P&P Panificazione&Pasticceria 88 Gennaio/Febbraio 2010

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BIMESTRALE DI INFORMAZIONE PROFESSIONALE TECNICA ED ECONOMICA

Gennaio/Febbraio 2010

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Pa.Bo.Gel. T V Pag. 17



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DIRETTORE RESPONSABILE Gianpietro Nagliati Bravi DIREZIONE - REDAZIONE Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu - redazionedmp@gmail.com SEGRETERIA DI REDAZIONE Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu AMMINISTRAZIONE PUBBLICITA’ Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu COLLABORATORI DI REDAZIONE Fabio Albanesi, Piero Benelli, Salvatore Bruno, Marta Casadei, Ilaria Casini, Pierdomenico Ceccaroni, Alessandro Circiello, Edoardo Corbucci, Rosanna Del Santo, Andrea Diafani, Alfredo Falcone, Francesca Follesa, Antonio Fragiacomo, Paolo Fulgente, Alessandro Marini Balestra, Fabrizio Nistri. FOTOLITO e STAMPA Tipografia Facciotti Srl Vicolo Pian Due Torri, 74 - 00146 Roma Tel. 06 55260900 Fax 06 55260907 ABBONAMENTI D.M.P. SRL Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu Abbonamento annuale (6 numeri): Italia: Euro 35,00 Estero: Euro 65,00 Paesi extraeuropei: Euro 82,00 (via aerea Euro 98,00) Una copia: Euro 6,00 (arretrati inclusi) ISSN 1590-1726

N° Prov.

Autorizzazione Tribunale di Bologna n.6530 del 13 Febbraio 1996 Poste italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 1 DCB Roma E’ fatto divieto a chiunque di pubblicare su altre riviste articoli e foto stampati sul presente giornale, senza il preventivo consenso del direttore e degli eventuali autori e comunque citando la fonte e l’autore dell’articolo. Chiunque contravvenga tale disposizione, sarà perseguito a norma di legge. Gli articoli e il materiale illustrativo inviato per la pubblicazione non verranno restituiti. Gli autori sono i soli responsabili delle opinioni espresse. DMP srl Editore


/ SOMMARIO

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ATTUALITÀ

UMPF

by sTabbia

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Usura all’attacco Umpf by sTabbia Quel pasticciaccio brutto del McItaly Provenienza uguale qualità McItaly, un oltraggio al sacrificio degli artigiani d a parte del ministro Zaia I love gelato Pa.Bo.Gel. 2010 in mondovisione Saperi e Sapori al Carnevale di Cento

PANE

Benvenuti alla Casa del fornaio di Esmach Freselline all’olio – Ricetta di Paolo Fulgente Sei grammi di spreco Ritorno al futuro Bozza toscana cotta a legna – Ricetta di Fabrizio Nistri Passione divorante Sculture di pane – Ricetta di Fabio Albanesi “Pane da campioni”

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sommario PASTA

Milena Cavallini è Miss Tagliatella 2009! La sfoglia tradizionale secondo Molini Pivetti La pasta a congresso

PASTICCERIA

Alla Kraft il cioccolato Cadbury Europain&Intersuc 2010: ricco, di tendenza ed efficace Mercanti in … fiera Prodotti per soggetti allergici anche in bottega? (seconda parte)

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Pizza napoletana ufficialmente Stg In pizzeria ... a Pyongyang? Il ministero degli Esteri si affida a Pizza.it School

PANE

rubriche Editoriale La Biblioteca Indice Aziende

PIZZA

Vini d’argilla alla tenuta S. Antonio

LIBRI 5 80 80

Kitchen Revolution

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/ TRA

NOI 2

2010: sarà migliore? E’ iniziato un nuovo anno e come anticipato nel penultimo numero del 2009, possiamo cominciare a parlare delle novità che da subito inizieranno a caratterizzare il nuovo corso della nostra rivista. Abbiamo già accennato, senza l’uso di fanfare come nostra abitudine e consuetudine, alla messa on line della testata (www.pabogel-expo.com n.d.r.) che potrà così essere consultata da trenta giorni dopo la pubblicazione per un periodo di almeno un anno avendo noi l’intenzione di lasciare sempre visibili gli ultimi sei numeri editi. Dalla metà dell’anno in corso porteremo l’effettiva postalizzazione (non tiratura) dalle quindicimila copie attuali ad un minimo di ventimila continuando a pubblicare numero dopo numero la copia del libretto postale attestante l’effettiva spedizione, ponendoci così al vertice per diffusione delle testate di settore. Questa iniziativa, che avrà un notevole peso economico, ci auguriamo possa far riflettere i responsabili della comunicazione che intendono portare l’immagine della loro azienda a quanti più utilizzatori possibili mediante l’uso della nostra testata, la più diffusa in Italia. Saremo presenti con P&P a Parigi al Salone Internazionale “Europain” dove presenteremo un’importante iniziativa editoriale “Voici l’Italie”, tramite la quale pubblicizzeremo numerose primarie aziende italiane, presenti e non alla manifestazione, per continuare nella nostra opera di valorizzazione delle eccellenze italiane del nostro settore. Cogliamo anche questa occasione per tornare a recriminare sulla tutta italiana incapacità di presentare in maniera univoca e totale le nostre produzioni in una

unica manifestazione così come visto in Germania lo scorso anno e come sarà quest’anno in Francia. Come siamo stati vicini ai fratelli aquilani colpiti dal terremoto, così intendiamo rivolgere un pensiero alle vittime della immane tragedia che ha sconvolto la già tanto provata popolazione haitiana, invitando tutti coloro che possono ad aderire alle tante iniziative che si sono moltiplicate per trovare fondi per aiutare la ripresa dei sopravvissuti. A tutti i nostri lettori un cordiale saluto.

Libretto Postale

Dello scorso numero di P&P sono state diffuse tramite posta 15.000 copie, come si può rilevare dal libretto di abbonamento postale qui pubblicato. La tiratura di questo numero di P&P è di circa 15.000 copie; nel prossimo numero pubblicheremo i dati relativi alla diffusione.

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/ ATTUALITÀ

Usura all’attacco Sos Imprese 2010 mette in risalto l’aumentare dei casi di usura in Italia. Allarme in crescita: la crisi non aiuta. Confesercenti ha presentato a fine gennaio la dodicesima edizione del rapporto Sos Imprese, una ‘fotografia’ attenta ed accurata del fatturato della Mafia SpA nel nostro Paese e dei suoi effetti sull’economia italiana. I numeri del rapporto sono impressionanti, 135 miliardi di euro all’anno di ‘fatturato’ (droga, estorsioni, usura, ecomafie … queste le principali voci di bilancio), utili per poco meno di 80 miliardi. Un fiume di soldi impressionante che ha due aspetti terribili e penalizzanti per le Pmi e gli artigiani: il ‘pizzo e l’usura, che il Sos Imprese rileva in netta crescita, in parte anche a causa della crisi economica. Dice il rapporto: “l’usura nel 2009 ha toccato un vero e proprio boom: oltre 200 mila commercianti colpiti con un giro di affari attorno ai 20 miliardi di euro (ma le posizioni debitorie ammontano a circa 600 mila,

indice di indebitamenti con più strozzini). Con una differenza: l’usuraio isolato punta ai soldi della vittima, la criminalità organizzata ai beni e alle aziende e alle opportunità di riciclaggio di denaro sporco. Esplode l’usura di giornata con soldi prestati il mattino e ritirati con una maggiorazione del 10% la sera, mentre capita che l’usuraio si presenti anche davanti ai cancelli di una fabbrica in attesa di clienti”.

La stele che ricorda la strage di Capaci

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/ ATTUALITÀ Sul tragico fenomeno dell’usura, partendo dai dati di Sos Imprese, abbiamo fatto qualche domanda ad Antonio Nicaso, uno dei maggiori esperti internazionali di crimine organizzato. Nato a Caulonia (Rc), vive in Canada. È autore di diversi libri tra cui alcuni bestseller internazionali che sono stati tradotti in diverse lingue. Nel 1995 ha pubblicato Global Mafia, un libro che per la prima volta ha introdotto e spiegato il concetto di partenariato criminale. Ecco quanto ci ha detto. Prima di tutto, ha un senso concreto quantificare in questo modo il fatturato di Mafia SpA? Non è un pò farne l’apologia? Questi studi ci aiutano a capire la reale portata del fenomeno. Spesso quando si pensa alle mafie, si immaginano organizzazioni criminali radicate nel Sud. Il

rapporto SOS Impresa ci restituisce un’immagine diversa, di una mafia sedimentata, stratificata, ma soprattutto ramificata nelle regioni del Centro - Nord. Ma ci rammenta anche la necessità di porre mano a una strategia continuativa nella lotta alle mafie, senza ripensamenti. Spesso siamo andati avanti con la cadenza del granchio, un passo avanti e due indietro. Venendo ai dati sull’usura, è tutta colpa della crisi questo boom? No, ma la crisi ha favorito l’usura. Che le mafie dispongono di liquidità è risaputo. In tempi di crisi, le banche sono più parche e quindi aumenta la richiesta di prestiti a usura. Si ricorre di più ai cravattari, agli strozzini, proprio per mancanza di cash flow, di flusso di cassa. La crisi economica rende le mafie ancora più pericolose.

Funzionano le misure preventive e repressive - cioè, quando denuncio un usuraio, lo Stato poi mi protegge e tutela anche in azienda? Qualcosa è cambiato, ma ancora molto resta da fare. Bisogna intervenire sulla mentalità della gente, che continua a non avere fiducia nello Stato. In passato, gli imprenditori che hanno avuto il coraggio di denunciare il racket dell’estorsione, si sono trovati soli e spesso sono stati costretti a lasciare la loro terra. La logica era: paga e taci. Chi non pagava, o chi non taceva, era un ribelle. Come Libero Grassi, l’imprenditore tessile che nell’estate del 1991 fu ucciso per non avere piegato la schiena. Ancora oggi, c’è molta discrezionalità nelle pene comminate agli estorsori. Bisognerebbe punire

Nicola Gratteri Antonio Nicaso

La Malapianta

Dopo la strage di Duisburg, nell’agosto del 2007, il mondo sembra finalmente essersi accorto della ’ndrangheta. Eppure la potente organizzazione criminale calabrese esiste indisturbata da decenni, e da decenni c’è chi quotidianamente rischia la vita per combatterla. Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, è certamente una delle personalità più controverse e affascinanti coinvolte in questa guerra. Spesso criticato per la durezza dei suoi metodi, Gratteri è nato in Calabria e dalla sua regione d’origine non ha mai voluto andarsene, anche a costo di grossissime rinunce.

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/ ATTUALITÀ con maggiore durezza questo reato che spesso diventa connivenza e convenienza. Ora molti commercianti hanno cominciato a reagire e molte associazioni antiracket sono nate sull’esempio di Addiopizzo, la prima vera rivolta di massa contro il racket. È l’inizio di un cammino. Come diceva Falcone: ormai indietro non si può più tornare. Come funziona un usuraio? Ossia qual è l’iter (chiamiamolo così) cui si va incontro dopo il primo contatto? Spesso l’usuraio presta soldi, trattenendosi subito il 20 - 30%. Poi applica tassi sempre più stringenti con l’obiettivo di rilevare la proprietà dell’impresa usurata. Ci sono tantissime attività commerciali che sono state rilevate dalle mafie, ma che continuano a essere gestite dai proprietari insolventi.

Una vita interamente dedicata alla giustizia, a prezzo di scelte difficili, come per esempio quella di perseguire penalmente persone in passato vicine, magari amici di infanzia o compagni di scuola. In questo libro il grande investigatore anti ’ndrangheta si racconta ad Antonio Nicaso, con il quale ha già scritto il più completo e importante resoconto esistente sulla storia e l’organizzazione della mafia calabrese, Fratelli di sangue. Un racconto che ripercorre una vita del tutto straordinaria, in cui la scelta di stare sempre dalla parte della giustizia ha significato prima di ogni altra cosa isolamento e solitudine. Una vita la cui durezza è paragonabile solo al paesaggio dei luoghi in cui si è svolta: la Calabria.

È un modo per riciclare il denaro sporco, ma soprattutto per giustificare la ricchezza accumulata con altri traffici. Si ricorre a prestiti sottobanco anche per non finire protestati con le banche. In casi del genere i tassi praticati dagli strozzini sfiorano il 200%. Uno chiede 10.000 euro in prestito e si ritrova a doverne rimborsare 20, 30, 40.000. E chi non onora i debiti, è sottoposto a ricatti, minacce e agguati. Spesso non si denuncia perché si ha paura di ritorsioni, o semplicemente si prova vergogna: vergogna di dover informare la propria famiglia di essere caduti nel tranello, di dover ammettere la propria disperazione e sconsideratezza. Ma attenzione: spesso a praticare l’usura è gente che con le mafia non ha nulla a che spartire. È gente insospettabile, con amicizie importanti.

Nicola Gratteri procuratore aggiunto di Reggio Calabria, è uno dei magistrati più esposti nella lotta contro la ‘ndrangheta. Insieme ad Antonio Nicaso è autore di Fratelli di sangue (Mondadori 2009). Antonio Nicaso, storico delle organizzazioni criminali, è uno dei massimi esperti di criminalità organizzata nel mondo. Ha pubblicato 19 libri, tra cui diversi bestseller internazionali. Strade Blu Saggistica Mondadori Editore 192 pagine 17,50 euro

Quali sono gli aspetti comuni, se ce ne sono, tra usura e pizzo? Entrambi comunque finiscono per dare alle mafie il controllo di centinaia di Pmi, esercizi commerciali etc. Ma qual è il guadagno per Mafia SpA nel controllare imprese che spesso non sono in grado di stare sul mercato, che perdono soldi? Sembrerebbe un controsenso ... Il pizzo e l’usura sono due facce della stessa medaglia. Il pizzo suggella il controllo del territorio. Qui comando io e tutti devono piegarsi ai miei ricatti. I soldi del pizzo vengono spesso utilizzati per pagare la manovalanza. Il pizzo per le mafie è tutto. È attraverso il pizzo che i clan manifestano la loro esistenza, il loro potere. Per un mafioso è come l’aria per respirare, come hanno spiegato efficacemente nel loro libro “Il Cappio”, Maurizio De Lucia ed Enrico Bellavia. L’usura, in momenti di crisi, diventa servizio. Spesso sono le banche a indirizzare i clienti nelle mani degli strozzini, soprattutto nei piccoli paesi. E in alcuni casi gli usurai utilizzano i soldi delle banche per strozzare gli imprenditori in difficoltà.

