digitale ha semplificato molto il lavoro di un fotografo che arriva dalla pellicola, e di conseguenza dovrebbe essere un aiuto e non un ostacolo per chi prende in mano per la prima volta una reflex. Nei corsi di fotografia che organizzo, cerco di accompagnare i partecipanti, verso la Fotografia, interesse primario della nostra passione. Per questo il primo consiglio che mi sento di dare è quello di leggere attentamente il libretto di istruzioni della propria fotocamera, di organizzarne il settaggio che più ci aggrada e poi di non pensare più al computer che abbiamo in mano. Diamo libero sfogo alla nostra creatività! Guardiamoci intorno, esploriamo, cerchiamo l’inquadratura che più ci emoziona e finalmente... scattiamo! Scattate e scattate... questo è fotografare. Le regole di fondo legate alla tecnica, sono sempre le stesse: tempo, diaframma, ISO (esposizione) e messa a fuoco. La combinazione perfetta di questi elementi porta alla riuscita della foto perfetta! Questa è la tecnica, che si impara in pochissimo tempo leggendo e studiando e, aggiungerei, anche piuttosto in fretta. Quello che farà la differenza tra una foto e l’altra, sarà la creatività di ognuno. Primo passo, quindi: leggere attentamente il manuale della reflex per poter sfruttare al meglio tutte le sue potenzialità. La fotocamera La risoluzione solitamente è legata al numero di pixel: più megapixel = più risoluzione. Nelle reflex si può dire, semplificando, che la risoluzione generalmente corrisponde ai megapixel. Anche le fotocamere amatoriali moderne hanno ormai almeno 10 megapixel, che sono sufficienti anche per guardare le foto su schermi di grandi dimensioni o per fare stampe in formato poster. Le fotocamere da 20-24 megapixel permettono di stampare

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in formati ancora più grandi, ma se avete un budget limitato potete stare sicuri che qualsiasi fotocamera moderna acquisterete, non vi deluderà in fatto di risoluzione. Il rumore è l’equivalente della grana della pellicola. Proprio come la grana, anche il rumore diventa più visibile alle alte sensibilità. Quasi tutte le reflex attualmente in produzione sono tranquillamente utilizzabili tra 100 e 1.600 ISO; pertanto anche in questo caso, a meno che non abbiate particolari necessità, potete dare per scontato che qualsiasi reflex sarà soddisfacente, fino a 1.600 ISO. A 3.200 ISO, diverse fotocamere sono ancora buone, mentre altre sono appena utilizzabili; da 6.400 ISO in su la maggior parte delle reflex sono deludenti con alcune eccezioni: la Nikon D700 (ISO 200 – 6400: estendibile fino a ISO 25600 (equivalente) e a ISO 100 (equivalente).) e la Nikon D3s (ISO 200 - 12800: estendibile fino a 200 (equivalente) con l’impostazione Hi-3 e a ISO 100 (equivalente) con l’impostazione Lo-1.).

Formato Fullframe APS-H o APS-C? La maggior parte delle fotocamere ha un sensore Fullframe APS-H (FX 24x36 mm) o APS-C (DX 16x24 mm). Entrambi i formati hanno i loro pro e contro, anche se al giorno d’oggi i sensori APS-C hanno raggiunto una qualità di immagine più che buona per la maggior parte dei fotografi.

Due esempi di immagini composte: sopra, montaggio di due scatti orizzontali. A lato: sequenza di otto fotogrammi montati in Photoshop CS4, sovrapponendo vari livelli.

Una reflex fullframe possiede differenti vantaggi rispetto al formato ridotto: • a parità di sensibilità ISO, produce meno rumore (noise), e soprattutto permette di ottenere immagini prive di rumore a sensibilità molto elevate; • ha una migliore dinamica, che permette una maggiore latitudine di posa; • le ottiche concepite per la pellicola 24x36 mantengono la loro lunghezza focale. Un vantaggio soprattutto con ottiche grandangolari (per esempio, un 20 mm per pellicola rimane un 20 mm in una reflex con sensore FF); • un mirino più luminoso e più ampio, che permette

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una visione della scena più comoda e precisa per un migliore controllo dell’inquadratura. Viceversa le reflex dotate di sensore ridotto (DX nelle Nikon) hanno alcuni vantaggi sulle reflex FX: sono più compatte delle reflex full frame (FX nelle Nikon); le ottiche dedicate (DX) sono, in genere, più compatte delle ottiche normali (FX) a parità di lunghezza focale; • si riduce la vignettatura e si ottiene una maggiore nitidezza ai bordi dell’immagine, utilizzando ottiche 135 su reflex DX, in quanto viene sfruttata solo la parte centrale dell’ottica; • il sensore DX provoca, rispetto al sensore FX, un fattore di ingrandimento di 1,5x, a parità di ottica utilizzata. Questo consente di ottenere ottiche tele più spinte, sfruttando appunto il fattore di

ingrandimento: un 200 mm , utilizzato su una reflex DX, diventa in relazione all’angolo di campo equivalente a un 300 mm. Questo perchè tradizionalmente gli obiettivi vengono definiti in base alla lunghezza focale e non in base all’angolo di ripresa, come invece sarebbe più logico. Autofocus: considerate che l’autofocus non è infallibile, pertanto dovrete prestare attenzione a inquadrare il soggetto principale con uno dei punti di messa a fuoco. Molte fotocamere dell’ultima generazione posseggono molti punti di messa a fuoco; ricordate che quelli che funzionano meglio si trovano sempre al centro. Dovrete inoltre avere l’accortezza di inquadrare un dettaglio con molto contrasto (per esempio un soggetto scuro su fondo chiaro): infatti, se inquadrate un soggetto bianco su sfondo bianco (o nel bosco dove

Formato Sensore 16 x 24

Formato 135 o 24 x 36

Formato Sensore 16 x 24 Obiettivo DX NIKKOR

Formato 135 o 24 x 36 Obiettivo 135

Il cerchio dell’immagine prodotto da un obiettivo DX è inferiore rispetto a quello prodotto da un obiettivo concepito per il formato 135, in quanto l’area del sensore in formato 16x24 mm è inferiore rispetto all’area delle pellicola 135 (24x36 mm). DX NIKKORattraverso gli obiettivi DX e 135Obiettivo La grafica qui sopra illustra come Obiettivo la luce proiettata produce135 un cerchio di immagine che copre il formato della fotocamera per cui l’obiettivo stesso è stato concepito.

Formato Sensore 16 x 24

Formato 135 Immagine tagliata

Formato Sensore 16 x 24 135 Obiettivo

Formato 135 Immagine Obiettivo DXtagliata NIKKOR

Obiettivo 135

Obiettivo DX NIKKOR

Questo schema illustra che cosa succede se un obiettivo concepito per il formato 135 viene utilizzato su una fotocamera con sensore in formato 16x24 mm: il cerchio di immagine prodotto dall’obiettivo è più ampio dell’area del sensore, e quindi l’immagine appare ingrandita. L’obiettivo è così sottoposto a un incremento apparente della lunghezza focale, stimabile in un fattore di ingrandimento 1,5x rispetto alle caratteristiche di fabbricazione, anche se la lunghezza focale effettiva rimane invariata. Ciò ha comportato moltissimi vantaggi per i fotografi, poiché gli obiettivi in formato 135 consentono di ingrandire l’immagine, se vengono utilizzati sulle fotocamere reflex digitali. Viceversa, possiamo notare come gli obiettivi DX, se vengono utilizzati con il formato 135 (fotocamera con pellicola 35 mm o 24x36), con le focali grandangolari non coprano l’intera area del sensore. In questo caso produrranno delle vignettature agli angoli.

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c’è poca luce), non è detto che l’autofocus riesca a individuare e agganciare il soggetto. Soluzione? Cambiare angolazione di ripresa o focheggiare manualmente. Dominanti e colori: le fotocamere digitali offrono dei buoni colori; tuttavia, le immagini possono risultare scariche di colore e, a volte, con strane dominanti, dovute a un errato bilanciamento del bianco. Colori e dominanti si possono gestire tranquillamente in post-produzione. Quello che diventa importante (direi fondamentale) non sono tanto i colori prodotti dalla fotocamera, quanto imparare una buona tecnica di elaborazione. Con la giusta conoscenza di questa, potrete gestire il colore ottenendo degli ottimi risultati con qualsiasi tipo di fotocamera, Reflex o compatta che sia. Esposizione e istogramma: uno degli enormi vantaggi della fotografia digitale è la possibilità di controllare l’esposizione subito dopo lo scatto con l’ausilio dell’istogramma e dello schermo alte luci. Non occorre fare calcoli complessi per ottenere la corretta esposizione. Personalmente faccio uno scatto di prova con le impostazioni che mi suggerisce l’esposimetro, poi controllo l’istogramma, se necessario imposto una compensazione e ripeto lo scatto. Per un controllo completo sull’esposizione principale, quindi, consiglio di “perdere” un po’ di tempo per imparare a utilizzare le principali modalità di esposizione e la valutazione dell’istogramma. Le modalità di esposizione: ogni fotocamera possiede quattro modalità di esposizione: • P è la modalità Programma. La fotocamera imposta da sola sia il diaframma sia il tempo di scatto; questa è la modalità di esposizione più semplice utilizzata in genere da chi è alle prime armi. • S è la modalità Priorità di Tempo. Noi impostiamo il tempo di scatto e la fotocamera decide il diaframma appropriato. Questa è la funzione che preferisco quando realizzo immagini d’azione. • A è la modalità Priorità di Diaframma. Noi impostiamo un diaframma e la fotocamera decide il tempo di scatto appropriato. Questa modalità permette di avere il controllo sulla profondità di campo. • M è la modalità Manuale. Permette di impostare sia il tempo di scatto sia il diaframma; può risultare utile in alcune situazioni, ma richiede una certa esperienza. Personalmente utilizzo la modalità M in particolari situazioni di poca luce. Quando l’esposimetro non riesce a prendere una decisione che mi soddisfa, imposto la modalità manuale. Inoltre utilizzo questa modalità quando realizzo più scatti che successivamente monterò per comporre delle immagini panoramiche o immagini composte (per esempio, nelle sequenze). Consiglio vivamente la modalità M perché è quella che meglio permette di comprendere le regole dell’esposizione. Quando impariamo a decidere autonomamente l’esposizione, significa che siamo arrivati a un discreto livello. A questo punto possiamo dialogare con la macchina e mettere in dubbio alcune sue scelte! L’esposimetro Esistono tre tipi principali di misurazione esposimetrica: Matrix, Prevalenza Centrale (o semi-spot) e Spot. L’esposizione Matrix analizza l’intera scena inquadrata per determinarne l’esposizione. È il tipo di esposizione che utilizzo praticamente sempre. La Prevalenza Centrale utilizza l’area centrale del fotogramma. Spot e Prevalenza Centrale erano la scelta considerata migliore con

la pellicola, ma con l’arrivo del digitale non sono più così importanti. Lo Spot usa, invece, soltanto una piccola area inquadrata, che in genere corrisponde all’area AF selezionata, per determinare l’esposizione. Il mio consiglio è di utilizzare Matrix e controllare l’istogramma. In questo modo si può determinare l’esposizione giusta molto rapidamente.

L’istogramma Lo schermo LCD permette di vedere l’immagine, ma l’anteprima è solo approssimativa e non permette di giudicare la precisione dell’esposizione: per determinare la correttezza dell’esposizione, è necessario consultare l’istogramma. Questo è un grafico che descrive la luminosità della foto; ogni reflex dà la possibilità di vedere l’istogramma di luminosità della foto, e alcune fotocamere hanno addirittura istogrammi RGB.

