Elementi 42 - Dicembre 2017 - Marzo 2018

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Ignazio Abrignani

La geotermia, eccellenza a km zero Mons. Rafael Garcia de la Serrana Villalobos

Il Vaticano? Sarà uno Stato a zero emissioni Simone Mori

Decarbonizzare la generazione elettrica Oscar Farinetti

I contadini saranno i nostri maestri Luca Cosentino

Eni Energy Solutions, nel 2018 il primo kWh fotovoltaico Massimo Bello

Liberalizzazione 2019, attenti all’effetto trascinamento Stefano Besseghini

Cambiamenti climatici? C’è Mission Innovation

SPECIALE ENERGIA, IL FUTURO CHE SARÀ

Periodico del GSE Dicembre 2017 - Marzo 2018

Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Efficienza energetica: più posti di lavoro, meno gas e combustibili fossili

Elementi

Claudia Canevari

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RIMETTILI IN FORMA

LA TUA AZIENDA HA BISOGNO DI AVVIARE AL RICICLO CIÒ CHE PRODUCE?

Per una nuova forma, scegli Cobat. Un consorzio storico, nato oltre 25 anni fa, attivo nella raccolta e nel riciclo di pile e accumulatori esausti, apparecchiature elettriche ed elettroniche, moduli fotovoltaici e pneumatici fuori uso. Con Cobat ciò che produci non diventa mai un rifiuto, ma un’importante fonte di nuove materie prime.

ALLA FINE CI PENSIAMO NOI


l’Editoriale di Flaminia Barachini

PIÙ VICINI AI CITTADINI Dalla primavera del 2017 il Gse ha assunto una nuova missione: quella dello sviluppo sostenibile. Allo scopo è stata creata una nuova e omonima divisione all’interno della quale è nata la Direzione Governance che, attraverso la comunicazione, le relazioni istituzionali e gli affari regolatori ha il compito di favorire e creare le giuste condizioni negli ambiti di intervento del Gse per attuare la missione dello sviluppo sostenibile. In che modo? Attraverso due strumenti preziosi: il Conto Termico, che permette alle PA di recuperare risorse vere e proprie da destinare a nuovi progetti; la comunicazione con il territorio che, partendo da un linguaggio politico-istituzionale, attraverso un primo contatto con i Sindaci si dipana - a seconda degli interlocutori - in un linguaggio amministrativo, quando ci si rivolge agli organi istituzionali. Oppure in un linguaggio semplice e dettagliato, se ci si rivolge agli stakeholder e ai tecnici e infine in un linguaggio più diretto e immediato, quando l’interlocutore è il cittadino. In relazione al Conto Termico per le PA, abbiamo creato una documentazione divulgativa con un linguaggio più adatto ai veri destinatari dello strumento: i sindaci, amministratori delle comunità territoriali. Per la comunicazione, invece, c’è da dire che per molto tempo le associazioni di categoria e le aziende interessate hanno scelto di imporre i progetti dall’alto, favorendo il fenomeno del Nimby – not in my back yard (non nel mio giardino!). Si è compreso invece che è molto difficile realizzare progetti di sviluppo sostenibile senza la partecipazione delle comunità territoriali: quando si realizzano progetti e interventi sul territorio che coinvolgono i cittadini, la comunicazione è il punto di partenza, non il punto di arrivo. Si tratta quindi di adottare un cambio di prospettiva. Per farlo si deve conoscere il territorio, ascoltare e capire quali sono le priorità delle persone che lo vivono, per poi scegliere il progetto migliore e cominciare a realizzarlo. Importanti in tal senso sono gli incontri con i Comitati territoriali o le piattaforme di dialogo on-line, in cui tutti i cittadini

possono partecipare pubblicando contributi sui temi o avanzare nuove proposte. Così come favorire l’educazione che, come dichiarava Nelson Mandela, è lo “strumento più potente per cambiare il mondo” ( su questo il Gse attraverso il progetto “A scuola di energia” sta già dando il proprio contributo). Non è un caso che spesso nelle comunità territoriali favoriamo progetti di ristrutturazione per l’efficientamento energetico di edifici scolastici, che diventano così modello e esempio di sviluppo sostenibile per i bambini e attraverso di essi per le loro famiglie. In tal modo, perseguendo la missione dello sviluppo sostenibile, il Gse diviene ancora di più un'azienda pubblica vicina alle esigenze delle comunità territoriali e delle Pubbliche Amministrazioni che le governano.

*Direttore Governance Gse

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Registrazione Chiuso in redazione In copertinapresso il Tribunale di Roma il 22 febbraio 2012 “Coppia regale con bassotto”, 2001, paravento n.105/2001 del 15.03.2001

di Anna Addamiano

Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001 GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680111 F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it

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Chiuso in redazione il 27 novembre 2017

in

Elementi è visibile in internet ai siti www.gse.it legno cm 135x180 corrente.gse.it

Elementi, house organ del gruppo GSE è visibile in internet al sito www.gse.it

GME AU Largo Giuseppe Tartini, 3/4 Guidubaldo Del Monte, 72 GSE 00198 Roma 00197 Roma Viale M.llo Pilsudski, 92 T- 00197 Roma +39 0680121 T +39 0680101 T +39 0680111 - F +39 0680114392 F +39 0680124524 F +39 0680114391 info@gse.it info@mercatoelettrico.org info@acquirenteunico.it www.gse.it www.mercatoelettrico.org www.acquirenteunico.it

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RSE Via R. Rubattino 54 20134 Milano T +39 0239921 F +39 0239925370 www.rse-web.it

Elementi

Anno 2017 Si ringraziano 2012 n. n.42 25 Foto Dicembre 2017 – Marzo 2018 per la collaborazione marzo 2012 Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato alla realizzazione di Elementi iStockphoto.com Anev Direttore Si ringrazia Fabrizio Mariotti Direttore Responsabile Responsabile Direttore Editoriale Archimede SRL Romolo Paradiso per la collaborazione (la vignetta di Fama) Romolo Paradiso Fabrizio Tomada Attackit alla realizzazione Gabriele Masini Redazione Banca Intesa San Paolo Hanno di Elementi Danielecollaborato Mendozzi Segreteria di e Amministrazione Banca Popolare(Prometeo) di Sondrio a questo numero Adn Kronos Gennaro Niglio redazione e pubblicità Viale M.llo Pilsudski, 92 Centro Documentazione Roberto Antonini Anev Ilaria Proietti Gabriella Busia 00197 Roma Giornalistica Luca Benedetti Axpo Italia Andros Racchetti gabriella.busia@gse.it Jinko Editore Edoardo Borriello BancaSolar Intesa San Paolo Claudio Ramoni tel. 06. 80114648 IBartucci Casco S.p.A GSE Alessandro Buttà Sallie Sangallo Inergia Fausto Carioti Centro Documentazione Luca Speziale In redazione Segreteria di Leitwind Giornalistica Livia MariaCatena Pia Terrosi Gabriella Busia redazione e pubblicità Egl Cobat Valter Cirillo Tommaso Tetro Maurizio Godart Gabriella Busia Enel F2 Mauro Vincentiis Valeria De Vanni gabriella.busia@gse.it Eneco Energia Grastim Vittorio Esposito Elena Veronelli Collaborazione tel. 06. 80114648 Energethica Gruppo Italia Energia Luca Benedetti redazionale Energy IVPC Med Jacopo Giliberto Progetto Grafico Mauro De Vincentiis Collaborazione Eni Pianeta Terra Piergiorgio Imaginali Liberati redazionale International Punto Com Power Carlo Maciocco Comitato redazione Mauro Dedi Vincentiis Nuova Cma QualEnergia Romina Maurizi Realizzazione grafica Romolo Paradiso Punto Com Comitato di redazione Rinnovabili.it Fabrizio Mariotti Imaginali Gabriella Busia Re Power Quotidiana Romolo Paradiso Staffetta (La vignetta di Fama) Claudia Delmirani Reed Expo Gabriella Busia Gabriele Masini Realizzazione impianti Maurizio Godart Solar Expo Livia CatenaLiberati Giusi Miccoli e stampa Piergiorgio Studio Bartucci S.r.l Natascia Falcucci Michele Panella Arti grafiche Tilligraf Guido Pedroni Guido Pedroni Ilaria Via delProietti Forte Bravetta, 182 Terna Luca Speziale Yingli Solar Luca Speziale Andros Racchetti 00164 Roma Antonio Rizzi Editing Editing Foto Maria Pia Pia Terrosi Terrosi Maria Un particolare Fototeca Elementi ringraziamento Progetto grafico Fototeca AndreaaAmato Hanno collaborato Francesco Trezza e questo impaginazione Adobe stock a numero Imaginali Andrea Amato Redazione e Roberto Antonini Realizzazione Amministrazione Stefano Besseghini impianti stampa Edoardo e Borriello Arti grafiche Tilligraf Elementi è distribuito presso ­­­­P er le riproduzioni dei testi, Viale M.llo Pilsudski Alessandro Buttà Via del Forte Bravetta, 182 anche le principali rappresentanze n.92 se parziali, è fatto Libero Buttaro diplomatiche italiane all’estero. 00164 Roma obbligo di citare la fonte 00197 Roma Fausto Carioti Stefania Concari Editore Mauro De Vincentiis GSE ad Impatto Zero®. Gianluca Di Carlo Rivista Vittorio Esposito Compensate le emissioni di CO2 generate Per le riproduzioni dei testi, Jacopo Giliberto per la produzione e stampa. anche se parziali, è fatto obbligo Giacomo Giuliani di citare la fonte. Maurizio Godart In copertina “Il pescatore di Perle” Roberto Laurenti Tecnica mista su tavola cm 250x200 di Angelo Piergiorgio Liberati Colagrossi

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Virgolette di Romolo Paradiso

CHE RICCHEZZA DAI RIFIUTI! Sei chilometri quadrati è il territorio che in Europa occupano i siti destinati a discariche. Cinque miliardi di tonnellate i rifiuti lì contenuti. Da questi, secondo una stima fatta da Eurelco, il consorzio europeo per lo sfruttamento minerario delle discariche, il così detto landfill mining, si potrebbe estrarre, per un periodo di 25 anni, il 5% del fabbisogno annuale di materiali del continente. Con quale risparmio? Ben 7 miliardi di tonnellate equivalenti petrolio, soddisfacendo il 3% degli obiettivi Ue nelle fonti rinnovabili al 2020. Non è roba di poco conto. Anzi. Nell’economia che oggi chiamiamo “circolare” dovremmo comprendere anche questo tipo di riciclo, quello cioè di materiali che fino a ora non vengono trattati e che invece possono essere fonte di un’ulteriore ricchezza. Si tratterebbe, naturalmente, di operare su un doppio binario. Da un lato il riutilizzo dei materiali e dall’altro la bonifica, o meglio, il ricollocamento delle discariche dai centri urbani o semi urbani, dove rappresentano un pericolo ambientale, in aree adeguate in linea con le direttive europee in materia. Direttive come quella del 1999 che impongono misure chiare per evitare la contaminazione territoriale prodotta dagli inquinanti seppelliti nelle discariche, con costi, che sempre secondo Eurelco, si aggirerebbero intorno ai mille miliardi di euro solo per la bonifica dei siti più a rischio. Costi che si potrebbero ancora evitare se Bruxelles pensasse di ridurre i rifiuti smaltiti in discarica al 5% della produzione

complessiva da oggi al 2030. Spesa che però potrebbe essere attutita proprio dalla trasformazione delle discariche in miniere, dalla cui creazione ne scaturirebbero una nuova fonte di approvvigionamento di materiali e la possibilità di creare almeno 800mila nuovi posti di lavoro. Intanto, in attesa di una normativa ad hoc che arrivi da Bruxelles, qualcosa si muove. Ci sono i primi finanziamenti per alcuni importanti progetti, come quello dello sfruttamento della discarica di Reno, la più grande del Belgio, che dovrebbe divenire il primo progetto commerciale di landfill mining del mondo. Investimento previsto, 230 milioni di euro. Si pensa che almeno il 40% del materiale lì sottostante possa essere riutilizzato. Parliamo di sei milioni di tonnellate di vetro, metalli terrosi e non, carta, ceramica, tessuti e legno. Il rimanente servirà per produrre energia, la cui efficienza sarà migliore, in termini di pulizia, della solita termovalorizzazione, grazie a un gassificatore inglese al plasma della Advanced Plasma Power. L’impianto di Reno genererà energia utile per circa 200mila famiglie per un periodo non inferiore a venti anni. Alla fine della fiera nulla rimarrà inutilizzato. Tutto avrà avuto la sua destinazione di utilità. Ci sembra un buon viatico per iniziare a dare seguito a questa innovativa iniziativa, le cui ricadute non potranno che essere positive in termini ambientali, occupazionali e energetici.

Elementi 42

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rubriche

03 l’E l’Editoriale 05 “

primo piano

08 P° il Punto 66 Vi Verifiche e ispezioni 94 En

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Colloquio con Ignazio Abrignani

La geotermia, eccellenza a km zero

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Dialogo con Reverendo Rafael Garcia de la Serrana Villalobos

Il Vaticano? Sarà uno Stato a zero emissioni

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Il parere di Simone Mori

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Confronto con Luca Cosentino

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Dialogo con Oscar Farinetti

Decarbonizzare la generazione elettrica

Elementi Normativi

Eni Energy Solutions, nel 2018 il primo kWh fotovoltaico

96 Be Bizzarre Energie 103 Fo La Foto di Andrea Amato 110 Bi

I contadini saranno i nostri maestri

Speciale

28 Energia, il futuro che sarà

Biblioteca

mercato energetico

111 Mp Fn Mondo Piccolo e Filo di Nota 112 E+ Energia, letteratura, umanità 113 Co la Copertina 114 Cc Controcopertina

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Intervista a Claudia Canevari

Obiettivo 2030: + 400.000 posti, + 12 % di gas, - 70 miliardi per combustibili fossili

Virgolette

Elementi

10

38 Fine della maggior tutela: sia un percorso efficiente

di Luca Speziale

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Conversazione con Massimo Bello

Attenti all’effetto trascinamento

Elementi 42


energia

42 Cambiamenti climatici? C’è Mission Innovation

di Stefano Besseghini

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Il parere di Vittorio D’Ermo

Il clima incide, servono rimedi

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Confronto con Giovanni Valotti

Ora una strategia idrica nazionale

82 L’idrogeno che verrà 84 Risorse al vento energia e ambiente

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A tu per tu con Enrico Giovannini

Sviluppo sostenibile, c’è tanto da fare

90 Sostenibilità in…Comune:

50 Il made in Italy avvicina la fusione nucleare gli investimenti si fanno green 54 La tecnologia Blockchain, sfide energia del pensiero e opportunità anche per il settore energetico 98 efficienza energetica Favola

Marcel pêche la fortune

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Incontro con Simona Camerano

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Il punto di vista di Roberto Olivieri

Efficienza energetica, serve accelerare Premiare gli strumenti avanzati

arte e architettura in luce

104 Il Cretto, la forza della memoria

64 Quanto vale l’efficienza? energia rinnovabile

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Dialogo con Giovanni Battista Zorzoli

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Il pensiero di Stefano da Empoli

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Il punto di vista di Emilio Sani

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A tu per tu con Gianfranco Milani

Le tante transizioni dell’energia

Nuovi regolamenti e meccanismi di remunerazione stabili

Serve un sistema di generazione decentrato

Sommario

Italia terreno fertile per la cogenerazione

80 Rinnovabili, investimenti

‘DA’ e ‘IN’ Italia per 5,7 mld. Eolico Star Elementi 42

So


Transizione energetica

Mi sorge un dubbio Il dubbio non è più “se” ci sarà la cosiddetta transizione energetica. Oggi il dubbio è “quando”. Quando avverrà il passaggio alle nuove tecnologie? Ai nuovi modi di produrre e consumare? C’è chi fa fretta. L’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) da Parigi - dopo anni di previsioni intonate al minimalismo estremo - per la prima volta quest’autunno pare diventata entusiasta e nello studio sulle fonti rinnovabili di energia coordinato da Paolo Frankl, preconizza il grande passaggio dal 2017 al 2022. Il direttore Fatih Birol ha stimato che gli investimenti nelle fonti rinnovabili di energia superino per la prima volta quelli destinati al carbone. Nei prossimi cinque anni – assicura il celebre economista al vertice dell’Aie - nel mondo si

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Elementi 42


costruiranno centrali elettriche “pulite” per una potenza complessiva di un milione di megawatt, pari alla metà di tutte le centrali a carbone costruite negli ultimi 80 anni. Di questi nuovi impianti alimentati con energia rinnovabile la fetta maggiore, 440mila megawatt, verrà dai pannelli fotovoltaici. Altri esperti sono assai più cauti. È il caso dell’economista dell’energia Alberto Clô, secondo il quale non bisogna correre troppo: le transizioni energetiche (il passaggio al carbone e poi la tecnologia del petrolio) hanno impiegato decine d’anni per compiersi e diventare gli standard energetici. E comunque (avverte Clô) le transizioni non sono mai conversioni complete: le tecnologie del carbone sono ancora solidamente diffuse, nemmeno quelle del petrolio saranno soppiantate: si ritireranno alla periferia del mondo e in alcune resteranno insostituibili. Ma le fonti rinnovabili sono solamente uno degli aspetti della transizione. L’aspetto centrale è la tecnologia: la tecnologia dell’energia pulita, sommata con le tecnologie elettroniche, sommata con le efficienze sempre maggiori nella produzione e nel trasporto della corrente sposteranno velocemente gran parte dei fabbisogni energetici verso l’elettricità. Saranno elettriche le applicazioni che oggi usano altre modalità energetiche. A cominciare dal riscaldamento e dalla mobilità. L’auto elettrica è forse il simbolo di questo passaggio e anche in questo caso il dubbio non è “se” sarà elettrica l’automobile, prodotto iconico del mondo moderno, ma “quando”. Da un secolo l’automobile è il totem del mondo moderno. Più del treno, mezzo collettivo, e più dell’aereo con i suoi vincoli fisici, l’automobile ha liberato l’umanità dalla schiavitù della zolla. E l’automobile sta cambiando in modo più veloce del previsto verso l’alimentazione elettrica. L’unico vincolo tecnologico è ancora quello della batteria, non ancora pienamente competitiva rispetto al motore termico, vincolo che viene superato nelle vetture aggiungendo batterie a batterie senza però riuscirne ad accrescere l’immutata capacità della singola cella. Lo scarto definitivo accadrà quando la tecnologia avrà trovato un modo diverso di conservare una carica elettrica. Ma già oggi, con le vetture elettriche disponibili sul normale mercato automobilistico, il consumatore può rivoluzionare il suo mondo, e il nostro. Ecco come. A parere di Johannes Teyssen amministratore delegato del colosso tedesco dell’energia E.On, la tecnologia della transizione consentita dalle fonti rinnovabili e dell’informatica ha tre caratteristiche che sconvolgeranno il settore: energia pulita, prodotta sul luogo di consumo, prodotta dal consumatore stesso. Scordiamoci che il mondo dell’energia sarà come lo vediamo oggi e come l’hanno visto i nostri padri e nonni. Nel caso dell’automobile, i tre segni delineati da Teyssen si manifestano quando il proprietario dell’auto è anche padrone della rimessa in cui l'auto viene posteggiata, ed è anche il proprietario dei pannelli solari che caricano le batterie di quella vettura. Energia pulita, prodotta sul luogo di consumo, prodotta dal consumatore stesso. Non ci sarà (ma non è fantascienza: già oggi c’è chi lo fa) alcuna dipendenza dalle forniture di benzina, né alcuna dipendenza dalla società elettrica. Via dalle accise petrolifere, via dagli oneri di sistema, via dalla distribuzione elettrica, via da tutto. Ecco perché società elettriche come E.

On o Enel guidata da Francesco Starace parlano un linguaggio nuovo che a qualcuno parrà visionario. Di fronte a questo scenario, il mercato deve farsi trovare pronto con servizi, con nuove funzioni, con la capacità di non perdere il cliente. Le istituzioni, le autorità di regolazione, le società pubbliche che gestiscono i servizi energetici, i mercati e anche numerose aziende del segmento, si trovano davanti allo stesso dilemma, munite spesso di strumenti polverosi e inadeguati. Che accadrà delle società energetiche meno pronte? Che accadrà se una parte rilevante di cittadini uscirà dalle reti elettriche o dai consumi petroliferi, che sono uno dei fondamenti più rilevanti di incasso fiscale?

P° il Punto di Jacopo Giliberto

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primo piano Efficienza energetica

L'obiettivo 2030 +400.000 posti di lavoro, -12% di gas, -70 miliardi per combustibili fossili

INTERVISTA A CLAUDIA CANEVARI Vice-capo dell’Unità Efficienza Energetica della Direzione Generale Energia della Commissione Europea Questo l’obiettivo al 2030, secondo gli studi effettuati dalla Commissione. Inoltre, riduzione dei costi dell'assistenza sanitaria di più di 8 milioni di euro all'anno.

Claudia Canevari - Vice-capo dell’Unità Efficienza Energetica della Direzione Generale Energia della Commissione Europea

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di Elena Veronelli


L’Europa e l’efficienza energetica: i prossimi obiettivi e le strategie per incentivare il settore. Ne parla in questa intervista Claudia Canevari, Vice-capo dell’Unità Efficienza Energetica della Direzione Generale Energia della Commissione Europea. E: A che punto sono i Paesi europei sul fronte efficienza energetica? CC: Molto è stato fatto dall'Unione europea in materia di efficienza energetica. Se gli Stati membri continueranno con l'attuazione della legislazione e con i programmi previsti, l'obiettivo di ridurre i consumi di energia del 20% entro il 2020 sarà raggiunto. Infatti, già nel corso del 2014, il consumo di energia primaria era solo dell'1,6% superiore all'obiettivo per il 2020, vale a dire 1483 Mtep. Il consumo di energia finale, nel 2014, è stato addirittura del 2,2% al di sotto dell'obiettivo del 2020 (pari a 1086 Mtep). Le analisi effettuate mostrano che la riduzione del consumo di energia primaria dal 2005 al 2014 è stata principalmente dovuta alla riduzione dell'intensità energetica. In altre parole, il consumo di energia primaria sarebbe stato più alto del 23% nel 2014, se l'intensità energetica non fosse migliorata a partire dal 2005. Sembra che la crisi economica, le modifiche nel mix dei carburanti e i cambiamenti

strutturali del settore dell'energia abbiano giocato un ruolo minore. La maggior parte dei Paesi membri ha diminuito il proprio consumo energetico primario e finale tra il 2005 e il 2014 con un trend che, se mantenuto, permetterà di raggiungere i loro obiettivi indicativi nazionali al 2020 per l'energia primaria e finale. Dati dettagliati sono disponibili nel Rapporto adottato dalla Commissione il 1° febbraio 2017 sul progresso degli Stati membri nel corso del 2014 per il raggiungimento degli obiettivi in materia di efficienza energetica e per il recepimento della Direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica. E: Quali sono i settori che necessitano di maggiori interventi? E quelli più virtuosi? CC: Dal Rapporto della Commissione risulta che, nel 2014, il settore che ha consumato maggiore energia finale è stato quello dei trasporti (33,22%). L'industria al secondo posto (25,89%), seguito dal settore residenziale (24,80%) e da quello dei servizi (13,31%). E: Come si sta muovendo l'Europa per incentivare il settore? CC: La strategia per l'Unione dell'energia, adottata dalla

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Quota dei consumi finali lordi di energia coperta da FER Overall target fissato dalla Direttiva 2009/28/CE

7,5

2005

8,3

2006

9,8

2007

Dato rilevato (%)

11,5

2008

12,8

2009

15,4

16,7

17,1

17,5

13,0

12,9

8,1

8,6

9,2

9,9

10,5

11,2

12,0

12,9

13,8

15,1

17,0

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

Traiettoria PAN (%)

Fonte: Qualenergia.it

Commissione il 25 febbraio 2015, mira a garantire all’Europa energia sicura, economicamente accessibile e rispettosa del clima. Si basa su cinque dimensioni, strettamente collegate e che si rafforzano reciprocamente, tra cui l'efficienza energetica, e su quindici punti di azione. La strategia non riguarda solo clima e energia, ma mira anche ad accelerare la modernizzazione dell'economia dell'UE, per renderla a basso consumo di carbone, efficiente e socialmente equa. Per attuare tale strategia la Commissione ha adottato, il 30 novembre 2016, il pacchetto "Energia pulita per tutti gli europei", che rappresenta il più ambizioso e organico piano in materia di energia dell'UE. Uno degli obiettivi del pacchetto è "prima l'efficienza energetica", proprio perché l'energia più sicura, sostenibile e conveniente è quella che non si consuma. L'efficienza energetica va vista come una fonte di energia in sé stessa. Il pacchetto contiene le proposte per modificare la Direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica e la Direttiva 2010/31/UE sull'efficienza energetica degli edifici, per renderle più idonee al raggiungimento degli obiettivi del 2030. Viene, anche, lanciata l'iniziativa "Smart Financing for Smart Buildings”, per facilitare gli investimenti privati nel settore dell'efficienza energetica degli edifici. Dato che gli edifici nell'UE sono in larga percentuale inefficienti, il loro rinnovo potrebbe ridurre drasticamente il consumo di energia, e quindi le spese inerenti, e migliorare la qualità della vita degli occupanti.

CC: L'obiettivo del 30% al 2030 potrà creare 400.000 posti di lavoro, ridurre le importazioni di gas in Europa del 12%, far risparmiare 70 miliardi di euro di importazioni di combustibili fossili e ridurre i costi dell'assistenza sanitaria di più di 8 milioni di euro all'anno. Il potenziale di sviluppo per l'industria nell'ambito dell'efficienza energetica è significativo. Ci si aspetta, per esempio, che le modifiche proposte dalla Commissione per le due direttive in materia di efficienza energetica favoriranno la competitività delle industrie europee, soprattutto nei settori che producono e forniscono materiali e tecnologie capaci di migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, per via dell'atteso sviluppo del mercato pari a 23,8 miliardi di euro entro il 2030. Inoltre, tali modifiche legislative favoriranno la creazione di un mercato per la piccola e media impresa con un valore compreso tra gli 80 e i 120 miliardi di euro. Anche se bisognerà aspettare la fine del processo legislativo per godere appieno di questi benefici, molti vantaggi nascono dalla legislazione esistente. Per quanto riguarda l'occupazione, gli studi mostrano che investire nell'efficienza energetica potrebbe portare alla creazione di un numero di posti di lavoro maggiore di 2.5 – 4 volte rispetto agli investimenti in materia di petrolio e gas naturale. E: Una stima di quanto possono essere abbattuti i consumi energetici con un radicale piano di risparmio energetico?

E: Prossimi obiettivi? CC: Il Consiglio Europeo dell'ottobre 2014 ha stabilito che l'obiettivo dell'Unione europea in materia di efficienza energetica per il 2030 deve essere almeno del 27%. Allo stesso tempo, ha chiesto alla Commissione di rivedere questo obiettivo entro il 2020, "avendo in mente un obiettivo del 30%". La Commissione, pertanto, nell'ambito del pacchetto sull'"Energia pulita per tutti gli europei", ha proposto di portare al 30% l'obiettivo 2030 in materia di efficienza energetica. E: Oltre che sull’ambiente, l’efficienza energetica ha effetti positivi anche sull’economia e sull’occupazione. Su questi due fronti qual è la situazione oggi?

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CC: È difficile dare una stima generale, dato che l'abbattimento dei consumi di energia dipende da moltissimi fattori. Le potenzialità dei risparmi energetici sono state esaminate in modo dettagliato negli studi d'impatto, che accompagnano le proposte della Commissione del novembre 2016. Anche le disposizioni sull’efficienza energetica per i prodotti, stabilite dalla legislazione sull’ecodesign, e le etichette sul consumo energetico contribuiscono a ridurre i consumi. Ciascuno Stato membro fissa il proprio obiettivo nazionale indicativo sulla base dell'articolo 3 della Direttiva sull'efficienza energetica e provvede al suo raggiungimento attraverso misure elencate nel Piano Nazionale per l'efficienza energetica. I piani nazionali degli Stati membri sono pubblicati sul sito europa.eu.



primo piano

La geotermia, eccellenza a km zero COLLOQUIO CON IGNAZIO ABRIGNANI Presidente dell’Associazione dei parlamentari per lo Sviluppo sostenibile e vice Presidente della Commissione Attività produttive della Camera Ignazio Abrignani - Presidente dell’Associazione dei parlamentari per lo Sviluppo sostenibile e vice Presidente della Commissione Attività produttive della Camera

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Elementi 42


Le prospettive delle rinnovabili in Italia alle prese non solo con una maturità da strutturare nel panorama energetico italiano, ma anche con note inefficienze del sistema, come l'onnipresente peso della burocrazia. 'Elementi' ne ha parlato con Ignazio Abrignani, deputato Ala, Presidente dell’Associazione dei parlamentari per lo Sviluppo sostenibile e vice Presidente della Commissione Attività produttive della Camera. Una situazione nella quale a giudizio del parlamentare agire per sburocratizzare i processi autorizzativi potrebbe risultare in uno slancio ad esempio per il repowering degli impianti eolici, pratica che aumenterebbe la produttività del settore dell'energia del vento senza occupare nessuna ulteriore porzione del prezioso territorio italiano. Ma oltre a ciò Abrignani indica anche l'opportunità di puntare su una vera e propria eccellenza energetica italiana ' a km zero', e cioè la geotermia. Il tutto, però, senza dimenticare due temi cruciali: l'efficienza energetica e le politiche europee di settore.

E: Come vede la prospettiva delle rinnovabili in Italia?

di Roberto Antonini

E: Ad esempio?

