Funboard 138

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“Light feel, great control, quick manouvers”

LTD X-Tech

The firemove complete the whole new “FIRE” family of our range. The closest freemove boards to a pure freestyle wave , the Firemove, incorporate a lively feeling with a great speed and control potential. The perfect match for those looking for fun both in light winds and choppy waters without sacrificing planing and manouverability.

X-Tech

LTD

X-Tech Ph: A. DeMaria


Ph: John Carter

Rider: John Skye

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PROGRAM: FREEMOVE

Model Firemove 100 X-Tech/LTD

Model Firemove 110 X-Tech/LTD

Model Firemove 120 X-Tech/LTD

Volume

100Lts

Volume

110Lts

Volume

120Lts

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Size

236x75cm cm

Size

236x80cm

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110 X-T X-Tech Teechh

110 LTD


Una barca ormeggiata vicino al point, un fresco aliseo sui 20 nodi, lunghe barre disegnate che arrivano da lontano, acqua turchese e calda, l’occhio attento dell’obiettivo di Maxime Houyvet e un solo rider a godere di tutto questo. Non siamo dall’altra parte del mondo in un’isola sperduta, siamo a Capo Verde, nella poco frequentata Boa Vista.

ANNO XVII - NUMERO 138 MAGGIO 2011 DIRETTORE RESPONSABILE • cristiano@jmag.it

Cristiano Zanni

REDATTORE CAPO Fabio Calò • fabio@hipow.com ART DIRECTOR Gianpaolo Ragno

RIDER

ragno@hipow.com

GRAFICA E DTP Carlo Alfieri • carloa@hipow.com IN REDAZIONE Marco Melloni

Camille Juban Capo Verde, Boa Vista Maxime Houyvet

LOCATION FOTO

marcom@hipow.com

FOTOGRAFO SENIOR Raffaello Bastiani

raffaellob@hipow.com

INOLTRE HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

testi: Marco Begalli, Fabio Calò, Vincent Chrétien, Valentina Crugnola, Sylvain Demercastel, Camille Juban, Mattia Pedrani, Simone Pierini, Jason Polakow, Matt Pritchard, Stefano Saragoni, Kauli Seadi, John Skye, Nicola Spadea, Keith Teboul. immagini: Eric Aeder, Cataldo Albano, John Carter, Vincent Chrétien, FotoFiore, Maxime Houyvet, Florian Jung, Mauiwatershoot, Claudio Marosa, Valerio Pedrani, Emiliano Ridolfini, Jamie Scott, Jean Souville, Darrell Wong, Felice Zompanti.

EDITORE E PUBBLICITÀ Johnsons Media srl via Valparaiso 4 - 20144 Milano - tel +39.02.43990087 fax +39.02.48022901 - info@hipow.com - www.johnsonsmedia.it AMMINISTRATORE DELEGATO Cristiano Zanni • cristianoz@hipow.com SERVIZI GENERALI Luisa Pagano • luisap@hipow.com DISTRIBUTORE ESCLUSIVO PER L’ITALIA A&G Marco - Via De Amicis 53 - 20123 Milano. DISTRIBUTORE ESCLUSIVO PER L’ESTERO Johnsons International News Italia - via Valparaiso 4 - Milano SERVIZIO ABBONAMENTI E ARRETRATI ITALIA & ESTERO Johnsons Media - Via Valparaiso, 4 - 20144 Milano tel +39.02.43990087 - fax +39.02.48022901 - adv@jmag.it www.johnsonsmedia.com Servizio attivo dal Lunedì al Venerdì dalle 14:00 alle 18:00. MODALITA' DI PAGAMENTO Bonifico Bancario intestato a Johnsons Media - Via Valparaiso, 4 - 20144 Milano Banca Intesa - Coordinate Bancarie: IT 67 o 03069 09529 0724 0265 0199

Bla bla bla, quante parole, la maggior parte delle quali inutili. A cosa mi sto riferendo vi chiederete? Ebbene, negli ultimi tempi sembra che sia di moda insultarsi gratuitamente sui blog. Quante risate mi sono fatto dietro ai vari commenti di persone anonime (e che cercano di nascondere la loro identità) che ho avuto modo di leggere recentemente, e quanta amarezza nel constatare tutta questa invidia. Certamente ci sono anche blog utili, per fortuna, dove ci si scambia interessanti informazioni sui materiali, sulle novità, sugli allenamenti o le gare, per lo più nel settore Slalom, anche se non mancano a volte delle “sbandate” con qualcuno che esce fuori dal coro e “alza la voce”. Ricordo le mie chiacchierate e discussioni infinite in quel di Arma di Taggia mentre si aspettava il vento, ormai sono passati 10 anni e Internet non ci aveva ancora invaso, ma ci si parlava e confrontava a voce, magari si litigava ma poi si faceva pace. Ora invece è tutto on line, si possono sapere molte cose e volendo scoprirne tante altre… i buffoni possono nascondersi dietro pseudonimi e avere diritto ad esprimersi. Per citare un solo esempio fra tanti, sul popolare sito continentseven.com è stata di recente pubblicata un’intervista a Jonas Ceballos riguardo la sua scelta di abbandono della carriera agonistica perché ormai incompatibile e insostenibile, anche dal punto di vista economico, stessa scelta fatta poche settimane dopo da Anxton Otaegui. Sono partiti una serie di insulti gratuiti da parte di persone che nemmeno hanno mai scambiato mezza parola con il personaggio di turno, eppure si inferociscono, attaccano, esprimendo le loro idee. Succederebbe la stessa cosa se Jonas fosse in spiaggia davanti a tutti loro? Penso che nessuno oserebbe dirgli una parola, eppure sul web lo fanno e sembrano conoscere vita, morte e miracoli di chiunque. La potenza, la bellezza e la brutalità di Internet sta anche in queste cose. Mi chiedo io, ma come si fa a parlare in quel modo (mi riferisco ovviamente alle critiche negative) di un personaggio come Jonas, senza nemmeno conoscerlo. Lo stesso succede anche riguardo alle questioni o ai personaggi italiani. Se mi fermo a riflettere, mi basta aprire un qualunque altro blog, di un tostapane per esempio, e anche qui insulti su insulti di Tizio che non è d’accordo con Caio perché Sempronio ha detto quello etc… Nella mia mente forse ingenua immagino queste persone sedute nella loro stanza che per ammazzare il tempo si divertono in questo modo. Ma ragazzi, noi abbiamo il mare, il windsurf, l’acqua, le onde, lo Slalom, il Freestyle, il Wave… che ci fate a casa a insultarvi sui blog? Leggetevi una rivista, guardatevi un bel DVD e domani mattina andate in mare! Per concludere… Qualche tempo fa, mentre mi trovavo ancora in Sud Africa, un pomeriggio, proprio mentre da esterno ero assorto nel leggere un ridicolo botta e risposta su uno dei tanti blog, un pensiero e una sensazione di benessere mi ha distratto dalla inutilità a cui stavo assistendo: “Voi insultatevi sui blog davanti a un monitor, io vado ad Haakgat a fare due spadacciate…!”. Viva il windsurf, tutto il resto è noia e forse tutto andrà avanti... come deve andare! Have fun!

Fabio I-720

PS: Forza Andre, che tutta la nostra energia continui ad esserti d’aiuto!

>ECCETERA PREZZO DI UNA COPIA IN ITALIA euro 6,00

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ABBONAMENTO ANNUALE ITALIA (8 NUMERI) euro 38,00

PERIODICITÀ mensile: febbraio/marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto/settembre, ottobre/ novembre, dicembre/gennaio

STAMPA Alfaprint - via Bellini 24 Busto Arsizio (VA)

ISSN 1124-0261 registrazione Tribunale di Milano n.5 del 14.01.1995 ROC - Registro Operatori di Comunicazione - 1234

Funboard è una testata della casa editrice JOHNSONS MEDIA, che pubblica anche gli annuari Surfing (surf, windsurf, kite), Snowb (snowboard) e le riviste Surf Latino (surf), Kite Magazine Stance (kite) Entry (snowboard), 4Skiers (sci freestyle) 6:00AM (skateboard), GirLand (femminile), SupTime (stand up paddle).

Nessuna parte di Funboard può essere riprodotta in alcun modo senza la preventiva autorizzazione di Johnsons Media. Testi, disegni e immagini non saranno restituiti se non espressamente richiesti. L’editore è a disposizione degli aventi diritto nei casi in cui, nonostante le ricerche, non sia stato possibile raggiungere il detentore del diritto di riproduzione di eventuali testi e immagini. L’editore e gli autori non potranno in alcun caso essere ritenuti responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati dall’utilizzo improprio informazioni contenute in questa rivista. Poste Italiane Spa - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27.02.2004, n.46), art.1, comma 1, DCB Milano.


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MATTEO TODESCHI (I- 630) CON UNDERWAVE Anche per quest’anno il giovane atleta gardesano Matteo Todeschi vestirà la nuovissima muta “Sultan Steamer” di Underwave, marchio di mute e accessori per windsurf e kitesurf in ascesa in tutto il mondo e distribuito in Italia da Sportime. La scelta non è caduta a caso. La muta infatti, può contare su molti pregi: in primis un tipo di neoprene morbidissimo, che consente di adattarsi perfettamente al fisico di chi lo indossa, un corpetto interno, e, soprattutto, la nuova manica e gamba ergonomica a cucitura invertita. Tale tecnologia permette di ridurre al minimo intrusioni di acqua e quindi le dispersioni di calore. Contemporaneamente assicura totale libertà alle articolazioni di polsi e caviglie. Un connubio perfetto tra tecnologia e confort. Web: www.underwave.info

JUNIOR SURF CAMP 2011 Anche quest’anno, nel mese di giugno e luglio, il Vasco Renna Professional Surf Center organizza a Torbole, le ormai tradizionali settimane di surf camp per bambini dai 9 ai 14 anni. Il programma dei camp prevede intense giornate sulla tavola e grande divertimento per tutti i giovani allievi che lasceranno i genitori a casa per planare in una settimana di vacanza indimenticabile. Il camp prevede giornate intense all’insegna del windsurf a tutto campo con lezioni sia per principianti che per livelli più avanzati, allenamenti e regata finale. Per Info: Vasco Renna Professional Surf Center, Parco Pavese, 1- 38069 Torbole sul Garda (Trento). Tel. 0464/505993 - Fax 0464/506254 e-mail: info@vascorenna.com

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WHITE REEF - TEL 0547.22756 - INFO@WHITEREEF.IT


BREAKING NEWS SURFSEGNANA KITESEGNANA: NUOVO CENTRO KITE Il SurfSegnana è lieto di presentarvi il nuovo Kite Center che si trova all’interno del Hotel Sole di Navene, a pochi minuti da Malcesine, direttamente sul lago. L’hotel a 3 stelle, dispone di passaggio privato alla spiaggia. Offre camere ben arredate e fornite di ogni comfort. Il KiteSegnana si sdoppia quindi in due centri e al SurfSegnana di Torbole potrete anche apprendere i primi rudimenti teorici e pratici del kite (lezione land) sul favoloso prato antistante la scuola. Per la pratica in acqua sarete accompagnati, in pochi minuti con il servizio free shuttle, al centro KiteSegnana di Navene. Visitate il nuovissimo sito dedicato al kite www.kitesegana.it. APPARTAMENTI A TORBOLE BY SURFSEGNANA Offerte “tutto compreso”, telefona alla segreteria del SurfSegnana per prenotare la tua vacanza, lo staff troverà insieme a te una soluzione alle tue esigenze nell’hotel, residence o camping che preferisci. Soluzioni personalizzate anche per permanenze più lunghe o più brevi delle formule proposte. Sono inoltre disponibili diversi appartamenti dove potrai ritrovare la quotidianità insieme alla tua famiglia nelle migliori zone residenziali di Torbole come il nuovissimo polo abitativo e non solo “Terme Resort”, a due passi dal lago e vicinissimo al centro principale del SurfSegnana. FREESTYLE LESSONS CON FABIO CALO’ L’atleta torinese, ormai gardesano doc, continua la sua collaborazione con il SurfSegnana. Fabio metterà a disposizione tutta la sua esperienza per lezioni individuali e di gruppo per coloro che vogliono progredire imparando manovre nuove. Se sapete già planare potrete prenotare la vostra lezione e richiedere un programma specifico in base a cosa volete imparare o migliorare. Se il vostro desiderio è imparare i primi salti o le prime manovre Freestyle, Fabio vi seguirà passo dopo passo con l'ausilio anche delle riprese video. Nessun problema se il vostro livello è ancora più alto: Fabio vi svelerà i trucchi per manovre come lo Speed Loop, il Ponch, oppure delle mitiche switch tense move. Insomma... lezioni personalizzate per tutti i gusti con la decennale esperienza di uno dei freestyler e waver più forti d'Italia. Se siete al Lago di Garda non perdetevi l'occasione e prenotate la vostra lezione con Fabio Calò! Contattate la segreteria SurfSegnana per ogni informazione sulle iniziative o per saperne di più sui convenientissimi pacchetti tutto compreso “Blue Week” e “Week End” a partire rispettivamente da soli 299 Euro e 169 Euro. INFO: SurfSegnana – Foci del Sarca – 38069 Torbole sul Garda (TN). Tel. 0464-505963. Web: www.surfsegnana.it - e-mail: info@surfsegnana.it


XRAY TALENT FACTORY 2011 DAL 20 al 26 GIUGNO A MARINA MARIA (OLBIA) LA SESTA EDIZIONE Riparte la caccia ai talenti del windsurf italiano. L’Associazione Sportiva XRay di Raimondo Gasperini ed il suo team sono pronti per la sesta edizione dell’XRay Talent Factory, lo stage di windsurf acrobatico più importante a livello nazionale e non solo. La location, immutata, è quella di Murta Maria, presso il Marina Maria Surf Center gestito da Antoine Garrucciu, distante 10 chilometri a sud da Olbia, in Sardegna. Dedicato ai ragazzi dai 12 ai 23 anni, l’XRay Talent Factory ha scoperto, nel tempo, atleti del valore di Gabriele Varrucciu, campione italiano di freestyle in carica e istruttore dello stage, Nicola Spadea, nel giro del circuito europeo EFTP e mondiale PWA, Marco Vinante, un top-5 nazionale di grande avvenire, Alvin Panzera, campione nazionale di freestyle cat. Super Grommets, Francesco Cappuzzo, campione nazionale di freestyle cat. Grommets, Annamaria Zollet, campionessa nazionale femminile di freestyle nel 2009, oltre a tanti altri giovani pronti a sbarcare nel circuito internazionale. La regia, come sempre, è di Raimondo Gasperini, pluricampione italiano e grande promotore della disciplina del nostro Paese. Un nome che è ormai una vera e propria garanzia, per giovani atleti e per i genitori che a lui affidano i ragazzi da formare. Perché l’XRay Talent Factory non è solo una scuola di freestyle, ma l’obiettivo è quello di educare i giovani allo spirito di aggregazione che lo sport si prefigge di proporre. Educazione, rispetto per l’ambiente e per i compagni, e tanta azione! Con corsi dedicati alle differenti abilità dei partecipanti, lezioni teoriche, video clinic, lezioni in acqua, esibizioni e utilizzo delle nuove tecnologie per sopperire alla mancanza di condizione di vento e onde come il Grinch Winch e l’ormai mitica Red Bull Ramp.

LE NOVITA’ DEL 2011 - Assegnazione di 10 borse di studio per imparare il Windsurf con XRay Windsurf Academy. Con questa grande iniziativa Ass.Sportiva XRay e il suo Team in collaborazione con il comune e le scuole di Olbia vogliono sensibilizzare l’interesse verso il windsurf e lo sport dei giovani di Olbia. - Il Trofeo Windsurf Freeestyle - Città di Olbia, una gara aperta a tutte le categorie che si disputerà nello weekend conclusivo dell’XRay Talent Factory.


IL MANUALE DEL WINDSURF DI VALERIA ZULLO Didattica, tecniche, materiali, specialità, strategia di regata, altura. Tutto quello che c’è da sapere sul windsurf per chi inizia e per i più esperti. Pagina: 96 – euro: 15,00 In libreria: marzo 2011 Collana Transiti blu/Tecnica Un manuale pratico per imparare ad andare in windsurf, o per migliorare le proprie prestazioni, sotto la guida di una grande campionessa italiana, detentrice del record europeo di traversata e prossima sfidante al record mondiale su lunga distanza. Dalla scelta della tavola e della vela più adatte al proprio livello e al proprio stile, alla spiegazione dettagliata, passo dopo passo e con l’ausilio di un ricco corredo fotografico, delle principali andature; dalle regole da rispettare per navigare in sicurezza alle indicazioni sulla manutenzione del windsurf, la preparazione atletica e la corretta alimentazione. Un libro completo, ricco di fotografie e illustrazioni che guida passo a passo i principianti all’apprendimento delle tecniche di base e che svela ai windsurfisti già esperti tutti i trucchi di ogni specialità e le strategie di regata più efficaci. L’autrice, Valeria Zullo, dopo la laurea in legge, si è dedicata tempo pieno all’attività agonistica vincendo undici titoli italiani e cinque titoli mondiali in classe Windsurfer. Nel 2007 è stata la prima donna a stabilire il record europeo di traversata in solitario da Ustica a Mondello (PA). È in procinto di tentare il record del mondo sulla distanza di 60 miglia.

EUROPA SURF AND SAIL

Europa Surf and Sail ha già riaperto il loro centro scuola e test center Starboard/Severne alla Fraglia Vela Malcesine sul Lago di Garda. La scuola si trova dentro questa bellissima struttura con ampio parcheggio, pizzeria/bar, e spogliatoi con docce e servizi. Sponsorizzato da Alevela, dispone anche di materiale Gul, Red Paddle (Stand Up Paddle boards) e tutte le novità di Starboard/Severne per la stagione 2011 incluso il nuovo iSonic in carbonio. Sono organizzati corsi a tutti livelli di windsurf ed è disponibile attrezzatura adatta sia per i piccoli sia per gli adulti. Per informazione, contattare Europa Surf and Sail, Via Gardesana 205, 37018 Malcesine (VR), tel 338 6053096, e-mail info@sailgarda.com, sito www.europasurfandsail.com


NEIL PRYDE

ANDREA CUCCHI CON GUL

3D WAIST PRO HARNESS È disponibile nei surfshop il nuovo trapezio di punta di Neil Pryde, il 3D Waist Pro Harness. Ideale per un utilizzo Wave e Freestyle si caratterizza principalmente per le dimensioni ridotte e compatte, nonché per la sua leggerezza, quasi da non avvertirne il peso una volta indossato per un massimo comfort nei movimenti. Il supporto lombare è davvero eccellente grazie al NeilPryde's 3-layer 3D Shaping per non affaticare più del dovuto la schiena. Il suo peso non aumenta una volta in acqua grazie all’utilizzo del PU leather che rende impermeabile il trapezio, leggero e resistente nel tempo. Bordi rivestiti in morbido EVA per essere più comodo sulle costole durante la navigazione. 360° Powerstrap per una flessione limitata e un supporto aggiuntivo. GARDA VEST Il Lago di Garda è il vostro spot abituale e non volete rischiare di pagare la salata multa di 170 euro per non aver indossato il giubbino di salvataggio? Neil Pryde ha pensato anche a voi proponendo l’esclusivo Garda Vest, espressamente dedicato ai surfisti del Lago di Garda. Le sue dimensioni ridotte non danno fastidio nei movimenti e il trapezio, sia alto che basso, può essere indossato comodamente e sarete al sicuro anche da eventuali controlli in acqua dei carabinieri. Se non avete esigenze “gardesane” Neil Pryde propone inoltre il classico ma sempre attuale High Hook, giubbotto salvataggio regolabile, con buco per il gancio del trapezio. Disponibile nei colori rosso/grigio/nero o nero/grigio.

Alevela importatore del marchio GUL, leader mondiale nel settore abbigliamento tecnico per surf, windsurf e vela, è lieta di comunicare che Andrea Cucchi, campione italiano di windsurf, ha scelto di vestire mute GUL. Certi che sarà, per entrambi, una stagione piena di successi e soddisfazioni, vi invitiamo a visitare il nostro sito www.gulitalia.com Buon Vento e iper planate a tutti.


DA KINE T5

TESTED FOR YOU Di Fabio Calò Il trapezio T5 di DaKine è la scelta di molti dei top prorider e sicuramente non è casuale. Se vogliamo mettere un termine di paragone o un punto di arrivo questo è il Trapezio a fascia. DaKine ha ancora una volta re-inventato il trapezio grazie all’utilizzo dei pannelli 3-part per una massima aderenza, supporto e flessibilità. Disponibile in quattro colori, blu, nero, bianco e verde, in modo tale che vi possiate sbizzarrire con il patch color della vostra muta/rig/tavola. La prima cosa che si nota una volta preso in mano è la sua leggerezza, conferma che arriva non appena lo si indossa. Il sostegno lombare dello schienale, non troppo alto, permette di posizionare questo trapezio a fascia molto in basso, come è di moda tra i vari top wave rider. Il Power Belt, cintura elastica che permette di stringere meglio il trapezio una volta indossato, è presente solo da una parte ed è indipendente, ciò nonostante si avverte subito una estrema aderenza del trapezio al corpo pur mantenendo un comfort totale, sembra letteralmente di non avere indosso nulla. Una volta in acqua tutte le sensazioni vengono confermate e se possibile migliorate. Questo trapezio pur essendo molto leggero e comodo risulta stabile e con un supporto alla schiena davvero eccezionale. Segue alla perfezione ogni tuo movimento senza mai essere di ingombro, anche nelle evoluzioni più contorte. Altra caratteristica del T5 è la comodissima Sliding spreader bar, il gancio trapezio che è libero di spostarsi da destra a sinistra. Questo ti permette una posizione ancora più comoda in navigazione, potete girare il vostro busto mantenevo comunque in posizione centrale il gancio rispetto alle cimette del trapezio, ottimo per le andature di bolina. In caso di necessità di pompaggio potete usare questa tecnica stando comodamente agganciati al trapezio in quanto la barra si sposterà da destra a sinistra non impedendo i movimenti, anzi facilitandoli. Dopo un’intera giornata di Freestyle questo T5 era ancora esattamente dove lo avevo posizionato ad inizio uscita, la tendenza comune di quasi tutti i trapezi a fascia di salire variando la posizione del rider sulla tavola e il comfort, viene quindi quasi totalmente eliminata, il trapezio rimane dove decidete di

posizionarlo, più basso o più alto a seconda dei gusti. Approvato al 100%! LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL TRAPEZIO DAKINE T5 SONO: • Sliding spreader bar • Pre-Curved P.E.B. inner support structure • Featherweight ES foam molded interior • Soft neoprene top and bottom edges • Lightweight equailizer patch design • Independent primary secondary Power Belt • Key Pocket.


