Elementi 41 - Agosto - Novembre 2017

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Teresa Bellanova

Transizione energetica, opportunitĂ per economia e lavoro Guido Bortoni

Mercato retail? Le famiglie ancora a rilento Ermete Realacci

Efficienza, sicurezza e avanti con il sisma-bonus Luigi Ferraris

La nuova era di Terna Antonio Cammisecra

Generazione distribuita e batterie. Le rinnovabili secondo Enel Federico Testa

Europa, serve politica energetica seria Nino Benvenuti

Lo sport come la storia insegna il senso della vita SPECIALE TRASPARENZA E QUALITĂ€ DELLE PERFORMANCE GSE

Periodico del GSE Agosto - Novembre 2017

Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Efficienza energetica nella PA, saremo un modello per tutti

Elementi

Roberta Pinotti

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ALLA FINE CI PENSIAMO NOI


l’Editoriale di Luca Barberis

AVANTI C’È POSTO! In occasione della presentazione del Rapporto Attività Gse del 2016, una delle notizie che è stata maggiormente ripresa dalla stampa è stata quella relativa all’inizio della fase discendente della componente A3 della bolletta, necessaria a sostenere i meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica. Pensando a un aereo si potrebbe obiettare che dall’inizio della discesa all’atterraggio deve passare ancora molto tempo, ma usando un termine ciclistico non dobbiamo scordare che il viaggio della A3, cominciato più di venti anni fa, ha affrontato negli ultimi 10 anni un vero e proprio “gran premio della montagna” raggiungendo la vetta di 14,4 miliardi di euro nel 2016. In tal senso si può ben comprendere l’interesse mediatico per l’inizio della discesa, per l’aspettativa di una progressiva riduzione degli oneri di sistema e quindi del costo della bolletta. Ma il tema rilevante non è tanto quello della riduzione dei costi, quanto piuttosto di cosa succederà dopo. Ogni gradino di discesa della componente A3 corrisponde a un insieme di impianti che esauriscono il loro periodo di incentivazione e quindi rappresenta un’importante fase di discriminazione dei costi sostenuti dal sistema: - in caso di dismissione degli impianti prenderemo atto di aver semplicemente sostenuto dei costi per l’affitto pluriennale di una certa quantità di produzione da fonti rinnovabili; - in caso di prosecuzione dell’attività potremo dire di avere investito (bene) nella realizzazione di capacità produttiva da fonti rinnovabili. Nel primo caso non possiamo attenderci nulla in termini di sviluppo, se non i tentativi da parte di alcuni operatori di sollecitare interventi normativi atti a prolungare artificiosamente il periodo di incentivazione. Nel secondo caso avremo, invece, raggiunto un piedistallo da cui ripartire con nuove attività di sviluppo anche in funzione delle possibilità offerte dall’innovazione tecnologica.

Basti pensare al fermento che si sta registrando sul repowering degli impianti eolici e fotovoltaici, dove le logiche di remunerazione associate alle tariffe incentivanti vengono progressivamente superate da valutazioni sugli incrementi di producibilità realizzabili negli attuali siti produttivi. Le quote degli impianti rientranti rispettivamente nel primo e secondo caso orienteranno i giudizi sulla intensa fase di incentivazione che abbiamo vissuto e sulle relative e inevitabili distorsioni derivanti dal contesto di attuazione. Ma il grande merito che possiamo già riconoscere al legislatore è quello di aver ragionato più sull’opportunità dell’intervento piuttosto che sui rischi derivanti dall’intervento stesso. Ecco allora che l’inizio della fase discendente degli incentivi rappresenta per tutto il sistema un passaggio fondamentale da una fase di adolescenza a una fase di maturità, da una fase di rigide opportunità dove l’unità di misura utilizzata è quella della remunerazione dell’investitore a una di innovazione e creatività dove l’unità di misura di riferimento è la sostenibilità e i relativi impatti sul territorio e sulla collettività. In tale nuovo contesto l’esperienza e le competenze del Gse, oggi percepite essenzialmente nella fase attuativa e quindi a valle della realizzazione dei progetti, saranno sempre più orientate a intervenire nella fase pre-progettuale per favorire gli interventi di sviluppo sostenibile in campo energetico e ambientale, anche attraverso azioni in collaborazione con istituzioni, imprese ed enti locali per supportare la diffusione delle buone pratiche sul territorio. In sintesi potremmo dire non solo che il viaggio continua, ma che è appena iniziato. Salutiamo, senza rimpianti, chi non se la sente e scende insieme alla A3. Invitiamo a bordo tutti gli altri: avanti c’è posto!

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Registrazione In copertinapresso il Tribunale di Roma “Ossigeno”, scultura n.105/2001 del 15.03.2001

Chiuso in redazione il 22 febbraio 2012

di Alfio Mongelli

Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001 GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680111 F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it

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Chiuso in redazione il 21 giugno 2017

Elementi è visibile in internet ai siti www.gse.it corrente.gse.it

Elementi, house organ del gruppo GSE è visibile in internet al sito www.gse.it

GME AU Largo Giuseppe Tartini, 3/4 Guidubaldo Del Monte, 72 GSE 00198 Roma 00197 Roma Viale M.llo Pilsudski, 92 T- 00197 Roma +39 0680121 T +39 0680101 T +39 0680111 - F +39 0680114392 F +39 0680124524 F +39 0680114391 info@gse.it info@mercatoelettrico.org info@acquirenteunico.it www.gse.it www.mercatoelettrico.org www.acquirenteunico.it

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RSE Via R. Rubattino 54 20134 Milano T +39 0239921 F +39 0239925370 www.rse-web.it

Elementi

Anno 2017 Si ringraziano 2012 n. n.41 25 Foto Agosto – Novembre 2017 Fototeca Elementi per la collaborazione marzo 2012 Fototeca Andrea Amato alla realizzazione di Elementi iStockphoto.com Anev Direttore Si ringrazia Vittorio LaEditoriale Monica Direttore Responsabile Responsabile Direttore Archimede SRL Romolo Paradiso per la collaborazione Roberto Tomada Laurenti Romolo Paradiso Fabrizio Attackit alla realizzazione Matteo La Speme Redazione Banca Intesa San Paolo Hanno di Elementi Robertocollaborato Lucchini Segreteria di e Amministrazione Banca Popolare(Prometeo) di Sondrio a questo numero Adn Kronos Piergiorgio Liberati redazione e pubblicità Viale M.llo Pilsudski, 92 Centro Documentazione Roberto Antonini Anev Fabrizio Mariotti Gabriella Busia 00197 Roma Giornalistica Luca Benedetti Axpo Italia (la vignetta di Fama) gabriella.busia@gse.it Jinko Editore Edoardo BancaSolar Intesa San Paolo Gabriele Borriello Masini tel. 06. 80114648 IBartucci Casco S.p.A GSE Alessandro Buttà Gennaro Niglio Inergia Fausto Carioti Centro Documentazione Ilaria Proietti In redazione Segreteria di Leitwind Giornalistica Livia Catena Claudio Ramoni Gabriella Busia redazione e pubblicità Egl Cobat Valter Cirillo Sallie Sangallo Maurizio Godart Gabriella Busia Enel F2 Mauro De Vincentiis Mario Spagnoli gabriella.busia@gse.it Eneco Green Energia Tronics Vittorio Esposito Luca Speziale Collaborazione tel. 06. 80114648 Energethica Gruppo Italia Energia Luca MariaBenedetti Pia Terrosi redazionale Energy IVPC Med Jacopo Giliberto Elena Veronelli Mauro De Vincentiis Collaborazione Eni Pianeta Terra Piergiorgio Liberati redazionale International Punto Com Power Carlo Maciocco Progetto Grafico Comitato redazione Mauro Dedi Vincentiis Nuova Cma QualEnergia Romina Maurizi Imaginali Romolo Paradiso Punto Com Comitato di redazione Rinnovabili.it Fabrizio Mariotti Gabriella Busia Re Power Quotidiana Romolo Paradiso Staffetta (La vignetta di Fama) Realizzazione grafica Claudia Delmirani Reed Expo Gabriella Busia Gabriele Masini Imaginali Maurizio Godart Solar Expo Livia CatenaLiberati Giusi Miccoli Piergiorgio Studio Bartucci S.r.l Natascia Falcucci Michele Panella Realizzazione impianti Guido Pedroni Terna Guido Pedroni Ilaria Proietti e stampa Luca Speziale Yingli Solar Luca Speziale Andros Racchetti Arti grafiche Tilligraf Antonio Rizzi Via del Forte Bravetta, 182 Editing Editing 00164 Roma Maria Pia Pia Terrosi Terrosi Maria Un particolare ringraziamento a Progetto grafico Foto Hanno collaborato Francesco Trezza e questo impaginazione Fototeca Elementi a numero Imaginali Getty Images (Foto Roberto Antonini Nino Benvenuti) Luca Barberis Realizzazione Fototeca Andrea Amato Stefano Besseghini impianti stampa Edoardo e Borriello Arti grafiche Tilligraf Elementi è distribuito presso ­­­­P er le riproduzioni Redazione e dei testi, Annalisa Bottani Via del Forte Bravetta, le principali rappresentanze se parziali, è fatto Amministrazione Alessandro Buttà 182 anche diplomatiche italiane all’estero. 00164 Roma obbligo di citare la fonte Libero Buttaro Viale M.llo Pilsudski Fausto Carioti n.92 Annalisa Ciatti 00197 Roma Riccardo Comini Rivista ad Impatto Zero®. Mauro De Vincentiis Compensate le emissioni di CO2 generate Per le riproduzioni dei testi, Editore Vittorio Esposito per la produzione e stampa. anche se parziali, è fatto obbligo GSE Ennio Ferrero di citare la fonte. Jacopo Giliberto In copertina “Il pescatore di Perle” Direttore Editoriale Giacomo Giuliani Tecnica mista su tavola cm 250x200 di Angelo Fabrizio Tomada Maurizio Godart Colagrossi

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Virgolette di Romolo Paradiso

I DIECI PUNTI DI MICHELE... PIÙ UNO Forse rimarrà solo un sogno, ma quello che Michele, bambino di otto anni di una scuola elementare di Trapani, ha scritto qualche settimana fa in un tema in classe pubblicato da un giornale locale, su cosa fare per un’energia capace di migliorare il mondo, è un desiderio non solo condivisibile, ma auspicabile. Michele, penna alla mano, ha indicato con nitore e sentimento 10 punti cardine, più uno molto particolare. Vediamoli. 1) Tanta acqua per tutti. Quindi, non sprechiamola per fare cose inutili o lasciando il rubinetto aperto quando non serve. 2) La corrente arrivi dal sole, dal vento e dal mare. Già si fa. Ma dobbiamo farlo di più. 3) Mettere l’immondizia nei giusti contenitori. E poi riutilizzare tutta quella che si può. Tanti la buttano casaccio. Quando li vedo glielo dico. Anche se qualcuno mi guarda male, ma a me non importa. 4) Fare capire pure a noi bambini cosa si può fare per conoscere e migliorare l’ambiente. Magari ci potrebbe aiutare qualche bel videogioco. O una lettura in classe, o un film da proiettare nella grande aula della scuola. Anche la mamma e il papà possono aiutarci, raccontandoci qualcosa su questo argomento. La nonna mi parla sempre dell’importanza di conoscere e rispettare la natura.

Spesso insieme andiamo nei boschi e lei mi insegna a distinguere piante e fiori. E pure i nomi degli animali che non conoscevo ho imparato da lei. 5) Mettere un aggeggio sotto le suole delle scarpe in modo che camminando ognuno possa produrre energia. Ho sentito che da qualche parte del mondo si fa. Non ricordo però dove. Io mi presterei volentieri e per aumentare la produzione mi metterei a correre di più. Tanto mi piace. 6) Ogni bambino dovrebbe piantare, almeno una volta l’anno, un seme di albero, in un posto dove non ce ne sono, così che col tempo ci siano più parchi e boschi. Sai come sarebbe bello giocare in un posto dove l’aria è pulita, piena di scoiattoli e uccellini?! 7) Tutti gli autobus della città dovrebbero essere elettrici. 8) Anche le macchine. L’aria sarebbe migliore e si respirerebbe meglio. I miei nonni infatti soffrono di una bronchite cronica che i medici dicono dipende dall’aria malata. E questo mi dà dispiacere. 9) Mettere tante, tante persone a studiare come avere più energia pulita. Così anche chi non trova lavoro potrebbe essere occupato. 10) Infine, un paio di domeniche al mese, con i genitori, andare in un luogo un po’ abbandonato e sporco, per ripulirlo e migliorarlo. Sarebbe bello e divertente! Così i bambini del posto potrebbero tornarci a giocare contenti. Un ultimo pensiero, che c’entra con l’energia, anche se non è energia elettrica: vorrei vedere i grandi un po’ più convinti, più carichi di voglia di fare per il bene del mondo. A me ora sembrano tutti un pochino distratti e moscetti. Ecco io gli darei una “scossa”… Forza! Come dare torto a Michele?! Le sue proposte hanno in seno un evidente senso d’amore per ciò che lo circonda e per chi ci vive. Se solo una parte dei dieci punti indicati da Michele, ai quali naturalmente se ne potrebbero aggiungere altri, riuscisse a trovare applicazione, saremmo sicuramente sulla strada giusta per un futuro più vivibile da un punto di vista energeticoambientale. E non solo. Ma ai grandi, si sa, spesso manca quella visione semplice ma efficace, quel senso delle cose immediato, quel disinteresse alla faziosità e al tornaconto e soprattutto quella carica d’entusiasmo tipica dei bambini che è la spinta necessaria al fare per il bene comune. E allora l’augurio da rivolgere a Michele e a tutti i bambini che come lui hanno a cuore il bene del mondo, è quello che una volta adulti non dimentichino ciò che da bimbi hanno sognato e con la stessa forza e audacia di allora tramutino uno di quei sogni in realtà. Riscattando quella attuale incapacità di agire che abbiamo verso noi stessi, ma, soprattutto e purtroppo, verso le generazioni a venire.

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rubriche

03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette

08 P° il Punto 66 Vi Verifiche e ispezioni 90 En Elementi Normativi

92 Be Bizzarre Energie 105 Fo La Foto di Di Vittorio La Monica 106 Mp Fn Mondo Piccolo e Filo di Nota 107 E+ Energia, letteratura, umanità 108 Bi Biblioteca

109 Co la Copertina 110 Cc Controcopertina Elementi

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primo piano

10

Intervista a Roberta Pinotti

14

Dialogo con Teresa Bellanova

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A tu per tu con Guido Bortoni

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Parla Ermete Realacci

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Confronto con Luigi Ferraris

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L’analisi di Antonio Cammisecra

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Faccia a faccia con Federico Testa

Efficienza energetica, nella PA saremo un modello Transizione energetica, opportunità per economia e lavoro Mercato retail? Le famiglie ancora a rilento Efficienza, sicurezza e avanti con il sisma-bonus La nuova era di Terna

Generazione distribuita e batterie, le rinnovabili per Enel Europa, serve politica energetica seria

Speciale

40 Trasparenza e qualità, le performance GSE

energia

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di Stefano Besseghini

46

Parla Tomaso Tommasi di Vignano

48

Il pensiero di Carlo Andrea Bollino

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A tu per tu con Davide Tabarelli

La SEN viatico per un salto di qualità All’avanguardia nell’economia circolare Europa, spingi su tecnologia e innovazione Il peso delle rinnovabili in bolletta? Ancora troppo gravoso


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Colloquio con Marisa Abbondazieri

60

Il parere di Matteo Di Castelnuovo

Sistema idrico, miglioramenti lenti ma efficaci CO2 e sviluppo economico, lo strano rapporto

64 ICT, il GSE sempre più vicino all’utente energia e ambiente

70 La spinta gentile

allo sviluppo sostenibile

mercato energetico

73

Colloquio con Matteo Codazzi

76

Di Alessio Borriello

smart city

88 Smart cities, non solo questione di sostenibilità

energia per il sociale

94

Intervista a Vanessa Migliosi

LIS, un sostegno in più per le persone sorde

arte e architettura in luce

96 Arianna dormiente, il risveglio della Bella Addormentata

La rivoluzione del futuro immediato Il futuro è già presente

energia rinnovabile

78

Intervista a Walter Righini

82

Il parere di Aldo Di Carlo

energia del pensiero

100

Dialogo con Nino Benvenuti

Lo sport, come la storia, insegna il senso della vita

Biomasse, biogas agricolo, teleriscaldamento, superare l’incertezza normativa

Pannelli fotovoltaici, è rivoluzione!

84 Un arcobaleno di energia 86 Nasce Elettricità Futura per la transizione energetica

Sommario

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So


Investire nelle rinnovabili? Conviene sì! Nuovi segmenti di mercato, come l’efficienza energetica; regole e prospettive più chiare, con la riedizione della Strategia energetica nazionale; tecnologie in evoluzione, come quelle per lo stoccaggio dell’energia prodotta. E soprattutto il fatto che il mercato ha acquisito una vivacità tale da rendere il settore dell’energia pulita meno dipendente dal vecchio meccanismo dell’incentivo. Sono questi alcuni degli elementi che convincono le aziende energetiche delle rinnovabili a rimanere in Italia a dispetto dei segnali di pessimismo ricevuti negli ultimi anni. E a investire, anche se poco. È finita la corsa distorta al fotovoltaico indotta anni fa dagli incentivi del cosiddetto “decreto salva-Alcoa”,

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disgraziatissimo per mille aspetti insostenibili ma efficace in una cosa, cioè nel costruire una solida base rinnovabile al Paese. Le rinnovabili non fotovoltaiche hanno avuto anch’essi forme di incentivazione, assai più sobrie dopo quell’ubriacatura. Ora è il momento di costruire. In questi ultimi anni le aziende italiane di “pure rinnovabili”, cioè concentrate in questo specifico settore, hanno trovato la porta chiusa agli investimenti. I comitati nimby più aggressivi e con giustificazioni più fantasiose, i sindaci con il terrore di firmare qualsiasi atto, i Tar investiti da carri merci di ricorsi fotocopia, le regole meno stabili di un aliseo, le conferenze di servizio in assemblea permanente effettiva, i concorrenti più opachi hanno costituito barriere difficili da superare. Un indicatore viene, per esempio, dall’Irex Annual Report, lo studio condotto dagli economisti dell’Althesys, il quale stima 7,2 miliardi di investimenti italiani nelle rinnovabili, dei quali ben 4,6 all’estero, pari al 72% del totale in termini di potenza. Le tecnologie stanno raggiungendo le dimensioni di scala e i costi di produzione delle fonti rinnovabili diventano competitivi. In molti Paesi aiutati dalla sorte (per insolazione, per ventosità, per disponibilità d’acqua e così via) non serve più nemmeno un’incentivazione per l’elettricità prodotta da fonti pulite. In Brasile e in Cile l'eolico costa meno delle fonti tradizionali; ma corrono anche il Marocco, il Giappone con un settore fotovoltaico spinto da tariffe molto attraenti, il Messico che preferisce gli investimenti privati, l'Arabia con un ambizioso piano, la Russia, la Turchia con una domanda di elettricità in forte crescita e prezzi crescenti (esattamente l'opposto della situazione italiana), la California del fotovoltaico o l'Inghilterra dell'eolico. E poi la Cina dove nel 2013 sono stati installati 16.000 megawatt di eolico e 12.000 di fotovoltaico. Con un Pil pro capite inferiore di 5 volte rispetto a quello degli Stati Uniti e di 3,5 volte a quello della Germania, la Cina ha investito nel 2015 il doppio degli Usa nelle tecnologie pulite (110 miliardi di dollari contro 56 miliardi) e ha raggiunto un “tasso di decarbonizzazione” del 4%, il doppio rispetto ai Paesi G7. Quando l’Italia sarà un luogo competitivo per investire in fonti rinnovabili di energia? Già adesso per alcune specifiche tecnologia c’è convenienza e secondo Alessandro Marangoni, l’economista che guida il gruppo di ricerca Althesys per le analisi Irex, in Italia “il sistema elettrico raggiungerà un nuovo equilibrio tra il 2017 e il 2020 soprattutto con l'avvento della produzione elettrica distribuita e il diffondersi di sistemi di accumulo e stoccaggio, che imporranno nuovi modelli di mercato”. È esemplare il caso della più nota società italiana del settore, che è diventata una formidabile macchina da investimenti verdi in tutto il mondo, e soprattutto nelle Americhe, tanto da diventare leader mondiale e da trascinare con sé una squadra di aziende italiane che si stanno facendo apprezzare nel mondo. Altre imprese del settore pur di non perdere una presenza in Italia diversificano nell’efficienza energetica con l’obiettivo di non dover cedere prima che anche in Italia gli investimenti possano ripartire. In primavera i principali listini azionari europei avevano registrato buone performance per il settore rinnovabile

con i dati macroeconomici incoraggianti dell’Eurostat (Pil Area Euro +7% sul 2010 e inflazione ad aprile +1,9%) e un indice Irex, con il quale si misura l’andamento borsistico dei titoli delle aziende rinnovabili quotate, che in aprile aveva segnato una crescita pur contenuta ma continua. In questi mesi gli investimenti in Italia sono proseguiti: qualche impianto eolico comincia a far girare l’elica, qualche impianto geotermico o piccolo idroelettrico riesce a superare la paralisi amministrativa. Tra i settori, quelli che paiono di veloce crescita sono legati alle nuove tecnologie della gassificazione, a cominciare dal biometano. Questo segmento produttivo merita un dettaglio: le campagne promosse dal Consorzio italiano biogas cominciano a spezzare l’opposizione nimby agli impianti anaerobici anche se le norme rendono ancora difficile poter immettere in rete il metano ottenuto dalla fermentazione di materiali biologici.

P° il Punto di Jacopo Giliberto

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primo piano Efficienza energetica nella PA

Saremo un modello per tutti CONVERSAZIONE CON ROBERTA PINOTTI Ministro della Difesa

Roberta Pinotti - Ministro della Difesa

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di Elena Veronelli

E: Ministro, a febbraio sono stati approvati i programmi di intervento per il miglioramento della prestazione energetica degli edifici della pubblica amministrazione. Tra questi ci sono quelli presentati dal Ministero della Difesa. Ci può illustrare nel dettaglio che tipi di intervento sono previsti? RP: Da quando mi sono insediata, la Difesa italiana ha molto sviluppato la sensibilità ai problemi legati all’energia. Una delle sfide principali è stata quella di assicurare un impatto minore sul consumo energetico, anche guardando alla strategia complessiva e alle raccomandazioni dell'Ue. Il nostro obiettivo è la condivisione di strategie comuni per produrre un'energia sicura, conveniente e rispettosa del clima e dell’ambiente; per realizzare la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, un'economia sostenibile, sicura e competitiva. Ed è proprio tenendo conto delle necessità cui accennavo insieme a quella di gestire in modo omogeneo le molte iniziative in corso, che ho costituito la Struttura di

Progetto Energia (Spe) che fin dal 2015 coordina i settori delle Forze armate che si occupano di questa materia. La Difesa italiana lavora da tempo alla realizzazione di progetti che hanno lo scopo di ridurre e razionalizzare i propri consumi energetici grazie anche all’innovazione tecnologica. Progetti di efficientamento sono stati eseguiti presso l’Accademia della Marina a Livorno, quella dell’Aeronautica a Pozzuoli e presso la Scuola Militare Nunziatella di Napoli, per un importo complessivo di circa 24 milioni di euro, interamente finanziati attraverso il Ministero dell’Ambiente. Gli interventi riguardano il miglioramento dell’isolamento termico degli edifici, l’istallazione di impianti fotovoltaici e solari termici sulle coperture, impianti di riscaldamento, raffrescamento e illuminazione a Led ad alta efficienza energetica che consentiranno di massimizzare i risparmi in termini di consumi energetici e ridurre le emissioni di CO2. Oltre agli interventi sugli immobili vorrei, però, ricordare altri progetti importanti: il Programma “Deserti” che si propone di fornire una risposta adeguata nel settore della purificazione dell'acqua e dell'approvvigionamento energetico in aree in cui le condizioni climatiche sono sfavorevoli, sperimentando la produzione di acqua da sorgente marina. E anche il Progetto Seaspoon SEAH – H, un convertitore di energia del moto ondoso che

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permetterebbe di ottenere dei punti di immagazzinamento di energia - docking station – in grado di conservare energia pulita per fornirla a veicoli autonomi le cui missioni operative diverrebbero così ad altissima durata. La Marina Militare ha inoltre sviluppato il progetto “Green Fleet” ed è stata la prima e l’unica al momento ad aver impiegato e qualificato il “Green Diesel”, un combustibile con il 50% di frazione bio. Il tutto in anticipo anche rispetto agli obiettivi dell’Unione Europea che prevedono l’impiego di combustibile contenente una quota del 10% di prodotto ricavato da fonti rinnovabili entro il 2020. Il green diesel, miscelabile fino al 50% con il gasolio tradizionale di origine fossile è conforme alle specifiche Nato e può essere utilizzato senza alcuna necessità di apportare modifiche o accorgimenti agli impianti e circuiti di Bordo. Abbiamo già presentato altri 27 progetti per circa 51 milioni di euro, attualmente in fase di valutazione da parte del Ministero dello Sviluppo economico, e stiamo lavorando per presentarne altri entro il 2020. E’ il contributo del Ministero della Difesa al raggiungimento degli obiettivi nazionali di riqualificare energeticamente almeno il 3% annuo della superficie coperta utile degli immobili della Pubblica amministrazione, in pieno accordo con l’Agenzia del Demanio. E: Un anno fa il Ministero ha sottoscritto un Accordo Quadro di collaborazione riguardante il settore energetico con il Consorzio Test – Technology Enviroment Safety Transport, che riunisce le Università della Regione Campania e gli Istituti Cnr. Un bilancio di questo primo periodo? RP: Il Ministero della Difesa ha avviato una serie di rapporti di collaborazione scientifica nel settore della ricerca non solo con il Consorzio Test, ma anche con diverse università come la Sapienza di Roma e l’Ateneo di Genova. Il bilancio di queste collaborazioni è senza dubbio positivo. Gli accordi hanno consentito di consolidare le conoscenze tecniche e tecnologiche tra il mondo universitario e quello militare che ha delle necessità specifiche. Ne ha beneficiato il processo di affinamento dei livelli tecnologici del sistema “difesa” finalizzati all’ efficacia, all’efficienza e all’economicità, in piena aderenza ai principi che abbiamo fissato nel Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa. E: A settembre avete firmato anche un protocollo d’intesa con Enea che prevede la riqualificazione e l’efficientamento energetico di edifici militari e anche attività di formazione su questi temi per il personale del Ministero della Difesa. Come procede l’iniziativa? RP: Il Protocollo d’Intesa firmato con Enea si inquadra proprio nell’ambito delle azioni che la Difesa ha intrapreso per avviare un piano integrato di interventi di medio lungo termine finalizzato alla riqualificazione energetica ed alla produzione di energia da fonti rinnovabili nelle proprie infrastrutture e dei propri sistemi, così come il Governo si è impegnato a fare

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nei confronti del Parlamento. Ci sono già i primi risultati concreti: mi riferisco all’analisi tecnica del Policlinico militare del Celio che stiamo conducendo proprio grazie al supporto dei tecnici di Enea che consentirà di definire quali interventi di riqualificazione energetica saranno svolti proprio per garantire un risparmio in termini di consumi e quindi di risorse finanziarie da destinare per migliorare le prestazioni sanitarie del policlinico. Per quanto riguarda gli aspetti formativi, a marzo con Enea abbiamo organizzato il primo corso interforze in “Energy management delle unità produttive ed operative della Difesa” a cui hanno partecipato 40 ufficiali ingegneri delle varie Forze armate per acquisire le conoscenze necessarie alla corretta gestione delle infrastrutture e degli impianti sotto il profilo energetico ed ambientale. E: Dunque sembrano buoni i rapporti di collaborazione nell’ambito dell’energia con il mondo della ricerca e scientifico. E’ soddisfatto del grado di trasferimento tecnologico attuale? O comunque ci sono della criticità?

cornice di sicurezza e di tutela dell’interesse nazionale. E: In generale, l’efficienza energetica negli edifici della pubblica amministrazione che contributo può dare in termini ambientali ed economici? RP: Secondo fonti accreditate, circa il 36% del totale dei consumi energetici nazionali - sia elettrici sia termici - è imputabile ai consumi della pubblica amministrazione. Per questo l’efficienza energetica degli edifici della P.A. può contribuire moltissimo a ridurre i consumi e l’impatto ambientale. Consapevole di ciò la Difesa ha avviato il suo percorso di efficientamento ed intende perseguire con determinazione gli obiettivi fissati. Stiamo lavorando a questo attraverso la razionalizzazione dell’uso dei nostri immobili, l’efficientamento energetico, la produzione di energia da fonti rinnovabili, la formazione del personale e l’adeguamento organizzativo. E: Ci sono altre iniziative in cantiere sull’efficienza energetica?

RP: Direi che dopo poco meno di due anni di lavoro della Struttura di Progetto Energia il bilancio è assolutamente positivo ma sicuramente c’è tanto ancora da fare e le sfide sono sempre più impegnative. La ricerca nel settore dell’energia è in un momento di assoluto fermento e il trasferimento tecnologico di tipo dual use che la Difesa può conferire al mondo scientifico pubblico e privato può essere senz’altro di stimolo alla ricerca e all’economia tutta del Paese. Del resto, anche questo concetto è presente nel Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, ove manifestiamo la spinta alla “diffusione della cultura della partecipazione alle istituzioni dello Stato e del mondo accademico e industriale”. Bisogna indirizzare correttamente la ricerca secondo le giuste priorità, in linea con le scelte strategiche che il Governo ha assunto nel contesto internazionale in cui opera continuando ad assicurare gli adeguati livelli capacitivi in una rafforzata

RP: Oltre alle iniziative di cui ho parlato, abbiamo avviato le attività che condurranno alla definizione della nuova Strategia Energetica della Difesa (Sed), che fornirà gli indirizzi programmatici del Ministero nel settore. La Sed, ispirandosi ai concetti fondanti del Libro Bianco e in linea con la Strategia Energetica Nazionale intende promuovere l’efficienza energetica della Difesa come strumento capacitivo abilitante e contribuire allo sviluppo sostenibile del paese mediante il sempre maggiore ricorso all’uso delle fonti rinnovabili. Abbiamo la presunzione di proporci come modello per l'intera pubblica amministrazione.