IA: Le rinnovabili hanno avuto un grande successo che ci è stato riconosciuto anche all'estero, ad esempio in relazione agli obiettivi della Cop21 per i quali l'Italia è ai primi posti in Europa. Quindi, la nostra soddisfazione come Paese è quella di migliorare l'ambiente di tutto il mondo. Da un punto di vista interno c'è stato un calo nella richiesta di energia complessiva dovuta alla crisi, mentre nel settore idroelettrico invece abbiamo avuto un calo nella produzione a causa della grande siccità. In tutto ciò è uscito in ritardo il decreto Fer sulle rinnovabili atteso da tempo dagli operatori; ci dovrà essere un nuovo decreto in gennaio anche se in questi giorni siamo attenti soprattutto all'elaborazione della Nuova Strategia energetica nazionale da parte dei ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo economico. Come vede l'elaborazione della Sen? Le indicazioni che abbiamo sono nel segno della continuità, però forse è il caso di riequilibrare all'interno: sia sotto il profilo del costo degli incentivi, visto che ormai la bolletta è stracarica di costi e dobbiamo cercare di abbassarli, sia sotto il profilo dello sviluppo di ulteriori fonti di energia pulita.

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Il repowering, che è semplicemente l'efficientamento della struttura, sarebbe molto più favorito perché potrebbe usufruire della vecchia autorizzazione paesaggistica, quindi il processo dovrebbe essere più veloce. E: Velocità essenziale con la bizantina burocrazia italiana che frena ogni iniziativa annegandola in un mare di carte, sia che si tratti di nuove installazioni che di variazioni sulle esistenti, a sentire gli operatori. IA: Dovremmo lavorare su sburocratizzazione e semplificazione degli iter autorizzativi. L'eolico oggi ha un grandissimo potenziale, dobbiamo cercare di aiutarlo e incentivarlo, soprattutto creando le condizioni per una semplificazione. E: E sul fronte dell'eolico offshore vede possibilità di sviluppo? IA: Sull'offshore obiettivamente la costruzione è molto più onerosa. Si deve stare attenti ad alcuni aspetti. Ad esempio a un certo punto è venuta fuori la tassazione sugli 'imbullonati' (macchinari di grandi dimensioni i quali affinché non si muovano devono essere fissati al suolo diventando fiscalmente potenzialmente immobili, ndr) che penalizzava molto l'eolico, mentre la parte da tassare è solo quella che produce energia, la gondola, non tutta la colonna. Ecco, su questo dovremmo cercare di realizzare un'incentivazione con una forma di detrazione fiscale molto forte, agendo comunque anche su altre forme di incentivazione, perché sappiamo che l'eolico offshore è molto costoso. Però indubbiamente a mio parere l'offshore può dare molte opportunità perché vi sono una possibilità e una potenzialità di vento molto forte. Tenendo conto però che l'aspetto paesaggistico va sempre tenuto in grande considerazione, visto che ci sono aree marine da tutelare assolutamente. IA: Da tempo conduco una battaglia sulla geotermia, un'energia che si svilupperà nel nostro Paese con infrastrutture e tecnologia italiana. Di recente è stata lanciata anche quella 'a emissioni zero', assolutamente non inquinante. Per cui rinnovabili sì, ma con un loro riequilibrio e soprattutto intervenendo con una contribuzione di incentivo che sia molto più equilibrata. E: Ci sono dei modelli a cui pensa? IA: Si parla, di recente, e la cosa mi trova favorevole, di predisporre per alcuni settori al posto degli incentivi di contratti d'acquisto di energia a prezzo fisso nel tempo che garantirebbero dei business plan adatti. Questo, sul modello dei Production purchase agreement (Ppa) già in uso all'estero, mi sembra un discorso interessante. Con questo modello so di avere delle entrate fisse al di là delle fluttuazioni del prezzo dell'energia, una buona strada che non turba assolutamente il mercato. E: Altro tema interessante nel panorama italiano è quello del futuro dell'eolico, del suo ruolo, della sua accettabilità e anche del suo rinnovo, visto che oggi le pale iniziano ad avere qualche anno e sul mercato ve ne sono di ben più produttive. IA: L'eolico è una fonte assolutamente da perseguire e sviluppare ulteriormente, ma un aspetto fondamentale è quello del repowering. Oggi creare una nuova installazione eolica potrebbe avere dei problemi a livello paesaggistico o infrastrutturale.

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E: Conservare e sviluppare la nostra forza nelle rinnovabili potrebbe aprirci anche spazi europei: penso ad esempio ai cambiamenti in corso nella politica energetica della Germania, alle prese con l'Energiewende. IA: In Commissione lavoriamo molto sui provvedimenti in arrivo dall'Unione europea: o riusciamo a creare una strategia energetica europea sulla quale puntare oppure, se ognuno fa solo il proprio, noi rischieremo sempre di rimetterci. Non vorrei che altri continuassero a investire su energie inquinanti ma forti, mentre noi continuiamo a puntare solo sulle rinnovabili. Per fare un esempio chiudo con uno dei miei cavalli di battaglia: l'efficienza energetica che dovrebbe diventare il nuovo Piano Marshall per l'Italia, mettendoci risorse e credendoci. Di analisi della situazione energetica degli edifici, piuttosto costose per le imprese, in Italia ne abbiamo fatte lo scorso anno 15 mila secondo dati Enea, ma tutta l'Europa assieme ne ha fatte sempre 15 mila. Insomma, o si va tutti dalla stessa parte o l'Italia non può essere l'unica a restare penalizzata. L'augurio è che si riesca a costruire una strategia energetica europea nella quale si dica davvero da che parte si deve andare.


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primo piano

Il Vaticano? Sarà uno Stato a zero emissioni DIALOGO CON REVERENDO RAFAEL GARCÍA DE LA SERRANA VILLALOBOS Direttore dei Servizi Tecnici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano

Reverendo Rafael García de la Serrana Villalobos - Direttore dei Servizi Tecnici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano

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Il Santo Padre ha sollecitato particolare attenzione al tema e ci spinge verso questa via sin dall’inizio del Pontificato. Stiamo lavorando con enti che operano anche in altri Paesi per il raggiungimento dei medesimi risultati. Riteniamo che il Vaticano possa essere un “laboratorio” di queste iniziative, per renderle applicabili a livello internazionale.


di Elena Veronelli

Le emissioni in Italia negli anni Consuntivi e target europei Dati in MtCO2eq

Il Vaticano inteso come “laboratorio” di iniziative volte ad azzerare le emissioni di C02, “per renderle poi applicabili a livello internazionale”. Il tutto per un mondo a zero emissioni. Ne parliamo con il Reverendo Rafael García de la Serrana Villalobos, direttore dei Servizi Tecnici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

TARGET EUROPEO

522 418

417 313 104

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E: Tra gli obiettivi del Vaticano c’è quello di diventare il primo Stato al mondo a emissioni zero? Con quali tempi? 1990

RGDLSV: Di sicuro puntiamo a diventare uno Stato con il minor numero di emissioni possibili. Tuttavia, nonostante le innovazioni tecnologiche, rimangono ancora degli ostacoli e per affrontarli e risolverli tutti ci vuole ancora del tempo. Ma stiamo lavorando in questa direzione. E: La vostra ambizione di diventare uno Stato a emissioni zero è esemplare, soprattutto in una fase storica in cui l’amministrazione americana si sta dissociando dagli accordi globali sul clima. RGDLSV: Da tempo il Vaticano persegue il fine dell’ottimizzazione energetica, anche quando altri grandi Paesi non erano ancora sulla stessa linea. Le cose possono cambiare ma la volontà di un Paese non pregiudica certo quella di tanti altri. Il Santo Padre ha sollecitato particolare attenzione al tema e ci spinge verso questa via sin dall’inizio del suo Pontificato ed anche con i precedenti Pontefici si era avviato un programma di salvaguardia del creato inteso come preservazione della natura. E: Pensate che altri Stati possano raggiungere gli stessi vostri risultati? Come? Quali politiche dovrebbero perseguire? RGDLSV: Siamo certi che altri Stati sono attualmente impegnati nel perseguire risultati importanti circa le emissioni zero attraverso delle politiche ambientali condivise. Stabilire dei percorsi comuni a livello normativo e quindi industriale, pensiamo sia una delle cose determinanti ai fini del raggiungimento di un risultato unitario per ridurre le emissioni nocive per l’ambiente. D’altra parte stiamo lavorando con Enti che operano anche in altri Paesi per raggiungere i medesimi risultati. In questo senso riteniamo che il Vaticano possa essere considerato come un “laboratorio” di queste iniziative, per renderle poi applicabili a livello internazionale. E: Troppo utopistico pensare a un intero pianeta a zero emissioni? RGDLSV: No. Ma sarebbe utopistico, nonostante le importanti innovazioni in atto in tutto il pianeta, pensare di riuscirci in termini brevi. Dalla Rivoluzione industriale sino a pochi anni fa si è lavorato in senso opposto, pensando che l’ecosistema mondo abbia risorse e capacità di rinnovamento illimitate. Oggi sappiamo bene che non è così ed invertire la tendenza è difficile ma ci si può riuscire, soprattutto facendo crescere bene i Paesi cosiddetti in via di sviluppo.

2014

2020

2030

2050

Fonte: Il Sole 24 ore

E: Che rapporto c’è tra degrado morale e ambientale? RGDLSV: C’è un rapporto molto stretto, poiché vivere in un ambiente degradato non aiuta ad innalzare il livello della propria moralità; viceversa vivere senza una morale non porta al rispetto della natura che ci circonda. Bisogna saper vincere anche il sentimento del lasciarsi andare o del dire “tanto va così”. Vivere in uno spazio pulito e dignitoso aumenta il senso delle proprie responsabilità, la capacità di gestire meglio le cose che sono intorno a noi ed è utile ai fini di una vita migliore. La Terra l’abbiamo solo in prestito per il tempo del nostro passaggio in questa vita terrena, sarebbe bello riuscire a consegnarla alle generazioni future meglio di come l’abbiamo ereditata. E: Può aiutare una buona comunicazione ad aumentare il rispetto per l’ambiente? Come? RGDLSV: In tempi come questi in cui tutti siamo collegati con tutti, la comunicazione è fondamentale. A volte può divenire conoscenza, e la luce della conoscenza illumina, magari riuscendo a far trovare la maniera giusta per comprendere le cose nel migliore dei modi. E: Il pianeta, ha detto il Vaticano, è “la Casa comune” di tutti. Perché allora è difficile lavorare tutti verso una casa più pulita? RGDLSV: Perché purtroppo la conoscenza non è di tutti e in queste condizioni diventa difficile concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una “Casa comune”. Per andare verso un mondo migliore e più pulito, bisogna sollevare tante persone dalle proprie precarie condizioni di vita e guardare ad un futuro insieme, modificando il modello di sviluppo globale, in modo tale che la crescita sia per tutti, nessuno escluso. Questo è uno dei grandi limiti dell’uomo, ossia la sua difficoltà a vedere il bene, soprattutto quello comune. Lo sviluppo del senso di condivisione ci consentirà di comprendere che solo insieme si può riuscire e fare in modo che quanto detto anche dal Santo Padre nella Enciclica “Laudato Sì”, quando spiega utilizzando concetti quali una “ecologia umana” ed una “cittadinanza ecologica”, possa essere realizzato. L’evoluzione tecnologica “verde” di un Paese in via di sviluppo, costituisce in questo senso una linea d’azione che serve al miglioramento della qualità della vita dell’intera popolazione mondiale.

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primo piano

Decarbonizzare la generazione elettrica IL PARERE DI SIMONE MORI Presidente di ElettricitĂ Futura

Simone Mori - Presidente di ElettricitĂ Futura

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di Tommaso Tetro

E: Sistema elettrico e scenari futuri, qual è la strada da intraprendere? SM: Siamo alla vigilia di una radicale rivoluzione del sistema elettrico. I presupposti del cambiamento già ci sono: dalla liberalizzazione del mercato, allo sviluppo delle rinnovabili. Ma adesso siamo di fronte alla necessità di intraprendere una strada, quella della lotta ai cambiamenti climatici, che impone una sola direzione: ridurre le emissioni di gas serra in ogni settore e attività. Il che significa cambiare modo di produrre elettricità e aumentarne l’utilizzo. L’elettrificazione dei consumi è un processo già in corso che ritengo irreversibile. In effetti possiamo dire che si usa più elettricità per consumare meno energia. Questo produrrà effetti positivi per l’ambiente con meno inquinamento e meno emissioni di CO2; ed enormi trasformazioni nel trasporto, specie quello privato, e nel riscaldamento. E: Lungo questo percorso che ruolo vede per Elettricità Futura? SM: Elettricità Futura è nata dalla fusione tra Assoelettrica che con sé porta tutta la parte di produzione e vendita di energia elettrica, e assoRinnovabili che invece ha grande esperienza nel mondo delle rinnovabili e della generazione distribuita. Questa unione ci permette oggi di affrontare con efficacia le sfide principali, a cominciare dalla decarbonizzazione della generazione elettrica, dall’efficienza energetica e dallo sviluppo del vettore elettrico. Il comparto termoelettrico sta affrontando una fase di grande cambiamento. Nei prossimi anni si arriverà al ‘fine ciclo’ degli impianti più obsoleti e meno efficienti. Da subito una trentina di centrali convenzionali non sono più attive e pronte a essere riconvertite ad altre attività economiche. Ma abbiamo anche il più moderno parco di generazione a gas naturale d’Europa. Eppure molti impianti fanno fatica a rimanere sul mercato per via del ristretto numero di ore di attività. Per questo riteniamo che l’avvio del ‘capacity market’ costituisca una priorità per offrire la necessaria redditività a sistemi di generazione indispensabili a fornire flessibilità e coprire i picchi di richiesta di energia sulla rete. E: Quali le sue osservazioni sulla Strategia energetica nazionale? SM: Sono molti i punti che la Sen dovrà affrontare: sicuramente il ‘capacity market’; la riforma del mercato elettrico per consentire così la piena partecipazione di tutte le tecnologie; un ulteriore, oltre che efficiente, sviluppo delle rinnovabili. Ma l’obiettivo principale della Strategia sarà la decarbonizzazione dell’economia; un traguardo che si può raggiungere seguendo tre direttici. La prima: proseguire con la decarbonizzazione della produzione di elettricità, grazie allo sviluppo delle rinnovabili con meccanismi concorrenziali, maggiore competitività e investimenti. Per arrivare agli obiettivi fissati al 2030 servono nuovi investimenti, recupero di siti in modalità ‘re-powering’, produzione rinnovabile decentrata di piccola taglia. La seconda: indirizzare le scelte di produzione e di investimento lungo l’intera filiera verso le tecnologie a più bassa intensità

di emissioni; cosa che richiede un rafforzamento dell’Ets, un meccanismo che ancora risente di evidenti errori allocativi nella fase iniziale del suo sviluppo, ma che rappresenta un modello avanzato e orientato al mercato per valorizzare le esternalità ambientali. La terza direttrice è il perseguimento dell’efficienza energetica, con ulteriori miglioramenti da raggiungere aumentando la penetrazione elettrica, in particolare nei trasporti e nella climatizzazione. Si stima che per ridurre dell’80% le emissioni di gas climalteranti entro il 2050 la penetrazione elettrica dovrà passare dall’attuale 23% ad oltre il 50%. Questa evoluzione avrà anche benefici ambientali, in particolare nella riduzione dell’inquinamento nelle città. E: Il ruolo della mobilità elettrica? SM: L’elettricità è il vettore energetico della quarta rivoluzione industriale. Il nuovo mercato si fonda sulla accresciuta consapevolezza da parte dei consumatori sia dei propri consumi sia delle possibilità di efficienza e sulla partecipazione attiva alle dinamiche del mercato. I consumatori sono i protagonisti del mercato che si va disegnando in Europa grazie alla digitalizzazione delle reti ed allo sviluppo di sistemi capillari e smart. Le imprese, per esempio, stanno lavorando intensamente su diversi fronti. Uno di quelli fondamentali è la mobilità elettrica, non soltanto per quanto riguarda i sistemi di ricarica, in particolare quelli ad alta potenza e velocità, ma anche nella prospettiva di un’integrazione dei mezzi elettrici come nodi di scambio d’energia connessa alla rete, ovvero come punti accumulo. Ed in quest’ambito che c’è anche un’attività di ricerca nel campo delle batterie. La capacità dell’Europa di giocare un ruolo fondamentale anche nel settore della manifattura delle batterie è di importanza cruciale, come dimostra l’iniziativa sul cosiddetto “Airbus delle batterie” recentemente lanciata dal vice Presidente per l’Unione Energetica Maros Sefcovic, iniziativa per cui ci auguriamo che l’Italia non rinunci a giocare una partita che altrimenti andrà a beneficio di Germania, Francia e Polonia. Naturalmente poi si arriva a tutta l’attività legata alla digitalizzazione delle reti.

La situazione nel mondo Le rinnovabili stanno colmando il divario con il carbone Generazione di elettricità per fonte - in TWh 10000

8000

6000

4000

2000

0 2002

Carbone

2006

Rinnovabili

2010

2014

2018

2022

Gas naturale

Fonte: AIEE

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E: Eppure la rete di ricarica… SM: In Italia siamo agli ultimi posti in Europa per numero di colonnine attive. Molte imprese e utility hanno iniziato a muoversi, anche con progetti europei. Restiamo tuttavia molto distanti da una presenza capillare sul territorio. Serve però un salto di qualità, un deciso cambio di passo. Per questo in sede europea stiamo lavorando per far sì che l’edilizia civile sul nuovo possa prevedere la presenza di colonnine di ricarica. Dopotutto, si tratta di un aggravio economico di poche migliaia di euro. Un’incidenza evidentemente trascurabile sui costi di realizzazione ex novo di un immobile di qualità. Il sistema elettrico, secondo gli studi, è pronto a sostenere questo tipo di accelerazione. Il solo calo strutturale dei consumi unito all’effetto efficienza sarà in grado di liberare una capacità di generazione sufficiente a coprire la futura domanda di mobilità elettrica. È per altro impensabile poter passare di colpo da poche migliaia di auto vendute in un anno a centinaia di migliaia. E: Il quadro politico e le norme. SM: A livello legislativo spesso è il combinato disposto di più atti a produrre risultati che non sempre vanno nella direzione auspicata dalle imprese. Analoghe considerazioni potrebbero essere fatte in relazione a molteplici situazioni, nelle quali diversi soggetti, dall’Europa al Parlamento nazionale, dal Governo al Regolatore, agiscono nel rispetto delle reciproche competenze ma in maniera tale da generare un quadro finale non sempre coerente ed efficace. In questo ambito è fondamentale che il regolatore sia indipendente e possa svolgere il suo compito, tanto complesso quanto gravoso, senza subire condizionamenti, come è stato finora. Non possiamo che augurarci che la prossima consiliatura dell’Autorità mantenga i livelli di competenza e indipendenza mostrati da Guido Bortoni e dagli altri membri del collegio uscente. Emissioni in Italia di gas serra per settore Periodo 2014. In MtCO2eq

19%

81% 105 90

79

49

46

17

Trasporti

Generazione elettrica

Industria

Residenziale

Terziario

Fonte: Commissione Europea, UNFCCC, Eurostat

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15

Energy Branch

8

7

Emissioni fuggitive

Altri

Non energy Related


IVPC Group

da oltre vent’anni l’eolico in Italia


primo piano

Eni Energy Solutions, nel 2018 il primo kWh fotovoltaico CONFRONTO CON LUCA COSENTINO Direttore Energy Solutions di Eni Da quasi due anni Eni ha una divisione ad hoc per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Si chiama Energy Solutions. Ha in cantiere diversi progetti, soprattutto nel fotovoltaico ma non solo. Il primo kWh generato da fonte solare nell’ambito di questo progetto arriverà a inizio 2018. Poi ci sono le alghe per produrre bio-olio, il solare a concentrazione e l’eolico flottante. Tutto in collaborazione con la funzione Ricerca e Sviluppo di Eni. E senza incentivi. Lo dice il responsabile della divisione, Luca Cosentino.

Luca Cosentino - Direttore Energy Solutions di Eni

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di Gabriele Masini E: Molti dei vostri progetti puntano alla valorizzazione di aree già industrializzate. Contate di sfruttare anche le aree delle stazioni di servizio dismesse? Se sì, in che modo? E: Sono passati un paio di anni dalla nascita della divisione New Energy Solutions. A che punto sono gli investimenti? Avete già prodotto i primi kWh? LC: Questi primi due anni sono stati dedicati alla definizione del modello di business, alla creazione dei gruppi di lavoro e alla preparazione di una prima pipeline di progetti, in Italia e all’estero. Alcuni progetti sono già partiti: in Italia stiamo per aprire i primi 3 cantieri a Ferrera Erbognone, Gela ed Assemini, mentre all’estero siamo in avanzata fase di progettazione e/o costruzione in Algeria, Egitto e Tunisia. Stiamo inoltre studiando ulteriori opportunità, soprattutto in Italia, Nord Africa, Pakistan e Kazakhstan. I primi kilowatt arriveranno a inizio 2018; negli anni seguenti contiamo di completare almeno 4-5 progetti per anno, in modo da arrivare a circa 200 MW installati entro il 2020. E: Oltre al fotovoltaico, che sembra essere il core business della divisione, avete progetti anche nel solare termodinamico. Una tecnologia che in Italia ha incontrato molti ostacoli, specie di natura amministrativa. È stato così anche per voi? LC: Per il solare termodinamico stiamo sviluppando un prototipo Eni che nasce dalla collaborazione tra la nostra R&D, il MIT e il Politecnico di Milano. È un progetto orientato alla diminuzione dei costi e alla semplificazione della linea produttiva, un aspetto di particolare rilevanza per noi che lavoriamo anche all’estero. Il primo impianto pilota con questa tecnologia, della capacità di 1 MW termico, verrà realizzato nel nostro sito di Assemini nel 2018. A questo seguirà una seconda fase di taglia decisamente superiore, che potrà beneficiare di significative economie di scala. Non ci attendiamo problemi particolari sul fronte autorizzativo. Inoltre abbiamo iniziato a sviluppare progetti eolici, in particolare in Italia, Kazakhstan e Nord Africa, e stiamo valutando anche opportunità per l'eolico offshore. E: Nel campo delle biomasse che progetti avete? LC: Stiamo avviando a Gela la sperimentazione di un impianto per la produzione di bio-olio dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, derivato dalla ricerca Eni. Se i risultati saranno quelli attesi, abbiamo già individuato altri due siti in Italia dove realizzare due impianti produttivi di taglia industriale. Il settore delle biomasse è di grande interesse: lo valutiamo con attenzione e prevediamo uno sviluppo significativo nei prossimi anni.

LC: Il nostro modello di business prevede la realizzazione di progetti di energia rinnovabile di taglia significativa (minimo 2-3 MWp), da collegare ai nostri impianti o alla rete nazionale. In questo senso, le stazioni di servizio dismesse non rappresentano di norma un’opportunità di interesse. Stiamo invece considerando la possibilità di lanciare progetti nelle stazioni attive Eni di proprietà, riprendendo un’iniziativa che era stata lanciata già qualche anno fa. E: La vostra attività è legata alla R&S? Quali tecnologie ritenete più promettenti? Siete interessati allo sviluppo degli accumuli? LC: La relazione tra Energy Solutions e la funzione R&S di Eni è molto stretta, e lavora nei due sensi. Da una parte noi siamo gli utenti dei brevetti sviluppati dal dipartimento R&S, dall’altra forniamo le indicazioni di business utili a orientare i prossimi filoni di ricerca. Attualmente stiamo lavorando molto nei piani di sviluppo industriale delle nuove tecnologie: per esempio il solare a concentrazione (CSP), gli impianti di produzione di bioolio e alghe e l’eolico flottante. Per quanto riguarda l’accumulo, sia elettrico che termico, abbiamo condotto diverse valutazioni tecnico-economiche sulle tecnologie esistenti, anche innovative, per applicazioni in contesti e paesi di nostro interesse. Abbiamo individuato alcuni progetti, in Italia e all’estero, dove a breve cominceremo a installare stoccaggi di energia (potenza) di taglia limitata, in ottica di regolazione della frequenza e stabilizzazione della produzione. Al momento le soluzioni sono ancora abbastanza costose, ma gli sviluppi tecnologici e le economie di scala ne permetteranno certamente una rapida diffusione. E: I progetti della divisione hanno bisogno di incentivi? LC: I progetti di Energy Solutions, in particolare quelli fotovoltaici, sono concepiti per essere realizzati senza incentivi, quindi in grid parity. La possibilità di lavorare in autoconsumo sui nostri siti ci offre vantaggi aggiuntivi derivanti dalle configurazioni di rete esistenti (SEU/RIU) e dal risparmio sugli oneri di sistema, trasporto e dispacciamento. Questo rende ovviamente più interessanti i progetti stessi che in alcuni casi, soprattutto quando si sommano tutte le sinergie di sito, arrivano ad avere ritorni davvero significativi.

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primo piano Economia circolare e sprechi

I contadini saranno i nostri maestri DIALOGO CON OSCAR FARINETTI Fondatore di Eataly

Oscar Farinetti - Fondatore di Eataly

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di Roberto Antonini

Una palestra di educazione sensoriale al cibo e alla biodiversità, dove le meraviglie dell'agroalimentare e dell'enogastronomia italiana sono presentate e narrate dalla nascita nella terra madre fino all'arrivo nel piatto e nel bicchiere. È FICO Eataly World, l'ultima creazione di Oscar Farinetti, il geniale – lo dicono i risultati che vanno ben oltre il dato economico – fondatore di Eataly, realtà internazionale che non ha bisogno di descrizioni. Due ettari di campi e stalle con più di 200 animali e 2mila cultivar per capire l’agricoltura italiana; 40 fabbriche contadine per vedere la produzione di carni, pesce, formaggi, pasta, olio, dolci, birra, per capire la trasformazione alimentare del cibo che si può gustare con una scelta di oltre 40 offerte diverse di ristoro; sei “giostre” educative dedicate al fuoco, alla terra, al mare, agli animali, alla bottiglia e al futuro. E ancora 30 eventi e 50 corsi al giorno tra aule, teatro, e spazi didattici per divertirsi e imparare, girando a piedi o in bicicletta su 100 mila metri quadrati, liberi o assistiti dagli 'Ambasciatori della Biodiversità italiana'. Questi solo alcuni dei numeri di FICO, ai quali si aggiungono anche 4 mila pannelli solari e un edificio passivo, oltre all'impegno a minimizzare la produzione di rifiuti e il 100% di raccolta differenziata. Insomma, FICO - Fabbrica Italiana Contadina è “un luogo di produzione di valori, prima che di prodotti. Italiana, dal seme all’espressione compiuta”, un'iniziativa “contadina, intesa come pratica, pienamente connessa alla terra”. Infatti oltre al cibo, la sostenibilità è l'altra cifra caratteristica della nuova impresa, e per questo Elementi ha voluto parlarne proprio con Farinetti, ponendo un accento particolare sull'economia circolare, che punta a un consumo responsabile e sostenibile delle materie prime. E: Farinetti, apre FICO Eataly world, un'iniziativa senza precedenti. Sarà l'occasione per fondare un nuovo rapporto tra l'uomo, l'ambiente e il cibo, con quest'ultimo che ci lega in maniera indissolubile alle sorti del Pianeta? Cosa proponete ai visitatori? OF: L’obiettivo è raccontare la filiera agroalimentare italiana.

A FICO sono più di 40 i luoghi dove poter provare le principali ricette della cucina italiana, tra tradizione e innovazione. 100.000 sono invece i metri quadri da esplorare: uno spazio enorme che può ospitare eventi aziendali come conferenze, meeting e team building e spazi polifunzionali per accogliere incontri tematici legati al cibo. Non mancano le botteghe artigianali tradizionali, che a FICO sono più di 100: qui si possono degustare i prodotti realizzati in laboratorio, comprarli e partecipare al racconto del produttore. Spazio anche a 6 esperienze multimediali: percorsi didattici e itinerari esperienziali sono pensati per rispondere agli interessi di turisti, gruppi, famiglie e bambini. E: Nel rapporto uomo-ambiente-cibo il tema dei rifiuti, così come quello connesso dello spreco, è cruciale. Come si attrezza FICO su questo tema? OF: Intanto abbiamo un edificio con 4.000 pannelli solari. Un edificio passivo favoloso che servirà da esempio a tanti altri che verranno. Poi Fico si impegna a fare il minor quantitativo di rifiuti e il 100% di raccolta differenziata. D'altronde differenziare i rifiuti è la via scelta anche dai tre negozi Eataly di Torino, Milano e Roma. E: L'economia circolare sta diventando l'asse portante di un rapporto più sano col mondo. Qual è la sua posizione? Sono assolutamente a favore. Pensare che il cartone possa tornare cartone, il vetro torna ad essere vetro, l’organico diventa humus e concime e la plastica si trasforma, ad esempio, nei carrelli per la spesa e tutto il poco ma necessario usa e getta sia realizzato in MaterBi mi fa credere che siamo davvero sulla buona strada. E: FICO punta molto sull'aspetto educativo, far conoscere, toccare e vedere la produzione agroalimentare di eccellenza italiana. Quanto è importante questo aspetto? OF: L’integrazione tra il mercato, la ristorazione e la didattica è nato con Eataly ma con FICO aumenterà esponenzialmente. L’aspetto dell’educazione sarà sviluppato in modo centrale, originale e divertente, partendo da presupposti autorevoli. FICO sarà un unicum meraviglioso dove didattica e i temi dell'educazione alimentare saranno cruciali: siamo partiti dalla grande esperienza di Eataly, che ogni anno ospita un ricchissimo palinsesto di laboratori per le scuole e avvicina i bambini al fantastico mondo del cibo, per portare il modello anche a Bologna ed ampliarlo. Il nostro obiettivo è far immergere i ragazzi delle scuole primarie e secondarie in una vera e propria esperienza sensoriale. Giochi e attività ricreative permetteranno loro di imparare l'importanza di una sana alimentazione e di conoscere da vicino le filiere del cibo, la grande biodiversità italiana e le antichissime tradizioni del mondo contadino. Grazie a FICO, bambini e ragazzi potranno vivere il più appassionante viaggio nell'agroalimentare italiano. E: A FICO si insegna a prepararsi alla 'circolarità' dell'economia, declinata sul fronte agroalimentare? Le comunità contadine sono esempio di rispetto senza sprechi, d'altronde. OF: Certo! Torneremo ad imparare dai contadini.