PROLIMIT MAVERICK FREEZIP 5/3 Per la stagione 2011 il brand olandese specializzato in neoprene Prolimit presenta all'interno della linea Maverick la versione freezip, una muta da 5 millimetri con chiusura orizzontale sul petto, l'ultima tendenza in fatto di mute semistagne, ereditata dal mondo del surf. Questo sistema di chiusura consente di avere una zip più corta ed in posizione più alta rispetto ad una zip posteriore tradizionale, riducendo quindi al minimo l'entrata dell'acqua e garantendo un comfort e vestibilità superiore. Il neoprene della muta è al top di gamma, completamente bifoderato ad eccezione dei pannelli su petto e schiena in neoprene mesh, garantendo così più protezione e isolamento dal freddo dove serve, senza sacrificare l'elasticità e il comfort del bifoderato. La costruzione della muta rappresenta lo stato dell'arte in fatto di taglio dei pannelli e in piazzamento strategico degli stessi, in modo da garantire il massimo dell'elasticità nelle zone critiche e calore unito a resistenza nelle zone meno soggette a piegamenti o stress. La muta presenta poi tutta una serie di accorgimenti che solo un'azienda con alle spalle 20 anni di sviluppo può trovare, come ad esempio lo strato superficiale idrorepellente, collarino sagomato super stretch, fori drenanti e sistema easy entry sulle caviglie, tasca portachiave e “last but not least” l'ingresso sulla spalla per il Prolimit heater vest, il corpetto sottomuta riscaldato, l'accessorio per le giornate più gelide. Per quanto riguarda l'aspetto trendy, la Maverick Freezip si contraddistingue per un look sobrio che sicuramente non stanca e dopo un anno non ti fa sentire ridicolo in spiaggia, è difatti proposta in due combinazioni di colori, grigio antracite/nero e blu navy/nero. Punto di forza di questa muta oltre a tutti questi accorgimenti tecnici è sicuramente il prezzo da leader del mercato, con 239 euro di listino vi portate a casa un prodotto che non tradirà le vostre aspettative, anzi... Info: www.prolimit.com. Distribuito da: Ocean Avenue - info@oceanavenue.it

II EDIZIONE SIROLO WATERMAN CONTEST 11/12 giugno 2011, Wakeboard, Windsurf, Kite, Sup, Surf. Dopo il grande successo della prima edizione del S.W.C. 2010 quest’anno torna sulla cresta dell’onda. Come per il precedente anno a fare da padrone di casa sarà lo spettacolare scenario della spiaggia S. Michele dei Sassi Neri (Sirolo - An) dove atleti professionisti e amatoriali regionali e non, si sfideranno in discipline in acqua come sup, wakeboard, windsurf e kite. All'interno della manifestazione (sabato 11) verrà anche svolta una tappa Regionale di Sup disciplina che da due anni si sta sviluppando a macchia d'olio nel nostro territorio. L'iniziativa vuole evidenziare un modello di evento sportivo strettamente legato allo sviluppo e alla promozione turistica della Riviera del Conero, da sempre area di particolare interesse turistico, naturalistico e paesaggistico, unitamente alla promozione e divulgazione delle attività sportive coinvolte. Il Sirolo Waterman Contest è il primo evento multi disciplinare del Conero. Obiettivo delle due giornate è decretare il miglior “Waterman”, cioè colui che totalizzerà il miglior punteggio sommando i risultati di tutte le discipline disputate al quale sarà riconosciuto un montepremi. Come tutti gli eventi legati a doppio filo con Madre Natura, saranno le condizioni meteo-marine a decidere quale disciplina aprirà la giornata. Oltre a musica, animazione diurna, è previsto un travolgente surf-party per sabato sera. Info, regolamento ed iscrizione: www.sirolowatermancontest.it


JERICOACOARA 10 ANNI DOPO

Di Stefano Saragoni La prima volta il viaggio da Fortaleza a Jeri l’ho fatto quasi interamente di giorno. Venivo da Rio, dal GP Brasile di motociclismo. Valentino Rossi dopo il mondiale aveva vinto anche l’ultima gara nella storia della 500, in procinto di venire sostituita dalla MotoGP. Maurizio Gusella, oggi proprietario e gestore della Pousada do Mauricio, mi aveva convinto (senza troppa fatica) a fare una deviazione a Jericoacoara, prima di tornare a casa. Per lui era stato amore a prima vista, e ne parlava come del paradiso. Dovevo per forza andare a vedere. Così mi sono ritrovato al fianco di Negrino, ai tempi al volante di un D20, pick up con tre posti nell’abitacolo e cassone pronto a tutto. Oggi il mio compagno di viaggio chissà quanti transfer avrà sul groppone e guida un fuoristrada supertecnologico con vetri scuri e cinque posti belli comodi. La velocità di crociera avvicina i 130 chilometri all’ora, quel giorno non superava i 90. La strada era tortuosa, saliva e scendeva, attraversava villaggi di povere case cresciute disordinate lungo l’asfalto. Dossi giganteschi proteggevano gli abitanti da un attraversamento a tutta velocità… Un viaggio lungo e noioso, 10 anni fa in acqua a Jeri c'erano al massimo 10 vele!

Jeri 10 anni fa... La rua principal era piuttosto desolata.

monocromatico, con il verde della vegetazione a farla da padrone e niente che ispirasse la fantasia. Dove diavolo stavo andando? Non riuscii a capirlo, perché quando arrivammo al mare il sole era tramontato, togliendomi la sorpresa di vedere cosa mi aspettava. Oggi il viaggio è molto più breve perché la strada è più diretta, bella e veloce, e il tempo di percorrenza è sceso sotto le quattro ore (sosta per un veloce churraschino esclusa). Ma da quando si lascia l’asfalto… è tutto come una volta: sterrato veloce e poi spiaggia, con il mare al fianco. Una decina di chilometri incontaminati di corsa sul bagnasciuga e si punta di nuovo verso l’interno, si sale a fatica per la strada di sabbia morbida, si intravedono all’orizzonte le prime luci di Jeri. Non si riesce a farsi un’idea di dove ci si trova. Quella mia prima volta ero solo felice di aver messo fine a un viaggio rovente e noioso, durato fin troppo. La luce era fioca, in quella che oggi è la Pousada do Mauricio. Sagome irriconoscibili mi vennero incontro, erano gli amici che mi aspettavano. “Togli la scarpe” mi dissero come prima cosa. A Jeri non servono. Né di giorno né di notte. Peculiarità di un paese che sorge interamente sulla sabbia, tre strade in croce,


vecchi buggy dalle gomme lisce con cui andare in gita alle lagoe nei dintorni: acqua limpida, sabbia del deserto, calamari freschi di giornata per pranzo. Ci si muove a piedi, tutto è a pochi passi, solo qualche garzone di bottega sfreccia in sella a Honda 125 del tutto inadatte al fondo insidioso, dimostrando un buon controllo della derapata. Oggi a Jeri la luce c’è. E non salta più. Dieci anni fa era una rarità un’intera serata senza black out. Oggi è il contrario, la suggestione del lume di candela è la scelta di qualche ristorante. Le pousade vecchie e spoglie, con materassi sfondi, lampadina fioca e bagno fatiscente non ci sono più. Il windsurf ha portato clienti, contanti e ristrutturazione. Tutti gli edifici o quasi sono cresciuti di un piano, i ristoranti si sono moltiplicati, e così i negozi, in un disordine creativo e un po’ ridicolo, con boutique alla moda fuoriposto, incapaci di difendersi dal fumo di grigliate di pesce cucinato in strada. Immaginate il profumo degli abiti in esposizione… Ora c’è persino un vero albergo, il Mosquito Blu, quattro stelle, piscina, ombrelloni e sdrai in spiaggia. La leggenda narra che nella sua suite abbiano passato una notte d’amore Di Caprio e la modella brasiliana Gisele Bunchen. Foto che documentino l’evento non ce ne sono… Ovunque il comfort ha raggiunto livelli (e prezzi, ahinoi) europei. Il comfort è assicurato, ma dimenticatevi la vacanza low cost. Nel 2001 per dieci giorni di pernottamento e colazione pagai 170 reais, quando per una notte a Rio (in un quattro stelle a Ipanema) se ne pagavano 350 al giorno… E con i prezzi è cambiata anche la clientela, profondamente. Nei primi anni del duemila Jeri era presa d’assalto da giovani surfisti squattrinati che vi passavano mesi ad allenarsi, richiamati dal vento infallibile (da luglio a dicembre soffia tutti i giorni con impagabile generosità) oggi l’età media si è alzata mostruosamente, con l’invasione di pensionati di tutta Europa che fanno base al Club dos Ventos, un centro noleggio ben attrezzato con tavole JP (e non solo) e vele Neyl Pride, la prima delle strutture colpevoli di avere “seccato” il vento sotto riva, ma purtroppo non l’ultima. Adesso quando la marea sale e con lei le onde, si litiga con le raffiche. Ma il

Bambini 10 anni fa, atleti oggi!

Back to the future. Jeri oggi, con tutte le sue accomodation e traffico in acqua. Club dos Ventos con lettini, sedie, ristorante...


problema vero, nei mesi più affollati (da ottobre a dicembre) è il traffico. Il numero di persone in acqua è imbarazzante a tutte le ore, e il rispetto delle più elementari regole di precedenza una pia illusione. Insomma, bisogna sempre tenere d’occhio la situazione; seguire con lo sguardo Edvan (il più stiloso dei local) proiettato in cielo per girare il suo perfetto Push Loop, può essere una distrazione fatale. Ma sfuggire l’affollamento si può, ci sono ben due alternative: una sottovento, l’altra sopravvento. La prima prevede di spararsi un lasco fino al “cocchero”, oltre la gigantesca duna di sabbia che di Jeri è un po’ il simbolo (l’area antistante oggi è spazio riservato ai kite). Risalire è un po’ noioso e faticoso perché il vento è spesso rafficato, ma con una spesa minima ci si può sempre far venire a prendere da un buggy… La seconda chance per sfuggire il traffico è risalire fino alla Magliada, sparandosi lunghi bordi di bolina. Il vento è un po’ on shore, ma è molto bello per i salti (se Ian è in zona potrete ammirare i suoi doppi Forward) e in surfata si fanno un paio di Bottom. Qui bisogna stare attenti alla marea, per non rischiare di finire a rocce. Forse è questo a scoraggiare i più, o forse la bolina. Fatto sta che gente in acqua ce n’è davvero poca. La fatica di risalire il vento non è da tutti e Jeri è per definizione il paradiso della pigrizia: pousade a un passo dal mare, ristoranti e bar sul mare, rimessaggio e noleggio sullo spot. Jeri ti vizia, monti due vele, diciamo 4.5 e 5.0, e sei a posto. Pochi passi fino all’acqua (qualcuno in più se c’è bassa marea) e via in planata finché si ha energia in corpo. Ecco perché finisci sempre per tornarci. Perché Jeri ti vizia è maledettamente comoda. Adesso che le sistemazioni sono diventate così accoglienti, poi, è diventata meta ideale anche per l’intera famiglia, piccoli compresi. Provate a cliccare www.windjeri.it, vi troverete “dentro” la pousada che potrebbe essere la vostra prossima destinazione… È accogliente, in posizione strategica, ha pure un piccolo rimessaggio, organizza i transfer da e per l’aeroporto… Mi sa che è proprio per questo che Jeri in questi dieci anni ha avuto tanto successo ed è cresciuta con il windsurf, trasformandosi da villaggio di

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pescatori in villaggio… vacanze. Perché è un paradiso lontano, ma una volta arrivati non c’è più bisogno di sbattersi. Niente monta e smonta l’attrezzatura, niente spostamenti in auto. Surf, amaca, il risveglio del paese al tramonto, con i local che si riprendono la spiaggia per giocare a calcio, volley, frescobol, per la capoeira. E se dopocena avete ancora energia in corpo… seguite il sound della Jeri by night. Ma senza farvi troppe illusioni…

La bellissima pousada WIndJeri.

INDIRIZZI UTILI • Pousada Wind Jeri, www.windjeri.it • Pousada do Mauricio, info@pousadadomauricio.com • Pousada Casalice, info@casalice.com • ClubVentos, www.clubventos.com



Questo mese, come ogni anno, è quello che io chiamo photo shoot mania, tutti i marchi principali stanno facendo le foto e video per i nuovi cataloghi col materiale 2012. Proprio mentre scrivo, il photoshoot JP è appena iniziato, anche se sembra che il loro timing sia stato pessimo, in quanto non ci sono più onde e c’è davvero poco vento! I rider Fanatic, Starboard, Severne, RRD, Quatro, Goya, Simmer e Naish hanno fatto di tutto sotto l’occhio vigile del fotografo dall’elicottero. Era davvero spettacolo vedere Hookipa così… sembrava un set cinematografico. La sorpresa/spavento più grossa è stata Boujma che ha perso conoscenza tentando un triplo Forward che per poco gli costava la vita. È svenuto dalla botta e stava andando sotto, ma fortunatamente Klaas Voget lo ha salvato, essendogli proprio attaccato. Se non fosse stato per Klaas, le conseguenze avrebbero potuto essere davvero brutte… sembra che ora si stia già riprendendo bene. Ed ecco che arrivo al prossimo punto… Il Triplo LOOP! Seriamente, questa è la prossima frontiera. I ragazzi ormai girano i doppi come se fossero dei singoli, quindi è inevitabile che arriveranno ad aggiungere un’altra rotazione! I doppi Forward sono fattibili anche per me, ma il triplo è fuori dalla mia portata. Devi veramente volare in cielo, perché l’inerzia è quasi nulla dopo due rotazioni intere… nulla è impossibile però e questi ragazzi ne sono la prova vivente! Il wave riding si sta trasformando in un mix di trick di freestyle e surf da onda, è davvero spettacolare vedere cosa questi ragazzi possano fare. Le Taka ed Airtaka off the lip sono sicuramente alcune delle move che vanno per la maggiore e fanno più scena, mentre Mark Angulo continua a fare le sue Mutant e tutti gli altri provano sempre qualche nuova variazione. In una giornata normale, ad

Hookipa, c’è un’atmosfera tipica delle gare internazionali, con tensione palpabile e performance mozzafiato. Con tutti questi fotografi che fanno foto stupende tutto il giorno e le postano online il giorno seguente, sembra davvero uno scontro all’ultimo sangue su ogni fronte. Tutti vogliono guadagnare più fan possibili su Facebook! Alla fine però è davvero un movimento positivo per lo sport. In questo momento poi, c’è un po’ di frustrazione generale per tutto quello che sta succedendo nel mondo, ma la vita è così… Con tutti questi ripper ad Hookipa, devo davvero dire che il livello continua a salire in cielo. Ricardo Campello, Kauli Seadi, Levi Siver, Boujma assieme ai veterani come Polakow, Naish, Kevin Pritchard, e Francisco Goya garantiscono davvero uno spettacolo senza precedenti sul lineup! Come ho già detto, quindi, prenota il biglietto e guarda tu stesso! Io mi sto preparando per andare a fare un po’ di foto nella mia destinazione windsurfistica preferita… Punta San Carlos in Baja, Mexico. Vento, onde, sole e deserto… nessuna preoccupazione nè fretta. L’unica cosa a cui pensare è che vela mettere, tutto il resto si può sotterrare sotto la sabbia! Il mondo semplicemente non esiste più e tu pensi esclusivamente a quanto ti stai divertendo! Se avessi mai pensato di farci un salto, fallo ora! Guarda su www.solosports.net per avere un assaggio di quello che ti aspetta. Farò un altro camp in agosto, dal 6-13 per esser preciso, quindi venitemi a trovare. Sicuramente farete le uscite migliori della vostra vita… praticamente assicurato! Ciaoooooo Italia... MP





GUN SAILS: STEEL VS TRANSWAVE

TESTO DINicola Spadea

Nicola Spadea a Hookipa con la nuova Gun Sails Steel + MaverX mast Stilo 200.

La Steel di casa Gun Sails è una vela Wave universale che eccelle in tutti i tipi di condizione, ha buone capacità di planata, una facile e reattiva gestibilità e una robusta costruzione. Un profilo ben bilanciato seguito nel suo sviluppo negli anni dal velaio Renato Morlotti copre un range di utilizzo molto ampio e permette di essere regolato individualmente grazie alla posizione asimmetrica dei due anelli di bugna. Ciò permette di trimmare la vela rendendola più potente fissando il boma all’anello più alto ottenendo benefici in condizioni di vento side in cui si devono superare svariati frangenti, condizioni di vento leggero o comunque per rider che prediligono una maggior potenza, viceversa fissandolo nell’anello più basso questa sarà neutra e quindi più adatta a condizioni down the line in cui la vela nella tecnica di surfata quasi scompare o più semplicemente per quei windsurfisti più leggeri che hanno bisogno di maggior controllo. Tipico di Gun Sails la manifattura e la costruzione sono di altro livello, tutte le finestre sono rinforzate da materiale X-ply e in ogni potenziale area di stress una copertura in gomma rinforza la zona. Solo una ditta che attua la vendita diretta al cliente per una politica di mercato portata avanti sin dalla nascita del brand può permettersi di avere prezzi così competitivi offrendo un prodotto a tutti gli effetti competitivo con i marchi più

famosi. La Steel in definitiva è una vela Wave per chi naviga spesso in condizioni meteo-marine diverse, eccellente down the line, controllabile nei salti e molto robusta. Partenza in planata anticipata e maggiore sensazione di potenza tra le mani sono le caratteristiche che identificano a confronto con la Transwave, l’altra proposta di Gunsails per il wave. Il profilo più accentuato rispetto alla sua compagna di categoria gli conferisce sia più potenza in andatura sia nelle curve e un maggior effetto di sollevamento nei salti. Ciò nonostante la Transwave ha conservato ottime qualità in termini di controllo e maneggevolezza anche grazie al doppio anello di bugna per montare la vela sempre nel migliore dei modi e permettergli di lavorare al meglio in ogni condizione. Grazie a tutte queste caratteristiche è la vela più adatta per condizioni Wave in cui si necessita di una rapida accelerazione per superare i frangenti, ad esempio condizioni side-on ma è anche adatta alle esigenze dei freestyler che hanno bisogno del giusto mix tra potenza e maneggevolezza al momento giusto. Anche in questa vela gli standard di manifattura sono alti e la costruzione è costituita da un 75% tessuto X-ply per garantirne la longevità tra le onde. Consigliata a tutti coloro a cui piace planare invelati o necessitano di maggior tiraggio della vela, competitiva anche nel Freestyle. Nicola in una session Freestyle con la Gun Sails Transwave + MaverX mast Stilo 300.

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Possibilities

Force

Power Wave

Indy

2 Cam Slalom

Wave

Core Wave

Nitrix/Nitrix AST Freeride

Koncept

Universal Wave

Grand Prix Slalom

Session

All Around Wave

Grand Prix Ltd. 3 Cam Slalom

Boxer

Compact Wave

Scout SE Schools

Rally

Freeride

Ripper Juniors

Freestyle Freestyle/ Wave

Kailua

Schools/ Recreational

distribuito da: Action to Sport Srl T: 0185-264754, F: 0185-261231 info@action2sport.com

naishsails.com


GUN SAILS: SPACE VS TORRO

TESTO DINicola Spadea

Nicola Spadea a Maui sfrutta la potenza della Gun Sails Space + MaverX mast EVDODS.

La Space di Gun Sails è una vela X-over, l’anello di congiunzione tra la Torro e la classica Freeride Future. Paragonata alla Torro non ha abilità Wave ma si distingue per una miglior partenza in planata e un maggior potenziale sulla velocità. La vela ideale per uno spirito bump&jump e per avvicinarsi alle prime manovre di Freestyle. Con un solo trim copre grandi variazioni del vento, grazie al suo profilo stabile e alla presenza di sei stecche nelle misure più grandi, evitando i vari e noiosi re-trim della vela in caso di vento in calo o in aumento. Per quanto riguarda la costruzione non essendo una vela specifica per condizioni limite e di mare formato è stato adoperato solo il 55% X-ply per salvaguardare le caratteristiche di manovrabilità e peso. In definitiva la Space è una vela per chi naviga in condizioni di acqua piatta o choppata, adora sfrecciare sull’acqua in relax facendo salti e strambate con una porta aperta in direzione delle prime manovre di Freestyle o per chiunque voglia imparare a fare tutto ciò. La Torro è la Vela! Il fiore all’occhiello di Gun Sails insieme alla Nicola a Cartagena, Colombia, con la vela più versatile di Gun Sails, la Torro + MaverX mast Stilo 300.

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Steel, questa vela ha ottenuto i migliori voti da tutti i test effettuati dalle riviste specializzate grazie alla sua versatilità e immenso range di utilizzo. Non importa che facciate Wave, Freestyle o Freeride, la Torro affascina in tutte le discipline indipendentemente da quali siano le caratteristiche e il peso del rider. Comparata con la Space ha un profilo più piatto per una maggior manovrabilità e un taglio di base più accentuato. La ridotta lunghezza di boma fa si che la vela risulti più compatta e leggera in ogni tipo di manovra. Per quanto riguarda la costruzione è stato usato il 65% di monofilm rinforzato X-ply per garantirne la longevità ed aumentare la sensazione di morbidezza. La Torro è ideale per chi vuole avere una vela unica in grado di performare in condizioni diverse, ad esempio una 5.3m2 con la quale si possa uscire al mare con le onde saltando e surfando, praticare il Freestyle a tutti i livelli o semplicemente divertirsi al massimo planando e facendo ciò che si vuole con una vela che incarna il giusto compromesso di manovrabilità e potenza.


