P&P Panificazione&Pasticceria 119 Marzo/Aprile 2015

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BIMESTRALE ITALIANO DI INFORMAZIONE PROFESSIONALE TECNICA ED ECONOMICA

Marzo/Aprile 2015

Euro 6,00 - Contiene I.P.

Levante Prof

2015



FIERA DEL LEVANTE

D.M.P. s.r.l.

NAUTICA NUOVO E USATO - SUB - PESCA - AMBIENTE MODA MARE - VILLAGGI TURISTICI - TURISMO NAUTICO APPRODI E PORTI TURISTICI - GASTRONOMIA DI MARE SPORT DA SPIAGGIA E D’ACQUA PRODOTTI ITTICI FRESCHI E CONSERVATI ATTREZZATURE PER STABILIMENTI BALNEARI CAMPER - CARAVAN - ROULOTTE - TENDE

00163 Roma - Via del Fontanile Arenato, 144 • Tel./Fax +(+39) 06 66.34.333 r.a. www.dmpsrl.eu • e-mail: info@dmpsrl.eu

MARE DI LEVANTE 41°08’17”N - 16°50’40”E


Anteprima

Mare di Levante

D.M.P. s.r.l.

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Tel./Fax +(+39) 06 66.34.333 r.a.



DIRETTORE RESPONSABILE Gianpietro Nagliati Bravi

Nel nostro menu’... Il 'piatto' principale nel menù di questo numero di P&P non poteva essere altro che Levante Prof 2015: la fiera internazionale organizzata da DMP srl, editrice di questa rivista, è stata un grande successo, a dimostrazione della voglia di fare business che spinge tantissimi imprenditori italiani. I quattro giorni di fiera a Bari hanno fatto il pieno di visitatori e di soddisfazione degli espositori – tra eventi, seminari, concorsi, prove e la specialissima giornata dedicata ai bambini dal Consorzio della Focaccia Barese. Nelle prime pagine di P&P diamo conto di molte delle cose accadute nell'ambito da Levante Prof, senza pretendere di avere spazio per ogni cosa – ma avremo sicuramente occasione di tornare su Levante Prof nei prossimi numeri di P&P. Poi, che altro di particolare si può scegliere nelle pagine di questo numero? Beh, servizio speciale sulla visita a Toronto di uno dei grandi chef italiani, bandiera della gastronomia nazionale, Massimo Bottura, che ha tenuto una sorta di 'lectio magistralis' in una grande scuola internazionale. Poi nella sezione pane potete sbizzarrirvi tra ricette e approfondimenti dedicati alle 'magie' del pane, quei meccanismi che trasformano il mix di acqua e farina in una serie pressochè infinita di meravigliose varianti gustose e croccanti che pur distinte da tantissimi nomi diversi si riconoscono tutte sotto quello prezioso di 'pane'. Non di solo pane si vive, però – così come non di solo pane possono vivere le aziende di panificazione e tantomeno quelle che operano nell'accoglienza in generale. Proseguendo la lettura, immergetevi quindi in una serie di notizie dedicate al cioccolato ed al ruolo che avrà nell'ambito di Expo 2015, che finalmente apre i battenti dopo tutte le polemiche, le preoccupazioni, le indagini e le discussioni. Reduci da un Levante Prof di successo, i migliori auguri per un'ottima Expo 2015. Per un brindisi alla quale ci sia infine consentito di segnalare, a titolo di chiusura, la storia di Theresa Eccher, vini 'settentrionali' che nascono alle pendici dell'Etna.

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DIREZIONE - REDAZIONE Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu - panificazionepasticceria@dmpsrl.eu SEGRETERIA DI REDAZIONE Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu AMMINISTRAZIONE PUBBLICITA’ Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu COLLABORATORI DI REDAZIONE Fabio Albanesi, Piero Benelli, Salvatore Bruno, Marta Casadei, Ilaria Casini, Pierdomenico Ceccaroni, Alessandro Circiello, Edoardo Corbucci, Rosanna Del Santo, Andrea Diafani, Alfredo Falcone, Francesca Follesa, Antonio Fragiacomo, Paolo Fulgente, Alessandro Marini Balestra, Fabrizio Nistri. FOTOLITO e STAMPA Tipografia Facciotti Srl Vicolo Pian Due Torri, 74 - 00146 Roma Tel. 06 55260900 Fax 06 55260907 ABBONAMENTI D.M.P. SRL Via del Fontanile Arenato, 144 - 00163 Roma Tel. 06 6634333 Fax 06 6634333 info@dmpsrl.eu Abbonamento annuale (6 numeri): Italia: Euro 35,00 Estero: Euro 65,00 Paesi extraeuropei: Euro 82,00 (via aerea Euro 98,00) Una copia: Euro 6,00 (arretrati inclusi) ISSN 1590-1726

Autorizzazione Tribunale di Bologna n.6530 del 13 Febbraio 1996 Poste italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 1 DCB Roma E’ fatto divieto a chiunque di pubblicare su altre riviste articoli e foto stampati sul presente giornale, senza il preventivo consenso del direttore e degli eventuali autori e comunque citando la fonte e l’autore dell’articolo. Chiunque contravvenga tale disposizione, sarà perseguito a norma di legge. Gli articoli e il materiale illustrativo inviato per la pubblicazione non verranno restituiti. Gli autori sono i soli responsabili delle opinioni espresse. DMP srl Editore


/ SOMMARIO

Speciale LEVANTE PROF Quelli di Levante Prof Il Levante Prof del Marocco E' tempo di focaccia Grazie ai Panificatori Trofeo Punto IT … al basilico! Strascinati impastati al nero di seppia Astice nel guanciale Tartare di scampi (Ricette dello Chef Vito DeLiso) A tutta demo

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Alimentare di famiglia Un affare romagnolo Lo chef che volle farsi canadese Gusto e leggerezza senza lievito Giornata europea del gelato artigianale L'Università di Scienze Gastronomiche cresce con un socio 'dolce' Peter Pan in cima al mondo

PaNE

Focaccia in teglia Baguette Ciabatta Tutto sul poolish Pane alle 5 farine Pizza con farine di segale Mantovane (con farina tipo 1) (Ricette del Maestro Nico Carlucci) La lievitazione Pane al vapore privo di glutine Parliamo di crosta HUG lancia Artisanal la tartelletta fatta a mano

PASTICCERIA

Veli di golosità Panini al limone Delizia al caffè e ginseng (Ricette del Maestro Paolo Fulgente) Ricerca italiana in prima pagina Il 'cibo degli dei' a Expo 2015 Il cioccolato ancora più buono La coltivazione del cacao a Expo 2015

PASTA

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ATTUALITÀ

sommario

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rubriche

Nel nostro menù 2 Editoriale 5 Indice aziende 80

Export record per la pasta della Campania Fusillone tricolore per celebrare Expo 2015 Fusillone tricolore (Ricetta di Lina Fischetti, Chef) La pasta seduce gli immigrati

ENOGASTRONOMIA Italiani a tavola 1860 – 1960 Pizza patrimonio dell'umanità Festa Artusiana 2015 La sfida di Theresa Eccher Allarme per la salute? Iba 2015 presentato a Milano

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/ TRA

NOI 2

Cenni

di ripresa

Fino al mese scorso si parlava molto di timidi cenni di ripresa per quello che concerne la nostra stanca economia: i primi di marzo siamo rimasti sconvolti dal movimento di operatori e di affari in Fiera del Levante alla quarta edizione di “LEVANTE PROF”. Il mondo dell’accoglienza non solo pugliese ma di tutta l’Italia Meridionale ha movimentato i quattro giorni di Fiera in maniera incredibile, premiando le aziende che hanno dato fiducia alla ormai consolidata iniziativa. E’ comunque ovvio che il Meridione, votato al consolidamento ed alla creazione di strutture capaci di attrarre sempre più il turismo internazionale, riesca ad inventare continuamente nuove attrattive sia per la parte strutturale che per quella ormai celebrata in tutto il mondo e cioè la parte enogastronomica, che recita un ruolo di primo piano da diversi anni.

L’augurio che ci facciamo e vi facciamo è quello che questo inizio non sia un fuoco di paglia, ma un incendio vero in grado di far ripartire un sistema da troppo tempo statico se non addirittura in ribasso. La volontà e la capacità dei nostri imprenditori che mai si sono arresi di fronte alle avversità, ci fanno sperare in una rapida e potente ripresa per poter tornare ad occupare nel panorama internazionale il posto importante che storicamente ci appartiene. Per il settore della ristorazione e specificatamente per la ristorazione legata al mare, stiamo organizzando una parte della nuova Fiera “Mare di Levante” per ospitare prodotti, lavorazioni e nuove tecniche che potranno essere viste durante i cinque giorni di mostra dal 29 Ottobre al 2 Novembre 2015 presso i padiglioni della Fiera del Levante che ospiteranno la nuova manifestazione. Appuntamento in Fiera, quindi: e intanto... Buon Lavoro a Tutti!!

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/ ATTUALITÀ

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/ SPECIALE

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Quelli di

Levante Prof

“Abbiamo messo a tacere gli scettici e adesso si parte per il Marocco” - dopo il grande successo di Levante Prof, nonostante gli uccelli del malaugurio, il Presidente Amendola si toglie due sassolini dalle scarpe e riparte a modo suo: portando il food italiano in Marocco.

Per fare un bilancio fin più positivo di quanto non ci si aspettasse già alla vigilia, lasciamo che a parlare di Levante Prof 2015 sia il Presidente, Ezio Amendola: “il bilancio è eccezionalmente positivo. Abbiamo registrato oltre 20 mila presenze, con una qualificata affluenza di operatori professionali, provenienti da tutta Italia e dall’estero. LA nostra vocazione all'export, che già è valsa a Levante Prof la qualifica di manifestazione internazionale si è confermata in questa edizione con la firma di un protocollo di intesa con il Marocco: infatti siamo in partenza per verificare le condizioni 'sul campo', ma l'anno prossimo proporremo alle aziende interessante una sorta di 'Levante per il Maghreb', una regione di grande interesse per l'Italia”.

Affollati ogni giorno i 16 mila mq. di esposizione a Bari, con 250 tra aziende e marchi, con la partecipazione dei grandi nomi della produzione nazionale e pugliese, Levante Prof è stata inaugurata il 1° marzo da Ugo Patroni Griffi e Alessandro Ambrosi (presidente rispettivamente di Fiera del Levante e della Camera di Commercio di Bari), Ezio Amendola, Presidente della manifestazione, Francesco Schittulli, presidente nazionale della Lilt, Carla Palone, assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Bari e di Irma Melini, consigliere comunale. Gli espositori hanno lasciato il capoluogo pugliese soddisfatti per i risultati ottenuti e dei numerosi incontri commerciali. “Che le cose siano andate così MARZO/APRILE 2015

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bene è la dimostrazione che con l'entusiasmo e la fiducia degli espositori si raggiungono sempre i risultati che uno si dà – nonostante tutti quegli uccelli del malaugurio che avevano dubitato di Levante Prof a causa delle difficili condizioni economiche” commenta sorridendo 'sotto i baffi' il Presidente Amendola. Grande interesse hanno suscitato le novità nei vari settori, tra le quali: la struttura ambulante di cibo di strada “fish & wine” che promuove l’alimentazione mediterranea attraverso la vendita di un “fritto misto di pesce” abbinato a vino di qualità; la “pasta-snack” realizzata con farine di grani antichi e legumi biologici I Murgini; la miscela di caffè napoletano 100% arabica, composta da caffè ottenuti dalle più rigorose selezioni da caffè Kenon; la confettura di carota di Polignano a Mare – che ha il riconoscimento “Slow Food” – della tenuta Terre di San Vito; il forno che, collegato

alla rete e con tablet incorporato, scarica le ricette e imposta tempi e modalità di cottura; e proposte per destagionalizzare le gelaterie, lavorando con le scorte residue dell’estate. Tanti i momenti di approfondimento e formazione professionale (ad una selezione dei quali sono dedciate le prossime pagine di P&P): cake design; il concorso di gelateria Trofeo PuntoIT; il “Pizza Talent Show” che ha visto talentuosi pizzaioli sfidarsi tra loro per vincere il “Premio del Gusto”; l’evento dedicato interamente alla focaccia barese “È tempo di focaccia” organizzato dal Consorzio della Focaccia Barese in collaborazione con AssiPan; i corsi Selezione Casillo con il maestro (e nostro collaboratore) Nico Carlucci e infine le dimostrazioni delle principali tecniche di coffee making organizzate dall’Accademia del Caffè Rosito. “Quattro edizioni sono un’ottima base e una garanzia”, conclude Ezio Amendola, organizzatore di Levante Prof, “per riproporre qui a Bari nel 2017 una delle più importanti fiere internazionali del Mezzogiorno dedicata ai professionisti del settore agroalimentare”.

Servizio fotografico Fotoflash/Riccioli

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/ SPECIALE

LEVANTE PROF

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Il Levante Prof del Marocco Grazie al protocollo d'intesa firmato a Bari potranno nascere nuovi eventi fieristici nel Paese nordafricano, con lo sviluppo di importanti possibilità di business per le aziende agroalimentari protagoniste di Levante Prof

Caratterizzata da una forte vocazione all’internazionalità, Levante Prof è stata promossa principalmente nel Mezzogiorno d’Italia, nei Paesi dei Balcani, del Mediterraneo sud-orientale e del nord Africa, con un incremento del 20% di espositori e visitatori rispetto all’edizione passata. Per rafforzare questa vocazione a guardare oltre, oltre la crisi e oltre le frontiere italiane, Levante Prof sbarca sulle coste del Marocco. In occasione dell’inaugurazione di Levante Prof 2015 infatti, il Console Onorario del Regno del Marocco in Puglia, Vincenzo Abbinante, e il Presidente Ezio Amendola hanno firmato un protocollo d’intesa che prevede l’avvio di una collaborazione finalizzata alla creazione e all’aumento di attività di promozione agroalimentari che migliorino l’interscambio commerciale tra Italia e Marocco. MARZO/APRILE 2015

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La partnership tra il Consolato Onorario del Regno del Marocco e Levante Prof consentirà la realizzazione della rassegna fieristica dedicata al food nel Maghreb, nel quartiere della Fiera Internazionale d’Africa. Questa iniziativa permetterà ad aziende italiane – artigiane e industriali – specializzate nel settore alimentare, di esportare i propri prodotti, macchinari, attrezzature e servizi, in un contesto come quello marocchino in cui il Pil registra attualmente un incremento del 6% su base annua. “Questo accordo”, ha detto il console onorario Abbinante, “rappresenta solo il primo passo nella direzione della creazione di eventi fieristici nel Marocco in collaborazione con un partner di prestigio come

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DMP. Sono certo che gli imprenditori pugliesi sapranno apprezzare e sfruttare al massimo questa occasione e le attività future che con il mio Consolato sto mettendo a disposizione dei miei conterranei. Ringrazio il Re Mohammed VI per la disponibilità ad accogliere le proposte che vengono dal nostro Paese e dalla nostra Regione in particolare, creando così un clima di amicizia e cooperazione economica tra i due Paesi che non potrà che creare benefici per entrambe le nazioni”. “Grazie alla cooperazione con il Consolato Onorario del Regno del Marocco in Puglia”, ha dichiarato Ezio Amendola, Presidente di Levante Prof, “porteremo il patrimonio agroalimentare ‘made in Italy’ nella nazione marocchina. È già in cantiere nei prossimi mesi a Maghreb la realizzazione di una fiera, specializzata nel settore alimentare, equivalente a Levante Prof. Con questa iniziativa promuoveremo la presenza delle aziende nostrane sul mercato dell’Africa settentrionale offrendo loro innumerevoli opportunità commerciali”.


/ SPECIALE

LEVANTE PROF

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E' tempo

di focaccia

Il Consorzio della Focaccia Barese porta a Levante Prof la fragranza della tradizione, ma passata ai più giovani: con “E' tempo di focaccia” i bambini sono diventati protagonisti mettendo, come si dice, 'le mani in pasta'.

Levante Prof è un salone professionale e l'edizione 2015 ha confermato questa vocazione con il gran numero di contatti concreti che gli espositori hanno 'messo in cascina' durante i 4 giorni di fiera. A volte però le eccezioni sono praticamente obbligate: a volte ti capita quell'idea, quell'evento al quale non puoi dire di no. E così domenica 1° marzo, Levante Prof in via del tutto straordinaria ha aperto le porte al pubblico non professionale per “È tempo di Focaccia”, organizzato all’interno del proprio spazio espositivo dal Consorzio della Focaccia Barese, con la collaborazione dell’associazione culturale La Compagnia Della Lunga Tavola. Una giornata dedicata alla Focaccia tipica barese, vero simbolo gastronomico della Città di Bari, aperta con la presentazione del programma e del disciplinare del Consorzio da parte del presidente Giovanni Di

Serio. Dopo l'intervento del presidente, si è aperta la discussione sul passato, e soprattutto il futuro della Focaccia, vero fenomeno gastronomico a rischio imitazione o peggio contraffazione, alla quale, moderati dal giornalista Vito Prigigallo, hanno partecipato Pasquale Marsico, presidente AssiPan di Bari, Luigi Picerno, presidente Consorzio Pane di Altamura, Sandro Romano, giornalista e gastronomo, Felice Giovine, demologo e presidente del Centro Studi Baresi e Vittorio Stagnani, giornalista e autore del libro “La luna e la focaccia”. Nel frattempo i bambini presenti, con l’aiuto di alcuni panettieri, hanno 'messo le mani in pasta' e con la loro gioia ed i loro sorrisi hanno dato un gusto particolare alle focacce che hanno preparato e sfornato (sotto l'attenta guida dei fornai baresi) le focacce per la degustazione collettiva che ha fatto seguito al dibattito. MARZO/APRILE 2015

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E al “tempo della Focaccia (barese)” ha fatto da contrappunto il “tempo musicale” scandito e animato dai Jazzed, interessante duo pugliese (Carmen De Benedictis alla voce e Alessandro Di Giulio alla chitarra) che sa passare dal pop al rock, destreggiarsi sulle note del soul e del blues e improvvisare sulle calde note del reggae.

