Elementi 38 - Luglio - novembre 2016

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Valeria Termini

Mercato gas, più responsabilità per gli utenti Jos Delbeke

Il senso della riforma EU ETS Marco Gay

Senza una strategia energetica si rimane al palo Carlo Malacarne

Il gas senza i “take or pay” Faccia a Faccia

Chiara Braga: Più rinnovabili e attenzione all’ambiente Davide Crippa: Ridurre il fabbisogno energetico Simone Mori

Mercato energia libero e concorrenziale? Con fossili e rinnovabili Massimo Inguscio

Dai nostri progetti le città fruibili di domani Tiziano Onesti

Così nasce l’eco treno Claudio Risé

La rinascita dell’Occidente? Dalla famiglia

SPECIALE SPID

Periodico del GSE Agosto - Novembre 2016

Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Sostenibilità, portare le politiche nazionali a livello locale

Elementi

Giuseppe Marinello

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l’Editoriale di Stefano Besseghini*

ENERGIA NELLA RICERCA Lo slogan che da qualche stagione RSE utilizza per sintetizzare la sua attività è: “Mettiamo energia nella nostra ricerca”. Si tratta di molto di più di una pura frase ad effetto. È una perfetta sintesi tra il “cosa” e il “come”, Ricerca Sistema Energetico - l’azienda del gruppo che effettua l’attività di indagine sul sistema energetico - svolge e interpreta il suo ruolo di principale soggetto nazionale del piano triennale della Ricerca di Sistema (RdS). La RdS è stata concepita per garantire il mantenimento, il continuo rinnovo e l'aggiornamento di quelle attività di studio, analisi tecnico-economica, sviluppo e sperimentazione tecnologica che in un regime di monopolio verticalmente integrato erano garantite dal monopolista stesso. Nel mercato liberalizzato le informazioni e competenze sono frammentate, sia in senso orizzontale sia verticale, fra i diversi operatori. Le scelte strategiche complessive e la regolazione del mercato, a tutela dell’ambiente e degli utenti finali, sono invece affidate a uno o più soggetti pubblici. Si determina, quindi, una sistematica situazione di asimmetria informativa che può rendere meno efficaci le scelte che governano l’evoluzione del sistema. L’esigenza è più che mai attuale, come è reso evidente dal perdurare e dall’intensificarsi delle attività legislative e regolatorie riguardanti il settore.

RSE persegue questo obiettivo sviluppando progetti di ricerca di frontiera nei campi propri del sistema energetico e aprendosi sistematicamente a un dialogo continuo con tutti i portatori di interesse. In questo senso due elementi ne caratterizzano oggi l’azione: la capacità di ascolto e di osservazione del sistema e la necessità di trasferire rapidamente ed efficacemente i propri risultati. Una visione ampia (sistemistica) e profonda (tecnologica) del sistema per come è e della sua evoluzione caratterizza l’azione di RSE, finalizzata a ricercare il mix ottimale di fonti e tecnologie e i business models più efficaci, in una logica di uso ottimale delle risorse e nell’interesse prevalente dell’utente del sistema energetico. Proprio per un ottimale sviluppo di queste funzioni è fondamentale una stretta collaborazione all’interno del nostro gruppo. La centralità di GSE rispetto al sistema elettroenergetico e la conseguente stretta relazione con i diversi attori facilitano la comprensione delle dinamiche e delle esigenze del sistema, indirizzando in modo concreto e tempestivo le linee di ricerca. Tutto questo con una visione sempre più orientata verso la dimensione europea che caratterizza l’azione di RSE nel tentativo di creare un rapporto con l’Europa dove ugualmente - l’approccio di sistema sta diventando più centrale e fondamentale.

*Presidente e AD di RSE

Un’adeguata posizione di neutralità tecnologica e di terzietà rispetto ai legittimi interessi in gioco si persegue peraltro attraverso il presidio di aree di competenza che non necessariamente implicano una leadership di innovazione. Ma consentono di interloquire, in modo autorevole, con realtà industriali operanti sul mercato che avanzano le istanze di evoluzione normativo/regolatoria ritenute necessarie.

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Direttore Responsabile Romolo Paradiso Segreteria di redazione e pubblicità Gabriella Busia gabriella.busia@gse.it tel. 06. 80114648 In redazione Gabriella Busia Maurizio Godart Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Gabriella Busia Livia Catena Claudia Delmirani Maurizio Godart Piergiorgio Liberati Michele Panella Guido Pedroni Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi Hanno collaborato a questo numero Simone Aiello Andrea Amato Giovanni Angrisani Roberto Antonini Stefano Besseghini Edoardo Borriello Annalisa Bottani Alessandro Buttà Libero Buttaro Fausto Carioti Livia Catena Luca Colasanti Michele de Nigris Mauro De Vincentiis

Sabina Delle Rose Giorgia Mungo Vittorio Esposito Jacopo Giliberto Giacomo Giuliani Vittoria Guglielmi Roberto Laurenti Piergiorgio Liberati Fabrizio Mariotti (la vignetta di Fama) Gabriele Masini Gianenrico Mezzetti Ilaria Proietti Sallie Sangallo Luca Speziale Maria Pia Terrosi Renato Terrosi Tommaso Tetro Alessia Togna Elena Veronelli Progetto grafico e impaginazione Imaginali

Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Adn Kronos (Prometeo) Anev Axpo Italia Banca Intesa San Paolo Bartucci S.p.A Ke energia sviluppo Centro Documentazione Giornalistica Cobat Electrade S.p.A. HFV Italia Energia Pianeta Terra Punto Com QualEnergia Quotidiano Energia Rinnovabili.it Staffetta Quotidiana

Realizzazione impianti e stampa Arti grafiche Tilligraf Via del Forte Bravetta, 182 00164 Roma Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato Redazione e Amministrazione

Elementi è distribuito presso le principali rappresentanze diplomatiche italiane all’estero.

Viale M.llo Pilsudski n.92 00197 Roma Editore GSE

Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte.

Direttore Editoriale Fabrizio Tomada

In copertina Crepuscolo 1990, olio su tela cm 38x38 di Rosetta Acerbi Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

Chiuso in redazione il 20 giugno 2016

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Elementi, house organ del gruppo GSE è visibile in internet al sito www.gse.it

Elementi

Anno 2016 n. 38 Agosto - Novembre 2016

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Virgolette di Romolo Paradiso

LA RIVOLUZIONE CHE VERRÀ Modernità e futuro sono parole fin troppo abusate di questi tempi. Per demagogia spesso, per opportunismo altre volte, così da riempire di fumo discorsi di ogni tipo; o per dare immagini artificialmente accattivanti di un momento e di una Comunità. Ma le parole, se si vuol avere credito, devono essere responsabili, e la responsabilità impone che ad esse corrispondano propositi e fatti in grado di divenire solide realtà. Così sarà ad esempio se dietro “economia circolare” e “industria 4.0”, considerate le rivoluzioni dietro l’angolo, corrisponderanno atteggiamenti atti a favorirne lo sviluppo e la realizzazione. Di cosa si tratta? L’economia circolare, che la Commissione Europea prevede di attuare entro il 2030, coincide con la realizzazione di un sistema in cui le risorse abbiano una durata più lunga possibile, grazie ad un loro impiego efficiente che renderebbe più sostenibile il sistema dalla progettazione, alla produzione, all’utilizzo e allo smaltimento. Le ricadute in ambito ambientale e in ogni contesto societario, sarebbero rilevanti. Anzi, straordinariamente rivoluzionarie. A tal fine un ruolo determinante lo giocherebbero la ricerca e l’innovazione tecnologica per le quali servono investimenti in persone e in denaro. Necessari a un’Europa che vuole innestare la marcia per un futuro di valore, ricercando e incentivando quanti sono in grado di favorire, attraverso pensiero e creatività, un cambiamento di rotta così radicale.

Le stime della britannica Ellen Mac Arthur Foundation dicono che il vantaggio economico che se ne trarrebbe sarebbe di circa 1800 miliardi di euro da oggi al 2030, con un aumento del Pil continentale dal 4% all’11%. Senza contare le ricadute positive che ne ricaveremmo in ambito ambientale equivalenti a una riduzione tra i 424 e i 617 milioni di tonnellate di Co2 entro il 2030, dovuta al solo riciclo dei rifiuti urbani e degli imballaggi. Il passaggio da un sistema economico lineare di tipo tradizionale ad uno evoluto come l’economia circolare sarà però possibile solo se si riuscirà a sviluppare la così detta “industria 4.0”, cioè la digitalizzazione delle attività legate alle industrie. Le premesse sono buone. La via è stata aperta dal settore manifatturiero, e altri ne potrebbero seguire a ruota, favoriti soprattutto dall’interazione di concetti come il Big Data, l’Open Data, il Machine to Machine, il Cloud Computing, le stampe in 3D, la manifattura additiva e la robotica. E’ chiaro che si tratta di processi di produzione che necessitano di sistemi di energia innovativi, sostenibili ed efficienti. Perché non può esserci evoluzione senza un consumo responsabile e consapevole dell’energia. L’efficienza energetica diviene quindi cultura propedeutica per ogni tipo di innovativa attività industriale. Il futuro per un’economia e un territorio rivisitati in termini di crescita e vivibilità è tracciato. Ora serve buona volontà, senso di responsabilità e capacità di investimento. E una buona dose di visione. La rivoluzione economicoambientale passa soprattutto da qui.

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rubriche

03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette

08 P° il Punto 41 Vi Verifiche e ispezioni 86 En Elementi Normativi

88 Be Bizzarre Energie 103 Mp Fn Mondo Piccolo e Filo di Nota 105 E+ Energia, letteratura, umanità 107 Bi Biblioteca

108 Fo

La Foto di Andrea Amato

109 Co la Copertina 110 Cc Controcopertina Elementi

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primo piano

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Confronto con Giuseppe Marinello

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Incontro con Valeria Termini

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Dialogo con Jos Delbeke

Sostenibilità, estendere le politiche nazionali a livello locale Mercato gas. Più responsabilità per gli utenti Perché la riforma dell’EU ETS

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Intervista a Marco Gay

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A tu per tu con Carlo Malacarne

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A colloquio con Simone Mori

Senza una visione energetica si rimane al palo Il gas senza i Take or pay

Mercato energetico, libero e concorrenziale? Con fossili e rinnovabili

faccia a faccia

28 Chiara Braga (PD)

Vs Davide Crippa (M5S)

Speciale

32 SPID sistema idrico

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Il parere di Simone Barni

L’efficienza del sistema idrico e la lotta alle perdite

smart city

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Il pensiero di Massimo Inguscio

Dai nostri progetti le città fruibili di domani


energia rinnovabile

mercato elettrico

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Conversazione con Simone Togni

Ricerca, volano per l'eolico

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Incontro con Tiziano Onesti

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Parla Alessandro Marangoni

Così nasce l’eco-treno

Rilanciamo il parco eolico italiano

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L’elettricità da bioenergie, + 98,4% in 5 anni

Il punto di vista di Marco Primavera

OCSIT, al servizio del mercato

trasparenza

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Il ruolo del GSE

scienza

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Ecco il megafotovoltaico Eolico, tra problemi e opportunità

energia

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Dialogo con Salvatore Molè

Dai rifiuti il biometano Mercati green per una crescita diversificata Confronto con Antonio Sileo

Riforme promosse, ma serve più informazione per le famiglie

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Italia - Giappone, ecco le reti elettriche del futuro

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Fusione fredda. Da fantascienza a realtà?

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Il sistema elettrico sia più flessibile

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E la notte vendo energia elettrica

energia del pensiero

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Un caffè con Claudio Risè

La rinascita dell’Occidente? Dalla famiglia

arte e architettura in luce

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La rivoluzione dei droni

ISGAN, un volano per le Smart Grids

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Come le macchine parlano agli dei. E viceversa

storia di ieri e di oggi

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Sbuffava, sbuffava quel treno, poi arrivò l’elettricità Sommario

So


Nuove tecnologie e visione, così l’energia cambierà Ancora una volta la tecnologia è la base del cambiamento della società. Nel settore dell’energia l’innovazione sta apportando una mutazione che potrebbe essere più forte di quanto non vediamo dall’angolo ristretto della vita quotidiana. Il ruolo delle fonti rinnovabili d’energia, l’efficienza energetica, la diffusione della generazione distribuita, le “reti intelligenti” sono ancora indietro ma la loro penetrazione è visibile. Il vero cambiamento però è nella digitalizzazione, nell’informatica, la quale è scesa dalla grande scala dell’elettronica centralizzata e si è fatta umana, a portata di singola persona, a dimensione di tasca. E si è messa in rete.

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Ciò ha reso il consumatore molto più indipendente. Con le “app” di oggi, sono migliaia e migliaia le persone che possono controllare i consumi elettrici, analizzare i dati, gestire le apparecchiature. E sono migliaia e migliaia quelle che possono produrre elettricità, con i pannelli sul tetto, l’inverter in soffitta e il visore a cristalli liquidi con l’andamento della produzione. L’arrivo del nuovo contatore elettronico potrebbe essere sconvolgente. Pannelli, inverter, visore, contatori intelligenti, batterie erano tutte tecnologie già disponibili, sebbene più arretrate e meno efficienti; ciò che ne ha cambiato il ruolo è stata l’integrazione fra loro e con i neuroni umani. I cambiamenti si sono visti. La Cina, la grande fabbrica del mondo, sta cominciando a produrre meglio e con meno energia; al tempo stesso negli Stati Uniti decine di microimprese si sono gettate sulla nuova tecnologia del fracking e hanno immesso sul mercato così tanti idrocarburi da rendere indipendenti gli Stati Uniti; i grandi Paesi produttori dell’Opec, divisi, hanno cercato di farsi guerra sui prezzi. Le quotazioni del petrolio, del carbone e del metano sono scese in modo imprevisto, rallentando gli investimenti.

Forse il processo che porta a queste scelte strategiche è originato dagli accordi climatici? È cominciato prima, sotto la spinta di tecnologia, consumatori, aziende. Ma le intese dei governi contro le emissioni di sicuro confermano la scelta del mondo e verso questo obiettivo si muoveranno i grandi flussi di capitali indirizzati alle ricerche a tutela dell’ambiente, convinceranno a investire nel verde e nelle startup anche le banche più pigre e grigie, orienteranno le scelte delle imprese più restìe, porteranno finanziamenti verso gli inventori e verso i laboratori di ricerca più creativi. Le nuove tecnologie, e i miglioramenti delle tecnologie che esistono già, nascono spesso dall’intuizione della piccola azienda, dal tocco di genio del ricercatore, dalla capacità organizzativa dei team. In un sistema a rete che scambia di continuo esperienze e dati, la dimensione del gruppo di ricerca è marginale e conta di più la capacità dei neuroni. Ma oltre una certa dimensione di ricerca il bisogno di intelligenze, ed esperienze richiede quella capacità che solamente i grandi poli di innovazione sanno dare, come l’Enea, l’Rse ed in Cnr.

In aprile a New York, all’Onu, è stato raggiunto un accordo sul clima che ha ratificato quello concordato in dicembre con la Cop21 di Parigi. L’intesa sul clima avrà sì un effetto sulle politiche energetiche dei Paesi che l’hanno firmato, ma chiunque sa benissimo che i Paesi che tradurranno in una politica energetica forte quell’accordo saranno pochissimi. L’effetto di quell’accordo sarà fondamentale per un altro aspetto. Impone una rotta, dice l’angolo della lossodromia che porta all’obiettivo. È ciò di cui hanno bisogno l’economia, la finanza, la ricerca e l’innovazione tecnologica. Un cambiamento così radicale nello scenario costringe le aziende energetiche a rivedere i piani industriali. Per esempio le centrali a ciclo combinato che parevano destinate alla ruggine anticipata, hanno ritrovato motivi di lavoro nei prezzi bassi del gas e nella “rampa” della domanda e dell’offerta creata la sera dallo spegnersi del fotovoltaico. L’idroelettrico, dopo un 2015 reso orribile dalla siccità, nella primavera piovosa del 2016 ha recuperato l’acqua persa. Ma le fonti rinnovabili, che hanno sconvolto il mercato italiano, cresceranno ancora? In Italia, in Europa, la crescita non sarà più così furiosa come negli anni scorsi, e avrà un andamento più fisiologico. Nel 2015 in Italia la nuova potenza “verde” istallata è stata di 893 megawatt e le rinnovabili hanno contribuito al 40,5% della produzione e alla copertura del 35% della domanda elettrica nazionale, rileva il Renewable Energy Report della School of Management del Politecnico di Milano. L’Europa, dice questa analisi, non è più la prima della classe. Ma le rinnovabili cresceranno però nel mondo, come indicano gli accordi sul clima.

P° il Punto di Jacopo Giliberto

Non a caso gran parte delle scelte sono verso questa frontiera. Ci sono aziende che fondono dentro di sé le rinnovabili (Enel), chi divide le attività tra green e brown (E.On, A2A e così via), chi concentra le attività sull’efficienza energetica, sul retail e sul verde (l’Edison, l’Erg e altri).

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primo piano SostenibilitĂ

Estendere le politiche nazionali a livello locale CONFRONTO CON GIUSEPPE MARINELLO Presidente Commissione Ambiente del Senato

di Roberto Antonini Giuseppe Marinello

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Un Paese dove la cultura della sostenibilità ha attecchito e dove può crescere rigogliosa, sempre che vi si badi adeguatamente. Infatti, se a livello generale il settore batte la crisi, a livello territoriale ci sono ancora sacche di inefficienza, e a volte addirittura malaffare. Ma la soluzione per 'salvare la pianta' e 'curare il terreno' è la stessa: uno sviluppo più guidato a livello centrale e una maggiore valorizzazione con la messa in rete delle università e della ricerca nelle regioni del Sud. Per rilanciare la tecnologia italiana nei settori sostenibili, dalle rinnovabili all'efficienza, dalla gestione dei rifiuti ad un sistema di economia circolare. Questi alcuni dei temi della conversazione tra 'Elementi' e Giuseppe Marinello, Presidente della Commissione Ambiente del Senato.

E: Come valuta il sistema italiano della sostenibilità? GM: Il sistema tutto sommato regge, con una tenuta dei dati e dei valori di riferimento indipendentemente dall'alternanza dei cicli economici, come la caduta dei prezzi delle materie prime che ha reso meno appetibili i materiali da riciclo o il calo della raccolta differenziata legato a minori consumi che portano alla produzione di minori imballaggi tra i rifiuti. C'è però una sostanziale tenuta, anche se occorre rimettere mano al sistema dei consorzi, per restare nel tema. Se la situazione è questa a livello generale, a livello territoriale vediamo enormi ritardi, specie nelle regioni meridionali e in particolari aree di esse. Ritardi dovuti ad ataviche difficoltà, ma anche alle politiche regionali e locali.

E: Quale dovrebbe essere la soluzione per superare queste disparità? GM: In questi territori bisognerebbe esprimere con maggiore incisività le politiche nazionali e il governo dovrebbe intervenire direttamente, anche con poteri di surroga. E: Quindi la riforma del Titolo V della Costituzione che riporta al livello centrale la competenza su diversi ambiti potrebbe portare una soluzione? GM: Proprio qui al Senato - e proprio su un mio emendamento - si è riaperta la questione e l'ambiente è stato inserito fra i valori costituzionali da garantire. Per questo il ruolo dello Stato

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deve essere più determinante e incisivo. E: Ci faccia un esempio. GM: Nel settore dei rifiuti la Sicilia si è trovata in una situazione di straordinarietà ed ha usufruito di un regime commissariale che ha consentito tutta una serie di deroghe dalla fine degli anni ‘90 al 2013, e nonostante questo il sistema rifiuti è caratterizzato da enormi falle. I poteri straordinari al presidente di Regione quale commissario per un periodo così lungo che supera ampiamente il decennio non possono configurarsi come fatto straordinario. Vuol dire che ci sono delle Regioni che hanno gestito e organizzato l'emergenza in ordinarietà e hanno continuato a chiedere poteri straordinari, senza però mai rimuovere le criticità. E: Se guardiamo alle rinnovabili, però, queste sono una grande opportunità per il Sud. GM: Ci sono dei fatti oggettivi: la redditività della produzione eolica a parità di strutture è maggiore in Sicilia, in Puglia, o in un'altra regione meridionale, rispetto a un impianto simile nella Pianura Padana. Ciò è legato alla presenza dell'Appennino che fa barriera lungo tutta la dorsale della Penisola tra oriente e occidente, tra i venti di levante e di ponente. Poi tutto ciò è stato rafforzato da politiche di indirizzo che hanno caratterizzato una enorme dilatazione di questi interventi soprattutto in un’epoca in cui gli incentivi erano assolutamente allettanti. Il tutto però ha creato delle distorsioni: da un lato una enorme redditività del capitale, in alcuni periodi superiore alle due cifre quando quella sui mercati finanziari andava scemando continuamente. D'altro canto questo fenomeno ha visto un altro aspetto interessante: sono intervenuti tutta una serie di soggetti che non avevano caratteristiche imprenditoriali, ma un ruolo di intermediazione, i cosiddetti sviluppatori. Tutto questo ha creato delle zone d'ombra nelle quali malaffare, cattiva politica, pessima burocrazia e addirittura criminalità organizzata spesso sono riuscite a inserirsi. E: Di chi sono le colpe? GM: C'è stata una distrazione della politica ed è mancata una esatta normazione: quando questa manca negli spazi vuoti, nelle reti a maglia larga, c'è sempre qualcuno che si infila. Tutto questo però credo che rappresenti il passato perché da qualche anno a questa parte c'è una forte inversione di tendenza: con i provvedimenti di questa legislatura, mi riferisco al cosiddetto Spalmaincentivi, credo si sia dato - e si stia dando - un segnale in assoluta controtendenza. E: E le norme che per gli imprenditori delle rinnovabili cambiano troppo spesso?

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GM: Questa è stata una delle premesse nell’approvazione dello Spalmaincentivi: con quel provvedimento si è deciso di chiudere un periodo ed aprire una fase nuova. È chiaro che questa deve essere contraddistinta da maggiore sicurezza e quindi maggiore stabilità. E: Con queste premesse il meridione può avvantaggiarsi ancora di più dell'economia della sostenibilità, nella quale le rinnovabili rivestano un ruolo chiave? GM: Assolutamente, anche se sono convinto che il vero sforzo del meridione, così come quello di tutta l'Italia, debba essere quello di puntare su ricerca e innovazione, soprattutto in questo settore. Noi spesso abbiamo utilizzato delle tecnologie abbastanza datate: almeno il 50 o 60% e oltre del periodo d'oro delle rinnovabili è stato caratterizzato dall'uso di tecnologie trite e ritrite. Oggi la scommessa deve essere ben altra, con impianti meno impattanti, che abbiamo una resa maggiore e una più lunga durata. Tutto questo deve essere contraddistinto da un notevole sforzo che metta allo stesso tavolo non solo l'impresa, con le sue legittime aspirazioni, ma anche la ricerca italiana che su questo campo credo abbia ancora parecchio da dire. E: Pensando a realtà all'avanguardia come il Centro ricerche Enea di Portici, alle tante università del sud che sfornano laureati che poi vanno all'estero... GM: Si potrebbe e si dovrebbe mettere a sistema tutto ciò. E: E nel nostro futuro più vicino abbiamo il pacchetto europeo dell'economia circolare che ci porterà verso un sistema virtuoso… GM: Non abbiamo ancora chiuso la risoluzione della Commissione dopo la lunga consultazione sull'economia circolare, ma posso anticipare che emerge un grande contributo dell'università e dei centri di ricerca italiani, perché questo non deve essere un settore dove giocare in difesa, ma un propulsore dello sviluppo anche in termini di occupazione. Abbiamo insistito anche su un nuovo patto che deve stringere la società, dall'individuo al livello centrale, per un approccio totalmente nuovo. Per tutto ciò, però, servono indirizzi precisi.


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primo piano Mercato del gas

Più responsabilità per gli utenti INCONTRO CON VALERIA TERMINI Componente Aeegsi Nella nuova regolazione del mercato del gas il Gestore della rete avrà un ruolo residuale.

di Fausto Carioti Valeria Termini

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L’economista Valeria Termini, componente dell’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, sta seguendo da vicino un dossier della regolazione del mercato del gas. “Alla fine ci sarà più responsabilità per gli utenti ”, spiega riguardo alle prossime novità sul regime del bilanciamento. Infatti, a ottobre, se i tre mesi di “apprendimento” si svolgeranno nei tempi previsti e si concluderanno nel modo migliore, potrà partire questo nuovo regime.

E: Il bilanciamento interno del gas si è evoluto nel 2011 in un sistema di mercato regolato dai meccanismi di asta tra utente e utente e tra gli utenti e Snam, il TSO (Transmission system operator) italiano. Come impatta, sul lavoro svolto dall’Autorità, il Regolamento UE n. 312 del 2014? VT: Il mercato del bilanciamento disegnato dal Regolamento europeo promuove la concorrenza nel mercato all'ingrosso di breve termine (“spot”) del gas naturale di tutte le fonti di flessibilità disponibili: importazioni, stoccaggio e gnl. A partire dal 2011, l’Autorità ha adottato una serie di provvedimenti che oltre a consolidare il nuovo sistema di mercato, lo hanno reso via via più completo ed evoluto. Il Regolamento della Commissione del 26 marzo 2014 si inserisce in questo percorso: conferma gli elementi essenziali già regolati dall’Autorità con la delibera ARG/gas 45/11,

mantenendo così una sostanziale continuità con l’attuale regolazione del servizio. E: Adesso è giunta la fase di implementazione del Regolamento UE. Quali obiettivi intende raggiungere la vostra Autorità con questa fase? VT: Gli aspetti del quadro regolatorio da completare ai fini dell’avvio del nuovo regime di bilanciamento possono essere sintetizzati in quattro temi principali: la definizione dei criteri di intervento di Snam Rete Gas sul mercato; l’integrazione delle regole di funzionamento del mercato infra-giornaliero con le modalità di negoziazione dei prodotti “locational” (che comportano un obbligo di modifica dei flussi di immissione di gas in rete, riferito ad un preciso punto di immissione durante il giorno gas o nelle ore residue del giorno gas);

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la definizione degli “small adjustment” (un costo definito amministrativamente e volto a incentivare gli utenti a prevenire lo sbilanciamento del proprio portafoglio); possibili interventi in materia di “settlement” (determinazione delle partite fisiche ed economiche funzionali all’erogazione del servizio di trasporto e bilanciamento). In questa fase, l’Autorità sta consultando i propri orientamenti illustrati nel documento per la consultazione 103/2016/R/gas, relativi al completamento delle regole ai fini dell’implementazione del Regolamento. E: Cosa cambierà per gli utenti? VT: In sintesi, con il nuovo regime, gli utenti saranno maggiormente responsabilizzati nel bilanciare il proprio portafoglio, facendo sì che il gestore della rete assuma, in questo, un ruolo “residuale”. E: Che tempi prevedete per il varo delle regole di dettaglio e di carattere operativo? VT: Il varo di queste regole è imminente: al momento della pubblicazione di questa intervista potrebbero essere già state deliberate. Esse dovranno tener conto sia del fatto che alcune attività necessarie all’avvio del nuovo regime di bilanciamento non potranno terminare prima del prossimo giugno, sia dell’esigenza di mantenere tre mesi come “periodo di apprendimento” a seguito del completamento delle attività preliminari. Ciò comporta che l’avvio del nuovo regime non possa avvenire prima del 1° ottobre 2016. E: Una delle peculiarità italiane è il ruolo di Snam, che oltre a svolgere la funzione di trasporto e dispacciamento del gas naturale dispone di una propria capacità di stoccaggio. Quali accorgimenti comporta questa specificità nella delicata operazione di definizione delle regole? VT: La disponibilità di stoccaggi amplia in maniera decisiva le possibilità di condotta da parte di Snam Rete Gas nel bilanciamento: risultano talmente ampie da poter potenzialmente compromettere l’efficiente funzionamento del sistema. Appare, quindi, necessario definire un meccanismo che incentivi Snam Rete Gas a gestire il “linepack” (il gas contenuto nella rete) e lo stoccaggio nell’ambito di una tolleranza coerente con l’efficiente funzionamento del bilanciamento. L’Autorità ha espresso i propri orientamenti nel documento di consultazione già citato (103/2016/R/gas), ai fini di poter valutare il corretto dimensionamento delle capacità di stoccaggio nella disponibilità di Snam rete Gas in relazione alle esigenze di trasparenza nella gestione operativa del bilanciamento, e per massimizzare le risorse di flessibilità da rendere disponibili agli utenti.