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Speedo Aquabeat per essere sempre, anche in acqua, sulla cresta dell’onda. Aquabeat - Aquabeat2.0 - MP3 player impermeabile. AquaBeat consente di riprodurre brani musicali fino a 3mt di profondità. Grazie al suo design innovativo e alle diverse colorazioni, si propone come il compagno ideale di ogni sportivo. Nuotare o svolgere un’attività fisica senza rinunciare al piacere di ascoltare la propria musica preferita. 쩤 Impermeabile e stagno 쩤 Auricolari con clip di sicurezza 쩤 Look unico con il DNA Speedo 쩤 Supporta file audio: MP3, MP3 VBR 쩤 Design ergonomico WMA (FLAC per alcuni modelli)

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GRETA BENVENUTI Greta raccontaci brevemente qualcosa di te. Sono originaria di Sant Arcangelo di Romagna, un piccolo paese nell’entroterra di Rimini, perciò sono una romagnola purosangue e fiera delle mie origini! Mi sono diplomata presso l’istituto d’arte di Forli con indirizzo pittorico e prima di conoscere il windsurf le mie energie erano concentrate negli studi artistici, in particolare architettura e teatro. Come è avvenuto il tuo incontro con il windsurf? Come tante persone ho iniziato facendo un corso da principianti presso un circolo velico… da quel giorno il windsurf è entrato prepotentemente nella mia vita, il contatto con il mare e soprattutto la libertà che mi dava mi facevano sentire bene. Ricordo che ho iniziato con una tavola senza antisdrucciolo e mi sembrava di stare su una saponetta, scivolavo continuamente ed ho passato un’intera ora a cercare di sollevare la vela e stare in equilibrio. Poi la prima volta che sono riuscita a partire e fare due metri senza cadere è stato bellissimo e la prima planata è quella che mi ha dato la vera dipendenza… ho conosciuto con il tempo molti aspetti del windsurf e ritengo che sia uno sport sano e positivo; indubbiamente ti porta a viaggiare tanto, a vedere luoghi diversi, a conoscere gente e vivere un po’ alla giornata senza legarti troppo alle cose materiali. Per molti vivere come un surfista è da folli ma credo che sia solo un altro modo di vedere le cose, lontano dai luoghi comuni. Per me è diventato uno stile di vita e non riuscirei a vedermi in altro modo. Il tuo primo contatto con le onde? Dove è avvenuto? Sicuramente la scoperta del wave è nata a Jericoacoara, uno spot conosciuto per il freestyle ma con delle riserve per il wave. Inizialmente non apprezzavo le onde per surfarle quanto invece perché mi permettevano di saltare alta. Con il tempo ho iniziato a capire la bellezza della surfata, questo anche praticando surf da onda, e a oggi se dovessi scegliere certamente preferirei una giornata di onda ad una di vento. Poi viaggiando ho avuto la possibilità di conoscere spot bellissimi in Italia ed Europa per praticare questa disciplina. So che pratichi molto bene anche le altre due discipline Slalom e Freestyle, riuscendo a primeggiare in ognuna di esse. C’è una specialità che preferisci tra tutte? 34

Mi piace praticare tutte le discipline del windsurf, perché così ho la possibilità di stare in acqua in qualsiasi condizione, vento leggero o vento forte, acqua piatta o onda. Dallo scorso anno sono concentrata nello Slalom, ho partecipato a tutte le tappe del PWA 2010 e mi sto allenando per affrontare la stagione 2011. Diciamo che ho riscoperto questa disciplina ed è l’unica che davvero posso praticare sempre e più è estrema la condizione e più mi piace fare Slalom, soprattutto con vento forte e onda. Qui a Tenerife ci sono giorni in cui l’aliseo soffia oltre i 30 nodi ed io esco spesso in Slalom con la mia 5.6 e l’80 litri; riuscire a chiudere la vela con due metri d’onda non è facile, l’adrenalina ti sale a mille!!! Ma nel mio cuore rimane sempre la forte attrazione per il Wave dove potrei stare ore ed ore in acqua senza stancarmi. Infatti dopo aver fatto qualche ora di Slalom non perdo occasione per armare il mio Wave ed uscire al Muelle o al Cabezo, credo che il Wave sia il windsurf per eccellenza. Pratico molto volentieri anche il surf da onda perché credo che sia fondamentale essere aperti a tutto e non perdere mai occasione per vivere il mare. Il Freestyle invece lo lascio alle ragazze più giovani che hanno ancora flessibilità e elasticità per farlo!!! Credo che sei una delle pochissime ragazze che chiude Back e Front loop. Qualche consiglio per chi volesse provare ad imparare? La determinazione è fondamentale ma soprattutto la condizione mentale con cui si affrontano le manovre, bisogna auto convincersi di poter fare anche manovre apparentemente difficili, perché si tratta solo di tecnica poi certo un po’ di coraggio aiuta sempre! Ricordo che quando ho iniziato a provare il Forward a Jericoacoara non sapevo come fare, vedevo gli altri e mi buttavo a provarlo, a fine giornata a forza di cadere avevo tutta la parte del fianco completamente viola di lividi, ma i giorni seguenti ho continuato a provare ancora e ancora finché un giorno ho chiuso il mio primo Forward. Certo è importante riuscire a vedersi e a correggere i propri errori quindi l’aiuto degli amici è fondamentale, l’incoraggiamento ed i consigli che ti danno servono tantissimo ed io ho avuto sempre tanti amici che mi hanno seguita nell’apprendimento, grazie ai quali ho potuto migliorare. Allenarti ai tuoi livelli richiede tempo e determinazione, riassumici una tua giornata tipo. Bhè il sacrifico più grande secondo me è a livello psicologico, a volte non sei così concentrato come dovresti ed è facile essere distratto da quello che ti circonda,


© Sean O'Brian

quando sono in acqua cerco di dimenticare tutto e pensare solo a quello che sto facendo. Una mia giornata tipo… in inverno, periodo in cui mi alleno al Medano, Canarie, mi alzo faccio colazione, controllo le previsioni meteo e se c’è vento vado in acqua con Andrea Cucchi e gli altri ragazzi del Team Point-7. Ci alleniamo tutti insieme nelle strambate in boa, nelle partenze, provando i materiali nelle varie condizioni. Lo Slalom è molto tecnico e necessita molta dedizione al trim dei materiali perciò perdo anche tante ore a provare la varie combinazioni di vela, tavola e pinna. Se non c’è vento resto a casa ad organizzare il lavoro estivo per la scuola di windsurf che ho a Igea Marina oppure vado a fare surf oppure mi alleno con corsa, bici, nuoto, insomma cerco sempre di tenermi attiva. L’ostacolo più grande che hai dovuto superare per raggiungere il tipo di vita che hai ora? L’ostacolo più grande per me è stare lontana dalla mia famiglia, forse in questo sono molto italiana. Ho una sorella di 14 anni con la quale ho trascorso molto tempo quando era piccola, ma negli ultimi anni sto viaggiando tanto e vederla crescere così velocemente senza poter condividere ogni suo momento mi rende un po’ triste, mi sembra di perdere qualcosa. Viaggiando conosci tante persone e provi esperienze uniche, ma il calore della famiglia e delle persone che ti vogliono bene, quello a volte ti manca ed è sicuramente un legame insostituibile.

Alex Mussolini e Dany Bruch ci vanno spesso ed escono in condizioni veramente radicali con quasi due alberi d’onda. Inoltre a Las Americas durante il periodo invernale si può fare surf tutti i giorni sia su una sinistra che una destra. Un'altra meta che consiglio di vedere è il Marocco, dove nel raggio di pochi km si trovano spot con onde bellissime! E come non citare le nostre due isole, Sardegna e Sicilia, dove si svolgono ogni anno le competizioni nazionali di Wave e che non hanno nulla da invidiare al resto del mondo! Penso ti piacerebbe dedicare quest’intervista ad un’amica Speciale che, da qualche anno, porti sempre con te… Hai piacere di scrivere gli aggettivi che hanno reso Dalia tanto unica? Si certo penso spesso a Dalia e con grande piacere le dedico questa intervista. Dalia è per me una persona straordinaria, ha segnato la mia vita più di quanto pensassi. Credo che non ci siano degli aggettivi per esprimere o dare un significato a quello che le persone come Dalia ti lasciano conoscendole e vivendo dei momenti con loro. Potrei dire che Dalia era una persona solare, sempre sorridente e piena di energia, una persona vera e buona, con la sua positività riusciva a coinvolgere tutte le persone che le stavano vicina ma quello che porto dentro di me, quello che lei

Viaggiando qualche waver in particolare ti ha colpita per il modo di surfare? Ho incontrato tantissimi ragazzi bravi in Wave ma chi mi ha colpito particolarmente è Leon Belanger, che ho visto la prima volta a Cabarete in Repubblica Dominicana e poi ho incontrato a Jericoacoara. Leon è radicalissimo nei salti e super stiloso in surfata, credo sia un vero talento naturale oltre che una grande persona a livello umano. Poi ovviamente c’è Alex Mussolini con il quale ho avuto possibilità di surfare qui al Cabezo; devo ammettere che è ad un livello superiore, forse viene da un altro pianeta, forse non è umano… è veramente un mostro in acqua, in qualsiasi condizione, in entrambe le mura!!! Quale tra le mete Wave che hai conosciuto ti è piaciuta maggiormente? Sicuramente le Canarie, qui puoi sempre trovare condizione, a Tenerife hai la possibilità di surfare in spot con onde veramente potenti. Il Cabezo è perfetto per saltare e se vai al nord trovi condizioni incredibili per surfare. I waver più bravi come 35


personalmente mi ha trasmesso, no questo non riesco a spiegarlo con le parole, credo che siano sensazioni molto personali e speciali. Ci sono momenti in cui mi sento veramente a terra e vado in acqua senza motivazione e quando sono là in mezzo al mare da sola ecco che lei mi appare e mi ricorda di sorridere. Porterò sempre il suo ricordo dentro di me ovunque.

C’è qualche persona in particolare che ti ha aiutata nei momenti di sconforto in mare? Ho sempre avuto tantissimi amici che mi hanno aiutata e stimolata, Attila, Faustino, Cristian... e tanti altri. Ora ci sono Andrea Cucchi ed il mio ragazzo che mi seguono spesso negli allenamenti e nelle competizioni.

Ti sei mai trovata in situazioni di forte paura in mare? Si qualche volta mi è successo, nel mio home spot, lo spot più facile del mondo credo ma che con i temporali di tramontana si trasforma in uno spot pericolosissimo e pieno d’insidie e non sai mai cosa potrà succedere in quei pochi minuti di vento forte. Una volta sono caduta nell’imboccatura della scogliera e la corrente mi ha portata fuori e le onde continuavano a sbattermi contro gli scogli, alla fine ho distrutto tutta l’attrezzatura ma per fortuna sono riuscita ad arrampicarmi sulla scogliera e ne sono uscita illesa. Di solito quando surfo in spot con rocce non sono mai tranquilla al 100%, ho sempre il timore di finirci sopra ed immancabilmente almeno una volta ci finisco sopra … ah ah ah… ed immancabilmente ho sempre delle ferite sotto i piedi!

Qualche consiglio per waver alle prime armi? Quale dovrebbe essere il primo passo, secondo te, per entrare in confidenza con le onde? Sicuramente scegliere uno spot facile con fondale sabbioso e onde piccole, che inizialmente ti permetta di surfare in tranquillità senza il pensiero delle correnti, delle rocce e dello short break. Una cosa fondamentale è sapere strambare e virare bene e avere confidenza con l’attrezzatura anche in situazioni di vento leggero perché molto spesso le surfate più belle si fanno senza vento proprio perché il vento è un po’ nemico delle onde, le appiattisce e le rende disordinate e irregolari. Per chi invece vuole imparare a saltare può iniziare con il chop tipico di tutti i mari e laghi, iniziando con salti semplici e poi può renderli più radicali utilizzando come rampe le onde formate… attenzione però, gli atterraggi non sono sempre soft!!!

Cosa significano per te le onde? Per me nell’onda si racchiude tutta la natura del mare, l’onda è purezza ed equilibrio, armonia e bellezza… solo stare a riva a guardare le onde che si srotolano e sentire il loro suono mi riempie di emozioni, l’onda è una forza della natura ed ha un fascino unico.

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Di cosa non potresti fare a meno? Del Windsurf! Qualche sogno nel cassetto? Mi piacerebbe organizzare un girls trip con tutte le ragazze che praticano windsurf alla scoperta degli spot Wave in Italia, è un progetto che mi gira in testa da molti anni ma ora sono focalizzata nel PWA, quindi spero di riuscire a realizzarlo prima o poi... l’altro sogno è Maui!

Cosa pensi del circuito PWA, sproneresti qualche ragazza italiana a partecipare a qualche tappa? Il livello medio è molto alto? Certo che spronerei le ragazze a fare il circuito perché il livello è alto ed è molto stimolante, inoltre per una ragazza è facile avere la wild card ed entrare nel circuito. Per iniziare e rendersi conto di come funziona si potrebbe partire con qualche tappa vicina come Pozo per il Wave e Costa Brava per lo Slalom.

FAST INTERVIEW

Sei supportata da qualche Sponsor? Ho scelto di entrare nel team Point-7, che oltre alla fornitura tecnica dei materiali offre un coinvolgimento attivo su tutte le iniziative della squadra, che vanno dall’allenamento allo sviluppo dei materiali, insomma una collaborazione a 360 gradi. AL 360 è altrettanto importante perchè una fornitura di boma in carbonio affidabili è quello che serve per poter avere un rig performante. Da quest’anno sono entrata nel team Patrik Diethelm Boards e sono molto soddisfatta di promuovere questo nuovo brand insieme a Karin, credo che Patrik sia un grande shaper e lo sviluppo dei suoi prodotti è in continua evoluzione. Inoltre sto collaborando con Meteosurf.it attraverso il quale riesco ad essere sempre informata sulle condizioni di vento che ci sono nei vari spot italiani in tempo reale. Con i costi che ci sono per gli allenamenti e per la Coppa del Mondo gli sponsor sono importanti e ben accetti per poter aiutarmi a concentrarmi più sulla gara.

Manovra preferita: Goyter Mure a destra o Mure a sinistra: entrambe Salti o Surf: surf Wave o Freestyle: Wave Attrezzatura preferita: Point-7 Swell 4.1 e Trailer Wave 72 litri PD Spot preferito: El Medano Film preferito: bhò… guardo solo video di Windsurf Gusto di gelato preferito: nocciola Libro preferito: “Dance dance dance”, Haruki Murakami Windsurfer preferito: Francisco Goya Cibo preferito: piadina con prosciutto! Genere musicale preferito: rock Un “must” per il tuo uomo: …surfista e che mi lasci libertà Vino o Birra: 100% cerveza


SEGUICI SU:

CALENDARIO C ALENDARIO R RRD RD TTEAM EAM TTWELVE WELV 2011 Regate R t slalom l l del d l circuito i it “Free “F 12” AICW AIICW valide lid per la l classifica l ifi 2011 2011 RRD RRD Team T Twelve 14 - 15 Maggio 02 - 03 Luglio 23 - 24 Luglio 01 - 02 Ottobre 30 Ottobre - 01 Novembre

Spring Cup 11 Wind’s Bar Tabo Cup Windsurf Cup Coluccia Finals

Marina di Grosseto (GR) Torbole (TN) Gera Lario (CO) 3 Ponti (LI) Coluccia (OL)

CDV Grosseto CDV Grosseto - CS Torbole CDV Grosseto CDV Grosseto CDV Grosseto Per info e iscrizioni: Compagnia Della Vela Grosseto info@compagniadellavelagrosseto.it www.compagniadellavelagrosseto.it Segreteria: Debora 3496020025 Coordinamento tecnico: Filippo 3483039778

Pro-Rider: John Skye

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OVO TEAM LIVORNO accompagnerà il tour RRD Team Twelve con musica e animazione

www.robertoriccidesigns.com - info@ robertoriccidesigns.com


Full speed, andatura sopra i 34 nodi, qui il trim deve essere perfetto.

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Oramai sono circa 17 anni che faccio regate in quasi tutti i posti del mondo e, a dire la verità, non ricordo di aver mai detto di un posto: “li ci vado perché è facile”. Ogni luogo è diverso per corrente, chop, onda, vento. Non esiste un posto “uguale” ad un altro e la differenza è sempre tanta. Ogni volta che arrivo in un luogo per disputare una regata devo assettarmi di nuovo per trovare il giusto trim: vela, albero, pinna, cime del trapezio e piede d’albero (questo è uno dei motivi che ti spinge ad arriva sempre due giorni prima della regata). Al mare, come al lago, ci si può affidare inizialmente all’impressione generale che uno si è fatto in allenamento, ma poi bisogna fare i conti con le condizioni che si trovano al momento ed è qui che subentra “l'esperienza”. Si entra in acqua e si fanno i primi bordi col GPS, poi si sfruttano gli altri regatanti... Io ho la fortuna di provare con Albeau, Dunkerbeck e devo dire che ogni volta per me è sempre un ottimo bagaglio di esperienza. Tra le legnate prese si continua a crescere e a conoscere cose che da solo non arrivi a percepire. Dopo aver provato nei giorni che precedono la gara si ha sempre l'impressione che il trim perfetto non si possa raggiungere. Un giorno hai provato una pinna che pensi sia buona e il giorno dopo quella stessa pinna ti sembra più lenta solo perchè c’è un po’ più di chop. Comunque, l’impressione generale è quella che conta: “Se andavo bene prima significa che quella situazione era giusta, non ti fare trip mentali e


In regata non bisogna prendere rischi inutili! Da non fare!!!

daje er gas... ora sei pronto per fare la tua regata”. Il momento è arrivato: prima dello skipper meeting entro in acqua a provare la linea della partenza ed il campo di regata. Controllo soprattutto la prima boa perché è lì che nello Slalom ci si gioca tutto. Dopo aver visto le batterie, che generalmente sono da otto concorrenti, vado in acqua e provo da dove devo partire. Se l’allineamento è storto significa che la boa di partenza è messa in modo che al momento dello zero secondi sei davanti a tutti di almeno 20metri. Se l’allineamento è orizzontale barca-boa, è perfetto partire più vicino alla barca in quanto ti consente di lanciarti a tutta velocità sulla prima boa di strambata. La cosa fondamentale però è il tempo: senza il timing giusto non vai da nessuna parte anche se sei veloce. Io di solito mi metto vicino alla barca giuria per sentire il conto alla rovescia dei giudici e prendere esattamente il tempo, non do mai retta al segnale acustico. Successivamente scendo a velocità sostenuta fino alla prima boa di strambata, ritorno e passo l'allineamento con uno sguardo alle bandiere che ci sono in barca giuria. Ad un minuto strambo nell’area detta “pista di lancio” ed aspetto fermo per quasi trenta secondi, a venti comincio ad avvicinarmi all’allineamento e a dieci chiudo la vela e mi involo sulla linea di partenza. Se hai preso giusto il tempo passi a trenta nodi e pensi solo alla prima boa. Alla prima strambata ti giochi l’80% della tua regata di Slalom. Se sei avanti non hai problemi ma se sei dietro devi fare attenzione ai tuoi avversari. A secondo di come strambano tu devi cercare di prendere subito posizioni: se quello davanti a te “chiude” la strambata in boa tu ti allarghi e non gli stai mai in scia. Ricorda che una strambata di uno Slalom alza un’ondina che può farti cadere. Se il tuo avversario si allarga e ti lascia lo spazio che tu reputi sufficiente entra senza indugi, così facendo ti porti soppravvento a lui dopo che giri le mura della vela e quindi lo “copri” dal vento avvantaggiandoti nella ri-partenza. Dopodichè si continua così fino all’arrivo. Se sei stato bravo e sei nei primi 4 passi il turno, se no te ne vai a riva ed aspetti il prossimo tabellone. Ecco, queste in linea generale sono le mie abitudini in una regata di Slalom e sono un po’ quello che fanno tutti gli atleti o quasi nel PWA, ognuno però con i propri segreti...

Strambata in uscita dalla boa. Sguardo fisso sulla prossima boa per scegliere la traiettoria migliore e valutare le condizioni del campo di regata.

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È da dieci minuti che girovago nella periferia di Marignane. Ormai tutte le periferie francesi si assomigliano. Un lunghissimo corridoio tempestato da insegne degli esercizi commerciali, con qualche vetrata sfigurata dai graffiti anarchici tra le case dei ceti medi. Anders Bringdal ha vissuto a Perth in Australia, alle Hawaii, negli Stati Uniti, in Cina ed, ovviamente, in Svezia anche se molto tempo fa. Era prima, prima che conoscesse il mare, il vento e le onde… Colui che per quindici anni ha continuato a contendersi la posizione più alta del podio per scalare la gerarchia mondiale assieme a Bjorn Dunkerbeck e Robby Naish, oggi vive in un piccolo paese nei pressi dello stagno di Berre, non lontano da Marsiglia, assieme a sua moglie Manu ed al loro neonato di 18 mesi, Axel... Tornando da Singapore e sentendo ancora molto l’effetto del Jet-lag, Anders, che ormai da anni è a capo del marchio Mistral, ci ha accolto come se fosse un’abitudine. Calorosamente e con genuinità. Dubito che tutti gli svedesi siano così, sicuramente i francesi non lo sono. Disponibile e rispettoso degli altri senza il minimo sforzo ed in totale naturalezza. Morceaux choisis... Anders, per cominciare, torniamo velocemente sulla fine della tua carriera. Per gli sportivi professionisti questa è vista come un « piccolo lutto ». Tu come l’hai vissuta?

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È venuto tutto naturale. Nel 2000-2001, eravamo davvero sulla cresta dell’onda del circuito mondiale. Avevo vinto e vissuto gli anni d’oro in cui si arrivava ad avere 17 tappe immancabili in un anno di competizione! Un impegno a tempo pieno. Un giorno sei alle Hawaii, il giorno dopo a Fiji. Poi è arrivata la moda del freestyle e del freeride (ndr: format Super X). Per esasperare la situazione poi, i miei unici interessi ad essere pro erano per volare sulle onde di Pozo e surfare nello shore-break di Sylt, firmando autografi alle vecchiette ottantenni che vengono a guardare lo spettacolo. Una mattina, mi sono guardato allo specchio e mi sono chiesto: “Anders, credi veramente che…?”. Avevo ancora dei problemi da risolvere che mi pesavano sulle spalle. È una questione di perdita di motivazione ed oggettività. Al giorno d’oggi però, la coppa del mondo ha un livello ancora notevole ed interessante e sarei davvero tentato di gareggiare nuovamente, pur sapendo di non esser realista… Tu hai gareggiato al più alto livello in un periodo ora considerato come l’età d’oro dello sport. Non sei riuscito a raccimolare abbastanza da poter vivere di rendita durante la pensione? (Ride) No, Bjorn ha guadagnato molto più di me! Non parliamo poi di Robby! I soldoni sul tour erano messi dalle aziende del tabacco. Io personalmente non ho mai avuto un contratto diretto con queste compagnie e, alla fine, la differenza si nota. Non avrei comunque accettato, forse è il mio codice etico svedese! Non so…


Si vocifera che a quell’epoca Robby (Naish) riuscisse a vincere in media un milione di dollari a stagione? Così si dice... Mah, io ricordo una cena a cui c’eravamo io, Bjorn e Robby. Ad un certo punto Robby ci fissa dritto negli occhi e ci dice: “Hey, sapete cosa boys? Voi vincete solo noccioline, che peccato…”. Eravamo già rimasti indietro! Tutto il mondo ora parla degli anni ’90 come l’era d’oro ma, potendo scegliere, gli anni ’80 erano il periodo migliore per diventare un pro windsurfer! Se volete proprio saperla tutta, io di media vincevo dagli 80.000 ai 130.000 dollari di prize-money a stagione... Era per questo che vi potevate permettere di girare in smoking e svuotare il bar... arrivando in Ferrari alle cerimonie di chiusura… (Malizioso) Ma all’epoca eravamo obbligati a venire in smoking alle cerimonie di chiusura, era il regolamento! Ok, basta bugie! Era nel ’91. Robert (Tériitéhau) aveva noleggiato una Ferrari 348 per la durata della prova di Diamond Head. Allora io ho noleggiato una Lamborghini Diablo per 24 ore. Le ho fatto quasi toccare la velocità di punta per le strade di Honolulu! Se gli sbirri mi avessero fermato, sarei ancora rinchiuso in una cella umida e buia. Ok, mi sono divertito. Vivevamo un sogno, tutto era grandioso. È evidente, ai tempi ce la siamo spassata di brutto… Dopo aver abbandonato le competizioni, non hai però dimenticato il windsurf, partendo per andare due anni in Cina... Appena partito, infatti, l’idea era proprio quella di trovare un’azienda adatta a produrre la mia linea di tavole AB+. Il tutto s’è svolto in maniera leggermente diversa da come avessi pianificato. Mi sono associato con due cinesi, poi degli australiani. In men che non si dica poi ci siamo buttati a capofitto in questa impresa. Io ero il product-manager. Era la prima volta che mi sembrava davvero di andare a lavorare! Era interessante ed intrigante ma mi sono ritrovato immediatamente a lavorare come un mulo sette giorni su sette, 12 ore al giorno. È stato davvero interessante e bello vedere le tecnologie evolversi, portando il pré-preg carbon, il sandwich a nido d’ape e la finitura leggera. Ho imparato molto. Poi i conflitti e le discussioni hanno fatto sorgere i primi problemi. È stato un male per un bene. Se così non fosse stato, probabilmente sarei ancora in Cina in questo momento… Torniamo allora alle Hawaii, quando ricominci a surfare assieme a Robby... Durante quei due anni passati in Cina, non ho praticamente toccato una tavola. Ho solo fatto delle regate su barche. Adesso che ci penso, questo ripiego mi ha fatto davvero bene. Ho lasciato il windsurf con un piede ridotto piuttosto male e poi mi è tornata una voglia enorme di ricominciare. Non mi dimenticherò mai i miei primi anni passati alle Hawaii. Arrivi ad Hookipa, ci sono onde pulite di 3 metri e nessuno in acqua! Tu ti chiedi strabiliato: “Ma i ragazzi qua perchè non stanno surfando?!?”. “Oh, il vento oggi è un po’ troppo rafficato, poi la direzione delle onde non è il massimo…”. Io ho invece ritrovato la semplice gioia di fare windsurf senza la minima pressione, senza dover sempre spingere i propri limiti e rischiare per diventare più radicale, prima invece era quasi divenuto un dovere… Robby aveva semplicemente bisogno di una mano per sviluppare le sue vele race. Sai, tra di noi non ci sono problemi di ego. Ci rispettiamo un sacco… Anders vola con la sua attrezzatura durante il PSL Speed Event a Fos sur Mer. © Jérémy Lacave/entre2clic.com