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primo piano Transizione energetica

OpportunitĂ per economia e lavoro DIALOGO CON TERESA BELLANOVA Vice ministro MISE Teresa Bellanova - Vice ministro MISE

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di Maurizio Godart

la decarbonizzazione dell’economia, per sostenere gli obiettivi approvati alla Cop21 di Parigi. E: Sul piano dell’efficienza energetica il nostro Paese ha fatto passi da gigante, ma ancora molto si può fare. Dove bisogna agire per rafforzare questo settore?

E: Viceministro, la grande crescita delle rinnovabili in Italia negli scorsi anni ha coinciso in buona parte con il successo delle politiche sul fotovoltaico: qual è il piano previsto da Mise e Governo per le altre fonti alternative? TB: Quello delle rinnovabili è un segmento che riteniamo strategico, su cui abbiamo investito molto e che per noi significa azione integrata su più fronti per dire definitivamente addio al carbone. Lo dimostra, tra l’altro, il decreto del 23 giugno 2016 che consente un investimento di circa 430 milioni di euro annui per i prossimi 20 anni, ripartiti per un 50% sulle tecnologie quasi in equilibrio come l'eolico, un 25% sulle tecnologie di frontiera come il solare termodinamico e un altro 25% per l'economia circolare, come le biomasse e le fonti di scarto. Lavoriamo lungo un asse che vede un mix di rinnovabili, efficienza energetica e gas. Negli ultimi anni il nostro Paese ha registrato una crescita notevole nel settore: siamo passati dalla quota del 13% sul consumo finale lordo del 2010 al 17,5% del 2015, percentuale destinata a crescere ancora. Un trend, incentivato opportunamente dalle politiche in materia, che ci ha consentito di raggiungere con 6 anni di anticipo il target del 17% previsto dall'Unione europea al 2020. E: Multiutility e innovazione tecnologica sono fattori imprescindibili per un futuro il più possibile “green”? TB: È un mix reso indispensabile dai cambiamenti economici, climatici, ambientali, cui le nostre città vanno incontro. Una crescita economica legata alla riduzione delle emissioni e dello spreco energetico: è questo che i cittadini sollecitano sempre più. Se pensiamo che più della metà della popolazione mondiale vive nei centri urbani e che questo valore arriverà presumibilmente al 67% circa nei prossimi 30 anni, è evidente la ricaduta dell’uso intelligente delle diverse fonti energetiche sul miglioramento dei parametri ambientali. Così come la necessità di tecnologie innovative nei diversi ambiti della vita delle comunità urbane: dalla mobilità alla gestione dei rifiuti, dall’illuminazione pubblica al riscaldamento degli edifici. In questo quadro, le multiutilities possono giocare un ruolo chiave per la loro ‘vicinanza’ ai destinatari finali dei servizi. E: Parliamo del ruolo del gas naturale, che lei ha definito “fonte importante verso la futura economia decarbonizzata”. TB: Le energie rinnovabili sono il futuro e il gas è fondamentale in questa transizione. Lo è in un duplice senso: come backup della forte variabilità delle rinnovabili non programmabili e come carburante alternativo meno inquinante per i trasporti pesanti e marittimi. Non a caso il ruolo del gas naturale nel mix energetico globale è sempre più marcato proprio come strumento di transizione verso

TB: L’efficienza energetica è l’asse fondamentale su cui poggia non solo la competitività delle imprese e la sostenibilità delle famiglie, ma anche il rilancio e la crescita del Paese, che investe sull’innovazione e ne fa un cardine di sviluppo. Per altro, è una priorità della Sen del 2013 confermata anche nella nuova. Ricordo l’impegno nell’attuazione del decreto legislativo 102/2014, e quindi il Programma di riqualificazione energetica degli edifici della PA centrale, per la cui realizzazione sono a disposizione 350 milioni di euro nel periodo 2014-2020, nonché la revisione del Conto termico che ha semplificato l’accesso agli incentivi per imprese, famiglie e soggetti pubblici, e il Decreto sui certificati bianchi recentemente pubblicato in Gu con i nuovi obiettivi nazionali di efficientamento energetico e le nuove modalità di presentazione delle domande. Dobbiamo sostenere e rafforzare una ‘cultura’ dell’efficienza energetica con maggiore informazione e sensibilizzazione di imprese e famiglie. L’Italia vanta il primato europeo per il maggior numero di diagnosi energetiche delle grandi imprese: oltre 15.000 effettuate da oltre 8.000 aziende. Le famiglie italiane, in meno di 10 anni, hanno investito quasi 28 miliardi di euro per rendere più efficienti le loro abitazioni, realizzando 2,5 milioni di interventi di riqualificazione. E: Viviamo in un periodo di “transizione energetica” verso un futuro più ecocompatibile. Come governare questo fenomeno da un punto di vista occupazionale? TB: È una questione affrontata già nel 2016, alla Ministeriale Energia del G7 in Giappone e poi approfondita nel Workshop tecnico sull’occupazione nel settore energetico, promosso nell’ambito del G7 Energia. Un tema strategico, non solo per la salvaguardia dei livelli occupazionali ma anche per l’adeguamento e il potenziamento delle competenze indispensabili ad affrontare la transizione energetica e il futuro assetto del sistema. Nel 2016 il settore ha impiegato più di 35.000 persone tra diretti e indiretti, in maniera permanente ed altre 15.000 temporanee (1). Nei prossimi anni avremo un ricambio occupazionale nei settori innovativi (rinnovabili o l’efficienza energetica) e in quelli tradizionali (termoelettrico, upstream e così via). Dobbiamo affrontare subito questa transizione, mettendo a punto uno screening delle competenze oggi prevalenti e del fabbisogno ipotizzabile nel sistema post-transizione, muovendoci verso un sistema di formazione, aggiornamento e reclutamento adeguato. Solo in questo modo possiamo tutelare il lavoro e mantenere il settore a livelli alti di qualificazione.

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E: La nuova era politica statunitense porterà ad un rilancio delle fonti fossili nel mondo industrializzato? TB: La nuova presidenza americana pone dei problemi rispetto a un cambio di rotta che, dopo Parigi, appariva chiara e condivisa. Nonostante questo, credo necessario lavorare sempre nella massima apertura, cercando i punti di incontro piuttosto che i distinguo, in un approccio che mi auguro, nei suoi fondamentali, ormai definitivamente acquisito. E: Infine, come sconfiggere in Italia la povertà energetica, quel fenomeno riguardante molte famiglie che non hanno una quantità minima di energia elettrica e riscaldamento? TB: Credo che l’accesso all’energia sia un bene essenziale e un diritto da garantire. È inaccettabile che nel 2017 una quota di famiglie italiane sia ancora costretta a privarsene per i costi elevati. Per affrontare in maniera efficace il tema della povertà energetica sono state messe a punto diverse misure, altre sono in corso di definizione. Mi riferisco in particolare alla possibilità, inserita nella Legge di Bilancio 2017, di cessione della detrazione fiscale per le riqualificazioni energetiche che ha di fatto esteso il perimetro della misura a diverse famiglie in povertà energetica. Altra misura da potenziare è il bonus elettrico e gas per le famiglie meno abbienti, già in vigore, ma che nel Ddl Concorrenza è stato rimodulato per aumentarne l’efficacia: raggiungere una percentuale maggiore di popolazione beneficiaria, utilizzare in modo migliore le risorse disponibili.

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Produzione lorda di energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia - TWh 2013

2014.

2015

2016

Idraulica

52,8

58,5

45,5

41,0

Eolica

14,9

15,2

14,8

16,7

Solare

21,6

22,3

22,9

22,4

Geotermica

5,7

5,9

6,2

6,2

Bionergie

17,1

18,7

19,4

19,5

Total FER-E

112,0

120,7

108,9

105,8

Fonte

(a) Stime preliminari GSE elaborate sulla base di dati GSE e TERNA (b) Biomasse solide, frazione biodegradabile dei rifiuti, biogas, bioliquidi

1 Fonte rapporto annuale GSE 2016 pag 275


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Mercato retail? Le famiglie ancora a rilento A TU PER TU CON GUIDO BORTONI Presidente Aeegsi

Guido Bortoni - Presidente Aeegsi

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di Jacopo Giliberto

E: Presidente Bortoni, prima o poi finirà il segmento protetto e i consumatori domestici, le famiglie, saranno costretti a scegliere il fornitore di elettricità e gas. Che ne pensa l’Autorità dell’energia? GB: Il superamento dei regimi di tutela è qualcosa, nel gas e nell’elettricità, che si aspettano in molti. Se l’aspetta l’Europa, se lo aspettano gli operatori. Mentre tra i consumatori vi è più incertezza. È un passaggio non solo annunciato, di più, stra-annunciato. Ne ha parlato addirittura la Corte europea di giustizia, secondo la quale la “maggior tutela” nell’elettricità, in base al metodo adottato in Italia, è legittima, si può avere la tutela di prezzo come abbiamo fatto noi italiani, ma a patto che ciò rispetti due caratteristiche. Che la “tutela” sia transitoria e che sia proporzionale.

E: Proporzionale a che cosa? GB: Le spiego come noi abbiamo interpretato questa proporzionalità imposta come condizione dalla Corte europea. Si riferisce alla capacità del cliente finale “medio” di muoversi nel mercato. In Italia abbiamo 30 milioni di consumatori nell’elettricità e 18 milioni nel gas; la proporzionalità cui si riferisce l’Europa significa che il segmento tutelato finisce quando il grosso dei clienti è pronto per il mercato. Questo non vuol dire, però, che per riformare la maggior tutela dobbiamo aspettare che sia “capacitato” al mercato anche l’ultimo cliente: diversamente, non ci arriveremmo mai. La “tutela” deve essere transitoria, ripeto, e proporzionale alla media dei clienti “non ancora capacitati” adeguatamente. E: Come si misura questa proporzionalità? GB: Forse è la cosa più complicata. L’Autorità per l’energia realizza un rapporto biennale di monitoraggio sul grado di capacità di mercato nel segmento retail. È stato da poco pubblicato il censimento 2014-2015 attraverso il quale, da una serie di indicatori anche complessi, emerge la radiografia dell’offerta di energia ma soprattutto della domanda, cioè dei

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consumatori, ricercando un ritratto dettagliato della capacità del cliente “statisticamente medio”. E: Che ne risulta? GB: Il nuovo rapporto 2014-2015 ha mostrato un’evoluzione positiva alla propensione al mercato dal lato dei consumatori ma con differenze tra i diversi segmenti. Per esempio le piccole imprese si sono mostrate molto più in grado di tenere testa al mercato libero e di sfruttarne le occasioni rispetto al biennio precedente. E: E le famiglie?

E: Come le auto?

GB: Purtroppo questa radiografia per i clienti domestici non mostra valori rassicuranti. Molti consumatori domestici sembrano non essere pronti.

GB: Sì. Ad esempio chi vuole paragonare fra loro i diversi modelli di automobili può trovare su internet i siti web che confrontano modelli paragonabili fra loro. Questi portali non mettono a confronto un fuoristrada, un suv, una sportiva e un’utilitaria, ma paragonano automobili simili fra loro, della stessa categoria. Ecco, il nostro servizio Trovaofferte oggi unisce offerte diversissime senza distinguerle: il portale comparatore potrà confrontare offerte energetiche comparabili al 100% tra loro.

E: Da che cosa si può capire questa diversa propensione? GB: Ci sono diversi indicatori. Per esempio, i dati ci fanno vedere che le piccole imprese con i contratti stipulati sul mercato libero riescono a ottenere prezzi dell’energia eguali al segmento tutelato o addirittura più bassi rispetto a quelli di “tutela”. Sono clienti del tutto in grado di affrontare il mercato traendone benefici. Troppe famiglie, invece, no. Molti consumatori domestici si fanno convincere da offerte più onerose rispetto al segmento della “maggior tutela”. Certamente, in quei prezzi possono essere stati compresi i costi di servizi aggiuntivi, ma in media non sembra un indice di maturità al mercato censire consumatori che per la componente energia della bolletta pagano di più rispetto a chi è rimasto nella “maggior tutela”. E: Ci sono strumenti per difendere i consumatori sul mercato libero? GB: Due nostri strumenti sembrano i più promettenti: l’offerta Placet e la Tutela-Simile. Placet è una sigla costruita attorno al concetto di “Prezzo Libero a Condizioni Equiparate di Tutela”. Ogni azienda fornitrice deve offrire nel pacchetto delle proprie proposte contrattuali anche una proposta Placet. Può ricordare un contratto standard, un contratto tipo: le condizioni contrattuali sono uguali per tutti i fornitori e la sola cosa che cambia è il prezzo finale. È un’offerta ad altissima confrontabilità in cui si vende soltanto il chilowattora. Poi c’è lo strumento della Bolletta 2.0 che abbiamo introdotto dal 2015, con una fattura che si legge assai meglio che nel passato. E ancora, arriverà il portale della confrontabilità strutturato come i portali che si usano per confrontare altri prodotti di largo consumo.

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E: Come va la sperimentazione della “Tutela-Simile”? GB: Si sta svolgendo in modo interessante. La “Tutela-Simile” è uno strumento per ovviare al circuito delle agenzie di vendita non sempre utili a cliente e fornitore e spesso fonte di rincari inappropriati. La “Tutela-Simile”, che è un’offerta proposta solo su web con adesione volontaria del cliente, evita le agenzie di vendita. È ancora poco frequentata dai consumatori, vi partecipa una trentina di venditori del mercato libero, i quali così non fanno pagare al cliente l’extracosto delle agenzie di vendita. Alcune compagnie energetiche riescono a scontare ai clienti più di 100 euro l’anno, cioè un bel 20% della bolletta tipo.


I consumi finali di energia per fonte 2010

2020

PETROLIO

GAS NATURALE

30,7% 46,8%

TOTALE

TOTALE

0,8%

2,0%

157,7

PETROLIO

31,7%

184,0

SOLIDI

Mtep

Mtep

19,9%

18,7%

44,8%

ENERGIA ELETTRICA

1,8%

2,9% RINNOVABILI

Fonte MISE

E: Fondamentale per la liberalizzazione completa è la disponibilità dei dati… GB: C’era sempre il sospetto che la gestione dei dati in mano ai distributori potesse generare discriminazioni. Il sistema informativo integrato SII da un anno sta svolgendo il lavoro di switching dei clienti al posto dei distributori per tutto il paese nel mercato elettrico; a breve lo farà completamente anche per il gas. Con la prossima tappa il SII sarà popolato anche con le misure dei consumi di tutti i clienti finali (37 milioni), processo che s’incrocia con l’incipiente campagna di installazione dei misuratori ”intelligenti” di seconda generazione.

E: Un cenno alla Sen… GB: Non siamo parte del processo, la Strategia energetica nazionale è uno strumento di politica energetica del Governo e del Parlamento. Il nostro lavoro sarà applicarla. Il punto è: dateci gli obiettivi, i percorsi, le strategie, ma non scegliete gli strumenti, non entrate nel dettaglio dei meccanismi, perché sono ambiti molto tecnici e sofisticati. Il raggiungimento degli obiettivi stessi dipende molto dall’interazione rispettosa, entro i reciproci confini, tra obiettivi e strumenti. E: Accade per esempio con oneri, incentivi, sconti modulati dai politici invece che dai regolatori. GB: Mentre facciamo sforzi enormi per rendere competitivo il mercato e vediamo scendere i prezzi sul mercato all’ingrosso, il consumatore finale, invece, vede rincarare la bolletta perché il costo dell’energia agisce solamente sul 40% ed è soffocato da tasse, costi di rete, oneri generali e altre voci che incidono sulla rimanente quota. Carbon tax, Ets, capacity payment, certificati bianchi. A volte è uno sforzo mortificante. E: Un cenno al tema del servizio idrico integrato. GB: Nel settore idrico puntiamo sulle “3 I” : Investimenti (per decenni non ci sono stati investimenti di rilievo e ci piombano addosso le multe europee); Interessi del consumatore finale (vorremmo dargli la possibilità di misurare qualche parametro come i consumi o la qualità tecnica dell’acqua); Industria (migliorare il modo di erogare il servizio e farlo diventare industria idrica). C’erano, all’avvio della regolazione indipendente, 2.800 gestori, in gran parte Comuni che gestiscono in economia l’acquedotto. Anche grazie alla regolazione si stanno aggregando e devono continuare a farlo per raggiungere una solidità industriale degna di un Paese moderno.

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primo piano

Efficienza, sicurezza e avanti con il sisma-bonus PARLA ERMETE REALACCI Presidente della Commissione Ambiente della Camera “Il credito di imposta e l’eco-bonus rappresentano uno dei più importanti provvedimenti anticiclici di questi anni”. Non ha dubbi Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera, nel dare un giudizio ai bonus per la detrazione fiscale al 55 e al 65% per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica. Dalla sua parte, del resto, ha i numeri: “Solo se guardiamo agli ultimi 4 anni, dal 2013 al 2016, questo credito di imposta ha generato investimenti per oltre 110 miliardi di euro, con un dato occupazionale di 436mila lavoratori coinvolti nel solo 2016, fra diretto e indotto”, continua il parlamentare del Pd, che rilancia: “Oggi, con il sisma-bonus speriamo di aumentare oltre che l’efficienza anche la sicurezza degli edifici italiani”. Già, perché il punto è proprio questo. Ermete Realacci - Presidente della Commissione Ambiente della Camera

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Il merito del credito di imposta e dell’eco-bonus non sta solo nell’aver tamponato un’emorragia occupazionale nel comparto edile – uno dei più strategici in Italia – ma soprattutto, spiega Realacci “nell’aver trasformato l’edilizia: non più aumento di cubature, ma ristrutturazione volta al recupero, alla manutenzione e all’innovazione tecnologica del patrimonio esistente.

di Piergiorgio Liberati E: Presidente Realacci, lei da sempre è un grande sostenitore del credito d’imposta e i risultati raggiunti e le danno ragione… ER: Tra i tanti aspetti da non sottovalutare degli eco-bonus c’è anche quello del sostegno ai consumatori in un momento di grande crisi economica. Consideri che quando è stata abolita, l’Imu sulla prima casa aveva un impatto medio a famiglia di circa 210 euro l’anno. Mentre tra una casa costruita bene, energeticamente efficiente, e una costruita male c’è una differenza in bolletta di 1.500/2000 euro l’anno. Ecco, quindi, che ridurre questa voce anche solo di un terzo

costituisce un notevole risparmio per i cittadini e vale molto più dell’Imu, anche in termini di gettito per lo Stato. Inoltre crea lavoro e “spinge” le imprese a puntare sull’innovazione tecnologica e su un’edilizia di qualità. E: Poi c’è l’aspetto ecologico… ER: Certo. Gli edifici rappresentano circa un terzo dei nostri consumi energetici e il riscaldamento domestico in molte città costituisce una voce importante dell’inquinamento atmosferico, soprattutto per quanto riguarda le polveri sottili responsabili secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente di circa 66.000 morti anticipate nel nostro Paese. Se si sommano tutti questi aspetti, quello ecologico, quello del risparmio nella spesa energetica e quello legato allo sviluppo, l’investimento in ristrutturazione ha una resa altissima. Ora il passo in avanti è nella sicurezza. Già in passato ero riuscito a far approvare un emendamento, nella Legge di Stabilità 2015, che estendeva il bonus fiscale anche agli interventi antisismici nelle zone 1 e 2 dell’Italia (sismicità alta e medio-alta)”. Adesso si va più avanti.

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E: Si tratta del cosiddetto sisma-bonus che ora è realtà. ER: Questo provvedimento darà un credito d’imposta fino all’85% delle spese per la messa in sicurezza statica di case, imprese e condomini. E riguarda tutto il territorio nazionale. Stiamo cercando di far sì che questo credito possa essere ceduto anche a soggetti finanziari, che a quel punto potrebbero finanziare più agevolmente un intervento di riqualificazione, forti di avere alle spalle la garanzia dello Stato. Attualmente è possibile solo cedere il credito d’imposta all’impresa che esegue i lavori, ma molte di queste aziende non hanno una solidità economica tale da poter finanziare gli interventi. E: Un’altra grande voce, dal punto di vista dell’inquinamento, è la mobilità: come mai quella sostenibile non decolla? ER: Puntare sulla sostenibilità e sull’efficienza, nella mobilità come negli altri settori, è la strada del futuro. Negli ultimi anni c’è stato un incremento dei finanziamenti per il trasporto su ferro, nell’ultima manovra anche per le reti metropolitane e per il trasporto pubblico locale, oltre che per le ciclovie. Finalmente qualcosa si sta muovendo. Sul fronte della mobilità elettrica siamo indietro nello sviluppo dell’infrastrutture di ricarica e manca un soggetto industriale importante che sposi la causa dell’auto elettrica. Anche se Fca è per ora poco presente, l’Enel punta molto su questo settore e l’Italia comunque c’è. Non molti lo sanno, ma Giugiaro e altre aziende piemontesi stanno progettando un’auto elettrica per una grande azienda cinese e la filiera italiana della mobilità elettrica sta già giocando un ruolo importante a livello internazionale nello sviluppo del settore. E: …e qui in Italia? ER: L‘Italia ha caratteristiche genetiche per la quali anche quando il governo non adotta politiche centrali i meccanismi antropologici del Paese innescano i cambiamenti. Faccio un esempio: pochi sanno che l’Italia è il primo Paese in Europa per il recupero delle materie prime. Recuperiamo 47 milioni di tonnellate di materia ogni anno, la Germania pur avendo un’economia più grande 43,6: questo ci consente di abbattere i consumi energetici, di risparmiare 17 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e evitare l’immissione in atmosfera di oltre 60 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Questi risultati, però, non sono figli di politiche, ma nascono dalla necessità che l’Italia, da sempre povera di materie prime, ha di organizzarsi bene per il loro recupero. Saper fare di necessità virtù ha portato ad importanti risultati. Basti pensare ai rottami, alle cartiere, o agli stracci. E: Può spiegarsi meglio? ER: Oggi esistono molteplici soluzioni di mobilità sostenibile: dal trasporto su ferro alle ciclabili, dal car-sharing alla mobilità elettrica. Ma anche in questo settore per far accettare nuove idee occorre non tanto l’intervento della politica, quanto un mutamento antropologico, che è già in atto. Il primo car-sharing lo presentammo come Legambiente agli inizi del 2000, più come un atto d’impegno civile che come una soluzione concreta. Oggi solo a Milano 120mila persone (su un milione) usano il car-sharing. Ciò è stato possibile grazie alle app che consentono di trovare facilmente l’automobile e anche al fatto che antropologicamente quest’ultima non 24

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costituisce più uno status-symbol di relazioni interpersonali. Ed è questo cambiamento culturale che sta consentendo lo sviluppo del car-sharing. E: A proposito di cambiamenti, cosa accadrà ora che Trump ha fatto marcia indietro sugli accordi di Parigi? ER: Sarà difficile per Trump mantenere queste posizioni sui temi ambientali. Ma la sa una cosa? Quando Usa e Cina hanno siglato il loro accordo storico a seguito di Parigi, un passaggio importantissimo, mi è dispiaciuto mancasse l’Europa in quella foto di gruppo. Perché è solo grazie all’Europa se gli accordi di Kyoto sono sopravvissuti consentendo poi di arrivare all’Accordo sul clima di Parigi. L’Ue non deve perdere questa leadership a sostegno dell’ambiente e del clima. Su questi temi, del resto, c’è una frontiera tecnologica ed economica da scoprire, ed è una frontiera che determinerà l’egemonia sul nostro futuro, perché chi riuscirà a trovare una soluzione a questi temi si candiderà ad essere leader in un comparto economico ricchissimo. Mi risulta difficile credere che l’America di Trump sceglierà di lasciare questa egemonia alla Cina. Ciò che spero, invece, è che l’Europa sappia rivendicare e difendere con forza il proprio ruolo.

Box DATI ECOBONUS E CREDITO DI IMPOSTA Da report camera 2016 Investimenti: 29,2 miliardi di euro di investimenti + 16% su 2015 27,9 nel 2013 28,4 nel 2014 25,1 nel 2015 Dal 1998 sono stati attivati 14,3 milioni di interventi, interessate il 55% delle famiglie italiane, pari a 237 miliardi di investimenti. Dal 1998 ad oggi vi è un saldo negativo fiscale di 18,9 miliardi (1 miliardo/anno) ma calcolando l’insieme dei flussi e la matrice sociale degli investimenti (iva+redditi+consumi) vi è un saldo positivo di 9 miliardi (500 milioni/anno in media ponderata). Il saldo per lo Stato di circa 9 miliardi di euro deriva dall’incremento del gettito (positivo), dai flussi derivanti dalle detrazioni (negativi), dalle maggiori entrate derivanti dalla matrice di contabilità Sociale (positive) e dal minor gettito fiscale sui consumi energetici (negativo). Occupazione: 2016: 436.000 occupati coinvolti fra diretto e indotto (291.000 diretti) 2014: 425.000 2015: 375.000


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La nuova era di Terna CONFRONTO CON LUIGI FERRARIS AD di Terna

di Roberto Antonini Luigi Ferraris - AD di Terna

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Interconnessioni elettriche nazionali e internazionali; sistemi di accumulo per bilanciare la rete nel nuovo paradigma elettrico decentrato e intermittente delle rinnovabili; cura del sistema italiano dell'alta tensione. Terna si occupa di tutto questo, a cavallo tra passato e futuro del sistema elettrico nazionale, con il compito cruciale di accompagnare una fase di trasformazione inevitabile che ci sta portando in un'era e in un mondo dell'energia diversi. Alla guida della società è da poco giunto Luigi Ferraris, 16 anni in Enel e in arrivo da Poste, dopo essere stato Chief Financial Officer in entrambi i gruppi, oltre ad aver ricoperto altri prestigiosi incarichi. Ecco la conversazione che ha tenuto con 'Elementi'.

E: Forte di una vasta esperienza in Enel approda alla tolda di comando di Terna: come affronta la nuova avventura? LF: È solo da poco che ho preso la guida di questa azienda ma ho già la forte consapevolezza di entrare a far parte di una squadra che ha saputo in pochi anni rendere Terna un leader nel Paese, riconosciuto anche sul fronte internazionale

ed euro mediterraneo. L’orgoglio di stare a capo di una realtà d’eccellenza come Terna è accompagnato dal grande senso di responsabilità per il ruolo fondamentale che il Gruppo ricopre. E anche dall’entusiasmo necessario per cogliere le nuove sfide che il mondo dell’energia ci riserva. E: Terna rappresenta la spina dorsale e il sistema nervoso della rete elettrica italiana ma guarda anche all'estero. Quali sono le principali direttrici? Quali i progetti più promettenti che affronterete? LF: La fase di transizione energetica in atto che Terna sta interpretando in modo efficiente, vede l’emergere crescente dell’importanza delle grandi reti di interconnessione elettrica con i Paesi confinanti, collegamenti fondamentali per assicurare il trasporto a distanza di energia a basso costo e ridotto impatto ambientale, grazie anche alla maggiore integrazione della produzione da fonti rinnovabili. Ed è proprio in questa direzione che l’azienda si sta muovendo: con più interconnessioni elettriche transfrontaliere sarà possibile fornire maggiore sicurezza per il sistema elettrico nazionale e internazionale, diversificare il mix di combustibili, ridurre la dipendenza da pochi Paesi fornitori di energia e diminuire i

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costi per imprese e cittadini. E: Prospettive che bene si inseriscono in un quadro europeo dell'energia. LF: Una rete elettrica europea pienamente interconnessa è proprio il fine dell’Energy Union: per raggiungerlo ci si è posti l’ambizioso traguardo del 10% di interconnessione entro il 2020 (attualmente l’Italia è circa all’8%) e del 15% entro il 2030. Sul fronte della strategia internazionale, Terna ha deciso di valorizzare la propria professionalità in progetti a basso rischio che consentono un potenziamento del suo ruolo industriale, come l’accordo per l’acquisizione di concessioni per la costruzione e l’esercizio di 2 linee elettriche in Brasile e la gara vinta per la costruzione di oltre 200 km di linee elettriche in Uruguay. E: Qual è lo stato, invece, della rete in Italia e quali le prossime iniziative che metterete in campo? LF: Terna, essendo un soggetto istituzionale di rilevanza strategica per la politica economica e industriale italiana, ha puntato da sempre, e con ancora più forza negli ultimi anni, ad aumentare il suo impegno per lo sviluppo e l’ammodernamento della rete elettrica nazionale, alla maggiore efficienza e sicurezza del sistema nel rispetto dell’ambiente e alla riduzione dei costi per la collettività, a vantaggio anche della competitività delle imprese. Il Gruppo con le sue attività è anche promotore dello sviluppo del Paese, con più di 300 imprese al lavoro, 150 cantieri aperti in Italia, 4.000 persone occupate, 2.000 fornitori l’anno e 4 miliardi di euro di investimenti previsti nei prossimi 5 anni. Con questi

numeri Terna accompagnerà la trasformazione energetica del Paese verso una produzione più efficiente e garantendo sempre maggiori benefici grazie ad una rete elettrica moderna, efficiente e sostenibile. E: La diffusione delle rinnovabili pone delle sfide alla rete elettrica che deve cambiare forma e distribuirsi maggiormente. Come continuerà Terna a guidare questo sviluppo? LF: Terna avrà sempre più in futuro un ruolo di primo piano per favorire l’integrazione delle energie rinnovabili - potenziando le interconnessioni e accelerando gli investimenti finalizzati alla riduzione delle congestioni di rete - con evidenti benefici economici e ambientali. Prevedere e accompagnare gli sviluppi importanti di un Paese che già oggi è il primo come percentuale di produzione rinnovabile rispetto alla domanda nel mondo, sopra l'8%, è sicuramente un nostro dovere. Lo sviluppo infrastrutturale rappresenta, infatti, una priorità della politica energetica europea che per arrivare ai target fissati in materia di clima ed energia dovrà contare su una rete elettrica pienamente interconnessa, un maggior potenziale di stoccaggio e smart grids per gestire una domanda sempre più attiva e garantire l’approvvigionamento in sicurezza. E: Sempre sul tema della rete alle prese con le rinnovabili, centrale è la questione accumuli/batterie: cosa avete fatto e cosa farete? LF: Il cosiddetto nuovo "paradigma elettrico" ha imposto anche alcune sfide per la sicurezza del sistema a causa della scarsa programmabilità delle fonti rinnovabili e di una loro distribuzione non uniforme sul territorio. Questo per Terna si è tradotto in uno stimolo a sviluppare competenze innovative e utilizzare tecnologie d’avanguardia installando, ad esempio, batterie a elevata capacità di accumulo per consentire la maggiore integrazione possibile delle fonti pulite nel sistema elettrico, aumentandone l’efficienza e al contempo favorendone uno sviluppo sostenibile. In quest’ottica Terna vanta il primato in Europa per potenza installata (51 MW) e per l’avanzato know-how tecnologico nello storage. Il polo elettrico di Codrongianos (Sassari) lo dimostra: un impianto da primato, un vero e proprio laboratorio dell’energia che rappresenta un record mondiale nel settore delle batterie per numero di differenti tecnologie utilizzate. E anche in futuro Terna conferma l’impegno già avviato in tale ambito proponendosi come Energy Solution Provider, forte della sua expertise e competenza perfezionate negli anni. E: Il tema paesaggio, tra rimozione dei vecchi tralicci e nuovi design e tecnologie. Cosa prevede di fare Terna? LF: Le reti elettriche del futuro dovranno essere flessibili, intelligenti, smart: per questa ragione nei prossimi anni sarà riservato all’innovazione tecnologica un ruolo cruciale. Terna ha grande sensibilità per l’ambiente e la tutela del paesaggio e con lo sviluppo della rete ha potuto rimuovere, nel periodo 2014-2016, circa 500 km di vecchie linee (290 solo nello scorso anno), liberando aree di territorio ad alto valore paesaggistico. Anche i principali indici di settore confermano l’impegno dell’azienda nella sostenibilità, con il prestigioso DJ Sustainability Index che nel 2015 ha decretato il primato di Terna nel settore Electric Utilities.

