IMQ Magazine 99

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Anno XXXI Numero 99 Dicembre 2013 IMQ, via Quintiliano 43 - MI

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INTEROPERABILITÀ &: INFORMATICA • L’evoluzione della firma: intervista a Giovanni Manca - ANORC ENERGIA E SMART GRID • Verso l’Internet of Energy: Giorgio Graditi - ENEA • Smart Grid ed Expo: Piero Galli - EXPO • Il Bel Paese tra smart grid e smart metering: Giacomo Piccini - HTMB I L

M A G A Z I N E

TRASPORTI E LOGISTICA • L’UE passa anche dalle autostrade: Maurizio Rotondo e Paolo Giorgi - AISCAT • Infomobility: Fabrizio Arneodo - 5T • Merci in viaggio: Francesco Stanislao Parisi - Casa Spedizioni F. Parisi

P E R

U N A

V I T A

SOCCORSO • L’interoperabilità che salva le vite: Stefano Marsella, Comando Provinciale Vigili del Fuoco - Perugia

STORIE DI QUALITÀ • Interoperabilità dentro casa • Il Consorzio HomeLab • Il futuro già presente di Indesit • La rete che riduce di Abb

DESIGN, RICERCA E PERSONE • Design for All: Luigi Bandini Buti • Interoperabilità dei simboli • Area Science Park • Crowdsourcing e crowdfunding

QUALITÀ DELLA VITA • Hobby e interessi: l’esperanto • Salute: telemedicina e teleassistenza • Sport: triathlon

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Q U A L I T À

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S I C U R E Z Z A


Numero 99 Direttore Responsabile Giancarlo Zappa Capo redattore Roberta Gramatica Progetto grafico Fortarezza & Harvey Impaginazione Corberi e Sapori Editori Hanno collaborato Marco De Angelis Eliana De Giacomi Alberto Donato Velia Ivaldi Walter Molino Paolo Subioli Direzione, Redazione, Amministrazione IMQ, Istituto Italiano del Marchio di Qualità Via Quintiliano 43 20138 Milano tel. 0250731 - fax 0250991500 mkt@imq.it - www.imq.it

STAMPATO SU CARTA CERTIFICATA

Tutte le informazioni qui pubblicate possono essere liberamente riprese citando la fonte IMQ Notizie, periodico d'informazione sui problemi della sicurezza e della certificazione. Via Quintiliano 43 - 20138 Milano tel. 0250731 Direttore responsabile: Giancarlo Zappa - Autor. Tribunale Milano n. 17 del 17/1/1981 Stampa: Mediaprint - Milano In conformità a quanto previsto dal D.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e fatti salvi i diritti dell'interessato ex ate. 7 del suddetto decreto, l'invio di IMQ Notizie autorizza I'Istituto Italiano del Marchio di Qualità stesso al trattamento dei dati personali ai fini della spedizione di questo notiziario.


EDITORIALE

È NATA PRIMA L’ESIGENZA DI STANDARDIZZAZIONE O QUELLA DI

INTEROPERABILITÀ?

Forse il quesito ha la stessa valenza di quello che vede come protagonisti l’uovo e la gallina. Ma in realtà, a seconda della risposta che daremo i due termini del dilemma acquistano una luce diversa. Se decidiamo infatti che l’esigenza di standardizzazione è arrivata per prima, l’interoperabilità risulterà esserne una ghiotta conseguenza, emersa nel vedere i vantaggiosi frutti dati dalla standardizzazione. Se decideremo invece che è arrivata prima l’interoperabilità giungeremo alla conclusione che la standardizzazione rappresenta uno strumento necessario per consentire l’interoperabilità. Interoperabilità: cos’è costei? Come titola uno dei primi articoli riportati in questi nuovo numero di IMQ Notizie, l’interoperabilità tutti la usano ma non altrettanti la conoscono. O, meglio, la percepiscono. Partendo da una definizione, l’interoperabilità è “la capacità di un sistema o di un prodotto di cooperare e di scambiare informazioni o servizi con altri sistemi o prodotti, con affidabilità e con ottimizzazione delle risorse”. Perfetto. Ma uscendo dall’enciclopedia, dove ci porta l’interoperabilità? Nella vita quotidiana, e un esempio potrebbe arrivarci dalla signora Olga che può viaggiare non stop da Torino a Londra; da un pacco ordinato in capo al mondo e che ci viene recapitato in breve tempo; dai sistemi di telesoccorso che possono comunicare contemporaneamente con tutte le forze di emergenza; dalle Pubbliche Amministrazioni che dialogano tra loro e poi direttamente con noi cittadini; dall’acqua che arriva, dopo un tortuoso percorso, direttamente ai nostri rubinetti; dai nuovi sistemi intelligenti di distribuzione dell’energia; dagli elettrodomestici e dagli impianti delle nostre case che possono parlare tra loro e essere gestiti dagli utenti anche da remoto; da una lingua come quella dei simboli che può essere intesa universalmente; dal medico che può visitarci via Web. Tutte realtà attuali e possibili grazie a standardizzazione e interoperabilità, temi ai quali abbiamo voluto dedicare questo nuovo numero di IMQ Notizie. Buona lettura Giancarlo Zappa

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SOMMARIO

SOMMARIO PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ 4

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COSTI E RISPARMI DEI SISTEMI “CHE DIALOGANO” L’esempio sanità.

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QUALI STANDAR PER IL DOCUMENTO INFORMATICO Firma digitale, posta elettronica certificata, protocollo informatico e archiviazione digitale: breve excursus tra i 4 pilastri dell’amministrazione digitale.

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L’EVOLUZIONE DELLA FIRMA La biometria: ecco la nuova frontiera della firma che sfrutta l’interoperabilità tra individuo e macchina. Intervista all’ing. Giovanni Manca, Componente dell'Advisory Board di ANORC Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione Digitale

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L'INTEROPERABILITÀ SEMANTICA ATTRAVERSO I LINKED OPEN DATA L’interoperabilità è uno dei vantaggi più importanti del modello Open Data. I dati, se isolati, hanno poco valore; viceversa, il loro valore aumenta quando data set differenti, prodotti e pubblicati in modo indipendente da diversi soggetti, possono essere incrociati liberamente da terze parti.

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SMART GRID: RIUSCIRANNO A SALVARE L’UMANITÀ?

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VERSO L’”INTERNET OF ENERGY” Nel settore delle reti intelligenti l’Italia detiene un primato riconosciuto in tutto il mondo: è l’unico paese che ad oggi ha effettuato la più vasta e capillare sostituzione (oltre 32 milioni di utenze) di contatori elettromeccanici di misurazione dei consumi elettrici di vecchia generazione con i moderni modelli elettronici. E nel resto del mondo cosa sta accadendo? Intervista a Giorgio Graditi, Responsabile Unità Tecnologie Fotovoltaiche ENEA

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INTEROPERABILITA’ Pochi la conoscono, ma tutti la usano.

IL FUTURO È GIÀ ARRIVATO Il Bel Paese tra smart grid, smart metering e cluster tecnologici. Intervista a Giacomo Piccini, Direttore Generale della Fondazione Distretto Green & High Tech Monza Brianza

TUTTI PRONTI PER LA SFIDA UNIVERSALE La sfida per portare in Italia l’EXPO risale al 2006, quando il governo decise di candidare Milano a ospitare l’esposizione universale del 2015 con il tema “Feeding the planet, energy for life”. Dal momento della proclamazione della vittoria contro Smirne, Milano (e tutta l’Italia) ha avuto il solo obiettivo di fare di expo 2015 un evento unico e straordinario che lascerà alla città (ma non solo) un’importante eredità: una “digital smart city”. Intervista a Piero Galli, General Manager Event Management Division di Expo 2015 S.p.A 30

INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI: L’UNIONE EUROPEA PASSA ANCHE DALLE AUTOSTRADE Intervista a Maurizio Rotondo, International Policy Advisor e a Paolo Giorgi, Technical Advisor di AISCAT (Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori)

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IL “ROAMING” DELLE AUTOSTRADE

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LA PERLA ITALIANA DELL’INFOMOBILITÀ A Torino la mobilità si sta muovendo a grande velocità. Grazie ai progetti di scambio di informazioni sul traffico, i servizi di supporto ai cittadini, i progetti di monitoraggio e interoperabilità dei trasporti. Il tutto in un percorso che vede la regione Piemonte centro di eccellenza dell’infomobilità. Intervista a Fabrizio Arneodo, ITS Design & Development Manager della società 5T

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MERCI IN VIAGGIO DALLA TURCHIA AL CUORE DELL’EUROPA L’interoperabilità tra vettori di trasporto a servizio dell’efficienza ecosostenibile. Intervista al dott. Francesco Stanislao Parisi, console onorario di Svezia, Presidente e Amministratore delegato della Casa di Spedizioni Francesco Parisi W I PALLET! Trasporto intermodale, pallet, imballi e sistemi informativi integrati: due aziende raccontano quanto l’interoperabilità di strumenti e procedure porti con sé importanti vantaggi anche nella logistica. Intervista a Fabio Benazzo, Direttore Generale di LPR Italia e ad Andrea Tassisto, Industrial Director Guala Closure Group Italy

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QUANDO L’INTEROPERABILITÀ PUÒ SALVARE MOLTE VITE Una delle applicazioni più promettenti dell’interoperabilità è senz’altro quella nei sistemi di soccorso ed emergenza, dove facilità, velocità e chiarezza di scambio delle informazioni possono fare la differenza. Una differenza molto sostanziale, misurabile in termini di vite umane. Una differenza basata anche su una grande capacità: quella dimostrata dai diversi corpi impegnati nelle operazioni di soccorso, di parlare un linguaggio comune.

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L’INTEROPERABILITÀ NEI SOCCORSI RACCONTATA DA CHI IL PRONTO INTERVENTO LO VIVE IN PRIMA PERSONA Intervista a Stefano Marsella, Dirigente del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Perugia ed esperto di interoperabilità nelle Sale Operative 115 dei Vigili del fuoco


IMQ NOTIZIE n. 99

STORIE DI QUALITÀ 52

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SERVIZI RADIO INTEGRATI AL SERVIZIO DELLA PUBBLICA SICUREZZA Intervista a Sirio Magliocca, Radio Channel Account Manager di Motorola Solutions Italia

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IL DESIGN CHE PENSA A TUTTI Interdisciplinarietà e creatività al servizio della dignità umana. Questo è il principio cui si ispira il “design for all”, il cui obiettivo è la progettazione di oggetti, sistemi e ambienti pensati per tutti. Intervista all’Architetto Luigi Bandini Buti, Past-president di Design for All Italia

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QUANDO IL MONDO DIALOGA PER SIMBOLI Dai simboli standardizzati ISO fino al Noun Project, passando, ancora prima, dal Blissymbol, ecco alcuni esempi di come è possibile dialogare in ogni lingua grazie a dei pittogrammi.

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AREA SCIENCE PARK Dove l’interoperabilità tra ricerca, impresa e alte tecnologie si converte in una grande risorsa per la crescita economica ed occupazionale.

QUALITÀ DELLA VITA

IL NETWORK INTELLIGENTE In Italia, ci sono 9 aziende leader nel settore domestico, che dal 2011 hanno unito le loro forze e i loro studi con uno scopo ben preciso: definire standard di comunicazione e interoperatività tra i vari prodotti e servizi destinati all’uso domestico, con obiettivi di efficienza energetica e migliori prestazioni, e con lo scopo di implementare sensori e tecnologie in grado di migliorare la qualità e la funzionalità degli ambienti domestici. Il risultato è rappresentato dal Consorzio di Ricerca sulla domotica HOMElab. Intervista a Fabio Ginesi, Direttore Operativo del Consorzio

76 IL FUTURO È GIA IN CASA Alla scoperta dell’interoperabilità tra le mura domestiche, che tanto facilita e allieta la nostra vita. Intervista a Stefano Frattesi, Direttore del Technology Center di Indesit Company

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L'ACQUA POTABILE Viaggio dalle falde al rubinetto attraverso l’interazione fra sistemi differenti. CROWDSOURCING E CROWDFUNDING: DALL’IDEA ALLA REALTÀ ATTRAVERSO LA RETE Intervista a Maria Grazia Andali, co-founder di Formabilio, e a Alessio Barollo, architetto ed esperto di civic crowdfunding

LA RETE CHE RIDUCE Intervista a: Luca Cicognani, Head of Renewable Automation Unit di ABB e Antonio Lamanna, Head of Business Development Smart Cities ABB Italia

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HOBBY ESPERANTO: LA LINGUA CHE PARLA ALL’UMANITÀ Ben lungi dal voler sostituire le lingue nazionali, l’esperanto si pone da sempre come un ponte tra le culture. Desideroso di conoscenza, rispettoso degli idiomi locali, estremamente utile in caso di comprensione internazionale. Un grande esempio, insomma, di interoperabilità linguistica. Intervista a Davide Astori, docente di Linguistica Generale all’Università di Parma e membro della Federazione Esperantista Italiana

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SALUTE CURARSI DA CASA Tra telemedicina, mobile health, system medicine, ecco il presente, il futuro prossimo e il futuro della sanità 3.0. Intervista al Prof. Gianfranco Gensini, Presidente della Società Italiana di Telemedicina e sanità elettronica

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IN VIAGGIO PAESE CHE VAI SPINA CHE TROVI

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SPORT TRIATHLON, LO SPORT PER TUTTI Nuoto, bici, corsa: il triathlon insegna che anche l’uomo può essere interoperabile, imparando a destreggiarsi in tre discipline diverse. Il tutto condito da grande passione e voglia di accettare ogni sfida.

Intervista all’avvocato Neil Mac Leod, Project manager del settore Paratriathlon in seno alla FITri, Federazione Italiana Triathlon

RUBRICHE 100 Panorama News 102 Brevi IMQ

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ

INTEROPERABILITÀ:

POCHI LA CONOSCONO MA TUTTI LA USANO

SE IL NOSTRO TELEFONO PUÒ DIALOGARE CON LA CENTRALINA DEL TELERISCALDAMENTO, SE LA SIGNORA ALBA PUÒ VIAGGIARE IN TRENO NON STOP DA TORINO A LONDRA, SE UNA CENTRALE DI TELESOCCORSO COMUNICA CONTEMPORANEAMENTE CON OSPEDALE E VIGILI DEL FUOCO, SE UN PACCO DA ISTANBUL PUÒ ARRIVARE RAPIDAMENTE A LONDRA DOPO AVER VIAGGIATO VIA MARE, TRENO E STRADA, E SE L’ACQUA DALLE FALDE ARRIVA DIRETTAMENTE AI NOSTRI RUBINETTI, TUTTO QUESTO È MERITO DELL’INTEROPERABILITÀ. UNA CARATTESTISTICA SU CUI RARAMENTE SI RIFLETTE (MA DELLA QUALE NON È PIÙ POSSIBILE FARE A MENO), NATA CON LO SCOPO DI FACILITARE L'INTERAZIONE FRA SISTEMI DIFFERENTI, NONCHÉ LO SCAMBIO E IL RIUTILIZZO DELLE INFORMAZIONI ANCHE FRA SISTEMI NON OMOGENEI. UNA REALTÀ POSSIBILE GRAZIE A TECNOLOGIE SEMPRE PIÙ RAFFINATE E MODELLI DI STANDARDIZZAZIONE CONSOLIDATI. 4


IMQ NOTIZIE n. 99

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a signora Alba una volta al mese va a trovare suo figlio, che da Torino si è trasferito a Londra, dove ha trovato prima un buon lavoro, poi una fidanzata. Alle dieci e un quarto di mattina, Alba si imbarca sul treno, e la sera arriva al centro di Londra, giusto in tempo per la cena. L’unico

sforzo che le è richiesto è quello di cambiare treno a Parigi, perché non c’è un servizio diretto tra Torino e Londra. Tutto ciò è possibile nonostante i treni percorrano linee ferroviarie costruite in periodi diversi, sotto legislazioni differenti e dalle più diverse imprese di costruzioni, ma uti-

lizzando sempre binari della stessa misura e posizionati allo stesso modo. I vagoni appartengono a compagnie ferroviarie diverse, le quali sanno come cooperare, tra loro e con i gestori delle reti, per far andare a buon fine ogni singola corsa. L’interoperabilità è una sorta di miracolo

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ

tecnologico, che consente ai cittadini e/o consumatori di utilizzare con continuità prodotti e servizi di tanti fornitori diversi, scegliendo di volta in volta quello più adatto alle proprie esigenze. Un altro esempio alla portata di tutti è la porta USB, che consente di trasferire dati ed energia elettrica tra dispositivi digitali di qualsiasi tipo e marca. Ma limitarsi ai prodotti sarebbe molto riduttivo, volendo considerare l’interoperabilità e la sua importanza nella vita contemporanea. Perché essa abbraccia tutti gli aspetti che consentono di scambiare informazioni, conoscenza e servizi: oltre alle tecnologie, anche i fattori organizzativi, i linguaggi, i valori, le culture. 6

UN MONDO PIÙ FACILE Il paradiso dell’interoperabilità oggi è il web, dove il lavoro di standardizzazione compiuto dal World Wide Web Consortium (W3C) - a partire dagli anni ’90 - ha consentito che si creassero standard interoperabili di ogni tipo, per arrivare allo scenario attuale, che vede miliardi di persone attive, ciascuna con una propria visione del web. Per qualcuno è un negozio, per altri una banca, per altri ancora una biblioteca, un luogo dove incontrare gli amici, un mezzo per mantenersi in comunicazione con i parenti lontani, una guida ai migliori ristoranti, un servizio postale e molto altro ancora.


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Se negli anni ‘80 la questione all’interno di un’organizzazione era quante persone potessero avere accesso ai computer, e negli anni ‘90 era quanti computer erano collegati in rete, oggi un qualsiasi dispositivo digitale è privo d’interesse se non consente di connettersi a Internet. E la stessa Internet, da rete di persone collegate tra loro tramite dispositivi, si sta sempre più trasformando in rete di persone e dispositivi di ogni tipo. Cosa significa la transizione verso un sistema interoperabile, noi europei l’abbiamo vissuto tra gli anni ‘50 e ‘60, con la creazione di una rete autostradale transnazionale, che ha richiesto l’adozione di standard comuni in termini di materiali, segnaletica, dimensioni, misure di sicurezza, che facessero sì che una famiglia potesse percorrere tutte le strade del proprio Paese e anche attraversare le frontiere senza sorprese e con il massimo del comfort. E ancora oggi, ogni volta che ci fermiamo a una stazione di servizio a fare il pieno di carburante o portiamo l’auto dal meccanico, inconsapevolmente godiamo dei benefici dell’interoperabilità.

UN FATTORE ABILITANTE Ma è la sanità uno dei settori dove l’interoperabilità rende più evidenti i suoi benefici, e non solo per il fatto che hanno più direttamente a che fare con il nostro benessere. Qui i progressi tecnologici si notano quasi da un giorno all’altro e ogni nuovo dispositivo che viene acquistato dalle strutture mediche è pronto all’uso e immediatamente può interagire con gli apparecchi esistenti. Se non ci fossero degli standard di interoperabilità, che rendono possibile utilizzare più prodotti di diversi produttori, ciascuno specializzato in una funzione specifica, gli ospedali dovrebbero rivolgersi ad aziende in grado di offrire soluzioni complete, ma scarsamente specializzate. Que-

sto è un tipico esempio nel quale l’interoperabilità stimola la concorrenza, la quale, a sua volta, incrementa il livello di innovazione. La questione è più complessa nell’ambito dei servizi d’emergenza polizia, vigili del fuoco, emergenza sanitaria - dove l’interoperabilità diventa un fattore abilitante per interventi efficaci e tempestivi. Se si prendono due organizzazioni a caso, ciascuna con i propri hardware e sistemi informativi, ottenere scambi rapidi ed efficaci di informazioni è difficilissimo, perché ciascun organismo tende a organizzarsi come un’entità isolata. Si pensi solo alle comunicazioni radio, quelle che funzionano meglio in caso di emergenza, perché non hanno bisogno di infrastrutture a terra. In caso di evento catastrofico, ogni corpo di soccorritori ha il suo sistema radio e coordinare gli interventi risulta arduo. Il problema è ben noto negli Stati Uniti, dove a seguito dell’11 settembre, il governo federale ha dovuto implementare requisiti di interoperabilità a livello nazionale, per compensare l’eterogeneità di soluzioni tra agenzie diverse e stati diversi. Altrove i problemi possono essere anche maggiori, perché le emergenze sempre più spesso vedono la compartecipazione di soggetti di nazioni diverse.

UNA RETE PER FAR DIALOGARE LE PA Sforzi ancora più grandi richiede l’interoperabilità nell’e-Government, un settore nel quale costituisce un prerequisito indispensabile. Nelle comunicazioni informali, o in quelle tra privati, gli standard raramente sono un problema, ma nelle burocrazie la forma viene prima di tutto e ogni passaggio procedurale è quella parte senza la quale il tutto non è mai compiuto. 7


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ

COSTI E RISPARMI DEI SISTEMI CHE DIALOGANO: L’ESEMPIO SANITÀ Diverse stime hanno consentito di valutare quale sarebbe l’impatto economico derivante dall’adozione su vasta scala dell’interoperabilità nel settore sanitario. Negli Stati Uniti, è stato ipotizzato un risparmio di 30 miliardi l’anno, mentre per il mercato italiano la minore spesa sarebbe di 7 miliardi. L’interoperabilità in campo sanitario riguarda fondamentalmente due ambiti: lo scambio di dati tra un’apparecchiatura e l’altra e quello tra tali dispositivi e i software per la gestione dei dati dei pazienti. In un sistema pubblico come il nostro, si aggiunge poi la parte burocratica, che inserisce un ulteriore strato - quello delle ricette, fondamentalmente - alle problematiche di interscambio dei dati sanitari. Tutti i nodi del sistema vengono a un pettine, poi, che è il portale rivolto ai pazienti, nel quale questi ultimi possono accedere in modo sicuro ai propri dati sanitari, consultare referti e risultati di analisi, prenotare visite mediche e analisi, scaricare prescrizioni, ordinare dispositivi medici, pagare parcelle, e così via. Si tratta per ora, in molti casi, solo di un modello al quale tendere, ma i casi di applicazioni concrete sono numerosi in tutto il mondo. Affinché il portale sia in grado di offrire servizi secondo gli standard web, tutto ciò che sta dietro deve essere, per l’appunto, interoperabile cioè conforme a standard di formati e di procedure stabiliti a priori. Gli ostacoli da superare non sono solo di tipo strettamente tecnico (la compatibilità tra dispositivi) e semantico (la capacità di scambiare informazioni), ma anche di tipo organizzativo. Basti pensare al più banale dei problemi: la compilazione a mano dei formulari, che si traduce in un costo gigantesco in termini di data-entry. Tutte queste inefficienze organizzative si riversano a loro volta in ritardi nella trasmissione dei dati di analisi e referti, i quali comportano un allungamento dei tempi di degenza, una delle voci più consistenti dei costi evitabili. In Italia è stato stimato che solo con l’adozione del fascicolo sanitario elettronico si potrebbero risparmiare dai 3 ai 5 miliardi di euro, mentre dall’utilizzo della ricetta elettronica si conseguirebbe una spesa inferiore fino a 1 miliardo di euro all’anno, grazie alla riduzione di abusi, errori materiali e d’uso nelle prescrizioni. La Lombardia ha avviato nel 2011 un progetto di “dematerializzazione” delle prescrizioni, che ha fatto risparmiare circa 1 euro a ricetta, per un totale superiore ai 50 milioni di euro. La stima si riferisce esclusivamente ai risparmi derivanti dall’abolizione dell’intero ciclo della “ricetta rossa”. Si stima che la sostituzione delle “ricette rosse” con l’equivalente documento elettronico possa determinare, a regime, risparmi pari a poco meno del 2% della spesa del Servizio Sanitario Nazionale. 8


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Pertanto, gli scambi tra amministrazioni devono avvenire sempre con modalità concordate a priori, coerenti con le legislazioni vigenti e con i regolamenti, certificate in ogni passaggio e sicure in ogni fase, dalla creazione alla conservazione. Ciò non è per niente facile, neanche a livello nazionale. In Italia, ad esempio, il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) - la rete che collega tra loro tutte le pubbliche amministrazioni, consentendo loro di condividere e scambiare dati e risorse informative - è stato istituito 13 anni fa. Il SPC funziona, ma ancora è lungi da una presenza capillare che lo renda il punto di riferimento di ogni operatore del settore pubblico, a livello centrale come a quello periferico. Finora è stato più facile ottenere l’interoperabilità in ambiti parziali, come ad esempio in certe regioni o nel settore sanitario, dove è necessario garantire che il meccanismo funzioni lungo tutte le filiere. A livello europeo ci si prova con il progetto IDABC (Interoperable Delivery of European eGovernment Services to public Administrations, Businesses and Citizens) che, dal 2008, ha incluso anche una componente semantica.

LA PARTE PIÙ DIFFICILE DELL’INTEROPERABILITÀ: FAR PARLARE TRA LORO DIVERSE CULTURE Ma qui ci si trova di fronte alla parte più difficile dell’interoperabilità: quella tra diverse culture. Far dialogare tra loro le burocrazie italiana e anglosassone, così diverse per impostazione e prassi (basti considerare che nel Regno Unito non esiste la carta d’identità, mentre noi vogliamo creare quella elettronica) è sicuramente molto più difficile che consentire a un treno di partire da Torino e arrivare a Londra passando sotto la Manica. z 9


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E DOCUMENTO INFORMATICO

FIRMA DIGITALE, POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA, PROTOCOLLO INFORMATICO E ARCHIVIAZIONE DIGITALE: BREVE EXCURSUS TRA I 4 PILASTRI DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE.

QUALI STANDARD PER IL

DOCUMENTO INFORMATICO N

ell’Internet italiana è come se ci fossero due mondi paralleli: uno è quello delle persone “normali”, che si scambiano file e informazioni in rete in una pluralità di modi diversi - mail, moduli online, sistemi di messaggistica - l’altro è il settore pubblico, nel quale i vincoli normativi e procedurali impongono che si adotti una sorta di rappresentazione virtuale della realtà. Tutto ciò che viene utilizzato all’interno degli uffici - documenti, firme, bolli, eccetera - va riprodotto virtualmente anche online. Per cui, se per avviare una certa procedura un impiegato pubblico deve mandare a un’altra amministrazione un documento firmato, su Internet - anziché mandare una mail o riempire il campo di un modulo online - deve inviare all’altro ente un documento informatico, firmato con firma digitale, magari utilizzando l’equivalente informatico della raccomandata, la PEC. Così vuole la nostra legislazione, pensata sin dall’inizio (1997) per analogia con le procedure cartacee.

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Tutto ciò rende l’amministrazione digitale (e-government) un po’ macchinosa, ma per lo meno tutti gli standard del caso sono stati fissati da tempo. Sia i formati richiesti, sia le procedure sono noti a tutti, basta solo che si diffondano capillarmente ed entrino a far parte della prassi abituale dell’impiegato. E per questo ci vuole tempo, come è facile immaginare.

I QUATTRO PILASTRI DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE

La legge consente una piena digitalizzazione delle procedure amministrative, poiché prescrive che siano validi a tutti gli effetti il documento informatico in quanto tale, la sua registrazione e la sua trasmissione via Internet. Un documento firmato digitalmente equivale alla firma apposta in presenza del notaio e inoltre il file non va considerato quale copia di un originale cartaceo, poiché gli atti, i dati e i documenti informatici delle pubbliche amministrazioni “costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge” (art. 20 del Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82).


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Lo standard fissato dalla legge prevede che l’uso dell’informatica per i procedimenti amministrativi si fondi su quattro tecnologie di base:

LA FIRMA DIGITALE, PER RENDERE VALIDA LA FORMAZIONE DEL DOCUMENTO; LA POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA, PER RENDERNE VALIDA LA TRASMISSIONE; IL PROTOCOLLO INFORMATICO, PER LA GESTIONE ALL’INTERNO DELLE SINGOLE AMMINISTRAZIONI; L’ARCHIVIAZIONE DIGITALE, PER UNA CONSERVAZIONE VALIDA A TUTTI GLI EFFETTI.

La firma digitale è dunque il primo requisito per la validità legale del documento informatico. Quest’ultimo viene predisposto in pdf, sia che venga generato in modo informatico (ad esempio un documento Word), sia che risulti dalla scansione di un originale cartaceo. In questo secondo caso, il documento cartaceo, per continuare a essere valido, deve essere timbrato con un contrassegno generato elettronicamente. Per poter utilizzare lo standard della forma digitale, è necessario essere in possesso del relativo servizio offerto da un certificatore accreditato, tipicamente una banca. La posta elettronica certificata (PEC) è la tecnologia che simula ciò che normalmente si può ottenere tramite la posta raccomandata con ricevuta di ritorno. Utilizzando questo servizio, anch’esso reso disponibile da operatori privati, ma a un costo molto contenuto, si possono effettuare invii di documenti via mail in modo tale che siano certificati l’invio stesso e la ricezione da parte del destinatario, oltre che le rispettive date o orari. Possedere una casella PEC è obbligatorio per le imprese e per i professionisti iscritti agli albi, in modo che le comunicazioni chiave con gli enti pubblici avvengano in modo informatico. Il protocollo informatico serve invece a consentire che la “dematerializza-

zione” dei documenti sia integrata nei processi di lavoro, grazie alla possibilità di gestirne il “workflow”, cioè il tracciamento di tutti i movimenti e le modifiche che ciascun documento subisce passando da un ufficio all’altro. Proprio come avveniva quando un impiegato registrava su un apposito registro l’ingresso o l’uscita di ogni singolo documento, attribuendogli un numero, così i software per il protocollo informatico assegnano a ciascun file pdf un identificativo, che servirà a individuarlo univocamente all’interno dei flussi di lavoro gestiti nella intranet di ciascuna organizzazione. L’archiviazione digitale è il procedimento che consente di creare archivi informatici di documenti validi agli effetti di legge. È facilmente intuibile la sua importanza, ad esempio, per contenere il crescente fabbisogno di spazi degli archivi pubblici, nonché la necessità di avere una maggiore sicurezza, essendo gli archivi digitali facilmente duplicabili. Il processo di archiviazione può partire sia da documenti digitali che cartacei, ma in entrambi i casi richiede che il responsabile del procedimento apponga la sua firma digitale, a futura memoria sia della sua legittimità a compiere tale operazione, sia della data e dell’ora in cui questa è avvenuta. z

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E FIRMA DIGITALE

LA BIOMETRIA: ECCO LA NUOVA FRONTIERA DELLA FIRMA CHE SFRUTTA L’INTEROPERABILITÀ TRA INDIVIDUO E MACCHINA Intervista all’ing. Giovanni Manca, Componente dell'Advisory Board di ANORC Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione Digitale

L’EVOLUZIONE DELLA F

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Firma

initi i tempi di carta e penna, spazio ora a tablet e penna. Saranno questi gli strumenti che utilizzeremo per firmare documenti e sottoscrivere contratti con banche e compagnie di assicurazioni. La firma biometrica è pronta a entrare nella vita di tutti i giorni di milioni di persone, presentandosi come una delle principali innovazioni del processo di dematerializzazione auspicato in tutti i settori della società. Questa tecnologia combina l’interoperabilità fra la piattaforma “corpo” e le piattaforme “macchina” per garantire la massima sicurezza dei dati personali. Scopriamone i segreti assieme a un esperto del settore.

Da quanto tempo esiste e come è regolamentata? La firma grafometrica può essere considerata una firma elettronica avanzata se soddisfa le condizioni del recente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 febbraio 2013 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 maggio 2013) che stabilisce le specifiche Regole Tecniche. La normativa primaria è nel Codice dell'amministrazione digitale noto come Decreto Legislativo, 7 marzo 2005, n. 82. La firma elettronica avanzata è stata introdotta nel dicembre del 2012 ma non poteva essere utilizzata senza le già citate Regole Tecniche.

Cosa s’intende per firma biometrica e per firma grafometrica ? I termini sono sinonimi. Si tratta della raccolta dei parametri comportamentali di tipo biometrico della firma. Quindi, su specifico hardware, vengono raccolti il segno grafico, le informazioni che poi permettono di determinare la velocità e l'accelerazione del tratto, la pressione del segno e i cosiddetti salti in volo, ovvero quei percorsi nella sottoscrizione dove la penna si alza dal foglio ma rimane molto vicina a esso per proseguire in continuità temporale la sottoscrizione.

Come funziona la tecnologia basata sul riconoscimento di caratteristiche biometriche? La firma grafometrica può essere utilizzata in due modi. Innanzitutto, per il riconoscimento dinamico della sottoscrizione: ovvero, un soggetto firma su uno specifico dispositivo e il sistema informativo determina in modo dinamico se quella firma gli appartiene o meno. Questo evento positivo può essere utilizzato per scatenare altri eventi. In secondo luogo, per la sottoscrizione in senso stretto: in questo caso, al sottoscrittore


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viene presentato un documento informatico e tramite la stessa tipologia di dispositivo egli firma come se fosse un documento cartaceo. Quali strumenti permettono questo tipo di rilevazione? Si utilizzano tablet fissi o in mobilità con la capacità di rilevare le informazioni del tratto sullo schermo. I più sofisticati rilevano anche alcune centinaia di livelli di pressione del tratto. L'iPad è utilizzabile ma per la pressione bisogna utilizzare una penna apposita, acquisita a parte. Quali sono i vantaggi dell’uso della firma biometrica? Tale firma può eliminare il digital divide nelle tradizionali operazioni di firma, per esempio quando il sottoscrittore è un cittadino non avvezzo alla tecnologia. I riscontri dagli utenti sono in genere molto positivi perché non si avverte la differenza

tra carta e tablet. In quali contesti viene utilizzata? Esistono numerosissimi progetti già attivi presso le Banche, le Assicurazioni, le società di promozione finanziaria e sta crescendo anche nel settore della sanità pubblica e privata. Nella firma biometrica/grafometrica la piattaforma “corpo” interagisce direttamente con altre piattaforme “macchina”: come commenta questa convergenza tra mondi così diversi? La tecnologia tende sempre di più a utilizzare i parametri fisici dell'individuo. Si pensi alle impronte digitali su personal computer o smart phone. O al riconoscimento vocale e facciale, quest'ultimo utilizzato per i varchi privilegiati in molti aeroporti. Naturalmente l'attenzione alla sicurezza e alla privacy deve essere elevata: se viene intercettata l'impronta (o la fir-

L’atte sicurezz nzione alla a deve es e alla privacy s se viene ere elevata: intercet l’im ta è come pronta (o la fi ta rma) se mi ru bassero la mano . ma) è come se mi rubassero la mano. Quali sono i margini di errore della firma biometrica e quali rischi si possono correre in particolare quando la si utilizza come strumento di identificazione e autenticazione? La firma biometrica è, appunto, biometria. Nell'utilizzo di questa come firma elettronica avanzata la verifica avviene come nel mondo cartaceo in caso di contestazione. E il mercato mette a disposizione degli strumenti forensi che portano a risultati equivalenti alla perizia in tribunale. Nel caso del riconoscimento dinamico ci sono dei margini di errore molto bassi. Ma questi vengono ulteriormente abbassati dal fatto che in pratica si tenta di riconoscere la firma di un individuo noto a uno sportello o postazione mobile presidiata da un operatore. Il riconoscimento di una firma tra migliaia è affascinante ma al momento non esistono applicazioni pratiche se non di tipo accademico. z

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E OPEN DATA

L'INTEROPERABILITÀ SEMANTICA ATTRAVERSO I

LINKED OPEN DATA L’INTEROPERABILITÀ È UNO DEI VANTAGGI PIÙ IMPORTANTI DEL MODELLO OPEN DATA. I DATI, SE ISOLATI, HANNO POCO VALORE; VICEVERSA, IL LORO VALORE AUMENTA QUANDO DATA SET DIFFERENTI, PRODOTTI E PUBBLICATI IN MODO INDIPENDENTE DA DIVERSI SOGGETTI, POSSONO ESSERE INCROCIATI LIBERAMENTE DA TERZE PARTI. VEDIAMO COME CON L’AIUTO DI TIM BERNERS-LEE.

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G

li open data sono oggi la frontiera a cui molti guardano nella speranza che la loro diffusione possa portare a una pubblica amministrazione più trasparente ed efficiente, ma anche a un proliferare di innovazione che veda protagoniste realtà imprenditoriali diffuse. I dati costituiscono un patrimonio dell’umanità, il cui valore può essere moltiplicato esponenzialmente dal loro collegamento reciproco. E ciò che è in grado di creare tali connessioni è proprio l’interoperabilità. I dati vengono generati quale risultante di un’attività svolta da uno dei tanti produttori di conoscenza, nella maggioranza dei casi attori del settore pubblico. Seguendo il percorso tradizionale, tali dati arrivano a chi li deve utilizzare e tutto finisce lì. Poniamo che l’ufficio gare di un Comune mantenga un proprio archivio di tutti i bandi pubblicati, gli importi, gli aggiudicatari, eccetera. Il valore di quei dati sta semplicemente - anche se non è poco nella possibilità di effettuare controlli a posteriori, per verificare, ad esempio, se una certa procedura di aggiudicazione è stata corretta e trasparente. Se quei dati però fossero pubblicati su Internet, in un formato facilmente interpretabile dai più comuni software, potrebbe diventare oggetto di indagini comparative tra Comuni diversi, non solo da parte di agenzie statali addette a controllare la spesa, ma anche di giornalisti, attivisti politici, associazioni, aziende di consulenza, eccetera.

chiunque sia in grado di prelevarli e utilizzarli a proprio piacimento, senza vincoli di copyright, magari per ricavarne prodotti da mettere in vendita. Un caso esemplare è quello dei dati meteorologici: in genere sono organizzazioni pubbliche a raccoglierli, ma poi i servizi meteo veicolati tramite internet e i media sono sempre di soggetti privati. Gli open data possono essere messi a disposizione in vari formati, con diversi gradi di conformità agli standard e, di conseguenza, facilità di riutilizzo. Una possibile scala è quella proposta da Tim Berners-Lee, l’inventore del web.