L’asse orizzontale rappresenta il livello di luminosità, da 0 (nero puro) a 255 (bianco puro). Quello verticale, invece, riproduce il numero di pixel che hanno una determinata luminosità. Imparare a leggere l’istogramma mostrato dalla fotocamera è abbastanza semplice: bisogna solo ricordare che l’istogramma deve corrispondere al soggetto. Per esempio, se si scatta una foto di un soggetto bianco, l’istogramma dovrebbe essere nell’area di destra (valori più luminosi); se è nell’area di sinistra, la foto è sottoesposta perché il soggetto bianco è stato registrato con tonalità scure. Per la stessa ragione, un soggetto scuro dovrebbe creare un istogramma posizionato nel lato oscuro (a sinistra); un soggetto di tono medio dovrebbe creare un istogramma centrato, e così via. Quando si osserva l’istogramma, è importante controllare che il grafico non tocchi un’estremità (0 o 255): in questi casi, l’immagine è decisamente sottoesposta o sovraesposta e parte del dettaglio è andato perso. Anche se fotografate un soggetto molto chiaro o molto scuro, l’istogramma non dovrebbe mai toccare i bordi. Bisogna preoccuparsi solo quando il grafico sfiora i lati; se sconfina nella parte superiore, significa solo che la maggior parte della foto ha un determinato livello di luminosità, e il picco sarebbe troppo alto per essere mostrato interamente nella piccola finestra dell’istogramma.

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Questa foto ha un’ampia gamma tonale, da quasi nero a bianco, quindi l’istogramma è distribuito da una parte all’altra del grafico. La silhouette è un’area di nero, ed è rappresentata dal picco alto e sottile che sfora in alto dal lato sinistro. Questa è l’esposizione corretta se si vuole avere nell’immagine soggetti in silhouette; se volete avere maggiore dettaglio in primo piano in scene come questa, invece, dovete utilizzare la tecnica delle esposizioni combinate, ma il risultato sarebbe quello di ottenere una foto più piatta e probabilmente senza questa atmosfera.

Lo schermo alte luci completa la lettura dell’istogramma. Se visualizzando l’anteprima dell’immagine appaiono aree lampeggianti, la foto è sovraesposta, e alcune zone sono completamente bianche e prive di dettaglio (buchi). È perciò necessario impostare una compensazione dell’esposizione su un valore negativo e ripetere lo scatto. Gamma dinamica Calcolare la gamma dinamica significa misurare la latitudine di posa; nella fotografia digitale è importantissimo, dato che i sensori non permettono errori: avere una gamma dinamica ampia è un vantaggio, perchè permette di registrare più dettaglio sia nelle zone d’ombra sia nelle alte luci (per esempio le nuvole). Attualmente, quasi tutte le reflex hanno una gamma dinamica di almeno 7-8 stop, che è sufficiente per la maggior parte delle foto. In caso di

GAMMA DINAMICA L’esempio di questa foto spiega il concetto: se fosse stato importante mantenere tutti i dettagli della roccia in ombra, dell’acqua e del verde del muschio, nessun sensore avrebbe potuto farlo con una singola esposizione. Avrei dovuto scattare tre foto con tre esposizioni differenti e sovrapporre i tre scatti, ma in alcuni casi possiamo “sacrificare” piccoli dettagli (per esempio piccolissime porzioni dell’acqua), che non compromettono la resa finale di tutta la scena inquadrata, realizzando immagini come questa. È molto importante cercare di non inquadrare porzioni di immagini con curva dinamica troppo ampia (per esempio, sole pieno con zone d’ombra marcata).

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sovra o sottoesposizione non si possono recuperare molte informazioni dalle alte luci né dalle ombre. RAW: il Negativo Digitale Il RAW è l’unico formato di file che permette di sfruttare pienamente il potenziale della fotocamera; è una sorta di “negativo digitale”, dato che fornisce un’immagine non elaborata (grezza) che deve essere ottimizzata con un programma di elaborazione prima di essere stampata. Vantaggi Uno dei principali vantaggi dell’utilizzo del formato RAW è la possibilità di impostare in fase di POST-PRODUZIONE il bilanciamento del bianco. Questa possibilità è molto utile in tutti quei casi in cui la


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foto è stata scattata in condizioni di luce difficile, per le quali il bilanciamento del bianco risulta molto critico. Molto spesso i software più avanzati consentono di intervenire sull’esposizione della foto, correggendo eventuali errori di sovra o sottoesposizione. Il formato RAW, inoltre, garantisce una definizione del colore superiore, perchè i dati vengono memorizzati solitamente con profondità a 12 o 16 bit contro gli 8 bit del formato jpg. Questo significa migliore definizione delle mezzetinte e passaggi più graduali nelle sfumature. Inoltre, le ombre avranno maggior dettaglio. Svantaggi Il principale svantaggio è la dimensione del file finale che, pur risultando meno grande del corrispondente file in formato TIFF, è di gran lunga più voluminoso di quello generato usando la compressione jpg. In secondo luogo, il lavoro richiesto in post-produzione per ottenere l’immagine finale è maggiore rispetto all’utilizzo di file jpg. Infine, a differenza degli altri formati di memorizzazione, il file RAW non è universale, ma dipende strettamente dal sensore che lo ha generato. Per questo motivo tutte le case produttrici di macchine fotografiche digitali includono nelle confezioni dei pacchetti software più o meno avanzati per la conversione del file RAW in jpg o TIFF. Quando usare il RAW Personalmente, scatto l’80% delle mie immagini direttamente in formato jpg per il semplice fatto che normalmente scatto moltissimo e a volte, per diversi giorni, non ho la possibilità di scaricare le schede. Devo quindi ottimizzare sia lo spazio sulle schede sia il lavoro di post-produzione. Inoltre, e questo è senza dubbio un vantaggio, scatto sempre su commissione conoscendo preventivamente quale sarà l’utilizzo dei miei scatti. Questo è un privilegio non da poco, che mi permette di gestire le riprese della giornata. Scatto in RAW quando trovo la situazione che mi permette di fare immagini che mi saranno utili per ingrandimenti spinti (per esempio per immagini di copertina e/o aperture di servizio su una doppia pagina) e in tutte le situazioni di luci estreme, per esempio in una grotta con buio quasi totale e infiltrazioni di luce dirette. Comunque non ho mai avuto problemi di pubblicazione sia su copertine sia su aperture su doppia pagina con immagini scattate direttamente in jpg. Alcuni colleghi fotografi professionisti, anche di discreta fama internazionale, che ho consultato, sono concordi sul fatto che tra un ottimo scatto ripreso direttamente in formato jpg (grande) e un file ripreso in raw, ci sia una differenza indistinguibile ad occhio nudo.

gior parte degli osservatori. Se ci limitiamo a seguire delle linee guida, corriamo il rischio di produrre delle immagini già viste e riviste, monotone. Dobbiamo cercare di essere originali, tentando di dare una nostra interpretazione, una nostra chiave di lettura. Senza dubbio, il primo principio da tenere in considerazione è il contrasto sotto tutti i punti di vista che sia di tono, di soggetto, di posizioni, di colori o di dimensioni. Questo è un antico concetto legato alla pittura, ma secondo me è ancora straordinariamente attuale per la fotografia moderna. Se nell’inquadratura c’è un solo elemento di spicco, dovremo cercare di trovargli una collocazione perché a seconda di dove lo collocheremo lo renderemo più o meno interessante. In conclusione, l’elemento che colpisce maggiormente è il principio universale dell’immagine (apparentemente) semplice. Dettagli: se vogliamo proporre un servizio fotografico o un fotoreportage a una rivista o ad un editore, dobbiamo presentare una selezione molto ricca e varia. Ci vengono in aiuto i dettagli. Quelli che sono lì, davanti ai nostri occhi e che dobbiamo allenarci a individuare e inserire in un’inquadratura interessante. Personalmente, sia nella veste di fotografo sia di art director, attribuisco sempre molta importanza alle immagini di dettaglio. Oserei dire che sono “fondamentali” per la buona riuscita di un servizio completo. Queste sono le mani di un alpinista che si appresta a fare sicura. Mentre aspettavo che il suo compagno si preparasse per la salita, ho buttato l’occhio, ho inquadrato e ho scattato. Questa immagine, nata per dare supporto all’immagine d’azione, alla fine è stata scelta come apertura a tutta pagina di un articolo.

Composizione dell’immagine Contrasto e posizioni dinamiche: non esistono regole che, se seguite, permettano di ottenere in modo assoluto un’ottima immagine; esistono però alcuni principi e tecniche che possono produrre dei risultati efficaci per la mag43


ne il riverbero facendomi schermo con qualche elemento presente nell’inquadratura stessa (un albero, una vela, una bandiera ecc…). Personalmente faccio da 6 a 9 scatti in ripresa verticale. Assemblo poi gli scatti con la funzione photomerge di Photoshop con il layout cilindrico. La ripresa in verticale mi permette di avere un’ampia porzione di cielo e di terra (sopra e sotto) il che mi torna utile nella fase finale di ritaglio. Il vantaggio che si ottiene componendo immagini di questo tipo non è soltanto nel formato largo e basso. Scattare più immagini di un’unica situazione, che assembleremo poi in una composizione unica (stitching), ci permetterà di creare dei file molto grossi con una risoluzione elevatissima, e di realizzare delle immagini che sarebbe impossibile effettuare in mancanza dell’ ottica adeguata. Oppure possiamo realizzare montaggi suggestivi di sequenze come nell’esempio del tuffo in alto. La fotografia di paesaggio Secondo me senza dubbio è questo il settore più difficile della fotografia outdoor. Occorre possedere una visione artistica per creare buone foto, immagini in grado di trasmettere emozioni all’osservatore. Come detto, mentre la parte tecnica può essere studiata, si possono suggerire alcuni consigli relativi a linee guida di base in merito all’aspetto artistico, ma ognuno dovrebbe cercare un proprio stile per riprendere foto veramente uniche.

Le diagonali e il movimento: se vogliamo conferire dinamicità, profondità e movimento alle immagini, dovremo sfruttare le linee diagonali, cercando di organizzare l’immagine con profondità. Un’immagine deve esprimere qualcosa, trasmettere emozioni, avere una trama, proprio come un racconto. Panoramiche e stitching: per scattare una sequenza panoramica, prima di tutto occorre trovare un punto di vista adeguato. Io lavoro a mano libera, scattando da destra a sinistra (o viceversa), avendo cura di sovrapporre ogni porzione di immagine di un 20% circa. Per una fusione ottimale, specialmente del cielo, conviene esporre manualmente con un un’impostazione che copra la più ampia gamma tonale. Se in qualche scatto appare il sole, cerco di evitar44

Un occhio alla tecnica Prima di tutto, quali obiettivi utilizzare? Anche se si possono scattare ottime foto di paesaggi con qualsiasi obiettivo, generalmente i grandangolari sono quelli più utilizzati. Queste ottiche permettono di catturare la vastità del paesaggio, esaltandone le prospettive e regalando un senso di profondità ai nostri scatti. Per la fotografia paesaggistica, utilizzeremo diaframmi molto chiusi per avere un’ampia profondità di campo: personalmente uso quasi sempre f/11 o f/16 per i paesaggi. Un consiglio è quello di evitare i diaframmi più chiusi, come f/32, perchè portano a una forte diminuzione della qualità dell’immagine a causa della diffrazione, un fenomeno che riduce la nitidezza e il contrasto delle immagini. L’ISO va impostata sulla sensibilità più bassa a disposizione, che in genere è 100 ISO. Scattando a 100 ISO, avremo foto prive di grana, con una buona gamma dinamica e nel complesso un’eccellente qualità. Potremo poi, in fase di post-produzione, applicare una leggera maschera di contrasto senza temere di rendere visibile il rumore. Generalmente, quasi tutti i fotografi naturalistici che conosco utilizzano il treppiede per scattare fotografie di paesaggio. Personalmente, non lo porto quasi mai con me perché è ingombrante e poi, ma questo è un vezzo del tutto personale, preferisco scattare a mano libera. Tuttavia, il treppiede è essenziale per scattare foto molto nitide e ricche di dettaglio, in particolare con i tempi di scatto lunghi tipici della fotografia di paesaggio. Inoltre, permette di comporre attentamente la foto, e concede più tempo per riflettere sulla composizione.