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IVPC Group

da oltre vent’anni l’eolico in Italia


primo piano Generazione distribuita e batterie

Le rinnovabili secondo Enel L’ANALISI DI ANTONIO CAMMISECRA AD di Enel Green Power

Antonio Cammisecra - AD di Enel Green Power

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di Gabriele Masini

E: Uno degli snodi della transizione energetica è per molti il passaggio dalla generazione centralizzata a quella distribuita. Enel spingerà sull'autoproduzione? AC: La transizione energetica verso un modo di produrre energia carbon free è un processo inarrestabile. Una strada obbligata utile non solo per risolvere il problema dell’inquinamento e del cambiamento climatico, ma anche una scelta economicamente sempre più vantaggiosa: minori rischi e tempi di realizzazione incomparabilmente più brevi rispetto a quelli necessari per la costruzione di impianti di generazione tradizionali. Se da una parte, nei Paesi economicamente avanzati, le energie rinnovabili si sono

aggiunte a sistemi di produzione tradizionali, come nucleare e termoelettrico, e con reti di trasmissione e distribuzione moderne, dall’altra rappresentano un efficace propulsore per lo sviluppo e il principale strumento per risolvere il problema dell’accesso all’energia, soprattutto in contesti in cui non esiste un sistema di distribuzione capillare. In Africa, per esempio, l’accesso all’energia è scarso anche a causa dell’inesistenza di infrastrutture adeguate: è il continente con il più basso tasso al mondo di elettrificazione, ha circa 600 milioni di persone senza luce e si prevede che la sua domanda di energia raddoppi entro il 2030. In questo contesto, la generazione distribuita e le minigrid che combinano batterie e rinnovabili, sono una soluzione valida e di rapida esecuzione. Diverso il discorso per i Paesi più avanzati in cui esiste una infrastruttura elettrica di distribuzione e produzione, dove la realizzazione di impianti di generazione di energia da rinnovabili deve necessariamente tenere conto della realtà in cui vengono inserite. In queste aree lo sviluppo di generazione distribuita per autoproduzione è auspicabile solo se concepito in armonia con le esigenze delle infrastrutture di trasmissione e distribuzione esistenti e ovviamente senza disparità di trattamento rispetto alle forme più centralizzate di generazione.

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sulla digitalizzazione e sui sistemi che permettano una maggiore stabilizzazione dei flussi. Infine vorrei sottolineare l’importanza dell’investimento di Enel per modernizzare la fabbrica di pannelli solari 3Sun a Catania. Un impegno di 100 milioni di euro di cui 20 saranno dedicati alla creazione di un Innovation Lad a Passo Martino specializzato nella ricerca e sperimentazione di nuove soluzioni tecnologiche nel solare termico e fotovoltaico, nelle microgrid, nello storage e nell’eolico. I restanti 80 milioni verranno impiegati nella linea di produzione di nuovi pannelli bifacciali più piccoli e efficienti con una tecnologia a eterogiunzione di silicio amorfo e cristallino. E: Quale ruolo potranno avere le batterie nel sostenere lo sviluppo delle rinnovabili? Il loro ruolo sarà più nell'equilibrio della rete o nel domestico?

E: Italia/estero: da qualche tempo l'asse degli investimenti nelle rinnovabili si è spostato fuori dall'Europa. Cosa può fare il vecchio continente per recuperare la leadership? AC: Enel Green Power è attualmente presente in 19 Paesi e genera ormai il 50% dell’energia prodotta dal Gruppo Enel il cui Piano industriale per i prossimi tre anni prevede investimenti per più di 6 miliardi di euro proprio in energie rinnovabili, con una capacità aggiuntiva di circa 6,7 GW. La sfida per il futuro resta quindi quella di proseguire l’ingresso in nuovi mercati, soprattutto nel continente africano e nel sud-est asiatico, e di espandere le attività in Sudamerica e negli Usa. Esistono inoltre grandi margini di crescita anche in Europa. In Spagna ci siamo aggiudicati 540 MW di capacità eolica, mentre l’Italia rimane uno dei nostri principali punti di riferimento data la ricchezza di risorse come vento, sole e - in alcune regioni come la Toscana - il calore della terra. Proprio nella geotermia Enel Green Power vanta un primato tecnologico riconosciuto ed esportato in tutto il mondo che continueremo a incrementare. Con una potenza installata di 766 MW riusciamo a produrre circa 6 TWh, pari a l’1,8% dei consumi nazionali. Negli ultimi anni la potenza è aumentata del 15% e contiamo di crescere ancora. Si tratta però di una crescita lenta perché la risorsa geotermica non è facilmente individuabile; scoprirla richiede tempo e investimenti elevati. Importanti prospettive deriveranno anche dal miglioramento dei primi impianti rinnovabili col revamping degli impianti eolici e fotovoltaici con nuove e più efficienti tecnologie. Le rinnovabili rappresentano una sfida per la rete elettrica a causa dell’intermittenza e della concentrazione nelle regioni più assolate e con più vento. Per questo ci stiamo concentrando

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AC: Le batterie, grazie alle numerose applicazioni e utilizzi, rappresentano uno dei principali elementi di sviluppo per il settore. Basti pensare alla mobilità elettrica o alla combinazione di storage con sistemi domestici di produzione di energia; senza dimenticare i sistemi di accumulo stand alone che servono per offrire servizi ancillari di bilanciamento della rete. Le rinnovabili non fanno eccezione; i sistemi di accumulo consentono di limitare l'intermittenza e gestire in maniera ottimale la non programmabilità di alcune fonti, contribuendo a garantire la stabilità e la gestione della rete. Le installazioni di sistemi di storage sono in crescita, ma i volumi sono ancora ridotti. Nel 2016 è stato installato quasi 1 GW di sistemi di accumulo, il doppio rispetto all’anno precedente (Bnef). Inoltre si assiste ad un trend di riduzione dei costi più rapido di quanto si prevedeva cinque anni fa: il costo delle celle di litio è sceso da circa 1.000 dollari al KWh del 2007 a circa 300 dollari. Le previsioni indicano una riduzione ulteriore del 60% nei prossimi anni e ci sono stime che arrivano ai 100 dollari al KWh nel 2019. Enel Green Power sta investendo in questa tecnologia soprattutto in Italia e Cile con l’obiettivo di far tesoro delle esperienze ed esportare le conoscenze acquisite. La prima applicazione è stata presso il campo eolico di Potenza Pietragalla dove abbiamo installato un sistema di accumulo di taglia 2MW/2MWh che utilizza la tecnologia Samsung SDI agli ioni di litio in grado di garantire elevatissimi livelli di rendimento. Questa soluzione ripropone un sistema testato presso l’impianto solare di Catania dove abbiamo installato un sistema di accumulo sviluppato da General Electric, di taglia 1MW/2MWh, collegato all'impianto fotovoltaico da 10 MWp. Il sistema di accumulo permette di aumentare la flessibilità di gestione e l'uniformità dei flussi energetici, riducendo sensibilmente l'intermittenza e fornendo allo stesso tempo servizi ancillari alla rete elettrica. L’obiettivo è quello di trasferire il know-how acquisito in Italia anche agli altri impianti all’estero, declinandone le applicazioni secondo i contesti e le possibilità di business specifiche. Attualmente stiamo studiando la possibilità di estendere l’applicazione di sistemi storage anche in Europa, soprattutto nei mercati nord europei e nelle isole del Mediterraneo, oltre che in America Latina e in Nord America.


EF Solare Italia è la joint-venture paritetica tra Enel Green Power ed il fondo infrastrutturale F2i, nata per sviluppare e consolidare

il mercato del fotovoltaico in Italia. EF Solare Italia è il primo operatore Italiano nel comparto con una capacità installata di 360 MW. Nella sua strategia di crescita,

la joint-venture, si pone l’obiettivo di raggiungere 1.000 MW di capacità installata.


primo piano

Europa, serve politica energetica seria FACCIA A FACCIA CON FEDERICO TESTA Presidente Enea Il 2016 del sistema elettrico italiano è stato a due facce. Se i primi tre trimestri hanno visto consolidarsi le tendenze degli ultimi anni – domanda rimasta in lieve calo, massimo storico delle rinnovabili non programmabili, prezzi Borsa ai minimi storici, overcapacity seppur in diminuzione, più redditività Ccgt gas – l'ultimo trimestre con lo stop del nucleare francese è stato assai diverso – prezzi medi di Borsa in risalita da 32 euro/MWh a 56 euro/MWh, maggiore redditività Ccgt gas per aumentata domanda, overcapacity meno ampia del previsto specie al nord. A questo si aggiunge una valutazione sulla decarbonizzazione del sistema italiano, caratterizzato da una criticità benché ridotta. Infatti, oltre il breve termine i segnali più recenti non sono molto positivi, visto che nel 2016 le emissioni sono tornate a calare (-0,8%)

Federico Testa - Presidente Enea

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ma più per effetto della crisi che ha ridotto l'attività economica che per i fattori strutturali. Di fronte a ciò, quindi, se siamo in regola con i target europei al 2020, se operiamo previsioni conservative quelli al 2030 saranno più difficili da raggiungere. In particolare sembra complicato e problematico raggiungere quelli relativi ai settori non Ets (trasporti e residenziale su tutti) con la proposta per l'Italia del -33% rispetto al 2005. Inoltre, negli ultimi anni si è fortemente ridotta la crescita delle fonti rinnovabili. Questi alcuni dei temi affrontati da Enea nella sua ultima 'Analisi trimestrale del sistema energetico nazionale'. Ne abbiamo discusso con il presidente dell'Agenzia, Federico Testa.

di Roberto Antonini E: Possiamo ritenere il nostro sistema elettrico stabile o è troppo esposto alle conseguenze di eventi esterni? FT: Senza dubbio il sistema elettrico italiano risente del cambiamento molto veloce verificatosi negli ultimi anni con lo sviluppo delle fonti rinnovabili che allo stato attuale

sono nella maggior parte discontinue e non programmabili. Quindi, in assenza di grandi sviluppi - che ci aspettiamo e sui quali dobbiamo lavorare - sullo storage e sulle soluzioni smart, abbiamo bisogno di governare un sistema che ha elementi intrinseci di fragilità. Si può fare utilizzando una cosa che per fortuna abbiamo: il nostro patrimonio di turbogas recenti, efficienti, il meglio della tecnologia che sfrutta le fonti fossili. Questo però ha un costo, perché sono impianti pensati per lavorare 4.500-5.000 ore l'anno e invece lo fanno solo per 600, 700, 1.000 ore l'anno. Dopodiché la questione della crisi o comunque delle conseguenze derivanti dal fermo per manutenzione del nucleare francese è, se vogliamo, la dimostrazione che in Europa non abbiamo mai fatto una politica energetica europea, e quindi questo è il passo da fare. La Germania sta chiudendo il nucleare ma si tiene il carbone e la Svizzera dice che vuole fare altrettanto con l’atomo, noi invece stiamo pensando di chiudere una trentina di cicli combinati a gas, con dieci anni di vita, efficienti e non ancora ammortizzati. Forse ragionare in un'ottica europea e pensare che possiamo contribuire agli equilibri francesi e tedeschi con il nostro parco di generazione potrebbe esser utile, ma questo richiede impegno.

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E: Decarbonizzazione. Si sono frenate troppo le rinnovabili e adesso rischiamo di perdere terreno? Inoltre, la crisi economica auspicabilmente terminerà e con essa la diminuzione delle emissioni collegata, mentre quella strutturale è più lenta. Ci stiamo rilassando su questo tema?

E: Se le cose potrebbero essere problematiche per i settori ETS (industria e generazione elettrica), per quelli non-ETS le cose sono ben peggiori: edilizia e trasporto sono assai indietro. Lo coglieremo quel -33%?

FT: Abbiamo fatto bene a impegnarci nella spinta alle rinnovabili negli anni scorsi, eravamo in ritardo e abbiamo forzato su alcune cose. Probabilmente alcuni rendimenti potevano essere più bassi e più governati, nel senso che facendo tutto in poco tempo ci siamo persi le economie di esperienza e di apprendimento, cioè un po' del processo di avanzamento tecnologico. Comunque il nostro parco rinnovabili adesso è una ricchezza; credo che il percorso sia inarrestabile, ma deve essere fatto scaricando meno costi sulle bollette dei cittadini - possibilmente neanche uno - e preservando il territorio. Quindi evitiamo il fotovoltaico a terra: abbiamo tanti tetti e capannoni, tante zone dove si può fare, per esempio i parcheggi. Poi c'è un altro passo, anche questo da gestire in una logica europea: i nostri impianti eolici quando va bene funzionano grosso modo 1.700-2.000 ore all'anno, niente in confronto agli offshore nel Mare del Nord, sia come numero di ore sia come forza del vento. Allora, anche qui, se provassimo a fare una Strategia energetica europea forse potremmo concentrarci su alcune cose e fare a meno di altre: purtroppo il nostro eolico per poter sfruttare quel poco di vento disponibile deve andare su crinali e qualche problema paesaggistico oggettivamente esiste. Si dovrebbero poi eliminare i fenomeni speculativi che certamente ci sono stati. Nel nostro Paese gli incentivi alle rinnovabili hanno investito tutti i fondi di investimento del mondo, se riuscissimo a fare una cosa più equilibrata sarebbe una strada da percorrere. Il tutto senza trascurare la ricerca sugli storage perché se non la portiamo avanti la soluzione delle rinnovabili rischia di essere limitata.

FT: Siamo stati aiutati dalla crisi, ma adesso dobbiamo aggredire due settori che non sono stati affrontati in maniera incisiva: il residenziale e i trasporti. Sul residenziale quello che abbiamo fatto con gli ecobonus è importante, però ha interessato platee circoscritte di tipologie abitative. Siamo riusciti a far poco nei condomini, quando invece il tema grosso è intervenire su consumi ed efficienza del residenziale, aggredendo il patrimonio immobiliare italiano degli anni ‘50, ‘60 e ‘70 che veniva tirato su senza nessuna attenzione a questi aspetti. Questo patrimonio, fino ad oggi, ha visto solo qualche intervento singolo - come vetri, serramenti - mentre a noi servono interventi che producano risparmi elevati fino al 50-60% come i cappotti termici. Sui trasporti, invece, temo corriamo il rischio di trovarci come manifattura, come produzione dei veicoli, un po' in ritardo rispetto ai concorrenti stranieri che stanno tutti correndo moltissimo sull'elettrico. Sono convinto che Gpl, Gnl e metano siano importanti per abbassare i livelli di emissione in maniera differenziata. Sollevo però una preoccupazione legata al fatto che anche nella manifattura ci sono curve di apprendimento. Se i nostri concorrenti nel settore sono già lì che producono e imparano, quindi hanno costi via via più bassi, non vorrei che la nostra manifattura arrivando dopo sulle tecnologie del trasporto elettrico si trovasse indietro in termini di konwhow, quindi ad avere costi più elevati e di conseguenza a fare fatica per essere competitiva.

Lo scenario dell'energia Il Mix Energetico Mix generativo al 2015 (tWh, %)

Rinnovabili

Idroelettrico

Nucleare

Prodotti petroliferi

Gas Naturale e derivati

Carbone

Italia 282

23%

16%

-

5%

40%

15%

Germania 641

27%

3%

14%

1%

12%

42%

Francia 563

7%

10%

78%

-

4%

2%

Svizzera 64

4%

58%

35%

-

2%

-

Fonte: Ministero dello Sviluppo economico e Ministero dell'Ambiente

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GREENTRONICS: PRIMATO DI EFFICIENZA ANCHE NEL SETTORE DEL RISCALDAMENTO

Il settore della climatizzazione rappresenta un settore molto interessante dal punto di vista dell’efficienza energetica, consentendo già alle nostre latitudini e già con le tecnologie attuali, di ottenere risparmi economici notevoli e payback abbastanza interessanti, ovvero dell’ordine dei 2-3 anni, come avviene nel caso del solare termico e delle coibentazioni degli involucri edilizi. Dopo il successo del suo dispositivo di controllo lampade SMARTLIGHT, l’azienda della foglia elettronica si affaccia al settore dell’efficientamento energetico degli impianti di riscaldamento/ raffrescamento con il suo nuovo dispositivo SMARTHERM. L’innovativo sistema di controllo elettronico di Greentronics si presenta come una semplice cassetta a parete, dotata, come d'altronde il dispositivo gemello SMARTLIGHT, di una serie di sensori altamente selettivi per la rilevazione di parametri ambientali come temperatura, presenza umana e luminosità solare. Il suo software adattativo provvede quindi al controllo elettronico punto-punto dei carichi termici in funzione delle necessità di fruizione dell’impianto di riscaldamento. Operando analogamente sui coefficienti di utilizzo dei carichi energetici, riesce ad ottenere analoghe quote percentuali di risparmio energetico che si ottengono con SMARTLIGHT. Il dispositivo è però inoltre anche dotato di funzioni supplementari utili nel caso termico, come la regolazione di temperatura nell'ambiente e il riconoscimento automatico di dispersioni

termiche dovute all'apertura di porte o finestre attraverso la rilevazione elettronica delle generazioni entropiche nell'ambiente di utilizzo, che avviene pertanto senza l'impiego di ulteriori sensori o microswitch a distanza. I possibili carichi termici che possono essere efficientati con lo SMARTHERM sono molteplici: stufe elettriche, termoventilatori, termosifoni, pompe di calore, termoconvettori, ecc. Può essere inoltre installato in maniera universale in qualsiasi impianto termoidraulico: non è rilevante che il termosifone sul quale è installato sia comandato da una valvola termostatica o ci sia un impianto temporizzato o termostatato, oppure un sistema di telecontrollo, ecc. Il dispositivo SMARTHERM, ottenendo quindi risparmi percentuali analoghi allo SMARTLIGHT, ma operando in tal caso su carichi termici, che, come tali, risultano molto più energivori delle lampade, riesce nel suo contesto ad ottenere, in termini assoluti, risparmi energetici addirittura maggiori dello SMARTLIGHT, che si traducono quindi in tempi di rientro dell'investimento spesso ancora più bassi. Avendo pertanto tempi di ritorno anche inferiori a 12 mesi, il suo acquisto non incide comunque sui bilanci annuali di Enti e Società. Per tali motivi, possiamo affermare che il sistema SMARTHERM di Greentronics è di certo l’investimento più remunerativo nel settore dell’efficienza energetica per gli impianti di climatizzazione.


Mettiamo l’Energia in Rete Gruppo Italia Energia è un gruppo editoriale specializzato nel settore dell’energia. Dalla fondazione, ha come obiettivo la diffusione di un’informazione indipendente in grado di migliorare la conoscenza e l’operatività all’interno di mercati sempre più complessi. Il mix sinergico di canali e l’integrazione con i social network, favorisce il networking tra le aziende e offre un lavoro continuo di monitoraggio e analisi degli ambiti industriali creando valore per gli stakeholder.

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Speciale L'impegno del GSE

Trasparenza e qualità delle performance aziendali Trasparenza, qualità dei servizi e accessibilità ai dati. Questi i punti cardine del processo di trasformazione che sta interessando da alcuni anni il mondo della pubblica amministrazione. E il Gestore dei Servizi Energetici consapevole di questa importante sfida, si è tempestivamente attivato per garantire a operatori, cittadini e stakeholder non solo l’accesso alle informazioni indicate dalla normativa di riferimento e al “Programma triennale per la trasparenza e l’integrità”, in conformità con le disposizioni dell’Autorità Nazionale Anticorruzione - Anac, ma anche agli indicatori di misurazione della qualità delle performance aziendali, sistematizzati in un apposito “cruscotto” pubblicato sul sito istituzionale del Gse.

di Annalisa Bottani e Mario Spagnoli (Team “Alfiere”)

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Qualità dei servizi e valutazione delle performance: la metodologia adottata L’area tematica dedicata alla trasparenza, presente sul sito, è stata arricchita inserendo oltre alla “Banca Dati Verifiche” e agli Open Data ulteriori informazioni sulla qualità della performance dei servizi erogati al fine di mostrare agli operatori il rispetto dei livelli di servizio (ad esempio, la diffusione dei risultati ottenuti nella fase di qualifica e di cambio di titolarità). Ed è proprio nella valutazione della qualità delle performance che si può rilevare la portata innovativa dell’azione avviata dal GSE. Il processo di “misurazione” ha visto la creazione nell’ambito di un più ampio progetto di razionalizzazione dei processi aziendali (il “Progetto Alfiere” ) - di un Gruppo di lavoro finalizzato a censire gli indicatori di performance, utilizzando un approccio “end to end” basato sull’analisi

dell’intero ciclo di lavorazione: dalla richiesta inviata dall’utente fino all’effettiva erogazione della prestazione. In particolare, in una fase preliminare, sono stati individuati i passaggi che caratterizzano i processi che erogano servizi; successivamente in accordo con le strutture aziendali sono stati definiti i relativi indicatori di performance. Tale approccio non solo ha consentito di determinare gli attuali indicatori, ma ha anche fornito preziosi spunti per individuarne altri che nella fase attuale non sono utilizzati dal GSE, ma che risultano necessari ai fini del miglioramento del monitoraggio operativo dei singoli processi e del più ampio sistema aziendale. Ad esempio, tra le prossime sfide che attendono il Gestore rientra il monitoraggio dei tempi di risposta agli interventi di manutenzione e ammodernamento degli impianti fotovoltaici proposti dagli operatori.

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Speciale L'impegno del GSE Dai fenomeni emersi ai risultati ottenuti: uno sguardo d’insieme Due i principali fenomeni emersi a seguito dell’analisi svolta nell’ambito del Progetto Alfiere: da una parte, la propensione - da parte delle Unità organizzative - a provvedere alla misurazione non solo della prestazione nel suo complesso, ma anche dei singoli dettagli che la contraddistinguono. Dall’altra, l’eterogeneità del processo di misurazione che influenza direttamente l’alto numero di indicatori censiti. È stato possibile rilevare che la calcolabilità dell’indicatore, ossia la formula di calcolo utilizzata per misurare la performance, varia a seconda del servizio. Una dinamica tipica delle realtà aziendali caratterizzate da processi di sviluppo molto rapidi che tendono a focalizzare la propria attenzione su specifiche attività, a discapito della necessaria standardizzazione. E la standardizzazione consentirà di raggiungere due importanti obiettivi: una riduzione del numero di indicatori in grado di evitare la perdita di contenuti informativi e una standardizzazione del processo di misurazione. Gli indicatori sono stati censiti e catalogati, attuando una classificazione basata su alcuni driver tra cui la “misurabilità”, ovvero la capacità di calcolare l’indicatore, e la “pubblicabilità”, intesa come la possibilità di mettere a disposizione dei soggetti esterni l’indicatore di interesse. In particolare, mentre la misurazione fa riferimento al concetto di calcolabilità e alla capacità di utilizzo del dato grezzo per determinare l’indicatore, la pubblicabilità è strettamente correlata al concetto di segmentazione degli utenti cui l’indicatore è rivolto. Tipologie di utenti e peculiarità degli indicatori A tale scopo, sono state considerate due categorie: l’“utente esterno”, interessato principalmente ad ottenere informazioni su uno specifico servizio, e l’“utente interno” che necessita di un set di informazioni più dettagliato per poter governare il processo di erogazione del servizio. Attraverso la segmentazione il GSE ha individuato gli indicatori che misurano il processo nel suo complesso, fornendo informazioni sullo stato del servizio, e quelli operativi necessari a misurare le singole parti del processo stesso. Tre le peculiarità degli indicatori individuate nell’ottica dell’utente esterno: sinteticità: gli indicatori forniti non devono generare un overloading informativo, ossia fornire all’utente dati superflui, ma devono essere sintetici e chiari. L’obiettivo è stato, dunque, quello di trasferire il principio “less is more” agli indicatori di performance, con il preciso scopo di comunicare i livelli di servizio in maniera efficace; rappresentatività: gli indicatori selezionati devono assicurare una descrizione esaustiva del servizio nel suo complesso; standardizzazione: tutti gli indicatori che descrivono

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la stessa tipologia di servizio devono essere caratterizzati dalla medesima calcolabilità e impostazione grafica. Il GSE si è focalizzato sulla definizione di uno standard univoco per la gestione della misurazione delle performance e ha proposto specifiche linee guida ai fini della pubblicazione sul sito istituzionale. È in tale contesto che trova spazio la nuova area presente sempre sul sito dedicata alla pubblicazione dei livelli di servizio che contiene informazioni e dati relativi alle performance realizzate dal GSE. Si evidenzia che i report pubblicati nella sezione “Contatori” sono stati inseriti nella suddetta area e rivisti secondo una nuova impostazione grafica. Nuove modalità di fruizione degli indicatori: il cruscotto Ai fini della progettazione e della realizzazione del cruscotto, il GSE si è ispirato ai principi base dell’“esperienza d’uso”: in particolare, la Società, ponendosi nell’ottica dell’utente del sito web, ha semplificato la fruizione dei dati presenti, massimizzando l’utilità dello strumento. La navigabilità è regolata da tre livelli che consentono all’utente di scegliere, in una fase preliminare, tra le tre macroaree tematiche e, successivamente tra le tipologie di incentivo presenti nelle aree stesse, visualizzando i dettagli delle performance in base al processo cui si è interessati. Le tre macroaree individuate in base all’omogeneità dei contenuti sono: - “Efficienza ed Energia termica” in cui è possibile consultare i livelli di servizio relativi a Cogenerazione, Certificati Bianchi e Conto Termico; - “Energia elettrica” che contiene i livelli di servizio riguardanti il Conto Energia e le FER elettriche diverse dal fotovoltaico; - “Ritiro e Scambio” che racchiude i livelli di servizio legati ai meccanismi di Ritiro Dedicato e Scambio sul Posto. Nell’ambito delle singole macroaree è possibile accedere ai contenuti in base alla tipologia di incentivo. Quindi l’utente è in grado di visualizzare le informazioni e i dati in base al processo di interesse, selezionandolo dalla lista presente nella sezione “Processo” posta nella colonna sinistra della pagina web.


Con pochi “click” qualsiasi utente può conoscere il tasso di risposta nei tempi previsti dai Decreti Ministeriali, la percentuale di richieste di qualifica valutate positivamente oppure il numero delle richieste di cambio di titolarità presentate con la relativa percentuale di accettazione del cambio.

Il GSE, attraverso la nuova sezione del sito web progettata in chiave modulare, non vuole solo perseguire l’obiettivo della trasparenza, ma punta anche a fornire ai propri interlocutori un’area dedicata in cui è possibile recuperare tutte le informazioni relative alle performance. Ed è in quest’ottica che l’utente beneficia sia della standardizzazione dei contenuti informativi, individuando le stesse informazioni per tutte le famiglie di processo selezionate, sia della veste grafica, visualizzando per ogni processo il medesimo layout. A titolo esemplificativo, si ricorda il processo di qualifica, che viene descritto sempre dagli stessi indicatori ed esposto sempre con lo stesso layout, indipendentemente dal servizio selezionato. Una corretta strutturazione e standardizzazione dei dati e delle informazioni sono, dunque, preziose leve per raggiungere l’obiettivo della trasparenza e per determinare una percezione positiva da parte dell’utente della qualità dei servizi erogati, garantendo contenuti costantemente aggiornati e offrendo una “finestra virtuale” sull’operato del GSE.