Come s’è presentata l’opportunità di prendere in gestione Mistral? Ho lasciato le Hawaii per trasferirmi definitivamente nel sud della Francia… perchè? Perchè ho incontrato Manu (Duby). È un classico che una ragazza arrivi nella tua vita e sconquassi ogni cosa, vero?! Ci siamo conosciuti a Fuerte. Aveva smesso di fare windsurf già da un po’ (ndr: Emmanuelle Duby ha fatto numerose stagioni nel circuito mondiale femminile), ma ha partecipato a due olimpiadi da allora. Abbiamo un sacco di cose in comune. Per farla breve, eccomi qui nella mia nuova residenza francese, con base a Marignane, lavorando duramente per cercare di lanciare il mio marchio AB+ quando, due anni fa, una persona con cui non avevo nemmeno parlato, mi ha mandato una mail con un numero di telefono. Di solito, queste mail finiscono dritte nel cestino. Il mittente però era Ernstfried Prade, uno dei tre fondatori storici di Mistral... Un’opportunità irripetibile… All’inizio, a dir la verità, ho rifiutato. Non mi sentivo all’altezza della situazione. Avevo troppo rispetto per questo marchio storico ed emblematico. Mi ricordava troppo tutti gli anni passati a combattere contro Robby, Patrice (Belbeoc’h), Pete Cabrinha, Bruce Willy... È un marchio leggendario, Mistral, il primo in circolazione, l’origine dell’intero movimento! Io a confronto sono nulla, solo un bravo racer e basta… Cosa ti ha fatto cambiare idea? Ho chiesto un periodo per pensarci con calma. Non ho pensato ad altro per svariati giorni. Com’è il windsurf al giorno d’oggi? Cosa rappresenta Mistral per il pubblico? AB+ era un marchio minore, facevo i miei piccoli affari nella mia nicchia, Mistral è una multinazionale… Per dirla tutta, mi sembrava però che l’immagine del marchio fosse stata un po’ sminuita negli ultimi anni. La realtà aveva indebolito il mito. Dal punto di vista finanziario poi, è davvero difficile gestire un mostro del genere… Prova a metterti nei miei panni: sei uno svedese con 8 mesi di anzianità lavorativa in Francia, vai da un banchiere e gli chiedi dei soldi col sudore alla fronte. Era però una tentazione troppo forte: ecco allora che alla fine ho deciso di buttarmi, era un’opportunità irripetibile. Hai acquistato la licenza per il marchio windsurfistico a livello mondiale? Io ho la licenza ed ho le royalties. Tutte le tavole Mistral escono anche con un logo AB+. È come la mia firma, il mio logo, la mia piccola impronta. Aiuta essere Bringdal quando si cercano dei distributori o di spingere nei surfshops? Ovviamente, quando parli di tecnica, tutti ti danno retta, perchè conoscono la mia reputazione e sono credibile. Quando però ho fatto partire AB+, ero un po’ ingenuo, pensavo che bastasse proporre un ottimo prodotto per venire accolti a braccia aperte. A dire il vero poi ho scoperto che la fonte di maggiore interesse è il margine di ritardo nel pagamento che garantisci al negoziante, in modo che possano gestirsi le loro finanze come meglio credono e pagarti a loro piacimento. Personalmente, era tutto così nuovo che sono rimasto scioccato! Era ormai da 20 anni che la mia realtà giornaliera era quella di lavorare senza stop ai miei nuovi prototipi di tavole e vele, Anders nel suo nuovo home spot di Carrò (Marsiglia). © Jérémy Lacave/entre2clic.com

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Anders a Maui. © Darrell Wong

in modo da avere il miglior prodotto possibile. Questo era il mio campo, la mia routine. Ho scoperto quindi che la mia visione e la realtà del mercato erano sensibilmente diverse. In effetti, è stato anche interessante e costruttivo dover imparare a gestire questi nuovi parametri. Siamo cresciuti poco a poco, paese per paese, per non fare il passo più lungo della gamba. Oggi stiamo cercando di far riemergere i principi fondamentali dietro al marchio, diffondendo nuovamente la filosofia iniziale, basata su qualità e performance, un ottimo prodotto, garantito…

produzione per tutte le marche, è davvero difficile ottenere un prodotto diverso dal resto. Assieme a Kinetic e Jimmy Lewis (responsabile della produzione), cerchiamo sempre di rinnovarci ed essere singolari. È stato proprio per questo che lo scorso anno non abbiamo avuto praticamente alcun ritorno. In generale però, tendo a lasciare una maggiore libertà a tutti i miei shaper tra cui Chris Lockwood e Gianni Valdambrini ed ai miei rider. Non voglio trasformare Mistral nell’Anders Bringdal Show, non avrebbe alcun senso…

Chi sogni di vedere con una tavola Mistral sotto i piedi tra i riders di oggi? Ce ne sono un sacco… Serve però della carne fresca, puntare sui giovani. Idealmente, io cercherei qualcuno che personifica la profonda passione per il nostro sport. Si dovrebbe intuire, percepire e vivere ogni volta che lo si vede in spiaggia. Ne sono alla ricerca in questo momento. Ovunque vado, controllo, osservo. Mi viene naturale, attendo una sorta di colpo di fulmine. Colui che m’incuriosirà a tal punto da farmi dimenticare se sia una mossa azzeccata a meno per il mio business. Vai! È lui! Non è solo per il tuo marchio, ma per tutto lo sport… !

Raccontaci un po’ della vita di tutti i giorni. A tuo avviso, Marignane regge il confronto con le Hawaii? (Ride) La realtà è che le Hawaii sono la end station. La fine della corsa. È un’isola, un enorme masso nell’Oceano, circondato da onde e clima tropicale. Okay, è un paradiso per molti aspetti, ma è come vivere in una bolla dorata che può scoppiare al minimo sussulto. Qui posso fare un sacco di cose. Per esempio, se vado in macchina per due ore, posso andare a sciare. Senza contare poi che le statistiche del vento sono davvero ottime e c’è anche una grande varietà di condizioni…

Hai deciso di spostare la produzione in Vietnam piuttosto che restare da Cobra in Tailandia dove vengono prodotte tutte le tavole di serie, perchè? Cobra si occupa del 90% della produzione mondiale di windsurf. La mia idea è che se tutti i prodotti vengono realizzati nella stessa fabbrica, con la stessa resina, la stessa fibra di vetro e le stesse persone che utilizzano un unico processo di 42

In effetti, ci pare un po’ strano vedere Anders Bringdal che naviga il week-end da bravo padre di famiglia a Jaï o a Carro... Io sinceramente lo trovo davvero esotico e divertente! Davvero, adoro la Francia. Poi si mangia benissimo! Una volta a settimana invito Manu a cena in uno dei nostri


Hai così scoperto le restrizioni ed i problemi del dover passare dal fare windsurf al dover gestire rapporti professionali, famiglia e svago. Benvenuto nel club... Eh sì, anche se cerco di uscire con costanza. Posso mollare tutto se le condizioni sono buone. Devo poi però lavorare sette giorni su sette. Il mio orologio ha già la sveglia programmata, ma mi dice quando devo andare a dormire, invece di quando sia ora di svegliarmi. È la sirena che marca la fine della giornata di lavoro e mi obbliga a dormire per qualche ora. Vogliamo rilanciare completamente Mistral, dandole nuova vita! C’è sempre qualcosa da fare o quache problema. Quando non sono in ufficio, sono su skype che faccio chiamate dall’altra parte del mondo senza esserci di persona: bisogna sempre essere da qualche altra parte! Bisogna però cercare di non stancarsi troppo e di non commettere errori, quando ero un corridore, non ho mai smesso di: lavorare sulle mie vele, sulle pinne, sugli alberi, sulla curva del boma, i materiali utilizzati… Non mi pesa, anzi mi diverto… Sembra però che non ti sia completamente saziato di adrenalina in questa nuova avventura, dopo averne assaporata a fiumi durante le competizioni… È chiaro, ti scorre nelle vene! Però era diventato un po’ frustrante. Era da così tanto tempo che mi allenavo esigendo così tanto da me stesso e dal materiale che mi veniva male pensare di non riuscire ad arrivare al livello di eccellenza che volevo raggiungere. Questo non ha niente a che vedere con gli altri, vincere o perdere, non me ne fotte nulla, va bene così, ho già provato tutto quello che dovevo. Semplicemente odio fare le cose a metà. Navigare un po’ loose per il mio divertimento personale non è assolutamente un problema, ma in gara non se ne parla… Al giorno d’oggi, quando prendo la decisione di affrontare anche una piccola prova, penso solo di uscire per divertirmi, una sorta di ritorno alle origini, godendomi il momento. Non ho alcuna voglia di diventare nuovamente il Pro Anders Bringdal che gareggia per... Una volta in acqua, mi sento nuovamente a mio agio… è come una molla che scatta nella mia testa e mi dice, chiudi la vela e vola Anders! Penso sia nei miei geni… !

ristoranti preferiti di Aix-en-Provence. È davvero romantico. Anche quando siamo a Maui, infatti andiamo comunque in qualche ristorante simile giusto per non perdere l’abitudine. Tra tre settimane ci andremo per la prima volta in famiglia. Ne approfitterò per organizzare un piccolo photo-shooting e restare in contatto. Manu è un po’ spaventata. Si è tagliata un po’ sul reef di Hookipa. Io le ho detto: tranquilla, abbiamo tutti quel tipo di souvenirs dalle Hawaii!

Quell’autunno eri a Lüderitz in Namibia. Che cosa ti ha motivato a fare quest’impresa, sapendo comunque che in 9 occasioni su 10 i kiter riescono comunque a rubare i riflettori… Sapevo che Antoine (Albeau), Bjorn (Dunkerbeck) e Finian (Maynard) avevano rifiutato l’invito. Sapevo anche che era solo una questione di tempo prima che i kiter rubassero il record. Non finisce qui inoltre, pensavo che avrebbero addirittura raggiunto i 60 nodi! È questa consapevolezza che mi motiva ad andare sempre più veloce in windsurf. Per il resto, è anche inutile confrontare il kite col windsurf e l’hydroptère. Sono tre mezzi completamente diversi, che offrono sensazioni completamente diverse. Poi, si può anche polemizzare: sì è vero l’hydroptère è da miliardari, rispetto a noi poveri sacchetti di plastica… Sì, ma i kite hanno rubato il record perchè fanno le run in 10cm d’acqua… e così via… Non hanno quasi nemmeno le pinne… per forza se ne approfittano! Anders, home office a Marignane, Sud Francia.

Ti sei recentemente rotto il naso a Carro. Come fa Mr. Bringdal a rompersi il naso a Carro? Era il 24 dicembre! Il mio regalo di Natale! Era entrato davvero un grosso swell, più di 3metri. L’onda era davvero potente e ripida, ma il vento era piuttosto leggero e rafficato, da terra. Improvvisamente, mi sono reso conto che il mio timing nel bottom non era più quello di una volta. Sulla mia quarta onda mi sono stampato in un Aerial e sono volato di faccia sul boma due o tre volte, con forza. Improvvisamente non sentivo più la faccia. Effettivamente ho fatto fatica a capire se mi fossi rotto il naso o se l’avessi perso tra le onde. Quando sono uscito ho visto che i ragazzi in spiaggia stavano impallidendo ed allora mi sono detto, porca put***a, mi sa che non son messo proprio bene! Manu mi stava aspettando tranquilla nel furgone ed appena sono arrivato con metà mano sul viso insanguinato si è messa ad urlare e siamo partiti a tutta velocità verso il pronto soccorso ! Una stupidata, niente di chè… un tipico errore da principiante in un’Aerial. 43


Anders e il suo equipaggio sul Hydroptèr, Sud Francia. © Eric Emmanuel/photodingo.com

Hai però battuto il record in mare aperto con una run a più di 44 nodi… Sì, ufficialmente, sono ancora io l’uomo da battere (ride)! La verità però è che questo record non è molto significativo… L’Open Ocean Record non è altro che un tentativo andato male di Bjorn, sponsorizzato da Red Bull. Avrebbero dovuto aver maggiore pubblicità! C’è però una cosa interessante a mio avviso. Nella mia run, la velocità massima è stata di 47 nodi ai 250 metri, finendo la run complessiva a 44,80 nodi. Il tutto però con vento sui 30-32 nodi! I kiter invece sono arrivati a 56 ma con raffiche ben oltre i 50 nodi! È quindi interessante considerare tutto in prospettiva. Il giorno X, non c’era neanche abbastanza acqua alla partenza per planare con la mia pinna da 17 cm. Con questa pioggia di nuovi record, i 44,80 nodi vengono un po’ sminuiti, ma dev’essere una sensazione pazzesca! Racconta… La sensazione… Prendi Antoine o Bjorn, loro al giorno d’oggi, su una run di slalom con choppo riescono ad arrivare ai 35 nodi di punta. Rispetto. Ormai i 32-34 nodi di velocità di punta sono la discriminante per la coppa del mondo. Un buon amatore invece punta ai 27-28 nodi, già un’ottima velocità. Personalmente, il mio record in navigazione libera è stato qui allo stagno di Berre, con condizioni quasi ideali, 43 nodi. Non sono mai stato così veloce, pensavo di morire (ride)! La sensazione che cerchi è quella di libertà e continua accelerazione. Sentire che il tuo unico limite sei tu stesso, non le condizioni nè tantomeno il materiale, esigendo che continui ad accelerare senza limiti. È una sensazione grandiosa. Se poi arrivi a provare questa sensazione a 140° rispetto alla direzione del vento, sei al top. Voli. Il trucco è riuscire a mantenere il controllo sulla distanza, non di andare a bomba per 100 metri e poi esplodere alla prima raffica… 44

Ti ricordi com’era il circuito negli anni ’90, quando snobbavate un po’ tutti la velocità, come se fosse troppo facile andare a tutta velocità in linea retta… Avevamo ragione ! Noi uscivamo ed andavamo sempre dritti ! Dopo un po’ però ci siamo stufati di andare sempre in linea retta, anche se planare è la base del windsurf… ed ecco che abbiamo inventato la strambata, perchè in qualche modo bisognava rientrare verso riva! All’inizio era davvero faticosa, tecnica e pesante da imparare… Il record, è irrecuperabile per i windsurfisti? Sarà davvero difficile. A giorno d’oggi il record rimane quello di 49 nodi di Antoine sul canale dei Saintes. Il materiale però sta diventando sempre più veloce. Con le stesse condizioni, ora sono in grado di andare 3-4 nodi più veloci, ma non credo che arrivino a guadagnare 10 nodi. Sicuramente non su quell’acqua poi… A Lüderitz la fine della run è un assoluto massacro per i windsurfisti, la valle della morte: arrivi a 45 nodi tra due enormi banchi di sabbia e devi passarci perfettamente in mezzo, nei due metri di larghezza del canale! Il vero problema per noi windsurfisti è che con 50 nodi di vento, ci sono delle notevoli turbolenze a 3-4 metri da terra. Con l’ala a 15 metri da terra, invece, il vento per i kiter è più costante. A ciascuno i suoi meriti ed i suoi problemi… L’hydroptère. Come hai fatto a ritrovarti in questa avventura? Mia madre mi ha sempre ripetuto: nella vita è meglio essere fortunati che bravi! Era ormai da un anno e mezzo che navigavo con loro. La mia posizione era in avanti, ero il primo che si doveva occupare di sistemare l’angolazione delle vele o dello spinnaker in ogni eventualità. Il punto in comune tra windsurf ed hydroptère è che, a fine run, sei cotto: rilasci una tensione fisica e mentale davvero enorme. In


windsurf è bello perchè sei tutto solo, voli sull’acqua a tutta velocità ed ogni tua mossa dipende solo da te. Se qualcosa dovesse andare storto, puoi decidere se buttarti in acqua, lanciare il materiale. In barca, invece, quando senti che stai perdendo il controllo, non puoi saltare, devi restare in mezzo al casino assieme a tutti i tuoi compagni a bordo. A volte, sull’hydroptère, quando vedo arrivare un’onda più grossa o una raffica più forte, penso tra me e me: “Non ce la faremo mai, chiudo gli occhi, anche se non dovrei e …passa!’’. È mostruoso quanta potenza generi questa imbarcazione… Dalla prima volta che abbiamo battuto il record assoluto (51,36 nodi in settembre a Hyères), l’atmosfera è stata indescrivibile. Dopo abbiamo anche battuto il record sul miglio nautico con una media di 50,17 nodi. È più importante per i marinai. È però davvero eccezionale poter sfrecciare ad una simile velocità sull’acqua con due mezzi così differenti… A Port St Louis, in novembre, hai battuto Bjorn. Ciò ti ha fatto tornare la voglia di concentrarti nuovamente sulle competizioni e magari gareggiare a Sylt? Sono consapevole che ci voglia una grande forza di volontà per restare al top. Penso che la stampa, le premiazioni e la fama non gli interessino minimanete. Lui lo fa solo per una sfida personale. Ed ora ha un nuovo rivale: Antoine. Qualcuno che lo spinge come non mai, che non gli permette di sgarrare un attimo. Lui vive per questo. Sarà davvero interessante quest’anno. Potrebbe essere la volta buona che Bjorn riesce a sbarazzarsi di Antoine... Recentemente, Marco (Copello), che è stato uno dei tuoi primi sponsor di tavole, ci ha raccontato che all’epoca voi due ve la giocavate a livelli incredibili… Ti rispondo con un aneddoto: mi ricordo di una prova con vento molto forte, in cui abbiamo disputato 10 manche di slalom. Io e lui ne avevamo vinte cinque a testa. Parità perfetta. L’ultimo giorno il vento è calato ed era appena sopra il limite. Mi ricordo ancora: Bjorn era impaziente e continuava a spingere, sì sì, bisogna andare, fatela partire, dobbiamo gareggiare, allora, andiamo o no? Non mollava mai... e spesso ne usciva vincitore. E, purtroppo per me, semplicemente, era poco più forte e veloce di me in windsurf... Pensi che il livello generale in coppa del mondo sia più o meno competitivo rispetto a 10 anni fa? In termini di competitività, penso che sia più o meno uguale. Però ora, uno dei primi 10 rider averebbe sicuramente dato un giro a tutti i rider del tempo. Il materiale è cambiato così radicalmente che è come se mettessi a confronto due macchine con rispettivamente 800 e 350 cavalli sotto il cofano. Sono due categorie diverse… La differenza principale però è che ai tempi era anche fondamentale il titolo Overall. Per far parlare di te, dovevi necessariamente spaccare in tutte e tre le discipline! Oggi invece è tutto più segmentato e specializzato. Lo sport si è evoluto talmente che è quasi impossibile avere un vincitore Overall. Ross Williams però potrebbe essere un possibile campione Overall, assieme a Kevin Pritchard, ed anche Antoine è un rider completo…

SUPER SESSION Parli un ottimo francese, quindi devi essere riconoscente a noi francesi… Bhè certamente, ho fatto un buon affare direi! Ho fatto i miei compiti da vichingo, ripopolando la Francia con un po’ di occhi blu cielo! Una cosa che ti da fastidio della Francia? I caselli autostradali! Mi fanno infuriare! La tua caduta peggiore in assoluto? Il mio primo grosso wipe out à Jaws. Hai tutto il tempo d’immaginarti mentre rotoli come una bambola di pezza, scivolando lungo questo enorme muro d’acqua che sai ti travolgerà senza pietà. Al momento dell’impatto, poi, ti rendi conto di essere completamente disorientato. La paura arriva dopo. È una paura retrospettiva. Più di recente stavo navigando a Fos con la 4,7 con un maestrale molto forte. È arrivata una raffica molto più forte delle altre che mi ha letteralmente fatto volare via come una foglia in autunno. Sono quindi scuffiato e mi sono trovato da solo, al largo, col vento da terra che mi spingeva verso il mare aperto. Mi sono ritrovato a nuotare all’indietro come un gamberetto e son ritornato immediatamente a riva. Non ti fa arrabbiare ingrassare e perdere i capelli? Ma smettila! Ho perso 6 kg! Per il resto è anche vero, ed ora sento il vento battere più forte sulla fronte che nelle orecchie… Il mestiere che avresti sognato di fare? Sai, non è poi una realtà così difficile da concepire che molti di noi siano passati dall’essere rider alla produzione o amministrazione dei marchi. All’epoca, Neil Pryde vendeva dalle 160-200.000 vele l’anno, e gli stipendi dei product-manager erano davvero esorbitanti. Ci ridevamo e scherzavamo. Così poi abbiamo imparato i segreti del mestiere. È stata come un corso formativo continuo di cui non ci siamo neanche resi conto. Mi sono reso conto col passare degli anni. Il windsurf, questo ho nel mio spirito. Una band o un gruppo musicale... Suono la chitarra il più spesso possibile, anche se faccio pena. Lo adoro, mi diverto un sacco. Comunque tutto sommato ho degli ottimi ricordi degli Stati Uniti… Oggi con che mezzo giri? In furgone. Ford Transit. 12m3, il top!