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“E' tempo di focaccia” è stato un evento “MORDI la Puglia”, uno dei primi esperimenti di collaborazione attivata dalla rete di associazioni, enti e persone, operanti in campi diversi, che si va costituendo nell’ambito di questo Progetto per promuovere l’immagine complessiva della Puglia “buona e onesta”, lunga e policentrica, che va dal Gargano a Santa Maria di Leuca, con l’obiettivo prioritario di favorire, dal basso e con la più ampia sinergia, soprattutto la crescita delle imprese giovanili e delle realtà marginali o svantaggiate


/ SPECIALE

LEVANTE PROF

Grazie

ai panificatori! Seminari, eventi, laboratori e stages: i panificatori pugliesi sono stati il punto 'caldo' di Levante Prof 2015, non soltanto per la temperatura dei forni impegnati a cuocere il meglio della ricchissima tradizione panificatoria pugliese

Lo stand istituzionale dei panificatori pugliesi - Rete Microimprese, in linea con i suoi obiettivi di tutela dei pani tipici pugliesi, ha portato alla manifestazione la presenza di alcuni consorzi testimoni dell'altissima qualitĂ dell'artigianato panificatorio pugliese, come Consorzio pane Dop di Altamura, Consorzio pane di Triggiano e Consorzio pane di Laterza. Ad arricchire l'area, la mostra delle grandi opere di pane realizzate dai panificatori pugliesi in collaborazione con l'artista Rocco Barbarito. Opere che hanno entusiasmato a tal punto il console del Marocco, Abbinante, da averlo convinto a richiedere in dono l'effige di S. Nicola in pane da donare a sua maestĂ Mohammed VI, re del Marocco. Richiesta che ha onorato i panificatori pugliesi, subito al lavoro per realizzare l'opera in pane da consegnare con una cerimonia ufficiale al consolato del Marocco in Puglia per il trasporto nella capitale Casablanca e la consegna al re del Marocco. I panificatori pugliesi saranno poi impegnati nell'organizzazione della prima mostra del pane a Casablanca, insieme ai panificatori del Marocco. MARZO/APRILE 2015

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Inoltre durante i 4 giorni di Levante Prof, presso lo stand Figliolia – Polin, che ha messo a disposizione un laboratorio pilota funzionante all'interno della manifestazione, i maestri panificatori pugliesi - Rete Microimprese con grande impegno e per grande senso di ospitalità e con maestria, hanno sfornato in continuazione prelibatezze pugliesi, occasione questa per degustare non prodotti, ma capolavori da forno come il “pane tipico pugliese”, o quello alle farine speciali. Gran festa insomma, all'insegna dei buoni e fraganti prodotti da forno pugliesi che rientrano così a pieno titolo nell'alimentazione mediterranea riconosciuta patrimonio Unesco, “un riconoscimento che rappresenta un vanto per i nostri panificatori artigiani”,, commenta il presidente dei panificatori pugliesi Rete Microimprese Antonio De Padova, cui va il ringraziamento per l'impegno e la professionalità dimostrata durante tutti i 4 giorni della manifestazione. Il laboratorio pilota della panificazione, nel quale si sono alternati i maestri panificatori (Carlo Cavaliere, Paolo Catalano, Michele Segreto, Giuseppe Accettura, Attilio Gargano e Luciano Mazzone) ha dato vita a molteplici iniziative di stage formativi assieme ai ragazzi dell'istituto alberghiero “Perotti”di bari. Proprio

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in occasione dello stage dedicato al lievito madre c'è stato il “Passaggio del lievito madre”, quasi una cerimonia sacrale per questi fornai, dato che si trattava di un lievito madre di 3° generazione e precisamente dal 1892 di proprietà del Maestro panificatore Carlo Cavaliere, che lo ha donato ad Attilio Gargaro, il quale si è molto commosso di ricevere un lievito naturale portato avanti nella tradizione antica dal 1892. Il presidente De Padova al termine di Levante Prof ha voluto ringraziare pubblicamente “tutti i visitatori intervenuti, tutti coloro che hanno contribuito al successo dell'iniziativa, le personalità/autorità che sono intervenute, ed infine i panificatori pugliesi che ancora una volta hanno contribuito a dare un senso profondo a questa opera di valorizzazione e tutela dei pani tipici pugliesi”, sottolineando come questo impegno testimoni lo spirito di gruppo e l'amore verso la propria professione dei panificatori artigiani, testimoniato quotidinamaente nelle piccole botteghe artigianali. “Grazie a tutti i panificatori pugliesi che con la loro arte e passione cercano di tenere vivo l'interesse nei giovani a produrre il 'buon pane quotidiano'. Arrivederci a Casablanca, in Marocco”, conclude De Padova.


/ SPECIALE

LEVANTE PROF

Trofeo PuntoIT ...al basilico La tradizionale competizione dedicata al gelato artigianale è stata vinta dal sorbetto al limone e basilico preparato da Marco Venturino che ha così conquistato un posto tra i finalisti di GelatoFestival 2015

Per la nona volta a Levante Prof si sono date appuntamento alcune delle migliori 'palette' nazionali per disputarsi quest'anno un premio particolarmente ambito, l'ammissione diretta alla finale

di GelatoFestival: era questa infatti la ghiotta occasione offferta ai concorrenti del nono Trofeo PuntoIT che si è svolta nell'ambito di Levante Prof 2015. Gelatieri al lavoro nella seconda giornata di Levante Prof con abilità e talento condite dall'entusiasmo per l'occasione-vetrina presentata dal direttore di PuntoIT Franco Puglisi e l'ambizione di conquistarsi un posto nella finale nazionale del Gelato Festival 2015 - nella quale verrà premiato il miglior gusto gelato d'Italia. Alla fine a vincere la sfida è stato il sorbetto al limone e basilico preparato da Marco Venturino, professionista proveniente da Varazze, in Liguria. Venturino ha scelto due prodotti assolutamente tipici della sua terra e li ha fusi in un'armonia di freschezza che hanno convinto i membri della giuria. Maestri gelatai provenienti da diverse regioni italiani Calabria, Lazio, Liguria, Molise, Sicilia e Puglia - si sono dati appuntamento per cimentarsi nel tema "Un gelato a km zero", un gelato prodotto con gli ingredienti presenti nel territorio di origine del concorrente, che potesse offrire un gusto inedito ed essere un giusto mix di sapore e qualità, oltre che esaltare con il proprio estro la peculiarità della propria terra.

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Strascinati

impastati al nero di seppia con polpa di ricci, cimette di rapa e pachino riccio (Ricetta di Vito DeLiso – Chef, “Pane olio e sale”, Bari) Procedimento Impastiamo gli strascinati mettendo in planetaria la farina e incorporando l'acqua a filo, a velocità bassa. Quando si inizierà a formare, inseriamo il nero di seppia e lavoriamo finchè l'impasto non risulti liscio ed omogeneo: sempre a bassa velocità, per evitare che l'impasto si surriscaldi. Estraiamo dalla planetaria e lasciamo riposare per 30/40 minuti. Dall'impasto ricaviamo dei piccoli filoncini tipo dei grissini, da cui andremo a ricavare dei piccoli tocchetti. Aiutandoci con la punta delle dita formiamo gli strascinati. Una volta terminati, facciamoli seccare a temperatura ambiente almeno per un giorno. Poniamo parte dell'olio in padella con i veli d'aglio; una volta imbiondito aggiungiamo i pomodorini precedentemente tagliati a concasse e facciamo andare a fiamma bassa. Svuotiamo i ricci facendo attenzione a non prendere la parte sabbiosa. Poniamo due carcasse di riccio nell'acqua di cottura della pasta - già salata in precedenza - per circa 3 minuti, poi filtriamo l'acqua e caliamo prima le cimette di rapa. Quando son quasi pronte caliamo insieme la pasta, che avrà circa 4 minuti di cottura. Scoliamo il tutto e poniamo nella padella insieme al pomodoro. Allunghiamo il fondo con un pò di acqua di cottura e lasciamo andare il tutto per circa 2 minuti, spadellando di volta in volta. Spegniamo e mantechiamo con la polpa di riccio, il peperoncino e un filo d'olio, aggiustando di sale se necessario. Impiattiamo e terminiamo con un pò di polpa di riccio messa sopra a crudo e un bel filo d'olio.

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Ingredienti (per una singola porzione) Gli strascinati: 70 g farina di grano duro 35 g acqua 5 g nero di seppia. Il condimento: 30 g pomodoro pachino riccio 5 ricci di mare media misura 8 g olio extravergine d'oliva 30 g cimette di rapa due veli d'aglio 0,1 g peperoncino

Vito DeLiso, Chef

"Pane, olio e sale", Bari


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Astice nel guanciale

su ceci altamurani passati e non passati (Ricetta di Vito DeLiso – Chef, “Pane olio e sale”, Bari) Procedimento Sbollentiamo l'astice per 3 minuti, raffreddiamo in acqua e ghiaccio e procediamo con la sgusciatura, facendo attenzione a estrarre sia la coda che le chele integre. Poniamo dei fogli di pellicola su un bancone a formare un quadrato: nel centro andremo a disporre 4 fettine di guanciale sistemate verticalmente e su di esse andremo ad adagiare il filetto dell'astice. Arrotoliamo la pellicola fino a formare una sfera e chiudiamo per bene. Sbollentiamo questa sfera per altri 2 minuti, poi raffreddiamo a temperatura ambiente. Cuociamo i ceci, messi a bagno un giorno prima con un cucchiaino di bicarbonato. Sciacquiamo sotto acqua corrente, scoliamo e procediamo con la cottura coprendo con due dita di acqua pulita i ceci due, aggiungiamo uno spicchio d'aglio e un pizzico di sale. Cuociamo per circa 30/40 minuti. Facciamo un soffritto con il battuto e abbondante olio. Una volta imbiondita andremo a riversare nei ceci. Facciamo bollire per altri 10 minuti, dopo di che prendiamo la metà dei ceci e li frulliamo. Fatto ciò li inseriamo nuovamente, ottenendo così una parte intera ed una cremosa. Aggiustiamo di sale e inseriamo un piccolo trito di erba cipollina. Concludiamo togliendo l'astice dalla pellicola e rosolando a fiamma moderata, inserendo successivamente anche la polpa ottenuta dalle chele. Procediamo con l'impiattamento, mettendo alla base del piatto la passatina di ceci. Adagiamo su di essa l'astice nel guanciale, le chele e decoriamo a piacimento con erba cipollina, i baffi dell' stice e parti della carcassa, e inoltre con dei petali di cipolla precedentemente sbollentati nel vino rosso. Concludiamo con un filo d'olio e una macinata di pepe bianco.

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Ingredienti (per singola porzione ) 1 astice (500 g circa) 50 g ceci 1 cipolla rossa 15 g guanciale olio extra vergine d'oliva q.b. 2 g erba cipollina 30 g battuto sedano, carota, cipolla pepe bianco q.b. 100 ml. vino rosso

Vito DeLiso, Chef

"Pane, olio e sale", Bari


/ SPECIALE

LEVANTE PROF

Tartare di scampi agli agrumi,

erbette estive, fior di basilico e vincotto (Ricetta di Vito DeLiso – Chef, “Pane olio e sale�, Bari)

Procedimento

Ingredienti

Sgusciamo gli scampi privandoli del nervetto interno, facendo attenzione a lasciare almeno una testa integra attaccata con le due chele, che useremo come decorazione. Tagliamoli a cubettini e condiamo con un filo d'olio, una grattugiata di buccia di lime e buccia d'arancia, un pizzico di peperoncino. Ricaviamo delle zeste a vivo dalle arance e dal lime. Impiattiamo la nostra tartare aiutandoci con un coppapasta quadro e condiamo con fiocchi di sale, fiori di basilico e un filo di vincotto attorno alla tartare. Finiamo disponendo a piacimento le zeste d'agrumi e la testa dello scampo.

(per singola porzione) 3 scampi (tot. 150 g circa) 1 lime 1 arancio 0,1 g fior di basilico 0,1 g mentuccia 2 g olio extravergine d'oliva 2 g vincotto di fichi fiocchi di sale q.b. Peperoncino q.b.

Vito DeLiso, Chef

"Pane, olio e sale", Bari

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1-4 MARZO 2015 | Fiera del Levante - BARI

A tutta demo Davvero fitto il programma di dimostrazioni che si sono tenute nell'ambito di Levante Prof 2015, accontentando il desiderio di novitĂ del fitto pubblico di visitatori professionali. Ecco alcuni 'flash' tratti da quelle tenute da uno dei Maestri di P&P, Nico Carlucci

Nico Carlucci è stato protagonista a Levante Prof con le sue ricette e con le sue conoscenze tecniche, collaborando con alcuni dei laboratori piÚ importanti in funzione nell'ambito della fiera. Particolare la giornata di corso/seminario tenuta in collaborazione con Carlucci Impianti, azienda pugliese. Qui il nostro fornaio ha tenuto una vera e propria intorduzione alla professione di fornaio, aiutato nelle spiegazioni per il folto pubblico dallo chef Fabio Lopez e dal tecnologo Michele Pellegrino. Qui Carlucci ha presentato, tra l'altro, un impasto di ciabattine con farina di canapa con impasto indiretto quindi con biga a 18 ore a 18*, latte di capra, sale rosa dell'himalaya, olio extra vergine di oliva, e poi focacce e pizze con farina tipo 1, farina tipo 2, farina di farro, Kamut e mais. Nell'aula corsi di Selezione Casillo, nell'ambito di un fitto programma di corsi dedicati alla panificazione, alla pasticceria ed alla gastronomia in generale, si sono svolti i corsi con al centro le nuove farine molite a pietra.

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/ ATTUALITÀ

Alimentare di famiglia L’identikit delle aziende tracciato dall’Osservatorio Aub (Aiadf, Unicredit e Bocconi) che ha concentrato l’attenzione proprio sulle imprese familiari dell’agroalimentare.

Con un fatturato di 133 miliardi di euro e 1,3 milioni di occupati, il comparto alimentare consolida il suo ruolo di seconda industria manifatturiera in Italia dopo quella metalmeccanica e per il 67,7% delle aziende agroalimentari di medie e grandi dimensioni il controllo della proprietà è sempre di tipo familiare. Dall’indagine si registra una presenza dominante (68,8%) di aziende familiari con oltre 25 anni di età. Anzi, il capitale di tre aziende su quattro (78,9%) è ancora nelle mani della famiglia proprietaria e si riscontra la tendenza a tramandare la ‘ricetta’ di padre in figlio: circa il 30% delle aziende è di prima generazione e il 6,8% ha superato la terza generazione. Il 76,8% delle aziende ha sempre un leader familiare al comando. La tendenza a salvaguardare il rispetto dei valori legati alla storia e alla tradizione si riflette anche nella composizione del consiglio di amministrazione, in larga misura presidiato da membri appartenenti alla famiglia. La stretta relazione tra famiglia e impresa MARZO/APRILE 2015

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non ha però impedito un’evoluzione della governance, tanto che le aziende dell’alimentare si sono orientate negli ultimi anni verso modelli di vertice più complessi: il 46,9% delle aziende risulta guidato nell’ultimo anno da un team di amministratori delegati (vs. il 33,7% di 10 anni prima) e l’11,4% da un amministratore unico (vs. il 20,4% di 10 anni prima). Nel periodo di crisi economica l’industria alimentare ha poi mostrato dinamiche premianti rispetto all’economia del Paese. Ciò nonostante a partire dal 2010 i consumi alimentari abbiano cominciato a mostrare una notevole elasticità rispetto al reddito dei consumatori e si sia assistito a un cambiamento più profondo degli stili di consumo, sempre più orientati verso una spesa low cost. In questo contesto, un importante effetto di traino lo ha avuto l’export (+4,7% nel 2013), che è riuscito a bilanciare il calo dei consumi nazionali. “Le aziende di famiglia consentono di ragionare su orizzonti di lungo periodo, senza doversi preoccupare sempre e soltanto di realizzare un profitto nel breve termine”, ha sottolineato Paolo Barilla, vice presidente Barilla. “Guardando al lungo termine, anche nei momenti di difficoltà della congiuntura, consentono di non dover compromettere mai sugli elementi di successo di un’impresa: la qualità dei prodotti, l’etica e la condivisione con la comunità”. “Dai risultati del focus dell’Osservatorio Aub”, ha commentato invece

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Guido Corbetta, titolare della cattedra AIdAF-EY di Strategia delle Aziende Familiari dell’università Bocconi, “emerge come la crisi della domanda interna imponga un cambiamento delle scelte strategiche anche nell’industria alimentare. Diventerà sempre più vitale per le aziende familiari dotarsi delle competenze manageriali e delle risorse finanziarie di lungo termine per accelerare i processi di acquisizione e di internazionalizzazione. La capacità di cogliere con tempestività le opportunità di crescita di un mercato sempre più globale e di realizzare progetti strategici di sviluppo all’estero rappresentano sempre più un vantaggio competitivo, in particolare per le aziende di questo comparto”. Leader del comparto a livello nazionale si conferma l’Emilia-Romagna: 42 dei 234 gruppi di aziende familiari alimentari di medie e grandi dimensioni analizzate dall’Osservatorio (il 17,9%) risiedono sul territorio e realizzano oltre 10,4 miliardi di fatturato. Il fatturato medio di tali aziende è di 248 milioni di euro ed è superiore alla media nazionale delle altre aziende familiari attive nell’alimentare (205 milioni). Fonte: Ansa


/ ATTUALITÀ

Un affare romagnolo Piadina, un specialità davvero romagnola. Non solo per la sua storia e la sua tradizione, ma anche per essere diventata nelle capaci mani romagnole un grande business. Che da pochi mesi ha ottenuto la denominazione Igp con l'ambizione di diventare ambasciatrice ufficiale della Romagna nel mondo

La piadina ha successo per mille ragioni, riassunti da una parola (banale), buona, e da un concetto (semplice), piace a tutti o quasi. Da basi così semplici e solide la romagnola per eccellenza è diventata anche un bel business. La produzione nel suo insieme (Romagnola e non) nel 2013 è arrivata alla cifra di 61.000 tonnellate (51.000 ton. da aziende artigiane; 10.000 ton da chioschi, gastronomia, ristoranti), di cui il 75% è prodotto in Romagna. Il fatturato alla produzione, sempre riferito al 2013, è di 125 milioni di euro: 105 milioni da aziende artigiane, 20 milioni da chioschi, ristoranti, gastronomie. Il prodotto confezionato viene venduto per il 76% nella grande distribuzione (Gdo), per il restante 24% nel canale Horeca. Guardando alle aree di vendita, la Piada si afferma come prodotto nazionale, con il 32% nel Nord-Est, il 31% nel Nord-Ovest, il 18% al Centro, il 19% al Sud, mentre il 10% circa è destinato al mercato estero.