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Speciale Energia

Il futuro che sarĂ di Giacomo Giuliani e Maurizio Godart

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Sviluppo sostenibile e crescita economica, un binomio possibile! Gli Accordi di Parigi hanno visto l’unanime convergenza dei Paesi partecipanti per ridurre in maniera significativa l’impiego dei combustibili fossili. L’obiettivo ha imposto la pianificazione nel medio-lungo termine di strategie maggiormente integrate e sinergiche per il raggiungimento dei risultati auspicati. Le condizioni dell’ecosistema non sembrano infatti destinate a migliorare; questo richiede l’adozione di scelte rapide finalizzate alla progressiva decarbonizzazione del sistema energetico. In quest’ottica la decrescita della produzione energetica da fonti fossili, rappresenta il primo passo da attuare. La disponibilità soprattutto in Europa di un mix energetico più ampio, grazie al contributo delle energie rinnovabili, rappresenta la chiave di volta per la stabilizzazione dei mercati e la riduzione dei prezzi per i consumatori. Oltre che per la soluzione della questione ambientale. Lo scenario internazionale cui ci confrontiamo è però in continua evoluzione per la concomitanza di molteplici fattori economici ma anche politici.

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Panorama energetico, quale evoluzione?

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Parlare di fonti energetiche green o meno, significa parlare dell’equilibrio geopolitico del nostro pianeta. L’evoluzione del mercato delle materie prime ha portato a una fase ascendente del prezzo del petrolio dopo gli anni 2000 e a una seguente fase altalenante. Le alternanze delle quotazioni del greggio hanno influito sulle relazioni internazionali e sugli sviluppi politici degli ultimi anni. Le difficoltà nell’apertura di nuovi gasdotti e lo storico ritardo nella costruzione di rigassificatori destabilizzano ulteriormente la situazione. Oggi però siamo davanti a un possibile cambio di rotta: grazie ai progressi tecnologici nelle Fer e alla maggiore attenzione verso l’efficienza energetica sarà possibile incentivare un maggior sostegno al processo di decarbonizzazione. Un’opportunità da sfruttare. La produzione energetica nucleare “da fissione”, sostenibile dal punto di vista ambientale e da molti considerata una delle soluzioni al problema energetico supera oggi appena il 4%. Una percentuale che però, a seguito degli incidenti occorsi e di un’opinione pubblica sempre più scettica e preoccupata per nuovi disastri ambientali, è destinata a una rapida e progressiva decrescita. Processo che interesserà anche il nostro Paese considerata la storica dipendenza dal nucleare francese. Molte sono, invece, le aspettative riposte nel nucleare “da fusione” che è chiamato a risolvere sul lungo periodo “la questione energetica”. I tempi richiesti per arrivare alla prima fusione del plasma sono però ancora lunghi. Alla luce di questi

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fattori dare per scontato che il costo dell’energia sia in costante riduzione è poco realistico. In tale contesto va registrato anche il boom dello shale gas negli Usa che ha assicurato alla super potenza l’agognata indipendenza energetica. Quella stessa che per l’Italia appare ancora solo un miraggio. In questo panorama instabile e contrastante, anche il Paese più “inquinatore” a livello internazionale, la Cina, sembra aver acquisito una rinnovata sensibilità ambientale. Il gigante asiatico ha stabilito come prioritarie sia la riduzione delle emissioni climalteranti sia il rilancio della green economy per il prossimo futuro. Secondo Paolo Frankl, capo della divisione rinnovabili dell’Aie, la Cina ha già raggiunto il target fissato per il 2020 e con tre anni di anticipo. E molto probabilmente nel 2020 sarà in grado di installare una potenza fotovoltaica doppia rispetto a quella prevista. Ma non solo. Anche l’India sembra destinata a ricoprire un ruolo da protagonista nello sviluppo green. Quello stesso Paese che fino a poco tempo fa sembrava poco incline alla rivoluzione energetica sostenibile e ad una effettiva decarbonizzazione della propria economia, si è ora posta importanti obiettivi che gli consentiranno probabilmente di superare l’Europa in termini di crescita del mercato delle Fer nel prossimo futuro.

- e innumerevoli anche le parole spese trionfalmente nei consessi internazionali rimaste purtroppo senza riscontro. Una proiezione del panorama energetico internazionale molto interessante è quella fornita dall’Associazione Energia Ecologia Economia. Le analisi mostrano infatti come, pur in presenza di una lenta decrescita, le fonti fossili continuino a rappresentare l’85% del totale. Una percentuale decisamente alta che non permetterebbe il raggiungimento dei risultati auspicati. Anche il World Energy Outlook dell’Iea ha evidenziato come l’era dei combustibili fossili sia tutt’altro che finita, anche se le politiche governative e lo sviluppo tecnologico consentiranno in futuro un consistente incremento delle Fer ma anche dell’efficienza energetica: al 2040 il 60% della potenza di generazione sarà green. Le analisi mostrano però come il gas naturale continuerà a rivestire un ruolo di primo piano, mentre il carbone e il petrolio, saranno invece destinati a ripiegare. Ma il vero problema rimane l’assenza di una strategia energetica comune: è più facile quindi pensare che il prossimo shock energetico sarà causato dalla mancanza di politiche sinergiche su clima/energia, più che dall’esaurimento delle fonti fossili. Non ce lo possiamo più permettere!

Cerchiamo allora di tirare le somme. L’innovazione tecnologica contribuirà sempre più all’abbattimento dei prezzi, anche se ancora troppi sono gli interessi di parte dei singoli governi e molte le politiche pianificate ma non in linea con gli obiettivi comuni - vedi le recenti posizioni assunte dal Presidente Trump

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Sviluppo del mercato green, il ruolo dell’economia e dell finanza Il green new deal auspicato a livello internazionale dovrà basarsi su una crescita più equilibrata e sostenibile, unitamente a una gestione efficiente delle risorse. Variabili tutt’altro che scontate. Un obiettivo che presuppone anche il coinvolgimento di una molteplicità di attori della società civile ma anche quello delle imprese, sempre più co-protagoniste, grazie ai loro investimenti, nella transizione verso uno sviluppo basato sul disaccoppiamento tra crescita economica e consumo di risorse. In quest’ottica va inoltre registrata una possibilità d’accesso all’energia che sta aumentando in molti Paesi nel mondo, dovuta in gran parte alla conseguente riduzione dei prezzi, all’incremento degli investimenti e all’opportunità di intervenire più efficacemente sul mercato della green economy. È certo quindi che il mondo economico e quello finanziario avranno un ruolo sempre più strategico nel mobilitare le risorse economiche verso una transizione energetica sostenibile. La premessa va però a inserirsi in uno scenario caratterizzato dalla persistente prevalenza di gas, petrolio e carbone nel mix energetico internazionale. Un trend che evidentemente dovrà essere invertito. E questo nonostante il sistema energetico stia attraversando una fase di repentino cambiamento. A fronte di queste evidenze possiamo registrare una crescita degli investimenti green in molti settori produttivi delle società moderne. In quello privato come in quello pubblico, grazie alle aspettative che le rinnovabili stanno creando sui mercati e al loro potenziale di crescita destinato a incrementarsi nel tempo. Le premesse sono incoraggianti anche se in molti Paesi, fra cui certamente l’Italia, il rilancio degli investimenti in green economy è frenato da alcune criticità del sistema. Gli iter autorizzativi e la lentezza burocratica, per esempio, continuano a rappresentare elementi potenzialmente in grado di limitare lo sviluppo sostenibile. Non va dimenticata poi la difficoltà di accesso al credito attraverso i canali tradizionali. L’elemento che però sembra poter ostacolare maggiormente lo sviluppo del green new deal è, come già evidenziato, l’assenza di una pianificazione sinergica a livello internazionale. Mantenere l’equilibrio tra crescita socio-economica e difesa dell’ecosistema, impone che il mercato e la finanza internazionale siano maggiormente orientati verso la green economy. Nel prossimo futuro i modelli di business e i prodotti finanziari dovranno essere pianificati nell’ottica di permettere al capitale di fluire in maniera più semplice verso gli investimenti sostenibili. Nonostante tutto gli investimenti in green economy sono in crescita nel mondo. Per esempio la Cina, solo nel primo trimestre del 2016, ha investito nella produzione di energia solare-eolica più di 11 miliardi di

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dollari; anche gli Emirati Arabi si sono impegnati, anticipando il probabile esaurimento dell’oro nero, con investimenti che supereranno i 157 miliardi di euro nei prossimi anni. Gli Stati Uniti, nonostante le politiche “Trumpiane”continuano a credere nelle energie rinnovabili. Gli investimenti complessivi nel settore sono arrivati a 404 miliardi di euro nel 2016, grazie agli alti tassi di crescita potenziale del comparto, ma anche perché a oggi non è riscontrabile alcuna correlazione con la volatilità dei mercati finanziari tradizionali. Per l’Italia il discorso è un po' diverso: pur avendo investito 7,2 miliardi di euro in impianti Fer, il 75% di questi è stato effettuato all’estero. Un mercato quindi che, complessivamente, si presenta allettante, ma che continua a scontare strumenti finanziari non propriamente efficaci. Il risultato è che gli investitori stanno variando le loro modalità di azione. Project financing e green bond permettono di raccogliere capitali direttamente dal mercato e quindi sembrano gli strumenti più gettonati dagli operatori nazionali e internazionali. Una scelta, quella del ricorso al mercato dei capitali, che dimostra come gli istituti di credito siano ancora parecchio lontani dal condividere i rischi in equity. Ne è conferma il fatto che il mercato obbligazionario ha la capacità di fornire long term capital a costi più bassi. La presenza poi di enti internazionali dall’elevata affidabilità creditizia (Bei e Birs) stanno consentendo ai green bond in particolare di conquistare nuove fette di mercato. Nel 2016 ne sono stati collocati un volume complessivo pari a 93.400 milioni di dollari. La “strada verde” è quindi segnata? Pensiamo di sì. Tra luci e ombre infatti, il settore sta generando nuove filiere con start-up da imprese industriali e nuove partnership derivanti da player operanti nel settore delle energie tradizionali.


La Cina allunga e l'India supera l'UE Incremento di capacità delle rinnovabili per Paese/regione - In GW 400

2017-2022

2011-2016

300

200

100

0 Cina

Usa

Ue

India

Giappone

Brasile

Africa/MO

Fonte: Aie

La situazione italiana e i vantaggi della nuova Sen Per quanto riguarda il nostro Paese, il 10 maggio scorso è stata presentata in audizione parlamentare la nuova Strategia Energetica Nazionale (Sen). La Sen 2017 si rifà principalmente al Piano Europeo per l’Energia che indica per il 2030 varie priorità. Per esempio quella del potenziamento dell’efficienza energetica con un risparmio dei consumi nazionali dell’ 1,5%, ma anche la riduzione del 33% di emissioni di gas serra rispetto al 2005. Non meno rilevante, anzi, il sensibile aumento dell’utilizzo delle rinnovabili, che dovrebbero passare dal 17,5% fino a quasi il 30% dei consumi complessivi lordi. Entrando più nel merito, le iniziative dell’agenda in questione riguardano molti temi: quello fondamentale prevede l’uscita anticipata dal carbone, prevista inizialmente nel 2040, già al 2030. Come spiegato dai ministri Calenda del Mise e Galletti dell’Ambiente, questa accelerazione non sarà di certo a buon mercato, ma costerà circa tre miliardi di euro in più rispetto a quanto ipotizzato inizialmente. Per quanto riguarda lo sviluppo delle rinnovabili c’è da dire che l’Italia è allineata con gli obiettivi del 2020. Secondo Calenda per il fotovoltaico in particolare non sono necessari più incentivi, ma sarà la concorrenza, l’abbassamento dei prezzi e la qualità che dovranno alimentare e rendere proficuo il mercato. Sappiamo infatti come i cosiddetti Conti Energia, nel corso degli anni, hanno portato ad un notevole incremento del settore, soprattutto in alcune aree del Paese. È quindi doveroso che il sistema trovi ora una sua dinamica positiva, anche in assenza di

agevolazioni. Molto importante sarà anche il rinnovamento del parco eolico: impianti usurati, tecnologie datate, perdita di potenza hanno infatti contribuito alla crisi del settore. Si stanno studiando procedure ad hoc per rendere più agevole il “revamping”, ovvero il processo di ristrutturazione tecnologica dei mezzi esistenti per migliorarli e renderli più performanti e duraturi. Sul fronte della eco-compatibilità dei trasporti, si va in direzione di un significativo ampliamento del mercato delle auto elettriche e ibride, trainate da una serie di incentivi statali dosati rispetto all’impatto ambientale che le macchine produrranno nel loro utilizzo. Affrontando più in generale la questione dell’efficienza energetica, va detto che l’Italia esce molto bene dal confronto con altri Paesi, grazie all’attenzione storicamente rivolta alle risorse energetiche sostenibili. In futuro si investirà sempre di più nella tecnologia e in forme più evolute e performanti di energia per l’edilizia pubblica e privata, fenomeno in grande evoluzione in tutto il mondo occidentale.

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Per le imprese italiane nuove opportunità sul mercato Per comprendere l’andamento del mercato elettrico italiano è fondamentale partire dal fatto che da luglio 2007 il sistema energetico è diventato libero. O meglio c’è un affiancamento tra due posizioni totalmente differenti: quella concorrenziale e quella della cosiddetta maggior tutela. Chi ha sottoscritto, a partire da quella data, un nuovo contratto elettrico non ha più utilizzato le condizioni economiche e contrattuali di fornitura previste dall’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico. Però a oltre dieci anni dalla parziale liberalizzazione solo il 30% dei piccoli clienti ha scelto il libero mercato, a dimostrazione che una posizione comunque stabile e sicura viene preferita al piccolo azzardo concorrenziale. Mediamente comunque le tariffe del mercato libero dovrebbero consentire un parziale risparmio, offrendo costi più contenuti e offerte personalizzate al singolo consumatore. Ma siamo vicini a notevoli cambiamenti. Il Ddl concorrenza fa slittare al primo luglio 2019 l’abolizione del mercato tutelato sia dell’energia elettrica sia del gas naturale. Dunque la concorrenza diventerà l’unico regime presente sul mercato e questo provocherà delle inevitabili ripercussioni economiche sul settore. Verosimilmente nella prima fase, quando i clienti saranno obbligati ad abbandonare per legge il regime della maggior tutela, gli operatori sul mercato non troveranno subito opportuno abbassare i prezzi dei loro servizi. In una secondo momento però, ci si giocherà il tutto per tutto, per accaparrarsi questa nuova rilevante fetta di clientela; e questo comporterà una brusca riduzione delle tariffe. Le prospettive di ampliamento che l’evoluzione del mercato offrirà faranno aumentare il numero degli operatori e la qualità delle offerte, che dovrebbero diventare più complete e pratiche. Pensiamo per esempio alle start-up, attività imprenditoriali avviate con caratteristiche innovative e creative. Di quale attività si tratti, se on-line o con una sede fisica, una start-up è un’attività imprenditoriale nuova. In genere le procedure che riguardano queste specifiche attività comprendono l’iscrizione al Registro delle Imprese e all’Inail, l’apertura della partita Iva e pochi altri passaggi. Il gruppo di lavoro che compone una start-up è solitamente alquanto ridotto; inoltre sono realtà strettamente legate alle piattaforme informatiche per loro natura, a prescindere dall’avere o meno una sede materiale. Le start-up crescono in maniera esponenziale: in Italia il loro tasso medio di incremento è stato del 142% dal 2013. Di tutte quelle ad oggi esistenti, circa il 15% riguardano l'energia. Tra l’altro queste sono anche quelle che mostrano un maggior spirito

innovativo. Attualmente le start-up energetiche muovono un giro d’affari di quasi 370 milioni di euro l’anno, circa un sesto della somma complessiva mossa dal sistema. Certo, l’impatto sull’occupazione è ancora piuttosto scarso considerando che, come accennato prima, le persone che compongono queste realtà sono poche, meno di cinque addetti per ogni singola attività, seimila in tutto. Un accenno meritano anche le Esco (Società di servizi energetici) riconosciute a livello europeo dalla direttiva 2006/32/Ce, che sono altre realtà strategiche nel panorama energetico nazionale e non solo. Deputate alla promozione dell’efficienza energetica negli usi finali, esse sono generalmente di grandi dimensioni, con un volume d’affari di svariati miliardi. Elemento caratteristico del loro business sono le forme contrattuali che presentano delle modalità di tipo “Epc”, Energy performance contracting, che vede la Esco obbligata alla cura e al coordinamento di tutte le attività volte alla progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione dell’intervento individuato. Questo attraverso l’assunzione del rischio tecnico, di quello finanziario e della garanzia dell’effettivo raggiungimento del risultato auspicato. Bisogna sottolineare che, anche in questo specifico settore imprenditoriale, l’innovazione tecnologica rappresenta la conditio sine qua non del successo dell’attività.

Il fotovoltaico nel mondo Produzione 2016 in % sul totale, principali paesi

Honduras Grecia Italia Germania Giappone Belgio Australia Bulgaria Cile Rep. Cieca 0 Fonte: IEA-PVPS

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Il FOTOVOLTAICO: successi, sfide e innovazione ROMA • MARTEDÌ • 28 NOVEMBRE 2017 AUDITORIUM GSE • V.LE M. PILSUDSKI 92 L’energia del futuro sarà sempre più alimentata da fonti rinnovabili. Molti i risultati raggiunti in questi anni, soprattutto nel settore del fotovoltaico. L’evoluzione delle tecnologie e la crescente penetrazione dell’energia elettrica nella vita quotidiana pongono nuove sfide e nuove opportunità.

In collaborazione con

Stiamo assistendo ad una fase di profonda transizione normativa, di mercato e tecnologica che determinerà la nascita di una nuova cultura energetica ed un nuovo modo di utilizzare e gestire la produzione elettrica. In questo contesto il fotovoltaico continuerà a giocare un ruolo centrale. Per superare le sfide che si presenteranno sarà necessario guardare oltre le attuali logiche di business. Bisognerà sfruttare le opportunità che l’hi-tech e l’innovazione possono offrire. Per approfondire tali potenzialità è prevista una tavola rotonda dal titolo “Il fotovoltaico nell’era del digitale”.

Per Informazioni: AEIT - Ufficio Centrale I Tel. 02 87389965 I Fax 02 66989023 I E-mail: manifestazioni@aeit.it I Web site: www.aeit.it




mercato energetico

Fine della Maggior Tutela: sia un percorso efficiente Per il superamento della MT c’è ancora molto da fare: assicurare equità, efficienza e trasparenza della fornitura, tenere al centro il consumatore, garantire che la performance del mercato all’ingrosso venga trasferita al retail, massimizzare l’apporto delle società pubbliche che danno garanzia di terzietà e indipendenza. Acquirente Unico è in prima linea su tutti questi fronti. Tra gli strumenti messi in campo il Sistema Informativo Integrato, ma anche, in prospettiva, contratti di lungo termine e azioni a vantaggio della PA.

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di Luca Speziale

Il traguardo del 1 luglio 2019, data del termine della Maggior Tutela, non è poi così lontano e ci sono ancora circa 23 milioni di utenti che non hanno scelto il loro fornitore nel libero mercato. Una criticità per la quale serve l’impegno di tutti affinché il passaggio al mercato libero sia il più efficace possibile. I passaggi più delicati di questo percorso si riconducono a due quesiti: 1) come individuare in modo equo, trasparente ed efficiente chi rifornirà i consumatori che il primo luglio 2019 non avranno scelto; 2) come far sì che quella del consumatore sia una scelta consapevole. Perché una volta arrivati alla scadenza, per chi non avrà scelto, il rischio è che si prospettino soluzioni peggiorative. L’Autorità per l’energia e il Ministero per lo sviluppo economico, nei prossimi mesi, dovranno lavorare per affrontare queste due criticità, che sono le stesse poste nel 2007, quando è stato istituito il servizio di Maggior Tutela: la sua attività sarebbe durata pochi anni e il mercato avrebbe espresso le proprie potenzialità e in poco tempo sul mercato tutelato sarebbe rimasta solo una minoranza di utenti. I dati ad oggi dicono tutt’altro. Forse non ha funzionato il lato dell’offerta (che non è stata capace di interessare il consumatore), né quello della domanda (che non ha fornito stimoli adeguati all’offerta). Si dovrà lavorare, quindi, per far sì che le dinamiche in corso abbiano precise finalità: ad esempio come garantire che l’efficienza del mercato all’ingrosso venga trasferita al mercato retail. Perché, se da una parte “il gioco competitivo” farà la sua, dall’altra - una volta perso il benchmark di prezzo dell’AU - bisogna capire come valutare l’efficienza delle offerte retail, in relazione all’andamento del prezzo all’ingrosso. Una prima risposta potrà venire dal Portale della Confrontabilità, previsto dalla legge a cui AU sta lavorando con l’Autorità. Ma non bisogna fermarsi: è fondamentale creare soluzioni che aiutino i clienti a scegliere. Un modello di tali soluzioni è potenzialmente nella banca dati del Sistema informativo integrato (SII) - 60 milioni di utenze tra elettricità e gas - al quale però il consumatore non può ancora accedere. Questo accesso,

invece, costituirà il primo passo per avvicinare le parti in campo. Infatti qualsiasi consumatore potrà conoscere l’andamento dei propri consumi, capire quale proposta commerciale si adatta meglio al proprio profilo, ricevere un alert in caso di variazioni sullo stato della propria fornitura, individuare opzioni migliorative. Inoltre l’Italia in questo, unica in Europa, ha proprio nel SII molte informazioni che se rese disponibili in forma anonima e aggregata ai decisori pubblici, possono costituire una preziosa banca dati per l’individuazione e la messa in atto di innovative ed efficaci strategie di monitoraggio e intervento sul mercato, sia con riferimento alle decisioni dei policy maker che all’enforcement da parte delle Authority. Per questo il SII costituisce l’hub su cui avrebbe senso confluissero tutte le misure di energia del Paese, in immissione come in prelievo. Il tutto gestito da una società pubblica, interamente controllata dallo Stato, non soggetta a interessi stranieri o posseduta da fondi di investimento, fondi sovrani esteri o altro. Ampliando la visione l’Italia può diventare un modello per gli altri Paesi europei per quanto riguarda l’innovazione tecnologica nell’energia. Il combinato disposto tra il sistema di metering 2G e una piattaforma centralizzata, quale il SII, permetterà uno scambio tempestivo e puntuale di informazioni certificate e dettagliate in modo non discriminatorio a cui potranno accedere tutti gli interessati della filiera, anche i consumatori. E su questo il nostro Paese arriva molto prima del Clean Energy Package europeo. Infine, occorre adottare altri strumenti più vicini al mercato rispetto ai classici incentivi. Per esempio i contratti di mediolungo termine. I PPA, però, sono solo una sfaccettatura di un altro nodo essenziale: come mantenere efficiente il mercato all’ingrosso. La forbice tra fabbisogno di energia e capacità produttiva di punta si sta chiudendo ogni giorno di più. Contratti di lungo periodo gestiti da un operatore pubblico, costruiti secondo modalità innovative, potrebbero essere uno degli strumenti utili a mantenere il mercato all’ingrosso efficiente, senza schiacciarci su una prospettiva di brevissimo termine, come quella del prezzo spot. Quindi, affinché la riforma sia efficace da un punto di vista economico e sociale è fondamentale individuare un percorso che favorisca un passaggio consapevole. E poiché la motivazione di fondo delle politiche di liberalizzazione è la riduzione dei prezzi finali, non appare sufficiente l’abolizione della tutela pubblica, ma è indispensabile introdurre una serie di misure a tutela del consumatore e per una migliore efficienza del mercato stesso. Una sfida nella sfida.

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mercato energetico Liberalizzazione del 2019

Attenti all’effetto trascinamento CONVERSAZIONE CON MASSIMO BELLO Presidente AIGET

Se i clienti rimarranno con il fornitore tradizionale, anche dopo il 2019 avremo un oligopolio che toglierà dinamiche competitive a un mercato già fatto da poche grandi aziende energetiche e da tante piccole imprese che hanno difficoltà a competere

Massimo Bello - Presidente AIGET

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di Jacopo Giliberto

E: In questo processo c’è anche l’istituzione dell’albo dei venditori di energia. Che ne pensa l’Aiget?

Massimo Bello, napoletano, 41 anni, economista, vive sul lago di Como. È sposato, 2 bambini, imprenditore attraverso la Wekiwi, azienda di fornitura energetica tramite il solo canale commerciale web. È presidente dell’Aiget, l’associazione dei grossisti e dei trader di energia e il tema che gli è più caro è la competizione, la concorrenza.

MB: L’albo è un tassello fondamentale per la liberalizzazione del 2019. Noi grossisti energetici condividiamo il principio di evitare i venditori d’arrembaggio, operatori mordi e fuggi che potrebbero far danni a consumatori e mercato con operazioni spot, a speculatori puri, a chi può lasciare buchi al sistema come avevamo visto accadere con il caso dei furbetti del gas. È giusto dare al cliente una sorta di garanzia che chi gli propone un contratto è un soggetto serio. Ma dobbiamo evitare anche l’eccesso opposto, cioè che l’albo sia usato come strumento per chiudere il sistema.

E: Presidente Bello, fra un anno e mezzo finirà la cosiddetta “tutela”. Che ne pensa? MB: La cosa che mi preoccupa di più è l’effetto che io chiamo trascinamento. Parlo di quei clienti elettrici che nel giugno 2019 non avranno cambiato il fornitore: che fine faranno? Se rimarranno con il fornitore tradizionale, anche dopo il 2019 avremo un mercato concentrato, un oligopolio che toglierà dinamiche competitive a un mercato già fatto da poche grandi aziende energetiche e da tante piccole imprese che hanno difficoltà a competere. E: Come vorrebbe il mercato dopo il giugno 2019? MB: Vorrei un mercato con un numero di competitor inferiore a quelli presenti oggi. Un mercato che oltre ai colossi abbia un buon numero di operatori di fascia media, al tempo stesso abbastanza grandi da sviluppare economie di scala e investimenti ma abbastanza piccoli da avere dinamismo e snellezza. Poi vorrei che ci fossero fornitori di nicchia, molto mirati, con politiche commerciali per i consumatori locali o per segmenti selezionati di clientela. Come Wekiwi che è rivolto al solo cliente online. E: Come avere una struttura simile di mercato? MB: Bisogna favorire la pluralità dei fornitori, evitando appunto l’effetto trascinamento: da qui al 2019 bisognerà trovare i meccanismi per i consumatori incapaci di scegliere fornitore. Se i meccanismi come le aste sono state bocciati dalla politica, serviranno procedure competitive di altro tipo. E: Un tema condizionante è quello degli oneri di sistema. MB: Un tema che nasce da un grosso errore. Nei fatti il grossista fattura per tutto il sistema perché la sua bolletta ingloba accise, Iva e oneri di sistema. È un principio assurdo perché se un cliente finale non paga la bolletta, il grossista diventa responsabile dell’incassato e paga per tutti. E: Ricordo il caso drammatico della società Esperia. MB: È un fardello finanziario sugli operatori che i gruppi integrati sentono meno, perché sono al tempo stesso i responsabili ma anche i destinatari dell’incasso, mentre noi venditori puri siamo del tutto esposti al rischio. Con il canone Rai eravamo riusciti a intaccare il principio: se il cliente è moroso e non paga la luce,il canone non deve essere pagato per lui dai venditori elettrici. In base allo stesso concetto ora stiamo lavorando sugli oneri di sistema, fra i quali gli incentivi alle fonti rinnovabili di energia, che pesano per un terzo della bolletta. Non ha senso che venga chiesto a noi, anche tramite il peso di fideiussioni a volte insostenibili, il pagamento di queste voci.