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/ ATTUALITÀ

A tuo parere c’è qualcosa di semplice ed efficace che lo Stato potrebbe fare per combattere l’usura? Bisognerebbe convincersi che alcune regioni del nostro Paese sono a sovranità limitata. E comportarsi di conseguenza. Non si può fare la lotta ai clan, alternando emergenza e tolleranza. L’usura è una importante fonte di reddito per le mafie. E gli usurai andrebbero colpiti duramente. E invece spesso se la cavano con qualche anno di carcere. Poi bisognerebbe investire molto nella prevenzione, perché le mafie sono pur sempre fenomeni culturali reversibili, ma per combatterli c’è bisogno del contributo di tutti, soprattutto dei politici che invece continuano a confondere i diritti con i favori. Se non eliminiamo le sacche del clientelismo, se la politica non torna ad essere servizio, difficilmente riusciremo a combattere le mafie. E per quanto riguarda le estorsioni? Vale lo stesso discorso. Le estorsioni servono per delimitare il territorio, per far capire chi comanda in una certa zona, in un certo

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paese. Saro Mammoliti, un boss della ‘ndrangheta, parlando del suo ruolo in un piccolo paese della Calabria, disse: ero tutto, il prete, il sindaco, l’avvocato. La ‘ndrangheta, come le altre mafie, non si accontenta del profitto, ma persegue anche il potere. Usciamo un attimo dal seminato ... c’è un legame particolare tra i fornai, sempre così legati al territorio, e la storia del crimine organizzato - persone, aneddoti, situazioni? Ci sono stati molti casi di pane venduto abusivamente per strada. Spesso era in cattivo stato di conservazione, veniva trasportato in ceste di plastica sporche, in sacchi di carta logori o era sistemato all’interno di bagagliai di automobili tutt’altro che puliti. Ci sono stati casi nel Palermitano, in Campania e in Calabria, ma anche in altre regioni d’Italia. Ormai le mafie si infiltrano dappertutto, non solo nella gestione dei forni abusivi e della panificazione illegale, ma anche nella macellazione, nei mercati ittici, fino al “racket del caro estinto”, che colpisce il settore delle onoranze funebri.

Il fenomeno della panificazione abusiva, particolarmente diffuso nelle regioni considerate a più alto tasso mafioso - Campania, Calabria, Sicilia - rientra nel controllo del crimine organizzato o si tratta di un fenomeno spontaneo legato alla disoccupazione? L’uno e l’altro. Le mafie sono tecniche violente di accumulazione di risorse economiche, ma anche e soprattutto attività parassitarie dell’economia legale. Ricordo quello che un esattore del racket pentito aveva raccontato ai magistrati della Dda di Palermo nel 2007. Aveva detto: al pizzo non sfugge proprio nessuno, neanche i furgoncini che vendono il pane per strada e le bancarelle dei venditori ambulanti nei mercatini rionali. Pagano anche loro e neanche poco in confronto alla “tassa” imposta ai commercianti regolari: 60 euro al mese per gli ambulanti, tra 400 e i 500 per i titolari di un’attività commerciale.


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Quel pasticciaccio brutto

del McItaly

Sta facendo discutere un pò tutti la decisione di Luca Zaia di appoggiare la nuova creatura “gusto italiano” di McDonald. Qualche settimana fa il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha presentato, nella storica sede del McDonald’s di Piazza di Spagna, la nuova linea McItaly, che ha ricevuto il patrocinio gratuito del Mipaaf. Si tratta di panini e insalate preparati con il 100% di prodotti italiani: carne nazionale, olio extravergine di oliva, Asiago Dop, Bresaola della Valtellina Igp, pancetta della Val Venosta, grano saraceno, cipolle di Tropea e carciofi romani. Di per sè la notizia dovrebbe far piacere ai produttori italiani, massacrati dalla crisi e dal calo dei consumi. “McItaly è un grande obiettivo che mi ero prefisso e che è stato realizzato”, ha dichiarato il Ministro Zaia, “consentendoci di guardare al futuro e di allargare gli orizzonti della nostra agricoltura. Un network mondiale come McDonald’s rappresenta un importante sbocco in nuovi segmenti di mercato per i nostri contadini. La nostra agricoltura non poteva perdere quest’occasione, come dimostrano i numeri: 1000 tonnellate di prodotti italiani utilizzate, per un valore di 3,5 milioni di euro”. La cosa ha dei precedenti nella creazione dell’hamburger al Parmigiano Reggiano, lanciato nel 2009, che ha riscosso, presso gli utenti di McDonald, un notevole successo, incrementando le esportazioni della nostra gloria casearia nazionale verso un paese notoriamente ricco di eccellenze in fatto di formaggi: la Francia. Seguono a ruota Spagna, Svizzera e Portogallo, in attesa di sbarcare negli Usa.

In tempi di crisi un’azienda deve guardare ai numeri: lo scorso anno McDonald’s Italia ha aumentato il giro d’affari del 9,4% , pari a 834 milioni di euro (contro una flessione dell’1% del mercato) e i clienti del 6,3% (sono ora circa 600 mila al giorno), impiegando nelle sue strutture quasi 700 nuovi addetti. Ora, questo nuovo McItaly dovrebbe essere considerato una vera e propria manna per alcuni produttori, e allora perchè sono in tanti gli scontenti?

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Provenienza uguale qualità? Premetto che essendo cresciuto in America ed avendo un figlio quasi dodicenne non sono affatto contrario a McDonald’s, anzi. Moderatamente ne sono un frequentatore regolare. E ho anche assaggiato il McItaly, che peraltro non mi è piaciuto affatto. Se McDonald’s ha da essere, allora voglio sapori forti, tipo BigMac, non una robetta leggera e insapore. Se proprio devo (gastronomicamente) ‘peccare’, almeno lo faccio seriamente! Ma non è il panino in sè che non capisco dell’operazione McItaly, che pare sostanzialmente ambigua. Cosa ci stanno dicendo McDonald’s e il ministro Zaia? Che se gli ingredienti sono buoni anche il prodotto finale è per forza buono? Che se gli ingredienti sono italiani il prodotto finale è per forza di qualità? Se le cose stanno così significa che il ministero ha sprecato anni a difendere la qualità investendo in denominazioni controllate varie, spingendo su prodotti nei quali la maestria dell’uomo ha un ruolo altrettanto fondamentale di quello delle materie prime e costruendo meritoriamente l’immagine dell’eccellenza enogastronomica italiana. Bastava fin dall’inizio rivolgersi all’industria per i prodotti e dire agli italiani che a patto che gli ingredienti fossero di casa nostra il prodotto industriale è assolutamente ot-timo. Che il processo produttivo non conta nulla.

Il McDonald’s è parte integrante della nostra cultura, come lo sono i jeans, la coca cola, e un sacco di altri prodotti importati dagli Usa, divenuti veri e propri oggetti di culto presso i giovani. Alzi la mano chi, tra noi, non ha mai addentato un hamburger... Partiamo dalla considerazione che comunque c’è gente che mangia tutti i giorni al fast food, sia perchè il prezzo è abbordabile, sia perchè comunque il cibo è caldo, è tracciabile, e ha un sapore. Omologato, d’accordo, ma almeno ha un sapore, cosa che invece non si può dire di certi ignobili tramezzini o panini con prosciutto non meglio identificato serviti in molti bar e self services. E comunque, in ogni caso, buono o cattivo è questione di gusto, ed è sempre il cliente ad avere l’ultima parola. È un dato di fatto che da McDonald c’è sempre

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Sinceramente però: qualcuno pensa che gli ingredienti del pane nel McItaly siano solo ed esclusivamente acqua farina lievito sale ed olio d’oliva? Con certezza non lo so non avendolo analizzato, ma conoscendo l’industria e le esigenze di McDonald’s, ne dubito. Mi sembra che il pane artigianale sia un’altra cosa, anche se magari il fornaio artigiano non è neppure certo che la farina che utilizza venga tutta dal Belpaese. Insomma, il problema non è il McItaly in sé (anche se dispiacerebbe se fosse McItaly a diventare un simbolo della gastronomia italiana), ma se sia giusto dare un’immagine di qualità gastronomica ad un prodotto industriale solo perché gli ingredienti sono italiani. McDonald’s potrebbe benissimo realizzare McItaly con ingredienti della stessa qualità nessuno dei quali però provenienti dall’Italia. Allora forse sarebbe il caso di lasciare che l’industria si tuteli da sé, che ha le spalle larghe, e che il ministero continui come meritoriamente ha sempre fatto a difendere e promuovere la gastronomia italiana di qualità, ed i suoi operatori. (gnb)

gente, a qualsiasi ora del giorno e della notte, e si fa la fila alle casse. Possiamo storcere il naso, noi puristi dei cibi genuini e tradizionali, ma dobbiamo accettare l’evidenza. Quanto poi all’uso di prodotti italiani, non dovrebbe essere una novità: il pollo presente nei McChicken e Mc Nugget è Amadori, la carne degli hamburger è di Cremonini, e ora si aggiungono gli altri, parmigiano, asiago, ecc. Partendo da queste premesse, non possiamo non renderci conto che dietro la protesta di alcuni contro Zaia ci siano degli intenti politici, che, a mio parere, farebbero bene a stare fuori da temi importanti quali la ristorazione. Non esiste il cibo “politicamente corretto”, e Slow Food, con la sua eccezionale filosofia, è comunque un movimento di pensiero che, purtroppo, deve fare i conti con una maggio-

ranza di italiani sempre più poveri, anche se meglio informati, persone che non possono permettersi materie prime di eccelsa qualità o chicche gastronomiche. Ma mi rendo anche conto che i panificatori artigianali percepiscano McItaly come un oltraggio al sacrificio degli addetti al settore, come scrive Luigi De Lucia (vedi box, ndr),


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McItaly, un oltraggio al sacrificio degli artigiani da parte del Ministro Zaia Riceviamo e volentieri pubblichiamo: Gentile redazione, la data odierna segna una nuova sonora sconfitta per i panificatori artigianali italiani, per coloro che ogni notte si svegliano e lavorano con l’impegno di fare il pane per i consumatori italiani, quelli legati alle tradizioni del territorio, quelli legati al profumo ed alla fragranza del pane artigianale di qualità. Qualche giorno addietro il Ministro Zaia ha sponsorizzato personalmente la nota catena McDonald’s per il lancio del nuovo “panino di qualità tipico italiano”, il nuovo McItaly, presentato come prodotto di alta qualità, realizzato con materie prime selezionate. La domanda che c’è da porsi è: ma a cosa pensava il nostro signor Ministro, che questo è il modo migliore per promuovere il consumo di pane artigianale, di qualità, salubre, tradizionale? Che questo è il modo per supportare il comparto della panificazione italiana? Che questo è il modo di supportare le aziende italiane, quelle che le tasse le pagano interamente in Italia? Che questo è il modo di onorare il lavoro dei panificatori artigianali che ogni notte lavorano duramente per produrre del vero pane di qualità e che tutelano con il loro lavoro le tradizioni del nostro Paese? Signor Ministro Noi panificatori artigianali gridiamo da anni aiuto perché siamo in difficoltà, perché la nostra categoria è vessata continuamente, perché la nostra categoria è sempre additata come quella che lucra sul grano e sull’acqua e la risposta è: aiutare McDonald’s? Signor Ministro, noi veri panificatori artigianali italiani la ringraziamo per il suo nobile gesto e per l’aiuto che ha saputo riconoscerci, ma se questo è il modo in cui intende aiutarci, magari le chiediamo di continuare a lasciarci soli nei nostri problemi, magari senza appesantirli ulteriormente. Il Presidente Regionale Panificatori Confartigianato Campania Luigi De Lucia

presidente regionale panificatori della Campania: “questo è il modo migliore per promuovere il consumo di pane artigianale, di qualità, salubre, tradizionale? Questo è il modo per supportare il comparto della panificazione italiana? Questo è il modo di supportare le aziende italiane, quelle che le tasse le pagano interamente in Italia? Questo è il modo di onorare il lavoro dei panificatori artigianali che ogni notte lavorano duramente per produrre del vero pane di qualità e che tutelano con il loro lavoro le tradizioni del nostro Paese?”. Purtroppo, la maggior parte degli italiani (e sono il 35%) che mangiano fuori casa a mezzogiorno, non può permettersi un panino con vero pane artigianale, vero prosciutto di Parma, vere verdure grigliate al momento. Perchè non sempre lo trova al bar, e perchè i

costi sono troppo elevati: è la dura legge del fast food ... Tuttavia non credo che la massaia che ogni giorno va a comprarsi la pagnotta dal fornaio di fiducia, che magari la ricicla il giorno dopo in una buona zuppa o in una bruschetta, sia la stessa che, potendo scegliere, andrebbe da McDonald. Sono due mondi inconciliabili, e credo sinceramente, non in concorrenza. Laura Rangoni

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I

Gelato ha creato un nuovo modo di vivere e di comunicare il gelato artigianale: I love gelato®. I love gelato® è un marchio semplice che esprime immediatamente tutti quei valori riconducibili al mondo del gelato artigianale, ovvero un prodotto fresco, sano, nutriente, gustoso, naturale e 100% italiano. Per il lancio di I love gelato® in Italia Mec3 presenta un’iniziativa mai vista nel settore: una band di artisti, il Coro Corridore, in concerto nelle migliori gelaterie. Coro Corridore con megafoni è come il vento: evanescente, incalzante e vertiginoso. Cinque corridori che suonano, utilizzando strumenti acustici come la fisarmonica, il sax, il trombone, il banjo e le percussioni. Una brevissima scorribanda di artisti che si presenta per le vie della città, attraendo persone per poi fermarsi a esibirsi davanti alle gelaterie. In esclusiva per Mec3, finalmente in tour nelle migliori gelaterie italiane. Un tour che partirà ad aprile per approdare in tutta la penisola italiana. Due mesi on the road e in diretta dal blog dedicato sul sito www.ilovegelato.com Un’anteprima del tour è stata disponibile durante le giornate fieristiche del Sigep, in cui la band ha suonato per i padiglioni della fiera per poi esibirsi in mini concerti presso lo stand di Mec3. Mec3 offre la possibilità di trasformare la gelateria dei propri clienti in veri e propri palcoscenici, per una serie di eventi mai visti nel nostro settore. Per vedere il video delle performance in fiera visitate il sito www.ilovegelato.com