Con il riconoscimento IGP in via transitoria solo su scala nazionale, dal settembre scorso alcune aziende artigiane hanno iniziato a produrre piadina Romagnola certificata. Con 11.300 tonnellate, per un fatturato, alla produzione, di 27 milioni di euro il 22% della Piadina prodotta, ad oggi, è certificata IGP come Piadina Romagnola. Il Consorzio di Promozione della Piadina Romagnola, nato alla fine del 2011 è sostenuto da un gruppo di produttori artigiani in rappresentanza di tutta la zona di lavorazione consentita dal Disciplinare, da Rimini a parte della Provincia di Bologna In una recente intervista il Presidente del Consorzio, Elio Simoni, ha fatto il punto sulla crescita del progetto Igp, a cominciare dalla principale difficoltà nel far partire il progetto, “quella di individuare l’esatta ricetta della Piadina Romagnola. Come spesso si è scritto in questi anni ci sono mille piadine, una per ogni Comune della Romagna, quasi una per ogni quartiere, MARZO/APRILE 2015

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/ ATTUALITÀ per non dire una per ogni famiglia: più larga o più sottile, con l’aggiunta di farine diverse e di ingredienti extra, magari tramandati gelosamente di madre in figlia come latte, miele, zucchero, scorza di limone, uova, vino … Tuttavia, per ottenere il riconoscimento Igp era necessario individuare un minimo comune denominatore. Uno standard, come prevedono le normative comunitarie. E così abbiamo analizzato e studiato scientificamente tutta la bibliografia esistente. Per quanto riguarda le materie prime più del 90% delle ricette comprendeva esclusivamente: farina di grano tenero, strutto e/o olio di oliva, sale, acqua e l’aggiunta opzionale della cosiddetta “dose”, oggi individuata negli agenti lievitanti. Pertanto è stata individuata in tale ricetta quella più autentica e tradizionale che non prevede l’aggiunta di conservanti, aromi e/o altri additivi. Il compito del Consorzio è stato quello di far convergere tutte le varie opinioni verso la ricetta autentica e tradizionale”. Il Consorzio sta lavorando con l'ente di controllo per rendere più semplici ed economici possibili i controlli per l'ottenimento del marchio, in modo da allargare la base di produttori associati e tutelare i consumatori. Il presidente Simoni pensa che sarà sufficiente lo strumento normativo dell’IGP a scoraggiare la contraffazione?

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“Lo spero, ma visto che i prodotti di qualità certificati di origine italiana sono da tempo oggetto di una contraffazione che raggiunge i 60 miliardi di euro all’anno, ci aspettiamo, come già del resto accade, che anche la Piadina Romagnola Igp sarà oggetto di contraffazione. Tuttavia, in virtù di una recente norma comunitaria del 2012, all’interno dell’Unione europea gli organi di polizia di ogni stato membro interverranno con azioni repressive molto efficaci”. In quali canali distributivi e a partire da quando il consumatore potrà trovare sugli scaffali la piadina con il marchio IGP? “Già dal settembre del 2013 è presente sul mercato la Piadina/Piada Romagnola prodotta secondo il disciplinare e approvata dall’Ente di controllo in virtù del Decreto di tutela transitoria emanato nel gennaio 2013 dal Ministero delle Politiche Agricole. Ma fino alla registrazione della denominazione a livello comunitario non era consentito utilizzare l’acronimo IGP ed il logo dell’Unione Europea. Dal 24 novembre 2014, data di entrata in vigore del Regolamento di registrazione, sono presenti sul mercato Piadine Romagnole con marchio IGP e logo UE”.


/ ATTUALITÀ

Lo chef che volle

farsi canadese Grande successo per la visita di Massimo Bottura a Toronto. Lo chef modenese, ospite del George Brown College, affascina con le sue idee e la sua cucina gli studenti e gli appassionati canadesi

Ci scuserà uno dei miti assoluti della gastronomia italiana, Massimo Bottura, se per intitolare questo articolo abbiamo copiato una delle sue creazioni, lo 'spaghetto che volle farsi lasagna'. Lo abbiamo fatto perchè il successo dello chef modenese nei suoi pochi giorni nella meravigliosa capitale dell'Ontario è stato tale che quasi quasi gli spuntava una foglia d'acero sulla spalla. La 3 giorni botturiana a Toronto pur nascendo dalla grande comunità italocanadese in realtà si è trasformata in un'occasione assolutamente 'multiculturale' durante la quale Bottura si è potuto confrontare con esperienze diversissime – inclusa una visita alla splendida mostra di uno dei suoi artisti preferiti, Basquiat all'Art Gallery of Ontario. Ma come è arrivato il 'verbo' della gastronomia italiana a Toronto? I legami 'gastronomici' tra la capitale dell'Ontario e l'Emilia Romagna sono strettissimi: quest'anno si festeggiano infatti i 10 anni dell'accordo di collaborazione tra George Brown College (www.georgebrown.ca), la principale scuola di hotellerie e gastronomia in Canada e Alma Scuola di cucina a Parma. Un 'gemellaggio' che ha già prodotto alcuni grandi chefs 'italiani' – magari non di sangue, ma sicuramente per gusti, competenza e capacità (prima che qualche lettore obietti: perfino alcuni MARZO/APRILE 2015

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/ ATTUALITĂ€ dei principali collaboratori di Massimo Bottura nella sua Osteria Francescana a Modena non sono italiani: state insinuando che chef Bottura non sa scegliere i propri collaboratori?). Il 2015 è diventato l'anno perfetto per celebrare il food dell'Emilia Romagna in particolare e dell'Italia in generale alla luce dell'avvicinarsi di Expo 2015, dedicata al cibo e nell'ambito della quale a Massimo Bottura è stato assegnato un ruolo fondamentale, nell'ambito di un prestigioso progetto pensato addirittura dalla Santa Sede. A Toronto Bottura, invitato dal George Brown College e dal Consolato Generale d'Italia (che ha organizzato la cena di gala del 6 marzo), ha avuto una serie di incontri pubblici prima con gli studenti della scuola di cucina

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/ ATTUALITÀ italiana di George Brown (uno dei quali, Allen Huyn ha vinto una stage di 3 mesi alla Francescana) e poi con gli appassionati di food in generale, che non hanno potuto fare a meno di pendere dalle labbra di questa straordinaria persona che ti affascina con la sua cucina semplicemente raccontandola – e figuratevi quindi quando avete la possibilità di gustarla … Spiega il Console Generale d'Italia a Toronto, Giuseppe Pastorelli “La presenza di Massimo Bottura a Toronto ha lasciato un segno importante: una intera scuola – George Brown College – mobilitata; giovani chef ispirati dal suo talento e dalla sua creatività; mezzi di informazione desiderosi di capire il segreto del suo successo; un vasto pubblico di ammiratori della cucina e dell’Italia trasportati dalla sua passione. Bottura ha saputo trasmettere una immagine – allo stesso tempo – dinamica, ricercata e vincente del nostro Paese, che ha catturato gli amici canadesi e reso orgogliosi noi italiani. E’ stato, insomma, un trionfo, che ha permesso di presentare al meglio in Canada – nell’anno di Expo – l’eccellenza italiana in campo gastronomico, fatta di qualità degli ingredienti, legame con il territorio, artigianalità, ed innovazione, tutti elementi che appartengono al nostro patrimonio culturale”.

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Gusto e leggerezza

senza lievito

Arrivano sul mercato i nuovi prodotti bio senza lievito del Gruppo MangiarsanoGerminal, studiati per chi ha specifiche intolleranze alimentari, adatti anche a chi desidera seguire un’alimentazione più sana e soprattutto più leggera.

Sono sempre di più i consumatori che soffrono di intolleranze e che sono costretti a mutare le proprie abitudini alimentari. Secondo gli studi dell’Istituto Superiore di Sanità circa l'8% dei bambini e il 2% della popolazione adulta ne soffrono. Anche i lieviti, indispensabili per rendere morbido e soffice l’impasto dei prodotti da forno, spesso risultano essere difficili da digerire e, in alcuni casi, possono generare intolleranze alimentari. Per questo motivo molte persone preferiscono beneficiare di un’alimentazione povera di lieviti e seguire una dieta più leggera e salutare. Proprio per rispondere alle nuove esigenze alimentari, MangiarsanoGerminal propone una nuova gamma di referenze biologiche interamente realizzate senza lieviti. Numerose le proposte di gusto offerte dalla nuova linea Germinal Bio Senza Lievito: Biscotti al Riso germogliato, ricchi di fibre e senza latte e uova; Biscotti all’Avena, anch’essi privi di uova e latte, arricchiti con betaglucani e Biscotti alle

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Gocce di Cioccolato, a base di farina di frumento ed orzo senza uova. La gamma comprende anche due tipologie di grissini senza lievito, i Filoncini a base di farina integrale, arricchiti dai semi di lino, fonte naturale di Omega-3 e i Filoncini di grano duro varietà Cappelli con olio extra vergine d’oliva. Tutte le nuove referenze sono realizzate con ingredienti che garantiscono un perfetto equilibrio nella dieta ed un elevato apporto di fibre e nutrienti essenziali per il benessere dell’organismo. La gamma Germinal Bio Senza Lievito è scrupolosamente controllata in ogni fase, dalla produzione al confezionamento, assicurando al consumatore la totale assenza di qualunque agente lievitante nell’impasto. Prendersi cura della salute dell’uomo, educandolo ad un’alimentazione sana e consapevole è la mission che guida il Gruppo MangiarsanoGerminal sin dalla sua fondazione e che ne ha consolidato l’identità rendendolo oggi leader nella produzione di referenze biologiche, salutistiche e funzionali. Germinal Bio Senza Lievito entra a far parte della vasta produzione dell’azienda veneta, che conta ad oggi più di 400 tipologie di alimenti naturali tra cui prodotti da forno vegani, dietetici e senza glutine, specifici per chi desidera seguire uno stile di vita sano e sostenibile.


/ ATTUALITÀ

Giornata europea del

gelato artigianale “Celebrata” il 24 marzo la festa del cono e della coppetta, del sapore sempre inconfondibile, nei suoi mille diversi volti, della qualità e della cura che soltanto il gelato artigianale offre ai consumatori.

Sono 165 mila le tonnellate di gelato artigianale consumate in Italia nel 2014, quasi 3 kg di gelato a testa, per un giro d'affari stimato in 4,7 miliardi di euro. Oltre 41mila le imprese attive nel settore Bar Gelateria e Gelateria/Pasticceria (12mila le gelaterie pure). I dati sono resi noti da Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi in occasione della Giornata europea del gelato artigianale. Per il canale Bar Gelateria - aggiunge Fipe - si calcola che il giro d'affari prodotto nel 2014 sia pari a 18 miliardi di euro e che il gelato pesi per il 12% sui ricavi complessivi, con 2,16 miliardi di euro. Ma l'offerta di gelateria e pasticceria non si esaurisce inoltre nell'ambito del canale bar: si stima infatti un ulteriore giro d'affari di 2,5 miliardi di euro per attività commerciali ed artigianali di Gelateria/Pasticceria. Il business del gelato artigianale italiano vanta un indotto di 50mila addetti - prosegue Fipe - e "conta su fattori di successo indipendenti dalla congiuntura economica, come la pluralità di occasioni di consumo e l'offerta di prodotti legati alla tradizione e alla loro genuinità, alla quale si aggiungono due tendenze: da un lato il moltiplicarsi delle gelaterie 'trendy'; dall'altro il diffondersi della 'gelateria in rete', una serie di esercizi a marchio". In quanto a gusti gli italiani preferiscono le creme e le più vendute sono nocciola e cioccolato.

La Giornata europea del gelato artigianale ha avuto un prologo 'istituzionale' a Strasburgo, dove cioccolato fondente e mandorle caramellate hanno preso il posto di codici e carte bollate sui banchi del Parlamento europeo. La manifestazione intende promuovere uno dei prodotti di eccellenza del settore agroalimentare, grazie alla sua alta qualità nutrizionale e alla genuinità degli ingredienti, e sensibilizzare i rappresentanti dell'Unione europea sulla necessità di tutelare maggiormente gelatieri artigiani e consumatori, attraverso normative e regolamenti comunitari. Per un giorno, dunque, il suono della campanella, che segna la pausa dei lavori e l’inizio delle degustazioni, è stato particolarmente dolce: dodici sapori in rappresentanza delle nazioni che aderiscono ad Artglace (Spagna, Francia, Germania, Austria, Portogallo, Repubblica Ceca, Olanda, Italia). Fra i sapori made in Italy, anche l’originale 'El Barroso' e il prelibato gusto 'Torta Caprese' (cioccolato fondente, mandorle, zucchero, burro e uova), tipico dolce dell’isola di Capri in versione gelato.

Fonte: Ansa - AdnKronos

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L'Università di Scienze Gastronomiche

cresce con un socio 'dolce' Giuso entra a far parte dell’Associazione Amici dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo per la promozione delle attività di formazione e delle attività di ricerca in campo agroalimentare a livello nazionale e internazionale.

Giuso, azienda leader nella produzione di ingredienti composti per pasticceria e gelateria artigianale, è diventata socio sostenitore dell'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, nata e promossa nel 2004 dall'Associazione internazionale Slow Food, con la collaborazione delle regioni Piemonte e EmiliaRomagna, con il fine di promuovere iniziative culturali nel settore dell'istruzione, volte a incrementare la conoscenza scientifica, la preparazione manageriale, l'azione imprenditoriale e lo sviluppo culturale nelle scienze gastronomiche e non solo, a livello nazionale e internazionale. Giunta al suo decimo anno di attività, l'Università di Scienze Gastronomiche è un'università non statale legalmente riconosciuta e sostenuta da molte aziende del settore agroalimentare e non, che condividono l’impegno e le strategie per costruire nuovi scenari sostenibili di produzione e di consumo del cibo. L'adesione di Giuso come Socio Sostenitore dell’Università di Pollenzo rappresenta per l’azienda un ulteriore passo verso la promozione culturale del settore gastronomico italiano a tutti i livelli, forte del suo ruolo di attore principale del mercato nel quale, da quasi un secolo, opera all'insegna della qualità, della tradizione e innovazione, diventando una realtà di eccellenza riconosciuta in Italia e all'estero.

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Il primo step di questa collaborazione ha visto la partecipazione di 75 studenti del secondo anno della laurea triennale ad una visita in azienda, nell'ambito del viaggio didattico industria dolciaria. Gli studenti hanno così potuto visitare lo stabilimento e gli impianti produttivi e hanno potuto approfondire le tematiche di ricerca e sviluppo dei prodotti dolciari prodotti presso la Giuso. “Una collaborazione che ci rende particolarmente orgogliosi quella con l'Università di Studi di Scienze Gastronomiche”, ha dichiarato Bruno Lulani, AD Giuso. “Un passo importante che ci permette di partecipare alla vita accademica per contribuire allo sviluppo di attività di ricerca e di formazione a riprova del fatto che Giuso crede da sempre nella creazione di valore non solo economico ma anche culturale".


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Focaccia in teglia (Ricetta utilizzabile anche per pizza in teglia)

Procedimento

Ingredienti Farina per pizza g 1000 Acqua (18°C circa) g 550 Lievito di birra fresco g 20 Malto g 20 Sale g 18 Olio extra vergine g 50 Soluzione di acqua e sale (l 0,60x30 g)

Impastare farina, malto, olio ed i 2/3 dell’acqua per 5 minuti in prima velocità, poi aggiungere il sale, l’acqua restante e terminare di impastare per 6 minuti in seconda velocità. Far riposare l’impasto per almeno mezzora in un mastello coperto con un telo di nylon poi spezzare l’impasto e formare delle palle ovali di 1100 grammi (teglie 60 x 40) oppure 1650 (teglie 60x60). Lasciar riposare, coperte, per 30 minuti e passare al laminatoio. Porre nelle teglie unte, 'bucare' con le dita e cospargere di salamoia, guarnendo con gli eventuali altri ingredienti come rosmarino, pomodoro, olio etc. (ricordate che la mozzarella va aggiunta 5 minuti prima del termine della cottura). Lasciar lievitare in cella un'ora a 32°C, 70% umidità relativa, coprendo la teglia con un telo di nylon. Infornare le teglie a 220 – 225°C per 18 minuti circa. Sfornare, spennellare la crosta con emulsione di acqua e olio per renderla più lucida e togliere dalla teglia. La focaccia (o la pizza) ideale ha i fori bianchi, ben visibili e leggermente unti. MARZO/APRILE 2015

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Baguette (Metodo poolish)

Procedimento Per prima cosa, prepariamo il Poolish, impastando 1 kg di farina, 1 l di acqua a 50° C, 15 g di lievito di birra. Lasciamo quindi riposare il composto per 3 ore a temperatura ambiente Preparare il poolish impastando gli ingredienti e lasciando poi riposare per 3 ore a temperatura ambiente. Mettere la massa nell'impastatrice assieme a farina e malto, impastare per 3 minuti in prima velocità, aggiungendo l'acqua a filo. Passare in seconda velocità per 8/10 minuti e appena si cambia velocità aggiungere il lievito e dopo 3 minuti il sale. Impastare sino ad ottenere una massa liscia ed omogenea, senza che la temperatura superi i 27-28° C. I Lasciare riposare in un mastello per 40 minuti poi spezzare in panetti di circa 330 grammi. Avvolgere a filone, allungare ancoraa e lasciar riposare per 20 minuti su assi non infarinate, coprendo con teli di plastica. A riposo ultimato, allungare le baguettes fino a 60 cm. partendo dal centro. Metterle su un telo di cotone, avendo cura di frapporre il telo tra l'una e l'altra, in modo da non farle toccare. Coprire con il telo di plastica e lasciare riposare ancora per 45 minuti. Incidiamo le baguettes con i tipici 5 tagli “sotto pelle”, e subito dopo infornare per 20/25 minuti a 245°C. Abbondante vapore subito dopo aver infornato, e valvole aperte durante gli ultimi 5 min. di cottura.