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E: Lei è anche vicepresidente di Medreg, l'Associazione dei Regolatori di energia di ventuno Paesi mediterranei che ha un ruolo importante nella nascita delle tre piattaforme regionali per l'energia: una per il gas naturale, una per l'elettricità, una per le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica. A cosa state lavorando in questa sede? VT: I Regolatori giocano un ruolo chiave nel definire il programma di lavoro delle piattaforme. Medreg è un organismo tecnico che contribuisce a costruire i modelli regolatori nella regione del Mediterraneo, in situazioni molto diverse tra loro. Si occupa, in particolare, di definire meglio alcuni assetti relativi all'integrazione del mercato e alla sicurezza energetica. La prima piattaforma attivata è quella gas. Lanciata l’11 giugno 2015 a Bruxelles con la definizione delle “guidelines”, ha vari obiettivi: promuovere la sicurezza energetica regionale; valutare la situazione attuale ed esaminare i fattori che influenzano gli sviluppi futuri in materia di domanda e offerta di gas; studiare le strutture di mercato esistenti e valutare il livello di apertura del mercato nei diversi segmenti della filiera; promuovere la cooperazione in ambito tecnologico e lo sviluppo di progetti di gas non convenzionale, onshore e offshore; individuare le esigenze di infrastrutture per lo sviluppo dei mercati energetici nazionali e mediterranei. E: Le altre due piattaforme a che punto sono? VT: La piattaforma per il mercato elettrico euro-mediterraneo è stata lanciata il 12 ottobre 2015 a Rabat, in Marocco. Per questa seconda piattaforma, Medreg e Med-TSO hanno elaborato la proposta di una “roadmap” allo scopo di identificare macro regioni elettriche con relative interconnessioni; creare Iniziative Regionali nell’area del Mediterraneo; promuovere nuovi investimenti in infrastrutture; facilitare lo sviluppo e l’integrazione dei mercati elettrici. Lo scorso 18 maggio, durante la sua ventunesima Assemblea Generale, che si è tenuta a Malta, Medreg ha approvato questo documento rendendolo di fatto operativo. Riguardo alla terza piattaforma, quella per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, è ormai prossimo il lancio. Anche in questa sede, come nelle precedenti, Medreg ha contribuito attivamente alla definizione del modello di funzionamento essendo stata chiamata dalla Commissione europea a partecipare ai lavori.



primo piano

Perché la riforma dell’EU ETS Dal 2005 l’EU ETS è lo strumento chiave, in Europa, per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti nei settori dell’industria e della generazione elettrica, secondo parametri di efficienza. Lo strumento sta funzionando: l’Unione è nella giusta direzione per raggiungere - ed anzi superare - l’obiettivo climatico al 2020. Ciononostante, per l’obiettivo del -40%– concordato dai capi di Stato e Governo nel quadro clima-energia 2030 – occorre assicurare un progresso continuo. È per questo che la scorsa estate, la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa per rivedere le regole dell’EU ETS per il prossimo decennio. Tre gli elementi chiave: incremento della velocità nel taglio delle emissioni dopo il 2020; approccio maggiormente mirato per le allocazioni gratuite di quote di emissioni all’industria; rafforzamento dei finanziamenti per l’innovazione a basso contenuto di carbonio e modernizzazione nel settore energia. Un mercato europeo del carbonio virtuoso ha il potenziale di dare un contributo maggiore alla transizione verso un’economia energeticamente più sicura ed a basso contenuto di CO2. Primo al mondo per volume, l’EU ETS riveste un ruolo cruciale nello sforzo globale, concordato lo scorso dicembre a Parigi, nel quadro della prima intesa a livello internazionale di carattere universale per il clima.

DIALOGO CON JOS DELBEKE Direttore Generale per il Clima Commissione Europea

di Simone Aiello Jos Delbeke

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Elementi 38


E: Delbeke, l'efficienza dell’EU ETS è stata compromessa da un surplus di quote di emissione. Come affrontarlo? JD: Negli ultimi anni, l’accumulo del surplus di quote in circolazione – in gran parte per via della profonda crisi economica che ha ridotto le emissioni in misura maggiore di quanto previsto – ha depresso i prezzi della CO2 indebolendo l’incentivo a ridurre le emissioni. La Riserva di Stabilità del mercato, operativa dal 2019, aiuterà sia a risolvere questo problema sia a migliorarne la resilienza a più ampi shock, intervenendo sul lato offerta delle quote da collocare all’asta. Gli sforzi per ricercare l’equilibrio tra i fondamentali del mercato saranno, inoltre, favoriti da una riduzione annuale del cap più incisiva. Raggiungere l’obiettivo al 2030 richiede ai settori ETS una riduzione delle emissioni del 43% rispetto al 2005. A tal fine, il volume complessivo delle quote di emissione dovrà ridursi, dal 2021 in poi, del 2,2% annualmente rispetto all’attuale 1,74%. E: Come saranno distribuite le quote di emissione? JD: Le aste di quote di emissione costituiscono lo strumento principale per l’assegnazione delle quote agli operatori del sistema. È il metodo più trasparente e traduce in pratica il principio ”chi inquina paga”. Tuttavia, una piena applicazione del principio avverrà solo gradualmente. Le imprese del settore elettrico già devono acquistare le quote di cui hanno necessità, con l’eccezione degli impianti dei Paesi a più basso reddito. Negli altri settori, invece, le imprese , devono acquistare in proporzioni gradualmente crescenti le quote oggetto del proprio fabbisogno. Rispetto alla fase attuale, la porzione di quote da collocare all’asta non diminuirà dopo il 2020. La proposta della Commissione fissa al 57% questo share: ciò dà maggiori certezze sul lato della pianificazione degli investimenti ed accresce il livello di trasparenza per i partecipanti al mercato all’interno ed all’esterno del sistema. Proseguire, inoltre, con l’assegnazione di quote a titolo gratuito consente all’Unione di perseguire target ambiziosi di riduzione delle emissioni,

Supply (cumulative, milions)

5000

E: Le imprese possono essere compensate per gli alti costi dell’energia elettrica derivanti dall’EU ETS? JD: La direttiva ETS già consente agli Stati membri di compensare parzialmente e finanziariamente i cosiddetti costi indiretti della CO2 trasferiti alle imprese ad alta intensità elettrica nei processi produttivi. La proposta attuale mantiene quest’approccio anche dopo il 2021, incoraggiando attivamente gli Stati membri a compensazioni finanziarie, tramite i proventi delle aste CO2. Ad oggi, ciascun Paese decide il livello di compensazioni e come finanziarle, tramite risorse nazionali, nel quadro delle normative sugli aiuti di Stato. L’attuale set normativo UE di riferimento consente di tenere conto delle specificità nazionali e regionali dei mercati energetici, lasciando discrezionalità agli Stati membri di decidere sull’uso più appropriato dei proventi delle aste. E: In che modo l’EU ETS supporta l’innovazione a basso contenuto di CO2 e la modernizzazione del settore energia? JD: Fissando un tetto alle emissioni e con un prezzo del carbonio, l’EU ETS crea un incentivo per le imprese ad investire in tecnologie low carbon. Inoltre, i proventi delle aste di quote di emissione sono utilizzati per finanziare l’innovazione a basso contenuto di carbonio. L’attuale programma NER 300 favorisce il sostegno finanziario a progetti innovativi su rinnovabili e CCS. Con la proposta della Commissione per il post-2020, il nuovo Fondo per l’Innovazione con 450 milioni di quote, estenderà il supporto a progetti dimostrativi a basso contenuto di CO2 per le tecnologie del settore energia e dell’industria. Un altro fondo, Fondo per la modernizzazione sosterrà gli Stati membri a più basso reddito nel modernizzare il proprio sistema energetico.

Demand (cumulative, milions)

7000

6000

tutelando al contempo la competitività dell’industria, a livello internazionale. Ciò garantendo il risultato ambientale, evitando una fuga delle emissioni verso Paesi con politiche climatiche meno ambiziose (carbon leakage).

7000

Free allocation International credits exchanged

6000

Cancellations Verified emissions

5000

Free allocation (NER) 4000

Free allocation (10c)

4000

3000

NER 300 monetisation by EIB

3000

2000

Auctioning

2000

1000

Early autcioning

1000

0

Banking

0

Elementi 38

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primo piano Settore energetico

Senza una visione strategica si rimane al palo INTERVISTA A MARCO GAY Presidente Giovani Imprenditori Confindustria

Marco Gay

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Elementi 38


Un esempio? Usare le royalty dall’estrazione di metano e petrolio dai giacimenti nazionali per creare un fondo sovrano. Abbiamo un patrimonio enorme, facciamolo diventare davvero bene comune. I costi dell’energia sono alti. Chiediamo di abbassarli non per “guadagnare di più”, ma per competere meglio: il made in Italy è il terzo marchio al mondo, abbiamo prodotti che possono rafforzare la nostra presenza nei mercati internazionali.

di Jacopo Giliberto Sollecita una politica energetica il presidente dei Giovani imprenditori della Confindustria, Marco Gay. Torinese, 40 anni a fine aprile, sposato, tre figli, Gay è anche vicepresidente di Confindustria e vicepresidente della Digital Magics, spa quotata all’Aim che opera come business incubator italiano. “In Italia gli imprenditori subiscono forti divari di competitività rispetto ai concorrenti, anche quelli europei – ricorda Gay - un divario sul costo del lavoro, un divario per la burocrazia - che impegna l’attività delle imprese in media per 26 giorni l’anno - e un divario forte per l’energia. È un tema, quest’ultimo, su cui occorre costruire una visione comune a livello europeo, nella quale possiamo far valere il nostro punto di vista”. E: In altre parole, presidente, serve una visione strategica? MG: Sì, serve una forte visione strategica. A partire da due aspetti che, credo, possano essere favoriti dalla revisione costituzionale che ha reinserito l’energia tra le competenze esclusive dello Stato. Primo: mettere un punto fermo al

concetto di “campanile”. Molto spesso il localismo, in assenza di una visione generale e a caccia solo del consenso, finisce per danneggiare il territorio. L’altro punto essenziale: serve una politica industriale coraggiosa che faccia in modo di non tenerci più ostaggio dei “comitati del no”. E: Attenzione, Gay. Il processo che alimenta i comitati del no è effetto del cambiamento della società, ed è irreversibile. MG: Certamente, ma il “no-a-tutto” non deve diventare un fenomeno di costume che tiene in ostaggio la politica nella scelta sciagurata del “non decidere”. Ci troviamo davanti a segnali timidi di ripartenza del Paese: in questo momento invece di freni inutili abbiamo bisogno di una politica industriale che abbia una visione di medio e lungo termine. Nessuno ha la pretesa - e soprattutto non è compito delle imprese – di prendere decisioni di governo, ma la voce dell’economia reale deve essere ascoltata nelle politiche energetiche, che creano sviluppo, occupazione, crescita e capacità di nuovi insediamenti industriali. E: Un esempio di una visione strategica nell’energia?

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MG: Le farò un esempio che mi sta a cuore per sottolineare l’impatto che le politiche energetiche possano avere anche dal punto di vista sociale: usare le royalty dall’estrazione di metano e petrolio dai giacimenti nazionali per creare un fondo sovrano. Abbiamo un patrimonio enorme, facciamolo diventare davvero bene comune. E: Un fondo sovrano con le royalty? Che farne? MG: Si potrebbero finanziare politiche sociali di “welfare”, investimenti in fonti rinnovabili e soprattutto la nostra spesa pensionistica. È quello che fa la Norvegia, il primo paese petrolifero europeo. Oggi siamo nel vivo del dibattito sulle buste arancioni dell’Inps, con le quali si dà ai cittadini un calcolo prospettico relativo a una situazione previdenziale che cambierà probabilmente fra breve, basate peraltro su ipotesi di occupazioni che potranno mutare repentinamente. È questo il futuro che vogliamo lasciare ai nostri figli? Non sarebbe più corretto usare il patrimonio del nostro sottosuolo per alimentare la spesa pensionistica? Le stesse risorse poi potrebbero liberare quegli investimenti per le energie rinnovabili. Insomma, anche per questo il Titolo Quinto della Costituzione va rivisto per ridare all’Italia quella visione strategica che abbiamo perso.

questa voglia di nuovi muri. Perciò la libera circolazione dell’energia è un capitolo strategico essenziale, al pari della realizzazione di infrastrutture come la banda larga. Una politica energetica esige una visione europea, ben di più che solo “europeista”. E: Voi imprenditori parlate spesso della competitività. Come si articola ciò sul tema energetico? Mv Abbiamo un divario sui costi dell’energia di circa il 20% rispetto ai colleghi europei, e anche più alto se guardiamo a competitor internazionali. Se aggiungiamo il costo del lavoro, la burocrazia, le strategie di sviluppo, la situazione è drammatica. Speriamo che con il ministro Calenda qualcosa si muova. Perché questi divari di competitività non si trasformano tanto in perdita di profitti, quanto in mancate opportunità di lavoro e di mercato. Per questo quando chiediamo di abbassare i costi dell’energia non è per “guadagnare di più”, ma per competere meglio: il made in Italy è il terzo marchio al mondo, abbiamo prodotti che possono rafforzare la nostra presenza nei mercati internazionali.

E: Quindi l’energia non deve limitarsi alla valenza locale? E: Lei è socio di un incubatore di imprese. Ne fa un cenno? MG: Certo che no: le politiche energetiche non possono che avere una dimensione europea. L’integrazione comunitaria è il desiderio di una generazione intera - che in parte rappresento - nata in un’Europa unita che vogliamo contribuire a rafforzare, costruendo gli Stati Uniti d'Europa. E l’energia è uno dei capitoli principali in questa architettura d'Europa. Noi italiani godiamo di una posizione geografica eccezionale, davanti a economie come quelle africane che saranno in crescita nei prossimi decenni; grazie alla nostra posizione e alla nostra rete di infrastrutture energetiche potremmo essere uno hub energetico naturale, passando dall’essere mercato di consumatori a snodo strategico, con vantaggi per tutta la distribuzione energetica del Paese. Perché la soluzione resta sempre l’Europa, anche in questo tempo di difficoltà in cui c’è chi torna a parlare di barriere e di dazi proprio nel momento in cui tutti noi europei, con le trasformazioni che sono in corso, abbiamo bisogno di un mercato libero delle idee, delle persone, dei beni, dei capitali. Per un 40enne come me, il ricordo più vivido è la caduta del muro di Berlino sotto le picconate; siamo una generazione alla quale mette i brividi

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Elementi 38

MG: C’è un mondo di giovani imprenditori che crea start-up, apre imprese, investe con determinazione nel proprio territorio. Per esempio in Digital Magics uno dei settori in cui stiamo investendo con partner specializzati è il mondo delle start up EnergyTech. Perché si rivolge a quell’enorme capitale umano delle nuove leve imprenditoriali, che possono essere partner strategici per le imprese energy intensive. Queste nuove imprese possono dare opportunità alla manifattura italiana: la new economy può essere un volano per l’old economy.



primo piano

Il gas senza i “take or pay” A TU PER TU CON CARLO MALACARNE Presidente Snam

Integrazione dei mercati Gnl, biometano: come garantire la sicurezza degli approvvigionamenti in un mercato sempre più “spot”

di Gabriele Masini Carlo Malacarne

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Elementi 38


Il mercato del gas è sempre più orientato verso i contratti di breve termine. Una vera e propria rivoluzione se si confronta il peso che ancora oggi hanno i contratti take or pay di lungo periodo nel mercato e sui bilanci delle società che importano. Questo cambiamento rende necessaria l’integrazione dei mercati nazionali e regionali e una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento. In quest’ottica, e considerando l’importanza del gas naturale nella transizione verso un’economia low carbon, sarà sempre più in primo piano l’importanza di due “nuove” modalità di sfruttamento del gas: il biometano e il Gnl per i trasporti, sotto la spinta degli obiettivi europei per le rinnovabili e della progressiva contrazione dei consumi di petrolio. Anche in quella che sembra essere la roccaforte più inespugnabile del greggio, ovvero la mobilità. Di tutto questo abbiamo parlato con Carlo Malacarne, presidente di Snam, primo operatore italiano e globale nel trasporto del gas. E: Cosa comporta il tramonto del modello take or pay nel mercato internazionale del gas, in particolare dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti? Si va verso un mercato esclusivamente di breve termine? CM: La tendenza è questa. La significativa contrazione della domanda negli ultimi anni, unita all’esigenza degli utenti del sistema gas di prodotti sempre più “su misura”, hanno creato i presupposti per un ricorso massiccio ai contratti spot rendendo il mercato estremamente liquido e orientato al breve termine. Alla luce di ciò, per rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti sarà fondamentale concludere il processo di integrazione dei singoli mercati energetici. Per farlo da un lato occorre completare i corridoi europei e rendere effettiva l’interconnessione delle reti nazionali, dall’altro si dovrà lavorare per garantire un’ulteriore diversificazione delle fonti di approvvigionamento. I due interventi sono complementari: i corridoi sud-nord ed est-ovest potranno essere sviluppati solo se il network europeo sarà connesso ai paesi dell’area nordafricana e mediterranea e soprattutto al bacino del Mar Caspio. Oltre che ai terminali di rigassificazione europei oggi sotto-utilizzati. E: Come giudica il cammino fatto fin qui dall’Europa verso una condivisione delle regole e delle politiche sul fronte dell’approvvigionamento e della creazione di un mercato unico del gas? E cosa pensa della proposta di un “vaglio preventivo” di Bruxelles sui contratti di fornitura? CM: La Commissione Ue sta facendo grandi sforzi per rendere concreto il progetto di Unione Europea dell’Energia, che garantirebbe piena interoperabilità tra i singoli sistemi nazionali, rafforzando la sicurezza degli approvvigionamenti. Stiamo assistendo a un’evoluzione regolatoria positiva diretta all’armonizzazione delle normative in una logica sovranazionale, con l’obiettivo di favorire la liquidità, la concorrenza e la trasparenza dei mercati. Sono passaggi importanti anche perché consentono di ridurre i “colli di bottiglia” ancora esistenti in alcune regioni europee e comportano, quindi, una maggiore possibilità di interscambio tra i diversi Paesi.

I numeri della produzione Gas naturale In milioni di metri cubi/giorno 150,0 137,5

134

130

125,0 112,5

2015

+3,1%

2016

100,0

E: Nord Stream, South Stream, TurkStream, Tap. I nuovi progetti di interconnessione est-ovest sono numerosissimi, senza contare quelli che riguardano il Mediterraneo orientale. Per “ripagare” questi investimenti serve però un certo grado di certezza che l’Europa andrà a gas almeno per un po’ di decenni a venire. Con gli obiettivi della COP21, possiamo essere sicuri che sarà così? CM: Nel mix energetico globale, il gas naturale è destinato ad avere un ruolo sempre più forte nel medio-lungo termine perché è il combustibile migliore per garantire, da un lato, la sicurezza delle forniture e, dall’altro, la transizione verso la low carbon economy. Non è un caso che il rapporto della Commissione Ue sullo stato dell’arte dell’Unione indichi la necessità di alcune misure supplementari per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni nei tempi prefissati, in cui le infrastrutture che l’Europa considera strategiche – i cosiddetti PCI (Projects of Common Interest) apportano un contributo importante. Un’altra di queste misure può essere sicuramente il biometano, un combustibile ancora più pulito del gas naturale tradizionale, in grado di dare un apporto positivo a un’economia fondata sulla sostenibilità e sulla circolarità nell’utilizzo delle risorse. E: Cosa pensa del business del Gnl small scale? Secondo alcuni il metano liquefatto può aspirare a sostituire i prodotti petroliferi nei trasporti in un tempo relativamente breve. CM: Nelle prossime decadi è prevista una progressiva contrazione dei consumi di petrolio a favore di un maggior utilizzo del gas naturale. Diversi studi ipotizzano che entro il 2035 il trasporto internazionale di GNL possa raggiungere la quota di quello che viaggia attraverso i metanodotti. L’ampia disponibilità di gas naturale liquefatto sui mercati globali apre le porte all’impiego del gas anche nei trasporti stradali e marittimi; tutti questi elementi daranno il via a una nuova fase di sviluppo per il GNL, che negli ultimi anni è arrivato con il contagocce in Europa ma che, complice anche un aumento della domanda a fronte del declino della produzione interna, tornerà a svolgere un ruolo importante.

Elementi 38

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primo piano Mercato elettrico

Libero e concorrenziale? Con fossili e rinnovabili A COLLOQUIO CON SIMONE MORI Presidente di Assoelettrica

di Piergiorgio Liberati Simone Mori

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Elementi 38


“Il settore elettrico deve avere una sola voce. È negli interessi tanto delle imprese, quanto dei consumatori finali e delle stesse autorità di regolazione”. Simone Mori, Presidente di Assoelettrica dal 13 maggio scorso, è convinto che fonti tradizionali e fonti rinnovabili debbano lavorare insieme per lo sviluppo di un nuovo mercato energetico. Proprio per questo spiega ad Elementi che il suo primo passo è stato quello di firmare un protocollo d’Intesa tra Assoelettrica e AssoRinnovabili”. E: Una novità che non tutti si aspettavano… SM: Si deve tener sempre ben presente che Assoelettrica associa tutti i maggiori player del settore delle rinnovabili e non soltanto quelli del comparto termoelettrico. Tanto che, in realtà, le naturali divergenze d’opinione che si possono verificare tra Assoelettrica ed AssoRinnovabili sono comunque presenti anche al nostro interno. E: Eppure in Italia fonti fossili e rinnovabili da sempre vengono messe in contrapposizione, specie quando si parla di sussidi. Come superare questo gap? SM: Abbiamo previsto che Assoelettrica si associ ad AssoRinnovabili e viceversa. Il Presidente di Assoelettrica ed un altro suo esponente andranno a sedere nel Comitato Esecutivo di assoRinnovabili, così come il Presidente ed un altro esponente di AssoRinnovabili siederanno nel Comitato Strategico di Assoelettrica. Ma soprattutto, d’ora avanti le due associazioni lavoreranno congiuntamente su tutti i temi di maggiore rilevanza, allo scopo di muoversi sempre in modo coordinato, nella prospettiva di arrivare entro un anno ad una vera fusione. In futuro i mondi della produzione, della distribuzione e della vendita dell’energia elettrica, dovranno presentarsi in maniera unitaria e proporre interventi e soluzioni condivise da tutti gli operatori. E: A proposito di futuro. Con l’uscita della maggior tutela e dall’incontro dell’Ict con il settore dell’energia, può nascere un nuovo modello di mercato energetico. Secondo lei quanto ci vorrà affinché questo processo raggiunga la piena maturità?

SM: Difficile rispondere. Basti pensare a quanto accaduto dopo l’apertura del mercato elettrico: prima la grande stagione degli investimenti per il rinnovamento del parco termoelettrico, poi il tumultuoso sviluppo delle rinnovabili, del fotovoltaico in particolare, quindi il rovesciamento dei paradigmi tradizionali: centrale – trasmissione – distribuzione – consumo finale e la crescita della generazione diffusa. Infine la crisi economica e la riduzione della domanda elettrica. Soltanto la prima di queste fasi era in qualche misura prevista. La verità è che i mercati si muovono più svelti delle norme e spesso dei piani di sviluppo delle imprese. Ciò detto, si deve rimarcare che il mercato elettrico italiano è uno dei più aperti e vivaci d’Europa. Di strada, e nella direzione giusta, ne abbiamo fatta parecchia, anche su altri fronti, come la digitalizzazione delle infrastrutture – penso ai contatori elettronici di seconda generazione – ma anche sul lato dell’efficientamento, che ha portato ad una riduzione dell’intensità energetica ed insieme ad un aumento della penetrazione elettrica. E: Visti i costi fissi della bolletta, davvero l’uscita dalla maggior tutela può costituire un’opportunità per i consumatori? SM: Assolutamente sì. E per almeno due motivi. Il primo è che il mercato genera sempre un circuito virtuoso, stimolando offerte migliori in termini di prezzi e di servizi, promuovendo l’innovazione tecnologica e rendendo i consumatori più consapevoli. Il secondo motivo è che l’uscita dalla maggior tutela è stata preceduta dalla riforma del sistema tariffario, grazie alla quale gli oneri di sistema verranno gradualmente spalmati in misura proporzionale su tutti gli utenti finali e non più in base alla potenza disponibile ed all’energia fatturata. Questo comporta che i consumatori che intenderanno approfittare dei vantaggi del vettore elettrico in termini di efficienza e di minori costi – pompe di calore, cucine a induzione – potranno godere dei vantaggi di un mercato totalmente liberalizzato. Elettrificare i consumi, spostare la domanda da altre fonti a quella elettrica è il modo più efficace per risparmiare energia. E: Cosa ne pensa del capacity market? Il mondo delle rinnovabili lo vede come un regalo ai cicli combinati, messi in crisi dal boom dell’energia verde, in particolare fotovoltaico ed eolico. È così? SM: No. Voglio citare una frase pronunciata dal Presidente dell’Autorità Guido Bortoni nel corso della nostra assemblea, tenutasi a maggio a Milano. Egli ha descritto il capacity market come un elemento della più generale questione delle fonti rinnovabili e non come un problema degli operatori termoelettrici. Nessuno sta chiedendo regali o sovvenzioni: il capacity serve al sistema elettrico nel suo complesso per garantirne la sicurezza. Le fonti rinnovabili non programmabili hanno bisogno del capacity così come un ciclo combinato ha bisogno del gas per produrre energia elettrica. Oltre tutto il modello messo a punto in Italia ha ottenuto un sostanziale via libera da Bruxelles ed è considerato un esempio di buona pratica su scala europea, proprio perché supera la logica del sussidio, comunque necessario in passato per garantire economicità a centrali costrette a produrre per pochissime ore al giorno, e propone un sistema di mercato aperto alla competizione dove a vincere sarà chi è più efficiente.