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/ ATTUALITÀ

Pa.Bo.Gel. 2010

in mondovisione Ve l’avevamo promesso, e quindi cominciamo da questo numero di P&P a presentare progressivamente le novità che saranno racchiuse nello scrigno del prossimo Pa.Bo.Gel., la cui sedicesima edizione si svolgerà nel bellissimo quartiere della Nuova Fiera di Roma dal 16 al 19 ottobre … una data che tra l’altro consentirà alle migliaia di visitatori di godere anche di un ‘optional’ particolare: la cosiddetta ‘ottobrata’ romana, durante la quale il già dolce clima della Capitale d’Italia offre il meglio di sé. Non solo il clima vuole però offrire il meglio di sé: e dato che Pa.Bo.Gel. è una manifestazione internazionale, da questa edizione vi consente di andare in mondovisione televisiva grazie ai canali di web tv che verranno attivati nell’ambito della manifestazione. Avete qualcosa che volete fare vedere anche al di fuori dei padiglioni della Nuova Fiera di Roma, così come faremo noi dell’organizzazione con i corsi e i concorsi che andranno in scena durante Pa.Bo.Gel. 2010? Pensate di poter raggiungere dalla Nuova Fiera di Roma i vostri clienti, o i vostri agenti, dall’Australia alla Cina, dal Brasile agli Stati Uniti? Ditecelo, e vi aiuteremo a predisporre la trasmissione televisiva, e ad avvisare i potenziali spettatori

dell’orario e del canale su cui si andrà in onda … e vi potranno vedere ed ascoltare semplicemente dal proprio computer … anche in alta definizione, se lo desiderate. Sì è un piccolo trucco questo, un servizio che pensiamo possa essere prezioso e del quale offriremo, nei mesi che ci separano dall’inaugurazione del sedicesimo Pa.Bo.Gel.

alcune appetitose anticipazioni … inclusa la presentazione ufficiale della manifestazione, durante la quale verrà dato anche un quadro d’insieme delle prestigiose iniziative contenute nella cornice di Pa.Bo.Gel. 2010. Quando? Dove? Come? Beh come si dice in televisione … stay tuned!

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Saperi e Sapori

al Carnevale di Cento

E’ uno dei Carnevali più famosi del mondo, l’unico in Italia ad essere ‘gemellato’ con il Carnevale di Rio de Janeiro: è il Carnevale di Cento (Fe). “Siamo ben contenti di aver potuto proporre questo programma di eventi dedicati allo stretto rapporto tra cibo e salute nell’ambito del Carnevale, che ci permette di dare al territorio una visibilità inusuale”, sottolinea l’assessore Daniele Biancardi, a margine dei lavori della prima giornata, che ha avuto come protagonista Giovanni Rana (nella foto con il Sindaco Flavio Tuzet). Protagonista della prima giornata è stata la pasta, messa in discussione da molti punti di vista. Affascinante la storia della crescita dell’azienda Rana e del suo fondatore, una delle persone più ‘riconoscibili’ che ci siano, grazie tanto alle fortunate campagne pubblicitarie quanto alla sua irrefrenabile giovialità e simpatia. Pasta della quale gli altri relatori hanno sottolineato i molteplici aspetti salutistici e salutari, dall’alto contenuto di carboidrati al suo posizionarsi alla base delle più recenti piramidi alimentari. Insomma, mentre tutti a Cento si mettono in maschera per il Carnevale, c’è anche chi lavora per ‘smascherare’ pro e contro di quello che troviamo sulle nostre tavole.

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Benvenuti alla Casa del fornaio L’idea era quella di rompere il muro che talvolta si instaura tra maestro e allievo. Ogni panificatore o pasticciere ha esperienze che lo rendono unico. La filosofia de “La casa del Fornaio” è riassunta in una frase: il luogo dove si esalta il dialogo… . “La Casa del Fornaio” vuole essere un luogo aperto a tutti i professionisti dell’Arte Bianca dove poter avere a disposizione un ambiente familiare, di discussione teorico e pratico, sulle varie tematiche della panificazione e pasticceria in tutti i suoi aspetti.

Giuliano Pediconi (tecnologo di Ancona), Ezio Marinato (tecnologo di Portogruaro), Beniamino Bazzoli (tecnologo di Brescia), con l’aiuto universitario di Manuela Sanna (dottoressa in biotecnologie agroalimentari all’Università di Sassari), apportano la loro professionalità tecnica e tecnologica necessarie allo sviluppo del progetto della casa del fornaio. Esmach ha trovato in questa nuova realtà la risposta che il mercato si aspetta poiché in queste strutture vengono organizzati anche corsi mirati alle esigenze del singolo.

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/ PANE Esmach ha perciò messo a disposizione le migliori attrezzature: impastatrici, celle di fermalievitazione e forni di nuova generazione brevettati a livello europeo per i ridotti consumi e qualità di cottura. “Qui il panificatore si sente protagonista e parte integrante della struttura, perché partecipa attivamente, lavorando insieme ad altri professionisti”, dice Ezio Marinato. Inoltre, “la grande passione che abbiamo per il lievito madre ci ha consentito, grazie alla collaborazione di Esmach, di sviluppare nuove attrezzature che rispecchiano le reali esigenze della panificazione moderna. Un esempio è il generatore di lievito madre che permette la gestione del lievito madre in maniera semplice, alla portata di tutti con risultati di altissima qualità”. “Nella filosofia di Esmach”, dice Andrea Lazzarin, “tutte le attrezzature che compongono la filiera del panificio devono essere perfette per ogni cliente nel proprio laboratorio. Aver dei dubbi se l’impastatrice soddisfa in pieno le esigenze d’impasto (temperatura dell’impasto), se il risultato del prodotto ottenuto in cella di ferma lievitazione è quello desiderato,

sulla scelta di un forno (a gas? a gasolio? elettrico?), se lavorare con il lievito madre è semplice, sono domande lecite. Ma come fa un cliente ad esser certo di aver fatto il giusto investimento? La risposta è una sola: venire alla Casa del fornaio e provare le attrezzature con il proprio prodotto”. Di seguito la testimonianza di Aristide Sciommeri, titolare del panificio “Essepan” di Nazzano (Roma), dalla quale si intuisce il pensiero della casa del fornaio: “Ho conosciuto ‘La casa del fornaio’ proprio alla sua inaugurazione e mi ha dato una impressione positiva tanto da indurmi a frequentarla poco tempo dopo in occasione di un dimostrazione relativa alla produzione di panettoni e prodotti da forno. La professionalità di Giuliano Pediconi ha fatto sì che la situazione non avesse il risultato di

un corso di formazione e neppure di chi vuole venderti un prodotto, ma un momento di dialogo e di scambio imparziale di opinioni anche sull’aspetto gestionale del laboratorio. In seguito son tornato alla casa del fornaio perché interessato alla riscoperta della vera panificazione dei gusti e sapori genuini di una volta, che è uno degli obiettivi della Casa del fornaio. Avevo qualche difficoltà con il lievito madre, e Giuliano Pediconi mi ha aiutato a capire come e dove dovevo intervenire … e il risultato è stato a dir poco eccezionale”. Ormai il panificatore pasticciere ha capito che è necessario raccogliere informazioni per trovare soluzioni in linea con le sue reali necessità in termini di costi/prestazioni e che lo scambio di esperienze tra professionisti del settore è fondamentale. La casa del fornaio ha sede a Barbara (An) e conta laboratori collegati in tutta Italia tra cui quello di Grisignano (Vi).

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Ingredienti Ingredienti (per 4 persone) Lievito di birra, gr. 250; acqua minerale leggermente gassata, l. 2; sale, gr. 80; lievito madre, kg. 1; olio di mais, gr. 400; farina rinforzata (W = 280/300), kg. 4

Freselline all’olio Procedimento: Impastare tutti gli ingredienti in una impastatrice a forcella per 10 minuti in prima velocità. Se necessario correggere con 100 grammi di acqua o più, a seconda della tipologia delle farine utilizzate. Continuare ad impastare per ulteriori 10 minuti. Depositare l’impasto sul banco di lavoro e dividerlo in blocchi da 1,3 chili, in modo da poter realizzare alla spezzatrice pezzi del peso di 35 grammi circa. Arrotolare e stendere nelle teglie a bordo alto e far lievitare il tempo necessario (circa due ore a seconda della temperatura), poi cuocere in forno con vapore a circa 170°C. Terminata la cottura, biscottare le freselline per pochi minuti.

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Paolo Fulgente

MAESTRO PANIFICATORE


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Sei grammi di spreco La polemica ritorna ciclicamente: si spreca troppo pane, quintali di pane gettato ogni giorno … oddio che spreconi questi fornai!

Subito dopo le feste se ne sono occupati tutti i giornali, ‘innescati’ dal Corriere della Sera. In ogni città, si è ‘scoperto’, a sera vengono gettati quintali di pane. Poi qualcuno ha fatto i conti e ad esempio a Milano lo spreco di pane sarebbe di circa 6 grammi per abitante. Però d’altra parte è vero che se si guarda al settore alimentare in generale, fatturato approssimato 100 miliardi di euro l’anno, lo spreco è calcolato in un centesimo del fatturato totale – ecco, quando si parla di un miliardo di euro di cibo gettato ogni anno, allora l’ordine di grandezza cambia e davvero si capisce che si dovrebbe fare qualcosa. Per quel che riguarda i fornai, lo ‘spreco’ maggiore è generato dal reso invenduto della grande distribuzione. L’incrocio ‘perverso’ tra il potere contrattuale della Gdo e la legge che trasforma il pane in rifiuto all’arrivo della sera – manco fosse cenerentola! – in effetti manda distrutti quintali di pane che potrebbero avere migliore sorte.

Effetto positivo delle prime pagine dei giornali è stato un fiorire d’iniziative da parte dei sindacati di categoria e dei governi locali per cercare di trovare una soluzione al problema. Varie le proposte concrete, tutte di difficile applicazione però a causa della scarsa quantità media di pane ‘usato’ che potrebbe essere raccolto in ogni panetteria artigiana, tanto che alcune associazioni di volontariato hanno dichiarato che è più semplice rivolgersi ad un panificio industriale e fare la raccolta in un colpo solo piuttosto che girare per i forni artigiani. Interessante l’idea dei panificatori baresi, che hanno proposto la creazione di un vero e proprio consorzio. Ha scritto in una lettera aperta il presidente Catalano (nella foto): “lanciamo l’idea di costituire una filiera per la raccolta, la trasformazione e il riutilizzo del pane vecchio. Il panificio di quartiere, primo anello di tale filiera, s’impegnerà a sensibilizzare i consumatori a consegnare presso il proprio panificio il pane avanzato nelle famiglie e a raccoglierlo in appositi contenitori distribuiti presso tutti i punti di vendita”. Per i consumatori, poi: perché non proporre ai clienti ricette che riutilizzino il pane secco … dalle freselle alla ribollita? GENNAIO/FEBBRAIO 2010

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Ritorno

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al futuro? Come diceva mia nonna Giulia “bisognino fa trottar la vecchia”. In questo particolare periodo storico, sembra che tutti siano alla ricerca di nuove opportunità: vuoi la crisi e la congiuntura economica e vuoi un mercato schizofrenico che non lo capisce più neanche il più bravo analista; probabilmente, come la storia ci insegna, i prossimi saranno anni di cambiamento. La mia riflessione di umile manipolatore di farina e affini è questa: “e se la reale opportunità è quella di tornare indietro?” La mia riflessione si basa sull’osservazione del mercato del pane nella mia regione: la bella Toscana. Qui da noi uno dei prodotti che va per la maggiore, e che fa numeri di vendite interessanti, è il pane toscano cotto a legna; si proprio quello cotto nei forni col fuoco dentro.

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Fabrizio Nistri

PANE&PASTICCERIA

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Bozza toscana cotta a legna Procedimento biga:

Procedimento impasto:

Preparazione del forno:

Sciogliere il lievito e la pasta di riporto nell’acqua (per il calcolo della temperatura dell’acqua considerare che l’impasto finale della biga deve essere di 22 - 24°C), aggiungere la farina ed impastare in impastatrice a braccia tuffanti per 6 - 7 minuti. Riporre in mastello e lasciar riposare per 7 - 10 ore a 20°C. avendo cura di coprire con un telo di plastica (non in maniera ermetica), se esposta a correnti d’aria. Generalmente il ph della biga per pane toscano deve essere minore rispetto a quello della biga tradizionale e si aggira intorno a 4,5.

Sciogliere la biga e il lievito nell’acqua (per il calcolo della temperatura dell’acqua considerare che l’impasto finale oscilla da 24 a 28°C) quindi aggiungere la farina ed impastare in impastatrice a braccia tuffanti per circa 20 minuti. Suddividere l’impasto in pastoni da 7 kg, infarinarli bene e deporli su assi di legno ben infarinate. Praticare dei tagli sulla superficie con la raspa, un tagliapasta o uno stampo (generalmente con il logo del panificio), e coprire con teli di lino. Far lievitare per circa 60 minuti quindi suddividere il pastone in sei pezzi ottenendo dei guanciali e infornare. Cuocere per circa un’ora per le forme da 1 Kg, a metà cottura aprire le valvole di scarico dei vapori, se previste, altrimenti aprire leggermente la bocca del forno per far uscire i vapori di cottura.

Riscaldare il forno bruciando, direttamente nella camera di cottura, fascine di faggio, castagno o sterpaglia varia dei boschi toscani (ottimo se mescolato è presente anche ginepro, vite e anche un po’ di rosmarino selvatico) fino a che la volta non diventa completamente bianca. Spargere le braci su tutta la superficie di cottura e chiudere il forno completamente (bocca e tiraggi) quando la brace è completamente spenta pulire il forno con la scopa di saggina e passare velocemente uno straccio umido.

Curiosità: nelle varie province della Toscana non è utilizzato il nome biga ma la si chiama lievito, lievita, sconcia, roba.