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A un primo livello, ci sono i dati messi a disposizione sui siti in qualsiasi formato, così come sono. Possono essere contenuti ad esempio in tabelle scannerizzate dentro documenti pdf. Sono disponibili, ma richiedono che qualcuno li trascriva, per poterli utilizzare.

cedure semi automatiche, se si dispone del software per leggerli.

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Una utilizzabilità più ampia si ottiene adottando formati non proprietari o aperti, come ad esempio il CSV, al posto di Excel. Questo in più garantisce, rispetto al livello precedente, che possano essere aperti da qualsiasi software in grado di leggere tabelle.

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Se per identificare i file di dati si utilizzano degli indirizzi internet (URL) stabili, chiunque può creare puntatori a quei dati, che tipicamente vengono resi disponibili in formati aperti (come XML/RDF) e così un software può andarseli a prelevare ogni volta che servono.

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Al livello più alto ci sono i Linked Open Data (LOD), i quali hanno le stesse caratteristiche di quelli del livello precedente, ma includono anche collegamenti ad altri set di dati. È così possibile collegare dinamicamente tra loro più data set, derivanti anche da organizzazioni diverse, dando vita a servizi informativi più complessi. Un esempio tipico è quello di un data set di schede di monumenti di una certa città, che può essere collegato a quello delle opere d’arte presenti in un singolo monumento, ma anche alle informazioni geografiche dell’area, col fine di dare vita, ad esempio, ad informazioni turistiche personalizzate. z

A un livello di sofisticazione maggiore ci sono i dati strutturati. Ad esempio, in formato Excel. In questo modo possono essere scaricati manualmente e utilizzati con pro-

LA MINIERA DEI DATI APERTI

Il potenziale dei dati è immenso, anche perché ne vengono prodotti in quantità enormi, ogni giorno, e chi li genera spesso non è in grado di sfruttarne appieno le opportunità, per lo meno dal punto di vista commerciale. E così si è fatta strada l’idea degli open data, cioè dati resi pubblici online, in modo che

I dati costituis cono un patrimonio dell’umanità, il cu può essere mo i valore ltiplicato esponenzialme nte collegamento re dal loro ciò che è in gra ciproco. E do tali connession di creare i è pro l’interoperabil prio ità.

Tim Berners-Lee, l’inventore del Web

PER SAPERNE DI PIÙ VEDI ANCHE: WWW.LINKEDOPENDATA.IT/

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E WEB

I GIARDINI RECINTATI DEL

WEB

APPLE, MICROSOFT, GOOGLE, FACEBOOK, AMAZON: CONFRONTO TRA I GRANDI PLAYER DELL’INTEROPERABILITÀ (CONTROLLATA) SUL WEB.

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nternet è stato sempre il regno dell’interoperabilità. Senza standard comuni e protocolli condivisi, la grande rete non avrebbe potuto neanche nascere. Il suo successo dipende proprio dal fatto di poter interconnettere tra loro non solo dispositivi con sistemi operativi diversi, ma anche intere reti di ambiti tra loro del tutto avulsi. E continua a essere così, e anzi la diffusione nel mondo di nuovi tipi di dispositivi smartphone e tablet soprattutto - ha ampliato enormemente il numero di utenti, pur complicando moltissimo le cose. Perché i sistemi operativi utilizzati, che con i computer erano meno delle dita di una mano, ora sono per lo meno raddoppiati. Fino a qualche anno fa si realizzava un sito in linguaggio HTML, seguendo tutte le specifiche indicate dal W3C - il consorzio che fissa gli standard tecnici per il web - e si poteva stare sicuri che sarebbe stato visualizzato correttamente su qualsiasi 16

tipo di computer. Oggi un sito o un’applicazione web deve essere progettato per essere compatibile con tante modalità di fruizione diverse, tenendo conto del tipo e dimensione del dispositivo, del sistema operativo, del browser, eccetera. Ciò nonostante, Internet continua a essere un ambiente largamente interoperabile, come è dimostrato dall’universalità di tecnologie come la mail, l’HTML, la ricerca su web. Ma si è imposta negli ultimi anni la tendenza a creare “giardini recintati”, all’interno dei quali i propri utenti possono fare praticamente ciò che vogliono, ma rimanendo inaccessibili dall’esterno. L’esempio più tipico è costituito da Facebook, che si configura come un regno a sé stante, i cui contenuti sono inaccessibili alle ricerche da Google e invisibili agli utenti non autenticati. Ma l’isolamento di una realtà come Apple è ancora più radicale, perché a chi voglia usare il sistema

operativo e le app della Mela non è consentito acquistare dispositivi di marche diverse. A questa spinta hanno risposto tutti i grandi player adeguandosi. Google, per esempio, impone ormai di vincolare qualsiasi dei suoi servizi a un account Google+, il proprio sistema social concorrente di Facebook. Amazon, sui suoi lettori di ebook, richiede obbligatoriamente il consumo di volumi in .mobi, il proprio formato proprietario. Nel frattempo, ognuno dei grandi attori del mercato globale cerca di imporsi come player a tutto campo e non più come fornitore specializzato. In parole semplici, si può dire che tutti stanno seguendo l’esempio di Apple, che da subito ha puntato su un’offerta a 360 gradi, comprendente hardware, software e contenuti, tutto sempre più spostato sulla rete, nella logica del “cloud computing”. Ecco come si stanno muovendo. z


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GOOGLE La società di Mountain View è la dominatrice assoluta del Web, col suo motore di ricerca e il conseguente predominio nell’advertising, senza però accesso al recinto invalicabile di Facebook. Grazie ad Android - un sistema operativo in gran parte open source - fronteggia Apple nel mobile con armi più forti e sta provando a dotarsi di propri hardware, con l’acquisto di Motorola e la produzione di alcuni device. È molto ben posizionata pure nell’offerta di servizi cloud, anche se la sua suite di produttività online non riesce a scalfire il predominio in quest’ambito di Microsoft.

FACEBOOK Il miliardo e 15 milioni di utenti di Facebook costituiscono un importante sottoinsieme - dotato anche di un proprio motore di ricerca semantico - dei 2,8 miliardi di utenti Internet, che la società di Mark Zuckeberg cerca di tenere il più possibile protetti. La loro profilazione molto precisa consente inserzioni pubblicitarie mirate sulla singola persona. Sul mobile, Facebook cerca di imporsi con Facebook Home, che crea un ambiente sostitutivo del desktop e punta soprattutto ai mercati dei Paesi in via di sviluppo. La fruizione di contenuti direttamente su Facebook è sempre più incoraggiata, mentre non ci sono al momento mosse significative sul fronte hardware.

APPLE Seguendo la filosofia opposta a Google - totale chiusura contro massima apertura - è arrivata alle vette dei profitti, anche grazie a prodotti costosi e di qualità. Guadagna soprattutto con l’hardware, ma ha bisogno del software per mantenere le sue posizioni. Nel cloud è presente con servizi riservati a chi possiede un dispositivo Apple, compreso l’ascolto di musica, l’altro settore che è diventato un business proprio grazie alla mela. iPhone e iPad occupano la maggior parte del traffico da mobile e sono il veicolo perfetto delle pubblicità.

MICROSOFT Quella che un tempo era la monopolista dell’informatica ora insegue, anche se i suoi introiti rimangono molto alti, a causa della diffusione dei computer dotati di sistema Windows, soprattutto nel mercato business, e della mancanza di concorrenti per la suite Office. Il suo tentativo di sfondare nel mobile, rafforzato dall’acquisto di Nokia, per ora non sembra destinato al successo, ma l’azienda ha saputo trasformarsi per giocare a tutto campo e diventare molto competitiva. Lo è ad esempio nel cloud computing.

AMAZON La società di Jeff Bezos è molto forte nel cloud computing e nei contenuti. Nella nuvola ha saputo mettere a punto una serie di servizi scalabili di successo, perché consentono alle aziende di creare servizi online con investimenti iniziali molto ridotti. I contenuti sono invece trainati dall’e-commerce, dove Amazon gioca da padrona di casa. Qui riveste un ruolo importante anche l’hardware, con la gamma di dispositivi Kindle, che consente di accedere in modo proprietario a contenuti di ogni tipo. L’ebook reader, però, pare una tecnologia dal futuro molto incerto.

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E SMART GRID

INTRODUZIONE ALLE SMART GRID

RIUSCIRANNO LE SMART GRID A SALVARE L’UMANITÀ?

t grid Le smar modo sono unnizzare di orga uzione la prod uzione e distrib elettrica, ia di energ u un modello s basato e a Internet. simil

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robabilmente non c’è troppo tempo per arrovellarsi a rispondere alla domanda riportata nel titolo. Perché il riscaldamento globale è già in atto ed è dovuto proprio alle attività umane, stando al rapporto del Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico, presentato dall’Onu lo scorso 27 settembre. I dati del rapporto sono senza appello: la temperatura media della Terra aumenterà da 0,3 a 4,8 gradi centigradi entro il 2100 e di conseguenza il livello del mare salirà di una quota che va da 26 a 82 centimetri. Le notizie allarmanti dovrebbero essere uno stimolo per darsi da fare e provare a invertire il processo, a livello globale, nazionale e persino individuale. A qualcosa bisognerà pure aggrapparsi e per fortuna ci sono sempre degli ottimisti, che non mancano di mandarci segnali

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incoraggianti. Il futurologo Jeremy Rifkin, ad esempio, propone di scommettere su soluzioni tecnologiche come le smart grid. Le smart grid sono un modo nuovo anche se non inedito, come vedremo di organizzare la produzione e distribuzione di energia elettrica, basato su un modello simile a Internet, dove le risorse sono distribuite e non centralizzate. Dove ciascuno - abitazione, ufficio, stabilimento - produce in proprio energia, usa quella che gli serve e il resto la immette nella rete, dalla quale preleva l’energia in più di cui ha bisogno, quando quella che auto-produce è insufficiente. Un sistema che consente un’efficienza molto alta, perché abbatte i costi di trasporto dell’energia e non necessita di grossi impianti, dimensionati per i picchi di consumo, che rimangono fermi ogni volta che il consumo di energia è a livelli bassi. Inoltre, grazie a questo sistema di piccole fonti interconnesse, si crea un mercato dinamico dei prezzi dell’energia, che cambia di continuo nel-


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l’arco delle 24 ore, incentivando i consumatori a non concentrare i consumi nei momenti di punta. Un meccanismo del quale, in Italia, abbiamo avuto un assaggio dal 2005 al 2013, periodo nel quale è stato in vigore il Conto Energia, un programma europeo di incentivazione della produzione di elettricità mediante impianti fotovoltaici, recepito dalla nostra normativa in osservanza della Direttiva comunitaria per le fonti rinnovabili (Direttiva 2001/77/CE). Un meccanismo attraverso il quale, chiunque avesse installato nella propria abitazione pannelli fotovoltaici, ha poi potuto rivendere all’Enel l’energia prodotta, a prezzi incentivati.

VERSO LE RETI INTELLIGENTI MOBILI

Le smart grid sono già un sistema molto dinamico di produzione dell’energia, ma gli scenari che si stanno preparando saranno ancora più interessanti, perché l’evoluzione corrente va in direzione delle smart grid mobili, basate sulla capacità delle autovetture a idrogeno di diventare vere e proprie centrali elettriche su ruota, con una capacità di generare anche più di 20 kilowatt (come termine di paragone si consideri che una casa unifamiliare ha normalmente un tetto di consumi di 3 kilowatt). La cella a combustibile (fuel cell), su cui si basano i veicoli elettrici, è un dispositivo elettrochimico che permette di ottenere elettricità direttamente dall’idrogeno, senza che avvenga alcun processo di combustione termica. Si può prevedere che quando il veicolo è fermo, in base al fabbisogno energetico del momento, possa ricaricarsi o immettere energia nella rete. Tutto ciò renderà l’industria automobilistica uno dei maggiori produttori di energia rinnovabile, insieme al settore immobiliare e ai singoli proprietari di abitazioni.

È uno scenario che, come dicevamo, assomiglia parecchio all’attuale Internet, dove ognuno ha la possibilità di mettere a disposizione le proprie risorse. Diverse case automobilistiche si stanno dando da fare per sperimentare e diffondere sempre di più queste tecnologie a idrogeno, col fine di abbattere i costi e creare l’effetto a cascata che consenta lo stabilirsi di un vero e proprio mercato di massa. Il primo passo è la realizzazione di punti di ricarica nelle città; cosa che, per esempio, è già stata fatta a Berlino dalla Daimler in collaborazione con RWE, il secondo operatore energetico tedesco, per ricaricare le Smart e le Mercedes, e un’operazione analoga è in corso da parte di Renault - Nissan in vari paesi, così come è operativo un accordo tra Nissan e l’operatore energetico francese EDF. Secondo Rifkin, entro il 2030 ci saranno punti di ricarica per veicoli elettrici ovunque, creando una rete distribuita in grado di dare e ricevere energia al contempo. “Se solo il 25 per cento dei conducenti usassero i loro veicoli per rivendere energia alla rete, non ci sarebbe più bisogno di alcuna centrale elettrica in tutti gli Stati Uniti e l’Unione Europea”, dice il guru americano che ha già azzeccato parecchie previsioni. Speriamo ci abbia preso anche stavolta. z

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E SMART GRID

VERSO

L’“INTERNET OF ENERGY” NEL SETTORE DELLE RETI INTELLIGENTI L’ITALIA DETIENE UN PRIMATO RICONOSCIUTO IN TUTTO IL MONDO: È L’UNICO PAESE CHE AD OGGI HA EFFETTUATO LA PIÙ VASTA E CAPILLARE SOSTITUZIONE (OLTRE 32 MILIONI DI UTENZE) DI CONTATORI ELETTROMECCANICI DI MISURAZIONE DEI CONSUMI ELETTRICI DI VECCHIA GENERAZIONE CON I MODERNI MODELLI ELETTRONICI. E NEL RESTO DEL MONDO COSA STA ACCADENDO?

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Intervista a Giorgio Graditi, Responsabile Unità Tecnologie Fotovoltaiche ENEA


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orea del Sud, Giappone, Cina, USA e Europa. Sono questi i paesi che hanno programmato, nei prossimi anni, ingenti investimenti economici per dotarsi di smar grid, veri e propri sistemi innovativi di trasmissione e distribuzione di energia elettrica interattivi, flessibili e sostenibili. Nel processo di transizione verso la Green Economy per la decarbonizzazione del sistema energetico, le smart grid rappresenteranno un punto di confronto tra le grandi potenze nella prospettiva di crescita e sviluppo delle rispettive economie, dalla questione energetica alla competitività sui vari mercati internazionali. Con le smart grid, la rete elettrica assomiglierà a una “Internet of Energy” in cui ogni sistema di micro-generazione sia connesso in rete e in grado di comunicare e ricevere dati. Che tipo di tecnologie interverranno per rendere tutto questo possibile? La rete elettrica si è sempre basata sull’idea di pochi grandi poli di produzione collegati agli utenti finali tramite reti di trasmissione e di distribuzione. Grazie all’affermazione del modello della Generazione Distribuita (GD), alla diffusione delle Fonti di Energia Rinnovabili (FER), allo sviluppo di nuove tecnologie abilitanti ICT e all’orientamento low carbon dell’economia mondiale, negli ultimi anni l’assetto del sistema di produzione e distribuzione dell’energia elettrica si è modificato. Infatti, la rete elettrica di distribuzione, concepita, sino a ieri, sostanzialmente come struttura passiva per veicolare ai consumatori la potenza erogata dai grandi generatori connessi alla rete di trasmissione, è evoluta verso il concetto di rete attiva. Rete in cui un largo numero di generatori di energia - convenzionali e non - devono essere opportunamente eserciti e gestiti per salvaguardare l’affidabilità e la qualità del servizio offerto garantendo al contempo maggiore efficienza ed economicità. Le reti elettriche del futuro dovranno, quindi, soddisfare i bisogni di energia dei consumatori in termini di flessibilità, economicità, efficienza ed affidabilità, consentendo loro di interagire in tempo reale con la rete stessa usufruendo dei benefici che ne 21


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E SMART GRID

conseguono. Una smart grid si può, pertanto, identificare come un innovativo sistema di trasmissione e di distribuzione dell’energia elettrica - interattivo, affidabile, flessibile e sostenibile - incentrato sugli utilizzatori e basato sul mercato dell’energia. Il paradigma smart grid, che è considerato uno degli elementi chiave per il raggiungimento degli obiettivi 20-20-20, rappresenta, in sintesi, la via abilitante per il perseguimento dei seguenti obiettivi: • integrare in sicurezza generazione rinnovabile in quantità maggiori delle attuali, con tutti i benefici - ambientali, economici, sociali, ecc. - che ne derivano; • rendere più flessibile, addirittura attiva, la domanda per una partecipazione diretta al mercato dell'energia elettrica (incidendo significativamente sulla formazione dei prezzi) e ai servizi di regolazione (consentendo di superare una serie di criticità tecniche); • integrare sistemi che, ad oggi, sono fisicamente e funzionalmente separati (sistema elettrico, altri sistemi energetici, sistema delle telecomunicazioni, monitoraggio territoriale e ambientale, sistema dei trasporti, ecc.). A riguardo si renderà indispensabile lo sviluppo e l’utilizzo di nuove tecnologie per gestire in modo efficiente i flussi energetici in rete e definire le regole essenziali per mantenere gli attuali livelli di disponibilità del sistema di distribuzione anche in presenza di una fornitura con elevate fluttuazioni. La smart grid dovrà appoggiarsi, pertanto, su una rete capillare di comunicazione che consenta non solo la connettività fra i sistemi e i dispositivi che la costituiscono, ma anche l’erogazione di informazioni e servizi al consumatore per una efficiente e conveniente gestione della domanda di energia. In altri termini, grazie ad un utilizzo diffuso delle tecnologie abilitanti

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ICT per l’acquisizione e il controllo dei valori istantanei dei principali parametri della rete, e la comunicazione, in tempo reale, delle informazioni raccolte tra utilities ed utenti, sarà possibile una gestione evoluta della rete e si potrà concepire l’offerta di servizi a valore aggiunto basati su tariffe dinamiche e flessibili o sul controllo dei sistemi energetici sia domestici che industriali. In definitiva le reti elettriche del futuro dovranno essere concepite come delle infrastrutture interattive e dinamiche in grado di scambiare informazioni in tempo reale ed elaborare politiche e strategie di gestione, controllo e automazione del sistema complessivo - sul modello “internet of energy” - al fine di garantirne maggiore flessibilità, efficienza e sostenibilità, nonché rispondenza alle esigenze dei consumatori. Chi godrà dei maggiori benefici delle smart grid, i privati o le industrie? Lo sviluppo delle smart grid, di cui FER e GD sono i principali driver, è ritenuto, come testimoniato dalle politiche energetiche adottate in ambito comunitario, un passaggio obbligato e prioritario nell’ottica di decarbonizzazione del sistema energetico per la “transizione” verso la Green Economy. L’utilizzo delle FER si presenta oggi come una strategia necessaria per la sostenibilità energetica, in quanto esse non solo sono caratterizzate da un ridotto o quasi nullo impatto ambientale, ma possono concorrere a potenziare la generazione decentralizzata di energia e la micro generazione, ed in futuro - grazie alle microreti adeguatamente integrate all’interno dei sistemi elettrici - a migliorare, anche, la sicurezza negli approvvigionamen-

ti energetici. Le reti intelligenti forniscono informazioni predittive e indicazioni alle utility, ai fornitori e ai clienti sul modo migliore per gestire e consumare l’energia. I vantaggi conseguibili, di cui beneficeranno sia chi utilizza energia sia chi la produce, sono diversi: diminuzione delle perdite delle reti di trasmissione e distribuzione; ottimizzazione delle infrastrutture esistenti; maggiore e migliore integrazione e gestione della GD e delle FER nelle reti elettriche; incremento dell’efficienza energetica con l’attivazione di politiche e strategie di gestione della domanda e di nuovi modelli di consumo degli utenti finali; impulso alla mobilità sostenibile con l’utilizzo e la diffusione di veicoli elettrici; riduzione dell’impatto ambientale dell’intero sistema energetico; nuovo ruolo del consumatore finale in termini di partecipazione attiva al mercato dell’energia, ecc. Una rete che sfrutta le infrastrutture esistenti può determinare, grazie all’utilizzo di servizi innovativi e di tecnologie abilitanti, risparmi energetici consistenti, rinviando nel tempo o eliminando al contempo la necessità di nuove centrali elettriche e di nuove linee. Più in generale le smart grid rappresentano un’importante volano per lo sviluppo economico del sistema Paese con ricadute positive sulla competitività, sul sistema industriale e sull’occupazione. Quanto costa realizzare una smart grid e quanto costa mantenerla? L’evoluzione della rete elettrica verso la smart grid richiede lunghi e complessi processi di trasformazione e sviluppo che interessano un quadro articolato di aspetti tecnici, ambientali, normativi ed economici che oggi si pongono, ancora, come campo di studio e ricerca. Nonostante


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L’evoluzione della

l’indiscutibile maturità di rete elettrica verso la smart È tuttavia da evidenziare che se alcune tecnologie energrid richiede lunghi e complessi ICT, automaziogetiche attualmente processi di trasformazione e ne e controllo disponibili, il processo sviluppo che interessano un quadro sono, da un ladi adeguamento alle articolato di aspetti tecnici, to, le tecnoloesigenze di consumo ambientali, normativi ed economici gie indispensadi integrazione nei siche oggi si pongono, ancora, bili per la transistemi energetici - nella zione dal modello configurazione corrente e come campo di studio e di rete elettrica tradinei nuovi profili verso cui ricerca. zionale alla smart grid, evolveranno - richiederà uno dall’altro lato gli ingenti investisforzo costante di ricerca e sviluppo di componenti meccaniche elettriche ed menti richiesti per la loro implementazione e per l’intero ciclo di vita di svilupelettroniche ad alta tecnologia e di sipo di una smart grid rappresentano una stemi di monitoraggio e controllo fortemente evoluti per la gestione integrata sfida finanziaria da superare per condei flussi energetici. L’utilizzo di tecnolo- sentire appieno lo sfruttamento dei benefici potenziali che le reti elettriche del gie avanzate costituisce, infatti, uno strumento di prioritaria importanza per futuro potranno generare. Gli ambiziosi obiettivi 20-20-20 richiederanno signifil’attuazione di politiche di sviluppo energetico sostenibile e di riequilibrio del- cativi investimenti per i prossimi decenl’impatto territoriale derivante dalla pro- ni. Secondo la Commissione Europea si duzione energetica. In questo quadro, stimano, entro il 2020, investimenti per l’energia elettrica gioca un ruolo strate- 40 miliardi di euro per l’applicazione delgico per il sistema produttivo, essendo le smart grid a livello di rete elettrica di caratterizzata da doti ineguagliabili di trasmissione e di distribuzione. flessibilità d’uso e di trasporto, nonché Il report del WEC (World Energy Coundalla disponibilità di una capillare rete di cil), identificando le principali misure ed azioni necessarie a facilitare l’implementrasmissione e distribuzione. Lo sviluppo e la realizzazione di reti elet- tazione delle reti elettriche del futuro, ritriche intelligenti richiederà lo sforzo e porta alcune delle “best practice” già l’impegno congiunto di tutti gli attori esistenti nel mondo: USA, Giappone, della filiera (utility, consumatori, produt- Cina, Corea, Europa. tori, decisori politici, enti di normazione A titolo di esempio la realizzazione di e regolazione, fornitori di tecnologie, una smart grid negli Stati Uniti richiederebbe un investimento stimato in ciroperatori del settore energia e ambiente, operatori finanziari, ecc.), al fine di ca 480 miliardi di dollari in 20 anni; il piano di intervento, elaborato dalla State operare sinergicamente e con spirito collaborativo. La ricerca dovrà percorrere Grid Corporation of China (SGCC) per la realizzazione di una rete intelligente in più strade, ciascuna delle quali potrà forCina, prevede un costo di circa 100 minire contributi e soluzioni per il perseguiliardi di dollari entro il 2020; in Giappomento degli obiettivi prefissati in termini ne il Ministero dell’Economia ha standi sviluppo di tecnologie, sistemi o strategie energetiche sostenibili nei diversi ziato 157 milioni di dollari nel 2012 per la realizzazione di progetti dimostrativi; settori.

in Corea del Sud lo sviluppo e la costruzione di una smart grid necessiterebbe di 25 miliardi di dollari, di cui ben oltre la metà destinati alla realizzazione di infrastrutture; sempre in Corea, nell’isola di Jeju, il progetto di realizzazione di una smart grid - esempio concreto e virtuoso di cooperazione tra pubblico e privato - consentirà di soddisfare il fabbisogno energetico di circa 6.000 abitazioni; in Europa ci sono, attualmente, 281 progetti avviati sulle reti intelligenti per investimenti complessivi pari a 1,8 miliardi di euro: 150 progetti sono relativi alla ricerca e sviluppo, per un budget di circa 500 milioni, e 130 sono dimostrativi, per un budget di circa 1300 milioni . È da evidenziare che il contesto nel quale evolveranno il paradigma smart grid, e conseguentemente i finanziamenti necessari per la realizzazione delle reti elettriche del futuro, è in continua e rapida evoluzione, risentendo, in particolare, del ruolo che giocano le economie emergenti (Brasile, Cina, India, ecc.) dove si concentra la maggior parte dell’aumento del consumo di energia elettrica a seguito di una sempre crescente domanda guidata da una forte crescita economica a lungo termine. Diversa è la situazione per i membri OCSE dove l’incremento di produzione di energia elettrica, rispetto ai paesi ad economia emergente, è minore registrando un tasso medio di crescita stimato in 1,2% per i paesi europei OCSE. Sebbene gli sforzi e gli investimenti da sostenere saranno notevoli, è da sottolineare come le smart grid potranno generare benefici e ritorni molto interessanti, per lo meno doppi, considerando l’effetto moltiplicatore nella resa di ciò che si spende. Le ricadute positive potranno essere ancora maggiori, se si

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E SMART GRID

considerano la creazione di posti di lavoro e il conseguente volume di affari che esse sono in grado di generare, come elemento chiave per il percorso di trasformazione del sistema elettrico e per l’affermazione di un nuovo modello energetico. Su questo terreno si gioca, quindi, una partita importante per le prospettive di crescita e sviluppo dell’economia mondiale, dalla questione energetica alla competitività sui mercati internazionali. In Italia a che punto siamo con le smart grid? La produzione di energia da FER è il fenomeno che, più di qualsiasi altro, sta mettendo a dura prova l’affidabilità del vecchio sistema elettrico, imponendogli di percorrere rapidi passi avanti in termini di modernizzazione. Le vecchie reti elettriche soprattutto in alcune aree del Mezzogiorno - dove si concentra poi la maggiore richiesta di connessione dei nuovi impianti di generazione da FER soffrono di veri e propri problemi di con-

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installato nel 2005 agli oltre 25GW attuali con previsioni di crescita anche per gli anni avvenire. Anche sul fronte del fabbisogno di elettricità si è registrato un significativo incremento della componente rinnovabile con una copertura, ad oggi, della domanda nazionale di energia elettrica del 10% rispetto al 2% nel 2009. Terna, in qualità di operatore della rete

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di trasmissione, ed Enel come operatore della Le reti intelligenti saranno chiamate in causa distribuzione nazionaper servire le infrastrutture, ad esempio nella le, sono direttamente ricarica su larga scala di veicoli elettrici, per coinvolti ed impegnati supportare le future smart home, dotate di nella sfida smart grid sistemi wi-fi capaci di governare in maniera con l’individuazione e autonoma ed efficiente i dispositivi domestici. messa in atto di numerosi interventi finalizzati a una migliore integrazione delle FER e a una maggiore sicurezza ed efficienza gestione. Colli di bottiglia dovuti alla rinell’evoluzione del sistema elettrico nadotta capacità delle infrastrutture prezionale. senti di ricevere gli eccessi di produzione, ma anche legati al moltiplicarsi dei In particolare Terna ha pianificato infenomeni speculativi che hanno fatto vestimenti per 2,5 miliardi di euro al 2016 per interventi locrescere oltremodo le richieste di concalizzati soprattutto nelle nessione, portandole spesso al limite della gestibilità. Alle smart grid spetta il aree del Mezzogiorno di compito di districare questi nodi tecnici Italia dove le rinnovabili coprono ormai per accogliere in maniera più efficiente la produzione di energia da FER - eolico una significativa parte della domanda di e fotovoltaico in primo luogo - che in Itaenergia. Enel Distrilia, come all’estero, ha registrato una buzione ha proforte crescita in questi ultimi anni. grammato interventi Infatti soltanto considerando fotovoltaico ed eolico, in Italia, si è passati da 1GW per una evoluzione

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della rete di telecomunicazione e degli apparati di protezione e telecontrollo della rete di distribuzione al fine di poter attivare una gestione evoluta delle fonti di generazione distribuita e dell’utenza. Entrambi ricoprono ruoli di primo piano nell’ambito di organismi e comitati internazionali e partecipano ai più importanti progetti di ricerca e sviluppo attivi nel settore. Enel Distribuzione è coinvolta in diversi progetti pilota di smart grid sia su scala nazionale (POI-P3 e progetto Isernia), sia a livello europeo (Grid 4EU e Address). In tale contesto di particolare importanza è il ruolo dell’Autorità nazionale per l’Energia Elettri-


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ca ed il Gas (AEEG), per stimolare e favorire, attraverso processi normatori e meccanismi di finanziamento dedicati, gli investimenti necessari per la realizzazione delle nuove reti elettriche, nonché di impianti pilota finalizzati alla sperimentazione sul campo delle tecnologie, dei sistemi e modelli sviluppati. Ciò che occorre realizzare, infatti, non si riconduce esclusivamente alla smart grid, ma necessita di un modello

di sistema elettrico dove gli utenti della rete siano in grado di sfruttare appieno i benefici e le opportunità derivanti dalle nuove tecnologie, adeguando i propri impianti di produzione e di consumo. In Italia sono stati avviati nel 2010, grazie al regime incentivante fissato dalla Delibera ARG/elt 39/10 dell’AEEG, sette progetti dimostrativi per lo sviluppo di smart grid su reti elettriche di distribuzione MT, per un costo degli investimenti ammessi all’incentivazione di circa 16 milioni di euro. La rivoluzione delle Smart Grid ha per alcuni versi un sapore anche molto italiano. Infatti, l’Italia detiene nel settore delle reti intelligenti un importante primato riconosciuto ormai in tutto il mondo: quello di essere

l’unico paese che, ad oggi, ha realizzato la più vasta e capillare sostituzione - presso oltre 32 milioni di utenze - dei contatori elettromeccanici di misurazione dei consumi elettrici con i nuovi modelli elettronici. Questa sostituzione è stata fatta grazie al ruolo fondamentale di ENEL Distribuzione, che ha avviato già negli anni ’90 il progetto di sviluppo del contatore elettronico e del telegestore, noto oggi come smart meter. I contatori elettronici, permettendo il controllo a distanza delle utenze, sono considerati a tutti gli effetti la base di partenza per la realizzazione di una Smart Grid. Inoltre, fornendo al cliente finale informazioni più detta-

gliate e quindi maggiore consapevolezza dei propri consumi, aprono la strada a nuove tipologie di risparmi generabili dalla disponibilità di un’offerta differenziata. La tariffa bioraria, introdotta nel nostro sistema elettrico e fruibile dalle sole utenze dotate di contatore elettronico, è l’esempio più lampante del ruolo attivo nella gestione dei consumi elettrici che oggi siamo chiamati a svolgere. Questi interventi ci proiettano dentro due scenari futuri, che sono in continua evoluzione, in cui alcune nuove tecnologie al servizio dei consumatori si intrecciano sempre con lo sviluppo di una smart grid. Le reti intelligenti, infatti, saranno chiamate in causa per servire anche le infrastrutture di ricarica necessarie alla diffusione su larga scala dei veicoli elettrici e per supportare le future smart home, case dotate di sistemi wi-fi capaci di governare in maniera autonoma ed efficiente i più comuni dispositivi domestici (luci, condizionatori, caldaie, elettrodomestici, allarmi) grazie a informazioni derivanti da sensori di temperatura, movimento, luce, umidità. Come si applica il principio della smart grid anche al settore idrico e a quello del gas? L’elemento di unione tra le diverse reti servizi (elettrica, idrica e gas) è rappresentato dalla concezione di un nuovo modello che pone al centro l’utente finale con l’obiettivo prioritario di favorire il ruolo attivo del consumatore. La visione orientata alla pianificazione, progettazione e gestione di reti di servizi indipendenti è superata; bisogna andare verso una concezione di sistemi integrati, nei quali l’azione di “smartizzazione” si traduce in benefici energetici, ambientali, economici e sociali. È, tuttavia, da sottolineare che la rete idrica e del gas hanno specificità tecniche e tecnologiche proprie, differenti rispetto a quelle della rete elettrica, e richiederanno anche esse per una reale modernizzazione in una ottica “smart” di meccanismi di incentivazione dedicati per la realizzazione di interventi infrastrutturali e di modernizzazione, nonché azioni di rivisitazione del quadro regolatorio e normativo attuale. z

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PRIMO PIANO: SMART GRID ED EXPO

TUTTI PRONTI PER LA SFIDA

LA SFIDA PER PORTARE IN ITALIA L’EXPO RISALE AL 2006, QUANDO IL GOVERNO DECISE DI CANDIDARE MILANO A OSPITARE L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 2015 CON IL TEMA “FEEDING THE PLANET, ENERGY FOR LIFE”. DAL MOMENTO DELLA PROCLAMAZIONE DELLA VITTORIA CONTRO SMIRNE, MILANO (E TUTTA L’ITALIA) HA AVUTO IL SOLO OBIETTIVO DI FARE DI EXPO 2015 UN EVENTO UNICO E STRAORDINARIO CHE LASCERÀ ALLA CITTÀ (MA NON SOLO) UN’IMPORTANTE EREDITÀ: UNA “DIGITAL SMART CITY”. Intervista a Piero Galli, General Manager Event Management Division di Expo 2015 S.p.A. Ormai ci siamo: tra poco più di un anno partirà Expo Milano 2015, un’Esposizione Universale che a noi italiani sarà particolarmente cara non solo perché uno dei temi chiave sarà l’alimentazione (ambito nel quale siamo sempre fortissimi) ma anche perché il tutto si svolgerà tra le nostre “mura domestiche”, in un’area di circa un milione di metri quadrati alle porte di Milano. Questi i grandi temi che verranno affrontati durante l’evento: rafforzare la qualità e la sicurezza dell’alimentazione, vale a dire la sicurezza di avere cibo a sufficienza per vivere e la certezza di consumare cibo sano e acqua potabile; assicurare un’alimentazione sana e di qualità a tutti gli esseri umani per eliminare la fame, la sete, la mortalità infantile e la malnutrizione che colpiscono oggi 850 milioni di persone sul Pianeta, debellando carestie e pandemie; prevenire le nuove grandi malattie sociali della nostra epoca, dall’obesità alle patologie cardiovascolari, dai tumori alle epidemie più diffuse, valorizzando le

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pratiche che ne permettono la soluzione; innovare con la ricerca, la tecnologia e l’impresa l’intera filiera alimentare, per migliorare le caratteristiche nutritive dei prodotti, la loro conservazione e distribuzione; educare a una corretta alimentazione per favorire nuovi stili di vita soprattutto per i bambini, gli adolescenti, i diversamente abili e gli anziani; valorizzare la conoscenza delle “tradizioni alimentari” come elementi culturali e etnici. Il tutto con un occhio di riguardo molto speciale alla sostenibilità e, come vedremo nell’intervista che segue, alla ricerca di soluzioni intelligenti che assicurino il rispetto per l’ambiente e il mantenimento dei costi, degli sprechi e la riduzione delle emissioni. Quali sono i progetti di reti intelligenti e integrate previsti per l’EXPO? Per “illuminare” l’area che ospiterà Expo Milano 2015 sarà realizzata una rete intelligente ad hoc e verrà studiato un sistema innovativo di illuminazione pubblica. A occuparsene è Enel, Global Partner della manifestazione proprio per Smart Energy e Lighting Solutions. In termini generali, possiamo dire che all’interno del sito dell’Esposizione Universale ci sarà un centro di controllo composto da micro-impianti alimentati da fonti rinnovabili, saranno installate infrastrutture per ricaricare veicoli elettrici a disposizione di operatori e visitatori ed è prevista una rete di illuminazione LED, a bassissimo impatto ambientale. Come sono state stimate le potenze necessarie al funzionamento della rete elettrica e termica del sito espositivo? Quali le ipotesi di distribuzione?