Il “Progetto Alfiere”, che attualmente è in fase attuativa, ha coinvolto tutte le strutture aziendali, determinando un forte impatto sullo sviluppo della società. In particolare, l’obiettivo è quello di dare impulso ad una nuova fase di cambiamento, focalizzando maggiormente l’attenzione sui processi relativi alle diverse progettualità e ai meccanismi incentivanti e sulla comunicazione interna/esterna, attraverso la definizione di una cultura orientata al change management. A tale scopo è stato istituito un Team dedicato composto da figure professionali interne al Gse, che ha il compito di implementare e attuare le attività previste.

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energia

La SEN viatico per un salto di qualità di Stefano Besseghini* *Ad e Presidente RSE

La strategia energetica nazionale deve indicare chiaramente la volontà di perseguire gli obiettivi ma ha anche l’onere di indicare con una certa chiarezza come intende raggiungerli. La Commissione ha messo gli Stati membri nella condizione di essere propositivi in termini di sotto-obiettivi, di policy e quindi di traiettorie con cui contribuire al raggiungimento degli obiettivi complessivi. È in questo SENso che la definizione di una Strategia nazionale assume una valenza assai significativa. Non siamo un paese che è in grado di raggiungere obiettivi più o meno ambiziosi a politiche correnti. È necessario identificarne di addizionali. Nella definizione di queste policy si trovano le opportunità di natura industriale che potrebbero far diventare la SEN uno strumento di politica industriale. Stefano Besseghini - Ad e Presidente RSE

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Il Mise nella elaborazione della visione di industria 4.0 ha scelto un approccio “neutrale” rispetto alle politiche settoriali privilegiando lo sviluppo di un programma che fosse abilitante rispetto allo sviluppo dei settori industriali più pronti a reagire al periodo di crisi. In una riflessione puramente concettuale, ed un po’ astratta, sarebbe interessante sviluppare un approccio analogo anche per le politiche di sviluppo del settore energetico. Un primo passo in questa direzione sarebbe quello di fornire un quadro di riferimento stabile rispetto ad un approccio che si basi sulla neutralità tecnologica e su una remunerazione stabilmente “output based”. Il sistema energetico vedrà comparire nuovi soggetti abilitati non solo dalla generazione distribuita ma, soprattutto, dalla digitalizzazione dei sistemi. L'aumento dei soggetti renderà pressoché inevitabile l'introduzione di nuovi modelli di business e di mercato. Solo una legislazione e una regolazione ipertrofiche potrebbero cercare di gestire questa dinamica in maniera puntuale. Con un paragone un po’azzardato, ma neppure troppo, è come se la regolazione di internet volesse entrare nelle modalità operative di ogni soggetto che intende proporre servizi sulla rete. Sarà necessario identificare poche regole il più universali possibili cui affidare lo sviluppo del settore. L'Italia ha scelto di aderire pienamente e responsabilmente agli obiettivi di decarbonizzazione per il contenimento degli effetti del riscaldamento globale ed il nostro sistema energetico dovrà evolvere coerentemente con questi obiettivi. Un primo importante corollario è che il sistema industriale del secondo Paese manifatturiero d'Europa non può sottrarsi ma forse, soprattutto, non può rinunciare ad essere protagonista delle opportunità di mercato che questo comporta. Per contro la Strategia energetica nazionale deve cercare di rispondere anche ad un tema fondamentale per il Paese come l’universalità del servizio.

La povertà energetica, complice la crisi, interessa strati crescenti della popolazione italiana ed è strettamente correlata al dato delle famiglie in povertà assoluta (passate da 1,8 milioni del 2007 ai 4,5 milioni del 2015). Poiché la povertà energetica è un rapporto (quota di spese energetiche rispetto al proprio reddito) è evidente che vi si può operare tanto a denominatore quanto a numeratore. Se il primo rientra nel tema dello sviluppo il secondo può avere un nome diverso: efficienza energetica in edilizia. Larga parte della spesa energetica delle famiglie a rischio di povertà energetica è legata alle esigenze di riscaldamento e l'efficienza energetica delle abitazioni è direttamente connessa alla qualità dell'abitare con tutti i vantaggi che questo comporterebbe per una popolazione in costante invecchiamento come quella italiana. L'efficienza energetica negli edifici diventa quindi un notevole driver sia di natura globale (decarbonizzazione), sia di natura locale in questo accomunandosi all'altro grande pilastro degli obiettivi non Ets, quello della mobilità sostenibile. Nel settore dei trasporti l’utente gioca un ruolo centrale proprio in termini di sostenibilità. È l’utente in effetti che, esprimendo la propria necessità di mobilità e scegliendo come soddisfarla, ne determina il grado di sostenibilità. La forte adozione della mobilità motorizzata individuale in Italia comporta un basso livello di sostenibilità, determinato non solo dalle caratteristiche della propulsione, ma soprattutto dai bassi coefficienti di occupazione. Il percorso verso la sostenibilità passa dunque sia attraverso un miglioramento della tecnologia di propulsione sia attraverso lo stimolo di modi di trasporto più sostenibili, in primis di quelli collettivi. Tra questi, in particolare quelli che adottano anche sistemi di propulsione tecnologicamente efficienti quali tram, filobus, metropolitane e ferrovie. Gli ingredienti a disposizione della SEN sono, come si vede numerosi e ha il grande pregio di far convergere le riflessioni dei diversi stakeholder in una visione sintetica e per qualche tempo condivisa.

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energia

All’avanguardia nell’economia circolare IL PUNTO DI VISTA DI TOMASO TOMMASI DI VIGNANO Presidente Esecutivo del Gruppo Hera

Tomaso Tommasi di Vignano - Presidente Esecutivo del Gruppo Hera

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di Claudio Ramoni

E: Il nuovo piano industriale di Hera ha come target l'aumento del margine operativo lordo dagli 884 milioni del 2015 ai 1.080 milioni nel 2020. Quali i risultati raggiunti? Quali le direttrici su cui si articola la crescita del Gruppo? TTV: Siamo a buon punto. Nel 2016 il Gruppo ha migliorato tutti gli indicatori economico-finanziari, con risultati superiori alle attese degli analisti. Il margine operativo lordo è salito a 916,6 milioni di euro, mentre l’utile di pertinenza degli azionisti è arrivato a quota 207,3 milioni (+14,8%). Risultati particolarmente positivi raggiunti con la consolidata strategia multibusiness, che ha permesso di bilanciare con successo le attività regolamentate con quelle a libero mercato, mantenendo al contempo un profilo di rischio sostenibile. La combinazione di due leve fondamentali, crescita interna e sviluppo per linee esterne, ci ha inoltre consentito di continuare a crescere nonostante uno scenario regolamentare e di mercato sempre più sfidante. Al 2020 il Piano prevede investimenti per quasi 2,5 miliardi (in netta crescita rispetto al piano precedente), nel solco tracciato dai consolidati cardini di efficienza, eccellenza, crescita e innovazione, cui si aggiunge la nuova leva dell’agilità. E: Recentemente Hera ha concluso diverse acquisizioni, ultime quelle di Aliplast e Teseco. Quali i prossimi obiettivi? TTV: Abbiamo perfezionato l’acquisto del primo 40% delle azioni di Aliplast, eccellenza nazionale nel riciclo della plastica; un ulteriore 40% verrà acquisito entro marzo 2018 e il restante 20% entro giugno 2022. In poco più di un anno abbiamo chiuso sei operazioni (oltre ad Aliplast e al ramo impianti della pisana Teseco, Waste Recycling e Geo Nova a fine 2015 e due acquisizioni nel 2016 sui mercati liberalizzati dell’energia delle società abruzzesi Julia Servizi e Gran Sasso), e altre sono al vaglio. Mentre per le fusioni seguiamo logiche di contiguità territoriale, per quanto riguarda le acquisizioni la nostra strategia si concentra sui settori liberalizzati di ambiente ed energia. E: Il Gruppo Hera ha investito 30 milioni sul biometano, combustibile rinnovabile al 100%. L'ennesima conferma dell'importanza dell'economia circolare. TTV: Hera sarà la prima multiutility italiana a realizzare un progetto di questo tipo portando a compimento l’economia circolare nella filiera dell’organico. Il nuovo impianto sorgerà a Sant’Agata Bolognese e per la produzione di biometano si avvarrà di tecnologie all’avanguardia, frutto di anni di studio condotto con le realtà europee più avanzate nel campo del recupero dei rifiuti. Grazie a questo progetto e

all'acquisizione di Aliplast, Hera consolida una posizione di avanguardia in linea con i principi dell'economia circolare in cui i rifiuti si tramutano in risorse. E: Hera opera nel trattamento rifiuti e rappresenta un benchmark di riferimento europeo. Qual è l'attuale situazione del settore in Italia? È ancora lunga la strada per la creazione di un mercato unico e di un'Autorità indipendente di controllo e regolazione del settore? TTV: In Italia il settore è molto frammentato e soffre di eccessiva specializzazione, a danno di quel processo di consolidamento che esigerebbe un minor numero di operatori a capo di più ampie quote del ciclo dei rifiuti. Operatori di quest’ultimo tipo, con importanti capacità finanziarie, sono però pochi. Ecco perché gli elementi di certezza e omogeneità regolatoria che erano contenuti nel decreto Madia dovranno necessariamente trovare un nuovo sbocco. E: Per quale motivo molte Regioni si oppongono alla realizzazione di termovalorizzatori per il trattamento post raccolta dei rifiuti che consentirebbero, invece, un recupero energetico? TTV: Per la “sindrome di Nimby”, i luoghi comuni e tanta disinformazione. Noi preferiamo guardare alle best pratiche europee e puntare sulla trasparenza, con impianti aperti e open data sulle emissioni. I nostri termovalorizzatori sono parte di un disegno più ampio di gestione dei rifiuti, che minimizza lo smaltimento in discarica e premia la raccolta differenziata e il recupero dei materiali. E: Hera mira a incrementare la base clienti di energia elettrica fino a 1 milione di clienti nel 2020, sfruttando la propria base di utenze gas, che è più estesa. A che punto è il processo? TTV: Complessivamente serviamo quasi 2,3 milioni di clienti energy, dei quali circa 900 mila clienti elettrici. In 10 anni abbiamo acquisito circa un milione di clienti: la metà con operazioni di M&A e l’altra con l’attività commerciale. Vogliamo consolidare una proposta commerciale distintiva, che porti ai nostri clienti un valore aggiunto reale, proponendoci come veri e propri partner energetici, attraverso offerte orientate al contenimento dei consumi e servizi di consulenza dedicati. E: In tema di efficienza energetica, qual è l'impegno di Hera in termini di investimento in tecnologie? Con quali target? E quali i settori più 'sensibili' agli interventi di efficientamento? TTV: Da tempo Hera si distingue nel panorama italiano e internazionale per l’uso efficiente delle risorse. Lo testimoniano, ad esempio, la certificazione Iso 50001 conseguita da sette società del Gruppo e la scelta di utilizzare, a partire dal 2017, esclusivamente energia da fonti rinnovabili per tutte le attività gestite in Emilia-Romagna, con l’obiettivo di estenderla ai restanti territori.

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energia CompetitivitĂ

Europa, spingi su tecnologia e innovazione IL PENSIERO DI CARLO ANDREA BOLLINO Presidente Associazione italiana economisti energia

Carlo Andrea Bollino - Presidente Associazione italiana economisti energia

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Elementi 41


di Ilaria Proietti

Trump? Potrebbe essere un’opportunità per l’Europa. Parola di Carlo Andrea Bollino a capo dell’Aiee, l’Associazione degli economisti per l’energia che in questa intervista a Elementi a tutto campo spiega, tra l’altro, in che termini il nuovo corso della Casa Bianca non debba spaventarci. E: Il G7 energia si è chiuso con un sostanziale nulla di fatto in termini di impegni sulla riduzione delle emissioni. C’è chi già rimpiange l’amministrazione Obama… CAB: Al G7 ha fatto intendere che gli Usa faranno meno di prima. Il che ha permesso agli altri Paesi di rimanere compatti nelle loro posizioni tradizionalmente attendiste. Ma ora bisogna vedere se intende fare solo populismo o dobbiamo aspettarci ancora una volta dall’America un vento nuovo come è già successo in passato. Da lì, ricordiamoci, sono arrivati il Piano Marshall e il capitalismo democratico che hanno sorpreso la sonnolenta Europa.

E: Ma gli Usa non rischiano di spiazzare l’Ue che della riduzione delle emissioni ha fatto una bandiera? CAB: Tutti in Europa sanno che il Vecchio Continente rappresenta il 10% delle emissioni. E dunque, al di là di tutto, quello del calo delle emissioni per noi è l’obiettivo meno importante. Per gli europei devono, invece, rimanere centrali temi come tecnologia e innovazione se vogliono continuare ad esportare civiltà nel mondo. E democrazia, perché le rinnovabili, ad esempio, sono certamente più democratiche del petrolio in quanto più diffuse. Insomma se puntiamo sulla penetrazione delle rinnovabili, se facciamo efficienza, possiamo ambire a sostituire ciò che ora è alla base del sistema energetico, con fonti autoctone. E questo ci renderà più forti e competitivi: in uno scenario di questo genere, francamente non avrei nessun problema a rinunciare al totem della riduzione delle emissioni. E: Quindi dovremmo ammainare questa bandiera? CAB: Dobbiamo addolcire questo totem anche perché non siamo della partita. Secondo previsioni accreditate, nel 2035 il continente americano sarà autosufficiente su gas e petrolio con una produzione maggiore dell’Arabia Saudita. È uno scenario che cambia completamente il quadro: se gli americani

> Elementi 41

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non avessero più fame di energia dall’estero e diventassero produttori di fonti fossili, la divergenza con le politiche Ue del pacchetto 20-20-20 risulterebbe evidentissima. Noi dobbiamo puntare sui nostri punti di forza, cioè tecnologia e innovazione che si traducono in esportazione di cervelli, bellezza e civiltà. La competizione dobbiamo giocarla in questi termini: meno peso, ma più valore. E se Trump ci dicesse: “Cara Europa andiamo avanti eliminando il verdismo inutile”, non dovremmo strapparci le vesti. E risponderei: “Cara America prendi esempio da noi e riduci il consumo pro-capite e rendi più efficiente il tuo sistema economico.” Preferisco il pragmatismo all’essere velleitari. E: Cosa dovrebbe entrare allora nella nostra Strategia energetica nazionale ? CAB: La Sen è come la tela di Penelope. Quale Ulisse stiamo aspettando che torni? Non tornerà certo un uomo, un Enrico Mattei. Dobbiamo attendere il ritorno di una posizione prevalente dell’Italia nella cultura mondiale: per non sparire dobbiamo offrire il paradigma di un rinascimento tecnologico. Non è più tempo di velleitarismi nazionali. Non ha senso fare, ad esempio, l’auto elettrica solo noi: si tratta di scelte che vanno fatte a livello planetario. Quello che possiamo fare è essere capaci di portare il vessillo della nostra capacità e specificità: allora l’Italia avrà il suo posto nel mondo superando i limiti del suo peso specifico, marginale in termini globali. Se la Sen sarà lo specchio in cui riflettere questa immagine del Paese avrà successo, altrimenti no. In passato abbiamo dimostrato, per esempio sulle rinnovabili, di avere questa capacità: nel 1991, prima di Kyoto, abbiamo pensato all’indipendent producer al fianco del monopolista nazionale. Ed è stato un germe positivo anche grazie al buon successo della politica dell’amministrazione degli incentivi fatta con il GSE. Ciò dimostra che per determinare un cambiamento bisogna interpretare con intelligenza un mondo che cambia. E: Lei insegna all’Università. Cosa è fondamentale far capire ai ventenni di oggi che vogliono lavorare in questo settore? L'anidride carbonica emessa nel mondo Anno 2014, in miliardi di tonnellate Francia

0,3

Italia

0,3

Regno Unito

0,4

Australia

0,4

Arabia Saudita

0,5

Brasile

0,5

Canada

0,6

Corea del Sud

0,6

Iran

0,6

Germania

0,8

Giappone

1,3

Russia

1,8

India

2,3

Stati Uniti

5,3

Cina

10,6

E: A proposito di Arabia Saudita, cosa pensa del nuovo corso dell’Opec? CAB: Il crollo del prezzo è stato voluto dai sauditi per dare un segnale geopolitico al mondo: ‘siamo ancora noi il dominus dei prezzi’. E per fare questo si sono alleati con gli Usa per marginalizzare Iran e Russia. L’Arabia Saudita sa di poter resistere, con questi prezzi, più dei suoi avversari: ha fatto un calcolo da guerra economica. E: Parliamo di geopolitica ma l’Italia sembra ancora alle prese con un localismo spiccato… CAB: Il referendum costituzionale avrebbe accorciato la catena di comando restituendo un migliore assetto alle decisioni che riguardano l’interesse nazionale. Il localismo chiama in causa il problema dei costi concentrati in un certo territorio a fronte di benefici diffusi per tutti: è la distanza tra la comunità che percepisce i benefici e quella che sostiene i costi e si risolve accompagnando un processo di riallineamento tra queste due percezioni. Non è una questione tipica del sud, il localismo è dappertutto: lo abbiamo visto in Friuli, in Sicilia e in Puglia con la questione Tap. E: Secondo lei qual è il vero problema? CAB: Dovremmo affrontare la riforma del mercato elettrico con una direttiva europea che introduca una soluzione nel momento in cui la massima penetrazione delle rinnovabili sta rendendo inadeguato il sistema di prezzo marginale. Un nuovo capacity payment è un palliativo che può andare bene in una fase di transizione. E: Un po' come il sussidio di disoccupazione quando si perde il lavoro. CAB: Dobbiamo parlare invece, sempre ricorrendo alla metafora del lavoro, di reddito di cittadinanza: va riconosciuto il diritto ad esistere ad impianti che invece sono fuori sistema. La loro dignità, parlo degli impianti a gas, è la funzione che svolgono anche ora che sono stati marginalizzati dalle rinnovabili favorendo paradossalmente il carbone. E: Come dovrebbero essere remunerati? CAB: La teoria economica dice che il valore è quello del carico perso: quanto vale un’ora di blackout elettrico in un ospedale? Quello è il valore che deve essere riconosciuto dal mercato.

Fonte: Agenzia internazionale per l'energia; Wmo, National Centers for Environmental Information

50

CAB: Ci troviamo di fronte ad uno scenario in cui a livello globale i grandi monopolisti elettrici vengono venduti. India e Cina sono alle prese con la liberalizzazione del mercato elettrico e stanno mettendo in campo figure come quella dell’Acquirente Unico. Paesi come l’Arabia Saudita sono pronti a entrare nelle rinnovabili. Dobbiamo avere l’intelligenza di intercettare questi cambiamenti. Per i nostri ragazzi, che hanno un atteggiamento diverso dai loro genitori e sono la coda dei Millennians, ci sono enormi possibilità in questi contesti.

Elementi 41



energia

Il peso delle rinnovabili in bolletta? Ancora troppo gravoso A TU PER TU CON DAVIDE TABARELLI Presidente e fondatore di NE-Nomisma Energia Siamo vicini all’1% del Pil nazionale. È uno sforzo sproporzionato rispetto a quello che ci possiamo permettere e ai risultati. Da uno nostro studio risulta che quanto fatto per le rinnovabili supera quasi del doppio quello fatto dall’Italia nel dopoguerra per lo sviluppo del Sud con la Cassa del Mezzogiorno.

Davide Tabarelli - Presidente e fondatore di NE-Nomisma Energia

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Elementi 41


E: Il meccanismo delle aste non rischia di limitare la libertà dei consumatori? DT: Le aste, che piacciono molto nella teoria competitiva dei mercati, si fanno di solito per i beni fisici. Per i servizi, come la vendita di elettricità, è più complicato e il cliente diventa una sorta di oggetto, il contrario di quello che dovrebbe diventare, ovvero un soggetto consapevole, attivo e ‘capacitato’, come oggi ama chiamarlo il Regolatore. E: Qual è ad oggi, in percentuale, l'apporto delle rinnovabili nel panorama energetico nazionale? DT: La percentuale è alta e in anticipo rispetto al 2020: è oltre il nostro target del 17% e l’abbiamo raggiunto con 5 anni di anticipo. Per un Paese che sta soffrendo la crisi economica, questa è una posizione da primi della classe, ma ha dei costi. E: Lo scorso anno le rinnovabili hanno pesato in bolletta per 12,5 miliardi di euro, ma la pioggia di incentivi ha favorito la speculazione dei fondi esteri. Quanto pesa il sistema sulle tasche delle famiglie italiane?

di Claudio Ramoni

E: Sono 20 milioni gli utenti domestici italiani che nel 2019 dovranno passare sul mercato libero dell’energia elettrica, abbandonando il sistema regolato. Il mercato è pronto per questo passo? Quali possono essere le criticità dell'addio al regime di maggior tutela? DT: Se dovessimo aspettare la perfezione, quella del mercato competitivo perfetto, allora non faremmo mai nulla, come qualcuno in effetti si aspetta. Il resto d’Europa ha scelto questa strada già dal luglio 2007 e tutti questi problemi che stiamo facendo in Italia non ci sono. Certo, di criticità ce ne saranno: riguardano semplicemente il fatto che i clienti che sono con il vecchio fornitore fanno fatica ad abbandonarlo. La gente non ha voglia di cambiare, ma non tutti. Molti, specie i giovani, vogliono scegliere le offerte migliori, raccogliere i punti, fidelizzarsi, acquistare solo energia verde. Queste cose le fa il mercato libero, non quello tutelato.

DT: Pesa parecchio, siamo vicini all’1% del Pil nazionale. Ci può stare per l’ambiente, ma ho la netta impressione che il nostro sforzo sia sproporzionato a quello che ci possiamo permettere e rispetto ai risultati. Posso anticipare alcune conclusioni di uno studio che stiamo completando da cui risulta che quanto fatto per le rinnovabili supera almeno del doppio lo sforzo dell’Italia nel dopoguerra per lo sviluppo del Sud del Paese con la Cassa del Mezzogiorno: speriamo in risultati migliori. E: L’Italia tradizionalmente dipende dalle importazioni di energia. Quale strada seguire per limitarla? Come diversificare gli approvvigionamenti? DT: Siamo un Paese povero di risorse e dunque occorre massimizzare ciò che abbiamo sul nostro territorio. Uno degli effetti positivi delle rinnovabili è quello di ridurre la dipendenza dall’estero: oggi è scesa sotto l’80%, ma rimane ancora una delle più alte fra i Paesi industrializzati. Bisogna fare di più con la produzione nazionale di petrolio e gas, fonti che, insieme, contano ancora per quasi il 70% dei nostri consumi energetici. Consumiamo 110 milioni di tonnellate di petrolio equivalente

> Elementi 41

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(Mtep) di idrocarburi e la nostra produzione continua a scendere sotto i 10, mentre potremmo addirittura triplicarla. Abbiamo abbondanti riserve, grandi imprese con le migliori tecnologie e un disperato bisogno di fare investimenti sul nostro territorio. Invece, per opposizioni ambientali, non ci si riesce. È un fallimento del sistema Paese, oltre che della politica energetica. E: Il Tap può essere strategico per l’Italia? Quali i rischi connessi a una infrastruttura di queste dimensioni?

DT: Non si può superare. L’Europa ha fatto politiche uniche sul commercio dei permessi di emissione e sul sostegno alle rinnovabili. Questo non può essere gratis e lo paghiamo con costi dell’energia che sono i più alti al mondo. Alcune aree europee lo sopportano bene, come la Germania, che ha molta tecnologia, ma usa ancora 200 milioni di tonnellate all’anno di carbone. Il resto d’Europa invece non riesce a fare bene come i tedeschi. E: Quali gli scenari per il mercato energetico nazionale? La domanda di energia tornerà a salire?

DT: Puntiamo a diventare un sistema di interconnessione del gas, un hub, come indicato dalla Sen del 2013. Importiamo il 92% del gas che consumiamo, fonte che è la prima nella generazione elettrica con una quota intorno al 40%. Il buon senso, prima delle teorie economiche, suggerisce di diversificare. Il Tap è un’opera da 3.500 chilometri con solo gli ultimi 16 in Italia. Ci porta gas dal Mar Caspio: finalmente realizza il corridoio Sud per alleggerire la dipendenza dalla Russia e mettere in competizione tutti i fornitori. Possiamo esportare gas verso il Nord Europa, fare in futuro un servizio di transito. Di rischi ce ne sono pochi, ovvero quelli esistenti negli oltre 30 mila chilometri di linee di trasporto di gas che abbiamo in Italia.

DT: Se uno si impoverisce, allora consuma anche meno energia: è quello che sta accadendo in Italia. Poi c’è anche l’efficienza energetica, i miglioramenti che si fanno nelle industrie, nei trasporti, nell’illuminazione, nelle case. Ma è soprattutto un calo dovuto al fatto che l’industria si sta ritirando e questo porta meno reddito a tutti. Se c’è meno lavoro, allora la gente consuma meno, viaggia meno. Sarà già un buon risultato se rimarremo su questi livelli di circa 170 Mtep del 2016, valore tipico della prima metà degli anni ’90 e inferiore di quasi 30 Mtep al picco del 2005. I bassi consumi se non altro ci aiuteranno a raggiungere gli obiettivi delle rinnovabili e dell’efficienza energetica.

E: In che misura l'efficienza energetica e lo sviluppo sostenibile possono rappresentare un'opportunità per l'industria e la competitività delle nostre imprese?

Composizione del mercato elettrico in Italia per tipologia di cliente, 2015

DT: Da sempre le imprese italiane fanno efficienza energetica perché sono quelle che pagano più care le bollette elettriche. Ricordiamo il caso della cogenerazione della carta, oppure il fatto che abbiamo il parco auto con motori a metano e Gpl più numeroso in Europa. Purtroppo abbiamo altre storie meno positive, come l’impossibilità di fare recupero energetico dai rifiuti con impiego nei cementifici o nelle centrali elettriche, oppure le difficoltà che le aziende incontrano nel fare ricerca. Però sia chiaro: il Paese si sta deindustrializzando per varie ragioni, fra cui il costo dell’energia e nessuna nuova rivoluzione verde la può salvare. E: L'Europa punta forte a limitare le emissioni di CO2, ma spesso la spesa nelle fonti rinnovabili crea problemi ai mercati dell'elettricità. Come superare questa impasse?

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Elementi 41

mln

Famiglie sul mercato libero

40 35 30 25

Clienti in regime di Maggior tutela

Imprese sul mercato libero

9,4

37,0

12,7

Mercato Libero

24,3

Servizio Maggior Tutela

3,3

20 15 10 5

24,3


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energia Sistema idrico

Miglioramenti lenti ma efficaci A COLLOQUIO CON MARISA ABBONDANZIERI Presidente ANEA (Associazione Nazionale AutoritĂ ed Enti d'Ambito)

Marisa Abbondanzieri - Presidente ANEA

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Elementi 41


di Ilaria Proietti

E: La legge Galli ha quasi 25 anni. Può delinearci un quadro complessivo del settore idrico così come si è evoluto negli ultimi anni fino all’assetto attuale? MA: La legge Galli è stata molto importante per modernizzare il sistema idrico integrato, perché ha cercato di portare l’intero settore a essere un servizio più moderno, con buoni connotati industriali nell’ambito dei servizi pubblici locali. Non tutta l’Italia ha gli stessi standard e livelli, ma i cambiamenti sono stati significativi: si può e si deve fare ancora molto, soprattutto nel campo della depurazione. La governance locale, gli enti di governo d’ambito (EGATO) vicini al territorio e il ruolo dell’AEEGSI consentono di razionalizzare le decisioni sia nella programmazione degli interventi che nel controllo del rapporto con le tariffe del servizio, tenendo conto della specificità del servizio idrico. Per il momento questo assetto garantisce la condivisione nelle scelte e anche maggiori garanzie per il cittadino. Il recente Blue Book di Utilitalia ha scattato però una fotografia ancora impietosa del settore idrico: infrastrutture vetuste, investimenti inadeguati, sanzioni europee, frammentazione e morosità. E: Il cambio di passo è in atto e gli investimenti sono in aumento, ma la tariffa non può da sola sostenere tutto l’impianto. MA: Sta di fatto che rimangono le procedure di infrazione contro l’Italia. C’è il rischio di multe salatissime… In me prevale sempre l’ottimismo della volontà. Penso ad un aiuto pubblico, attraverso il fondo per le opere idriche, indirizzato ai territori dove si realizzano con i tempi giusti quanto previsto dalle programmazioni degli investimenti. Con una ricaduta sulle tariffe che finisce per premiare anche i cittadini. Un circolo virtuoso che rende evidente le differenze tra chi fa e chi non fa. E: Il governo ha annunciato lo stanziamento di 4,5 miliardi di euro nel settore. MA: È un ottimo punto di partenza, mi pare difficile non riconoscerlo. Bisogna fare presto e bene, costringendo tutti a porsi l’obbiettivo della realizzazione e del completamento del ciclo depurativo. Ognuno deve essere interessato a migliorare la qualità dell’ambiente per realizzare un Paese più moderno e più bello. Il governo nazionale ha destinato ingenti risorse finanziarie per realizzare gli investimenti non più prorogabili, sostituendosi a quelle realtà che, nonostante la disponibilità delle risorse, non sono sufficientemente organizzate per realizzare e gestire successivamente le opere. Quindi, ora, tutti al lavoro con consapevolezza e rigore.