Ingredienti

Ingredienti biga 10 kg. farina di grano tenero tipo “0” W 190 - 210 - p/l 0,50 - 0,55; 5 kg. acqua; 3 kg. pasta di riporto avanzata dalla panificazione del giorno precedente; 30 gr. lievito fresco Ingredienti impasto 50 kg. farina di grano tenero tipo “0” W 190-210 - P/L 0,50 - 0,55; 31 kg. acqua; 750 gr. lievito fresco; 18 kg. biga preparata precedentemente.

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/ PANE Ci sono in Toscana due grossi panifici di riferimento per tale prodotto (Panificio Toscano e Dolcezze Savini, ndr), che servono anche la grande distribuzione locale, più una infinità di piccoli panifici con forno a legna che ogni giorno sfornano filoni, bozze e schiacciate all’olio rigorosamente cotte sul suolo di pietra riscaldato col fuoco delle fascine dei boschi toscani. Anche la grande distribuzione toscana e in particolare Unicoop Firenze ha intrapreso la produzione di pane cotto a legna e in cinque dei sei ipermercati presenti sul territorio si produce, fresco ogni giorno, pane toscano cotto a legna in forni a riscaldamento diretto con numeri di vendite impressionanti e addirittura con produzione in regime di agriqualità.

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Agriqualità è una certificazione ideata dalla regione Toscana per quelle produzioni che rispettano: la coltivazione del grano entro i confini della Toscana con agricoltura a lotta integrata, la macinazione in molini toscani - e fortuna vuole che il lievito lo produce un’azienda toscanissima (Zeus spa) e quindi è di provenienza toscana anche quello. Molte altre aziende stanno abbracciando la produzione di pane cotto a legna e molte stanno producendo in regime di agriqualità.

Che sia un ritorno al futuro? Come un film di qualche anno fa dove i personaggi vagavano nel tempo? Che sia davvero una reale opportunità riscoprire la semplicità e la naturalità degli ingredienti? Ai posteri l’ardua sentenza. Saluti e Buon lavoro Fabrizio Nistri fabrizio.nistri@nistriandrea.it


/ PANE

Tutte le strade portano a Roma All roads lead to Rome SALONE INTERNAZIONALE INTERNATIONAL EXHIBITION Panificazione, pasticceria, gelateria, pizzeria, birra, vini, bar, pubblici esercizi, pasta fresca, ristorazione & hotel. Bakery, confectionery, ice-cream, pizza, beer, wines, bar, public services, egg-noodles, restaurant & hotel. Info: D.M.P. srl - Via del Fontanile Arenato 144 00163 Roma - Tel. / Fax 06-6634333 r.a. www.pabogel-expo.com - info@pabogel-expo.com GENNAIO/FEBBRAIO 2010

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Passione

divorante Rieccoci: iniziamo il 2010 con il Maestro Albanesi che ha deciso di ‘trasformare’ i propri articoli in un vero e proprio minicorso di scultura di pane in 6 puntate La passione der genio de afarina è ben nota – e i risultati sono testimoniati dalle coppe, dai riconoscimenti, dalle foto che riempiono il negozio romano di Fabio Albanesi, alla Bufalotta: la scultura in pane. Nella sua carriera Albanesi ha prodotto sculture di tutti i generi e di tutte le dimensioni, sempre con il gusto della sfida con sé stesso nell’escogitare e disegnare soggetti sempre più complessi e della ‘sfida’ con il consumatore. Perché va bene l’hobby, ma accade sempre più spesso di vedere piccole sculture in pane diventare parte dell’arredo della tavola. A chi scrive è capitato addirittura di mangiare in piatti (tra l’altro decorati) di pane edibile. Dopo la zuppa, abbiamo mangiato il piatto! Nel 2010 si parlerà quindi molto di sculture di pane, con l’ambizione di offrirvi attraverso queste pagine almeno le prime nozioni per iniziare a ‘scolpire’. Ma lasciamo che sia Fabio Albanesi stesso a introdurre l’argomento.

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/ PANE Prima di tutto, una definizione: cos’è una scultura di pane? Allora le risposte sono 2 : io definisco scultura di pane ciò che di artistico viene creato, senza uso di stampi, riuscendo a dare forma, anima, espressione, a ciò che prima era solo un pezzo di pasta. Ma anche ciò che tutti noi fornai sforniamo tutte le mattine senza l’uso di additivi chimici è ‘arte’. Per potersi chiamare ‘scultura di pane’ deve essere ... mangiabile? Secondo il mio modico parere, non necessariamente.

Differenze tra il lavoro con pasta di pane edibile e pasta di sale? La difficoltà nel lavorare la pasta di pane è che si tratta di una realtà viva, quindi bisogna stare attenti alle lievitazioni, alle cotture; la pasta di sale è morta perciò ci sono molte meno difficoltà. Alcuni elementi di base per chi volesse cominciare: farina più adatta, tipo d’impasto, tempi di lavorazione, cottura? Anche per questo non c’è uno schema: tutto dipende da quello che si vuole realizzare.

Attenzione! Nella tabella pubblicata nel nr. 86 è saltata la voce:

Lievito, da 4 a 10 gr. in base alla temperatura ambiente Ci scusiamo!

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/ PANE Ma hobby a parte le sculture in pane possono rappresentare una fonte di reddito per un artigiano? Certo che sì. A parte che anche i lavori ‘grandi’ quando vengono commissionati hanno ovviamente un prezzo, ora vanno molto anche i pezzi piccoli, da arredo tavola. Qualche idea per delle sculture ‘da catering’ - ossia che possano fungere da decoro ... edibile per le tavole apparecchiate? Cestini portapane, ferma posto, tableaux, fiori … tra l’altro l’arte è fantasia! Qual è il tuo procedimento ‘creativo’? Come in tutte le cose c’è un inizio e una fine: ci vuole tanta fantasia e una buona dose di capacità. Ci sono degli elementi - un pò tipo mattoncini lego - che sono sempre o quasi necessari per realizzare sculture in pane? Quali? Basta un coltellino. Questa è arte. A parte premi, corsi e concorsi come è possibile usare questo ‘hobby’ come strumento di marketing della propria azienda? Io lo faccio. E allora, sarà il caso di passare alla prima ‘lezione’ …

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Sculture di pane Procedimento: Impastare tutti gli ingredienti per 10 minuti in prima velocità, indipendentemente dal tipo di impastatrice. Cilindrare poi la pasta ripetutamente finchè non è liscia e omogenea, pronta da manipolare. Gli elementi base: la treccia Tagliare tre strisce di pasta della lunghezza e larghezza necessarie al lavoro che si vuole portare avanti. Accavallare le parti esterne, alternandole, attorno a quella centrale.

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Il primo lavoro: il cestino Il cestino intrecciato è il primo lavoro con cui di solito ci si cimenta. Per realizzarlo è necessario uno stampo a cupola. Foderare lo stampo con le trecce realizzate a parte, in modo che aderiscano tra loro. Una volta che lo stampo è completamente foderato, infornare e cuocere a 180°C, con vapore, per un’ora circa.

Ingredienti Ingredienti Farina, 1 kg. Sale, 20 gr. Margarina, 30 gr. Zucchero, 30 gr. Lievito, 15 gr. Acqua, circa 430 gr.


/ ATTUALITĂ€

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“Pane

da campioni!” Quattro chiacchiere con Mauro Alboni, Maestro panificatore e presidente della giuria della Sigep Bread Cup 2010 Affacciarsi nell’area che il Sigep ha dedicato alla Bread Cup 2010 e vedere Mauro Alboni saltare da uno stand all’altro, controllare, organizzare e coordinare “brigate” intere di abili panificatori, richiama alla mente più il lavoro di un autorevole “direttore di orchestra” piuttosto che quello di un bravo fornaio. Eppure è così: nonostante sia il Presidente di giuria della Sigep Bread Cup 2010, il campionato mondiale di panificazione a squadre, Mauro Alboni ama definirsi “solo” un semplice, volenteroso fornaio. “Sono il quarto di otto fratelli e ho iniziato a fare il pane a quattordici anni, ma già a undici ero garzone di bottega e perfino benzinaio. Sono di Ravenna, una piccola città e per me il lavoro è importante. Piano piano sono riuscito a metter su un’attività mia che poi dopo un pò di anni ho venduto. Con tutta l’esperienza maturata ho fatto il consulente di materie prime e tecniche di panificazione per varie ditte e attualmente sono dimostratore … insomma a fermarmi non ci penso proprio!” A Mauro Alboni brillano gli occhi quando osserva i vari maestri panificatori che si impegnano a impastare e creare prodotti di eccezionale qualità con l’obiettivo di conquistare l’agognata coppa di campione del mondo. “Io sono stato coach del team Italiano nel 2007 e nel 2009 siamo arrivati primi! So bene cosa significa per questi ragazzi riuscire a dimostrare il loro valore! GENNAIO/FEBBRAIO 2010

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/ PANE Insieme a Fausto Rivola, Marcello Di Lieto e Giampiero Genghini ho fondato il Club Arti e Mestieri proprio per mettere in comune e scambiarci conoscenze, per promuovere questa faticosa professione e valorizzare le esperienze provenienti non solo da tutte le regioni Italiane ma da gran parte delle nazioni del mondo. La Dichiarazione di Moncada (vicino a Valencia, in Spagna n.d.r.), voluta fortemente dal Club, ha sancito l’impegno da parte dei partecipanti – a cui presto si unirà la Germania – di divulgare nei propri territori i prodotti tipici degli altri paesi, in un completo spirito di interscambio culturale e professionale”. La pensa in grande Mauro Alboni. E non si ferma qui. “Sai come immagino la mia panetteria ideale? Aperta, con il laboratorio a vista rivolto al pubblico, senza barriere. Perché l’arte di fare il pane non deve essere un segreto, ma una cosa preziosa da condividere e mostrare con orgoglio. Chi sta al banco deve essere competente, deve conoscere il prodotto che sta vendendo, deve averlo visto nascere, solo così può trasmettere tutte le informazioni e le risposte che il cliente cerca. E poi per essere un buon fornaio ci vogliono cinque ingredienti indispensabili: esperienza, fantasia, amore, passione e la certezza di fare un mestiere vero”. Noi che gestiamo i principali portali web dedicati al pane e ai dolci e ci occupiamo di creatività, abbiamo voluto chiedere al Maestro Alboni se mestieri così “tradizionali” come quelli del panificatore e del pasticcere possono venire aiutati da nuovi mezzi di comunicazione come internet. Sentirlo così preparato è stata davvero una sorpresa. “Dovete sapere che trent’anni fa una notizia ci impiegava addirittura due anni ad attraversare il mondo da una parte all’altra, mentre adesso è diventato quasi normale

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conoscerla in mezzo secondo. Questo ha creato opportunità incredibili per i giovani: ora è possibile attingere informazioni immediate dalla rete, aggiornarsi, imparare, scambiarsi ricette e molto altro”. Solo per provocare un pò abbiamo lasciato intendere che internet, in fin dei conti, potrebbe un giorno sostituirsi perfino alla scuola. Siamo stati immediatamente corretti. “Non dimentichiamoci che la base di ogni buon fornaio o pasticcere è la preparazione. Un tempo imparavamo direttamente in bottega a

fare il pane e sbaglio dopo sbaglio diventavamo sempre più esperti. Poi sono nati gli istituti ed i corsi di formazione che, oltre ad insegnare materialmente e tecnicamente la professione, istruiscono i ragazzi ad essere anche bravi imprenditori. Noi crediamo in questo e facciamo partecipare gratuitamente le scuole ai forum di approfondimento. Gli stages esterni presso laboratori e ditte costituiscono la prima esperienza di lavoro dei giovani e in queste sedi si notano subito i veri talenti del futuro”.


/ PANE Chissà se Mauro Alboni ha almeno diffidenza verso un concetto che col pane apparentemente ha poco a che fare: l’immagine, l’apparenza. “La parola marketing, se non si conosce il suo vero significato, fa paura ma in realtà è uno strumento utilissimo per il giovane panificatore. In una società dove arriva al cliente finale prima la pubblicità e poi il prodotto, sono gli occhi che decidono ancor prima del palato. Tutti sono più preparati, ormai abituati a standard di immagine medio - alti, e quasi inconsciamente si aspettano di trovare un buon livello di grafica e comunicazione interna anche in una panetteria o in una pasticceria. La clientela desidera assaggiare prodotti sempre diversi, magari di forma e dimensioni nuove. Inoltre l’arredamento

curato in ogni dettaglio, la divisa del personale coordinata, i pane di qualità ben esposto e confezionato rendono sicuramente il negozio più efficiente e aiutano il panificatore ad incrementare le vendite”. A questo punto, se mettere in difficoltà Mauro Alboni sembra impossibile, puntiamo tutto sul personale e gli chiediamo se ha ancora conservato nel cassetto qualche sogno da realizzare … “Finchè ho quest’entusiasmo non voglio mai smettere di imparare. Quando parlo con i miei colleghi italiani e stranieri mi sento sempre l’ultimo arrivato e desidero apprendere i loro segreti. Vorrei trasmettere a moltissimi giovani quello che conosco … è un pò come lasciare negli altri qualcosa di me stesso, è un pò come diventare immortali.

Anche per questo sono importanti le fiere come contenitore in cui conoscersi e scambiare esperienze. E’ vero che lavorare nel laboratorio è fondamentale e che molti colleghi non amano spostarsi, ma sapere quello che succede nel mondo che ti circonda è altrettanto determinante e poi non scordiamoci che in una discussione ha torto sempre chi non c’è!” Ci spostiamo per una foto nello stand Sigep di Panificazione&Pasticceria insieme al nostro direttore e scherzando facciamo notare a Mauro che ha praticamente parlato sempre lui. “Bè, vuol dire che il mondo del pane ha sempre molto da dire, no?” Come dargli torto.

Alfredo Falcone Pianeta Communication alfredo@pianetacommunication.it

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Milena Cavallini

è Miss Tagliatella 2009 Conclusa la quarta edizione, ora l’appuntamento è a Pastatrend a fine aprile Sono arrivati da tre regioni, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, ‘calando’ su Bologna dalle località dove Miss Tagliatella ha fatto tappa durante l’estate per disputarsi il Trofeo Enzo Tassi, il prestigioso riconoscimento che per il quarto anno ha premiato il vincitore della Dsifida Finale svoltasi a Bologna l’8 dicembre scorso. A giudicare sfoglia e tagliatelle un ‘panel’ di tutto rispetto, guidato da Rina Poletti, Presidente ufficiale della giuria di Miss Tagliatella, con ospite d’eccezione Laura Rangoni, giornalista – gastronoma e lei stessa ‘sfoglina’ di vaglia.