Il freestyle... Il mio freestyle, si ferma alla duck-jibe ! Continuo a fare il mio lay-down 360°, e riesco ancora a farlo bene! È davvero formidabile però cosa riescano a fare al giorno d’oggi. Non capisco bene come facciano, ma fanno impressione! Ormai è un po’ troppo tardi per me, avrei davvero bisogno di cambiare parecchie cose! Essere un giovane padre ti cambia la vita… Cambiano sopratutto le conversazioni che fai in spiaggia. Al posto di parlare di pinne e concavi, si parla di culle e biberon! Con Bjorn, ho fatto delle discussioni accese ed interessanti su entrambi gli argomenti! Non so se tu ne sia consapevole o meno, sentendo il tuo passato che parla per te, che hai comunque una reputazione ed un’aura di simpatia per tutta la gente dell’ambiente e che condivide questo nostro sport… Atteggiarsi ad essere il campione inarrivabile non è mai stato il mio forte. Non siamo altro che dei piccoli windsurfisti che si divertono col vento e le onde. È comunque bello, davvero bello. Non penso che si possa riassumere il tutto in maniera migliore…

ANDERS BRINGDAL NATO A Stoccolma (Svezia) nel 1967. VIVE A Marignane, Francia. 1986-2000: Due titoli di Campione del Mondo in slalom e course race. Otto volte secondo overall (wave, slalom, course race). 2002: Fonda il suo marchio di tavole AB+. 2009: Luglio, prende in gestione il marchio Mistral Windsurfing. Vincitore del titolo mondiale di speed. Record mondiale di velocità sull’Hydroptère (51,36 nodi). 2010: Ocean Open Record a Lüderitz (44,81 nodi). 45


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ALLA RICERCA DEL NUOVO È l’inizio di gennaio, nel bel mezzo della stagione delle enormi basse pressioni che sferzano l’Atlantico settentrionale, e nell’aria echeggia il dolce richiamo delle sirene che ci attira verso qualche spot remoto con onda pulita e vento side-off. Proprio in questo momento, da qualche parte nel mondo, all’orizzonte si stanno allineando delle barre perfette. Il problema principale adesso è la scelta dello spot, che fa affidamento sulle nostre capacità investigative per trovare la location con le onde che abbiamo sempre sognato, dopo aver perso tutto questo tempo cercando in giro per gli angoli più segregati del globo. Per quanto mi riguarda, non avevo pianificato nulla per l’inizio della stagione e quindi stavo cominciando a preoccuparmi, perchè le destinazioni in questo periodo sono piuttosto difficili da trovare. Fortunatamente, all’inizio dell’anno, il mio fotografo preferito mi ha contattato per parlarmi di una piccola sorpresa… un viaggio in barca sull’isola di Boa Vista, nell’arcipelago di Capo Verde.

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Capo Verde è un gruppo di una dozzina di isole nell’Oceano Atlantico, ex colonia portoghese ed ora Repubblica indipendente di Capo Verde. Queste isole sono cresciute molto nel 17esimo secolo, durante il periodo del commercio di schiavi. L’arcipelago di origine vulcanica è situato al largo della costa del Senegal, ed ha il tipico clima desertico. Senza la minima esitazione, prenoto il mio biglietto per Capo Verde (ancora) alla ricerca di nuove avventure. Capo Verde viene spesso confuso con l’isola di Sal ed in particolare Ponta Preta... Era praticamente impossibile per noi tornarci per l’ennesima volta senza ripercorrere i sentieri battuti da noi e dai nostri antenati, quindi abbiamo deciso di andare in barca ad esplorare l’isola di Boa Vista a sud di Sal. Anche quest’isola è comunque conosciuta per la qualità delle sue onde e degli spot, che sono molto tecnici e difficili da raggiungere, spesso infatti è quasi impossibile entrare dalla spiaggia. La barca quindi è davvero indispensabile e perfetta per domare gli spot migliori di quest’isola segregata.


BOA VISTA Boa Vista è ancora molto tranquilla e tradizionale, ma non per molto ancora, come sta capitando in molti posti d’interesse in giro per il mondo che stanno cambiando radicalmente a causa dello sviluppo improvviso portato dal turismo. È davvero triste che ci siano schiere intere di imprenditori pronti a distruggere questi piccoli paradisi con enormi alberghi e facendo sviluppare un turismo di massa indiscriminato. Questi centri turistici poi finiscono ovviamente per brutalizzare il paesaggio ed inquinare le spiagge, sfruttando migliaia di turisti alla ricerca di destinazioni esotiche. Come spesso capita, restano rinchiusi nei loro alberghi, come delle prigioni, passando giornate intere tra buffet e piscine o centri benessere, senza informarsi minimamente sulla cultura locale e tanto meno fare lo sforzo di mettere il naso fuori dal pianerottolo. Questo fenomeno non è locale però, specialmente in Africa, la povertà totale della comunità che vive intorno a questa ricchezza irrispettosa non condiziona la genuinità delle persone, che sorridono e ti accolgono a braccia aperte anche se

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hanno appena i soldi per mangiare… figuriamoci per comprare le ultime Nike o 4x4 alla moda… La semplicità del loro stile di vita è davvero un’ispirazione e se qualcuno non dovesse aver soldi per mangiare, glieli diamo noi. Normale! No? Il motto è: Cabo verde. No stress. Grazie alle nostre escursioni siamo subito riusciti a farci un’idea del clima locale ed a gustarci l’atmosfera al bar a fine serata… I caboverdiani sono davvero tranquilli, i migliori ambasciatori del movimento No Stress…

ora purtroppo stanno anche arrivando nuovi problemi come la droga. Capo Verde è recentemente divenuto un centro di smistamento dal Sud America all’Europa. Le onde non si sono ancora viste ma c’è già vento a sufficienza. Comincia a venirmi la voglia di entrare in acqua. È da parecchio ormai che le condizioni windsurfistiche non sono buone in Guadeloupa e quindi decido di farmi una veloce session con vento on-shore schivando 150 kiters sulla costa settentrionale dell’isola. Il giorno seguente poi ho optato per una session di surf da onda su un piccolo beach break davanti a casa nostra a Santa Maria.

NO STRESS ZONE

IL CAPITANO YOANN

Siamo arrivati a Sal abbastanza tardi, come quasi tutti i voli dalla Francia ed allora abbiamo deciso di andare subito a farci un bicchierino al bar locale, Calemar, per entrare subito in modalità No Stress. Dobbiamo starcene qui a Sal per due giorni in attesa della barca, sfruttando l’occasione per girarci tutti i vicoli della capitale, Santa Maria. Vibrante e dai colori ricchi, è molto povera ed aggravata dal divario con i turisti, ed

È venuto il momento d’impacchettare tutto il nostro materiale nelle sacche ed incontrare il nostro capitano Yoann, che porterà il catamarano su cui vivremo per i prossimi 10 giorni. Yoann è anche un pro windsurfer, shaper, surfer, kiter, etc... Come l’Ispettore Gadget dei sette mari… è quindi la miglior guida possibile per il nostro viaggio e conosce ogni angolo dell’isola come le sue tasche, sapendo quale spot dia il meglio a seconda delle previsioni di vento e marea… Davvero un grande vantaggio nella nostra ricerca di onde, soprattutto anche per la sua capacità in windsurf, che ci permetterà di risparmiare un sacco di tempo. Carichiamo il materiale un po’ alla volta sul suo piccolo gommone, andando avanti ed indietro dal catamarano con un metro e mezzo d’onda di shorebreak. Dopo circa un’ora abbiamo finito di caricare tutto il materiale dal tipico pontile su cui i pescatori esibiscono e vendono il frutto del loro duro lavoro mattutino. Una volta caricate le sacche, ci siamo preparati per navigare 6 ore sottovento verso Boa Vista, arrivando nel pomeriggio per esser operativi il mattino seguente che davano già ottime condizioni. Dopo aver preso un paio di compresse contro il mal di mare, siamo partiti alla volta dell’avventura. Dopo un’ottima notte di sonno, eravamo pronti per dare il meglio in acqua, senza però sapere bene che onde stessimo per surfare. Siamo andati direttamente al reef esterno che ha bisogno di onde grosse per rompere. Dopo essere stati in mare un’altra ora per arrivare allo spot, che era solo a 5 minuti di distanza da dove avevamo dormito, siamo giunti sul posto ed abbiamo subito capito che fosse adatto solo a rider esperti come noi.


Un paesaggio stupendo con acqua limpida e turchese e l’onda che rompe! Nascosta dietro questa piccola isola deserta, al riparo da occhi indiscreti, ecco il paradiso per ogni windsurfista, il meglio che ogni waverider possa desiderare. Pensavo che Capo Verde ci avesse già dato il meglio con Ponta Preta ma ecco qui un’altra onda stupenda. Basta domande, è ora di armare immediatamente mentre eccitato guardo l’onda che si srotola alla perfezione sul reef affilato. Adesso poi il sole sta per tramontare, quindi è davvero il momento perfetto per fare delle foto memorabili, in una delle onde migliori al mondo, da solo!

IL GIORNO DOPO Torniamo sullo stesso spot che funziona ancora alla perfezione, ancorandoci proprio di fianco all’onda in modo da massimizzare il risultato del photoshooting, riempiendo tutte le memory card di Maxime. Starsene comodamente sulla barca, proprio di fianco all’onda, è davvero un vantaggio notevole: è tutto a portata di mano. Cibo, acqua, un letto per riposarsi, amici e trascorrere 24 ore sullo spot, sfruttando al meglio ogni momento e consumando la mia passione fino al tramonto. Sfortunatamente Yoann ha ritenuto che fosse troppo rischioso fermarsi anche la notte, quindi siamo dovuti andare a dormire dietro l’isoletta dall’altra parte della baia. Yoann ci ha anche detto che c’è un altro spot più a sud, precisamente sulla punta sudoccidentale dell’isola. Con lo swell ancora attivo, che sarebbe però dovuto calare in serata, abbiamo deciso di dirigersi verso sud per esplorare un po’ il paesaggio.

LA VITA IN BARCA Sulla barca tutto diventa più complicato e richiede davvero un sacco di attenzione ed ottima manutenzione. I dettagli più piccoli fanno sempre la differenza, e trascurandoli si possono ottenere dei risultati davvero tragici con conseguenze irrimediabili. Su una barca, nulla è posizionato per caso, ogni cosa ha una ragione per stare dov’è. Quando qualcosa non funziona, bisogna ripararlo immediatamente ed assolutamente non procrastinare... Yoann si è messo a controllare l’argano per issare l’ancora, in quanto, nel nostro viaggio verso Sud, stava diventando sempre più difficile recuperarla. Issare l’ancora a mano, nel caso l’argano si fosse rotto, era assolutamente impossibile. È almeno a 30 metri di profondità, con una catena di doppia lunghezza ed un’ancora fissa alla roccia o corallo… Viaggiando a 7-8 nodi, tutte le trasferte sono piuttosto lunghe, ed è quindi necessario restare vigili e scegliere al meglio i vari spot. La barca ci fornisce un vantaggio notevole per entrare in acqua, ma è comunque importante scegliere lo spot più indicato, perchè sappiamo che tra uno spot e l’altro ci aspettano almeno 2 ore di navigazione ed almeno 4 se fossimo poi dovuti tornare al punto di partenza. Il mare era piuttosto tranquillo, permettendo a Yoann di lasciarmi a prua per controllare la situazione ancora. Dopo circa 2 ore di navigazione sottovento, siamo arrivati allo spot più meridionale dell’isola che è una lunghissima spiaggia deserta con enormi scogliere sullo sfondo ed un’onda veloce ma comunque buona. Un altro spot paradisiaco perfetto per riempire nuovamente le memory card di Maxime e quindi, senza esitazione, mi butto in acqua e surfo per tutto il giorno. Arriviamo al nostro punto di ancoraggio dopo una lunghissima ma spettacolare giornata… le nostre teste piene d’immagini di onde perfette e soddisfatti di aver ottenuto il nostro obiettivo. Ci siamo addormentati come sassi cullati dal suono delle onde sulla chiglia della barca.

LIFE STYLE La mattina seguente, lo swell era calato parecchio, lasciandoci del tempo libero per andare a riva e far rifornimento, godendoci l’atmosfera locale. Abbiamo conosciuto una vera sagoma, Paul, un produttore d’imbarcazioni d’epoca. Ci ha spiegato il suo lavoro nei minimi dettagli, come vive, come costruisce. Comincia tutto con una semplice sega, poi lavora il legno e poi ci ha detto: “Non sono io a decidere che forma dare alla barca, è lei stessa a guidare la mia mano per emergere dal legno”. Un lavoro davvero lunghissimo e tedioso che però gli permette di vivere e sfamare la sua famiglia. Queste barche sono al porto e vengono utilizzate dai pescatori che escono in mare, a volte anche con condizioni davvero critiche. Parecchi pescatori caboverdiani scompaiono ogni anno a causa delle correnti, dei venti e della semplice mancanza di misure di sicurezza. Quando poi tornano al porto, l’intero paese viene a comprare pesce fresco. In questo momento le chiglie sono stracolme di sgombri,

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nell’altra stagione anche tonni, mahi mahi e squali… È davvero uno spettacolo vedere l’intero villaggio convergere al porto. Ci sono tutti, dai bambini agli anziani, alle madri incinte, ai poliziotti ed i turisti. È praticamente l’unica occasione di riunione della giornata, in quanto la sera il porto viene rimpiazzato da piccoli bar che si trasformano in nightclub, con l’ottima birra e rhum locale che scorre a fiumi. Ottima atmosfera. Lo swell scompare completamente ed allora torniamo al porto (Sal). Ci vogliono almeno 16 ore per la traversata sopravento, utilizzando la vela principale e con un mare abbastanza mosso. Ciò significa che ogni cosa sul ponte deve essere ancorata saldamente, in modo da non aver preoccupazioni durante la traversata. Passando dalla baia di Boa Vista, vediamo che c’è un problema con la vela principale e quindi non possiamo andare fino a Sal. Ci fermiamo in baia al riparo e combiniamo l’utile col dilettevole, fermandoci proprio di fianco ad un’onda simpatica, un paio di metri con vento side… perfetta per finire questo viaggio.

PROBLEMI DEL RITORNO C’è ancora un piccolo dettaglio, cioè che dobbiamo comunque sistemare la vela per tornare a Sal, ma meglio affrontare una cosa alla volta. Abbiamo quindi deciso di passare la notte nella baia di Sal Rei (Boa Vista), ma una volta issata la vela principale, abbiamo visto delle piccole palline di plastica, contenute tra il materiale per armare la vela, cadere in acqua davanti ai nostri occhi impotenti. Fortunatamente Yoann ha parecchi contatti anche a riva, permettendoci di rimediare dei piccoli pezzi di legno della stessa misura esatta delle sfere di plastica. Ci abbiamo impiegato tutta la mattina a sistemare la vela, partendo in ritardo per la nostra traversata di ritorno di 16 ore verso Sal. A questo punto eravamo dei lupi di mare, non avevamo più paura del mal di mare ed avevamo già fatto metà traversata di notte, con onde di 3metri

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e raffiche oltre i 35 nodi. Devo però dire che solo il nostro capitano, Yoann, era tranquillo e rilassato, perchè io ero abbastanza preoccupato. Personalmente mi sono svegliato nel mezzo della notte in una tempesta e poi ho riaperto gli occhi nel porto di Palmera, uno degli attracchi più tranquilli di Sal, ed anche il più vicino all’aeroporto. Abbiamo cenato a riva, godendoci a fondo gli ultimi momenti di questo paradiso. Un ringraziamento a Yoann per quest’avventura piena di momenti stupendi e per la riuscita generale del viaggio. Yoann, grazie ai suoi contatti, ci ha trovato una piccola barca per poter scaricare tutto il materiale sul ponte e, dopo esserci salutati con le lacrime agli occhi, abbiamo preso un taxi diretto verso l’aeroporto, partendo da questo paradiso con un sacco di ricordi. Quando si viaggia, si spera sempre di trovare gli spot migliori, onde perfette e vento costante… andare a Capo Verde è stata una scelta un po’ rischiosa, in quanto non avremmo mai immaginato di poter trovare condizioni simili a quelle di Ponta Preta in altri spot sparsi sull’isola… Abbiamo visitato esclusivamente l’isola di Boa Vista, che però, a quanto ci viene detto, non ha assolutamente nulla da invidiare alle altre… Spero che con questo articolo sono riuscito ad allontanarti da zone congestionate, per andare alla scoperta di posti nuovi, anche se a volte vento ed onde non si presentano all’appello. Il windsurf non è altro che un movente per girare tutto il mondo. Se anche tu vuoi andare all’assalto dell’isola di Capo Verde accompagnato da guide eccezionali, puoi contattare Yoann Kerhervé ai seguenti indirizzi e-mail: yonboavista@hotmail.com; yoannk@laposte.net. Per maggiori informazioni: www.esperantosoulsurfing.com



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Dal mio primo incontro ravvicinato con Jaws, circa 20 anni fa, la mia vita non è più stata la stessa. È strano come un’onda possa influenzare così profondamente la tua vita, trasformandosi in un’ossessione. A volte mi dimentico di quale miracolo della natura sia effettivamente questo spot, ed ho sempre bisogno di uscirci ancora una volta per tenere vivi i ricordi e le sensazioni che solo qui si possono provare. Una volta che sei stato morso dall’onda di Jaws, ne diventi parte integrante per sempre, o almeno finché non ti sposi! Ogni anno cerco di prepararmi al meglio per la stagione degli enormi swell invernali. Lo scorso anno sono quasi annegato, restando sotto per oltre 1 minuto e quest’anno volevo essere assolutamente sicuro di non correre nuovamente un rischio simile. Durante l’estate hawaiiana, ho passato un po’ di tempo in Australia, apprendendo nuove tecniche per espandere la propria capacità polmonare, studiando anche in profondità il sistema nervoso centrale, tutto per darmi maggiore sicurezza anche in 60

condizioni estreme. Volevo essere pronto al 100% e non trovarmi nuovamente in quella situazione critica. Il 15 marzo 2011 è stata una di quelle giornate che capitano una volta ogni decennio. Ultimamente mi sto davvero divertendo ad arrivare a Jaws da solo. Il mio jetski è parcheggiato giù a Sprekelsville, quindi ci vogliono almeno 30-40 minuti a motore risalendo la costa. Mi sono svegliato la mattina alle 7:30, solo in spiaggia, mentre preparavo e caricavo tutto il mio materiale sulla slitta del jetski. Sicuramente non è l’approccio migliore, in quanto possono capitare un sacco d’imprevisti. Onde enormi fanno close out in un’unica barra infinita da Hookipa a Kanaha e ci sono anche un sacco di detriti che galleggiano per l’innalzamento dell’acqua dovuto allo swell massiccio. Devi davvero sapere quello che stai facendo, dal momento in cui metti lo ski in acqua fino al momento in cui torni a casa. Io entro in una specie di trans, che mi rimane


Il vento quel giorno era davvero molto forte e da terra, rendendo difficile fare dei bei Cut Back sul lip enorme. A volte ero talmente pieno risalendo la parete che non sono riuscito a piantare il rail con abbastanza potenza per fare il Cut Back. Era tutta la mattina che provavo a fare degli Aerial, ma non riuscivo proprio a trovare l’approccio giusto. La “west bowl” piega un sacco ed a volte devi davvero posizionarti molto in profondità per prendere la sezione giusta dell’onda. Mi sono reso conto, dopo vari tentativi, che fosse quasi impossibile sorvolare quella sezione dell’onda senza venire buttati dietro dal forte vento da terra che accelera sulla cresta. Qui è quasi completamente offshore ed è praticamente impossibile riuscire a riatterrare davanti all’onda. Ho allora cominciato a provare a fare degli Aerial sulle onde più settentrionali del picco principale, notando una maggiore facilità nel controllo in aria, non avendo la vela strapiena per i 50 nodi di vento da terra. Hai davvero bisogno di una velocità impressionante in modo da venire proiettato abbastanza in avanti dal lip, proprio perchè l’onda è molto più grossa e soprattutto veloce rispetto ad un’onda normale. Il timing è davvero vitale ed io, in particolare, stavo cercando di sorpassare sopravento la prima sezione, per poi fare il Bottom entrando proprio al momento in cui il lip rompeva. Ho fatto due Aerial quel giorno. Devi assicurarti di avere velocità da vendere per essere sicuro di riuscire a passare la sezione e riatterrare sulla parete aperta dell’onda. Una volta che stacchi, devi essere completamente raggruppato e con la vela chiusa, sapendo di dover arrivare alla base dell’onda prima di venire inghiottito dal lip. Il tempo di volo venendo giù da una parete di 10 metri è davvero incredibile. La dimensione stessa dell’onda ed il vento da terra che accelera sulla parete ti sembra di stare sospeso per aria per sempre. La prossima volta che sarà bello, mi piazzerò ancora più profondo.

per tutto il giorno. Arrivi a Jaws già agitato e sei già perfettamente consapevole di quello che ti succede intorno. Penso che l’arrivo a Jaws sia importante e divertente quanto la session in sé, ma probabilmente la penso così perchè fortunatamente nulla è ancora andato storto. Jaws rappresenta la sfida per eccellenza, e di anno in anno il livello di performance viene spinto verso nuovi limiti. Ci sono surfisti da onda che ora prendono le onde remando a braccia, mentre i windsurfisti si piazzano sempre più profondi, facendo anche degli Aerial. A volte faccio fatica a dimenticare l’esperienza traumatica che ho vissuto lo scorso anno, ma è stata molto educativa e mi ha portato ad allenarmi ancora di più, raggiungendo una nuova concentrazione mentale e performance fisica. Qui è fondamentale essere sicuri di sé stessi, e verso il primo pomeriggio ho cominciato a lasciarmi andare, prendendoci davvero gusto.