Elementi 38

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faccia a faccia

Braga

PiÚ rinnovabili e attenzione all’ambiente VERSUS

Crippa

Ridurre il fabbisogno energetico

CHIARA BRAGA Deputata, responsabile Ambiente PD DAVIDE CRIPPA Deputato e membro M5S della Commissione Ambiente della Camera

VS

di Roberto Antonini Chiara Braga

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Davide Crippa

Elementi 38


Due (e anche più di due) visioni del Paese e della politica, ma un impegno comune nell'evoluzione dell'Italia verso un'economia a minor tasso di carbonio. Il confronto tra Partito democratico e Movimento 5 stelle è spesso assai aspro nelle aule parlamentari, ma in questo confronto tra Chiara Braga, deputata e responsabile Ambiente della segreteria Pd, e Davide Crippa, deputato e membro M5S della commissione Ambiente della Camera, tra le posizioni assai diverse emergono anche punti di contatto. Ad esempio sulla necessità di una Strategia energetica nazionale che sia davvero low carbon e rivolta a un futuro più sostenibile, anche alla luce dei nuovi scenari internazionali. E: L’Italia è il paese del sole e ora anche del solare, ma la crescita rallenta. E’ giusto ridurre gli incentivi perché il fotovoltaico è a mercato o è un errore che azzoppa il settore? BRAGA - Le scelte fatte in tempi recenti hanno via via ridotto la mole degli incentivi, puntando a una sostenibilità di mercato. Penso che il sistema si sia stabilizzato, anche dopo alcuni contraccolpi non facili come lo spalma-incentivi. Quello che si aspettano gli operatori del fotovoltaico non sono nuovi incentivi, ma stabilità delle norme e un quadro regolatorio più chiaro e

meno penalizzante, che aiuti anche a superare alcune storture del passato. CRIPPA - Dire che la crescita del fotovoltaico rallenta mi sembra un’analisi più che ottimistica dell’attuale mercato italiano. Il conto energia per l’installazione del fotovoltaico è terminato a metà del 2013. Il governo si vanta di aver raggiunto in anticipo l’obiettivo del 2020 ma l’energia prodotta da rinnovabili, escluso l’idroelettrico, nell’ultimo anno è cresciuta di uno zero virgola. E: Tra le principali criticità segnalate dagli operatori le norme ‘ballerine’ dell’Italia che spaventano gli investitori internazionali: cosa fare per ricreare fiducia? CRIPPA - Abbiamo perso la certezza del diritto tant’è che il contratto stipulato tra cliente e Gse risulta modificato in maniera unilaterale da parte dello Stato. Così è normale che gli investitori abbiano perso interesse. Dobbiamo ristabilire il concetto di programmazione di lungo periodo ed evitare soluzioni a effetto. BRAGA - La chiarezza e la stabilità delle norme sono un valore fondamentale e credo si debba lavorare per ridurre margini di

> Elementi 38

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incertezza che rischiano di scoraggiare investimenti importanti. Questo non vuol dire abbassare l’asticella delle regole, ma semplificare la loro applicazione e chiarire il quadro delle competenze tra soggetti e livelli istituzionali che in molti casi entrano in conflitto. Penso che le norme sulla regolamentazione delle procedure delle conferenze dei servizi, relative ai processi autorizzativi, vadano nella direzione giusta.

I consumi elettrici in Italia in TWH

340

339 335 330

328

E: Bene fotovoltaico, ma quali sono gli altri settori delle rinnovabili su cui puntare? 320

BRAGA - Potenziamento dell’eolico e del solare certamente, ma anche geotermia a bassa entalpia, curando ovviamente l’impatto ambientale degli impianti. CRIPPA - Il faro del percorso energetico del nostro paese in primis deve essere il concetto della riduzione del fabbisogno energetico. Il programma energetico M5S prevede una riduzione complessiva del fabbisogno energetico del 37% al 2050 e in questo senso le ricadute sono evidenti: ogni miliardo investito in efficienza e rinnovabili, (dati Enea, relazione 2013), porta 15-17 mila di posti di lavoro. Non dovranno essere stabilite priorità slegate dal contesto in cui le tecnologie devono inserirsi. E: Le riforme costituzionali avranno un impatto notevole sulla questione energetica, ricentralizzando le decisioni, sottraendo potere alle Regioni ma aprendo, ad esempio, al debat publique: sarà un bene o un male per le strategie energetiche italiane? CRIPPA - Il problema sarà comprendere come verrà gestito il debat publique, dato che sembra orientato a un semplice parere dei cittadini senza alcun tipo di conseguenza. BRAGA - Io ritengo che sia una scelta corretta: un grande Paese come l’Italia deve avere una sola politica energetica; anzi l’ambizione è di avere presto una vera politica energetica europea. Per le caratteristiche del nostro Paese occorre agire in maniera coordinata, non lasciando alle singole Regioni la responsabilità, e l’onere, di fare scelte in questo campo, spesso più motivate dalla ricerca del consenso locale che non dall’interesse generale: penso ad esempio ai ritardi con cui rispondiamo alle esigenze di connessione delle grandi reti energetiche europee. Questo però non significa mortificare il coinvolgimento delle istituzioni e nemmeno dei portatori di interesse locale, come possono essere le associazioni di cittadini, nella definizione delle scelte più rilevanti. Il debat publique, sul modello francese, introdurrà anche nel nostro ordinamento un’innovazione importante; per questo è fondamentale che venga utilizzato per le sue finalità: costruire condivisione e se possibile consenso sulle opere più rilevanti, come sono quelle energetiche, per realizzarle e realizzarle meglio.

30

Elementi 38

318

309

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Fonte: Enel

E: Quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere una Strategia energetica nazionale (Sen) che aggiorni quella approvata nel 2013 alla luce dei nuovi scenari? BRAGA - La Sen approvata a pochi giorni dalla fine del governo Monti, pur risalendo solo a qualche anno fa, è figlia di un’altra epoca. L’Italia deve tener conto degli impegni che si è assunta a livello europeo con il pacchetto clima-energia al 2030. La strada tracciata è quella della transizione da un modello energetico ancora fortemente dipendente dalle fonti fossili a uno basato su aumento delle rinnovabili e su migliori prestazioni in termini di efficienza energetica. Questo ultimo è il vero punto di forza su cui anche l’Italia deve scommettere, avendo spazi enormi di miglioramento. CRIPPA - La Sen approvata dal duo Clini-Passera è una strategia che il governo considera valida ed efficace. Peccato che preveda un rilancio delle trivellazioni, un incremento delle infrastrutture di approvvigionamento di gas, tanto da scrivere che l’Italia diventerà hub europeo del gas, quando già oggi abbiamo contratti di fornitura take or pay in surplus rispetto al nostro fabbisogno. Il programma energetico M5S potrà avere effetto sul sistema energetico dal 2020, ma già nell'arco di una legislatura sarà possibile azzerare il consumo di carbone, con la chiusura delle 14 centrali e degli inceneritori. Nel medio periodo sarà favorita la migrazione dei consumi termici verso l’elettrico, in particolare per l’autoproduzione da fonti rinnovabili. Dovrà essere risolta la dipendenza dei trasporti dai prodotti petroliferi: trasporto collettivo e mobilità elettrica. Al 2040 petrolio fuori dal sistema (2050 per agricoltura e aviazione ). Progressivamente le fonti rinnovabili sostituiranno le altre fonti, al 2050 dovranno essere unica fonte interna. È una manovra anche economica che presuppone una domanda interna necessaria e utile a far ripartire un economia ormai obsoleta.


Energia dal sole per lo sviluppo sostenibile

HFV La Società nasce nel 2009 da una felice collaborazione tra F2i - fondo di investimento italiano partecipato da istituzioni finanziarie di primaria importanza e Novenergia, fondo portoghese specializzato nelle rinnovabili. La società sta affrontando la fase di consolidamento del settore con operazioni di M&A che la vedranno a fine anno sicura protagonista. HFV lavora per la crescita del Paese, consapevole che dall’energia sostenibile dipenda il futuro di ognuno di noi.

www.hfvspa.com


speciale SPID Il nuovo modello anagrafico del GSE

Un approccio comune al cambiamento di Annalisa Bottani, Alessia Togna e team Alfiere

Semplificazione, innovazione e digitalizzazione. Queste sono solo alcune delle leve strategiche su cui il governo sta puntando per riformare la Pubblica Amministrazione e garantire a cittadini e imprese servizi piĂš efficienti e integrati, contribuendo alla crescita socioeconomica e culturale del nostro Paese e colmando il gap di competenze digitali rispetto agli standard europei.

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SPID: il percorso tracciato dall’AgID in materia di Identità Digitale In tale contesto si inserisce SPID - Sistema Pubblico di Identità Digitale, un’infrastruttura “abilitante e immateriale” istituita dall’AgID, l’Agenzia per l’Italia Digitale, che sostiene la diffusione dell’alfabetizzazione e dell’innovazione digitale, curando l’implementazione del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione, adottando strumenti e soluzioni in grado di ridurre i costi e ideando iniziative progettuali volte a migliorare l’erogazione dei servizi online offerti dalla PA stessa. SPID, lanciato a aprile scorso, consentirà ai cittadini e alle imprese di accedere mediante un’unica Identità Digitale, costituita da specifiche credenziali - ossia “nome utente” e “password” - ai servizi online pubblici e privati in maniera semplice, sicura e veloce. Il Progetto ha visto anche la creazione di una community dedicata, aperta a tutti coloro che sono in possesso di un’Identità Digitale o che desiderano attivarla. Secondo il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione Marianna Madia, “il nostro obiettivo è Italia Login: un pin unico che dovrà diventare per tutti quello che è adesso il codice fiscale e che consentirà di lasciarci alle spalle la doppia F, ovvero file e faldoni. SPID ci consente infatti di usare l’innovazione legandola non alla parola obblighi bensì alla parola diritti.” Entro la fine dell’anno 2017 tutte le Pubbliche Amministrazioni aderiranno al Sistema, garantendo l'identificazione informatica degli utenti attraverso l'uso di SPID. Le modalità di adesione sono stabilite dai Regolamenti di AgID.

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speciale SPID

Come funziona SPID? Il Sistema SPID, che assicura la piena tutela dei dati personali dell’utente senza alcuna tipologia di profilazione, è un insieme aperto di soggetti pubblici e privati che, previo accreditamento da parte dell’AgID, gestiscono i servizi di registrazione e la messa a disposizione delle credenziali e degli strumenti di accesso in rete a favore di cittadini e imprese per conto delle Pubbliche Amministrazioni. I servizi cui si può accedere da PC, smartphone e tablet sono molteplici: dalle prenotazioni sanitarie alle iscrizioni scolastiche, dalla situazione contributiva alle pratiche di impresa. Secondo alcune stime 3 milioni di cittadini saranno dotati di SPID entro la fine del 2016 e 10 milioni entro il 2017. L’Identità Digitale viene rilasciata ai cittadini e alle imprese richiedenti da parte dei Gestori di Identità Digitale, soggetti accreditati da AgID che gestiscono l’autenticazione degli utenti e che possono essere scelti liberamente dagli stessi. Tra i Gestori accreditati rientrano InfoCert, Poste e Tim, ma ulteriori soggetti potranno fare richiesta di accreditamento all’AgID, purché in possesso dei requisiti previsti. Tra le Amministrazioni che hanno aderito al nuovo sistema di login ricordiamo, tra le altre, l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, l’INAIL, il Comune di Venezia, Equitalia, l’Università degli Studi di Roma "La Sapienza", la Regione Toscana, la Regione EmiliaRomagna e la Regione Friuli-Venezia Giulia. Tre i livelli di Identità SPID, distinti in base al grado di sicurezza richiesto per l’accesso. Il primo consente l’autenticazione tramite

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il “nome utente” e la password scelti dall’utente. Il secondo livello permette l’autenticazione tramite “nome utente”, password e la creazione di una One Time Password inviata all’utente, mentre il terzo tramite “nome utente”, password e smart card. Ogni gestore può scegliere differenti modalità per verificare l’identità: è possibile esibire un documento di identità, confermando la propria adesione attraverso un apposito modulo; assicurare l’identificazione informatica tramite documenti digitali che prevedono il riconoscimento a vista (ad esempio, la carta elettronica/CNS); sottoscrivere il modulo di adesione con una firma elettronica qualificata o con la firma digitale, accompagnato dalla carta d’identità. SPID non comporterà ulteriori oneri economici per le Pubbliche Amministrazioni: queste ultime, infatti, non dovranno più gestire l’autenticazione degli utenti poiché sarà effettuata dai gestori di identità che forniranno il servizio di autenticazione a titolo gratuito. Tale strumento subirà una significativa evoluzione nel corso del tempo, determinando una vera rivoluzione nell’ambito dei servizi e garantendo massima attenzione alle esigenze del cittadino e delle imprese. Un processo che molti enti e istituzioni hanno già intrapreso e stanno consolidando al fine di raggiungere gli ambiziosi obiettivi di semplificazione e digitalizzazione definiti.


Digitalizzazione e trasparenza: le parole chiave del cambiamento avviato dal GSE Tra questi soggetti rientra anche il Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A. che, con oltre 15 miliardi di fatturato nel 2015, ha avviato un percorso complesso di revisione dei processi per garantire la gestione costante dell’esercizio di oltre un milione di rapporti contrattuali legati ai “servizi energetici” erogati nell’ambito dei meccanismi di incentivazione e di sostegno alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica. Tali servizi non consistono solo nel riconoscimento degli incentivi erogati all’operatore, ma prevedono anche la gestione delle convenzioni stipulate, che possono avere una durata annuale in caso di gestione dell’energia ritirata dagli impianti fino ad arrivare ad oltre 20 anni, come avviene, ad esempio, per le attività relative allo smaltimento e al recupero dei pannelli degli impianti (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche – RAEE). Nel corso del periodo di incentivazione, infatti, il GSE si occupa della gestione delle modifiche tecniche e degli interventi di manutenzione apportati agli impianti, di modifiche amministrative quali, ad esempio, la cessione del credito che consente di trasferire la titolarità dei crediti vantati verso il GSE ad un Soggetto Cessionario e i cambi di titolarità dei contratti. Nella gestione ordinaria attuata dal GSE rientrano anche gli adeguamenti normativi che regolano il settore nel suo complesso. Tale complessità e la gestione di soggetti e impianti profondamente eterogenei beneficiari di incentivi hanno determinato la necessità di dare impulso alla definizione di nuovi modelli di governance, attraverso l’analisi e la revisione dei processi di business, degli ambiti di re-engineering e la

relativa predisposizione e formalizzazione di modelli operativi volti a garantire la predisposizione di un pacchetto di servizi integrati a favore degli operatori. I diversi servizi forniti in ambito energetico hanno, infatti, portato il GSE ad affrontare il cambiamento e la complessità ad esso correlata. In particolare, nel corso degli anni, alla luce dell’evoluzione normativa, la Società ha dovuto implementare in tempi rapidi differenti applicativi informatici per la gestione dei singoli meccanismi incentivanti ai fini della gestione sia delle anagrafiche sia dei contratti. Tale contesto ha reso più che mai necessaria la convergenza dei dati caratteristici rispetto ad entità ben definite quali, ad esempio, “impianto”, “operatore”, “contratto” etc. In prospettiva il patrimonio in materia energetica del GSE e il ruolo strategico svolto nel processo di erogazione degli incentivi possono essere maggiormente valorizzati attraverso l’interoperabilità con altre basi dati della Pubblica Amministrazione (Agenzia delle Entrate, MIPAA, Catasto etc.) che dispongono di informazioni utili in un’ottica di scambio tra le parti, anche ai fini dell’avvio di azioni puntuali di monitoraggio. Tale gestione potrà anche aumentare la capacità del GSE di dissuadere gli operatori dall’adottare comportamenti fraudolenti. La Società si è attivata per assicurare il pieno allineamento delle basi dati, attraverso la definizione di un modello di Master Data Management centralizzato che eviti duplicazioni informative e possa limitare i disagi operativi ed eventuali ricadute economiche a carico degli operatori di settore e del Sistema nel suo complesso.

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speciale SPID

Il nuovo Modello di Anagrafica Unica del GSE nella direzione di SPID In questo ambito si inserisce l’impegno del GSE che intende introdurre un meccanismo di accesso unico e semplificato a favore degli operatori, in linea con il riassetto in atto nel mondo della Pubblica Amministrazione e con le esigenze poste da SPID. Il processo di riconoscimento degli incentivi a sostegno delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica presenta, infatti, una struttura particolarmente complessa. I beneficiari di tali meccanismi - persone fisiche, persone giuridiche o Pubbliche Amministrazioni - possono avvalersi di intermediari che interagiscono con il GSE sia per la presentazione delle richieste di incentivazione sia per la gestione in esercizio, dal punto di vista tecnico-amministrativo, delle Convenzioni stipulate. Possono, inoltre, essere oggetto di incentivazione o di qualifica numerose tipologie di strutture o interventi caratterizzati da peculiarità fisico-tecniche differenti tra cui, ad esempio, sezioni e/o impianti di produzione di energia elettrica e di biometano, interventi di efficienza energetica presso siti e immobili, Unità di Cogenerazione, Sistemi Efficienti di Utenza - SEU etc. In tale ottica si è resa necessaria la definizione da parte del GSE di un nuovo modello di Anagrafica Unica in grado di offrire una struttura standardizzata per entità e attributi, indipendentemente dalla tipologia di meccanismo incentivante e di soggetto richiedente. L’obiettivo è anche quello di assicurare una piena armonizzazione delle informazioni anagrafiche presidiate anche da altri soggetti del settore energetico (ad esempio, Terna S.p.A. e i gestori di rete). La razionalizzazione di tale modello permetterà di ridurre i costi di gestione e di manutenzione delle basi dati, delle tempistiche e dei costi di implementazione delle

Il Progetto Alfiere Mira a coinvolgere tutte le Strutture aziendali, determinando un forte impatto sullo sviluppo della Società. In particolare, l’obiettivo è quello di dare impulso ad una nuova fase di cambiamento che vedrà una maggior focalizzazione sui processi relativi alle diverse progettualità e ai meccanismi incentivanti e sulla comunicazione interna/esterna, attraverso la definizione di una cultura orientata al change management. A tale scopo, è stato istituito un Team dedicato, composto da figure professionali interne al GSE, che ha il compito di implementare e attuare le attività previste.

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nuove funzionalità, in un’ottica modulare. Reingegnerizzando le anagrafiche, sarà, inoltre, possibile perseguire uno dei pilastri della nuova visione della Pubblica Amministrazione e, in particolare, del GSE: la trasparenza. Da una parte, si darà, infatti, avvio all’analisi dei dati di incentivazione da diversi punti di vista (operatore, impianto, meccanismo incentivante etc.), ottimizzandone la gestione interna al fine di evitare rischi operativi o un disallineamento nella gestione del sistema delle anagrafiche. Dall’altra, gli operatori potranno disporre di un customer profile aggiornato in tempo reale, contenente sia le informazioni anagrafiche sia i dati fisici ed economici relativi a tutte le Convenzioni stipulate con il GSE. Il nuovo modello di Anagrafica Unica ideato e predisposto dal GSE per gestire agevolmente i flussi informativi e le banche dati inerenti ai diversi meccanismi incentivanti e per garantire, nel contempo, agli operatori coinvolti servizi integrati di eccellenza si pone, dunque, in linea con le logiche e la ratio che animano SPID. Il processo avviato costituisce, dunque, una preziosa opportunità in quanto risulta propedeutico all’adesione del GSE al Sistema Pubblico di Identità Digitale - SPID che avverrà entro i termini indicati dalla normativa di riferimento. A seguito di tale fase, la Società, in coerenza con i processi di semplificazione e innovazione individuati dal governo, non solo potrà garantire ai propri business partner un servizio integrato e “allineato” in termini di dati, informazioni e processi, ma darà loro la possibilità di accedere ai servizi legati ai meccanismi incentivanti, tra cui, ad esempio, la presentazione delle istanze e la gestione dei diversi rapporti contrattuali, non più attraverso singoli Portali messi a disposizione dal GSE, ma mediante l’interfaccia unica di SPID, che si configura quale modalità semplificata e integrata di accesso a tutti i servizi della Pubblica Amministrazione.



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sistema idrico

Efficienza del sistema idrico e lotta alle perdite IL PARERE DI SIMONE BARNI Vicepresidente di Publiacqua

di Tommaso Tetro Simone Barni

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Efficienza del sistema idrico e lotta serrata alle perdite di rete, anche grazie all'apporto della tecnologia. Il vicepresidente di Publiacqua racconta così il lavoro che l'azienda toscana sta portando avanti con un piano di investimenti ad hoc che punta a ridurre gli sprechi e salvaguardare la risorsa, cosa che in un territorio collinare si riflette anche sulle spese energetiche. Investimenti che - spiega Barni - per Publiacqua riguardano soprattutto la depurazione con risultati soddisfacenti, come quelli ottenuti a Firenze poco meno di due anni fa.

E: Parliamo di investimenti e tariffe…

E: Barni, quali i punti principali su cui Publiacqua sta lavorando per l'efficienza del sistema?

SB: Gli investimenti sono stati fatti anche nella depurazione, tanto che nei 46 comuni serviti da Publiacqua neanche uno è in infrazione Ue. Abbiamo fatto molto per Firenze nel 2014: il capoluogo toscano con il collettore è la prima città metropolitana con il 100% di depurazione. Adesso stiamo lavorando nell'area del Chianti. In questo momento la parte del leone relativamente agli investimenti la fa proprio la depurazione; anche perché sugli acquedotti siamo a regime.

SB: Nel 2015 sono stati 74 milioni, nel 2016 78 milioni e nel 2018 prevediamo 84,6 milioni. Tra il 2002 e il 2021 gli investimenti saranno a quota 1,2 miliardi. Ed è anche per questo che la tariffa è un po' più alta. Publiacqua è l'azienda che più investe in Italia rispetto alla popolazione servita: 59 euro per abitante. E: La depurazione è una 'ferita' per l'Italia. E’ così anche per il vostro territorio?

SB: Sono molti, ma ci stiamo concentrando in particolare sullo sfruttamento delle risorse idriche in modo calibrato. Questo soprattutto nello sfruttamento del mare che si trova sotto Prato. E poi anche in tutto il resto del territorio. Di qui al 2018, per esempio, vogliamo portare a regime la falda a Prato e a Pistoia. A Prato per esempio una gestione efficiente permetterebbe di recuperare 9 milioni di litri d'acqua al giorno; ed insieme ad altri lavori di flessibilità e ristrutturazione della rete idrica, la disponibilità di acqua aumenterà di circa 17 milioni di litri al giorno.

E: Un giudizio su tariffa e Authority? SB: Oggi gli investimenti vanno a finire tutti nella tariffa. Si potrebbe fare una riflessione: farne ricadere una parte nella fiscalità generale, almeno quella relativa alla depurazione. Questo perché di investimenti ce n'è sempre più bisogno. Ho la sensazione che l'Authority stia applicando all'acqua un sistema molto simile a quello del gas e della luce. E per esempio, tra le cose utili indicate, quella di spostare i contatori su strada non credo sia una priorità oggi per il sistema idrico. Bisognerebbe che l'Authority ricalibrasse certe indicazioni in maniera più precisa.

E: Quindi anche lotta alle perdite di rete? SB: La ricerca delle perdite di rete occulte è legata alla distrettualizzazione. Questo lavoro consente di utilizzare l'acqua in modo più razionale anche perché alla base c'è un modello matematico. A Pistoia l'abbiamo già fatto, a Prato lo faremo a giugno. Inoltre stiamo andando avanti con l'innovazione: stiamo installando dei sensori per rilevare le perdite e ci stiamo muovendo anche con la tecnologia satellitare. Publiacqua è una società molto avanzata: negli ultimi sei mesi abbiamo portato avanti campagne di sensibilizzazione e recuperato oltre 100 litri al secondo che sul lungo periodo diventano determinanti. Anche perché se si riescono a recuperare risorse in loco non è necessario pomparne altre; e quest'ultima cosa incide notevolmente sui costi, in quanto i territori sono perlopiù montuosi.

Popolazione Italiana (%) coperta dal servizio acquedotto, fognatura e depurazione

Acquedotto copertura

deficit

Depurazione (carico trattato)

Fognatura copertura

deficit

copertura

deficit

Nord

95,1%

4,9%

94,8%

5,2%

84,9%

15,1%

Centro

94,2%

5,8%

92,6%

7,4%

81,1%

18,9%

Sud

98,0%

2,0%

90,9%

9,1%

68,6%

31,4%

Totale Italia

95,6%

4,4%

93,1%

6,9%

78,5%

21,5%

Fonte: Utilitatis, Blue Book, 2014

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verifiche e ispezioni

Verificati 72 impianti CHP+TLR Gli impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento

Al 30 aprile l’attività di controllo ha interessato il 68% circa degli impianti qualificati.

di Gianenrico Mezzetti e Giovanni Angrisani

Un impianto di cogenerazione abbinato al teleriscaldamento (CHP+TLR) è un impianto di produzione combinata di energia elettrica e termica. È costituito da una o più sezioni funzionanti in cogenerazione, associato ad una rete di teleriscaldamento per il trasporto e la distribuzione del calore alle utenze, mediante opportuni scambiatori di calore, per impiego di tipo civile, come il condizionamento di ambienti residenziali, commerciali, industriali e agricoli, e per la produzione di acqua calda sanitaria.

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verifiche e ispezioni

CENTRO ABITATO CENTRALE TELERISCALDAMENTO

SCAMBIATORE DI CALORE

La produzione combinata può incrementare l’efficienza di utilizzo dell’energia contenuta nel combustibile fino ad oltre l’80%, ottenendo un minor consumo ed un minor impatto ambientale rispetto all’installazione di una caldaia per la produzione di calore ed all’acquisto di energia elettrica dalla rete. Gli impianti CHP+TLR possono avere configurazioni molto diversificate, in quanto l’impianto di produzione può essere basato su tecnologie differenti (motore a combustione interna, turbina a gas, ciclo combinato) ed avere potenza elettrica molto variabile, da pochi kW fino a centinaia di MW. Inoltre, la rete di teleriscaldamento può raggiungere estensioni di diversi chilometri ed alimentare centinaia di utenze di differente tipologia e consumi.

Esempio di sviluppo di una rete di teleriscaldamento

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Incentivazione degli impianti CHP+TLR e ruolo del GSE La Legge 239/2004 ha introdotto la possibilità per gli impianti CHP+TLR di accedere al rilascio dei Certificati Verdi (denominati CV-TLR) con riferimento all'energia prodotta, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento. Il DM 24 ottobre 2005 e il D.lgs. n.20/2007 hanno poi regolamentato l’accesso, solo transitoriamente ed a determinate condizioni, al meccanismo di incentivazione degli impianti CHP+TLR. Il periodo di diritto al riconoscimento degli incentivi è fissato in 8 anni. Il GSE è il soggetto incaricato di qualificare gli impianti CHP+TLR e di rilasciare i relativi CV-TLR. La richiesta di emissione dei CV-TLR - presentata annualmente al GSE con riferimento alla produzione dell’anno precedente - è accolta solo dopo la verifica del rispetto della condizione di impianto di cogenerazione ai sensi della deliberazione dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico n. 42/02, ovvero del rispetto dei valori minimi dei parametri IRE (Indice di Risparmio Energetico) ed LT (Limite Termico). Al 31 dicembre 2015 risultavano qualificati 105 impianti CHP+TLR, per una potenza installata pari a 2.470 MW.