La potenza elettrica da fornire a ogni padiglione espositivo è stata stimata sulla base di ipotesi di illuminazione per mq e di distribuzione forza motrice per mq. A questi elementi sono state aggiunte le potenze necessarie per alimentare gli impianti di climatizzazione e le cucine. Per quanto riguarda invece il fabbisogno termico (raffrescamento) si sono presi a base gli indici di irraggiamento del singolo edificio considerando una certa proporzione tra superfici opache e trasparenti. Si è considerata poi la dispersione in calore dovuta all’illuminazione e alla forza motrice. In ultimo si è considerato un certo grado di affollamento. Il tutto ha portato a individuare un fabbisogno complessivo per padiglione e quindi una certa potenza elettrica per ottenere quel fabbisogno. In relazione a quanto sopra e alla distribuzione dei fabbricati si sono localizzate le cabine elettriche principali, alimentate dal gestore A2A, e quindi le cabine elettriche secondarie e infine quelle di padiglione. Per la climatizzazione dei padiglioni viene distribuita acqua di condensazione presa sia dal canale, sia dai pozzi che serve per smaltire il calore prodotto dalle pompe. Acqua che viene resa al canale la prima e utilizzata ad uso igienico sanitario la seconda. Quali infrastrutture avete progettato per erogare servizi wireless e trasmissione dati all'interno dell'area espositiva? Una delle legacy che l’Esposizione Universale del 2015 lascerà al territorio di Milano è un’area fortemente infrastrutturata dal punto di vista tecnologico. L’obiettivo è trasformare il sito espositivo in una Digital Smart City, che sia un modello di sviluppo urbano all’avanguardia. In questo, la società Expo 2015 è supportata dal prezioso contributo di altre due aziende Global Partner: Telecom Italia e Cisco. Grazie al loro contributo Expo Milano 2015 sarà dotata di un sistema di reti fisse, mobili e dati a banda larga e di nuova generazione. Saranno attivate soluzioni ICT evolute, basate sul Cloud Computing e tecnologie NFC, che per-

metteranno ai visitatori di personalizzare la propria visita e renderla unica grazie all’esperienza offerta dalla realtà aumentata. Sarà inoltre realizzata una piattaforma tecnologica SDP (Service Delivery Platform) con la collaborazione del Global Partner Accenture tramite la quale potranno accedere ai servizi della Digital Smart City. Come funziona la gestione integrata dei rifiuti prevista per il periodo della manifestazione? Il sistema di gestione dei rifiuti prevede giorni di picco con volumi oltre le 100 tonnellate (con una media di 70 tonnellate al giorno). Per sei mesi Expo Milano 2015 funzionerà come una vera e propria città. Sarà previsto, infatti, un prelievo dei rifiuti diurno dalle aree aperte ai visitatori tramite veicoli elettrici multi scomparto per frazioni e un trasporto in aree di accumulo o piazzole ecologiche, per garantire anche durante il giorno pulizia e decoro. Per i partecipanti la raccolta notturna sarà differenziata in fasce orarie. Abbiamo calcolato che saranno serviti 26 milioni di pasti, per un totale di circa 50 mila tonnellate di cibo. Ogni giorno entreranno nel sito 300 tonnellate di derrate alimentari. Come potranno essere utilizzati questi progetti dopo l'EXPO? Le soluzioni che verranno sviluppate per Expo Milano 2015 diventeranno eredità tangibile, un punto di riferimento per la crescita tecnologica delle città di domani. Le applicazioni realizzate potranno trovare declinazione specifica in contesti urbani, geografici e storici differenti e lontani tra loro. L’obiettivo di una Smart City è fare in modo che la tecnologia sia di supporto alle attività di ogni giorno, una presenza utile e non invadente, in grado di migliorare la qualità di vita dei cittadini. Questo è in estrema sintesi ciò che ci auguriamo di fare con Expo Milano 2015: contribuire al progresso della società, in una dimensione sempre più innovativa e all’avanguardia, in cui l’integrazione di più servizi sulla stessa piattaforma sia perz cepita e vissuta come opportunità.

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PRIMO PIANO: SMART GRID, UNA CASE-HISTORY

IL BEL PAESE TRA SMART GRID, SMART METERING E CLUSTER TECNOLOGICI

IL FUTURO È GIÀ ARRIVATO

Intervista a Giacomo Piccini, Direttore Generale della Fondazione Distretto Green & High Tech Monza Brianza

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Il nostro Paese come sta affrontando il tema delle smart grid? Il nostro Paese è stato tra i primi ad adottare i contatori intelligenti per la misura dei consumi energetici presso l’utente (smart metering) che sono i “building block” delle smart grid, ma dopo un’installazione generalizzata non ci si è mossi a sufficienza per valorizzare a pieno questa infrastruttura. Oggi esistono molte iniziative e progetti pilota sul territorio nazionale: da quella su grande scala in Molise, guidata da Enel, ad altre molto più ridotte su scala locale, ad esempio quelle avviate dal Distretto Green & High Tech Monza Brianza, come il progetto smart grid del comune di Sulbiate e il progetto BUL (Banda Ultra Larga) del comune di Concorezzo e Monza. Nel comune di Sulbiate, grazie al contributo di alcune aziende aderenti, si è compiuta la realizzazione di un impianto di illuminazione pubblica a basso consumo energetico e telecontrollato che si può configurare come primo nodo di una ’smart grid’. Tale realizzazione ha anche ricevuto il riconoscimento

”Award Ecohitech”, premio dedicato alle tecnologie eco-sostenibili e rivolto alle Pubbliche Amministrazioni. Invece, nei comuni di Concorezzo e Monza, l’obiettivo del progetto è stato dotare parte dell’area di riferimento del Distretto di un’installazione pilota di rete di accesso a Banda Ultra Larga (100+ Mbps), facendo leva sulla presenza di aziende con eccellenze e competenze di livello mondiale, che potrebbero realizzare i sistemi di accensione della fibra ottica e in qualche caso i contenuti, e sulla presenza di utenze privilegiate che potrebbero testare tali infrastrutture e servizi. Il progetto è entrato nella fase esecutiva e ci si aspetta “l’accensione” dell’ infrastruttura in fibra ottica entro la prima metà del 2014, portando così alle aziende la capability di comunicazione all’avanguardia. Va inoltre segnalato come il mercato delle tecnologie per le smart communities in Italia ha sfiorato il miliardo di euro nel 2013, con un aumento del 25% rispetto a quello del 2012 (800 milioni di euro), in linea con la crescita Europea.


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Quanti cluster tecnologici per smart communities ci sono in Italia? E in Lombardia? Il MIUR - Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca (Decreto Direttoriale n. 257/Ric. del 30.05.2012) - ha indicato 9 aree prioritarie relative allo sviluppo di Cluster Tecnologici Nazionali, tra cui “Tecnologie per le Smart Communities”. La Regione Lombardia ha individuato in Fondazione Distretto Green & High Tech Monza Brianza l’ente che rappresenta per proprio conto il costituendo Cluster Regionale nella gestione del CTN “Tecnologie per le Smart Communities” (CTN-TSC). Il Piano strategico del CTN-TSC e i relativi progetti sono stati approvati con Decreto MIUR del 17.12.2012 e nel 2013 il Cluster si è formalmente costituito in Consorzio. Il grande progetto strategico individuato dal Distretto è quello di installare sul territorio lombardo una comunità smart “pilota”, generata dalla convergenza fra l’infrastruttura ICT e la competenza nel campo dell’Energia, sperimentandone funzionamento e replicabilità grazie alla modellizzazione dell’interazione tra punti di generazione e punti di consumo, facendo leva sulla presenza di aziende leader nel settore e sul coinvolgimento di istituzioni locali particolarmente attente al tema. L’output atteso, oltre alla dotazione per il territorio e alla possibilità di replicare il modello, è la ricaduta industriale sulle aziende nell’ambito dei componenti e prodotti per la generazione di energia da fonte rinnovabile. Di cosa si occupano i cluster tecnologici regionali? Nel 2012 è stato intrapreso il percorso per la costituzione del Cluster Regionale Tecnologie per le Smart Communities; all’inizio del 2013 tale percorso ha portato alla sottoscrizione di una lettera di intenti per la partecipazione all’Accordo di Partenariato per il Cluster Regionale sulle Smart Communities da parte di 107 potenziali partner interessati. Il Cluster sta lavorando sui seguenti temi: Efficienza energetica e sostenibilità ambientale, Sicurezza e monitoraggio del territorio, Mobilità, Salute Patologie, Salute - Stili di vita, E-gover-

nment, Istruzione e Formazione, Cultura e Turismo. Anche IMQ ha aderito a questa importante iniziativa, in particolare nei sub-cluster Efficienza energetica e sostenibilità ambientale e Mobilità. Come funziona una rete intelligente per la distribuzione dell’energia elettrica? Lo sviluppo e la diffusione delle infrastrutture informatiche di comunicazione e le fonti rinnovabili avvicinano e spesso fanno coincidere i luoghi di produzione e di consumo dell’energia elettrica. La rete elettrica, all’interno di uno scenario di questo tipo, è destinata gradualmente a doversi trasformare da rete “passiva”, in cui l’elettricità semplicemente scorre dal luogo di produzione a quello di consumo, a rete “attiva” e “intelligente” (smart grid appunto), capace di gestire e regolare più flussi elettrici che viaggiano in maniera discontinua e bidirezionale. La realizzazione della rete smart (o smart territory) è di fatto la convergenza fra le attività in area energetica e le attività in area Information Technology (infrastrutturazione di rete e applicazioni intelligenti di monitoraggio e gestione delle informazioni energetiche). Quali sono i vantaggi, le funzioni e i campi di applicazione di una smart grid? L’utilizzo intelligente e la sincronizzazione tra diverse fonti di energia e le utenze consentono di ottimizzare e razionalizzare i consumi e le fonti di approvvigionamento inducendo un risparmio e un aumento dell’efficienza di tutto il sistema paese.

LA FONDAZIONE DISTRETTO GREEN AND HIGH TECH MONZA BRIANZA È stata costituita il 18 giugno 2008 da Provincia di Milano (che da giugno 2009 ha passato le competenze alla provincia di Monza e Brianza), dall’Associazione dei Comuni per il Distretto High Tech Milano Brianza, da Confindustria Monza e Brianza e dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Monza e Brianza. L’idea che guida la Fondazione e il suo agire è quella di rivitalizzare la competitività del Territorio, facendo in modo che l’eccellenza sia diffusa e condivisa e che si creino le condizioni perché il Territorio diventi un terreno fertile per attrarre o generare nuove imprese “technology based” e professionalità di spicco. I settori di riferimento del Distretto sono ENERGIA e ICT. ENERGIA dalla riduzione dei consumi alla promozione, sviluppo e utilizzo delle energie rinnovabili, fino alla produzione dei componenti e mezzi per la generazione di energia da fonti non fossili. ICT (Information and Communication Technology), nell’ambito della ricerca e sviluppo, progettazione, manufacturing e implementazione di prodotti che spaziano dalla micro-elettronica ai sistemi e servizi per le telecomunicazioni e per la gestione dell’informazione.

È pensabile un’estensione della smart grid a tutto il territorio italiano prima o poi? La mia opinione è che questo debba essere l’obiettivo ultimo. Ovviamente i tempi per il raggiungimento dell’obiettivo finale saranno lunghi ma la direzione in cui si stanno muovendo la produzione di energia e l’infrastruttura ICT sono tali da far ritenere che ci saranno sicuramente le tecnologie per raggiungere l’obiettivo e che sarà interesse del sistema paese raggiungerlo. z 29


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI

INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI: L’UNIONE EUROPEA PASSA ANCHE DALLE AUTOSTRADE

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iaggiare da Napoli a Trento non stop, transitando attraverso una barriera all’ingresso dell’autostrada per poi pagare l’importo dovuto solo arrivati a destinazione. Semplice, no? In realtà comodo, ma certo non semplice, perché dietro a questo servizio, possibile in Italia grazie a un accordo del 1992 tra le varie concessionarie autostradali, e grazie ai servizi di pe-

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daggio elettronico successivamente inseriti quale il Telepass, vi sono numerose problematiche di tipo tecnico e altrettante di tipo gestionale. Requisito indispensabile affinché questo sistema funzioni è, ancora una volta, quello dell’interoperabilità. Ben gestito in Italia, che è uno dei paesi più avanzati per quanto riguarda l’interoperabilità in ambito autostradale, in

corso d’opera a livello Europeo. Con ancora molte possibilità di ulteriore sviluppo. Per saperne di più ci siamo rivolti all’ing. Maurizio Rotondo e al dott. Paolo Giorgi, chiedendo anzitutto di definire il termine interoperabilità applicato ai trasporti, ma anche di offrire una panoramica dello stato dell’arte e dei progetti in corso, in Europa e in Italia.


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Intervista a Maurizio Rotondo, International Policy Advisor di AISCAT (Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori)

Può definire l’interoperabilità nel settore dei trasporti e quali sono le possibili ricadute sullo sviluppo economico dei paesi della UE? L’interoperabilità dei sistemi di pagamento, in particolare per i trasporti stradali, è un tema caldo per le Autorità europee, soprattutto da quando il Mercato Unico ha portato una crescita esponenziale del traffico attraverso le frontiere nazionali. Prima che il tema salisse alla ribalta europea, sulla scia dell’evoluzione dei sistemi di pagamento elettronici, i gestori autostradali avevano dovuto trovare da sé delle soluzioni, come l’accettazione alle stazioni di pedaggio di tutte le valute europee e, in tempi più recenti, l’accettazione come titolo di pagamento di tutte le principali carte di credito. Il progressivo diffondersi dei sistemi di pagamento elettronico senza arresto del veicolo (il Telepass è l’esempio più evidente e anche commercialmente più avanzato in Europa) ha portato l’esigenza di cercare di rendere queste soluzioni mutuamente “interoperabili”, quindi utilizzabili in maniera trasparente nelle varie nazioni europee. Questo processo non è però semplice, perché implica problemi tecnologici, commerciali, di security di transazioni finanziarie e del soddisfacimento degli obblighi legali dei gestori di infrastrutture a pedaggio nei confronti dello Stato. L’Europa ha voluto definire l’interoperabilità nei pagamenti dei pedaggi una priorità per rendere più facile la circolazione delle merci. Questo obiettivo va però valutato anche alla luce della complessità dell’ottenimento dell’interoperabilità, in particolare della sua sostenibilità finanziaria, perché l’attivazione di un circuito di pagamento paneuropeo implica dei costi, in particolare all’avvio, che si stanno dimostrando

difficili da sostenere. In definitiva, se sarà possibile giungere all’interoperabilità del pagamento dei pedaggi stradali, ne potranno derivare vantaggi in termini di: semplificazione del mercato dell’autotrasporto; rafforzamento di società europee che lavorano nel settore come erogatori di servizi, come produttori di apparati, come certificatori di sistemi e processi (con una rafforzata potenzialità quindi di esportare queste loro capacità anche oltre le frontiere UE); minore incidenza dei tentativi di evasione del pagamento dei pedaggi; creazione di professionalità specifiche. Vantaggi importanti, senza dubbio, per ottenere i quali è però necessario percorrere un iter non banale, che implica costi e vincoli che gli attori coinvolti stanno valutando proprio in questo periodo con estrema attenzione. A che punto è l’interoperabilità dei trasporti europei? L’interoperabilità nel pagamento dei pedaggi in Europa è in una fase cruciale nella quale, definito il quadro di riferimento (tecnologie, procedure, ecc.), si stanno valutando le ricadute pratiche delle determinazioni prese. Al momento, esistono modalità di interoperabilità tra alcuni paesi, assicurate da intermediari finanziari e tecnologici che permettono al cliente di percorrere col suo veicolo diverse reti, utilizzando sempre lo stesso contratto di pagamento. Queste soluzioni si stanno progressivamente estendendo; va però detto che l’attivazione di un mercato nuovo, con caratteristiche di copertura continentale che nessun altro mercato

possiede, pone problemi particolari, che, oltretutto, si incrociano con la profonda crisi finanziaria globale in atto. Molti operatori di autotrasporto europei usufruiscono già oggi di efficaci servizi di interoperabilità, sicuramente perfettibili, ma che rispetto allo scenario degli anni ’90 costituiscono un enorme passo avanti. Si può quindi dire che l’interoperabilità è in evoluzione, compatibilmente con le difficoltà congiunturali, e che sta contribuendo già ora a creare efficienza nel mercato europeo dei trasporti. Può farci una panoramica del telepedaggio europeo? Innanzitutto, distinguiamo il telepedaggio delle società concessionarie autostradali dal telepedaggio su reti pubbliche, già attivo o pianificato, che si appoggia sulla localizzazione satellitare. Nel primo caso, le società concessionarie autostradali costruiscono e gestiscono autostrade senza oneri per lo stato e si ripagano con i proventi del pedaggio; è questo il caso ad esempio di Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, ma anche di Regno Unito, Irlanda, Croazia, Danimarca ecc. In que31


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI

sti paesi, il pedaggio viene generalmente applicato a tutte le categorie di veicoli, e il telepedaggio vede dei piccoli e semplici apparati di bordo che comunicano su una frequenza prefissata (5,8GHz), con le antenne predisposte sulle corsie di pagamento o, dove non è necessariamente prevista la canalizzazione per il pagamento, su portali sovrastanti la strada. Si tratta di una tecnologia consolidata e affidabile che, coadiuvata da sensori e telecamere, offre la necessaria affidabilità alle società concessionarie. Per quanto riguarda il secondo filone, gli apparati di bordo sono più complessi e costosi e possono esserci diverse varianti: ad esempio, pensiamo al pedaggio che in Germania viene richiesto ai soli mezzi pesanti; al sistema francese di esazione di una “tassa stradale”, non di un pedaggio in questo caso, sul-

le autostrade “pubbliche” (cioè non in concessione); al sistema pianificato in Belgio. Il telepedaggio satellitare appare più adatto a reti stradali non progettate originariamente per il pedaggio, ad esempio con un numero molto elevato di entrate e uscite che sarebbero difficili da attrezzare. Per contro, però, il costo degli apparati, la complessità del sistema centrale di gestione, la difficoltà di monitorare in maniera sistematica i tentativi di evasione rendono problematica l’adozione di questi sistemi dove sia richiesta la certezza della riscossione del dovuto (come nelle concessioni) e la sua applicazione a tutte le categorie di veicoli. Fa un po’ storia a sé la Svizzera, che utilizza un sistema misto, nel quale la localizzazione satellitare ha un ruolo di controllo, mentre il pedaggio è commisurato alla distanza percorsa,

Per superare i problemi insiti nel difficile compito di “cucire” la tela prodotta dai diversi paesi, dalle diverse tecnologie e dai diversi sistemi, le autorità europee hanno voluto stimolare la cooperazione tra i differenti attori in gioco.

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effettivamente misurata da un contachilometri. Questo scenario aiuta a capire la complessa sfida dell’interoperabilità, che deve fungere da ponte tra tecnologie, obiettivi e sistemi tra loro molto differenti. Quali sono i principali progetti in corso in Europa? Per superare i problemi insiti nel compito di “cucire” la tela prodotta dai diversi paesi, dalle diverse tecnologie e dai diversi sistemi, le autorità europee hanno voluto stimolare la cooperazione tra i differenti attori in gioco. In risposta a un bando pubblicato all’inizio del 2013 si è formato un consorzio, nel quale sono rappresentati Italia, Francia, Spagna, Austria, Danimarca, Germania, Polonia e Svizzera. Il progetto si propone di definire, sulla


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base di una dettagliata analisi preliminare della situazione esistente, procedure e regole condivise tra gli attori, che permettano di minimizzare le inefficienze di sistema e quindi di ottimizzare i costi di impianto e di gestione dello European Electronic Tolling Service (EETS). Si tratta del progetto chiamato REETS, cioè Regional EETS. EETS è il servizio definito nei suoi principi fondamentali dalla Direttiva 2004/52/CE e dalla Decisione 2009/750/CE, servizio che tutti i paesi europei che vogliano applicare un sistema di telepedaggio sono obbligati a garantire. Tra i compiti del progetto REETS c’è quello di definire adeguate procedure di certificazione dei sistemi, quindi di controllo della conformità dei componenti del sistema, e di definire chiare procedure per la verifica della idoneità all’uso di questi componenti,

settori nei quali la Direttiva e la Decisione prevedono un ruolo per Organismi Notificati. Qual è il futuro delle autostrade europee? Dopo una fase storica nella quale le autorità europee hanno considerato quasi un disvalore il ruolo giocato dalle autostrade europee nel panorama dei trasporti nel nostro continente, alcune considerazioni più pacate stanno permettendo di inquadrare meglio il ruolo delle principali modalità di trasporto (strada, ferrovia, acqua), andando quindi oltre una visione incentrata sul dualismo strada-ferrovia e analizzando il sistema dei trasporti nel suo complesso. Certo, le ristrettezze dei bilanci pubblici e la difficile congiuntura in corso fanno sì che la semplice gestione di una rete estesa come quella transeuropea ri-

chieda ingenti risorse. Si consideri poi che una non trascurabile parte di questa rete, nei paesi di più recente accesso, deve essere ancora realizzata, oppure ammodernata. Il pedaggio sembra essere una delle principali risorse che potrebbero permettere, in maniera equa, evitando di pesare sulla fiscalità generale, di superare questi ostacoli. Il telepedaggio e l’interoperabilità sono elementi fondamentali di questo quadro. L’interoperabilità richiede però, come accennato in precedenza, l’istituzione di relazioni commerciali nuove, che presentano anch’esse alcune difficoltà. I prossimi anni riveleranno in quale misura queste difficoltà possano essere superate e in quale orizzonte temporale l’implementazione dell’interoperabilità delle esazioni dei pedaggi in Europa potrà essere ottenuta. z

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI

Intervista a Paolo Giorgi, Technical Advisor di AISCAT (Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori)

Come definisce l’interoperabilità nel settore dei trasporti e quali sono le ricadute sullo sviluppo economico dei paesi dell’Unione? Per definire l’interoperabilità distinguerei due fattori: uno tecnico e uno gestionale. Spesso, infatti, si considera l’interoperabilità come un qualcosa legato alla tecnologia, ma poi ci si accorge che il fattore preponderante riguarda la parte gestionale. Fino a quando non si sono chiariti alcuni aspetti istituzionali, gestionali, ma anche politici, l’interoperabilità, probabilmente, non giungerà mai a conclusione. L’Italia è uno dei paesi più avanzati per quanto riguarda l’interoperabilità in ambito autostradale perché le società concessionarie italiane, già dal 1992, gestiscono uno scenario “condiviso”. Se si viaggia sulla rete autostradale italiana, infatti, non ci si accorge di passare attraverso concessionarie diverse perché il pagamento avviene solamente in un punto, cioè all’uscita. Questo perché nell’accordo siglato nel 1992 sono stati stabiliti i comportamenti che tutte le società devono tenere in modo tale da far sembrare all’utente di aver attraversato un terreno gestito da una sola concessionaria. In ambito europeo il discorso è diverso perché gli sviluppi che i paesi europei hanno avuto sono legati a tecnologie simili ma non compatibili con la tecnologia italiana. Si sta lentamente cercando di uniformare la parte strettamente tecnologica, ma ci si sta accorgendo che lo scoglio più grosso riguarda la parte gestionale: infatti, ad esempio, distinguere se il pedaggio è una tassa oppure un pay per use vuol dire affrontare la problematica in maniera completamente diversa. A che punto è l’interoperabilità dei trasporti italiani? Se ci riferiamo all’ITS (Intelligence Transportation system) che comprende tutte le tipologie di trasporto come il trasporto su acqua, il trasporto aereo e 34

quello ferroviario, rispondo da utente e, onestamente, ritengo che la situazione sia abbastanza critica, perché i vari settori risultano a compartimenti stagni, con bassa interazione. Se restringiamo il campo alle autostrade, come già detto, l’Italia è invece uno dei paesi più avanzati da questo punto di vista. In che modo la legislazione italiana ha recepito le Direttive europee che riguardano l’interoperabilità dei trasporti? In maniera formale, la legislazione italiana ha recepito normalmente le Direttive e le Decisioni europee sull’interoperabilità. Le Direttive devono far parte di una legge quadro nazionale, mentre le Decisioni entrano in vigore appena pubblicate dal parlamento europeo di Bruxelles. Ad esempio la Direttiva 2004/52, che istituisce il servizio europeo di tele pedaggio, è stata recepita in legge, in Italia, nel Novembre 2005, mentre la Decisione relativa a questa Direttiva, che contiene tutti i parametri rispetto ai quali si deve effettuare l’interoperabilità, tra cui la parte tecnologica, è entrata in azione nel 2009. Tuttavia, un conto è recepire Direttive e Decisioni a livello di legislazione e un altro è recepirle a livello operativo. Da questo punto di vista siamo ancora a uno stadio in cui si sta prendendo coscienza di quello che probabilmente sarà il nuovo sistema di trasporti autostradali in Europa. Secondo lei qual è il futuro delle autostrade italiane? Anche qui possiamo fare un distinguo. Le nuove generazioni di autostrade non sono sempre legate al sistema di concessione, poiché la concessione di un comparto autostradale non è l’unica tipologia di gestione. Ad esempio, in Germania il proprietario delle strade è il ministero, che riscuote direttamente il pedaggio come primo attore tramite una società con la quale ha stipulato un contratto. Mentre, nei paesi dell’Europa del sud come Francia, Spagna e Italia da anni è in vigore il regime di concessione; quindi, lo Stato, attraverso un ente concedente (fino a pochi anni fa


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ANAS, oggi il Ministero Infrastrutture e Trasporti) consente per lunghi periodi la gestione di un tratto autostradale a società private. Queste sono obbligate a riscuotere il pedaggio seguendo certe regole e quindi rifondendo il ministero secondo alcuni parametri stabiliti. È un regime che continuerà a vigere ancora per un po’ di tempo, nonostante gli scenari si stiano evolvendo. Ad esempio, dalle attuali infrastrutture che prevedono piste canalizzate, che si trovano all’uscita nelle nostre stazioni, e che si differenziano per la modalità di pagamento (contanti, carte), ci troveremo a passare attraverso un unico portale sotto il quale, tramite un dispositivo simile al Telepass, riusciremo a pagare il pedaggio indipendentemente dal numero e dalla velocità delle auto in transito. Quello che vedo è un miglioramento dal punto di vista tecnologico e un’uniformità procedurale che in futuro (tra 5-10 anni) potrà consentire all’utente di viaggiare in tutta Europa senza interruzioni, rapportandosi ad un unico referente commerciale con il quale si sia In futuro si avranno sistemi sottoscritto il contratto di autonomi in grado di autocalcolare servizio. Questo è l’obietil percorso e quindi stabilire tivo prossimo da raggiunil pagamento effettuato nei confronti gere da parte della Comdell’ente che riscuote il pedaggio. missione europea. Vuole aggiungere qualcos’altro a proposito? Vorrei precisare qualcosa sulla tecnologia che modificherà il panorama nei prossimi anni. In Italia siamo abituati a vedere il pagamento dinamico del pedaggio con tecnologia a corto raggio (funzionamento del Telepass), ma l’evoluzione sta andando verso sistemi basati su tecnologia satellitare. Quindi, in futuro, si avranno sistemi autonomi in grado di autocalcolare il percorso e quindi stabilire il pagamento effettuato nei confronti dell’ente che riscuote il pedaggio. Questo vuol dire che probabilmente, tra qualche tempo, anche in Italia le strade statali potranno essere messe a pedaggio e, grazie a questi sistemi georeferenziati, si potrà capire quali saranno i percorsi effettuati dal veicolo limitando l’installazione di costose infrastrutture lato strada. z 35


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI

IL “ROAMING” DELLE AUTOSTRADE

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vvero viaggiare in tutta Europa, passando d’autostrada ad autostrada, pagando quanto dovuto grazie a un solo apparato di bordo certificato in tutti i Paesi UE, sulla base di un unico contratto stipulato con un fornitore del servizio. È questa in sintesi il bello del S.E.T. il Servizio Europeo di Telepedaggio. Una realtà che avrebbe dovuto essere già attiva a fine 2012, ma che sulla strada ha trovato qualche intoppo. E d’altronde, gli ostacoli da superare non sono di poco conto. Le politiche nazionali adottate dai diversi Paesi membri, in questi anni hanno infatti prodotto sviluppi assai divergenti che hanno portato alla diffusione di infrastrutture sostanzialmente incompatibili tra loro. E ancor oggi, nonostante molto si sia fatto, tutti i sistemi operanti in Europa non sono interoperabili tra loro, dal momento che utilizzando protocolli di comunicazione differenti.

LE DIVERSE TECNOLOGIE

Gli attuali sistemi di telepedaggio presenti nell’Unione europea sono basati principalmente sulla tecnologia a corto raggio DSRC nella quale un apparato mobile OBU (On Board Unit) comunica con le infrastrutture di terra al passaggio del veicolo dell’utente attraverso i cosiddetti “portali”, che possono essere a flusso incanalato (come in Italia) oppure libero (freeflow multi-lane). I portali sono costituiti da strutture che integrano apparecchi denominati RSU (Road Side Units), in grado di comunicare con gli OBU in transito, e da opportuni sistemi di gestione che inviano i dati delle transazioni ai centri di elaborazione dell’Esattore del Pedaggio. Quest’ultimo, verificata l’attendibilità delle informazioni ricevute, invia i necessari riscon-

tri al Fornitore del Servizio per l’addebito esigibile all’utente. Nei Paesi del centro-nord europeo è più diffusa la tecnologia GNSS (ad esempio in Germania e nei Paesi Scandinavi); questi sistemi rilevano la posizione dei veicoli attraverso ricevitori GPS integrati nei dispositivi di bordo; l’invio delle informazioni di transito nelle tratte soggette al pagamento di un pedaggio avviene tramite ricetrasmettitori GSM/GPRS, ma il protocollo utilizzato è di esclusiva responsabilità del Fornitore di Servizio ed è escluso dal contesto di interoperabilità presentato. I sistemi GNSS hanno il vantaggio evidente della semplicità operativa, ma presentano numerose problematiche prestazionali (difficoltà di ricezione dei segnali satellitari, oscuramento causato da edifici, ecc.); necessitano perciò di infrastrutture di supporto per garantire la corretta funzionalità. In Italia è stato adottato un sistema DSRC semplificato rispetto all’equivalente europeo, a scapito di alcune limitazioni che tuttavia non ne pregiudicano il corretto funzionamento; esso fa riferimento alla norma ETSI ES 200 674-1 (non armonizzata).

IDONEITÀ ALL’USO

Oltre che la conformità a determinate specifiche tecniche, un Servizio Europeo di Telepedaggio deve garantire la piena interoperabilità, ovvero l’idoneità all’uso. Per raggiungere questo obiettivo, tutte le entità interessate sono co-responsabili. Ciò significa che, singolarmente, un Fornitore del Servizio o un Fornitore di Tecnologia non potranno mai dimostrare l’idoneità all’uso degli apparecchi adottati, così come un Esattore del Pedaggio non potrà mai qualificare le

proprie infrastrutture individualmente. A ciò si aggiunga il fatto che al momento non esistono norme o legislazioni europee che stabiliscono gli attributi di idoneità all’uso necessari e i relativi criteri di verifica. L’evidente assenza del legislatore nel contesto di uno scenario così complesso e tutt’altro che armonizzato, si pone dunque come il vero nodo da sciogliere. È pur vero che in questi anni la tecnologia ha già risolto buona parte dei vincoli tecnici esistenti e come la politica stia lentamente spianando il campo per facilitare il processo d’integrazione dei sistemi; ma il vero problema è e rimane quello dell’assenza di un vera e propria business intelligence globale in Europa. A semplificare la situazione, si pongono tuttavia gli Enti Notificati che, in virtù del proprio ruolo, hanno la facoltà e la capacità di intervenire per la valutazione di idoneità all’uso dei componenti di interoperabilità del S.E.T. Questo è sicuramente un punto di forza strategico per tutti i soggetti interessati, siano essi esattori di pedaggio, fornitori di servizio o di tecnologia. Infatti l’approccio metodico e neutrale operato da un Ente Notificato qualificato consente il superamento della carenza legislativa esistente attraverso l’attuazione di procedure preposte alla verifica d’interoperabilità dei sistemi. Ne è un interessante esempio il caso dell’Italia, in cui l’Associazione che riunisce tutti i Concessionari di Autostrade e Trafori (AISCAT) ha predisposto un atto ufficiale nel quale sono pubblicate le procedure di certificazione dei sistemi S.E.T., sia attuali che di futura attuazione nel comparto italiano. Per elaborare parte di questo documento l’Associazione si è avvalsa del supporto tecnico/normativo dell’Ente Notificato nazionale IMQ, il secondo ente a livello europeo notificato per le verifiche su dispositivi e sistez mi incorporati nei sistemi S.E.T.

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI - CASE HISTORY

LA PERLA ITALIANA

DELL’INFOMOBILITÀ 38


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A TORINO, MA IN GENERALE IN TUTTO IL PIEMONTE, LA MOBILITÀ SI STA MUOVENDO A GRANDE VELOCITÀ. GRAZIE AI PROGETTI DI SCAMBIO DI INFORMAZIONI SUL TRAFFICO, I SERVIZI DI SUPPORTO AI CITTADINI, I PROGETTI DI MONITORAGGIO E INTEROPERABILITÀ DEI TRASPORTI. IL TUTTO IN UN PERCORSO CHE VEDE LA REGIONE PIEMONTE CENTRO DI ECCELLENZA DELL’INFOMOBILITÀ. Intervista a Fabrizio Arneodo, ITS Design & Development Manager della società 5T

pubblica utilità efficienti ed efficaci. Si pensi ai servizi di infomobilità che, soprattutto in caso di incidente stradale, devono fornire informazione tempestive e precise ai cittadini. La stessa importanza la rivestono la gestione dei sistemi di enforcement: la ZTL, che a Torino chiude completamente tutto il centro, e che si basa su una tecnologia in grado di riconoscere le targhe dei veicoli in ingresso. O, ancora, i sistemi di controllo della velocità posti opportunamente in prossimità delle uscite delle tangenziali al fine di aumentare la sicurezza stradale. In cosa consiste il progetto BIP? Il progetto BIP (Biglietto Integrato Piemonte) prevede l’adozione di un sistema di bigliettazione elettronica unico per tutta la regione, grazie all’utilizzo di una smart-card a microchip, che funziona con una tecnologia di tipo contactless. La smart-card consente agli utenti di viaggiare con un solo titolo di viaggio

indipendentemente dall’azienda trasporti con la quale ci si sposta (Trenitalia compresa). Questo è possibile perché abbiamo creato un sistema interoperabile che sfrutta una tecnologia basata su un protocollo di comunicazione standard. Grazie alla tecnologia contactless (il cui nome è Calipso), la smart-card riesce a comunicare con le obliteratrici a bordo di tutti i mezzi, nel rispetto di tutti i canoni di sicurezza informatica e nel rispetto della privacy dei passeggeri. Un altro aspetto importante del progetto BIP è il “back office”, ossia la raccolta di tutti i dati di validazione provenienti dai singoli veicoli del trasporto

ZTL

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on solo Mole Antonelliana, non solo Olimpiadi Invernali del 2006, non solo Juventus, rilevanza storica, gianduiotti e polo gastronomico. Forse, infatti, non tutti sanno che la città di Torino, e tutta la regione Piemonte, rappresentano un’eccellenza nel settore dell’infomobilità europea. Questo succede da quando, nel 1992, è nata la società 5T, il cui obiettivo è migliorare le condizioni del traffico urbano e interurbano fornendo dei servizi informativi precisi e puntuali ai cittadini e ai veicoli in viaggio. Ma se da un lato l’infomobilità del Piemonte e del suo capoluogo rappresenta un modello da imitare per tante regioni italiane (e non solo), dall’altro lato, come si evince dall’intervista che segue, l’innovazione non è mai abbastanza. E la strada per l’integrazione dei sistemi di infomobilità a livello nazionale è ancora lunga, seppur sempre auspicabile e di forte interesse attuale. Quali sono gli obiettivi del vostro lavoro? La nostra priorità è erogare servizi di

5T è una società privata a totale partecipazione pubblica che progetta, realizza e gestisce sistemi ITS (Intelligent Transport Systems) e di infomobilità, ponendosi al servizio del trasporto collettivo e individuale a livello urbano e regionale. 5T gestisce storicamente la centrale operativa di monitoraggio del traffico dell’area metropolitana torinese, inte-

grata con il sistema di monitoraggio dei mezzi del trasporto pubblico locale, con l’obiettivo di migliorare la fluidità del traffico e le prestazioni del trasporto pubblico. A livello regionale, stanno entrando in fase di pre-esercizio l’estensione a livello regionale del sistema di monitoraggio del traffico (TOC) e il progetto di bigliettazione elettronica (BIP).

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI - CASE HISTORY

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pubblico. Questi dati sono raccolti da otto consorzi a livello centrale (ossia presso il CCA, il Centro di Controllo Aziendale) e dal CSR BIP (il Centro di Supervisione Regionale), realizzato e gestito da 5T. La raccolta dei dati di validazione avviene sulla base del protocollo BIPEx, opportunamente progettato da 5T, come declinazione del protocollo standard europeo NeTEx, sviluppato nei tavoli di lavoro del CEN TC278. Il progetto BIP è sicuramente strategico per la nostra regione; basti pensare che riguarda ben 100 aziende, più di 3.000 bus, oltre 15.000 fermate e 400 stazioni ferroviarie.

portando il blocco dell’intera linea e notevoli disagi al traffico urbano. In questo caso, come in molti altri, è stata fondamentale la comunicazione con le forze dell’ordine e con l’azienda dei trasporti pubblici interessata. Dalla nostra parte, oggi, abbiamo dei sistemi di previsione del traffico molto efficienti, la cui tecnologia si basa sull’utilizzo di modelli matematici che realizzano delle particolari funzioni euristiche e sulla base delle misure di traffico provenienti da sensori installati diffusamente per le strade della città, permettono di suggerire percorsi alternativi in caso di incidente o di prevedere i momenti di congestione.