Quel giorno sono entrati circa 5 set di bombe, ed io, fortunatamente, sono riuscito a prenderne uno. Quando l’onda sorpassa i 10-12 metri, comincia a tubare alla perfezione, srotolandosi su uno specchio piattissimo, permettendoti di fare il Bottom Turn più veloce della tua vita. Puoi buttare tutto il tuo peso sul rail senza preoccuparti minimamente che la tavola vada in spin out. Puoi buttare giù la vela facendo quasi toccare la penna nell’acqua. Ogni singola vibrazione di velocità che scorre dalla curva del rocker alle pinne ti percorre il corpo. A volte la base dell’onda è talmente liscia che puoi concentrarti esclusivamente su dove vuoi impattare il lip. È impossibile spiegare quanto sia pazzesco guardare verso l’alto e vedere un lip di 13 metri che rompe tubando. L’altra cosa assolutamente spettacolare di Jaws è quanto bassi e vicini gli elicotteri possano volare. Ti sembra veramente di andare a sbattere contro l’elicottero mentre voli lungo la parete dell’onda. A volte si rischia davvero di venire schiacciati dall’aria delle pale, e bisogna regolarsi scegliendo la giusta traiettoria. Se entri nel cono d’aria dell’elicottero, non hai scampo. 80 nodi di vento si abbattono istantaneamente sulla tua vela, facendola girare come in un tornado. A volte vedo i passeggeri dell’elicottero così da vicino che riesco a vedere le loro espressioni facciali mentre fanno foto e video. Deve essere davvero spettacolare anche dalla loro posizione. Praticamente possono surfare con te, senza però doversi subire le conseguenze di un eventuale wipe-out. Uno degli high lights della giornata è stato vedere questo tipo saltare fuori dal jetski in avaria, proprio mentre io stavo volando lungo la parete di una delle onde più grosse del set (ndr: Ecstasy pag. 8-9). Mi chiedevo cosa stesse facendo nel bel mezzo della zona d’impatto. Ho poi capito che il jetski fosse spento ed allora ho deciso di volare in down the line. Ho puntato verso di lui a tutta velocità. Mi ha urlato con tutta la sua voce ma non ho capito cosa volesse, forse aveva paura che gli andassi anche addosso. Si è buttato dal jetski proprio davanti a me ed a quel punto ho capito che avrei dovuto correggere la mia traiettoria. Se fossi stato colpito da un jetski di 200kg, sicuramente sarei finito male. Io sono riuscito a passare ma sapevo per certo che il jetski sarebbe finito male. C’è sempre qualcosa di spettacolare e drammatico nel vedere un jetski frullare a Jaws, quasi quanto vedere qualcuno che fa un tubo o che viene sbattuto contro le rocce. Sono ormai in acqua da otto ore senza pausa ed ora della session serale ero 61


completamente cotto. Le mie mani sanguinavano per aver stretto il boma tutto il giorno e stavano anche cominciando a venirmi dei crampi. Per complicare ulteriormente la situazione, il compartimento stagno del motore s’era riempito d’acqua da un piccolo buco nella chiglia. Ho dovuto far partire la pompa in qualche modo prima di colare a picco con tutto il mio materiale. Ora di fine serata sembrava che anche gli altri avessero qualche problemino. Alcuni dei ragazzi europei si trovavano nella mia stessa situazione. Qualche onda prima gli era finita la cima di traino del rider nell’elica e non c’era modo di farla ripartire. C’erano anche un po’ di windsurfisti che erano partiti da Ho’okipa e sono risaliti fino qui, ed ora, col calo del vento, non riuscivano più a tornare giù. Il mio viaggio in solitaria a Jaws s’è ben presto trasformato in un tentativo da guinness di riportare a Maliko quanto più materiale e persone su due soli jetski. C’è voluta ben più di un’ora per arrivare al porticciolo, in quanto la nostra massima velocità era inferiore al passo d’uomo, mentre trainavo anche un altro jetski. Ora che siamo arrivati a Maliko era già quasi buio ed io avevo ancora un viaggio di mezz’ora prima di arrivare a casa. Mentre sono uscito dal golfo di Maliko, nell’oscurità, l’adrenalina ha ricominciato a pompare; una sensazione di solitudine e libertà mi ha pervaso il corpo, con la tipica ansia che si vive solo in momenti come questo. Nei 30 minuti successivi però mi sono davvero divertito un sacco guidando lungo la costa, al buio, restando molto vicino alla zona d’impatto e cercando di anticipare i grossi set che avrebbero rotto sui reef esterni. Prima che me ne rendessi conto ero già nella baia di Sprekelsville, col corpo ancora carico di adrenalina. La marea era davvero bassissima e non c’era nessuno che mi potesse aiutare a tirare il jetski sulla piattaforma che poi viene issata sul rimorchio. Ho deciso che ero troppo stanco per mettermi a trascinare il jetski su per la spiaggia, quindi, ho preso una bella rincorsa e mi sono fiondato verso la spiaggia a 60km/h. C’è davvero un 62

sacco di tecnica e quasi pura arte quando si tratta di arrivare in spiaggia con un jetski ad una simile velocità. Anche qui, il timing è vitale. Devi aspettare che l’onda di shorebreak rompa sulla spiaggia, dandoti una sorta di cuscino morbido e digradante per appoggiarti sulla spiaggia, in modo che la chiglia scivoli tranquillamente, senza impuntarsi. Se sbagli timing, il jetski tende a staccare dal dorso dell’onda, arrivando in spiaggia in volo e rendendo davvero difficile la risalita lungo la spiaggia…ed anche molto pericolosa. Sono riuscito a fare tutto perfetto. A dire il vero anche troppo perfetto, ed infatti avevo ancora troppa velocità e sono planato sulla spiaggia troppo velocemente. Proprio di fianco alla piattaforma, ci sono due alberi enormi, circa tre metri di distanza l’uno dall’altro. Con l’alta marea a volte cerco di arrivare con lo ski proprio sopra alla piattaforma, come una specie di maxi minigolf. Con la bassa marea però è impossibile posizionare uno ski di 200 kg in questo spazio ristretto, da 20 metri di distanza. Con tutta la velocità ed inerzia che avevo, e la giusta direzione, pensavo quasi che sarei passato alla storia per essere il primo a riuscire ad infilarmi anche con la bassa marea. Tutto però è andato storto all’ultimo secondo, quando il jetski ha preso una roccia che lo ha fatto sterzare bruscamente, puntando verso l’albero! Sono riuscito a saltare giù in qualche modo appena prima che lo ski finisse contro l’albero, ho però sbattuto la mia gamba destra che mi ha fatto fare una specie di piroetta a mezz’aria. Io sono finito dritto dritto sulla piattaforma, al posto dello ski, e sono rimasto agonizzante per qualche minuto, fortunatamente senza nessuno intorno che potesse sfottermi per la mia stupidità. Dopo un po’ ho saltellato verso la macchina per caricarlo sul rimorchio. Ero troppo stanco per la giornata ed allora ho bussato ad un mio amico per farmi aiutare. Sono poi arrivato a casa zoppicando, insanguinato, scottato e completamente disidratato, ma assolutamente in estasi. Che giornata memorabile! JP



IL MEZZO Flo non perde tempo quando si tratta di dover scegliere un veicolo appropriato, puntando tutto su un Nissan Double Cab pick up camperizzato. Un veloce giro guidato fatto dal manager dell’agenzia di noleggio ci ha confermato la presenza di tutto ciò che avessimo bisogno per sopravvivere mesi nel deserto: tende gemelle sopra al tetto, tavolo e sedie pieghevoli, frigorifero, set da BBQ a gas, un fornello, abbastanza posate per mangiare e cucinare per 4 persone, un’enorme cisterna d’acqua, badili per scavare nella sabbia, una portata di carburante di 900km, aria condizionata, bull-bars ed il mio gadget preferito, un compressore ad aria che permetteva di gonfiare o sgonfiare le gomme a seconda della profondità della sabbia. Con tutto l’equipaggiamento sopra citato a bordo, rimaneva abbastanza spazio per caricare tutte le provviste per una settimana e, ovviamente, il nostro materiale da windsurf sul tetto.

IL VIAGGIO Flo sembrava aver già tutto sotto controllo, mentre io e Nayra sapevamo poco o nulla. Lui invece aveva consultato un sacco di siti web di surf da onda, stampandosi gli spot principali e studiandosi la strada su Google earth. “Ci vorranno 6-7 ore per arrivare al confine, e poi altre due da là allo spot”. Non sembrava un viaggio così proibitivo e siamo partiti nel primo pomeriggio. Secondo i calcoli di Flo, saremmo dovuti arrivare a destinazione poco prima di mezzanotte. Il viaggio attraverso il Sud Africa è stato spettacolare. Una volta lasciataci alle spalle la congestione del traffico di Cape Town, le strade sono diventate deserte, mentre si arrampicavano e contorcevano attraverso la Cederberg Wilderness area, verso il parco naturale di Moedverloren, dall’altra parte di Namaqualand e verso il confine a Vioolsdrif. Lo scenario era eccezionale e quindi il viaggio è stato un po’ più lento rispetto alla tabella di marcia, in quanto ci fermavamo spesso lungo la strada per fare foto o riprese dei paesaggi mozzafiato. Siamo comunque riusciti ad arrivare al confine per le 9 di sera, puntando ad arrivare a mezzanotte sullo spot. Il contrasto tra i due controlli di confine ci ha dato l’impressione di aver abbandonato il primo mondo, entrando effettivamente nel terzo. Da una parte il moderno complesso doganale del Sud Africa sul fiume Orange, e dall’altra, in Namibia, un edificio decadente e trasandato con qualche ufficio. A questo punto 64


Nayra Alonso, John Skye e Florian Jung.


Nayra ed io stavamo cominciando a preoccuparci un po’, ma siamo passati senza il minimo problema e ci siamo fermati in una stazione di servizio poco più a nord, notando pochissima differenza dallo stile di vita a cui eravamo abituati a Cape Town. Flo intanto studiava la mappa e secondo i suoi calcoli su Google maps, mancavano ancora circa 150km a destinazione. Dando uno sguardo veloce alla mappa tra le sue mani, però, io e Nayra ci siamo subito accorti che c’era qualcosa che non quadrava, in quanto la distanza dal confine a Luderitz sembrava quasi uguale a quella da Cape Town al confine. Dopo avere riguardato meglio la mappa e rifatto i calcoli, la breve trasferta di 2 ore e 150km s’è trasformata in una lunga nottata di guida di almeno 8 ore e 700km! La nostra nuova ora di arrivo prevista era le sei di mattina, quindi, come in ogni road trip, abbiamo messo “Road to Hell” a palla sull’iPod e, dopo esserci scolati 4 RedBull a testa, ci siamo rimessi in strada. Abbiamo attraversato alcuni degli scenari e paesaggi più mozzafiato che abbia mai visto nonostante lungo il tragitto tutto fosse completamente buio, su una strada molto scura e sempre dritta. Aggiungiamo poi la minaccia di qualche animale che attraversa improvvisamente ed i miei occhi che sembravano esplodere già a metà viaggio. Abbiamo quasi investito due gazzelle, e penso che abbiamo investito una specie di coniglio. Una volta che è tornata la luce del mattino, il paesaggio s’è illuminato in tutta la sua bellezza sconvolgente. Passando attraverso il Naute National Park, sembrava di essere sul set di un film western. Guardando fuori dal finestrino mi aspettavo di vedere sulle cime circostanti dei banditi indiani arrivare a cavallo e rapirci per il riscatto. Questo paesaggio poi s’è trasformato nelle tipiche pianure africane, coperte da piccoli arbusti e cespugli erbosi, con 66

qualche albero sparso qua e la, che sembravano dei turisti dispersi. Cavalli selvatici galoppavano verso l’orizzonte, passando di fianco a branchi di antilopi ed altri animali di cui non so neppure il nome. Non sarei rimasto sorpreso se un leone fosse saltato davanti al pickup, ma purtroppo non abbiamo avuto la fortuna di vedere nessuno dei tipici Big 5 africani. Lungo l’ultimo pezzo nel deserto della Namibia, mentre ci avvicinavamo alla costa, il paesaggio era completamente e puramente desertico. Nessun albero ne segni di vita (visibile), il nulla totale! Il nulla a perdita d’occhio, solo una strada dritta che puntava verso l’orizzonte. Ci siamo fermati per una foto e c’era davvero poco da dire guardando all’orizzonte nell’immensità del paesaggio circostante.

LUDERITZ Luderitz in realtà non era come ce lo aspettavamo. Avevamo immaginato un piccolo villaggio trasandato nel mezzo del deserto ed invece, con piacere, abbiamo trovato una ridente e moderna cittadina portuale. Fondata nel 1883 dai tedeschi, la città ha avuto un picco di prosperità nel 1909, con la scoperta delle prime miniere di diamanti. Sebbene sia circondata da deserto, l’architettura è tipicamente nord europea. Ci sono un sacco di piccole isole attorno a quella zona, il cui nome deriva dagli abitanti principali. Isola delle Foche, Isola dei Pellicani, Isola dei Fenicotteri e la più preoccupante, Isola degli Squali. Verso ovest c’è la riserva Diamond Coast Recreational Area. Questo è l’unico punto in cui si può accedere al mare, in quanto tutti gli altri accessi sono esclusivi delle miniere di diamanti. L’atmosfera qui è molto diversa dal Sud Africa, con un mix tra bianchi e neri molto più rilassato e tranquillo. L’Aparteid in Namibia è stata meno sentita, ed il colore della pelle sembra non essere una preoccupazione, rendendo l’atmosfera più serena.


CONDIZIONI WINDSURFISTICHE Luderitz è un ventilatore… basta controllare le statistiche su Windguru. Se c’è anche solo un minimo di direzione di vento da Sud, lo fa e lo fa forte. Durante la nostra visita si poteva surfare sempre dalla 4.2 in giù, ogni singolo giorno e penso che sia del tutto normale. Il posto era completamente deserto, specialmente in termini di altri rider in acqua, ma abbiamo incontrato un solo kiter, che poi è il campione della Namibia e ci ha detto che il vento soffia in questo modo quasi ogni giorno da agosto a marzo. Non è quindi una coincidenza che il record mondiale di velocità di 55.65 nodi sia stato registrato proprio qui. Verso l’entroterra, ci sono un’infinità di spot con acqua piattissima, che lascerebbero ogni freestyler, speed sailor o freerider con la bava alla bocca. Noi però non eravamo venuti per fare freeride, volevamo delle onde. Armati di cartina e della nostra arma segreta 4x4, abbiamo sgonfiato leggermente le gomme e siamo partiti in missione per esplorare la costa. È diventato abbastanza chiaro, quasi da subito, che la nostra voglia di avventura avrebbe dovuto limitarsi leggermente. Numerose zone della penisola sono controllate dalle compagnie minerarie della Namdeb Diamond Corporation, ed i cartelli in ogni angolo hanno reso bene l’idea di non allontanarsi troppo dal sentiero battuto. I diamanti sono una fonte di guadagno enorme ed in ogni momento si sente la tensione nell’aria, come se stesse succedendo qualcosa di molto pesante. Sicuramente non volevamo infastidire le persone sbagliate. C’erano comunque un sacco di spot accessibili al pubblico e, con la mappa di Flo alla mano, abbiamo capito velocemente come orientarci. Gross Bay o Grande Baia, è stata il nostro punto di partenza e, vedendo dalla mappa, sembrava proprio il posto giusto da cui iniziare la nostra spedizione in loco. Qui c’era una lunghissima baia, con onde che entravano da ogni direzione possibile. Era abbastanza onshore, ma da una parte della baia si surfava mure a destra e dall’altra mure a sinistra! L’unico problema però era il vento. La baia è dalla parte sbagliata rispetto al deserto e quindi non gode dell’effetto di accelerazione, qui entra solo l’aliseo puro, che in quei giorni era in calo e non bastava. La prossima tappa sulla lista era la zona vicino al faro di Diaz Point. Abbiamo sentito delle voci su buoni condizioni e sicuramente avremmo trovato qualcosa di buono. Il problema però è che non davano nessuno swell per quei giorni. Sebbene avessero previsto onde di 1.5m con intervalli di 12 secondi, si muoveva a malapena, sebbene ci fossero venti a più di 100km/h che sferzavano il deserto… Non abbiamo trovato niente di buono. L’unica speranza restava la previsione per l’ultimo giorno, che dava 3.5m con intervalli di 14 secondi. Speriamo sia abbastanza. Siamo comunque usciti in acqua per approfittare un po’ del vento fotonico in condizioni perfette per il freestyle, rispolverando un po’ di Spock e Flaka e riprendere un po’ la mano! Questo spot è davvero un paradiso per il freeride, con vento costante, acqua piatta come un biliardo, lunghe spiagge sabbiose e nessuno in acqua. Abbiamo fatto un po’ di session a Guamo Bay, Grittith Bay e, anche se siamo arrivati un po’ in ritardo in serata, anche Agate Beach sembrava molto divertente.

John Skye

Florian Jung

Nayra Alonso

L’ULTIMO GIORNO Dopo qualche giorno di freeride, l’ultimo giorno è arrivato in un batter d’occhio e con esso la nostra ultima possibilità di riuscire a fare un po’ di wavesailing. Le previsioni davano ancora uno swell discreto, ma al nostro risveglio abbiamo notato che il tempo era cambiato. Il forte aliseo da SW è stato rimpiazzato da venti settentrionali che hanno portato anche una fredda nebbia, facendo precipitare il nostro morale a terra. La visibilità era inferiore ai 100 metri, ed abbiamo quindi deciso di andare verso Guamo Bay, dove credevamo di aver maggiori probabilità di successo. Ecco infatti che lo swell era arrivato! Non era grosso, ma comunque una misura decente e divertente, con onde sui 2 metri che si srotolavano alla perfezione. Ora mancava solo il vento. Avremmo dovuto riportare il nostro mezzo da deserto il giorno seguente e, con 15 ore di strada davanti, saremmo dovuti partire per forza entro le 4 del pomeriggio. Alle 11 il nostro morale era davvero a terra. La nebbia era ancora immobile nell’aria ed ora non c’era più nemmeno la brezza settentrionale. L’Oceano era completamente lucido e le nostre speranze diminuivano sempre di più. Verso la 67


1 del pomeriggio però, la nebbia ha cominciato a diradarsi, ma l’unico beneficio è stato rendersi effettivamente conto di quanto poco vento ci fosse. Flo stava già pensando di partire con il suo istinto di fotografo per immortalare i bellissimi paesaggi lungo la strada. Abbiamo acceso il fornello e preparato il pranzo, più che per fame per fare passare un po’ di tempo, ma ha funzionato. Mentre aspettavamo che le uova si cuocessero, la terra ha cominciato a riscaldarsi e la termica da SW ha cominciato ad aumentare lentamente, ma inesorabilmente. Dopo circa un’ora, Nayra ha deciso di provare ad entrare con la sua vela più grossa, la 4.7. Ora che aveva finito di armare e mettersi la muta, il vento era già aumentato notevolmente, facendole decidere di cambiare vela ancora prima di fare un bordo in acqua. Questo posto è davvero un ventilatore incredibile ed anche con pochissime possibilità a nostro favore, alla fine è entrato con tutta la sua solita potenza, proprio come speravamo. Flo ed io ci siamo precipitati in acqua per raggiungere Nayra, condividendo una session davvero divertente. Il vento sideoff ha pulito le onde, lasciandole lisce

Nayra Alonso, solitarie session di Wave e Freestyle in Namibia.

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come velluto e, sebbene non fossero grosse, erano molto ripide e potenti rompendo sul basso fondale sabbioso. Gli Aerial erano la manovra del giorno e Nayra è stata la prima a farne, disegnando le sue traiettorie stilose sulle onde perfette. Flo s’è sbizzarrito come sempre, facendo Goyter, curve potenti ed entrate verticali. Alla fine abbiamo ottenuto esattamente quello per cui eravamo venuti. Volevamo divertirci facendo questo viaggio fuori dagli schemi, in mezzo al nulla e soprattutto facendoci delle ottime session tutti soli. A fine session poi il vento è aumentato ancora, ed anziché uscire ed armare ancora più piccolo, abbiamo deciso di metterci in strada. Il viaggio di ritorno è stato stupendo e, con il calare delle tenebre, le ore sono volate. Dopo esserci trangugiati parecchie RedBull e con l’adrenalina ancora in corpo per aver raggiunto il nostro obiettivo, siamo arrivati a Cape Town giusto in tempo per vedere il sole sorgere sopra alle caratteristiche vigne e tutto andava per il verso giusto. Alla fine abbiamo fatto jackpot; una magica avventura in un posto sconosciuto, coronata da session spettacolari.


Flo Jung in Aerial One Hand.

DIAMANTI Nel 1908, durante la realizzazione della ferrovia, un operaio ha trovato una roccia brillante e l’ha data in mano ad un suo amico geologo per guardarla più da vicino. Quella roccia era un diamante e tra il 1909 e la grande depressione degli anni ’30, l’industria dei diamanti è esplosa in questa zona. Città intere sono state costruite per i minatori ed ora sono completamente abbandonate ed in lotta costante contro gli elementi, mentre vengono lentamente inghiottite dalle sabbie del deserto Namib. Kolmanskop è una delle città fantasma più suggestive e si trova circa 15km da Luderitz e, tra tutti gli edifici fatiscenti, una volta passato un check point di sicurezza, c’è una specie di piccolo negozio di gadget, ma invece di comprare qualche souvenir scadente, qui si vendono diamanti grezzi.

FREERIDE Se sei alla ricerca di vento forte ed acqua piatta, Luderitz è uno dei posti migliori al mondo. Questo inlet naturale offre un’infinità di spot. Più a nord poi c’è Agate

Beach, che è probabilmente lo spot più aperto ed offre un piccolo chop per saltare ed un sacco d’isolette da esplorare. Second Lagoon è lo spot in cui i kiter hanno rubato il record di velocità mondiale al windsurf. Loro, con le pinne più piccole, riescono a surfare nell’acqua ancora più bassa e piatta, con vento ancora più forte e costante. Poco sottovento c’è Giffith Bay, che è lo spot perfetto per andare avanti ed indietro dalla città, planando a tutta velocità sull’acqua piattissima. Man mano che procedi verso il faro di Diaz Point, passi da Shearwater Bay, che offre, ancora una volta, acqua piatta come un biliardo. Si dice anche che con mareggiate enormi, questo spot diventi ottimo per il waveriding, ma durante la nostra breve permanenza ci è sembrato più il paradiso per ogni freestyler! L’ultimo spot è Guano Bay. Qui abbiamo trovato le onde che stavamo cercando, quindi se danno swell, venite qui. Anche quando è piatto, lo scenario è comunque mozzafiato. Il faro da una parte ed il deserto dall’altra, con migliaia di pinguini che guardano curiosi dall’isola di Halifax poco più ad ovest!

John Skye, a sinistra, e Nayra Alonso, a destra, si divertono sulle facili ma potenti onde della Namibia.

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Ultima session in Namibia prima del lungo viaggio per ritornare a Cape Town.

ANIMALI Dopo aver visto un Mamba Nero scivolare imperterrito nel parcheggio a Cape Town, il solo pensiero di fare camping nel deserto mi faceva venire i brividi. Quella minima ricerca che Nayra ha fatto sulla Namibia era proprio riguardo agli animali mortali, tra cui un sacco di serpenti e scorpioni. Non è stata una lettura piacevole. Puff Adders sembravano essere i piÚ letali ed i consigli migliori in materia erano di chiudere bene le cerniere delle tende e sbattere con forza i piedi sul terreno per farli spaventare. Apparentemente i serpenti sono molto sensibili alle vibrazioni e si allontanano velocemente. Nayra ed io abbiamo passato ore a camminare in

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perlustrazione come idioti, nel terrore, mentre Flo se ne andava in giro tranquillo per trovare gli angoli migliori per le sue foto! Alla fine di tutto comunque non abbiamo visto neanche l’ombra di un animale velenoso. Non sono sicuro se ne fossi contento o meno. Abbiamo fatto solo un incontro leggermente preoccupante con uno sciacallo, che ha cominciato a girarci intorno, studiandoci da lontano. Abbiamo velocemente raccolto un po’ di sassi per difenderci, giusto in caso gli venisse qualche idea strana, ma quando ha visto Nayra pronta allo scontro, ha preferito andarsene con la coda tra le gambe!



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Sylvain Demercastell intervista Jack O’Neill.

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Sylvain Demercastel

Quando si parte per un’avventura, non si sai mai bene cosa ci possiamo aspettare. Se lo sapessimo, d’altronde, non sarebbe un’avventura. Decidere di cominciare questo progetto è stato come dire: “Giochiamo un gioco senza limiti di tempo, nessun avversario ben definito e nessun confine geografico”. Quest’avventura, per molti aspetti, sarebbe davvero stata una sfida lunga e faticosa. Dopo il nostro primo film intitolato “Planet Blow” che è uscito circa 2 anni fa, avevamo in mente un progetto leggermente diverso, volevamo raccontare una storia vera, facendo noi stessi da tramite. Non avrei mai pensato però che ci sarebbero voluti due anni della mia vita per coronare questa missione.