Tecnologia impiantistica

Numero degli impianti

Potenza degli impianti [MW]

Ciclo combinato

8

2150

Turbina a gas

3

6

Motore a combustione interna

85

313

Altro

9

1

Totale impianti CHP+TLR

105

2470

Il GSE, con riferimento alla produzione 2014, ha emesso 1.564.186 CV-TLR, di questi 1.159.985 sono stati ritirati nel 2015 dallo stesso GSE ad un prezzo di riferimento pari a 84,34 €/MWh, per un valore economico di circa 100 milioni di euro.

Le attività di controllo sugli impianti CHP+TLR Il DM 24 ottobre 2005 (art. 4 comma 6) ed il D.lgs. n.20/07 (art. 14 comma 5) attribuiscono al GSE il compito di effettuare verifiche sugli impianti CHP+TLR, al fine del controllo dei requisiti che consentono l'accesso e il mantenimento del diritto agli incentivi e l’attendibilità dei dati forniti dai produttori. Le attività di controllo vengono condotte con riferimento ad ogni singola annualità per la quale sono stati richiesti e ottenuti i CV-TLR e prevedono l’effettuazione di un sopralluogo presso l’impianto di produzione e presso le utenze poste lungo la rete di teleriscaldamento. Nel corso del sopralluogo viene verificata la rispondenza dell’impianto e della rete di teleriscaldamento agli schemi costruttivi di dettaglio inviati al GSE e la presenza, ai limiti di batteria della sezione di cogenerazione, degli strumenti per la misura delle grandezze energetiche che concorrono al calcolo degli indici IRE e LT (energia del combustibile, energia elettrica netta e energia termica utile) e degli strumenti per la misura del calore prodotto dagli altri impianti insistenti sulla rete di teleriscaldamento e del calore ceduto alle utenze collegate alla rete, a partire dai quali sono determinati i CV-TLR riconosciuti all’impianto. L’attività di sopralluogo si completa con la rilevazione delle letture degli strumenti di misura e con la redazione di un dossier fotografico dei principali componenti dell’impianto.

A partire dalla documentazione e dai dati acquisiti, viene verificato il rispetto dei valori minimi degli indici IRE e LT, fissati dalla normativa, ai fini del riconoscimento della condizione di cogenerazione. Tale verifica viene effettuata mediante l’analisi di congruenza dei dati di: • energia elettrica netta prodotta dalla sezione di cogenerazione, distinguendo l’energia elettrica autoconsumata da quella immessa in rete; • energia primaria del combustibile utilizzato dalla sezione di cogenerazione; • energia termica utile per usi civili e per usi industriali prodotta dalla sezione di cogenerazione. Quindi, l’attività di controllo si conclude con l’analisi dei dati forniti per l’emissione dei CV-TLR: in particolare del calore prodotto dalla sezione di cogenerazione ed immesso nella rete, di quello fatturato alle utenze della rete di teleriscaldamento e di quello prodotto da tutti i generatori (cogenerativi e non) che insistono sulla rete medesima. L’esito dell’attività di verifica dipende dalle risultanze e dalle eventuali difformità riscontrate. In particolare, la verifica si chiude con esito positivo se la situazione reale dell’impianto CHP+TLR è conforme alla normativa ed a quanto dichiarato in sede di qualifica e se i dati forniti per il riconoscimento della cogenerazione e per l’emissione dei CV-TLR risultano attendibili. Diversamente, la verifica si chiude con esito negativo, se vengono riscontrate difformità quali: • scostamenti tra i dati di energia desumibili dalla documentazione acquisita e quelli indicati nell’ambito delle richieste dei CV-TLR, con conseguente rideterminazione degli incentivi riconosciuti; • mancata realizzazione degli interventi rappresentati nella richiesta di qualifica; • mancato raggiungimento, in uno o più anni, del valore minimo di calore effettivamente utilizzato per il teleriscaldamento (almeno 3000 MWht, o in alternativa ad almeno 500 MWht, con un rendimento complessivo annuale, in quest’ultimo caso, riferito a ciascuna sezione dell’impianto funzionante in cogenerazione, pari almeno al 80%); • mancato rispetto, in uno o più anni, della condizione di cogenerazione ai sensi della deliberazione dell’Autorità n. 42/02; • cumulo di incentivi con i Titoli di Efficienza Energetica sul medesimo impianto o rete di teleriscaldamento. Al 30 aprile 2016 sono state effettuate attività di controllo su 72 impianti CHP+TLR, pari a circa il 68% degli impianti qualificati.

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smart city Trasporti, viabilità, arte e cultura

Dai nostri progetti le città fruibili di domani IL PENSIERO DI MASSIMO INGUSCIO Presidente CNR

di Ilaria Proietti Massimo Inguscio

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E: Inguscio, lei è stato chiamato alla presidenza del Cnr da poco tempo. Che realtà ha trovato e su quali obiettivi prioritari articolerà il suo mandato? Ritiene che occorra ripensare qualche aspetto del modo di fare ricerca in Italia e al Cnr in particolare? MI: Il Cnr è una realtà policromatica, multidisciplinare. Non ha le barriere del mondo accademico e questa libertà ha consentito in passato di far decollare grandi iniziative nazionali. Ma ora questa caratteristica va coniugata con una governance che deve concentrare le risorse su obiettivi strategici, incentivando le sinergie con università e imprese. Prima di tutto, però, è fondamentale reclutare giovani eccellenti. Un primo bando è già uscito e prevede standard meritocratici adeguati a quelli internazionali, e ora il Piano nazionale della ricerca ha stabilito che il 40% dei circa 2,5 miliardi di euro stanziati per la ricerca sia investito direttamente in capitale umano. Il ministro Giannini ha annunciato che i bandi partiranno a brevissimo. E: Può illustrarci qual è l’impegno del Cnr sul fronte delle smart city? MI: Il Cnr è coinvolto in molte attività. Ad esempio ha sviluppato Mobipool, un software di car pooling presentato a settembre a Pisa, per gli utenti dell'Area di Ricerca del Cnr e della Scuola Superiore Sant'Anna. Il progetto offre un servizio di mobilità condivisa raccogliendo anche dati utili allo studio degli aspetti socio-economici e psicologici legati alla mobilità condivisa. Pisa è una tipica smart city italiana, grazie anche alla presenza dell’area di ricerca Cnr di 130.000 metri quadrati che ingloba 13 istituti e molti laboratori di ricerca, tra cui la Scuola Superiore Sant’Anna, il Centro di ricerca Ericsson e l’Enea. In quest’area sono state implementate alcune applicazioni e tecnologie “made in Cnr” come lo Smart parking, grazie al quale, con l’uso di videocamere intelligenti sviluppate dall’Istituto scienze e tecnologie dell’informazione (Isti-Cnr), si può monitorare il livello di occupazione degli stalli in una zona del parcheggio dell’area. Oppure, Smart navigation, sviluppato dall’Istituto di informatica e telematica (Iit-Cnr), un’applicazione con cui personale e visitatori possono consultare dal proprio pc o smartphone una mappa dell'area, per trovare aule o persone e farsi guidare a destinazione. E: Quali altre città sono disponibili a questo cambio di passo? MI: Un bando nazionale promosso da Cnr e Anci (Associazione nazionale comuni italiani) ha selezionato tre città di alta rilevanza storica e monumentale (Siracusa, Riccione e Agordo in Veneto) da rendere smart grazie a

strumenti multimediali, soluzioni e servizi innovativi mirati al turismo e alla valorizzazione del patrimonio culturale. Ad esempio, il ‘Cnr Smart Cities Living Lab Siracusa’ è un programma che guida il turista in un viaggio digitale, virtuale e tridimensionale nel patrimonio archeologico e monumentale della città antica, grazie ai ‘QR-code’ dislocati sul territorio, ad applicazioni gratuite e al portale ‘Welcome to Siracusa’. E: Cosa si fa nello Smart Services Cooperation Lab? MI: La bella esperienza dello Smart Service Cooperation Lab - di cui il Cnr è stato partner assieme all'Agenzia per l'Italia digitale, al Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca e a Telecom Italia - si è conclusa a fine 2015. Ora molte delle stesse attività sono state ereditate dallo Smart City Living Lab, un laboratorio per la sperimentazione di un nuovo modello di smart city ospitato presso l’Area della Ricerca Cnr di Bologna. Ad esempio, recentemente proprio a Bologna, sono stati installati 5 totem multimediali che forniscono una mappa interattiva dei punti d’interesse artistico e di servizio, un calendario degli eventi cittadini, il meteo e numeri di telefono utili. E: Quali sono, a suo avviso, le soluzioni innovative più promettenti per rendere le città intelligenti, anche guardando alle esperienze di altre città? MI: Uno scenario interessante è sicuramente quello offerto dai sistemi automatizzati di trasporto. I ricercatori dell’Istituto di informatica e telematica del Cnr (Iit-Cnr) di Pisa hanno sviluppato, con il Massachusetts Institute of Technology (Mit) e il Swiss Institute of Technology (Eth), un’applicazione in grado di gestire in maniera più efficace il traffico urbano. La velocità dei mezzi viene controllata automaticamente, in modo che ogni auto raggiunga l’incrocio in corrispondenza dello ‘slot’ assegnatole. Le analisi mostrano che, con i volumi di traffico attuali, le file scomparirebbero ed i ritardi nel percorso sarebbero quasi nulli. E: In questo segmento di attività come deve articolarsi l’impegno del più grande ente di ricerca italiano in relazione ai privati, oltre che agli enti locali e alle amministrazioni pubbliche? MI: Come per gli altri settori, per potenziare la ricerca scientifica occorre fare sistema così da concorrere proficuamente alle opportunità di finanziamento europee e internazionali, in una stretta sinergia con le industrie e gli atenei. Occorre creare una filiera comune in cui la ricerca sia vista come una ricchezza e non un costo e in cui, oltre a ricercatori e imprenditori, stiano assieme tutti gli attori e gli esperti.

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energia rinnovabile

Ricerca, volano per l'eolico CONVERSAZIONE CON SIMONE TOGNI Presidente dell’ANEV

di Fabrizio Tomada Simone Togni

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E: Il 2015 è stato l’anno di una rinnovata attenzione per l’ambiente. Nelle varie manifestazioni nazionali ed internazionali, in particolare alla COP21 di Parigi, si è tornati a parlare di clima ed energia e dell’impellente necessità di contenere il riscaldamento globale. In merito a tali temi qual è la posizione del nostro Paese e quale la situazione dell’eolico e delle rinnovabili in generale? ST: Il primo dato che sottolineerei è quello emerso dall’ultimo rapporto della Fondazione Sviluppo Sostenibile, da cui si evince che l’Italia ha aumentato del 2,5% nel 2015 le proprie emissioni di gas climalteranti. L’aspetto preoccupante riguarda il fatto che il grave stallo delle installazioni da fonti rinnovabili in Italia è, purtroppo, destinato a perdurare alla luce dei gravi ritardi nella predisposizione dei nuovi strumenti normativi necessari per realizzare nuovi impianti. Questo ritardo è oramai di oltre 17 mesi: ciò comporterà il rischio di non raggiungere gli obiettivi assunti in termini di potenza installata e produzione elettrica da fonti rinnovabili. Sappiamo peraltro che la recente decisione assunta a Parigi nell’ambito della COP21, da noi ratificata nel giorno della Giornata Mondiale della Terra, ci indica obiettivi assai più ambiziosi del raggiungimento del 17% di produzione rinnovabile sui consumi al 2030. Pertanto vanno rapidamente definiti strumenti efficaci a far ripartire le realizzazioni al fine di raggiungere gli obiettivi sufficienti a contenere l’aumento della temperatura al di sotto dei famosi 2° . E: Quali potrebbero essere gli strumenti normativi, tecnologici, strategici per permettere la ripartenza di un settore che oggi più che mai necessita di nuovi stimoli? ST: Innanzitutto occorre un rapido e deciso intervento del nostro Governo teso a far ripartire un settore che, per sua natura, ha bisogno di tempo per poter riavviare le installazioni e quindi per poterne apprezzare i risultati. Se infatti si ripartissero subito le aste e i registri per i nuovi impianti non avremmo comunque significativi ritorni prima della fine del 2017 o dell’inizio del 2018. Tuttavia esiste anche il rischio che le politiche di sostegno delle nuove installazioni siano vanificate dalla riduzione delle produzioni da parte degli impianti a fine vita che, concluso il periodo di sostegno, si vedrebbero costretti a bloccare il loro esercizio a causa degli elevati costi di manutenzione. Questa eventualità è ovviamente da considerare approntando strumenti ad hoc per non perdere queste produzioni. Non a caso nel resto d’Europa, dove gli impianti eolici esistono da molti anni

come in Germania, Spagna e Danimarca, esistono normative specifiche per l’allungamento della vita degli impianti eolici, ovvero per la loro sostituzione con aerogeneratori di nuova concezione. E: Con un calo significativo delle nuove installazioni, una strategia basata sul rinnovamento del parco eolico esistente potrebbe quindi rappresentare il reale sbocco di crescita e mercato per questa tecnologia? ST: Partiamo dal presupposto che è sostanziale sfruttare il potenziale eolico nazionale, stimato dall’ANEV in 16.200 MW, circa il doppio dell’installato attuale, e che per raggiungere i risultati stabiliti dal PAN si dovranno installare 12.680 MW entro il 2020, (circa 4.000 MW in cinque anni). Una circostanza, al momento e con le attuali condizioni, difficile ma ancora possibile attuando un deciso e rapido cambio di direzione. Di pari passo con le nuove installazioni è necessario procedere con la sostituzione delle macchine obsolete con altre non solo più performanti, ma anche di potenza superiore, cosa che consentirà di ridurre notevolmente il numero delle turbine esistenti e incrementare la produzione. D’altronde sarebbe un controsenso non continuare a sfruttare le infrastrutture già esistenti e quei siti che già sono interessati dalle installazioni. E: Quale porzione dell’installato potrebbe essere interessata da questo progetto di ammodernamento? Quali sarebbero i vantaggi in termini numerici? ST: In Italia ci sono circa 6.500 aerogeneratori dei quali circa la metà di potenza inferiore ad un MW e con una potenza media di 760 kW. Considerando che la taglia media degli aerogeneratori installati negli ultimi 5 anni è stata superiore ai 3 MW, è facile pensare che la sostituzione avverrebbe su almeno 4 vecchi aerogeneratori con solo uno nuovo. Quindi a fronte di oltre 3.000 aerogeneratori in fase finale di esercizio ne avremmo non più di 850, con un risultato importante dal punto di vista energetico, paesaggistico, occupazionale, economico (i nuovi impianti necessiterebbero di incentivi assai più bassi) e ambientale. Inoltre da un punto di vista tecnico i nuovi aerogeneratori hanno avuto significative evoluzioni relativamente alla rumorosità. Anche le innovazioni inerenti ai servizi di rete – saranno tanto importanti per fare fronte al nuovo mercato elettrico che, come auspichiamo, consentirà anche alle fonti rinnovabili non programmabili di dare il proprio contributo.

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energia rinnovabile Fotovoltaico ed efficienza energetica

Così nasce l’eco-treno INCONTRO CON TIZIANO ONESTI Presidente Trenitalia

di Elena Veronelli Il Presidente di Trenitalia spiega a Elementi l’impegno dell’azienda su sviluppo tecnologico, fotovoltaico ed efficienza energetica. Tiziano Onesti

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E: Trenitalia sta puntando sul fotovoltaico. Nel 2008 avete avviato l’impianto presso lo scalo merci di Roma San Lorenzo e nel 2013 quello nella nuova stazione AV di Torino Porta Susa. Ci fa un bilancio di queste iniziative? TO: I due impianti rientrano nella strategia di promozione delle fonti energetiche rinnovabili che coinvolge tutte le società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, di cui Trenitalia fa parte. L’impianto fotovoltaico di San Lorenzo a Roma, realizzato e utilizzato da FS Logistica, è posizionato sopra i magazzini e gli uffici dello scalo ferroviario e produce circa 600 MWh annui, di cui quasi la metà destinata all’autoconsumo. L’impianto della nuova stazione AV di Torino Porta Susa è stato invece realizzato da Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e nell’ultimo anno ha prodotto circa 325 MWh, interamente destinati alla rete. E’ un impianto integrato con il corpo centrale della stazione: nella galleria, infatti, le lastre di vetro della copertura includono celle fotovoltaiche monocristalline che, oltre a produrre energia, schermano i raggi solari facilitando la climatizzazione estiva. La produzione fotovoltaica complessiva dei due impianti - pari al fabbisogno annuo di energia elettrica di circa 400 famiglie - ha evitato l’immissione in atmosfera di oltre 300 tonnellate di anidride carbonica. E: Ora avete assegnato a un consorzio tra Cebat e Ciel una commessa per realizzare altre tre centrali fotovoltaiche. Cosa prevede il progetto? TO: Questi impianti, la cui costruzione comincerà a breve e durerà circa un anno, saranno realizzati sui tetti di tre dei più importanti impianti manutentivi: a Milano Martesana, a Roma San Lorenzo e a Santa Maria La Bruna, stabilimento a pochi chilometri da Napoli. Parliamo di una potenza installata complessiva di oltre 4 MWp. E’ un’operazione pensata per garantire l’autoconsumo e prevede l’utilizzo di moduli fotovoltaici policristallini con un sistema molto avanzato di monitoraggio e controllo della produzione. Abbiamo lavorato su un bando di gara sfidante, che ha richiesto alle aziende partecipanti non solo comprovate capacità tecniche, ma anche il possesso di sistemi di gestione certificati per l’ambiente, la qualità e la sicurezza sul lavoro.

energetici: centrali termiche, illuminazione e produzione di aria compressa. Diversi interventi di ammodernamento sono stati realizzati e molti altri intendiamo concretizzare nei prossimi anni. I tempi di ritorno di questi investimenti sono assolutamente interessanti e siamo convinti che l’efficienza energetica dei nostri siti industriali sia una delle principali sfide su cui puntare. L’efficienza energetica dei treni merita un discorso a parte. La quantità di energia elettrica consumata dai rotabili è enorme: le basti sapere che Trenitalia lo scorso anno ha totalizzato circa 4 TWh, quasi quanto la città di Milano. Per questo puntiamo sul risparmio energetico. Il Frecciarossa 1000 è fino al 35% più efficiente dal punto di vista aerodinamico del Frecciarossa tradizionale (Etr500). Progettato per una velocità massima di 400 chilometri orari e per una commerciale di 350, il Frecciarossa 1000 sfrutta le fasi di frenata per recuperare energia, restituendo alla rete elettrica fino al 15% della corrente prelevata. E grazie ad un sistema di lampade a Led ha ridotto i consumi di illuminazione interna del 70% . La recente approvazione da parte del GSE della nostra richiesta di ottenimento dei Certificati Bianchi per questo nuovo treno Alta Velocità, ci ha confermato di essere stati in grado di mettere sui binari un convoglio che rappresenta una vera e propria avanguardia tecnologica. Lo stesso impegno lo stiamo dedicando ai treni regionali. Il bando di gara per l’acquisto di nuovi convogli dedicati al trasporto pendolare, un investimento di circa 4,5 miliardi, contiene una serie di clausole relative all’efficienza energetica di primissimo livello, che ci garantirà di avere treni in “classe A+”.

E: Trenitalia guarda anche all’efficienza energetica? TO: È uno dei temi su cui Trenitalia e tutto il Gruppo FS Italiane concentrano una grande attenzione. Nei poli manutentivi svolgiamo un’ampia campagna di diagnosi energetica, mappando tutte le opportunità di miglioramento e le aree da rendere più efficienti. Questo a partire dalle tre voci che rappresentano quasi l’80% dei nostri consumi

E: Secondo voi quindi è possibile coniugare sviluppo e ambiente? TO: Certo. È la via che porta al futuro. Da questo punto di vista l’efficienza energetica mette d’accordo cuore e portafoglio: riduce l’impatto ambientale di un’azienda e migliora il suo conto economico. E: Progetti futuri? TO: Proseguire con determinazione lungo questa strada. Aumentare gli interventi di efficientamento energetico dei nostri siti industriali; realizzare altri impianti fotovoltaici, ad esempio sui tetti delle officine; offrire ai nostri milioni di clienti e pendolari treni moderni, efficienti e affidabili.

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energia rinnovabile

Rilanciamo il parco eolico italiano PARLA ALESSANDRO MARANGONI Ad di Althesys

di Maurizio Godart Alessandro Marangoni

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Così come un’automobile che non passa mai dal meccanico finisce per consumare di più, anche il parco eolico italiano ha bisogno di una messa a punto. Impianti usurati, tecnologie datate, perdita di potenza: tutto questo contribuisce alla crisi del settore, la cui espansione nell’ultimo quinquennio ha subito una brusca frenata. Althesys, autorevole società di consulenza specializzata nel settore energetico, ha effettuato uno studio su questo tema. Ne parliamo con il Ceo, professor Alessandro Marangoni. E: Marangoni, qual è l’attuale situazione del parco eolico italiano? AM: In Italia ci sono circa 9,1 GW di potenza eolica installata, frutto di un buon incremento messo a segno negli anni scorsi, che però nell'ultimo biennio ha registrato una pesante battuta d'arresto. Inoltre il parco eolico in Italia è piuttosto datato: 363 MW di potenza installata hanno più di 15 anni di vita e 1.639 MW più di 10. Questo comporta il rischio, per gli anni a venire, che alcuni impianti possano essere smantellati, accentuando la situazione di difficoltà del settore in Italia, che non ha eguali negli altri Paesi europei ed è evidenziata anche dal forte rallentamento della potenza eolica installata registrata negli ultimi anni. Oggi infatti mancano all’appello circa 3,3 GW eolici rispetto agli obiettivi della SEN al 2020 (12 GW), a fronte del raggiungimento dei target totali di produzione da FER al 2020. E scontiamo anche un gap di 8,1 GW di eolico rispetto al target 2030. E: Gli ultimi provvedimenti normativi hanno inciso sul settore? AM: Sicuramente il sistema di incentivazione del DM 6/7/12 per l’eolico (ma anche per le altre fonti non fotovoltaiche) non ha funzionato. Buona parte degli impianti risultati aggiudicatari degli incentivi, in realtà, non sono mai stati costruiti. Nell'Irex Report 2015 stimavamo che oltre 1 GW di eolico fosse rimasto sulla carta e nell'ultimo anno sono stati installati solo 300 MW scarsi. Il successivo decreto per

le rinnovabili non fotovoltaiche, atteso ormai da un anno e mezzo, avrebbe dovuto riguardare lo sviluppo di impianti per l'anno in corso, ma non è ancora stato emanato. Mancano dunque riferimenti nel brevissimo termine e non è chiaro quali saranno gli indirizzi in un orizzonte più ampio. E: Quanto ci penalizzano le lungaggini amministrative che si registrano nel nostro Paese? AM: La complessità dell’iter autorizzativo frena pesantemente gli investimenti, non solo nell'eolico. Certo, non è un tema nuovo, ma è sempre incredibilmente attuale. L'ultimo IREX Report, presentato recentemente al GSE, mostra che il costo di generazione dell'eolico in Italia è superiore del 38% alla media europea e che i costi autorizzativi e fiscali rappresentano il 77,5% di questo differenziale. Nel frattempo crescono notevolmente gli investimenti delle imprese italiane all’estero: nel 2015 sono stati il 95% degli investimenti in nuovi impianti. Le nostre imprese vanno in Sudamerica o in Africa, non solo per le nuove opportunità offerte da mercati in crescita, ma anche perché in quei Paesi i tempi di installazione dei nuovi impianti sono in genere molto più brevi. E: Come intervenire per rilanciare il settore? AM: Credo che il rinnovamento del parco impianti esistente, sostenuto da una diversa e più efficace normativa, possa essere uno strumento chiave da mettere in campo. Le ricadute, così come emerge dal nostro studio “Il rinnovamento del parco eolico italiano”, sarebbero sia dirette - grazie a un miglior uso della risorsa naturale vento, una migliore allocazione delle risorse per incentivi e in virtù di una riduzione dei prezzi elettrici - che indirette, attraverso il recupero delle infrastrutture esistenti e con il miglioramento della sicurezza del sistema elettrico. Si avrebbero anche effetti positivi sul territorio, con lo sviluppo di indotto e la creazione di ricchezza e occupazione. E ne deriverebbero benefici per l'ambiente, con minori impatti e un consumo di suolo ridotto.

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Il rinnovamento del parco eolico italiano I possibili scenari futuri TWh

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Solo scenari pro FER e action colgono l’obiettivo

30

eolico del PAN al 2020 (18 TWh), mentre si

25

ferma a 16,3 TWh lo scenario no action

20

Al 2030 l’unico scenario che consegue il

15

traguardo dei 30 TWh è “pro FER”

10

Nello scenario no action scende fino a 11,7 TWh la produzione eolica al 2030

Scenario action

Scenario no action

2032

2031

2030

2029

2028

2027

2026

2025

2024

2023

2022

2021

2020

2019

2018

2017

2016

2015

2014

5

a causa delle dismissioni (10,8 TWh al 2032)

Scenario pro FER

E: Quale il ruolo della politica in questa complessa situazione?

E: È importante diffondere una cultura delle rinnovabili che stimoli la crescita del settore? Come incentivarla?

AM: L’intero comparto dell’energia, per come influisce sulla qualità della vita delle persone e sulla competitività del sistema produttivo, deve essere al centro dell'agenda politica; così purtroppo non è stato negli ultimi anni. Oggi più che mai occorre avere una visione strategica sul futuro energetico del Paese, lungimirante e di lungo periodo. Governo e Parlamento, così come tutti gli stakeholder, debbono prendere atto che il tempo della contrapposizione tra fossili e rinnovabili è superato e che strategia ambientale, energetica e industriale sono la stessa cosa.

AM: In Italia esiste già una consapevolezza, diffusa a tutti livelli, sulla questione climatica e, più in generale, sulla necessità di ricorrere alle fonti rinnovabili. Ritengo invece che sia necessario un ulteriore sforzo a livello legislativo, ma anche di sistema, che si possa accompagnare il Paese in questo delicato momento di transizione energetica. Per fare ciò non credo che occorrano nuovi incentivi alle rinnovabili, ma pochi e stabili indirizzi: creare le condizioni per valorizzare l'esistente, rinnovando - come ho già detto il parco eolico, ma anche l’idroelettrico che sta invecchiando. Occorre poi definire in tempi brevi la riforma del mercato elettrico, con un quadro organico che ci avvicini agli altri Paesi europei e che unisca le esigenze di produttori e consumatori e valorizzare la filiera tecnologica italiana.