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Ingredienti Poolish Farina kg 1 Acqua (50°C) l 1 Lievito di birra g 15 Per l’impasto finale ci servono questi ingredienti: Farina 0 forte Acqua: 0,8 l a 30° C Lievito: 30 g Sale: 60 g Malto: 15


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Ciabatta (Metodo indiretto)

Procedimento

Ingredienti Biga kg 10,00 farina forte) lt 5,00 Acqua (9°C) g 50 lievito di birra (0,5%) Impasto g 100 malto lt 3,5 acqua sale

Preparare la biga impastando (spirale) per 15 minuti. Mettere l'impasto in contenitori coperti e lasciar riposare per 11 ore circa. La temperatura della biga non deve superare i 26°C. Impastare in prima velocità la massa aggiungendo il malto e un litro d'acqua; aggiungere progressivamente dopo il completo assorbimento, altri due litri d'acqua. Aggiungere infine il sale e gli ultimi 50 cl di acqua. Quando tutta l'acqua è assorbita, passare in seconda velocità per 4/5 minuti. Quando l'impasto è liscio ed omogeneo, temperatura circa 27°C, estrarlo e metterlo in un mastello unto d'olio. Dopo un riposo di 30 minuti, passare sul banco lievemente infarinato e dividere nelle pezzature desiderate. Lasciar riposare per 40 minuti poi rovesciare sul carrello (o sulla pala). Cuocere a 220°C per 35 minuti a tiraggio chiuso poi aprire facendo asciugare per 15 minuti. MARZO/APRILE 2015

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Tutto sul Campione del metodo indiretto, vecchio di secoli e originario della polonia, continua a donare al pane e a tutti i prodotti in cui viene utilizzato un sapore ed un gusto inconfondibili – ma attenti a come procedere.

E' un metodo che consente di ottenere un pane più fragrante e digeribile, adatto per quasi tutti gli impasti, salati e dolci. Le sue origini si ritrovano secoli fa in Polonia, da dove fu introdotto alla corte austriaca dell'imperatrice Maria Teresa: da queste radici polacche il nome, pouliche alla francese, poolish in Italia. In sé e per sé definire un poolish è facile: il prefermento fluido che si ottiene sciogliendo una modesta quantità di lievito compresso in un amalgama liquido di acqua e farina, di solito in proporzione di 1:1. In pratica, una biga 'fluida' che può essere lasciata a fermentare per tempi diversissimi, a seconda della quantità di lievito usata. Il periodo di maturazione di questo prefermento va da un minimo di due ad un massimo di diciotto ore. Per preparare un poolish, al contrario degli altri impasti, si parte dalla quantità d'acqua e su questa base viene fissata la quantità da farina da utilizzare. Il poolish comporta un inizio di frammentazione delle molecole dell'amido e delle proteine della farina. Da notare che quanto più cresce la percentuale di acqua nel poolish, tanto più si riduce il tempo d'impastamento del rinfresco. Liquida, il poolish consente una parziale penetrazione dell’ossigeno al suo interno, che innesca l'ossidazione di parte dell’alcool etilico prodotto durante la fermentazione; tale ossidazione parziale produce acido

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poolish acetico che si accumula lentamente nel prefermento, per poi passare nell’impasto finale e formare molecole fondamentali per le caratteristiche sensoriali del pane. Una piccola ma determinante quota di acido acetico rimane nella pasta del pane e determina gusto e profumo particolare di questi prodotti. Non si forma, invece, acido lattico: il numero di cellule di lievito compresso aggiunte sopravanza di almeno 10-15 mila volte il numero di cellule di batteri lattici che si trovano nella farina o sono presenti sulle superfici degli impianti e la grande diluizione che i principi nutritivi subiscono rende quasi impossibile la moltiplicazione dei lattobacilli.

Quali vantaggi presenta l'utilizzo di questo metodo indiretto? Forza, tenuta e tolleranza dell’impasto finale migliorano, così come ne migliora lo sviluppo e l'alveolatura e con farine forti si riduce la gommosità. Dal punto di vista organolettico, compare un ricco e tipico patrimonio di aromi; il sapore ricorda quello di un prodotto preparato con lievito naturale acido, senza però l’elevata punta acida ed emerge una leggerissima nota di acidità acetica che ne migliora notevolmente il gusto. Anche la durata è prolungata e migliorano visibilmente l’apertura dei tagli ed il rilievo delle loro creste. Il poolish infine permette l’utilizzo ottimale delle farine addizionate di acido ascorbico e di quelle addizionate di glutine vitale. La pouliche può essere preparata con almeno un quarto dell’acqua totale di impasto, ma si può arrivare fino ai 5/6 di tutta l’acqua necessaria per la preparazione della pasta; molto spesso si prepara con un terzo o con la metà dell’acqua totale di impasto. La preparazione è semplicissima: disperdere il lievito compresso in almeno la metà dell’acqua stabilita, quindi amalgamare (a mano con frusta, in planetaria o in impastatrice) acqua e farina, fino a raggiungere il rapporto 1:1. La quantità di lievito necessaria per far avvenire la fermentazione è funzione del tempo desiderato (alcune indicazioni utili: 2 ore/2,5% 3 ore/1,5% 8 ore/0,5% 12-16 ore/0,1%). La temperatura ottimale è di 21°C, e si calcola facilmente utilizzando acqua alla temperatura che si ottiene sottraendo dal numero 68 la somma delle temperature dell’ambiente (stanza o cella dove avviene la fermentazione) e della farina. Mai coprire: per la corretta maturazione, deve avere un continuo scambio MARZO/APRILE 2015

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/ PANE con l’aria sovrastante, l’ossigeno è fondamentale per la corretta acidificazione La maturazione migliore si ottiene in mastelli larghi pieni al massimo per un quarto. Il punto ottimale di fermentazione è raggiunto quando il volume è all’incirca triplicato e la superficie inizia ad incavarsi verso il basso, primo segno di cedimento della tenuta ai gas di fermentazione. Se la fermentazione viene lasciata continuare, ne risulta una progressiva perdita delle capacità di tenuta dell’impasto finale, che può diventare colloso ed appiccicoso. Questi effetti, dovuti alle sostanze rilasciate dalle cellule di lievito che iniziano a morire a causa dell'eccessica acidificazione dell'impasto, possono essere annullati nel corso dell’impasto finale grazie all’ossigenazione che la pasta subisce, soprattutto se la farina di rinfresco è in abbondante quantità e contiene acido ascorbico e grazie ad una energica girata con frusta o impastatrice, per ottenere un’efficace aerazione ed ossigenazione della pasta. Maggiore è la durata della fermentazione, minore deve essere la quantità di farina rispetto all’acqua: non più 1 kg di farina per chilogrammo di acqua, ma 0,95 o

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addirittura 0,90 kg di farina. In fase di impastamento finale (rinfresco) può essere indicata, soprattutto nel caso di paste a tasso finale di idratazione relativamente basso, non superiore al 55%, l’aggiunta di una quantità di lievito compresso che non dovrebbe essere superiore, però, a quella utilizzata per la preparazione della pouliche. Una variazione sul tema poolish è il prefermento liquido, che consente di ottenere un pane mediamente di gusto ed conservabilità migliori rispetto alla classica lavorazione diretta o su biga. Questa tecnica offre risultati di notevole interesse anche per quanto riguarda la produzione di pani alla crusca, al germe, ai semi di lino, al grano spezzato e, in genere, per tutti quei prodotti che subiscono una consistente aggiunta di fibre alimentari sotto forma, ad esempio, di fiocchi di avena macinati e non. Per l’orzo ed il farro perlati e non, per il frumento e la segale, per il miglio decorticato si può pensare ad una breve bollitura o ad un ammollo con acqua bollente, o ad un lungo ammollo in acqua fredda, e, solo dopo l’ammollo e l’eventuale, necessario raffreddamento, procedere ad una fermentazione parziale o totale su pouliche.

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Pane alle 5 farine (Ricetta del Maestro Nico Carlucci)

Procedimento Iniziare l'impasto in impastatrice a braccia tuffanti o in spirale o planetaria con gancio inserendo tutte le farine, il lievito, il malto e It 1,100 di acqua inserita nell'impasto a filo e lasciare impastare per 10 minuti. Quando la maglia glutinica è pronta inserire l'olio e lasciare impastare per altri 2 minuti. Quando l'impasto risulta incordato inserire il sale e lt 0,100 di acqua e lasciare impastare per altri 3 minuti. Inserire la seconda velocità o aumentare la velocità per circa 2 minuti, fino al completo assorbimento dell'acqua e fino a che l'impasto risulti liscio e omogeneo. Passare l'impasto ottenuto al cilindro e lasciare puntare per 15 minuti circa coperto con telo in plastica. Dividere l'impasto in pezzi da 500 g circa e dare una pre-forma al pane. Altra puntatura di 15 minuti e dare la forma finale desiderata al nostro pane. Inserire il pane su teli di infornamento e lasciare lievitare in cella di lievitazione a 30°C con il 78% di umidità per circa 1 ora o in ambiente coperto con teli in cotone e teli in plastica per 80 minuti circa. Infornare a 220° per circa 40 minuti e con altri 5 circa con valvola aperta.

Ingredienti kg 0,400 farina Manitoba kg 0,400 farina di farro kg 0,400 segale kg 0,400 semola di grano arso kg 0,400 semola integrale Senatore Cappelli g 50 lievito di birra fresco compresso (2,5%) oppure 17 g di lievito secco Tempo g 1,200 acqua (60%) g 200 olio extra vergine di oliva (10%) g 60 sale marino fino (2%) g 20 malto ad alto potere diastatico 15000 u.p. (1%)

Nico Carlucci

Panificatore e pasticcere

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Pizza con farina di segale (Ricetta del Maestro Nico Carlucci)

Procedimento Impastare in planetaria con gancio la farina, la farina di segale, il lievito di birra, 1100 g di acqua, per circa 5 minuti in prima velocità o a velocità moderata, inserire il sale e i restanti 100 g di acqua e infine, cioè negli ultimi 3 minuti di impasto l'olio fino al completo assorbimento e fino a che l'impasto risulti liscio e omogeneo, circa 15 minuti di impasto totale. Portare il pastone ottenuto sul banco da lavoro leggermente infarinato e lasciare puntare per 10 minuti coperto con telo in plastica. Tagliare l'impasto in pezzi da 220 g e 450 g e pirlare stringendo il più possibile le sfere ottenute. Riporre negli appositi cassetti e mettere in frigo per la maturazione a 40°C dalle 24 a massimo 72 ore. Porre fuori dal frigo da 1 a 4 ore prima dell'utilizzo finale cioè quando la nostra pastella abbia circa 20°C al cuore, stendere a mano e farcire a proprio piacimento (per la margherita 80 g circa di passata di pomodoro aromatizzata e 150 g circa di mozzarella tritata). Infornare a 250°C in forno per circa 8 minuti o fino a doratura e cottura ultimata.

Nico Carlucci

Panificatore e pasticcere

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Ingredienti kg 1,600 farina Manitoba kg 0,400 farina di segale (20% sulla farina) g 1200 acqua (60% sul peso delle farine) g 60 olio extra vergine di oliva (3% sul peso delle farine) g 6 lievito di birra fresco compresso ( 0,3% sul peso delle farine) g 50 sale marino fino (2,5% sul peso delle farine)


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Mantovane

con farina Tipo 1 - impasto indiretto (Ricetta del Maestro Nico Carlucci)

Procedimento

Ingredienti Biga kg 2,000 farina Manitoba W 380-400 lt 0,900 acqua (45%) g 20 lievito di birra fresco compresso (1%) Rinfresco kg 2,920 biga kg 1 farina tipo 1 kg 1 farina Manitoba lt 1 acqua (50% sulla farina di rinfresco) g 40 lievito di birra fresco compresso (2% sul peso delle farine) g 80 sale marino fino g 200 olio extra vergine di oliva (5% sul peso delle farine) g 20 malto ad alto potere diastatico (0,5% sul peso farine) Semi di sesamo e semi di papavero circa 150 gr. per kg. di pasta se inseriti nell'impasto o usati come decorazione superiore

Impastare in planetaria con gancio la farina, la farina di segale, il lievito di birra, 1100 g di acqua, per circa 5 minuti in prima velocità o a velocità moderata, inserire il sale e i restanti 100 g di acqua e infine, cioè negli ultimi 3 minuti di impasto l'olio fino al completo assorbimento e fino a che l'impasto risulti liscio e omogeneo, circa 15 minuti di impasto totale. Portare il pastone ottenuto sul banco da lavoro leggermente infarinato e lasciare puntare per 10 minuti coperto con telo in plastica. Tagliare l'impasto in pezzi da 220 g e 450 g e pirlare stringendo il più possibile le sfere ottenute. Riporre negli appositi cassetti e mettere in frigo per la maturazione a 40°C dalle 24 a massimo 72 ore. Porre fuori dal frigo da 1 a 4 ore prima dell'utilizzo finale cioè quando la nostra pastella abbia circa 20°C al cuore, stendere a mano e farcire a proprio piacimento (per la margherita 80 g circa di passata di pomodoro aromatizzata e 150 g circa di mozzarella tritata). Infornare a 250°C in forno per circa 8 minuti o fino a doratura e cottura ultimata.

Nico Carlucci

Panificatore e pasticcere

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L’appuntamento per il mondo della panificazione, della pasticceria e della ristorazione fuori casa

Dal 12 al 17 settembre 2015 gli operatori tedeschi e internazionali si ritroveranno a iba 2015. Con la sua ricca offerta espositiva, iba sarà il “cuore pulsante” del settore, non solo per la panificazione e la pasticceria, ma anche per la ristorazione fuori casa e il mondo del caffè. Il principale salone mondiale mette in vetrina le novità e gli sviluppi tecnici più recenti, anche con presentazione e demo dal vivo.

Rappresentanza per l’Italia: www.iba.de/en/contact

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Monaco di Baviera

iba – Salone Internazionale di Panificazione, Pasticceria e Ristorazione Fuori Casa

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La lievitazione Mutazione silenziosa e 'segreto' del pane prima delle scoperte scientifiche, il processo cambia la struttura del prodotto, modificandone forma, struttura, colore, aroma, sapore, consistenza, durata.

La lievitazione, cuore e motore dell'arte panificatoria, è un mistero svelato: ormai ne conosciamo ogni segreto e ogni più piccola reazione: anche se poi spesso la spiegazione scientifica non ha fatto che confermare la conoscenza 'professionale' già acquisita dal panificatore. Essa si può ottenere con diversi metodi: particolarmente popolari in questo periodo presso i consumatori quelli 'naturali', che sono diventati – soprattutto la pasta madre – una vera bandiera dei 'foodies' più attenti all'artigianato del pane. La lievitazione può avvenire con sistemi fisici, chimici oppure biologici. Il metodo utilizzato è differente in funzione della natura del prodotto sul quale si applica oppure sul prodotto finale che si desidera ottenere. Prima di occuparci di lievito naturale nel corso di questo 'miniripasso' sulla lievitazione, sarà opportuno ricordare che nel corso della lievitazione 'bio' i lieviti sono utilizzati quali coadiuvanti della fermentazione ed essi, essendo esseri viventi, necessitano di condizioni idonee a mantenerli in vita e favorirne la crescita: giusta umidità, temperatura, acidità. I lieviti durante la fermentazione si sviluppano producendo anidride carbonica, alcol ma anche aromi ed enzimi. L’anidride carbonica agisce sul volume, gli enzimi influiscono sul carattere organolettico del prodotto finito, esaltando il sapore e determinando una maggiore digeribilità. MARZO/APRILE 2015

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/ PANE La lievitazione con il lievito naturale avviene grazie allo sviluppo di batteri lattici e lieviti; si usa per la produzione, oltre che di grandi lievitati, di prodotti di panetteria e lievitati in genere. La lievitazione naturale si può ottenere tramite impasto acido spontaneo oppure l'impasto di riporto, il lievito madre. Nella lievitazione spontanea la miscela di acqua e farina viene lasciata ad acidificare a temperatura ambiente. In essa grazie all'azione della luce e del calore dell'ambiente si moltiplicano i microrganismi naturalmente presenti nelle materie prime e nell’aria. In maggioranza si sviluppano ceppi di fermenti lattici nella maggior parte appartenenti al genere Lactobacillus. I batteri lattici producono, insieme ad altre sostanze, acido lattico e acido acetico. In particolare, è importante che acido lattico e acido acetico siano presenti nella proporzione di 3:1, per l’inibizione di muffe e per il miglioramento delle proprietà del glutine. In questa fase è importante il controllo della temperatura per mantenere il giusto rapporto tra acido lattico/acido acetico. L’acido acetico si sviluppa maggiormente a temperature basse. Il lievito madre è una porzione di impasto derivante da una lavorazione precedente e riprodotta in modo perpetuo per essere aggiunta agli impasti successivi. Il lievito di birra, a differenza del lievito naturale, provoca una lievitazione indotta, cioè non spontanea. Essa avviene per fermentazione alcolica e non per fermentazione lattica e acetica. La dose di lievito compresso varia dall’1% al 6% in peso sulla farina. La lievitazione si può ottenere anche incorporando aria nell'impasto utilizzando il lavoro delle macchine. E' il procedimento tipico delle planetarie o delle impastatrici per paste montate in continuo, provviste di sistema di insufflamento dell'aria. Assumono molta importanza gli ingredienti che determinano la capacità dell’impasto di trattenere aria: uova, grassi ed emulsionanti sono ingredienti che, per propria struttura chimica, facilitano e stabilizzano l’incorporazione di aria. Nel metodo tradizionale di preparazione del pan di Spagna, ad esempio, l’aria è inglobata nella miscela di uova e zucchero grazie un’intensa azione meccanica dell’impastatrice, fino a ottenere una massa montata e stabile, alla quale viene aggiunta farina. In cottura, aria e vapore acqueo, si espandono, e pan di Spagna 'cresce'; poi, con la coagulazione delle proteine delle uova e della farina e la gelatinizzazione dell’amido, assume la struttura definitiva La pasta sfoglia da parte sua è un caso particolare di lievitazione fisica. L’impasto viene laminato, ripiegato su se stesso e sottoposto a una serie di successive laminazioni. Questo procedimento produce un unico sottile strato di impasto composto da più strati

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alternati di materia grassa. In cottura, gli strati di grasso rendono l’impasto impermeabile al vapor d’acqua che quindi esercita una pressione dall'interno provocado il sollevamento degli strati d'impasto e l’aumento di volume del prodotto. Alcuni prodotti da forno vengono preparati utilizzando alte dosi di zucchero. Una concentrazione zuccherina elevata inibisce lo sviluppo dei lieviti e quindi è necessario ricorrere alla lievitazione chimica. I diversi tipi di lievito in commercio sono essenzialmente miscele costituite da un’agente lievitante, un agente acidificante e una sostanza inerte. E' conoscenza comune che il più utilizzato agente lievitante è il bicarbonato di sodio, che libera l’anidride carbonica responsabile della lievitazione. La componente acida facilita e rende completa la produzione di anidride carbonica. Gli acidi si sciolgono a velocità differenti e quindi provocano lo sviluppo di gas in tempi diversi. E' per questo che si possono distinguere polveri lievitanti lente e polveri lievitanti rapide. Ovviamente, quanto più rapida la polvere lievitante, tanto più veloce deve essere il resto della lavorazione. I risultati migliori si ottengono utilizzando miscele di più agenti di acidi, ma mentre generalmente i lieviti ad uso domestico contengono acidificanti molto solubili, perché non interessa la velocità di sviluppo dell’anidride carbonica, in una produzione industriale, o artigianale ma comunque con processi di più strutturati, si usano componenti acidi all’azione molto più lenta.