E: Provi a delineare i requisiti d’ingresso all’albo. MB: Sicuramente l’onorabilità e l’assenza di procedure concorsuali. Anche l’assenza di condanne per gli amministratori e per i controllanti. Invece vediamo meno volentieri un albo che ponga requisiti finanziari troppo stringenti, o duplichi filtri che esistono già: per esempio se tra il distributore e il venditore esiste un contratto di trasporto che già regola i casi di insolvenza o che definisce le garanzie, non ha senso imporre nuovi blocchi per entrare nell’albo. E: Una visione prospettica: la transizione energetica di cui molti parlano. MB: Lo scenario è molto interessante per come evolve il panorama, per esempio con la comparsa dei piccoli autoproduttori domestici o con l’introduzione dell’auto elettrica, simboli del nuovo paradigma energetico. In questo processo però dobbiamo avere chiari i ruoli: i soggetti istituzionali regolati facciano la loro parte, ma non vadano a competere con il mercato. Ci siano gli standard per istallare le colonnine di ricarica o per gestire i flussi di dati sulle smart grid, ma anche le regole con cui i fornitori in concorrenza possano accedere a queste infrastrutture. E: Un cenno ai rinnovi istituzionali. MB: I prossimi mesi saranno cruciali perché si andrà a sostituire l’Autorità dell’energia ma ci sarà anche un rinnovo delle Camere e del Governo. È fondamentale che nel rinnovo dei ruoli energetici e della guida strategica del Paese si scelgano persone pro mercato, invece di figure che per storia o esperienza sono espressione di un mondo regolato. Dinamica della domanda di energia elettrica delle imprese negli ultimi dieci anni var. %volumi rispetto anno precedente 6

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2015

2016

Fonte: Elaborazione Ufficio Centro Studi Confartigianato su dati Terna

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energia

Cambiamenti climatici? C’è Mission Innovation di Stefano Besseghini

Mission Innovation (MI) è un'iniziativa globale che coinvolge ventidue Paesi oltre all'Unione europea: il suo obiettivo è quello di favorire e accelerare l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo (R&S) nel campo dell’energia per combattere i cambiamenti climatici. L’iniziativa, lanciata a fine 2015, punta a rendere disponibili le tecnologie e le soluzioni necessarie per avere sistemi energetici più efficienti, affidabili e sostenibili. Aderiscono all’iniziativa oltre l’80% degli investimenti pubblici mondiali in ricerca, sviluppo e innovazione nelle tecnologie energetiche pulite, che ammontano attualmente a circa 15 miliardi di dollari l’anno. Tale impegno non è però sufficiente a garantire una svolta significativa e i Paesi hanno deciso di impegnarsi a supportare la transizione energetica aumentando significativamente i fondi pubblici dedicati a ricerca e sviluppo nel campo dell’energia pulita. Aderendo a Mission Innovation ogni Stato si impegna a raddoppiare gli investimenti pubblici in R&S delle tecnologie

Stefano Besseghini - Presidente e AD RSE

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energetiche clean in cinque anni, rispetto ad una baseline stabilita sulle spese in ricerca e sviluppo sostenute nel 2013. Anche l’Italia, rappresentata in Mission Innovation dal Ministero dello Sviluppo Economico, si è impegnata in tal senso puntando a raddoppiare il valore del portafoglio delle risorse per la ricerca pubblica in ambito clean energy da portare, a livello nazionale, dai 222 milioni di euro nel 2013 a 444 milioni di euro nel 2021. L’approccio dell’iniziativa è quello di favorire la diffusione di progetti di clean energy technologies innovation nel lungo periodo, attraverso una piattaforma collaborativa tra i Paesi aderenti che faciliti lo scambio di informazioni sullo stato della R&S nei diversi settori identificati nell’iniziativa. In questo modo i singoli Stati membri - pur individuando indipendentemente una strategia per il finanziamento dell'innovazione in materia di energia pulita sulla base delle risorse, le esigenze e le circostanze nazionali - con l’apporto della piattaforma quale facilitatore e cooperatore, possono decidere di rafforzare la ricerca e lo sviluppo in un certo settore, nell’ambito delle energie clean, armonizzandosi con gli altri Stati per ottenere risultati più efficienti. In questo quadro, la cooperazione pubblico-privato è di fondamentale importanza. Un ruolo centrale nel trasformare

l’innovazione tecnologica in prodotti fruibili dal mercato, è infatti svolto dal settore privato, che attraverso gli imprenditori, gli investitori e le imprese guida, tale trasformazione, sfruttando anche i risultati che emergono dai programmi governativi di Ricerca e Sviluppo. In particolare il progetto di Mission Innovation prevede sette sfide di innovazione “Innovation Challenges (IC)”, che rappresentano i principali settori tecnologici sui quali si concentrano gli investimenti di ricerca e sviluppo, con obiettivi a cui gli Stati aderenti si propongono di tendere. Le sette IC sono state lanciate alla COP 22 del 2016 e coprono l’intero spettro di ricerca e sviluppo - dai bisogni “early stage” ai progetti dimostrativi - e sono state sviluppate attraverso un processo collaborativo tra i diversi membri di Mission Innovation (in futuro potranno essere definite ulteriori Innovation Challenges, se di interesse dei membri di MI). L’Italia è coinvolta in tutte le 7 Innovation Challenges, con particolare impegno nella Innovation Challenge IC#1- Smart Grids, dove il nostro Paese è già molto attivo e coordina la Challenge insieme a Cina e India.

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energia Calo idroelettrico ed eolico

Il clima incide, servono rimedi IL PARERE DI VITTORIO D’ERMO Direttore dell'Osservatorio Energia dell'Aiee

Cruciale avere capacità di back up in un sistema che vive il protagonismo delle rinnovabili. Nelle rinnovabili c'è una forte aleatorietà, il contributo dell'idroelettrico è legato alla piovosità, la stessa aleatorietà vale per l'eolico, il fotovoltaico è più sicuro ma con situazioni di forte nuvolosità il suo apporto può ridursi.

Vittorio D’Ermo - Direttore dell'Osservatorio Energia dell'Aiee

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di Roberto Antonini

L'Italia Paese delle rinnovabili, con l'idroelettrico alla base. Rinnovabili che però possono attraversare momenti di crisi legati alle vicende climatiche, sia nella componente innovativa sia in quella tradizionale. Una situazione che fa riflettere sul panorama energetico nazionale, scoprendo però che ci sono già i rimedi per far fronte a situazioni di criticità delle rinnovabili. Per esempio le moderne centrali turbogas a ciclo combinato, efficienti e flessibili che potrebbero - e dovrebbero - essere usate a sostegno del nuovo paradigma italiano, insieme agli impianti ad accumulo in via di sviluppo. 'Elementi' ne parla con Vittorio D'Ermo, direttore dell'Osservatorio Energia dell'Associazione italiana economisti dell'Energia (Aiee). Senza tralasciare il tema della carbon tax, “l'unico modo per dare alla tassazione dell'energia una valenza ambientale con un criterio oggettivo senza cadere nell'arbitrio più assoluto”.

E: Complice la siccità estiva (4,4 TWh da fonte idrica prodotti in meno in Italia a fine agosto 2017 rispetto al 2016), la produzione da fonti rinnovabili in Italia nei primi 8 mesi dell’anno è calata di oltre 3,7 TWh (-5% circa) rispetto a un anno fa. Come valutare questi risultati? Siamo di fronte a un freno, una crisi di crescita delle rinnovabili? VDE: Quello che è successo quest'anno penso rappresenti un campanello d'allarme interessante da due punti di vista: da un lato perché c'è stato un calo inatteso delle rinnovabili; ma dall'altro c'è la buona notizia costituita dalla possibilità di fronteggiare questo calo senza crisi. Le centrali a gas, infatti, hanno fatto fronte alla situazione senza problemi. Si è avuta la dimostrazione che in certe situazioni le rinnovabili non riescono a rispettare le aspettative proprio per loro natura. È una grossa lezione a cui se ne aggiunge un'altra: occorre aumentare l'attenzione agli effetti del cambiamento climatico che stanno diventando molto più forti del previsto. Lo hanno dimostrato due fenomeni: il crollo dell'apporto di idroelettrico legato alle scarse piogge e dell'eolico a causa della ridotta ventosità che si è accompagnata all'aumento della temperatura. Una situazione di crisi che non toglie nulla al valore delle rinnovabili, ma ci mostra come per loro possano esserci momenti in cui le cose non vanno bene.

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E: Una dimostrazione di come sia cruciale avere capacità di back up in un sistema che vive il protagonismo delle rinnovabili. VDE: Abbiamo delle fonti validissime che però devono avere sempre un backup: questo non va sottovalutato nemmeno in prospettiva, anzi. Nelle rinnovabili c'è una forte aleatorietà, il contributo dell'idroelettrico è legato alla piovosità, la stessa aleatorietà vale per l'eolico. Il fotovoltaico è più sicuro ma in situazioni di forte nuvolosità il suo apporto può diminuire. Inoltre questa fonte nella stagione invernale vede ridotto il proprio apporto. E: Quindi possiamo rallegrarci del parco nazionale di cicli combinati a gas. VDE: Bisogna avere il backup della migliore qualità, centrali a gas e disponibilità di gas. Il gas ha basse emissioni di CO2 e di altri inquinanti rispetto al petrolio e al carbone. Andiamo avanti con la dovuta cautela perché quest'anno abbiamo avuto una lezione importante. Non è uno stop alle rinnovabili, ma dobbiamo sapere che può capitare un anno difficile, e questo potrà ripetersi anche in futuro. Le rinnovabili hanno un coefficiente di incertezza più elevato di quello di una centrale tradizionale. Quella che abbiamo vissuto è una crisi normale, non è che non ci sia fiducia nelle rinnovabili o che abbiamo smesso di crescere: è una dimostrazione della loro debolezza, in certi momenti, dopodiché i meriti rimangono tutti.

E: Una fonte che resta sempre interessante è quella eolica. VDE: L'eolico è molto interessante e forse trascurato. Da uno studio Aiee per Federmanager 'Una strategia energetica per l'Italia' che ha analizzato i costi delle rinnovabili è emerso che l'eolico in termini economici è molto interessante. Purtroppo in Italia quello che è economico ha a che fare con una serie di vincoli di varia natura, per cui le rinnovabili non sempre sono accettate. L'eolico però può avere un ruolo fondamentale anche in termini di economicità: speriamo si possa sbloccare il repowering, visto che l'eolico nel nostro Paese è una realtà ormai affermata. E: Ecco, il repowering degli impianti eolici: una questione da affrontare quando ormai le pale installate iniziano ad avere qualche anno. VDE: Il repowering aumenta la produttività. E anche ammesso che la realizzazione degli impianti a suo tempo abbia arrecato qualche offesa al paesaggio, oggi rinnovandoli e aumentandone la potenza non si occupa altro terreno. E: Allarghiamo lo sguardo alle politiche climatiche: da tempo e da più parti si invoca l'introduzione di una carbon tax. Qual è la sua posizione? VDE: Ne sono un entusiasta. Anche in un'ottica liberale è la cosa più corretta perché altrimenti non se ne viene capo. È l'unico modo per dare alla tassazione dell'energia una valenza ambientale con un criterio oggettivo o si cade nell'arbitrio più assoluto. Se voglio colpire le fonti più inquinanti le colpisco in relazione alle emissioni di CO2, il metodo di tassazione più corretto che in prospettiva può essere applicato a livello mondiale. È il sistema più efficace. Addirittura ne farei la chiave per la revisione di tutta la tassazione energetica in Italia, che avviene su criteri superati. Tutta la tassazione su prodotti energetici dovrebbe essere in funzione delle emissioni di CO2, mentre benzina e gasoli, ad esempio, prescindono da ciò. Si avrebbe una base non solo legata all'esigenza di incassare ma si rispetterebbe anche un criterio di efficienza energetica. Non dico di rinunciare agli introiti dell'energia, fondamentali per lo Stato, ma di articolarli e strutturarli in chiave energetica, con una razionalizzazione in questi termini. Raggiungeremmo così insieme due obiettivi entrambi lodevoli: trovare entrate per lo Stato e dare segnali giusti perché il sistema energetico si muova in senso compatibile con l'ambiente. E: C'è poi il tema delle esternalità... VDE: ...Che adesso vengono distribuite non si sa bene dove. La tassazione della CO2 corrisponde anche all'obiettivo di ribilanciare i costi ambientali. Fornendo una chiara indicazione sul danno ambientale si orienta il mercato nel modo corretto e si limitano le esternalità. Dando segnali corretti il mercato sceglierà più efficienza e fonti meno inquinanti: due dei principali obiettivi della nuova Strategia energetica nazionale.

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energia

Ora una strategia idrica nazionale CONFRONTO CON GIOVANNI VALOTTI Presidente Utilitalia

Giovanni Valotti - Presidente Utilitalia

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di Claudio Ramoni

E: Presidente, qual è lo stato dell'arte del settore energetico in Italia e quali le criticità nei settori di acqua, energia e ambiente, servizi che rappresentano il cuore di Utilitalia? GV: Il percorso che abbiamo affrontato negli ultimi anni ci offre la prospettiva di un settore energetico più maturo dal punto di vista delle regole e più sostenibile dal punto di vista ambientale. Il rafforzamento di una filiera industriale rappresenta l’obiettivo primario per garantire ai cittadini un servizio qualitativamente migliore e pienamente accessibile. La consapevolezza delle mutate condizioni ambientali e degli effetti dei cambiamenti climatici, in particolare, renderanno sempre più necessario un continuo adeguamento degli asset e delle strutture delle reti; un contesto in cui l’innovazione tecnologica deve essere lo strumento cardine nel medio termine. Concetti che valgono anche per i settori di acqua e ambiente. Per quest’ultimo in particolare il leitmotiv è l’economia circolare che trasforma i rifiuti in risorsa. Se si pensa poi alla necessità di investimenti nella rete acquedottistica, allora il settore idrico diventa davvero un pezzo di industria su cui puntare. E: Qual è il suo giudizio sulla Strategia Energetica Nazionale? Come tenere insieme le politiche energetiche con quelle ambientali? GV: Utilitalia è costantemente impegnata nella realizzazione degli obiettivi di sostenibilità che l'Italia intende perseguire, anche in ottemperanza agli accordi presi in sede comunitaria ed internazionale. Crediamo che una Strategia di medio-lungo termine in grado di coniugare gli obiettivi energetici e quelli ambientali sia necessaria per trasformare le sfide tecnologiche ed industriali che investono il settore energetico in un’opportunità di rafforzamento del percorso di sviluppo sostenibile del Paese. Bisogna promuovere investimenti nei vettori ambientalmente più efficienti e negli interventi di ammodernamento infrastrutturale essenziali al loro sfruttamento. L’adeguamento e la digitalizzazione delle reti permette di gestire la produzione decentralizzata e le esigenze di flessibilità del sistema, abilitando nuovi mercati e servizi per i consumatori e valorizzando risorse e tecnologie locali. In un’ottica di assestamento, nonché di transizione, il concetto di ‘capacity market’ ha un peso equivalente da non sottovalutare: rimane fondamentale garantire l’equilibrio del sistema elettrico, offrendo la continuità della fornitura e la necessità del recupero degli investimenti fatti dagli operatori negli anni passati. Nell’applicazione della SEN dovremmo tutti cogliere il ruolo centrale delle grandi città, che per numero di abitanti e struttura delle reti rappresentano i luoghi naturalmente deputati alla realizzazione degli obiettivi della strategia.

E: Quanto pesa la diffusione dell’economia circolare nelle sue diverse declinazioni, dalla raccolta differenziata alla valorizzazione dei materiali di scarto? GV: Per le nostre aziende, che gestiscono l’acqua, l’energia e i rifiuti, pensare in modo integrato è normale. L’acqua e i rifiuti, quindi gli acquedotti e la depurazione, le sorgenti e gli scarichi, vengono pensati in modo da essere utili gli uni agli altri. Ma il futuro è la ‘blu circular economy’, cioè l’economia circolare dell’acqua. Bisogna applicare all’acqua gli stessi principi dell’economia circolare che si applicano in altri settori. Ogni anno in Europa vengono trattati più di 40 mila milioni di metri cubi di acque reflue, ma ne vengono ‘riusati’ soltanto 964 milioni di metri cubi. Il potenziale di crescita è enorme: l’Europa potrebbe arrivare a utilizzare sei volte il volume di acque trattate oggi. In Italia, che ha uno dei potenziali più alti, si trattano e si riusano ogni anno 233 milioni di metri cubi di acque reflue. È evidente come l’applicazione dei principi dell’economia circolare anche alle risorse idriche avrebbe effetti virtuosi. E: Lei ha più volte ribadito la necessità indifferibile di definire, in analogia alla SEN, una Strategia Idrica Nazionale (SIN), definendo un piano di investimenti di ampio respiro. GV: La logica in questo settore deve guardare alla qualità del servizio offerto all'utente finale: questo dipende dalla qualità delle infrastrutture che a sua volta dipende dagli investimenti ripartiti dopo un periodo di forte flessione. Siamo contenti di ciò, ma non basta. Servono investimenti per 5 miliardi all’anno, cifra che sarebbe il minimo necessario per coprire il fabbisogno di infrastrutture del nostro Paese. Siamo a meno della metà. Se vogliamo cambiare marcia e modernizzare il settore, dovremmo pensare a un adeguamento graduale della tariffa, tutelando le fasce deboli della popolazione. Il sistema delle imprese è pronto a fare la sua parte. Noi rilanciamo la proposta di una Strategia Idrica Nazionale che veda partecipi tutti i soggetti coinvolti nella tutela e gestione della risorsa idrica e che sia integrata anche con le strategie in campo ambientale. Un Piano con un orizzonte di medio periodo, almeno decennale, immaginando un assetto industriale del settore che valorizzi operatori efficienti e competenti, sensibilizzando anche i cittadini e le imprese stesse a un uso responsabile di un bene prezioso come l’acqua. Gli investimenti nel settore idrico Valori medi nazionali in euro (per abitante, all'anno) 129

Danimarca 102

Regno Unito 88

Francia 80

Germania 32-34

Italia 0

30

60

90

120

150

Fonte: Utilitalia

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Il made in Italy avvicina la fusione nucleare

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di Giacomo Giuliani

Sul numero 37 di Elementi abbiamo intervistato Sergio Orlandi, l’ingegnere italiano a capo dei lavori di costruzione del reattore ITER, in corso nel sud della Francia. Le sue parole ci hanno permesso di capire il funzionamento alla base dell’avveniristico reattore a fusione termo-nucleare che, in un futuro non lontano, promette di rivoluzionare il sistema energetico globale, attraverso la produzione di energia praticamente illimitata, pulita e a bassissimo costo. Una svolta, quindi, epocale in chiave sostenibile. Ma facciamo un passo indietro. L’energia proveniente dall’atomo ha fatto molto parlare di sé e per molti anni è stata considerata una risorsa in grado di risolvere, insieme alle fonti rinnovabili e ad una maggiore efficienza, la questione energetica. Purtroppo, dopo gli incidenti occorsi al reattore numero 4 di Chernobyl, in Ucraina, definito il più grande disastro industriale della storia, e poi a Fukushima, in Giappone, molti governi hanno dovuto rivedere la propria opinione e le strategie energetiche fin qui adottate, per il timore di nuovi incidenti. Discorso quindi chiuso? Fine dell’era nucleare? Sembrerebbe proprio di no. Grazie a ITER, il progetto internazionale che oggi coinvolge 34 Paesi in una delle più grandiose collaborazioni scientifiche della storia, sarà possibile ricreare attraverso la fusione (e non la fissione) dell’atomo il medesimo processo che avviene nel sole e in tutte le stelle per produrre energia. Nel cuore del reattore, il Tokamak, una miscela di Deuterio e Trizio, due isotopi leggeri dell’idrogeno presenti anche nell’acqua di mare, verranno scaldati alla temperatura record di 150 milioni di gradi. Il processo consentirà alle particelle di superare la repulsione elettrostatica e di fondersi. Nessun materiale conosciuto in natura può però sopportare queste elevatissime temperature. Per ovviare al problema verrà quindi utilizzato il “confinamento magnetico”, l’innovativa tecnologia che consentirà al plasma di rimanere sospeso e di non entrare in contatto con le pareti metalliche dell’involucro.

Un progetto innovativo targato Italia Ed è proprio qui che il mondo della ricerca e dell’industria high-tech italiano sta contribuendo, in prima linea, alla concreta realizzazione del progetto. Il 19 maggio scorso a La Spezia, è stato infatti presentato il primo, gigantesco magnete superconduttore, interamente realizzato e progettato da AsgSuperconductors, in collaborazione con Enea. Un vero successo della manifattura ad alta tecnologia made in Italy. Si tratta del primo delle 18 bobine toroidali, alcune delle quali saranno costruite in Giappone, comporranno la “gabbia magnetica” di ITER e saranno in grado di produrre un campo magnetico circa un milione di volte più forte di quello presente sulla Terra. I “numeri”dei super-magneti parlano già da soli: ciascuna della bobine è alta 13 metri, ha un’ampiezza di 9, e un peso di circa 300 tonnellate, con una caratteristica forma a “D”. Un grande monolito nero, formato da sette piastre d’acciaio, nelle quali verranno inseriti 700 metri di cavo superconduttore, dal valore stimato di 53 milioni di euro. Elementi ha intervistato l’Ing. Aldo Pizzuto, Direttore del dipartimento fusione nucleare e sicurezza di ENEA, che ha collaborato con ASGSuperconductors alla realizzazione dei magneti. “Fin dagli anni ’80 – ha detto Pizzuto- la sinergia tra il mondo della ricerca e quello dell’industria è stata essenziale per raggiungere obiettivi, spesso al limite delle conoscenze umane”. L’Ingegner Pizzuto si è poi soffermato sul ruolo dei super-magneti all’interno del Tokamak spiegando a Elementi che ”essi avranno la funzione di produrre un campo magnetico toroidale. Quello cioè orientato nella direzione tangenziale alla ciambella, o anello di plasma. Tanto più sarà elevata l’intensità del campo magnetico prodotto, tanto più sarà facile imbrigliare ioni ed elettroni, facendoli orbitare lungo le linee di campo per tempi più lunghi, aumentando così la probabilità di collisione tra i due nuclei”. Il contributo italiano, ci conferma Pizzuto, è non solo di altissimo livello e strategico per il successo complessivo del progetto, ma anche in grado di generare un notevole ritorno economico, oltre che d’immagine, in un momento contingente, non particolarmente favorevole. “L’Italia – dice Pizzuto - è infatti, tra i Paesi europei, quello che ha ottenuto il maggior numero di commesse per ITER. Si tratta di contratti che ammontano a quasi un miliardo di euro,ovvero pari al 55% di quanto assegnato finora”.

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energia Il ruolo strategico di ENEA

La Vignetta di Fama

Un risultato importante che dimostra inequivocabilmente, e una volta di più, la competitività della nostra industria manifatturiera ad alta tecnologia. ENEA oggi riveste, inoltre, un ruolo strategico: quello di Industry Liason Officer per favorire la partecipazione italiana alla costruzione del reattore. “Alle nostre imprese – continua Pizzuto - impegnate in un campo avveniristico come quello della fusione (sono circa 500) i vantaggi non mancheranno di certo. In termini non solo economici, ma anche grazie all’aumento di competitività e di efficienza dei sistemi produttivi”. Gli straordinari risultati ottenuti da ASG, stanno contribuendo infatti a valorizzare la qualità del made in Italy, costituendo un’importante vetrina che aprirà la strada ad altre futuristiche opportunità. Oggi, ribadisce Pizzuto: “solo quei Paesi in possesso di un’industria manifatturiera high-tech, potranno puntare ad alimentare realmente la propria crescita socio-economica”. Ma il discorso non finisce qui. L’auspicio è che presto si possa iniziare, e proprio in Italia, la costruzione di una nuova infrastruttura di ricerca pensata come anello di congiunzione tra ITER ed il reattore dimostrativo DEMO. Parliamo della

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“Divertor Tokamak Test facylity” (DTT), che impegnerà la comunità scientifica di casa nostra sulla fusione nucleare, insieme a importanti laboratori internazionali. L’investimento sarà di circa 500 milioni di euro e rappresenta un’ulteriore, grande, opportunità per il nostro Paese per continuare a svilupparsi con l'obiettivo di diventare in un futuro prossimo protagonista indiscusso nel campo dell’energia da fusione nucleare: una delle pochissime alternative possibili per un portafoglio energetico sostenibile che, con le rinnovabili e il risparmio energetico, possa rispondere alla necessità impellente di ridurre le emissioni di gas serra. A confermare il ruolo di leadership dell’Italia nel settore, ci sono anche le parole del Viceministro allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova che ha recentemente dichiarato: “Che componenti strategici, realizzati in Italia sulla base di tecnologie di eccellenza, siano esportati nel mondo per lo sviluppo di grandi progetti internazionali come appunto ITER, è evidentemente motivo di grande soddisfazione ed orgoglio per il nostro Paese”. Il futuro energetico è davvero alle porte e a guidarlo potremmo essere proprio noi.


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La tecnologia Blockchain, sfide e opportunitĂ anche per il settore energetico 54

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di Gennaro Niglio

La prima era di Internet è ormai alle nostre spalle. Molti analisti di tecnologia già prevedono una seconda era, quella basata sulla Blockchain. Ma che cos’è una Blockchain? Il termine è quasi intraducibile in italiano, letteralmente significa “catena di blocchi”; con esso si intende la tecnologia che permette, in modo distribuito, di condividere il valore di un bene. Differentemente da Internet che permette la condivisione delle “informazioni”, la Blockchain permette la condivisione del “valore” (in gergo tecnico "digital asset") e viene preannunciata come una tecnologia open-source, pervasiva e, se non presidiata e governata, potenzialmente distruttiva di molti settori che gestiscono in modo centralizzato le transazioni di “valore” di un qualsiasi bene. È una tecnologia digitale, che permette di condividere un database distribuito (il ledger o registro) per transazioni in tempo reale, trasparenti, sicure, non corrompibili e difficilmente aggredibili da male intenzionati. Per questa ragione, fra le prime applicazioni è stata adottata, a volte con diffidenza, per le valute digitali o cripto-valute. Chi non ha sentito parlare dei Bitcoin? Per chi non la conoscesse, è una valuta digitale non gestita da alcuna autorità monetaria centrale, le cui transazioni sono crittografate e il cui meccanismo di funzionamento, almeno in principio, non permette la svalutazione per opera di organismi centrali. Ma tornando al parallelismo con Internet, se quest’ultima è definibile come una rete di reti simili, la Blockchain è un registro di differenti registri a volte anche in competizione fra loro. In sintesi, ogni singola Blockchain si configura come un registro non centralizzato, aperto, trasparente, inclusivo, immutabile, non alterabile e sicuro per condividere le transazioni di valore di un bene. Ma quali casi reali, oltre alle valute digitali, trovano o potrebbero trovare applicazione con le Blockchain? E quali per il settore Energia? Ci sono nel mondo ormai diverse applicazioni delle Blockchain in campi differenti dalle valute digitali. Molte ancora in forma sperimentale, altre che iniziano a prendere piede a livello industriale e governativo. In Danimarca, alcuni partiti politici usano la Blockchain per le votazioni interne, ad esempio per le primarie elettorali. In Estonia, Stato membro dell’Unione Europea e uno dei Paesi Ue tecnologicamente più avanzato, è stato avviato il registro anagrafico dei residenti basato su tale tecnologia. Anche nel Regno Unito vi sono alcune applicazioni interessanti. Il Digital Service del gabinetto del Primo Ministro, sta studiando l’applicazione delle Blockchain per il registro delle imprese. Ofgem - l’equivalente del nostro Aeegsi - ha creato nell’ambito del cosiddetto “Innovation Link”, un Regulatory Sandbox, letteralmente un ambiente laboratorio sulla regolazione di settore, in cui invita a proporre idee di applicazioni anche

per le Blockchain in ambito energetico. In particolare, in via sperimentale, ne ha avviato uno per le transazioni del mercato elettrico. Anche in Italia si incomincia a discutere delle Blockchain, specie in ambito finanziario e bancario, con molteplici iniziative di presidio e sperimentazione della tecnologia. Anche nell’ambito del e-vote ci sono sperimentazioni in corso, così come per la gestione dei bandi di gara e dei sussidi di assistenza pubblica. Recentemente Sogei, la società di Information Technology del Ministero dell'Economia e delle Finanze, ha bandito un evento pubblico (Hackathon), al quale hanno partecipato esperti di diversi settori dell'informatica, per sperimentare la Blockchain in vari ambiti. L’evento ha registrato un consistente successo ed ha visto premiare giovani sviluppatori di software appartenenti a società medio-piccole e di nicchia. I temi gestiti con la tecnologia delle Blockchain durante l’evento di Sogei ha riguardato soprattutto il “procurement” pubblico. Ad essere premiati sono stati due progetti: - “Ceralacca digitale” per gestire la segretezza delle offerte in ambito di aste pubbliche; - “Firewall” per gestire la validazione dei processi dei bandi di gara e il registro unico dei certificati per le imprese. Ci sono anche altre applicazioni che possono trovare spazio concreto: basti pensare alla certificazione dei crediti scolastici o delle competenze individuali di tipo professionale. Ed altro ancora, come ad esempio le applicazioni per i “smart contract” per sbloccare i pagamenti solo al verificarsi di alcune condizioni, all’identità digitale, alle tematiche sul tracking dei prodotti e dei rifiuti o per la validazione delle informazioni scambiate fra più soggetti e dell’anti contraffazione. Sono dunque le Blockchain una dirompente novità tecnologica che cambierà le nostre abitudini? Forse è presto per dirlo, certo occorre prepararsi, approfondire e provare ciò che per ora è una “nascente promessa”. I campi di possibile applicazione, come visto, sono ampi: i più promettenti quelli che permettono di apporre un sigillo temporale e un'identificazione univoca a dati di interesse pubblico, implementando tramite Blockchain con valore digitale nativo, applicazioni, ad esempio, rivolte a migliorare la trasparenza, la sicurezza e l’efficienza del rapporto tra cittadini, aziende e pubblica amministrazione sui canali digitali.

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efficienza energetica

Efficienza energetica, serve accelerare INCONTRO CON SIMONA CAMERANO Responsabile Ricerca e Studi di Cassa Depositi e Prestiti

Simona Camerano - Responsabile Ricerca e Studi di Cassa Depositi e Prestiti

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Passa per le città la prossima sfida italiana sul percorso dell’efficienza energetica. Ancora oggi, spiega Simona Camerano, Responsabile Ricerca e Studi di Cassa Depositi e Prestiti, pesano sul nostro Paese una gestione scarsamente industrializzata del ciclo dei rifiuti, la mancanza di un approccio sistemico all’illuminazione pubblica e un processo di rinnovamento degli edifici frammentato e poco ambizioso.


di Fausto Carioti

E: Gli ultimi anni, in Italia, hanno visto il boom degli impianti di autoproduzione di energia elettrica, ma tra le fonti il gas continua a farla da padrone. Cosa dobbiamo attenderci dal punto di vista della produzione dell’energia nel prossimo futuro? Andiamo verso una rivoluzione o un consolidamento del trend attuale? SC: L’accelerazione dell’innovazione tecnologica da un lato, la spinta delle politiche ambientali dall’altro, hanno contribuito a ridisegnare i contorni dell’offerta di elettricità e i modelli di consumo. La transizione verso un’economia a basso impatto di carbonio si afferma come uno dei trend decisivi dei prossimi decenni. In questo contesto, anche in base alle indicazioni contenute nella Strategia Energetica Nazionale, è lecito attendersi una nuova accelerazione nello sviluppo delle rinnovabili (che nel 2030 dovrebbero coprire il 27% dei consumi

finali di energia a fronte dell’attuale 17,5%) e una maggiore concentrazione sulla produzione decentrata e sull’autoconsumo. Parallelamente il gas continuerà a giocare un ruolo di primo piano come fonte fossile a più basso impatto ambientale e come input in grado di garantire continuità all’offerta. E: Nei vostri studi recenti vi siete focalizzati sulle smart city, ovvero la città che «utilizza informazioni provenienti dai vari ambiti», incluso quello dell’energia, «in tempo reale». Può farci esempi concreti di cosa significa per un consumatore vivere in una smart city? SC: Con la digitalizzazione – e la diffusione dell’Internet of Things – i consumatori diventano “prosumer”, acquisendo una crescente consapevolezza del proprio ruolo e una funzione attiva nella creazione e nella diffusione dei servizi. In questo contesto, vivere in una smart city significa poter gestire in tempo reale il proprio profilo di consumo, ottimizzando l’uso delle risorse grazie alla domotica e alla micro-generazione distribuita; oppure contribuire all’abbassamento dei chilometri complessivamente percorsi, del numero di veicoli e delle emissioni inquinanti, grazie all’ammodernamento del trasporto pubblico locale e alla crescita del car sharing.