E: Germania e Danimarca sono due esempi virtuosi, quali sono le loro ricette di successo? AM: In questi Paesi sono stati concepiti specifici programmi una tantum sul revamping (interventi di rinnovamento sugli impianti, ndr), molto incisivi e disegnati in funzione del parco impianti da rinnovare. Prevedono incentivi ad hoc aggiuntivi alla tariffa per impianti green field e una valutazione ambientale unica per l’intera area occupata. In più sono stati approvati provvedimenti con procedure autorizzative semplificate che premiano l'aumento della potenza installata. E: L’eolico, una volta ammodernato, può creare molti posti di lavoro? AM: I dati occupazionali dello studio stimano, nel caso di rinnovamento degli impianti, la creazione di occupazione e di indotto per un totale di 7.340 nuovi posti di lavoro. Ma c’è forse un altro dato al quale occorre prestare attenzione: senza il rinnovamento, secondo la nostra analisi, 3.255 posti di lavoro andrebbero persi.

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E: Facciamo un gioco: ci indichi una data intorno alla quale l’Occidente potrà fare finalmente a meno degli idrocarburi… AM: La Danimarca punta ad arrivare al 100% rinnovabili nel 2050, ma ha condizioni peculiari. Mentre nella generazione elettrica avvicinarci a quell'obiettivo è plausibile, allo stato attuale il punto debole rimangono i trasporti. Ma il progresso tecnologico ci ha già sorpreso, e credo che per quella data, se non potremo fare completamente a meno degli idrocarburi, quantomeno saranno diventati marginali rispetto ad oggi.


energia rinnovabile

Raddoppia l’elettricità da bioenergie, +98,4% in 5 anni a cura di Prometeo-Adnkronos

È quasi raddoppiata negli ultimi 5 anni in Italia la produzione di elettricità da impianti bioenergetici: +98,4% per 18.732 GWh nel 2014. In testa l’Emilia Romagna e due regioni del Sud, Campania e Calabria, nelle prime posizioni. Il dato è emerso a CremonaFiere in occasione di BioEnergy Italy. In Italia la crescita della produzione di elettricità da impianti a bioenergia (biogas, bioliquidi e solidi) è stata trascinata soprattutto dal biogas (+143,8% dal 2010 al 2014) che ha prodotto 3.538 GWh, grazie agli scarti da attività agricole e forestali (1.894 GWh con il +1.235%) e deiezioni animali (396 GWh pari a +295%). Nello stesso periodo l'elettricità prodotta da bioliquidi è cresciuta di quasi la metà (+44,6% per 3.084 GWh), mentre quella da solidi di oltre un quarto (+26,2% e 3.287 GWh).

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energia rinnovabile La leadership bioenergetica dell'Emilia Romagna è incontrastata. Nel suo mix di produzione energetica quasi la metà (44,8%) proviene da impianti che utilizzano bioenergie (contro il 15,5% della media nazionale). Sorprendono Campania e Calabria dove la produzione, pur dimezzata rispetto all'Emilia Romagna, resta comunque alta. La Campania arriva quasi a un quarto di bioenergie (22,3%, secondo posto) e la Calabria a un quinto (20,1%, quinto posto). La Lombardia è terza (21,3% sul totale di elettricità prodotta), il Veneto quarto (20,5%). Bassa invece la produzione di elettricità da impianti bioenergetici in Toscana (7% del totale), Sicilia (5%), Abruzzo (4,7%) e Trentino Alto Adige (2,4%), mentre è inesistente in Valle d'Aosta (0,3%). Negli ultimi cinque anni la produzione di elettricità da bioenergie è più che quintuplicata (+418%) in Veneto e si è quadruplicata in Abruzzo (+304%) e Piemonte (+285%). Triplicata la bio-elettricità prodotta in Friuli Venezia Giulia (+193%) e più che raddoppiata in Trentino Alto Adige (+147%). Le regioni dove la produzione elettrica da fonti bioenergetiche è aumentata di meno sono Sardegna (+21%), Molise (+20%) e Liguria (+11%). Guardando invece ai valori assoluti è in Lombardia che si produce più elettricità da bioenergie: 4.249 GWh su 19.919 in totale, pari al 20% della produzione nazionale. Segue l'Emilia Romagna con 2.759 GWh su 6.156 (2° posto in Italia con il 14,7% della produzione nazionale), il Veneto con 1.899 GWh su 9.259 (3° posto con il 10,1%), il Piemonte con 1.731 GWh su 11.773 (4° posto con il 9,2%) e la Puglia (1.650 GWh su 9.564 in totale (5° posto con l'8,8%). In coda troviamo l'Abruzzo (161 GWh), la Liguria (125 GWh) e la Valle d'Aosta (12 GWh).

Efficienza energetica, arriva la guida per le scuole Sono oltre 40mila gli edifici ad esclusivo o prevalente uso scolastico oggi presenti in Italia: ogni anno consumano 9,5 TWh termici e 3,66 TWh elettrici. All'anagrafe dell'edilizia scolastica risulta che nel 58% delle scuole sono già state messe in atto misure finalizzate al risparmio energetico, installando pannelli fotovoltaici, doppi vetri e doppi serramenti o isolando le pareti esterne e la copertura.

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L'efficienza energetica a scuola è al centro della Guida realizzata dall'Enea e dalla Struttura di Missione per l'Edilizia Scolastica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si tratta di uno strumento operativo per gli interventi di riqualificazione energetica nelle scuole che affronta i temi della diagnosi energetica, degli interventi sull'edificio e sugli impianti e degli strumenti finanziari pubblici e privati a disposizione di dirigenti scolastici e amministratori. Oltre ai 350 milioni di euro dal fondo Kyoto recentemente sbloccati dal ministero dell'Ambiente per la riqualificazione dell'edilizia scolastica sono a disposizione anche finanziamenti nazionali, fondi strutturali europei e il Conto Termico che incentiva interventi per l'incremento dell'efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. La Guida è uno dei risultati, condivisi con il ministero dell'Istruzione e il ministero dell'Ambiente, della collaborazione siglata lo scorso anno tra la Struttura di Missione di Palazzo Chigi e l'Enea, che ha dato il via all'operazione Green School, per supportare anche dal punto di vista tecnico la riqualificazione energetica degli edifici scolastici. ''La collaborazione tra istituzioni nazionali per l'efficienza energetica degli edifici scolastici dev'essere allargata agli enti locali e a chi vive la scuola tutti i giorni: insegnanti, ragazzi, genitori. L'obiettivo è accelerare la riqualificazione del nostro patrimonio edilizio, con un occhio al risparmio della bolletta energetica e uno all'ambientÈ', spiega Laura Galimberti, coordinatrice della Struttura di Missione per l'Edilizia Scolastica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. ''L'efficienza energetica nelle scuole - commenta Federico Testa, presidente dell'Enea - può diventare motore di innovazione sociale, economica e ambientale, favorendo la crescita di una nuova generazione di cittadini più consapevoli e sensibili ai temi dell'energia. La Guida è il primo passo verso una grande sfida, quella di trasformare le scuole in edifici ad alte prestazioni, più belli, confortevoli e adatti all'apprendimento. L'Enea sta già lavorando a progetti pilota con l'impiego di soluzioni tecnologiche innovative e si propone come catalizzatore verso gli stakeholder del settore per facilitare la realizzazione di interventi di per sé abbastanza costosi”. Enea può essere partner degli Enti locali anche nella valutazione dei progetti e nelle diagnosi energetiche.


energia rinnovabile Autostrade solari e fotovoltaici galleggianti

Ecco il megafotovoltaico

di Sabina Delle Rose

Riusciremo un giorno a utilizzare tutta l’energia a disposizione sulla Terra? Secondo quanto stimò negli anni ’70 l’astronomo Carl Sagan ci vorrà più o meno un secolo affinché ciò accada. Ovviamente a patto che si utilizzi l’energia solare. Basti pensare che il quantitativo di energia che il sole invia sulla Terra in una sola ora supera di gran lunga quella che noi consumiamo nell’arco di un intero anno. È chiaro che nel frattempo dovremo mettere a punto tecnologie sempre più innovative e, soprattutto, compatibili con le esigenze di minimo impatto ambientale; ma siamo sulla buona strada ed è sufficiente guardare al panorama internazionale per rendersene conto.

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energia rinnovabile

In Francia, il governo ha dato il via a un progetto che fornirà energia pulita a ben 5 milioni di persone. Si tratta della pavimentazione di 1.000 chilometri di strade carrabili con pannelli solari di ultima generazione. Un progetto dal grande impatto ambientale, della durata di circa 5 anni, che consiste nell’installazione sull’asfalto di pannelli solari detti Wattway panels. Si tratta di pellicole di silicio ultraresistenti, in grado di sopportare anche il passaggio di mezzi pesanti e di impedire lo scivolamento delle vetture in caso di pioggia. Per l’installazione basta semplicemente pavimentare l’asfalto con i pannelli, senza rimuovere il manto stradale. Secondo le stime dell'Agence de l'environnement et de la maîtrise de l'energie un solo chilometro basterà a soddisfare il fabbisogno di energia elettrica di 5.000 persone. Un piano ambizioso che non terminerà qui, fanno sapere dalla Colas, la società ingegneristica che ha sviluppato il progetto: il prossimo passo, infatti , consisterà nell’incorporare ai pannelli un sistema di riscaldamento antighiaccio e di luci led per segnalare il traffico in modo dinamico. Ma se la Francia può disporre di ampi spazi da destinare alle energie alternative, esistono Paesi dove l’altissima densità demografica e la conseguente mancanza di spazio rappresentano un reale problema. Tra questi, il Giappone, il cui governo ha promesso alla popolazione - ancora scossa dal disastro nucleare di Fukushima - una conversione totale alle energie rinnovabili entro il 2040. Non è un caso, quindi, che proprio nel Paese del Sol Levante sia stata avviata la costruzione dell’impianto fotovoltaico galleggiante più grande del mondo, aggirando così l’annosa questione della carenza di spazio. L’impianto, che sarà installato nella prefettura di Chiba vicino Kyoto, comprende

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circa 180 mila metri quadrati di pannelli fotovoltaici destinati a produrre elettricità per 5.000 abitazioni. Rispetto alle tradizionali installazioni su terraferma gli impianti galleggianti presentano una serie di vantaggi non trascurabili: producono una maggiore quantità di elettricità grazie all’effetto di raffreddamento operato dall’acqua dei sistemi di generazione e contribuiscono in modo significativo alla diminuzione dell’evaporazione e della crescita delle alghe all’interno dei bacini idrici, grazie all’ombreggiamento prodotto dai pannelli. Un'idea analoga è stata adottata dall’India, dove i canali d’irrigazione estesi per migliaia di chilometri, devono quotidianamente difendersi dal problema dell'evaporazione. Così, nello Stato del Gujarat è stata inaugurata la copertura con pannelli solari di un tratto di 750 metri di canale in grado di produrre 1 MW/h di elettricità. Entro il prossimo anno il governo indiano ha in programma di ricoprire 80 chilometri di canale, ricavando 100 MW di energia verde: un passo in avanti verso gli obiettivi al 2022, secondo i quali l’India dovrà ricavare dal sole il 10% del proprio fabbisogno energetico. Nel deserto del Sahara, dove il sole non manca mai, nella città di Ouarzazate, già perno dell’economia marocchina nel settore cinematografico e turistico, sorgerà un complesso di tre impianti a concentrazione solare della potenza di 580 MW, sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico di un milione di abitazioni. Numeri che non solo permetterebbero al Marocco di soddisfare, entro il 2020, il 50% del proprio fabbisogno ma lo collocherebbero anche tra i principali Stati esportatori.


energia rinnovabile

Eolico, tra problemi e opportunità di Giorgia Mungo

Gli obiettivi proposti dalla Commissione Europea in materia di clima ed energia per il 2030 individuano quattro linee prioritarie: la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40% rispetto ai livelli del 1990, la copertura del 27% dei consumi lordi di energia mediante rinnovabili, l’implementazione di più ambiziose politiche clima-energia e l’ottenimento di un sistema energetico competitivo e sicuro. A tal fine la stessa Commissione ha indicato nell’ammodernamento delle reti elettriche, nella sostituzione degli impianti obsoleti e nell’utilizzo efficiente dell’energia le vie per conseguire gli obiettivi proposti. Come noto, l’Italia ha raggiunto, grazie alle politiche messe in atto negli anni passati, già al 2015 gli obiettivi prefissati di copertura dei consumi mediante energia da fonti rinnovabili per il 2020 (17%); si tratta ora di capire quali siano le migliori azioni da mettere in campo per conseguire tutti gli obiettivi in materia di clima ed energia.

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energia rinnovabile

Al riguardo il tema del rinnovamento (revamping) degli impianti di generazione è divenuto di forte attualità. In particolare per gli impianti eolici che rappresentano il 31% della totalità degli impianti a fonti rinnovabili in esercizio e il 41% circa della potenza totale installata. Come riportato nel Rapporto Attività pubblicato dal GSE a marzo 2016, al 31 dicembre 2015 in Italia erano in esercizio 2184 impianti eolici, per una potenza complessiva pari a 8,62 GW. Un simile sviluppo, partito nei primi anni del 2000, è coinciso con l’introduzione dei Certificati Verdi (CV) e della ancor più conveniente Tariffa Omnicomprensiva (TO), ovvero

dell’entrata in vigore dei Decreti 24 ottobre 2005 e 18 dicembre 2008. Sino al 31 dicembre 2012 quindi, sono stati realizzati ben 990 impianti, per una potenza complessiva installata pari a circa 8 GW, di cui il 96% attribuibile a impianti di potenza superiore a 5 MW. Viceversa, a seguito dell’entrata in vigore del Decreto 6 luglio 2012, che ha previsto un accesso semplificato agli incentivi e una tariffa elevata, in aggiunta alle già favorevoli semplificazioni autorizzative previste per impianti di taglia inferiore o uguale a 60 kW, solo il 2% delle nuove istallazioni è rappresentato da impianti di potenza superiore

Riduzione della potenza da fonte eolica MW 10000

8000

6000

4000

2000

0 IMPIANTI EOLICI

RIDUZIONE % DI POTENZA DA FONTE EOLICA RISPETTO AL 2015

58

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

2028

2029

2030

8209

8096

7829

7333

7042

6323

6113

6069

6069

5379

4102

3010

1884

572

2

1

%

-1,37

-4,63

-10,67

-14,22

-22,98

-25,53

-26,06

-26,06

-34,47

-50,03

-63,33

-77,05

-93,03

-99,98

-99,98

2016

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

2028

2029

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a 5 MW, rappresentando l’83% della potenza totale installata (632 MW). E per il futuro? A causa della graduale scadenza delle convenzioni per il rilascio degli incentivi, qualora gli impianti fossero dismessi - scenario molto plausibile a causa del crollo del PUN (ad aprile 2016 è sceso a 31,99 €/MWh), dell’aumento dei costi di manutenzione per gli impianti più obsoleti e a politiche non attraenti per gli operatori che intendevano ricostruire integralmente o operare delle manutenzioni straordinarie sui propri impianti (rifacimenti parziali o totali) - già al 2025 la potenza installata si dimezzerebbe (vedi fig. 1). E tale riduzione non sarebbe adeguatamente compensata dall’entrata in esercizio di nuovi impianti (188 impianti per una potenza complessiva pari a 758 MW). Inoltre, dando uno sguardo alla bozza di Decreto per l’incentivazione delle fonti rinnovabili non fotovoltaiche di recente approvazione da parte della Commissione Europea e di prossima pubblicazione, saranno messi a bando per la nuova costruzione, la riattivazione, il potenziamento e l’integrale ricostruzione di impianti eolici on shore solo ulteriori 860 MW (più 30 MW per impianti eolici off shore) e 40 MW per gli interventi di rifacimento totale o parziale. A parità di condizioni di accesso e di incentivi rispetto al DM 6 luglio 2012, anche per il 2016 probabilmente si verificherà quanto accaduto negli ultimi anni: ovvero la diffusione di impianti di taglia ridotta e un sostanziale insuccesso per i rifacimenti. L’ulteriore contingente messo a disposizione non sarà quindi sufficiente a compensare le eventuali dismissioni/ disinstallazioni. Alla luce di quanto rappresentato, il revamping dei parchi eolici esistenti potrebbe essere una delle strade per permettere il raggiungimento degli obiettivi promossi dall’Unione Europea. Molteplici le motivazioni a favore di tale azione, sia da un punto di vista economico che ambientale: dal riutilizzo delle infrastrutture (reti di connessione e viabilità) già esistenti, all’opportunità di ottimizzare, mediante l’utilizzo delle migliori tecnologie e con la disponibilità dei dati storici relativi alla ventosità del sito, il layout dell’impianto, con conseguente aumento

della producibilità e riduzione dell’impatto sul territorio e l’ambiente. Numerosi in tal senso i casi di successo in Europa. Primi tra tutti Germania a Danimarca, i quali hanno messo in campo dei programmi dedicati al revamping degli impianti esistenti, associando procedure autorizzative semplificate a un sistema premiale proporzionale all’energia prodotta. Con tali politiche la potenza installata è raddoppiata o addirittura triplicata (come nel caso della Germania), con l’ulteriore beneficio di aver rinnovato anche da un punto di vista tecnologico il parco esistente. Alla luce, però, delle Linee Guida per gli aiuti di Stato, programmi quali quelli citati non sarebbero più possibili. Infatti, come più volte ribadito dalla Commissione Europea, gli incentivi devono essere proporzionali all’investimento previsto e indirizzati prevalentemente a interventi a forte innovazione tecnologica (ecoinnovazione). Quali possono essere le azioni da mettere in campo per favorire tale rinnovamento? Per prima cosa la facilitazione degli iter autorizzativi (oggi gli interventi di rifacimento o ricostruzione degli impianti sono soggetti alla disciplina dell’Autorizzazione Unica e alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale) e la definizione di eventuali interventi “standard” soggetti a iter semplificati. In secondo luogo potrebbero essere bandite procedure di gara per gli interventi di ricostruzione con contingenti separati rispetto alle nuove costruzioni. Oppure, infine, si potrebbero considerare anche altre forme di aiuto, peraltro previste dalle stesse Linee Guida, sotto forma di esenzioni da tasse ambientali, o basate su strumenti di debito (es. prestiti a tasso agevolato, garanzie statali) oppure su strumenti fiscali (es. detassazione del reddito d’impresa). Il 22 aprile 2016 è stato approvato l’Accordo globale sul clima il cui obiettivo principale è di limitare l’aumento della temperatura media globale al massimo a 1,5 °C rispetto ai livelli pre industriali. L’accordo non è vincolante e non fissa un obiettivo preciso di energie rinnovabili; ma se vogliamo davvero che al 2050 il 100% dei consumi sia coperto da fonti rinnovabili e contestualmente preservare l’ambiente e il territorio, il rifacimento degli impianti non rappresenta una reale opportunità?

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energia L'economia circolare di Hera

Dai rifiuti, il biometano DIALOGO CON SALVATORE MOLĂˆ Direttore Innovazione di Hera

di Tommaso Tetro Salvatore Molè

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L'economia circolare come opportunità di sviluppo e svolta benefica per l'ambiente, e per i cittadini. Una sfida che ormai non può più esser catalogata come 'futura'. Già oggi, per esempio, trasformare i rifiuti una risorsa è qualcosa che si fa; e presto si farà ancora meglio grazie alla ricerca e all'eccellenza. Parola del direttore in innovazione del gruppo Hera, Salvatore Molè. E proprio su ricerca e innovazione, la multiutility si sta concentrando ormai da tempo. L’interesse, in particolare, è rivolto alla valorizzazione dei rifiuti: dal biometano ottenuto da rifiuti organici al biocombustibile fatto con gli scarti delle potature delle piante, fino a un progetto in corso con Eni che punta ad ottenere green-diesel dai fanghi di depurazione. E: Economia circolare e innovazione: su quali basi si muove Hera? SM: L'economia circolare è il risultato di una serie di opportunità da cogliere attraverso l’innovazione. Identifichiamo i materiali che oggi Hera gestisce e sviluppiamo progetti per estrarre il massimo valore; come per esempio quelli sul biometano dai rifiuti, sul biodiesel da fanghi o sul recupero di sfalci e potature. Qualunque sia l'output, per noi è fondamentale comunque riuscire a valorizzare rifiuti e materiali di scarto, non più, o almeno non necessariamente, attraverso lo smaltimento, ma se possibile attraverso il trattamento. E ciò rappresenta anche un business. E: Ci spieghi meglio. Il biometano? SM: Stiamo lavorando sui diversi filoni progettuali. Tra questi, quello su cui siamo più avanti è la produzione di biometano da rifiuti organici. Già da anni produciamo biogas per la generazione elettrica; ora lo 'ripuliamo' e ne facciamo biometano, perfettamente analogo a quello che scorre nei tubi delle nostre case. Ciò grazie a una bioraffineria, un impianto che dal rifiuto organico produce prima biogas e successivamente biometano, otteniamo un prodotto bio da immettere nelle reti di distribuzione. È un processo che consente di chiudere un ciclo: con gli scarti provenienti dalle cucine domestiche , cioè il rifiuto organico, produciamo biometano che poi riportiamo nelle case per cucinare altri cibi. È un esempio perfetto di economia circolare. Al momento siamo nella fase di autorizzazione del nuovo impianto. Si tratta di un progetto molto importante che dovrebbe vedere la luce a metà del 2017 con un investimento complessivo di circa 25-30 milioni di euro: punta al trattamento di 100 mila tonnellate di rifiuti organici per ottenere oltre 6 milioni di metri cubi di biometano all’anno. Il biometano ricavato potrà essere trasportato nelle stazioni di servizio per rifornire i veicoli a metano oppure immesso nella normale rete del gas creando circoli

virtuosi che coinvolgono il cittadino e sostengono l’economia circolare. Crediamo molto al biometano: è un'iniziativa che, se replicata, può rappresentare un contributo importante per la strategia energetica nazionale. E: E sui fanghi, invece, cosa state studiando? SM: Quella dei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue è un'altra filiera da valorizzare. Abbiamo avviato con Eni, proprietario di una tecnologia di liquefazione, un percorso per capire se è possibile ottenerne biodiesel di buona qualità. Questo processo potrebbe trasformare i fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue nei nostri depuratori in bioolio, utilizzabile come biocombustibile o da cui ricavare green diesel. Purtroppo dai primi risultati la resa non è adeguata alle aspettative e stiamo cercando di capire se esistano altre matrici da testare. Al momento non siamo ancora arrivati ad un processo che si possa industrializzare, proprio perché l'elemento essenziale da considerare è il biodiesel ottenuto a fronte di un’unità di prodotto in ingresso. Questo è il parametro fondamentale per capire se e quanto sia sostenibile, anche economicamente, il processo. I fanghi oggi hanno modalità di smaltimento che possono variare a seconda delle normative regionali, ma da qui a qualche anno il loro trattamento e l’eventuale valorizzazione saranno un problema. O un’opportunità, di cui il Paese si dovrà occupare. Inoltre lavoriamo sul recupero di sfalci e potature, il cosiddetto 'verdÈ: stiamo sperimentando un processo di pirolisi e digestione anaerobica che consente di ottenerne un biocombustibile. Su questa filiera siamo abbastanza avanti: ricaviamo syngas che poi trasformiamo in biometano. E: La normativa del settore aiuta? SM: A seconda dei casi la normativa è abbastanza confusa oppure incompleta, come per il biometano. E talvolta, purtroppo, è anche locale, nel senso che ogni regione può fare storia a sé. Alcune tipologie di rifiuti, per esempio, in un territorio possono essere assimilati agli urbani, in altri agli speciali. E questo genera confusione. E: Quali i capisaldi dello sviluppo? SM: I punti cardine della strategia del nostro Gruppo sono: crescita, efficienza, eccellenza e innovazione. Crescita organica ma anche per aggregazioni; efficienza quale base per continuare ad avere risultati; eccellenza come obiettivo che ci poniamo in ciascun ambito in cui Hera opera; innovazione come condizione necessaria per eccellere. All’interno dell’innovazione, poi, abbiamo definito quattro aree principali: efficienza energetica, economia circolare, smart city e efficientamento interno.

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energia

Mercati green per una crescita diversificata Electrade punta sul trading e sui servizi a produttori e soggetti industriali

di Gabriella Busia

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Electrade è una delle energy company italiane che si è maggiormente distinta negli ultimi anni per i risultati ottenuti in termini di bilancio, volumi scambiati e ingresso in nuovi mercati. Il bilancio 2015 si è chiuso con un fatturato di 645 milioni di euro e un patrimonio netto di circa 57 milioni di euro: un risultato di tutto rispetto, soprattutto se si tiene conto dell’andamento dei mercati energetici dell’ultimo anno. Marco Tumolo, amministratore delegato della società, spiega quali sono i punti di forza di Electrade: “Diversificazione del business, internazionalizzazione e solidità patrimoniale sono le leve attraverso le quali Electrade ha acquisito un posto di rilievo tra le energy trading company europee. Oggi siamo attivi nel trading di energia in oltre 30 mercati in Europa, con quasi 18 TWh di energia elettrica e gas venduti nel 2015. Il futuro ci vedrà impegnati nel consolidamento della nostra posizione e nell’apertura a nuovi mercati e nuove opportunità sia a livello europeo che extraeuropeo. Fin dal 2006 ci siamo occupati, oltre che del trading di energia, anche di mercati ambientali poiché abbiamo sempre ritenuto che rappresentassero linee di sviluppo di grande interesse per il settore energetico italiano ed internazionale. Siamo stati in grado di raggiungere importanti risultati in tutte le attività che ci hanno visti coinvolti. Nella compravendita di energia elettrica da fonti rinnovabili e cogenerazione abbiamo chiuso il 2015 con oltre 1 TWh gestito. Nel trading di titoli ambientali abbiamo raggiunto i 500.000 titoli venduti. Ma Electrade non è solo trading e la nostra capacità di diversificare fin dalla nascita ci ha dato un grande vantaggio in termini di opportunità. Abbiamo dato il via ad un ambizioso processo d’investimento in ambito produzione da FER. Ad oggi Electrade è proprietaria di 4 MW da biogas ed idroelettrico attualmente in esercizio in Italia e 9 MW da idroelettrico e solare in costruzione tra Italia e Cile. Oltre a ciò è proprietaria di una pipeline di 30 MW di progetti da fonte rinnovabile in Cile”. Il responsabile dell’area green markets di Electrade, David Rizzi, dà risalto alla scelta di puntare sulle fonti rinnovabili e spiega così la posizione di Electrade: “Ad oggi le attività legate al trading restano per noi “core” e la nostra intenzione è quella di continuare a concentrarci sui

business ad esso legati anche sul lato green markets poiché le prospettive restano molto interessanti. L’approccio che teniamo sul fronte dei green markets è quello di attività sempre più vicine all’idea di servizio e sempre meno a quelle di semplice compravendita. Nella nostra attività di gestione di energia da fonti rinnovabili e CHP abbiamo scelto di potenziare il servizio con un approccio orientato al supporto di produttori e soggetti industriali. Abbiamo stretto nuove partnership con controparti di medie e grandi dimensioni e ci siamo dotati di strumenti user friendly a loro rivolti. Accanto alla nostra normale attività di supporto a produttori e imprese, volta alla valorizzazione della loro energia e alla semplificazione delle attività amministrative e di gestione, stiamo implementando una serie di nuovi strumenti. Per esempio, abbiamo realizzato un portale rivolto specificatamente ai produttori nostri clienti in grado di fornire un servizio con l’obiettivo di aggiornarli e rendere più facile la lettura e la visura di dati, report e prezzi. Tutto questo sempre nell’ottica di interpretare le esigenze del mercato. Nell’attività di compravendita di TEE, un sistema che funziona ormai a regime e che è stato oggetto d’ispirazione anche per altri Paesi dell’Ue, abbiamo acquisito una notevole esperienza. I risultati ottenuti in termini di volumi e controparti stabili mostrano ancora una volta un approccio evoluto rispetto al semplice trading. I risultati sono stati raggiunti anche grazie alla collaborazione con le principali ESCO italiane e, anche se nell’ultimo periodo i TEE hanno incontrato alcune difficoltà dovute essenzialmente all’incertezza normativa e ad una revisione della metodologia di verifica dei progetti, queste ci sembrano superabili tanto da spingerci ad investire ulteriormente in questo ambito e a trovare nuove formule di partecipazione in Italia. Abbiamo iniziato un percorso di acquisizione di progetti e di stipula di partnership con soggetti industriali e altre realtà come la nostra. Abbiamo, inoltre, di recente acquistato il 40% di PIDE Ingegneria, una società che si occupa principalmente di gestione ed efficientamento delle reti idriche e di trattamento delle acque. Da questa unione ci aspettiamo nuovi impulsi ai settori dell’efficienza energetica e della produzione da fonte rinnovabile.”