PHILIPPINES, GENNAIO 2009 Fabrice mi ha invogliato a filmare un nuovo video di un suo viaggio windsurfistico, ma da una prospettiva più nuova ed oscura, causata dalle dinamiche mondiali del periodo e da una visione più cupa anche dello stile di vita giornaliero. Era la mia possibilità di lavorare e seguire i consigli di cameraman e registi professionisti nell’industria cinematografica. Questo vantaggio mi ha aiutato un sacco,

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permettendomi di scegliere il materiale e le persone più indicate per iniziare le riprese del nostro nuovo film. Quando Fabrice mi ha portato in questo spettacolare spot vergine e deserto nelle Filippine, abbiamo subito notato il violento contrasto con la povertà dilagante e la decadenza di Manila, la capitale, facendomi intuire che avrei dovuto scegliere una scenografia reale per il mio film. La storia alla base è la caduta spirituale e morale di un uomo sempre più disilluso dal mondo che lo circonda, mentre cerca disperatamente l’onda perfetta. Il film è stato parzialmente ispirato dalle conversazioni che facevo con Fabrice riguardo i nostri viaggi, le problematiche ambientali, politiche, religiose, il nostro lavoro, stile di vita e responsabilità. Ci siamo guardati nel profondo, rendendoci conto di non essere parte della soluzione. Eravamo consapevoli che non ci fosse molto che potessimo fare per cambiare il mondo, quindi, come fanno quasi tutti, abbiamo chiuso un occhio, continuando per la nostra via. Forse però avremmo potuto fare qualcosa, come un film per illustrare quanto sia drammatica la situazione. Non vogliamo colpevolizzare nessuno, piuttosto ognuno dovrebbe farsi un esame di coscienza ed assumersi le sue responsabilità.


Fabrice Beaux in California.

Alla fine del viaggio nelle Filippine, ero davvero affascinato ed estasiato da quanti bellissimi spot nascosti avessimo surfato, circondati da paesaggi lussureggianti, onde radicali e nessuno in acqua. Sembrava quasi un’occasione unica per riprendere la riscoperta di un mondo nuovo, tutti soli in spiaggia come gli antichi esploratori. Ci saremmo tornati sicuramente…

CALIFORNIA, MAGGIO 2009 Questa volta ci siamo imbarcati già con un copione in mano, ma i miei obiettivi erano comunque rischiosi ed imprevedibili. Speravo di conoscere di persona Jack O’Neill (inventore della muta in neoprene e fondatore del suo marchio: O’Neill). Quest’uomo è una leggenda nel mondo del surf da onda ma alla sua età non si concede facilmente per un’intervista. La nostra prospettiva leggermente diversa, però, lo avrebbe potuto incuriosire, considerando anche che, essendo molto attento ai problemi del suo amato oceano, è il presidente e CEO della fondazione “The Sea Odyssey”. Tutto il team O’Neill ci ha accolto nel loro quartier generale di Santa Cruz. Hanno

seguito la nostra presentazione con molta attenzione ed interesse e, dopo aver organizzato gli aspetti logistici, ci hanno “prestato” un paio di pro surfers per fare le riprese, informandoci sulle statistiche degli attacchi di squalo e regalandoci delle nuove mute per entrare nell’acqua ghiacciata. Le condizioni windsurfistiche sono state a dir poco perfette, con vento ed onda ogni singolo giorno. Siamo riusciti a fare un sacco di riprese da svariati angoli, variando tra surf da onda, windsurf, e facendo qualche ripresa del classico cliché di stile di vita californiano alla Beach Boys. Verso la fine del nostro soggiorno, ci è stata concessa un’intervista di 30 minuti assieme a Mr. O’Neill in persona! Abbiamo fatto un’ottima chiacchierata. Ci ha rivelato che gli piace molto anche fare windsurf ed è per questo che ha sponsorizzato numerosi eventi importanti negli scorsi anni. Ha poi anche parlato del nocciolo della nostra storia, toccando tutti i problemi legati all’ambiente, ed alcuni problemi globali come la sovrappopolazione e sostenibilità di sviluppo e perfino tematiche religiose. Alcune sue frasi sono state delle rivelazioni scioccanti, e questo sarebbe poi diventato il filo conduttore del nostro film. Il personaggio di Jack O’Neill può essere visto come il vecchio saggio che mette la pulce nell’orecchio al rider già

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dubbioso. Questa intervista, a nostra insaputa, si è rivelata uno degli aspetti cruciali del nostro film. Il viaggio in California è stato l’occasione perfetta per far radunare il team al completo: il miglior waverider giapponese del momento, Masa, la nostra giovane recluta belga Nick, Fabrice ed io. Il team doveva capire che non stavamo più girando un classico video di windsurf, ma un vero e proprio film. L’atmosfera era ottima ed abbiamo tutti espresso le nostre idee riguardo al progetto, concordando che ci saremmo poi incontrati l’inverno successivo nelle Filippine per filmare l’ultimo capitolo e la drammatica conclusione dell’intera storia. Allora speravo ancora di riuscire a far uscire il film entro la primavera 2010...

FILIPPINE, GENNAIO 2010 Siamo tornati in un territorio conosciuto, ma questa volta avevamo un approccio differente. Ovviamente avevamo bisogno di fare delle altre riprese delle condizioni windsurfistiche perfette ma estremamente variabili e difficili da trovare, e contemporaneamente fare delle riprese drammatiche del paesaggio urbano.

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Abbiamo dovuto affrontare numerose problematiche anche burocratiche, come i permessi per le riprese e la nostra stessa sicurezza, volendo girare con materiale costosissimo in alcune delle zone più povere e pericolose della capitale. Dovevamo necessariamente essere sempre vigili e reattivi, dovendo filmare negli slums più poveri e violenti, un minimo errore di calcolo potrebbe costare davvero caro. Questa parte delle riprese mira ad illustrare le realtà che attraversiamo, a volte inconsapevolmente, durante un viaggio windsurfistico, ma che non ci si sognerebbe mai di mettere in un video. Abbiamo filmato in una zona di povertà assoluta, dove i bambini dormono sul marciapiede sopra dei cartoni ripiegati, nutrendosi solo di ciò che trovano nella spazzatura, affrontando difficoltà notevoli nel continuare a riprendere, in quanto il nostro stomaco e coscienza occidentale faticano tantissimo ad accettare una realtà così misera. Riprendere dal cornicione di un palazzo di 30 piani, senza permesso, è stata davvero una bravata. Era però assolutamente irrinunciabile per la nostra storia e quindi abbiamo dovuto agire velocemente. Dopo soli cinque minuti dall’inizio delle riprese, la polizia aveva già avvertito il manager dell’albergo, dicendogli che sembrava che un


pazzo bianco dai capelli lunghi si volesse buttare di sotto. Dovevamo fare in fretta e dovevamo fare bene. Avremmo continuato a negoziare con la sicurezza per ore, finché avessimo ottenuto quello per cui eravamo venuti. Fortunatamente è andato tutto per il meglio, e siamo riusciti a catturare esattamente quello che stavamo cercando. Le condizioni windsurfistiche che abbiamo avuto in questo viaggio sono state, come previsto, incredibili. Volevamo far vedere come il nostro sport ci porti a viaggiare per scoprire nuove realtà alla ricerca della perfezione, facendoci anche aprire gli occhi e mostrandoci cose che avremmo perfino preferito ignorare. A volte però… ci perdiamo.

MAROCCO, MARZO 2010 Dovevamo assolutamente fare delle riprese anche in Marocco, in quanto illustra alla perfezione il contrasto tra colori e culture che volevamo far risaltare nel nostro film. È anche la mecca del waveriding per quasi tutti i rider europei, sia surfisti che windsurfisti, che vengono qui per rimpinzarsi di onde perfette e vento forte. Questo

capitolo era nato inizialmente per mostrare la nascita della cultura del surf in Marocco e per mostrare a tutti quanto siano perfette le condizioni windsurfistiche. O’Neill Francia ci ha fatto raggiungere dal loro rider migliore, Damien Castera. Ha fatto davvero un ottimo lavoro surfando per giornate intere e sperimentando con curiosità davanti alla telecamera. Anche lui ama girare il mondo ed, anche nel film, è uno dei rider che ci rivela la location di un secret spot, che speravamo di trovare secondo il copione che avevo scritto in precedenza. La vera sorpresa del viaggio, però, sono state le condizioni atmosferiche. Le onde sono bastate esclusivamente per fare le riprese di surf da onda ed ha piovuto ininterrottamente per 10 giorni di fila, allagando tutte le nostre ambizioni. Abbiamo perfino dovuto abbandonare il nostro appartamento sulla spiaggia a causa di un piccolo fiumiciattolo che era straripato, arrivandoci dritto in casa. E mentre noi ci lamentavamo che non ci fosse il sole per riprendere le onde idilliache, nello stesso momento strade, ponti ed a volte perfino dei bambini venivano trascinati via dai fiumi in piena. Questo, inconsapevolmente, era esattamente quello di cui avevamo bisogno, in

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quanto era la prova che è troppo facile lamentarsi quando non si ottiene ciò che si vuole, mentre i telegiornali parlano di persone che hanno perso tutti ed a volte perfino dei famigliari, per la stessa ragione per cui noi ci lamentiamo di non poter andare in windsurf. A parte il mettere in risalto il nostro egoismo, siamo anche riusciti a sottolineare l’estremizzazione dei fenomeni atmosferici, che stanno diventando sempre più improvvisi e catastrofici. Questa è stata la dimostrazione perfetta dei risultati del riscaldamento globale e della fragilità dell’umanità a fronte delle furia della natura.

BALI, APRILE 2010 Siamo i cugini dei surfisti da onda e volevamo esaltare questo legame nel nostro film. Nel nostro copione, Bali rappresenta la riflessione in uno specchio della nostra nuova scoperta nelle Filippine. Avevamo trovato uno spot da favola ed eravamo pronti a regalarlo al mondo, proprio come è successo qui a Bali. Questa isola indonesiana era un vero paradiso surfistico fino a qualche tempo fa, poi è stata attaccata e contaminata dal turismo di massa, con tutti i problemi ad esso collegati. Bali ora è troppo rinomata e popolata. Alcuni dicono perfino sprecata. Il nostro viaggio a Bali rappresentava un’altra opportunità per surfare assieme ai pro rider del team O'Neill tra cui il francese Christoph Allary ed il giovane belga Mathias van Overbeke. Questo film ha anche l’obiettivo di mostrare l’assenza di confini tra i nostri due sport. La ricerca dell’onda perfetta ci accomuna, è l’obiettivo comune per i surfisti, i kitesurfer ed i Stand Up Paddler. Un rider può usare il suo strumento preferito per raggiungere l’estasi delle sensazioni.

AL LAVORO! Ogni volta che si filma qualcosa, è facile tornare con troppo materiale. Non è questo però che rende un film buono. Rende anzi il tutto più difficile, in quanto 78

bisogna scegliere con maggiore attenzione il materiale da utilizzare e quello da scartare, che non verrà poi utilizzato nell’editing finale. 8000 gigabite di riprese… un’enormità di lavoro se si pensa di utilizzare poco più di 90GB per il film! Dopo quasi un anno intero passato dietro il montaggio del film, si passa in studio di registrazione per comporre la colonna sonora ed i commenti del regista. Un sacco di momenti critici e notti in bianco. Finalmente, però, siamo riusciti a completare il tutto, abbinandoci anche un album fotografico di 150 pagine e siamo davvero orgogliosi di essere tra i pochi prescelti che hanno scritto la storia del nostro amato sport. I ricavati globali verranno spartiti tra il team per coprire anche le spese, lasciando però una buona parte come donazione alla Surfrider Foundation. Questo film è differente. Forse il primo vero film alla “Sex, drugs and rock n’roll” nel mondo windsurfistico. Giudicate voi stessi!

TESTED FOR YOU DI Fabio Calò Abbiamo avuto modo di gustarci l’anteprima di Planet Blow grazie alla collaborazione di Marco Cattoi del Wind’s Bar di Torbole (Lago di Garda) che ci ha messo a disposizione una sala per la visione del film insieme ad un gruppo di amici. La proiezione è stata fatta su un grande schermo ad alta definizione con un impianto audio straordinario che ha reso il tutto ancora più emozionante e suggestivo. Scordatevi di vedere il classico video di windsurf, anzi a dire il vero le immagini di windsurf, comunque presenti e di alta qualità, sono la parte meno rilevante dell’intero progetto. Il film, come dice lo stesso Sylvain Demercastel, è un viaggio, un percorso interiore fatto di contrasti tra il nostro amato sport e la nostra vita agiata, rispetto alle persone che vivono nella povertà delle località che noi scegliamo di visitare per soddisfare i nostri bisogni. Il video si apre con forti immagini “sesso, droga e rock n’roll” e con una colonna sonora davvero accattivante per poi scivolare in un lungo racconto di 60 minuti con una voce di regia molto profonda e rilassante alternata da immagini di life style, di windsurf e di surf, a volte in condizioni perfette e a volte in scenari inusuali. La colonna sonora è inedita e curata direttamente dal regista Sylvain Demercastel che si alterna alla perfezione con la voce narrante. Ovviamente tutto il film è parlato in inglese ed è molto facile da comprendere da chiunque. Un video (+ book) da avere assolutamente nella vostra videoteca, da tirare fuori ogni tanto per riflettere. 100% approved!!! www.planetblow.com



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INTRO Lo stile dei rider di Hookipa da sempre detta legge, quello che fanno loro rappresenta la tendenza del momento. Ci sono mille modi di interpretare la surfata, il Bottom e il Cut Back, con la vela sdraiata oppure verticale, stando sulla parete o allontanandosi di più, facendo girare la tavola premendo sul rail back foot o front foot. Davvero un’infinità di chiavi di lettura del waveriding, dettata anche dalla continua evoluzione dei materiali (vedi Twinzer, Thruster e Quad) e quindi dello stile. Questo discorso lo affronteremo nei prossimi numeri grazie anche all’aiuto di Andrea Mariotti. La cosa certa è che, al momento, ad Hookipa la parola d’ordine è “solco”. Ovvero la capacità di incidere in modo più profondo possibile l’onda lasciando l’impronta della propria tavola, disegnando curve radicali e quindi verticali. Quindi meno Aerial e più 82

carvate estreme. Ma per arrivare ad “incidere” le onde bisogna iniziare dalla base del waveriding, per poi arrivare sul lip con sempre maggiore velocità, potenza e verticalità. Uno dei massimi esponenti del waveriding ci da pochi ma molto importanti consigli su come impostare correttamente il Bottom Turn ed il Cut Back. Leggete con attenzione.

STEP BY STEP 1) Scegli l’onda. 2) Preparati per iniziare il Bottom Turn scegliendo un punto di acqua piatta. 3) Piegati sulle ginocchia, portando la vela in avanti, caricando il rail sottovento. 4) Appena senti il rail mordere nell’acqua, porta la vela ancora più avanti e verso l’acqua, caricando ulteriormente il rail.


5) Continua a spingere ed arretra la mano posteriore verso la bugna. 6) Portati in posizione più verticale e spingi con le gambe in modo da indirizzare la tavola verso la schiuma. 7/8/9) Mantieni la velocità e continua a guardare il punto in cui andrai ad impattare il lip o la schiuma, aprendo leggermente la bugna e preparandoti poi a chiuderla verso di te al momento dell’impatto sul lip. 10-14) Mentre ti stai avvicinando alla schiuma, preparati a cazzare la vela col braccio posteriore, riposizionando il corpo e la tavola il più verticale possibile rispetto alla schiuma, spingendo sul piede posteriore per controllare la tavola. Ricorda che il fisico e la tavola di solito seguono lo sguardo, quindi cerca di fare un movimento armonioso facendo seguire alla testa le spalle ed i fianchi. 15-17) Più spingi sul piede posteriore, più la tavola cambierà bruscamente direzione,

anche perdendo aderenza… man mano che acquisti confidenza, puoi spingere sempre di più, imparando a controllare le slidate… quando senti di non avere più il momento necessario, ritira la gamba posteriore sotto il sedere, riprendendo il controllo della tavola mentre continui a seguire il flow dell’onda, pronto per la prossima hit.

TIPS Penso che la chiave di questa manovra sia controllare la velocità ed eseguire i movimenti con la massima fluidità. Cerca di indirizzare corpo e materiale nella stessa direzione, ricordandoti di girare la testa per dare l’impulso a tutto il corpo… Keith Teboul 83


HOW TO DO Vai al traverso a tutta velocità, con buona potenza nella vela ma preferibilmente non sovrainvelato. Per eseguire correttamente un doppio Spock, è necessario riuscire a chiudere gli Spock normali in planata senza batter ciglio, ed anche sapere almeno staccare le Bob, che sono la seconda componente della combinazione, in quanto lo stacco avviene sottovento alla vela! Allarga la mano posteriore sul boma, flettendo le gambe per arrivare alla massima velocità e preparati allo stacco. Tira col braccio di bugna e spingi sulle gambe per far staccare la tavola, innescando la rotazione con testa e spalle. Per questo trick è fondamentale tirare con forza anche sul braccio anteriore, in modo da sviluppare la maggior inerzia possibile e venire catapultati in avanti, guadagnando abbastanza momento per riuscire a ristaccare con fluidità. A questo punto gira testa e spalle verso poppa, rannicchiando la gamba posteriore in modo che la prua faccia da perno ed inneschi la rotazione senza il minimo intoppo. Cerca di passare velocemente sulle nuove mure, restando centrale col peso e continuando a seguire la rotazione sottovento con testa e spalle. A questo punto la prima rotazione è ormai ultimata e ti ritrovi sottovento alla vela, ancora in planata. 84

Questa ricorda in tutto e per tutto lo stacco di una Bob, cioè uno Spock staccato sottovento alla vela. Farla one handed, contrariamente a quanto si possa pensare, aiuta nello stacco, in quanto si può utilizzare il braccio libero come il bilanciere per un equilibrista. Spingi l’albero verso prua col braccio posteriore, e porta quello anteriore verso poppa, dando un colpo secco di reni e molleggiando sulle gambe. Se hai abbastanza inerzia, la tavola staccherà nuovamente. Ora non ti resta che restare sbilanciato verso prua, aspettando che la bugna sfili nel vento, proiettandoti nella seconda rotazione di Spock. Continua a girare testa e spalle sottovento e riprendi il boma con entrambe le mani, completando anche il secondo Spock senza battere ciglio. Voilà, raddoppio istantaneo di stile e tecnica!

STEP BY STEP 1-3: Stacca a tutta velocità in una zona d’acqua liscia come un biliardo al traverso pieno, cercando di saltare il meno possibile in modo da non perdere troppa velocità. Tira con forza prima sul braccio posteriore e subito dopo molla la mano posteriore e tira sul braccio anteriore. Questo è il movimento fondamentale che io chiamo


“inversione”. Nel doppio Spock, l’inversione deve essere particolarmente brutale, in modo da assicurarti inerzia a sufficienza per completare entrambe le rotazioni senza intoppi. Gira testa e spalle verso poppa, innescando la rotazione dei fianchi e della tavola. Contemporaneamente, rannicchia la gamba posteriore e sbilanciati verso prua, in modo che faccia da perno. 4: Cerca di passare velocemente sulle nuove mure, andando a prendere il boma con la mano posteriore in zona cimette del trapezio. Resta sbilanciato in avanti e continua a guardare nel senso di rotazione. 5-6: Questa fase è davvero critica ed è qui che comincia la rotazione della Bob, che poi risulterà nel secondo Spock. Cerca di flettere leggermente le gambe per assorbire eventuali choppi e, appena ti trovi in questa posizione, spingi con forza sulle gambe per far staccare la tavola. Usa il braccio anteriore, staccato dal boma, come contrappeso, portandolo verso poppa e spingendo l’albero verso prua col braccio posteriore. 7-9: Rannicchia nuovamente la gamba posteriore in modo che la prua tocchi per prima. La foto 7, è tipica della Bob One Hand. La bugna, passando nel vento, ti proietterà sottovento con forza, permettendoti di avere spinta sufficiente per

completare anche la seconda rotazione. Resta sbilanciato verso prua e stendi le gambe verso poppa e sottovento, di modo che la tavola slashi senza intoppi. 9-12: Se hai fatto tutto ciò con una buona velocità e precisione, ora devi solo restare col peso leggermente sbilanciato verso prua e continuare a girare spalle e testa nel senso di rotazione. Non spingere sul braccio di bugna, altrimenti fermi la rotazione. Ora puoi anche rimettere l’altra mano sul boma e controllare la rotazione finale del secondo Spock, chiudendola come se niente fosse… la vera definizione di Double Up or NOthing!

DRITTE ED ERRORI Per questa manovra è importante trovare le condizioni di acqua giuste, possibilmente con vento costante e non sovrainvelati. I choppini a distanza ravvicinata sono più fastidiosi degli sfigati che ci provano in chat di Face con la tua ragazza… Subdoli infami! (i choppi… ovviamente). Risulta infatti più difficile riuscire a far girare la tavola senza intoppi e coordinarsi per staccare la seconda volta. Non iniziare il primo Spock troppo al lasco altrimenti non avrai abbastanza proiezione in avanti per saltare nuovamente, e ricordati di tirare con violenza durante l’inversione! 85


Come ho già scritto nel numero precedente, sia nell’editoriale che in “Fabio’s Corner”, quest’anno in Sud Africa ho lavorato anche su alcuni articoli didattici per il wave, nulla di estremo, spero però che saranno apprezzati come consigli per la nostra sicurezza e per tutti quelli che si affacciano per la prima volta in spot wave. Mi ricordo come fosse oggi quando i miei amici di Arma di Taggia mi spiegavano come superare i frangenti uscendo in spot impegnativi come Nervia (XXMiglia) o alla Spiaggia d’Oro (Imperia), io li ho sempre ascoltati con attenzione e diciamo che mi è sempre andata bene… Tornando a noi, più parlo con la gente e più mi rendo conto di come a volte i fondamentali del nostro sport siano poco conosciuti o confusi. Di qui l’idea di fare una serie di articoli dedicati al Wave per tutti coloro che sono alle prime armi. Il primo capitolo ho deciso di dedicarlo a come superare i frangenti. Quando ci troviamo in uno spot Wave con le onde tanto sognate, prima di dedicarci al waveriding dobbiamo riuscire a superare le onde che ci vengono incontro.

PREMESSA In qualunque situazione prima di partire verso il largo cercate di “leggere” il mare e capire se sta arrivando un set troppo grosso che non sarete in grado di superare. Calcolate i vostri tempi rispetto all’arrivo del set in base al vento ed alla sua direzione, se potete planare sempre o se è rafficato. Ricordatevi di “sincronizzarvi” con le onde che dovrete superare cercando di passarle o quando sono già completamente rotte, schiuma, o quando sono dei panettoni che devono ancora frangere. Evitate di impattare le onde nell’esatto momento in cui stanno per frangere e quindi sono più ripide.