Vi occupate di trasporti, parcheggi, traffico; quale di questi settori è più problematico? Dal punto di vista gestionale, l’aspetto più problematico è l’infomobilità, dunque tutte le informazioni che riguardano il trasporto pubblico e il trasporto privato dei cittadini. Diamo questo tipo di informazioni tramite i pannelli distribuiti in città, pannelli che devono essere aggiornati in modo preciso e tempestivo. Questo implica che i nostri sistemi devono sempre essere efficienti e sotto controllo. Faccio un esempio: proprio di recente, a Torino, un tram ha deragliato, com-

Come si è sviluppata l’infomobilità in Piemonte e in Italia? Per rispondere cito il progetto S.I.MO.NE (Sistema Innovativo per la gestione della Mobilità nelle aree metropolitane), che si è concluso un paio di anni fa. Finanziato dal Dipartimento degli Affari Regionali e da alcuni enti locali, il progetto aveva come obiettivo principale quello della creazione di un sistema di infomobilità nazionale. S.I.MO.NE riguardava quattro città (Bologna, Cagliari, Firenze, Genova), coordinate da Torino, in tale progetto si è realizzata un’architettura per i servizi di infomobilità che utilizza protocolli standard europei di trasferimento dati

quali DATEX e DATEX 2. Cito anche il sito www.muoversinpiemonte.it, che riporta lo stato del traffico in tutta la regione Piemonte del quale presto svilupperemo una App per smartphone. Allontanandoci dal Piemonte, le principali realtà sono Muoversi in Campania, il servizio di calcolo del percorso gestito dall’azienda dei trasporti pubblici ATAC di Roma, Infoblu e Octo Telematics. Non posso non citare il CIISS Viaggiare Informati, al quale noi forniamo informazioni dettagliate e in tempo reale sulla mobilità della città di Torino. Se ci spostiamo in Europa, quali paesi sono più efficienti e avanzati in termini di infomobilità? Sicuramente la Germania, paese molto attento al tema dell’infomobilità e che partecipa attivamente ai gruppi di standardizzazione europei. Impossibile non citare Bayern Info, il sistema che fornisce sia informazioni sul traffico e sia il servizio di calcolo del percorso. Cito anche il sistema di calcolo del percorso della regione di Vienna e quello del traffico ferroviario austriaco. Un altro esempio degno di nota è Transport for London che, oltre al calcolo del percorso, fornisce informazioni sullo stato del trasporto pubblico e privato.


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LE TAPPE FONDAMENTALI NELLA STORIA DI 5T 1992 Nasce il consorzio 5T nell’ambito del progetto europeo Quartet, che riguarda quattro città: Torino, Birmingham, Atene e Stoccarda. 2000 5T diventa una società consortile, che prevede il contributo di alcune aziende private (ATM, AEM, FIAT, CSST, Mizar). 2006 In occasione dei Giochi Olimpici Invernali di Torino, 5T estende il monitoraggio dall’area urbana a quella metropolitana. 2008 5T diventa una s.r.l. a completa partecipazione pubblica.

Quali innovazioni immagina nell’infomobilità del futuro (sicurezza, informazioni, intrattenimento)? Uno dei nostri obiettivi per il futuro è la realizzazione di un calcolo del percorso intermodale del Piemonte, ossia la possibilità di calcolare il percorso di tutta la regione, sia per il trasporto privato che collettivo. Entro la metà del 2015, inoltre, vorremmo riuscire a estendere i servizi di infomobilità a tutta la regione, non solo alla provincia di Torino. In generale, la tendenza del futuro sarà integrare l’ingegneria dei trasporti e la geomatica (disciplina che raccoglie ed elabora informazioni caratterizzate da una posizione in un prescelto sistema di riferimento). Questa integrazione, che è già in fase di

studio anche negli USA e in Asia, si concretizza nella capacità di usare i veicoli come sensori mobili che possono essere intercettati e che possono persino comunicare tra loro in situazioni di rischio (ad esempio tecnologie V2V e V2X). Fondamentale è anche la comunicazione con le infrastrutture che devono fornire informazioni precise sulla posizione del veicolo. Infine, in futuro potremo forse parlare di eCall: la capacità del veicolo di attivare una chiamata di emergenza in caso di impatto. Per riuscire in questo intento bisognerà disporre un numero unico per le chiamate (112), un numero condiviso a livello europeo, e quindi si dovrà andare incontro a esigenze organizzative oltre che tecnologiche. z

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI SOSTENIBILI

MERCI IN VIAGGIO DALLA TURCHIA AL CUORE DELL’EUROPA L’INTEROPERABILITÀ TRA VETTORI DI TRASPORTO A SERVIZIO DELL’EFFICIENZA ECOSOSTENIBILE.

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IMQ NOTIZIE n. 99

Intervista al dott. Francesco Stanislao Parisi, console onorario di Svezia, Presidente e Amministratore delegato della Casa di Spedizioni Francesco Parisi

È

un collegamento pulito, innovativo e produttivo quello mare-ferrovia-strada che collega la Turchia al cuore dell’Europa, passando per il porto di Trieste la cui posizione risulta strategica per i flussi tra Europa e Medio Oriente. Il sistema di trasporto integrato costruito sulla combinazione di mezzi diversi risulta sempre concettualmente nuovo e capace di fornire impulso alle risorse del trasporto marittimo e a quelle del sistema ferroviario. La rete geografica essenziale sulla quale corrono elevati e consolidati volumi di traffico merci parte dalla Turchia. Da Instanbul o più precisamente dagli scali di Pendik e di Haidarpasha (sul versante asiatico) e di Ambarli sulla sponda europea, o più a sud dall’anatolica Mersin partono settimanalmente più di quindici traghetti. Altre navi si muovono sulla rotta con Cesme, il porto di Smirne (Izmir). Ad accoglierli a Trieste ci sono tre terminal dedicati dove operano la Europa Multipurpose Terminals di Parisi Group, Enrico Samer agente e terminalista e TIMT. Il volume di merci è tale che lo scalo si posiziona al primo po-

ti “ risparmiati” al nostro ambiente oltre 170mila milioni di chilogrammi di CO2. I traffici dopo un periodo di crisi sto nel Mediterraneo e terzo nel mon- dovuto alla difficile congiuntura econodo per il traffico di “Ro-Ro” (Roll- mica e alla conseguente flessione dei on/Roll-off: traghetti per carichi su ruo- consumi è in ripresa. La Ekol Logistics, ta) internazionale. Le unità di carico nel società di logistica turca che cresce più corso del trasporto non vengono mai velocemente in Europa, continua ad inaperte tranne che alla consegna o per vestire senza rallentamenti. Con i suoi ispezioni doganali. A Trieste dal mare centri di distribuzione (oltre 400.000 vengono trasferite su rotaia e in treno metri quadrati coperti solo in Turchia), in ventiquattro ore raggiungono l’Au- strutture in tutta Europa, e una flotta di stria o Colonia, Ludwigshafen e altri 2.000 veicoli, si posiziona tra i fornitori terminal in Germania, in Lussemburgo di servizi integrati di logistica più ime in Repubblica Ceca. Il terzo vettore è portanti in Turchia e in Europa. Da Triela gomma. Il carico viaggia su strada e ste gestisce già più di 20 treni alla settidal cuore teutonico dell’Europa arriva a mana in direzione Ludwigshafen e Codestinazione in Benelux, Francia, Re- lonia, in Germania e Ostrava in Repubgno Unito, Svizzera, Danimarca, Irlanblica Ceca, perfettamente integrati con da, Spagna e altri paesi. L’utilizzo este- i traghetti Ro-Ro da e per la Turchia. In so di modi di trasporto più efficienti in linea con la sua politica di rafforzamencombinazioni multimodali nonché l’ap- to dei servizi di trasporto intermodali, a plicazione capillare di tecnologie avan- partire dal 12 gennaio 2013, Ekol ha atzate e di infrastrutture per la fornitura tivato un nuovo servizio Ro-Ro tra Turdi combustibili puliti porta a una signi- chia e Italia con 3 navi: Hatche, Qezban ficativa riduzione dei chilometri pere Paqize. I tre vettori dotati di teccorsi da origine a destino: nologie di avanguardia e 2000 km nella combicon capacità di traLa fornitura di nazione nave - tresporto di 240 ricombustibili puliti porta a no - camion, rimorchi ciascuna una significativa riduzione dei spetto ai 7000 effettuano 3 km circa perchilometri percorsi da origine a destino: viaggi setticorsi in passamanali di an2000 km nella combinazione to su stradata e ritornave-treno-camion, rispetto ai 7000 km da. Significano tra Haycirca percorsi in passato su strada. tivo consedarpaa e Significativo, conseguentemente, guentemenTrieste, con è l’abbattimento delle emissioni te è l’abbattil’obiettivo di inquinanti. Nel triennio 2010-2012 sono mento delle fornire servizi stati “risparmiati” al nostro ambiente di alta qualità emissioni inquioltre 170mila milioni di nanti. Nel triennio ancor più produtchilogrammi di CO2. 2010-2012 sono stativi e sostenibili. 43


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E TRASPORTI SOSTENIBILI

Ro-Ro e Ro-La sono esempi di trasporto integrato di più vettori: traghetto-tir-treno. Quanto e come si è sviluppato questo segmento sul piano operativo? Ro-La è attivo da anni e serve a bypassare l’Austria per i camion completi con motrice e autista. La vera innovazione parte nell’ottobre 2008 con il trasporto intermodale non accompagnato direttamente dalla banchina di sbarco fino all’interno dell’Europa Centro Settentrionale. La crescita è stata inarrestabile a partire dal 2009. L’autostrada del mare che collega i porti della Turchia al porto di Trieste ha iniziato a svilupparsi nel lontano 1987, e da allora non ha più smesso di crescere. Quali sono le direzioni di smistamento delle merci una volta che queste sono giunte in Italia? La parte prevalente delle merci è destinata alla Germania che è il maggior partner commerciale della Turchia. Il mercato italiano partecipa in misura del 25-30% a questi traffici. Origini e destinazioni importanti sono il Benelux, la Francia, la Gran Bretagna e i paesi scandinavi. Quali caratteristiche devono avere i traghetti che trasportano autoarticolati? Le navi Ro-Ro in linea con la Turchia devono avere una capacità di carico di almeno 200 unità e una velocità di crociera (18-20 nodi) che consenta di completare un viaggio di andata e ritorno in una settimana contando anche le soste nei porti di partenza e arrivo. 44

400 impiegati in sette paesi, una rete mondiale di agenti e corrispondenti e oltre 100.000m2 di magazzini coperti per lo stoccaggio e la distribuzione delle merci: Francesco Parisi è un Gruppo di Case di Spedizioni e Agenti Marittimi fondato a Trieste dall'omonimo Francesco Parisi e operante nell’Europa Centrale dal 1807. Il Gruppo appartiene tuttora alla famiglia Parisi, giunta ormai all’ottava generazione. Il periodo che sancisce la crescita è la seconda metà dell’800, quando nasce la sede di Vienna (1857) e successivamente, sotto l’Impero Austro Ungarico, la sede di Venezia (1872). Durante la guerra fra Francia e Germania, avviene l’apertura della sede di Monaco di Baviera (1879). In seguito la Francesco Parisi apre una sede a Genova (1882) e una a Milano (1898). Particolarmente florido è il periodo post bellico, quando il gruppo si spinge oltre oceano, fondando una società associata a New York. Negli anni ’70 l’espansione tocca per la prima volta il continente Asiatico con l’apertura di una società del Gruppo in Israele. Seguendo la continua crescita e domanda del mercato Cinese, per la prima volta nella sua storia, la Francesco Parisi pianta le proprie radici nell'Estremo Oriente con l’apertura della sede di Hong Kong (2004). La principale caratteristica della società è la soluzione su misura “customer made” a ogni richiesta del cliente nel processo procurement e della distribuzione.

Quali sono le rotte oggi tracciate? Turchia-Francia, Turchia-Austria, Turchia-Germania… Prevalentemente Turchia e Germania. La Francia è servita maggiormente dalla linea di Tolone. Si stanno aprendo sempre di più anche i Paesi del centro Nord Europa come Polonia e Repubblica ceca grazie anche alla nuova linea ferroviaria con Ostrava. Quali generi commerciali transitano attraverso queste rotte? Prodotti industriali e prodotti di consumo. Soprattutto componentistica dell’industria automobilistica, tessile e prodotti del bianco e cioè frigoriferi, televisioni, ecc.

Quali sono i vantaggi e le difficoltà ancora da superare? I vantaggi della linea che collega Trieste alla Turchia nel combinato RoRo/ferrovia non accompagnato sono la celerità del viaggio (rispetto al carico via mare dai porti del Nord su navi portacontainer) e l’affidabilità in termini di durata del viaggio (rispetto al percorso tutto ferrovia attraverso i Balcani). La difficoltà da superare è il costo della manovra ferroviaria che a Trieste è molto elevato. Rispetto all’incremento del traffico Turchia-Trieste, il fatto che il porto di Trieste sia ancora oggi zona franca ha costituito un incentivo al commercio?


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IL PORTO FRANCO DI TRIESTE anno, è stata soppressa. Quali ulteriori possibilità di sviluppo ci possono essere? Il sistema che ha dimostrato funzionare benissimo con la Turchia può valere per tutta l’area del Mediterraneo Orientale. Proprio in quest’ottica in ottobre è partito un servizio di treni intermodali in coincidenza con i traghetti Minoa - Grimaldi per e da Francoforte.

Ha sicuramente rappresentato un vantaggio la norma che impone al Governo Italiano l’accesso illimitato al porto di Trieste; ciò ha consentito il transito senza restrizioni e quote tipiche degli accordi bilaterali nel settore dell’autotrasporto. È stato alla fine anche un vantaggio per i vettori marittimi perché il successo della linea è in gran parte conseguente al concentramento della stessa su un porto del Nord del Mediterraneo con conseguente elevata frequenza (giornaliera) delle partenze che difficilmente si sarebbe conseguita se le navi avessero deciso di scalare diversi porti del Nord Mediterraneo.

Portare Tir e rimorchi per mare e su treno è un’operazione che conduce a indiscutibili vantaggi anche sul piano ambientale? Il Molo VI nel 2013 ha ricevuto e inoltrato circa il 65% del traffico marittimo del terminal via ferrovia inter-modale. Si tratta di 2/3 del traffico che non tocca neppure la viabilità cittadina e che viaggiano nella nostra regione a zero emissioni. Se una quota simile di traffici stradali sulle lunghe distanze venisse trasferita al vettore ferroviario avremmo risolto gran parte dei problemi di viabilità e di inquinamento dovuto al settore del trasporto. (l’Unione europea ha fissato un obiettivo: spostare su ferrovia e via mare il 30% del trasporto merci sopra i 300 Km. Questa quota dovrebbe raggiungere il 50% entro il 2050). z

Il Porto di Trieste è un caso unico nel panorama nazionale delle zone franche. È un porto franco doganale, considerato fuori dalla linea doganale che conta su un “regime speciale” di totale esenzione doganale previsto da una normativa risalente all’imperatore Carlo VI nel 1719 e sviluppato dalla figlia Maria Teresa d’Austria. A seguito del Trattato di Parigi del 1947 e del Memorandum di Londra del 1954, il Porto Franco ha conservato le sue peculiarità e i vantaggi dell’impianto normativo derivanti dal mantenimento della legislazione speciale sia doganale che fiscale. Le aree del porto franco di Trieste dispongono del più ampio regime di esenzione doganale presente in Italia: in esse possono essere compiute in piena libertà e senza ingerenza da parte delle autorità doganali, tutte le operazioni di imbarco e sbarco, di deposito, ma soprattutto le merci possono subire ogni genere di manipolazione e trasformazione, anche di carattere industriale, operazioni che il codice doganale comunitario limita fortemente. Per le merci importate nel mercato comunitario attraverso i punti franchi, i relativi dazi e le imposte doganali possono essere pagati con dilazione fino a sei mesi a un tasso di interesse annuo ridotto.

Quali sono gli scali competitivi e alternativi a Trieste? Tolone in Francia è nato per il solo fatto che non è stato possibile, come era stato chiesto nel 2000, avere un servizio ferroviario di inoltro dei semirimorchi da Trieste a Torino Orbassano per by-passare la pianura padana. Non è stato possibile avviare la linea per mancanza del necessario profilo sulla linea ferroviaria. La linea di Costanza, dopo un esperimento di meno di un 45


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ,TRASPORTI E LOGISTICA

W I PALLET! TRASPORTO INTERMODALE, PALLET, IMBALLI E SISTEMI INFORMATIVI INTEGRATI: DUE AZIENDE RACCONTANO QUANTO L’INTEROPERABILITÀ DI STRUMENTI E PROCEDURE PORTI CON SÉ IMPORTANTI VANTAGGI E SI AFFERMI FEDELE AMICA DELLA LOGISTICA.

Intervista a Fabio Benazzo, Direttore Generale di LPR Italia, azienda che offre un servizio di pallet-pooling in tutta l’Europa occidentale. Ricorrete a forme di trasporto intermodale? Sì, soprattutto all’estero. In Italia ci limitiamo solo ad alcune forme di trasporto intermodale di flussi verso il Nord del paese. I nostri famosi pallet rossi viaggiano infatti sia su gomma che su rotaia. Che tipo di sistemi integrati avete per la gestione dei depositi e delle spedizioni e quali vantaggi avete ottenuto? Sin dal 2002, LPR – La Palette Rouge - ha operato con il più affidabile e sofisticato sistema informativo nell’ambito del pallet-pooling per il settore FMCG (Fast Moving Consumer Goods). Ogni anno gestiamo più di 50 milioni di movimenti pallet in Europa e, di conseguenza, un sistema informativo altamente efficiente è per noi di vitale importanza. La soluzione informatica

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sviluppata da LPR si basa su soluzioni SAP e IBM Websphere. Il sistema è stato creato e gestito in collaborazione con IBM e Thales. Recentemente, abbiamo aggiunto un applicativo di Business Intelligence sviluppato da Business Objects. Questo sistema ci permette di seguire i flussi di pallet lungo l’intero circuito, riducendo l’immobilizzazione, i costi di trasporto e allertando quando necessario i clienti, i partner logistici e i distributori nel caso un’anomalia venga individuata durante il percorso. Il vantaggio dell’utilizzo di un sistema integrato consiste soprattutto nell’avere una visione completa e in tempo reale della disponibilità e dello status dello stock. In Italia abbiamo 9 depositi; ma pensiamo all’opportunità che questo sistema integrato ci dà in paesi in cui ne abbiamo anche 40 e alla possibilità di poter valutare lo stock di tutti i depositi europei, come un unico stock disponibile. Il vantaggio per il cliente è altrettanto immediato e consiste nell’accessibilità completa allo status e al follow up dell’ordine. L’utilizzo del sistema informatico vi torna utile solo internamente o anche nel rapporto con i clienti? Offriamo una soluzione efficiente ed esternalizzata che rende la valutazione e la gestione del budget ‘pallet’ più facile per i nostri clienti. I clienti di LPR hanno infatti accesso in permanenza a un’interfaccia web che permette loro di monitorare i movimenti di pallet, di stock e gli ordini in corso. Inoltre, vengono regolarmente tenuti al corrente mediante rapporti di

attività mensili che li informano dei dettagli di tutti i movimenti (sia in che out) e dei tempi di immobilizzazione e hanno un’informazione in tempo reale in caso si rilevino delle anomalie. Anche il sistema di fatturazione è semplificato. La fattura di base tiene semplicemente conto del numero di pallet ricevuti e lo moltiplica per un “trip fee”. I servizi extra richiesti sono fatturati sulla base di un accordo preliminare con il cliente. Ogni anno quanti pallet vengono distrutti/persi e quale percentuale riuscite a recuperare? I pallet distrutti rappresentano un numero relativamente elevato in quanto ci teniamo ad avere standard di qualità, efficienza e sicurezza molto alti: il pallet, oltre un certo criterio di selezione, non viene più riparato, ma distrutto. Se per recuperare intendiamo il numero dei bancali che raccogliamo a prescindere dalla selezione che facciamo successivamente nei nostri depositi, siamo in pratica al 100%. Dopo la selezione si fa uno scarto di quelli che sono da riparare o da distruggere. La nostra mission è fare in modo che il bancale si sposti sempre a pieno carico e noi ci prendiamo cura di tutte le ottimizzazioni della reverse logistic del pallet vuoto (carichi completi, riconsegne a cliente quanto più in prossimità del punto di raccolta, ecc.). Questo comporta risparmi notevoli sia in termini di emissioni e sia in termini di costi di trasporto.


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Intervista ad Andrea Tassisto, Industrial Director Guala Closure Group Italy produttrice di chiusure in alluminio per bottiglie. Il ricorso al trasporto intermodale ha portato a risultati positivi? Il trasporto intermodale è un servizio reso attraverso l’integrazione fra diverse modalità che induce a considerare il trasporto non più come somma di attività distinte e autonome dei diversi vettori interessati, ma come un’unica prestazione, dal punto di origine a quello di destinazione, in una visione globale del processo di trasferimento delle merci e, quindi, in un’ottica di catena logistica integrata. Dal punto di vista delle modalità impiegate, la maggior parte del viaggio è effettuato attraverso o la modalità ferroviaria, o quella marittima, o per vie navigabili interne e la rimanente parte è effettuata tramite modalità stradale. Le tipologie di trasporto intermodale si diversificano ulteriormente, al loro interno, in base alle unità di carico utilizzate e in base anche alle quote di mercato. I vantaggi del trasporto intermodale sono notevoli: da un lato, abbiamo infatti i benefici ambientali in termini di riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera; dall’altro lato i benefici economici. Tra questi rientrano la realizzazione di economie di scala attraverso l’uso ottimale (per dimensione e distanza) di ciascuna modalità di trasporto e, di conseguenza, la riduzione dei costi, e l’utilizzo del mezzo di trasporto più idoneo alle caratteristiche del servizio di trasporto (volume, stagionalità e tipologia della merce) per ogni tratta del percorso, con conseguente riduzione dei costi. Disponete di sistemi informatici integrati per la gestione dei trasporti, delle spedizioni e delle consegne tra le vostre sedi e tra le sedi e i clienti?

La gestione degli ordini, delle date di approvvigionamento e dei trasporti dall’Italia al Magazzino della sede di Guala Closures UK viene interamente coordinato via Intranet mediante il sistema informativo integrato SAP. Con alcuni dei nostri principali clienti, inoltre, l’organizzazione dell’intero flusso della supply chain è coordinato mediante un SMI gestito via Intranet, sempre utilizzando il sistema informativo integrato SAP. Quali sono i vantaggi dell’utilizzo degli imballi di cartone octabin e delle pedane in legno? Anzitutto vorrei precisare che la scelta di questi materiali nasce dalla volontà di lavorare in modo integrato fra i nostri stabilimenti e fra questi e quelli dei nostri clienti. Le pedane di legno che utilizziamo vengono poi riusate da molti dei nostri clienti per realizzare il trasporto della merce verso i canali di distribuzione. I bancali di legno sono legati al tipo di mercato di destinazione. Anche le scatole di cartone necessarie per la movimentazione fra stabilimenti vengono riciclate più volte. Ad esempio, tutta la movimentazione dei prodotti legati al mercato delle acque minerali prevede che la scatola usata per lo stoccaggio dei semilavorati venga poi utilizzata anche per la spedizione del prodotto finito. Per quanto riguarda gli imballi di cartone octabin (n.d.r. ottagonali) riusciamo a riciclarli fino a 10 volte, grazie anche a un accordo con i clienti. Queste procedure di riutilizzo e di integrazione sono le basi per poter ottenere un risparmio economico davvero significativo, rispetto a realizzare imballi di un altro materiale che permettono il solo utilizzo interno in azienda e con una vita non infinita.

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E SISTEMI DI SOCCORSO

QUANDO

L’INTEROPERABILITÀ

PUÒ SALVARE MOLTE VITE

Una delle applicazioni più promettenti dell’interoperabilità è senz’altro quella nei sistemi di soccorso ed emergenza, dove facilità, velocità e chiarezza di scambio delle informazioni possono fare la differenza. Una differenza molto sostanziale, misurabile in termini di vite umane. Una differenza basata anche su una grande capacità: quella dimostrata dai diversi corpi impegnati nelle operazioni di soccorso, di parlare un linguaggio comune. 48


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ei sistemi di soccorso ed emergenza, una lingua comune già esiste e si chiama CAP (Common Alerting Protocol). È un formato dati aperto, utilizzato per scambiare informazioni strutturate nell’ambito di una vasta gamma di allarmi e situazioni nelle quali sono necessari soccorsi, dagli incendi stradali alle inondazioni ai terremoti. La sua virtù principale sta nella flessibilità, perché può essere utilizzato per far dialogare tra loro le sempre più numerose famiglie di sensori e dispositivi, consentendo lo scambio diretto di dati tra organizzazioni diverse e permettendo di pubblicare in tempo reale dati su Internet per informare i cittadini. Una sua caratteristica preziosa è di non fare riferimento ad alcuna particolare applicazione o metodo di comunicazione: in questo modo può adattarsi a qualsiasi dispositivo o software, oltre che essere veicolabile direttamente tramite web. Dal punto di vista tecnico, ha molte analogie con il linguaggio XML (eXtensible Markup Language), perché contiene una serie di “descrittori” che indicano in quale punto del docu-

mento si trova ogni tipo di informazione necessaria e questo rende possibile anche il dialogo diretto da macchina a macchina.

inserito nel sistema, costituisce un contributo effettivo a una migliore comprensione di cosa sta succedendo in quel momento.

Il protocollo CAP è diventato uno strumento ufficiale dei Vigili del Fuoco dal 2011, grazie a un decreto del Ministero dell’interno, il quale ha stabilito che chiunque voglia dotarsi di strumenti per lo scambio di dati informatici con le sale operative dei Vigili del Fuoco deve adottare il CAP. Tardi dunque per l’ultimo dei nostri disastri, il terremoto dell’Aquila, ma neanche troppo, perché c’è comunque stato il tempo di attuare una sperimentazione, grazie al prototipo sviluppato proprio a ridosso dell’evento abruzzese, cioè tra il 2006 e il 2009. Il miracolo che l’interoperabilità rende possibile negli eventi d’emergenza più complessi, come i terremoti, è quello di dar vita a mappe collaborative composte da tante informazioni condivise. Mappe che, nel progredire dei fatti, si compongono progressivamente, come puzzle. In tal modo, ogni singola informazione, inviata da chiunque sia

Tutto ciò sarebbe vano se non si parlasse un idioma comune. Sia dal punto di vista tecnologico che linguistico. Ecco allora che interviene il Tactical Situation Object (TSO), un dizionario di termini che descrive i diversi possibili tipi di incidente nelle varie lingue. Il TSO è composto da uno schema generale che contiene tutte le informazioni chiave per identificare l’evento: la sua descrizione, le risorse impiegate e quelle disponibili, le azioni in corso. A tale documento ne è affiancato un secondo, il “dizionario dei dati”, contenente tutti i termini validi, in inglese, utilizzabili in quell’ambito. Il TSO aumenta di complessità quando un singolo evento richiede più descrizioni simultaneamente. Ad esempio, nel caso in cui un autobus con passeggeri a bordo si scontrasse con un treno che trasporta sostanze nocive, da cui scaturisce un’esplosione, un incendio e un effetto di inquinamento.

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E SISTEMI DI SOCCORSO

LA VOCE DEL TESTIMONE:

L’INTEROPERABILITÀ NEI SOCCORSI RACCONTATA DA CHI IL PRONTO INTERVENTO LO VIVE IN PRIMA PERSONA Stefano Marsella, Dirigente del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Perugia ed esperto di interoperabilità nelle Sale Operative 115 dei Vigili del fuoco, ci racconta di applicazioni e progetti nati con l’obiettivo di rendere più efficaci e rapidi gli interventi di soccorso per garantire il più velocemente possibile la sicurezza dei cittadini, la messa in sicurezza degli edifici e la prevenzione dei beni culturali in situazioni di emergenza totale, come in Abruzzo durante il terremoto del 6 Aprile 2009.

Come l’interoperabilità viene in aiuto nelle situazioni di emergenza (ad esempio il terremoto dell’Aquila)? Bisogna premettere che gli interventi di soccorso sono attività svolte dai soccorritori, cioè da persone che operano su scenari reali, molto distanti dal mondo virtuale e dalla dematerializzazione. Per questo motivo, nonostante una consistente attività di ricerca svolta in diversi paesi, fino ad ora, sui mezzi di soccorso di tutto il mondo, si vede un uso limitato delle tecnologie dell'informazione. Negli ultimi anni, però, si è andata affermando la consapevolezza che scam-

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biare dati con canali più efficienti delle chiamate telefoniche o delle comunicazioni fax permette di migliorare molto la gestione delle emergenze. In altre parole, è emerso che la condivisione delle informazioni attraverso i canali telematici rende più efficiente il coordinamento delle situazioni più complesse. L’uso dell’applicativo sviluppato dai Vigili del Fuoco per la messa in sicurezza degli edifici storici danneggiati dal sisma dell’Aquila è emblematico in questo senso. In sostanza, con un servizio web, è stato possibile mettere in condivisione i progetti di puntellamento, seguire le

operazioni e coordinare l’attività di numerose squadre operanti su un territorio vasto. Per ottenere lo stesso risultato sarebbero state necessarie decine di riunioni e un numero enorme di telefonate, fax e mail. Una soluzione analoga, nello stesso anno, ha permesso di coordinare al meglio le squadre che operavano nell’antincendio boschivo in Calabria. Far conoscere contemporaneamente a più organi, ciascuno nella propria sede, l’allarme per un dato incendio ha permesso un uso molto più efficiente delle risorse usate complessivamente. Nel 2009 si


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Al momento non si tratta di particolari dispositivi, ma della modalità di codificare i messaggi. La semplicità e la flessibilità del protocollo scelto è tale da rendere difficile individuare dei limiti, dato che permette a qualsiasi utente di adeguare il profilo alle proprie necessità.

registrò un forte abbassamento dei tempi di intervento che, nel caso degli incendi boschivi, vuole dire un notevole patrimonio naturale salvato. Quali strumenti interoperabili sono a disposizione dei Vigili del fuoco? Il Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile ha realizzato a livello sperimentale alcuni applicativi, come ad esempio quelli usati durante il soccorso per il sisma dell’Aquila o nella campagna antincendio in Calabria nel 2009.Il protocollo CAP (Common Alerting Protocol), attualmente in fase di introduzione nelle sale operative dei Comando provinciali, connoterà tutti gli scambi di dati e di informazioni di emergenza tra le sale operative del Corpo. Tale impegno è realizzato nella prospettiva di aprire allo scambio dati la rete dei Comandi a tutti gli enti che operano nel soccorso. Questi dispositivi possono presentare anche dei limiti?

In cosa consiste il progetto React? React è stato un progetto cofinanziato dall’Unione Europea che aveva come scopo la verifica della possibilità di far condividere in tempo reale alle sale operative di enti diversi i dati sugli interventi di soccorso che avvengono in un dato territorio. L’applicazione di prova realizzata nella provincia di Venezia ha dato dei risultati molto promettenti, in quanto ha permesso di comprendere quanto la condivisione delle informazioni in tempo reale per via telematica possa migliorare l’attuale sistema di comunicazione solo verbale. Quali sono i programmi comunitari finalizzati all’uso di dispositivi interoperabili in casi di soccorso ed emergenza? Attualmente i Vigili del fuoco sono impegnati nel progetto Refire, che sviluppa una tecnologia a basso costo per mettere i soccorritori in condizione di conoscere i rischi ai quali sono esposti e la propria posizione negli ambienti in cui non è possibile usare la rete cellulare. I dati, ovviamente, sono codificati secondo il CAP. Un altro progetto (IDIRA), di dimensioni maggiori, riguarda la gestione delle calamità in cui intervengono molti enti, anche appartenenti a paesi diversi. In questo caso il centro del sistema è proprio il protocollo di scambio, ma attorno a esso sono previste numerose funzionalità di estremo interesse, come ad esempio la possibilità di simulare le evacuazioni di massa per prendere le decisioni in modo più consapevole. Infine,

un progetto di videosorveglianza degli incendi boschivi nelle regioni Puglia e Calabria di notevole complessità (finanziato dal fondo europeo per lo sviluppo regionale) fornirà agli enti interessati le immagini degli incendi e le simulazioni della loro possibile evoluzione attraverso i canali della rete, utilizzando il protocollo CAP. Come l’interoperabilità viene in soccorso dei Vigili del fuoco nell’attività di messa in sicurezza e conservazione del patrimonio artistico? L’esperienza dell’Aquila e dell’Emilia Romagna hanno mostrato in modo tangibile che una calamità che interessa il territorio italiano sicuramente danneggia un grande numero di edifici storici. La gestione delle attività di messa in sicurezza da mettere in atto, quindi, deve essere trattata con strumenti che garantiscano la massima efficienza, riducendo l’impegno delle risorse che non operano direttamente sul campo. In questo contesto, la possibilità di scambiare dati tra Vigili del fuoco e Sopraintendenze è vitale, soprattutto se si considera la filiera impegnata in queste operazioni. Queste partono con la ricognizione dei beni danneggiati, portano a svolgere sopralluoghi congiunti per decidere gli interventi, comportano l’organizzazione delle squadre e dei mezzi necessari, implicano l’approvvigionamento dei materiali e i controlli in corso d’opera. In questa catena, gli interventi dei Vigili del fuoco e delle Sopraintendenze avvengono in più occasioni sugli stessi edifici o in postazioni remote, moltiplicando il tempo necessario per gli spostamenti e per l’organizzazione complessiva. Permettere a queste figure di operare in modo indipendente, senza però sfavorire la condivisione delle informazioni su ciò che sta avvenendo, è il requisito fondamentale perché anche calamità di grandi proporzioni siano affrontate con risorse limitate. Sotto questo punto di vista, quindi, l’interoperabilità aiuta chi opera sul campo, senza dimenticare però la premessa, cioè che il soccorso è una questione che riguarda persone reali, che operano su dei beni con strumenti materiali. z 51


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E DISPOSITIVI RADIO INTEGRATI

SERVIZI RADIO INTEGRATI AL SERVIZIO DELLA

PUBBLICA SICUREZZA

DALLE SITUAZIONI DI EMERGENZA ALLA GESTIONE DELLO STAFF DI UNA NAVE DA CROCIERA, SCOPRIAMO CHE “INNOVAZIONE” FA RIMA CON “DIGITALIZZAZIONE” MA ANCHE CON “SICUREZZA”.

Intervista a Sirio Magliocca, Radio Channel Account Manager di Motorola Solutions Italia

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ensiamo all’attacco al cuore degli Stati Uniti del 2001; pensiamo al devastante terremoto dell’Aquila o ai numerosi incendi che ogni anno, nei mesi più caldi, affliggono le nostre regioni del Sud. Tutti momenti di crisi che hanno richiesto un altissimo coinvolgimento di tutte le forze dell’ordine disponibili sul campo e che, seppur nella diversità delle situazioni e dei contesti,

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hanno messo in evidenza un elemento comune: il notevole supporto fornito dalla tecnologia. In particolare, il supporto proveniente dai dispositivi radio integrati che hanno permesso a poliziotti e operatori della pubblica sicurezza di comunicare anche in piena crisi. Affrontiamo l’argomento assieme a Sirio Magliocca di Motorola Solutions Italia. Cosa significa offrire strumenti integrati per il settore della pubblica sicurezza? Motorola Solutions è il più grande fornitore di tecnologie delle telecomunicazioni per il settore della pubblica sicurezza, ossia per gli enti che richiedono delle comunicazioni sicure nei momenti più critici (dai terremoti agli incendi fino alle operazioni di polizia). Ad esempio: nel caso dell’attacco alle torri gemelle, i sistemi cellulari sono andati totalmente in tilt; le forze di polizia, però, sono riuscite a comunicare grazie all’impiego dei sistemi radio. Sulla base di queste considerazioni, stiamo avviando una trasformazione che

chiamiamo “digitalizzazione”: forniamo, infatti, strumenti molto più innovativi rispetto ai precedenti dispositivi analogici che permettono di poter avere più applicazioni e servizi a disposizione. Ad esempio, è possibile controllare le targhe dei veicoli, accedere a contenuti multimediali, ecc, sempre in una modalità di utilizzo sicura. Se pensiamo che una volta bisognava fare tutto manualmente, il che aumentava anche i margini di errore, possiamo affermare che i sistemi digitali facilitano molto il lavoro di chi opera nella pubblica sicurezza. Cos’è e come funziona una stazione radio base TETRA e come contribuisce a rendere le città più sicure? Il TETRA è una delle tecnologie più conosciute nel nostro campo, è uno standard europeo nato circa quindici anni fa ed è ormai utilizzato in tutto il mondo. Il TETRA, essendo uno standard, permette ai diversi costruttori di sistemi radio professionali di costruire apparecchiature compatibili tra loro.