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E: Una smart city non è concepibile senza le smart grid. In Italia alcune regioni non dispongono ancora di una rete adeguata. Non è un’utopia parlare di smart grid? SC: Anche se alcune Regioni non presentano ancora una rete elettrica convenzionale adeguata, la massiva diffusione del fotovoltaico ci permette di essere in vantaggio rispetto ad altri Paesi. In questa prospettiva, si registrano numerosi progetti di sviluppo di smart grid che coinvolgono tutti i principali operatori nazionali. Per esempio i progetti pilota promossi dall’AEEGSI, che vedono coinvolti, tra gli altri, Acea, A2A ed Enel; ma anche l’operatività di Terna, sia sul fronte nazionale per adeguare la rete al mutato profilo di domanda e offerta, sia in ambito comunitario con progetti “intelligenti” di interconnessioni con l’estero. E: L’illuminazione ha un peso importante nei bilanci delle pubbliche amministrazioni. Città come Malaga in Spagna, Mannheim in Germania e San Jose in California hanno adottato soluzioni diverse, ma comunque “smart” e ambiziose. Le città italiane sono invece lontane da un uso intelligente dell’energia. È un problema di cultura amministrativa, di tecnologie o che altro? SC: L’evoluzione del comparto dell’illuminazione pubblica verso soluzioni “smart” sconta in Italia una serie di criticità riconducibili principalmente alla dimensione dei singoli interventi, alla frammentazione sul territorio e alla pluralità delle controparti coinvolte. La mancanza di un approccio sistemico, l’incapacità d’integrare tecnologie consolidate con altre più innovative, le difficoltà dell’Amministrazione pubblica a reperire le risorse economiche necessarie e la scarsa integrazione tra coloro che operano nel settore, ostacolano la creazione di un’infrastruttura di illuminazione pubblica, impedendo l’evoluzione verso un servizio efficiente, innovativo, sostenibile e proiettato verso il futuro. Per raggiungere questo obiettivo è necessario creare un contesto di strategie, regole, modus operandi, strumenti tecnici, in grado di rendere gli interventi efficaci e realmente percorribili dalle Amministrazioni.

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E: In un vostro studio del 2014 si legge che «interriamo rifiuti in un Paese la cui risorsa più scarsa è il territorio e non li usiamo per recuperare energia quando da sempre siamo uno Stato con significativi problemi di dipendenza energetica dall’estero». Tre anni dopo è cambiato qualcosa? SC: Secondo i dati Ispra, si registrano alcuni miglioramenti del ciclo di gestione: nel 2015 l’utilizzo della discarica (7,8 milioni di rifiuti - pari al 26%) si è ridotto del 16% rispetto all’anno precedente, mentre il riciclaggio dalla raccolta differenziata e dagli impianti di trattamento biologico meccanico ha raggiunto il 44% del totale. Nonostante questi progressi, l’obiettivo “discarica zero” previsto dalla Strategia europea risulta ancora lontano, mentre alcuni Paesi del Nord Europa hanno già raggiunto l’obiettivo. Le basse percentuali di recupero di materia e di energia dai rifiuti sono da attribuire in parte ad una gestione ancora poco industrializzata del ciclo dei rifiuti e in parte ad una carente programmazione e un’insufficiente dotazione impiantistica. Queste ultime, insieme ad un fabbisogno di investimenti stimato in oltre 3 miliardi di euro, rappresentano le leve su cui agire. E: L’uso sostenibile dell’energia passa anche per l’efficientamento degli edifici, il cui costo non può essere sostenuto integralmente dai privati. La via dell’ammodernamento graduale è quella giusta o serve un programma più rapido e ambizioso? SC: Gli incentivi statali hanno sicuramente consentito l’avvio di una fase di rinnovamento del patrimonio edilizio nazionale. Tuttavia, sarebbe necessario un progetto di “deep renovation” che consentisse di conseguire significativi risparmi energetici sia nel residenziale, sia negli edifici pubblici, il cui tasso di ammodernamento annuo è fissato nel 3% a livello comunitario. In questo contesto, data la frammentazione e l’eterogeneità degli interventi sul territorio, dare impulso a un programma più rapido e ambizioso richiede una maggiore standardizzazione delle misure di rinnovamento, che consentirebbe la replicabilità su larga scala (auspicabilmente in una logica di portafoglio) e, quindi, un più agevole accesso ai canali di finanziamento.


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efficienza energetica Prezzi Tee

Premiare gli strumenti avanzati IL PUNTO DI VISTA DI ROBERTO OLIVIERI Presidente AssoESCo

Con tale meccanismo, il consumatore finale non ha rischi e ottiene efficienza energetica e investimenti a costo zero.

Roberto Olivieri - Presidente AssoESCo

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di Ilaria Proietti

e italiano nel raggiungimento del 60% degli obiettivi di risparmio al 2020. È il sistema di incentivazione con il minore costo specifico. Anche se negli ultimi anni si stanno affacciando numerosi problemi. E: Quali sono gli scenari relativi all’evoluzione e all’andamento tecnico degli incentivi?

E: Presidente, quali sono i dati principali relativi alle ESCo nel panorama italiano? RO: Nel 2016 le ESCo certificate Uni 11352 erano 252, con 7.300 dipendenti e ricavi complessivi superiori a 3 miliardi. Gli investimenti ammontano a 836 milioni e questo perché nel comparto industriale il 25% degli interventi di efficienza energetica è effettuato tramite finanziamento delle ESCo, quasi il 23% nel terziario e uffici, per un valore di investimento superiore a 200 milioni. E: Può tracciare un bilancio del sistema dei certificati bianchi dalla loro istituzione ad oggi? RO: Il bilancio è positivo, soprattutto pensando al primo periodo. Il sistema è stato riconosciuto una best practice a livello europeo

RO: Non sono positivi sul lato offerta. Alla luce dell’incertezza sulla cumulabilità tra meccanismo dei Titoli Efficienza Energetica secondo il nuovo Decreto ministeriale dell'11 gennaio 2017 che determina gli obiettivi fino al 2020 e il provvedimento cosiddetto “Industria 4.0”, nei casi in cui si evidenzia una sovrapposizione, emerge la preferenza degli operatori verso le agevolazioni tramite ammortamenti, in quanto sono di più rapida attivazione e di più semplice gestione. E inoltre, al contrario dei Tee, non prevedono alcun riscontro sugli effettivi risultati degli interventi realizzati. Lo scenario sui prezzi dei Tee è invece in costante aumento poiché il mercato è corto e c’è una prospettiva di maggior costo per gli interventi per le Pmi e nell’edilizia. Sarebbe necessario prevedere un meccanismo di premialità per strumenti avanzati come gli Energy Performance Contract, dove il consumatore finale non ha rischi e ottiene efficienza energetica e investimenti a costo zero.

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E: Ritiene che l’andamento registrato nei primi otto mesi del 2017 possa essere confermato? RO: Dipenderà se l’offerta totale di Tee sarà in grado di sopperire agli obblighi in capo ai soggetti obbligati (distributori). Entro maggio 2018, inoltre, ci sarà una quota di obbligo del 2015 e 2016 da ricoprire, che non era stata soddisfatta a maggio 2017. Quali sono le novità più significative delle nuove regole di funzionamento del mercato dei titoli di efficienza energetica? Un dato certo è l’innalzamento della baseline per calcolare i risparmi, con una conseguente diminuzione del numero di Tee emessi per progetto. Infatti per il calcolo del risparmio viene considerato il minor valore fra il consumo antecedente alla realizzazione del progetto di efficienza e l’offerta standard di mercato, ovvero l’installabile. E: Avete denunciato che questo aggiornamento del meccanismo dei certificati bianchi rischia di portare ad un sostanziale depotenziamento dello stesso. Quali sono le criticità? RO: È stato introdotto il concetto di valutazione tecnico-economica da parte del Gse. Dal punto di vista operativo, è richiesto l’invio di molte più informazioni e documentazione, si impongono 12 mesi di misure ante-intervento, nonostante sia noto che in alcuni casi il pre-intervento sia inefficiente e quindi si debba necessariamente utilizzare come valore di baseline il dato dell’installabile. In ultimo, i recuperi termici, tipologia di intervento che porta a interessanti risparmi e non ancora diffuso in tutti i settori industriali, è ritenuto nella maggior parte dei casi non ammissibile. E: Avete anche parlato di pesanti ritardi che stanno prolungando la fase transitoria di applicazione delle nuove Linee Guida. A cosa sono dovuti? RO: Le nuove Linee Guida sono state pubblicate con quasi 4 anni di ritardo. Per mancanza di regole, il 2017 è sostanzialmente trascorso senza poter presentare richiesta di incentivi per progetti che ne avrebbero avuto i requisiti. Abbiamo sempre richiesto l’istituzione di un tavolo tecnico permanente con la partecipazione aperta a tutti gli stakeholder per un confronto con le istituzioni e una più efficace gestione operativa delle tematiche energetiche. E: Avete in più occasioni denunciato l’instabilità normativa che contraddistingue il settore. Quali sono stati gli effetti di questa instabilità sia per i progetti già approvati sia in termini di ricalcolo dei Tee? RO: È normale che un imprenditore, nella scelta di investimento, tenda a minimizzarne i potenziali rischi e tendenzialmente a scegliere tempi di rientro entro i tre anni. Ci sono chiari segnali

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da parte del mercato della volontà di non investire a causa proprio del timore che, a fronte di una verifica e di un potenziale ricalcolo o azzeramento degli incentivi futuri, si subisca una perdita economica. E: Si è registrata un'impennata dei prezzi dei Tee. L’Autorità ha stabilito che non ci siano state operazioni speculative alla base di questo fenomeno. Cosa ne pensa? RO: Il mercato è corto, contraddistinto da forte incertezza normativa e si fonda anche su aspettative future. Quindi il prezzo sale. Inoltre il meccanismo caratterizzato da un rimborso per i soggetti obbligati (lato domanda) è sbilanciato a favore di questi, che indubbiamente hanno maggior facilità di influenza e di monetizzare Tee di futura emissione, andando poi ad operare anche sui prezzi del mercato Gse con rischi attenuati dal rimborso previsto. Del resto rispetto al lato offerta non esiste nessuna protezione regolamentata al rischio volatilità. E: Nel 2017 la societa' ClimaTeam ha realizzato la prima operazione in Italia di monetizzazione di "certificati bianchi" di futura emissione. Quali sono le condizioni per questo tipo di operazione? RO: Il valore di queste operazioni è dovuto alla certezza di ottenere in futuro Tee e alla volatilità del loro prezzo nei prossimi anni. Il fatto che il Gse debba rivedere ciascun progetto e diminuire o revocare l’emissione dei Tee, specialmente a consuntivo, ha portato il valore di monetizzazione a livelli bassi per rischio elevato. Inoltre per i Tee sui progetti da nuovo Decreto ministeriale, questo sarà impossibile, a meno che la ESCo sia anche la titolare del progetto, in quanto il contratto tipo previsto per i casi in cui le stesse siano solamente soggetti proponenti impedisce in modo esplicito tale possibilità. E: Quali sono le principali proposte che AssoESCo ha formulato nell’ambito della Sen? RO: AssoESCo ha sottolineato l’importanza dello slogan della UE “Energy Efficiency First” e di un quadro normativo stabile, coerente e completo. Proponiamo un regime obbligatorio di efficienza direttamente in capo al cliente finale obbligato alla redazione delle relazioni di diagnosi, con possibilità di cedere/ trasferire tale obbligo in capo a soggetti terzi (ESCo certificate). Insistiamo inoltre sull’apertura a nuove “Energy Communities”. Infine proponiamo di usare la leva degli incentivi e della premialità per avviare soluzioni efficienti che portino a risparmi effettivi e certificati.


PIANETA TERRA

il

PERIODICO FONDATO DA CIRO VIGORITO

Mensile di informazione scientifica e cultura dell’ambiente, dell’energia e delle fonti rinnovabili Il PIANETA

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efficienza energetica

Quanto vale l’efficienza?

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di Maria Pia Terrosi

Anche in questo periodo di crisi c’è un settore nell’economia del nostro Paese che continua a dare segnali positivi. Parliamo di efficienza energetica, ambito nel quale nel 2015 gli investimenti nel settore hanno messo a segno un incremento del 10% rispetto all’anno precedente, arrivando a toccare complessivamente la cifra di 5,6 miliardi di euro. Un risultato che conferma il trend positivo registrato negli ultimi 4 anni: a partire dal 2012, infatti, la crescita annuale degli investimenti in media è stata del 14%, arrivando addirittura - nel 2014 - a toccare un +30%, passando da 4 a 5,2 miliardi. La parte del leone l’ha fatta il comparto residenziale che ha raccolto investimenti per 3 miliardi di euro, pari al 53% del totale. A seguire il settore industriale che ha attirato circa 1,8 miliardi di euro (il 32%). In coda il terziario ed uffici – pubblica amministrazione inclusa – che ne ha intercettato solo il 14%. Questi i dati riportati dall’Energy Efficiency Report 2016 redatto dall’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano, che evidenziano le tre parole chiave attraverso le quali si è coniugata l’efficienza in Italia: coibentazione, generazione, illuminazione. Cominciamo dal settore residenziale (complessivamente più di 12 milioni di edifici), ambito che ha raccolto questa gran quantità di denaro probabilmente anche grazie alla proroga dell’ecobonus fiscale. In questo ambito nel 2015 si è registrato un vero boom nell’installazione delle pompe di calore, settore il cui volume d’affari è aumentato di oltre il 50%, arrivando a toccare 1,1 miliardi di euro. A seguire gli interventi riguardanti l’illuminazione che sono riusciti ad attrarre investimenti per 450 milioni. Nel comparto industriale, le soluzioni di efficientamento energetico più adottate sono stati i sistemi di combustione efficienti, che hanno raccolto 387 milioni di euro, ben 197 dei quali nel settore metallurgico. Significativi anche gli investimenti realizzati da vetrerie (80 milioni) e cementifici (63). La cogenerazione, invece, ha registrato un volume d’affari di 378 milioni, suddivisi tra il settore alimentare (101 milioni), chimico (99), meccanico (88) e della carta (76). E 179 milioni di euro sono stati spesi per interventi finalizzati a rendere più efficiente il sistema di illuminazione. Per poter valutare correttamente la propensione all’efficienza energetica si è definito un indice che rapporta gli investimenti fatti con il costo della bolletta energetica. I settori della carta, dei prodotti per l’edilizia e del vetro e della ceramica sono quelli

che hanno mostrato una maggiore propensione all’efficienza energetica, mentre l’alimentare presenta un indice di propensione piuttosto ridotto: circa la metà di quello della carta. Per quanto riguarda il terziario (nel nostro Paese gli uffici sono 1,3 milioni) il 43% degli investimenti totali sono stati fatti nell’illuminazione (279 milioni su 650 milioni). 105 milioni di euro hanno riguardato interventi su edifici della pubblica amministrazione, il 60% dei quali (per circa 64 milioni) hanno riguardato 43.000 edifici scolastici. Gli interventi di efficientamento dell’illuminazione in testa anche nel comparto della grande distribuzione (gdo) e hotel con 64,5 milioni. A seguire gli investimenti nei sistemi di cogenerazione e refrigerazione e nel building automation. Ma se questa è la fotografia della situazione attuale, inevitabile è domandarsi quali sono gli scenari di riferimento, quali saranno i futuri sviluppi del mercato dell’efficienza e soprattutto se il nostro Paese è in grado di cogliere gli obiettivi fissati al riguardo. Infatti, secondo la Strategia Energetica Nazionale (Sen) i consumi di energia primaria in Italia al 2020 devono attestarsi a 158 Mtep (1 Mtep equivale alla quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo); poco superiore anche l’obiettivo indicato dal Pacchetto 20-20-20 che fissa un valore pari a 167 Mtep. In realtà, se confrontiamo il consumo energetico effettivo registratosi in Italia nel 2015 emerge un valore di circa 165 Mtep: ovvero addirittura inferiore all’obiettivo previsto del pacchetto 20-20-20 e di poco superiore a quello fissato dalla Sen. Obiettivo raggiunto, dunque? In realtà secondo molti analisti il target è stato centrato non grazie all’incremento dell’efficienza energetica, ma per il calo dei consumi legato alla crisi economica. Prova ne sia il fatto che nello scenario di riferimento della Sen e dal Pacchetto 20-20-20, i consumi di energia previsti per il 2015 erano di 197,5 Mtep, quasi il 20% in più di quelli registrati. Occorre dunque calcolare gli effettivi risparmi previsti legati all’efficientamento da qui al 2020 e darsi nuovi obiettivi. "È innegabile che la crisi economica abbia portato i consumi a un livello già prossimo a quello target per il 2020, e che le previsioni di crescita del Pil dei prossimi 3-5 anni non siano tali da fare immaginare un’inversione di tendenza - commenta Vittorio Chiesa, responsabile Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano - Ma non è certo vera efficienza quella che si basa sul mancato consumo: si può fingere che la crisi non ci sia stata e pensare a un efficientamento 'in valore assoluto' pari a quello previsto dal Pacchetto 20-20-20? Ovviamente la risposta è no, ed è quindi necessario che gli operatori e gli stakeholder dell’efficienza energetica nel nostro Paese si diano dei nuovi obiettivi, concreti e raggiungibili".

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verifiche e ispezioni AttivitĂ di Verifica e Certificazione OHSAS 18001:2007

Dal GSE verifiche in sicurezza

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di Gianluca Di Carlo, Daniele Mendozzi e Valeria Vanni Il D.lgs. n.81/2008 conosciuto anche come Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro (SSL), è la normativa cogente adottata a livello nazionale in tema di salute e sicurezza. Il Testo Unico introduce anche i “modelli di organizzazione e di gestione” intesi come sistemi organizzativi per le aziende finalizzati ad assicurare l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici in tema di Salute e Sicurezza sul Lavoro. In tale quadro normativo il GSE, anche in considerazione della peculiarità dell’attività di Verifica e Ispezione che viene effettuata presso siti di terze parti, ha sviluppato un proprio Sistema di Gestione della Sicurezza sul Lavoro (SGSL), ottenendo nel 2009 la certificazione del sistema ai sensi della norma BS OHSAS 18001:2007 e rinnovando annualmente la sua validità fino ad oggi.

Cos’è la Norma BS OHSAS 18001:2007 La norma BS OHSAS 18001 è stata emanata per la prima volta nel 1999 dal British Standards Institution, per fornire alle organizzazioni uno standard di riferimento per l’adozione e lo sviluppo di un Sistema di Gestione della Sicurezza sul Lavoro. Essa specifica i requisiti che il SGSL deve soddisfare per consentire di sviluppare, attuare e monitorare la politica e gli obiettivi per la Salute e Sicurezza sul Lavoro, intraprendere le azioni necessarie a migliorare la propria prestazione e dimostrare la conformità del sistema ai requisiti dello standard OHSAS. La norma OHSAS si basa sulla metodologia nota come Plan, Do, Check, Act. Ovvero: Plan, stabilire gli obiettivi e i processi per fornire risultati conformi alla politica della sicurezza e salute sul lavoro dell'organizzazione; Do, attuare i processi; Check, sorvegliare e misurare i processi rispetto alla politica della sicurezza e salute sul lavoro, agli obiettivi, alle prescrizioni legali e alle altre prescrizioni, e registrarne i risultati; Act, intraprendere azioni per migliorare continuamente le prestazioni del SGSL.

Il Sistema di Gestione della Sicurezza e Salute sul lavoro applicato all’attività di Verifica e Ispezione con sopralluogo L’implementazione del Sistema di Gestione della Sicurezza e Salute sul luogo di Lavoro ha inevitabilmente influito su tutti i processi aziendali e in particolare sull’attività di Verifica e Ispezione che il GSE effettua, anche con sopralluoghi, sugli impianti di produzione di energia elettrica o presso i siti dove vengono realizzati interventi di efficienza energetica. Per l’implementazione del Sistema di Gestione è stato necessario redigere sia procedure applicative sia istruzioni operative volte a definire le modalità di gestione dell’attività di Verifica come ad esempio la PA60 per la “Gestione del processo di verifica e ispezione” e l’istruzione operativa IO02 per l’“Attività di Verifica su impianti esterni”. La IO02 introduce due importanti strumenti di lavoro per il personale che svolge le verifiche sugli impianti (Verificatori), quali la check-list per la verifica dei requisiti di sicurezza sul lavoro ed il rapporto finale di attività ai fini della sicurezza. La check-list è uno strumento appositamente sviluppato dal GSE, che permette ai Verificatori di acquisire, in modo strutturato e consapevole, informazioni relative ai potenziali pericoli che possono incontrare durante ogni fase del sopralluogo sugli impianti di produzione, ai dispositivi di protezione individuale da utilizzare, o integrare rispetto a quelli forniti dal GSE, nonché ai comportamenti da adottare in relazione alla specificità delle situazioni di potenziale pericolo riscontrate. Infatti, preliminarmente all’attività di sopralluogo, i verificatori analizzano la documentazione inerente alla salute e alla sicurezza del sito oggetto di sopralluogo al fine di individuare eventuali pericoli presenti ed i relativi comportamenti da attuare: a supporto di tale analisi è presente il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) del GSE.

OHSAS 18001 PROCESS

PLAN

DO

CHECK

ACT

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Inoltre, nella riunione preliminare che precede il sopralluogo vero e proprio, i verificatori si confrontano con il titolare del sito sugli elementi emersi dalle analisi svolte preliminarmente, e registrano eventuali ulteriori pericoli presenti. Questa analisi avviene anche durante il sopralluogo del sito, nel quale i Verificatori, sotto il coordinamento e il controllo della figura del “Preposto addetto al Gruppo di Verifica”, mettono in atto i comportamenti volti a garantire lo svolgimento dell’attività in sicurezza, definiti nelle fasi precedentemente descritte. Nel caso vengano rilevati ulteriori pericoli il preposto si coordina con il titolare del sito o con altra figura appositamente individuata, per garantire la prosecuzione dell’attività in sicurezza e riportando nella check-list le eventuali criticità emerse con riferimento agli aspetti della sicurezza. Il preposto infine, ha il compito di fornire una valutazione generale del grado di preparazione, di organizzazione e applicazione delle procedure in materia di salute e sicurezza da parte dei titolari del sito. Queste informazioni sono raccolte attraverso il rapporto finale di attività per la sicurezza, nel quale il Preposto fornisce anche eventuali suggerimenti sulle azioni di miglioramento da attuare.

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Il contributo dei Verificatori al miglioramento continuo del SGSL Le evidenze emerse durante il sopralluogo e raccolte mediante la check-list e il rapporto, vengono inviate al Servizio di Prevenzione e Protezione per essere analizzate. Questi strumenti consentono al SPP di elaborare, anche statisticamente, i dati in esse contenuti al fine di affinare la valutazione del rischio e individuare in relazione all’attività da svolgere eventuali misure integrative od migliorative. Nell’ottica del miglioramento continuo i verificatori, sono coinvolti in incontri specifici con il SPP. In tali incontri il SPP presenta i risultati dell’attività di monitoraggio effettuata attraverso la check list e il rapporto, e le criticità emerse nell’attività di verifica. La rilevazione degli aspetti di criticità, rispetto agli obbiettivi prefissati per la sicurezza e salute sul lavoro, permettono al Servizio di Prevenzione e Protezione di mettere in atto tutte quelle azioni volte a migliorare continuamente le prestazioni del SGSL. Questo negli anni si è tradotto sia nell’aggiornamento del documento di Valutazione dei Rischi che delle Procedure e Istruzioni Operative, nonché nell’organizzazione di corsi di formazione sempre più specifici per tale attività e all’introduzione di nuove misure di prevenzione e protezione. Negli ultimi anni, il contributo dei verificatori di impianti allo sviluppo del SGSL ha assunto un ruolo sempre più rilevante. L’attività di verifica, infatti, è significativamente aumentata nel tempo e parallelamente all’aumento del numero di sopralluoghi è cresciuto anche il numero di risorse impegnate: ciò ha determinato la necessità di approcciare con maggiore attenzione e in modo strutturato tale attività di lavoro in relazione agli aspetti di SSL, anche per gestire in maniera più attenta possibile situazioni diverse tra loro in termini di esposizione a fattori di rischio. In sopralluogo, quindi, insieme alle funzioni proprie dell’attività ispettiva, ciascun verificatore ha ulteriori compiti in tema di SSL (preposto o lavoratore, addetto di primo soccorso). Ciò in ogni verificatore ha ampliato la consapevolezza del proprio ruolo e favorito la partecipazione attiva nell’attuazione degli aspetti di SSL anche nella concreta operatività di ogni giorno, nel più ampio principio del miglioramento continuo del SGSL.


energia rinnovabile

Le tante transizioni dell’energia DIALOGO CON GIOVANNI BATTISTA ZORZOLI Presidente Onorario Coordinamento FREE

Giovanni Battista Zorzoli - Presidente Onorario Coordinamento FREE

di Gabriele Masini

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Dal fossile al rinnovabile, da centralizzato a distribuito, dagli incentivi al mercato. Diverse sono le direttrici della transizione energetica. Le abbiamo scandagliate con uno dei massimi esperti italiani del settore, Giovanni Battista Zorzoli. E: Il passaggio dal fossile al rinnovabile sembra essere un dato ormai acquisito, almeno nella generazione elettrica e nel medio periodo, grazie anche al calo dei costi delle Fer. Si può dire la stessa cosa del passaggio dalla generazione centralizzata a quella distribuita? C'è qualcosa che ostacola lo sviluppo di piccole e micro reti e delle comunità energetiche? GBZ: Altrove - Germania, Francia, Danimarca, ma non solo - le comunità energetiche locali sono una realtà in crescita. Occorrono però delle norme che ne regolino il funzionamento. Mi limito a citare una questione di non poco conto: la comunità può essere proprietaria della rete elettrica per gli scambi interni? Se sì, quali sono i criteri per il rilascio della concessione? Poiché nel documento di consultazione sulla Sen si propone di affrontare la questione “comunità energetiche locali” all'inizio del prossimo decennio, in tal caso lo sviluppo di queste comunità sarebbe rinviato in Italia di almeno un lustro. Considerazioni analoghe valgono per la compravendita di energia a livello locale, oggi soggetta a troppi vincoli e a una casistica bizantina: non a caso, di recente l’AEEGSI ha sottolineato l’esigenza di semplificare l’attuale normativa. E: Per le rinnovabili “mature” servono ancora incentivi? O basterebbe ad esempio la possibilità di stipulare contratti di cessione dell'energia lungo periodo? E, in questo caso, servirebbe una “controparte centrale”? GBZ: Lo stop and go e i provvedimenti con applicazione retroattiva degli ultimi anni non hanno certo favorito un percorso che massimizzasse i benefici derivanti dalla caduta dei costi a livello internazionale (a ottobre 2017 non abbiamo ancora il decreto 2017-2020 per le rinnovabili elettriche non fotovoltaiche). Le aperture sul ripotenziamento/rifacimento degli impianti di prima generazione rappresentano però un segnale positivo. Come conferma anche il documento di consultazione sulla Sen, eolico e fotovoltaico utility scale raggiungeranno la piena competitività nei primi anni del prossimo decennio. L’entità dello sforzo promozionale residuo potrà essere notevolmente ridotto a due condizioni. Innanzi tutto, la partecipazione delle rinnovabili ai servizi ancillari, agevolata dal prolungamento del mercato infragiornaliero fino al momento di consegna dell’energia (o poco prima) e dalla possibilità di formulare un’offerta aggregata di più impianti (il

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che richiede una modifica dell’attuale codice di rete). In secondo luogo, vanno create le condizioni per verificare sul campo le reali potenzialità dei contratti pluriennali: “pulizia normativa”, per abrogare le regole che consentono all’acquirente di disdire il contratto senza “giusta causa”; possibilità di aggregazioni, oltre che dell’offerta, anche della domanda, su cui siamo in ritardo rispetto ad altri paesi (la Direttiva europea in materia è del 2012 e da non molto, su mandato dell’AEEGSI, Terna ha avviato le prime sperimentazioni). E: Metanizzazione della Sardegna: i progetti sono molti, dalla dorsale ai rigassificatori, ai depositi costieri. Ma intanto si sta compattando anche il fronte che vedrebbe l'isola come “laboratorio” ideale per un'elettrificazione spinta dei consumi, bypassando il combustibile di passaggio per eccellenza, il gas. Quale pensa sia lo scenario preferibile? GBZ: L’obiettivo non è l’elettrificazione spinta dei consumi, bensì l’utilizzo delle risorse primarie disponibili in Sardegna, per sviluppare l’offerta di energia elettrica e termica, entrambe da fonti. Per sfruttare le potenzialità esistenti occorre infatti il contributo di tutte le fonti energetiche e di tutte le tecnologie. E: Una decina di anni fa lei definì il mercato elettrico uno “strano animale”. Con l'ingresso massiccio delle rinnovabili, la fine della maggior tutela, ora con il mercato della capacità, qual è il suo destino? Ha un senso sperare di arrivare a un mercato più “libero” o è bene rassegnarsi all'evoluzione verso un assetto sempre più amministrato? GBZ: Anche senza generazione distribuita rimarrebbe la singolarità di un mercato liberalizzabile a monte nella produzione e nella conseguente vendita all’ingrosso, ma necessariamente regolato nella trasmissione e distribuzione, per ritornare liberalizzabile nella vendita ai consumatori. Per di più con un’altra singolarità: fino a ieri, le possibilità di accumulo dell’energia elettrica erano modeste e disponibili solo dove l’orografia consentiva la realizzazione di impianti di pompaggio. Alle limitazioni strutturali si sono aggiunte decisioni sul market design che hanno costretto l’animale entro regole poco adatte alla sua natura. Il sistema elettrico è caratterizzato da impianti di produzione e da infrastrutture con lunghi tempi di ritorno degli investimenti. Mentre il suo habitat naturale è il lungo termine, si è privilegiata la contrattazione a pronti. Quasi non bastasse, il comportamento

dei decisori europei è stato schizofrenico. La Direttiva del 19 dicembre 1996 definì un modello di mercato elettrico conforme alla sua organizzazione tradizionale (produzione termoelettrica o nucleare centralizzata), mentre in parallelo l’Europa era impegnata nella costruzione di una politica sul clima, che si concretizzò con l’adesione al protocollo di Kyoto. Adesione che ha richiesto la crescita accelerata della produzione energetica con fonti rinnovabili, cui hanno massicciamente contribuito eolico e fotovoltaico. Con due prevedibili conseguenze: lo sviluppo di un sistema energetico in parte centralizzato, in parte decentrato e, in una Borsa basata sul prezzo marginale, il verificarsi di prezzi nulli o negativi. Ciò nonostante, le norme che regolavano il mercato elettrico non sono sostanzialmente cambiate nemmeno con la terza Direttiva del 13 luglio 2009, cioè quando da due mesi era in vigore la Direttiva sulla promozione delle fonti rinnovabili, che dava attuazione al pacchetto 20/20/20. Incredibile, ma vero. Queste contraddizioni tra l’essere e il voler essere hanno portato al bagno di sangue del 2015: le prime 25 utility europee hanno chiuso i bilanci con un deficit complessivo di 3,5 miliardi. C’è da stupirsi se stanno prevalentemente puntando sui mercati regolati? E: Se dovesse scommettere un euro su una tecnologia/soluzione che cambierà radicalmente il nostro rapporto con l'energia, su cosa punterebbe? GBZ: La monocultura tecnologica è troppo rischiosa: il tutto nucleare francese ne è la riprova. In futuro mi aspetto maggiori contributi dalle tecnologie più innovative. Da quelle non energetiche legate all’ICT a quelle energetiche più science based: accumuli, fotovoltaico, bioenergie.