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energia Sistema elettrico

Riforme promosse MA SERVE PIÙ INFORMAZIONE PER LE FAMIGLIE

CONFRONTO CON ANTONIO SILEO Research fellow Iefe Bocconi

di Fausto Carioti Antonio Sileo

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È nel complesso positivo il giudizio dato da Antonio Sileo, research fellow Iefe Bocconi e direttore dell’Osservatorio Innov-E dell’I-Com, sull'evoluzione del sistema elettrico italiano. Da economista dell'energia, non vede quel rischio di “eccesso di regolamentazione” temuto da alcuni suoi colleghi. «È vero che il mercato dell’energia, e dell’energia elettrica in particolare, è da sempre caratterizzato da una serie di norme, anche tecniche, che ne regolano il funzionamento nelle varie fasi», spiega Sileo ad Elementi. «Tuttavia -prosegue - più che di rischi di un eccesso di regolamentazione, parlerei di un eccesso di complicazione; tanto più oggi che sono venuti meno i consolidati assunti economici tipici del settore (significative economie di scala, domanda rigida e in continua crescita, grandi investimenti). Per chi scrive tutte queste regole, e più in generale per i policy maker, la tentazione di affermare (e garantire) il proprio ruolo allontanandosi dalla semplicità è forte...». E: Nel 2018 le famiglie italiane dovranno dire addio al servizio di maggior tutela nell'acquisto di elettricità e gas. I prezzi delle offerte di libero mercato, al momento, non garantiscono risparmi sostanziosi. Lei resta ottimista su tempi e modi del percorso di liberalizzazione? AS: Il percorso per il superamento delle tutele di prezzo che va delineandosi pare congruo, almeno nella tempistica, e comunque potrà essere migliorato e raffinato. Resta ancora molto da fare perché si possa diffondere una condizione necessaria (anche se non sufficiente) affinché la concorrenza tra gli operatori possa dispiegare i propri effetti. Questa condizione è l’informazione: oggi la gran parte dei consumatori non ha tutte le informazioni necessarie per una scelta consapevole. Anche se progressi sono stati fatti con l’introduzione della Bolletta 2.0, non basta conoscere i kWh consumati, ma anche quanto si consuma, per esempio, rispetto a consumatori simili. In tal senso, il Sistema Informativo Integrato sarà di grande aiuto. E: Nel settembre del 2015 lei ha scritto che nelle intenzioni dell’Autorità la riforma della struttura tariffaria dell'energia elettrica dovrebbe contribuire a un rilancio dei consumi domestici. A riforma avviata quale è il suo giudizio? Si può fare di più? AS: I consumi elettrici domestici italiani restano tra i più bassi d’Europa anche in virtù di fattori geografici e climatici. Una maggiore penetrazione del vettore elettrico non è cosa rapida, anche se le nuove abitazioni stanno facendo a meno di gas naturale e GPL. Per i consumatori, infatti, non è semplice decidere se e quando passare ad apparecchiature elettriche per riscaldarsi. La ripresa dei consumi poi deve fari i conti con i continui incrementi di efficienza che caratterizzano tutti i nuovi prodotti. Insomma, è difficile fare di più.

E: La corsa al fotovoltaico sembra essersi fermata con la chiusura del rubinetto degli incentivi. L'aumento della quota di elettricità prodotta dai pannelli in Italia nel 2015 è dovuto, infatti, alla contrazione dei consumi. Il mix delle fonti primarie italiane è destinato a restare simile a quello attuale? AS: La crescita del fotovoltaico è stata fin troppo rapida: inevitabile che dopo questa lunga galoppata seguisse una fase di rallentamento. Anche se, a ben vedere, nel 2015 la produzione fotovoltaica è cresciuta comunque di oltre 2.000 GWh rispetto al 2014. In ogni caso, il mix delle fonti italiano (ma anche quello degli altri Paesi) è destinato a dipingersi sempre più di verde: lo impongono i nuovi obiettivi europei e l’accordo preso alla COP21. Anche in questa dinamica, però, per l’Italia la dipendenza dal gas rimarrà significativa; a perdere quote dovrebbe essere il carbone. E: L'attenzione degli addetti ai lavori sembra spostarsi sulla filiera del geotermico: è questa l'energia rinnovabile dalla quale possiamo attendere di più nei prossimi anni? Che ruolo spetta al legislatore? AS: Nel geotermico l’Italia ha una lunga e apprezzata tradizione che sicuramente potrà beneficiare delle condizioni favorevoli alla diffusione delle pompe di calore, a cominciare dalla riforma della tariffa elettrica. Anche dalle fonti che più hanno avuto successo gli ultimi anni, però, possiamo e dobbiamo augurarci nuovi incrementi. Questo perché i primi impianti fotovoltaici ed eolici installati negli anni scorsi potranno essere ripotenziati valorizzando siti già esistenti. Si pensi all’eolico: meno torri, meno impatto ambientale (riduzione dell’effetto serra), più energia prodotta. Oggi l’iter autorizzativo di un rifacimento è pressoché identico a quello di un nuovo impianto. Il legislatore, dunque, dovrà aiutare il nuovo, ma anche spingere il “non ancora vecchio” a rinnovarsi. E: Un settore con enormi margini di crescita è quello dell'efficienza energetica degli edifici, soprattutto pubblici. Quale è la terapia possibile? AS: Da tempo le aspettative sull’efficienza energetica, in particolare sugli edifici e ancor di più su quelli della Pubblica Amministrazione, sono elevate. I fatti però dicono che i problemi sono tanti: dai contratti, per esempio quelli di gestione calore già in essere, alla formazione, inclusa quella di chi deve beneficiare dell’intervento. Ci sono poi troppi medici e troppe medicine: bisogna razionalizzare.

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energia Accordo Italia-Giappone

Ecco le reti elettriche del futuro di Livia Catena

L’Italia e il Giappone sono più vicine grazie a un’alleanza scientifica nelle tecnologie avanzate per le reti elettriche del futuro. Lo scorso febbraio ENEA, l’Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, e NEDO, l’Agenzia governativa giapponese per l’energia e lo sviluppo tecnologico, hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per la realizzazione e la sperimentazione di un impianto dimostrativo di ultima generazione per la trasmissione di energia elettrica in corrente continua. A firmare l’intesa a Roma il Professor Federico Testa, Presidente

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di ENEA, e Munehico Tsuchiya, Direttore Generale di NEDO, durante un incontro al quale hanno preso parte anche il Vice Ministro dello Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, e l’Ambasciatore del Giappone in Italia, S.E. Kazuyoshi Umemoto. Il progetto si sviluppa in tre fasi: la prima prevede l’installazione di un impianto dimostratore ad alta tensione a corrente continua (High Voltage Direct Current – HVDC) costituito da innovativi convertitori multilivello con tecnologia VSC (Voltage Source Converter); una seconda fase che, invece, riguarda la sperimentazione, dimostrazione e


Firma MoU ENEA-NEDO (da sx Teresa Bellanova, Munehiko Tsuchiya, Federico Testa e Kazuyoshi Umemoto)

validazione delle soluzioni tecnologiche proposte; una terza indirizzata alla diffusione dei risultati. Alla fine del periodo di dimostrazione, l’impianto – progettato in scala da Toshiba Corporation – sarà installato presso il Centro Ricerche ENEA Casaccia che continuerà la sperimentazione per un periodo di almeno tre anni. Maggiore efficienza, stabilità e sicurezza, ma anche minore ingombro e buon impatto ambientale sono le principali caratteristiche dell’impianto che è in grado di assicurare una superiore capacità di trasporto e minori perdite di rete. Si stima, infatti, che rispetto a un sistema ad alta tensione a corrente alternata, a parità di potenza, il nuovo prototipo a corrente continua ridurrà le perdite di trasmissione di circa il 30%. “Con questo accordo– ha dichiarato Federico Testa, Presidente ENEA – nasce un’alleanza strategica fra eccellenze della ricerca italiana e giapponese per soluzioni avanzate nella trasmissione di energia elettrica su lunghe distanze, nella più ampia prospettiva dello sviluppo di reti interconnesse e integrate anche a livello europeo. E’ un obiettivo sfidante, che vede coinvolta un’eccellenza dell’industria mondiale come Toshiba Corporation, con la quale ENEA già nel 2013 ha firmato un’intesa per implementare attività congiunte su smart grid, fonti rinnovabili e sistemi di accumulo per le reti elettriche. Per la sua posizione geografica l’Italia si presta benissimo a diventare il centro di una rete estesa che spazi dall’Africa settentrionale ai Balcani e al Centro Europa”. Per quel che riguarda il nostro Paese, inoltre, i sistemi HVDCVSC potrebbero trovare applicazione nel rinnovamento e potenziamento del collegamento elettrico sottomarino tra la penisola, la Sardegna e la Corsica (il cosiddetto SACOI 3), nonché nelle interconnessioni off-shore tra parchi eolici e in altri progetti di portata internazionale). “Per un futuro energetico a basso contenuto di carbonio e per raggiungere gli obiettivi della COP21 – ha aggiunto il Presidente Testa – le reti di trasporto e distribuzione

dell’energia verde sono elementi indispensabili ed è per questo motivo che l’innovazione dovrà essere indirizzata sia al rafforzamento delle strutture esistenti che a un allargamento trans-nazionale delle nuove super reti. Ma oltre a creare una cornice infrastrutturale e tecnologica adeguata, per una transizione verso un sistema energetico a zero emissioni che copra l’intero fabbisogno elettrico con fonti rinnovabili, occorrerà adottare politiche idonee a livello globale, non solo a livello Paese”. Oggi nel mondo la quasi totalità dell’elettricità viene trasmessa attraverso linee ad alta tensione a corrente alternata e solo il 2% attraverso reti HVDC. Tuttavia in vari Paesi come Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica le linee HDVC trasportano svariati GW di potenza lungo migliaia di km. In Europa sono in esercizio meno di 20 interconnessioni HVDC e circa una decina sono in fase di pianificazione. “Obiettivo del progetto – spiega Giorgio Graditi, responsabile dell’Unità Sistemi Fotovoltaici e Smart Grid dell’ENEA – è quello di sperimentare e validare soluzioni avanzate per il potenziamento e ammodernamento delle reti di trasmissione esistenti e per integrare collegamenti tramite sistemi elettrici superconduttori di elevata potenza all’interno di reti interconnesse. I risultati sperimentali verranno integrati anche in un’analisi di impatto a livello europeo, al fine di dimostrare l’applicabilità delle soluzioni proposte a vari livelli di scala e la loro replicabilità nella rete pan-europea di trasmissione di energia elettrica”. L’accordo tra ENEA e NEDO e il protocollo d’intesa con Toshiba Corporation, infine, favoriranno anche lo scambio e il trasferimento di conoscenze reciproche. I ricercatori italiani e giapponesi avranno l’opportunità di acquisire, scambiare e potenziare conoscenze e competenze tecnologiche in campo energetico, ma anche in altri settori di reciproco interesse scientifico e industriale.

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energia La fusione fredda

Da fantascienza a realtà?

Lo United States Patent and Trademark Office, l’ufficio brevetti americano, ha concesso il 25 agosto 2015 l’agognato brevetto all’Energy Catalizer di Andrea Rossi, il rivoluzionario sistema creato dall’inventore italiano e sviluppato con il noto fisico Sergio Focardi.

di Giacomo Giuliani

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Era il 23 marzo 1989 quando all’Università dello Utah nel corso di una conferenza stampa destinata a rimanere negli annali della ricerca, due elettrochimici, M. Fleischmann e S. Pons, annunciarono l’alba di una nuova era nucleare. Grazie alla loro cella elettrolitica, portatile, sarebbe stato possibile produrre una gran quantità di energia attraverso la fusione di due atomi di deuterio. Una rivoluzione nel mondo della ricerca: parliamo della cold fusion, fusione fredda. Un’ipotesi, quella preannunciata dai due ricercatori che, difficilmente replicabile ed in contrasto con il paradigma dominante, è stata schernita da parte della comunità scientifica: un tabù tacciato come pseudoscienza, scienza patologica o addirittura frode. Facciamo allora un passo indietro: quel 23 marzo, a Salt Lake City, i due ricercatori annunciarono quella che si configurava come la scoperta scientifica del secolo. Ovvero la possibilità di produrre una fusione nucleare, e avere una quantità di energia praticamente inesauribile e sostenibile, attraverso un processo rivoluzionario senza temperature stellari, quelle ancor oggi richieste dalla fusione nucleare, e soprattutto i costi stratosferici necessari alla costruzione delle più conosciute centrali nucleari a fissione. Una soluzione, apparentemente semplice che, se fosse stata confermata dalla comunità scientifica, avrebbe potuto cambiare il corso della storia del nucleare civile. Invece, appena due mesi dopo, alla Conferenza della Società Americana di Fisica, vennero presentati i risultati fallimentari ottenuti a seguito del tentativo di riprodurre il dispositivo di Fleischmann e Pons. Ovvero: energia in eccesso pari a zero e produzione di neutroni inesistente. E allora? Come può un successo acclamato, quello presentato a Salt Lake City dai due ricercatori, diventare un fallimento totale? Il mistero si infittisce e i primi retroscena non tardano ad arrivare. Sono in molti, infatti, a ritenere che i dati presentati durante la Conferenza siano stati modificati precludendo ogni possibilità di ottenere energia e calore da dispositivi a fusione fredda. Può essere successo tutto questo? E perché? È difficile dare una risposta certa, di sicuro però anche nella ricerca scientifica, intraprendere una strada, magari nuova, equivale a ridurre l’interesse, e soprattutto i necessari finanziamenti, per lo sviluppo di un’altra ricerca sullo stesso campo: in questo caso, quella della più famosa e considerata fusione calda. Ora la tormentata storia della fusione fredda potrebbe però essere arrivata ad una svolta. Il 25 agosto 2015 lo United States Patent and Trademark Office, l’ufficio brevetti americano, ha concesso l’agognato brevetto all’E - Cat di Andrea Rossi: parliamo dell’Energy Catalizer, il rivoluzionario sistema creato dall’inventore italiano e sviluppato con il fisico Sergio Focardi. Un prototipo che negli ultimi anni ha fatto molto parlare di sè, generando interesse ma anche perplessità. Oggi l’E - Cat si propone come strumento per la produzione di energia elettrica e calore, sfruttando la fusione nucleare fredda o LENR, vale a dire le reazioni nucleari a bassa energia. I dubbi della

Andrea Rossi

Commissione Internazionale sembrano quindi fugati, e con essi potrebbero essersi aperte delle importanti potenzialità di sviluppo, anche su larga scala, dell’E - Cat. Elementi ha avuto l’occasione di porre qualche domanda al suo inventore, Andrea Rossi. Un’opportunità per capire il funzionamento dell’avvenieristico reattore; un sistema che potrebbe rivoluzionare, in maniera economicamente ed ambientalmente sostenibile, la produzione energetica, in ambito civile e in quello industriale. E tutto questo in un futuro che è già qui! E: Rossi, può spiegarci come funziona un reattore a "fusione fredda"? AR: In poche parole, un fluido, generalmente composto da acqua, aria e olio diatermico, attraversa uno scambiatore di calore, surriscaldato dal contatto con un combustibile costituito da nickel, idruro di litio e litio metallico. Nel processo di scambio di calore, viene elevata la temperatura del fluido. E: Quali sono le caratteristiche del funzionamento dell'E - Cat? AR: È relativamente semplice. Le reazioni si svolgono all’interno di una camera, o cella, in cui vengono iniettati una piccolissima quantità di polvere di nichel e idrogeno a una certa pressione. Affinché sia possibile l’innesco della reazione di fusione tra gli atomi dei due elementi, è necessario che la camera venga riscaldata, fornendo energia dall’esterno. La macchina trasforma infinitesimali quantità di nichel in rame, che dunque è il prodotto della reazione, insieme ai raggi gamma di bassa energia che riscaldano l’acqua. E: Quella che avviene alla base del processo è una “fusione fredda”?

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Impianto E-Cat

AR: Il processo che è alla base di E - Cat è impropriamente definito “fusione”. In realtà parliamo di reazioni nucleari a bassa temperatura.

E: È possibile definirlo un "reattore nucleare domestico"?

E: Quali sono i vantaggi rispetto ad un reattore a fusione calda?

E: È ipotizzabile uno sviluppo del progetto e una sua futura commercializzazione?

AR: Sicuramente la bassa temperatura richiesta (circa 1400°C), tanto più se confrontata con il milione di gradi necessari ad avviare il processo nei reattori a fusione calda come l’ITER europeo o il NIF californiano. Una fusione a queste temperature, replicando il processo che avviene nel sole e in tutte le stelle, richiede tecnologie (confinamento magnetico o inerziale) estremamente complesse e costose.

AR: Ciò che rende rivoluzionario l’E - Cat, rispetto agli altri apparati sperimentali finora realizzati usando palladio e deuterio (come il modello di Fleischmann e Pons), è il rapporto tra la quantità di energia termica prodotta e quella fornita. Questo rapporto è di ben 200 a 1 o più: cioè per 1 kWh elettrico fornito vengono prodotti 200 kWh termici potenzialmente utilizzabili per riscaldamento, applicazioni industriali o per produrre energia elettrica. Questo fa ipotizzare un utilizzo commerciale dell’invenzione.

E: E quali i vantaggi rispetto ad un reattore a "fissione"? AR: I più evidenti elementi che caratterizzano, e spaventano l’opinione pubblica, quando si parla di centrali nucleari a fissione sono riferibili al rischio di scoppi del reattore e di fughe radioattive. E - Cat non utilizza questi materiali e quindi la produzione radioattiva, e le relative scorie, sono inesistenti. Considerate poi le dimensioni del reattore, il rischio di esplosione è quasi impossibile.

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AR: Assolutamente no.


energia

Il sistema elettrico sia più flessibile di Luca Colasanti

Negli ultimi dieci anni la generazione elettrica in Italia ha subito un mutamento importante e il modo in cui consumatori e produttori utilizzano la rete elettrica sta evolvendo verso un nuovo paradigma. Per gestire questo cambiamento è necessario disporre di un Sistema Elettrico “flessibile”, che sappia armonizzare il contributo della generazione proveniente da fonti tradizionali e rinnovabili. Flessibile perché in grado di fornire agli utenti la possibilità di modificare le proprie abitudini di consumo, ad esempio modulando la domanda per cogliere opportunità di prezzo nei momenti di picco della generazione. O perché in grado di consentire un’efficiente programmazione sul mercato e una gestione della rete in relazione ai flussi di energia provenienti dagli impianti di generazione a fonti rinnovabili. Tutto questo passa attraverso una misurazione puntuale ed accurata della produzione e dell’immissione e da una programmazione quanto più vicina al tempo reale, riducendo al minimo gli oneri di dispacciamento nella bolletta elettrica, dipendenti dalla penetrazione delle rinnovabili sul mercato elettrico. Il GSE si adopera ogni giorno per garantire una programmazione delle quantità di energia immessa da fonti rinnovabili quanto più vicina alla realtà per ridurre il più

possibile l’impatto sulla collettività derivante dalla differenza tra l’energia ritirata e quella collocata sui mercati. Tuttavia, allo stato attuale, la rilevazione delle misure della gran parte delle unità di produzione connesse in media e bassa tensione non presenta caratteristiche di dettaglio ed accuratezza comuni a quelle connesse in alta; questo fa sì che, per minimizzare lo sbilanciamento, sia necessario predisporre un programma che non corrisponda alla reale immissione di tali unità di produzione. Al contrario, la disponibilità di misure di immissione con dettaglio orario, a prescindere dal livello di tensione e dalla potenza dell’impianto, permetterebbe di ridurre i costi di sistema derivanti dallo sbilanciamento. Del resto, per quanto riguarda il prelievo, si sta andando in questa direzione implementando una soluzione basata sui cosiddetti smart meter di seconda generazione, che permetteranno la rilevazione dei consumi a livello orario di tutti gli utenti. Un Sistema Elettrico flessibile che coniughi le esigenze della domanda con le opportunità date dall’offerta, non può prescindere da una misura dell’energia che sia a 360 gradi uniforme e puntuale per produzione, immissione e prelievo.

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energia

ISGAN, un volano per le Smart Grids Bilancio di cinque anni di presidenza italiana di Michele de Nigris

Nel 2009 la Segreteria Tecnica del Ministero dello Sviluppo Economico mi prospettò una sfida irresistibilmente attraente: raggiungere un gruppo di esperti statunitensi e coreani per redigere un documento strategico rivolto ai governi interessati allo sviluppo delle reti elettriche intelligenti, le smart grids. Michele de Nigris - RSE SpA - Presidente ISGAN

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È ormai ben noto che le reti intelligenti rappresentano l’insieme di tecnologie e soluzioni che integrando le funzionalità della rete elettrica con quelle offerte dalla gestione dei dati e della comunicazione abilitano un gran numero di servizi, favoriscono lo sviluppo di fonti di generazione variabile come quelle delle rinnovabili, diminuiscono le perdite, aumentano la qualità e sicurezza della fornitura, consentono all’utilizzatore di partecipare in modo attivo a un mercato elettrico aperto e trasparente. La prima riunione del gruppo segnò l’inizio di un percorso comune molto intenso, su cui fare convergere l’inventiva mediterranea forte dell’esercizio di 32 milioni di contatori elettronici e dell’automazione della rete di distribuzione, la spinta asiatica verso gli elettrodomestici intelligenti con cui invadere il mercato mondiale e la volontà americana di accelerare l’ammodernamento di una rete elettrica sull’orlo del collasso. Favoriti dalla differenza di fuso orario che ci consentiva di lavorare senza sosta alla stesura dei diversi capitoli, preparammo in meno di un mese il Piano di Azione Tecnologica sulle Smart Grids1 la cui approvazione fu uno dei pochi risultati conseguiti nella COP 15 di Copenhagen, nel dicembre di quello stesso anno. Il piano indicava la via per dare vita - sotto l’egida del neonato CEM (Clean Energy Ministerial) - a ISGAN (International Smart Grids Action Network). L’importanza del contributo italiano alla sua creazione ed organizzazione fu immediatamente riconosciuta e alla prima riunione del Comitato Esecutivo (a Seoul, nell’aprile 2011) l’Italia ottenne la presidenza, coadiuvata da due vice presidenze di Corea e Usa. La presidenza italiana è stata poi confermata anche nel 2013 e nel 2015.

sviluppo, elaborano indagini sull’evoluzione dello stato dell’arte, formulano proposte su metodologie di valutazione e redigono rapporti su casi di studio, buone prassi, progetti di successo, esempi da seguire. L’obiettivo ultimo è quello di accompagnare le autorità nel loro percorso di comprensione dei rapidi cambiamenti in corso nel settore elettrico in modo da evitare errori e la dispersione e la ripetizione di sforzi ed investimenti. Accanto alla “produzione” tipica di ISGAN (rapporti, conferenze e reti di relazioni) presto si affiancherà la “ISGAN Academy of Smart Grids”, una piattaforma di e-learning in via di realizzazione con la collaborazione di Leonardo Energy. Se l’interesse suscitato da un’iniziativa si misura in “clicks”, finora i rapporti ISGAN hanno un successo che varia tra i 400 e 3500 downloads (tutte le pubblicazioni sono disponibili sul sito www.iea-isgan.org). Di particolare rilevanza, inoltre, è l’attività del gruppo SIRFN (Smart Grids International Research Facilities Network) che mette in rete i principali laboratori mondiali che si occupano di tecnologie smart nel sistema attraverso prove d’intercomparazione. ISGAN ha consolidato la sua base e la sua reputazione mantenendo alto il livello di attenzione su un settore nel quale l’Italia ha ancora un vantaggio competitivo. La presidenza di ISGAN è motivo di orgoglio per l’Italia, e la qualificata partecipazione di autorità nazionali alla conferenza di Lecco nel settembre 2015 sulle “Tecnologie di comunicazione abilitanti lo sviluppo delle smart grids” ne è prova tangibile. Certo anche in questo caso l’intero “sistema Italia” dovrebbe agire in modo più compatto, esprimendo strategie nazionali, proponendo sistematicamente le soluzioni “made in Italy”.