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La luce La luce è l’elemento fondamentale della fotografia, e ancora di più della fotografia di paesaggio. Una buona luce può trasformare un soggetto poco interessante in un posto fantastico e, viceversa, una luce sbagliata può rovinare anche i soggetti più belli. Una giornata di sole intenso, con un cielo senza nuvole, è secondo me, una delle peggiori condizioni di luce. Al contrario di come erroneamente, molti principianti la considerino eccezionale. La luce migliore è quella ai margini della giornata: all’alba e al tramonto la luce è calda e diffusa, le ombre sono meno aggressive e i colori sono caldi. Bisogna alzarsi presto e andare a dormire tardi per riprendere

Saint Nicholas, Val d’Aosta. Un po’ di fortuna non guasta mai. Tornando da una sessione di foto nel bosco, sulla strada ho incontrato questa situazione di luce. Sono sceso dall’auto ho inquadrato e scattato. In fase di post produzione ho semplicemente desaturato il cielo e applicato una leggera maschera di contrasto.

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Due esempi di panoramica: Monte Penne a Capraia. Immagine composta da quattro fotogrammi orizzontali. Sotto: Vallone di Massello. Immagine composta da nove fotogrammi verticali. Montate entrambe con la funzione photomerge di Photoshop. Layout: cilindrico.

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i paesaggi con questa luce, ma i risultati ripagano i nostri sforzi. Quando realizzo reportage faccio escursioni di 3-4 giorni, e monto la tenda in punti panoramici o dormo in bivacchi o rifugi nelle aree più suggestive della zona che sto visitando. Se non c’è la possibilità di attendere l’alba o il tramonto e dobbiamo scattare durante le ore centrali del giorno, ci sono varie strategie per ottenere il meglio dalla luce tutt’altro che ideale. Se il cielo è blu e senza nuvole, possiamo cercare di inquadrarne il meno possibile. Se il cielo è interessante, invece, possiamo cercare di includerlo come parte della composizione. Un filtro polarizzatore, in questo caso, aiuta ad aumentare il contrasto con le nuvole, e rende più intenso il blu del cielo. In ogni caso, cerco di scattare ad ogni ora del giorno. Per esempio, se c’è il sole alto fotografo sotto gli alberi; se sono in mare, il sole alto è ideale per sfruttare i raggi che penetrano nell’acqua fino ad illuminare il fondale o per scattare immagini a pelo d’acqua. Albe e tramonti non sono le uniche situazioni in cui si può fotografare. Quando il cielo è coperto, o addirittura sotto la pioggia battente, si possono scattare foto eccellenti. Le nuvole e il cielo tempestoso creano un’affascinante atmosfera, che risulta in foto di paesaggi molto diverse dalle classiche vedute turistiche da cartolina. Inoltre, il cielo coperto regala colori forti e intensi.

LA MIA ATTREZZATURA Il mio corredo di base deve essere leggero ed essenziale e il meno ingombrante possibile per trasportarlo sempre e ovunque, anche per ore e ore di camminata in montagna. Per affrontare ogni situazione personalmente utilizzo: • • • • •

2 corpi macchina (NIKON D300S + NIKON D200 ) AF-S Zoom Nikkor 70-200mm f/2.8G ED VR II NEW AF DX Fisheye-Nikkor 10.5mm f/2.8G ED DX AF-S DX Zoom-Nikkor 18-70mm f/3.5-4.5G IF-ED DX AF-S Nikkor 50 mm f/1,4G utilizzato con lenti addizionali per riprese ravvicinate • NIKKOR AF-S TC-20E II • 2 Scafandri Nimar NI303D (per Nikon D200 e D70)

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La regola dei terzi (e relative eccezioni) L’errore più comune dei fotografi principianti è inquadrare l’orizzonte esattamente al centro dell’immagine. In genere, il risultato è un’immagine monotona e poco bilanciata: il primo passo per migliorare la composizione è quello di inquadrare il paesaggio secondo la regola dei terzi. In che modo? È molto semplice: immaginiamo di dividere l’inquadratura in terzi. Si può inquadrare la foto con 1/3 di primo piano e 2/3 di cielo, oppure con 2/3 di primo piano e 1/3 di cielo: in altre parole, dobbiamo cercare di creare composizioni asimmetriche, ma ovviamente, come in ogni campo, non esistono regole universali. Il consiglio è sempre lo stesso: sperimentiamo!!!

OUTDOOR PHOTOGRAPHER: workshop fotografici da noi organizzati nei parchi italiani. Per informazioni: outdoor@turismotorino.org e www.nital.it Molte delle immagini di queste pagine, sono contenute nella nostra guida fotografica relativa a Elba e Capraia: info@coverfreepress.com

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IL MIO ZAINO Tanto per non complicarci la vita, siccome non fotografiamo propriamente in un confortevole studio al caldo e con un tetto sulla testa, dobbiamo provvedere a portarci dietro tutto (o quasi) l’occorrente per poter fotografare. Questo è il mio kit “essenziale” di lavoro: • Zaino capiente totalmente impermeabile • Cavalletto piccolo e robusto (che non porto praticamente mai) • Schede di riserva • Batterie e caricabatterie • Binocolo piccolo e leggero • Pennellino con pompetta per interventi di emergenza; per i sensori sarebbe meglio un piccolo aspiratore • Blocco notes con penna • Cartine e guide del territorio Inoltre, il nostro zaino deve esserci di aiuto anche per quanto riguarda l’escursione, quindi dovrà contenere: • Abbigliamento termico asciutto di scorta, specie se si cammina in alta montagna • Giacca a vento/mantellina per la pioggia • Guanti comodi e caldi • Lampada frontale • Coltellino • Luce di emergenza • Bussola/gps • Borraccia • Vivande di scorta • Crema protettiva • Cappellino di lana (se in montagna, anche in estate) • Occhiali da sole adeguati (maschera se in alta montagna, occhiali da ghiacciaio all’occorrenza) • Kit di pronto soccorso Per finire: Assolutamente da non dimenticare un abbigliamento adeguato al terreno che andremo a perlustrare per fotografare. A seconda dei soggetti e/o zone, dovremo scegliere l’abbigliamento adeguato. Per esempio, se andiamo alla ricerca di animali, dovremo utilizzare abbigliamento in tessuto non sintetico, per evitare il rumore prodotto dallo sfregamento. Scarponcini da trekking e cappellino sempre.

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La lunga stagione della vela a Porto Cervo Testo e Foto: courtesy Yacht Club Costa Smeralda

Ha avuto inizio l’attività agonistica del Club Nautico di Porto Cervo, che organizza nel 2010 una serie di manifestazioni veliche di alto significato agonistico, che costituiscono i piÚ importanti appuntamenti del vasto panorama internazionale.

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“Affronteremo queste meravigliose e affascinanti regate con l’umiltà degli ultimi arrivati, ma con la convinzione di essere degni di partecipare a questo evento”. Questa è stata la frase pronunciata da S.A. l’Aga Khan, Presidente dello Yacht Club Costa Smeralda, all’esordio in Coppa America nel 1983 a Newport. Una frase che ha sintetizzato, allora come adesso, lo spirito di Azzurra che, come è noto agli appassionati dello sport della vela, è tornata in mare da qualche mese nelle regate del circuito Louis Vuitton Trophy raggiungendo un primo posto a Nizza e un bellissimo terzo ad Auckland. Con questi straordinari risultati è iniziata l’attività agonistica del Club Nautico di Porto Cervo, che ha inserito in calendario nel 2010 una serie di manifestazioni veliche di alto significato agonistico, che rappresentano i più importanti appuntamenti del vasto panorama internazionale. La prima uscita in mare è stata dedicata al Trofeo Vela & Golf, agli inizi del mese di maggio, arrivato alla sua sesta edizione. Molto interessante la formula che ha visto ben 54


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sette Club iscritti al Trofeo, ognuno composto da quattro persone, che hanno compiuto le prove previste dal programma sia nello specchio di mare davanti al porto di Porto Cervo sia nel campo di golf del Pevero, considerato tra i migliori impianti da diciotto buche al mondo. Una breve pausa del calendario ha visto spostarsi a La Maddalena lo staff tecnico dello Yacht Club Costa Smeralda per la tappa Italiana del Louis Vuitton Trophy, che prevede la presenza del Team Azzurra, uno dei dieci equipaggi in gara e, tra questi, anche altre due barche italiane, Mascalzone Latino e Luna Rossa. Dall’8 al 12 giugno si svolge la Loro Piana Superyacht Regatta che è diventata, nel giro di due anni, una delle manifestazioni veliche più attese di tutta la stagione sportiva per quanto riguarda i grandi yacht a vela. Con la collaborazione del Boat International Media e dell’International Maxi Association vede la partecipazione di imbarcazioni con una lunghezza minima di 23,8 metri - 78 piedi - divisi nelle categorie Performance e Cruising. 55


Sono previste quattro giornate di regate attorno alle isole che formano l’arcipelago di La Maddalena, mentre un’interessante serie di manifestazioni collaterali contribuirà a rendere ancora più gradevole la permanenza dei partecipanti in questa parte della costa Gallurese. Il mese di giugno vede, ancora, tre eventi: il 19 il Trofeo Alessandro Boeris Clemen, dal 25 al 27 l’Audi Invitational Melges 32 e, negli stessi giorni, il Farr 40 European Circuit. L’Audi Invitational rappresenta il quarto appuntamento europeo di stagione per gli scafi Melges 32, nonché il terzo e penultimo evento dell’Audi Sailing Series 2010. Le spettacolari regate di flotta si disputeranno su percorsi a bastone nello spazio di mare antistante l’imboccatura del porto di Porto Cervo. La formula di partecipazione prevede la presenza a bordo di ciascuna di queste imbarcazioni di un personaggio dello spettacolo o dello sport. Molti partecipanti all’Invitational, poi, dovranno familiarizzare con i campi di regata e le condizioni atmosferiche in vista della loro partecipazione all’ISAF Offshore Team World Championship della settimana successiva. Per questo motivo gli ospiti a bordo non godranno di nessun trattamento particolare e saranno, perciò, chiamati a contribuire al successo della squadra. Dopo aver, infine, disputato a Porto Cervo gli europei del 2002 e 2007 e il mondiale del 2003 e 2009, tornano ora nelle acque della Costa Smeralda, per la seconda tappa del

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Circuito Europeo della classe, i velocissimi Farr 40. Infatti questa flotta è, notoriamente, molto competitiva e non sono pochi i campioni di questo sport che non vogliono mancare all’appuntamento.La fine di giugno, con un’appendice in luglio, vede comunque l’apertura di un’altra manifestazione velica che ha fatto la storia dello yachting nel Mediterraneo. Si tratta dell’Audi Sardinia Cup: una competizione a squadre per nazioni; ognuna è formata da due scafi monotipo come il Farr 40 e il Melges 32. Il programma delle regate, sia a bastone sia costiere, impegnerà gli equipaggi per cinque giorni e si avrà l’occasione per ammirare all’opera i più conosciuti velisti al mondo. Nel mese di luglio ancora due manifestazioni con una protagonista assoluta, la Smeralda 888 che parteciperà all’Invitational dal 9 all’11 e alla Coppa Europa dal 16 al 18 dello stesso mese. Infine i grandi appuntamenti di settembre dopo la pausa di agosto: la Maxi Yacht Rolex Cup - nell’ambito della quale si disputerà anche il mondiale per i Mini Maxi - dal 5 all’11, la Rolex Swan Cup dal 13 al 19 e, in chiusura del mese, la Oyster Regatta. Come è noto, soprattutto le prime due manifestazioni costituiscono due degli eventi velici più attesi dagli armatori di tutto il mondo della vela e rappresentano, da oramai diversi anni, le regate più importanti e non solo nell’ambito del mare Mediterraneo.


