Anteprima! Un capitolo di "Sotto le ali del vento"

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Due giovani gabbiani alla ricerca di risposte. Un’antica leggenda, uno zio pirata, una cornacchia dalle nobili origini, un mitico nonno scomparso nel mistero, e l’avventura prende il volo! Un viaggio travolgente accompagnato da curiosi personaggi e da imprevedibili colpi di scena, sullo sfondo la bellezza di Cagliari e il vento che indica la via.

Euro 10,00


Un anno, mentre dormivo, qualcuno che non aspettavo si fermò alla mia finestra. – Alzati! E i miei occhi videro piume e spade. E al di là, monti e mari, nubi, becchi e ali, i tramonti, le aurore. – Guardala lì! Il suo sogno, sospeso nel vuoto. – Oh desiderio, immobile marmo, immobile luce, immobili acque movimentate della mia anima! Qualcuno disse: Alzati! E mi ritrovai nella tua casa. (Rafael Alberti, Sobra los ángeles)

E l’antico serpente si fermò sulla spiaggia del mare. (Apocalisse 12,18)


La nascita e la pubblicazione di questo libro sono state rese possibili grazie al contributo del Consorzio Camù - Centri d’Arte e Musei, Cagliari. Il libro è stato realizzato con il supporto del Comune di Cagliari nell’ambito delle attività per Cagliari Capitale Italiana della Cultura 2015. Il Consorzio Camù e Lapis Edizioni ringraziano per la collaborazione: Associazione Culturale Imago Mundi Onlus per Monumenti Aperti, Centro Commerciale Naturale - Consorzio Cagliari Centro Storico, Libreria Tuttestorie, Sardex.net - Circuito di Credito Commerciale, Sardinia Domus. Luigi Dal Cin ringrazia per il prezioso aiuto: Simona Campus, Marco Cadinu, Maria Crespellani, Antonella Murgia, Enrico Pau, Francesco Pruneddu, Ignazio Sanna, Tiziana Sassu, Marcella Serreli, Enrico Trudu. Questo libro, inoltre, non avrebbe visto la luce senza l’amichevole sostegno di Alessandra, Fabrizio, Francesca, Giuseppe, del Vento e delle Zeppole. Pia Valentinis e Ignazio Fulghesu ringraziano Ursula, perché ha sopportato e supportato.

© 2015 Edizioni Lapis Tutti i diritti riservati Edizioni Lapis Via Francesco Ferrara, 50 00191 Roma tel: +39.06.3295935 www.edizionilapis.it e-mail: lapis@edizionilapis.it ISBN: 978-88-7874-379-3 Finito di stampare nel mese di gennaio 2015 presso Grafiche Flaminia Trevi (PG)

SOTTO LE ALI DEL VENTO Luigi Dal Cin

illustrazioni di Pia Valentinis e Ignazio Fulghesu


CAPITOLO

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Domande da pullo e clandestini a bordo

«Ieri mi chiedeva addirittura dove nasce questo vento...» disse mamma «a volte non so cosa rispondergli. Tu lo sai dove nasce?». «Ehmm, credo sia una questione di alta e bassa pressione che fa muovere l’aria...» rispose papà «ma Elia è ancora giovane: succede a tutti a quell’età. Dagli tempo, e vedrai che piano piano smetterà di chiedere “perché” con troppa insistenza. D’altra parte, io spero davvero che nostro figlio rimanga sempre curioso di conoscere tutto. Da grandi succede troppo spesso di farsi sempre meno domande...». Guardarono insieme verso il mare. Seguirono con lo sguardo Largo Carlo Felice esploso dell’azzurro delle jacarande appena fiorite. Un’enorme nave da crociera ormeggiata al porto copriva l’orizzonte. «Già» disse mamma «da grandi spesso si diventa meno curiosi... è che a volte non so proprio come rispondere a certe sue domande!». «Quali domande?» chiese il giovane Elia atterrato all’improvviso accanto a loro sul braccio destro della statua di Carlo Felice «E perché tutti mi dicono che sono un pollo, mamma, perché?». 11