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efficienza rinnovabile Eolico

Nuovi regolamenti e meccanismi di remunerazione stabili IL PENSIERO DI STEFANO DA EMPOLI Docente all’Università Roma Tre Presidente di I-Com

Stefano Da Empoli - Docente all’Università Roma Tre e Presidente di I-Com

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Per raggiungere gli obiettivi di generazione fissati e alla vigilia di una importante operazione di repowering, l'eolico ha bisogno di un quadro regolamentare e meccanismi di remunerazione stabili. È l'avvertimento dell'economista Stefano da Empoli, docente all’Università Roma Tre e presidente di I-Com, Istituto per la Competitività, think tank con sedi a Roma e Bruxelles, da lui fondato nel 2005.


di Fausto Carioti

E : L'Italia ha una penetrazione dell'eolico pari al 6%, per quasi due terzi in Puglia. La media Ue è del 10%, la Spagna arriva al 19%. Ci sono solo ragioni geologiche o antropiche per questa bassa penetrazione o i motivi sono anche altri? SDE: Certo contano le caratteristiche del nostro territorio, che presenta un potenziale ridotto in molte parti del centro-nord e un elevato grado di antropizzazione rispetto alla media Ue. Detto questo, le opposizioni all’eolico tipiche della sindrome Nimby hanno avuto un ruolo non marginale nell’ostacolarne la crescita. Basti pensare all’enorme differenza tra una regione e l’altra, a prescindere dal potenziale e dal grado di antropizzazione, e all’assenza di eolico off-shore. Ha anche pesato negli anni un sistema di incentivazione in parte spiazzato da altre fonti, su tutte il fotovoltaico, e soggetto a molti cambi regolatori e dunque ad un elevato grado di incertezza.

E: Nel 2016 la potenza installata era pari a circa 9.500 MW. Quale è l'obiettivo credibile raggiungibile entro il 2030? SDE: L’ANEV, l’associazione dei produttori di energia eolica, stima un potenziale al 2030 di 17.150 MW, corrispondenti a una produzione di 36,4 TWh, pari al 9,58% dei consumi interni lordi di elettricità. Numeri confermati dalla bozza in discussione della Strategia Energetica Nazionale, tra eolico on-shore e off-shore. Tuttavia non sarà facile realizzarli, perché occorre tener conto che una parte del parco attualmente installato è soggetto a obsolescenza e sarà smantellato nei prossimi anni, in assenza di interventi specifici di repowering. E: Quanta di questa potenza dovrebbe arrivare dal repowering degli impianti attuali e quanto dalla costruzione di nuovi impianti? SDE: Un recente studio di eLeMeNS ipotizza che, per raggiungere un potenziale di eolico on-shore di 15.800 MW al 2030, sarebbe necessario l’ingresso di un contingente di impianti greenfield pari a circa 5.340 MW e il repowering di impianti già esistenti per 3.375 MW.

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E: In pratica bisognerebbe installare oltre 500 MW di potenza eolica ogni anno a partire dal 2017, mentre negli ultimi anni l'installazione è stata pari, in media, a poco più di 300 MW. Cosa bisogna cambiare?

E: I paesi membri della Ue continuano a fare accordi bilaterali con i paesi fornitori di gas e petrolio. Quanto pesa l'assenza dell'Unione su questi tavoli? Può esistere una strategia comune dell'energia se questi accordi non passano da Bruxelles?

SDE: Qualche primo passo è stato già compiuto, introducendo nello schema di riforma della VIA la possibilità per gli esercenti degli impianti di richiedere un pre-screening alle autorità competenti. In questo modo, le imprese possono capire rapidamente se e quali adeguamenti tecnici sono necessari per migliorare gli standard ambientali. La Strategia Energetica Nazionale punta, a mio avviso correttamente, su ulteriori misure di semplificazione amministrativa, come procedure autorizzative accelerate. Queste, tra le altre cose, tengono conto del fatto che, grazie alle migliori tecnologie oggi disponibili, la sostituzione degli aerogeneratori esistenti con macchine di potenza maggiore può consentire di utilizzarne un numero inferiore, a parità di energia prodotta.

SDE: L’energia è ancora un settore dominato da logiche nazionali. Qualche tentativo di centralizzare le negoziazioni, o quantomeno di notificarle a Bruxelles, è stato fatto, ma le armi delle istituzioni europee mi paiono ancora spuntate. Basti pensare alla vicenda del Nord Stream 2, gasdotto che, nonostante le perplessità di Bruxelles, spalleggiata da molti Stati dell’Europa dell’Est, con ogni probabilità si farà. Attribuendo il merito a un mercato che in questo caso fa da foglia di fico alla volontà di alcuni Stati, a partire dalla Germania.

E: Negli scorsi anni abbiamo visto la rimodulazione degli incentivi e l'introduzione degli oneri di sbilanciamento. Questo ha generato un senso di sfiducia negli investitori, che chiedono certezze per un congruo periodo di tempo. SDE: La stagione degli incentivi elevati è tramontata per sempre. Oggi il settore ha bisogno di altro, anche perché nel frattempo le fonti rinnovabili hanno dimostrato di aver ridotto il gap di competitività con quelle tradizionali. Ma è indispensabile assicurare la necessaria stabilità al quadro regolamentare e ai meccanismi di remunerazione. E: In alcune regioni italiane il collo di bottiglia è rappresentato dalla rete di trasporto dell'energia. Il tema del loro rinnovamento non può non andare di pari passo con quello della digitalizzazione delle reti. A che punto siamo in Italia con le “smart grid”? SDE: Per un’implementazione sistemica nelle reti di trasmissione e di distribuzione c’è ancora molto da fare, anche se l’Italia ha tutte le risorse per essere tra i Paesi di testa nella nuova sfida digitale. D’altronde, non mancano alcuni driver importanti, come gli smart meter di seconda generazione, che stanno per entrare nelle case degli italiani. E: Uno degli obiettivi ufficiali della Commissione europea è la realizzazione della Unione dell'energia, che dovrebbe garantire il libero scorrimento dell'energia attraverso i confini nazionali. Lo ritiene un obiettivo credibile? Che tempi prevede? SDE: Gli obiettivi che si è posta la Commissione europea nella Strategia per l’Unione dell’Energia, pubblicata all’inizio del 2015, sono senza dubbio ambiziosi. Molti dossier sono ancora aperti, ma non c’è dubbio che l’energia è stata al centro dell’attuale mandato delle istituzioni europee. Detto questo, manca e continuerà a mancare nel futuro prossimo un mercato energetico davvero unico. Qualche passo avanti si è registrato nei mercati all’ingrosso, ma nei mercati finali siamo ancora molto indietro.

Il solare e l'eolico domineranno il futuro dell'elettricità Dati in percentuale sul totale prodotto Capacità globale cumulativa installata al 2016

6.719

Elementi 42

Totale Gw prodotti

13.919

30%

22%

Fotovoltaico grandi installazioni

24%

14%

Eolico

17%

14%

Gas

7%

13%

Carbone

6%

12%

Idroelettrico

5%

10%

Fotovoltaico piccole installazioni

3%

3%

Nucleare

2%

2%

Petrolio

6%

10%

Altri

Fonte: Il Sole 24 Ore

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Capacità complessiva globale cumulativa al 2040



energia rinnovabile Gestione dell’energia

Serve un sistema di generazione decentrato IL PUNTO DI VISTA DI EMILIO SANI Consigliere di ITALIA SOLARE

Emilio Sani - Consigliere di ITALIA SOLARE

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di Claudio Ramoni

E: Cosa manca ancora al nostro Paese per passare definitivamente alle energie rinnovabili? Si stima che un'Italia completamente a energia rinnovabile farebbe risparmiare 6.500 euro a testa all’anno, creando mezzo milione di posti di lavoro. ES: Siamo in una fase di transizione da un contesto dove le rinnovabili esistono perché incentivate a un nuovo sistema dove sostituiscono la generazione da fonte fossile e sono utilizzate perché sono la forma di produzione più conveniente. E’ necessario il passaggio dall’attuale modello di gestione dell’energia centralizzato a un sistema di generazione decentrato, dove i flussi di energia vengono regolati a livello locale per consentire la massima flessibilità e integrare la produzione distribuita da fonti rinnovabili. In Italia però il sistema elettrico e la gestione dei flussi di dispacciamento rimangono centralizzati e qualsiasi liberalizzazione di segmenti incontra fortissimi ostacoli. Le tariffe elettriche dovrebbero poi essere strutturate in modo più flessibile, garantendo un premio a chi consuma energia nelle ore in cui è maggiore la produzione di energia rinnovabile. E: Quanto è necessaria oggi una normativa stabile di riferimento per consentire agli operatori del settore la pianificazione di investimenti? ES: Per gli impianti da fonte rinnovabile non incentivati, scarti anche di pochi euro per MWh sono rilevanti ai fini della finanziabilità e sostenibilità economica dei progetti. La mancata visibilità su quali saranno - nel medio lungo termine - le condizioni tecniche ed economiche per la partecipazione degli impianti rinnovabili non programmabili al mercato del dispacciamento è dunque un fattore estremamente pregiudizievole. E: Quanto è importante valorizzare al massimo gli impianti fotovoltaici permettendo la loro partecipazione al mercato di bilanciamento, di riserva e di altri servizi di sistema? ES: Gli impianti fotovoltaici costituiscono una fonte rinnovabile non programmabile. Oggi la programmazione della produzione degli impianti viene effettuata dai trader/grossisti che comprano l’energia degli impianti. La partecipazione degli impianti fotovoltaici al mercato del dispacciamento può trasformare la gestione dei flussi, che oggi è un mero elemento di costo potenziale, in un’opportunità di guadagno, considerato che i prezzi sul mercato del dispacciamento sono più elevati di quelli sul mercato del giorno prima.

distribuzione attraverso comunità di consumatori/produttori, il divieto per gestori delle reti di trasmissione e distribuzione di gestire gli stoccaggi, l'obbligo di garantire ai consumatori prezzi dinamici e tariffe di distribuzione flessibili e differenziate che riflettano quanto più possibile i costi. In Italia invece le reti private di distribuzione sono vietate, la tariffa di distribuzione è unica a livello nazionale e manca di qualsiasi flessibilità: i gestori delle reti di trasmissione e distribuzione gestiscono stoccaggi e il dispacciamento è esclusivamente gestito a livello centralizzato dal gestore della rete di trasmissione. E: La transizione a un mercato coperto interamente dalle rinnovabili comporta nuove sfide. E' possibile arrivare a progettare l’autoconsumo dell’energia sia da un punto di vista tecnico che finanziario? ES: La convenienza dell’autoconsumo dipende dalla struttura delle tariffe elettriche. Quanto più le componenti della bolletta sono variabili e commisurate al consumo di energia, tanto più l’autoconsumo (che diminuisce il prelievo dalla rete) è conveniente. Per gli impianti su capannoni industriali/artigianali a forte consumo di energia, sulla base dell’attuale sistema tariffario, ci sono le condizioni per avere impianti di autoconsumo non incentivati, finanziabili. Agli impianti fotovoltaici domestici sono attualmente garantiti, invece, gli incentivi delle detrazioni fiscali, ma la riforma delle tariffe elettriche domestiche, che sta entrando a regime, ha causato una forte penalizzazione perché ha determinato in misura fissa, indipendente dal consumo di energia prelevata dalla rete, le tariffe di distribuzione. Italia Solare ha chiesto di modificare tale riforma per garantire che almeno in parte le tariffe di distribuzione rimangano correlate al consumo di energia prelevata dalla rete. E: Qual è a suo giudizio la sensibilità degli italiani in tema di rinnovabili e di consumo energetico consapevole? L'Italia è un Paese maturo da questo punto di vista? ES: In Italia c’é una forte attenzione alle tematiche energetiche e una diffusa cultura dell’efficienza energetica. Se si supereranno le attuali resistenze ai principi più innovatori della nuova normativa comunitaria, sono fiducioso che vi sarà un enorme potenziale di sviluppo indotto dalla transizione energetica.

Il fotovoltaico traina le rinnovabili Incrementi di capacità per fonte nel 2016 Incrementi netti

Dismissioni

200

150

100

E: Quali le opportunità per le rinnovabili nel “pacchetto energia” della Commissione Ue? A che punto siamo sull’avvio di un mercato locale del dispacciamento? ES: Il pacchetto energia proposto dalla Commissione prevede una gestione decentrata del dispacciamento anche a livello delle reti di distribuzione, la possibilità di gestire reti private di

50

0 Carbone

Fotovoltaico

Eolico

Gas naturale

Rinnovabili

Fonte: Elaborazione AIE

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Italia terreno fertile per la cogenerazione A TU PER TU CON GIANFRANCO MILANI Managing Director di Grastim Nonostante le difficoltà, l’Italia rappresenta un “terreno fertile e per tanti aspetti estremante maturo” per la cogenerazione. È quanto sostiene Gianfranco Milani, Managing Director di Grastim, società italiana specializzata in impianti per la produzione di energia pulita attraverso la cogenerazione e la trigenerazione. La società, dopo le esperienze nel Regno Unito, Germania e Spagna, continua a guardare anche all’estero, in particolare all’America del Nord, all’America Latina ed all’Africa.

di Elena Veronelli

Gianfranco Milani - Managing Director di Grastim

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E: Ritiene che la normativa e i processi burocratici in Italia siano favorevoli per la cogenerazione? Rispetto al resto d'Europa vede maggiori ostacoli di sviluppo? GM: Storicamente la cogenerazione in Italia ha sempre vissuto cicli e fasi in cui si è passati da un approccio di grande sostegno a situazioni minacciose tali da far presagire stop tout court all’intero comparto. La carenza di un quadro stabile, duraturo e strategico è uno dei fattori che limita e raffredda un potenziale che è invece di grande interesse per le imprese italiane, soggette a un costo del kWh che, in un modo o nell’altro, pesa tanto in più rispetto ai nostri partner europei. Le tematiche economiche e regolatorie di fondo sono comuni a gran parte dei Paesi continentali, ma le nostre direttrici sono spesso altalenanti. E: Cosa ne pensa nello specifico della riforma delle tariffe per i clienti non domestici, che entrerà in vigore nel 2018? Che impatto avrà sulla cogenerazione? GM: Anche questo tema evidenzia un’incoerenza strategica: dopo che per circa 3 anni si è tenuto il settore alle prese con l’approccio Seu, si è azzerato il complesso meccanismo ed incanalato il valore economico nel quadro della revisione degli oneri di sistema. Sia ben chiaro: le argomentazioni di fondo sono corrette ed un meccanismo di ridistribuzione è dovuto a livello Paese, ma la gestione della situazione riflette una visione di breve periodo ed un’estrema contingenza. E: Può parlarci di una situazione particolarmente virtuosa di un altro Paese europeo? GM: Il Regno Unito andrebbe preso come riferimento per l’approccio alla burocrazia dei progetti: semplicità, chiarezza e coerenza sono leggibili in tutte le fasi. È un modello culturale più che un meccanismo. Altro caso interessante è quello della Germania: i temi dell’incentivazione e della partecipazione agli oneri generali sono stati posti anche lì, ma dopo sono state emanate direttive chiare e durevoli. E via con gli investimenti. E: In Italia e all’estero che prospettive di sviluppo ci sono per il settore della cogenerazione? GM: Nel mondo dell’energia la descrizione forse più aderente è quella della transizione energetica con un ruolo sempre maggiore delle fonti rinnovabili. In questo contesto la cogenerazione giocherà ancora un ruolo strategico grazie alla intrinseca efficacia della generazione combinata, a cavallo tra il mondo dell’energia elettrica e termica ed alla sua capacità di contaminarsi con tante soluzioni tecnologiche. Penso ad

applicazioni mature sviluppate nel Food&Beverage in interazione con la catena del freddo a bassa temperatura, o alle soluzioni combinate con l’utilizzo delle biomasse e alla complementarietà con le soluzioni smart di accumulo elettrico e demand management. E: Quali possono essere gli scenari verso cui evolve la tecnologia e quale contributo può dare la cogenerazione all’ambiente e all’economia? GM: La diversificazione del mix produttivo sarà una delle chiavi di volta per la transizione energetica e per conservare l’efficacia del modello concettuale della cogenerazione, che opportunamente tarato sull’utente, rimane un vestito su misura di grande impatto. Come azienda siamo consapevoli delle sfide che si affacciano all’orizzonte e del fatto che ricerca e sviluppo devono avere un ruolo chiave nel business. Da alcuni mesi siamo coinvolti in un progetto nazionale patrocinato dal Mise e con un target specifico sulla valorizzazione di oli vegetali esausti e sulla gassificazione delle biomasse. E: Nello specifico, quali sono i vantaggi per una società di far installare nelle proprie fabbriche un impianto di cogenerazione? GM: La forza della soluzione cogenerativa nasce dalla sua intrinseca virtuosità tecnica e contestuale massimizzazione dell’utilizzo di una fonte primaria di energia. Non è un concetto valido sempre e per tutti, anzi. I vantaggi nascono da una caratterizzazione spinta dell’utilizzatore e dei propri profili di domanda: soluzioni sbilanciate o non tarate hanno vita breve. Viceversa scelte ottimizzate di autoproduzione possono apportate sensibili riduzioni dei costi di produzione e di conseguenza importanti recuperi di competitività sui mercati. E: Prossimi obiettivi di Grastim, in Italia e all'estero? GM: L’Italia è per noi uno zoccolo duro per il business: pur con tutte le difficoltà rappresenta comunque un terreno fertile e per tanti aspetti estremante maturo per lo sviluppo di queste iniziative. Grastim si è affacciata sui mercati esteri da alcuni anni e vanta significative esperienze nel Regno Unito, Germania e nella penisola iberica. Guardiamo ora con grande interesse alle Americhe, sia Nord che America Latina, dove la cogenerazione è qualche anno indietro rispetto all’Europa ed all’Africa dove la fame energetica e la carenza di infrastrutture costituiscono condizioni di grande attrattiva per il modo delle imprese energetiche.

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Rinnovabili, investimenti 'DA' e 'IN' Italia per 5,7 mld. Eolico Star a cura di prometeo ADNK

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Investimenti, tra nuovi impianti e acquisizioni, per un totale di 5,7 miliardi dall’Italia e in Italia per le rinnovabili: 4,6 miliardi verso l’estero, più 1,1 miliardi di euro investiti in Italia. È quanto emerge da un’analisi sul 2016 di Althesys, think tank che analizza l’economia dell’energia, dell’ambiente e delle utility e che pubblica il Rapporto Irex sulle fonti rinnovabili. “Le imprese italiane che si sono sviluppate nel mercato nazionale grazie alle politiche di incentivazione degli anni scorsi oggi stanno capitalizzando esperienze, competenze e capacità. Molte hanno investito fuori dall’Italia anche in questo settore che non è tradizionale del made in Italy, come il food e la moda, e stanno avendo un ruolo significativo”, dice Alessandro Marangoni, Chief Executive Officer di Althesys. Gli investimenti italiani oltre confine sono un trend consolidato. “Circa un terzo delle operazioni censite ha interessato l’estero (33%), per una potenza complessiva di 4,9 GW (il 72% del totale) ed un valore stimato in 4,6 miliardi di euro”, rivela Althesys. “La destinazione principale è il centro e sud America con il 28% delle operazioni e circa 2,5 GW di potenza coinvolta (pari al 52,9% del totale) per un valore degli investimenti stimato in 2,3 miliardi di euro. Segue il nord America dove è localizzata il 21,3% della potenza, in crescita di quasi 16 punti percentuali rispetto al 2015. Il continente africano, invece, pesa per un quarto delle operazioni internazionali pari al 20,7% dei MW, in flessione di quasi dieci punti percentuali rispetto al 2015, con 1 GW di potenza coinvolta e 1,1 miliardi di valore. Rilevante anche la quota di operazioni che ha interessato l’Asia, pari al 15% del totale delle iniziative, ma con un peso sulla potenza di poco superiore al 2%. Crollano gli investimenti in Europa, anche a causa dei tagli retroattivi agli incentivi nelle nazioni dell’Est. Sono nel complesso solo il 2,3% della potenza contro il 26,4% del 2015, anno nel quale la cosiddetta Nuova Europa aveva raccolto ben il 20,6% delle iniziative italiane all’estero”. A livello di tecnologie,

spiega Althesys, “l’eolico è la fonte più interessata dagli investimenti (2,4 miliardi di euro) mentre il fotovoltaico è la prima tecnologia per potenza (2,6 GW, compresi gli impianti Epc). Considerando, invece, le sole iniziative di crescita interna (solo investimenti in nuovi impianti, non le acquisizioni), il solare scende a 1,8 GW”. Dall’Italia e verso l’Italia. Nel 2016, ricostruisce la società di consulenza, “sono state registrate 28 operazioni, sia finanziarie che di crescita nel core business. Tali operazioni hanno coinvolto complessivamente 1,13 GW di potenza e oltre 1,1 miliardi di euro. Tra i player internazionali 12 sono investitori finanziari, 5 operatori il cui core business riguarda solo le fonti rinnovabili, 5 operatori tecnologici e un produttore e distributore di energia elettrica attivo in Europa”. Anche qui il vento risulta la fonte sulla quale si concentrano gli investimenti. “L’eolico è l’indiscusso protagonista con 837 MW (74% della potenza totale) e 630 milioni di euro (57% del valore economico complessivo), le operazioni che hanno riguardato questa fonte sono state principalmente acquisizioni/ partecipazioni societarie e accordi di fornitura. Seguono le operazioni di M&A (Merger&Acquisition, cioè operazioni di fusione e acquisizione di società) che hanno coinvolto il fotovoltaico (265 MW e 425 milioni di euro) e idroelettrico con 31 MW e 55 milioni di euro. Due operazioni hanno riguardato geotermia (fornitura tecnologica) ed efficienza energetica (efficientamento edilizio). La fotografia degli investimenti esteri in Italia - aggiunge Althesys - mostra come il trend sia guidato principalmente dalle operazioni di finanza straordinaria (acquisizioni e fusioni, 86%) e parzialmente da accordi/forniture tecnologiche (11%). Le operazioni di crescita nel core business rappresentano solo il 3%. Questi indicatori sono segnali di un mercato secondario legato alle rinnovabili molto attivo nel nostro Paese, tuttavia allo stesso tempo indicano una certa riluttanza dei player esteri a investire in nuovi impianti e nuovi progetti”. In sintesi, spiega Marangoni, “il grosso degli investimenti italiani all’estero sono nuovi impianti, mentre il grosso degli investimenti esteri in Italia sono l’acquisizione di impianti già esistenti. Gli investimenti italiani all’estero - prosegue l’ad - evidenziano due elementi: uno che gli investimenti nelle rinnovabili nel mondo stanno crescendo e continueranno a crescere in maniera significativa nei prossimi anni. Sostanzialmente, con l’eccezione forse della Cina, quelli nelle rinnovabili costituiscono la parte prevalente degli investimenti in nuovi impianti di produzione elettrica. Il secondo elemento è che le imprese italiane, dopo essere cresciute nel mercato domestico anche grazie agli incentivi, hanno sviluppato capacità e competenze che oggi permettono loro di esser competitive e fare investimenti all’estero. Il lato meno positivo - conclude - è che gli investimenti si rivolgono soprattutto all’estero perché, dopo il boom degli anni scorsi, i cambi nelle politiche energetiche italiane hanno un po’ fermato gli investimenti nel nostro Paese. Sostanzialmente gli investitori esteri in Italia arrivano per comprare impianti esistenti piuttosto che costruirne di nuovi”.

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L'idrogeno che verrĂ

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di Edoardo Borriello

Quando negli anni Settanta Cesare Marchetti, ricercatore all'International Institute for Applied Systems Analysis di Laxenburg in Austria, parlò per primo di un'economia mondiale basata sull'idrogeno in molti accolsero con grande scetticismo l'idea. Trent'anni dopo è stato l'economista americano Jeremy Rifkin a prefigurare la fine della civiltà del petrolio e l'avvento di una società dove l'energia per gran parte del mondo sarà ricavata proprio dall'idrogeno, una fonte energetica virtualmente illimitata, poco costosa e non inquinante. Tra 40-50 anni - è la tesi di Rifkin - si arriverà all'esaurimento di almeno metà delle riserve globali di petrolio, un evento che sommato al surriscaldamento del nostro pianeta e all'impossibilità del Terzo mondo di pagarsi l'energia, determinerà un decisivo cambiamento di rotta. "Oggi l'idrogeno - ricorda Rifkin - bisogna estrarlo dai gas combustibili come il metano, che tra dieci anni comincerà a scarseggiare. Ma l'idrogeno si trova ovunque e si presta ad essere conservato. Occorre quindi muoversi in questa direzione". In effetti qualcosa si sta già muovendo, almeno in Europa, che si è data come obiettivo in otto anni una soglia del 22% di elettricità basata su fonti di energia rinnovabile. Proprio in Italia è stato portato avanti "Ingrid", un progetto europeo di ricerca ospitato a Troia in provincia di Foggia. Il progetto è stato sviluppato da un consorzio di otto partner provenienti da Francia, Italia, Belgio e Spagna: Engineering Ingegneria Informatica (coordinatore), Arti (Agenzia Regionale per la Tecnologia e l'Innovazione della Puglia), McPhy Energy, Hydrogenics, Tecnalia, Rse (Ricerca sul Sistema Energetico), E-Distribuzione, Studio Tecnico BFP. "Ingrid" ha dimostrato la validità della soluzione tecnologica ipotizzata per risolvere il problema della discontinuità e dei picchi di sovrapproduzione tipico delle rinnovabili. In particolare ha promosso il sistema di stoccaggio dell'energia in forma di idrogeno allo stato solido, attraverso dischi di magnesio. Questi dischi consentono infatti di conservare l'idrogeno in forma stabile, trasportarlo in modo sicuro, estrarlo all'occorrenza e convertirlo con celle a combustibile in energia elettrica. Questo progetto è stato realizzato in un impianto pilota da 39 MW, composto da un elettrolizzatore da 1,2 MW, un sistema di accumulo dell'idrogeno solido, una cella a combustibile e

sistemi avanzati di Information Technology per il monitoraggio in tempo reale delle reti di distribuzione. "Le soluzioni tecnologiche per lo stoccaggio e la gestione della produzione e della domanda di energia elettrica dice Vito Albino, commissario straordinario di Arti - sono particolarmente importanti per la Puglia, una regione che produce più energia di quanta ne consumi, soprattutto da rinnovabili". La Puglia può a ragione essere considerata una delle regioni più smart al mondo. Leader in Italia per la produzione di energia da fotovoltaico ed eolico, tra il 2000 e il 2014 ha incrementato di 29 volte la produzione da fonti rinnovabili. E questo a fronte di un semplice raddoppio della produzione dalle stesse fonti a livello nazionale. Nel 2014 la Puglia ha coperto, con le rinnovabili, circa la metà dei consumi elettrici regionali. In prospettiva potrebbe superare l'80%. Quali scenari si prospettano in un futuro dove la maggiore fonte energetica deriverà dall'idrogeno? Quello basato sull'idrogeno sarà un mondo in cui le risorse energetiche saranno delocalizzate e differenziate, proprio per la peculiarità fisica di questo elemento della natura. L'idrogeno, secondo Rifkin, porrà fine alla dipendenza del mondo dal petrolio, che è stato sino ad oggi una potente arma di condizionamento economico e geopolitico. Nello stesso tempo ridurrà notevolmente le emissioni di gas serra, risolvendo almeno in parte anche gli effetti del surriscaldamento del nostro pianeta. L'idrogeno si può considerare un combustibile sicuro. Naturalmente - come sottolinea Ugo Bardi del dipartimento di chimica dell'Università di Firenze - come tutti i combustibili è infiammabile e richiede le precauzioni del caso. Se mescolato con l'ossigeno in un ambiente chiuso genera una miscela esplosiva. Ma in questo caso non si differenzia molto dagli altri gas naturali. Inoltre essendo leggero, tende a diffondersi rapidamente verso l'alto e a non accumularsi, per cui i problemi sono molto ridotti.