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FOTO: Jimmy Chin

giuliamonego alla ricerca dello Shangri La Una spedizione sportiva, sponsorizzata da The North Face, ma con una profonda valenza spirituale, tanto importante quanto gli obiettivi agonistici raggiunti dagli atleti.

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Giulia Monego atleta del team Kastle, The North Face, Garmont

In molte religioni, soprattutto di origine orientale, il movimento circolare e rigorosamente in senso orario compiuto intorno a oggetti e luoghi sacri, come i templi, è una delle pratiche rituali di purificazione e redenzione più sacre e antiche. Nella tradizione tibetana, questa forma di pellegrinaggio, conosciuta come circumambulazione, viene spesso compiuta intorno alle vette sacre della zona montuosa racchiusa tra le province meridionali della Cina e i confini settentrionali di Nepal, Bhutan, Bangladesh e Myanmar. È proprio lungo uno degli itinerari percorsi ancora oggi da monaci buddisti e pellegrini che si è mossa Giulia Monego, free

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skier italiana e atleta del Global Team The North Face, insieme agli altri membri della Shangri La Expedition: Jimmy Chin, Ingrid Backstrom e Kasha Rigby. Alla dimensione sportiva della spedizione, sponsorizzata da The North Face, si è quindi aggiunta una profonda valenza spirituale, rivelatasi tanto importante quanto gli obiettivi agonistici raggiunti dagli atleti. Giunta il 17 settembre nella regione dello Yunnan, la provincia più a sud ovest della Cina, al confine con il Myanmar, Giulia ha dapprima percorso il sentiero sacro che, attraverso foreste incontaminate, passi montuosi e altipiani a oltre 4.000 metri di altitudine, si snoda verso le Kawa Karpo, montagne sacre ai buddisti, che attirano ogni anno migliaia di pellegrini: terreni e orti rigogliosi, animali al pascolo, occasionalmente qualche paesino isolato o un monastero buddista sono gli elementi che hanno fatto da suggestiva cornice al percorso di Giulia e degli altri membri del team. “Camminare fianco a fianco con i pellegrini che affrontano questo impervio sentiero con zaini e calzature rudimentali fatte di canapa e cotone, dormire insieme a loro nelle capanne di legno con i teli di plastica per proteggersi dalla pioggia e l’immancabile fuoco sacro che brucia all’ingresso, condividere con loro un’esperienza radicata da centinaia e centinaia di anni nel cuore più profondo della tradizione tibetana: tutto ciò ha contribuito a rendere questo viaggio un’esperienza unica e indimenticabile”, è il commento di Giulia. Dopo questa prima fase della spedizione, il team si è spostato nella regione del Sichuan, per tentare la prima discesa con gli sci del Reddomaine (m 6.112), satellite della catena montuosa del più famoso Mynya Konka, con i suoi 1.300 metri di pendii innevati esposti e ripidi. Dopo due giorni di forzata attesa, a causa del maltempo, serviti peraltro per il necessario acclimatamento, Giulia, Ingrid, Jimmy e Kasha hanno lasciato il campo d’alta quota verso le 4 del mattino del 6 ottobre, raggiungendo la cima dopo un’estenuante ascesa di dodici ore, resa assai più difficoltosa del previsto dalla neve profonda. Nonostante la scarsissima visibilità e la traccia di salita quasi totalmente cancellata dal vento e dalla neve, Giulia ha disceso con gli sci gran parte del pendio, compiendo in poche ore un’impresa senza precedenti: “La soddisfazione per aver compiuto la scalata e aver potuto sciare dalla cima del Reddomaine come nessuno aveva mai pensato prima di fare è stata incredibile, ma quello che mi ha stupito davvero è come ci si metta un po’ a realizzare ciò che si ha fatto”, spiega Giulia. “Anche se per me è stato il record assoluto in termini di altitudine e un’esperienza incredibile, non mi sembra ancora di aver fatto niente di eccezionale: per il futuro ho in programma obiettivi molto più ambiziosi e spero di avere la fortuna di raggiungerli”.


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TESTO: C. Roccati | FOTO: AIC / PML

AIC canyoning Torrentismo italiano, torrentismo internazionale dopo un inverno rigido e di certo non avaro di nevicate, e una primavera altrettanto magnanima di copiose piogge, finalmente è arrivato il sole. quasi non ci si crede; la luce chiara e limpida, calda e piacevole, abbaglia il mondo. è finalmente ora di darsi ai torrenti.

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Canyoning: una grande passione a cui non possiamo rinunciare. Come sappiamo, consiste nella discesa a piedi di corsi d’acqua caratterizzati da portata ridotta e forte pendenza, che scorrono all’interno di strette gole chiamate forre, profondamente scavate nella roccia. Appena il sole ha fatto capolino, dopo celeri accordi ci siamo visti per un progetto inventato dall’amico Roberto “Skeno”. Mi ha parlato di un “magico otto”: la meta è in val Roya, appena oltre il confine italo-francese. Roberto vuole scendere dalla gola del Morghe, che ha uno sviluppo di 400 metri molto verticali, con calate fino a 55. Dato che questo rio è l’affluente de La Maglia, continueremo lungo quest’ultima, fino alla sua fine. Giunti al termine, ritorneremo in cima, sempre a piedi, scenderemo anche la Clue de la Maglia superiore, sino al punto di congiunzione, e poi risaliremo a piedi fino alle auto. Un otto magico e blu, costituito da due torrenti magnifici. La gola principale ha uno sviluppo di due chilometri e mezzo, con altri duecento metri di dislivello da aggiungere ai primi. Non ci sono grandi calate, ma è molto acquatica, con divertenti toboga e tuffi “da urlo”, come si suol dire... È una splendida doppia concatenazione, Skeno è un genio. Dopo il breve avvicinamento scendiamo con le prime calate di corda. Le pareti della gola sono liscie, scavate dall’acqua per milioni di anni. C’è pochissima luce, perché è molto verticale, le pareti sono strette e ciò rende tutto più suggestivo. Sorpassiamo una pozza pensile e continuiamo di cascata in cascata, in discesa, percorren-

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do il corso d’acqua secondo la sua naturale caduta. Scendiamo quasi volando sulle corde per 55 inebrianti metri e sostiamo in fondo, al bordo di un piccolo laghetto. Arrivati al punto in cui il rio Morghe si tuffa nella Maglia, parte il primo, con una piccola doppia, sulla cascata che si immette nel corso d’acqua principale, poi via di fila tutti gli altri. Il punto in cui atterriamo è appena precedente a una stupenda grotta naturale in cui l’acqua scompare per riapparire a valle. È possibile percorrere il tratto sia da dentro sia da fuori. Noi passiamo nell’oscurità. Scendiamo in calata e poi continuiamo con tuffi e qualche toboga. Ne approfitto per fare le varianti che mi mancano al percorso completo. Usciamo in fondo al torrente. Risaliamo il sentiero che conduce a mezza costa verso la sorgente. Arrivati all’attacco ci infiliamo nuovamente nella forra, da sopra, nella parte che conosco già. È tutto come mi ricordavo, fantastico. La Maglia è sempre bellissima. Continuiamo nella gola, di tuffo in tuffo. Due o tre metri come una diecina; un toboga o un laghetto, un meandro o una polla. Inseguiamo il torrente, nel cuore della montagna, sino alla grotta in cui, questa volta, scendiamo da sopra, calandoci a filo di ragno. Ne usciamo sereni e pochi metri dopo prendiamo il sentiero mediano che conduce verso la macchina. Ci asciughiamo e ci dirigiamo verso la “birra di giornata”. Alziamo i boccali, quasi in attesa dell’inizio della vera stagione estiva. Anche questa volta lo farò già pensando alla prossima avventura, che peraltro è dietro l’angolo… L’Associazione Italiana Canyoning, infatti, ha annunciato l’organizzazione del nuovo raduno internazionale annuale. Per l’edizione 2010 il meeting si terrà a partire dalla meravigliosa Alpe Gomba in val Bognanco. La grande val

d’Ossola sembra proporsi come il luogo clou per il torrentismo in Italia. I vari ripetitori delle forre sostengono che sia in grado di rivaleggiare con la vicina Svizzera, vera meta di pellegrinaggio per i canyon da decenni. Questo ritrovo rilancerà il forrismo della Penisola come una vera mecca torrentistica. Ossola2010 sarà anche, finalmente, l’occasione per riflettere sul tema della sicurezza nell’affrontare la discesa di una forra che, specialmente durante un raduno che coinvolge centinaia di persone, rimane di frequente in secondo piano. Sicurezza al primo posto e rispetto dell’ambiente come tema affiancato, per ricordarsi sempre che il torrentismo esiste solo perché esistono dei posti meravigliosi che vanno preservati e rispettati, in primo luogo da noi che ne siamo frequentatori privilegiati. Del resto, il rispetto ambientale è alla base della filosofia dell’AIC. L’associazione aderisce infatti a progetti internazionali per lo studio dei cambiamenti climatici globali e organizza l’installazione in forra di siti di rilevamento di parametri meteorologici. Non a caso i torrentisti dell’Associazione aderiscono all’iniziativa internazionale Clean Up the World anche in rapporto con il suo tramite italiano riconosciuto, la Lega Ambiente. Il raduno inizierà sabato 14 agosto e si concluderà domenica 22 agosto. L’appuntamento è per sabato 14, ore 9.30, presso la segreteria del raduno, in località Gomba. È possibile reperire ogni informazione sul sito apposito: www.aic-ossola2010.com Sarà un tripudio di torrenti il giorno e di piacevoli serate dopo le “dure fatiche” dei dì dalle incredibili possibilità. Lo si deduce dal fatto che solo nella “piccola” val Bognanco si contano ben quattro gole, rispettivamente i rii Rasiga Variola superiore e inferiore e il Deseno inferiore. Vi sono poi la citata val d’Ossola, le valli Anzasca, Antigorio e Formazza, la valle Isorno, la val Vigezzo, la val Grande e la Cannobina, per un totale di una trentina di forre principali. È chiaro che si tratta di un vero paradiso per torrentisti. Con il cuore sempre più alto lascio perciò la val Roya; la giornata è stata magnifica, ma ne avrò di più entusiasmanti in Italia, dove mi aspetta Ossola2010, un’acquatica terra promessa. … Di tuffo in tuffo, da un toboga a un laghetto, da un meandro a una polla...

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Text & Photo: Alberto Maiorano photomaio.com

THE ISLAND Seimila fotografie scattate, millecinquecento chilometri percorsi, otto giorni di permanenza, sei spot visitati, due rider e un fotografo: questi sono i numeri che si celano in queste pagine, elaborate con Alessandro Piu e Filippo Orso. Tutto Ê cominciato un pomeriggio a casa di Filippo, davanti alle previsioni meteo. Era una giornata di aria fresca, cielo limpido, sole, Mar Ligure splendido, ma senza onde. Da qui l’dea mia e di Filo di prendere due biglietti per il traghetto, telefonare ad Ale e partire: destinazione Sardegna.