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Questo ovviamente dà il vantaggio agli operatori della pubblica sicurezza o agli enti governativi di poter scegliere tra più fornitori. Il TETRA è un’infrastruttura composta da un sistema di più stazioni radio base dislocate sul territorio, sulla quale gli operatori della pubblica sicurezza operano tramite i loro terminali, comunicando in maniera sicura e protetta. Sicura, perché possono comunicare sempre, in qualsiasi condizione. Protetta, perché le loro comunicazioni non sono ascoltabili, dato che i dispositivi di cui si avvalgono sfruttano dei sistemi di cifratura che filtrano le informazioni che transitano. A parte TETRA, Motorola Solutions opera anche in un altro settore digitale: la tecnologia DMR (Digital Mobile Radio). A differenza del TETRA, che è fortemente orientato al settore della pubblica sicurezza, il DMR è uno standard europeo più recente, dedicato al settore dell’enterprise (nel quale rientrano i porti, gli aeroporti ma anche la Croce Ros-

sa.). Il DMR è sempre un sistema digitale nato per migrare i sistemi analogici che ci sono sul territorio e ha delle perfomance radio diverse dai TETRA. Permette infatti di avere una vasta copertura del territorio con poca capacità di traffico di comunicazione. Il TETRA, invece, consente un forte traffico di comunicazione. Faccio due esempi per chiarire la differenza tra le due tecnologie: il sistema sanitario di una regione ha diverse ambulanze che, per fortuna, non operano tutte in una volta, quindi le comunicazioni sono limitate alle vetture che operano in quel momento. Tuttavia, le ambulanze devono avere un sistema di comunicazione che gli permetta di parlare in ogni angolo della regione. Quindi il sistema radio necessita di una copertura capillare nel territorio. Il sistema dei vigili urbani di una grande città, invece, deve permettere le comunicazioni tra migliaia di vigili tutti insieme che operano, però, in un’area urbana limitata. Motorola Solutions approccia quindi sia il settore della pubblica sicurezza e sia quello delle imprese con dei dispositivi che coprono al 100% le esigenze di qualunque utenza possa esserci sul mercato italiano e internazionale. In cosa consiste l’interoperabilità di strumenti come i palmari? L’offerta dei Personal Digital Assistant (PDA), si indirizza ad enti pubblici e governativi così come alle imprese private. Stiamo cercando di indirizzare la tecnologia delle telecomunicazioni così come quella dei PDA a favore della pubblica sicurezza. Questa integrazione consentirà, ad esempio, a un poliziotto di effettuare un controllo targhe e di collegare il dispositivo PDA con il sistema di videosorveglianza dall’area urbana che gli interessa. Nel mese di maggio avete lanciato Ame 2000, uno strumento per le agenzie governative che necessitano di comunicazioni voce e dati sicure su reti wireless. Come funziona? Come abbiamo visto, ci sono categorie di persone che hanno bisogno di trasmettere informazioni attraverso sistemi di reti pubbliche 3G, 4G o wi-fi (come il

cellulare per intenderci) in modalità cifrata e protetta. Si tratta di sistemi molto complessi e sofisticati che si compongono di un’infrastruttura centrale informatica, collocata in un luogo sicuro e protetto (spesso all’interno di un’agenzia governativa) e di terminali singoli, costruiti ad hoc, in possesso degli operatori dislocati sul territorio. Quando i terminali vengono utilizzati, il loro funzionamento viene controllato dal sistema informatico che si trova all’interno dell’agenzia governativa: non si tratta solo di una cifratura della voce ma di un controllo di tutta la comunicazione (mail, sms, navigazione in rete, ecc). Questa tecnologia può essere integrata con i sistemi di comunicazione presenti sul territorio. Immagini una personalità importante che viaggia con la scorta; i membri della scorta utilizzano le radio per comunicare tra loro, il vip utilizza il cellulare che però riesce a comunicare anche con i dispositivi radio della sua scorta. A parte le aziende e il settore della pubblica sicurezza, quali altri settori necessitano o necessiterebbero di servizi e dispositivi integrati? Ci sono diverse esigenze di comunicazione. Pensiamo ad esempio agli aeroporti, piccoli o grandi che siano. Pensiamo alle industrie o alle raffinerie, che necessitano di sistemi antiesplosivi che non creino scintille. O, ancora, pensiamo ai sistemi di trasporto di materiali esplosivi o pericolosi, ai treni, alle stazioni, alle navi. Anche a bordo delle nave da crociera, infatti, i membri dello staff comunicano tramite sistemi radio. Un altro settore che mi viene in mente è quello dei grandi centri commerciali e dei megastore: il personale usa un dispositivo che legge il codice a barre dei prodotti e che permette di comunicare in fonia con i colleghi degli altri reparti. Questo per dire che sono tanti i settori, al di fuori di quello della sicurezza, che hanno necessità di comunicare. z 53


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E DESIGN

Intervista all’Architetto Luigi Bandini Buti, Past-president di Design for All Italia

INTERDISCIPLINARIETÀ E CREATIVITÀ AL SERVIZIO DELLA DIGNITÀ UMANA. QUESTO È IL PRINCIPIO CUI SI ISPIRA IL DESIGN FOR ALL, IL CUI OBIETTIVO È LA PROGETTAZIONE DI OGGETTI, SISTEMI E AMBIENTI PENSATI PER TUTTI.

IL DESIGN CHE PENSA A TUTTI

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ensare all’uomo standard è una astrazione e non è più sufficiente. Perché per progettare per tutti bisogna guardare le esigenze specifiche, le diversità. Bisogna “includere”. Proprio per questo esistono realtà come Design for All Italia, l’associazione che promuove una progettazione per l'individuo reale, inclusiva e olistica, che valorizza le specificità di ognuno, coinvolgendo la 54

diversità umana nel processo progettuale. Progettare secondo i principi del design for all significa concepire ambienti, sistemi, prodotti e servizi fruibili in modo autonomo da parte di persone con esigenze e abilità diversificate. E significa offrire soluzioni utilizzabili in modo facile, comodo e gradevole dalla maggior parte degli utenti senza dover apporta-

re modifiche in funzione delle diverse abilità fisiche, sensoriali o cognitive e senza dover rinunciare a un design accattivante. E per ottenere questo grande risultato, il progettista e l’architetto non bastano, ma sono necessari l'ergonomo, il marketing e gli esperti delle discipline relative allo specifico progetto (ad esempio il pediatra e lo psicologo infantile nel ca-


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DESIGN FOR ALL ITALIA

so di un campo giochi) nonché una coerente consultazione con i potenziali fruitori in ogni fase del processo, dalla stesura del brief alla creazione di soluzione. Un progetto di design for all, infatti, non si sviluppa dal solo rapporto tra progettisti, consulenti e committenti, ma si forma nel continuo confronto con l'utenza potenziale. Concetti espressi egregiamente dall’Architetto Bandini Buti che, dal 2006, ha fatto del design for all il suo pane quotidiano. Quali sono i principi del design for all? Il design for all per me è stata una sorta di evoluzione dell’ergonomia. Nel design for all, c’è maggiore attenzione ai bisogni degli individui. L’ergonomia si occupa di rendere gli oggetti adatti alla maggior parte delle persone, di allargare il più possibile l’utenza; il design for all, invece, dice che la statistica non conta. Non importa sapere quanti non vedenti o quanti disabili ci sono. Il design for all vuole che il progetto si occupi di tutte le persone, partendo dalla considerazione che alcune persone hanno maggiori difficoltà rispetto alle altre. Il design for all non vuole occuparsi solo di queste persone, bensì riuscire a realizzare dei progetti talmente virtuosi da permettere di operare anche a chi è affetto da una qualunque forma di deficienza.

Soprattutto, il design for all si occupa di non creare delle nicchie protesiche o ospedalizzanti per chi ha già dei problemi. Pensiamo ai bagni per gli handicappati: una vera vergogna, pieni come sono di maniglioni da ospedale! D’altra parte gli alberghi non possono offrire a tutti le camere speciali per “handicappati” perché connotate negativamente. Se invece si realizzassero dei bagni secondo i principi di design for all, potrebbero tranquillamente decidere di installarli almeno nella metà delle loro camere, offrirle a tutti e migliorare i loro affari. Quali sono le attività dell’associazione Design for All in Italia? Il design for all in Italia (ma anche in Europa) comincia a essere apprezzato, proprio perché chi progetta e produce si accorge che è bene che i prodotti abbiano un target di utenti più ampio. Si presta attenzione soprattutto nei riguardi degli anziani, che stanno diventando un mercato interessante: a loro è necessario destinare ambienti, oggetti e sistemi che però non devono sembrare “per vecchietti”, altrimenti potrebbero rifiutarli. Vi sono diversi corsi che trattano il design for all, come, ad esempio, quello di alta specializzazione in design for all che si è tenuto al Polidesign. L’associazione prevede anche tante altre attività, tra seminari, congressi, corsi.

Design for All Italia nasce nel 1994 come Istituto Italiano per il Design e la Disabilità - IIDD, Delegazione Tematica dell'ADI (www.adi-design.org). Nel 2008 si costituisce come associazione indipendente, senza scopo di lucro, sotto la denominazione Design for All Italia. DfA Italia è stata la prima National Member Organisation dell'EIDD, ovvero Design for All Europe (www.designforalleurope.org), fondata a Dublino nel 1993, con il sostegno dell'Unione Europea nel programma Horizon, al quale aderiscono attualmente associazioni e istituzioni ubicate in tutta Europa. I principali obiettivi di Design for All Italia sono: • partecipare alla definizione di strumenti idonei a una progettazione consapevole applicata a differenti ambiti disciplinari, per consentire la fruizione di ambienti, prodotti e servizi alla più ampia pluralità di soggetti, diversi fra loro per capacità percettive, motorie e cognitive; • proporsi come punto di riferimento, luogo di dibattito e incontro per promuovere iniziative e contribuire concretamente al superamento dei conflitti uomo-ambiente attraverso il progetto; • diffondere una sempre maggiore attenzione e sensibilità nei confronti della progettazione inclusiva; • far comprendere le implicazioni sociali e i benefici sulla qualità della vita di tutti ed evidenziare i vantaggi competitivi ed economici. Per un miglior conseguimento di questi obiettivi, Design for All Italia opera a contatto con enti, istituzioni e organizzazioni nazionali ed esteri che ne condividono gli interessi. Per maggiori info: http://www.dfaitalia.it

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ABC PIANO: INTEROPERABILITÀ E DESIGN PRIMO

FATTO APPOSTA: IL PROGETTO PER L’ABITARE DEL FUTURO È un progetto sviluppato da Confartigianato Vicenza, ANAP e Azienda USL 6 Vicenza, con il patrocinio di Design for All Italia, consiste nella creazione di un gruppo pilota multidisciplinare con il compito di analizzare, condividere e produrre strumenti cognitivi e progettuali per un abitare qualificante per anziani soli o in famiglia. Il Progetto ha impegnato per due anni imprese e imprenditori del sistema casa che credono nello sviluppo e nella potenzialità di questa nuova frontiera, affiancati da un pool di progettisti, fruitori e operatori socio-sanitari. A partire dal mese di ottobre 2012, un gruppo pilota ha partecipato a un percorso di diversi incontri informativi che hanno offerto una panoramica sviluppata dal punto di vista degli anziani. Nel 2013, il gruppo ha definito gli strumenti e i criteri per adeguare e progettare l'ambiente casa e la qualità dell'abitare per una longevità attiva. Risultato concreto di questo percorso sarà una guida per un corretto e pratico approccio progettuale e per interventi d'adeguamento dell'abitazione a misura di tutti. 56

Come si progetta per l’utenza ampliata? Per progettare per l’utenza ampliata, secondo i principi del design for all, bisogna progettare per tutti. Non tutti hanno questo obiettivo: come sappiamo, molti designer e architetti progettano per stupire. Questo non basta. La prima cosa da cui partire è l’indagine. Ai miei studenti dico sempre che, prima di prendere in mano la matita, bisogna farsi delle domande, farle all’utente e renderlo partecipe di ciò che vogliamo progettare. Come può un oggetto progettato “per tutti” soddisfare anche dei criteri estetici? Non solo può, ma deve farlo. Il fatto che un oggetto sia adatto a tutti non vuol dire che lo sia solo per dimensioni, peso, ecc. Un oggetto si adatta alla persona anche perché sa come penetrare nella sua sfera affettiva. Noi tutti, infatti, con un oggetto con il quale abbiamo un buon rapporto di immagine lavoriamo meglio. Attenzione: non sto parlando in termini di “bello” o “brutto”, perché questi sono concetti assolutamente soggettivi. Un prodotto può piacere o non piacere; ma il suo aspetto deve mostrare che è stato oggetto di attenzione estetica.

Cosa indicano i marchi DFA Quality e Start? Sono molto richiesti? Come si fa a stabilire se un oggetto, un sistema o un ambiente, rientra nei principi del design for all? L’autoaffermazione ci interessa poco, quindi l’associazione Design for All Italia ha deciso che è necessario poter certificare che un oggetto, un progetto, rientrino nei principi di design for all. C’è un problema: il design for all non è solo rispetto delle normative. Se una struttura possiede un ascensore regolare, che permette il trasporto di persone in sedie a rotelle, ma che è costantemente occupato dai contenitori dell’immondizia, la legge è rispettata; la dignità umana, però, no. Il design for all vuole rispettare la dignità umana. E come si misura la dignità umana? Ecco che un aiuto proviene dai nostri marchi. Quando un’azienda ce li richiede, facciamo subito un’indagine molto approfondita, che si sviluppa in tre documenti di analisi dell’oggetto e della categoria concettuale a cui appartiene. In seguito, una giuria esterna, al di fuori delle parti e autorevole (abbiamo avuto il piacere di lavorare, ad esempio, con presidenti di fondazioni, presidi di facoltà e importanti professionisti) decide se rilasciare o no il marchio. Abbiamo due marchi: Start e Quality. Mentre il primo indica che un prodotto non presenta delle palesi contraddizioni rispetto ai principi del design for all e possiede delle virtuosità, il secondo indica invece che il prodotto risponde totalmente ai nostri principi. Entrambi i marchi si stanno diffondendo. Prendiamo l’esempio di Autogrill, che ha ricevuto recentemente il marchio Quality per l’area di servizio Villoresi Est alle porte di Milano, che ha fatto di questo marchio un punto di grande forza della sua comunicazione. Secondo lei è più necessario un design for all in ambito privato (domestico) o in ambito pubblico (città, musei, edifici aperti al pubblico, ecc)? Direi che non c’è una preferenza. Semmai, assume degli aspetti diversi. A questo proposito cito il progetto Fat-


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to Apposta, un progetto molto interessante. Tutto è iniziato quando l’Asl di Vicenza ha riferito a Confartigianato Vicenza la difficoltà a tenere ricoverati tutti gli anziani non autosufficienti. È emersa quindi la necessità che potessero tornare contenti alla loro casa, resa accogliente e adatta. Confartigianato Vicenza ha così iniziato, con la nostra collaborazione, un percorso di sensibilizzazione di tutti gli attori coinvolti in questo ritorno a casa: progettisti, tecnici, imprenditori, operatori sanitari, in modo che riuscissero a lavorare insieme per rispondere al meglio alle esigenze degli anziani che dovevano tornare nelle loro case. L’esempio di Vicenza è sicuramente virtuoso. Non nascondo le difficoltà avute in aula, quando tra gli stessi banchi sedevano allievi molto diversi tra loro come, appunto, architetti, sanitari, imprenditori, idraulici, elettricisti, ecc. Interlocutori che, tuttavia, sono riusciti a instaurare tra loro dei rapporti di assoluta parità e non di subordinazione. Fatto Apposta ha sviluppato attività in ambito domestico che non è un ambito generalista ma è specifico, perché siamo di fronte a persone ed esigenze specifiche. Nell’ambito pubblico, l’approccio non è molto diverso, ma si deve riuscire a rispondere a una generalità di situazioni.

i risultati finali si condizionano già quando si prendono le prime decisioni strategiche. Queste si portano dietro tutta una serie di conseguenze in tutta la filiera del progetto, e molte volte condizionano il risultato finale, ma inconsapevolmente. È importante per il decisore avere invece questa consapevolezza. I principi, infatti, devono essere rispettati in tutta la filiera del progetto, a partire dai decisori e dai politici. Tutti devono rendersi conto che questa attenzione è una merce apprezzata, che può far bene a tutti e … anche alle loro carriere. Secondo lei, un giorno avremo oggetti che potranno usare tutti perché saranno stati progettati automaticamente per essere utilizzati sia da un utente disabile e sia da uno non disabile? Questo è già avvenuto, ad esempio nel settore dell’automobile. Prendiamo il caso della Jeep Willys, quella della seconda guerra mondiale: questo modello aveva il sedile dritto, inchiodato al pavimento, per nulla adattabile. Ma c’era una ragione: gli autisti erano soldati e venivano scelti con determinate caratteristiche fisiche. Successivamen-

te, però, il settore dell’auto ha fatto degli enormi progressi: le vetture, adesso, sono progettate per adattarsi a tutti. Possono essere adatte alle famiglie, o alle guide veloci, o alla città, o alla campagna. Questo va nella direzione di realizzare un oggetto che non risponda a esigenze astratte ma a bisogni reali. C’è da aggiungere che la capacità del progettista deve essere predittiva: non basta sapere di cosa c’è bisogno oggi ma di cosa ci sarà bisogno quando l’oggetto entrerà nel mercato. Posso fare un altro esempio: l’affettaformaggi. Sembra che nel Nord Europa il formaggio sia prodotto come un blocco squadrato. Per affettarlo in sottilette si usavano degli attrezzi il cui funzionamento implicava una scorretta posizione del polso. Un gruppo di lavoro svedese ha studiato un modello di affetta-formaggi adatto a chi ha problemi di mobilità della mano. Adesso, nel mercato, c’è solo questo modello. Questo esempio fa capire come l’aver studiato un prodotto per una nicchia della popolazione ha portato alla realizzazione di un prodotto innovativo, comodo e utilizzato da tutti. z

Quanto è forte, nel nostro paese, la sensibilità nei confronti di una progettazione per tutti? Non solo è forte ma è obbligatoria. Ci sono le apposite leggi sull’accessibilità che devono assolutamente essere rispettate. Ma questo non basta. Ricordiamo, infatti, che il nostro obiettivo è rispettare la dignità umana. Per fare design for all non bisogna parlare solo ai progettisti o ai designer, ma vanno coinvolti tutti gli attori della filiera che porterà alla realizzazione del prodotto, per primi i decisori. Quali sono gli obiettivi di Design for All Italia per il futuro? Uno è quello di fare in modo che design for all diventi una disciplina del progetto diffusa a tutti i livelli. Bisogna dire che 57


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ ATTRAVERSO I SIMBOLI

QUANDO IL MONDO

DIALOGA

PER SIMBOLI DAI SIMBOLI STANDARDIZZATI ISO FINO AL NOUN PROJECT, PASSANDO, ANCORA PRIMA, DAL BLISSYMBOL: ECCO ALCUNI ESEMPI DI COME È POSSIBILE DIALOGARE IN OGNI LINGUA GRAZIE A DEI PITTOGRAMMI.

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e silhouette maschili o femminili sulle porte dei bagni; i segni che stanno a indicare la presenza di bar, scale, ascensori; i segnali di pericolo, di divieto, di attenzione: tutti pittogrammi riconosciuti universalmente, standardizzati addirittura da una norma, la ISO 7001. Simboli che, indubbiamente, spesso rappresentano una bella salvezza per chi con le lingue non ci sa proprio fare. Ma ancora prima delle ISO (che coprono un’ottantina di simboli) c’è stato chi, una vera e propria lingua universale dei segni, ha provato a costruirla. Non parliamo di segni simbolici rappresentativi di un fonema o collegati alla lingua parlata, e dunque a un suono, come possono essere gli ideogrammi giapponesi e i logogrammi cinesi. Il riferimento è invece a progetti come quello avviato da Charles Bliss (1897-1985) che, dopo la seconda guerra mondiale, provò a creare una lingua internazionale, semplice da imparare e che facilitasse la comunicazione tra persone che non parlassero la stessa lingua. L’autore, ispirandosi ai caratteri cinesi, propose un linguaggio composto da un determinato numero di simboli base, ciascuno rappresentativo di un concetto che di volta in volta poteva essere combinato con altri simboli, al fine di illustrare in forma grafica nuovi concetti. Un esempio di frase in Blissymbolics:

Io voglio andare al cinema.

Ancora più semplice, e legato alle esigenze dei giorni nostri, è invece il progetto Noun, avviato nel 2010 da Edward Boatman, Sofya Polyakov e Scott Thomas. In concreto si tratta di una sorta di vocabolario visivo universale, da implementare e condividere grazie al web. L’idea venne a Edward mentre lavorava in uno studio di architettura: accorgendosi che mancavano degli strumenti in grado di trovare simboli comprensibili a tutti e di buona qualità, da utilizzare nelle presentazioni ai clienti, decise di iniziare a provvedervi lui stesso. Da quel momento, con l’obiettivo di creare, condividere e celebrare il linguaggio visivo del mondo, il team di Noun iniziò a costruire un vero e proprio linguaggio universale. “La comunicazione con i simboli è incredibilmente potente” ha commentato Sophia Polyakov. “I simboli permettono alle persone di comunicare in modo rapido, efficace e intuitivo. Possono superare le barriere culturali e linguistiche e fornire informazioni concise senza sforzo e istantaneamente”. E una conferma, in fondo, ci arriva anche dalla rapida diffusione degli “emoticon”, i simbolini con le faccine, utilizzati in tutti i Paese e da tutte le età, all’interno di SMS e messaggi mail. O, ancora, la grande svolta introdotta da Steve Jobs nei prodotti targati Apple, dove l’abbondante uso di icone e di interfaccia semplificati da pittogrammi, fece la grande differenza rispetto a tutti i suoi competitors. Con oltre 250 volontari prove-

nienti da 45 paesi che stanno traducendo il sito in 24 lingue, il Noun Project vanta oggi più di 10.000 simboli forniti anche dall’American Institute of Graphic Arts, il National Park Service, la Hablamos Juntos suite, da numerosi creativi ma anche da professionisti dell’educazione e terapisti che si occupano ad esempio di autismo. Ma, su quali criteri vertono le icone selezionate per definire una determinata parola? “Proprio come in una lingua parlata” dice la Polyakov “ci possono essere molte interpretazioni di un qualsiasi oggetto o idea. Una delle cose più affascinanti del linguaggio visivo è infatti vedere le diverse interpretazioni della stessa idea nelle varie parti del mondo. Ad esempio, l’idea di ‘comunità’ può significare tante cose differenti a seconda di dove si vive. E può essere rappresentata da un gruppo di persone così come un gruppo di capanne. La perifrasi con il maggior numero di interpretazioni in questo momento è ‘andare in bicicletta’, che può essere comunicata in ben 50 modi diversi”. Con i pittogrammi del Noun Project, è possibile parlare di tutto: dal caffè, allo yoga, dal kiwi alla doccia, passando anche per il ‘Gangnam style’ creato da Arjun Mahanti, fino al bel simbolo ideato da Louis Prado per rappresentare il riscaldamento della terra. z

I simboli delle etichette energetiche Un linguaggio universale è stato deciso che venisse adottato anche dalle etichette energetiche utilizzate sui principali elettrodomestici. In una prima versione le etichette riportavano infatti le informazioni, diversificando le lingue a seconda dei paesi di destinazione. Poi, dal 2010, a seguito della pubblicazione della Direttiva quadro 2010/30/UE sull’etichetta energetica, la grande svolta: niente più parole ma simboli. E così sulle lavatrici un rubinetto indica il consumo annuale di acqua, una maglietta la capacità di carico, una maglietta ritorta la classe di efficienza energetica in fase di centrifuga, un megafono le emissioni rumorose; sull’asciugatrice un timer indica la durata del ciclo; sul frigorifero un cartone di latte la capienza del frigorifero; sulle lavastoviglie, una tavola apparecchiata il numero di coperti, un piatto fumante l’efficacia di asciugatura; sulle lampadine, così come su tutte le altre etichette, una scala cromatica dal rosso al verde indica la classe di efficienza energetica. 59


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ TRA RICERCA, IMPRESA E ALTE TECNOLOGIE

AREA SCIENCE PARK:

DOVE L’INTEROPERABILITÀ TRA RICERCA, IMPRESA E ALTE TECNOLOGIE SI CONVERTE IN UNA GRANDE RISORSA PER LA CRESCITA ECONOMICA E OCCUPAZIONALE.

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SPESSO AVERE UNA BUONA IDEA NON BASTA. SERVONO CONOSCENZE E TECNOLOGIE PER TRASFORMARLA IN UN PRODOTTO DI SUCCESSO.

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l core business di AREA Science Park, uno dei principali parchi scientifici e tecnologici multisettoriali a livello internazionale, è quello di fornire alle imprese quel gap di innovazione di cui hanno bisogno. Dall’insediamento dei suoi primi laboratori sul Carso triestino nel 1982, il consorzio ha ampliato i suoi orizzonti, i suoi campi d’azione. Ora le sedi sono due: Trieste e Gorizia, dove lavorano una novantina di realtà, tra centri, società e istituti di ricerca d’eccellenza, con oltre 2.400 addetti impegnati in attività di ricerca e sviluppo, formazione e servizi qualificati. Le attività coprono diverse tecnologie e settori: energia, ambiente, scienze della vita, alimentazione, informatica, elettronica, telecomunicazioni, fisica dei materiali, astrofisica, nanotecnologie. 61


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ TRA RICERCA, IMPRESA E ALTE TECNOLOGIE

La strategia è quella di integrare i servizi a sostegno della competitività delle imprese con la creazione di spin-off, la valorizzazione della ricerca, la formazione avanzata, adottando modalità operative originali e un approccio nuovo e moderno. In oltre 30 anni il consorzio ha sperimentato un percorso di supporto alla valorizzazione della ricerca e alla sperimentazione di azioni per trasformare le idee in progetti e ha ottenuto riconoscimenti a livello nazionale, dall'Unione Europea come best practice a livello internazionale. Un esempio è il progetto Sister, dedicato a valorizzare sul mercato le competenze di un sistema-ricerca regionale, e Innovation Network, la prima rete italiana per il trasferimento tecnologico che poggia su una serie di centri di competenza specializzati. Le modalità di organizzazione del trasferimento tecnoloteresse trasversale - quali l’energia, l’efgico sperimentate sono state caratterizficienza produttiva, i nuovi materiali - o zate dalla collaborazione e dalla creaspecializzati su settori che zione di sinergie con gli enti coinrappresentano le vovolti ottenendo significativi cazioni produttive riscontri in termini di auLa strategia è quella del Friuli Venezia mento di sensibilità e di integrare i servizi a sostegno Giulia: il legnoconsapevolezza sui tedella competitività delle imprese arredo, l’agromi del trasferimento con la creazione di spin-off, industria, la tecnologico, facendo cantieristica e emergere una dola valorizzazione della ricerca, la nautica. manda crescente di la formazione avanzata, Ogni nodo servizi per la valorizadottando modalità operative della rete fornizazione economica originali e un approccio sce alle imprese dei risultati della ricerca. nuovo e moderno. cui si rivolge conoNell’arco di otto anni il scenze e competenze progetto Sister ha contattato specifiche attraverso ser336 ricercatori, compiuto 684 invizi indispensabili per sviluppare terventi di valorizzazione, perfezionato innovazioni di prodotto, di processo e 79 domande di brevetto tra nazionali e gestionali. Le attività di trasferimento internazionali e supportato la nascita di tecnologico di Science Park hanno coin23 spin-off. volto 3546 imprese - di medie e piccole Innovation Network poggia su sei centri dimensioni - realizzando 2363 intervendi competenza attivi su tematiche d’in62

ti di innovazione e portando al deposito di 121 brevetti. Nel parco, scienziati e imprenditori lavorano fianco a fianco, cercando sinergie che si traducono in soluzioni e prodotti che entrano nella vita quotidiana e le imprese lavorano accanto ai centri di ricerca, con maggiori chance di valorizzare idee e creatività e finalizzare progetti di sviluppo che ne rafforzano la competitività. Sono così nate e cresciute realtà di successo come ESTECO, diventata con modeFRONTIER uno dei leader mondiali nei software di simulazione per la progettazione industriale, o TBS Group, multinazionale di servizi integrati di ingegneria clinica, e-Health ed eGovernment per il settore sanitario, attiva in sedici Paesi. Dalle competenze di imprese e laboratori residenti in AREA o da quelle trasferite a PMI del territorio nascono prodotti e tecnologie come lo stirrer (ri-


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L’INCUBATORE DI PRIMO MIGLIO mescolatore) elettromagnetico per produrre acciaio di alta qualità, alimenti gluten free di nuova formulazione per l’intolleranza alimentare, il marchio invisibile anticontraffazione realizzato con luce di sincrotrone, la pompa di calore di nuova concezione in grado di sostituire la tradizionali caldaie dei condomini, innovative forbici professionali ergonomiche per parrucchieri, la carta di credito a prova di frode (alcuni progetti sono descritti nelle case history riportate nelle pagine che seguono). L’attività nel parco scientifico è in continua crescita e ogni anno nascono nuove imprese. È il caso di modeFinance, startup specializzata nell'emissione di rating per l'analisi, la valutazione economico-finanziaria e la gestione del rischio di credito delle società di capitale, oppure di Athonet, specializzata nello sviluppo di sistemi avanzati per telecomunicazioni mobili. z

AREA ha un programma specifico per l’avvio di startup, Innovation Factory (IF), incubatore “di primo miglio” che accoglie gruppi di sviluppo provenienti dalla ricerca o dall’industria interessati a realizzare innovativi progetti d’impresa. IF è la naturale prosecuzione delle numerose esperienze maturate nell’assistenza alla creazione di imprese innovative nel parco scientifico ed è tra gli incubatori certificati dal Ministero per lo Sviluppo Economico. Va a coprire il tratto iniziale del percorso che conduce a una start-up, nel quale spesso buone idee si arenano semplicemente perché un’applicazione promettente, frutto di ricerche, non riesce a trovare quel minimo di fondi necessari a compiere un’analisi approfondita dello scenario tecnologico, del mercato potenziale, delle possibilità di successo. Oltre 220 sono state le idee imprenditoriali fino ad oggi valutate con 27 progetti che hanno iniziato la pre-incubazione, 7 sono le start-up finora avviate, 15 i gruppi di sviluppo ancora in pre-incubazione, 5 quelli bloccati. “I ricercatori, o più in generale gli ‘inventori’, che si rivolgono a Innovation Factory - spiega il direttore di

IF Fabrizio Rovatti - vogliono creare un’impresa innovativa che vada a commercializzare prodotti o servizi basati sui risultati delle loro ricerche scientifiche, rispondendo in primis a una loro intuizione e a una loro aspirazione profonda: il loro sogno imprenditoriale. La passione che guida il futuro imprenditore è sicuramente un elemento fondamentale, ma per creare un’impresa di successo è necessario coniugare questa spinta istintiva con attività di sviluppo strutturate sia dal punto di vista tecnico che di mercato. La stesura del Business Plan, non sulla carta ma validato sul campo e reale guida su cui basare lo sviluppo della futura impresa, è vista quindi come fase finale di un percorso che consente al proponente di verificare la fattibilità della propria idea, di formalizzare in uno schema economico-finanziario tutte le informazioni raccolte durante il percorso, di definire la strategia d’impresa e i dettagli del business model”. Questa dunque è Area: un luogo dove nascono le idee, dove i risultati della ricerca possono trovare applicazione, in cui tecnologie e conoscenza contribuiscono alla creazione di imprese innovative. 63


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ TRA RICERCA, IMPRESA E ALTE TECNOLOGIE

ALCUNE CASE HISTORY PROGETTO NGSHIP

GRUPPO DI RICERCA COORDINATO DA WÄRTSILÄ ITALIA (CAPOFILA) E COMPOSTO DA L’UNIVERSITÀ DI TRIESTE E DI UDINE, AREA SCIENCE PARK, RINA SERVICES, CENERGY, NAVALPROGETTI ED ENERGY AUTOMATION. Il progetto NGShiP ha portato alla realizzazione del primo studio di fattibilità e di convenienza economica di un impianto a gas naturale liquefatto (GNL) per una nave da carico di medie dimensioni a lungo raggio. Grazie all’utilizzo del GNL e ad alcune soluzioni impiantistiche innovative che migliorano notevolmente l’efficienza energetica, NGShiP consente di ridurre i costi di gestione della nave fino al 40% rispetto all’utilizzo di combustibili a basso contenuto di zolfo. Le innovazioni introdotte dal progetto prevedono l’installazione di un serbatoio atmosferico indipendente in grado di consentire lo stoccaggio di grandi quantitativi di GNL, l’assenza di compressori criogenici che comporterebbero un aggravio dei costi e, in particolare, il completo utilizzo del BOG (Boil Off Gas, il metano in forma gassosa naturalmente prodotto dallo stoccaggio di GNL) per la produzione di energia elettrica mediante l’installazione di celle a combustibile. Quest’ultima soluzione consente di sopperire ai fabbisogni energetici della nave nelle condizioni di navigazione e di permanenza in porto/rada, senza la necessità dell’utilizzo di generatori, riducendo ulteriormente le emissioni inquinanti. NGShiP ha dimostrato che usare GNL anche in zone extra ECA è generalmente conveniente, in particolare per le navi di medie dimensioni destinate al trasporto di prodotti chimici allo stato liquido. Durante il ciclo di vita di una nave a GNL, calcolato in 20 anni, il risparmio sulla gestione può arrivare a 70 milioni di euro.

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PROGETTO BILISTICK

IL PROGETTO ITALIANO VINCITORE NEGLI USA DEL SAVING LIFE AT BIRTH. Progetto nato all’interno dell'incubatore d'impresa dell'AREA Science Park di Trieste, Innovation Factory. Si tratta di un dispositivo diagnostico a basso costo che misura la concentrazione di bilirubina nel sangue intero dei neonati. Il nuovo sistema diagnostico rapido di primo livello si presta particolarmente a essere utilizzato in progetti di screening nei Paesi in via di sviluppo o in zone isolate dell'emisfero settentrionale, dove il monitoraggio nei primi giorni postparto si rivela necessario per le popolazioni non caucasiche, il cui colore della pelle non consente di individuare la comparsa dell'ittero dovuto a livelli abnormi di bilirubina libera. In molti casi l'ittero regredisce spontaneamente. A volte, però, è di particolare intensità e richiede un pronto intervento, poiché la bilirubina può danneggiare il sistema nervoso del neonato. Grazie alla semplicità del metodo, alle dimensioni ridotte del sistema e all'alimentazione a batterie del lettore, l'impiego di Bilistick non necessita della disponibilità di personale professionale e/o di spazi attrezzati per l'analisi, rendendo la diagnosi e il monitoraggio dell'ittero neonatale una pratica possibile da effettuare anche al di fuori delle strutture ospedaliere, ad esempio negli studi medici esterni/convenzionati o nei consultori familiari. Il progetto Bilistick è stato selezionato agli inizi di agosto negli Stati Uniti tra una rosa di 400 progetti, ottenendo il Saving Life at Birth.

PROGETTO INVISIBLE

“INVISIBLE”, IL MARCHIO INVISIBILE E A PROVA DI CONTRAFFAZIONE. TECNOLOGIA ANTIFALSIFICAZIONE MESSA A PUNTO DA ELETTRA SINCROTRONE TRIESTE E AREA SCIENCE PARK. Una tecnica che consente di marcare le opere d’arte con un marchio "invisibile" a occhio nudo e in grado di non intaccarne in nessun modo la superficie. Il segno di riconoscimento diventa leggibile solo se illuminato da un fascio di luce caratterizzato dalla corretta lunghezza d'onda. Un metodo non invasivo, completamente invisibile, valido sistema anticontraffazione anche perché permette di identificare, senza margini di incertezza, le opere da eventuali copie false. La tecnica deriva da un fenomeno già molto conosciuto negli anni '50: la creazione di centri di colore in cristalli alogenuro-alcalini utilizzando radiazioni ionizzanti. L'ingrediente fondamentale utilizzato dai ricercatori di Sincrotrone Trieste per la produzione dei marchi è il fluoruro di litio, che una volta attivato dalla radiazione di sincrotrone diventa un pigmento invisibile da trasformare in un marchio o in un codice. Una scritta che non danneggia in alcun modo la superficie sottostante e che può essere rimossa senza problemi, ma solo da chi l'ha precedentemente posizionata.

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ NELLA VITA QUOTIDIANA

L'ACQUA POTABILE:

VIAGGIO DALLE FALDE AL RUBINETTO ATTRAVERSO L’INTERAZIONE FRA SISTEMI DIFFERENTI.