MA: Va superata l’idea che la tariffa sia troppo bassa ovunque: ci sono realtà che hanno fatto scelte volte ad investire, altre meno. Il superamento della frammentazione nelle gestioni aiuterebbe ad irrobustire la capacità di investire senza “sfondare” con le tariffe. Personalmente, non condivido il sottolineare sempre che gli investimenti italiani pro-capite siano troppo bassi. Anche i gestori debbono fare meglio, ponendosi in più il problema della sostenibilità. Non può essere solo un problema dei sindaci l’esigenza di fare attenzione al “prezzo dell’acqua”. Ritengo siano molto apprezzabili, infine, i recenti provvedimenti in materia di tariffa sociale e morosità attuativi del Collegato ambientale, che rappresentano strumenti di solidarietà indispensabili per favorire la coesione e lo sviluppo omogeneo del Paese. E: Secondo lei qual è l’eredità politica del referendum sull’acqua? MA: Il referendum ha lasciato l’idea che il servizio idrico integrato sia un servizio pubblico locale più sensibile degli altri. Ecco, pure nella consapevolezza che la questione non vada esasperata da un punto di vista ideologico, questa sensibilità può contribuire a concepire una legislazione più appropriata, come è avvenuto negli ultimi mesi. E: La vostra associazione ha tra i propri compiti il supporto agli enti di governo d’ambito nello svolgimento di specifiche operazioni proprie dell’attività di regolazione. Quali sono le richieste che più spesso vengono dal territorio? MA: Il territorio ci chiede supporto tecnico adeguato, competenze, minori oneri, risorse umane (sempre più qualificate) negli enti di governo d’ambito, le cui crescenti competenze richiedono sempre un numero maggiore di professionalità di alto livello. Gli EGATO, spesso in aree significative del Paese, hanno dotazioni organiche insufficienti in termini numerici, in parte compensate da molte “buone volontà”. Troppi interlocutori non capiscono l’importanza degli EGATO o vorrebbero soggetti regolatori deboli: bisogna invertire questa idea. Non è stato facile, anche se abbiamo guadagnato un po’ di posizioni soprattutto dove si è andati ad enti di ambito su scala regionale, in qualche caso insieme al settore dei rifiuti, con strutture tecniche adeguate. E: Quali sono i principali cambiamenti registrati dopo che l’Autorità per l’energia ha assunto il ruolo di regolatore nazionale del settore? MA: Si è irrobustita la regolazione ed è emerso il valore di quella locale che deve essere in grado di adattare i principi e le metodologie dei diversi provvedimenti regolatori sul territorio di competenza. L’AEEGSI ha svolto - e svolgerà- un ruolo importante connotato da un’alta competenza tecnica, e ha contribuito a favorire il percorso finalizzato ad una industrializzazione del servizio in buona parte del territorio nazionale, nonché a rinnovare l’interesse da parte dei soggetti finanziatori.

E: In termini tariffari quale equilibrio è necessario trovare per accelerare ulteriormente gli investimenti?

Elementi 41

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energia

CO2 e sviluppo economico, lo strano rapporto CON IL PARERE DEL PROF. MATTEO DI CASTELNUOVO, DELL’UNIVERSITÀ BOCCONI DI MILANO 60

di Giacomo Giuliani

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I paesi più ricchi, moderni e tecnologicamente avanzati, rappresentano oggi i maggiori imputati per l’inquinamento globale e il surriscaldamento del pianeta. Questo, mentre quelli più poveri o in via di sviluppo, pur producendo meno emissioni climalteranti subiscono le catastrofiche conseguenze dei cambiamenti climatici. Sono le conclusioni, peraltro non particolarmente sorprendenti, emerse dal rapporto Oxam presentato durante la Cop 21 di Parigi. Traducendo in numeri, questo significa che il 10% della popolazione più ricca della Terra è responsabile del 50% delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, mentre quella più povera, circa 3,5 miliardi di persone, ne patisce i nefasti effetti. Elisa Bacciotti, Direttrice del dipartimento Campagne di Oxfam Italia, ha affrontato l’argomento nel contesto della Cop 21, concludendo che l’obiettivo primario di istituzioni nazionali e internazionali, dovrà essere la creazione di un’economia più rispettosa di quei 3,5 miliardi di persone più esposte agli effetti del climate change. Questo evidenzia un quadro allarmante, considerando che l’incremento della CO2 in realtà è causato dal consumo nelle società ricche e tecnologicamente avanzate dei beni prodotti in quelle più povere. Crescita economica ed emissioni di CO2 rappresentano un binomio la cui evoluzione sta interessando molti analisti di settore. Gli ultimi studi evidenziano infatti un andamento particolare: talvolta parallelo o “accoppiato”, talvolta divergente. Questo a fronte di un dato peraltro positivo. Il rapporto “Global Carbon Budget 2016”, pubblicato su Earth System Science Data evidenzia che le emissioni di CO2 non sarebbero cresciute nel 2015, e per il 2016 gli analisti prevedono solo un leggero incremento. Tre anni di “crescita quasi Zero” quindi. Un risultato incoraggiante, se paragonato al +2,3% registrato fino al 2013. Il disaccoppiamento fra i due fattori crescita ed emissioni - sembra essersi realizzato: la crescita della CO2 è rimasta al di sotto dell’1%, nonostante l’incremento del Pil su scala mondiale abbia oltrepassato il 3%.

Matteo Di Castelnuovo, docente dell’Università Bocconi di Milano ci spiega il decoupling fra i due fattori attraverso un’evidenza: la ripresa economica in alcuni paesi nel mondo è avvenuta nonostante i due più grandi produttori di gas ad effetto serra, la Cina, gli USA e in parte l’India, abbiano rivisto le politiche in campo energetico e ambientale. Riducendo quindi le loro emissioni di CO2. La Cina, in particolar modo, dopo aver ratificato l’Accordo di Parigi, ha registrato un ottimo risultato (-1,5%) soprattutto grazie al minor uso di carbone. Per il secondo anno consecutivo infatti, il gigante asiatico ha dimostrato di avere i mezzi per capitalizzare la transizione economica all’insegna di una crescita più sostenibile attraverso l’installazione massiva di impianti fotovoltaici, la produzione di energia pulita e il consumo di gas naturale, molto più vantaggioso dal punto di vista economico. Ma non è tutto. Il governo cinese ha investito parecchi miliardi per la promozione della mobilità elettrica e delle infrastrutture a basse emissioni. Di Castelnuovo indica però come anche gli USA abbiano imposto alla propria economia un significativo cambio di passo, in chiave sostenibile, garantendo una cospicua riduzione delle proprie emissioni climalteranti (-2,6%). In tale contesto è stato lo shale gas l’attore principale della rivoluzione green statunitense. Grandi quantità a disposizione e prezzi più vantaggiosi rispetto a quelli del carbone, hanno segnato la svolta sostenibile americana.

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Da non sottovalutare però anche il ruolo giocato dalle rinnovabili, eolico e solare, in primis. Una maggior efficienza che, secondo gli analisti, dovrebbe portare ad un ulteriore calo (-1,7%) di emissioni di CO2 nel prossimo anno. Questo è lo scenario prevedibile nonostante le roboanti minacce del neo presidente Trump che, in materia ambientale, ha dichiarato di voler togliere ogni freno alle industrie energetiche ad elevato utilizzo di combustibili fossili. Eventualità assai poco probabile, conferma Di Castelnuovo: basti solo pensare ai costi che sarebbero richiesti per la costruzione di nuove centrali a carbone, decisamente maggiori di quelli necessari per impianti a gas. Di Castelnuovo quindi, oltre ad evidenziare questo effetto di decoupling, è convinto che ciò persisterà in futuro. Irreale pensare a una marcia indietro delle energie pulite e rispettose dell’ambiente: ne è conferma la recente notizia che, anche in India, è stata appena interrotta la costruzione di nuove centrali a carbone. Risultati ai quali di certo contribuirà anche l’area euro che però, attualmente, per quanto concerne la produzione di CO2 in atmosfera, ha fatto segnare un trend differente: le emissioni di gas serra, nel 2015 sono, anche se di poco, aumentate (+0,7%) a fronte di una crescita dell’economia continentale dell’1,5%. L’effetto appare quindi opposto, di cuopling.

I rischi del surriscaldamento globale Conseguenze stimate se la temperatura supererà i livelli pre industriali Acqua dolce

Barriera corallina

L’acidificazione degli oceani inzia a distuggere la barriera in tutto il mondo

Carenza d’acqua in asia Centrale e Sudamerica

+100 cm

Si perdono le barriere coralline nell’Oceano Indiano

Siccità in Amazzonia

+80 cm

Morte diffusa dei coralli

100 milioni di perone in difficoltà per la carenza d’acqua

+65 cm

L’anomalia del vecchio continente deriva, secondo i dati forniti da Bloomberg New Energy Finance citati da Di Castelnuovo, dal fatto che, seppur il 2015 sia stato un anno da record per gli investimenti globali in rinnovabili (339 miliardi di dollari), facendo segnare un +4% rispetto al 2014, in Europa invece sono scesi a 58 miliardi (-18%). Si tratta solo di un dato provvisorio: è la stessa società a prevedere che nei prossimi anni, in Europa la capacità di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili passerà dal 41% del 2012 al 60% entro il 2030, mentre la quota delle fonti fossili utilizzate nella produzione industriale, si dimezzerà (dal 48% al 27%). La previsione è contenuta nel Rapporto “2030 Market Outlook”. C’è da augurarsi, che dopo tanti anni di crisi e recessione, anche l’economia europea continui a crescere continuando il percorso a fatica intrapreso. L’Europa dovrebbe quindi riallinearsi al “disaccoppiamento” evidenziato a livello globale.

+ 3-4°

E in Italia, qual è la situazione? Anche il nostro Paese, attualmente terzo emettitore di gas climalteranti a livello continentale (10,6%), ha visto crescere nel 2015 le proprie emissioni (+3,5%) a causa di una timida ripresa, ma anche grazie al minor contributo delle rinnovabili, la cui produzione è calata del 10% rispetto all’anno precedente, passando da 121 a 109 TWh. Questo, nonostante gli importanti investimenti (circa 1,719 milioni di euro e un +5%) in nuovi impianti. Come ribadito, in conclusione, la corsa del carbone e delle fonti fossili, sta arrivando al capolinea senza però pregiudicare la crescita economica che invece, grazie al graduale ma continuo sviluppo delle rinnovabili, sarà più sostenibile e rispettosa per l’ambiente che ci circonda e per le generazioni future.

I gas serra prodotti dall'uomo

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+2°

+1.5°

Innalzamento del livello del mare

25% Elettricità, produzione di calore 24% Agricoltura 21% Industria 14% Trasporti 9,6% Altra energia (processi di raffinazione, etc.) 6,4% Edifici (riscaldamento e cucina)


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energia Gestione proattiva dell’infrastruttura ICT e delle applicazioni

Il GSE sempre più vicino all’utente

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di Matteo La Speme e Gennaro Niglio Nel corso del 2016, il GSE ha iniziato un processo di rinnovamento avviando un progetto strategico aziendale denominato “Alfiere”. Obiettivo: armonizzare e ottimizzare i principali processi operativi del Gse, valorizzando il lavoro dei singoli e, più in generale, dell’intera Società, puntando a farla divenire un modello di riferimento nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Gli obiettivi strategici ed operativi di Alfiere sono la Trasparenza nei rapporti con i soggetti esterni, l’Efficienza nella gestione delle risorse, la Dissuasione dai comportamenti anomali o scorretti e la Gestione del rischio insito nei processi di erogazione dei servizi con una diretta ricaduta in termini di incremento dell’efficacia operativa e della qualità dei servizi offerti. Coerentemente alle indicazioni strategiche aziendali, la Direzione Sistemi Informativi (DSI), ha pertanto concentrato le proprie attività su interventi finalizzati sia ad innalzare la qualità, la sicurezza e le performance dei Servizi Informatici erogati, sia ad ottenere una maggiore efficienza ed efficacia nella gestione dell’infrastruttura ICT e delle applicazioni. Al fine di indirizzare e rendere coerenti gli interventi individuati, la DSI ha adottato il Framework COBIT (Control OBjectives for Information and related Technology) per la definizione delle attività di Governo e Gestione dei Sistemi Informativi in quanto fornisce principi, pratiche e modelli finalizzati ad incrementare il valore fornito dall’ICT all’azienda. COBIT, sviluppato e perfezionato negli ultimi 20 anni, è riconosciuto a livello internazionale come riferimento per la Governance e la Gestione dei Sistemi Informativi. Nella sua ultima versione integra i principali standard e le best practices per l’IT Governance, il Project Management e la gestione della Sicurezza e dei Rischi, consentendo di avere una visione complessiva delle tematiche da affrontare e gestire. Nell’ambito di questi interventi, nel 2016, la DSI ha attivato un nuovo gruppo denominato IT Operations Control Center (IT-OCC) che è in grado di intercettare gli eventi critici che potrebbero causare un degrado di performance o un’interruzione nell’erogazione dei servizi informatici ed intervenire prima che si crei un disservizio all’utenza. IT-OCC si configura come una vera e propria sala controllo della infrastruttura ICT, in grado di monitorare costantemente lo stato dei servizi ICT, così come vengono percepiti dagli utenti finali e anche lo stato di funzionamento dei singoli componenti tecnologici che supportano l’erogazione dei servizi stessi. Per rendere operativo l’IT-OCC, la Direzione Sistemi Informativi è intervenuta seguendo tre direttrici principali: • Processi: definendo le attività del gruppo necessarie

• •

a garantire una gestione proattiva degli allarmi e la gestione tempestiva degli eventi di interruzione del servizio; Organizzazione: individuando un team di persone dedicato in grado di garantire un presidio costante dalle 6:30 alle 20:00, 7 giorni su 7. Il team ha competenze trasversali tali da permettere una capacità di analisi e di intervento di base sui vari ambiti tecnologici; Strumenti: attivando la nuova piattaforma di monitoraggio del funzionamento delle applicazioni (APM – Application Perfomance Management) utilizzata dall’IT-OCC attraverso un videowall.

In particolare, la nuova piattaforma di APM consente di abilitare una modalità di gestione più in linea con l’esperienza utente dei servizi ICT, attraverso il monitoraggio in tempo reale delle operazioni eseguite dall’utenza sulle applicazioni del GSE e l’elaborazione di indicatori di sintesi sui tempi di risposta delle pagine dei portali applicativi e sulla disponibilità delle stesse. La piattaforma, infatti, è in grado in maniera automatica di definire il profilo di normale funzionamento di ciascuna applicazione e quindi di intercettare eventi che possono evidenziare un’anomalia prima che questa causi un disservizio all’utente. A fronte degli eventi rilevati, l’IT-OCC procede ad un’analisi approfondita della potenziale anomalia accedendo alle corrispondenti informazioni di funzionamento dei singoli componenti applicativi ed infrastrutturali, registrati anch’essi sulla piattaforma. Sulla base delle informazioni e dei dati raccolti, il team dell’IT-OCC attiva, in maniera mirata e documentata, i gruppi di tecnici specialisti (applicativi e sistemistici) della DSI per la risoluzione delle anomalie. L’attivazione dell’IT-OCC, grazie al presidio continuativo garantito e ad un processo di miglioramento costante, consente al GSE di gestire con maggiore tempestività problemi e malfunzionamenti sui servizi ICT, con una conseguente riduzione dei tempi di risoluzione ed una migliore disponibilità e qualità dei servizi ICT erogati. Questo grazie alle attività proattive che integrano le normali attività reattive di monitoraggio, evitando potenziali disservizi o degradi di performance. La possibilità di monitorare costantemente la qualità dei servizi ICT percepita dagli utenti, consente infine all’IT-OCC di predisporsi a gestire in maniera ottimale la nuova piattaforma IT di Alfiere, secondo un’ottica end-to-end rispetto ai processi operativi del GSE e non più orientata ai singoli silos tecnologici applicativi a supporto dei processi stessi.

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verifiche e ispezioni

Certificati Bianchi, le attivitĂ di verifica sui progetti incentivati Il meccanismo dei Certificati Bianchi

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di Ennio Ferrero e Roberto Lucchini I Certificati Bianchi (Cb) o Titoli di Efficienza Energetica (Tee) identificano il meccanismo statale per l’incentivazione dell’efficienza energetica. Istituito dal Ministero dell’industria del commercio e dell’artigianato e dal Ministero dell’ambiente con l’emanazione dei decreti “gemelli” del 24 aprile 2001, il meccanismo diventa operativo con i decreti ministeriali del 20 luglio 2004, che sostituiscono, abrogandoli, i precedenti. In seguito, altri provvedimenti hanno modificato e integrato i decreti originali, estendendo progressivamente il periodo di applicazione, ridefinendo gli ambiti di operatività dei vari soggetti coinvolti e degli interventi ammessi, aggiornando compiti e obblighi. Unitamente ai Ministeri, anche l’Aeegsi ha svolto un ruolo centrale: ha definito, infatti, le modalità operative di gestione del meccanismo con l’emanazione delle Linee guida (pubblicate con delibera 103/2003 e aggiornate con delibera EEN 9/2011), e ha gestito il meccanismo fino a fine 2012. Quindi, con il DM 28 dicembre 2012, l’attività di gestione, valutazione e certificazione dei risparmi energetici correlati ai progetti è stata trasferita dall’Aeegsi al Gse. L’articolo 14 del decreto ha anche definito le modalità di verifica dell’esecuzione tecnica ed amministrativa dei progetti nonché le sanzioni, nel caso in cui siano rilevate modalità di esecuzione non regolari o non conformi. Con il DM dell’11 gennaio 2017 vengono definiti per il periodo 2017-2020 gli obiettivi annuali di risparmio energetico e i conseguenti obblighi di incremento dell’efficienza energetica negli usi finali di energia per i soggetti obbligati, nonché criteri, condizioni e modalità di realizzazione dei progetti per l’accesso al meccanismo. Anche le disposizioni in materia di controllo e verifica dell’esecuzione tecnica ed amministrativa dei progetti

Le attività di controllo ammessi e il relativo regime sanzionatorio sono state aggiornate. Le attività di controllo in ambito Cb sono state avviate dal Gse con il DM del 28 dicembre 2012 e sono svolte nel rispetto della legge 241/1990, per garantire, in un contesto di trasparenza ed equità nei confronti degli operatori, il contraddittorio ai soggetti cui sono riconosciuti i titoli. I controlli sono eseguiti da Gruppi di Verifica (GdV) costituiti da personale con adeguata qualificazione tecnica ed esperienza che, nell’esercizio dell’attività, riveste la qualifica di pubblico ufficiale ed è quindi tenuto alla riservatezza, a tutela degli operatori, su ogni informazione acquisita. Anche in ambito Certificati Bianchi è attiva la collaborazione tra Gse e Guardia di Finanza, avviata nel 2015 con la sottoscrizione di un protocollo d’intesa, volta a prevenire e reprimere irregolarità e frodi nonché al controllo degli aspetti legati al cumulo degli incentivi. A questa si affiancano altre collaborazioni con gli organi inquirenti, le Forze dell’Ordine e l’Autorità Giudiziaria. Oltre all’ispezione del sito di realizzazione dell’intervento, il controllo con sopralluogo si compone di due fasi di back-office: la pianificazione preliminare delle attività e delle evidenze raccolte. L’attività di sopralluogo si conclude con la predisposizione del rapporto di verifica, che contiene le evidenze emerse durante il sopralluogo e da cui si origina il provvedimento di primo esito emesso dal responsabile del procedimento. Tale provvedimento può essere “positivo”, in caso non emergano difformità relativamente alla sussistenza e/o permanenza dei requisiti previsti per il riconoscimento dei Tee, oppure può dare luogo ad un’interlocuzione con il Soggetto Titolare. Il DM del 11 gennaio 2017, con esplicito riferimento alla legge 241/1990, regolamenta le fasi del procedimento amministrativo, fissandone la durata massima in 180 giorni, fatti salvi i casi di maggiore complessità. La chiusura del procedimento amministrativo avviene con l’adozione di un atto espresso e motivato sulla base delle risultanze raccolte nel corso del controllo e delle eventuali osservazioni presentate dall’interessato. Nei sopralluoghi assume particolare importanza l’analisi del sito di realizzazione degli interventi incentivati, da eseguirsi preliminarmente (back office) e approfondire nella riunione di apertura con il Soggetto Titolare e il responsabile del sito: essi accompagneranno il GdV durante l’ispezione al fine di svolgere le attività in sicurezza.

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Le verifiche sui progetti che hanno ottenuto la certificazione dei risparmi energetici L’attività di verifica degli interventi di efficienza energetica negli usi finali è stata avviata dal Gse, in base al DM del 28 dicembre 2012, nel secondo trimestre del 2014. Nel 2014 l’attività ha interessato 56 progetti per complessivi 40.600 Tee/anno e un controvalore di 4,4 milioni di euro. Principalmente sono stati esaminati alcune tipologie di intervento, come l’installazione di caldaie a biomassa in ambito civile e industriale, di sistemi centralizzati di climatizzazione invernale/estiva in edifici civili, di impianti fotovoltaici sotto 20 kW e interventi di recupero termico su processi industriali. L’attività nel 2015 ha interessato 146 progetti (432.000 Tee/anno e un controvalore di 45,4 milioni di euro), con un incremento sull’anno precedente del 161% in riferimento al controvalore e del 966% in termini di ammontare dei titoli controllati. Sono stati verificati interventi anche molto diversi tra loro in termini di dimensione dei progetti (Tee attribuiti da 20 a oltre 70.000), afferenti a settori civile e industriale e anche in ambiti in precedenza non sottoposti a controlli. Nel 2016 l’attività ha interessato 255 progetti (776.500 Tee/anno e un controvalore di 110 milioni di euro), con un incremento sull’anno precedente del 75% e del 79% in termini di ammontare dei titoli controllati. Sono stati verificati interventi nei settori in cui è stata maturata esperienza negli anni precedenti e sono state aggiunte nuove tipologie di interventi di recupero termico e su processi, in ambito industriale. Complessivamente, dall’inizio delle attività al 31 dicembre 2016, il GSE ha concluso 236 procedimenti, 85 con esito positivo e 151 con esito negativo. La conclusione dei procedimenti con esito negativo può comportare: • la rideterminazione dei Certificati Bianchi in relazione alle effettive caratteristiche dell’intervento riscontrate; • il recupero dei Certificati Bianchi riconosciuti o dell’equivalente valore monetario. Con riferimento a tali provvedimenti, sono stati accertati importi già riconosciuti per circa 13,5 milioni di euro, così suddivisi: • 8,5 milioni di euro derivanti dai 115 provvedimenti di decadenza; • 5 milioni di euro derivanti dai 36 provvedimenti di rideterminazione dei Certificati Bianchi. I mancati esborsi, per il periodo residuo di incentivazione, sono invece stimati in 99 milioni di euro. La nuova normativa emanata in materia di verifica e controllo, sicuramente più organica e puntuale nonché applicabile a tutti i progetti incentivati anche ai sensi della precedente normativa, rafforza il ruolo del Gse e consente il potenziamento delle attività di verifica in un contesto di trasparenza ed equità. Sarà così possibile estendere il rigoroso controllo dei requisiti per l’accesso legittimo e corretto agli incentivi ad un numero crescente di interventi, in linea con l’andamento degli obiettivi nazionali di risparmio energetico.

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Evoluzione dell’attività di controllo nel periodo 2014-2016 (numero di controlli e quantità annua di titoli oggetto di controllo) 300

900.000 800.000

250

700.000 600.000

200

500.000

150

400.000 300.000

100

200.000

50

100.000 0

0 2014 N. Totale Controlli TEE/anno

Fonte: GSE

2015

2016


Le fasi di preparazione ed esecuzione controllo mediante sopralluogo 1)

Fase preparatoria (back-office): • analisi della documentazione disponibile • predisposizione della comunicazione di avvio procedimento amministrativo • definizione della logistica della trasferta

2) Sopralluogo: • riunione di apertura con presentazione degli obiettivi, delle modalità di effettuazione della attività di controllo e richiesta di informazioni tecniche inerenti all’impianto/ intervento • acquisizione dei documenti richiesti • analisi delle condizioni di sicurezza del sito e delle procedure da seguire • sopralluogo presso gli impianti/interventi di riduzione dei consumi di energia primaria oggetto del controllo, con verifica dell’effettivo stato e rilievo fotografico degli impianti/interventi, componenti, targhe e dati di misura ai contatori elettrici e termici/frigoriferi • predisposizione del verbale di sopralluogo 3)

Analisi documentazione e predisposizione rapporto di verifica (back-office): • analisi della documentazione complessivamente acquisita • predisposizione del rapporto di sopralluogo • predisposizione della comunicazione di primo esito del procedimento (“esito positivo” di chiusura del procedimento amministrativo o “sospensione per presentazione documentazione integrativa”)

4)

Predisposizione esito definitivo, in caso di sospensione per presentazione documentazione integrativa (back- office): • analisi della documentazione integrativa (memorie scritte e documenti) acquisita • predisposizione della comunicazione di chiusura del procedimento (“esito positivo” o “negativo”)

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energia e ambiente

La spinta gentile allo Sviluppo Sostenibile di Annalisa Ciatti

A partire dagli anni ’70, l’evoluzione delle scienze comportamentali ha portato nuova linfa al dibattito economico, mutando i presupposti dell’economia classica, che imperniava le scelte degli individui sull’ineffabile principio della razionalità, esercitato nel rispetto di una legge ferrea che ci vorrebbe incessantemente alla ricerca “del massimo risultato con il minimo sforzo”. Studiando la grigia area d’intersezione tra scienze cognitive e scelte economiche, è stato invece più volte dimostrato come il nostro processo decisionale sia ben più complesso e permeabile a fattori di contesto di quanto non ci piaccia credere. Complessità e fattori di contesto ci portano, in sostanza, fuori dai binari di quella razionalità che abbiamo a lungo creduto fosse la stella polare del comportamento economico.

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Sono numerosi gli studi che hanno dimostrato la fallacia dei nostri ragionamenti in relazione a scelte che compiamo nel quotidiano e che incorporano evidenti ricadute economiche. Daniel Khaneman, Premio Nobel per l’economia nel 2002 per aver integrato i risultati della psicologia nella scienza economica, nel suo celebre bestseller “Pensieri lenti e veloci” precisa come il senso e la coerenza che attribuiamo a posteriori alle nostre scelte sia sostanzialmente frutto dei modi - talvolta bizzarri - che ha il nostro cervello di creare ordine nel mondo. Il livello di complessità di ragionamento che edulcora la nostra labile “razionalità” nel quotidiano ci gioca di continuo brutti scherzi: si pensi, ad esempio, al fatidico


lunedì in cui ci proponiamo di riprendere l’attività in palestra così da tornare in forma per l’estate. Molto probabilmente la nostra mente finirà per renderci fin troppo agevole indulgere in rinvii, proponendo a noi stessi le più disparate giustificazioni, nel momento in cui quel lunedì arriverà.

La tendenza appena descritta, che certo non esaurisce la gamma delle “distorsioni cognitive” di cui il nostro processo decisionale risente, ha evidenti impatti anche su questioni più generali che ci interessano individualmente ma soprattutto come società.

Abbiamo tutti - chi più chi meno - una tendenza innata a calciare in avanti scelte lungimiranti che ci appaiono scolpite nella pietra del futuro, per poi rivelarsi tracciate sulla sabbia del presente, pensando con irrealistico ottimismo a quanto riusciremo a fare domani. Ciò avviene a dispetto della ricompensa attesa e dunque di ciò che una mera razionalità economica imporrebbe di fare. In altri termini, anche se il ritorno del nostro piccolo sforzo attuale produrrà gratificazioni maggiori in futuro, ci è difficile calibrare le scelte sul piano intertemporale, tenere la rotta, “fare la cosa giusta”.

Sul piano ambientale la nostra tendenza a preferire l’uovo oggi contribuisce a perpetrare, o quantomeno a non impedire, l’allarmante depauperamento delle risorse a nostra disposizione. Un depauperamento di cui siamo sempre più consapevoli e che sappiamo in grado di condurci inesorabilmente ad un punto di non ritorno; a meno che non teniamo fede ai nostri propositi di cambiare le cose. Come per le scelte quotidiane, tuttavia, dobbiamo prendere in considerazione il fatto che il cambiamento collettivo delle abitudini che ci proponiamo potrebbe - cognitivamente cadere di lunedì.