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Risorse al vento

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di Andros Racchetti

Lo scorso 10 novembre è stata pubblicata la Strategia Energetica Nazionale 2017. Dal nuovo piano decennale sono emersi obiettivi nazionali in termini di sviluppo delle fonti rinnovabili ancor più ambiziosi di quelli fissati in precedenza. In particolare per il settore elettrico, il governo mira entro il 2030 a un livello di penetrazione delle fonti rinnovabili pari al 55%. Oggi le rinnovabili coprono oltre un terzo dei nostri consumi finali di energia elettrica. Il valore è tra i più alti registrati nei Paesi di pari caratteristiche economiche e demografiche e il suo conseguimento ha contribuito in maniera determinante a farci raggiungere con anticipo gli obiettivi fissati dalla Commissione Ue al 2020. Partendo da un livello tanto elevato, si intuisce quanto i margini di manovra per un aggiuntivo sviluppo possano essere contenuti. Non a caso la Sen individua un significativo “potenziale residuo tecnicamente ed economicamente sfruttabile” solo nell'eolico e nel fotovoltaico. Anche grazie a un’auspicata ulteriore riduzione dei costi di realizzazione degli impianti, la produzione di energia dal vento e dal sole al 2030 dovrebbe più che raddoppiare rispetto ai livelli del 2015. Incremento della produzione rinnovabile 2015-2030 (TWh) 70 TWh

2015

2030

60 50 40 30 20 10 0 Idraulica

Solare fotovoltaico

Eolico on-shore

Bioenergie Geotermia

Eolica off-shore

CSP e altre tecnologie innovative

La definizione della nuova SEN avviene in contemporanea con la fine del ciclo di incentivazione iniziato con la pubblicazione del D.M. 6/7/12, che aveva visto l’avvicendarsi dei nuovi meccanismi di supporto al precedente e consolidato sistema dei Certificati verdi (CV) e delle Tariffe omnicomprensive (TO) introdotte a fine 2008, e poi prolungato dal D.M. del 23/6/16. Il prossimo 31 dicembre scade, infatti, il termine per la presentazione delle richieste di accesso diretto agli incentivi per la produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili non fotovoltaici previsti dal decreto del 2016. Potranno a quel punto accedere ai correnti meccanismi i soli impianti risultati in posizione utile nelle graduatorie dei registri o aggiudicatari delle procedure d’asta aperti ai sensi dei due decreti sopra richiamati. In previsione di un’eventuale futura definizione di nuovi strumenti di sviluppo, tenendo presente gli obiettivi nazionali per il prossimo decennio e il contesto in cui si inseriscono, proviamo a fare il punto sui risultati ottenuti. La principale novità è rappresentata dalle inedite modalità d’accesso e dal tentativo di implementare, insieme all’incentivazione, una forma di pianificazione in termini di potenza complessiva degli impianti da realizzare. Se prima infatti ai CV e alla “vecchia” TO era possibile accedere liberamente e illimitatamente, a condizione che si rispettassero i requisiti tecnici previsti, i nuovi Decreti hanno ristretto tale possibilità a soli impianti di piccola taglia (accesso diretto). Per medie e grandi installazioni sono stati previsti specifici contingenti di potenza incentivabile da assegnare. Per i primi tramite l’iscrizione in appositi registri e l’inserimento nelle relative graduatorie sulla base di criteri di priorità; per i secondi attraverso procedure competitive d’asta al ribasso sul livello incentivante. In particolare, il D.M. del 2012 aveva tracciato una programmazione triennale prevedendo tre sessioni di registri e aste per gli anni 2012, 2013 e 2014; il successivo Decreto ha permesso un’ulteriore tornata nel 2016. Sul piano dei risultati, concentrando l’attenzione all'eolico, per tutti e quattro i registri la potenza cumulata degli impianti iscritti ha superato quella allocata. Va però segnalata, almeno per i primi 3 bandi, un’elevata mortalità delle iniziative: dei quasi 180 MW risultati in posizione utile, meno di 80 MW sono entrati in esercizio e hanno avuto accesso agli incentivi. Registri D.M. 2012 - Impianti Eolici

Fonte: Documento di Consultazione SEN giugno 2017 Potenza (MW)

900

Se però per il fotovoltaico gli unici limiti sembrano quelli legati a variabili di carattere economico - quali il prezzo dell’energia sul mercato a medio e lungo termine, i costi di installazione e al grado di accettazione sociale dei nuovi impianti, nel caso dell’eolico a terra è inevitabile fare i conti anche con i vincoli indotti dalla progressiva saturazione dei siti con adeguate caratteristiche anemologiche. Nella definizione di un piano di sviluppo diventerà perciò indispensabile mirare al perseguimento della massima efficienza non solo sotto il profilo economico ma anche rispetto allo sfruttamento delle potenzialità presenti sul territorio.

750 600 450 300 150 0 Impianti iscritti

Contingente disponibile

Impianti realizzati e incentivati

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Esiti più incoraggianti si sono riscontrati per le aste. Con ancora più di un anno di tempo per il completamento dei progetti aggiudicatari nel periodo 2012-2014, sono già entrati in produzione 1054 MW di potenza dei 1256 MW assegnati.

La potenza totale dei piccoli impianti entrati in esercizio ha così raggiunto i 180 MW. Potenza cumulata degli impianti eolici entrati in esercizio con accesso diretto

Procedure d'Asta D.M. 2012 - Impianti Eolici

Potenza (MW) Potenza (MW)

180 160

3.000

140

2.500

120

2.000

100

1.500

80 60

1.000

40

500

20 0

0 Impianti iscritti

Contingente disponibile

Impianti realizzati e incentivati

Il dato, spiegato dalla necessità di presentare adeguate garanzie finanziarie a dimostrazione della qualità dei progetti e della solidità dei proponenti, consente un certo ottimismo sulla futura realizzazione degli ulteriori 800 MW assegnati con l' ultima asta del 2016. La fotografia appare invece completamente diversa analizzando i risultati dell’accesso diretto, modalità che per l’eolico è ammessa per impianti fino a 60 kW. In questo ambito lo sviluppo del minieolico è stato caratterizzato da una vera e propria corsa alle installazioni: nel solo luglio scorso sono pervenute al GSE quasi 1.000 richieste di accesso agli incentivi, valore circa 20 volte superiore la media mensile del periodo 2013-2016.

Andamento richieste di accesso diretto agli incentivi per impianti eolici Potenza (MW)

1.000

800

600

400

200

0

* 2013

* 2014

* 2015

* 2016

gen 2017

feb 2017

mar 2017

apr 2017

mag 2017

giu 2017

lug 2017

*media mensile

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2013 I sem.

2013 II sem.

2014 I sem.

2014 II sem.

2015 I sem.

2015 II sem.

2016 I sem.

2016 II sem.

2017 I sem.

È però necessario affiancare alcune considerazioni di carattere economico e non solo. La maggiorazione del prezzo dell’energia immessa in rete riconosciuta ai piccoli impianti eolici entrati in esercizio entro lo scorso giugno (e il conseguente onere sostenuto dal sistema) si aggira attorno ai 220 € per MWh. Volendo valutare l’efficienza economica di detto supporto, si possono prendere a riferimento gli impianti aggiudicatari della più recente procedura d’asta, per i quali, in ragione delle alte riduzioni offerte dagli operatori per aggiudicarsi l’incentivo, la stessa maggiorazione ammonta a soli 25 €/MWh. Bisogna infine ricordare che le dimensioni degli aerogeneratori non sono proporzionali alla potenza. Una macchina da 2MW ha un ingombro poco più che triplo di una da 60 kW. La producibilità, inoltre, scende in maniera più che proporzionale con la potenza per effetto della minore efficienza e affidabilità dei piccoli e medi aerogeneratori rispetto ai grandi. Nel parco installato in Italia per gli impianti fino a 60 kW si registrano medie di 1100-1200 ore equivalenti contro le oltre 1700 delle grandi macchine. Per queste ragioni, l’installazione di impianti di taglia modesta su vasta scala non rappresenta la soluzione più efficiente ai fini del completo sfruttamento della risorsa disponibile. Tra le principali sfide individuate dalla SEN per le rinnovabili c’è quella di perseguirne ulteriormente la crescita, contenendo al contempo gli oneri di sistema. Almeno per quanto riguarda il settore dell’eolico, l’esperienza dei più recenti decreti sembra averci indicato quale possa essere la giusta strada.


energia e ambiente

Sviluppo sostenibile, c’è tanto da fare A TU PER TU CON ENRICO GIOVANNINI Portavoce ASviS, ex ministro del lavoro

Enrico Giovannini - Portavoce ASviS, ex ministro del lavoro

di Ilaria Proietti

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A meno di un cambiamento radicale del proprio modello di sviluppo l’Italia è in ritardo sugli obiettivi da raggiungere entro il 2020 e su quelli da centrare entro il 2030. Parola di Enrico Giovannini, già ministro del Lavoro, presidente dell’Istat e oggi portavoce dell’ASviS, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile nata il 3 febbraio del 2016, su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’, per far crescere nella società, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitarli allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

E: A che punto si trova oggi l’Italia nella sua strada verso il raggiungimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile sanciti dall’Agenda 2030 dell’Onu sottoscritta due anni fa? EG: Il Rapporto 2017 di ASviS evidenzia i passi avanti fatti sul fronte dell’educazione e del consumo responsabile. Peggiorano sensibilmente invece alcuni indicatori come quelli sulla qualità dell’acqua, la lotta alla povertà e la riduzione delle disuguaglianze. La situazione è statica per gli obiettivi legati all’energia pulita e accessibile, alla buona occupazione e crescita economica, alle città e alle comunità sostenibili. E: Il Governo ha adottato nell’ultimo anno misure adeguate per rispondere a queste sfide? EG: Nel corso dell’ultimo anno Governo e Parlamento hanno fatto importanti passi avanti rispetto agli impegni assunti con la firma dell’Agenda 2030. Tuttavia la politica non è stata in grado di definire una prospettiva complessiva e convincente per il futuro del nostro Paese. È stata varata la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, ma manca l’incorporazione degli Obiettivi dell’Agenda 2030 nei piani dei singoli ministeri per il triennio 2018-2020. Bene la legge sul reddito di inclusione ma tutto sommato non sembra aiutare a ridurre il numero dei poveri. Così come è positiva la legge sui parchi che però mette a rischio una serie di altri obiettivi. E ancora: nel nostro Paese si erogano ancora 16,2 miliardi di euro di sussidi dannosi per l’ambiente, 15,7 miliardi sono invece quelli positivi per l’ambiente. E: Insomma si tratta di un bilancio di luci e di ombre… EG: Nel Rapporto ASviS del 2016 era già stato espresso un giudizio chiaro e netto sulla non sostenibilità della condizione dell’Italia. Quelle valutazioni sono state confermate dall’analisi svolta dal Ministero dell’Ambiente in preparazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. Il nostro Paese appare molto distante dagli obiettivi relativi a povertà, salute, energia, disuguaglianze, performance economiche, stato delle infrastrutture e delle città. Nonché allo stato dell’ambiente e delle istituzioni. E: Come può l'Italia superare i ritardi e centrare i target previsti al 2020 e al 2030, diventando sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale? EG: Con un pacchetto di azioni da mettere in campo subito, già nei prossimi mesi perché molti obiettivi devono essere già centrati nel 2020 cioè dopodomani: bisogna ridurre il numero dei Neet (i giovani che non studiano e non lavorano), dare corpo ai piani sulla resilienza delle città e per il ripristino degli ecosistemi acquatici. Esistono poi snodi cruciali che vanno approcciati il prima possibile: il commercio equo e sostenibile, il piano di adattamento ai cambiamenti climatici, la cosiddetta economia circolare.

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E: L’ASviS raccoglie 170 soggetti che vanno dalle associazioni ambientaliste alle aziende energetiche. Come vengono tenute insieme queste sensibilità tanto diverse? EG: L’ASviS è una esperienza unica: oltre 300 esperti espressione di mondi diversi - dall’Accademia della Crusca, al volontariato, da Confindustria al Wwf passando dalle associazione femministe - lavorano ai diversi tavoli tematici in cui ci si confronta facendo il punto su ciò che avviene in sede internazionale e in Italia sulla base dell’analisi di indicatori compositi. Un metodo indispensabile per capire come stiamo messi rispetto agli altri relativamente ai target da raggiungere e per formulare raccomandazioni. Questo lavoro serve ad incontrare i leader di partito e ai movimenti per comprendere cosa pensano di queste proposte e sollecitarli a farle proprie. È un modello che taglia trasversalmente la politica perché tiene insieme tutti i pezzi della società su temi come povertà, salute, cibo, giustizia, disuguaglianze e perché non declina le soluzioni guardando solo al Pil e al deficit, ma anche alla dimensione sociale e ambientale. E: Sì ma sulle singole proposte come si sfumano le differenze tra soggetti che sono portatori di interessi e di valori così diversi? EG: Tenere insieme così tanti soggetti che dialogano tra di loro è una sfida enorme. Le aziende ma anche la grande finanza iniziano a comprendere i vantaggi dell’economia circolare. Per esempio gli ambientalisti sono sempre più consapevoli del fatto che sotto un certo livello di disoccupazione e di povertà nessuno sviluppo è possibile: l’Agenda adottata dall’Onu, del resto, si riferisce ad uno sviluppo che consente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere quelli delle future generazioni.

E: Da dove nasce questo suo approccio? EG: Il mio impegno è stato sempre in questa direzione. Decisi di studiare economia per contribuire a evitare quello che già il Club di Roma aveva prefigurato: il collasso preconizzato al 2030 da Aurelio Peccei. Nella stessa prospettiva ho interpretato il mio ruolo all’Ocse quando fummo chiamati a misurare lo sviluppo sostenibile: da lì è nata l’esigenza di andare oltre il Pil elaborando un sistema per misurare il benessere, l’equità e la sostenibilità sulla base anche di altri parametri. Dopo l'esperienza nel governo Letta sono stato chiamato all’Onu dall’allora segretario generale Ban Ki Moon a guidare un gruppo di esperti incaricati di disegnare una strategia per il post 2015. Ecco come nasce l’Agenda 2030. E: Insomma il suo impegno come portavoce di ASviS parte da lontano… EG: È stata utilissima anche l’esperienza in Istat dove sono venuto in contatto con una serie di soggetti, dai sindacati alle associazioni coinvolti sul progetto per la misura del 'Benessere Equo e Sostenibile (BES)'. Ovviamente in ASviS invece di declinare il modello sulla statistica si punta a declinarlo sulla policy. Questo passa non soltanto dall’interlocuzione con la politica perché lo sviluppo di strumenti statistici e analitici rispetto ai target da centrare serve non solo a delineare strategie che incorporino l’Agenda 2030 come riferimento comune, ma anche ad educare le attuali e le future generazioni alla necessità di uno sforzo comune in cui tutti devono sentirsi mobilitati. Perché l’Agenda è universale e riguarda ciascuno e tutti: politici, aziende e cittadini.

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energia e ambiente

Sostenibilità in…Comune: gli investimenti si fanno green di P.L

Mano tesa del Gse agli enti locali per promuovere buone pratiche in tema di efficienza energetica e produzione di energia da fonti rinnovabili. Obiettivo: riqualificare il patrimonio edilizio pubblico. “Scappando dai problemi aumenti solo la distanza dalla soluzione” recita un vecchio proverbio. Lo hanno compreso bene i Comuni italiani, che da tempo hanno intrapreso un percorso verso la sostenibilità ambientale. Del resto tutti i più accreditati

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studi mondiali dimostrano come l’80% del consumo energetico e delle emissioni di CO2 sia associato ad attività urbane, su tutte mobilità e riscaldamento. Dunque è proprio da lì che deve essere ricercata la soluzione alla lotta ai cambiamenti climatici. Le azioni messe in campo sono state molte negli ultimi anni. La più importante è stata lanciata nel 2008 dalla Commissione europea e si chiama “Patto dei Sindaci”, definita dall’allora Commissario Miguel Arias Cañete, come “la più vasta iniziativa urbana su clima ed energia al mondo”. In Italia hanno aderito, fino ad oggi, 3.964 enti locali, che quotidianamente si impegnano per uno sviluppo sostenibile che sappia coniugare crescita economica, efficienza energetica, mobilità sostenibile, fonti rinnovabili, occupazione, inclusione sociale.


Sostenibilità in Comune In questo lungo e complesso percorso, i Comuni spesso si trovano soli, con tutte le difficoltà che ne conseguono, non ultima quella economica acuita dalla crisi, che impedisce o limita la possibilità di investire. Il Gse, in qualità di soggetto che in Italia promuove lo sviluppo sostenibile, ha deciso di schierarsi al fianco degli enti locali e di accompagnarli in questo percorso virtuoso. Come? Non solo mettendo a disposizione il know-how acquisito in anni di esperienza nel settore green, ma anche facendo conoscere il meccanismo del Conto Termico, 200 milioni di euro l’anno a disposizione della Pubblica amministrazione per interventi di efficienza energetica e di produzione di energia termica da fonti rinnovabili. Per questo è nato il progetto “Sostenibilità in Comune”, patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, allo scopo di garantire un supporto a 360 gradi per tutti quegli enti locali che vogliano recuperare e riqualificare il patrimonio edilizio pubblico.

L’esperienza di Todi Il progetto pilota grazie al quale è decollato “Sostenibilità in Comune” porta la data del 7 maggio 2017 e riguarda il Comune di Todi. La città, infatti, si è posta l’ambizioso obiettivo di azzerare la produzione di energia da fonti fossili entro il 2040 e si è candidata per progetti e programmi da replicare su vasta scala. Il Gse ha raccolto il suo appello sotto vari fronti. Su quello degli incentivi, in tempi rapidi (solo due mesi) ha riconosciuto ben 430 mila euro, che corrispondono al 2,5% del bilancio di Todi, per 9 progetti di efficientamento energetico di edifici pubblici, tra cui 5 scuole anche dell’hinterland. Gli investimenti complessivi di Todi ammontano a 1.200.000 euro, dei quali 430mila sono incentivi in Conto Termico erogati dal Gse. Inoltre il Gestore si è impegnato ad essere presente a Todi con uno sportello, ogni due settimane, per fornire assistenza su efficienza energetica e fonti rinnovabili a tutti quanti siano interessati, dai cittadini alle imprese. Infine, tutti i ragazzi delle scuole, hanno potuto partecipare a “lezioni di sostenibilità ambientale” tenute dai funzionari del Gse.

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Pesaro

Porto Torres

Dopo Todi, il 19 giugno scorso è stata la volta di Pesaro, in una giornata alla quale ha preso parte anche il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che ha simbolicamente poggiato la prima pietra della nuova scuola media che sarà costruita in via Lamarmora a Pesaro. Oltre a questa, altre cinque strutture saranno interessate dagli interventi di riqualificazione: una nuova palestra scolastica e di quartiere di 1.300 mq, le nuove piscine della federazione sportiva Pentathlon moderno per una superficie di 3.269 mq, un bocciodromo comunale con una superficie coperta di 1.734 mq, la palestra di una scuola media (650 mq) e infine l’ex palazzo dello sport di Pesaro ( 3.450 mq).

Non solo efficienza energetica. La mano tesa del Gse ai Comuni riguarda anche la produzione di energia da fonti rinnovabili. Ad esempio l’accordo siglato con Porto Torres, Comune in provincia di Sassari, consentirà di fornire alle famiglie più disagiate un impianto fotovoltaico (sotto i 20 kW di potenza) da installare sul tetto dell’abitazione, in modo tale che le stesse famiglie possano risparmiare circa 200 euro ogni anno sulla bolletta elettrica. Il protocollo d’intesa tra Porto Torres e il Gse porta la data del 27 luglio 2017 e prevede un investimento da parte del Comune di 500 mila euro in due anni, attraverso un fondo rotativo che verrà poi sostenuto dalla vendita dell’elettricità solare alla rete. Il Comune dovrà anche selezionare le famiglie beneficiarie dell’iniziativa.

Terrenuova Bracciolini Il Centro Polivalente delle Ville a Terrenuova Bracciolini, in Provincia di Arezzo, costituirà un punto di riferimento e di ritrovo per la comunità locale, giovani e anziani, all’interno di una struttura costruita secondo criteri di efficienza energetica. A presentare il nuovo centro, in via di completamento e che ha ricevuto oltre 100mila euro di incentivi in Conto Termico, è stato Luca Lotti, Ministro per lo Sport e Segretario del Comitato interministeriale per la programmazione economica, al fianco del Presidente del Gse, Francesco Sperandini e del Sindaco di Terranuova Sergio Chienni. La superficie interessata dai lavori è di circa 400 metri quadrati e la struttura nasce su spazi dismessi. Sarà ultimata anche con criteri antisismici e diventerà un punto di aggregazione per la frazione delle Ville, con al suo interno un bar, una sala tv, una sala conferenze e una cucina in grado di preparare fino a cento pasti.

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Il futuro a portata di mano Dall’11 al 13 ottobre il Gse ha partecipato all’assemblea annuale dell’Anci per ribadire la volontà di schierarsi al fianco dei Comuni per aiutarli a migliorare le loro performance nell’ambito della sostenibilità ambientale. Il momento è propizio, l’economia ha ricominciato a crescere e soprattutto, stando anche al Rapporto della Hsbc, “Power to people”, in Europa il 97% degli investitori vuole aumentare la collocazione di capitali in tecnologie a bassa produzione di carbonio e in beni favoriti dalle politiche per i cambiamenti climatici. Fonti rinnovabili per auto-produrre energia, l’accumulo tramite batterie e la mobilità elettrica (in una parola la generazione distribuita) sembrano essere i tre campi sui quali i Comuni e i privati faranno forza per sviluppare un percorso virtuoso di sviluppo sostenibile. E il Gse vuole fare la sua parte.


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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.

a cura di Piergiorgio Liberati, in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del Gse

Audizione GSE, gli scenari per diminuire gli oneri in bolletta Il 22 giugno scorso il Presidente del GSE, Francesco Sperandini, ha illustrato alcuni scenari di riduzione dell’onere tariffario A3 a copertura degli incentivi per le rinnovabili nel settore elettrico. Punto centrale: il futuro abbattimento del fabbisogno A3, stimabile in circa 5,2 miliardi/anno dal 2018 al 2030 potrebbe essere gestito per la riduzione e stabilizzazione dei prezzi finali. Il tema della ripartizione degli oneri di sistema tra le diverse categorie di clienti rimane di rilievo nel dibattito energetico e viene affrontato anche nella Legge Europea 2017 prossima all’approvazione finale.

Manovra fiscale, gli interventi su biomasse e impianti fotovoltaici È prorogato al 31 dicembre 2017 il termine entro il quale i produttori elettrici da biomasse, biogas e bioliquidi sostenibili possono far richiesta di estensione degli incentivi al MiSE, fornendo gli elementi necessari per la notifica alla Commissione UE in materia di aiuti di Stato. È questa una delle misure contenute nella legge 96/2017 approvata il 23 giugno che converte il DL 50/2017 (cd. manovra correttiva fiscale). Inoltre, per quanto riguarda le verifiche sugli impianti fotovoltaici, la manovra stabilisce una sanatoria per gli impianti oltre 3 kW che hanno moduli non certificati o non conformi. La regolarizzazione prevede una decurtazione della tariffa base del 20% o del 10% in caso di autodenuncia. Il soggetto dovrà dimostrare di avere intrapreso azioni legali nei confronti dei fornitori responsabili della non conformità dei moduli.

Strategia Europea per lo Sviluppo Sostenibile Il 2 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. Il documento offre un quadro di riferimento sul tema della sostenibilità, individuando cinque aree di intervento: persone, pianeta, prosperità, pace, partnership. Le cinque “P”, su cui è strutturata la Strategia, evidenziano l’interrelazione tra le dinamiche economiche, la crescita sociale e la qualità ambientale. Il documento promuove un nuovo modello di crescita in cui la salvaguardia dell’ambiente è riferimento per le scelte economiche e chiave del cambiamento sociale. L’approvazione della Strategia rappresenta il primo passo per declinare e calibrare gli obiettivi dell’Agenda 2030 adottata nel 2015 dai 193 Paesi dell’ONU. A questa approvazione seguirà una seconda fase volta a definire le misure da intraprendere per il raggiungimento degli obiettivi.

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Approvata la Legge Concorrenza Il 14 agosto è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 124/2017 su mercato e concorrenza: prevede, tra l’altro, il termine della “maggior tutela” a partire dal 1° luglio 2019; norme sulla rendicontazione per il riconoscimento dei Certificati bianchi e sulle verifiche GSE per gli impianti fotovoltaici tra 1 e 3 kW con moduli non certificati o con certificazione non adeguata. Per quest’ultimi, in caso di accertamento da parte del GSE, in luogo della decadenza totale è prevista una riduzione del 30% dell'incentivazione.

Dall’Autorità via libera alle offerte PLACET Il 3 agosto l’Autorità per l’energia ha approvato la disciplina delle cosiddette offerte PLACET (Prezzo Libero A Condizioni Equiparate di Tutela) rivolte a famiglie e piccole imprese, a condizioni contrattuali prefissate definite dall'Autorità, ma a prezzi liberamente stabiliti dal venditore. Dal 1° gennaio 2018 tutti i venditori di elettricità e gas del mercato libero dovranno proporre obbligatoriamente anche offerte PLACET, sia a prezzo fisso che variabile. Nel settore elettrico saranno interessati i clienti connessi in bassa tensione, nel gas i clienti finali con consumi inferiori a 200.000 mc/anno.

In Parlamento atti UE su sostenibilità energetica Il 21 giugno la Commissione Attività Produttive della Camera ha approvato il documento finale sulla proposta di nuova direttiva sull’efficienza energetica (COM 2016/76). Tra i temi oggetto delle osservazioni: la necessità di evitare sperequazioni tra i vari Stati membri; la volontà di escludere dal calcolo del risparmio energetico quelli derivanti dall’installazione o dall’aggiornamento di sistemi di riscaldamento che utilizzino fonti fossili; deroghe ai costi delle diagnosi energetiche per le imprese energivore, qualora i costi non siano commisurati ai benefici; l’introduzione di incentivi per gli audit energetici per le PMI.

“Isole minori”, provvedimenti a favore della sostenibilità Lo sviluppo della sostenibilità energetica è legato alla diffusione delle tecnologie verdi e delle buone pratiche di comportamento. Tale azione deve essere sostenuta soprattutto ove serve un livello maggiore di protezione come nelle “isole minori”, oppure ove può presentarsi un deficit di risorse e organizzazione, come nei piccoli comuni. Il programma “Interventi di efficienza energetica, mobilità sostenibile e adattamento ai cambiamenti climatici nelle isole minori” approvato dal Ministero dell’Ambiente va in questa direzione. Le risorse disponibili, provenienti in parte dai proventi delle aste di CO2, ammonteranno a 15 milioni di euro. Per i piccoli comuni il Senato ha approvato la legge con le “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni”: prevede misure per lo sviluppo delle infrastrutture, dell’agricoltura sostenibile, dell’innovazione e dell’efficienza energetica del patrimonio edilizio pubblico.

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Bizzarre energie Il miele fotovoltaico? Made in Minnesota

A cura di Sallie Sangallo

In California bevi vodka sostenibile Anche nel mondo della produzione degli alcolici la sostenibilità ha preso piede. L’ultima novità è la Vodka prodotta dagli scarti da forno, invenzione della distilleria californiana Misadventure & Co. Il distillato russo tradizionalmente è prodotto dalla fermentazione degli zuccheri delle patate, mentre la vodka californiana è prodotta da quella degli zuccheri presenti in avanzi di pane, biscotti etc… che mescolati a mo’ di zuppa e con l’aggiunta di lievito subiscono un processo di distillazione e filtrazione. La vodka così ottenuta ha un costo irrisorio rispetto a quella tradizionale e consente di evitare lo spreco di cibo.

Tra le vaste praterie del Minnesota è facile imbattersi nel connubio tra energia solare e miele biologico, combinazione ideata e diffusa da una coppia di apicoltori. L’iniziativa ha lo scopo di riqualificare le estese praterie della zona, spesso abbandonate, oltre a produrre un reddito ai proprietari terrieri. Il governo ha apprezzato l’iniziativa tanto da varare delle linee guida per il posizionamento dei pannelli fotovoltaici e delle arnie, il tipo di piante da coltivare per creare un habitat favorevole alle api, oltre a ribadire la necessità di non utilizzare pesticidi. Grazie a questo progetto chiamato Pollinator Solar Act, oltre alla riqualificazione di vaste aree di terra, si produce energia pulita, miele biologico e si guadagna.

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Dalla pelle d’uva una borsetta Tadelakt, l’eco intonaco di tendenza marocchino L’architetto Gianpiero Tessitore e il chimico Francesco Merlino hanno creato una pelle vegetale ricavata dalla lavorazione della vinaccia, scarto dell’uva proveniente dalla produzione del vino. Il materiale ottenuto ha caratteristiche estetiche e di trasformazione molto simili a quelle della pelle animale e sintetica, con il vantaggio di essere più economico e privo di solventi chimici. Inoltre val la pena sottolineare la resa del materiale da trasformare: per produrre 1 metro quadrato di ecopelle vegetale bastano 2,5 kg di vinaccia.

Il banano illumina l’India Ideato dal diciasettenne indiano Gopal Jee, Biocell è un generatore di energia elettrica dalle banane in grado di contrastare la carenza di elettricità che affligge l’India. La geniale scoperta è avvenuta osservando un acido naturale prodotto dal banano, caratterizzato da una consistenza estremamente appiccicosa e capace di macchiare in modo permanente i vestiti. Gopal Jee ha constatato che l’acido naturale messo a contatto con due elettrodi, uno di zinco e l’altro di rame, è capace di produrre 3 volt di energia, quantità sufficiente per illuminare una lampadina per tre ore. In India la quantità di banani è talmente cospicua da richiedere l’abbattimento di diversi alberi, per cui recuperare la materia prima di Biocell è cosa semplice ed economica. La scoperta geniale del giovane indiano gli è valsa il conferimento del prestigioso premio nazionale Inspire Award per la ricerca e l’innovazione.