U

tile et humile et pretiosa et casta, l’acqua, creatura celebrata da san Francesco, è risorsa essenziale e insostituibile, primaria e sacrale fonte di vita. Eppure è al tempo stesso elemento straordinariamente comune, che entra con quotidiana banalità nelle case e scorre a servizio delle più svariate esigenze. Aprire il rubinetto è un gesto semplice, fin troppo scontato, possibile grazie a sofisticati sistemi di approvvigionamento e opere idrauliche differenti e differenziate. Studiare attraverso quali impianti ingegneristici l’uomo si rifornisce d’acqua equivale a studiare la storia e l’evoluzione della cultura occidentale. Già le antiche civiltà mesopotamiche sfruttavano infatti le acque del Tigri e dell’Eufrate e le convogliavano verso i centri abitati attraverso acquedotti a condotte coperte. Nella Grecia antica Erodoto descrive dettagliatamente l’acquedotto di Samo, opera realizzata nel V secolo a. C. dall’architetto Eupalino, lungo sette stadi, 66

gi quelle di presa, o prelievo, necessarie con canale scavato nella roccia e conper captare l’acqua nel luogo dove è diduttura di terracotta. Ad Atene si captasponibile in natura, di trasporto e stocvano acque dall’Imetto, dal Pentelico, caggio della risorsa e poi della distribudal Parnete e dal Licabetto. Cunicoli nelzione sul territorio. Oggi sono certamenla roccia, pozzi di aerazione, gallerie di te sistemi più complessi ed estesi anche servizio caratterizzano i vari acquedotti a perché condizionati dalla significativa Siracusa. L’ingegno idraulico esplode a variabilità del consuRoma, con sistemi il cui mo degli utenti e, al livello qualitativo e Aprire il rubinetto tempo stesso, anche tecnologico non coè un gesto semplice, delle fonti di approvnoscerà eguali per i fin troppo scontato, possibile vigionamento. La mille anni successivi grazie a sofisticati sistemi captazione è tecnica alla caduta dell’Imdi approvvigionamento che varia a seconda pero. Gli undici ace opere idrauliche differenti della provenienza quedotti che servivadelle acque: sorgenno Roma caput e differenziate. te, falda freatica o mundi le assicuravaartesiana, o acque suno oltre un milione di perficiali. La presa dai laghi viene effetmetri cubi d’acqua al giorno. Già allora erano ben definitivi i quattro stadi del tuata in profondità, ma a sufficiente distanza dal fondo per evitare la rimozione processo idrico: prelievo, trasporto, imdel limo. Per i fiumi si realizzano opere in magazzinamento e distribuzione delle muratura, le chiaviche in sponda, qualoacque. Le principali opere per la costrura il livello si mantenga sempre abbazione del sistema sono infatti ancora og-


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stanza elevato, altrimenti si provvede con traverse che lo rialzano, o si ricorre a gallerie filtranti scavate sotto il letto del fiume. La captazione delle acque sorgive richiede un accurato studio idrogeologico dell’origine della sorgente e dei terreni attraverso i quali sgorga. Occorrono opere notevolmente diverse a seconda che si tratti di raccogliere le acque di una o più vene vicine sgorganti direttamente dalla roccia, oppure di scaturigini distribuite su di un vasto tratto, o ancora che si debbano captare acque scorrenti in un ammasso detritico. La presa di acque sotterranee da falde freatiche o artesiane è fatta invece generalmente con l’ausilio di pozzi, autoaffondanti o trivellati a seconda della profondità, e pompe per il sollevamento. Infine, nelle località in cui non è disponibile alcuna altra sorgente di approvvigionamento, si capta l’acqua piovana defluente dalle coperture degli edifici ovvero raccolta in aie con pavimento impermeabile, e la si convoglia in

serbatoi, generalmente sotterranei o cisterne. Negli ultimi anni si è diffusa l’adozione di dispositivi idraulici dotati di sistemi di controllo telematico che offrono la possibilità di scaricare l’acqua sospetta d’inquinamento prima dell’immissione negli acquedotti, rischio cui sono soggetti, per esempio, gli impianti che si servono delle acque intercettate nelle gallerie stradali. Una volta “prelevata” l’acqua corre lungo un sistema di condotte adduttrici e immagazzinata nei serbatoi di raccolta. Il sistema di condotte si differenzia a seconda se queste ultime sono a caduta o prementi: nel primo caso il moto dell’acqua viene azionato dalla differenza di quota, e dunque di energia potenziale, fra il punto di partenza (l’opera di captazione) e quello di arrivo (il serbatoio di accumulo); nel secondo, l’acqua viene “spinta” per mezzo di un sistema di pompaggio adeguatamente dimensionato. Posizionate a valle delle adduttrici, le re67


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ NELLA VITA QUOTIDIANA

ti di distribuzione rappresentano l’infrastruttura attraverso la quale avviene la consegna della risorsa idrica alle utenze, per mezzo di una fitta rete di condotte di diametro gradualmente decrescente fino all’allaccio finale. È nella rete di distribuzione più che in quella di adduzione che si verifica il problema delle eccessive perdite a causa del gran numero delle giunzioni, che aumentano il rischio di rotture e perdite, comportando interruzioni del servizio, sprechi d’acqua e pericoli di natura igienica. Chiudono il complesso sistema di approvvigionamento gli impianti di disinfezione e potabilizzazione perché a seconda degli usi cui sono destinate, le acque devono rispondere a degli standard di qualità fissati a norma di legge. I processi di potabilizzazione si distinguono in base alla qualità della fonte originaria e in ogni caso sono finalizzati all’ottenimento di risorsa idropotabile. In particolare, i sistemi di disinfezione consentono l’eliminazione dei microrganismi per mezzo di clorazione, ozonizzazione o irraggiamento con raggi UV. Gli impianti di trattamento delle acque vengono generalmente posizionati in corrispondenza delle opere di captazione o dei serbatoi oppure direttamente lungo le tubazioni. Qui ogni giorno le acque in ingresso e

in uscita vengono controllate attraverso sistema di sonde online che ne verificano la conformità di legge. I dati sono trasmessi e quindi monitorati anche dai locali presidi sanitari.

IL LUNGO VIAGGIO DELL’ACQUA DI TRIESTE

Sette anni. Tanto può durare il processo di filtrazione naturale delle acque che si raccolgono nel bacino idrico del Basso Isontino, in Friuli Venezia Giulia, dopo aver attraversato vari strati di terreno. Il tempo impiegato è direttamente proporzionale alla profondità raggiunta dall’acqua, che riemerge pura e ricca di sali minerali è già praticamente potabile. Un sistema di pompaggio, strutturato in una dozzina di impianti, preleva ogni ora dai 5.000 ai 7.500 metri cubi d’acqua che sono convogliati sotto pressione nella torre piezometrica situata nelle immediate vicinanze che ha il compito di compensare e regolare il livello dell’acqua nelle condotte. Dalla piana isontina, attraverso due condotte in acciaio, il liquido raggiunge la vasca di oscillazione un grande serbatoio situato sulla collina della Rocca di Monfalcone. Sfruttando la naturale pendenza del terreno, l’acqua defluisce fino allo stabilimento Randaccio di San Gio-

Ciclo dell’acqua L’irraggiamento solare provoca l’evaporazione dell’acqua nell’aria da fiumi, laghi e oceani. Questo vapore acqueo, innalzandosi, si raffredda e condensa formando goccioline d’acqua raccolte in nuvole. Quando le gocce sono abbastanza grosse, cadono sulla terra sotto forma di pioggia. In parte quest’acqua evapora e ritorna nell’aria, in parte viene utilizzata dalle piante; ma la quantità più cospicua filtra attraverso il terreno, o si riversa nei fiumi sfociando infine nel mare. L’intero ciclo ricomincia quindi da capo. Questo movimento continuo di acqua dalla superficie della terra alle nuvole e quindi di nuovo alla terra sotto forma di pioggia è chiamato ciclo dell’acqua. Ma non tutta l’acqua torna nel mare. Se, infatti, il terreno non è impermeabile, essa penetra nel sottosuolo finché non trova uno strato impermeabile dove si accumula e forma una falda acquifera. L’acqua che giunge nella falda sotterranea è pulita perché il terreno che l’ha lasciata passare trattiene come un filtro tutte le sostanze estranee. 68


IMQ NOTIZIE n. 99

vanni di Duino. In questo impianto le risorse idriche sono convogliate in alcune imponenti vasche, dotate sul fondo di filtri sabbiosi che trattengono qualsiasi impurità naturale. Dopo la clorazione, l’acqua giunge alla sala pompe ed è immessa sotto pressione nella rete distributiva che serve la città di Trieste e la sua provincia.

L’ACQUEDOTTO PUGLIESE, UN’OPERA IMPONENTE DI INGEGNERIA IDRAULICA

L’Acquedotto Pugliese - con reti idriche per oltre 22.500 chilometri (trenta volte la lunghezza del Po), poco più di 11mila chilometri di reti fognarie e 187 depuratori - è fra le più imponenti opere d’ingegneria idraulica mai realizzate al mondo. Garantisce il ciclo idrico integrato in tutte le sue fasi: dalla captazione, potabilizzazione e distribuzione di acqua potabile, ai servizi di fognatura e depurazione delle acque reflue, per la Puglia e per alcuni Comuni della Campania. Il sistema idrico potabile si compone di cinque schemi idrici interconnessi che ne fanno un unicum a livello nazionale. L’interconnessione, infatti, permette il trasferimento dell’acqua da uno schema all’altro secondo le necessità, garantendo elevati standard qualitativi delle acque distribuite e di continuità nella fornitura del servizio. Cinque sono poi gli impianti di potabilizzazione Crisi o non crisi noi italiani, su certi acquisti, non ba- (Fortore, Sinni, Pertusillo, Locone e Condiamo a spese. Come per l’acqua: liscia o gassata, la za) per la trasformazione dell’acqua proveniente dai bacini artificiali. Una vogliamo ‘firmata’; ben l’87 per cento degli italiani preferisce comperarla. Siamo i più grandi consuma- volta potabilizzata e immessa nella rete tori di acqua in bottiglia al mondo. In media be- di distribuzione, l’acqua viene controllaviamo più di mezzo litro di acqua minerale a testa ta nei 6 laboratori dislocati sul territorio per 365 giorni l’anno: 194 litri ciascuno. Rispetto a (Bari, Taranto, Brindisi, Lecce, Foggia e Vieste). I parametri chimici e microbio20 anni fa questo dato è triplicato. logici monitorati sono oltre 390 mila l’anno. Alcuni principali indicatori di potabilità sono controllati Alcuni principali in tempo reale attraverso un siindicatori di potabilità stema di telecontrollo. La purezsono controllati za dell’acqua è inoltre garantita in tempo reale attraverso da ulteriori stazioni di disinfezioun sistema di telecontrollo. ne complementari posizionate sui principali nodi della rete. z

Acqua del rubinetto o acqua firmata?

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PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E PERSONE

CROWDSOURCING E CROWDFUNDING: DALL’IDEA ALLA REALTÀ

ATTRAVERSO LA RETE

ANCHE IN ITALIA SI STA DIFFONDENDO LA CULTURA E LA PRATICA DEL CROWDFUNDING E DEL CROWDSOURCING, MODELLI CHE NEL MONDO STANNO REALIZZANDO NUMERI, CRESCITE E PERCENTUALI DA CAPOGIRO GRAZIE ALLA RETE.

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miliardi di dollari. Non si tratta del fatturato di una grande azienda, bensì il valore atteso per la fine del 2013 dei finanziamenti attirati dal crowdfunding (ndr: finanziamento collettivo) su scala globale. Sarà perché fa risparmiare, sarà perché dà all’azienda un’aura di marchio innovativo, il percorso verso il consolidamento del crowdfunding e crowdsourcing (ndr: parola inglese formata

da crowd - folla - e outsourcing - esternalizzazione di parte delle proprie attività lavorative - indica un modello economico basato sulla condivisione di conoscenze su larga scala per l’ideazione e la realizzazione di progetti lavorativi facendo ampio uso degli strumenti che Internet mette a disposizione) è tracciato

anche in Italia. Il nostro è stato il primo Paese europeo ad aver regolamentato il fenomeno nel proprio ordinamento giuridico e le piattaforme attive made in Italy si sono più che raddoppiate nell’ultimo anno. La rete ha permesso di valorizzare come non mai le

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competenze diffuse in piccole e grandi community di professionisti e attivisti. Questo fenomeno è nato grazie all’interoperabilità spontanea di una moltitudine di persone le quali hanno contribuito volontariamente allo sviluppo di tecnologie open source attraverso la cooperazione e lo scambio di informazioni, dando origine in poco tempo a una moltitudine di piattaforme online pensate in maniera specifica per far lavorare assieme gruppi di persone su problematiche a volte molto specifiche in maniera affidabile. Maria Grazia Andali e Alessio Barollo presentano il fenomeno da due punti di vista diversi. La prima, a livello di crowdsourcing partecipato che contribuisce alla realizzazione di arredi di design interamente made in Italy; il secondo, a livello di civic crowdfunding, fenomeno in grado di coinvolgere tutti nello sviluppo di una città.


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Intervista a Maria Grazia Andali, co-founder di Formabilio, startup di design partecipato made in Italy

Cos’è il crowdsourcing? Il crowdsourcing è il punto di partenza del nostro progetto. L’intelligenza collettiva che supera quella del singolo. È sinergia, è l’unione di più competenze, di idee che si incontrano - grazie alle nuove tecnologie - si compenetrano, si completano e soddisfano bisogni più grandi di quanto avrebbero potuto fare singolarmente. Il nostro obiettivo è produrre design made in Italy in modo partecipato, democratico ed ecosostenibile facendolo entrare nelle case di tutto il mondo. Formabilio è crowdsourcing perché si rivolge alla collettività dei designer attraverso i contest, la collettività di appassionati valuta i progetti inviati dai designer, li commenta, dà suggerimenti, li giudica, sceglie i migliori. Solo quelli più innovativi, ecosostenibili, intelligenti e appealing, diventano prodotti Formabilio.

Con Formabilio, il linguaggio del design viene “trasferito” su una piattaforma digitale. Quali sono i pro e i contro? Nella nostra visione il web ci dà la possibilità di rendere democratico e partecipato il processo di creazione di un arredo di design. Questo aspetto è evidentemente apprezzato dagli utenti: in poco più di 10 mesi abbiamo, infatti, oltre 74mila persone registrate che votano e commentano i progetti in gara aiutandoci a scegliere cosa mettere in produzione. Un aspetto più critico - soprattutto in Italia dove l’e-commerce non è ancora molto utilizzato - è quello legato alla mancanza dell’esperienza fisica dell’acquisto online, alla quale proviamo a rispondere con lo storytelling, raccontando bene il prodotto, la storia delle aziende che lo producono e dei designer che lo hanno pensato. Formabilio riunisce diversi interlocutori: il mondo della rete, i designer, le aziende, i clienti. Come commenta questa convergenza? Crediamo che questa interazione sia alla base dell’apprezzamento che ci stanno dimostrando tutti gli attori coinvolti nel nostro processo. Stiamo provando, puntando proprio su questa convergenza a innovare a monte e a valle la filiera produttiva dell’arredo. A monte, attraverso la logica dei concorsi e del crowdsourcing, accediamo al miglior know-how di ricerca e innovazione nell’arredo rappresentato dal capitale umano dei designer; inoltre, l’interazione con i potenziali clienti consente di testare i prodotti proposti e di accordarli ai gusti e tendenze dei consumatori. A valle, il web e il social commerce ci danno la possibilità di abbattere le barriere all’ingresso di mercati nuovi e internazionali. 71


PRIMO PIANO: INTEROPERABILITÀ E PERSONE

Cos’è Formabilio Nata con l’ambizione di fare del design partecipato e made in Italy un brand da esportare nel mondo, Formabilio è una piattaforma che promuove attraverso il web concorsi destinati a designer e aspiranti tali, chiamati a progettare complementi d’arredo che saranno realizzati da piccole imprese manifatturiere italiane e commercializzati online sulla piattaforma formabilio.com. Formabilio si rivolge ai designer attraverso concorsi per identificare i migliori progetti di arredo innovativo, sostenibile e appealing, da sottoporre alla valutazione e commenti di una community di appassionati di design per identificare quelli che meglio si prestano ad essere realizzati. Basata sul concetto di crowdsourcing, Formabilio condivide i risultati (anche economici) della propria impresa con tutte le persone coinvolte nel progetto: dal designer alle aziende produttrici. La community di Formabilio è oggi composta da 74.260 iscritti, di cui 1.500 designer per un totale di circa 2.977 progetti presentati.

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IMQ NOTIZIE n. 99

Intervista ad Alessio Barollo, architetto ed esperto di civic crowdfunding

Cos’è il crowdfunding? Il crowdfunding è una forma di crowdsourcing: molte persone finanziano collettivamente un progetto o iniziativa, spinti da tante motivazioni diverse ma tesi verso un obiettivo comune. Il crowdfunding non è la soluzione a tutti i problemi del mondo, ma rappresenta il prodotto di un’etica che va compresa bene prima di farvi affidamento. Il minimo comune denominatore è l’aspetto collaborativo e partecipativo dei progetti, e l’impatto futuro di essi sulla società o la comunità alla quale si propongono. A mio avviso, il crowdfunding si sposa particolarmente bene con i progetti di cittadinanza partecipativa; progetti che possono far leva su passioni (es. finanziare un cd musicale) ed emozioni (crowdfunding per il noprofit, che andrebbe a sostituire il fundraising tradizionale); progetti che possono offrire reward tangibili (es. pre-ordini di prodotti di cui si sta finanziando la produzione). Certamente il crowdfunding non è un metodo più semplice di altri per raccogliere finanziamenti e necessita tra l’altro di un buon capitale sociale (network e contatti) su cui far leva per innescare il meccanismo del passa parola che porterà eventualmente al successo. Bisogna inoltre capire bene le dinamiche dei social, le motivazioni diverse che spingono le varie persone a donare, e sviluppare una campagna di crowdfunding in base a queste considerazioni. Più che di idoneità di progetti, si tratta di idoneità dei crowdfunders stessi, che prima di avviare una campagna devono comprendere bene il fenomeno.

Un progetto/iniziativa di civic crowdfunding che vuole raccontarci? Una delle declinazioni più interessanti del crowdfunding è sicuramente quella civica perché in grado di coinvolgere i protagonisti dello sviluppo della città, cioè cittadini, amministrazioni, associazioni e imprese. Faccio due esempi, uno estero e uno italiano. Il primo è quello di una passerella pedonale a Rotterdam (http://www.luchtsingel.org/): la città era divisa da una strada ad alto traffico e grazie a questo intervento, promosso dall’amministrazione e che ha coinvolto tutta la cittadinanza, è stato possibile finanziare il progetto riqualificando nel contempo anche una zona intera della città che è tornata a essere viva e vissuta. Altro risvolto sociale interessante di questa iniziativa è quello di aver diviso il progetto in step che, oltre a diluire l’intervento, avevano anche lo scopo di far avvicinare quelle persone che in una prima fase non avevano partecipato con il crowdfunding. Una volta finito ogni step, infatti, la parte della passerella prevista veniva realizzata e le rewards consegnate, dimostrando così l’effettivo utilizzo dei fondi raccolti. Un altro esempio interessante è quello dello Spazio Grisù di Ferrara. In città vi è una vecchia caserma dei vigili del fuoco abbandonata da oltre 40 anni, di proprietà del comune e che l’amministrazione aveva messo in vendita. L’associazione Grisù ha proposto di farsi dare in gestione l’immobile per tre anni rinnovabili, ripulirlo e mettere al suo interno 16 giovani imprenditori creativi che pagano l’utilizzo degli spazi solo svolgendo alcuni lavori di manutenzione ordi-

naria. Nel frattempo, lo stabile rimane di pubblico dominio ma aumenta di valore per via delle attività che si svolgono all’interno, attira persone e cittadini e rivitalizza una parte della città abbandonata in precedenza. Alla scadenza del contratto, l’amministrazione potrà decidere come utilizzare lo spazio che nel frattempo ha un valore sociale ed economico totalmente diverso. Nel crowdfunding la classica colletta viene trasferita su una piattaforma online. Quali vantaggi apporta la rete? E quali sono gli svantaggi? I vantaggi che la rete apporta stanno sicuramente nella facilità di diffusione e di visibilità mediatica. Ma ciò non è scontato, il crowdfunding ha la sua forza nelle community che sostengono il progetto o l’idea e queste non si costruiscono senza sforzo. C’è bisogno di un lavoro di comunicazione e informazione ma soprattutto bisogna avere la capacità di saper modulare il linguaggio in base al tipo di interlocutore. Uno degli aspetti che influenzerà più il metodo nei prossimi mesi sarà poter cambiare modo di approcciarsi con tutti quelli che non lo conoscono in modo tale da arrivare a più persone possibili. Lo sforzo per cambiare il linguaggio deve essere fatto da chi propone il progetto ma nel mondo civic anche dalle amministrazioni, dalle associazioni e dalle imprese, in modo tale da poter raggiungere i cittadini. Il lavoro non si svolge solo on-line ma anche off-line facendo diventare il civic crowdfunding un’evoluzione della progettazione partecipata. z

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Fabio Ginesi, Direttore Operativo del Consorzio

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INTELLIGENTE

IN ITALIA, CI SONO 9 AZIENDE LEADER NEL SETTORE DOMESTICO, CHE DAL 2011 HANNO UNITO LE LORO FORZE E I LORO STUDI CON UNO SCOPO BEN PRECISO: DEFINIRE UN LINGUAGGIO DI COMUNICAZIONE TRA I VARI PRODOTTI E SERVIZI DESTINATI ALL’USO DOMESTICO, CON OBIETTIVI DI EFFICIENZA ENERGETICA E MIGLIORI PRESTAZIONI, E CON LO SCOPO DI IMPLEMENTARE SENSORI E TECNOLOGIE IN GRADO DI MIGLIORARE LA QUALITÀ E LA FUNZIONALITÀ DEGLI AMBIENTI DOMESTICI. IL RISULTATO È RAPPRESENTATO DAL CONSORZIO DI RICERCA SULLA DOMOTICA HOMELAB.

IL NETWORK

STORIE DI QUALITÀ: SMART HOME - HOMELAB

Q

uando e come nasce HOMElab? Nel 2011, dalla volontà di fare sistema degli otto soci fondatori, imprese ed enti leader del settore domestico: Ariston Thermo Group, Gruppo Elica, Indesit Company, Loccioni, MR&D Institute, Spes, TeucoGuzzini e Università Politecnica delle Marche. Nel gennaio 2012, entra a far parte del Consorzio BTicino, società Italiana del Gruppo Francese Legrand, leader nei sistemi domotici per la casa, confermando la validità dell’iniziativa, nata a livello regionale ma con prospettiva di essere un punto di riferimento a livello Nazionale ed Europeo. Il Consorzio è presieduto da Andrea Merloni. Quali sono gli ambiti di ricerca? L’integrazione di sistemi di risparmio energetico, il monitoraggio e il controllo remoto di apparecchi e sistemi, la micro generazione e il micro consumo, le smart grid e local smart grid, la misura e il controllo della qualità ambientale domestica (aria, temperatura, illuminazione, acqua, ecc.), la sensoristica, i sistemi integrati di controllo e automazione domestica, i protocolli di comunicazione “smart” e l’adattamento e l’implementazione di tecnologie e sistemi terzi. Il modello organizzativo si basa sulla “open innovation” con la condivisione di obiettivi e visione strategica con


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effetto moltiplicatore sui risultati della ricerca. Il Consorzio, inoltre, si prefigge di funzionare anche come “abilitatore tecnologico” nei confronti delle imprese che operano con prodotti e servizi all’interno dell’abitazione, mettendo loro a disposizione un network di primissimo livello costituito da Università, centri di ricerca e fonti tecnologiche internazionali. Infine, il Consorzio HOMElab, forte dell’esperienza delle aziende e delle Università che ne fanno parte, è partner di riferimento del partenariato che ha presentato il progetto per la creazione del Cluster “Tecnologie per gli Ambienti di Vita” all’interno del Bando “Per lo Sviluppo e Potenziamento di Cluster Tecnologici Nazionali” del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e partner del progetto Health@Home presentato nell’ambito del Bando per “Smart Cities and Communities and Social Innovation”. Elettrodomestici e interoperabilità: come vi state muovendo? Le aziende che fanno parte del consorzio HOMElab hanno deciso di sperimentare una soluzione interoperabile partendo da un linguaggio basato su IP, già disponibile sul mercato, che consente la comunicazione tra casa e mondo esterno, e tra gli stessi dispositivi installati nell’abitazione. La soluzione individuata opera a li-

vello di funzione e si può avvalere dei protocolli di campo esistenti. L’obiettivo del progetto è creare un linguaggio condiviso mettendo in comune il proprio know-how (elettrodomestici, riscaldamento, domotica, purificazione aria, ecc.). Ogni apparato potrà mettere in comune le informazioni di interesse o utilità per gli altri apparati e a sua volta riceverà informazioni dagli altri componenti presenti in casa. Il progetto consente l’indipendenza dei vari sistemi permettendo agli elettrodomestici e termo domestici intelligenti di beneficiare dell’ecosistema e di reagire in maniera proattiva alle informazioni che gli altri apparati condivideranno o alle richieste dell’utente finale in locale o via remoto. Rendendo possibile anche un controllo centralizzato e l’integrazione tra più funzioni dove questo costituisca un vantaggio, ad esempio per ottimizzare i consumi energetici. Quali sono i protocolli di comunicazione utilizzati e quali gli interfaccia? Nel mercato esistono molti protocolli di comunicazione e non esiste una soluzione standard per tutte le funzioni presenti in casa. La tecnologia da noi adottata è su IP, che consente un’agevole integrazione con le piattaforme disponibili dagli smart phone alle smart Tv. Ovviamente rimane la necessità di garantire il controllo e il comando lo-

cale. In questo senso le interfacce locali dei prodotti (display, touch screen) potranno beneficiare della maggiore flessibilità data dai mobile device, concentrando le proprie funzioni e semplificando notevolmente il rapporto uomo-macchina. Quale le richieste da parte del mercato? In generale l’esigenza è di poter disporre di un’abitazione più moderna per poter sfruttare le tecnologie che oggi sono a disposizione in molte case come smartphone, tablet, connessione a internet, energie rinnovabili, per migliorare la sicurezza e il comfort ottimizzando i consumi energetici. Alcuni esempi possono essere applicazioni semplici come controllare con una telecamera cosa succede nella propria casa o ottenere il comfort termico desiderato utilizzando la fonte di energia più conveniente. La domotica “spaventa” ancora gli utenti? Questa forse è proprio la difficoltà principale. La diffusione della domotica resta ancora legata alla conoscenza da parte degli utenti finali dei reali benefici derivanti. Le cose però stanno velocemente cambiando. Gli utenti iniziano infatti a essere sempre più informati grazie alla diffusione di social network che permettono una maggiore diffusione dell’informazione e la condivisione di esperienze. z

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STORIE DI QUALITÀ: SMART HOME - INDESIT

IL FUTURO

È GIÀ IN CASA

ALLA SCOPERTA DELL’INTEROPERABILITÀ TRA LE MURA DOMESTICHE, CHE TANTO FACILITA E ALLIETA LA NOSTRA VITA. Intervista a Stefano Frattesi, Direttore del Technology Center di Indesit Company

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el campo dell’automazione domestica uno dei temi più delicati è quello riguardante la standardizzazione della piattaforma di comunicazione e l’interoperabilità delle funzioni offerte che consenta, anche a dispositivi provenienti da differenti produttori, di dialogare tra di loro. Ma c’è un altro elemento da tenere in considerazione quando si parla di elettrodomestici e impianti intelligenti: la sicurezza. La gestione della casa smart avviene per lo più da lontano e senza la presenza del fattore umano, l’utilizzatore. Un dato che dal punto di vista pratico non comporterebbe alcun impedimento dal momento che gli elettrodomestici di nuova generazione sono più vicini a robot multifunzione che a semplici ausiliari delle fatiche domestiche, ma che ci mette invece di fronte a un aspetto non trascurabile: la mentalità degli utenti. Come pretendere che la signora Olga, che da 40 anni supervisiona il funzionamento della sua casa in prima persona, si possa fidare di accendere il riscaldamento da 300 km di distanza e con una semplice telefonata? Per saperne di più, su come funzionano gli elettrodomestici intelligenti, sui progressi fatti nell’ambito della domotica e sui comportamenti delle “signore Olghe”, ne abbiamo parlato con Stefano Frattesi, Direttore del Technology Center di Indesit Company . 76

Elettrodomestici e interoperabilità: come si sta muovendo la vostra azienda? L’interoperabilità fra dispositivi domestici è uno dei temi chiave per la diffusione della domotica nelle nostre case. Al momento non si è affermato un modello dominante né sul canale di comunicazione né sul protocollo per la gestione dei nostri prodotti. Indesit Company, anticipando i tempi, nel 2009 ha fondato, assieme a Electrolux, Telecom Italia ed Enel, Energy@home, un progetto di collaborazione nato proprio con lo scopo di definire un linguaggio standard e aperto per la gestione energetica dei meter e degli elettrodomestici. Il progetto conta adesso 19 partner e sta attivamente collaborando con altre Associazioni ed enti di standardizzazione europei per facilitare la definizione di questo modello dominante. Il primo importante risultato è aver donato alla Zigbee Alliance una semantica che fa ora parte del nuovo standard Home Automation 1.2. Nell'ambito della domotica, Indesit ha promosso anche la fondazione del consorzio HOMElab (ndr: vedi articolo pagina precedente), insieme a partner nazionali (Ariston Thermo, Bticino del Gruppo Legrand, Gruppo Elica, Loccioni, MR&D Institute, Spes, Teuco-Guzzini e Università Politecnica delle Marche), riconducibili in

vario modo al sistema casa e che rappresentano eccellenze in Italia e all'estero, al fine di promuovere l’interoperabilità dei dispositivi delle aziende fondatrici e non, e sta attivamente contribuendo ai suoi progetti. Nel contempo, Indesit Company sta collaborando con le più importanti utilities europee, come British Gas, E.on, Enel ed Enexis, testando sul campo più di 800 smart washing machine integrate in innovativi sistemi di gestione energetica (smart grid) di tale utilities, contribuendo alla validazione e diffusione delle semantica proposta. L’apertura del protocollo è per noi, infatti, un must. Quali sono i protocolli di comunicazione utilizzati e quali gli interfaccia? Probabilmente, nel medio periodo, non si affermerà un solo modello dominante e un solo protocollo di comunicazione. Le architetture che stiamo pensando sono pertanto ibride e permettono la convivenza di diversi mezzi fisici e diversi protocolli di comunicazione. Come il wi-fi, che si va affermando nel mondo TLC e infotainment (ndr: spettacolo-informazione), ZigBee per dispositivi operanti a batteria, sensori, che stiamo sperimentando come canale di comunicazione per i nostri prodotti nei suddetti trials. Il nostro sistema di prodotti connessi utilizzerà in prima istanza come interfacce


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utente sia quelle native dei prodotti, sia quelle garantite da dispositivi mobili (tablet, smart phone, siti web, ecc.). Quali le principali difficoltà eventualmente riscontrate (es: la standardizzazione dei protocolli, l’interfaccia ICT delle abitazioni, la mentalità, ecc.)? La difficile battaglia per la standardizzazione dei protocolli che viviamo da diversi anni è certamente uno degli ostacoli più importanti all’adozione di sistemi connessi. Sfida che la nostra azienda sta conducendo attraverso HOMElab e Energy@home, favorendo la collaborazione e l’integrazione con le numerose iniziative in corso con il medesimo obiettivo (altre associazioni, enti di standardizzazione, autorità, ecc.). Per cogliere appieno i benefici di una gestione integrata e intelligente dell’energia è inoltre importante una differenziazione significativa delle tariffe energetiche per fascia oraria (che stiamo sperimentando, ad esempio, nel progetto Jouw Energie Moment in Olanda, con Enexis) o l’ottimizzazione dello sfruttamento dell’energia micro generata nell’abitazione attraverso fonti rinnovabili. I nostri prodotti, in questo scenario, contribuiscono al bilanciamento dell’intera rete nazionale o all’ottimizzazione dell’autoconsumo della casa, utilizzando

energia quando disponibile. Quale le richieste (o le resistenze) da parte del mercato? L’ICT sta pervadendo la nostra vita quotidiana, modificandone abitudini, modalità ed esigenze. Indesit Co. è molto attenta ad andare incontro a queste nuove opportunità offerte dalla tecnologia, privilegiando la facilità di interazione con i nostri prodotti anche da remoto e aprendo al contempo tutta una serie di innovativi servizi che riteniamo risulteranno estremamente interessanti per i nostri consumatori. Il tutto, avendo sempre ben presente i driver della riduzione dei costi di utilizzo dei nostri prodotti, dell’assistenza sempre più efficace ed efficiente e delle funzionalità il più possibile vicino all’esigenza dei consumatori. Come è cambiata (se è cambiata) l’attenzione per gli aspetti relativi alla sicurezza nei confronti di prodotti funzionanti con un’interazione a distanza e senza una presenza diretta dell’utilizzatore? La sicurezza dei nostri utenti è per noi fondamentale e stiamo progettando i nostri nuovi prodotti connessi con una massima attenzione a questi temi, in stretta collaborazione con gli enti certificatori (tra cui

IMQ) e ottemperando alle nuove norme che stanno nascendo al riguardo, non tralasciando tutte le nuove complessità, ma anche opportunità, che l’accesso da remoto dei nostri prodotti comporta. z

INDESIT COMPANY Indesit Company è tra i leader in Europa nella produzione e commercializzazione di grandi elettrodomestici (lavabiancheria, asciugabiancheria, lavastoviglie, frigoriferi, congelatori, cucine, cappe, forni e piani di cottura). È leader assoluta in importanti mercati come l’Italia, il Regno Unito e la Russia. Il fatturato dell’azienda, fondata nel 1975 e quotata dal 1987 alla Borsa di Milano, nel 2012 è stato di 2,9 miliardi di euro. Indesit Company conta 8 poli industriali (Italia, Polonia, Regno Unito, Russia e Turchia) e occupa 16.000 persone. Indesit, Hotpoint e Scholtès sono i principali marchi del Gruppo. 77


STORIE DI QUALITÀ: SMART HOME - ABB

LA RETE CHE RIDUCE PAROLA D’ORDINE: RIDUZIONE! RIDUZIONE DEI COSTI DI MANUTENZIONE, RIDUZIONE DELLA DOMANDA DI FORNITURA ELETTRICA, RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI CO2. ECCO GLI INNUMEREVOLI BENEFICI DELLE RETI INTELLIGENTI. SMART GRID CHE POTREBBERO RAPPRESENTARE ANCHE UN OTTIMO TRAMPOLINO DI RILANCIO DELLA NOSTRA ECONOMIA.

ING. LUCA CICOGNANI

DOTT. ANTONIO LAMANNA

Intervista a: Luca Cicognani, Head of Renewable Automation Unit di ABB, Antonio Lamanna, Head of Business Development Smart Cities ABB Italia

L

'energia elettrica è la forma più versatile e ampiamente utilizzata di energia, e la domanda è in costante crescita. Lo sviluppo del sistema elettrico risale ormai a oltre un secolo fa. Oggi rappresenta uno dei componenti più efficaci delle infrastrutture su cui si appoggia la società moderna trasmettendo energia agli utenti delle industrie, del commercio e ai privati. Tuttavia, gran parte della capacità di generazione attuale dipende dai combustibili fossili e contribuisce in modo significativo all'aumento di anidride carbonica nell'atmo78

sfera, naturalmente con conseguenze negative sul clima e la società in generale. Per alleviare le conseguenze di questo impatto occorre intervenire con significative modifiche sul sistema elettrico attuale. E, come ci rivelano Cicognani e Lamanna di ABB, occorre intervenire in maniera “intelligente”, individuando un sistema elettrico che possa gestire tutte queste sfide in modo sostenibile, affidabile ed economico. Smart grid: come diventeranno ancora più “intelligenti?”