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Sul finire degli anni ‘60, in un ipotetico passaggio di staffetta con l’approccio delle scienze cognitive al pensiero economico, venne efficacemente descritta la cosiddetta “tragedia dei beni comuni”, metafora calzante del dilemma ambientale che oggi viviamo: continuare, per sopravvivere, a perseguire l’interesse personale/privatistico sfruttando le risorse comuni a nostra disposizione e, al tempo stesso, fare qualcosa per conservarle, perché scarse e dunque preziose. Il dilemma del “bene comune ambiente” ha dimensioni globali e pone una sfida inedita al futuro dell’umanità. Ma, ancora una volta, l’onere di plasmare un futuro sostenibile va inquadrato come una battaglia che ciascuno deve vincere prima di tutto con se stesso. Dal cambiamento del modo di agire individuale, si passa a quello della collettività. Si comprende, dunque, dove sia il punto di forza di una maggiore analisi del processo cognitivo, che parta dalla capacità di indirizzare la scelta del singolo per cambiare la società. In un ipotetico scenario in cui le scienze comportamentali non abbiano mai fatto il loro ingresso sulla scena, il set di strumenti a nostra disposizione proporrebbe invero soluzioni più parziali. Potremmo certo continuare a fare leva su obblighi coercitivi, disincentivi o incentivi di carattere esclusivamente monetario, ma tutto questo potrebbe non essere abbastanza. Potrebbe esserci qualche elemento di complessità che sfugge, che se compiutamente analizzato potrebbe invece aiutarci a superare i nostri condizionamenti cognitivi e a centrare l’obiettivo. Ben vengano, dunque, nuovi approcci orientati a produrre una “spinta gentile” verso la cosa giusta soprattutto se quest’ultima è la costruzione di un presente sostenibile e, in prospettiva, di un futuro migliore in un esercizio di solidarietà intergenerazionale doveroso ma complesso. Nella cornice dello sviluppo sostenibile il settore energetico gioca un ruolo decisivo. Dobbiamo trovare nuovi percorsi per quanto concerne la produzione ed il consumo responsabile. E tracciare questi nuovi percorsi è un compito che spetta alla pubblica amministrazione in qualità di custode del bene comune. A tale riguardo il Gestore dei Servizi Energetici si colloca in una posizione ottimale, avendo le capacità per creare una triangolazione vincente tra le esigenze pubbliche, i bisogni e le azioni delle comunità sul territorio e lo sviluppo di intersezioni della domanda e dell’offerta di energia da parte degli operatori economici.

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Il Gestore dei Servizi Energetici, quale anello finale nella catena dell’implementazione delle politiche pubbliche, interagisce in via diretta con centinaia di migliaia di privati cittadini che operano nel settore delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica: ciò dà l'occasione di osservarne comportamenti reali e confrontarli con quelli attesi e di creare sinergie in grado di accomunare l'interesse dei singoli a migliorare la qualità della propria vita con il bisogno di generare sviluppo, traguardando l’obiettivo comune. La declinazione sul territorio dello sviluppo sostenibile da parte del GSE passa attraverso iniziative di Corporate Social Responsibility ma anche, e soprattutto, di coinvolgimento delle autorità locali e territoriali in progetti di recupero del patrimonio edilizio, conservazione del paesaggio e sviluppo dell’energia rinnovabile e dell’efficienza energetica. La sfida è ambiziosa: accompagnare i Comuni italiani virtuosi nel proprio percorso di sostenibilità, indirizzando gli investimenti verso una crescita ecocompatibile puntando a creare un modello di “Comune Sostenibile” da diffondere nell’intero Paese. Per farlo è necessario spingere gentilmente le persone ad assumere comportamenti efficacemente orientati ad un nuovo paradigma di sviluppo, finalmente sostenibile.


mercato energetico

La rivoluzione del futuro immediato IL PARERE DI MATTEO CODAZZI Amministratore Delegato di Cesi di Fausto Carioti Siamo sull’orlo di una nuova rivoluzione del mercato dell’energia, ma i contorni e tempi di quello che sta per accadere al consumatore sono ancora tutti da scoprire. Elementi ne ha parlato con Matteo Codazzi, chief executive officer di Cesi (Centro elettrico sperimentale italiano), società di consulenza tecnica e ingegneristica nel settore energetico che opera a livello mondiale e ha tra i propri azionisti principali Terna ed Enel. «La rivoluzione energetica è già iniziata, la rapidità della Matteo Codazzi - Amministratore Delegato di Cesi

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diffusione dei nuovi modelli e delle nuove tecnologie dipenderà dalla consapevolezza del cliente finale di poter essere parte integrante della filiera energetica, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta “intelligente”», spiega Codazzi. «Mi riferisco - prosegue - alla figura del “prosumer”. Centinaia di migliaia di consumatori che diventano produttori con il diritto al dispacciamento della propria elettricità -magari in forma aggregata- spesso caratterizzata dall’intermittenza, tipica del fotovoltaico e dell’eolico. Se vogliamo darci dei tempi, guardiamo cosa è successo in meno di cinque anni con le rinnovabili. Nei prossimi anni vedremo sempre più diffondersi altre tecnologie quali lo storage, l’auto elettrica, l’Internet of Things (IoT), che porteranno a compimento un cambiamento davvero radicale».

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E: Quali tra queste tecnologie avranno il maggiore impatto sulle nostre abitudini? MC: In generale, sarà la convergenza tra energia e digitale il motore di alcune tra le tendenze che più influenzeranno il settore, sia per quanto riguarda il consumo che la generazione di energia elettrica. Il passaggio all’Internet of Things stravolgerà i modelli di consumo e di vendita. I device intelligenti porteranno benefici per il cliente in maniera “seamless”, rendendo l’accesso all’energia semplice come accedere a un’applicazione dallo smartphone. La domanda attiva, abilitata dai dispositivi IoT, anche in forma aggregata, competerà sui mercati della flessibilità insieme alle batterie distribuite nelle case e a quelle a bordo di veicoli elettrici V2G (vehicle-to-grid e grid-to-vehicle). Dal punto di vista del consumatore, l’IoT comporterà una sempre maggiore personalizzazione dei servizi offerti, che saranno gestiti in tempo reale dai singoli device, ottimizzando i consumi di energia e riducendone i costi. I servizi saranno sempre più al centro dell’offerta, mentre l’energia sarà combinata insieme a questi e quasi scomparirà come elemento distintivo dell’offerta.


E: Come Cesi su quali soluzioni vi concentrerete? MC: L’interesse di Cesi si focalizzerà ancora di più sulle fonti rinnovabili, le reti intelligenti, la sicurezza informatica, le soluzioni per gestire l’aggregazione della generazione distribuita e le grandi linee elettriche di interconnessione. Le attività di prova e certificazione si orienteranno sempre più verso il futuro, in particolare attraverso lo studio e il testing della nuova componentistica: dai cavi Hvdc alla nuova generazione di contatori digitali, dalle colonnine di ricarica ai sistemi di microgrid, dall’elettronica di controllo dello storage a quella del demand side. E: Cesi svolge la propria attività in tutto il mondo. Quale Paese ritiene un modello per il modo in cui sta realizzando la transizione verso il “nuovo” mercato elettrico? MC: Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno dato un forte impulso allo sviluppo del nuovo mercato, grazie alla spinta dell’industria digitale. In tema di integrazione delle risorse distribuite, singoli mercati, come il Caiso californiano e il Regional Transmission Organizzation Pjm sulla costa orientale, stanno fornendo un esempio concreto della reale possibilità di aprire il mercato a nuovi player, da storage a piccole rinnovabili, fino alla domanda aggregata nel Demand Side Response. È estremamente importante essere capaci di guardare oltre i nostri confini ed essere disponibili a nuove esperienze di business. Aprire le porte a contesti dinamici nel mondo è la strada che abbiamo individuato per la diffusione di soluzioni innovative in Italia e in Europa.

E: Però l’Europa va avanti senza un mercato elettrico comune e integrato. Manca un accesso concordato ai fornitori e nella realizzazione degli scambi transnazionali c’è ancora molta strada da fare. MC: Per l’Europa vediamo la condizione opposta a quella statunitense. La tecnologia sviluppata dalle grandi industrie elettromeccaniche è competitiva e i target per la decarbonizzazione del settore sono chiari. Ma è ancora allo stato embrionale la capacità comune dei singoli Stati di mettere in forza gli obiettivi comunitari con politiche d’avanguardia. Nel mercato elettrico, le differenze tra i singoli Paesi sono ancora notevoli, sia a livello di dinamiche di mercato che a livello di mix di generazione disponibile e, dunque, prezzi. C’è bisogno di un supporto comune allo sviluppo di rinnovabili e generazione distribuita. Il supporto alla flessibilità del sistema, tema chiave per l’adeguatezza della rete, deve essere affrontato con un contributo di inerzia e servizi di bilanciamento comune a tutti gli Stati membri interconnessi e l’accesso al mercato deve essere aperto e privo di discriminazioni tecnologiche. La strada tracciata dal Clean Energy Package nel novembre scorso per noi è quella giusta, ma la regolamentazione dovrà essere chiara, univoca e universalmente applicata. E: A parlare di innovazioni tecnologiche mentre su imprese e famiglie gravano le bollette più care d’Europa si corre il rischio di passare per visionari: l’Italia continua a pagare il mix di fonti primarie più costoso, aggravato dal costo degli incentivi alle fonti rinnovabili. MC: Se è vero che le iniziali politiche incentivanti poco lungimiranti hanno appesantito le bollette di imprese e famiglie, è anche vero che la diffusione così rapida e dirompente delle rinnovabili e della nuova generazione a gas ha lasciato all’Italia il parco di generazione più avanzato in Europa e ha creato consapevolezza nei consumatori riguardo alle possibilità delle nuove fonti. Si pensi anche a quanto risparmiamo all’anno in termini di minori importazioni di energia primaria. A questo punto è necessario trasformare questa condizione in opportunità per l’industria e i consumatori italiani. E: Quali provvedimenti ritiene necessari in Italia, da parte di governo e Parlamento, perché si realizzi il futuro migliore? MC: A livello sistemico, una maggiore centralizzazione delle politiche energetiche che superi i limiti della devoluzione agli enti locali, favorirebbe lo snellimento della burocrazia e delle procedure amministrative, incoraggiando gli investimenti. In particolare, ci aspettiamo dalla nuova Sen gli strumenti attraverso i quali le aziende italiane possano confrontarsi con i propri competitor su un piano di parità, spingendo sia sull’evoluzione del mercato energetico che sulla necessaria sinergia tra il settore energetico-ambientale e quello industriale e dei prodotti Ict, nell’ottica dei modelli dell’ “Industria 4.0”.

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mercato energia

Il futuro è già presente “La domanda” che diventa sempre di più protagonista in un settore in forte evoluzione. Il consumatore, quindi, è sempre di più al centro delle dinamiche di mercato. L’innovazione e lo sviluppo di servizi tecnologi costituiscono, oggi più che mai, il nuovo motore di progresso anche nell’energia. In questo contesto si inserisce perfettamente il Sistema Informativo Integrato (SII).

di Alessio Boriello

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Solo pochissimi anni fa quello dell’energia era un mondo piuttosto ristretto. Un ambiente dominato in prevalenza da tecnici, nato da iniziative private ha - quasi ovunque - presto assunto una configurazione fortemente pubblica, sia per il suo valore sociale che per il livello degli investimenti da mettere in campo. Nel corso del tempo, con il passare degli anni, si è assistito ad una decentralizzazione del settore: con fenomeni quali la frammentazione e diffusione della produzione, la moltiplicazione di operatori e la nascita di nuove figure operanti nel mercato. In ogni caso, però fino ad oggi, il driver del settore è stata l’offerta. E gli interventi, sia pubblici che privati, erano volti soprattutto alla sua crescita. Ma qualcosa sta cambiando e, così, vediamo emergere un nuovo attore in cerca dei suoi spazi: la domanda. Assistiamo, quindi, ad un’evoluzione del consumatore legata allo sviluppo tecnologico, alla facilità di accesso agli strumenti informatici, alla connettività diffusa. Il fenomeno non è appannaggio del solo settore dell’energia. Siamo nell’era dell’Industria 4.0, dell’Information Technology, dell’Internet of Things e dei social. Oggi, la proverbiale “casalinga di Voghera” maneggia con disinvoltura - spesso inconsapevole - uno smartphone, più potente degli strumenti di calcolo che hanno portato l’uomo sulla luna, e la stessa lavatrice è oggi potenzialmente connessa alla rete. L’innovazione e lo sviluppo di servizi tecnologici costituiscono, oggi più che mai, il nuovo motore di sviluppo anche nell’energia. In questo contesto si inserisce perfettamente

il Sistema Informativo Integrato (SII), di Acquirente Unico, che gestisce tutte le operazioni commerciali del sistema elettrico e del gas garantendo importanti risultati per il mercato, come gli switching in tre settimane (in linea con le direttive europee), ma in specifici casi anche in un solo giorno. Il SII, tuttavia, vedrà inevitabilmente crescere il proprio ruolo anche rispetto a un nuovo modello di mercato, di cui ancora non conosciamo la forma ma di cui intuiamo le potenzialità. Il Sistema gestirà infatti i flussi di misure che arriveranno dai sistemi di smart metering 2G: una mole di dati enormemente superiore a quella fino ad oggi disponibile, rilevata con maggior frequenza e migliore accuratezza. L’integrazione tra i due sistemi, Smart meter 2G e SII, consentirà di sviluppare strumenti e modelli innovativi di analisi e di utilizzo di queste informazioni a molteplici fini. Gli operatori potranno così migliorare le proprie proposte commerciali, accrescere la customer care e sviluppare nuovi business dal mercato. Regolatori e decisori pubblici potranno ottimizzare ed efficientare la propria azione, sviluppando più efficaci ed innovative politiche pubbliche, per la cui implementazione, gestione e verifica sono già disponibili società terze e indipendenti dal mercato. Il futuro, possiamo quindi pensare, che non è poi così lontano, anzi. Così il consumatore aumenterà il proprio patrimonio informativo che gli permetterà di scegliere il proprio fornitore più consapevolmente, produrre energia da fonti rinnovabili, fare accumuli, gestire i propri consumi in funzione di segnali di prezzo (demand response), e non solo. Per citare Einstein, “la logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto”. Le informazioni rappresentano, dunque, il fattore di input per effettuare scelte più efficienti, potenziando il ruolo della domanda. Le asimmetrie informative, già superate tra gli operatori grazie al SII, potranno essere superate anche tra operatori e clienti, aumentando la trasparenza e la quantità delle informazioni disponibili. Si profila, dunque, un nuovo rapporto consumatore-venditore dove la commodity non sarà più necessariamente il centro del mercato e i servizi connessi alla gestione efficiente dell’energia, potranno divenire la parte economicamente più rilevante. La grande sfida del SII sarà quella di trasferire informazioni validate e certificate in modo comprensibile e fruibile non solo dagli operatori, ma anche dal consumatore affinché possa aumentare la propria consapevolezza, percepire e verificare il valore delle offerte, comprendere i vantaggi dati da nuovi servizi e cogliere l’opportunità di verificarle in prima persona. Sembra fantascienza, ma “il futuro” è già “presente”. Così per citare ancora Einstein: “Non penso mai al futuro, arriva sempre così presto”.

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energia rinnovabile Biomasse, biogas agricolo, teleriscaldamento

Urge superare l’incertezza normativa INCONTRO CON WALTER RIGHINI Presidente Fiper (Federazione Italiana di Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili) Il contributo del settore all’economia del Paese si misura nell’apporto di energia da fonte rinnovabile e nella capacità di creare reddito e posti di lavoro di medio lungo periodo nelle aree montane e rurali dove hanno sede gli impianti.

Walter Righini - Presidente Fiper (Federazione Italiana di Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili)

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di Elena Veronelli


Il contributo delle biomasse e del teleriscaldamento all’economia e all’ambiente, le criticità ancora da superare e le proposte per spingere il settore. Ne parliamo con Walter Righini, Presidente Fiper. E: Presidente Righini, che contributo può dare il settore delle biomasse, biogas agricolo e teleriscaldamento ad ambiente, economia e occupazione? WR: Il contributo si misura non solo nell’apporto di energia da fonte rinnovabile, quanto nella capacità di creare reddito e posti di lavoro di medio lungo periodo nelle aree montane e rurali dove hanno sede gli impianti. A differenza di altre fonti, all’avvio dell’impianto si genera infatti una domanda costante di biomassa per i successivi 20-30 anni. Il valore aggiunto di questi “distretti agroenergetici” è dato dalla creazione e consolidamento della filiera di approvvigionamento delle biomasse derivanti dall’attività forestale, agricola, agro-alimentare e soprattutto dalla conseguente gestione del territorio. Inoltre, il teleriscaldamento a biomassa e il biogas agricolo rappresentano valide soluzioni per la mitigazione dei gas serra e il contrasto ai cambiamenti climatici.

E: Criticità da superare? WR: Principalmente la mancanza di un approccio di sistema che si riscontra poi nell’incertezza normativa e nel ritardo legislativo. Il tema della politica energetica/industriale va coniugato con le risposte che l’Italia intende mettere in campo sul cambiamento climatico, ma non solo. È necessaria una visione strategica di medio lungo periodo. In diverse occasioni Fiper ha proposto di costituire una cabina di regia tra il Ministero delle Politiche Agricole, il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico per favorire sinergia, economia di scala nella promozione della filiera biomasse/biogas/ biometano. E: Quali misure sono necessarie per spingere il settore? WR: Non tanto incentivi quanto maggiore certezza normativa e uniformità della disciplina sul territorio, per favorire

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l’innovazione e l’attrazione di investimenti. In particolare per le biomasse chiediamo di riconoscere parità di trattamento tra la produzione di energia elettrica e termica. Ovvero riconoscere misure di incentivazione analoghe tra i diversi utilizzatori del medesimo biocombustibile, mitigando la distorsione della concorrenza nel mercato delle biomasse legnose già segnalata dall’Autorità per la Concorrenza. Inoltre nell’ottica di promozione dell’efficienza energetica è fondamentale favorire l’impiego della biomassa legnosa per la produzione combinata di energia termica/elettrica. E: Negli ultimi mesi i prezzi dei Certificati bianchi sono schizzati al rialzo. Secondo Fiper il motivo è legato a una carenza di offerta dei Titoli di Efficienza Energetica. Tuttavia il presidente del GSE, Francesco Sperandini, sostiene l’opposto: non c'è alcuna carenza di titoli. Come spiega questa divergenza di opinioni? WR: Avrà ragione il presidente Sperandini, avendo accesso diretto a tutti i dati relativi al mercato dei Tee e alle varie transazioni. A fine gennaio noi abbiamo avviato uno studio tra i vari operatori da cui è emerso che al momento si tratta di un mercato corto o c’è il timore che lo diventerà a breve. Ci pare che anche AEEGSI (delibera 172/2017) abbia riconosciuto che: “non sono emersi comportamenti potenzialmente anomali da parte dei distributori e, in particolare, di scelte artatamente opportunistiche…” e “ ...le nuove specificità e criticità nel meccanismo nel suo complesso sono dovute alle imminenti innovazioni normative e attuative”. Una proposta potrebbe essere l’introduzione di un tetto massimo al numero di trasferimenti di un singolo Tee entro il quale il certificato deve essere acquistato da un soggetto obbligato e annullato per il soddisfacimento dell’obbligo. E: A marzo sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le nuove regole sui Certificati bianchi. Qual è la sua valutazione? WR: Ci sembra una buona base di partenza per avviare un confronto con il GSE e il MiSE per illustrare le specificità del teleriscaldamento ottenuto con fonti rinnovabili; l’obiettivo è proporre la messa a punto di un modello di progetto standardizzato che tenga conto del conseguente risparmio addizionale di energia primaria di origine non rinnovabile, in vista della redazione della guida operativa. Penso ci siano diversi interventi che possono essere di interesse anche per il settore agricolo e agro-industriale (biogas/biometano): per esempio, l’installazione di essiccatoi e di sistemi per il trattamento degli effluenti gassosi.

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E: È allo studio la nascita di una filiera dedicata alle rinnovabili che coinvolge Anaci, Anig, Assieme, Assoidroelettrica, Assoverde, Fiper e Italia Solare. Quali gli obiettivi? WR: La promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, soprattutto nel settore residenziale. Tra gli obiettivi, l’urgenza di “fare rete”; in secondo luogo la filiera si impegnerà per diventare sempre più un soggetto omogeneo, stabile e credibile nel confronto con il decisore politico. E: Sono stati pubblicati diversi studi secondo cui l’impiego della biomassa solida per il riscaldamento contribuirebbe notevolmente alle emissioni inquinanti del settore domestico. WR: Dipende dalla tecnologia utilizzata. Il teleriscaldamento efficiente è stato promosso dalla Direttiva sull’efficienza energetica tra le azioni prioritarie per ridurre i consumi di energia primaria e le emissioni. Il teleriscaldamento - definito efficiente se impiega almeno il 50% di fonti rinnovabili - viene indicato nei diversi Piani Regionali per il Miglioramento della Qualità dell’Aria-PRIA quale strumento per ridurre l’incidenza in termini ambientali della combustione degli impianti domestici a biomassa e non. I dati pubblicati da Arpa Lombardia, confermano che il teleriscaldamento a biomassa dotato di sistemi di abbattimento delle emissioni (multi cicloni, impianti di condensazione e lavaggio dei fumi, filtri elettrostatici, ecc.) riduce i fattori di emissione di PM10 e polveri sottili nel settore residenziale, monitorando in tempo reale un unico camino. Questa tecnologia rappresenta una valida soluzione per migliorare la qualità dell’aria e garantire un uso efficiente delle biomasse legnose a fini energetici. Inoltre bisogna tener presente tutte le “esternalità”: manutenzione dei boschi e del territorio, sostituzione delle innumerevoli caldaie a gasolio con unica centrale monitorata, ricadute occupazionali ed economiche nel territorio.


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energia rinnovabile

Pannelli fotovoltaici, è rivoluzione! CONFRONTO CON DI ALDO DI CARLO Professore Ordinario Ingegneria Elettronica Università di Tor Vergata di Roma Il contributo del settore all’economia del Paese si misura nell’apporto di energia da fonte rinnovabile e nella capacità di creare reddito e posti di lavoro di medio lungo periodo nelle aree montane e rurali dove hanno sede gli impianti.

Aldo Di Carlo - Professore Ordinario Ingegneria Elettronica Università di Tor Vergata di Roma

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di Luca Speziale


E: Qual è oggi il rapporto fra l’utilizzo delle fonti fossili e quelle rinnovabili in Italia e quali sono gli elementi che frenano la svolta “green”? ADC: È necessario fare qualche considerazione introduttiva per aver ben chiaro il quadro della situazione. Il punto di partenza è che la domanda di energia è in continua crescita ma, contemporaneamente, cresce anche la necessità di ridurre la CO2 e combattere l’effetto serra. La vera sfida, oggi, è proprio conciliare questi diversi aspetti. Per questo abbiamo bisogno di fonti di energia rinnovabili, che siano illimitate, pulite e distribuite sull’intero globo terrestre. Secondo gli ultimi dati, a giugno del 2016 la quota di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nel nostro Paese ha superato quella proveniente da fonti fossili. Ma già dal 2014 il contributo delle rinnovabili si è stabilizzato intorno al 35-40%. Inoltre il nostro Paese può vantare il record mondiale — tra quelli industrializzati — dell’8% del contributo del fotovoltaico al mix elettrico. E: Quando si parla di fonti alternative, l’efficienza è sicuramente un elemento fondamentale. In tal senso ci parli del vostro progetto. ADC: In un sistema fotovoltaico l’efficienza, intesa come quantità di radiazione solare convertita in energia elettrica, è un parametro fondamentale per valutarne il rendimento, ma non è l’unico. Infatti per tecnologie fotovoltaiche appartenenti alla cosiddetta “nuova generazione”, le alte efficienze devono essere accompagnate dai bassi costi di produzione e da una stabilità del rendimento fotovoltaico garantita nel tempo. Queste nuove tecnologie fotovoltaiche organiche e ibride organiche/inorganiche, in taluni casi, non solo possono sostituire le tecnologie a film sottile, ma inserirsi in nicchie di mercato inesplorate: per esempio applicazioni indoor, integrazione in strumentazioni “stand alone” e integrazione architettonica in facciate di edifici. La nostra sfida è quella di sviluppare una tecnologia che coniughi materiali innovativi come grafene e perovskite, per realizzare pannelli solari a film sottile di larga area per applicazioni convenzionali ed innovative. E: Quali sono i vantaggi legati allo sviluppo di un pannello fotovoltaico dove, al posto del silicio, vengono utilizzati il grafene e la perovskite?

che è una delle fonti di degradazione della cella. Quest’idea è stata accolta all’interno della progetto Europeo “Graphene Flagship”, che ha permesso di sostenere gli sforzi di ricerca per dimostrare la fattibilità di questo approccio. Nell’ambito di tale progetto, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia e il Technological Educational Institute of Crete, abbiamo realizzato un modulo fotovoltaico a graphenepervoskite con un’area attiva di ben 50,6 cm2. L’impiego del grafene ha comportato un aumento dell'efficienza dal 11,6% al 12,6% e un miglioramento della stabilità del modulo che dopo 1.630 ore mantiene più del 90% dell’efficienza iniziale. E: Quali sono i prossimi passi? ADC: Prima di tutto dobbiamo ottimizzare il processo di stampa per depositare grafene e perovskite su aree più grandi. Esistono diverse tecnologie di stampa che ben si adattano a questi materiali, ma non tutte permettono di realizzare film con alte efficienze di conversione su aree ben superiori ai 100 cm2. Il secondo passo riguarda la realizzazione di un pannello fotovoltaico grafene-perovskite completo, che dovrà poi essere misurato in condizioni reali di illuminamento (outdoor), al fine di determinarne la produzione energetica. E: Avete altre idee in cantiere? ADC: Sicuramente. Le celle a pervoskite possono essere utilizzate in configurazione tandem con quelle al silicio: la pervoskite assorbe la radiazione a piccola lunghezza d’onda, mentre il silicio quella a lunghezza d’onda maggiore. Simulazioni numeriche mostrano che la configurazione tandem potrebbe raggiungere efficienze di oltre il 30%. Anche in questo caso vorremmo utilizzare il grafene o altri materiali bidimensionali all’interfaccia tra perovskite e silicio per migliorare il trasferimento di carica. Di particolare interesse è anche l’utilizzo delle celle a perovskite per l’integrazione architettonica del fotovoltaico. Potendo variare sia il grado di trasparenza che il colore della cella è possibile posizionare il pannello anche nelle facciate degli edifici. Anche in questo caso il grafene potrebbe essere utile per realizzare il contatto semitrasparente della cella.

ADC: Negli ultimi anni il fotovoltaico di III* generazione ha vissuto un periodo di forte rivoluzione con l’introduzione di materiali ibridi organici-inorganici chiamati perovskiti. Tali materiali possono essere depositati tramite semplici processi di stampa permettendo di raggiungere efficienze di conversione paragonabili, se non superiori, a quelle ottenute con tecnologie a film sottile o con silicio policristallino. Purtroppo la natura ibrida di questo materiale, è causa di una limitata stabilità sotto normali condizioni operative, che influisce negativamente sul tempo di vita finale del pannello fotovoltaico. Nell’ottica quindi di migliorare le prestazioni del dispositivo, sia in termini di efficienza che di stabilità, abbiamo introdotto il concetto di Graphene Interface Engineering dove il grafene e altri materiali bidimensionali vengono depositati alle interfacce tra i vari strati che compongono la cella a perovskite. Le peculiari proprietà di questi materiali permettono un miglioramento dell’efficienza di trasferimento di carica tra gli strati della cella e, allo stesso tempo, limitano la diffusione ionica

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energia rinnovabile

Un arcobaleno di energia

di Edoardo Borriello

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Nei prossimi decenni l’energia che usiamo per riscaldare le case, utilizzare gli elettrodomestici, guidare le auto, alimentare le imprese e gestire ogni aspetto dell’economia sarà generata a costo zero. Ne è convinto Jeremy Rifkin, economista di fama mondiale. Ciò avviene già per milioni di "pionieri" che hanno trasformato le loro case e le loro imprese in micro impianti energetici che producono da sé energia rinnovabile.

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La forte accelerazione dell’installazione di energie rinnovabili, in particolare solare e eolica, è dovuta in gran parte al crollo dei costi di tali tecnologie, oltre che agli incentivi introdotti dai singoli Stati. L’impatto dell’energia solare ed eolica è tanto più evidente se si considera l’enorme potenziale di queste fonti. Il sole irradia 470 exa-joules di energia sul nostro pianeta ogni 88 minuti, pari alla quantità di energia che gli esseri umani usano in un anno. "Se potessimo sfruttare lo 0,1% dell’energia solare che raggiunge la Terra - afferma Rifkin avremmo una quantità di energia sei volte superiore a tutta quella oggi utilizzata nell’economia globale". Come i raggi del sole, il vento soffia ovunque nel nostro pianeta. Uno studio della Stanford University sulla capacità eolica mondiale è giunto alla conclusione che se riuscissimo a sfruttare il 20% della forza del vento disponibile, potremmo generare sette volte più elettricità di quella attualmente consumata dall’intera economia globale. L’Internet of Things consentirà alle imprese e a tutti i consumatori di monitorare il consumo di elettricità negli edifici, ottimizzare l’efficienza energetica, condividere le eccedenze di elettricità verde su scala nazionale e internazionale. Ad avviso di Rifkin, l’Internet dell’energia si basa su cinque pilastri fondamentali, che devono essere presenti simultaneamente, se si vuole che il sistema operi in modo efficiente: 1) Introduzione di tariffe vantaggiose e incentivi per incoraggiare i pionieri a trasformare edifici e siti di loro proprietà in impianti di micro generazione distribuita di energia. Le tariffe incentivanti garantiscono un reddito superiore al valore di mercato per l’energia rinnovabile generata localmente e immessa in rete. 2) Ristrutturazione secondo criteri di efficienza energetica degli edifici e di tutte le altre infrastrutture e installazione di impianti di energia rinnovabile (solare, eolica) per generare energia per il consumo immediato o per l’immissione nella rete elettrica con relativa compensazione.