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A vincere la Disfida Finale è stata Milena Cavallini, da San Felice sul Panaro (Mo). Miss Tagliatella 2009 è nata a Sant’Agostino (Fe): meravigliatissima del successo conseguito e ancora un po’ senza fiato per premi e festeggiamenti, racconta di avere iniziato a fare la sfoglia “perché sono contadina e ho 3 uomini in casa! Anche se adesso la faccio di meno, perché dobbiamo dimagrire”. Cavallini ha vinto con un totale di 175 punti su 200. La gara si è svolta nella prestigiosa Galleria del Leone (grazie alla gentile collaborazione di Assicurazioni Generali), proprio sotto le Due Torri; inserita nella cornice del primo shopping natalizio bolognese, ha avuto un pubblico numeroso ed entusiasta che ha seguito il lavoro della giuria, ‘diretta’ dalla Presidente ufficiale Rina Poletti; i giurati hanno valutato e assaggiato le tagliatelle prodotte dai 10 agguerritissimi concorrenti, con un continuo alternarsi in testa alla classifica (come ci rivelano le nostre fonti confidenziali!). Alla vincitrice, premiata con il Trofeo Enzo Tassi, va anche un omaggio di 50 chili di farina offerta da Pivetti Holding SpA, che con la sua farina è stato protagonista di Miss Tagliatella 2009.

Ecco l’elenco completo dei finalisti (tra parentesi la tappa vinta):

Giulietta Cisterna (Minerbio); Valeria Galvani (Castelmassa); Alessandro Aldrovandi (Finale Emilia); Milena Cavallini (San Felice sul Panaro); Remo Magri (Lido delle Nazioni); Cristina Passerini (Pieve di Cento); Elisabetta Bollettinari (Portomaggiore); Laura Tarroni (Lido degli Scacchi); Graziella Sarto (Suzzara); Gina Fortini (Cento); Annetta Farinelli (Lido delle Nazioni); Enzo Di Lio (Sasso Marconi).

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/ PASTA te con l’identico sugo per tutte, seguendo un’accurata tavola di valutazione. Ora Miss Tagliatella sta già programmando le attività del 2010: debutterà a Pasta Trend, dove sarà allestita un’area di animazione (di cui farà parte anche P&P) in aprile a Bologna con corsi e dimostrazioni, mentre il programma delle gare ambisce a raggiungere le 20 tappe totali.

La Disfida Finale ha concluso le gare di Miss Tagliatella, iniziate il 3 luglio a Minerbio in provincia di Bologna. Miss Tagliatella si propone di dare risalto al patrimonio di storie professionali e personali che ruotano attorno alla sfoglia tradizionale ed alla tagliatella fatta a mano, uno dei preziosi saperi taciti che si tramandano di generazione in generazione. Durante la gara ogni partecipante riceve un chilo di farina e sei uova per fare in diretta e solamente a mano le tagliatelle da consegnare alla giuria, che le valuterà tanto crude che cotte, condi-

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Da quest’anno inoltre Miss Tagliatella avrà anche un proprio canale televisivo in streaming attraverso internet, per cui potrà raggiungere tutti i propri amici e simpatizzanti nei loro computers. Tra le altre ‘sorprese’ in preparazione, una probabile trasferta a Roma: ma nella capitale sarà possibile gareggiare per Miss Tagliatella … O dovrà nascere Miss Fettuccina?


Amor di farina Amor di sfoglia Comincia da qui un viaggio che ci accompagnerà per tutto l’anno. Un viaggio voluto da Molini Pivetti SpA alla (ri)scoperta della sfoglia tradizionale. Quella tirata a mano, tra tagliere e matterello; quella gialla e profumata, quasi altrettanto buona da mangiare cruda che cotta; quella che affascina con il suo profumo e ammalia a vederla asciugarsi stesa come una grande tovaglia gialla. La sfoglia tirata a mano è una passione ed è anche un mestiere: sicuramente, pur nelle sue diverse sfumature territoriali, è un patrimonio italiano, particolarmente radicato in Emilia Romagna. E proprio in Emilia Romagna da poco più di un secolo i Molini Pivetti producono farine derivanti dai migliori frumenti nostrani, in un cammino di qualità che non si è mai distaccato da quello della pasta, dato che Pivetti è al centro di un’area, le province di Bologna, Modena e Ferrara, dove la produzione di pasta fresca e la sfoglia tradizionale. Proprio per la sfoglia tradizionale Molini Pivetti ha creato una nuova linea di farina, utilizzabile sia dalla massaia sia dal professionista: si tratta di Pivetti Amor di farina per pasta fresca.

Nelle foto di queste pagine vedete Rina Poletti, Presidente della giuria di Miss Tagliatella e plurivincitrice della manifestazione, mentre ‘sperimenta’ Pivetti Amor di farina. Ma lasciamo che il nostro viaggio nella sfoglia tradizionale incominci, mettendo a fuoco alcuni aspetti fondamentali di quest’arte, di questo sapere tradizionale che meriterebbe una maggiore tutela anche a livello legislativo. Parliamo prima di tutto d’ingredienti. Uova e farina, nient’altro. E se delle uova è difficile conoscere in anticipo le caratteristiche, possiamo invece spendere qualche parola su Amor di farina per pasta fresca.

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La qualità della farina è fondamentale, infatti, per tutta una serie di caratteristiche che poi la sfoglia assumerà. Pivetti Amor di farina ha una qualità particolarissima: esalta il colore giallo della sfoglia, che non muta neanche dopo giorni e giorni. E’ una particolarità quasi unica, sono pochissime le farine con questa caratteristica. Poi si tratta di una farina estremamente duttile, un pò più “duretta” delle farine normali, cioè una farina di consistenza grazie alla quale la pasta avrà poi migliore tenuta alla cottura. La misura ideale della sfoglia non deve andare oltre la capacità delle braccia: quindi 5 o 6 uova al massimo. Per tirare la sfoglia si utilizzano tradizionalmente tagliere e matterello. Se scegliete il legno, il meglio è il faggio. Il tagliere può anche essere multistrato, ma con il faggio all’esterno. Meglio quadrato che rettangolare, diciamo 120x120, oppure se rettangolare 120x80. Fondamentale è che il matterello sia della stessa larghezza del tagliere, perché così andiamo a stendere bene la sfoglia sulla nostra asse: la lunghezza del matterello quindi è rapportata alla larghezza del tagliere. Tagliere a parte, la sfoglia si può tirare praticamente su qualsiasi superficie piana, dipende dall’abilità personale. Marmo e acciaio sono ottimi, ed un uso familiare comune era di tirarla sulla tovaglia stessa: perché si fa prima, il cotone assorbe umidità mentre la tiri e quindi la sfoglia si asciuga più in fretta. Muniti di matterello, tagliere, uova e farina Primo Velo di Molini Pivetti siamo pronti ad iniziare ad impastare. In media usare un etto di farina per ogni uovo, però sempre tenendo conto del peso dell’uovo: un uovo di 40 grammi richiede meno farina di uno di 70.

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Il gruppo Holding Pivetti S.p.A. è composto da due molini industriali, che producono farine di grano tenero, situati uno a San Giovanni in Persicelo, in provincia di Bologna, ed uno a Renazzo, in provincia di Ferrara. Siamo il secondo gruppo molitorio d’Italia per la produzione di farine di grano tenero, ne produciamo diversi tipi e la caratteristica che ci contraddistingue è la qualità dei prodotti e la stabilità che garantiamo nel tempo ai nostri clienti. Il motivo principale per il quale abbiamo sposato le idee di Miss Tagliatella è che siamo specializzati nel produrre farine per pasta fresca e in particolar modo una nuova farina voluta fortemente per i produttori di pasta fresca, artigianali e non. Questa farina nasce da un’attenta selezione di soli grani nazionali, dai quali viene estratta la parte più bianca dell’endocarpo del frumento tenero e che permette di ottenere un prodotto che scurisca molto più lentamente rispetto all’utilizzo delle normali farine per pasta fresca e conferisca perciò una colorazione dorata alla pasta e un’ottima resistenza alla cottura. Miss Tagliatella con i propri obiettivi abbraccia pienamente la ricerca di un prodotto d’élite per i produttori e gli amanti delle vera pasta fresca artigianale, ed è per questo che il Molino Pivetti affianca il marchio Miss Tagliatella nella promozione della sfoglia tradizionale e delle tagliatelle fatte a mano.


E’ importante impastare usando il palmo della mano; lavorare la pasta fino a quando è omogenea e liscia. Lavorare molto, con movimento preciso, per fare il panetto omogeneo e morbido, senza lasciare nessun tipo di irregolarità. Deve essere come un velluto, la pasta, se no quando andiamo a stenderla viene il buco. Una volta terminato d’impastare, la sfoglia va fatta riposare. Il riposo è una cosa determinante per la sua buona riuscita: la sfoglia deve essere coperta, privata di ogni tipo di contatto con l’aria, in modo da lasciare andare tutta quella che ha assorbito mentre veniva impastata. Dopo il riposo è il momento del matterello, uno strumento meno semplice da usare di quanto sembri. Vari sono i movimenti da compiere, e ne parleremo anche nei prossimi articoli. La cosa fondamentale è stendere sempre la pasta con un movimento circolare, in un senso quasi orario. Se la prendiamo sempre dallo stesso punto, invece, non riusciremo a farla tonda. Ci sono differenze tra i vari movimenti fatti col matterello: quando l’allargo ‘libera’, ossia tenendo il matterello alle estremità, oppure girandola sul matterello, ho un minore controllo sul matterello stesso. Quando invece la tiro muovendo le mani avanti e indietro dal centro alle estremità del matterello decido molto meglio la pressione e la misura necessarie a renderla perfettamente omogenea. Ci vediamo nel prossimo numero!

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/ PASTA

La pasta a congresso pa s t a t r e n d Da Healthgrain a Nomisma, tutto il meglio Ormai siamo agli sgoccioli, almeno per quanto riguarda le ‘uscite’ di P&P prima dell’apertura di Pastatrend: e quindi sarà il caso di usare questi ultimi due numeri per presentare il programma di quella che sarà la prima e più importante fiera italiana dedicata alla pasta e a tutto quello che le ruota intorno, la cui inaugurazione ufficiale è fissata a mezzogiorno di sabato 24 aprile. Allora, dividiamo in due la presentazione del salone, cui P&P sarà presente con un proprio spazio e proprie iniziative nell’area dedicata di Miss Tagliatella. Andiamo quindi a vedere quali saranno in linea di massima i convegni, i seminari, gli incontri che animeranno i giorni di fiera, mentre nel prossimo numero presenteremo nei dettagli il programma di corsi, animazioni e manifestazioni organizzato da MissT e dai suoi partners.

Ecco quindi il programma nei dettagli.

Sabato 24 aprile 2010 Conferenza internazionale d’apertura “Il ruolo socioeconomico e le potenzialità di mercato della pasta ‘Italian Style’ nel mondo” a cura di Nomisma Il tema dell’anno: “La sicurezza dell’approvvigionamento della materia prima nella filiera della pasta” a cura di Grano Italia - iscrizione gratuita “Giornata tecnica di aggiornamento professionale del settore molitorio” a cura dell’Antim - iscrizione gratuita per i Soci; € 50,00 per i non soci Secondo simposio internazionale di genomica delle ricerche genetiche sui vegetali Dettagli e iscrizione (a pagamento): www.gpgr2. com (NB: questo simposio si conclude il 27 aprile) “Stili di vita e salute: riflettori sulla sindrome metabolica” Convegno - iscrizione gratuita (NB: termina il giorno successivo)

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/ PASTA

Domenica 25 aprile 2010 Corso pratico di cucina: preparare la sfoglia A cura di Casa Artusi - iscrizione € 40,00 (minimo 20 partecipanti) - mattina “Cucinare col cervello” Evento - iscrizione gratuita (minimo 30 partecipanti) “La pasta per gli animali da compagnia” Corso - iscrizione € 25,00 (minimo 50 partecipanti) - mattina

Lunedì 26 aprile 2010 “Quale futuro per la pasta?” Workshop a cura dell’Aistec - iscrizione gratuita mattina “Il miglioramento della qualità nutrizionale dei pasti a base di pasta: risultati di due progetti finanziati dalla UeI risultati di due progetti finanziati dalla Ue“ Workshop a cura di Healthgrain e Lycocard iscrizione gratuita - pomeriggio

“Contratto di filiera grano duro” Convegno. Conclusione del progetto Ministeriale della Società Interprofessionale Grano Duro – Sigrad - iscrizione gratuita - mattina

“Affrontare la volatilità del mercato internazionale dei cereali: un’analisi degli strumenti contrattuali” Convegno internazionale a cura di cura di A.g.e.r – Borsa Merci Bologna; Gafta – The Grain and Feed Association – Londra; Facoltà di Agraria, Dipartimento di Ingegneria ed Economia Agraria – Università di Bologna; Cciaa di Bologna iscrizione gratuita - mattina

“La ricerca agroalimentare in Italia “ Convegno sul Progetto Ager - iscrizione gratuita mattina

“Valorizzazione e definizione di una pasta artigianale” Corso di aggiornamento a cura del dr. Paolo Rocchi - iscrizione € 50,00 (minimo 40 partecipanti) - mattina

“Variazione delle proprietà chimico - fisiche, reologiche e microstrutturali degli impasti durante il processo di pastificazione” Corso di aggiornamento a cura della dott. ssa Peressini (Università degli studi di Udine) - iscrizione € 50,00 (minimo 40 partecipanti) mattina

“L’offerta alberghiera italiana rilancia le cucine regionali: pasta e tipicità sulla tavola dei nostri hotel” Convegno a cura della rivista “L’Albergo” iscrizione gratuita - mattina “L’innovazione nella filiera della pasta” Convegno a cura di Grano Italia - iscrizione gratuita – pomeriggio “Fattori dietetici e celiachia nel terzo millennio“ Convegno - iscrizione gratuita

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Martedì 27 aprile 2010

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“Contaminanti e mercato dei cereali: il caso delle micotossine” Workshop a cura di Sicura (Sicurezza alimentare) - iscrizione gratuita - mattina

“Etichettatura delle paste alimentari: aspetti normativi ed aspetti penali” Corso di aggiornamento - iscrizione € 50,00 (minimo 40 partecipanti) - pomeriggio “Nutrizione, attività fisica e cancro” Convegno internazionale – iscrizione gratuita “I prodotti animali, i migliori compagni della pasta” Tavola rotonda - iscrizione gratuita - pomeriggio


/ PASTA

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/ PASTICCERIA

Alla Kraft

il cioccolato Cadbury Il gigante americano conquista il ‘brand’ inglese. Scandalizzata l’ultima erede della famiglia Cadbury E’ stata una delle grandi operazioni di borsa degli ultimi mesi ed anche un evento che cambia in modo radicale la ‘geografia’ del cioccolato mondiale, tanto quello dedicato al consumatore finale quanto quello usato quale materia prima. A fine gennaio gli americani della Kraft hanno acquisito la britannica Cadbury per una cifra pari a circa 13 miliardi di euro. Kraft è divenuta così il maggior gruppo dolciario mondiale: vanta circa 40 marchi, tra i quali anche Toblerone e Milka. Il gruppo americano, illustrando l’operazione, ha sottolineato anche “la grande complementarietà geografica” dei due gruppi, in posizione dominante in importanti mercati emergenti come Brasile, Russia, India, Cina e Messico.