Rispondendo a quattro compiti essenziali in una sola volta: fornendo più energia elettrica per soddisfare la crescente domanda, aumentando l'affidabilità e la qualità delle forniture di energia, aumentando l'efficienza energetica, integrando le fonti di energia a basse emissioni nelle reti elettriche già esistenti. Smart grid, ancora più intelligenti, dovranno essere in grado di dare risposte concrete alle richieste che provengono dal territorio con pro-


IMQ NOTIZIE n. 99

ecc.) che renda i progetti smart grid non solo in grado di contribuire al raggiungimento di alcuni target europei, come quello del 20-20-20, ma anche di costituire una delle basi per la rinascita dell’economia italiana. Quali sono i protocolli di comunicazione utilizzati? I principali sono quelli indicati nello standard IEC 61850 e nella famiglia della IEC 60870-5 (101 e 104). Entrambi norme definite per garantire l’interoperabilità di prodotti e soluzioni provenienti da diversi vendors.

getti che integrino le diverse aree di vita, creando una rete connessa che, attraverso smart services risponda alle differenti esigenze del territorio. Insomma, una rete sinergica di servizi (relativi ad esempio a informazione, energia, salute, mobilità, sicurezza, ambiente,

E per quanto riguarda gli interfaccia? In questo ambito le parole d’ordine sono comodità, semplicità e immediatezza. Le faccio l’esempio di un’applicazione realizzata a Gotland. Gotland è un’isola situata nel mar Baltico dove è in corso di sviluppo un progetto finalizzato a rendere più flessibile ed efficiente il sistema di gestione della rete elettrica, con lo scopo di massimizzare l’utilizzo di energia prodotta da fonti rinnovabili. ABB contribuisce al progetto con il software Ventyx, soluzione per la previsione della produzione da fonti rinnovabili, la gestione di impianti virtuali e con le proprie soluzioni di building automation. Grazie al contributo di ABB, gli abitanti dell’isola di Gotland possono monitorare

costantemente dalla propria abitazione o dal proprio smartphone i propri consumi e adattarli in tempo reale al prezzo dell’energia elettrica tramite una gestione automatica dei consumi. Più comodo di così! Come cambiano la distribuzione dell’energia? Nel momento in cui la produzione di energia elettrica diventa sempre più distribuita e il contributo delle rinnovabili aumenta, la rete di distribuzione deve essere in grado di gestire maggiori oscillazioni nella qualità dell’energia e del flusso bidirezionale, diventando nel contempo più reattiva ai cambiamenti della domanda da parte dei consumatori. La gestione di un sistema così complesso dipenderà da comunicazioni sicure e in tempo reale nonché da sistemi di controllo estremamente flessibili. Attraverso un’adeguata rete di comunicazione, questi forniranno alle utility e ai loro clienti informazioni in tempo reale sulle prestazioni della rete elettrica, sul flusso di potenza e sulla domanda. Permetteranno inoltre a dispositivi intelligenti automatizzati di reagire agli squilibri all’interno del sistema e anche di migliorare la gestione della rete, attivando programmi per la manutenzione preventiva e rispondendo in modo più rapido nelle situazioni di emergenza. Come viene garantita la sicurezza e l’affidabilità? Sicurezza e affidabilità sono temi trasversali che coinvolgono prodotti, sistemi e reti di comunicazione. Requisiti che nelle nostre produzioni verifichiamo anche grazie al supporto dei principali enti di certificazione internazionali, quali IMQ. Ogni prodotto deve essere progettato e realizzato secondo criteri di robustezza e

ABB nasce nel 1988 dalla fusione di due importanti realtà industriali europee: la svedese ASEA, fondata nel 1883 e la svizzera Brown Boveri, fondata nel 1891, la quale già nel 1903 acquisisce il Tecnomasio Italiano, la più antica società elettromeccanica italiana creata nel 1863. Leadership tecnologica, presenza globale, conoscenza applicativa e forti competenze locali sono gli elementi qualificanti di un’offerta completa di prodotti, sistemi e servizi che permettono ai clienti di migliorare le loro attività in termini di efficienza energetica, affidabilità delle reti e produttività industriale. Il Gruppo è quotato presso le borse di New York (NYSE), Zurigo (Virt-X) e Stoccolma (Stockholm Exchange). In Italia ABB impiega circa 6000 persone distribuite in unità operative ripartite in tutta Italia ed è suddivisa in cinque divisioni: Power Products, Power Systems, Discrete Automation and Motion, Low Voltage Products, Process Automation. I clienti di ABB Italia vanno dalle utility all'industria manifatturiera, dalle infrastrutture agli armatori. Nei suoi siti produttivi in Italia, ABB produce vari prodotti tra i quali trasformatori di tensione, quadri elettrici di media tensione, prodotti di bassa tensione, che vengono inviati in tutto il mondo. In Italia, il Gruppo ABB ha raccolto negli anni le esperienze e le competenze di molti dei più noti marchi del comparto elettromeccanico nazionale, aziende che hanno fatto la storia industriale del Paese quali Ercole Marelli, SACE, Officine Adda, IEL, AnsaldoTrasformatori e Elsag Bailey. 79


STORIE DI QUALITÀ: SMART HOME - ABB

ridondanza delle componenti critiche. Tali criteri devono essere applicati anche nella progettazione e nella realizzazione dei sistemi con particolare attenzione alle interfacce tra i vari componenti e alle reti di comunicazione. Ad esempio nel caso di comunicazioni wireless, particolarmente di interesse per le applicazioni smart grid, una rete robusta e magliata permette di fornire un servizio con le caratteristiche di affidabilità e performance necessarie alla gestione di infrastrutture critiche. Da non sottovalutare inoltre la gestione della sicurezza informatica, fondamentale per monitorare, prevenire e proteggere i sistemi di gestione da attacchi informatici accidentali o intenzionali. Lo sviluppo delle smart grid comporta una capillare diffusione di dispositivi intelligenti e reti di comunicazione aumentando ancora l’attenzione su questo tema che deve essere affrontato secondo i criteri definiti dagli 80

standard esistenti quali ad esempio quelli pubblicati dal Nerc (North America Electric Reliability Council) e quelli riportati nella IEC 62351. Quali sono le principali applicazioni? La mobilità sostenibile richiede la gestione intelligente del traffico e del Trasporto Pubblico Locale (TPL), che nelle città europee mostra un numero crescente di progetti. Il settore dei trasporti è responsabile di circa 1/3 delle emissioni di gas serra prodotti dall’uomo e le emissioni veicolari rappresentano la maggiore fonte di inquinamento atmosferico nelle aree urbane. Lo sviluppo della mobilità elettrica consente pertanto una riduzione significativa delle emissioni di gas climalteranti con conseguente miglioramento della qualità della vita in area urbana. Per questo motivo una smart grid non può prescindere dallo sviluppo e dalla diffusione in ambito urbano

ed extraurbano di un sistema di mobilità sostenibile basato sull’utilizzo dei veicoli elettrici, per mezzo dell’installazione di una rete di infrastrutture per la ricarica perfettamente integrata sulla rete di distribuzione dell’energia elettrica. Ma anche l’efficienza energetica e l’ecosostenibilità sono valori sui quali le Amministrazioni stanno maturando una sempre maggiore consapevolezza. Uno sviluppo urbano sostenibile promuove l’utilizzo di fonti di energia alternative, lo sviluppo di edifici e sistemi di trasporto più efficienti, la diffusione di misure in grado di ridurre il traffico e le emissioni di CO2. ABB ha avviato dei progetti pilota in tutte le regioni del mondo, in una o più di queste aree che daranno ai propri clienti e fornitori una comprensione più approfondita di questo business emergente. Ad esempio, pensiamo al progetto di sviluppo congiunto con l’utility Nordic, Fortum,


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nato per sviluppare e implementare un concetto globale di città intelligente a Stoccolma. Il progetto sperimenta il concetto di una rete di alimentazione a bassa emissione flessibile nell’area di Stockholm Royal Seaport come parte di una più ampia iniziativa che prevede la riduzione delle emissioni nella capitale svedese di due terzi entro il 2020. Quali invece le principali difficoltà nelle diverse applicazioni? Le principali sfide per le utenze riguardano la fornitura dell'accesso a elettricità e acqua a prezzi socialmente ed economicamente sostenibili per popolazione mondiale in crescita. Allo stesso tempo, i cambiamenti climatici mettono l'accento sul bisogno di ridurre le emissioni di CO2, aumentando l'efficienza energetica e la generazione sostenibile. Vi è la necessità di ingenti investimenti infrastrutturali alla

ricerca di soluzioni sia centralizzate e sia decentralizzate. Smart grid: il viaggio è appena iniziato e c’è ancora molto da fare? Vi è una tendenza crescente per le comunità, sia per quelle connesse alla rete e sia quelle non connesse, quest’ultime che si basano sulla generazione di energia fossile, a ripensare le loro forme esistenti di fornitura di energia elettrica. Le comunità non connesse alla rete, infatti, puntano ora a utilizzare una maggiore percentuale di energia rinnovabile. Questo, in risposta a una serie di preoccupazioni combinate tra loro come i prezzi del carburante, i costi connessi al rifornimento e alla manutenzione e il desiderio di diventare più sostenibili. Le comunità “grid-connected” (come, ad esempio, i campus aziendali, i data center, le strutture di emergenza e le basi militari), invece, desiderano in-

tegrare la loro alimentazione di rete esistente, spinte dal desiderio di una maggiore affidabilità dell'approvvigionamento, della sicurezza (capacità di mantenere le strutture in esecuzione anche in mancanza di accesso alla rete) e della qualità dell'alimentazione. Quali saranno i benefici per il sistema e l'utente finale? Una rete più intelligente fornirà un maggiore controllo sui costi energetici e un approvvigionamento energetico più sicuro per i consumatori. Gli impianti elettrici saranno sottoposti a una grande evoluzione, per migliorarne l'affidabilità e ridurne le perdite e i costi di manutenzione. I benefici ambientali di una rete più intelligente includono la riduzione della domanda, l'integrazione delle fonti di energia più rinnovabili e l’abbassamento delle emissioni di CO2 e di altri inquinanti. z 81


QUALITÀ DELLA VITA: HOBBY E INTERESSI - ESPERANTO

L’ESPERANTO:

LA LINGUA CHE PARLA ALL’UMANITÀ

BEN LUNGI DAL VOLER SOSTITUIRE LE LINGUE NAZIONALI, L’ESPERANTO SI PONE DA SEMPRE COME UN PONTE TRA LE CULTURE. DESIDEROSO DI CONOSCENZA, RISPETTOSO DEGLI IDIOMI LOCALI, ESTREMAMENTE UTILE IN CASO DI NECESSITÀ DI COMPRENSIONE INTERNAZIONALE. UN GRANDE ESEMPIO, INSOMMA, DI INTEROPERABILITÀ LINGUISTICA. Intervista a Davide Astori, docente di Linguistica Generale all’Università di Parma e membro della Federazione Esperantista Italiana 82


IMQ NOTIZIE n. 99

L’

esperanto è una lingua nata dalla comparazione tra un certo numero di lingue internazionalmente più diffuse, istituita nel 1887 per iniziativa del medico polacco Ludovico Lazzaro Zamenhof (del quale peraltro la lingua prende indirettamente il nome). Ortografia, fonetica, grammatica e sintassi dell’esperanto si basano su

principi di semplicità e regolarità: ad ogni suono corrisponde una sola lettera e ad ogni lettera un solo suono. La finalità ultima dell’esperanto non è quella di sostituire le lingue nazionali (al contrario, gli esperantisti sono tra i più convinti difensori del valore della diversità e delle culture, e sostenitori della pari dignità di tutte le lingue) ma di for-

nire uno strumento agevole e non discriminatorio per la comprensione reciproca a livello internazionale. Davide Astori, esperto esperantista, ci racconta le sfide e gli obiettivi futuri di questo progetto culturale, potenzialmente in grado di far comunicare milioni di persone di lingue, tradizioni e culture diverse. 83


QUALITÀ DELLA VITA: HOBBY E INTERESSI - ESPERANTO

Come e perché è nato l’esperanto? L’esperanto nasce alla fine del 1800, precisamente nel 1887, anno dell’edizione della prima grammatica dell’esperanto. Nella pratica, però, la lingua nasce nel 1905 quando, durante il primo congresso universale, si presenta la prima occasione di uso reale in cui si incontrano i creatori della lingua con i primi esperantisti. Quante persone lo parlano e in quali paesi? Le statistiche sono tante. Per rendersi conto della difficoltà di questi dati, pensiamo che, solo in Italia, si dice che l’esperanto sia parlato da sessantamila persone ma alla fine gli iscritti alla Federazione Esperantista sono solo mille. La prima cosa da definire, innanzitutto, è che cos’è un esperantista. L’Enciclopedia Britannica negli anni ’80 indicava tre milioni di esperantisti nel mondo, un numero esorbitante a seconda di chi consideriamo come esperantisti, dato che molte persone possono considerarsi solo supporter dell’ideale che l’esperanto veicola e cerca di conservare. Per quanto riguarda la diffusione, invece, è più facile rispondere perché l’esperanto esiste in tutti i paesi del mondo. In Italia, ad esempio, ci sono gruppi di esperantisti a Parma, a Milano, a Verona, a Venezia, insomma in tutte le grandi città. Stesso discorso vale per l’Europa, soprattutto nelle città dell’Europa dell’est dove, prima della caduta del muro, l’esperanto era l’occasione di contatto con l’Occidente. Oggi invece è la Cina uno dei paesi più interessati all’esperanto per questioni di democrazia linguistica e provocazione culturale. Oggi che utilizzo si fa dell’esperanto? L’utilizzo primario è quello culturale. L’esperanto veicola l’idea di rispetto dell’altro, della lingua e della sua identità. È una bandiera di multilinguismo e multiculturalità, il suo uso rappresentava e rappresenta il tentativo di stimolare il mondo a riflettere sull’importanza delle lingue, delle diversità e delle culture di ognuno come arricchimento culturale. L’esperanto è utilizzato dagli esperantisti anche per il viaggio e la co84

noscenza delle altre culture: ci sono infatti servizi di ospitalità dedicati agli esperantisti e messi a disposizione da altri esperantisti in una sorta di couchsurfing (ndr: servizio di mutua ospitalità) esperantista. In più, l’esperanto viene utilizzato per mantenere contatti, fare festival e come strumento di mediazione. Inoltre va sottolineato che tutti gli anni il congresso universale avviene in un paese diverso, dalla Corea all’Islanda, cosa che rispecchia la volontà intrinseca dell’esperanto di viaggiare e conoscere il mondo. Le istituzioni politiche e religiose, le associazioni a difesa della pace e del rispetto delle differenze riescono a capire il valore dell’esperanto, ne incoraggiano lo studio o no? Partiamo dai dati oggettivi: l’Associazione Esperantista Universale è membro dell’UNESCO, il quale ha riconosciuto nell’esperanto e nel suo creatore una valenza culturale primaria. Dal punto di vista delle istituzioni, in Italia esiste l’Associazione Esperantista Cattolica (pensiamo che, dai tempi di Papa Giovanni Paolo II, il Papa saluta anche in esperanto durante la benedizione Urbi et Orbi), e il Rotary club ha una sezione che si chiama RADE che raggruppa i rotariani esperantisti. Quindi, ad oggi, nessuno è contro l’esperanto, in quanto viene considerato da tutti i punti di vista come uno strumento di pace, di dialogo e di costruzione. Tuttavia, si tratta di un interesse passivo: non c’è un vero e proprio supporto così come non c’è più la forte opposizione del passato. Ad esempio negli anni ‘30 e ‘40 i regimi nazista e stalinista uccisero molti esperantisti a causa dei loro valori. Oggi le istituzioni politiche e religiose non disprezzano l’esperanto ma, a causa della crisi economica mondiale, la simpatia verso questa lingua difficilmente porterà a un sostegno economico importante.

I giovani sono sensibili all’esperanto, lingua universale che va oltre le differenze? Il movimento esperantista ha una sezione di giovani e punta fortemente su di loro. Essendo una lingua minoritaria, mediamente i giovani del mondo non la conoscono molto. Per esperienza diretta, quando un giovane riesce a capire veramente l’ideale esperantista si avvicina volentieri a quest’idea di globalizzazione, di una lingua ausiliaria a sostegno di tutte le


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lingue e le culture del mondo. I giovani di oggi sono sensibili a questi temi anche se non è facile che un giovane abbia la possibilità di conoscere l’esperanto perché è difficile aprire al grande pubblico la provocazione culturale esperantista. Quali sono le attività della

Federazione? La Federazione Esperantista Italiana, come tutte le Federazioni Esperantiste, nel mondo ha la finalità primaria di diffondere l’esperanto e i suoi valori e finalità. Una delle attività primarie è l’organizzazione del congresso nazionale che si svolge ogni anno in una città italiana diversa. La Federazione si occupa anche della redazione della rivista L’esperanto, che nasce per i soci esperantisti ma che viene inviata anche a vari stakeholder (politici, istituzioni, associazioni, ecc.), cioè a chi può essere interessato ai temi di democrazia lin-

guistica e multiculturalità che portiamo avanti. Altre iniziative previste dalla Federazione sono l’insegnamento della lingua, attraverso il web, e vari corsi locali e incontri culturali. Un’altra attività è l’organizzazione di viaggi, incontri e seminari tra esperantisti nel mondo. Sul sito http://www.esperanto.it si possono trovare nel dettaglio tutte le attività organizzate dalla federazione. Cosa vede nel futuro dell’esperanto? Io credo che se il mondo conoscesse il messaggio dell’esperanto non potrebbe fare altro che abbracciarlo. Perché l’idea esperantista prevede che: o smettiamo di discutere perché siamo diversi politicamente, culturalmente, religiosamente, storicamente e linguisticamente, e cominciamo a valorizzare tutte queste differenze attraverso una lingua e una cultura comune seconda a tutti, oppure ci sarà una catastrofe. Ad oggi, l’esperanto è una lingua minoritaria, ossia parlata da un gruppo minore come il ladino o il sardo, e che ha una sua vitalità, un suo gruppo di parlanti, finalità culturali molto forti e rimarrà attestato nella diffusione e forza che ha attualmente finché il mondo non accetterà la provocazione di conoscerlo meglio. La colpa non è da attribuire all’ingenuità degli esperantisti che non sanno farsi conoscere ma alla mancanza di occasioni vere per raggiungere il grande pubblico. In generale non c’è una diffusione di massa dell’esperanto. Io vedo nell’esperanto una grande potenzialità se dovesse diventare occasione di dibattito sui grandi numeri, altrimenti resterà quello che è oggi, cioè una proposta intelligente che tanti condividerebbero se la conoscessero meglio. La difficoltà principale dell’esperanto è proprio quella di farsi conoscere tra i grandi giganti della cultura mondiale, che lasciano alle proposte minoritarie (minoritarie in senso quantitativo, non qualitativo) poco spazio. In questo mondo dominato dal marketing e della pubblicità, gli esperantisti non sono nati né per fare pubblicità né per guadagnare, ma solo perché hanno creduto negli ideali di questa lingua. z

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QUALITÀ DELLA VITA: SALUTE E TELEMEDICINA

CURARSI DA CASA: TRA TELEMEDICINA, MOBILE HEALTH, SYSTEM MEDICINE, ECCO IL PRESENTE, IL FUTURO PROSSIMO E IL FUTURO DELLA SANITÀ 3.0.

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È

arrivato il momento delle visite zionale. Il Presidente della Società Itamediche a casa “dialogando” col liana di Telemedicina e sanità elettronica, il Professor Gianfranco Gensini, orproprio medico curante via Interdinario di medicina interna e cardiolonet, attraverso smartphone, tablet e PC, oppure delle riabilitazioni a domici- gia presso l’Università degli studi di Filio grazie alla “connessione” con il te- renze, di cui è stato l’ultimo Preside delrapista, fino agli interventi chirurgici la Facoltà di Medicina e Chirurgia prima dell’attuale riforma universitaria, ci eseguiti da robot. La telemedicina è fornisce un’interessante panoramica questo e molto altro ancora, i progetti sul tema, sui principali vane le sperimentazioni non taggi per pazienti, medimancano e ne vengono La Telemedicina ci, sistema sanitario, avviati altri sempre più consiste, sostanzialmente, sulla situazione itainnovativi, ma purtroppo in Italia nella trasmissione e condivisione, liana e sul grado di innovazione che stenta ad afferin tempo reale, di informazioni la telemedicina marsi e a diffondi carattere sanitario potrà raggiungedersi in modo e clinico-scientifico tra medico re nel breve e nel omogeneo su tute cittadino o tra gli stessi operatori lungo periodo. to il territorio na-

sanitari, attraverso sistemi di comunicazione di tipo telematico/informatico.

Intervista al Prof. Gianfranco Gensini, Presidente della Società Italiana di Telemedicina e sanità elettronica

Professor Gensini, cosa si intende per telemedicina? Telemedicina è un termine generale, che comprende una serie di attività e si presta a definizioni diverse, che spesso focalizzano l’attenzione solo su alcuni aspetti della materia. La Telemedicina consiste, sostanzialmente, nella trasmissione e condivisione, in tempo reale, di informazioni di carattere sanitario e clinico-scientifico tra medico e cittadino o tra gli stessi operatori sanitari, attraverso sistemi di comunicazione di tipo telematico/informatico. Ritengo invece che possa interessare conoscere cosa intenda la Società Italiana di Telemedicina e sanità elettronica per “telemedicina”. Per la SIT, la Telemedicina è uno strumento di innovazione tecnolo-

gica a valenza multidisciplinare che comprende: la formazione sanitaria, la gestione ed il monitoraggio dei pazienti e l’integrazione dei loro dati di interesse medico-chirurgico attraverso l’impiego di sistemi di telecomunicazione che si avvalgono della cooperazione di differenti professionalità sanitarie al fine della promozione della salute attraverso i percorsi di prevenzione, diagnosi e cura del paziente. Il primo principio che la Società Italiana di Telemedicina e sanità elettronica ha affermato nel Manifesto di Firenze 2010 riguarda il riconoscimento, sia a livello culturale che organizzativo ed operativo, della coesistenza nella Telemedicina di tre pilastri fondamentali: la Medicina e la Chirurgia Telematica, la 87


QUALITÀ DELLA VITA: SALUTE E TELEMEDICINA

Sanità Elettronica e l’ICT (Information e di parcheggio risultano “distanti” sia per i pazienti che per gli stessi operatori and Communication Technology) in Sanità. Questi tre pilastri costituiscono il sanitari; fornire una risposta valida ed efficace in caso di malati cronici, anziani fondamento della Telemedicina nella o comunque a rischio (telemonitoragmisura in cui concorrono al miglioragio) e un supporto indispensabile nelle mento, sia dell’esercizio della professione medico-chirurgica, sia dell’offerta urgenze (telesoccorso), favorire l’aggiornamento scientifico (telesanitaria per i pazienti. Si tratdidattica) ed il collegata quindi di un’innovaziomento interattivo tra ne nella modalità di Applicare medici (teleconsulto) esercizio della medila telematica in ambito con condivisione dicina e della chirurmedico significa rispondere namica di informagia che richiede cocon tempestività alle esigenze zioni sanitarie, carnoscenze e abilità diagnostiche (telediagnosi) telle cliniche eletspecialistiche. Con e terapeutiche (teleassistenza) troniche, tracciati il termine di medidi cittadini distanti dalle strutture diagnostici, immacina e chirurgia tesanitarie o comunque gini biomediche, che lematica si definisce impossibilitati a muoversi si “muovono” in tempertanto l’erogazione da casa. po reale e con la massidi servizi di assistenza sama definizione. Ne consenitaria tramite il ricorso alle gue una concreta interrelazione tra tecnologie di telecomunicazione le strutture di piccole dimensioni o meassistite da computer, in situazioni in cui no dotate e quelle di ampie dimensioni il professionista della salute e il pazieno specialistiche. La definizione CEE di te (o due o più professionisti) non si tro“Telemedicina” mette in evidenza come vino nella stessa località o vi si trovino in la finalità della Telemedicina non sia somomenti diversi. Essa comporta la tralo quella di assicurare assistenza medica smissione, in modalità sicura e protetta, a pazienti distanti dai centri sanitari, perdi informazioni e dati di carattere medimettendo la comunicazione pazienteco-chirurgico grazie a testi, suoni, immagini o altre informazioni necessarie medico-struttura sanitaria, ma anche di rendere adeguato ed aggiornato il Serper la prevenzione, la diagnosi, il trattavizio Sanitario Nazionale con particolare mento e il successivo monitoraggio dei attenzione ai servizi di assistenza domipazienti. Si tratta di un’attività eminenciliare, d’emergenza, di organizzazione temente clinica che presuppone l’intervento del medico e dell’infermiere i ed educazione sanitaria, di didattica, di formazione ed aggiornamento profesquali, per mezzo di strumenti tecnolosionale. È possibile oggi, grazie alle ingici idonei, svolgono tutte le azioni necessarie a garantire ai pazienti la mi- novazioni tecnologiche, avvicinare i servizi sanitari ai cittadini in un’ottica di migliore assistenza a distanza, ovvero: riglioramento della qualità offerta e di levare, registrare, elaborare, trasmettesoddisfazione del cliente/utente. In parre, decodificare informazioni e dati clinici, come pure utilizzare a distanza, ticolare, l’applicazione di sistemi informatici e di telecomunicazione alle scienstrumentazioni medico-chirurgiche. ze mediche ha reso concrete prospettiQuali sono i principali vantaggi per ve inimmaginabili sino a poco tempo fa, pazienti, medici e Sistema sanitario? come, ad esempio, quella di garantire la “sicurezza sanitaria” del paziente attraApplicare la telematica in ambito medico significa rispondere con tempestività verso la teleassistenza domiciliare e il tealle esigenze diagnostiche (telediagnosi) lemonitoraggio medico delle patologie croniche (in particolare lo scompenso e terapeutiche (teleassistenza) di cittadicardiaco, il diabete e l’insufficienza reni distanti dalle strutture sanitarie o comunque impossibilitati a muoversi da spiratoria), definite ormai come “la nuocasa. In realtà il concetto di distanza è va emergenza sanitaria”, dato il progressivo invecchiamento della popolanon univoco: anche i grossi centri urbani con i conseguenti problemi di traffico zione e il conseguente espandersi delle 88

patologie cronico-degenerative e della co-morbilità. L’innovazione tecnologica può quindi fornire un contributo sempre più significativo all’aumento dell’efficacia, dell’efficienza e dell’equità di accesso alle prestazioni sanitarie: si pensi ad esempio alla raccolta di dati clinici provenienti da più sistemi diagnostici separati tra loro, al monitoraggio remoto di parametri clinici, alla distribuzione capillare delle informazioni mediche. La sanità italiana investe nella telemedicina? Quali sono i principali ostacoli che ne limitano ancora la diffusione su larga scala? Poco, in maniera frammentaria, e a macchia di leopardo. Ma più della carenza di risorse, il vero problema piuttosto è l’assenza di regole e la mancata inclusione tra le prestazioni rimborsate dal SSN: solo la Lombardia ha deliberato una specie di tariffario regionale. Anche in Europa e negli Stati Uniti la frammentazione è molto alta. Certo in Italia manca la “regia”, le regole le stiamo ancora scrivendo (le linee d’indirizzo sono al vaglio della Conferenza Stato-Regioni) e le diverse realtà regionali ovviamente, con le loro diversità, contribuiscono ad aumentare la complessità dello scenario. Dal punto di vista dell’innovazione, la telemedicina dove può compiere ulteriori progressi nel breve e nel lungo periodo? Nel breve periodo, sicuramente nelle applicazioni per dispositivi mobili, smartphone e tablet, la cosiddetta m-Health (mobile health), mentre nel lungo periodo, l’approccio alla complessità che ci offre la System Medicine, di cui attualmente mi sto occupando con i colleghi di San Diego e altri gruppi italiani e internazionali. I progressi delle conoscenze a livello molecolare, la biologia dei sistemi, l’individuazione dei meccanismi di interazione tra corredo genetico, metaboli-


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smo, alimentazione, assunzione di farmaci e ambiente circostante, tra corpo e psiche rendono evidente che la moderna medicina deve confrontarsi, con questa tematica. L’innovazione tecnologica, lo sviluppo della telemedicina e l’incremento esponenziale delle capacità di integrare un’enorme mole di dati renderà possibile valutare e integrare fattori molteplici che magari contano poco in una popolazione, ma divengono determinanti nella singola persona. Insomma, la telemedicina e la sanità elettronica concorreranno sicuramente alla personalizzazione delle cure, cioè a una medicina

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centrata sul singolo individuo, punto su cui stiamo lavorando molto come società scientifica. A suo parere, un servizio di comunicazione via Skype fra dottore e paziente disponibile 24h/24 e 7 giorni su 7 riuscirà ad essere attivato anche in Italia ripercorrendo il modello di altri paesi come Danimarca, Svezia e Inghilterra? Non credo che serva per tutti i cittadini essere collegati online al proprio medico curante 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, perché i problemi organizzativi, ma anche di

La telemedicina e la sanità elettronica concorreranno sicuramente alla personalizzazione delle cure, cioè a una medicina centrata sul singolo individuo, punto su cui stiamo lavorando molto come società scientifica.

dipendenza psicologica sarebbero difficilmente gestibili. Sicuramente un servizio del genere può essere utile, e già viene realizzato, nel telemonitoraggio medico di pazienti cronici affetti da determinate patologie, ma non può essere sostitutivo dei servizi di emergenza-urgenza garantiti dal telesoccorso e dal sistema del 118. Certamente in una società «connessa» come quella in cui viviamo, e che ogni giorno si espande sempre più, la comunicazione tra gli individui è enormemente facilitata e, quindi, anche tra medici e pazienti. Ma questo non è il futuro, è già il presente. z

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QUALITÀ DELLA VITA: SALUTE E TELEASSISTENZA - CASE-HISTORY

Intervista a Michela Flaborea Fondatore e Presidente del Gruppo Televita

TELEASSISTENZA

ANGELI CUSTODI 24 ORE SU 24 90


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U

na voce amica nel momento del bisogno, un aiuto in caso di necessità. Un soccorso tempestivo grazie a un team di professionisti preparati a rispondere a qualunque tipo di emergenza. La teleassistenza si è largamente diffusa negli ultimi vent’anni in tutta Europa in relazione al costante invecchiamento della popolazione con lo scopo di garantire il mantenimento delle persone fragili e anziane a domicilio mediante una serie di interventi telematici, noti come servizi di Home Tele Care. Si tratta di servizi che operano grazie a sistemi in-

formatici avanzati, integrati nelle reti di welfare territoriali. Per saperne di più abbiamo intervistato Michela Flaborea, Fondatore e Presidente del Gruppo Televita. Quando nasce Televita? A Trieste nel 1989 da un gruppo di aziende specializzate nel settore della sorveglianza che hanno pensato di estendere il processo di erogazione di un servizio rivolto alla sicurezza contro furti e rapine alla sicurezza delle persone nelle loro abitazioni utilizzando gli stessi supporti tecnologici”.

Quali servizi offre? Anzitutto di telesoccorso, ma nel tempo abbiamo ampliato e innovato le nostre attività. Grazie ai rapporti con realtà importanti (Aziende Sanitarie, Comuni, Province, Fondazioni, Cooperative e Associazioni) abbiamo ideato nel tempo progetti sempre nuovi, dedicati a diversi target di utenza: non solo gli anziani, quindi, ma anche i disabili, le donne, i minori, con l’obiettivo di ampliare l’offerta assistenziale, soprattutto nella direzione della Prevenzione sanitaria, della Promozione della Salute, dell’Integrazione Sociale.

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QUALITÀ DELLA VITA: SALUTE E TELEASSISTENZA - CASE-HISTORY

BASTA UN CLIC!

Vivere sicuri e sereni a casa propria è semplice! Nell’abitazione dell’utente viene installato un dispositivo telefonico che garantisce il collegamento 24 ore su 24 per 365 giorni con le centrali operative. L’apparecchio è dotato di un pulsante/radiocomando portatile che può essere indossato come una collana o come un bracciale al polso. Premendolo l’utente comunica direttamente in “viva voce” con l’operatore. Una cartella personale informatizzata contiene le informazioni utili in caso di emergenza (salute, persone di riferimento, ubicazione) e consente agli operatori di attivare una risposta tempestiva e adeguata al bisogno.

Dal 1999 ci siamo specializzati in progettualità innovative nel campo della “Social Inclusion“, tramite lo strumento della telefonia sociale, ampliando così le nostre competenze e realizzando un vero e proprio Call Contact Center sociosanitario. Sul fronte dell’innovazione tecnologica spicca la telemedicina, per il monitoraggio dei parametri vitali da remoto (Remote Parameter Monitoring). Un’importantissima evoluzione consentita dalle moderne tecnologie che, affiancate a servizi personalizzati, permette di seguire le persone, specie se affette da patologie croniche, direttamente nel loro ambiente familiare, supportando le cure e prevenendo situazioni critiche. Nel gruppo quali e quante professionalità operano in sinergia per arrivare al risultato? 92

Il nostro è un lavoro di squadra. A fronte di richieste sempre più complesse ci siamo attrezzati per fornire risposte immediate ed efficaci. Il personale è costantemente aggiornato e possiede le attitudini necessarie a garantire un adeguato servizio ai clienti/utenti assistiti: a Televita lavorano psicologi, assistenti sociali, counselor e altri operatori qualificati, tutti accomunati da una grande motivazione e sensibilità. E, molto importante, lavorano sempre in contatto con professionisti sociosanitari di formazione e ruolo diverso quali medici, infermieri, assistenti sociali, per una vera “presa in carico integrata”. A Televita, le apparenti limitazioni fisiche o funzionali del singolo, che per alcuni possono sembrare ostacoli alla crescita personale o professionale, si possono trasformare in potenzialità. Sono molto fiera di aver realizzato, insie-

me a un collaboratore colpito a 20 anni da una malattia rara, un progetto innovativo dedicato alla disabilità. Grazie al suo contributo personale e professionale è nato il Centro Informativo integrato TriesteAbile, un riferimento importante per le persone portatrici di disabilità a Trieste, in Friuli Venezia Giulia e non solo. È evidente che chi vive il problema conosce meglio di chiunque altro le problematiche e le difficoltà che una persona “diversamente abile” incontra nel proprio percorso di integrazione sociale: dai disservizi, alla carenza di informazioni utili, ai pregiudizi. Coinvolgere attivamente nel lavoro una persona diversamente abile ha migliorato notevolmente la qualità del servizio offerto. Quali sistemi informatici tecnologici e sofisticati sono a supporto del sistema Televita?


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Ci rivolgiamo a fornitori specializzati, che producono tecnologie d’avanguardia, e contiamo su personale interno qualificato, capace di selezionare ciò che ci serve. La tecnologia è importantissima ma per noi è “a servizio” del servizio; un mezzo, non un fine, indispensabile per produrre servizi di qualità sempre più efficienti ed efficaci. E grazie a queste avete creato SOS mobile? Sì. L’ultima novità è costituita dalla geolocalizzazione legata alla telefonia cellulare: in qualsiasi parte una persona si trovi sia all’interno di un appartamento che all’esterno, preme un pulsante, che può essere incorporato a un cellulare o esterno, inviando un allarme alle centrali operative. Un servizio utile a tutti: anziani, bambini, donne sole, adolescenti. Quali interazioni e sinergie con il sistema pubblico? Televita opera in stretta sinergia con il settore pubblico: le Istituzioni sono il nostro principale cliente. Oggi gestiamo per la Regione FVG anche il Call Center Salute e Sociale, che unisce il Centro Unico di Prenotazione telefonica delle prestazioni sanitarie con

un servizio di informazione alla popolazione sul sistema dell’offerta regionale, che consente di intercettare i bisogni espressi dal territorio. Abbiamo anche effettuato una mappatura delle risorse sociosanitarie del territorio per avviare un vero e proprio Pronto Soccorso Sociale. Operiamo a Cagliari, in Toscana a Massa Carrara e recentemente abbiamo preso parte a una gara in Abruzzo. Il nostro obiettivo è quello di coprire il territorio nazionale e uniformare e collegare i servizi in rete a livello interregionale. E abbiamo al nostro attivo esperienze internazionali, grazie alla partecipazione ad alcuni progetti Europei, anche con un ruolo di coordinamento. Lei è la creatrice di Televita: di cosa è più fiera? Sono contenta di essere riuscita a fare impresa nel sociale, e aver contribuito a sviluppare un modello di collaborazione pubblico/privato in cui il privato stimola il pubblico e viceversa. Insieme pubblico e privato possono realizzare qualcosa di più rispetto a quanto possono fare da soli, collaborando con reciproca attenzione e trovando insieme le soluzioni più efficaci per migliorare la vita dei cittadini. z

I NUMERI DI UN SUCCESSO Il Gruppo Televita è composto da due società: Televita spa e Tesan Televita srl che operano in questo settore dal 1989 fornendo servizi di teleassistenza per clienti privati e per istituzioni pubbliche, nel nordest e a livello nazionale. Attualmente il Gruppo gestisce il servizio di telesoccorso della Regione Friuli Venezia Giulia, quello dell'Azienda per i Servizi Sanitari n°1, quello dei Comuni di Trieste e di Parma, raggiungendo, con gli utenti privati, oltre 5000 utenze.

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ANNI

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CENTRALI

8.500 78.713 106.402

D’ATTIVITÀ

OPERATIVE

UTENTI

ATTIVI IN REGIONE FVG

ALLARMI

GESTITI IN TRE ANNI TOTALE

UTENTI

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QUALITÀ DELLA VITA: IN VIAGGIO

PAESE CHE VAI, SPINA CHE TROVI! SE TUTTO IL MONDO SEMBRA GRADUALMENTE ENTRARE IN CONNESSIONE, METTENDO IN RELAZIONE LINGUE, STRUMENTI, VIE DI COMUNICAZIONE E TECNOLOGIE COMPLETAMENTE DIFFERENTI TRA LORO, C’È ANCORA UN SETTORE NEL QUALE LA STANDARDIZZAZIONE NON SEMBRA FARE BRECCIA: QUELLO DELLE PRESE E DELLE SPINE ELETTRICHE. UNA DIVERSITÀ NOTEVOLE CHE POTREBBE ANCHE NON PREOCCUPARCI, SE NON QUANDO CI TROVIAMO A DOVER PARTIRE PER L’ESTERO O ACQUISTARE PRODOTTI DALL’ESTERO. ECCO DUNQUE ALCUNI CONSIGLI UTILI.

A

V

i siete mai chiesti quanti tipi di spine sono utilizzate nel mondo? Schuko, a lamelle piatte, all'inglese, a spinotti tondi… I tipi di spine ufficiali sono 14, etichettati a livello internazionale con le lettere dalla A alla N. Tuttavia ci sono paesi dove coesistono più tipi di spine e prese elettriche. L’Italia, per esempio, subisce l’influenza dell’Europa con la presa Schuko (segnata con la lettera F), la presa tripolare (lettera L) e infine la bipolare, contrassegnata dalla lettera C. In Gran Bretagna e in alcune sue vecchie colonie come Hong Kong, Kenya e Malesia, si utilizza la presa G. Le spine del mondo conservano anche stravaganze come quella francese e israeliana. La presa elettrica francese (lettera E) è costituita da due punte e un incavo, e quest’ultimo la contraddistingue rispetto alle altre spine del mondo. La lettera H è utilizzata solo in Israele, mentre in Nord America si utilizza la tradizionale presa B e, più raramente, la presa A. Curiosità: due nazioni geograficamente

B

C

distanti come l’Argentina e l’Australia si ritrovano a utilizzare la stessa presa elettrica, la presa I. Perché tutte queste differenze? La storia e i tentativi di standardizzazione li potrete leggere nel box nella pagina a fianco. Quel che invece ora ci interessa commentare sono due particolari occasioni nelle quali tali differenze vanno valutate attentamente: quando si parte per un viaggio e quando si acquistano prodotti dall’estero. Nel primo caso, se nella valigia volete infilare anche il phon o il caricabatterie, diventa importante informarsi sul tipo di presa in uso in quel paese e comprare dall'elettricista il relativo adattatore che vi permetterà di inserire la spina di un apparecchio in un tipo di presa diverso. Un altro aspetto di cui vi dovete preoccupare quando viaggiate è il tipo di tensione in uso. In Italia la rete elettrica opera a 230 volt e ovviamente tutti i nostri elettrodomestici sono costruiti per funzionare con questa tensione. All'estero si possono trovare anche tensioni diverse: ad esempio negli Stati

> Le spine utilizzate in Italia: C, F e L > I paesi con il maggior numero di spine utilizzate: Giordania, Niger, Saint Vincent e Grenadines che utilizzando ben 6 tipi di spine > La spina meno utilizzata: H, in uso solo in Israele D

E 94

> Le spine più utilizzate: C (137 paesi) e F (74 paesi).