4) Installazione di contatori avanzati in ogni edificio e introduzione di altre tecnologie digitali per trasformare la rete elettrica dalla connessione servo-meccanica a quella digitale capace di gestire una molteplicità di piccoli impianti di energia rinnovabile generata localmente in modo distribuito. 5) Prevedere l’allestimento nei parcheggi di stazioni di ricarica per veicoli elettrici e a idrogeno alimentate dall’internet dell’energia rinnovabile che possano non solo acquistare ma anche erogare elettricità alla rete elettrica. La progressiva introduzione di questi elementi trasforma la rete elettrica da sistema centralizzato e alimentato da fonti fossili e nucleare, a un sistema distribuito alimentato dalle energie rinnovabili. "In questo modo - dice Rifkin - ogni azienda, ogni quartiere, ogni abitazione, diventano produttori e consumatori di energia elettrica, condividendo il loro surplus con tutti gli altri sull’Internet dell’energia in una rete intelligente che sta cominciando ad estendersi attraverso nazioni e continenti. Da qualche anno un grande gruppo energetico italiano, Eni, ha avviato la collaborazione con i cosiddetti "maker", artigiani digitali, anche attraverso maratone di sviluppo, programmazione e design che impegnano gruppi di ricercatori nella soluzione di problematiche attraverso tecnologie innovative. E l'ultima Maker Faire svoltasi a Roma ha ampiamente dimostrato l'utilità di queste scelte di Eni. Al Maker Faire di Roma il gruppo petrolifero ha "raccontato" tre storie. Nella prima si immagina un momento della vita di un dipendente Eni attraverso dei "concept di digital home", un gateway costituito da oggetti interconnessi che ricevono informazioni elaborando il contesto e tracciando profili di consumo personalizzati. La seconda - Digital Employee ci racconta di un braccialetto digitale connesso, che possa aiutare in caso di emergenza sanitaria, fornendo dati ai soccorritori. La terza ha rivolto lo sguardo verso le tante aree geografiche del mondo dove Eni opera, rivolgendo l’attenzione alla sanità di quei paesi. Digital Earth è un dispositivo di monitoraggio delle acque, necessario per la tutela della salute e garantire alle popolazioni locali acqua pulita nei pozzi.

3) Installazione di tecnologie di accumulo energetico - come l’idrogeno, le celle a combustibile, le batterie, il ripompaggio idrico - sia negli impianti locali di produzione che lungo le reti elettriche in modo tale da dare continuità ai flussi di elettricità verde intermittente e stabilizzarne picchi.

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energia rinnovabile

Nasce Elettricità Futura PER PROMUOVERE LA TRANSIZIONE ENERGETICA

a cura di prometeo ADNK

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Nasce Elettricità Futura, nuova associazione costituita dall'integrazione tra Assoelettrica e AssoRinnovabili. La presentazione è avvenuta in occasione della prima assemblea annuale che si è svolta al Centro Congressi Roma eventi. Elettricità Futura ha l'ambizione di rappresentare le imprese impegnate a promuovere la transizione energetica verso un mercato più sostenibile, innovativo e concorrenziale. La creazione di un soggetto che rappresenti l'intera filiera elettrica, caso unico fra i grandi Paesi europei, vuole rispondere alle sfide della decarbonizzazione, dell'integrazione dei mercati e della centralità del consumatore in un contesto di grande sviluppo tecnologico. E per raggiungere questi obiettivi fissati dall’Ue, l’energia elettrica ricopre un ruolo fondamentale.

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ITALIA IMPORTATRICE DI EMISSIONI: LO RILEVA LA MAPPA MONDIALE DI CO2

"Elettricità Futura - sottolinea Simone Mori, presidente di Assoelettrica - costituisce un passo importante, che porterà le imprese del settore elettrico, indipendentemente dalle tecnologie e filiere di appartenenza, ad acquisire una voce più forte e autorevole e così contribuire alla trasformazione dello scenario energetico italiano ed europeo''. “Questa fusione - aggiunge il presidente di AssoRinnovabili, Agostino Re Rebaudengo - conferma come il mondo delle rinnovabili sia parte integrante del sistema energetico italiano, pronto ad affrontare le sfide poste dalla transizione energetica. Sono certo che la nuova associazione saprà interpretare e tutelare al meglio gli interessi di tutta la filiera elettrica italiana''. Decarbonizzazione, efficienza energetica, elettrificazione dei consumi finali, innovazione tecnologica e mobilità elettrica sono i temi chiave sui quali Elettricità Futura intende sviluppare la sua azione. Inoltre, commenta il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia “questa fusione tra le due associazioni è molto importante perché prevede l'ingresso in Confindustria di altre 600 imprese in più: Assorinnovabili, infatti, era esterna al sistema confindustriale".

L'Italia, come quasi tutti i Paesi sviluppati, è un'importatrice di emissioni e questo aumenta la quota di emissioni nazionali di circa un quarto. Complessivamente il Mediterraneo ha un consumo di emissioni maggiore rispetto alla sua produzione: ciò è dovuto soprattutto alle importazioni provenienti da Cina, Russia e Paesi arabi verso Francia, Italia, Spagna e Turchia. Lo stabilisce la nuova mappa mondiale delle emissioni di gas serra realizzata nell’ambito della ricerca che vede insieme l'Università di Siena e la Aarhus University, e pubblicata sulla rivista scientifica internazionale 'Journal of Cleaner Production'. Secondo lo studio, che ha stimato le emissioni di anidride carbonica emesse dalle popolazioni di oltre 170 nazioni nel mondo sulla base dei loro consumi, ci sarebbero otto miliardi di tonnellate di CO2 incorporate nel commercio internazionale, cioè emesse in una nazione per produrre beni consumati in un'altra. ''Uno degli effetti principali del sistema economico attuale spiega Dario Caro, ricercatore della Aarhus University e principale autore della ricerca - è la delocalizzazione della produzione, dai Paesi sviluppati ai Paesi in via di sviluppo. Così, oltre a ridurre i costi di produzione, si sfruttano le risorse di questi ultimi, senza però essere minimamente responsabilizzati da un punto di vista politico-ambientale''. L'approccio al consumatore adottato dalla ricerca, infatti, si differenzia dal tradizionale monitoraggio delle emissioni di gas serra su scala nazionale, che prende in considerazione unicamente la produzione che avviene all'interno dei confini di ciascun Paese, perché accende i riflettori sulla responsabilità dei consumatori. Nello studio, il calcolo delle emissioni tiene conto anche dei beni consumati all'interno dei confini nazionali, facendo emergere in questo modo l'effetto che il commercio internazionale ha sulle emissioni su scala globale. In questa ottica, Paesi esportatori come Cina, Russia e molti del Medioriente riducono la loro responsabilità nelle emissioni di gas serra, in quanto una parte rilevante della loro produzione è finalizzata a soddisfare il consumo dei Paesi più sviluppati. ''Gli Usa - evidenzia Simone Borghesi, ricercatore dell'Ateneo senese - sono il Paese che importa la maggiore quantità di CO2 'nascosta' e con questa nuova attribuzione le emissioni di cui sono responsabili aumentano di circa il 15%". Tra le nazioni che importano di più: l'Olanda che raddoppia la propria responsabilità in termini di emissioni; la Francia (+50%) e il Regno Unito (+35%). "Questo sistema di calcolo - spiega Borghesi - mette in luce una diversa mappatura dei flussi di emissioni inquinanti a livello mondiale che deve far riflettere sulla presunta divisione tra Paesi virtuosi e non. E soprattutto indurre tutti noi, come consumatori finali, a interrogarci sulle responsabilità delle nostre scelte di consumo''. Insomma, un nuovo approccio che secondo Simone Bastianoni dell'Università di Siena, "ci permette di assegnare la responsabilità delle emissioni in modo più equo perché tiene conto anche dell'effetto del commercio. Per esempio la Cina, pur rimanendo il maggiore emettitore mondiale, vede ridotta la sua responsabilità proprio per il fatto che la sua produzione è in gran parte destinata all'export''.

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smart city

Smart cities, non è solo questione di sostenibilità Oggi i contesti urbani sono chiamati ad un ruolo diverso rispetto a quello svolto nel recente passato: divenire i motori di una crescita sostenibile. Una crescita che non ha considerato le ricadute socio-ambientali che ha generato e le moderne città, ma anche i centri minori, non sembrano in grado di sostenere la portata e l’impatto dei cambiamenti in atto nella società globale. La tradizionale pianificazione urbanistica dei territori ha fatto il suo tempo. Questioni legate alla salvaguardia dell’ambiente, alla problematica energetica, ma anche fenomeni di degrado sociale, disoccupazione e povertà diffusa, contraddistinguono oramai molti insediamenti urbani del mondo. La progressiva urbanizzazione dei territori e la scarsità, o mala-gestione delle risorse, ha reso più complessa la situazione. Contesti tecnologicamente avanzati che il più delle volte non sono in grado di crescere, producendo benessere diffuso nel pieno rispetto dell’ambiente che ci circonda. Si tratta di problemi

di Giacomo Giuliani

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Sono le smart cities: un modello innovativo di progettazione, gestione e organizzazione delle città, emerso negli ultimi anni, parallelamente allo sviluppo dell’Ict con l’obiettivo di ripensare le aree urbane in chiave intelligente, favorendo al tempo stesso una crescita sostenibile. Secondo Boyd Cohen, esperto di strategie di pianificazione urbanistica, è attraverso le reti informatiche e l’adozione dell’Ict quale volano di sviluppo socio-economico, che le città potranno crescere in maniera più efficiente, con un consumo minore di risorse, riducendo i costi e migliorando la vita dei cittadini. In questi contesti, grazie alla digitalizzazione dei servizi pubblici e privati, si sta definendo un nuovo rapporto tra cittadini, organizzazioni, istituzioni, imprese e l’ambiente urbano. Una smart city, secondo Cohen, non sarà solo in grado condividere informazioni, ma promuoverà la creazione di conoscenza, limitando anche le emissioni climalteranti attraverso l’efficientamento degli edifici, la riduzione degli sprechi, il miglioramento dei servizi offerti e delle infrastrutture, anche quelle della comunicazione. Il tutto producendo energia pulita e sostenibile nel rispetto della storia, delle tradizioni e della cultura del contesto di riferimento. Un nuovo modello abitativo, più efficiente e sostenibile, dove i cittadini saranno chiamati ad un ruolo importante. Partecipare al cambiamento in maniera proattiva, attraverso una “smart culture”: comportamenti virtuosi e coerenti con l’obiettivo perseguito.

non più rinviabili e in molti ritengono che siamo vicini ad un punto di non ritorno! Salvaguardia dell’ecosistema, riduzione degli sprechi ed efficienza energetica, sono divenute priorità strategiche cui le istituzioni dovranno provvedere. In breve tempo. Negli ultimi anni una nuova e più sentita sensibilità verso questioni cosi rilevanti sembra aver cambiato le carte in tavola, stimolando l’interesse della società civile, delle associazioni di categoria e dei policy maker, verso le opportunità offerte dai nuovi modelli economico-sociali ed anche produttivi legati alla green economy. E’ una buona notizia che però non può bastare. A ben vedere, forse la soluzione dei problemi è già qui. E’ proprio lo sviluppo della tecnologia, se applicata alla gestione dei territori, che potrebbe venirci in soccorso. In molte parti del mondo sta già avvenendo.

Ma qual è la situazione in Italia? Quanto sono smart le nostre città? Nonostante il grande interesse a livello internazionale il nostro Paese sembra non aver ancora colto appieno il potenziale della rivoluzione urbanistica in atto. Secondo i dati aggiornati al 20 gennaio 2016 presentati dall’Anci, ad oggi sono ben 1.308 i progetti smart made in Italy, che hanno coinvolto 15 milioni di cittadini in 158 Comuni, per un investimento totale di 3,7 miliardi di euro. I numeri sembrerebbero quindi incoraggianti in prospettiva futura. Il problema dell’Italia è però un altro. “Il nostro Paese offre un panorama ricco di eccellenze, è vero, ma ancora purtroppo a macchia di leopardo”: sono le parole di Gianni Dominici, direttore generale di Forum PA. E’ infatti presente una grande disparità fra il nord e il sud. Nella classifica di City Rate 2015 le città intelligenti sono soprattutto al nord Italia, lasciando quelle del sud parecchio indietro. Dominici sintetizza la situazione: “Manca la volontà di fare sistema, unendo ai singoli progetti anche una visione d’insieme che traini il cambiamento”. Davvero un peccato perché i benefici delle smart cities potrebbero, questione poco dibattuta che meriterebbe ben altro interesse, riguardare non solo le questioni socioambientali ed energetiche, ma anche quelle economiche. Al Convegno “L’innovazione digitale delle Utility per lo sviluppo delle smart cities” è emerso che la sola adozione, a livello di sistema-paese, di soluzioni per l’illuminazione intelligente, per una mobilità e una raccolta dei rifiuti più efficiente, potrebbe far risparmiare 4,2 miliardi di euro all’anno, con una riduzione della CO2 emessa pari a 7,2 milioni di tonnellate. Inoltre “The Global Commission on Climate and Economy” sostiene che se si trasformassero tutte le città del mondo in Smart Cities, potremmo risparmiare – complessivamente - 22 mila miliardi di dollari entro il 2050. Penso non serva aggiungere altro!

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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.

a cura di Piergiorgio Liberati, in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del Gse

Indirizzi del Parlamento italiano sul “Winter Package” Ue Le Commissioni parlamentari competenti per materia, nell’ambito dei lavori sul cosiddetto “Winter Package”, hanno avviato nei primi mesi del 2017 l’esame di numerosi atti comunitari in tema di sistema energetico, sostenibilità e funzionamento dei mercati dell’energia. In base al principio di sussidiarietà stabilito dal Trattato di Lisbona, i parlamenti nazionali sono invitati a formulare e trasmettere a Bruxelles i propri pareri e le osservazioni sugli atti normativi. Tra le comunicazioni esaminate le proposte di Regolamenti sulla preparazione ai rischi nel settore dell’energia elettrica e sulla governance dell’Unione dell’energia. All’esame la modifica delle Direttive su efficienza energetica e sulla prestazione energetica nell’edilizia. È in corso di approfondimento anche il pacchetto di proposte di Regolamenti e Direttive inerenti il funzionamento del mercato elettrico e l’operatività dell’Agenzia di cooperazione fra i regolatori nazionali (Acer).

Interventi urgenti per la coesione sociale nelle aree del Mezzogiorno È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 28 febbraio 2017, la legge 18/2017 di conversione del decreto legge 243/2016, recante “Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno”. Tra le disposizioni della legge “Mezzogiorno”, la proroga di un anno (fino al 31 dicembre 2021) del contributo alla produzione elettrica da biomasse, biogas e bioliquidi sostenibili, ottenuta da impianti che hanno terminato il perido di erogazione degli incentivi. Prevista anche la proroga fino al 31 dicembre 2017 degli incentivi spettanti ai progetti di efficientamento energetico di grandi dimensioni in impianti industriali.

Milleproroghe in Gazzetta Ufficiale Il decreto legge 244/2016 “Proroga e definizione di termini” (c.d. “Milleproroghe”) è stato convertito nella legge 19/2017 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Contiene il rinvio al 1° luglio 2017 (precedentemente 1° gennaio 2017) della decorrenza dell’obbligo di utilizzo del Registro degli Aiuti di Stato di cui all’articolo 52 della legge 234/2012, con le connesse responsabilità per il mancato utilizzo dopo tale data. In tal modo potrà essere messo a punto il Regolamento per le modalità di trasmissione dei dati e procedere ad una fase di sperimentazione tra gli operatori interessati. Differimento, inoltre, dal 1° gennaio 2016 al 1° gennaio 2018, del termine per la riforma della struttura delle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali del sistema elettrico per i clienti diversi da quelli domestici. Per disposizione della legge, dal 1° gennaio 2017 i corrispettivi applicati all’energia saranno riferiti alla sola energia elettrica prelevata dalla rete senza interessare quella consumata. Cessano anche eventuali effetti delle norme abrogate, che non si siano ancora perfezionati. 90

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Via libera ai Dm “Certificati Bianchi” e “Modelli Unici” Nuovi criteri, condizioni e modalità di realizzazione dei progetti di efficienza energetica negli usi finali e per l’accesso al meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica (c.d. Certificati Bianchi) per il periodo tra il 2017 e il 2020. Definiti anche gli obiettivi pluriennali di risparmio da conseguire. Sono questi i principali contenuti del Decreto MiSE sui Certificati Bianchi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Pubblicati anche il provvedimento sui modelli unici per la realizzazione, connessione ed esercizio di impianti di microcogenerazione ad alto rendimento e di microcogenerazione alimentati da fonti rinnovabili. Con questi atti il MiSE incrementa gli strumenti a disposizione per facilitare la crescita sostenibile.

Fonti energetiche rinnovabili nelle isole minori italiane Firmato dal ministro Calenda, il Dm “Isole minori” individua le misure per la progressiva copertura del fabbisogno delle isole minori non interconnesse attraverso energia da fonti rinnovabili. Obiettivo del provvedimento, vista anche la fragilità degli ambiti interessati, è quello di fornire maggiore sicurezza e sostenibilità ai sistemi energetici isolani, promuovendo le politiche del governo a favore delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, in corso di potenziamento con la nuova Strategia Energetica Nazionale (Sen).

Aggiornamento Aeegsi delle componenti a copertura degli oneri di sistema Con il provvedimento 200/2017/R/Com l’Autorità ha aggiornato per il II° trimestre 2017 le componenti tariffarie destinate alla copertura degli oneri generali di sistema e di ulteriori voci di costo presenti nel settore elettrico e nel gas. Per il settore elettrico, a seguito anche degli altri aggiornamenti di competenza dell’Autorità, la spesa media annuale per il cliente tipo domestico residenziale (3 kW di potenza impegnata e 2.700 kWh/anno di prelievo dalla rete) ammonta a circa 506 euro (+0,7% rispetto ai 12 mesi corrispondenti dell’anno precedente), di cui circa il 14,9% (pari a 75,4 euro) derivanti dall’applicazione della componente tariffaria A3 a copertura degli oneri per lo sviluppo delle fonti rinnovabili.

Delibere Autorità su produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili Con la delibera 31/2017/R/Efr, ai fini della quantificazione degli incentivi da erogare a seguito della cessazione del meccanismo dei certificati verdi, l’Aeegsi ha definito il valore del parametro “Re” di cui all’articolo 19 del decreto ministeriale 6 luglio 2012. Conseguentemente il prezzo medio annuo di cessione dell’energia elettrica, registrato nel 2016, ammonta a 42,38 €/MWh. Sempre nel campo della produzione elettrica da fonti energetiche rinnovabili, con la deliberazione 278/2017/I/EEL, l’Autorità ha approvato la relazione che illustra, al 2015, gli effetti sul sistema elettrico nazionale della generazione distribuita (Gd). In particolare la Relazione evidenzia l’ulteriore crescita dei piccoli o piccolissimi impianti di produzione elettrica alimentati, prevalentemente, da fonti rinnovabili.

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Bizzarre energie

A cura di Sallie Sangallo

Energia da marciapiede

I terreni sardi si purificano con la canapa

La start up Platio ha ideato un nuovo tipo di marciapiede colorato ed ecologico, formato da pannelli modulari di plastica riciclata, capace di immagazzinare l’energia solare. Energia che può essere raccolta grazie al silicio monocristallino protetto da una lastra di vetro temperato, a sua volta sovrastata dalla plastica riciclata di cui si compone ogni pannello. Inoltre, grazie alla sua struttura modulare, il marciapiede potrà essere facilmente sostituito nelle sue parti non funzionanti.

La Regione Sardegna ha finanziato un progetto di bonifica dei terreni inquinati da metalli investendo 450 mila euro per sovvenzionare la coltivazione della cannabis sativa. Lo scopo del progetto è la decontaminazione dei terreni sardi dai metalli pesanti, in particolare quelli siti nelle aree di Porto Torres e del Sulcis Iglesiente Guspinese per le quali sono stati stanziati € 1.500 per ogni ettaro di terra da risanare. La purificazione del terreno avverrà mediante fitodepurazione, ovvero la pianta di canapa sativa assorbirà i metalli pesanti contenuti nel terreno. Tuttavia i finanziamenti, in somma ridotta, hanno anche un obiettivo di carattere economicooccupazionale ovvero la trasformazione di aree territoriali in zone agricole dedite alla produzione di questo materiale innovativo. Infatti la cannabis sativa, con un basso contenuto di Thc, è una pianta poliedrica, utilizzata nel settore della bioedilizia e in quello tessile, mentre dai suoi semi si ricavano farina, olio e carburante naturale.

La moda con “le vele”

Boske, la pedalata 100% sostenibile

L’imprenditrice Silvia Ronchi ha fondato “Rivelami”, azienda innovativa che dal 2014 dà una nuova vita alle vele destinate a finire in discarica. I materiali più frequentemente riciclati sono Dacron, Kevòar e laminato, che dopo esser stati separati, lavati e trasformati in piccoli scampoli di tela diventano borse leggere e robuste, dotate di manici realizzati con calza per cime nautiche. Ogni modello di borsa è lavorato artigianalmente, è numerato e accompagnato da un certificato di autenticità. Le vele riciclate rivivono, oltre che come borse, anche sotto forma di elementi d’arredo come poltrone sacco o pouff, oppure come morbide cucce per animali domestici.

Ideata dal designer venezuelano Dan Gestoso River, Boske è una bicicletta totalmente composta da materiali ecologici come il legno lamellare d’acero, usato per la costruzione del telaio, e lattine riciclate utilizzate per le parti metalliche come la forcella, il manubrio ecc. Inoltre è scomponibile grazie a un pratico kit e può essere riposta all’interno di una piccola scatola data in dotazione al momento dell’acquisto.

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Faccio sport e produco energia Ideata dallo studio di architettura Carlo Ratti Associati, la Paris Navigation Gym è l’innovativa palestra che galleggerà sulle acque del fiume parigino. All’interno sono installati particolari macchinari “ARTES - TECNOGYM” che attraverso uno speciale sistema riescono a convertire l’energia prodotta dalle cyclette e dai tapis roulant in energia elettrica utile allo spostamento della piattaforma, trasformando così ogni allenamento in una piccola crociera. La sua superficie di 20 metri quadri è lastricata da vetrate che rendono la crociera simile a quelle offerte dai bateaux mouches.

Quando l’asfalto è riciclabile

Tutta l’energia delle noci Un agricoltore californiano ha ideato un modo per produrre energia dagli scarti delle noci. Infatti l’essiccazione delle noci rappresenta un dispendio di energia e una fonte di produzione di scarti, ma grazie a un generatore che trasforma i gusci in biogas il problema è risolto. Ma non solo, infatti la quantità di scarti delle noci è così elevata che consente all’ingegnoso agricoltore di produrre una quantità di energia maggiore a quella a lui necessaria così da rivenderla in rete. Inoltre gli scarti prodotti dal generatore sono utilizzati come fertilizzanti.

Con wall 2.0, casa più ecologica Wall 2.0 è un particolare muro termico ideato da Rany Young per sfruttare l’acqua piovana come isolamento termico. Il tutto è reso possibile grazie all’intercapedine in cui è inserito uno speciale serbatoio completamente impermeabile e capace di immagazzinare - all’interno di un muro di 100 mq - circa 2.000 litri d’acqua piovana che possono essere utilizzati per uso domestico sanitario. L’acqua raccolta ha una capacità di coibentazione tre volte superiore a quella di un tradizionale materiale termico rendendo la casa isolata dalle temperature esterne.

L’azienda Iterchimica, leader nella produzione e commercializzazione di prodotti per il miglioramento e la realizzazione del manto stradale, durante una fiera di settore “Asphaltica 2017” ha presentato un tipo di asfalto eco compatibile. In particolare hanno mostrato un manto stradale composto da asfalto con 100% di fresato riciclato che evita un passaggio in discarica e può essere steso a freddo, comportando un risparmio di energia e l’eliminazione dei cattivi odori.

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energia per il sociale

LIS, un sostegno in piĂš per le persone sorde INTERVISTA A VANESSA MIGLIOSI Presidente LIS Subito

di Gabriella Busia

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E: Signora Migliosi, un gruppo di persone sorde e udenti di cui fa parte anche lei, ha fondato il Movimento Lis Subito. Cos’è la Lis?

E: Secondo lei, perché genitori di bambini sordi e alcune associazioni di categoria sono ostili nei confronti della Lis.

VM: Lis o Lingua dei Segni Italiana è una lingua di grande valore umano e forte patrimonio culturale, dotata di una propria struttura con regole grammaticali, sintattiche, morfologiche e lessicali. Non esiste una lingua dei segni universale, ma ogni Paese ne possiede una ed è utilizzata da persone sorde e udenti. Inoltre ha un lessico in continua evoluzione che consente di “segnare” qualsiasi argomento.

VM: Credo a causa di una scarsa e cattiva informazione e della paura che la prospettiva oralista possa essere soppiantata dalla Lis. Paura infondata poiché è scientificamente dimostrato che la lingua dei segni non solo non va a sfavore della prospettiva oralista, ma facilita l’apprendimento della lingua parlata. Per cui, ritengo sia doveroso dare la possibilità agli individui di scegliere se essere monolingui o bilingui attraverso l’apprendimento della Lis. Libertà di scelta realizzabile solo con un’ampia offerta di informazioni corrette e servizi di tipo psicologico, sociale e culturale. Disapprovo queste opposizioni nei confronti della Lis perché neppure lo specialista più qualificato o il miglior genitore del mondo può parlare in nome di chi vive il problema della sordità e capire quali siano i metodi più idonei per affrontare questo ostacolo.

E: Perché per la comunità dei sordi è importante ottenere un riconoscimento legislativo della Lis? VM: In tutti i paesi dell’Unione europea la lingua dei segni è riconosciuta a livello legislativo tranne in Italia e Lussemburgo. Nel nostro Paese l’iter per il riconoscimento è iniziato a dicembre 2015, ma dopo tante audizioni ed emendamenti ancora non è stato approvato un testo definitivo in Parlamento. Ritardo che comporta ai sordi bilingui e segnanti un grave danno per la mancata accessibilità alle informazioni, ai telegiornali, al lavoro, alla formazione professionale, alla libera circolazione delle persone (accessibilità delle stazioni, degli aeroporti, per esempio) e una mancata inclusione a scuola. E: Per anni, nel mondo dei sordi si è data molta importanza all’oralismo, metodo di insegnamento della lingua parlata attraverso la lettura delle labbra. Come giudica questo approccio? VM:In Italia la prospettiva oralista vede la sordità esclusivamente da un punto di vista medico come una “malattia”. Rigidità che rischia di ripercuotersi sul processo di accettazione del Sé e sullo sviluppo di una positiva autostima del bambino e dell’adulto sordo. La prospettiva oralista sostiene, infatti, che per garantire ai bambini e agli adulti sordi una piena inclusione sociale e un positivo sviluppo del concetto di Sé, siano necessari esclusivamente una protesizzazione precoce e un percorso logopedico intensivo volto ad apprendere solo la lingua vocale. Non condivido questo approccio poiché l’accettazione dell’individuo, da parte di se stesso e degli altri, non può avvenire nascondendo la sua diversità e ritengo che focalizzarsi sul solo apprendimento dell’italiano, sebbene indispensabile, non sia sufficiente a garantire uno sviluppo armonico della personalità. Per una reale inclusione dei sordi alla vita sociale è indispensabile che lo Stato preveda servizi in Lis.

E: Quali sono i vostri obiettivi a breve e lungo termine? VM: L’obiettivo prioritario è il riconoscimento della Lis con una legge nazionale che salvaguardi il diritto alla libertà di scelta dell’uso della Lis e garantisca l’accessibilità effettiva a tutti i livelli della società. Gli altri obiettivi sono: a. migliorare l’accessibilità dei sordi a tutti i livelli della società: in ambito lavorativo, scolastico, politico, artistico, culturale, tempo libero, nella società civile, ecc. b. promuovere e sostenere politiche volte alla rimozione delle barriere della comunicazione a tutti i livelli delle società, alla realizzazione dei diritti dei sordi e la loro inclusione nella società. c. coordinare tutte le associazioni che si occupano della sordità in modo da costituire una forza efficace al riconoscimento dei diritti da istituzioni, enti pubblici, società private e altre organizzazioni economiche e sociali al fine di realizzare il riconoscimento della lingua dei segni italiana. Inoltre, stiamo lavorando alla stesura del regolamento attuativo della legge 6/15 di riconoscimento della Lis a livello regionale per rendere effettivo questo diritto nel territorio del Lazio. Per saperne di più: http://www.lissubito.com/cultura-sorda/.

E: Quali sono, a suo parere, le difficoltà che ostacolano il riconoscimento della Lis nel nostro Paese? VM: Sono di vario tipo: volontà politica, resistenze dei genitori dei bambini sordi, medici e varie associazioni di rappresentanza. Ritengo invece fondamentale che le decisioni riguardanti noi sordi debbano essere prese solo dopo averci interpellato, ma credo che in Italia questo non avvenga per via di vecchi pregiudizi. Ne parlo ampiamente nel libro “Lingua dei segni, società, diritti” (ed. Carrocci Faber, autori Marziale e Volterra), in cui tratto il diritto dei sordi all’autodeterminazione e racconto la storia del Movimento Lis Subito.

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architettura e arte in luce ARIANNA DORMIENTE

Il risveglio della bella addormentata di Maurizio Godart

Nel segno della costante e sistematica azione che il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale svolge per contrastare il traffico internazionale di reperti archeologici scavati illegalmente nel nostro Paese, all’inizio del millennio gli investigatori evidenziarono la figura di un intermediario quale elemento di primo piano nel panorama mondiale dei traffici illeciti d’arte. Gli anni d’indagini che seguirono portarono al sequestro all’estero di migliaia di reperti archeologici, ma anche di decine di faldoni contenenti carte, appunti manoscritti e fotografie. Una vera miniera informativa che viene costantemente sfruttata dagli investigatori, dopo l’avvenuta confisca da parte dell’autorità giudiziaria, attraverso l’efficace strumento d’indagine della Banca Dati CC Tpc - Tutela Patrimonio Culturale , anche nei rapporti internazionali con altre forze di polizia. In particolare, il Comando CC Tpc ha attivato una stretta collaborazione info-investigativa con l’Homeland Security Investigation – Immigration and Customs Enforcement (agenzia federale statunitense).