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E io già non vedevo l’ora di attraccare sull’isola, per cominciare a produrre materiale con due ottimi atleti del panorama italiano. Eccoci arrivati. A Cagliari la giornata era stupenda, il sole alto prometteva bene; decidemmo di non perdere tempo prezioso e di dirigerci subito verso il primo spot. Ho fatto conoscenza con Ale durante il tragitto sulla sua vecchia Volvo Polar, con la musica sparata al massimo e carica di tavole e attrezzature fotografiche, che sbandava qua e là affrontando una curva dopo l’altra. La giornata era appena cominciata! Il clima era eccezionale, e in poco tempo mi sono ritrovato catapultato da solo su una splendida spiaggia sabbiosa, mentre Ale e Filo in acqua cercavano di dare il massimo: l’obiettivo era portare a casa fotografie che rispecchiassero al meglio i loro surf-riding. Ale era più in aria che in acqua, Filo, provato dal viaggio e pur sempre in acque straniere, faticava a scaldarsi ma comunque regalava manovre di tutto rispetto. Questa é stata la prima giornata di surf nell’isola o meglio... la nostra. Il secondo giorno, il tempo ci ha abbandonato e le nuvole coprendo il sud ci hanno obbligato a spostarci cercando qualche altro spot che offrisse condizioni ottimali per produrre altro materiale.

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Quattro spettacolari momenti del surf-riding di Alessandro Piu.

Durante il viaggio, sono rimasto colpito dal paesaggio, che é indubbiamente mozzafiato: nonostante le nuvole in alto coprissero il sole, a terra la vegetazione appariva rigogliosa, i prati erano verdi e le spiagge erano di sabbia rosa, con le suggestive calette sarde che movimentano qua e là la costa, tuffandosi nel mare azzurro. Ormai quasi tutti gli spot sardi sono conosciuti e frequentati, ma parlando con Ale del problema dell’affollamento delle acque ho scoperto alcuni vantaggi che regala l’isola: non ci sono webcam sulle spiagge, quindi i surfisti non possono sapere con precisione se in quella determinata località il mare fa onde o meno; non rimane che andare all’avventura. Da noi nel ‘‘continente’’ le spiagge sono piene di webcam, che ci permettono di vedere in tempo reale il posto ideale per una giornata di surf, ma contemporaneamente lasciano spazio a un enorme rischio di affollamento degli spot. In Sardegna ogni volta é quindi una sorpresa e si rischia di dover percorrere centinaia di chilometri in un giorno per poter trovare lo spot giusto per surfare, fatto che per Ale è del tutto normale, mentre Filo e io rimaniamo comunque stupiti, abituati come siamo a svegliaci di primo mattino per consultare le “comode” ma “scomode” webcam, tanto amate e odiate dai local surfer.

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Infatti eccoci a dover percorrere non pochi chilometri prima di trovare il prossimo spot giusto. Anche in questa seconda giornata, comunque, nonostante il tempo nuvoloso siamo riusciti a portare a casa del buon materiale e Filippo, ormai ambientato, ha regalato qualche air con il suo classico stile al mio obiettivo, mentre Ale prova trick di ogni tipo rischiando qualche pinnata in faccia, ma giustificato dal fatto che era in piena forma, essendo tornato da poco da tre mesi di surf a Bali. I giorni sull’isola sono passati veloci tra uno spot e l’altro e sicuramente la compania di Filo e Ale ha aiutato a rendere giorni speciali anche le giornate piovose.

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Filippo e Alessandro sulla costa sud della Sardegna.


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Del resto si è instaurato un buon livello di affiatamento, beh, certo con momenti di alti e bassi, ma questo é ovvio quando si sta per più di otto ore per strada, magari sotto la pioggia e il vento! Per fortuna la swell ci ha regalato onde di ottima qualità per tutta la settimana, sia destre che sinistre a seconda dei vari spot che abbiamo provato, con tempo variabile e giornate limpide, con il sole che, ahimè, andava e veniva. L’ assenza di luce, infatti, è un punto debole e costituisce un problema se si vogliono scattare fotografie sportive; per questo ho dovuto cestinare numerosi scatti: erano di scarso valore, anche se immortalavano manovre di ottima qualità! Ormai Filo conosce le problematiche legate alla luce e alla pioggia, a forza di sentire le mie lamentele legate al tempo, il che è positivo perchè credo che non debba mai mancare il feeling tra rider e fotografo se si vuole affrontare al meglio una session di surf. Ho deciso di non raccontare il resto dei giorni, perché sa-

rebbe troppo complesso descrivere le giornate che abbiamo trascorso tra uno spot e l’altro, con interminabili viaggi in auto, percorrendo migliaia di chilometri per inseguire le condizioni ottimali della swell. Gli scatti di queste pagine riassumono una splendida settimana sull’isola, di surf e di esperienze con due rider che mi hanno insegnato molto; Filippo continua a farlo, portandomi a conoscere il mare e ad apprezzarlo sempre di più, con il rispetto e la gratitudine che si devono nei confronti della natura. Da buon ligure, nato e cresciuto sulla costa, non gli è difficile svolgere questo compito! Alla fine della settimana, quando ormai il nostro soggiorno in terra sarda stava per terminare, la malinconia ha iniziato a farsi sentire; le località visitate sono state molte, così come le onde prese e i tramonti speciali, che oltre a essere stati immortalati dalla macchina fotografica sono rimasti anche da qualche parte dentro di noi, splendidi doni che questa magnifica terra ci ha voluto fare.

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TRIP

TESTO: Carlo Brena | FOTO: SALEWA/Xandi Kreuzeder

ROCKSHOW 2.0 l’arrampicata in tour

Quelli delle mani sporche di magnesite la considerano uno stile di vita più che uno sport: l’arrampicata infatti è un incontro tra amici in verticale, dove ognuno misura le proprie capacità in un confronto di forza e “antigravità” con gli altri. Si presenta così la seconda edizione di RockShow, un tour itinerante di 9 tappe in cinque Paesi alpini, dove giovani climber si sfidano per conquistare la finale del circuito e staccare il biglietto per assistere in prima fila ai Campionati Mondiali di Arrampicata di Arco di Trento nel 2011.

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Negli ultimi mesi, nel mondo dell’arrampicata si fa un gran parlare di un evento itinerante atteso con fermento e tante aspettative. I climber di mezza Europa sono in attesa del via di RockShow 2010, il circuito di arrampicata che, nella seconda metà di giugno, anima le pareti verticali di nove tra le più prestigiose località europee della scena alpinistica. In ognuna di queste località otto giovani climber hanno la possibilità di trascorrere una giornata con i professionisti dell’alpineXtrem Team di Salewa, svolgendo con loro l’attività che preferiscono: boulder, roccia o apertura di nuove vie. Alla fine di ogni giornata i tutor devono prendere una decisione difficile, a volte sofferta, ma necessaria per eleggere l’Hero of the Day, ovvero il migliore degli otto climber, che avrà l’opportunità di accedere alla finale. Ma andiamo con ordine. SALEWA Rockshow 2010 Dal 15 al 26 giugno il RockShow 2010 si sposta come un circo di saltimbanchi dell’arrampicata in cinque nazioni dell’arco alpino, per un numero complessivo di 9 tappe. Per la cronaca, lo staff dovrà percorrere oltre 3.000 chilometri in macchina, e do-

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vrà montare e smontare parte delle strutture ausiliarie per lo svolgimento delle manifestazioni. In ogni tappa sono otto i candidati che si sfidano su e giù per falesie e sassi di boulder, e a fine giornata uno di loro sarà incoronato Hero of the Day. Ma gli otto candidati non sono soli nelle loro sfide in parete, perché ad assisterli ci sono i membri del prestigioso Salewa alpineXtrem Team, che vede nomi quali gli italiani Angelika Rainer, Florian Riegler e Simon Gietl, gli svizzeri Roger Schäli e Barbara Büschlen e il trio austriaco composto da Johanna Ernst, Andrea Maruna e Daniel Kopp. Oltre al montepremi in materiale e attrezzatura, l’Hero vince anche la possibilità di accedere alla final battle del RockShow, che si terrà nell’ambito della fiera OutDoor di Friedrichshafen, sulla costa tedesca del lago di Costanza, dal 15 al 18 luglio 2010. Qui i nove vincitori di tappa si contenderanno il titolo di Hero of the Tour e solo uno potrà staccare il biglietto esclusivo per i Campionati Mondiali di Arrampicata IFSC, che si terranno ad Arco in Trentino nel luglio del 2011. E allora, eccolo il calendario del Rock Show 2010. Si inizia in Austria a Kärnten martedì 15 giugno e il giorno dopo la carovana si sposta a Tirolo, prima di


estate | 10 Nelle foto di queste pagine, lo svizzero Roger Schaeli impegnato nel superamento di un difficile passaggio (pag. 74); Andrea Maruna, di Vienna, un vero talento dell’arrampicata (pag. 75); Roger Schaeli, noto per la naturalezza che mostra nell’affrontare pareti esposte (pag. 76) e la bolzanina Angelika Rainer, l’angelo azzurro del Salewa alpineXtrem Team (pag. 77).

spostarsi in Germania, giovedì 17 giugno a Fränkische Schweiz. Restando ancora in Germania la quarta tappa è venerdì 18 giugno a Schwäbische Alp. Senza soluzione di continuità si passa il valico con la Svizzera per la tappa di sabato 20 giugno a Meiringen (o in alternativa a Engelberg), e dopo un meritato giorno di riposo una sessione si terrà lunedì 21 giugno nella cittadina di Martigny; dalla Svizzera alla Francia, mercoledì 23 giugno a Grenoble e finalmente si giunge in Italia con gli ultimi due appuntamenti: giovedì 24 giugno a Finale Ligure e venerdì 25 giugno a Tires, in Alto Adige. Qui, nel paesino altoatesino il circuito si concluderà nel cuore dei festeggiamenti del 75° anniversario della fondazione di Salewa, che l’azienda altoatesina ha in programma in Valle di Tires. Sono nove tappe non solo di arrampicata, ma di grande aggregazione sportiva, con iniziative collaterali come il fenomeno dello slacklining che sta appassionando i climber nei momenti di relax. Inoltre, durante Rockshow 2.0 vengono presentati e testati i nuovi prodotti Salewa della linea La Mano, la collezione di abbigliamento per gli appassionati e i professionisti dell’arrampicata, caratterizzata da soluzioni tecnologiche innovative sia sotto il profilo dei tessuti, sia quello ancor più attraente del design e dello stile. ROCKSHOW, le selezioni italiane Ma prima di accedere al circuito, i climber italiani hanno dovuto fare un po’ di anticamera. Gli sfidanti sono stati scelti attraverso prove organizzate durante il qualifying tour dello scorso mese di maggio. In altre parole, ogni nazione ha organizzato degli eventi locali da cui sono usciti alcuni nomi degli sfidanti. La parte italiana del tour di qualificazione ha visto quattro location storiche dell’arrampicata: Bevera in provincia di Lecco, Treviso, Arco di Trento e Val Passiria. Decine di giovani climber hanno infilato le mani nella sacca della magnesite, divertendosi e facendo divertire, dando prova del proprio valore, ma anche di uno spirito tutto nuovo che aleggia intorno all’arrampicata sportiva. C’è qualcosa di magico nel vedere questi ragazzi e ragazze guardare e scrutare la via da salire, sia essa una falesia sia un blocco di boulder. Concentrazione, abilità, determinazione, energia, una miscela di valori non comuni, e forse anche per questo Rockshow è qualcosa di diverso. Qualcuno dice che è il terreno di una nuova generazione.

ROCKSHOW - The Movie Giunto alla seconda edizione, Rockshow è l’evento di arrampicata più cool della stagione, e grande successo ha destato l’esordio dello scorso anno da cui è stato ricavato il cortometraggio “ROCKSHOW – The movie”, proiettato in anteprima a Innsbruck lo scorso 15 aprile 2010. Oltre a mostrare le impressionanti riprese delle arrampicate del registra Flo Murnig, il suggestivo film presenta in maniera coinvolgente protagonisti e viaggi intrapresi nel cuore dei Paesi alpini. Per capire che cos’è stato il tour dell’arrampicata interpretato dai testimonial Salewa, è sufficiente digitare “Salewa Rocktour 2009” in Youtube e lasciarsi sommergere dalle emozioni dell’arrampicata.