Dalla tradizione degli antichi maleem, artigiani marocchini del V secolo a.C., è stata tramandata la modalità di preparazione di un intonaco naturale. L’intonaco privo di elementi chimici si chiama Tadelakt ed è ottenuto grazie alla cottura di pietre calcaree in particolari forni. Le pietre cotte per due giorni vengono successivamente raffreddate con l’acqua, frantumate e setacciate. La polvere ottenuta, mischiata all’acqua produce una sorta di impasto da stendere sulle pareti, che una volta applicato viene rifinito con la pietra liscia di fiume e lucidato con il sapone nero di oliva. Il risultato è un intonaco dal colore lucido e ricco di sfumature, con proprietà battericide e fungicide. Unica pecca è la manutenzione che richiede la lucidatura con il sapone due volte all’anno.

SoelCat 12 naviga grazie al sole

La società neozelandese Soel Yachts ha creato Soelcat12 un’imbarcazione lunga 12 metri , composta da materiali leggeri e resistenti in grado di navigare grazie ai numerosi pannelli solari che la ricoprono. Oltre ad evitare l’emissione di anidride carbonica, Soelcat12 ha una struttura capace di farla scivolare sulle onde minimizzando l’inquinamento acustico. Collegato solo alla batteria lo Yacht ecologico ha un’autonomia di 24 ore ad una velocità di 6 nodi anche durante le ore notturne. Inoltre quando l'imbarcazione è ferma si può trasformare in una piccola centrale elettrica capace di coprire il fabbisogno energetico di cinque case.

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energia del pensiero Favola

Marcel pĂŞche la fortune

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di Romolo Paradiso

Marcel si tuffò in acqua in modo plastico e silenzioso. Sott’acqua attraversò tutta la grande piscina del villaggio turistico. Poi riemerse e con delicatezza porse un euro trovato sul fondo a una bambina bruna che lo aveva seguito con lo sguardo. “Marcel pêche la fortune!”, esclamò quasi sottovoce un’anziana signora che sedeva al bordo della piscina. La bambina accettò il dono in silenzio. Marcel sorrise e si rigettò in acqua.

Marcel è un ragazzo down che la sera veste con abiti stravaganti alla Elvis Presley, balla come un provetto ballerino il rock and roll e il valzer, sorride a crepapelle alle barzellette che gli raccontano gli amici e si commuove quando vede una farfalla balzare tra un fiore e l’altro. Marcel ama disegnare. Non è un fenomeno, ma esprime quello che sente. Nei suoi quadri c’è sempre il sole e una chiesetta, e spesso il mare.

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Quando incontra lo sguardo di qualcuno il suo si fa indagatore, si ficca fin dentro l’animo a scrutare con insistenza. A volte ti sorride con beatitudine, altre ti segue inespressivo fin quando ti perde. Marcel canta le canzoni di Johnny Halliday e di Elton John con immedesimazione e trasporto e si esalta quando la platea applaude e gli chiede il bis. Marcel al tramonto ama sedersi sulla spiaggia a guardare il mare. Sembra rapito, assente. Una volta l’ho visto leggere una poesia e poi ripeterne i versi al sole che fuggiva via. È in quel momento che lui si getta in acqua e nuota fin dove può, verso l’orizzonte. Quella sera Marcel si era presentato per primo all’appuntamento. Vicino alla rotonda gli orchestrali accordavano gli strumenti e provavano i pezzi della serata. Marcel si avvicinò ad osservarli. Poi si sedette lì vicino con cura, cercando di non sgualcire o sporcare la sua giacca bianca con fronzoli stile western che spiccava su un abbigliamento completamente bianco. La gente arrivò alla spicciolata e lentamente prese posto. Era una serata tipicamente mediterranea, calda ma non afosa, con un cielo ricco di stelle e una luna tagliata a fetta di cocomero. Marcel di tanto in tanto si alzava a salutare gli amici che vedeva arrivare. Lo faceva alzando una mano e ripetendo con l’indice e il medio il segno della ‘V’. Quando partirono le note della prima canzone, Marcel si gettò nella danza. Ballava con eleganza e naturalezza. La musica l’aveva nel sangue. Si muoveva talmente bene che la gente non poteva fare a meno di osservarlo. Ballava e di tanto in tanto si guardava intorno, come a cercare qualcuno. Quando lei comparve, Marcel smise lentamente di ballare e si mise in un angolo. Guardava con meraviglia ed estasi quegli occhi verdi splendere su un volto dai lineamenti fini, reso ancor più affascinante dai lunghi capelli color mogano che scendevano fin sulle spalle. Marcel sembrava rapito da quell’oceano di bellezza che si muoveva con leggiadria sulla pista da ballo. Eterea era lei come una fata e come tale Marcel la vedeva, uscita da uno dei racconti della fanciullezza, mentre l’immaginazione, in quel momento fertile come mai, volava oltre il momento. Avrebbe voluto andarle vicino, guardarla negli occhi, dirle che era bella, ma non ce la faceva, e dentro si sentiva struggere per la sua incapacità, quell’incapacità che, con le ragazze, aveva sempre il sopravvento su un desiderio di conoscenza e d’amicizia e non gli permetteva di scambiare con loro che poche parole. Ogni tanto qualcuna cercava più insistentemente il dialogo con lui, ma Marcel si irrigidiva e accentuava quei suoi atteggiamenti d’insofferenza e di disagio che altre volte pareva ben controllare. Marcel guardava la ragazza e sembrava domandarsi se fosse

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vera quella creatura o se toccandola potesse sparire come una nuvola al soffio del vento. Avrebbe voluto avere il coraggio di invitarla a ballare, di sfiorarle la mano e sentire il corpo di lei muoversi al ritmo di una musica delicata. E poi parlarle per carpirle i segreti, le emozioni, i desideri, o forse solo per ascoltare la sua voce. Un fremito di rabbia scosse Marcel, che si irrigidì rivedendosi in uno specchio posto ai lati della pista da ballo. E abbassò gli occhi, guardando in terra con un pizzico di tristezza e lasciando lì cadere le braccia e i pensieri che fino a quell’istante lo avevano attraversato. La musica cambiò, si fece lenta e sincopata. Le luci calarono più fioche sulla pista e pochi rimasero a ballare. Marcel chiuse gli occhi un attimo e li riempì di sogno, lasciandolo sfumare ad una lenta riapertura di palpebre, alla fine della quale trovò il volto di lei. E Marcel rimase impassibile, sospeso tra il suo sogno e la realtà. Si guardarono, l’uno di fronte all’altra, immobili. Marcel non capiva più nulla e lasciò che la mano di lei lo invitasse lentamente sulla pista da ballo incontro alle note di una musica che ora lo avvolgeva in un’estasi ottundente. Il mondo attorno a Marcel era ora racchiuso in quei due corpi vicini che segnavano briciole di vita tra eleganti movenze musicali. Nella sua mente martellavano immagini soavi e una marea di sensazioni gioiose nelle quali lui si tuffava con l’animo del bimbo, che nel più caro balocco ritrova la migliore dimensione fantastica. In quel mare Marcel navigava a vele spiegate verso rotte sconfinate dove tutto era possibile e senza limiti, dove il profumo del corpo di lei, il battito del suo cuore, il calore della sua mano, la dolce intensità del suo sguardo erano capitoli di una favola che Marcel scriveva nell’animo. Ma la musica lentamente svanì e con la stessa eleganza e leggiadria con cui era arrivata, lei sorrise a Marcel e scomparve. Marcel la cercò con lo sguardo, tra flash back di immagini e lampi abbaglianti di luci grigie, perduto ancora in un sogno che non voleva lasciare. Continuò a seguirla con l’immaginazione fino ai confini di questa, dove le visioni sfumano tra le ombre della realtà. Poi, lentamente, si avviò verso la spiaggia, guardò il mare con intensità e recitò una poesia. In cielo una stella si staccò dalle altre, Marcel la seguì con lo sguardo e la vide perdersi in mare. Era la notte di San Lorenzo e Marcel espresse un desiderio. Il mare era calmo e caldo. Marcel fece un segno con le dita sulla sabbia e, spogliatosi degli abiti, piano piano entrò in acqua. Camminò per un po'. Poi si fermò a guardare ancora il mare, un attimo, e si tuffò nuotando incontro all’orizzonte, verso la stella che là s’era perduta. “Marcel pêche la fortune!”, disse sottovoce un’anziana signora che stava in riva al mare. La notte era dolce e una leggera brezza le dava musicalità. In cielo c’era ancora una luna tagliata a fetta di cocomero circondata da una miriade di stelle, meno una, quella di Marcel.

Asterisco È la musica ragazzi! di Stefania Concàri “il rock è ribellione, è un rapporto di collaborazione che va oltre la politica. Che coinvolge tutti, parla a tutti.” (Patti Smith) La musica unisce le masse. Mette insieme e fa abbracciare persone che magari nella vita sarebbero divise e parlerebbero linguaggi differenti. Fa quello che non si insegna a scuola, che non fa la politica, né l'economia. A maggior ragione oggi, nella fase che qualche intellettuale ha definito dell' “individualismo imperante". La musica ha la capacità di creare un rapporto con la realtà e con il popolo. Ci aiuta a spingerci verso quella dimensione che Jim Morrison chiamava “the other side”. La sacerdotessa del rock Patti Smith, 70 anni grinta da leonessa, non smette mai di stupire: “la musica è un rapporto di collaborazione, io voglio essere capita dalle persone che leggono i miei testi. Io scrivo per i musicisti, insieme scriviamo per gli altri. La cultura è in continua evoluzione. Puoi andare avanti rispettando le tendenze e diventare ricco e famoso. Oppure puoi seguire l’esempio di William Blake che andò al di là della cultura del momento e che è ricordato per quello che ha realizzato. Se ti poni contro la cultura devi essere pronto a non diventare ricco e famoso, ma devi continuare a credere nella tua arte. Non c'è una cosa giusta e una cosa sbagliata”.

Illustrazioni a cura di Alessandro Buttà

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Fo La foto di Andrea Amato

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arte e architettura in luce

Il Cretto, la forza della memoria di Maria Pia Terrosi

Nel secondo dopoguerra Alberto Burri ha occupato un posto di primo piano nella tendenza artistica definita "informale", diventandone una delle figure più rappresentative con Renato Birolli, Mario Ballocco, Giuseppe Capogrossi, Ettore Colla, Emilio Vedova, Giuseppe Santomaso, Edmondo Bacci e Tancredi Parmeggiani. Le opere più note di Alberto Burri sono le serie dei Crateri, delle Ferite, delle Combustioni, dei Sacchi, dei Legni, delle Plastiche, dei Cretti. Su questi ultimi, in particolare sul Cretto di Gibellina - opera di land art realizzata nel luogo dove sorgeva la vecchia città di Gibellina distrutta dal disastroso terremoto che colpì il Belice nel 1968 - abbiamo voluto raccogliere le parole di Chiara Sarteanesi, Curatrice e conservatrice della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri che ha sede a Città di Castello. segue a pag. 106

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Burri, artista "informale"

Alberto Burri

Alberto Burri, nato nel 1915 a Città di Castello in Umbria, è stato uno dei più rilevanti rappresentanti dell'arte informale, nata nel secondo dopo guerra. La sua opera ha messo profondamente in discussione il concetto stesso di arte e il suo rapporto con la vita: l'arte secondo Burri non può più imitare la vita ma la illustra con la sincerità - e la durezza - della vita stessa. Per farlo Burri ha voluto indagare le qualità espressive possedute dalla materia, spaziando tra pittura, scultura e approdando alla land art. Le prime opere di Alberto Burri - le muffe, i catrami e i gobbi sono collocate tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi degli anni Cinquanta: in esse l'artista pur utilizzando un linguaggio astratto, lontano dal figurativo tradizionalmente inteso, ha mantenuto un carattere essenzialmente pittorico. Queste opere sono realizzate secondo la logica del quadro: tra i materiali utilizzati oltre ai consueti colori a olio, smalti sintetici, catrame e pietra pomice. All'inizio degli anni Cinquanta Albero Burri dà vita alla sua serie forse più famosa: quella dei sacchi. Logori e usurati sacchi di iuta incollati da Burri sulle tele prima dipinte di rosso o nero. Alla loro apparizione i sacchi destarono notevole scandalo grazie proprio alla loro forza espressiva, diventando presto dei veri classici dell'arte. Nella sua ricerca Burri coinvolge anche altri materiali: vecchie stoffe, camicie. Oggetti usati, scarti che posseggono però una forte carica poetica mostrandosi come residui dell'esistenza. A partire dal 1957 il fuoco diventa uno degli strumenti utilizzati dall'artista: con la fiamma Burri brucia legno o plastica che poi utilizza nei quadri. Il fuoco assume così il valore di un’energia primordiale che consuma e corrode la materia. Questo stesso concetto di consunzione si ritrova anche nella serie dei cretti. I cretti, realizzati con un impasto di caolino, vinavil e pigmento fissata su cellotex, in bianco o in nero, hanno l’aspetto della terra essiccata. Ad essere consumata qui è la stessa terra, privata dell'acqua e quindi anche essa residuo di una vita scomparsa.

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E: Dopo i Cretti di piccole dimensioni e il Cretto Nero, Burri realizza il Grande Cretto, definito un sudario sul vecchio abitato di Gibellina distrutto dal terremoto. Come è nata questa opera?

E: La materia è un elemento fondamentale in tutte le opere di Alberto Burri. In particolare come viene percepita e utilizzata nei Cretti?

CS: Burri, come tanti altri artisti dei quali si possono ammirare le opere nella città nuova di Gibellina, venne chiamato per contribuire con una sua opera a far divenire il paese un luogo di attrazione per i turisti. Quando Burri arrivò a Gibellina nuova, molte opere anche architettoniche erano già state realizzate. Chiese di vedere quel che rimaneva della città vecchia e lì di fronte ai ruderi capì di voler intervenire in quel luogo di tragedia.

CS: La materia per Alberto Burri ha un valore fortemente pittorico, viene impiegata principalmente per tale valenza; l’artista ne esalta anche il valore poetico in rapporto all’equilibrio compositivo che è il fine ultimo da perseguire: dunque la materia è un medium, come i colori in tubetto con i quali si dipinge tradizionalmente, con un valore aggiunto costituito dalla sua storia per la funzione che ha assolto nella vita quotidiana, ma pur sempre colore.

E: Quale è il rapporto che i cittadini di Gibellina hanno stabilito con il Cretto? Come è cambiato negli anni questo rapporto? CS: Ai tempi dell’inizio dei lavori cioè a metà degli anni Ottanta nessuno dei cittadini riusciva a comprendere come si potesse impiegare danaro per costruire un’opera d’arte, anziché realizzare le case per chi era rimasto senza tetto. Ma già a distanza di dieci anni la gente ha capito che con il Grande Cretto aveva di nuovo la possibilità di percorrere le strade della vecchia città, della propria città. Grazie a Burri. Si tratta di un luogo che emana ed esige rispetto e contemplazione.

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E: Secondo Burri con i Cretti si mostra l'energia contenuta nelle superficie. Può aiutarci a capire il significato di queste opere? CS: Alberto Burri ha sempre ricordato che le parole non sono utili a spiegare un dipinto di qualunque pittore e di tutti i tempi: l’opera d’arte è un complesso cui concorrono molti fattori: per Burri sono essenziali la forma, lo spazio, la luce, il colore e come l’artista li assembla.


La Fondazione Burri a Città di Castello La Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri a Città di Castello nasce nel 1978 per volontà dello stesso Alberto Burri che con una prima donazione la dotava di trentadue opere. La Collezione ospitata a Palazzo Albizzini comprende circa centotrenta opere realizzate dal 1948 al 1989; insieme all'altra sede espositiva degli Ex Seccatoi del Tabacco inaugurata nel 1990 - che ospita 128 opere realizzate dal 1970 al 1993, rappresenta la raccolta più esaustiva sull'artista.

Ex Seccatoi del Tabacco. Foto dalla Fondazione Burri

Il grande Cretto “Gibellina vecchia, distrutta dal terremoto, rimarrà per coloro che l’hanno abitata un luogo di continuo e rispettoso pellegrinaggio in memoria dei loro morti e della vita passata. Il grande “cretto”, come nuova immagine della vecchia Gibellina, coerente con le ultime ricerche di Burri è in una dimensione che interviene concretamente nel paesaggio e si fa architettura. Il “cretto” o crepa, quasi figurazione della terra che ha tremato, diventa percorso dove si ritrovano le vecchie strade, labirinto della memoria che ripropone una vita. Attraverso i cretti-percorsi la gente potrà arrivare dove esisteva la chiesa e la “piazza” dove si faceva la festa. Il progetto prevede di ricoprire buona parte del vecchio centro distrutto, con una superficie rettangolare di circa 300x400 metri di lato, un’area quindi di poco meno di 12 ettari, riutilizzando le macerie raccolte in blocchi e ricoperte di cemento bianco. I percorsi pedonali fra i blocchi alti in media circa un metro e sessanta, seguiranno in parte i tracciati delle vecchie strade principali e in parte i cretti spontanei dell’opera di Burri. Le zone non interessate direttamente da questo intervento verranno ripulite da ogni maceria e utilizzate a verde basso che si confonderà col verde circostante, isolando l’opera. Land-art, scultura, architettura, urbanistica, opera d’arte totale, fatta dalle macerie del passato, ricoperte quasi per conservarle, è riproposta alla gente di Gibellina per ritrovarsi sia nella memoria del passato che nella realtà ritrovata”. (Alberto Zanmatti, architetto. Ha collaborato con Alberto Burri alla realizzazione del Grande Cretto di Gibellina) *foto del Cretto di Gibellina

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Mettiamo l’Energia in Rete Gruppo Italia Energia è un gruppo editoriale specializzato nel settore dell’energia. Dalla fondazione, ha come obiettivo la diffusione di un’informazione indipendente in grado di migliorare la conoscenza e l’operatività all’interno di mercati sempre più complessi. Il mix sinergico di canali e l’integrazione con i social network, favorisce il networking tra le aziende e offre un lavoro continuo di monitoraggio e analisi degli ambiti industriali creando valore per gli stakeholder.

Gruppo Italia Energia è l’editore di Quotidiano Energia, e7 - il settimanale di QE, Canale Energia, CH4, Italia Energia


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LA TERAPIA SEGRETA DEGLI ALBERI

ZERO RIFIUTI IN CASA

ENERGIA PER L’ASTRONAVE TERRA

IL MONDO RIGUARDATO

di Marco Mencagli, Marco Nieri

(100 astuzie per alleggerirsi la vita e

(L’era delle rinnovabili)

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Sperling & Kupfer (2017), pag. 192,

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di Nicola Armaroli, Vincenzo Balzani

ecologica)

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di Bea Johnson

Zanichelli (2017), pag. 288,

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Il libro spiega come avviene l’interazione tra piante e organismo dell’uomo e quali effetti può avere sul benessere psicofisico. All’estero, da alcuni anni, sono condotte ricerche sull’impatto che il contatto con la natura ha sulla salute: induce calma e serenità, modula la pressione arteriosa, aumenta l’energia, stimola le capacità cognitive, alza le difese immunitarie.

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“Rendere leggera la vostra vita!”: è questo il suggerimento di Bea Johnson, dopo che (con la sua famiglia) è riuscita a diminuire il budget casalingo del 40%, riducendo drasticamente i rifiuti prodotti giornalmente. Per la Johnson, non bisogna cambiare lo stile di vita: bastano alcune brillanti soluzioni, rispettose dell’ambiente e adottate ogni giorno.

Bi

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

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Il volume aiuta a capire che cos’è l’energia e quali conseguenze ha il suo uso sull’ambiente, sulla salute, sull’economia. Questa nuova edizione contiene dati aggiornati: la scena energetica globale, i tentativi di accordi internazionali per la salvaguardia del clima, il declino dell’energia nucleare e i progressi delle rinnovabili. La transizione dai combustibili fossili alle nuove fonti richiede un uso razionale delle limitate risorse minerali della Astronave Terra e nuove tecnologie a elevato “ritorno energetico”. Ma per vincere questa sfida bisogna anche limitare i consumi, passando dall’economia lineare a quella circolare e riducendo le disuguaglianze.

L’Autore ricostruisce il dibattito intorno all’ecologia sociale, anche analizzando movimenti e modelli di conversione ecologica. Come scriveva Alexander Langer “conversione non è solo un termine spirituale (lo è sicuramente in modo molto forte) ma è anche un termine produttivo, un termine economico”. Cosa richiede, allora, la vera conversione ecologica? Quanto è profondo questo cambiamento che investe le nostre pratiche di tutti i giorni e le scelte più importanti della nostra civiltà?


Lo sguardo verso il cielo Guardare le stelle? Chi se lo ricordava più che sollevando lo sguardo verso il cielo, in una sera di primavera, in una strada poco illuminata, si potesse assistere a uno spettacolo fantastico. Milioni e milioni di corpi celesti che, come attori consumati, recitano il loro copione quotidiano brillando, come solo loro sanno fare, agli occhi degli spettatori stupefatti e felici. Già, perché osservare le stelle è come essere presi per mano dalla fantasia e trascinati in un mondo lontano dal nostro, che però con il nostro è in stretta relazione. Perché in quella dimensione si appalesa una sensazione del tutto estranea al pensare quotidiano, all’immaginare il mondo come siamo abituati. Ci si sente diversi, più leggeri, avvolti in un’atmosfera dove il mistero della vita allarga le sue maglie, si fa più chiaro ed evidente. Rendendoci capaci di comprendere, in un baleno, il senso di quel che siamo e del perché siamo. E ci si trova a sorridere come non capitava da tempo. Da quando, bambini, sapevamo cogliere improvvisamente l’essenza, la forza, la leggerezza e la bellezza che albergavano in molte delle cose che ai grandi sembravano incomprensibili o imperscrutabili. E un briciolo di gioia illumina la nostra anima e grande fa il momento.

Mp Mondo Piccolo

lo Smilzo

Fn

Filo di Nota a cura di Mauro De Vincentiis

Lunga vita alla penna stilografica! In una recente intervista sulla presentazione di un suo romanzo (“Crocevia”), il premio Nobel Mario Vargas Llosa, alla domanda “Scrive sempre a mano?”, ha risposto: “All’inizio sì, su taccuini. E con penna stilografica. Poi trascrivo al computer. Se ho tempo mi piace scrivere a mano anche la brutta degli articoli. Che dire? Mi sembra che il ritmo, il movimento della mano sia più vicino a quello del cervello”. Inoltre, l’ateneo americano di Princeton ha rilevato che gli studenti che prendono appunti su carta hanno performance più brillanti, rispetto ai compagni che annotano le lezioni direttamente sui tablet.

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“LA FAVOLA DI NATALE” Din-don-dan: la campanella questa notte suonerà e una grande, argentea stella su nel ciel s’accenderà… Il bambino recitò la sua Poesia davanti alla sedia vuota del papà e, com’ebbe finito, la finestra si spalancò ed entrò una folata di vento. E la Poesia aperse le ali e volò via col Vento…. “Dove vuoi che ti porti?” le domandò il Vento. “Portami nel Paese dov’è adesso il papà del mio bambino” disse la Poesia. “Stai fresca!” rispose il Vento. “Perché prendano anche me e mi mandino al lavoro obbligatorio a far girare le pale dei loro mulini a vento! Niente da fare: scendi!”. Ma la Poesia tanto pregò che il Vento acconsentì a portarla almeno alla frontiera... 1

Giovannino Guareschi (1908-1968)

E+ Energia, letteratura, umanità

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Queste poche righe sono nelle prime pagine di questa favola, nata in un

campo di concentramento tedesco, nel dicembre 1944, dove Guareschi si trovava internato. Come lui spesso scrive, le muse che lo ispirarono si chiamavano Freddo, Fame e Nostalgia. La favola è la storia di Albertino, figlio di Guareschi, della nonna, del papà prigioniero, e delle piccole creature – buone o cattive – che vivono e parlano in un bosco fantastico. Perché il bambino, la nonna e il papà si trovano a metà strada nel bosco dove, la Notte di Natale, s’incontrano creature e sogni di due mondi nemici. La favola è anche la storia di quegli uomini, affamati e infreddoliti, che l’ascoltarono in una baracca del Lager tedesco e che, proprio grazie alle parole di Guareschi, riuscirono a mantenere viva la speranza del ritorno.

Illustrazioni tratte da “Favola di natale” di Giovannino Guareschi, Rizzoli Editore

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Anna Addamiano Numerosi i riconoscimenti ottenuti e gli inviti a partecipare a mostre collettive in Italia e all’estero (Parigi, il Cairo, Alessandria d’Egitto) e ad allestire mostre personali in gallerie private e in spazi pubblici. Tra questi il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a Roma, la Sala d’Armi di Palazzo Ducale di Camerino, il Palazzo delle Esposizioni a Roma, il Castello Cinquecentesco di l’Aquila, l’Istituto Italiano di Cultura a Stoccolma, il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma, il Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del ‘900 di Pieve di Cadore, il Museo della Scultura MUSMA di Matera e il Museo del Giocattolo nel Palazzo Rospigliosi di Zagarolo.

“Coppia regale con bassotto”, 2001, paravento in legno cm 135x180

L'artista a lavoro nel suo studio

La ragione della ricerca artistica di Anna Addamiano - pittrice, scultrice, scenografa e costumista teatrale - è il mondo della fantasia per ricreare racconti fiabeschi e sogni in forme di realtà. La sua ricchezza inventiva, associata ad un particolare estro evocativo, le consente di creare un mondo fascinoso nel quale “vivono” figure maschili e femminili, paraventi a forme di re e regine, sedie con la spalliera ad ali di farfalla, teatrini, amboni, arazzi, totem, cavalieri su improbabili cavalli, animali e personaggi protagonisti di miti e leggende ironicamente proposti come immagini-icona di un ruolo per narrare in modo grottesco i problemi esistenziali dell’uomo nell’attuale società. Anna Addamiano modella le forme sulla tela, nella ceramica, le intaglia nel legno, le costruisce in raffinati patchwork con ritagli di stoffa assemblati con nastri, spille, bottoni e perline per trascrivere il mondo delle fiabe in essenza metafisica e surreale, fondata a volte sul paradosso, realizzando opere che, attraverso il colore, ora materico ora steso per esprimerne l’energia vitale, si impongono nel dialogo con l’osservatore in una sorta di atteggiamento ludico, sintesi del piacere del “gioco” che caratterizza il suo fare artistico, sempre in bilico tra il naturalismo e il naif, che è impossibile inquadrare in una categoria predefinita. Tutto il suo lavoro si svolge all’insegna della sorpresa, dello sbalordimento nella realizzazione di figure e “oggetti” proposti in rapporto con lo spazio circostante in un aspetto gioioso a evocare misteriosi arcani che lo sguardo dello spettatore fa vivere attribuendogli un ruolo che nasce oniricamente dai suoi ricordi e fantasie realizzando una sorta di transfert dalla sfera emotiva dell’artista alla sua.

Co Copertina a cura di Vittorio Esposito

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controcopertina Populismo? No a termini demagogici. Sì a responsabilità condivise di Romolo Paradiso

Si parla troppo impropriamente di populismo. Il populismo qualunquista, il populismo che ingessa le società, il populismo antitesi al progresso. E chi più ne ha, più ne metta. Ma siamo sicuri che sia proprio così? Siamo veramente convinti che questo moto popolare diffuso, anti sistema, che chi sta nel sistema chiama “populismo” con la puzza sotto il naso e gli occhi pregni d’albagia, non sia invece qualcosa che debba far riflettere sulle istanze che porta e sui motivi scatenanti? Molto probabilmente tale malcontento è il sintomo di un malessere generato proprio dalla stessa politica. Incapace di comportamenti e provvedimenti atti a evitare prima e a superare poi le crisi che attraversano la società. Crisi di valori, soprattutto, e di capacità di aggregare le persone in un progetto politico di sostanza e di ampio respiro, i cui riverberi pesano in modo significativo sui cittadini, ai quali non sfugge una mancanza di senso di responsabilità e di onestà da parte di chi li rappresenta. È il sintomo di un indebolimento del sistema democratico? È il segno conseguente di una frattura tra popolo e suoi rappresentanti? Forse sì. Forse siamo giunti a un punto di totale incomprensione tra la politica e le persone, in cui entrambi debbono riflettere su quanto fin qui fatto e su ciò che veramente si vuol fare. Certo, c’è bisogno di molta buona volontà da parte di tutti. È ora che la politica prenda atto di una lunga, forse lunghissima serie di errori compiuti nel tempo e della incapacità di analizzare e comprendere le istanze che dal

Immagine di sfondo di: Caspar David Friedrich “Viandante sul mare di nebbia”

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popolo vengono. E s’impegni a coniugare un pensiero capace di attrarre l’attenzione delle persone, di alimentare in loro fiducia, speranza e sogno. Un progetto di società che favorisca una comunità fondata sul bene comune, nel quale al primo posto non ci siano la finanza e l’economia, ma la persona, con i suoi veri bisogni, con le sue vere necessità, con i suoi semplici ma significativi valori: la famiglia, il lavoro, la sicurezza, la giustizia, il merito. Un progetto che sia in grado di guardare anche oltre i confini nazionali e farsi promotore di un moto favorevole a un’Europa dei popoli, federale, sociale ed etica, lontana dai dettami delle banche e degli oligopoli finanziari. Non tradendo le aspettative e meritandosi il consenso ricevuto. Ed è ora che la gente, noi tutti, si ricominci a pensare alle logiche che hanno caratterizzato i nostri giorni, e a cambiare rotta, dando più importanza all’essere che all’avere. Ricordandoci che la vita in comune è fondata sul senso di partecipazione, che implica serietà, sacrificio, ma anche gioia di condividere e operare per il bene di tutti. E che le scelte che si effettuano in ogni campo, non escluso quello politico, devono essere dettate da principi e interessi che non si esplichino solo nel presente, ma si riflettano positivamente sulle generazioni future. Solo in tal modo politica e popolo potranno creare un organismo coeso, forte, mutuale, fuori dalla demagogia e dalle logiche di fazione, dando così concretamente valore al senso di Comunità e di democrazia.




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