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Tale sinergia, consolidata da anni di pregresse indagini, ha permesso di sensibilizzare quegli operatori e predisporre una lista degli intermediari da sottoporre a controllo nelle importazioni negli Usa di beni archeologici riconducibili all’Italia. Proprio questo ha reso possibile la localizzazione a New York, della scultura in marmo soprannominata la Bella Addormentata. L’opera, già in vendita per 4,5 milioni di dollari, era stata fotografata dal servizio Ice statunitense all’atto dell’importazione negli Usa. Le immagini erano state inviate al Reparto Operativo CC Tpc per un controllo consentendo così di individuare evidenze negli archivi fotografici, in pratica la “Bella Addormentata” era stata venduta nel 1981 da una ditta romana che si occupava della lavorazione di marmi, ad un importante dealer del mercato antiquario svizzero di Basilea che, a sua volta, dopo averla esportata illegalmente dall’Italia, l’aveva proposta al J. Paul Getty Museum di Malibù in California, che invece declinava l’acquisto. Nel 1986 l’opera venne alienata ad un collezionista e ricettatore di Ginevra. Dopo varie vicissitudini, divenne proprietà di un mercante giapponese, noto per aver restituito all’Italia centinaia di reperti di provenienza illecita, quindi tornava negli Stati Uniti presso una galleria di New York che ne tentava la vendita sul mercato americano. Le prove documentali fornite dal Reparto Operativo CC Tpc all’ufficio statunitense, anche con evidenze scientifiche fornite dalla collaborazione dei funzionari del MiBACT, permettevano alla procura distrettuale di New York di recuperare il bene.

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Quindi lo stesso collezionista giapponese rinunciando al diritto di proprietà, non si opponeva alla confisca in favore dell’Ice. L’opera è stata rimpatriata il 27 febbraio 2015 ed è stata formalmente restituita dall’ambasciatore degli Stati Uniti al patrimonio culturale della Repubblica Italiana. La “Bella Addormentata” è un monumento funebre risalente al 110/120 d.C. raffigurante una giovane donna distesa seminuda. Il blocco marmoreo, originariamente monolitico, è stato segato in due parti, al di sopra delle ginocchia, per facilitarne il trasporto durante le operazioni di trafugamento. Il taglio va ad insistere su una precedente lacuna, apparentemente artificiale. Altre lacune si notano in corrispondenza del naso, del mignolo della mano sinistra e delle dita del piede destro. Il retro e i due lati non sono rifiniti, dovevano quindi non essere visibili nella collocazione originaria, ovvero il monumento doveva essere incassato. Tipologicamente l’opera deriva dai sarcofagi a klìne etruschi, nei quali il defunto o la coppia di defunti erano raffigurati sul coperchio, distesi sul letto utilizzato per il banchetto (greco: klìne/ latino: lectus). La giovane donna è distesa su un sottile materasso, che si inspessisce all’altezza del busto e sale a formare una vera e propria sponda su tre lati. Nella mano sinistra regge una ghirlanda. La raffigurazione è ispirata ad un originale ellenistico, elaborato dalla scuola di Pergamo nel II sec. a.C., raffigurante Arianna sedotta e abbandonata nel sonno da Teseo, che conosciamo attraverso copie romane, tra le quali le più famose sono l’Arianna dormiente degli Uffizi e quella appena restaurata dei Musei Vaticani. Presenta, però, diversi spunti di originalità dovuti all’uso funebre cui era finalizzato il monumento: la roccia su cui era distesa Arianna è sostituita dal letto, la testa ritratta è quella della defunta la cui acconciatura ci permette un inquadramento cronologico nel corso dell’età Antonina, più precisamente tra il 110 ed il 120 dopo Cristo. La veste lascia scoperto il busto; molto diversa è la posizione delle braccia per poter permettere alla mano sinistra di tenere la corona vegetale donata alla fanciulla da Dioniso. Quest’ultimo espediente è chiaramente quello che mette in difficoltà lo scultore, tanto che la mano sinistra si presenta col dorso esageratamente allungato. Chiara però è l’intenzione di riassumere il più complesso racconto del mito: si azzera il momento della disperazione della scoperta del tradimento da parte di Teseo, è già pronto il risarcimento del dio, simbolo di immortalità. Il viso della defunta è sereno: come l’amore di Teseo anche l’esistenza terrena è ingannevole apparenza, solo dopo di essa inizia la vera vita promessa agli adepti del culto di Dioniso, di cui la nostra fanciulla era indubbiamente una seguace.

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energia del pensiero

Lo sport, come la storia, insegna il senso della vita UN CAFFĂˆ CON NINO UN CAFFĂˆ BENVENUTI Campione olimpico e pluri CON NINO BENVENUTI campione del mondo di box Sportivo, campione olimpico e pluri campione del mondo di box di Romolo Paradiso

Nino Benvenuti - Sportivo, campione olimpico e pluri campione del mondo di box

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Avevo quattordici anni la notte del 14 aprile del 1967, quando Nino Benvenuti, campione italiano ed europeo dei pesi medi, stava per incontrare nella cornice magica del Madison Square Garden di New York, tempio della box, Emile Griffith, detentore mondiale della corona dei pesi medi. Erano le 3 del mattino, e come me altri diciotto milioni di italiani avevano messo la sveglia per seguire, via radio, dalla voce inconfondibile di Paolo Valenti, le gesta del ragazzo triestino, anzi istriano. Cosa ci spingeva


quell’alzataccia? La passione per il pugilato? No. La speranza di vedere trionfare un uomo, Nino Benvenuti, che impersonava non solo un’icona dello sport italiano, ma la figura di una persona che in sé coniugava semplicità, intelligenza, umanità, carattere e forte e senso di italianità. Già, l’italianità, quella identità che Nino e la sua famiglia avevano pagata cara alla fine del secondo conflitto mondiale. Nati e vissuti a Isola d’Istria, furono costretti ad abbandonare casa, lavoro e beni per non incorrere nella rabbia omicida dei comunisti di Tito che quelle terre dell’Istria e della Dalmazia avevano occupato e stavano per “ripulire” dagli italiani con le purghe etniche che avrebbero portato decine di migliaia di nostri compatrioti a morire nelle foibe.

La fuga dall’Istria, i titini, le foibe “L’Ozna, la polizia politica di Tito", ci dice Nino Benvenuti, incontrato a Roma, "venne a prendere mio fratello più grande, Eliano. Aveva solo sedici anni, era un ottimo ragazzo, apprezzato da tutti, generoso e cordiale. Bussarono alla porta e se lo portarono via, tra i pianti e il dolore di noi tutti, ma soprattutto di mia madre, che rimase ferita dentro, colpita

nel cuore. Quel cuore che qualche anno più tardi non le avrebbe dato scampo. Mio fratello uscì da quelle galere sette mesi dopo. Noi, al momento dell’arresto, non sapevamo dove lo avrebbero portato, né cosa ne avrebbero fatto. Quando lo vedemmo tornare non credemmo ai nostri occhi”. Nel ricordo, il volto di Nino si fa scuro. L’immagine di quella tragedia è ancora viva nel suo cuore. Quella storia lui l’ha raccontata in un libro pubblicato nel 2014: “L’isola che non c’è. Il mio esodo dall’Istria” (Ed. Libreria sportiva Eraclea). Un libro che parla anche di donne, uomini e luoghi che hanno lasciato un segno importante nella sua vita. “Furono anni difficili quelli", continua Nino, "di grande sofferenza. Le persone venivano private di tutto, casa, beni, affetti e portate via, condannate con processi sommari e infoibate. Eppure io non mai portato rancore. Mai! Ho avuto un’educazione dai miei genitori che mi ha allontanato dal sentimento di vendetta, e dall’odio. Li ringrazio per questo, perché quel modo di intendere gli eventi e la vita mi ha permesso un’esistenza serena, nel bene e nel male. Non ho mai desiderato il male di alcuno. Ho rispettato l’altro.

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Nei momenti difficili ho tenuto duro. Ho saputo rialzarmi da una sconfitta, farne tesoro e ripartire. Dando tutto me stesso. Sempre con passione, entusiasmo e sentimento”. Quella delle foibe, affermo io, è una pagina triste della nostra storia. Un pagina tenuta per lungo tempo nascosta per non turbare gli equilibri d’allora tra DC e Partito Comunista, venuta alla luce solo da qualche anno, a discapito purtroppo della verità. Nino sorseggia un bicchier d’acqua, come a prendere tempo, a cercare di misurare le parole, a non cedere all’emotività che il ricordo di quei momenti gli suscita.

Serve pacificazione e non odio “La storia è un fiume in piena. Prima o poi rompe gli argini e si mostra per quello che veramente è. Ora i giovani possono sapere con più cognizione cosa successe in quegli anni bui. Ma questo non deve fomentare odio, senso di rivalsa, ma solo volontà di “pacificazione”. La capacità cioè di riconoscere che errori ce ne sono stati tanti, da una parte e dall’altra, e che è giunto il tempo di abbandonare ogni rancore e ritrovare quel senso di fratellanza, di Comunità coesa, che è il solo capace di assicurare una visione di bene e di prosperità alle persone. Da noi questo ancora non c’è, ma dobbiamo presto imparare a sentirlo e praticarlo”. Il volto di Nino, quando pronuncia queste parole, si accende. Si capisce che la faziosità che ancora impera in Italia gli fa male. Ma poi riprende e dice: “chi odia sta più male di chi è odiato. E’ una persona infelice. Incapace del bene. Incapace di riconoscere nell’altro, che la pensa diversamente da lui, qualità umane e intellettuali che potrebbero invece avvicinare, creare un ponte tra due diverse vite, fondato sul rispetto e addirittura sul sentimento d’amicizia, e, perché no, d’amore”.

La passione per il pugilato Il cameriere ci porta un caffè. Mentre lo sorseggiamo guardo le mani di Nino, quest’uomo di 79 anni ancora giovanile nell’aspetto e nello sguardo. Sono mani che raccontano un vissuto di fatica e di dolore. Allora gli chiedo di dirci come nasce la sua passione per la box. Lui non ci pensa su e va di getto. “E’ stato mio papà a trasmetterla. Amava questo sport. A Trieste, dove lavorava come commerciante del pesce, si allenava alla palestra Ada. Così anche io ho cominciato a tirare i primi pugni. Mi ero costruito un sacco da boxeur nella cantina di casa e poi, due o tre volte alla settimana, inforcavo una bici, e andavo ad allenarmi nella palestra dell’Accademia pugilistica di Trieste. Facevo circa 160 km tra andata e ritorno. Ma li facevo con il cuore gonfio di gioia e non sentivo mai la stanchezza. Avevo delle qualità. Le scoprì Luciano Zorzeno, un personaggio surreale, un amico, il primo a credere in me. Così iniziai a fare qualche torneo e da lì arrivarono le prime vittorie importanti. A 16 anni diventai campione d’Italia dei novizi e poi pian piano giunsero le affermazioni, il titolo olimpico a Roma ’60, i primi titoli mondiali dei superwelter nel 1965 e ’66, fino ad arrivare alla famosa notte del 17 aprile del 1967”.

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Quella notte magica del ‘67 Benvenuti si ferma un attimo. Nei suoi occhi leggo una leggera commozione. Quella notte lui fece qualcosa di magico, di inimmaginabile. Nessuno, tranne noi italiani, credeva che avrebbe sopraffatto quella montagna di muscoli e forza di Emile Griffith, considerata imbattibile, e invece… “Invece ce la feci. Lo devo alla serietà con cui io concepivo il pugilato. Mi allenavo con scrupolo, con abnegazione. Ero attento ai minimi particolari, conducevo una vita sana, basata su principi e valori trasmessi dalla mia famiglia e avevo rispetto del mio avversario, un uomo, prima che un rivale”. Gli faccio notare che la sua era una box intelligente, niente affatto fisica, elegante, pulita. Unico nel suo genere, sapeva indietreggiare e nello stesso tempo assestare un colpo energico, dirompente. “Questo tipo di box, mi dice, è stata la mia fortuna. Mi ha permesso di dare pugni importanti e di riceverne pochi. Non è cosa da nulla, per


fortuna mia”. Gli domando quali erano le sensazioni provate prima di salire sul ring, quella notte di 50 anni fa. “Una paura folle del mio avversario. Un senso di stordimento per quell’immensa folla del Madison Square Garden e per la responsabilità di fronte alla mia gente lì presente e in ascolto via radio. Però, una volta sul ring tutto passò. Ritrovai la calma e seguii la mia tattica che era quella di non boxare con Griffith basando tutto sulla potenza, ma sulla mia box, di attesa e di contropiede, altrimenti non avrei vinto". Quando Benvenuti tornò in Italia fu accolto da una folla oceanica, impazzita di felicità. Non si parlava di altro che di quell’impresa storica. Nino era diventato un mito. “Sì, l’emozione fu tanta, inimmaginabile. Come l’affetto che mi si dimostrava. Sensazioni che ho portato con me per tutta la vita. Però, cercai di non lasciarmi troppo condizionare, di continuare ad allenarmi con regolarità e impegno”. La battaglia con Griffith, gli ricordo, si allungò per tre match e ben 45 riprese, perché a parte la prima vittoria di Nino,

poi ci fu la rivincita il 29 settembre del ‘67, che si aggiudicò il campione americano e a seguire, la bella, il 4 marzo del ’68, che rivide Nino trionfare ancora e nell’entusiasmo del suo clan e di quello degli italiani presenti a New York, sventolare forte, con le lacrime agli occhi, il nostro tricolore. “Beh, racconta Benvenuti, quella è stata una storia infinita. Ma anche una grande indelebile emozione! E poi, come in tutte le cose della vita, anche in queste io ho tratto degli insegnamenti che mi sono tornati utili nel mio cammino di uomo”.

L’amicizia fraterna con Emile Griffith Ma soprattutto, aggiungo io, lei, coerente con i suoi principi di sportività e di umanità, divenne amico fraterno del suo rivale, Emile Griffith. Avete condiviso momenti importanti

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La Vignetta di Fama

della vostra vita, situazioni non di rado difficili, specie per il pugile statunitense, che già per essere un nero non godeva della simpatia del pubblico americano della box, e non solo, di quegli anni. “Il pugilato, sostiene Nino, forse più di altri sport, unisce. Molti sono i pugili che hanno combattuto tra loro e che una volta scesi dal ring sono diventati amici. È così è stato tra me e Emile. Sì lui, in quegli anni Sessanta, per via del colore della sua pelle, non era molto ben visto dagli americani. L’America allora era così, e un po’ lo è anche oggi. Griffith soffriva per questo. Aveva una sensibilità fortissima. Era una persona speciale, acuta e intelligente. Percepiva visceralmente quanto ruotava intorno a lui, ma, come tutte le persone intelligenti, sapeva reagire, lottare e affermarsi. Per me lui è stata una persona importante. Con il suo atteggiamento mi ha insegnato come stare al mondo”. Una volta ho letto che lei considera Griffith un fratello. “Per me lo è! E sono contento di essergli stato vicino fino all’ultimo. Ho cercato di fare quanto mi era possibile per alleviargli il dolore della malattia, quando ormai solo e un po’ dimenticato, lentamente, con grandissima dignità, si spegneva. Mi rimane il ricordo del suo sguardo sereno e riconoscente, nel silenzio della parola, che valeva un abbraccio carico di sentimento”. Nino si blocca. Quel ricordo lo emoziona ancora. Poi lentamente riprende a parlare. “Non sono tante le persone nella vita capaci di dare emozioni e insegnamenti. Lui lo è stato. Gli sono grato. La mia vita gli è grata”.

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Per i giovani, più sport e conoscenza vera della storia Gli chiedo quale messaggio vorrebbe fosse trasmesso ai giovani sulla base delle sue esperienze. “Lo sport è maestro di vita, insegna le cose che non trovi scritte da nessuna parte, ma che, grazie a lui, riesci a percepire. Ti insegna il senso del sacrificio, dell’abnegazione, della tenacia, della lotta onesta, del rispetto dell’avversario. Ti offre la gioia della vittoria sì, ma anche l’importanza del partecipare e di conoscere e comprendere chi, come te, condivide la stessa passione. Tutte cose che, se le sai fare tue, ti arricchiscono la vita. Come la storia. Quella con la “S” maiuscola. Quella vista e analizzata con serenità, senza faziosità, ricercata tra libri diversi e diverse testimonianze e documenti. Sono due elementi dell’esistenza troppo importanti per essere disconosciuti. La nostra società dovrebbe stimolare di più i giovani allo sport e alla conoscenza dei fatti. Potrebbero essere i viatici per una generazione più pulita, vera, entusiasta, mutuale e creativa”.


Fo La foto di Vittorio La Monica

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Invito alla speranza Ho scelto il silenzio. Lo sguardo muto sul mondo. La parola interiore che scandaglia gli anfratti dell’animo riverbero d’una lacrima o di un sorriso. Ho lasciato che gli occhi rivelassero il sentimento del tutto la bellezza i colori le gesta il procedere il palpito che ogni cosa attraversa perché il senso ne scaturisse. Perché il mistero che ci avvolge riflettesse una luce anche piccola anche flebile un indizio comunque e un invito alla speranza.

Mp Mondo Piccolo

lo Smilzo

Fn

Alla ricerca di letture perdute

Filo di Nota a cura di Mauro De Vincentiis

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In tempi di Internet, di cinguettii e di social, non so bene quali libri siano letti dai ragazzi e, soprattutto, nelle scuole. Riavvolgendo nella memoria di “senior”, qual sono, l’elenco delle mie letture giovanili, mi sento di indicare queste, che ritengo fondamentali per gli studenti che vogliono costruirsi una base culturale, non solo letteraria, solida: il racconto d’esordio di Dostoevskij “Povera gente”; “I Vicerè” di De Roberto; “Santuario” di Faulkner; “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust; “Il circolo Pickwick” di Dickens; “Pelle d’uomo” di Vittorio G. Rossi; i bozzetti satirici de “Il libro degli snob” di William Thackeray; “Guerra e pace” e “Resurrezione” di Tolstoj; “Lord Jim” di Conrad; le “Novelle per un anno” di Luigi Pirandello. È un elenco personale e può essere corretto o integrato con altri suggerimenti. Quanto agli autori indicati, mi sembra che potrebbero essere suggeriti, senza alcuna esitazione, ai giovani del XXI secolo, con la certezza che si doterebbero di un piccolo, ma inalterabile patrimonio personale. Perché la narrativa di qualità aumenta la comprensione delle relazioni sociali, l’intuizione dei sentimenti, dei pensieri e delle reazioni degli altri.

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“’O MARE ” «’O mare fa paura». Accussí dice ’a ggente Guardanno ’o mare calmo, calmo cumme na tavula. E dice ’o stesso pure dint’ ’e gghiurnate ’e vierno quanno ’o mare s’aiza, e l’onne saglieno primm’ a palazz’ ’e casa e pò a muntagne… Io quanno ’o sento… specialmente ’e notte quanno vatte ’a scugliera e caccia ’e mmane… migliara ’e mane e braccia e ggamme e spalle… arraggiuso cumm’è… nun è ca dico: «’O mare fa paura», ma dico: «’O mare sta facenno ’o mare». -1968.

Eduardo De Filippo (1890-1984)

Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà

E+ Energia, letteratura, umanità

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ENERGIA E CRESCITA ECONOMICA NEI PAESI DEL MEDITERRANEO

L’ORTO SINERGICO

COLTIVARE L’INTELLIGENZA EMOTIVA

L’UOMO E IL CLIMA

(Guida per ortolani in erba alla ricerca

di Silvana Bartoletto

dei doni della terra)

(Come educare all’ecologia)

il Mulino, 2017, pag.152

Bruno Mondadori, 2017

di Maria Ferrari

di Daniel Goleman, Lisa Bennett,

Euro 11,00

Euro 14,00

L’età dell’acquario, 2017, pag.132

Zenobia Barlow

Euro 14,00

Edizioni Tlon, 2017, pag.277

di Bruno Carli

Euro 14,90

L’autrice delinea un quadro della mutevole geografia degli approvvigionamenti energetici nel Mediterraneo, lungo l’arco temporale che va dalle crisi degli anni Settanta del secolo scorso fino ai giorni nostri. Particolare attenzione è dedicata all’attuale situazione di instabilità provocata dalle emergenze in questa area e, più in generale, dalle tensioni a livello globale.

L’agricoltura sinergica è la coltivazione che mira a ristabilire nelle coltivazioni l’equilibrio e l’attività tra suolo, piante, fauna, microfauna e individui. Nella prima parte del libro, la buona pratica dell’orto è inserita nella proposta più ampia di riscoperta del valore della biodiversità, dell’esercizio collettivo e del consumo critico; nella seconda parte, sono riportate le indicazioni utili per l’allestimento e la cura di un orto sinergico.

Bi

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

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Il libro comincia con il racconto degli scolari di una prima elementare di Oakland (California) che, per alcuni mesi, hanno trasformato la loro classe in un habitat oceanico, dipingendo sulle pareti il mare, con coralli, pesci, alghe e squali. Una mattina, però, la sorpresa: un nastro impediva l’ingresso nell’aula, perché il loro lavoro era stato danneggiato da sacchetti di plastica nera, sparsi qua e là. La maestra ha così spiegato ai bambini spaventati (molti in lacrime) che c’era stata una perdita di petrolio, elencando le responsabilità dell’uomo nell’inquinamento del mare. Poi ha mostrato loro un video sulla pulizia dell’oceano. Per Goleman serve una alfabetizzazione ecologica, documentata in queste pagine con le storie di chi la pratica: come Sara James, indigena dell’Alaska, che si batte contro le trivellazioni dell’Artico. O come Aaron Sharratt che insegna agli abitanti del New Messico a coltivare le piante con cui nutrirsi. Un capitolo, infine, è dedicato alle “Linee guida per creare comunità eco-istruite”.

Negli ultimi cinquant’anni si è verificata una serie di eventi, tra cui l’arretramento dei ghiacciai, lo scioglimento delle calotte polari, l’innalzamento del livello del mare e l’aumento di fenomeni estremi, a causa del riscaldamento originato dal gas serra. Per capire, dunque, senza falsi allarmismi il rischio a cui andiamo incontro, è necessario indicare i processi che caratterizzano il nostro pianeta – dall’atmosfera, agli oceani, alla biosfera – e rendersi conto della loro lenta, ma inesorabile evoluzione. Cosa è accaduto nel passato? Come si trasformerà questo difficile equilibrio tra l’uomo e il clima? Quali strumenti abbiamo per evitare gli effetti indesiderati di questa minaccia globale? Bruno Carli è stato direttore di ricerca nel Consiglio Nazionale delle Ricerche ed è membro dell’Accademia dei Lincei.


Alfio Mongelli Lo scultore Alfio Mongelli, romano classe 1939, può essere definito un ricercatore scientifico che traduce formule matematiche, chimiche, fisiche (Legge di Ohm, H2O, Teorema di Pitagora, Ossigeno, W+W-Z che indica l’infinitesima parte della materia) in corpi solidi non riconducibili, se non per assonanza, a forme note. La scultura per Mongelli è un approdo alla interpretazione poetica dello spazio inteso come luogo di integrazione dell’opera con l’ambiente nel quale viene collocata. Nell’intreccio e nel labirinto dei volumi l’artista concretizza e risolve il connubio realtà-fantasia per definire, nell’ambito dell’astrattismo concettuale, il senso delle sue opere che, pur essendo pura invenzione, narrano e descrivono una realtà governata da leggi assolute. Le sue ragioni possono essere individuate nella volontà e nella necessità di superare i limiti della rappresentazione e della raffigurazione del conosciuto per esprimere, attraverso le modulazioni dell’acciaio inox, dell’ottone, del perspex, la “verità obiettiva” del mondo scientifico assurta a paradigma. Una ricerca che è la cifra che caratterizza e distingue Mongelli, fin dagli anni ’60 del Novecento, nel panorama dell’arte contemporanea perché incentrata sulla definizione in “volumi” di un concetto espresso da una formula o da un simbolo legando dimensione progettuale e sensibilità artistica in una azione strutturale e intellettuale che si conclude in un percorso creativo basato sulla sperimentazione di “forme” ordinate nello spazio in modo programmatico e concreto. Nella sua lunga “carriera” di docente e artista (è stato Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone, titolare della Prima Cattedra di Scultura all’ABA di Roma e dal 2000 è Presidente della RUFA, Roma University of Fine Arts - Libera Accademia di

"Ossigeno", acciaio inox diametro 3 mt

Belle Arti di Roma), Alfio Mongelli ha allestito numerose mostre personali in Italia e all’estero (Monaco di Baviera, Siviglia, New York, Toronto, Budapest, Sapporo-Giappone, Tsinghua-Cina). Ha inoltre partecipato alle più importanti rassegne internazionali tra le quali la Biennale di Venezia e la Biennale di Pechino. Numerose le sue opere vincitrici di concorsi internazionali collocate in spazi pubblici in vari Paesi. Da ultimo, la sua scultura “Ossigeno”, in acciaio inox di 3 metri di diametro, è stata acquistata dalla Cina e collocata nello spazio antistante al Museo della Scienza di Shanghai.

Co Copertina a cura di Vittorio Esposito

Alfio Mongelli al lavoro sul prototipo della scultura

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controcopertina Povera Europa. Poveri noi. Per una Comunità di valore e senso di Romolo Paradiso

Guardando ai fatti accaduti ultimamente in Europa c’è da domandarsi se quello che stiamo vivendo non sia uno dei più brutti periodi storici che il Vecchio Continente abbia attraversato. Lei, l’Europa, che per secoli è stata la patria del pensiero, dei diritti, delle conquiste sociali, nella quale la persona era al di sopra di tutto, per la quale non c’era progresso se non attraverso il senso etico di giustizia, si ritrova ora ad inseguire e praticare logiche per le quali la vita dell’uomo è guidata e condizionata dal volere della finanza e delle banche. Una desolazione immensa! Della quale però non tutti sembrano averne cognizione, grazie all’indottrinamento mediatico a cui siamo quotidianamente sottoposti, esercitato da fonti sostenute, finanziate o di proprietà di personaggi vicini alla grande finanza internazionale, vero e proprio puparo della globalizzazione, il cui unico fine è il buon andamento del mercato di cui è attore principale. C’è da domandarsi: cosa ne ricava l’uomo d’occidente da questo? Benessere? È tale il vivere nella precarietà lavorativa? Nell’impossibilità di ipotizzare un futuro di crescita individuale e sociale? Nella instabilità governativa? Nei continui conflitti sociali e religiosi con popoli venuti da altre parti del mondo, quelle più povere, disastrate dalle guerre? Nell’ipocrita buonismo di accogliere tutti coloro che hanno fame di libertà e lavoro, per poi abbandonarli ai soliti Paesi, tra cui l’Italia, e non dar loro dignità umana con un lavoro, una casa, una prospettiva di futuro e la capacità di integrarsi da cittadini coscienti e rispettosi dell’altrui storia, dell’altrui religione, delle altrui abitudini, degli altrui valori, ed essere ricambiati con altrettanto rispetto? È civiltà l’abbattimento di qualsiasi principio guida e valore a favore di un malinteso senso di libertà che tutto sostiene e permette senza avere alcun dubbio sui riflessi che tale logica può determinare non solo su noi stessi, ma su tutta la Comunità attuale e futura? È civile aver sottomesso la natura agli interessi dell’economia, la cui richiesta di sfruttamento della stessa è incondizionata per i soli fini mercantili, con le ricadute catastrofiche che nel tempo stiamo pagando e che continueremo a pagare? È un bene non opporsi alla mancanza

Immagine di sfondo di: Caspar David Friedrich “Viandante sul mare di nebbia”

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di diritti sociali esistenti in alcuni Paesi emergenti solo perché con questi si fanno affari commerciali di grande portata, con la conseguenza di deprimere il nostro prodotto interno e le imprese che lo producono, incapaci di sostenere il confronto per i costi di produzione più elevati proprio per garantire i diritti ai lavoratori, costringendo le stesse aziende a emigrare lì dove la manodopera costa meno con conseguente licenziamento del proprio personale e gli Stati sviluppati a chiedere misure sempre più restrittive nei confronti dei diritti acquisiti dai loro cittadini/lavoratori per non subire un contraccolpo economico svantaggioso? È sinonimo di forza non essere riusciti a creare quell’Europa nazione a cui aspiravano i padri fondatori, come Carlo Cattaneo o Altiero Spinelli? Uno Stato federale, sociale, mutuale, liberale, capace di conservare i valori comuni di base su cui far crescere il moderno e il futuro. E attraverso di esso garantire una stabilità fondata sul vero benessere dell’uomo, quello che passa attraverso il rafforzamento di istituti base come la famiglia, il diritto al lavoro e allo studio, al merito e al miglioramento sociale. E sulla solidarietà e il senso della cosa comune. Solidarietà tra le classi, tra lavoratori e datori di lavoro, tra cittadini e politici, tra le stesse persone, ognuna cosciente di quanto unisce, di quanto accomuna. Dando vita così a una barriera contro chi vorrebbe camuffare libertà, progresso, sviluppo, solo attraverso le logiche che governano il mercato. Poniamoci queste domande e rispondiamo. Con serenità, con senso delle cose, con responsabilità, con coraggio. Quello che è mancato a chi, fino a ora ha confuso libertà e benessere con la possibilità di possedere, con la capacità di acquistare, di sentirsi in diritto di fare ciò che si sente e si vuole. Per poi vedere che dietro tutto questo c’è un vuoto pauroso. Un deserto di contenuti e prospettive incapace di favorire il sogno, l’immaginazione, il pensiero, il desiderio di bellezza e di creatività, di condivisione, di gioia e di sentimento. La possibilità di riscatto passa solo dalla nostra volontà di riprenderci la storia, divenendone protagonisti e non facendocela imporre.



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