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DOLCE QUOTIDIANO

Colip progetta il “freddo” attraverso la sua conoscenza di tutti gli aspetti legati al processo produttivo della panificazione e della pasticceria. Dalle materie prime al prodotto finito. Le tecniche innovative di Colip, risultato di esperienza, ricerca e sviluppo, sono soluzioni concrete per produrre con maggiore efficienza e flessibilità, eliminando il lavoro notturno. In più, con il dolce aiuto del freddo, si può aumentare la produzione con una grande varietà di forme e di gusti, mantenendo integri profumo, fragranza e sapore di tutti i prodotti. La tecnologia Colip unisce la tradizione all’innovazione per risultati sempre a regola d’arte. Giorno dopo giorno.

Colip. La tecnologia del freddo professionale The professional cold technology

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Pane al vapore

privo di glutine Il Maestro Mauro Alboni ci ha inviato la presentazione di un nuovo prodotto adatto ai celiaci che ha ideato e di recente presentato al pubblico. Lo pubblichiamo con l'augurio che il “pane al vapore” premi la creatività del suo inventore.

La completa esclusione del glutine dalla dieta non è facile da realizzare: i cereali non permessi ai celiaci si ritrovano in numerosi prodotti alimentari ed il rischio di contaminazione accidentale da glutine è spesso presente nei processi di lavorazione dell’industria alimentare e dei forni artigianali. Chi ha detto che mangiare senza glutine significhi mangiare senza gusto? All’edizione 2015 di Sigep la ditta LeSaffre ha patrocinato il “Bread Talent Show”, con cui si premiavano idee originali e innovative di prodotti della panificazione. Questa è la sfida a cui ho cercato di rispondere con la ricetta e la presentazione del mio “Pane a vapore senza glutine”. Questo “pane a vapore” è realizzato con farine prive di glutine, biologiche, a basso indice glicemico e dietetico (privo di amidi lavorati), creando un lievito madre anch’esso senza glutine. La ricetta è stata perfezionata anche con il contributo del nutrizionista dottor Dino Sintoni, ideatore del metodo Justwellness (trova il tuo peso perfetto e il tuo sorriso). L’idea innovativa di

questo pane dal sapore gradevole e gustoso, frutto di un’attenta e lunga sperimentazione, sta nella tecnica della cottura: infatti viene cotto a vapore, in un ambiente quindi che non ha paura di alcuna contaminazione e non richiede l’uso esclusivo di forni o attrezzature ad esso dedicati. Per questo motivo questa cottura può avvenire nei laboratori, nei ristoranti, negli alberghi e nelle case private. Sono convinto che un prodotto artigianale sia un prodotto diverso e migliore rispetto a quelli che sono offerti dall’industria. A guadagnarci infatti deve essere il gusto senza però perdere nulla in quanto a sicurezza e garanzie. Solo ingredienti freschi, una ricetta gustosa con l’assoluta garanzia che ogni prodotto sia senza glutine. Mangiare senza glutine fa bene anche a chi è soltanto intollerante e ha bisogno di purificare l’organismo per un pò; inoltre dà ottimi benefici a chi decide di variare la propria dieta inserendo nuovi cereali o legumi che non contengono questa proteina vegetale. Variare è la parola d’ordine per tutti, con o senza glutine, per chi non ha problemi di salute. L’importante è inserire nuovi alimenti nella propria dieta e dare al proprio corpo tutti i benefici possibili utilizzando il cibo come energia benefica. Mauro Alboni MARZO/APRILE 2015

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Parliamo Il processo di cottura del pane è il momento in cui le trasformazioni di questo cibo 'vivo' vengono fissate una volta per tutte grazie all'azione del calore. Le principali tappe della cottura e della formazione della crosta del pane. Cuocere il pane sembra la fase meno complicata della produzione e allo stesso tempo quella più affidata alle macchine, o meglio al forno. In mediamente si può dire che il pane si cuoce tra 180 e 250°C. Il calore è fondamentale per la formazione della crosta ed il suo spessore, e quindi sul gusto così come la presenza di vapore d'acqua nella camera di cottura al momento dell'infornamento. Il vapore infatti condensa sulla superficie del pane a causa della differenza di temperatura fra il forno e l'impasto (di solito con temperatura a 25-30°C, formando una pellicola sulla superficie del pane. Questa pellicola rende la pasta più morbida e fa da barriera alla fuoriuscita dell'anidride carbonica, permettendo un maggiore sviluppo dell'impasto. Sappiamo bene che la qualità del pane dipende da decine di fattori diversi – a cominciare dalla qualità delle materie prime … e del fornaio! - ma lasciando da parte questo ragionamento più generale, andiamo a 'ripassare' cosa succede durante le varie fasi della cottura. Quando si inforna, l'impasto cede acqua/umidità verso l'esterno con un notevole consumo di calorie che rallenta la crescita della temperatura sulla superficie della pasta, la protegge dal calore e facilita il suo sviluppo. In questa fase la temperatura all'interno dell'impasto è di circa 30/40°C che 'spinge' la fase di fermentazione cui

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di crosta si deve un aumento di produzione di anidride carbonica, che ha come conseguenza una dilatazione e una crescita in volume e sviluppo dell'impasto. Le incisioni praticate sulla superficie del pane facilitano proprio la fuoriuscita di gas, che aiuta lo sviluppo in volume, migliora l'aspetto esteriore e favorisce l'alveolatura. Fra i 60 e i 70°C la pasta, ancora plastica, sotto la spinta combinata del vapore d'acqua e della dilatazione dovuta all'anidride carbonica, continua a svilupparsi ancora. Aumenta il calore al centro dell'impasto, inducendo la gelificazione dell'amido e la coagulazione del glutine. Questi fatti portano, a partire dai 70°C, alla fine della plasticità della pasta e al suo sviluppo. La gelatinizzazione dell'amido comporta una idratazione esterna dei granuli; fra i 60-70°C si ha un rigonfiamento limitato dovuto alla rottura di legami deboli e/o dei siti amorfi facilmente accessibili, mentre tra gli 80-90°C si ha un rigonfiamento rapido e intenso dovuto alla disgregazione dei siti meno accessibili e con forti legami (micelle). Superati i 90°C si

ha la frammentazione dei granuli d'amido fortemente rigonfiati, con dissoluzione e diffusione delle molecole lineari (amilosio). Intorno ai 100 °C si ha un'intensa evaporazione dell'acqua, inizia la formazione della crosta in superficie e termina la gelatinizzazione dell'amido. Durante la cottura si volatilizzano tutte quelle sostanze che hanno una temperatura di evaporazione inferiore a 100°C, come l'alcool etilico, e tutte quelle sostanze aromatiche che si formano sia nella fermentazione che nella cottura. Fra i 120 e i 140°C la crosta inizia ad assumere un colore dorato e in essa si formano le destrine. La forte evaporazione della parete esterna diminuisce man mano che si forma la crosta e il bisogno di calore diminuisce: la crosta si ispessisce, avviene la caramellizzazione degli zuccheri presenti nella pasta, e iniziano le reazioni di Maillard che coinvolgono zuccheri e proteine e che determinano il colore della crosta. La temperatura interna del pane, durante la cottura, di fatto non supera i 100°C, mentre la temperatura esterna della crosta raggiunge i 225°C. A queste trasformazioni di base si aggiungono altri fattori che influiscono sul gusto finale del pane. La ricchezza in proteine, lo stato enzimatico della farina, la composizione dell'impasto, lo stato e lo sviluppo della pasta al momento dell'infornamento, il tipo di forno, la presenza o meno di vapore d'acqua, il tempo di cottura sono parametri che hanno azione sulla natura della crosta, sul suo spessore, sulla sua colorazione e sulla sua croccantezza.

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HUG lancia Artisanal la tartelletta fatta a mano HUG presenta al salone Tuttofood a Milano dal 3 al 6 maggio Artisanal Selection, la nuova linea di tartellette fatte a mano, dalle pareti e dai bordi ancora più sottili e dalle forme sempre più moderne e lineari.

Con oltre 80 diverse varietà di tartellette unite dal motto “We love your creativity”, l’azienda svizzera HUG e l’importatore per l’Italia, Maison Dolci, offrono ai professionisti del settore food service un ampio assortimento per la preparazione di fingerfood dolci e salati. I migliori ingredienti, nuovi e originali formati, bordi e pareti ancora più sottili, forme innovative e accattivanti sono i tratti distintivi della nuova gamma Artisanal Selection di HUG per offrire ai professionisti del food service uno strumento di alta qualità, versatile, pratico e sempre fragrante. Dal 1998 Maison Dolci importa e distribuisce le classiche tartellette mignon universali insieme ad altre referenze particolarmente apprezzate da chef e ristoratori del nostro Paese. Le tartellette Artisanal Selection HUG sono realizzate con il 30% di burro e le varianti dolci sono arricchite da burro di cacao, che regala al palato un dolce e seducente retrogusto. La loro freschezza e fragranza si mantengono inalterate a lungo e garantiscono così agli operatori l’ottima riuscita di banchetti, aperitivi e ricevimenti. Inoltre le tartellette della linea Artisanal, così come l’intero assortimento HUG, possono essere farcite ed essere scaldate in forno brevemente una seconda volta. “Nello sviluppo della nuova linea di tartellette Artisanal abbiamo coinvolto chef e pasticceri di fama internazionale”, sottolinea René Keller, direttore export per il settore foodservice. “Durante gli incontri e i seminari con chef e pasticceri abbiamo raccolto le

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loro esigenze e sollecitazioni e abbiamo immaginato la tartelletta perfetta. In seguito il reparto ricerca e sviluppo è stato incaricato di creare un prodotto sulla base di queste considerazioni e così è nata la della gamma Artisanal Selection di HUG”, ha spiegato René Keller. L’assortimento comprende 42 varianti tra dolci e salate in 14 misure diverse e 4 forme. Ogni forma e dimensione delle tartellette per dessert è disponibile anche in versione neutra con pasta leggermente zuccherata e con impasto al cacao. Tutte le tartellette Artisanal sono adatte ai vegetariani, non contengono grassi transgenici e noci e sono certificate HALAL.

www.maisondolci.it


/ PASTICCERIA

Veli di golosità (Ricetta del Maestro Paolo Fulgente)

Procedimento Pan di Spagna al cioccolato Montare gli albumi con grammi 100 di zucchero e i tuorli con grammi 200 di zucchero. Incorporare le due masse, aggiungere a spatola la farina setacciata con il cacao e per ultimo il burro fuso mescolando delicatamente; cuocere a 180°C con valvola aperta per 18 minuti circa in stampi alti 4 cm.

Ingredienti Pan di Spagna al cioccolato Tuorli d’uovo g 270 Zucchero g 300 Albumi g 330 Farina g 150 Cacao amaro g 150 Burro fuso g 100 Crema di cioccolata Panna kg 1,8 Zucchero g 200 Latte g 200 Cioccolato fondente fuso g 350 Colla di pesce g 15

Crema al cioccolato Portare a 60°C la panna, lo zucchero e il latte, togliere dal fuoco e incorporare il cioccolato e la colla di pesce ammollata precedentemente in acqua fredda. Mettere in macchina per due o tre minuti a velocità alta e poi montarla. Depositare in frigorifero per 24 ore. Glassa nera Bollire la panna con il glucosio, aggiungere in fase di raffreddamento la colla di pesce, il cioccolato a pezzi piccoli e miscelare. Montaggio del dolce Alternare all’interno di un anello di acciaio inox, tre strati di crema al cioccolato e pan di Spagna al cioccolato partendo dalla crema e poi alternarsi. Girare lo stampo, sformare e coprire con la glassa di cioccolato. Decorare a piacere con frutti di bosco e placchette di cioccolato in girotorta.

Bagna Zucchero g 300 Acqua g 300 Cacao amaro g 50 Distillato di arancia g 200 Glassa nera Panna g 500 Glucosio g 180 Cioccolato fondente g 350 Colla di pesce g 15

Paolo Fulgente

MAESTRO PANIFICATORE

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/ PASTICCERIA

Panini al limone (Ricetta del Maestro Paolo Fulgente)

Procedimento Impastare acqua, lievito, succo di limone, buccia di limone, sale eon la pasta del giorno prima. Aggiungere le farine soltanto alla fine della fase di impasto. Fare puntare per circa 30 minuti in ambiente caldo a 26°28°C. Spezzare i panini in pezzature da 40/50 grammi ciascuno e dar loro la forma di un piccolo limone. Cuocere a 210°C per circa 15 minuti, forno prevaporizzato.

Consigli per il consumo Questi panini sono ottimi quando utilizzati come base per tartine da aperitivo, ad esempio con salmone affumicato, formaggi dolci etc.

Paolo Fulgente

MAESTRO PANIFICATORE

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Ingredienti Farina di segale g 200 Farina “00” Gr 800 Acqua minerale leggermente gassata g 550 Pasta del giorno prima g 300 Lievito di birra g 30 Sale g 20 Succo di limone g 120 Buccia di limone g 3


/ PASTICCERIA

Delizia al caffè e ginseng (Ricetta del Maestro Paolo Fulgente)

Ingredienti (n. 3 torte a mezza sfera da grammi 500, stampo da 16/18 cm) Burro g 300 Zucchero saccarosio g 300 Uova g 300 Tuorli d’uovo g 125 Sale g 6 Ginseng g 40 Tazzine di caffè ristretto 2 Liquore al caffè g 50 Latte in polvere g 100 Farina “00” g 300 Farina di mandorle g 300 Lievito secco g 10 Bagna al caffè Zucchero g 125 Acqua g 125 Ginseng g 10 Liquore al caffè g 50 Rhum g 10

Procedimento Montare il burro, lo zucchero, le uova e i tuorli. Aggiungere il sale, il latte in polvere, il caffè ristretto, il liquore al caffè e il ginseng. Quando la massa appare ben liscia e ben montata, incorporare le farine setacciate con il lievito secco. Cuocere in forno ventilato a 180°C per circa 40/45 minuti a valvola chiusa. A parte preparare la bagna al caffè bollendo per pochi minuti tutti gli ingredienti. Appena sfornate, girare le torte sulla griglia e bagnare con la bagna al caffè. Guarnire le torte con un cremino al caffè.

Paolo Fulgente

MAESTRO PANIFICATORE

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Ricerca italiana in prima pagina Il cioccolato fa 'ringiovanire': una ricerca svolta in Abruzzo e rilanciata a livello mondiale conferma gli effetti positivi dei flavonoli per la salute degli anziani. La più importante rivista sulla nutrizione Usa, American Journal of Clinical Nutrition, con un vistoso editoriale di apertura nel numero di marzo ha trattato di una ricerca medica condotta in Abruzzo scrivendo che “nella Marsica hanno individuato nel cacao il segreto che ridà brillantezza al cervello degli anziani”. Grande risalto, con un editoriale di commento firmato da Miguel Alonso-Alonso, ricercatore della Harvard Medical School, tra i più quotati nel settore della nutrizione. La ricerca italiana è stata coordinata dal professor Giovambattista Desideri, docente dell'Università de L'Aquila e Direttore del reparto di geriatria dell'Ospedale di Avezzano. Desideri già nel 2012 aveva pubblicato uno studio sui benefici effetti del cacao sulle funzioni cognitive di pazienti con iniziali segni di malattia di Alzheimer. Questa volta l'investigazione, che ha coinvolto un campione di 90 anziani residenti nella Marsica, con età media di 75 anni (con punte individuali di 85), è stata condotta in soggetti sani, senza particolari malattie e senza evidenza di deterioramento cognitivo, a parte il naturale declino legato alla senilità. La ricerca ha ulteriormente confermato le proprietà benefiche dei flavonoli, composti naturali del cacao, somministrati nel contesto di una dieta controllata. Gli anziani che hanno partecipato allo studio, assumendo diversi dosaggi di flavonoli del cacao, hanno mostrato nel giro di alcune settimane un miglioramento della

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funzionalità cerebrale: pensiero più veloce, maggiore memoria e, in generale, migliori capacità cognitive. Verificata in modo chiaro l'efficacia dei flavonoli sul cervello degli over 70, si tratta ora di penetrare nell'intimo segreto terapeutico dei principi nutrizionali del cacao. Il miglioramento delle performance mentali, osservato negli anziani, è riconducibile ad effetti diretti dei composti naturali della sostanza sul cervello o anche, come ipotizzano i ricercatori, a un miglioramento del metabolismo degli zuccheri e dello stato di salute generale? Accattivante il titolo dell'editoriale che accompagna l'articolo sulla rivista americana: “Flavonoli del cacao e cognitività: riconquistare il cioccolato in età avanzata?”. “La pubblicazione della nostra ricerca su una rivista così prestigiosa”, ha commentato il professor Desideri, “è motivo di grande soddisfazione perchè rappresenta il riconoscimento tangibile della qualità del lavoro svolto da un team di ricercatori molto affiatato. L'indiscutibile interesse che la testata scientifica ha riservato alla nostra ricerca dimostra come anche le realtà assistenziali più periferiche rispetto ai circuiti mondiali della ricerca scientifica possano fornire, con dedizione e impegno, un contributo importante al progresso delle conoscenze”.