È quindi tempo di primi bilanci: ISGAN è diventato un importante forum intergovernativo che oggi raduna 25 paesi2, responsabili di più dell’ 80% delle emissioni di gas climalteranti e protagonisti di più del 90% degli investimenti nel settore della modernizzazione delle reti. Le attività si sviluppano attraverso il lavoro di gruppi tematici (n.8 Annexes) che raccolgono informazioni sui drivers di

Major Economies Forum – Technology Action Plan – Smart Grids disponibile sul sito: http://www.majoreconomiesforum.org/images/stories/documents/MEF%20Smart%20Grids%20TAP%2011Dec2009.pdf 1

Australia, Austria, Belgio, Canada, Cina, Commissione Europea, Corea, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, India, Irlanda, Italia, Messico, Norvegia, Paesi Bassi, Russia, Singapore, Stati Uniti d’America, Sudafrica, Spagna, Svezia e Svizzera

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mercato elettrico

OCSIT, al servizio del mercato IL PUNTO DI VISTA DI MARCO PRIMAVERA Responsabile Organismo Centrale di Stoccaggio di AU Efficientamento del sistema, raddoppio delle tonnellate nel 2016 e acquisto di un giorno di scorta in più rispetto al piano industriale. Rinegoziazione del finanziamento iniziale e taglio dello spread da 1,2% a 0,9% con una riduzione di circa 3 milioni di euro di oneri. Dopo solo tre anni di attività, questi sono i numeri dell’OCSIT. Abbiamo sentito Marco Primavera, responsabile dell’Organismo Centrale di Stoccaggio. Marco Primavera

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Fonte: Imagoeconomica

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di Luca Speziale L'Organismo centrale di stoccaggio italiano dei prodotti petroliferi ormai è una realtà. Facciamo il punto della situazione. Attualmente OCSIT detiene oltre 600.000 tonnellate di scorte di prodotti petroliferi, pari a 6 giorni, uno in più rispetto ai 5 giorni previsti dal piano originale. Questa veloce evoluzione deriva sia dall’ottimizzazione del finanziamento residuo che dalle opportunità legate al calo dei prezzi dei prodotti petroliferi. Il tutto rientra nel piano industriale, approvato dal Ministero dello Sviluppo economico, che prevede l’acquisto di 30 giorni scorta in un periodo di 10 anni (2014 – 2023). E: A proposito del piano industriale, come si è evoluta la gestione in questi tre anni? MP: Per l’anno in corso, che ha visto l’acquisto di 3 giorni/scorta a fronte del raddoppio delle quantità detenute, l'Organismo centrale di stoccaggio ha previsto una spesa pari a 15,6 milioni di euro. Gli acquisti degli anni precedenti, ovvero di 1 giorno scorta nel 2014 e di due giorni scorta nel 2015, sono stati portati a termine con previsioni di budget rispettivamente di 11,8 e 7,4 milioni di euro.

petroliferi me è finanziata, attualmente, delle banche, ed in futuro, dai prestiti obbligazionari. Grazie al suo merito di credito ed in virtù anche della sua missione istituzionale, come riconosciuto nell’atto di indirizzo pubblicato dal MiSE nel gennaio 2014, OCSIT riesce a spuntare finanziamenti a tassi decisamente favorevoli. E: In conclusione, chi beneficia direttamente dell’attività di OCSIT? MP: Nei suoi primi quattro anni di vita, ma realmente tre a pieno regime, OCSIT, oltre ad una partecipazione sempre più attiva in ambito internazionale, ha attuato, come precedentemente detto, una politica di efficienza legata anche ad una riduzione dei costi che è a vantaggio, in generale, del sistema nella sua totalità e, nello specifico, di tutti gli operatori del settore petrolifero.

AU in pillole

E: Rispetto alle previsioni iniziali, in che direzione si è lavorato? Quali sono stati i risultati in termini di efficientamento? MP: OCSIT ha sempre mirato a contenere i costi, obiettivo raggiunto negli ultimi anni. Infatti i consuntivi di OCSIT hanno evidenziato nel 2013 una minore spesa del 21%, nel 2014 del 59% per arrivare al 2015, dove la riduzione è stata del 34%, nonostante l’aumento delle scorte detenute per ognuno degli anni di attività. E: Come si è potuto arrivare a questi risultati? MP: Queste “economie” sono state ottenute sia dal lato degli oneri finanziari, che da quello dei costi relativi allo stoccaggio. Per quanto riguarda i primi, OCSIT ha ottenuto un tasso competitivo rispetto a quello dei migliori operatori ed inferiore a quello praticato alla media dei player del settore. Inoltre, nel 2015, cogliendo l’opportunità di condizioni favorevoli del mercato bancario, ha rinegoziato i termini del finanziamento iniziale, riuscendo a ottenere un taglio dello spread da 1,2% a 0,9% con una riduzione di circa 3 milioni di euro di oneri fino alla scadenza del contratto (giugno 2019). Invece per quanto concerne i costi relativi allo stoccaggio, il meccanismo competitivo e trasparente di gara utilizzato, garantisce l’individuazione di fornitori del servizio meno cari. Questi risultati sono stati ottenuti grazie ad una struttura efficiente, il cui peso sui costi totali va a calare negli anni con un’incidenza che dal 41% del 2014 è passata al 12% nel 2016. E: Facendo riferimento alle scorte, come viene finanziato il loro acquisto? MP: OCSIT rileva nel budget solo la previsione dei costi (di stoccaggio di struttura e degli oneri finanziari derivanti dal finanziamento acceso per l’acquisto delle scorte), mentre la spesa per l’acquisto dei prodotti non è a carico degli operatori

Acquirente Unico è la società pubblica alla quale, nell’ambito del processo di liberalizzazione del mercato elettrico, per legge è affidato il compito di acquistare elettricità per le famiglie e le piccole-medie imprese rimaste nel mercato tutelato, ove sono presenti oltre 24 milioni di utenti (di cui circa 20 milioni domestici), che non hanno ancora scelto il loro fornitore sul mercato libero. Nel 2015 l'azienda ha approvvigionato circa 62 TWh, pari al 20% del fabbisogno nazionale di energia elettrica. Ad AU, che opera sulla base delle direttive del Ministero dello Sviluppo Economico e delle delibere dell'Autorità per l'Energia Elettrica, il Gas e il Sistema idrico, sono state poi affidate altre competenze, di fatto una "holding di servizi" indipendente per meglio tutelare i consumatori e per favorire il processo di liberalizzazione del mercato elettrico e del gas. Tra queste, la gestione dello Sportello per il Consumatore di Energia per conto dell'Authority, per informare i consumatori sui propri diritti nei mercati dell’energia e supportarli nella risoluzione gratuita delle controversie con i propri fornitori, oltre che per supportare la stessa Autorità nell’individuazione delle anomalie di mercato; la realizzazione e gestione del SII-Sistema Informativo Integrato, prima piattaforma digitale per uno scambio sicuro e affidabile di dati tra tutti gli operatori per favorire lo sviluppo del mercato; il Servizio di Conciliazione clienti energia, per dirimere celermente le controversie tra consumatori e operatori senza ricorrere alla via giudiziaria e senza oneri; la gestione dell'OCSIT, l'organismo di gestione delle scorte petrolifere di sicurezza per assicurare in maniera efficace e sicura gli approvvigionamenti del Paese.

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trasparenza In margine alla riforma Madia

Il ruolo del GSE

Il limite “temporale� introdotto dal Legislatore in materia di annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi. I primi contributi del Giudice amministrativo.

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di Vittoria Guglielmi

Nell’ottica di semplificare e rendere l’attività amministrativa più trasparente, nonché di aumentare l’affidamento che il privato ripone nei confronti dell’azione amministrativa, la Riforma Madia (Legge n. 124/2015) è intervenuta, tra l’altro, in materia di annullabilità d’ufficio dei provvedimenti amministrativi apportando alcune modifiche alla disciplina dettata dall’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990. In particolare, è stato introdotto un termine, non superiore a 18 mesi “dall’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici” entro il quale la pubblica amministrazione può annullare il proprio provvedimento, in presenza di ragioni di interesse pubblico e tenuto conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. A seguito della nuova formulazione dell’art. 21-nonies, si è posta la necessità di verificare se la norma, contenuta nella legge generale che regola la disciplina sul procedimento amministrativo, possa trovare concreta applicazione nei casi in cui il GSE sia tenuto a rivedere, anche oltre il “tempo massimo” consentito, la propria valutazione in ordine al legittimo riconoscimento di incentivi pubblici. In primo luogo, la recente giurisprudenza ha affermato la superiorità dell’interesse pubblico alla corretta erogazione di risorse statali rispetto all’interesse del privato al punto tale da considerarlo “interesse rinvenibile in re ipsa”, escludendo che, ai fini dell’annullamento in autotutela del provvedimento, “possa assumere rilievo in senso contrario il decorso del tempo” (Tar Lazio n. 10980/2015 e n. 1376/2016). Ad oggi, le fattispecie oggetto di disamina da parte del Giudice amministrativo hanno riguardato, da una parte, la decadenza dal diritto al riconoscimento degli incentivi a seguito dell’avvio di un procedimento di verifica e controllo, dall’altra, l’annullamento d’ufficio tout court del provvedimento amministrativo. Nel primo caso il Consiglio di Stato ha osservato che “il provvedimento al di là del nomen iuris utilizzato (“annulla la qualifica”)” esprime l’esercizio del potere decadenziale a seguito di un procedimento di verifica e controllo per il quale “non è previsto alcun termine decadenziale o sollecitorio di attivazione” (Consiglio di Stato, 21 dicembre 2015, nn. 5795, 5796, 5797, 5798, 5799). Il potere di verifica e di controllo riconosciuto al GSE, in primis dall’art. 42 del D.lgs. n. 28/2011, consisterebbe, infatti, in un “autonomo potere di accertamento sostanziale che completa il procedimento finalizzato al riconoscimento dell’incentivazione” (cfr. Tar Lazio n. 4613/2016). Ne deriva che l’effetto “decadenziale” nei confronti dell’originario provvedimento, renderebbe, di fatto, inesauribile il potere tutorio della pubblica amministrazione, almeno sotto un profilo temporale.

Anche nelle recenti sentenze del Tar Lazio nn. 4663/2016 e 4667/2016, il Giudice, chiamato a pronunciarsi in ordine alla presunta irragionevolezza del termine entro il quale era stato adottato il provvedimento ai sensi dell’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990, ha riconosciuto come legittimo l’operato del GSE, rilevando, in primo luogo, l’irretroattività della norma. In riferimento al superamento del termine dei 18 mesi, si legge invece che “non vi sono deroghe al mantenimento di rapporti contra legem che determinino esborsi indebiti di denaro pubblico”, unitamente alla considerazione che la normativa specialistica impone al GSE il recupero delle somme ove si riscontrino violazioni rilevanti ai fini della erogazione degli incentivi. I primi contributi della giurisprudenza in materia sembrerebbero, quindi, propendere per una interpretazione della norma relativa alla fissazione del termine non meramente letterale, ma piuttosto, da valutarsi caso per caso. Alla luce di quanto esposto, appare evidente che l’intento originario del Legislatore di predisporre con la Legge n. 241/1990 un testo normativo semplice e breve, contenente norme di principio e a carattere residuale, ha lasciato spazio a previsioni sempre più minuziose e di dettaglio che non potendosi applicare a tutte le fattispecie svuotano di fatto la portata obbligatoria delle stesse. Il tema in esame pone, quindi, un ultimo interrogativo di carattere generale relativo alla metodologia più opportuna da utilizzare per definire un modello universale di procedimento amministrativo: è preferibile delineare la regola generale partendo dall’osservazione del “particolare”, attraverso il metodo dell’induzione, ovvero stabilire prima una legge generale all’interno della quale, in via deduttiva, ricomprendere le singole fattispecie? Ciascuno dei suddetti metodi presenta punti di forza e di debolezza, al centro di antiche disquisizioni filosofiche, in cui è spesso prevalso l’orientamento secondo cui il metodo deduttivo riveste, rispetto dell’induzione, un carattere maggiormente deterministico: date premesse che si presuppongono vere, le conseguenze non potranno che essere tali. Tuttavia, in presenza di norme “rigide” e “stringenti”, come quella in oggetto, potrebbe essere opportuno riconsiderare l’opposta tesi che, rifacendosi alle teorie giuspositiviste, affermi la validità del metodo induttivo per definire, tramite l’osservazione dei singoli casi, una regola generale che tale, nei suoi contenuti, deve rimanere.

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scienza

La rivoluzione dei droni 80

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di Edoardo Borriello

È una rivoluzione all'insegna dei droni quella avviata dagli agricoltori italiani. Nei campi saranno infatti utilizzati sempre più i velivoli droni: dal monitoraggio delle coltivazioni agli interventi di precisione su particolari aree. Centinaia di queste macchine volanti si affiancheranno a quelle agricole tradizionali, con costi inferiori, tempi ridotti e maggiore sicurezza. L’Area Ricerca di Pisa del Cnr ha realizzato un prototipo di drone che verrà utilizzato ad ampio raggio nell'agricoltura di precisione, grazie agli innovativi sistemi multisensoriali sviluppati dall’Istituto di scienze e tecnologie dell’informazione, dall’Istituto di biometeorologia di Firenze e dal gruppo Refly del Cnr pisano. Prodotto dalla Sigma Ingegneria, Efesto - questo il nome del drone - impiega sensori termici multispettrali e iperspettrali. La risoluzione a terra è dell’ordine dei 3cm/pixel: un grande passo in avanti rispetto ai 5-25m/pixel ottenuti con una rilevazione satellitare. "Grazie a Efesto - ha spiegato Alessandro Matese dell'IbimetCnr - si possono acquisire dati provenienti da più sensori contemporaneamente e ad altissima risoluzione in modo da poterli elaborare assieme. Dalla fusione di questi dati saranno elaborate indicazioni che mirano a ridurre al minimo gli impatti ambientali dei sistemi produttivi". L’agricoltura di precisione secondo Alessadro Matese troverà una forte implementazione, in quanto si potranno aggiustare i parametri della semina, modulare le dosi di fertilizzante, l’applicazione sito-specifica dell’acqua, dei pesticidi, degli erbicidi. Utilizzando le mappe prodotte dal drone, si può arrivare a un risparmio di acqua del 25%. Le prime applicazioni dell’agricoltura di precisione si basavano sull’elaborazione di immagini da satellite, sui sistemi Gps, su quelli informativi geografici. "Il drone offre invece - ha sottolineato Ovidio Salvetti dell'Isti-Cnr - la possibilità di voli ripetuti, acquisizione di immagini visibili termiche e multispettrali georiferite e l’elaborazione post volo dei dati per la mosaicatura. Dati e immagini che possono essere integrati in una rete e fornire così informazioni in tempo reale grazie anche ai recenti progressi nelle tecnologie di trasmissione radio e la possibilità che queste hanno di interfacciarsi con internet". Nella viticoltura moderna, ad esempio, l’utilizzo del drone messo a punto dal Cnr permette di programmare una gestione agronomica differenziata del vigneto per ottenere una produzione di qualità. Le attività del drone sono indirizzate sia allo sviluppo di tecnologie di indagine basate su telerilevamento e sistemi di monitoraggio micro meteorologico, sia allo sviluppo di strumenti informatici (mappe di rischio meteo climatico, modelli di allerta precoce contro malattie, modelli previsionali di crescita e qualità) che migliorino la quantità e la qualità delle produzioni. Oltre a costare meno i rilievi video-fotografici realizzati da droni sono molto più precisi di quelli satellitari. I dati ottenuti possono suggerire se irrigare meglio alcune porzioni di campo; indicare quali piante stanno crescendo meglio; quali hanno bisogno di essere concimate; se è il momento di intervenire contro le erbe infestanti; se il livello dell'acqua in una risaia si è abbassato troppo.

Droni-spia, droni archeologici, droni-postini. Ma di dronicontadini si è detto poco. Eppure, in molti casi, la fase sperimentale è già alle spalle. A Roma, nella conferenza "Droni per l'agricoltura", sono stati presentati i primi risultati di alcune campagne di volo e progetti in corso in Italia. Aziende agricole e di hi-tech hanno spiegato al pubblico cosa è stato fatto finora e quali sono le potenzialità di un settore in forte crescita. Ma i droni, per quanto affascinanti, sono solo un mezzo. Servono per portare in quota i veri artefici dell'agricoltura di precisione: i sensori. Multi-spettrali, laser-scanner, termo-camere in grado di raccogliere dati e informazioni altrimenti impossibili da ricavare. Sensori in grado di “vedere” le piante con altri occhi: quelli infrarossi. Nella luce infrarossa la vegetazione ha una maggiore riflettività rispetto ad altri oggetti. Questo grazie alla clorofilla, che fornisce un indice di vigore della vegetazione. Le mappe di vigore sono strumenti fondamentali nell'agricoltura di precisione. Si tratta di foto aeree (navigabili in 3D) di campi coltivati. A seconda del colore rilevato dai sensori, si capisce quali piante stanno crescendo meglio e quali, invece, sono più indietro. L'obiettivo è quello di avere un raccolto uniforme e della stessa qualità. È stato già fatto con il riso, nel progetto “Origini” di Kellogg's coordinato dall'Ente nazionale risi. Quattro campi, per un'estensione di oltre 50 ettari sono stati fotografati con camere a infrarossi. Le immagini ottenute hanno sorpreso gli stessi agricoltori: campi confinanti presentavano livelli di crescita difformi. In alcuni casi si poteva vedere la “scia” della macchina spandiconcime: le piante più vicine alle linee di passaggio della macchina crescevano meglio. Dall'analisi si è poi passati all'applicazione pratica. Le piante già sane e forti non sono più state concimate, mentre su quelle più esili è stata irrorata una dose maggiore. Alla fine, tutto il riso raccolto era della stessa qualità. Ed è stato risparmiato il 30% del concime rispetto a quello che sarebbe stato usato “alla cieca”. L'agricoltura di precisione ha anche le sue ricadute green. Chi può contare su dati precisi non ha bisogno di “sparare nel mucchio”, ma può dosare erbicidi, pesticidi e fertilizzanti. Per l'azienda agricola è un risparmio di denaro; per l'ambiente un vantaggio e per i consumatori… tutta salute in più.

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E la notte vendo energia elettrica

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di Vittorio Esposito

L’industria fotovoltaica è entrata, accanto al petrolio, al carbone, al gas naturale, all’idroelettrico e al nucleare, nel grande mercato dell’energia con la produzione di corrente elettrica che, indistinguibile da quella prodotta dalle altre fonti e anche se considerata aleatoria perché funziona solo di giorno e mai di notte, confluisce nelle grandi reti nazionali e internazionali. Anche singoli privati contribuiscono, sia pure in misura ancora millesimale, ad alimentare la rete di distribuzione con impianti installati per soddisfare le esigenze energetiche di abitazioni. Il futuro prossimo può, però, riservare ai possessori di questi impianti fotovoltaici una piacevole sorpresa: essere imprenditori di se stessi. Il problema della disponibilità dell’energia solare soltanto nelle ore diurne e della necessità di acquistare dalla rete di distribuzione l’energia necessaria in quelle notturne sembra ormai avviato a soluzione. L’impianto fotovoltaico, è noto, è correlato ad una o più batterie che vengono caricate quando c’è il sole per garantire l’alimentazione elettrica di notte o nei periodi di bassa insolazione. L’elemento base del sistema di accumulo elettrico è costituito da un banco di accumulatori ricaricabili (batterie), collegato all’impianto di produzione (moduli che consentono di trasformare direttamente la luce del sole in energia elettrica), che può essere dimensionato in modo da garantire un’autonomia di funzionamento anche per più giorni e la stabilizzazione della tensione in uscita dal generatore fotovoltaico in misura sufficiente per applicazioni diverse. Le batterie utilizzate per l’accumulo dell’energia elettrica negli impianti fotovoltaici, sono state, finora, quelle a tipo “stazionario”, diverse da quelle impiegate dall’industria automobilistica, capaci di assicurare un basso valore di autoscarica, un elevato numero di cicli di carica-scarica, lunga vita e una manutenzione quasi nulla. Ma proprio dall’industria automobilistica, in particolare da quella impegnata nella costruzione di auto elettriche, può venire quella rivoluzione che renderà autosufficienti gli impianti fotovoltaici e consentirà di produrre energia elettrica anche da “vendere” alle reti di distribuzione. Negli Stati Uniti è in progetto la costruzione di una megafabbrica per la produzione di batterie ad alta efficienza da utilizzare per le auto elettriche che avranno, così, un importante ruolo anche nel campo del mercato dell’energia grazie alla capacità di scambiare la stessa con la rete elettrica. Questa capacità, battezzata V2G (vehicle to grid) consentirà di sfruttare le auto elettriche e le loro batterie come riserve al servizio della rete di distribuzione

perché l’energia elettrica può andare, secondo la necessità, dalla rete elettrica alla batteria e viceversa. Le batterie di questo tipo, una volta entrate in commercio a prezzi competitivi, possono essere utilizzate anche come stoccaggio dell’energia prodotta da sistemi a energia solare che, una volta soddisfatta la richiesta necessaria ai consumi e alla ricarica, possono immettere l’energia in eccesso nella rete elettrica pubblica. L’uso di ioni al litio, alla base della costruzione di queste nuove batterie, è utilizzato anche in Giappone dove è attualmente in costruzione una batteria capace di immagazzinare l’energia prodotta da una centrale ad energia solare. Una tecnologia nota quindi che potrebbe trovare sviluppo anche nel nostro paese e servire da volano sia per l’industria automobilistica che per quella fotovoltaica, per restare solo nel campo dell’energia “pulita”. La possibilità per il possessore di un’auto elettrica (ovviamente quando il suo prezzo sarà “accessibile”) di diventare, come i possessori di impianti che sfruttano l’energia solare, “produttori” di energia elettrica può aprire prospettive di guadagno per singoli privati finora impensabili. Pensiamo alle possibilità di guadagno che possono ricavare dall’elettricità venduta di notte vari condomini possessori di auto elettriche (ma anche di altri veicoli che potranno utilizzare le “nuove” batterie) e che potrebbero mettere a disposizione della rete l’elettricità già assorbita nella ricarica, che nelle auto avviene automaticamente quando sono in funzione e che per le auto elettriche può essere effettuata nelle fasce orarie di minor costo “speculando” sulla differenza di prezzo tra quello di acquisto e quello di vendita. Sembra un futuro ormai prossimo quello che consentirà, in un regime di interscambio con la normale rete elettrica di servizio, ai possessori di un impianto fotovoltaico di realizzare un guadagno cedendo la notte l’energia accumulata in esubero alle necessità nelle ore di massima densità energetica della radiazione solare. Non solo si potrà, quindi, azzerare la bolletta di energia elettrica attraverso l’autosufficienza energetica ma anche avviare una remunerata attività imprenditoriale: quella di “venditore” di elettricità. Semplici valutazioni possono dare un’idea approssimativa della potenzialità economica di questa possibile “fonte” che lo sviluppo della tecnologia, in termini di rendimento dell’efficienza dei sistemi di batterie di accumulatori e di riduzione dei costi degli stessi, sta tentando di mettere a disposizione del fotovoltaico, che potrà così contribuire in modo significativo al soddisfacimento dei fabbisogni energetici.

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MettiaMo l’energia in rete Il sistema di comunicazione sviluppato da Gruppo Italia Energia è un mix di testate online, periodici, eventi e workshop che genera un networking continuo tra industria, aziende, enti di ricerca e istituzioni. I portali offrono un’informazione rigorosa e tempestiva, con versioni stampabili che permettono di approfondire le notizie pubblicate. I periodici e gli annuali analizzano scenari, tematiche gestionali e tecniche. Sono strutturati su contenuti verticali, dedicati a target profilati e specifici. L’integrazione tra periodici e web soddisfa sia i bisogni di una platea qualificata sia le necessità di chi ha bisogno di entrare in contatto e acquisire una maggiore conoscenza del comparto.

Gruppo Italia Energia è l’editore di Quotidiano Energia, e7, Canale Energia, CH4, Italia Energia


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Dal 2005, con oltre 10.000 notizie d’attualità ogni anno, rubriche, indici e prezzi di prodotti energetici, Quotidiano Energia si pone come riferimento per l’informazione specializzata del settore.

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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.

A cura di Piergiorgio Liberati in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del GSE

Gas ed elettricità, conciliazione obbligatoria presso l’Autorità Si chiama Testo Integrato Conciliazione (TICO) e disciplina le procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie tra clienti finali e operatori di elettricità e gas. Ad adottarlo, lo scorso 11 maggio, è stata l’AEEGSI con la delibera 209/2016/E/com, la quale stabilisce che, a partire dal prossimo primo gennaio 2017, dopo il reclamo del cliente finale, il tentativo di conciliazione presso il Servizio dell’Autorità diventi il principale luogo di risoluzione delle controversie tra le parti. In caso di insuccesso, il tentativo di conciliazione diventa, comunque, condizione indispensabile per potersi rivolgere al giudice. L’obbligo di attivare questa procedura sarà reso operativo progressivamente anche per gli altri settori regolati (in particolare per quello idrico).

La Corte europea interviene sulle quote ETS per l’industria Stop al quantitativo massimo annuo di quote assegnabili gratuitamente all’industria nel periodo 2013-2020 della Direttiva ETS. Lo ha stabilito, lo scorso 28 aprile, la Corte europea, chiamata in causa dai ricorsi di alcuni organi giurisdizionali, tra i quali il Tar del Lazio. Tra le questioni sollevate dalla Corte, inoltre, ci sono la mancata considerazione delle emissioni legate alla produzione di energia elettrica, da gas di scarico e delle emissioni associate alla produzione di energia termica da impianti di cogenerazione. Inoltre, l’organo di giustizia europeo ha anche eccepito l’incoerenza tra i dati forniti dagli Stati membri ai sensi di due distinte disposizioni della direttiva ETS (artt. 9bis, para 2 e 10bis para 5).

Dal Fondo Kyoto un aiuto alla mobilità sostenibile Le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici e per l’erogazione di combustibili alternativi, il trasporto collettivo e condiviso, nonché gli interventi per la mobilità sostenibile in generale, potranno essere finanziati con tasso agevolato tramite il Fondo Kyoto. Lo ha stabilito il Decreto del Ministero dell’Ambiente, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 6 maggio scorso, dal titolo “Regolamento recante integrazione dei settori ai quali possono essere concessi finanziamenti a tasso agevolato a valere sul Fondo rotativo di Kyoto”. La possibilità di finanziare a tasso agevolato attività inerenti la mobilità sostenibile è stata introdotta il 22 giugno 2012 dal Decreto “Misure urgenti per la crescita del Paese”. Con un bando pubblicato in Gazzetta il 21 aprile scorso, inoltre, il Ministero dell’Ambiente ha riconosciuto fino a 247 milioni di euro, a valere sul Fondo Kyoto, per finanziare a tasso agevolato progetti di efficientamento energetico degli edifici pubblici scolastici, universitari e destinati ad asili nido.

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Bollette di elettricità e gas giù del 5% nel II trimestre 2016 Con la delibera 139/2016/R/com l’Autorità per l’energia ha aggiornato le componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema e le ulteriori componenti del settore elettrico e del gas per il II° trimestre 2016. Così come nel trimestre precedente, la componente A3 per le utenze domestiche non ha subìto variazioni, mentre quella A2 è stata ridotta. Per effetto di questi interventi la diminuzione trimestrale della bolletta elettrica per il consumatore tipo (2.700 kWh/anno con potenza di 3 kW) è del 5,0%. La spesa media annua per il cliente tipo sarà di circa 502 euro, (-0.8% rispetto al trimestre precedente), di cui 111 euro (circa il 22,1% della bolletta) verranno destinati alla componente A3. Per il gas, invece, la famiglia tipo (consumo di 1.400 standard metri cubi/anno) beneficerà di una riduzione ancora maggiore, pari al 5,2% rispetto al trimestre precedente, grazie alla quale sosterrà una spesa annua attorno ai 1.076 euro.

Sicurezza energetica, una priorità per il Consiglio europeo Il 18 marzo scorso il Vertice dei Capi di Stato e Governo dei 28 Stati membri dell’Unione europea ha assegnato carattere prioritario al tema della sicurezza energetica e ha invitato i legislatori dell’Unione a tradurlo in strumenti normativi ed operativi. Nel documento conclusivo del Vertice è riportato, inoltre, l’impegno a raggiungere il target europeo di riduzione delle emissioni (-40%) al 2030, proseguendo nel rafforzamento del ruolo delle rinnovabili (27%) e dell’efficienza energetica (27%), confermando così quanto già concordato nelle Conclusioni dell’ottobre 2014. Infine, nell’ambito del quadro clima-energia al 2030, i capi di Stato e Governo invitano la Commissione a presentare le proposte legislative ancora pendenti per completare il quadro attuativo e regolatorio e sollecitano i legislatori a procedere speditamente in tale direzione.