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/ PASTICCERIA

“Siamo soddisfatti degli impegni presi da Kraft verso la nostra eredità (Cadbury è indipendente da 186 anni), i nostri valori e i nostri dipendenti nel mondo”, ha affermato da parte sua Roger Carr, numero uno di Cadbury, aggiungendo che la società britannica “collaborerà con il management di Kraft per garantire la continuazione del successo e la crescita dell’impresa a vantaggio dei clienti, dei consumatori e dei dipendenti”. Le reazioni all’operazione non sono però state univoche nel mondo. Uno dei maggiori azionisti Kraft, il finanziere americano Warren Buffet, uno dei guru mondiali degli affari e tra gli uomini più ricchi del globo, che possiede il 9% della multinazionale americana, ha spiegato di essere contrario all’acquisizione, pure senza cedere le proprie azioni.

Buffett ha affermato che Kraft è sottovalutata e inoltre la recente cessione a Nestlé delle attività sulle pizze surgelate, è stata effettuata per un ammontare troppo esiguo: per Buffett, insomma, l’affondo del colosso alimentare americano sul gruppo dolciario britannico è un accordo “non buono” sul quale ha molte riserve, “molti dubbi”. A inizio gennaio del resto Buffet aveva tentato di bloccare l’operazione invitando gli investitori a negare all’amministratore delegato di Kraft, Irene Rosenfeld, la possibilità di emettere 370 milioni di azioni per finanziare l’acquisizione di Cadbury. Mastica amaro anche la stampa inglese, l’orgoglio nazionale colpito dalla conquista americana di un’altra azienda storica del Regno Unito.

Amarezza rinfocolata dalle prese di posizione pubbliche di vari esponenti della famiglia Cadbury. In una lettera al Daily Telegraph, sir Adrian Cadbury e sir Dominic Cadbury, ex presidenti di Cadbury, si augurano che Kraft “sia all’altezza delle sue responsabilità”. Al vetriolo il commento, sulle pagine del Financial Times, di Felicity Loudon, altra discendente dei fondatori di Cadbury: “I miei antenati si rigirerebbero nella tomba” se sapessero che la società è stata acquistata da un’azienda americana “che produce formaggio per hamburger”.

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/ PASTICCERIA

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Europain&Intersuc 2010: ricco, di tendenza ed efficace Gli obiettivi di espositori e visitatori: essere i primi a partecipare alla ripresa e beneficiare del dinamismo del salone Un salone che si arricchisce con 15 nuovi espositori ogni settimana ! E’ a questo ritmo che le domande di partecipazione arrivano agli organizzatori del salone. Questo dimostra come il primo salone professionale dell’anno per la panificazione, pasticceria, cioccolato, gelato… sia importante per gli operatori del settore. Oltre 1/5 degli espositori parteciperà al salone per prima volta … e circa la metà degli espositori è internazionale. È importante per queste aziende infatti presentare le proprie novità agli 80.000 visitatori che a partire dal 6 Marzo visiteranno il salone.

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/ PASTICCERIA

Anche quest’anno Europain si segnala per la grande internazionalità di espositori e visitatori. Se l’Europa è, ad oggi, largamente rappresentata, anche i paesi extra europei saranno presenti in gran numero. Da segnalare, la Repubblica Ceca alla prima partecipazione, il Portogallo, la Danimarca e il Lussemburgo ; l’Egitto e la Turchia per il Medio Oriente; la Tunisia ; la Colombia e il Brasile per l’America Latina ; gli Stati Uniti e infine, in Asia, la Corea del Sud, il Giappone e le Filippine. In totale 24 paesi sono già iscritti. Oltre alla Francia, l’Italia e la Germania sono al primo posto per numero di aziende iscritte.

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Un salone vivo, brillante … Oltre ai numerosi espositori, le animazioni illustrano l’immensa creatività degli operatori giunti da tutto il mondo per confrontarsi con i migliori di ogni paese. Due nuove animazioni debutteranno a Europain&Intersuc 2010: la Coppa Europea di Pizza in doppio e l’International Cup di Cucina. Per la prima volta, nel 2010, Europain&Intersuc presenta un concorso organizzato dal salone, in collaborazione con la rivista Pizza&Pasta Italiana: la Coppa Europea di Pizza in Doppio. Questa gara si svolgerà i giorni 6 e 7 Marzo 2010 durante il salone. Le squadre saranno composte da una coppia: un pizzaiolo o un panificatore accompagnato da uno Chef. Il pizzaiolo (o il fornaio) si occuperà della preparazione della pasta e della cottura nel forno, mentre lo Chef si occuperà della ricetta e degli ingredienti per insaporire la pizza.


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Europain 2010 in cifre Il sito: www.europain.com Data: dal 6 al 10 Marzo 2010 Luogo: Quartiere Fieristico Paris - Nord Villepinte, Padiglioni 1, 2, 3, 4 Periodicità: Biennale Settori: Panificazione Artigianale Panificazione Industriale - Pasticceria - Gelato - Zucchero e Cioccolato - Il Negozio - La Rue des Ecoles Superficie espositiva: 80.000 mq Espositori: 680 attesi Visitatori: 87.000 operatori attesi Orario visitatori: 9.30 - 18.30

La giuria sarà composta da personalità francesi e italiane, che giudicheranno in base a qualità della pasta e della cottura, gusto, presentazione, destrezza del pizzaiolo e dello chef. L’International Cup di Cucina, organizzato da Mutuelle des Cuisiniers de France, si svolgerà i giorni 9 e 10 Marzo 2010 durante il salone con l’obiettivo di promuovere la professione del cuoco e le tecniche del patrimonio culinario francese e di valorizzare la cucina francese. I candidati dovranno quindi preparare un piatto a base di carne ed un dessert. Una Giuria di qualità sarà selezionata per giudicare la prova. Sarà presieduta da Philippe Gobet, Meilleur Ouvrier de France en Cuisine, Direttore della Scuola Lenôtre. I finalisti disputeranno il Challenge de l’International Cup di Cucina. Il vincitore riceverà un vaso di porcellana di Sèvres offerto da Nicolas Sarkozy, Presidente della Repubblica Francese, e 10.000 euro. Il secondo classificato del Challenge des Cuisiniers de France sarà ricompensato con un week-end gourmand in un Relais et Châteaux. Al terzo classificato sarà conferito il Challenge Espoirs des Cuisiniers e riceverà un mini-miscelatore professionale.

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Mercanti in...

fiera

Iniziamo il nuovo anno facendo un salto indietro nel tempo. Torniamo per un attimo a quando non c’era ancora la possibilità di stampare del materiale cartaceo per farsi conoscere, a quando non esistevano gli spot pubblicitari e nemmeno la Tv, a quando le insegne delle botteghe – se stavano appese – non brillavano, ma venivano intagliate nel legno, a quando le radio locali erano fatte dai contadini che gridavano per richiamare i compratori davanti ai propri carretti … beh in quegli anni così lontani due cose erano già presenti da moltissimo tempo: il pane e le fiere. Il pane perché è nato praticamente con l’uomo, le fiere perché l’essere umano ha sentito fin da subito l’esigenza di comunicare con i propri simili per mostrare e commerciare il frutto del proprio lavoro. La fiera un

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/ PASTICCERIA tempo era intesa come l’evento più importante per la vita del villaggio e i territori circostanti, la fiera veniva considerata un’opportunità irrinunciabile per vendere e farsi conoscere, per comprare e scambiare, per scoprire le novità, per buttare un occhio al futuro. Gli anni sono passati e, grazie all’energia elettrica, i mezzi di comunicazione – così come la tecnologia – si sono evoluti, oltre alla Tv è nato il personal computer e a seguite internet. I contadini non gridano più ma commissionano ai network comunicati radiofonici e le insegne, per un pò al neon, sono diventate grandi schermi al plasma. Ma il pane e le fiere ci sono sempre, con loro andiamo sul sicuro! Ecco, proprio questo ci sentiamo di suggerire a tutti gli imprenditori che lavorano nel campo della panificazione e della pasticceria: andate sul sicuro, non considerate di serie “b” un’efficace mezzo pubblicitario come la fiera! Riprendendo il discorso affrontato lo scorso anno sui vari mezzi di promozione, un concetto che proprio non pare entrare in testa a molti titolari di attività è l’importanza fondamentale del “budget”. Ci spieghiamo meglio: operare costantemente tutto l’anno in “emergenza”, commissionando all’ultimo istante alla tipografia più vicina i sacchetti di carta per

il pane o acquistando alla sartoria d’angolo le divise per i dipendenti e alla cartoleria di fronte i cartoncini segnaprezzo, non sembra ma comporta – tutto sommato – una notevole spesa. Prevedere, invece, ad inizio anno una cifra precisa da destinare all’immagine del punto vendita, alla comunicazione pubblicitaria e a precise azioni di promozione (magari affidandola ad una agenzia specializzata), aiuta a risparmiare evitando costosi imprevisti e facilita il raggiungimento di obiettivi certi. Determinare un budget e metterlo a bilancio consente di sfruttare un mezzo sicuro come la fiera, appunto. Ne parliamo con cognizione di causa perché il Sigep, il salone internazionale dedicato alla pasticceria, alla gelateria e alla panificazione (tutte rigorosamente artigianali) di Rimini si è appena concluso e – per quanto ci riguarda – è stata una vetrina eccezionale per scoprire moderne tendenze, incontrare colleghi “addetti ai lavori” e scambiare idee e opinioni. Si può scegliere di frequentare una fiera di settore come semplici operatori in visita, solo per informarsi, per aggiornarsi oppure per trovare prodotti innovativi ed aziende che commercializzano materie prime a prezzi convenienti.

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/ PASTICCERIA In questo caso, oltre ad un buon albergo dove pernottare, non vi sono molti soldi da investire in comunicazione: dei depliants in formato A4 relativi alla propria attività e i classici biglietti da visita (da non dimenticare mai) possono essere portati comodamente in una borsa. Si può essere presenti ad una fiera come veri e propri espositori, acquistando un’area di varia metratura presso l’ente organizzatore e istallandovi dentro uno stand personalizzato nell’aspetto grafico esterno. I costi, in questo caso, sono chiaramente maggiori (noleggio spazio, allestimento stand, personale impiegato, materiale pubblicitario cartaceo promozionale, eventuali campioni in esposizione, pernottamento in albergo ecc.) ma gli obiettivi raggiungibili sono decisamente più allargati. Chi accede ad una fiera come singolo visitatore spesso è un rappresentante, un consulente, un professionista nel campo della panificazione e della pasticceria o un titolare di punti vendita. Le grandi aziende produttrici di materie prime, le ditte fornitrici di arredi e macchinari e le case editrici che stampano riviste o libri di settore preferiscono invece occupare spazi fissi, anche per facilitare la visibilità dei campioni esposti. Come abbiamo detto, una fiera ben strutturata non è solo fatta di corridoi e stand: è l’occasione per tutti quelli che lavorano nel mondo del pane e dei dolci di confrontar-

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si, seguire tavole rotonde tenute da autorevoli professionisti, frequentare utili meeting di aggiornamento organizzati a margine delle giornate dedicate all’esposizione. Andare in una fiera è un pò come “toccare con mano” la realtà del lavoro e capire come sta cambiando e in che direzione si sta muovendo tutta la filiera di settore. Comprendiamo che la routine quotidiana, gli impegni con i fornitori e i dipendenti (oltre alla normale gestione del punto vendita) costituiscano un impedimento importante per qualsiasi titolare di negozio, così come siamo consci che sia più facile ed immediato far stampare qualche volantino pubblicitario piuttosto che decidere di spostarsi per qualche giorno in un’altra città. Tuttavia - l’abbiamo accennato all’inizio – anche se il pane esiste da sempre, il mondo intorno ad esso si è evoluto con gran velocità. Il piccolo villaggio di campagna che un tempo ospitava la fiera è diventato globale e conoscere il prima possibile quello che c’è oltre i confini del villaggio è davvero fondamentale.

Alfredo Falcone Pianeta Communication alfredo@pianetacommunication.it


/ PASTICCERIA

Prodotti per soggetti allergici

anche in bottega? La parte conclusiva dell’articolo in cui approfondiamo le possibili reazioni negative legate all’ingestione di cibo e le loro cause. Tocca all’artigiano garantire la sicurezza alimentare

(seconda parte)

La produzione necessita di diverse regole se si vogliono ottenere prodotti senza un determinato allergene Dovranno essere disponibili ricette scritte per ogni prodotto, che non si limitino ad una individuazione generica del componente utilizzato, ma che diano l’esatta descrizione dell’ingrediente comprensiva del fornitore. Questo permette di verificare quali saranno gli allergeni presenti nel prodotto finito o perché aggiunti volontariamente o perché il fornitore non è in grado di garantircene l’assenza. Tutto il personale dovrà poi essere consapevole dell’importanza di rispettare la ricetta definita, infatti la sostituzione di un ingrediente, sia per la sua inaspettata mancanza o per comodità, può portare alla presenza non voluta di allergeni nel prodotto finito.