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TESTO: Pino Dellasega | FOTO: Scuola Italiana Nordic Walking

nordicwalking Negli ultimi anni il nordic walking è lo sport che ha maggiormente incrementato il numero di praticanti. Nato negli anni Trenta nei Paesi scandinavi, era praticato dagli atleti dello sci di fondo, che avevano capito che se durante l’estate mantenevano in allenamento le braccia, sarebbero stati subito pronti per le prime gare di sci di fondo invernali.

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In Italia la camminata con i bastoncini è arrivata negli anni Sessanta, grazie a uno svedese che allenava la nazionale italiana di sci di fondo della quale faceva parte Franco Nones, campione olimpico di Grenoble nel 1968, ma solo nel 1997 un finlandese, Marko Kantaneva, diede vita al nordic walking come sport, con una tesi sulla camminata con i bastoncini. È da quel momento che la camminata nordica ha preso questo nome. Da allora questo sport si è diffuso ovunque, e anche chi si occupa di salute ne ha scoperto e dimostrato i benefici: è una disciplina all’aria aperta, impegna attivamente circa il 90% della muscolatura, fa bene a cuore e circolazione, rafforza le braccia e le spalle, migliora la postura della schiena e tonifica glutei e addominali. È ormai utilizzato in

collaborano con le scuole per portare i ragazzi nella natura, lungo percorsi ad hoc. È spesso abbinato allo yoga, e in alcune località turistiche sono nati percorsi sensoriali lungo i quali, con il nordic walking, a piedi nudi si sperimentano diversi tipi di terreno. È uno sport per tutti e per tutto l’anno, e offre un modo facile, economico e divertente di gustare uno stile di vita sano e attivo. Il nordic walking sembra davvero trovare tanti adepti. Solo una moda? Invito chi pensa che il nordic walking sia uno sport di tendenza, e quindi di passaggio, a sperimentarlo: dopo poche uscite si entusiasmerà, verificherà i risultati positivi e difficilmente smetterà. Oggi milioni di persone camminano con i bastoncini: basti pensare che le vendite di bastoni in estate ha superato quelle dell’inverno. Non resta

affiancamento alle cure per gli ammalati di diabete, per gli obesi, per la riabilitazione post-operatoria, e anche per le persone colpite dal morbo di Parkinson. In forma sportiva, è utilizzato come allenamento non solo nello sci di fondo, ma anche nel basket,nel motocross, nella pallavolo e nel rugby, in quanto migliora la coordinazione motoria. Il nordic walking è anche utilizzato per scopi turistico-ricreativi: sono tanti, infatti, gli istruttori che accompagnano i turisti in camminate alla riscoperta del territorio, e

che provare. A spendersi in favore della disciplina perfino Paulo Coelho, uno dei più grandi scrittori contemporanei, che descrive così la camminata con i bastoncini: “Fu una scoperta fantastica! Marciammo lungo i pendii di una montagna con la sensazione che il movimento interessasse l’intero corpo, che l’equilibrio risultasse più solido, che la stanchezza fosse minore. Percorremmo il doppio della distanza che abitualmente coprivamo in un’ora. Avevo tentato di esplorare un ruscello in secca, ma avevo rinunciato per le difficoltà insormontabili

rappresentate dalle pietre del greto. Pensai che con quei bastoncini sarei riuscito nel mio intento: fu davvero così.” Il nordic walking è una disciplina sportiva facile ma appagante, in quanto porta un sicuro beneficio fisico e un costante contatto con la natura; è un’attività sportiva sana e naturale, che può essere praticata ovunque, per tutto l’anno e a tutte le età. Ma camminare con dei bastoncini non dovrebbe essere una cosa scontata e facile? Attenzione! Molti hanno già camminato con i bastoncini, ma il nordic walking è un’altra cosa: il bastoncino è usato per spingere e non come appoggio! Il principio fondamentale è proprio quello di coinvolgere il maggior numero possibile di muscoli, con un maggiore consumo calorico e un miglioramento della forma fisica.

Tutti parlano di quel 90% di muscoli usati con la camminata nordica, ma Pino Dellasega e Claudio Vitali hanno capito che che l’altro 10% era il più importante, e hanno inventato il BRAIN WALKING, camminata creativa proposta ai manager per risolvere portare idee innovative utili all’azienda. Nel Brain Walking si toccano le corde del pensiero: il cammino diventa un viaggio dentro se stessi e con il passare del tempo arrivano anche le idee, tante. Considerare il nordic walking solo dal punto di vista fisico, ci spiega Pino Dellasega, è riduttivo, in quan-


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to se si legge tra le sue pieghe nascoste la camminata nordica diventa uno stile di vita, il primo passo per ritrovarsi, un modo facile, a contatto con la natura, appena fuori casa: bastano un sentiero, una ciclabile, un parco... e via! Giorno dopo giorno, il corpo cambia e la mente si apre. Corpo e mente diventano un tutt’uno, in perfetta sintonia con il mondo che ci circonda, arrivano segnali che prima non recepivi perché disabituato dalla quotidianità, incominci a vedere e capire le cose semplici, i piccoli insegnamenti che la natura offre ma che non vediamo perché siamo abituati a guardare sempre un po’ più in là. Dopo un po’ il movimento ritmico di passi e spinte di bastoncino fa sì che il cervello non pensi più al movimento, ma si apra ai propri meandri irrazionali, dove normalmente arriviamo di notte nei sogni o nel dormiveglia, e si apre tutto un mondo incredibile, chiamato appunto Brain Walking. “Ero uscito per fare una passeggiata, ma alla fine rimasi fuori sino al tramonto, perché l’andar fuori, era, in verità, un andare dentro”: con questa frase il poeta naturalistico John Muir ci fa capire l’importanza del cammino. Un nordic walking dunque a 360°, quello proposto dalla Scuola Italiana Nordic Walking di Pino Dellasega e Fabio Moretti, non solo benessere fisico, ma anche stile di vita e nuova filosofia per affrontare la quotidianità in modo diverso: il nordic walking diventa... un viaggio dentro noi stessi.

LA SCUOLA ITALIANA NORDIC WALKING Costituitasi nel 2008 da un’idea di Pino Dellasega e Fabio Moretti, è un’Associazione Sportiva Dilettantistica senza scopo di lucro affiliata all’Ente di Promozione Sportiva CSI. La Scuola Italiana Nordic Walking ha lo scopo di promuovere, sviluppare e salvaguardare il nordic walking o camminata nordica sul territorio italiano. Inoltre, si occupa dell’organizzazione dei corsi per la formazione degli istruttori di nordic walking, curando e cercando di sviluppare in particolar modo la crescita di ognuno di loro tramite continui corsi di aggiornamento e di specializzazione in varie discipline, che ne completano il bagaglio tecnico-professionale. La Scuola Italiana Nordic Walking è la rappresentante ufficiale in Italia per la pratica e la divulgazione del Nordic Walking originale finlandese, essendo centro autorizzato Pole About© International di Marko Kantaneva, colui che per primo sviluppò il Nordic Walking e iniziò a diffonderlo formando i primi istruttori in tutto il mondo. Conta già tra le sue fila già oltre 700 istruttori sparsi in tutta Italia. Tra di loro ci sono dottori, fisioterapisti, laureati in scienze motorie, maestri di sci, guide alpine, istruttori nazionali di tante discipline sportive, campioni mondiali (Simone Paredi ed Emiliano Sbabo nello skiroll, Cristiano Zanotti nel karate, Niccolò Corradini pluricampione nell’orienteering e Katja Colturi, campionessa del mondo 1996 nello short track e quarta nella staffetta alle Olimpiadi di Lillehammer) e olimpionici (come Pietro Piller Cottrer, recente medaglia d’argento alle Olimpiadi di Vancouver nello sci di fondo e Marco Zanon, già olimpionico e poi allenatore della nazionale di biathlon), altri numerosi atleti nazionali di varie discipline ma anche tanti istruttori che, con il dono di saper “trasmettere” e insegnare, stanno facendo camminare centinaia di migliaia di persone in tutta la penisola.

Che si pratichi su spiagge sabbiose o in montagna, il nordic walking consente di recuperare il rapporto con la natura.

Inoltre, la Scuola Italiana Nordic Walking ha acquisito i diritti per l’Italia della formazione di istruttori di Gymstick Nordic Walking (un’attività specifica che si sviluppa con gli elastici) e avviato altre partnership con importanti aziende del mondo outdoor. Per informazioni: www.scuolaitaliananordicwalking.it oppure visitate il portale italiano del nordic walking www.nordicwalkingtime.it

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TESTO: Roberto Mattioli Team Pedini | FOTO: Monica Dalmasso

ABU DHABI ADVENTURE CHALLENGE

Siamo per la prima volta negli Emirati Arabi e rimaniamo subiti colpiti dalle abitudini di questa società, in frenetica evoluzione, dove tutto sembra pensato per mettere a proprio agio i turisti e dove le imponenti opere architettoniche che stanno sorgendo a vista d’occhio rendono subito l’idea del potenziale di questa giovane nazione. Noi però non siamo venuti a fare i turisti, ma per correre l’Abu Dhabi Adventure Challenge, il più grande evento mediatico nei Raid multisport

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Così impieghiamo quasi totalmente il giorno successivo all’arrivo con le verifiche tecniche e il briefing e l’indomani di buon’ora... via! Cinque intensi giorni di gara, dove si susseguono sezioni di corsa, di mountain bike, di kayak e di arrampicata, tutto in orientamento. In questo tipo di gare il percorso non è segnalato, ma ci vengono fornite delle carte topografiche o delle foto aeree in scala, sulle quali sono indicati partenza e arrivo, e su questo percorso i CP, punti di controllo obbligatori in cui transitare. Oltre a queste informazioni, ci viene dato anche un road book, nel quale sono indicate le coordinate GPS. I primi due giorni di gara, dopo una veloce sezione di triathlon, ci vedono impegnati in due lunghi tratti di kayak di 30 e 50 chilometri, fra mare aperto e incantevoli lagune blu incorniciate dal verde delle mangrovie. A più riprese veniamo affiancati e accompagnati dai delfini con la gobba, curiosi ma comunque un po’ diffidenti. L’orientamento in questi primi due giorni è abbastanza facile, i tanti punti di riferimento sulla costa ci consentono di orizzontarci utilizzando solo la cartina topografica.

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Tutto però cambia quando, abbandonato il litorale, ci addentriamo nel deserto di Rub Al Khali, dove ci attende una sezione di corsa di 120 chilometri. Partiamo al mattino presto, quando il sole è ancora basso, e il fascino che esercita su di noi questo ambiente così ostile è veramente particolare e straordinario. Nonostante le ghette, la sabbia molto fine ci entra ben presto dappertutto, attraverso le cuciture e la trama del tessuto, arriva nei piedi, nel naso, nelle orecchie, perfino in bocca senti i minuscoli granellini di sabbia. Cominciamo subito ad affidarci al nostro GPS, sul quale, la notte prima della partenza, abbiamo impostato le coordinate dei CP e dell’arrivo. Qui mancano quasi totalmente i punti di riferimento, ogni duna è simile all’altra, saliamo e scendiamo su questa sabbia che il vento continua a spostare, disegnando delle onde che assumono colori che vanno dal giallo ocra al rosso vermiglio. A volte la sabbia mista al sale crea un piccolo strato che sorregge il nostro peso, rendendo possibile la corsa, altre volte invece è talmente farinosa che le gambe affondano fino al polpaccio e quando escono

A piedi, in bici e con un kaiak ad Abu Dhabi.