«Chi te lo dice, tesoro?». «Tutti». «Tutti chi?». «Tutti gli altri uccelli!». «Oh, non ti preoccupare» sorrise allora papà lisciandosi le penne «facevano così anche con me: è per via del nome che ci danno da giovani». «Quale nome?». «Tutti noi gabbiani, quando siamo giovani, siamo chiamati “pulli”» continuò papà «ma non è una parola dispregiativa. Solo che “pullo”, purtroppo, assomiglia molto a “pollo”! Ma c’è una bella differenza, caro mio!». «In effetti mi dicono tutti che sono un “pullo”, non un “pollo”!». «Visto?» sorrise papà «Ha tutto un altro significato! Anche mamma e io siamo stati pulli!». Il giovane gabbiano soddisfatto rimase un po’ in silenzio, poi guardò verso il basso e divenne pensieroso: «Perché il braccio destro di Carlo Felice indica di là, papà, perché?» chiese. I tre gabbiani guardarono tutti nella direzione indicata dal braccio della statua di bronzo. Tutti e tre, facendosi ombra con un’ala, stringevano gli occhi cercando di avvistare qualcosa di particolare. «Non saprei, tesoro...» disse infine mamma. Poi sussurrando all’orecchio di papà: «Vedi: ci sono delle volte che non so come rispondere!». «Per mille baccalà: con tutti questi fiori colorati a terra oggi Largo Carlo Felice è degno della festa di Sant’Efisio!». «Zio Capitano! Sei tornato!» esclamò Elia e lo abbracciò soffice. «Per mille stoccafissi, volevo posarmi sull’obelisco di piazza Yenne, qui a fianco ma, cavoletti, è un obelisco che termina con una stramaledetta punta! Allora mi sono detto: “Per mille sardine in 12

scatola, Capitano: meglio atterrare su Carlo Felice! Lui è sempre Felice di rivedermi... eh, eh, eh…” e poi mi sono accorto che anche voi eravate appollaiati felici sul braccio di Felice! Ma ciao, mio giovane pullo!» disse zio Capitano abbracciandolo a sua volta. Zio Capitano era appena tornato da uno dei suoi lunghi e audaci viaggi per mare. Ne aveva vissute di avventure straordinarie, lui, e conosceva i sette mari esattamente come le sue piume. Aveva viaggiato sui più grandi velieri del mondo, aveva visitato terre inesplorate, visto fiori dai colori straordinari, udito versi di animali sconosciuti, annusato profumi dolcissimi, assaggiato pesci dai sapori imprevisti. «Cieli profondi, oceani immensi, isole che sembravano dipinte dal sole, spiagge da paradiso terrestre» ricordava «ma poi ecco burrasche terrificanti con la forza delle acque sopra e sotto, e la nave su e giù, e le vele che stormivano come bandiere impazzite, e le corde che violente sferzavano i pennoni, e noi gabbiani tutti aggrappati con gli artigli inchiodati al legno per non essere portati via nel grido della buia tempesta. E subito dopo bonacce interminabili con il vento senza fiato che ti suonava nelle orecchie come lontane launeddas, giorni e giorni di immutabile sole a picco a cuocerti il cervello. Ma io, cavoletti, sempre dritto sulla cima dell’albero maestro, sempre sull’attenti per intercettare i resti di pesce dei pranzi dell’equipaggio: è questa la dura vita del gabbiano clandestino, cavoletti!». Si lisciò le penne bianche con il becco: in fondo era felice di essere ritornato a casa dopo l’ennesimo lungo viaggio per mare, felice di rivedere la sua famiglia e il suo amato nipote. «Perché il braccio destro di Carlo Felice indica di là, zio, perché?». «Oh, cavoletti, è una vecchia stramaledetta storia» disse zio 13