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/ PASTICCERIA

ANIMA MUNDI Anima Mundi nasce nel 2001; l’azienda offre numerosi servizi nel settore agroalimentare, come: consulenza nel campo dell’igiene e sicurezza degli alimenti; consulenza per l’applicazione degli schemi di certificazione qualità, ambiente, rintracciabilità (Brc, Ifs, Globalgap, norme Iso 9001, Iso 22000, Iso 14001, regolamento Emas); supporto alle aziende nel progettare e realizzare piani generali di sviluppo e miglioramento; consulenza per l’adeguamento normativo nel settore agroalimentare; audit presso fornitori. I clienti di Anima Mundi spaziano in tutti i principali settori dell’agroalimentare andando dall’azienda agricola, alla piccola azienda artigianale fino alla multinazionale. www.animamundiweb.it - E-mail info@animamundiweb.it

Umberto Alberghini

Sicurezza alimentare

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È necessario prestare attenzione all’ordine delle produzioni: il prodotto senza allergeni dovrà essere prodotto prima dei prodotti che poi lo contengono. La pulizia di banchi ed attrezzature sarà infatti possibile effettuarla in modo più profonda a fine giornata, avendo così la giornata successiva attrezzature perfettamente pulite e quindi non fonte di contaminazione crociata. Questo non sempre è possibile e quindi potrebbe essere necessario effettuare pulizie anche durante le fasi produttive. Le lavorazioni di rimanenze o il cambio di destinazione di un semilavorato sono un pericolo, quindi prima di effettuare queste pratiche bisognerà sempre verificare la concordanza degli ingredienti tra la ricetta iniziale e quella di ultima destinazione. In pratica una rimanenza di impasto contenete latte non potrà assolutamente essere utilizzata per un prodotto per il quale si vuol dichiarare l’assenza di latte e derivati, come detto non ha importanza la quantità della rimanenza. Abbiamo già parlato di pulizie, è bene però chiarire che parlando di attrezzature perfettamente pulite si intende l’assenza totale di residui di prodotto. Questo aspetto, che diventa importante anche per gli aspetti igienici, deve essere verificato soprattutto per quelle attrezzature che per la loro forma sono particolarmente difficili da pulire. Si deve anche estendere a quelle parti che pur non visibili ad occhio nudo possono entrare a contatto con i prodotti, se necessario quindi le attrezzature devono essere smontate.


/ PASTICCERIA Per ridurre il rischio di contaminazione attraverso le attrezzature è utile dedicare alcune di queste ad essere utilizzate solo per un tipo di ingrediente con allergeni. Per evitare errori è bene che queste attrezzature dedicate siano facilmente distinguibili dalle altre, questo si può ottenere grazie al colore diverso dell’attrezzatura stessa o con l’apposizione di etichette. Il comportamento del personale riveste anch’esso una rilevante importanza. Le mani possono essere fonte di contaminazione, dovranno quindi essere lavate con metodo e frequenza. Oppure si possono utilizzare guanti usa e getta che dovranno essere cambiati quando c’è il cambio di prodotto. Bisogna prestare attenzione anche a camici o grembiuli che possono veicolare l’allergene, sostituendoli se necessario.

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/ PASTICCERIA Rispettando le regole descritte si ottiene un prodotto finito senza la presenza di ingredienti non voluti, a questo punto non bisogna mollare la presa proprio sul finale, cioè l’esposizione al consumatore dei prodotti finiti. Anche in questa fase infatti è necessario mantenere la separazione tra i prodotti senza l’allergene non voluto e quelli che invece lo contengono. Questa separazione si ottiene tramite l’utilizzo di attrezzature dedicate ed evitando contatti e soprattutto riposizionamenti dei prodotti, che poi potrebbe essere difficilmente identificabili. La disponibilitĂ delle informazioni e la capacitĂ di comunicarle è infine un ultimo passo sicuramente importante:

- la composizione degli alimenti deve essere facilmente visibile al consumatore, cosÏ come al personale a contatto con il consumatore, che potrà cosÏ rispondere con sicurezza alle domande che vengono rivolte; - il consumatore allergico o intollerante in caso di dubbio si rivolge ad altri prodotti. Quindi chi è a contatto con il consumatore deve essere a conoscenza di quanto si fa per produrre alimenti sicuri senza ingredienti non voluti, in modo da poterlo comunicare efficacemente. Rispettando queste regole potremo affermare con sicurezza che un prodotto non contiene, nemmeno in tracce, un componente non voluto.

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/ PIZZA

Pizza napoletana ufficialmente Stg

Il Comitato europeo per le indicazioni geografiche e le denominazioni d’origine protette ha attribuito il riconoscimento europeo di specialità garantita (Sgt) alla pizza napoletana.

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/ PIZZA Si tratta però di una tutela relativa perchè il consumatore avrà la garanzia che la ‘pizza napoletana Stg’ venga prodotta secondo la tradizione partenopea: la denominazione non riguarda il luogo di produzione, ma solo le caratteristiche, i procedimenti di lavorazione e i suoi ingredienti, a prescindere da dove verrà prodotta. Tuttavia per Napoli, per I’Italia e per la pizza italiana il voto favorevole rappresenta una vittoria dall’alto valore simbolico. A tal proposito abbiamo registrato i pareri di alcuni storici personaggi che della pizza hanno fatto il proprio credo. Dice Massimo Di Porzio, segretario dell’Associazione Verace Pizza Napoletana: “grande soddisfazione per l’approvazione di un marchio europeo che rappresenta tutta la filiera della pizza e che ha visto il grande impegno di centinaia di persone determinate a ‘salvare’ un prodotto tanto diffuso e purtroppo imitato (o meglio contraffatto), soprattutto nelle materie prime componenti; grande attenzione dal momento che adesso viene il bello, nel senso che adesso la vera sfida è quella di costruire un forte consorzio di tutela e di rappresentanza del marchio Pizza napoletana Stg, con la chiarezza e la determinazione che i ‘mercanti devono stare fuori dal tempio’ ; grande chiarezza, nel senso che è vero che è stata registrata la ricetta della pizza napoletana, ma

la pizza napoletana è uno di quei pochi prodotti in cui se esegui la ricetta alla lettera, non riesci ad ottenere il prodotto: sai perché? Perché l’artigianalità e la manualità sono determinanti e nessuna ricetta può darti tale abilità!”. “Finalmente è arrivato il gran giorno e noi di Pizza.it School, entusiasti, ci rallegriamo con tutti i promotori (Pace, Miccù, Lopa, Di Porzio ecc..) di questa battaglia iniziata diversi anni fa e che ci ha visti affiancare e sostenere tutte le iniziative volte al raggiungimento di questo obiettivo”, aggiunge Umberto Bachetti, direttore della Pizza.it School e del portale www.pizza.it, “ma il nostro pensiero va anche a quanti non hanno avuto la fortuna di vivere questa storica giornata, in particolare vogliamo ricordare Ernesto Cacialli, famoso pizzaiolo napoletano della pizzeria ‘ai Tribunali’, scomparso la settimana scorsa (il pizzaiolo di Bill Clinton) e il giornalista Mario Folliero, storico della pizza, sempre vivo nei nostri pensieri.

A cura della redazione di www.pizza.it, il portale Internet dedicato alla pizza più importante e famoso al mondo.

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/ PIZZA Entrambi hanno contribuito tanto alla causa e la vittoria odierna porta anche il loro nome. Entusiasmo alle stelle anche tra i pizzaioli napoletani che frequentano il forum di Pizza.it. E’ anche vero che spesso, nel forum, ci capita di leggere accese discussioni tra chi sostiene che la pizza sia soltanto quella napoletana e chi invece propende per un approccio meno fondamentalista”.

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Fabrizio Marzo, Maestro Pizzaiolo e storico utente (nickname Fiocco) del forum di Pizza.it non si fa pregare per esprimere la propria opinione: “l’argomento a ben pensarci mi fa sorridere. Vittoria per gli amici napoletani a Bruxelles, contro i falsi e innumerevoli tentativi di imitazione!! Da qualche parte si doveva pur cominciare, dunque la tenacia e perseveranza hanno fatto sì che si arrivasse all’Stg (specialità tradizionale garantita). Sarà possibile quindi in futuro deliziarsi di pizza verace napoletana ovunque???”, si chiede ‘Fiocco’. “Mhh … ne dubito, laddove viene focalizzato metodo, e rigore nell’ uso degli ingredienti. Molti penseranno che, seguendo le linee guida, tutto sia semplice e facile, produrre pizze napoletane e vantarsi del marchio esposto all’ ingresso del locale, nel pieno rispetto delle direttive. Da esperto pizzaiolo,penso che sia un tantino più complesso e arduo il compito agognato. La vera motivazione che secondo me che ha spinto i pizzaioli napoletani a premere con insistenza, è quel veritiero falso e irritante continuo uso, di tutto quel che riporta alla mente Napoli e affini. Un’insegna che dice “Pizzeria o’ Vesuvio” magari a Venezia, con pizzaiolo indiano e forno elettrico, e cubetti di pasta filante sotto mentite spoglie di mozza-


/ PIZZA rella, attrae avventori che, comunque sia, verranno tratti in inganno consumando una pizza che pizza.. non e. Nulla contro gli indiani, per carità, chiunque può esercitare il bel mestiere di pizzaiolo ma … occorre una scuola, conoscere e apprendere le giuste tecniche avendo bene a mente cosa si dovrà estrarre dal forno. Formazione morale che possa indurre, chi esercita, ad usare prodotti giusti, freschi e genuini, saperli conoscere e proporre, nel pieno rispetto di chi consumerà la pizza, ancor prima di quel che marchi e insegne dicono. Il mio timore è che alcuni possano pensare che aumentando la grammatura del paniello con il fine di ricavare una vera napoletana ... realizzeranno un falso cornicione e inizieranno quindi a sfornare brutture raccapriccianti. Ottenere un gran bel cornicione, e tutto il resto, sarà sempre merito di 180x120_delloro_02-09 chi ieri oggi e per sempre,3-02-2009 sa e fa”.

Di tutt’altro parere Enrico Pezza, istruttore dell’Associazione Pizzaioli e Similari: “io personalmente non posso biasimare i napoletani, anzi mi congratulo con loro per essere riusciti ad ottenere dall’Unione Europea il riconoscimento della pizza tradizionale regionale, come, però, potrebbero altresì ottenerlo tutte le regioni d’Italia, visto che ogni regione ha la sua storia. Certo è che, quando parliamo di specialità regionali, dovremmo tornare di molto indietro nel tempo e questo, a mio avviso, dovrebbe far riflettere i pizzaioli; prendendo anzitutto in considerazione il tipo di farina che si utilizzava a quei tempi, che era di grano italiano macinato a pietra e che tutte le casalinghe utilizzavano per tutti i tipi di prodotti, dal pane, alla pizza, dalla pasta ai dolci”. “Voglio anche ricordare”, continua Pezza, “che la pizza era un pasto 15:23 Pagina povero e dava1 quel senso di sazie-

tà, peraltro attutendo la fame della popolazione (a quei tempi c’era scarsità di cibo) per il semplice motivo che non era lievitato, e allo stesso tempo dava tutto il necessario apporto di cui il nostro organismo necessita. Questo significa che oggi i napoletani hanno impostato il disciplinare con le tipologie di farine attuali, ma non sono coerenti con i metodi da loro espressi e che giustificano l’attribuzione di Stg: infatti le farine sono completamente diverse, migliorate sotto l’aspetto delle specifiche tecniche e caratteristiche. Oggi per poter ottenere un prodotto altamente qualitativo e soprattutto digeribile, si devono conoscere le farine, dato che anche i nostri organismi non sono più quelli di centinaia di anni fa. Infatti abbiamo più problemi di digestione e non facciamo più lavori fisici come avveniva tempo fa. La pizza Napoletana, al di fuori di Napoli, non è accetta e

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/ PIZZA vi posso dire che a Napoli è sempre più raro trovare una pizza decente; per non parlare poi della mozzarella che, anche lei, era diversa: non a caso si arrivò alla caseificazione per il semplice motivo che il latte inacidiva e quindi bisognava buttarlo, ed oggi parliamo anche della mozzarella Stg; beh, sinceramente non so cosa altro dire. Con questo formulo i miei auguri ai Napoletani per l’obiettivo raggiunto e soprattutto per gli introiti che ricaveranno dal marchio da esporre”. Infine il parere di Angelo Petrone (in arte Lucullus). “La pizza, frutto dell’ingegno del popolo napoletano per oltre 200 anni è rimasta una pietanza del popolo partenopeo. La sua espansione in tutto il mondo è stata opera soprattutto da persone che nulla

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avevano a che fare con il prodotto originale; la conseguenza è stata una produzione disomogenea basata sulla personalizzazione di chi la produce. Meritevole l’iniziativa di alcuni pizzaioli napoletani che, pur adottando procedure diverse, hanno saputo trovare punti comuni per stilare un disciplinare con parametri ampi per permettere ad ognuno di potersi identificare e promuovere un prodotto singolare che nulla ha a che fare con quanto si trova oggi in commercio. L’approvazione del disciplinare, in Italia prima e in Europa poi, è il giusto riconoscimento della paternità della pizza al popolo napoletano che gli permette di riappropriarsi, anche se in parte, di un prodotto che è simbolo della cucina Italiana.

A questo punto trovo logico l’esistenza di un consorzio di controllo come avviene per altri tipi di produzione, dove chi sostiene di produrre tale prodotto eviti pubblicità ingannevoli per il consumatore”. E le polemiche? “In quanto alle polemiche sollevate da alcune associazioni e operatori”, dice Petrone, “la mia risposta è semplice: nessun napoletano si permetterebbe di sindacare sul come produrre un pesto alla genovese o una semplice piadina romagnola, di conseguenza lasciamo che siano i napoletani stessi a deciderne sorti e prosieguo, agli altri la semplice competenza di riconoscere a Cesare quel che è di Cesare”.