Fonte: Asipress


/ PASTICCERIA

Il 'cibo degli dei'

a Expo 2015

Il programma del Cluster Cacao e Cioccolato, uno dei 9 padiglioni collettivi di Expo Milano 2015. Sette diversi format animeranno il Teatro del Cluster, strategicamente affacciato sul Decumano, la via principale che attraversa il sito espositivo.

“Si tratta di eventi di grande appeal pensati non solo per raccontare al grande pubblico il mondo del cacao e del cioccolato, ma anche per dare la giusta rappresentatività ai Paesi del Cluster”, afferma Eugenio Guarducci, Presidente di Eurochocolate, che coordina il programma degli eventi che ruotano intorno alle preziosissime bacche del cacao. L'intento è anche quello di favorire il networking fra i 6 Paesi produttori di cacao presenti nel Cluster (Camerun, Cuba, Gabon, Ghana, Costa d'Avorio, São Tomé e Príncipe), i Paesi produttori di cacao non presenti nel Cluster e il mondo del cioccolato. "Cocoa and Chocolate Experience", "Chocoa Show", "I Racconti del Cacao", "ABC del Cacao e del Cioccolato", "Cocoa Parade", "Musiche dalle Terre del Cacao" e "Cocoa: Seeds of Creativity" sono i format che raggruppano altrettante tipologie di attività alle quali, in occasione di speciali ricorrenze, si aggiungeranno eventi speciali 'unici'. Il Teatro del Cluster sarà così pieno di attività ogni giorno dalle 10 del mattino alle 11 di sera. MARZO/APRILE 2015

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Talk show, presentazioni di libri a tema, progetti di cooperazione nei Paesi produttori di cacao, testimonianze e momenti d’incontro per scoprire storia e tradizioni dei Paesi, oltre che per conoscere la filiera, le opportunità e le problematiche connesse al Cibo degli Dei, troveranno spazio in "Cocoa and Chocolate Experience". Si svolgeranno nell'ambito di "Chocoa Show" le esibizioni live di pasticceri, cioccolatieri, chef, food blogger e gelatieri che prepareranno e racconteranno in diretta deliziose ricette a base di cacao e cioccolato. "I Racconti del Cacao" svilupperanno uno storytelling completo e diffuso sul cacao, il cioccolato e i rispettivi Paesi produttori. Un "ABC del cacao e del cioccolato" guiderà bambini, scolaresche e famiglie alla scoperta delle origini del cacao e del cioccolato in un coinvolgente viaggio che presterà attenzione alle tematiche del commercio equo e solidale, senza dimenticare l'aspetto ludico.

Massima espressione del folklore dei Paesi, le sfilate di "Cocoa Parade", coloreranno con musica, danze, strumenti e arredi etnici lo spazio del Cluster. Le molte espressioni della creatività, dalle intramontabili sculture di cioccolato al design e al web 2.0 troveranno posto in "Cocoa: Seeds of Creativity", format che dà voce al mondo delle arti. Infine, le Musiche dalle Terre del Cacao proporranno canzoni tradizionali dei Paesi produttori i cui inni nazionali verranno incisi e suonati su originali dischi di cioccolato da ascoltare e ... da gustare! Chi vuole essere protagonista del Cluster Cacao e Cioccolato può inviare un'email all'indirizzo chocolexpo@eurochocolate.com, indicando in oggetto Teatro del Cluster - Expo Milano 2015, allegando la propria presentazione e specificando oltre ai propri recapiti, anche la tipologia dell'attività che si desidera proporre e la cadenza con cui si è disponibili ad intervenire (mensile, settimanale o one shot).

Fonte: Primapress

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Il cioccolato ancora più buono La scoperta fatta dalle Università del Ghana e di Gand: un team di scienziati afrobelga ha messo a punto e sperimentato un metodo per rendere il cioccolato ancora più buono, sia sotto il profilo nutritivo, sia dal punto di vista del sapore.

E' una di quelle scoperte che ricordano molto il leggendario 'uovo di Colombo': gli scienziati hanno semplicemente conservato le fave di cacao per sette giorni e, dopo questo breve “limbo”, le hanno tostate a una temperatura più bassa di quelle usate abitualmente, ottenendo un cioccolato più saporito e con una percentuale più elevata di polifenoli, gli antiossidanti benefici per la salute che si trovano, per esempio, nel vino rosso e hanno effetti positivi a livello cardiovascolare, di malattie legate alla senescenza e di arresto della crescita tumorale. La scoperta è stata presentata a una riunione dell’American Chemical Society da Emmanuel Ohene Afoakwa, che ha detto di essere riuscito a ridurre la degradazione degli antiossidanti semplicemente cambiando il modo in cui i chicchi vengono immagazzinati e tostati. La tostatura è stata portata dai tradizionali 120°C per 20 minuti a 116°C per 45 minuti, ottenendo un gusto più saporito. “Abbiamo deciso di aggiungere un passaggio di immagazzinamento prima che le fave venissero tostate per vedere se questo avrebbe avuto effetto sui polifenoli. Si tratta di un procedimento che non era mai stato tentato e che rende la nostra ricerca fondamentalmente diversa”, ha spiegato lo scienziato addentrandosi nelle modalità sperimentali utilizzate dal team di ricerca. I baccelli del cacao sono stati divisi in quattro gruppi e sottoposti a differenti

tempi di stoccaggio prima della tostatura: oltre alla tostatura immediata dopo il raccolto, le fave di cacao sono state arrostite dopo tre, sette e dieci giorni di immagazzinamento. Il risultato ottimale è stato quello dello stoccaggio di sette giorni che, a tostatura avvenuta, ha ottenuto il più alto contenuto di antiossidanti. La ricerca - pubblicata sull’African Journal of Food, Agriculture, Nutrition and Development – spiega come il periodo di stoccaggio consenta alla polpa dolce che circonda le fave di cacao di rilasciare i propri liquidi prima che avvenga la tostatura. Questa perdita di liquidi favorisce i processi di tostatura e ora si tratta di capire se, cambiando la temperatura e il tempo di cottura, si possano preservare ancora più antiossidanti. La scoperta è stata presentata nei dettagli al convegno della Società Americana di Chimica a Denver, in Colorado. ''Questa tecnica di precondizionamento della polpa ha aiutato la successiva fase di fermentazione, potenziando la capacità antiossidativa dei semi e il loro gusto'', ha spiegato il coordinatore dello studio Emmanuel Ohene Afoakwa. I ricercatori sono convinti che la tecnica si possa ancora perfezionare per aumentare ulteriormente il potere antiossidante del 'cibo degli dei'. A beneficiarne sarebbero soprattutto i produttori di cacao di quelle aree geografiche (come il Sud Est asiatico) in cui i semi danno un cioccolato povero di gusto e antiossidanti. MARZO/APRILE 2015

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La coltivazione del cacao

a Expo 2015 Il padiglione del Camerun all’esposizione universale di Milano e porta avanti un discorso particolare e approfondito sul cluster del cacao e sui vantaggi di tale coltivazione. Il tema ufficiale della partecipazione del Camerun all’Expo è “La coltivazione del cacao, un argomento in favore delle opportunità”, che si inserisce nel già citato tema generale dell’esposizione, che collega alimentazione, sostenibilità e solidarietà. Il padiglione del Camerun conta una superficie di 125.000 metri quadri. Il paese appartiene al cluster del cacao, come la Costa D’Avorio, il Gabon, il Ghana, Sao Tomé Principe e Cuba. Come riporta il sito ufficiale, il visitatore addentrandosi nel cluster del cacao e del cioccolato ha l’impressione di muoversi in una giungla, impressione che deriva dal concept ispirato ai luoghi dove il cacao viene effettivamente coltivato, aree tropicali e sub tropicali. Nel padiglione del Camerun si affronta dunque il tema principale dell’Expo sottolineando l’importanza per gli agricoltori di tutto il mondo, al di là della nazione di appartenenza, di lavorare, approfondire e integrare i concetti di quantità e qualità in relazione alla produzione alimentare. Sotto il termine di quantità vanno questioni fondamentali come l’autosufficienza locale e nazionale e – ancor di più – il sostenimento dei vari abitanti del pianeta ovunque essi siano (e quindi il problema della produzione e della distribuzione degli alimenti); sotto il termine di qualità vanno ovviamente tutti i fondamentali discorsi

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sulla sostenibilità ambientale delle colture e della lavorazione delle materie prime e sulla necessità di prodotti più sani, rispettosi della salute dei consumatori direttamente e indirettamente, tramite il rispetto dell’ambiente dove i consumatori vivono. Il padiglione del Camerun all’Expo 2015 illustrerà i benefici del cacao, il suo impiego non solo nell’industria alimentare ma anche in quella farmaceutica, nel settore della cosmesi ma anche in quello della produzione di biocarburanti e di fertilizzanti. Proprio da questo approccio a mille facce deriva il titolo del concept: il cacao come opportunità e il cacao come “energia per la vita”, ovvero come energia per le persone, le comunità, gli stati meno industrializzati, per le imprese e non solo.


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Export record

per la pasta della Campania Le esportazioni di pasta campana, che nel 2014 sono salite a quota 418 milioni di euro, con un aumento del 12% rispetto all’anno precedente, segnano un altro record storico per il Made in Italy.

L'economia agroalimentare campana segna un record a suo favore, con una crescita a due cifre dell'export nel 2014. I dati Istat e la loro analisi sono stati divulgati in occasione della visita in Campania del Presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, e della Giunta nazionale in vista dell’Expo, alla scoperta delle realtà radicate sul territorio, che hanno però permesso all’Italia di ottenere i primati qualitativi ambientali e di sicurezza alimentare nell’agroalimentare. Proprio la Campania è il maggior esportatore italiano di pasta, con penne e spaghetti che trainano l’intero comparto agroalimentare regionale, anch’esso in crescita (+2%) nel 2014 fino a quota 2,7 miliardi di euro – un risultato reso possibile grazie al lavoro delle 66.644 imprese agricole presenti sul territorio. A spingere l’export di pasta è la decisa svolta nazionalista, con la nascita e la rapida proliferazione di marchi che garantiscono l’origine italiana al 100% del grano impiegato. È il caso dello storico marchio napoletano Voiello, visitato dal presidente della Coldiretti e dalla Giunta nazionale, che fa capo al Gruppo Barilla, che ora vende pasta ricavata solo da grano esclusivamente italiano, delle varietà coltivate in Abruzzo, Molise, Puglia e Campania che, per il

contenuto proteico e la forza del glutine, può essere considerato il grano duro italiano d’alta qualità nel Sud. Una tendenza – ha spiegato Moncalvo – rivolta a garantire qualità e sostenibilità della produzione, ma favorita anche dalla volontà di sostenere il lavoro e l’economia italiana in un difficile momento del Paese, che spinge i consumatori a privilegiare scelte di acquisto sostenibili, che contribuiscono al rilancio del Made in Italy. La Campania può contare su 13 prodotti a denominazione di origine protetta (Caciocavallo Silano, Cilento, Cipollotto Nocerino, Colline Salernitane, Fico bianco del Cilento, Irpinia Colline dell’Ufita, Mozzarella di Bufala Campana, Penisola Sorrentina, Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino, Provolone del Monaco, Ricotta di Bufala Campana, Terre Aurunche) e 9 prodotti a indicazione geografica protetta (Carciofo di Paestum, Castagna di Montella, Limone Costa d’Amalfi, Limone di Sorrento, Marrone di Roccadaspide, Melannurca Campana, Nocciola di Giffoni, Pasta di Gragnano, Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale). Se poi si considerano i prodotti agroalimentari tradizionali, la Campania ne vanta ben 429, MARZO/APRILE 2015

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/ PASTA collocandosi al secondo posto in Italia dopo la Toscana. Sono inserite nell’albo 14 bevande alcoliche, distillate e liquori, 47 carni fresche e loro preparazione, 45 formaggi, 3 grassi, 190 prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati, 99 paste fresche tra prodotti della panetteria e pasticceria, 14 prodotti di origine animale (miele, lattiero caseari, escluso burro), 7 preparazioni di pesci, molluschi, crostacei e 10 piatti composti o prodotti della gastronomia. Sono, invece, 15 vini a denominazione di origine controllata, 4 vini a denominazione di origine controllata e garantita e 10 vini a indicazione geografica tipica. Numeri importanti, anche sul fronte dell’agricoltura biologica, con 1592 produttori che coltivano una superficie di circa 28.700 ettari. La principale coltivazione è quella dell’olivo con 8.950 ettari, seguita dalla frutta (7.700) e dai cereali (1.700).

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Fusillone tricolore per celebrare Expo 2015

Un piatto bianco, rosso e verde per un omaggio alla più genuina tradizione italiana: è l’esclusiva ricetta Grano Armando, la pasta di alta qualità prodotta con grano di filiera interamente Made in Italy, realizzata in occasione dell’Expo 2015.

Il piatto tricolore è volutamente semplice: in esso è la qualità degli ingredienti a fare la differenza. Broccoli, burrata, pomodorini si sposano con pasta Grano Armando: solo materie prime eccellenti, per un sapore unico che si riconosce già dalla prima forchettata. Ideata dalla chef stellata Lina Fischetti, la ricetta del Fusillone Tricolore è un modo per rendere omaggio alla nostra cucina, di cui la pasta rappresenta un vero e proprio pilastro. L’ingrediente principale della ricetta è il Fusillone, uno dei numerosi formati Grano Armando, la pasta di qualità superiore prodotta con buon grano tutto italiano dal pastificio campano De Matteis. Un prodotto dal gusto unico ed inconfondibile, frutto dell’utilizzo della migliore materia prima – il Grano duro italiano – della trafilatura al bronzo, dei lunghi tempi di essiccazione e di una accurata macinatura del grano, eseguita direttamente nel Molino collegato al Pastificio. Semplice e gustosa, la ricetta del Fusillone Tricolore trova spazio anche all’interno del Temporary Store Grano Armando aperto in occasione dell’Expo 2015 in Corso Garibaldi 117: uno spazio del gusto 100% italiano nel cuore di Milano. Con un concept semplice e ospitale - in perfetto stile Grano Armando - il Temporary Store “La Pasta di

Armando” sarà aperto tutti i giorni per raccontare al grande pubblico la sua filosofia e l’unicità della sua pasta. Qui si potranno gustare gli squisiti primi piatti preparati al momento dallo chef Fabrizio Camer con la pasta Grano Armando, serviti in abbinamento ai vini irpini delle aziende Mastroberardino, Villa Rajano e Feudi di San Gregorio per esaltare ulteriormente le tipicità della cucina campana. Ma il viaggio alla scoperta del mondo Grano Armando non finisce qui: la tradizione, la storia e il Sogno di Armando saranno infatti raccontati in prima persona dai veri protagonisti, le voci del patto di filiera che unisce il Pastificio De Matteis ai 1.000 agricoltori di 9 regioni italiane ai quali è affidata la cura e la coltivazione del grano altamente proteico utilizzato per produrla. Questo innovativo modello di agricoltura eleva il ruolo dei coltivatori da fornitori di materia prima a veri protagonisti di un meccanismo virtuoso che premia l’impegno e l’eccellenza: migliore sarà la qualità del grano che producono, maggiore sarà la loro retribuzione.

Fonte: Fruitecom

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Fusillone tricolore

(Ricetta di Lina Fischetti, Chef del ristorante “Oasis Sapori Antichi” di Vallesaccarda AV)

Procedimento In un tegame basso con olio extravergine, far imbiondire l´aglio precedentemente privato dell'anima; dopo qualche minuto rimuoverlo e aggiungere i broccoli già mondati. Scottarli per qualche minuto lasciandoli croccanti e dal colore verde brillante. In una piccola teglia adagiare i pomodorini tagliati a metà, aggiungere un pizzico di sale, zucchero di canna, un pezzetto di aglio, un pizzico di origano e un filo di olio extravergine. Cuocerli ad una temperatura di 95°C per 2 ore e mezza. Con i broccoli preparare una salsa emulsionando la verdura con un po’ di olio extravergine; stesso procedimento per i pomodorini. Frullare una minima quantità di burrata, aggiungendo un po’ di crema di latte. A questo punto cuocere i Fusilloni Grano Armando in acqua salata, padellare il tutto con broccoli, qualche pomodorino e qualche ciuffetto di burrata. Disporre nel piatto in maniera ordinata, completando con ciuffetti di buratta fresca, pomodorini, broccoli, giusto qualche goccia delle salse, e terminare il tutto con un filo di olio extravergine di oliva a crudo.

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Ingredienti (per 4 persone) 400 g di Fusilloni 200 g di broccolo aprilatico di Paternopoli (Presidio Slow Food) 30 pomodorini datterini 150 g di burrata Olio extravergine di oliva, qualità Ogliarola 1 spicchio di aglio Peperoncino q.b. Sale q.b. 40 g di zucchero di canna Un pizzico di origano Mezzo bicchiere di crema di latte


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La pasta seduce

gli immigrati

In poco più di 7 anni i “nuovi italiani” (immigrati regolari provenienti da altri Paesi) convertiti al nostro piatto nazionale, la pasta, sono praticamente raddoppiati. Un risultato clamoroso sul piano dell'integrazione – almeno quella alimentare.

