Knowledge Sharing + Networking = Innovazione di prodotto

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Knowledge sharing + Networking = Innovazione di prodotto (x 2… x 3… ∞). Formula apparentemente complessa, ma di facile lettura e applicabile praticamente in ogni industry: condividere conoscenze e fare rete consente di aumentare, anche in modo molto significativo, l’innovazione di prodotto. L’innovazione di prodotto è indispensabile per la buona salute delle imprese nel medio e lungo termine, soprattutto per le imprese impegnate sui mercati internazionali. E non mi riferisco alle “solite note” tipo Xerox, 3M, Levi Strauss, HP, Häagen Dazs… ma alla maggior parte delle organizzazioni attive nel mondo al contempo global & local di oggi. Ma l’innovazione è difficile: circa l’80% dei nuovi prodotti fallisce dopo la sua introduzione sul mercato e un altro 10% scompare entro 5 anni. Molte aziende oggi, per fare affari, stanno imparando a sviluppare nuovi prodotti e servizi in maniera incredibilmente veloce. Come? Facendo in modo che le persone lavorino insieme e simultaneamente a un determinato progetto anziché in sequenza. Nella knowledge society i picchi di efficienza ed efficacia sono registrati dalle organizzazioni che operano sulla base di modelli a rete, capaci di anticipare la mutevolezza e i nuovi bisogni dell’ambiente esterno con elevata creatività e flessibilità. In un’economia prevalentemente immateriale, centrata sulla conoscenza e sull’informazione, tra i modelli più performanti di organizzazione troviamo configurazioni che rinviano a collages, a patchworks od a networks, che riducono la gerarchia come forma di coordinamento e controllo e dove, invece, l’integrazione decentrata e la rete divengono i principali drivers organizzativi. La probabilità di successo nello sviluppo di nuovi prodotti è direttamente correlata alla capacità di svolgere con efficacia le attività di raccolta, immagazzinamento, distribuzione e utilizzo (soprattutto attraverso il loro scambio: knowledge sharing) delle informazioni. Ben sapendo che le tecnologie di knowledge management da sole non bastano e che l’elemento chiave più rilevante per un pieno utilizzo delle conoscenze e delle capacità è costituito dal consolidamento di una cultura

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organizzativa volta a incoraggiare e supportare la condivisione delle conoscenze e delle competenze. Insomma, learning to share! Ad esempio, alcune aziende negli ultimi anni hanno introdotto campagne interne di comunicazione e sensibilizzazione piuttosto significative con slogans tipo “la conoscenza si traduce in potere solo quando è condivisa” (Nokia). Mentre la Texas Instruments ha dato vita al premio aziendale “Non‐l’ho‐inventato‐io‐ma‐l’ho‐fatto‐lo‐stesso” per incoraggiare le persone a mettere in comune la conoscenza. L’organizzazione basata sulla conoscenza è uno spazio (eventualmente fisico, sicuramente culturale) dove le persone ‐ attraverso il networking e il knowledge sharing ‐ attivano circoli virtuosi esperienza‐condivisione della conoscenza‐ esperienza, in cui le conoscenze condivise a livello organizzativo diventano base di nuove applicazioni e di nuovi prodotti. L’organizzazione lavorativa knowledge driven si configura quindi come una dimensione cognitiva e sociale caratterizzata da processi in costante evoluzione, dove “conoscere” non vuol dire tanto “riconoscere”, cioè apprendere qualcosa di dato e di “esterno a noi”, quanto piuttosto percorrere le molteplici ways of worldmaking che possono consentire di creare e costruire non solo nuovi prodotti, ma nuovi modi di pensare e di agire. Fernando Salvetti antropologo, consulente e managing partner LKN‐Logos Knowledge Network

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