/ PIZZA

In pizzeria a... Pyongyang? Sembra incredibile: pizza e spaghetti in Corea del nord. Eppure è vero, anche se per pochi Pizza e spaghetti sono riusciti in un’impresa impossibile per la maggioranza degli esseri umani: arrivare a Pyonyang, capitale della Corea del nord. Ma pare che la pizza sia tra i piatti preferiti del dittatore Kim Jong Il. Da circa un anno infatti hanno aperto i battenti due pizzerie, una delle quali si chiama ‘CorItalia’ e nasce grazie ad una collaborazione tra il governo nordcoreano e la Segesam, una società di Pesaro. Il ‘Coritalia’ è stato disegnato da un architetto nordcoreano laureato all’Università di Roma, che ha posto al centro del locale la cucina, dove troneggia il forno elettrico, affidato alle capacità del pizzaiolo Pak, che è stato “addestrato” alla cucina italiana da Stefano Milotti, pesarese di 42 anni. “Vengo una volta all’anno”, racconta Milotti all’agenzia Ansa, “ad insegnare nuovi piatti per arricchire il menu, e devo dire che qui si trova terreno fertile”. Gli ingredienti devono tutti essere importati. “Farina e pelati arrivano con il container, mentre”, spiega Milotti, “prosciutto, salame e mozzarella, mai visti qui fino a un paio d’anni fa, arrivano in aereo. E siamo stati noi a portare dall’Italia in Corea del Nord la prima macchina per il gelato”.

Non molti nordcoreani possono però permettersi di andare a cena fuori e così la clientela è ristretta: a parte i diplomatici e i pochi stranieri che si trovano di passaggio a Pyonyang, solo i gerarchi del Partito e pochi altri possono permetterselo. Ma, conclude Milotti da Coritalia, “abbiamo buone speranze: negli ultimi anni i salari qui sono saliti e la qualità della vita è migliorata: tutte le volte che torno, ogni tre mesi, mi rendo conto di quanto questo Paese stia crescendo velocemente”.

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/ PIZZA

Il ministero degli Esteri si affida a Pizza.it School Grande successo a Zagabria della scuola per pizzaioli più famosa al mondo. Ospite d’onore il console Alessandro Pignatti. La filiale croata del Gruppo Metro ha presentato a Zagabria la propria linea “pizzerie” ed il nuovo portale croato dedicato alla pizza (finapapizza.com). Tutta l’operazione è stata supportata proprio da Pizza.it School.

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Per l’occasione i manager di Metro Group (colosso mondiale della distribuzione) si sono rivolti ai rappresentanti del nostro ministero degli Esteri per valorizzare l’evento attraverso la collaborazione con una importante realtà italiana. Pizza.it School, contattata dal ministero degli Esteri, si è subito resa disponibile Alessandro Negrini, in rappresentanza di Pizza.it School, è stato accolto con grande entusiasmo da tutto lo staff Metro, dagli operatori e dal pubblico, e l’evento è stato ripreso dalla stampa e dalle televisioni croate. Dopo un pomeriggio dedicato al convegno, durante il quale l’istruttore si è distinto per professionalità e competenza, in serata ha dato il meglio di sé allietando il palato degli illustri ospiti tra i quali l’ambasciatore italiano Alessandro Pignatti. “Mai assaggiata pizza così buona”, questo è stato l’unanime commento dei commensali.


/ PIZZA

Il docente è stato splendidamente coadiuvato dal Maestro Umberto Napolitano, ex campione del mondo (acrobatica) nonché istruttore della Pizza.it School in Germania, da Nicola Diana e Antonio Minolfi, i quali a loro volta hanno entusiasmato il pubblico con un originale e coinvolgente spettacolo di pizza acrobatica. Anche la loro performance è stata sottolineata da molti applausi e ripresa dalla stampa e dalle televisioni croate presenti all’evento. Il Gruppo Metro, dall’alleanza con Pizza.it School, conta di poter intervenire sul locale mercato Ho.Re.Ca e diventare un punto di riferimento e un elemento di aggregazione per tutti quelli che amano fare e gustare la pizza oltre Adriatico. “Il successo è stato grandioso e ci incoraggia a fare di Pizza.it School - la scuola per pizzaioli più famosa al mondo – non solo un interlocutore presente e affidabile in Croazia ma anche un consigliere prezioso per la nostra attività”, ha dichiarato il management di Metro Croazia”. Auguri alla Metro e un evviva alla Croazia che sposa la nostra pizza!!!

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/ ENOGASTRONOMIA

Vini d’argil a

alla tenuta S. Antonio In uno splendido territorio collinare, situato a pochi chilometri da Verona, bellissima città d’arte e cultura, incastonata fra la Valdadige, la Lessinia, la pianura veronese e il Lago di Garda, si trova la zona a Denominazione di Origine Controllata Valpolicella, famosa in tutto il mondo.

E proprio nella vallis-polis-cellae, che letteralmente significa “valle dalle molte cantine”, dal latino “cella”, cantina, che si trova la tenuta S. Antonio dei fratelli Castagnedi: Armando, Tiziano, Massimo e Paolo. Il giorno della mia visita era grigio e piovoso, salire quella strada in collina fra piccoli paesi e vigneti spogli, mi metteva un pò a disagio, ma quando, arrivata sulla sommità della collina vidi la cantina e il paesaggio che si stagliava all’orizzonte, immaginai quello scenario illuminato dal sole e da vigneti in fiore. Era bellissimo!

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/ ENOGASTRONOMIA Davanti a me si presentava la Tenuta S. Antonio, a dominare la valle sottostante come un’antica fortezza. Ed è sulla dorsale dei Monti Garbi al crocevia tra i comuni di Mezzane, Lavagno e San Martino Buon Albergo che sono coltivati i vigneti della Tenuta ad una altitudine che va dai 120 mt sul livello del mare ai 320 mt d’altitudine. Il terreno è compatto, prevalentemente calcareo e questa tipologia di terreno faceva credere in passato che fosse quasi impossibile coltivare la vite, Garbi in dialetto veneto infatti significa aspri, acerbi, ma la storia recente ha smentito queste credenze. I fratelli Castagnedi, come molti altri viticultori crescono in una famiglia dove il padre ha saputo trasmettere la passione per il campo, la vigna e il vino. Da semplici conferitori della cantina sociale decidono di azzardare il passo verso la produzione propria, in un terreno aspro che non consente errori, ci provano e vincono la sfida. Iniziano nel 1995 nella sede di San Zeno e dopo pochi anni, nel 2000 edificano una nuova cantina di più vaste dimensioni rispetto a quella originaria, tra i vigneti di proprietà dei Monti Garbi. In questi terreni hanno trovato il luogo ideale le varietà di Corvinone, Corvina, Rondinella e anche Cabernet Sauvignon per i vitigni a bacca rossa, mentre per quelli a bacca bianca la Garganega e il Trebbiano di Soave.

Rosanna Dal Santo

ENOGASTRONOMIA

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/ ENOGASTRONOMIA In pochi anni danno vita alla loro tenuta e si affermano sul mercato, soprattutto straniero: Nord Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone e Cina. Hanno una produzione di circa 600.000 bottiglie l’anno, di cui l’80 - 85% di vini rossi. Il vino di “punta” dell’Azienda è sicuramente l’Amarone Campo dei Gigli, vino storico e prestigioso, che ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali . E’ dotato di una straordinaria eleganza e complessità, il colore è denso di un profondo rosso rubino dai riflessi granati, l’esplosione dei profumi che al naso ricordano i piccoli frutti rossi selvatici, la liquirizia, il pepe nero, il tabacco, le spezie adagiate su intriganti toni minerali.

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/ ENOGASTRONOMIA Rondinella, Croatina e Oseleta per dare ulteriori caratteristiche al prodotto finale. La raccolta selezionata, l’appassimento in fruttai posti in collina per avere le condizioni ottimali per l’evaporazione dell’acqua, la bassa temperatura, la buona ventilazione e la scarsa umidità, sono fattori fondamentali per l’elaborazione di questo grande prodotto. Le uve appassiscono, perdono fino al 30 - 35% del loro peso originario e concentrano profumi, colori, elementi gustativi che poi, nel bicchiere , ci daranno sensazioni incomparabili. Il tutto arricchito dall’intervento, della forma larvale della Botrytis cinerea, che darà morbidezza, complessità ed intensità aromatica. Poi l’uva si pigia e si fa fermentare, in genere in febbraio e, da settembre, inizia il lungo processo di maturazione ed affinamento in botti di rovere, per molti anni, e poi in bottiglia anche per decenni. Altro fiore all’occhiello dell’Azienda è il Capitel del Monte prodotto con uve Cabernet Sauvignon che vengono messe a riposo e sottoposte a lunga macerazione. Degustarlo suscita grandi emozioni in quanto la ricchezza olfattiva e gustativa spazia dalla mora al ribes nero, dalla rosa canina alla viola, dalla liquirizia al cacao il tutto supportato da grandi morbidezze ed equilibri incontrastati. Anche la Bandina, vino di ottimo temperamento ha saputo farsi apprezzare dal mercato per le sue peculiari caratteristiche. E’ un Valpolicella Superiore Doc le cui uve dopo un’attenta selezione vengono fatte fermentare a lungo, ed affinate in botti di rovere fino a 24 mesi. Un vino di grande personalità, che esprime un’eleganza seducente, quasi femminile.

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L’interpretazione delle antiche tradizioni vitivinicole del Valpolicella ce lo dà il Monti Garbi, un Valpolicella Superiore Ripasso. La tecnica del Ripasso consiste nel far rifermentare il vino Valpolicella nelle vinacce dell’Amarone e quindi messo ad affinare in botti di rovere francese e di Slavonia, costantemente rinnovate. Le altre etichette della Tenuta S. Antonio sono: Nanfrè – Valpolicella Doc Torre Mellotti – Cabernet Sauvignon IGT Veneto Scaia Rossa – IGT Veneto Monte Ceriani – Soave Superiore DOC Fontana – Soave DOC Scaia Bianca – Veneto IGT Argille Bianche – Recioto della Valpolicella DOC Colori d’Autunno – Passito IGT Veneto Ma la Tenuta S. Antonio produce anche un Olio Extra Vergine di Oliva “Monti Garbi” dalle varietà Leccino, Frantoio, Grignano e Perlarolo dal gusto perfetto, dolce e gradevole, con un retrogusto raffinato. E in ogni azienda veneta, la tradizione vuole che venga prodotta anche la Grappa. Grappa di Amarone della Valpolicella Campo dei Gigli ottenuta dalle vinacce dell’Amarone Campo dei Gigli che vengono distillate in caldaie di rame con il tradizionale metodo discontinuo a bagnomaria.Il bouquet di questa grappa ricorda gli aromi dell’Amarone e il suo carattere asciutto, rotondo e morbido la rendono un piacevole fine pasto magari accompagnata da un buon cioccolato fondente o da un buon sigaro.


/ LIBRI

Kitchen revolution Nel nuovo libro di Laura Rangoni andiamo alla scoperta dei nuovi ingredienti che stanno spopolando sulle nostre tavole

Fino a pochi anni or sono le nostre nonne e le nostre mamme guardavano con timore e con sospetto ai primi ingredienti “etnici” che iniziavano a entrare timidamente nei negozi specializzati e solo in un secondo tempo raggiungevano la grande distribuzione. I primi a portare cibi diversi nel nostro paese sono stati probabilmente i Cinesi, che hanno faticato non poco a far conoscere e apprezzare “cose strane” come i germogli e i prodotti a base di soia. Da sempre la cucina tradizionale è particolarmente ostile alle innovazioni, spesso i cultori del cibo tipico si arroccano dietro la difesa della tipicità e della identità, rifiutandosi persino di provare nuovi sapori. Nella gastronomia italiana, tuttavia, dal dopoguerra a oggi il processo di fusione con cucine diverse dall’autoctona è diventato inarrestabile. Già a partire dagli anni ‘60 del Novecento l’emigrazione di massa dal sud Italia verso le regioni del nord ha portato la conoscenza e l’uso di alimenti prima quasi sconosciuti fuori dalle regioni di provenienza, dalla ‘nduja alla bottarga, solo per fare un esempio. Poi sono arrivati i popoli provenienti dall’oriente, con le loro spezie profumate e misteriose, i vegetali e i frutti per noi sconosciuti, quali ad esempio i lychees e il qumquat, infine la massiccia presenza di gente proveniente dal nord Africa e dall’Africa nera ha fatto sorgere una miriade di empori di prodotti definiti etnici. Sulle nostre tavole sono quindi arrivati tuberi, radici, frutti che ancora oggi sono spesso sconosciuti alla maggior parte delle persone (…). La cucina italiana affronta un’irreversibile, stimolante rivoluzione, quasi una sfida portata dal mercato globale, dalle importazioni di prodotti da paesi che prima conoscevamo solamente poiché citati in qualche libro, dalla concorrenza dei mercati esteri, in particolare del terzo mondo, che stanno sommergendo il vecchio continente di cibi a basso costo, quali ad esempio il pesce pangasio, giusto per citarne uno.

Sta ora alla fantasia degli chef e alla curiosità del comune consumatore provare a reinterpretare la cucina italiana utilizzando i nuovi ingredienti. Questo libro è solo uno spunto: la vera rivoluzione si compie prima nel nostro carrello quando andiamo a fare la spesa, poi nella fucina segreta delle nostre cucine, complice l’ingegno tutto italiano e la fantasia di chi non si accontenta di cibarsi per sopravvivere, ma fa della cucina un atto estetico e culturale.

Laura Rangoni Giornalista iscritta all’Asa (Associazione Stampa Agroalimentare), degustatore Onav, è tra i più noti autori italiani contemporanei di cucina. Studiosa di tradizioni popolari e ricercatrice di storia dell’alimentazione e della gastronomia, ha al suo attivo un centinaio di pubblicazioni, tra saggistica e manualistica. È presidente del Cestaeg (Centro Studi Tradizioni Alimentari Eno Gastronomiche) nonché direttore di diversi siti di alimentazione, gastronomia ed enologia (italy-recipes.com, bibliowine.com e diet-pedia. net). Cura il blog “Pane al pane, briciole di riflessioni enogastronomiche”. Per la Newton Compton ha recentemente pubblicato Ammazzaciccia, Peccati di gola, La cucina bolognese e Turisti per cacio.

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NEW DAY srl www.newdayurl.it Pag. 48

Industria Dolciaria SOLE www.sole.net Pag. 4

PA.BO.GEL. www.pabogel-expo.com Pag. 29

SACAR FORNI Srl www.sacarforni.it Pag. 12 STE.FRA. srl www.stefrasrl.com Pag. 54 STUDIO 80 www.studio-80.it Pag. 30 VERONA SOFTWARE GROUP www.vrsoft.it Pag. 64

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