VENTO ON SHORE Quando ci troviamo in spot con le onde e con il vento che hanno una direzione più da mare abbiamo bisogno della massima velocità per superare i frangenti. Per prima cosa appena siete in planata dirigetevi al lasco pieno per acquisire velocità. Una volta che arrivate nella zona dei frangenti quando incontrate le prime schiume delle onde rotte cercate di stringere un po’ il vostro angolo, traverso-bolina, nell’esatto momento in cui impattate la schiuma. Cercate di colpire la schiuma con la tavola piatta e ammortizzate l’impatto con le gambe. In questo caso è essenziale rimanere a contatto con l’acqua ed evitare di saltare per non perdere velocità ed essere in grado di superare anche le altre schiume. Essendo il vento da mare dovete impattare la schiuma stringendo un po’ l’angolo, colpendola con la carena della tavola piatta e perpendicolare alla direzione dell’onda, perché altrimenti colpirete la schiuma al lasco e quindi solo con il bordo sopravento e vi potrebbe far cadere bloccando la corsa della tavola. Appena avete superato la prima onda rimettetevi al lasco e ripetete la stessa procedura fino a quando non avete superato la zona dei frangenti, dopodichè 86

potete recuperare acqua stringendo di bolina per risalire sopravento. In queste condizioni, le mie preferite per saltare, cerco di fare sempre lo stesso “giro”: super lasco per superare le prime schiumette, poi inizio a stringere un po’ per saltare sulla prima onda adatta, dopodichè stringo più che posso di bolina, viro e cerco di tornare al punto di partenza, mettendoci magari anche una surfata, per poi ripetere lo stesso giro.

TIPS • Lasco pieno per avere la massima velocità. • Ammortizzare l’impatto con le gambe per evitare di saltare e perdere velocità. • Sganciarsi dal trapezio e aiutarsi ad ammortizzare l’impatto anche con le braccia. • Impattare la schiuma/onda con la tavola piatta e perpendicolare alla direzione dell’onda. • Stringere leggermente l’angolo prima di impattare la schiuma. • Prima di impattare la schiuma cercate di effettuare una specie di Holly per alleggerire la tavola e superare l’onda più agevolmente. • Appena avete impattato la schiuma spingete l’albero in avanti per rimettervi al lasco e per non bloccare la corsa della tavola. • Per ogni schiuma/onda che passate dovete fare una sequenza sincronizzata di questi movimenti: lasco / traverso-bolina ammortizzando l’impatto / lasco per riprendere velocità.

VENTO SIDE (sequenza fotografica) La differenza fondamentale quando il vento ha una direzione side-shore o addirittura off (come nella sequenza) è che quando impattiamo l’onda o la schiuma dobbiamo lascare e non stringere di bolina come nell’esempio del vento on-shore. Vale lo stesso discorso di prima, ovvero che bisogna impattare l’onda con la tavola piatta e perpendicolare alla direzione dell’onda. Quindi se in condizioni side andiamo al lasco/traverso e quando dobbiamo superare il frangente stringiamo il nostro angolo colpiremo l’onda con il bordo sopravento. Invece dobbiamo lascare quel tanto che basta per arrivare sull’onda al traverso pieno. Nel caso di vento off dovremmo esagerare e lascare ancora di più.

STEP BY STEP FOTO 1) In questo caso il vento viene da terra e quindi mi trovo già al lasco. Ho calcolato molto male i tempi di uscita e quindi mi trovo con un’onda abbastanza impegnativa da superare e probabilmente romperà esattamente poco davanti a me. Molte volte in questi casi conviene fare la Chicken Jibe, ovvero una strambata davanti all’onda per tornare verso riva e ritentare successivamente la fortuna. Io decido di andare verso l’onda. Mi sgancio dal trapezio!


foto 1

FOTO 4) Non potevo essere in un punto peggiore, e cerco in ogni modo di non cadere all’indietro ma di spingere tutta la mia attrezzatura oltre il lip, è l’unico modo che ho per salvarmi. foto 4

FOTO 2) Poiché il vento è molto da terra devo cercare di acquisire velocità se non voglio essere mangiato dall’onda e quindi stringo l’angolo e mi metto al traverso per essere un po’ più veloce e cercare di arrivare sul lip prima che questo mi chiuda addosso. In questi casi qualche energica pompata per arrivare sul lip prima che chiuda è fondamentale. foto 2

FOTO 5-6-7) Anche se cadete non ha importanza, l’importante è farlo davanti all’onda. Se fossi caduto indietro il mio rig avrebbe fatto una catapulta all’indietro mettendo in una situazione davvero critica sia la mia incolumità che il mio albero che avrebbe potuto impuntarsi sul fondale e spezzarsi. Invece cadendo davanti all’onda sarete più in sicurezza. foto 7-6-5

FOTO 3) Ci siamo, ecco il punto di non ritorno. Il lip mi ha chiuso esattamente addosso. Cerco di ammortizzare l’impatto con le gambe e di posizionare la tavola il più piatta possibile. In questi casi la teoria lascia il tempo che trova, infatti il vento è rafficato e da terra, ho dovuto stringere per prendere più velocità… però quando sono arrivato sul lip ho comunque cercato di posizionare il mio materiale nel giusto modo. La cosa più importante da fare in questi casi di difficoltà è di cercare ad ogni costo di superare l’onda, anche cadendo, ma l’importante è di farlo davanti all’onda e non essere catapultati all’indietro. foto 3

TIPS • Prima di partire per il bordo di uscita controllate sempre i set in arrivo. • Cercate di prendere velocità per superare le schiume delle onde già rotte oppure quando sono ancora dei “panettoni” e devono ancora diventare verticali. • Evitate di impattare l’onda come nella sequenza! È il peggior momento possibile: onda nella sua massima verticalità con il lip che sta frangendo. • Posizionate la tavola piatta e perpendicolare alla direzione dell’onda che sta rompendo per superarla. • Anche se siete in difficoltà cercate in qualunque modo di far superare il frangente alla vostra attrezzatura, molto probabilmente eviterete di essere rispediti rovinosamente in spiaggia ma sarete pronti per ripartire verso fuori con onde più facili da superare. Nel prossimo numero approfondiremo l’argomento su come sopravvivere alle frullate e come posizionarsi nel modo corretto per evitare di farsi male e di rompere l’attrezzatura. 87


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SAO MIGUEL DO GOSTOSO - NATAL Il villaggio di Sao Miguel di Gostoso è più grande di quello che immaginavamo. È situato dietro le palme e le dune della spiaggia e i suoi abitanti sono principalmente pescatori ma anche contadini. Ci sono numerose pousada ed un incredibile numero di ristoranti eccezionalmente buoni, un supermercato ben fornito, uno sportello bancomat e due centri surf. A settembre del 2010 Kauli Seadi, 3 volte campione del mondo Wave, ha inaugurato il suo secondo centro windsurf e kite a Sao Miguel do Gostoso. Kauli è già titolare di un altro centro nel suo home-spot, Ibiraquera, nel sud del Brasile. Lui, che conosce i migliori surfspot del mondo e naturalmente del suo paese Brasile, avrà avuto delle valide ragioni per scegliere questo posto. Kauli, che ormai è diventato un vero business man molto professionale, per l’apertura del suo centro ha invitato vari “VIP” della scena surfistica come giornalisti, famosi atleti e 89


Gollito Estredo.

anche Anneliese (sun+fun) che purtroppo ha dovuto annullare il viaggio per motivi famigliari. La settimana dell’inaugurazione è stato un grande successo. Grazie alla presenza di un fotografo professionista della rivista Wind francese ed alle azioni spericolate di Kauli e suoi amici, tutti atleti, come il superstar Gollito Estredo e alcuni giovani talenti freestyle brasiliani come Arthur Pollet, Levi Lenz, Joao Henrique e Ian Mouro, le foto scattate dimostrano le potenzialità di questo spot sia in acqua piatta che nel wave. Kauli è stato seguito dalla sua famiglia a Gostoso e Claudia, la simpaticissima mamma del campione, si occupa delle prenotazioni e dell’ufficio, soprattutto quando Kauli è via per le gare. A dicembre 2010 il titolare della sede sun+fun con due responsabili del booking Brasile hanno fatto visita a “Gostoso”, come fanno sempre prima di inserire una nuova destinazione nel catalogo viaggi,

Gollito Estredo.

90

restandone molto entusiasti per le potenzialità che offre sia per il windsurf che per il kitesurf. I vantaggi principali di questo bellissimo spot sono: • transfer da Natal di ca. 90 minuti su strade buone; • ottime condizioni di mare piatto e wave; • altri spot nelle vicinanze; • Sao Miguel do Gostoso è un paese di pescatori, abbastanza grande, cresciuto naturalmente, con abitanti molto gentili ed ospitali. Vi aspettano numerosi negozi, banche, ristoranti e bar; • grande scelta di Hotel e Pousada; • 2 surfcenter ad una distanza di 1 km uno dall’altro, super-attrezzati e professionali; • vento sicuro da settembre a metà marzo: fatto che prolunga la stagione ventosa in Brasile perché nella zona di Fortaleza a inizio di gennaio il vento comincia a calare sensibilmente. Naturalmente ci sono tanti altri vantaggi che

Gollito a Praia do Cajueiro.

possono convincervi a programmare la vostra prossima vacanza a Gostoso. Parliamo dello spot…

SPOT La baia di Sao Miguel do Gostoso ha una lunghezza di circa 2-3 km ed offre condizioni molto varie per tutti i livelli di capacità. Il vento inizia ad agosto, però i mesi migliori con vento più costante sono da settembre a marzo. Il vento è ideale, non esageratamente forte, soffia sideshore/sideoffshore, mure a dritta. La spiaggia davanti al centro di Kauli si chiama Praio do Cardiero. A circa 1 km sopravento verso est, a Ponta do Santo Cristo, si trova il centro Dr. Wind di Paolo Migliorini dove, vicino a riva, c’è una bella “pista speed” con acqua piatta. A circa 900 metri dalla spiaggia, si trova un reef di roccia dove si creano onde perfette con un’altezza di 1-2 metri. È ideale per esperti wave e anche per chi vuole imparare le manovre sulle onde. Nella zona sottovento della baia, invece, c’è un


Kauli a Praia do Cajueiro.

altro spot chiamato “Pearl”. Lì si trova un banco di sabbia dove, a seconda delle maree, si crea un’onda moderata, molto pulita, perfetta per divertirsi a fare salti, freestyle e freeride. La spiaggia e la zona dove si entra in mare è tutta sabbiosa. Oltre al windsurf si fa anche kitesurf. Al momento c’è ancora molto spazio per tutti. I corsi kite per i principianti si svolgono in una baia sicura a sopravento dove il vento non porta fuori perché soffia obliquo dal mare. Escursione a Praia do Tourinhos: A circa 20 minuti di macchina su una pista di sabbia (non necessario jeep/buggy) si trova una bellissima spiaggia, tutta isolata nella natura, con un’ondina non lunghissima e neanche altissima, ma molto pulita che si crea intorno ad una piccola lingua di terra. Questa onda è divertentissima per chi fa SUP, ma anche per il windsurf o per chi fa semplicemente il bagno o snorkeling. Escursione da non perdere!

Clube Kauli Seadi.

Dr. Wind Surfcenter Ormai da 5 anni offre i suoi servizi il centro surf Dr. Wind di Paolo Migliorini, ex-atleta windsurf italiano. Si trova nella parte sopravento della baia, a 100 metri dal mare, e dispone di tavole windsurf RRD e vele Neil Pryde e di attrezzature kite RRD. Il centro, inoltre, ha delle sedie a sdraio, dei posti all’ombra e uno snackbar. Caratteristiche Spot Dr. Wind: • con bassa marea c’è una zona di circa 50 metri dove si tocca ed acqua piatta fino al reef; • con alta marea il mare è un po’ choppy; • si arriva dritto alle onde, senza dover bolinare; • per arrivare al centro di Gostoso con i suoi numerosi ristoranti e alla maggior parte delle pousada ci vogliono 20 minuti a piedi o circa 5 minuti con moto-taxi.

Praia de Tourinhos. 91


Kauli Seadi a Praia de Tourinhos.

Club Kauli Seadi A settembre 2010 ha aperto il Club Kauli Seadi che si trova quasi nel centro della baia, a 200 metri dal mare e a quasi 1 km sottovento dalla fine della baia. Il centro dispone di ottimo materiale JP e Neil Pryde (con alberi skinny in carbonio), una grande scelta di Core-Kites e tavole Mormaii. Inoltre, in giorni senza vento, si possono noleggiare le tavole Stand-UpPaddling. Su richiesta ed a pagamento vengono organizzate anche escursioni “SUP” in buggy in una baia vicina, protetta dal vento. Presso il centro Kauli Seadi si possono anche noleggiare semplici biciclette, molto utili per spostarsi. Sul primo piano del centro c’è una zona relax dove vengono serviti snack e drink. Inoltre c’è un piccolo shop con beachwear e accessori surf e kite. W-Lan è disponibile gratuitamente. Caratteristiche Spot Club Kauli Seadi: • zona con acqua bassa, dove si tocca, praticamente inesistente; • con bassa marea, grazie al reef sopravento, acqua piatta; • con alta marea il mare diventa più mosso e choppy; • c’è sempre uno shorebreak che, a seconda delle maree, può arrivare fino ad un altezza di circa 1,5 metri; • allo spot “Pearl”, con acqua piatta e onde, si arriva in un bordo, consigliato solo ai più esperti! • davanti al centro c’è molto spazio per kiter e windsurfisti; • posizione centrale, si arriva a piedi al centro del paese, ai ristoranti ed alle pousada. 92

Non solo surf: oltre al windsurf è possibile fare kite, Stand-up-Paddling, equitazione, snorkeling, escursioni in buggy. In paese è possibile farsi fare massaggi molto rilassanti dopo una giornata in mare. Per quanto riguarda la gastronomia e la vita notturna lasciamo a voi l’emozione di curiosare. In ogni caso potrete essere tranquilli di non annoiarvi: vi aspettano numerosi ristoranti, pizzerie e locali dove iniziare la serata “Happy Hour” con una buona Caipirinha e altri gustosi drink. Il cibo è vario e la cucina ottima e vi consigliamo di non esitare a provare le gustosissime specialità brasiliane.

QUALCHE INFORMAZIONE IN PIÙ Sao Miguel do Gostoso si trova a 108 km a nord di Natal, poco più a sud dell’equatore. Il fuso orario rispetto all’Italia è di -5 ore con l’ora legale e di -4 ore con l’ora solare. Sao Miguel è una piccola città che a causa delle colonizzazioni del passato ha ereditato influenze della cultura europea. Il suo popolo nativo è tutta gente semplice, operosa, cordiale e disponibile e l’accoglienza nei confronti degli ospiti turisti è molto buona. In Gostoso non c’è nessuna violenza: sembra che il tempo si sia fermato! La città per quanto piccola, ha una buona infrastruttura sia per i turisti che per i residenti. Molti europei vivono in Gostoso e sono proprietari di ristoranti e pousada. Camminare per tutta la città risulta molto facile e veloce. Numerose le moto-taxi che costano molto poco e permettono di raggiungere qualunque luogo. In Gostoso quattro sono le spiagge principali e sono una accanto all’altra: Praia do Santo Cristo, Praia do Cardeiro (dove è situato il nuovo Club Kauli Seadi),

Praia da Xepa e Praia do Maceio. La spiaggia e il mare sono bellissimi! L’acqua è calda, ideale per navigare, ed al tramonto in mare ci si sente davvero in paradiso. Il programma comprende fare una passeggiata nel villaggio, andare nei bar o nei ristoranti di notte e durante il giorno un sacco di spiaggia, sole e vela. La cucina è molto varia dal momento che i ristoranti servono anche cibo portoghese, tedesco e i cibi tradizionali del luogo sono molto buoni ed a base di frutta e frutti di mare. Vicino, a circa 20 minuti di motocicletta, si ha la spiaggia della Tourinhos: qualcosa di surreale. Si può anche andare a cavallo: il tragitto Gostoso-Tourinhos dura circa un’ora.

REPUBBLICA FEDERATIVA DEL BRASILE Lingue ufficiali: Portoghese, Italiano (come lingua etnica) e Lingue Dei Nativi Brasiliani. Forma di governo: Repubblica presidenziale federale. Indipendenza dal Portogallo nel 1822. Moneta: Real brasiliano (BRL). 1EUR = 2,3BRL circa. Conclusione: oltre alla bellezza del posto e le ottime condizioni di vento e mare per surfisti di tutti i livelli bisogna sottolineare una cosa che finora ha colpito tutti i visitatori che hanno avuto la fortuna di conoscere questo posto: l’atmosfera di Sao Miguel do Gostoso è veramente unica. Ci si sente benvenuti, in ogni angolo del paese c’è un accoglienza amichevole. Il fascino di Gostoso è l’ospitalità e l’amicizia che ti offrono i suoi abitanti e sembra “contagiosa” e si estende in tutta la zona… sun+fun propone numerose sistemazioni molto carine di tutte le categorie nelle vicinanze dei centri surf come


per esempio la simpatica Pousada Mar de Estrelas gestita da Maria, a pochi passi dal Club Kauli Seadi. Dispone di ca. 20 piccole camere in bungalow, di una piccola piscina, una zona per la prima colazione all’aperto e di un proprio ristorante. Gratis: Internet WIFI. Troverete tutte le pousada sul sito www.vacanzewindsurf.com. Per informazioni e preventivi contact: sun+fun e-mail: info@vacanzewindsurf.com; tel. 0365-918700.

Inaugurazione Clube Kauli Seadi.

QUATTRO CHIACCHIERE CON KAULI SEADI Sei un atleta professionista da molti anni, hai vinto il titolo di Campione del Mondo Wave, continui a portare innovazione nei materiali e nello stile del waveriding, hai aperto un primo windsurf club nel tuo home spot (Ibiraquera) e adesso un secondo centro a Sao Miguel do Gostoso. Dove trovi le energie ed il tempo per tutte queste attività? Il windsurf è quello che mi da la motivazione. E’ uno sport così bello che adesso voglio restituirgli qualcosa. Oltre che preoccuparmi per la mia carriera voglio vedere questo sport crescere. Ho provato diversi sport e penso che il windsurf sia il migliore. Inoltre, la mia famiglia mi aiuta e supporta tantissimo offrendomi, allo stesso tempo, la consapevolezza che io stia facendo la cosa giusta. I miei genitori credono in me e in quello che faccio. Ovviamente io so quello che voglio e loro mi aiutano a realizzarlo, cosicché io possa coordinare il tutto e concentrarmi sulle gare e sulle attività principali. Basta osservare l’organizzazione dell’inaugurazione di questo centro: io non avrei il tempo di fare tutto. 93


Gollito Estredo.

Quali sono i fattori chiave per essere in grado di fare un percorso così intenso e in crescendo? Innanzitutto cerco di vedere sempre le cose positivamente e lo faccio per amore. Se fai bene, con amore, i risultati poi vengono da soli. Se lo fai solo per soldi forse non può funzionare. Ho fatto windsurf per amore, non per i risultati, i risultati sono arrivati dopo. Lo stesso adesso con il centro: non ci sto guadagnando, anzi ci sto mettendo dei soldi, ma spero che in un futuro possa funzionare e diventare una fonte per guadagnarmi da vivere. Come atleta ho ricevuto molto aiuto da Mormaii. Da ragazzino sono stato inserito in un programma di allenamento che mi ha aiutato anche nella vita a fissare degli obiettivi. Questa preparazione mi ha aiutato non solo a saper fissare lo scopo finale ma anche a seguire il percorso per arrivarci e crescere. Ho iniziato quando avevo 12 anni: alle 5.45 andavo a nuotare, poi facevo lezioni di yoga ed ero seguito regolarmente da un nutrizionalista e da un personal trainer e così via … questo mi ha aiutato ad avere una struttura, a saper aggiungere valore, a non essere solo un atleta che rischia di perdersi per strada… so quanto è stata dura arrivare fino a questo punto e non voglio perdere tutto in modo stupido o banale. Se faccio qualcosa cerco di farlo al 100%… almeno per quanto riguarda quello che dipende da me. Cosa sai dire del Kauli atleta? Sono un ragazzo che ama quello che fa. Questo spiega molto di me. Non si tratta solo di talento, ma è anche una questione di responsabilità! Questa è l’educazione che ho ricevuto dai miei genitori. Viaggio completamente da solo da quando ho 16 anni e ho dovuto e saputo prendermi cura di me stesso. Cosa sai dire del Kauli proprietario di un’attività? Non voglio fare il manager, quando ho clienti qui ospiti presso il mio centro voglio spendere il tempo con loro, mantenere lo stesso stile di vita. Quello che voglio è stare in mare anche in futuro e condividere il tempo e la navigazione con gli altri. Quali sono stati i momenti più importanti nella tua vita? Credo che avere iniziato la mia carriera con Mormaii sia stato davvero importante. Questo sicuramente è rimasto per me un punto fisso. All’inizio la mia presenza era qualcosa di piccolo nel contesto 94

Kauli Seadi.

dell’azienda e adesso Mormaii è diventata una famiglia. Anche il contratto non è più qualcosa che dobbiamo discutere ma qualcosa che si sviluppa naturalmente. La mia famiglia mi ha aiutato nel momento in cui non sapevo se continuare o meno. Un altro momento importante è stato quando ho vinto per la prima volta in Gran Canaria: quello credevo che fosse l’ultimo posto dove avrei potuto vincere poiché sapevo gestire meglio condizioni side e non ero bravo nelle condizioni on shore. Ma ho vinto lo stesso Gran Canaria. Poi anche la vittoria a Capo Verde è stata molto importante. Entrare nel team JP e NeilPryde è stato un momento molto importante. Anche se mi trovavo bene con i miei sponsor precedenti adesso posso davvero fare il professionista. E poi adesso il mio nuovo centro è molto importante. Come vedi il tuo futuro? Credo che lavorerò molto con il windsurf, con il centro, vorrei essere più un free windsurfer, fare dei bei trip, dei bei video, creare qualcosa che non c’è ancora. Per concentrarmi sul PWA devo allenarmi per condizioni che non sono il mio obbiettivo. Se nel futuro riuscirò ad essere economicamente indipendente farò qualcosa di più in questa direzione invece di dover fare quello che mi impongono gli altri anche se non sono d’accordo. Cercare condizioni wave perfette: non tutti possono farlo ma questo è quello che fissa la meta per tutti, ciò che fa sognare … Guardare un video girato in condizioni on shore e fredde non fa venire voglia a nessuno di imparare a fare windsurf… bisogna creare un sogno e dargli una forma. Qual è il tuo segreto del successo? Non credo che ci sia un segreto, basta fare le cose seriamente e non avere paura di investirsi nelle proprie scelte … molti vorrebbero fare delle cose ma non ci investono energie. Se devo fare dei test porto anche 6 tavole per volta sulla spiaggia e provo mille possibili combinazioni di regolazioni… lo stesso per studiare gli shape… ecco perché sviluppo tutto questo materiale. Questo è anche quello che i miei sponsor mi chiedono. Ci sono persone che hanno certe opportunità ma non si impegnano al 100%. Io ho sviluppato molte cose, ho fatto esperienza e adesso conosco abbastanza bene quello che voglio.

Gollito e Kauli alla Lagoa do Sal.

Kauli in relax nel suo nuovo Club a Sao Miguel Do Gostoso.



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