F

G

H


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Uniti la tensione è di 110/120 volt. Per evitare qualsiasi inconveniente nell'uso dell'elettricità, prima di partire vi consigliamo di procurarvi un trasformatore che permetterà di adattare la tensione della linea con quella di funzionamento dell’apparecchio. Assicuratevi inoltre che la potenza del trasformatore sia adeguata a quella dell’apparecchio utilizzatore. I piccoli apparecchi elettrici possono funzionare con un trasformatore di modesta potenza, mentre gli apparecchi che riscaldano, comprese le caffettiere elettriche e gli asciugacapelli, necessitano di uno molto più potente. Se, una volta arrivati a destinazione, vi accorgete di aver dimenticato il trasformatore, non disperate. Cercate nel bagno una presa con la scritta "shave" oppure con il simbolo della rasatura: vi fornirà la tensione a 220V adatta per i carichi leggeri come rasoi, caricabatterie per videocamera/cellulare, radioline. Non utilizzatela invece per apparecchi ad alto consumo energetico come il phon: rischiereste di fare bruciare la presa. Il consiglio è anche quello di leggere attentamente l’etichetta del vostro apparecchio perché potrebbe essere stato costruito per funzionare anche con tensioni diverse rispetto ai 230 volt italiani. Infine accertatevi anche della frequenza di rete. In Italia è a 50 Hz. In altri paesi è a 60 Hz. In questo caso non potrete fare molto, ma per la maggior parte delle volte non comporta rischi (eccetto che per TV e videoregistratori). Attenzione infine anche agli acquisti fatti all'estero compresi quelli via Internet. Bisogna accertarsi sempre che siano compatibili con la nostra tensione in modo da poterli utilizzare in Italia senza problemi. z

> Le spine utilizzate in Europa: AUSTRIA: C e F; BELGIO: C ed E; BULGARIA C e F; CIPRO G; CROAZIA: C e F; DANIMARCA; C, F, E e K; ESTONIA C e F; FINLANDIA: C e F; FRANCIA: C e E; GERMANIA: C e F; GRECIA: C e F; IRLANDA: G; ITALIA: C, F, L; LETTONIA: C e F; LITUANIA: C e F; LUSSEMBURGO: C e F; MALTA: G; PAESI BASSI: C e F; POLONIA: C e E; PORTOGALLO: C e F; REGNO UNITO: G; REPUBBLICA CECA: C e E; ROMANIA: C e F; SLOVACCHIA: C e E; SLOVENIA: C e F; SPAGNA: C e F; SVEZIA: C e F; UNGHERIA: C e F.

I

LE SPINE NELL’INTEROPERABILITÀ N

M

L

K

J

Cosa ci fa un tostapane collegato al bulbo di una lampadina? Siamo ai primi del ‘900 e l’elettricità da qualche tempo ha fatto il suo ingresso anche nelle case. Inizialmente tutto passa dalle lampadine. La destinazione principale della corrente elettrica è infatti l’illuminazione della casa, e l’unico “attacco” disponibile è proprio quello della lampada. Ma i tempi e il mercato evolvono in fretta e ben presto si impone l’esigenza di connessioni più appropriate. Una richiesta ben presto corrisposta grazie a un’invenzione di Harvey Hubbe che l’8 novembre 1904 vede accettato il brevetto per la sua separable plug, la presa elettrica singola. Fu la prima. Pochi anni dopo, nel 1917, il catalogo dell’azienda di Hubbe comprende già 277 modelli di prese elettriche. E sebbene l’attacco alla lampadina rimane a lungo in voga, anche per il fatto che le tariffe dell’elettricità dedicata all’illuminazione risultano essere più economiche, gradualmente ogni paese inizia a fare uso di un proprio sistema presa-spina. Il proliferare di sistemi, porta in breve tempo alla necessità di una standardizzazione, soffocata però sul nascere da problemi decisamente più rilevanti: lo scoppio della seconda guerra mondiale. E quando l’argomento viene ripreso, ormai sembra essere troppo tardi per arrivare a una rapida soluzione. Nel 1970, l’IEC, International Electrotechnical Commission, ci riprova, pubblicando il suo standard internazionale per una spina universale (il modello identificato con “N”). Una proposta adottata ad oggi solo da Brasile e Sud Africa. Si arriverà mai a una standardizzazione internazionale? Secondo l’IEC è improbabile che ci possa essere una svolta nel prossimo futuro. Centinaia di milioni di spine e prese sono stati installati: modificarle implicherebbe dei costi pressoché inaffrontabili da ogni paese. Ma le recenti tecnologie, quali la presa USB, le multiprese che possono ospitare spine differenti, i dispostivi LVDC (corrente continua a bassa tensione) o i meccanismi di ricarica wireless avranno un ruolo significativo.

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QUALITÀ DELLA VITA: SPORT - TRIATHLON

Ph. Luciano Caputo

LO SPORT PER TUTTI C

NUOTO, BICI, CORSA: IL TRIATHLON INSEGNA CHE ANCHE L’UOMO PUÒ ESSERE INTEROPERABILE, IMPARANDO A DESTREGGIARSI IN TRE DISCIPLINE DIVERSE. IL TUTTO CONDITO DA GRANDE PASSIONE E VOGLIA DI ACCETTARE OGNI SFIDA. Intervista all’avvocato Neil Mac Leod, Project manager del settore Paratriathlon in seno alla FITri, Federazione Italiana Triathlon

i sono il Triathlon e il Paratriathlon, che approfondiremo nell’intervista che segue. Ma c’è anche il Duathlon, nel quale l'atleta copre nell'ordine una prova di corsa, una di ciclismo e una di corsa, senza interruzione. E c’è anche l’Aquathlon, che impegna gli atleti in una prova di corsa, una di nuoto e una di corsa, sempre senza fermarsi. E, per gli appassionati di sport invernali, c’è anche il Winter Triathlon, in cui si susseguono una prova di corsa, una di ciclismo e una di sci di fondo. Ce n’è davvero per tutti i gusti, per tutte le esigenze e per tutte le età: le categorie del triathlon e delle altre discipline spaziano dai Cuccioli di 8-9 anni fino ai Master di 75. Non a caso, il triathlon viene definito uno sport inclusivo, nato per essere alla portata di tutti. Ulteriore testimonianza di questo sono i numerosi progetti che la FITri (Federazione Italiana Triathlon) mette in atto per fare in modo che sempre più persone conoscano questo sport e decidano di partecipare. Citiamo, ad esempio, il settore scuola della FITri, creato per poter stabilire un rapporto più diretto con il mondo scolastico, che si occupa di 96


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tutte le diverse espressioni del triathlon realizzate nell'ambito della scuola. Il settore opera attraverso i propri organi periferici, i comitati regionali, e i rappresentanti locali, costituiti da docenti che, oltre a essere tecnici di triathlon, possiedono una conoscenza approfondita dell'istituzione scolastica. O, ancora, citiamo i Progetti per Crescere, rivolti allo sviluppo dell’attività giovanile. In questo modo, oltre a dare la possibilità agli interessati di individuare forme di supporto per lo sviluppo dell’attività nel proprio territorio, vengono condivise idee e progetti che possano essere di spunto o da guida per la realizzazione di nuove iniziative. Cos'è il triathlon e quali sono le distanze standard? Il triathlon è uno sport multidisciplinare, composto da tre discipline (nuoto, ciclismo e corsa). Si parte a nuoto e si arriva di corsa e il passaggio tra una disciplina e l’altra è la caratteristica principale di questo sport, nonché il momento più spettacolare. Il Triathlon classico, quello cosiddetto olimpico, le cui distanze rientrano nei programmi delle Olimpiadi, si disputa sui 1500 m a nuoto, sui 40 km in bicicletta e sui 10 km di corsa. Ma le varianti delle distanze del Triathlon sono tante e cambiano a seconda dell'età e delle caratteristiche tecniche. Quelle più standard sono le seguenti: super sprint (400 m di nuoto + 10 km in bicicletta + 2.500 m di corsa), sprint (750 m di nuoto + 20 km in bicicletta + 5 km di corsa), olimpico (1.500 m di nuoto + 40 km in bicicletta + 10 km di corsa), doppio olimpico (3.000 m di nuoto + 80 km in bicicletta + 20 km di corsa), lungo (4.000 m di nuoto + 120 km in bicicletta + 30 km di corsa), super lungo o Ironman (3.860 m di nuoto + 180 km in bicicletta + 42,195 km di corsa).

Campionati del mondo 2012 di paratriathlon ad Auckland. La campionessa del mondo Faye McClelland nella classe TRI-6 delle donne.

Quali caratteristiche deve avere un vero triatleta? Il triathlon è divertimento, salute, sfida con se stessi, impresa, armonia con la natura. È uno sport giovane, nuovo, che accomuna insieme le tre discipline più popolari e praticate, in un'unica prova. Il vero triatleta non deve mai arrendersi davanti alle sfide che gli si pongono da97


QUALITÀ DELLA VITA: SPORT - TRIATHLON

vanti e deve sempre aver voglia di mettersi alla prova. Cambiare tre tipi di allenamento è molto salutare, stimola, permette di migliorare sempre di più l’allenamento globale e, di conseguenza, il benessere fisico. Ma quello che non deve assolutamente mai mancare in un triatleta è la voglia di divertirsi. Facile, dato che avendo a che fare con tre discipline diverse non ci si annoia mai. La disciplina prevede un alto grado di interoperabilità dovendo praticare tre discipline in una: secondo lei una persona come può diventare interoperabile, passando dalla piscina alla bicicletta e dalla bicicletta alla corsa? I concorrenti devono passare senza interruzioni da una frazione di gara all'altra, dimostrando ottime capacità condizionali quali forza e resistenza, ma anche buone capacità coordinative, dovendo esprimere durante il loro sforzo gestualità sportive completamente differenti tra loro, quali nuotare, pedalare e correre. Sembrerà strano ma questo passaggio da una disciplina all’altra è qualcosa che all’atleta viene naturale (con la pratica e l’allenamento arriva ad essere naturale), oltre a essere il momento più spettacolare della gara. Gareggiano insieme atleti disabili e atleti normodotati? Il triathlon è uno sport inclusivo e alla portata di tutti: atleti disabili e normodotati gareggiano insieme e sugli stessi percorsi. Le regole del paratriathlon sono un adattamento delle regole del triathlon alle differenti tipologie di disabilità. La conse-

Prealpi Triathlon Fest 98

Una gara promozionale di acquathlon (corsa-nuoto-corsa)

guenza è la valorizzazione delle capacità individuali. Nel Febbraio 2011 il Comitato Paralimpico Italiano ha riconosciuto il triathlon come Disciplina Sportiva associata, delegando alla Federazione Italiana Triathlon tutte le attività inerenti allo sviluppo e la promozione del Paratriathlon in Italia e lo sviluppo del Programma Paralimpico in vista dell’esordio della disciplina ai Giochi Paralimpici di Rio 2016. Dal punto di vista tecnologico e di mezzi a disposizione com'è cambiata la disciplina dagli inizi a oggi? Il triathlon è sempre stato uno sport di innovazione. Già di per sé, affrontare tre di-

scipline diverse richiede capacità di inventiva e adattamento. Applicarlo al paratriathlon, e quindi ai disabili, richiede ancora più inventiva. Lavoriamo infatti costantemente sui materiali, sugli adattamenti, a stretto contatto con tecnici e ingegneri. Esperienza emblematica è stata quella di uno dei nostri atleti, paralizzato ad entrambe le braccia, che, desideroso di fare triathlon, è riuscito ad utilizzare un sistema di supporti che gli hanno permesso di guidare una bicicletta, cosa che senza la ricerca ed il supporto di ottimi tecnici dei materiali non sarebbe stato possibile. Finalmente anche il Paratriathlon sarà uno sport paralimpico a partire dai giochi di Rio 2016: quanto è stato difficile far inserire questa disciplina all'interno del programma degli sport paralimpici? Purtroppo entrare nel programma degli sport paralimpici è davvero difficile; il Comitato Paralimpico Internazionale è molto esigente e pone diversi parametri da dover rispettare già solo per presentare la richiesta di ammissione nel programma dei Giochi. Il numero di atleti che può gareggiare alle Paralimpiadi è prefissato ed è un numero che generalmente non cresce, quindi il posto che viene dato a noi


IMQ NOTIZIE n. 99

STORIA DELLA FITri Il Triathlon in Italia nasce nel 1984 con la disputa della prima gara che si è svolta a Ostia sulla cosiddetta distanza olimpica (1,5km - 40km - 10km). Nel 1985 nasce l'AIT (Associazione Italiana Triathlon), fondata da Marco Sbernadori. Nel 1988 il Triathlon viene ufficialmente riconosciuto dal CONI e l’AIT diventa disciplina associata alla Federazione Italiana Pentathlon Moderno. Nel 1989, in occasione dell’assemblea ordinaria elettiva, l'AIT cambia la propria denominazione diventando Federazione Italiana Triathlon. Il 19 dicembre 1998 la Federazione Italiana Triathlon diviene Disciplina Associata direttamente al CONI e, nel mese di dicembre 2000, avviene il riconoscimento della FITri a Federazione Sportiva Nazionale. Il 25 ottobre 2001 la Prefettura di Roma riconosce la FITri personalità giuridica a tutti gli effetti ed il 13 novembre, sempre del 2001, per la prima volta, la Federazione, rappresentata dal suo Presidente Marco Sbernadori, partecipa ufficialmente alla riunione del Consiglio Nazionale del CONI. Nel 2000 la Federazione partecipa a Sydney alle sue prime Olimpiadi. Nel 2010 il Paratriathlon viene inserito nel Programma ufficiale delle Paralimpiadi di Rio 2016.

viene tolto ad altri sport. Essere entrati, inoltre, non garantisce il poterci rientrare per sempre ma il nostro obiettivo è rendere il paratriathlon sempre più partecipato nel mondo e sempre più interessante da vedere. Quali sono i numeri del triathlon e paratriathlon in Italia? È prevista qualche attività di promozione nel nostro paese? Gianni Sasso ha Secondo dati ufficonquistato l’ottavo ciali recenti, abbiaposto ai Mondiali di mo oltre 16.000 renze e introduzioni Londra, durante i quali è atleti italiani impeteoriche e pratiche alla stato l’unico a correre gnati nel triathlon disciplina al fine di recon le stampelle contro e gli iscritti alla FITri clutare nuovi atleti. tutti avversari dotati di crescono del 10% A questo si affiancano le protesi da corsa. ogni anno. gare, il volano che più di Per quanto riguarda il tutti serve a far avvicinare gli paratriathlon, al momento, atleti a questo sport. abbiamo circa 60 tesserati “assidui”. Le presenze arrivano a 100 consideran- Vuole raccontarci qualche bella stodo anche i frequentatori occasionali. Ot- ria legata al Triathlon? timo risultato se si pensa che esistiamo Posso raccontare di Gianni Sasso, uno dei da un paio di anni. nostri atleti di punta. Affiancata all’attività di comunicazione L’ho conosciuto lo scorso Gennaio a del nostro centro media e dell’ufficio Ischia e sono immediatamente rimasto stampa, mi occupo della promozione impressionato dalle sue capacità. Ho insidel paratriathlon, presentando la disci- stito, pertanto, per farlo partecipare lo plina al pubblico italiano, tramite confe- scorso maggio a uno stage federale dove

ha dimostrato tutte le sue potenzialità anche affiancando atleti che già praticavano la disciplina da tempo. Esattamente un mese dopo la sua prima esperienza nelle tre discipline, Gianni ha disputato il Campionato Europeo e si è portato a casa la medaglia di bronzo! Da lì ha continuato ad accumulare miglioramenti fino a quando, lo scorso settembre, ha conquistato l’ottavo posto ai Mondiali di Londra, durante i quali è stato l’unico a correre con le stampelle contro tutti avversari dotati di protesi da corsa. A una sola settimana dai Mondiali di Londra, inoltre, Sasso ha conquistato anche il primo titolo tricolore durante i Tricolori di Paratriathlon che si sono svolti al Lido delle Nazioni di Ferrara, gareggiando su distanza supersprint (400 m nuoto, 10 km bici, 2.5 Km corsa). Si è trattato del primo Campionato Italiano Paratriathlon e Gianni ha vinto con un tempo di 41 minuti netti. Per l’anno prossimo grazie all’indispensabile supporto della Roadrunnerfoot Engineering Srl e della Onlus YOUABLE, Gianni avrà una protesi per correre nuova di zecca in modo da riuscire finalmente a gareggiare alla pari con i suoi avversari, permettendogli di concentrarsi totalmente per centrare la qualifica a RIO2016. z 99


PANORAMA NEWS

NASCE CEMEP, L’ASSOCIAZIONE EUROPEA DEI PRODUTTORI DI MOTORI, INVERTER E UPS Si è tenuta lo scorso 15 novembre a Roma l’Assemblea costitutiva del CEMEP, l’Associazione Europea dei Costruttori di Macchine Elettriche e dell’Elettronica di Potenza. Nel corso dell’incontro, sono stati nominati i vertici, che vedono alla Presidenza Juergen Sander di VEM e in qualità di Segretario Generale Andrea Solzi, già Segretario di ANIE Energia. I tre capigruppo italiani presenti all’incontro vantano una lunga esperienza nei settori di competenza e hanno fornito un importante contributo alla discussione. Si tratta di: Maurizio Russo, Presidente del Gruppo Motori (nonché Vice Presidente ANIE Energia), Paolo Colombo, che presiederà il Gruppo Inverter (Presidente del Gruppo Azionamenti Elettrici di ANIE Automazione), e Alberto Sciamè, Presidente del Gruppo UPS (Presidente dell’omonimo gruppo interno ad ANIE Automazione). L’evento è stato anche l’occasione per le aziende di ANIE Energia e ANIE Automazione per fare il punto su alcune tematiche alla base del rilancio della competitività dell’industria nazionale: innovazione tecnologica, efficienza energetica e sorveglianza del mercato. Il regolamento 640/2009 della Commissione Europea che stabilisce i requisiti di progettazione ecocompatibile per l’immissione sul mercato e per la messa in servizio dei motori elettrici, prescrive che dal 1° gennaio 2015 i motori con una potenza nominale compresa tra 7,5 e 375 kW devono soddisfare il livello di efficienza IE3 o, in alternativa, soddisfare il livello di efficienza IE2 ed essere dotati di un variatore di velocità. Il consumo annuo di energia elettrica in Italia, associato all’uso di motori elettrici nell’industria è stimabile in circa 120 TWh, pari a circa il 40% dell’intero fabbisogno elettrico italiano al 2011. Se tutti i motori elettrici installati a livello industriale appartenessero alla classe di efficienza IE3, si otterrebbe un risparmio annuo di energia elettrica di circa 7 TWh, con la sostituzione di circa 15 mln di motori e un giro complessivo corrispondente di 67,5 mld €. Considerando le diverse applicazioni dei motori elettrici e

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l’attuale tasso di diffusione degli inverter, se tutti i motori elettrici per cui l’inverter risulta tecnicamente applicabile ne fossero effettivamente dotati, si otterrebbe un risparmio annuo di energia elettrica stimabile in circa 10,2 TWh, con l’adozione di circa 7 mln di inverter ed un giro d’affari complessivo corrispondente di circa 27 mld €. Per i vertici del CEMEP l’industria italiana è da sempre all’avanguardia nella produzione di macchine elettriche, si è già adeguata in anticipo alle regole comunitarie e sta collaborando con le Istituzioni affinché l’immissione nel mercato dei motori elettrici ad alta efficienza sia sufficientemente monitorata in modo da garantire gli standard individuati dal regolamento europeo. L’industria subisce la presenza sul mercato di prodotti non conformi alla normativa vigente, a danno della propria competitività. La sorveglianza del mercato e il rispetto delle regole costituirà quindi una priorità assoluta per la neonata associazione. ANIE CONFINDUSTRIA, CON QUASI 1200 AZIENDE ASSOCIATE E 425.000 OCCUPATI, RAPPRESENTA IL SETTORE PIÙ STRATEGICO E AVANZATO TRA I COMPARTI INDUSTRIALI ITALIANI, CON UN FATTURATO AGGREGATO DI 63 MILIARDI DI EURO (DI CUI 29 MILIARDI DI ESPORTAZIONI). LE AZIENDE ADERENTI AD ANIE CONFINDUSTRIA INVESTONO IN RICERCA E SVILUPPO IL 4% DEL FATTURATO, RAPPRESENTANDO PIÙ DEL 30% DELL’INTERO INVESTIMENTO IN R&S EFFETTUATO DAL SETTORE PRIVATO IN ITALIA. ANIE ENERGIA, CON 350 AZIENDE ASSOCIATE E UN FATTURATO AGGREGATO NEL 2011 PARI A CIRCA 18 MILIARDI DI EURO, RAPPRESENTA I COMPARTI DELLA PRODUZIONE, TRASMISSIONE, DISTRIBUZIONE E UTILIZZO DI ENERGIA ELETTRICA. WWW.ANIENERGIA.IT ANIE AUTOMAZIONE (WWW.ANIEAUTOMAZIONE.IT), CON 100 AZIENDE ASSOCIATE, UN FATTURATO AGGREGATO NEL 2012 DI 3.6 MLD € E UN MARKET SHARE PARI ALL’80% DEL MERCATO NAZIONALE, RAPPRESENTA LE AZIENDE OPERANTI NEI SEGUENTI COMPARTI: AZIONAMENTI ELETTRICI; COMPONENTI E TECNOLOGIE PER LA MISURA E IL CONTROLLO; HMI-IPC-SCADA; MECCATRONICA; PLCI/O; TELECONTROLLO, SUPERVISIONE E AUTOMAZIONE DELLE RETI; TELEMATICA APPLICATA A TRAFFICO E TRASPORTI; UPS – GRUPPI STATICI DI CONTINUITÀ, PROCESSO INDUSTRIALE. CIRCA


IMQ NOTIZIE n. 99

CONVEGNI 2013: UN ANNO DI SUCCESSI

COMITATO ELETTROTECNICO ITALIANO

I Convegni istituzionali CEI 2013 si sono conclusi, dopo un roadshow di undici incontri realizzati sul territorio italiano, con l’ultimo appuntamento tenutosi a Lamezia Terme lo scorso 26 novembre. Anche quest’anno i Convegni CEI hanno fatto tappa in due nuove città rispetto l’anno precedente, Trento e Lamezia Terme, dando così un seguito concreto al tentativo di diversificare il più possibile il bacino di operatori del settore su una base territoriale sempre più ampia, e intercettando, al tempo stesso, il crescente bisogno di normazione tecnica proveniente dal tessuto produttivo di realtà provinciali e periferiche. Questi incontri offrono infatti un’importante opportunità di confronto e di dibattito che permette di discutere sulle numerose innovazioni che si sviluppano di continuo e che, inevitabilmente, creano grande curiosità e notevole interesse che giustifica da sempre una presenza importante di operatori del settore. Dal punto di vista della partecipazione, il bilancio del 2013 ha registrato una crescita nei già ottimi risultati ottenuti nel 2012. Per comprendere meglio la riuscita di questi convegni possiamo affidarci a uno strumento di analisi immediato come quello dei numeri: nel complesso, quest’anno i partecipanti hanno raggiunto le 4.700 presenze, registrando un aumento di circa il 10% sui dati del 2012. I crediti formativi assegnati sono stati all’incirca 1.130, con un incremento del 14% rispetto a quelli assegnati nel corso del 2012. Da segnalare, inoltre, 84 ore di formazione gratuita offerta e una costumer satisfaction vicino al 95%. Per completare il quadro, la presenza di 22 aziende leader del settore che hanno supportato e accompagnato il CEI lungo questo cammino grazie a uno spazio espositivo riservato nel quale incontrare i partecipanti ai convegni e distribuire il proprio materiale informativo. I dati raccolti durante questi undici incontri, attraverso la distribuzione e compilazione di un questionario di gradimento da parte dei partecipanti, hanno fatto emergere ottimi risultati in linea con quelli degli anni precedenti. Oltre a un giudizio complessivamente molto positivo sui convegni svolti nel 2013, questi appuntamenti sono stati considerati un utile strumento di aggiornamento professionale dalla quasi totalità degli intervistati. Particolare successo hanno riscontrato gli interventi sulla protezione contro i fulmini e sulle regole di connessione alle reti elettriche BT e MT. Circa la metà di questi giudizi derivano da operatori che avevano già partecipato ad almeno un convegno CEI nell’anno precedente. Dato che evidenzia una

buona diversificazione dei partecipanti ottenuta grazie a un’ottima capacità di diffusione e comunicazione istituzionale. La divulgazione della cultura tecnico-normativa è una precisa e rigorosa scelta istituzionale del CEI e i feedback positivi che ogni anno riceviamo testimoniano il successo degli sforzi verso la formazione e la qualificazione degli operatori del settore, i quali vengono aiutati nella comprensione della normativa tecnica, per renderla il più possibile applicabile. Gli argomenti trattati quest’anno all’interno delle giornate di formazione gratuita sono stati scelti per rispondere alle esigenze dei principali protagonisti del settore, e si sono focalizzati sulle norme CEI di più recente pubblicazione nell’ambito degli impianti domotici e dei sistemi di allarme intrusione, della protezione contro i fulmini, delle regole di connessione alle reti elettriche BT e MT, della documentazione degli impianti per le attività soggette al controllo di prevenzione incendi e degli impianti centralizzati d’antenna. I soggetti istituzionali - soci del CEI (Promotori, di Diritto ed Effettivi) - coinvolti nei diversi appuntamenti sono stati molteplici. I Convegni CEI sono stati patrocinati dal Ministero dello Sviluppo Economico, dalla Federazione Italiana di Elettrotecnica, Elettronica, Automazione, Informatica e Telecomunicazioni (AEIT), dalla Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche (ANIE) e dall’Unione Nazionale Albi Qualificazione degli Installatori (UNAE). Anche i collegi professionali provinciali di periti industriali e ingegneri hanno, come di consueto, supportato gli appuntamenti istituzionali del CEI attraverso la concessione del patrocinio. La partecipazione ai Convegni garantisce, infatti, agli iscritti all’albo il riconoscimento dei crediti formativi professionali ai sensi della Formazione Continua. Quest’anno è stata lanciata una nuova iniziativa anche per il coinvolgimento dei collegi professionali provinciali dei geometri. Tutti questi dati dimostrano sostanzialmente che gli operatori del settore continuano ad apprezzare lo sforzo del CEI nell’adempiere ad uno dei suoi compiti fondamentali, ovvero la divulgazione della cultura tecnico-scientifica attraverso la formazione e qualificazione degli addetti ai lavori, in modo da rendere la normativa tecnica effettivamente comprensibile e quindi applicabile nel lavoro di ogni giorno. I Convegni istituzionali CEI si sono affermati anche per quest’anno come un valido strumento e un’ottima occasione per approfondire i più recenti aggiornamenti normativi in materia di sicurezza dal punto di vista tecnico e legislativo.

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BREVI IMQ

INTEROPERABILITÀ DEGLI APPARECCHI A LED: IMQ E IL CONSORZIO ZHAGA

IMQ, ACCREDITATO DALLA KNX ASSOCIATION, ORA MEMBRO ANCHE DI KNX ITALIA Nell'ambito della Building Automation il laboratorio IMQ è accreditato dalla KNX Association per realizzare interworking and functionality tests sui dispositivi rispondenti allo standard KNX. Il servizio comprende le attività tecniche necessarie per il conseguimento della certificazione KNX. IMQ offre inoltre un servizio per la verifica degli aspetti di sicurezza elettrica, di compatibilità elettromagnetica e radio come

previsti dalle Direttive Europee per la corretta marcatura CE. Grazie a una costante propensione all’innovazione, IMQ è in grado di supportare i propri clienti fin dalle prime fasi di sviluppo di un progetto, ad esempio affiancando specialisti qualificati per l’ottenimento di consulenze firmware e software e, in ambito KNX, per la predisposizione dei functionality descriptors necessari per affrontare le verifiche in modo semplice e snello.

LA PIATTAFORMA DELLA CASA INTELLIGENTE Si chiama Konnex, per brevità KNX, ed è lo standard per la home and building automation. Nasce dall'accordo di tre aziende europee (Batibus, Ehsa, EIB) che hanno unito le loro tecnologie bus per creare un unico sistema di riferimento per la domotica con il quale consentire una solida base di sviluppo comune per software e dispositivi di marche diverse tra loro. Si basa su una intelligenza distribuita che utilizza una linea di trasmissione (rete/bus) in grado di gestire con un unico cavo e un unico protocollo di comunicazione oltre 40mila dispositivi intelligenti collegati ad impianti domotici impiegati nella Home and Building Automation. I dispositivi bus collegati, possono essere di marche differenti e offrire diversi funzioni generiche o specifiche per la domotica, quali sensori e attuatori tramite i quali è possibile controllare apparecchiature di gestione degli edifici come: illuminazione, tapparelle, sistemi di sicurezza, gestione ottimizzata e intelligente dell'energia, impianti termici e di climatizzazione, sistemi di ventilazione, sistemi di segnalazione e monitoraggio. Attraverso l'uso di software per la gestione domotica è possibile eseguire il monitoraggio dell'edificio, gestire in remoto, controllare audio / video, elettrodomestici.

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IMQ è stato il primo ente di certificazione italiano a divenire membro di Zhaga, il consorzio internazionale del settore illuminazione che si pone come obiettivo la normalizzazione delle interfacce dei moduli LED. Risale al febbraio 2010 la nascita di Zhaga, un consorzio internazionale voluto dalle principali aziende del settore, con un obiettivo ben preciso: garantire, nell’ambito dei prodotti a LED, l’interscambiabilità dei componenti. Una finalità tanto ambiziosa quanto utile, visto il rapido sviluppo della tecnologia LED che, grazie all’introduzione di specifiche tecniche relative a parametri dimensionali e fisici, in particolare riguardanti il comportamento fotometrico, elettrico e termico, favorirà un’armonica evoluzione del settore, con vantaggi diretti anche per i consumatori. La standardizzazione Zhaga, infatti, consentirà alle aziende produttrici di crescere in un settore innovativo e offrirà ai consumatori la certezza di acquistare prodotti di illuminazione a LED, di nuova generazione, facilmente sostituibili e interscambiabili. Per i produttori italiani di apparecchi di illuminazione e componenti LED, l’ingresso di IMQ nel consorzio Zhaga, rappresenta l’opportunità di potersi avvalere di un ente italiano che intende proporsi come laboratorio di prova per la valutazione della conformità alle specifiche tecniche Zhaga, e il cui operato è riconosciuto da progettisti, installatori e consumatori.


IMQ NOTIZIE n. 99

IMQ È IN ITALIA IL PRIMO ORGANISMO NOTIFICATO PER LA CERTIFICAZIONE DEI SISTEMI DI PAGAMENTO DEL PEDAGGIO AUTOSTRADALE L'Italia è il secondo Paese in Europa, dopo la Spagna, ad accreditare, tramite Accredia, un organismo, IMQ appunto, per la certificazione dell'interoperabilità dei sistemi di pagamento del pedaggio ai fini del Servizio Europeo di Telepedaggio (SET). Grazie a tale accreditamento, IMQ è stato autorizzato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e iscritto nella banca dati NANDO (New Approach Notified and Designated Organisations) della Commissione Europea come Organismo Notificato, pertanto può applicare la propria competenza su tutto il territorio comunitario. Alla base del SET, il servizio europeo di telepedaggio, vi è l’esigenza di facilitare la circolazione dei veicoli per il trasporto di merci e persone, riducendo la congestione sulla rete stradale europea e migliorando l'impatto sul-

l'ambiente. Obiettivi da cui trarranno vantaggio tutti gli utenti della rete stradale nazionale ed europea, che in futuro potranno effettuare le operazioni di pagamento elettronico dei pedaggi in tutta Europa, grazie a una sola apparecchiatura di bordo e stipulando un unico abbonamento. I SERVIZI OFFERTI Testing e Certificazioni su prodotto e componenti - Conformità alla Direttiva EETS 2004/52/EC: • Layer 1 (physical layer): prove e verifiche funzionali presso i laboratori IMQ. • Layer 2 (data link layer): applicazione dei test cases previsti dalla normativa, supporto alla realizzazione della test suite di prova. • Layer 7 (application layer): project customization sulla base delle specifiche predisposte dal Costruttore, applicazione dei test cases previsti dalla normativa, supporto alla realizzazione della test suite di prova. • Certificazione: emissione di Statement of Conformity to Specification attestanti la conformità del prodotto ai Layer 1, 2 e 7. Verifica interoperabilità sistemi In attesa di una formale pubblicazione da parte della Commissione Europea delle regole e delle procedure di certificazione ai sensi della interoperabilità dei sistemi EETS, IMQ, avendo contribuito attivamente alla loro stesura come membro permanente del Gruppo di coordinamento dei Notified Bodies, è attualmente in grado di rilasciare un Certificato di Interoperabilità attraverso una procedura approvata dall’Authority italiana (Accredia). Conformità alla Direttiva R&TTE 1999/5/EC: • Prove di conformità presso i laboratori IMQ: compatibilità elettromagnetica (EMC), safety, RFexposure e uso efficace dello spettro. • Certificazione: emissione di Expert Opinion in qualità di Notified Body (0051).

SERVIZI PER LA VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE DELLE SOLUZIONI DI FIRMA ELETTRONICA AVANZATA

IMQ è qualificato per la predisposizione di piani di valutazione e certificazione di sistemi o prodotti IT che realizzano soluzioni di firma elettronica avanzata. Può supportare le organizzazione clienti sia nella definizione di Traguardi di Sicurezza (security Target) o di Profili di Protezione (Protection Profile) sia nella formalizzazione di requisiti di sicurezza ICT all’interno di capitolati tecnici di gare. IMQ è l’unico Organismo italiano in grado di garantire una visione d’insieme delle problematiche di qualità e sicurezza ICT assicurando una logica ed una coerenza di intervento unica nel suo genere: è infatti l’unico organismo italiano a rivestire il duplice ruolo di: • Ente accreditato da ACCREDIA come Certificatore rispetto alla ISO 9001 e ISO/IEC 27001; • Laboratorio di Valutazione (LVS) accreditato da OCSI e Centro di Valutazione (CEVA) accreditato da DIS/UCSe ad operare valutazioni formali di sicurezza secondo i Common Criteria (ISO/IEC 15408) e i criteri ITSEC, riconosciute a livello internazionale.

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BREVI IMQ

150 SECONDI PER SPIEGARE IL VALORE DEI PRODOTTI CERTIFICATI

Si chiama Simpleshow e in 2 minuti è in grado di illustrare concetti importanti ma altrettanto complessi quali la blue economy o i rischi derivanti dal riscaldamento del pianeta. Noi di IMQ lo abbiamo scelto per spiegare in maniera immeditata, ma crediamo completa, i vantaggi offerti dai prodotti certificati, le verifiche, i controlli e la sorveglianza ai quali sono soggetti, i motivi per i quali i consumatori in fase di acquisto dovrebbero sempre dar loro la preferenza. Per chi volesse visionare il Simpleshow lo potrà trovare sul nostro canale youtube a questo link: www.youtube.com/watch?v=K2AHxZUQLeY

QUANDO LA SICUREZZA VA “ON AIR”

Il calendario IMQ per il 2014 Muri di ogni tipo, da quelli di mattoni alle palizzate in legno, muri intonacati o lastricati di piastrelle, muri in acciaio, muri colorati o immacolati. Superfici che si prestano come ampi fogli pronti a ospitare aforismi e citazioni. Espressioni di vita, di pensiero e di passioni. Scelte tra tante, cosi?come molte altre avrebbero potuto essere. Scelte anche a ricordare che il pensiero, l’ingegno, la passione possono essere cosi?forti da abbattere anche gli altri muri, quelli che non mostrano ma nascondono, quelli che non uniscono ma dividono. Muri e citazioni, in omaggio anche alla “street art”, in omaggio ad Aldo Palazzeschi quando ricordava come: “Il vero poeta moderno dovrebbe scrivere sui muri, per le vie, le proprie sensazioni e impressioni, fra l’indifferenza o l’attenzione dei passanti”.

Ironia e informazione in onda su Radio 101 per sensibilizzare all’acquisto di elettrodomestici e materiale elettrico sicuro È durata tre settimane la programmazione on air voluta da IMQ per parlare delle aziende che hanno scelto di far certificare i loro prodotti da IMQ. Per ricordare i rivenditori e gli installatori di elettrodomestici, apparecchi di illuminazione, materiale da installazione, che ai loro clienti hanno preferito offrire prodotti garantiti da un marchio di sicurezza. Per parlare dei consumatori, che quando fanno acquisti, stanno attenti a scegliere per la famiglia solo prodotti affidabili. Per chi non avesse avuto l’opportunità di ascoltare spot istituzionali e gag dei conduttori, potrà farlo da questo link: www.imq.it/it/news_media/pubblicita.html

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SCRITTE SUI MURI




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