Capitano «che una volta mi hanno raccontato in una buia e fumosa taverna giù al porto, mio giovane pullo! La statua di Carlo Felice, re piemontese...». «Perché un re piemontese governava Cagliari, zio, perché?». «Be’, perché i Piemontesi avevano strappato la Sardegna agli Austriaci che...». «Gli Austriaci? Perché gli Austriaci erano qui e non in Austria, zio, perché?». «Be’, perché dopo la conquista spagnola della Sardegna...». «Perché gli Spagnoli erano in Sardegna e non in Spagna, zio, perché?». «Perché gli Aragonesi avevano strappato Cagliari ai Pisani che...». «Perché i Pisani erano a Cagliari e non a Pisa, zio, perché?». «Perché cacciarono i Bizantini che a Cagliari...». «Perché i Bizantini erano a Cagliari e non erano a Bisanzio che era la loro capitale, eh, zio, perché?». «Perché avevano cacciato i Vandali d’Africa che...». «I Vandali d’Africa? Perché allora i Vandali erano qui e non in Africa, zio, perché?». «Perché prima di loro avevano sconfitto i Romani che...». «E i Romani? Perché i Romani erano qui e non a Roma, eh, zio, perché?». «Perché avevano strappato Cagliari ai Cartaginesi che...». «Perché a Cagliari c’erano i Cartaginesi e non erano a Cartagine che era la loro città, zio, perché?». «Perché avevano preso il posto dei Fenici che...». «I Fenici? Perché i Fenici erano qui e non nel loro paese, eh, zio, perché?». «Per mille barracuda ubriachi: fermati! Basta così, basta! Ora... se porti un po’ di pazienza, ti racconto tutto dall’inizio, per mille scorfani affumicati!» disse zio Capitano.

E scrutando il viso di papà continuò: «Credo sia arrivato il momento che Elia conosca le origini di Cagliari. È il momento di riferirgli i racconti di nonno Gavino Gabbiano, perché la nostra memoria gabbiana si tramandi». Papà annuì: «È arrivato il momento, figlio mio, che tu conosca una delle caratteristiche che fanno di Cagliari una città unica al mondo... su questo suolo, ci diceva sempre nonno Gavino Gabbiano, hanno trovato casa quasi tutti i grandi popoli del Mediterraneo, e ciascuno di loro ha portato qui la propria cultura. È per questo che Cagliari, ancor più rispetto alle altre città italiane, è ricca di una storia straordinaria e brilla di una bellezza multiforme: ogni popolo differente che arrivava aggiungeva infatti la propria cultura e la propria arte a quelle che già c’erano, epoca su epoca, strato su strato». Il giovane pullo stette in silenzio, osservando prima lo sguardo incoraggiante, come sempre, di papà, poi lo zio che si metteva la pipa in becco. «Poi non la accende mai» sussurrò papà a mamma «se la mette in becco solo per darsi un tono da lupo di mare!».

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«Capperi! Perché ti sei messo in becco la pipa, zio Capitano, se poi sappiamo tutti che non la accenderai, eh, perché?» chiese Efisia, la cugina di Elia, atterrata in quel momento anche lei sul braccio destro di Carlo Felice.


CAPITOLO

4

Le origini della città

Zio Capitano si tolse la pipa di becco, si schiarì la voce e socchiuse le fessure degli occhi come a fissare qualcosa di lontano: «Nonno Gavino Gabbiano ci raccontava che i luoghi su cui sorge la città di Cagliari sono stati abitati da tempi lontani, lontani lontani, lontanissimi... da tempi preistorici». «Da tempi preistorici» ripeté Efisia scrollando le ali. «Poi a partire dall’ottavo secolo avanti Cristo, il Golfo degli Angeli...». «Dove c’è la Sella del Diavolo!» lo interruppe Elia. «Proprio lì!» rispose zio Capitano, che si schiarì ancora la voce «Dicevo: a partire dall’ottavo secolo avanti Cristo...». «Otto secoli sono ottocento anni» aggiunse Efisia scrollando ancora le ali «infatti, un secolo è fatto da cento anni che, moltiplicati per gli otto secoli, fanno ottocento anni!». Zio Capitano le accarezzò la testa con l’ala, poi si schiarì di nuovo la voce: «Dicevo che a partire dall’ottavo secolo avanti Cristo, il Golfo degli Angeli venne scelto come luogo di approdo da parte dei Fenici, un popolo di navigatori-commercianti che proveniva dalle coste orientali del Mediterraneo, dove adesso c’è il Libano, circa». 17


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