Nuovi italiani che mangiano pasta: un boom clamoroso, anche in termini di fatturato, quello raccontato dalle cifre, come sottolinea Aidepi. Erano infatti meno di 2 milioni e mezzo (2.370.000) nel 2007 e sono diventati, come rivela la V edizione dell’Osservatorio Immigrati realizzato da Doxa per Etnocom, circa 4 milioni e mezzo, con una crescita in termini assoluti del +90%. Certo questa evoluzione dipende anche da una crescita strutturale della base di riferimento – in questo arco di tempo gli immigrati regolari sono arrivati a circa 6 milioni – ma ci troviamo indubbiamente all’interno di un percorso di crescita del gradimento che ha visto la base consumatori passare dal 79% all’83% del totale (+5%). “Scoprire che la pasta è riuscita a conquistare così tante persone, provenienti anche da Paesi con culture alimentari diverse e distanti dalla nostra”, spiega Riccardo Felicetti, Presidente della Sezione pasta di Aidepi (Associazione industriali del dolce e della pasta italiani), “è una ulteriore conferma della effettiva e naturale natura globale di questo prodotto. La crescita dell’export – arrivato a quota 2 miliardi di euro nel 2013, registrando un +25% negli ultimi 10 anni – è la faccia più nota della medaglia. Adesso, grazie ai dati messi a disposizione da Etnocom, scopriamo che la pasta italiana sta conquistando il mondo interro anche all’interno dei suoi confini nazionali”.

La pasta si conferma dunque saldamente al primo posto tra i generi alimentari più consumati: prima del riso e, new entry, delle verdure e dei legumi surgelati. In termini di frequenza la pasta – con le sue 14,5 porzioni al mese – batte decisamente il riso (9,5) ma anche il cous cous (6,6). Viene acquistata – 8 volte su 10 - al supermercato, scegliendo, nel 70% dei casi, prodotti di marca. Il 45% degli immigrati mangia la pasta 4 o più volte a settimana. Il 51% da 1 a 3 volte e solo il 5% meno di 1 volta la settimana. Le etnie più amanti della pasta sono, oggi, quelle che provengono dall’Est Europa (passate, in termini di peso sul totale immigrati, dal 40% del 2010 al 54% di oggi), dove i consumatori della pasta arrivano all’89%. Segue l’America Latina (86% di gradimento e circa 7% del totale), l’Africa, (80% di consumatori e 22% totale immigrati) e l’Asia (20% totale immigrati), che con il 69% di gradimento nei confronti della pasta mette oggi a segno un bel salto in avanti rispetto al 58% del 2007. Oltre alla pasta secca gli immigrati dimostrano di apprezzare anche la pasta fresca ripiena (consumata dal 38% del campione, con punte del 45-49% per le provenienze dall’Est Europa e dall’America Latina, in media una volta la settimana) e, novità di questi ultimi tempi, i sughi pronti, scelti dal 31% dei nuovi italiani (40% per chi arriva dall’America Latina).

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Italiani a tavola

1860-1

Una mostra che, nell’anno dell’Expo Milano 2015 dedicata al tema dell’alimentazione, racconta un secolo di tradizioni, abitudini, gesti pubblici e privati, luoghi e occasioni degli italiani a tavola; un documento sull’enogastronomia italiana e sulla cucina d’Italia, sulla produzione alimentare e il suo commercio.

La macchina fotografica è la prima e vera macchina del tempo, capace di fissare l’attimo fuggente sia della grande storia come di quella famigliare e privata. Non c’è situazione, gesto, volto che sia sfuggito ai fotografi, professionisti o amatoriali. Tutto con la fotografia è registrato e trasmesso attraverso il tempo e quindi conservato negli archivi delle maggiori istituzioni come nei cassetti di ogni famiglia. Le fotografie sono quindi una testimonianza indiscutibile dell’identità alimentare italiana, che è identità culturale, fatta di memorie storiche, di ricordi famigliari, di riconoscimenti sociali. Nelle fotografie degli italiani a tavola ritroviamo i segni riconoscibili della sua storia alimentare, le differenze e le condivisioni di modi e comportamenti, di ricette e di gusti, di gesti conviviali, che hanno segnato il cammino dell’alimentazione italiana, sia regionale che nazionale, dalla metà del secolo XIX a tutto il XX e quindi a questa prima parte del XXI.

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La storia della cucina in Italia, della sua produzione alimentare e del suo gusto, che è piacere e storia insieme, è conservata per sempre nelle immagini fotografiche di questa raccolta, proveniente dall’Archivio Manodori Sagredo, già protagonista di numerose mostre e cataloghi, promossi sia dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo sia per la ricerca e la didattica scientifica e universitaria. Si tratta di una serie di immagini fotografiche, che vanno dal 1860 circa ai giorni nostri, nelle quali appaiono scene d’osteria dell’Ottocento come banchetti nei ristoranti dei grandi alberghi della nuova Italia, tavole imbandite per riunioni politiche o per festeggiare matrimoni e anniversari, scampagnate o colazioni all’aperto in montagna o al mare, il cibo scarso nelle città italiane segnate dalla Seconda Guerra Mondiale, i brindisi degli artisti in trattorie storiche e quelli degli innamorati, le balie e le mamme che danno


/ ENOGASTRONOMIA

-1960 da mangiare ai bimbi e le tavole modeste dei collegi, quanto quelle disciplinate delle caserme militari, i tavoli all’aperto delle gelaterie e delle pizzerie. E ancora: i forni e i fornai, i pescatori con il pesce nelle barche e le pescherie, i contadini che trasportano frutta e verdura in città, prima su carri e poi su furgoni, i negozi che espongono i prodotti a buon mercato e quelli più esclusivi, dalle antiche “pizzicherie” e “norcinerie” alle pregiate pasticcerie, ai ristoranti alla moda come alle “fraschette” dei Castelli Romani o i “bacari” a Venezia. Le regole del cucinare e le sue ricette, il disporre la tavola, sia povera che fastosa, il portare o lo stare a tavola e quindi tutta la storia della cucina dell’alimentazione in Italia è visibile e riconoscibile nelle immagini fotografiche, le sole che legano il mondo dei ricordi all’esperienza contemporanea. La storia d’Italia, come insegnò il grande Pellegrino Artusi con il suo capolavoro La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene, passa per la cucina e la tavola. Oltre cento fotografie conducono i visitatori in un viaggio lungo la penisola, con una doverosa tappa Veneta e veneziana, dagli albori della fotografia alla fine dell’Ottocento e ai tempi nostri che, sviluppata cronologicamente, racconta gli italiani a tavola documentando usi, costumi, tradizioni, momenti storici tra rivoluzione industriale, guerre, rinascita economica, ricchezza e povertà, famiglia e lavoro. MARZO/APRILE 2015

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/ ENOGASTRONOMIA PASTA La mostra è arricchita da un campionario di macchine fotografiche e attrezzature originali che darà modo al visitatore di scoprire gli originali attrezzi del mestiere con i quali i fotografi, nel corso di un secolo, hanno realizzato un corpus di immagini fotografiche prezioso e unico. Nella suggestiva Orangerie ottocentesca di Villa Pisani è allestita una sezione della mostra dedicata alla coltivazione degli agrumi, che si diffuse in Italia a partire dalla fine del XIII secolo, inizialmente come straordinario privilegio di principi e regnanti che ne apprezzavano la bellezza delle piante e l'intensa profumazione dei frutti e li usavano sia a fini curativi che alimentari. In un secondo momento divennero un vero e proprio oggetto di collezione nei maggiori giardini italiani. In Veneto gli agrumi ebbero una vasta diffusione nei giardini fin dalla conquista dell'entroterra da parte della Serenissima Repubblica e dall'avvio della cosiddetta civiltà di villa. Dalle rive del lago di Garda, luogo adatto alla loro coltivazione, vennero gradualmente introdotti nella terraferma, divenendo una presenza costante e diffusa.

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A Villa Pisani la coltivazione degli agrumi occupò una parte importante del giardino dei Pisani, che utilizzavano le piante non solo a scopo ornamentale, ma anche produttivo, e culminò all'inizio dell'Ottocento con il potenziamento della collezione e la costruzione dell'Orangerie, vero e proprio giardino nel giardino riparato da alte spalliere di carpino e mute statue di pietra. Tanto la collezione venne valorizzata che a richiederne esemplari furono le grandi corti europee dell'epoca, come testimoniano i documenti conservati nell'archivio di Villa Pisani che raccontano, ad esempio, della visita dello zar Alessandro I di Russia che nel 1822 ne prese con sé alcune varietà per i suoi giardini a San Pietroburgo e ne ordinò ulteriori con lettera. Durante il periodo di mostra, la ghiacciaia ottocentesca di Villa Pisani, immersa nel parco e custodita da figure mostruose in pietra, anticamente utilizzata per la conservazione dei cibi, è straordinariamente aperta ai visitatori. Tutti i dettagli sulla mostra, aperta dal 28 marzo, li trovate qui: www.villapisani.beniculturali.it/mostre/italiani-a-tavola


/ ENOGASTRONOMIA / PASTA

Pizza patrimonio

dell'umanità

Con il riconoscimento della pizza come patrimonio dell’Unesco si tutela un business che solo in Italia ha raggiunto i 10 miliardi di euro, nelle circa 63mila pizzerie e locali per l'asporto, taglio e trasporto a domicilio dove lavorano complessivamente oltre 150mila persone.

Un business colossale per una 'specialità' che ha milioni di interpretazioni diversissime, il cui cuore però batte in Italia. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti a commento del via libera della Commissione italiana Unesco all'iscrizione della pizza nella lista Unesco del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, a sostegno del quale sono state 300mila le firme raccolte da parte della Coldiretti insieme all'Associazione Pizzaiuoli Napoletani e alla fondazione UniVerde dell'ex ministro dell'Agricoltura Alfonso Pecoraro Scanio. Ogni giorno solo in Italia si sfornano circa 5 milioni di pizze per un totale di un miliardo e mezzo all'anno anche se – sottolinea la Coldiretti - i maggiori “mangiatori” sono diventati gli Stati Uniti che fanno registrare il record mondiale dei consumi con una media di 13 chili per persona all’anno, quasi il doppio di quella degli italiani che si collocano al secondo posto con una media di 7,6 chili a testa.

Con la decisione della Commissione italiana Unesco di candidare l' “Arte dei Pizzaiuoli Napoletani” inizia un negoziato internazionale che – continua la Coldiretti coinvolgerà 163 Stati con valutatori indipendenti che saranno chiamati ad esaminarla per decidere entro il 15 novembre 2016 se iscriverla nella lista Unesco del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. “Ora l’impegno si sposta a livello internazionale per difendere e tutelare un prodotto simbolo dell’identità nazionale conosciuto in tutto il mondo””, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che ”quando un prodotto diventa globalizzato il rischio è che se ne perda l'origine ed è proprio il caso dell’arte della pizza”. L’arte della pizza - riferisce la Coldiretti - sarebbe il settimo “tesoro” italiano ad essere iscritto nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, che comprende a livello mondiale 348 elementi iscritti. L’elenco tricolore comprende anche l’Opera dei pupi MARZO/APRILE 2015

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/ ENOGASTRONOMIA (iscritta nel 2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010) l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013) e la vite ad alberello di Pantelleria (2014). Accanto al patrimonio culturale immateriale, l’Unesco – continua la Coldiretti - ha riconosciuto nel corso degli anni anche un elenco di siti, e proprio l’Italia è lo stato che ne vanta il maggior numero a livello mondiale, ben 50. Significativamente però – evidenzia Coldiretti - gli ultimi elementi ad essere iscritti negli elenchi fanno riferimento al patrimonio agroalimentare made in Italy, a testimonianza della sempre maggiore importanza attribuita al cibo, non a caso scelto come tema simbolo dell’Expo 2015. Il 26 novembre 2014 a Parigi l'Unesco – ricorda la Coldiretti - ha dichiarato la pratica agricola della coltivazione della vite Zibibbo ad alberello, tipica di Pantelleria, patrimonio culturale immateriale dell'umanità. E’ la prima pratica agricola al mondo a conseguire il prestigioso riconoscimento. Dall'uva Zibibbo si ricava non solo il vino Zibibbo secco, ma anche il pregiato moscato di Pantelleria. L’ultimo sito italiano ad essere stato inserito (22 giugno del 2014, a Doha in Qatar) è - rileva Coldiretti -, il paesaggio vitivinicolo del Piemonte. Monferrato, Langhe e Roero che coprono il 90 per cento della produzione vinicola del Piemonte, che è complessivamente pari a circa

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tre milioni di ettolitri di vino l’anno con un fatturato sui 335 milioni di euro con il 60 per cento dell’intera produzione che è esportato in Germania, Gran Bretagna, Francia, Svizzera e Stati Uniti. Infine il 16 novembre 2010 a Nairobi, in Kenya l'Unesco ha iscritto la Dieta Mediterranea nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'Umanità. Si tratta di “un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, tra cui la coltivazione, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo”. La dieta mediterranea – sottolinea Coldiretti - è caratterizzata da un modello nutrizionale che è rimasto costante nel tempo e nello spazio, i cui ingredienti principali sono olio di oliva, cereali, frutta e verdura, fresche o secche, una parte moderata di pesce, prodotti lattiero-caseari e carne, numerosi condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusioni, sempre nel rispetto delle convinzioni di ogni comunità. La candidatura dell’arte della pizza - conclude la Coldiretti - è stata sostenuta dalle firme di esponenti politici tra i quali i ministri Maurizio Martina (Politiche Agricole), Stefania Giannini (Istruzione), Gianluca Galletti (Ambiente e tutela del territorio e del mare).


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Festa Artusiana Nove giorni di “militanza” con il bello e il buono del cibo in compagnia di Pellegrino Artusi: incontri, degustazioni, concerti, cucine del mondo, riflessioni sulla gastronomia e le Mariette d’oggi

“Amo il bello e il buono ovunque si trovino e mi ripugna di vedere straziata, come suol dirsi, la grazia di Dio. Amen”. Così Artusi conclude il prefazio del suo manuale esortando a riconoscere l'eccellenza in ogni luogo e in ogni tempo. Se anche mangiare è un atto culturale, impossibile per Forlimpopoli, città natale del grande gastronomo, non perseguire azioni di militanza a favore del “bello e buono”. Una scelta a favore della tutela dei prodotti di qualità, il rispetto della tradizione, la fedeltà agli insegnamenti lasciati da Pellegrino Artusi, padre indiscusso della cucina italiana nel mondo. Benvenuti quindi alla Festa Artusiana (20-28 giugno 2015), appuntamento che mobilita 10mila persone a serata e trasforma Forlimpopoli nel baricentro della cucina nazionale. Oltre 150 appuntamenti fra laboratori e degustazioni, una ventina gli incontri imperniati sulla cultura del cibo, un grande palcoscenico del gusto a cielo aperto, ai piedi della rocca trecentesca, dove le strade vengono rinominate e i vicoli e le piazze si caratterizzano come veri e propri percorsi gastronomici. Fulcro della manifestazione è affiancare il cibo inteso come piacere del palato alla riflessione culturale e sociale della tavola. Soprattutto in questa XIX° edizione che si contraddistingue per l’attenzione all’ambiente, la distribuzione delle ricchezze, lo spreco alimentare,

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così come testimonia il tema di Expo ‘Nutrire il Pianeta, Energia per la vita’. E proprio dalla matrice ‘uso consapevole delle risorse, sostenibilità ambientale e tipicità’ si sviluppano gli appuntamenti e gli incontri, insieme a studiosi, ricercatori, appassionati, operatori del settore. Ritorna ad aprire la Festa il convegno proposto dal Comitato scientifico di Casa Artusi: ‘Dammi la tua ricetta’, un viaggio tra passato e futuro nella cucina, per capire come si è evoluto il modo di intendere il cibo, i cambiamenti delle ricette nei secoli.

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2015 Dalle complicate ricette di Apicio a quelle dei libri di cucina medievali, così simili alle coeve raccolte di “segreti” medicinali; dalle ricette spesso ridondanti dei trattati rinascimentali e barocchi a quelle dei cuochi sette-ottocenteschi, scritte in un quasi irritante gergo “francioso”; dalle ricette di Pellegrino Artusi, finalmente puntuali e in limpido italiano, alle videoricette di YouTube e dei blog: le ricette di cucina hanno mutato, nei secoli, impostazione e linguaggio. Un viaggio lungo i secoli della storia proposto sabato 20 giugno dai massimi studiosi della cultura italiana e internazionale: Massimo Montanari Presidente del Comitato Scientifico di Casa Artusi che introduce e coordina, Alberto Capatti storico della gastronomia (L'evoluzione storica della ricetta), Giovanna Frosini dell'Accademia della Crusca (La lingua delle ricette), Paolo Fabbri semiologo ( Ricette d'Avanguardia), Piero Meldini studioso di tradizioni gastronomiche (Grillò abbragiato: parodie di ricette). Insieme a loro Grazia Menechella docente di letteratura italiana contemporanea presso l’University of WisconsinMadison che fa conoscere l'opera di Artusi negli States (Raccontar ricette negli USA: da Artusi a Scorsese). Il Premio Marietta, omaggio alla governante di Artusi, è dedicato alle Mariette d’oggi, i cuochi dilettanti animati dalla passione per i fornelli che vogliono realizzare una ricetta ispirata al celebre manuale artusiano. Per partecipare occorre inviare una ricetta originale di un primo piatto (pasta fresca o secca o riso) eseguibile in un tempo massimo di due ore. Requisito indispensabile, la presenza di riferimenti alla cucina domestica regionale, la filosofia e l’opera dell’Artusi, tanto negli ingredienti quanto nella tecnica di preparazione e di presentazione.