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si sente un suono strano, come quello emesso da un trombone. Arriviamo al primo CP, non mancano più tutti, possiamo rifornirci di acqua portata dagli organizzatori, 2 litri a testa. Pur mantenendo la direzione grazie alla bussola elettronica del nostro GPS, continuiamo a consultare la carta, per mantenerci il più possibile in alto, sulle creste delle dune, per fare meno saliscendi possibile, magari allungando anche un po’ il percorso, ma risparmiandoci il dislivello. Cerchiamo le “chiazze grigie” sulla carta, che sono i fondali di grandi laghi salati, dove il terreno è compatto e dove è possibile correre più velocemente. La temperatura ben presto è rovente, vicino ai 40°; Anne Marie, la nostra coéquipier, canadese è in “ebollizione”, con la sua carnagione chiara soffre più di noi questo ambiente. Michele per far diminuire un po’ la tensione ne “spara” una delle sue: “Sapete qual è il colmo della sfiga per uno? Trovarsi nel deserto a mezzogiorno e adesso sono le 12.30!” L’orizzonte non cambia, un susseguirsi di dune infinite, un cielo blu intenso e un sole a picco, passiamo dal secondo e dal terzo CP. Oltre a controllare le distanze fra i vari CP, con il nostro GPS verifichiamo anche la distanza per raggiungere la linea del finish, una misura virtuale, in linea d’aria, alla quale bisogna aggiungere salite, discese e curve, ma comunque indicativa dello sforzo che ci attende. All’imbrunire continuiamo senza fermarci, approfittando del calo della temperatura per portarci il più avanti possibile. Una breve sosta per mangiare qualche cosa e poi continuiamo sino alle quattro di notte. Non c’è nemmeno la luna, per cui è veramente nero intenso, procediamo con le lampade frontali e facciamo un po’ fatica a trovare le linee di cresta delle dune, ma il fresco della notte ci ritempra. Mai come in questi momenti è indispensabile il GPS, di notte al buio fra le dune del deserto; continuiamo a consultarlo utilizzando la retroilluminazione del display. Alle quattro raggiungiamo il CP 5 e dobbiamo per forza prenderci quattro ore di riposo, come previsto dal regolamento. Fa freddo, la temperatura è scesa a soli 5°, ma per non perdere tempo non montiamo la nostra tenda superleggera, costruita con tela da paracadute, solo un chilogrammo per 4 posti, ma ci infiliamo dentro come in un sacco-lenzuolo. Ripartiamo all’alba dopo aver mangiato quello che ci rimaneva: un liofilizzato di minestrone di verdura con mezza pagnotta da dividere in quattro. Il nostro fido GPS ci dice che mancano circa 40 chilometri all’arrivo in linea d’aria, e la cosa ci fa salire il morale. Fisicamente stiamo bene, solo Anne Marie ha problemi ai piedi. La sabbia le ha fatto venire diverse vesciche, anche fra le dita, e le unghie stanno passando dal viola intenso al nero. Arriviamo all’ultimo CP, è quasi fatta, ma ricomincia il caldo e in aggiunta si alza

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La road map dell’impegnativa gara di Abu Dhabi.

il vento. Siamo un po’ preoccupati, ma il nostro Garmin 550t ci dice che mancano meno di 18 chilometri, non possiamo gettare la spugna. Il vento aumenta e crea degli effetti strani; l’ocra intenso delle dune sfuma nel blu del cielo e in mezzo a queste sfumature, noi. Poi finalmente, sul fondo di un lago salato, l’accampamento dell’arrivo, dove ci attendono l’ombra delle tende, una bibita gelata e un po’ di riposo prima di ripartire per gli ultimi due giorni di gara. Scendiamo per oltre cento metri dalle dune, sprofondando sino al ginocchio nella sabbia finissima. Sul nostro Garmin, che ci ha indicato la rotta in questo mare di sabbia, abbiamo registrato il profilo altimetrico: con i saliscendi delle dune, abbiamo accumulato oltre 1.500 metri di dislivello positivo e altrettanti negativi. Tutti dati estremamente interessanti per gestire al meglio il prosieguo della nostra avventura. Una volta rientrati a casa, potremo inoltre collegarci con il nostro computer a Google Heart e scaricare i tracciati registrati, identificando con estrema precisione il percorso effettuato.

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GARMIN OREGON™ Orientarsi e muoversi in qualsiasi ambiente naturale da oggi con Oregon sarà ancora più semplice, immediato e sicuro. Garmin, l’azienda leader nella navigazione satellitare, presenta al mondo outdoor tre modelli GPS che combinano un’interfaccia touchscreen facile e intuitiva e una tecnologia ancora più potente per il calcolo del posizionamento. Semplice da usare e facile da imparare, il nuovo Oregon è l’ideale per gli “entusiasti” delle escursioni su qualsiasi terreno e in qualsiasi condizione: è impermeabile e il suo display a colori da 3” ad alta risoluzione è quanto di meglio possa offrire uno strumento GPS dalle dimensioni ridotte (è lungo poco più di 11 cm, pesa 193 grammi e ha 18 ore di autonomia). Inoltre i modelli Oregon hanno al proprio interno un’antenna GPS ad alta sensibilità. Il top di gamma della nuova famiglia di GPS Garmin è rappresentato dall’Oregon 400t che offre agli escursionisti anche la mappa topografica dell’Europa precaricata. Garmin conosce bene le esigenze dei propri utilizzatori ed è per questa ragione che è possibile “personalizzare” i prodotti Oregon secondo uno dei cinque profili già precaricati: automotive, nautica, tempo libero, fitness e geocaching. Il menu di Oregon è multilingue compreso l’italiano. Informazioni per il pubblico: www.garmin.it


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green e smeraldo sport e wellness sposano il mare

Campi da golf di un verde quasi irreale, un mare che pare dipinto, punteggiato da mille vele: questa è una vera vacanza in Sardegna.

Dove finisce il green inizia lo smeraldo. Ovvero quando il golf sposa il mare. Il connubio si celebra in Sardegna, dove verdi campi di uno sport leggendario corrono a lambire lingue di candida sabbia, prima di tuffarsi nelle trasparenze cristalline dell’acqua salata. Una vacanza sull’isola diventa così l’occasione per praticare discipline sportive a 360°, sui prati rasati, fra le onde increspate dal vento, oppure lungo le chilometriche, affascinanti spiagge che disegnano il litorale. Il golf ha preso piede ormai da tempo sull’isola. Accanto ai club blasonati, negli ultimi anni sono sorti circoli d’élite, sodalizi esclusivi, e soprattutto nuovi campi. Del resto la Sardegna è una terra ideale per questa disciplina sportiva, quasi un luogo privilegiato grazie al clima mite durante tutto l’anno. E ciò che lo rende ancor più unico è il contesto naturale nel quale è possibile praticare questo splendido e impegnativo sport. Il golf diventa così il pretesto per trascorrere intere giornate in perfetta

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simbiosi con il paesaggio circostante, fatto di orizzonti mozzafiato, insoliti percorsi costieri, stagni naturali, una macchia mediterranea sfolgorante di colori e profumi - quasi una sorta di cromo-aromaterapia – dove si sprigionano essenze di ginepro, mirto, elicriso e corbezzolo: è la sinfonia della natura, il trionfo dei sensi. Da tempo la Gallura spinge per la creazione di campi da golf sul proprio territorio. C’è chi cita come esempio la vicina Spagna, dove vi sono decine di strutture per questo sport e la concorrenza è molto forte. Ma ai sardi non interessa diventare una seconda Spagna, bensì dare risposte certe alle numerose richieste. Il golf è sport di alto livello e ha ricadute economiche eccellenti. Quelle esistenti sull’isola, in ogni caso, sono le strutture con gli standard più elevati di tutto il Mediterraneo, che si trovano magicamente adagiate in luoghi dai forti contrasti cromatici, come i verdi campi incorniciati talvolta da rocce granitiche e calcaree. Rispetto alla Gallura, va un po’ meglio in Costa Smeralda, dove sono


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GALLURA A cura di Emanuele Roncalli

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turismo di charme

aperti campi dal tracciato inserito in una straordinaria vegetazione. Il rischio di sbagliare un tiro – distratti dal panorama circostante – è tutt’altro che lontano e anche il giocatore più concentrato e preparato può incappare più facilmente in uno sbaglio. Per coloro che desiderano avvicinarsi a questo sport non è comunque mai troppo tardi. Certo, occorrono allenamenti, applicazione e una buona scuola. A due passi da Santa Teresa di Gallura, e più precisamente a Valle dell’Erica, l’omonimo resort del Gruppo Delphina dispone di un insolito campo da golf, praticamente sul mare. A disposizione degli ospiti, Green Pratica e Chipping Green, e in loco sono fornite lezioni e ferri da golf (pitch). La location è di quelle da togliere il fiato. Valle dell’Erica si trova a nord di Palau, ai confini del Parco Nazionale Marino dell’Arcipelago di La Maddalena, proprio di fronte all’affascinante isola disabitata di Spargi. La prima parte di Valle dell’Erica – primo villaggio turistico realizzato in Sardegna – fu costruita nel 1958 dal proprietario della valle, un pioniere del turismo sardo. Grazie al fascino del luogo e alla qualità dell’intervento edificatorio per il quale ricevette un riconoscimento dal Presidente della Repubblica, Valle dell’Erica diventò negli anni Sessanta una località molto “in” e ospitò spesso

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Bagni in un mare cristallino e nelle piscine di resort dotati di tutti i comfort: chi ama l’acqua ha trovato il suo habitat!

personaggi famosi e perfino principi e re. Nel 2005 è stato completamente ristrutturato e trasformato in un Resort dotato di tutti i comfort, con l’obiettivo di offrire l’emozione ormai rara di una vacanza naturale (proprio come una volta) ma esclusiva. La posizione del green è unica e irripetibile, a pochi metri da stupende baie di sabbia bianca e rocce scolpite dal tempo, avvolto e immerso in uno scenario naturale tra i più belli dell’intera Sardegna. Fiore all’occhiello della struttura il prestigioso Centro Thalasso e SPA. Per i trattamenti e per le piscine si preleva acqua di mare di qualità eccellente grazie alla purezza dell’ambiente marino della Sardegna e alle correnti delle Bocche di Bonifacio. Alcuni trattamenti, inoltre, sono arricchiti con oli essenziali delle piante aromatiche di Sardegna. Il profumo di queste piante, che crescono spontanee a Valle dell’Erica, misto al salmastro e alla brezza purissima, lascia un dolce ricordo e il desiderio di tornare in questo affascinante angolo di Sardegna. A pochi chilometri da Palau, nel prestigioso parco di Cala Capra e nell’omonima baia, di fronte all’Arcipelago di La Maddalena e alla Costa Smeralda, si trova invece il campo a nove buche Pitch & Putt dell’Hotel Capo d’Orso con campo pratica, circondato da una macchia mediterranea bellissima e vista incredibile sull’isola

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di Caprera. È un campo ideale per principianti o per chi desidera avvicinarsi a questo sport, ma anche i giocatori esperti troveranno i loro PAR 3 con solo rough e piccoli green, avvincenti e stimolanti per il gioco. La struttura fornisce lezioni anche per principianti e noleggio sacche da golf (5/7/9/pitch/putt). Con il golf, lo sportivo – o il vacanziero - scopre anche tanti altri aspetti dell’isola: l’archeologia, la gastronomia, la cultura, la storia, ma soprattutto il mare. Così dal green si scivola dolcemente nelle trasparenze dell’acqua salata per trascorrere intere giornate in mare aperto. La barca a vela è certamente il mezzo migliore per vivere il mare. E la Sardegna ha vento e campi da regata in abbondanza. Fra primavera ed estate, gli appuntamenti velistici non mancano mai. Il Louis Vuitton Trophy (22 maggio-6 giugno) nelle acque della Maddalena - una vera festa del mare e della vela – è l’evento velistico dell’anno, ed è l’unica tappa italiana del prestigioso trofeo velico, che segue gli appuntamenti di Auckland (febbraio 2010, vittoria di Emirates Team New Zealand) e Nizza (novembre 2009, vittoria di Azzurra). Dopo le regate della Sardegna, gli appuntamenti successivi sono in programma a Dubai a novembre e ad Hong Kong a febbraio del 2011. E per coloro che desiderano assistere anche ad altre regate, c’è il fitto calendario dello Yacht Club Costa Smeralda. Assai singolari le regate dei Cetacei su varie rotte delle balene, in una zona che comprende le acque tra Tolone (costa francese), Capo Falcone (Sardegna occidentale), Capo Ferro (Sardegna orientale) e Fosso Chiarone (Toscana). La Regata dei Cetacei è ritenuta uno dei più appassionanti e coinvolgenti appuntamenti italiani per vivere il mare secondo le regole del mare e avvicinare i giovani alle tematiche ambientali facendo conoscere loro questo delicato ecosistema. 90