Una giuria di esperti selezionerà le cinque finaliste, con i cuochi che saranno invitati a cucinare i loro piatti durante la Festa Artusiana. Al vincitore viene assegnato un premio di 1.000 euro messo a disposizione da Conad, e 5 Kg di pasta per tutti i finalisti. La partecipazione (gratuita) è esclusivamente riservata a cuochi dilettanti. La scadenza è il 3 giugno 2015. La Festa Artusiana si conferma crocevia di sapori di diverse parti del mondo. In fondo è ciò che faceva il grande Artusi, con il suo lavoro di ricerca, raccogliendo ricette da tutta la penisola. Lo stesso oggi fa la sua città natale, punto di incontro tra diverse culture gastronomiche. In questa edizione saranno presenti importanti realtà del nostro paese, oltre ad amici artusiani che vengono oltre confine: i francesi di Villeneuve Loubet patria natale del grande Escoffier e dei Pays Beaujolais con la loro cucina e pasticceria della regione Rhone-Alpes, i croati della cittadina di Rovigno, la cucina catalana di Sils, il mercato contadino della città austriaca di Traun e i cuochi di Manila, dove opera Casa Artusi Filippine. MARZO/APRILE 2015

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La sfida di T Un'azienda dedicata alla nonna per un progetto vitivinicolo all'insegna del piccolo nelle quantità, ma grandi nella qualità. Un'idea ambiziosa che parte dal considerare il vino un piccolo miracolo quotidiano. La storia dell’azienda Theresa Eccher, il progetto che i proprietari hanno perseguito con determinazione e costanza lo racconterà in questa intervista Andrea Panozzo che con la moglie Daniela hanno dato vita ad un’idea ambiziosa partendo dal presupposto di considerare il vino un piccolo miracolo quotidiano, l’Uomo che si sposa con la Natura e che dà origine al Nettare di Bacco. Ma chi era Theresa Eccher? Era la nonna di Daniela Conta e a lei i coniugi hanno dedicato l’azienda, perché era una donna piccola e forte e così doveva essere la loro cantina: piccole produzioni ma “forti” nella qualità. Theresa Eccher viveva nella Val di Non, in quelle terre dove la vite cresce rigogliosa e dà ottimi prodotti. Ma nonostante queste radici, Andrea decide di iniziare il suo percorso dalla Sicilia, terra che lui conosce molto bene, una terra aspra e selvaggia ma al contempo elegante e dolce, una terra di cui si innamora durante i suoi frequenti viaggi di lavoro.

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Sig. Panozzo qual è stata la molla che ha spinto lei e sua moglie Daniela a intraprendere questa passione? La prima volta che abbiamo parlato di produrre vino stavamo andando in Francia: forse 15 anni fa. O magari qualcuno di più. Eravamo in Liguria e mia moglie, guardando fuori dal finestrino dell’auto, mi fa: “Ma sai che se ci penso mi vedo bene su un trattore in mezzo alle vigne?”. E io, che di fronte a battute di questo genere non mi tiro certo indietro: “Allora cerchiamo un vigneto: in effetti credo che il trattore ti doni”. Come vede, pur se nel gioco, ci si pensava. Il pensiero è rimasto: in alcuni periodi sullo sfondo della mia attività giornalistica, in altri più in primo piano. Se ne chiacchierava, insomma. Non solo per amore del vino in sé: per amore di quel che il vino rappresenta in termini di mondo, cultura, intelligenza. Abbiamo partecipato, una sera memorabile, a un gioco piacevolissimo. In una splendida libreria di Bassano del Grappa era stato organizzato un incontro nel quale si dovevano assaggiare alla cieca alcuni vini dicendo poi a quale libro ci facevano pensare. La stessa cosa si sarebbe potuta fare accostando vini e musica, o vini e pittura: perché davvero penso che il vino abbia in sé una vena che taglia orizzontalmente il mondo


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Theresa Eccher dell’arte. Poi è capitato che il lavoro mi portasse in Sicilia: una terra che conoscevo a malapena e che, soprattutto, non apprezzavo: uno sciocco pregiudizio. E invece, frequentando Palermo e Catania, mi sono gradualmente innamorato. Ho scoperto persone fantastiche e luoghi indimenticabili. Cibi straordinari e vini di grandissima qualità. Ho apprezzato la cultura dell’accoglienza che attraversa tutta la Sicilia,

indipendentemente dal livello sociale delle persone con le quali ci si intrattiene. E tra un’inchiesta e l’altra ho incontrato l’Etna. Me l’ha fatto amare Pietro Barcellona, che purtroppo oggi non c’è più, con il quale ne abbiamo parlato per ore sprofondati nel basso divano di casa sua a Catania. Ho assaggiato un Etna Rosso, e bevendolo ho capito che avrei voluto averlo fatto io quel vino: solido, elegante, complesso, importante. In quel momento, lo scherzo con mia moglie ha trovato un suo spazio nella realtà del quotidiano. Il resto è venuto quasi facilmente (ho detto quasi, facilmente). Ho cercato e trovato prima di tutto un agronomo che conoscesse bene il territorio e i suoi protagonisti: Salvo Giuffrida, che ancora segue la nostra attività. E grazie a lui ho incontrato Franco Di Miceli, che ci ha fornito l’appoggio della sua meravigliosa cantina. Altra figura chiave era l’enologo: Achille Bergami, conosciuto grazie a un amico fraterno titolare di un bellissimo wine resort a Casteggio, nell’Oltrepo Pavese. Insomma: nel giro di poco ci siamo trovati con mia moglie a discutere di come chiamare la nostra nuova società. E poiché nella sua famiglia c’è una tradizione vinicola, abbiamo deciso di intitolarla a sua nonna, Theresa Eccher. Come vede, non c’è stato nulla di preordinato: piuttosto una serie di fatti che si sono concatenati nel modo giusto. Certo, alla base c’era e c’è una passione straordinaria per il vino, per le vigne, per la terra: qualcosa che non si può ignorare a lungo, qualcosa che prima o poi doveva trovare una sua concretizzazione. MARZO/APRILE 2015

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Partiti quindi dalla Sicilia con la produzione dell’Etna Rosso D.O.C. “Altero”, arrivati in Trentino, a rendere onore ai luoghi della nonna con un Marzemino d’Isera Superiore D.O.C. “Diséra” e approdati poi nelle dolci colline di Conegliano dove, in una nuova sfida, hanno iniziato la produzione di Prosecco Brut D.O.C. Da che cosa deriva la scelta di produrre vino in tre zone vitivinicole così diverse e lontane fra loro? Il progetto che abbiamo messo a punto parte dall’idea di produrre vini particolari. Ci siamo mossi sulla base di gusti personali e di ipotesi di interesse. Visto che abitiamo a Verona, avremmo potuto indirizzarci ai tradizionali Valpolicella, Amarone, Ripasso. Ma abbiamo pensato che proprio a Verona ci sono aziende importanti che lavorano benissimo producendo vini di grande qualità: perché cercare di inserirsi in un segmento già così ben coperto? Negli

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anni ci siamo spostati così tante volte da una città all’altra che non possiamo più dire di essere legati a un territorio specifico. Si immagini che la casa nella quale abitiamo in questo momento rappresenta il nostro sedicesimo trasloco. Siamo abituati a muoverci. Per cui non era concettualmente un problema quello di affrontare viaggi periodici anche frequenti per andare a vedere come stanno i nostri vitigni. Al contrario: è un’occasione di avventura continua. Mentalmente liberi, quindi, abbiamo deciso di produrre vini che ci interessavano, vini di nicchia come Etna Rosso e Marzemino. Il Prosecco è una storia a parte, nel senso che al momento abbiamo in catalogo un ottimo (non lo dico io) Brut; ma io vorrei realizzare un piccolo sogno e sfornare un Prosecco fermo: un omaggio alle origini di un vino che oggi nel Mondo vende oltre 320 milioni di bottiglie.


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Tre vini con caratteristiche assai diverse, ma qual è la peculiarità che li accomuna? I rossi sono accomunati dal fatto di essere vini di nicchia, con una diffusione per il momento molto limitata. Nonostante che si tratti di vini nobili, di grandissima tradizione, pochi conoscono l’Etna Rosso e il Marzemino. Il Prosecco fermo, che era la mia originale intenzione produttiva nel trevigiano, sarebbe stato anch’esso un vino di nicchia. Ma, come le dicevo, non è detta l’ultima parola.

Rosanna Dal Santo

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A quale dei tre vini di vostra produzione siete più legati? Amiamo i nostri vini tutti nello stesso modo, anche se sono così diversi- l’uno dall’altro: o forse proprio perché sono così diversi. Ci piacciono le complessità di Altero, il nostro Etna Rosso, l’eleganza tipica del vino di gran classe, la sua pienezza; siamo orgogliosi della freschezza di Diséra, il Marzemino, della sua bevibilità, della capacità che ha di accompagnare piatti così diversi, della sua lunghezza. E non possiamo scordare quanto sia piacevole un bicchiere di Alfredo, il nostro Prosecco: pulito e sincero com’è, con i suoi sentori di frutta fresca e mela golden che ti prendono il naso fin dal primo momento. Insomma: siamo contenti di quel che abbiamo. Il vostro è un progetto davvero ambizioso, soprattutto nel mondo vitivinicolo italiano che non sempre sa riconoscere gli sforzi e l'impegno dei produttori; quali difficoltà avete incontrato nell'affrontarlo? Molte difficoltà ma, anche, molto aiuto da parte di persone dell’ambiente, che hanno avuto non solo parole di incoraggiamento ma anche una presenza importante in termini di consigli, indirizzi, operatività. Penso per esempio a Ruggero Dell’Adami de Tarczal, presso la cui splendida cantina vinifichiamo MARZO/APRILE 2015

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e imbottigliamo il nostro Marzemino. La cosa più difficile che abbiamo dovuto affrontare è stata il commerciale. Abbiamo dialogato con molte persone e poi, un anno fa, abbiamo stabilito un rapporto che sta partendo adesso nella sua concretezza, dopo mesi e mesi di contatti, visite, ragionamenti. Mi sembra di poter dire che oggi la questione è superata, e che possiamo contare su un team particolarmente valido. Intendiamoci: non abbiamo un prodotto da grande distribuzione, ci rivolgiamo a target molto mirati e ristretti. E proprio per questo rivolgerci a un distributore sarebbe stato forse sbagliato. Preferisco avere rapporti quotidiani con un capo area, che mi racconta quel che sta accadendo: ho la sensazione di controllare meglio la mia azienda. Quali sono i numeri della produzione? Come dicevo il nostro target è molto ristretto. Per la vendemmia 2012, che è quella che stiamo cominciando a distribuire proprio ora, abbiamo realizzato 2500 bottiglie di Etna Rosso e 5500 di Marzemino. Possiamo contare anche su 5000 bottiglie di Prosecco. Stiamo procedendo con i piedi di piombo, perché non vogliamo fare il passo più lungo della gamba. Diciamo però che la nostra potenzialità produttiva è molto più consistente: speriamo di poter dare il giusto corso alle cose nell’arco di pochi anni.

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In questi tre anni i vostri vini hanno già trovato i canali per essere inseriti nelle carte vini di ristoranti ed enoteche? Si, stiamo cominciando a essere presenti in alcune macro aree: Trentino Alto Adige, Veneto, Lombardia, Roma e il meridione, la Sicilia. Abbiamo tutti punti vendita di grande prestigio: ristoranti e alberghi stellati, enoteche di riferimento. In futuro avete intenzione di andare a "invadere" altri territori? In termini produttivi direi di no, anche se ci sono un paio di vini che mi piacerebbe poter produrre. Ma non si può far tutto, ovviamente. In ogni caso stiamo mettendo a punto un Etna Bianco che, spero, ci darà grandi soddisfazioni. Poi si vedrà, ma credo che per almeno cinque anni siamo a posto. Diverso il discorso sul piano distributivo. Siamo appena tornati dalla California del Nord, dove abbiamo presentato con buon successo la nostra produzione. Penso che nel breve volgere di due-tre mesi, superate le consuete problematiche burocratiche, saremo nella lista di alcuni ristoranti di bellissimo nome a San Francisco, San Anselmo e soprattutto Tiburon. Abbiamo un agente a Toronto, in Canada, e stiamo dialogando con un importatore londinese. Insomma: stiamo cercando di muoverci con attenzione ma non con troppa calma.


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Allarme

per la salute? Spending review degli italiani nel carrello della spesa a partire dal 2008 con l’inizio della crisi.

La crisi ha tagliato i consumi alimentari ma ha anche profondamente modificato le abitudini degli italiani che sono stati costretti a dire addio ai prodotti base della dieta mediterranea dall’olio al vino, dall’ortofrutta alla pasta fino al pane, sceso al minimo storico all’unità d’Italia, con pericolosi effetti per la salute. Il crollo più pesante si è avuto per l’olio di oliva, riconosciuto unanimemente come elisir di lunga vita, con acquisti in calo del 25 per cento e consumi a persona scesi nel 2014 a 9,2 chili all’ anno, dietro la Spagna 10,4 chili e la Grecia che con 16,3 chili domina la classifica. Anche per il vino si è avuto un forte contenimento con una riduzione nello stesso periodo del 19 per cento nei consumi che adesso si aggirano complessivamente attorno ai 20 milioni di ettolitri. Molto preoccupante è la situazione per la frutta e verdura fresca poiché, per effetto di un calo del 7 per cento i consumi per persona, nel 2014 – rileva la Coldiretti - si sono fermati a poco più di 130 chili all’anno che equivalgono a non più di 360 grammi al giorno rispetto ai 400 grammi consigliati MARZO/APRILE 2015

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/ ENOGASTRONOMIA dall’organizzazione mondiale ella Sanità. Ma soprattutto si è ancora molto distanti da un’altra delle importanti raccomandazioni sugli stili alimentari, che riguarda il numero di porzioni di frutta e verdura assunte ogni giorno: in Italia solo il 18 per cento della popolazione di età superiore a 3 anni consuma quotidianamente almeno 4 porzioni di frutta e verdura. In calo il consumo di pasta anche se gli italiani restano i maggiori consumatori per un quantitativo di circa 26 kg all’anno a persona, che è tre volte superiore a quella di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quella di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiore a quella di un giapponese. Per quest'anno è attesa una ripresa dopo che gli acquisti alimentari - sottolinea la Coldiretti - hanno toccato il fondo nel 2014 quando sono tornati indietro di oltre 33 anni sui livelli minimi del 1981. A preoccupare è anche il cambiamento nelle scelte dei prodotti da mettere nel carrello se si considera che nel 2014 è solo la spesa low cost nei discount a crescere con un aumento del 2,4 per cento rispetto all’anno precedente. Pane, pasta, pesce, frutta,

verdura, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari si sono dimostrati infatti - precisa la Coldiretti - un elisir di lunga vita per gli italiani: che fino ad ora si sono classificati tra i più longevi del mondo con una vita media che ha raggiunto i 79,8 anni per gli uomini a 84,8 per le donne. Ma la situazione potrebbe cambiare in futuro anche per colpa del cambiamento degli stili alimentari soprattutto nelle giovani generazioni con quasi 1/3 (30,8 per cento) dei bambini che sono obesi o in sovrappeso. In particolare i bambini in sovrappeso sono il 20,9 per cento mentre quelli obesi sono il 9,8 per cento sulla base del campione - sottolinea la Coldiretti - di età compresa 8-9 anni nelle scuole primarie dell’indagine “Okkio alla Salute” promossa dal ministero della Salute. A pesare sono le cattive abitudini con l'8 per cento dei bambini che salta la prima colazione e il 31 per cento che la fa non adeguata, ma anche con il 41 per cento che assume abitualmente bevande zuccherate e gassate mentre – continua la Coldiretti - solo il 25 per ceno dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e verdura.

Fonte: Coldiretti

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Iba 2015 presentato a Milano La manifestazione tedesca, che si svolgerà il prossimo autunno, si avvia alla soglia dei 1300 espositori e presenta ai visitatori un ricchissimo programma di eventi speciali

Peter Becker, presidente dell’Unione Internazionale dei Panificatori (UIB) e Dieter Dohr, direttore generale di GHM, organizzatori di Iba, hanno incontrato la stampa iitaliana in occasione della tappa milanese del loro tour nelle principali città europee e nel resto del mondo.La manifestazione tedesca rappresenta ogni tre anni una sorta di summit mondiale del settore. “Una cadenza scelta appositamente – ha spiegato Dieter Dohr – perché rappresenta il periodo ideale durante il quale le aziende progettano e realizzano le innovazioni tecnologiche che nei 3 anni successivi guideranno il mercato. Sono già 1250 gli espositori che hanno confermato la loro presenza ma per settembre prevediamo che aumenteranno almeno del 5%. L’Italia è al posto d’onore dopo la Germania con 168 aziende e uno spazio occupato di 13.000 mq, il 20% della superficie espositiva totale”. Molte le novità di iIa 2015 annunciate da Peter Becker: innanzi tutto la seconda edizione di Iba-Summit, il congresso internazionale dell’industria dei prodotti da forno che proporrà esempi di case history significativi come quelle del francese Eric Kayser, un’autorità tra gli imprenditori e quella di Josef Hinkel, discendente di una vera dinastia di panificatori tedeschi. Una speciale mostra dedicata al caffè, Coffee World, e un intenso programma fieristico che comprenderà 3 concorsi: Iba Cup, la competizione internazionale tra panificatori,

il campionato nazionale tedesco di panificazione e il concorso internazionale di pasticceria che prepara un ulteriore sviluppo per il 2018 con una sezione dedicata ai nuovi talenti. Vasta parte dell’area fieristica sarà riservata al packaging, inteso sia come macchine, materiali e innovazioni e, tra i contenuti, ampio risalto al tema della sicurezza alimentare, delle intolleranze e alle nuove tendenze di pasticceria. Per facilitare i contatti tra gli operatori saranno organizzate visite guidate alle principali aziende tedesche. “Resta immutato – ha detto Peter Becker – il taglio che Iba ha assunto negli anni e che è il suo punto di forza: l’insieme dell’industria e dell’artigianato, entrambi i settori rappresentati in una panoramica completa del mercato. In Germania sono 13.000 i panificatori artigiani con quasi 290.000 addetti per un fatturato di oltre 13 miliardi. L’industria della panificazione rappresenta però una quota rilevante dovuta al profilo demografico delle città tedesche dove la maggior parte delle famiglie è costituita da single e i consumi fuori casa sono in continuo aumento. Per questo il 60% del pane proviene dalla grande distribuzione dove i forni per la finitura di pane surgelato sono ampiamente diffusi. Così come nella ristorazione che, per la quasi totalità, impiega prodotti da forno surgelati”. A Monaco sono attese 70.000 persone provenienti da 160 Paesi.

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