Chi vuole essere meno spettatore e più protagonista può cimentarsi in tante altre attività. Dai resort Le Dune (Badesi-Castelsardo) e Isola Rossa (Torreruja) del gruppo Delphina – nella parte nord della Sardegna - è possibile partire per numerose escursioni e prove in mare: dalla scuola di vela con catamarani al surf, alla canoa. Gli appassionati di pesca possono prendere parte alle giornate di pesca con traina costiera e d’altura, drifting, bolentino di profondità e leggero. Per le escursioni in grande stile sono pronte barche prestigiose e skipper esperti. Chi preferisce rimanere in assoluto relax e farsi cullare dalle onde può scegliere il veliero d’epoca Pulcinella del Delphina che organizza gite con pranzo a bordo e sosta nelle isole per bagni indimenticabili. Proprio come le vostre vacanze. Infine, chi desidera assaporare le numerose specialità gastronomiche dell’isola può programmare una sosta al ristorante Paguro di Cala Capra, che offre ai clienti anche una marina privata


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Lago di Garda

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Armonia & benessere al Lefay Resort & SPA DI: Emanuele Roncalli

Lefay Resort & SPA Via Angelo Feltrinelli, 118 25084 Gargnano (Brescia) www.lefayresorts.com info@lefayresorts.com

Un paesaggio unico, una corona di ulivi e limoni, un orizzonte che si perde in lontananza sul lago. E soprattutto una SPA al top, un’oasi di benessere e armonia, un luogo dove cullarsi in simbiosi con la natura. Sono alcuni degli ingredienti del Lefay Resort & SPA Lago di Garda a Gargnano (Brescia), a due passi dalle memorie dannunziane di Gardone Riviera. La strada che porta al resort sale dalla costiera lacustre e fiancheggia boschi e prati. Dal Lefay la vista è sorprendente. Da un lato lo sguardo scorge l’ultima neve sul monte Baldo, all’orizzonte si perde fino all’istmo di Sirmione e dall’altro lato il panorama offre una sorta di cromo-aromaterapia con la sinfonia di colori e profumi del bosco e dei limoni. Ecosostenibilità è uno degli imperativi del Resort. Ma ciò che lo caratterizza è il riconoscimento più prestigioso ottenuto al Gala SPA Award, dove ha vinto nella categoria Innovative SPA Concepts, uno dei premi internazionali più importanti nel settore del benessere e della bellezza. Basta scendere fino al cuore del Lefay Resort &SPA per

trovare questo tempio del benessere, in un labirinto di saune, grotte e persino un laghetto salino. I tremila metri quadrati della SPA sono divisi in tre aree: il mondo dell’Acqua e del Fuoco con piscine salina e sportiva, calidarium, lago salino, saune (c’è anche una lady sauna), una veranda relax vista lago, una grotta turchese con lettini ad acqua; Natura e Fitness, con una palestra superattrezzata, sala ginnastica per corsi e varie attività, personal training; nel Silenzio e fra le Stelle, ovvero la trilogia dell’aria, un percorso running e un percorso vita, un giardino enegetico e terapeutico. Non mancano di certo i trattamenti, da quelli cosmetici alla talassoterapia, dai massaggi all’idroterapia. Vi sono poi tre Private SPA ispirate alla mitologia greca e romana, con percorsi benessere di coppia. Il Lefay SPA Method intreccia la ricerca scientifica occidentale con i principi millenari della medicina classica cinese. Rigenerati da un long weekend si può tornare alle occupazioni di ogni giorno con maggiore serenità, con una carica vigorosa: meno stress e più forza interiore.

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S W E N | r e cov

. . . a lt o v a n u c’era

owboard. Chiununa tavola da sn do an lc va ca e, lo faceva ia dei suoi sapeva incantar pito dalla graz ra va un ragazzo che ni ve ve ne anti scie sulla disegnare eleg que lo vedesse arciandi. iamava Davide M ch si o rdare, a zz ga ra to più di 200 a rico in i at movimenti. Ques ov tr ri sono Courmayeur si . to 10 aprile a llo snowboard” Lo scorso saba nito “il poeta de fi de o at st è e a giornata ni, quello ch dimenticano, un si n distanza di 10 an no e ch le el una festa di qu emente vennero er’s Day è stata ra o che semplic Il 5° Hard Boot ga in ” do an Ci l tavano “i rdicamenloro che affron rsi, un po’ golia da sfi r in cui molti di co pe i ed pi ai ti messo la tavola onici e debuttan o stile hanno ri ni, atleti olimpi incantati dal su an 3 di bi m bi e e glorie azione di Algigante. Vecchi e alla partecip ch an te, in uno slalom ie az gr o, un evento unic rdo preso parte ad steggiare il rico assoluti hanno squadra e a fe di i gn pa m co e vecchi ano presenti nuto a ritrovar Assieme a lui er . ve berto Tomba, ve ne a ll de aggi del mondo na rticolari person compagna Julia di uno dei più pa che lui) e la sua an er rd oa wb no Notizia (s palio anche pa di Striscia la è stata messa in e al anche Edo Stop qu la e nt emiazione dura Fava, d’onore della pr nta da Fabrizio Moreira, ospiti Hard è stata vi i in m Uo a ri go la cate gazze la più Per la cronaca lla categoria ra ne ; una Kia Picanto. ni ri Pa co ri urent e da Fede ita cese Thierry La pa ed a Margher seguito dal fran a Francesca Cane i nt va da , to ut aella Br ) che ha precelimpionica Raff rto (anno 2004 To veloce è stata l’o Lo ex Al da ata dominata Soft ria Under 9 è st nto la classifica Parini. La catego a Magenta ha vi tin ar M a m am oresi (m arte Giacomo M duto il figlio d’ . Giorgia Saladini nel i…) e la piccola ch as m i e ell’unica nuvola ch an battendo o; chissà che qu ic ag m i as qu o, amo dett che lo hanno enticabile, abbi de a tutti coloro vi Un giorno indim Da di to lu sa e proprio il tavola non foss cielo a forma di sì tanto affetto… ricordato con co

t e ir iin d e p m a te

Nl’ABU DHABI ADVE ntato l’Italia al se re pp ra ha e ch am PEDINI – IRET Anne Marie Nella foto: il Te Marco Ponteri, li, tio at M o rt no Robe da sin.: il capita TURE CHALLENGE: Sartori. del Mondo Charest, Michele giugno e Coppa in ID RA A IC RS ionali CO amenti internaz Prossimi appunt .it CE in agosto www.pedini-iret a RAID IN FRAN

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fiere

birdwatching a Comacchio

Tessa Gelisio, madrina dell’evento e conduttrice della trasmissione televisiva Mediterraneo, in onda su Rete 4; Francesco Petretti di Geo&Geo, programma naturalistico trasmesso da RAI 3.

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A Comacchio la scommessa sul turismo ambientale è stata vinta ancora una volta. La Fiera Internazionale del Birdwatching, organizzata da Delta 2000, che si è tenuta a Comacchio dal 30 aprile al 2 maggio, ha accolto nei suoi saloni ben 22.000 visitatori, numeri importanti per un Salone che ha dimostrato tutte le potenzialità di attrazione del turismo naturalistico. Crescono i visitatori, ma cresce anche il livello del pubblico, sempre più internazionale (molti i visitatori stranieri) e in grado di portare a Comacchio turisti da tutta Italia. Ne fanno fede le presenze alberghiere, che hanno fatto registrare il tutto esaurito nella città dei Trepponti; a queste si è aggiunta una presenza notevole di camper. E in tema di numeri si possono aggiungere i 6.000 turisti che hanno partecipato alle escursioni e ai workshop, i quasi 500 bambini che hanno preso parte ai laboratori didattici e i 110 cicloturisti che, nonostante il maltempo, hanno partecipato alla Pedalata nel Delta da Alfonsine a Sant’Alberto a Comacchio. E poi 30 cineoperatori, selezionati in tutta Italia, che hanno preso parte al Laboratorio del documentario naturalistico, coordinato da Francesco Petretti con la collaborazione di veri e propri guru del documentario naturalistico come il regista Jost Geppert, l’operatore Maurizio Felli e il montatore cinematografico Antonio D’Onofrio. In due giorni hanno realizzato un documentario tutto incentrato sulle saline di Comacchio, che andrà a impreziosire la “vetrina” multimediale del territorio. Fra gli stand della Fiera molti e svariati gli interessi dei visitatori. Fra i più visitati gli stand delle province di Ferrara e Ravenna, bersagliati di richieste e informazioni turistiche per l’imminente stagione balneare. La parte del leone l’hanno fatta le associazioni ambientaliste, presenti in massa: Wwf, Legambiente, Asoer (l’associazione che raccoglie gli ornitologi dell’Emilia-Romagna) e naturalmente la Lipu, che ha organizzato dei coloratissimi laboratori didattici sulla vita e sul mondo degli uccelli, che sono stati molto apprezzati dai bambini. Davvero bello e interessante lo stand del birdfeeding, che insegna ai ragazzi come fare un nido, come dare da mangiare ai piccoli volatili che popolano i nostri giardini. Da citare l’iniziativa che ha coinvolto per la prima volta anche il Mc Donald’s di Porto Garibaldi, che ha installato all’esterno un piccolo giardino delle biodiversità. Spazio anche alla filatelia, con ben tre annulli fotografici (uno per ogni giornata della Fiera) molto apprezzati dai visitatori. Circa 800 persone hanno preso la cartolina celebrativa (gratuita) e si sono fatti timbrare il francobollo dedicato alla Fiera del Birdwatching. Tra gli oggetti esposti, merita certamente la palma del più curioso il Treesleeping, un letto “volante” che si può attaccare a un albero, molto utile in caso di… carenza alberghiera. Allo stand Univers, invece, una grande vetrina dell’abbigliamento ecostyle, che siamo sicuri non mancherà di diventare di moda fra i giovani. Ovviamente non potevano mancare le migliori aziende del settore dell’ottica e della fotografia, con binocoli e cannocchiali, come Swarowski, Steiner e Auriga, che hanno fatto provare i loro gioielli a chi voleva cimentarsi nei primi rudimenti del birdwatching. Vicino a loro ha suscitato molta curiosità lo stand di Renato Bonora di Tresigallo, uno dei maggiori collezionisti italiani di macchine fotografiche d’epoca, con dei pezzi in mostra risalenti addirittura al 1800. Dal Delta del Po ai grandi viaggi il passo è breve. Uno spaccato del mondo turistico era presente anche in Fiera, con i padiglioni dedicati all’Albania, alla Croazia, alla Serbia, a Papua e Nuova Guinea, alla Grecia e alla Spagna, mentre la Fitetrec-Ante ha fatto divertire i bambini con una giostra di cavalli e piccoli cavallini davvero curiosi e accattivanti. Ma se la Fiera del Birdwatching chiude i battenti, così non è per la Primavera Slow, che prosegue per tutto il mese, con un nuovo grande appuntamento l’8 e 9 maggio, quando si sono svolti i green days di Ravenna.


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