Conto Termico 2.0, al via dal 31 maggio scorso È entrato in vigore il 31 maggio scorso il Conto Termico 2.0, volto a semplificare e rendere più remunerativo per la Pubblica Amministrazione il meccanismo che incentiva gli interventi di riqualificazione energetica e di produzione di energia termica. Il nuovo Conto Termico introduce una procedura più snella ed efficace per la P.A. per la prenotazione degli incentivi. Inoltre sarà possibile percepire un acconto già all’avvio dei lavori, che varia tra i 2/5 e la metà dell’incentivo complessivamente riconosciuto.

Sentenza Corte UE su aiuti di Stato: respinto il ricorso della Germania Gli sgravi alle imprese energivore della Germania, così come il sostegno alle aziende del comparto FER, costituiscono aiuti di Stato. Lo ha stabilito la Corte Generale europea respingendo il ricorso del governo tedesco contro la decisione della Commissione europea di considerare come aiuti di Stato la riduzione della “sovrattassa EEG” per le imprese energivore. Questi sgravi hanno arrecato un vantaggio rispetto alle altre aziende, esentandole impropriamente da un onere che avrebbero dovuto sostenere, ha ribadito la Corte. La Germania dovrà così recuperare dalle imprese energivore le relative somme non percepite, così come già imposto dalla Commissione.

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Bizzarre energie La plastica pluriuso, è Bbagz Bbagz è un sacchetto di silicone con chiusura in alluminio. Si tratta di un sostitutivo ecologico ai sacchetti di plastica monouso, utilizzati per contenere panini, tramezzini. Ideato e realizzato da un imprenditore canadese, il sacchetto ecologico può essere lavato in lavastoviglie, sterilizzato o addirittura “infornato”. Altra caratteristica positiva del Bbagz è l’assenza delle sostanze poco salutari presenti nella plastica, come bisfenolo, ftalti ecc… Utilizzando Bbagaz al posto della plastica monouso si potrebbe aiutare significativamente il pianeta. E il nostro organismo.

A cura di Sallie Sangallo

Il bonsai ricarica lo smart phone Si tratta di bonsai altamente tecnologici formati da rami di acciaio e foglie composte da piccoli pannelli fotovoltaici. Per poter catturare l’energia necessaria a ricaricare la batteria a cui sono collegati, devono essere esposti per 36 ore a un’adeguata luce solare, catturata facilmente grazie alla flessibilità dei rami.

Un parco giochi di plastica

Nuova vita ai gusci d’uova Un gruppo di ricercatori dell’Alabama ha scoperto che dallo sminuzzamento dei gusci di uova si ottengono delle nanoparticelle. Queste, miscelate ai polimeri impiegati per creare materiali da imballaggio, danno origine a un nuovo materiale, estremamente flessibile e più resistente rispetto a quelli oggi in commercio. In questo modo hanno ottenuto una valida alternativa alla plastica che porterebbe significativi vantaggi per l’ambiente.

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Un parco giochi interamente costruito con la plastica raccolta all’Expo: questo è il progetto realizzato dall’azienda Levissima, che grazie alle sue cargo bike ha raccolto tonnellate di plastica, vetro e lattine prodotte dai visitatori dell’Expo. La lodevole iniziativa ha avuto il pregio, oltre che di salvaguardare l’ambiente, di dimostrare a grandi e piccini che i materiali di scarto possono essere una preziosa e tangibile risorsa per la comunità.


Alle Maldive il resort è “ecosostenibile”

A Gasfinholu, isola delle Maldive, è stato costruito un lussuoso resort ecosostenibile. Si tratta del ClubMed Finolhu Villas, opera progettata dall’architetto Yuji Yamazaki e composta da 52 ville rese energeticamente autonome grazie a 6.200 mq di pannelli fotovoltaici. Questi, realizzati con vetro e acciaio bianco si integrano perfettamente con l’ambiente circostante e con i materiali del luogo, come paglia e legno. Ogni villa è dotata di una piscina fronte mare, pareti spesse e termoisolanti e sensori di movimento che consentono un importante risparmio di luce e aria. Grazie alle prestazioni energetiche e alla bellezza che lo caratterizzano, il ClubMed Finolhu Villas è stato insignito di due importanti premi, l’International Hotel and Property Award 2015 – Best Beach Hotel e il 2015 Interior Design Magazine Best of Year Award – Best Resort Hotel.

Le “zebre smart” ti aiutano ad attraversare

Le “zebre smart” sono strisce pedonali intelligenti che consentono di rendere più visibili i pedoni mentre attraversano la strada durante la notte. Si attivano, grazie a un sensore a pressione nel momento in cui il pedone si accinge ad attraversare, emettendo una luce alimentata da pannelli fotovoltaici. Il progetto è stato realizzato dall’azienda catalana Llumtraffic e nonostante l’elevato costo le “zebre smart” si trovano in alcune cittadine spagnole per cercare di limitare l’ingente numero di incidenti stradali in cui sono coinvolti i pedoni.

La “nuova plastica”? Arriva dai frantoi

Alice, la scarpa di funghi

Kristel Peters è riuscita a realizzare scarpe ecologiche, con una tomaia davvero unica. Alice, è il nome del modello della scarpa, è composta da più parti intercambiabili nel caso di rottura o danneggiamento. Ognuna di queste parti è ottenuta dal micelio dei funghi, materiale naturale che può originare dei polimeri così forti da poter essere lavorati e stampati. Secondo la sua designer, Alice, grazie ai suoi pezzi di tomaia sostituibili e stampabili potrebbe essere la soluzione per ridurre la consistente quantità di scarpe che spesso si trovano nelle discariche.

Un nuovo tipo di plastica ecologica, economica e resistente alla trazione si otterrà grazie a una miscela di polipropilene e farina di nocciolo di olive. Quest’ultima, composta da lignina, emicellulosa e cellulosa, può essere ridotta fino ad una dimensione di 400 micron. Miscelando in quantità differenti il polipropilene con la farina di nocciolo di oliva, i ricercatori hanno ottenuto materiali con differenti proprietà come la capacità di resistenza alla trazione e l’assorbimento di liquidi. Con la nuova plastica si potrebbero realizzare tubi del gas, zerbini, cruscotti ecologici ed economici.

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energia del pensiero

La rinascita dell’occidente? Dalla famiglia UN CAFFÈ CON CLAUDIO RISÉ Psicoterapeuta e scrittore

di Romolo Paradiso Claudio Risé

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Claudio Risé è uno che dice quello che pensa senza star troppo a vedere se ciò può infastidire qualcuno. È quello che i più chiamerebbero un “politicamente scorretto”. Uno non in linea con la vulgata corrente. Un disobbediente. Uno scomodo, che rompe gli equilibri di un sistema che dietro la coltre della democrazia e della libertà, vuole invece tutti allineati sotto una stessa cultura, uno stesso modo di pensare e agire. Per questo Claudio Risé è una persona che stimola il dubbio, alimenta il pensiero, l’analisi, il confronto sereno e intelligente. E suggerisce, con garbo e civiltà, una reazione, una rivolta a quanto sta danneggiando, depauperandole, le grandi vitalità dell’uomo. Quelle racchiuse nei valori tradizionali, base e forza di un ordine etico e sociale che è sinonimo di fecondità, civiltà e bellezza. E: Professor Risé, dove sta andando l’umanità? CR: La direzione è difficile da individuare. L’uomo d’oggi, a identità debole, non è in grado di darsi obiettivi chiari e di ampia portata e ciò porta a sbandamenti, ad atteggiamenti che vanno contro lo stesso istinto di sopravvivenza. Insomma la possibilità di finire nel burrone del nulla non è poi così remota.

E: Non crede che l’Occidente stia vivendo un malinteso concetto di libertà? Nel senso che si è fatta strada la logica del “tutto è permesso” e “tutto è possibile”, con la conseguenza che nulla appare vero, degno di rispetto e capace di resistere al tempo? CR: La libertà è la capacità di porsi dei limiti in funzione dei propri obiettivi. L'attuale mancanza di obiettivi personali ci fa confondere la libertà con la soddisfazione delle pulsioni, che è invece una condizione di dipendenza e di schiavitù. Manca l'individuazione di una meta e anche quella della propria origine, della propria storia. L’assenza di questi processi di autoriconoscimento può provocare una sudditanza alla coazione delle pulsioni e desideri, a volte anche di potenza, di guadagno, di gratificazione immediata. Il contrario della libertà e della soggettività. E: È il riflesso di quella caduta dei valori fondati sulla visone etica della vita, che a un certo punto della nostra storia sono stati volutamente attaccati per imporre alla società una logica marxista e poi avviliti da quella attualmente trionfante, la liberista.

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"L’uomo d’oggi, a identità debole, non è in grado di darsi obiettivi chiari e di ampia portata e ciò porta a sbandamenti" CR: Credo che i grandi cambiamenti degli ultimi due secoli, dalla rivoluzione francese in poi, abbiamo separato l’uomo moderno dalle proprie radici. Anche dal riconoscimento di aspetti di sé indispensabili al proprio sviluppo, come il senso del limite, l'amore, la devozione. Siamo così andati avanti seguendo i sentieri che ci aprivano le nostre potenzialità tecniche. Senza chiederci però dove ci avrebbero condotto e, ancor prima, senza individuare il percorso e la meta verso la quale noi stessi, come persone e come popoli, volevamo dirigerci. Anche sulla base del riconoscimento delle nostre radici. Abbiamo così depauperato un enorme patrimonio affettivo, cognitivo oltre che spirituale, contenuti fondativi della vita della persona. Il marxismo, il suo fallimento e la conseguente ondata di liberismo sfrenato degli ultimi decenni sono solo gli ultimi tratti del percorso materialista e tecnoscientifico che l'Occidente vive da più di due secoli. Hanno il loro peso, ma il cambiamento parte da più lontano. E: Bisognerebbe forse ricominciare dalla famiglia. Quella non politicamente corretta, quella vera, dove il ruolo della madre sia ben differente da quello del padre, e all’interno della quale esista una visione della vita basata sì sull’amore, ma anche sul senso di responsabilità, di mutualità, di rispetto dei ruoli, di capacità d’ascolto, di condivisione dei momenti di felicità e di dolore. Sul desiderio di essere un luogo di senso e di formazione. CR: Io credo nel valore fondativo della famiglia originaria. Quel nucleo nel quale la donna e l’uomo svolgono il compito genitoriale sulla base delle loro caratteristiche naturali, differenti e complementari. Se noi non ritroviamo quella germinalità istintuale e feconda, produttiva di scambi ed equilibri sui quali si sviluppa la società, ci perdiamo in logiche intellettuali, economiche, di potere, da dove è difficile trovare uscite vitali. L’attualità ne è la dimostrazione. Ci sono troppo interessi politici e di potere economico che spingono verso

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visioni artificiali della famiglia, favoriti in questo da una mancanza di senso di responsabilità da parte delle persone. Senza porsi il problema delle conseguenze che tali logiche possono avere sui figli. Ma del resto il mercato o la finanza, che queste culture impongono e governano, hanno nel loro dna l’interesse per il bene dell’uomo? E: Susanna Tamaro, in un suo recente libro: “Un cuore pensante” (Ed. Bompiani – ndr), dice che “bisognerebbe ripartire dallo spirito della maternità, l’unico in grado di contrastare l’annichilimento, il solo capace della purezza del dono, che non vizia ma rigenera, offrendoci alla pienezza della vita”. CR: La vita inizia lì, nel seno della madre ed è un fatto che non possiamo evitare per accettare fantasie di abolizione dei generi, oggi spesso impegnati a celebrare la propria unilaterale onnipotenza o immaginare la capacità di generare senza l'altro. Noi da lì partiamo e lì dobbiamo arrivare, riconoscendo l'indispensabilità di maschile e femminile, categorie elementari della vita, dell’esistenza e dello sviluppo umano. E: Si tratta di categorie di ordine. E l’ordine è bellezza. Se l’ordine diventa disordine, tutto perde di valore e di fecondità. CR: Alla bellezza e alla fecondità, aggiungerei anche l’allegria, che della bellezza e della fecondità è conseguenza. E della quale l’uomo non può assolutamente privarsi, come invece ora sta accadendo. E: Lei, in un suo libro del 2003 “Il padre, l’assente inaccettabile” (Ed. San Paolo - ndr) ha aperto in Italia la riflessione sull'eclissi del padre, notando che c’è oggi una “nostalgia dello sguardo del padre”. Ci spieghi perché. CR: Perché il padre molto spesso non c’è più. In America la maggior parte delle persone sono cresciute in una casa senza padre, come conseguenza di situazioni che vanno dal divorzio, alla sempre più diffusa mancanza di senso di responsabilità verso i figli L’assenza del padre costituisce una ferita profonda nella vita umana, perché il padre è la figura dell’origine e dell’identità, dell’ auto riconoscimento, dell’individuazione, indispensabile alle persone, di obiettivi e strade da intraprendere, senza le quali diventano povere, insicure e sterilmente inquiete. E: Si comprende così perché l’uomo d’occidente è un essere vagante senza bussole, incapace di intraprendere un percorso di senso. Un percorso di coraggio e di visione, in grado di stravolgere le logiche materialistiche che la finanza, il mercato e la tecnica gli hanno imposto, impoverendolo e rendendolo inerme.


CR: Quest'uomo indebolito, sfiduciato, malato è anche un suddito facilmente manipolabile. È una delle ragioni che spingono le società occidentali a moltiplicare le legislazioni che sviluppano la mancanza di paternità e maternità naturale. In questa condizione anche la volontà dei soggetti viene meno, indebolendo ogni risposta di opposizione, di ribellione allo status quo imposto dalle logiche politicheeconomiche dominanti. E: Le attuali sono quindi società estremamente conformiste. CR: Con la conseguenza che la paura dominante, ma soprattutto quella dei giovani, è di non fare ciò che gli altri si aspettano si faccia. Un conformismo diffuso che impedisce al soggetto di essere se stesso. È in questa situazione che la mancanza della figura paterna gioca un ruolo fondamentale. Perché non essendoci il padre, non siamo più abituati ad opporci ad esso. Non abbiamo fatto una vera scuola di opposizione. Tutte le forme di ribellione che vediamo nel mondo da parte dei giovani, in fondo sono sterili. Propongono proteste o "indignazioni" come sostituti alle profonde ribellioni mancate dell’adolescenza, in cui ognuno, tra mille autentiche sofferenze e privazioni (il cui senso e insegnamento è da sempre legato alla figura paterna), può cercare e ritrovare se stesso. E: Non le sembra che ai giovani, e, purtroppo, non soltanto a loro, manchi oggi la consapevolezza di ciò che il dolore

significhi? Qualcosa che attraversa la vita degli uomini, la caratterizza e la dispone ad essere meglio compresa e vissuta. CR: Il dolore è presentato oggi a tutti, ma soprattutto ai giovani, come qualcosa di orribile, di evitabile. Non essendoci passati attraverso, non avendo avuto prova del dolore, i giovani si ritrovano così ad essere soggetti deboli, fragili. Nel mio ultimo libro: “Sazi da morire. La necessità della fatica.” (Ed. San Paolo - ndr.), sottolineo appunto la necessità della fatica, che è cugina del dolore, perché lo attraversa, lo contiene, mostrandocene poi i frutti. La fatica comporta il fatto che invece di andarci a divertire, noi espletiamo un compito che implica sacrificio e produce una trasformazione. Ma se non passiamo attraverso il dolore, non ci sviluppiamo, non diventiamo forti, e viviamo un’esistenza di sofferenza senza fine. Perché il tentativo di estraniamento dal dolore, naturalmente, ci preclude qualsiasi gioia. È la presenza degli opposti - qui appunto: gioia e dolore - che produce energia. Il bambino appena nato strilla e soffre perché per la prima volta usa i polmoni per respirare, è uscito dal ventre della madre nel quale viveva felice, e tale separazione gli procura sofferenza. Ma questo è l’inizio della vita e quindi della gioia. E : Siamo talmente immersi nel materialismo finalizzato all’avere e al consumare che non riusciamo a renderci conto dell’importanza, della bellezza e della forza del dono, dal quale potremmo trarre spunti ed emozioni per una vita veramente fondata sulla gioia.

"... se non passiamo attraverso il dolore, non ci sviluppiamo, non diventiamo forti, e viviamo un’esistenza di sofferenza senza fine."

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CR: Si tratta di una forza formativa, strutturante: ci formiamo donando/ci. La nostra generatività si traduce sempre in un dono. Se manca il dono si perde il senso della vita, che non può essere rappresentata da un accumulo di cose, in cui si soffoca. Dono è la più significativa espressione di noi stessi. E: L’uomo è l’espressione del dono. La nostra vita è frutto di un dono. CR: E siamo chiamati a reinterpretarla donandola e donandoci. E: Anche il tempo ci sfugge. Anzi, per dirla con Emil Cioran, siamo completamente “caduti nel tempo”. Soggiogati dalle sue logiche, dai suoi impeti. Mentre la salvezza sarebbe “cadere dal tempo”, per un tempo intimo nel quale far trionfare il desiderio di crescita interiore, la creatività, l’attenzione alle persone e alle cose che ci stanno accanto. È d’accordo? CR: Dobbiamo rimpadronirci del tempo. Guardare il tempo con ampiezza, perché noi veniamo da lunghe storie. Quindi non caderci dentro, ma collocarci nel tempo. Governando lo stare nel tempo, facendo del "tempo da vivere" un "tempo di senso". La gioia, il dolore, la fatica, l’amore, la morte, tutti i momenti significativi della vita, ma più ancora la vita tutta, deve essere vissuta con la consapevolezza di offrire ad ogni attimo un senso che va più in là della mera materialità. Anche il tempo (come spiego in "Il padre. Libertà, dono", ed. Ares), è un dono del padre, così come lo spazio, orizzontale, è un indispensabile dono della madre. E: La bellezza, quella che per Dostoevskij salverà il mondo, sembra sempre più latitare dalle cose dell’uomo. Con la conseguente aridità dei nostri pensieri e dei nostri gesti. Come faremo a riscoprirla e a rimpossessarci della meraviglia che essa scatena e del senso d’infinito che da essa discende? CR: Con l’osservazione profonda della natura! Della natura incontaminata (come propongo in: Il maschio selvatico /2 e in Donne selvatiche. Forza e bellezza del femminile, ed. San Paolo) che rimane ancora prevalente, malgrado l’uomo si immagini assolutamente dominante. Nel rapporto attento con la natura noi ritroviamo la bellezza. Un tramonto, un albero, il volo di un uccello, i suoi colori, una tempesta, così come lo sguardo limpido di un bimbo, o quello stupito di un poeta, hanno una forza intrinseca che ha sempre accompagnato l’essere umano in modo profondo. Tutta la tecnologia possibile che ora invade le nostre giornate, di fronte alla bellezza che scaturisce dall’osservazione della natura risulta impotente, e più ancora, insignificante, oltre che improduttiva per il bene autentico dell’uomo.

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E: È anche vero che il concetto di bellezza, così come quello di cultura, non può appartenere a tutti. Ma solo a una minoranza. Una minoranza però importante, perché è sempre da essa che germoglia il seme dell’idea nuova, ribelle, rivoluzionaria e innovativa. È quindi indispensabile che almeno questa piccola cellula della comunità possa continuare ad esistere e a resistere alle intemperie di una modernità nichilista. CR: La storia la fanno minoranze portatrici di visioni generate dall'esperienza della bellezza. La speranza è che ancora qualcuno continui ad alimentarsi della bellezza, per restituirci bellezza. Dobbiamo crederci.

Asterisco La festa della vita di Stefania Concàri “Amo la leggerezza, senso e fonte di vita” (Giorgio Albertazzi)

Quando eravamo bambini riuscivamo ad avvertire gli eventi con più leggerezza rispetto a come li percepiamo da adulti. Crescendo acquisiamo quella “capacità” di rendere le nostre vite sempre più difficili, caricandole di problemi, rancori verso gli altri e verso noi stessi, danneggiando l’equilibrio emotivo. Per questo è importante imparare a prendere la vita, gli eventi e tutto ciò che ci circonda con maggiore leggerezza, che non significa indifferenza o freddezza nei confronti delle persone e delle situazioni che la vita ci mette di fronte. La leggerezza non è superficialità. Viviamo con leggerezza quando impariamo ad affrontare le situazioni e i problemi coscienti che il senso della vita stia proprio nella capacità di dare a essa un significato che va oltre il materiale, e nello spirituale ritrova l’essenza d’ogni atto e d’ogni fatto. Dovremmo pensare alla vita come una festa a cui siamo tutti invitati e il cui scopo è la levità di una costante e coinvolgente gioia.


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arte e architettura in luce 2

Come le macchine parlano agli dei. E viceversa

Foto di Mimmo Frassineti

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Nel secondo numero della rubrica “Arte e Architettura in luce” Elementi si occupa della ex centrale termoelettrica romana Montemartini, dal 1997 spazio museale che ospita statue romane, epigrafi e mosaici di pregevole fattura. Suggestivo l’accostamento e il contrasto tra l’archeologia classica e quella industriale, con i macchinari in disuso che fanno da sfondo alle opere d’arte e viceversa, in uno scenario in cui antico e moderno si compenetrano valorizzandosi reciprocamente. (Maurizio Godart)

di Maria Pia Terrosi

Un esempio ben riuscito di riconversione di un vecchio edificio di archeologia industriale, la centrale elettrica di Montermartini a Roma. Ne parliamo con Claudio Parisi Presicce, Soprintendente Capitolino ai Beni culturali

Quando abbiamo rinvenuto all’interno di palazzo Caffarelli i resti del podio del Tempio di Giove Capitolino si è deciso di non far rientrare tutte le sculture in Campidoglio ma solo una piccola parte: così l’esposizione temporanea di Montemartini è diventata un museo vero e proprio.

E: Dott. Parisi Presicce, ci può raccontare come una vecchia centrale elettrica dismessa è diventata un museo?

E: Il New York Times ha incluso la Centrale Montemartini tra i luoghi da “non perdere” durante una visita a Roma. Cosa ha ben funzionato nell’intervento su Montemartini?

CPP: Quando abbiamo iniziato i lavori di ristrutturazione dei Musei Capitolini c’era l’esigenza di spostare temporaneamente le sculture presenti nel Museo nuovo, quello realizzato a piano terra nel Palazzo Caffarelli, per completare i lavori di adeguamento impiantistico e strutturale. La Centrale di Montemartini è sembrata il luogo ideale per proporre un allestimento innovativo: così è nato il progetto espositivo “Le macchine e gli dei “. Quindi nel 1997 è avvenuto il trasferimento; il nuovo allestimento ha avuto un’eco forte tra gli specialisti così come tra i visitatori. La scelta è stata di fare un allestimento minimale in cui le macchine - le turbine della centrale - mantenessero la loro funzione estetica originaria. In pratica si è scelto di non schermarle come si sarebbe potuto ipotizzare in un allestimento basato su criteri tradizionali. E: Quali sono le collezioni esposte a Montemartini? Quali i criteri dell’allestimento? CPP: Nell’allestimento l’architetto Francesco Stefanori, funzionario della Sovrintendenza Capitolina, ha ideato un percorso che puntasse a ricomporre contesti unitari. A Montemartini sono esposti materiali e reperti rinvenuti durante gli scavi compiuti per la costruzione dei quartieri Esquilino, Viminale e Quirinale. Ci sono poi sculture rinvenute quando sono stati realizzati i grandi viali, per esempio la Via del Mare. E reperti provenienti dalle aree archeologiche del Teatro Marcello e di Largo Argentina. Uno dei monumenti più significativi esposti è il Frontone del Tempio di Apollo che non aveva trovato posto nelle collezioni capitoline.

CPP: Il contrasto tra la natura di origine industriale dello spazio e la presenza delle sculture che “isolatamente” sono in grado di interagire con questo fondale di macchinari. v E: L’accostamento realizzato in questo museo tra due mondi – almeno in apparenza - opposti come l'archeologia classica e quella industriale funziona solo per le suggestioni ispirate dal gioco di contrasti? Oppure facilita la comprensione delle opere? CPP: È un contrasto che esalta la forma estetica della scultura classica messa a confronto con la forma geometrica di questi fondali costituiti dai macchinari. È come se la presenza di queste macchine rendesse più leggibili le singole sculture. In un ambiente espositivo neutro, come lo spazio di museo tradizionale, le sculture sono percepite quasi come fossero tutte uguali. In questa ambientazione, invece, viene esaltata la specificità, l’unicità. Per questo l’esperimento di Montemartini - uno dei primissimi in assoluto - di collocare sculture classiche in un edificio di archeologia industriale è utile per comprendere meglio la scultura classica, a stabilire un dialogo più efficace. E: A proposito di dialogo, quello di Montemartini è stato definito un museo che dialoga: dove il moderno dialoga con l'antico, l'arte con l'industria, le opere con il nuovo contesto dove sono inserite. Ritiene che nel rapporto con l’antico si debba puntare a instaurare un dialogo o fermarsi alla mera conservazione?

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Foto di Mimmo Frassineti

CPP: La fruizione dell’immenso patrimonio artistico che ha Roma può avere una maggiore incisività nel raccontare la nostra storia millenaria solo a patto che si stabilisca un dialogo emotivo. Nello specifico le sculture presenti a Montemartini riescono a farlo efficacemente anche per il fatto che rimandano a luoghi specifici della città, provenienti da aree precise identificabili nel tessuto della città moderna e contemporanea. Questo fatto produce delle relazione emotive più strutturate. Inoltre se questi oggetti di particolare valore riescono ancora a trasmettere conoscenze, molto dipende anche dal contrasto che hanno stabilito con il contenitore nel quale sono inserite. E: Ormai si moltiplicano i progetti per il recupero degli spazi industriali dismessi: basti pensare alla Tate Modern a Londra riprogettata ormai parecchi anni fa da Herzog & De Meuron. Perché la riqualificazione di queste aree abbia successo quanto conta che il nuovo edificio riesca a integrarsi e soprattutto a rappresentare un volano per una ripartenza culturale, economico e sociale di quella parte di città? CPP: In un quartiere in via di ridefinizione, dove da poco si è insediata l’università e si sta completando la ristrutturazione degli ex mercati generali come polo di aggregazione, il museo di Montemartini dovrebbe avere maggiori capacità di inserirsi nel tessuto sociale come strumento di racconto della memoria, di creazione di sinergia con la vita del quartiere. Il fenomeno non ha ancora sviluppato le sue potenzialità, anche se per la prima volta con la costruzione di questo museo il municipio ha attivato dei contatti con la Soprintendenza che lasciano ben sperare.

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Quando a Montemartini si produceva energia elettrica Costruita agli inizi del 1900 alla presenza dello stesso re Vittorio Emanuele II - sulla via Ostiense tra i Mercati Generali e la sponda sinistra del Tevere, la centrale di Montemartini è stata il primo impianto pubblico di produzione di energia elettrica della Capitale. Si scelse questa collocazione per due ragioni: la vicinanza al fiume che garantiva una disponibilità continua di acqua e il fatto di essere esterna alla cinta daziale che evitava il pagamento di imposte sul combustibile. Nel nuovo impianto di Montemartini furono installati motori diesel di moderna concezione forniti dalla Ditta Franco Tosi di Legnano: sviluppavano una potenza di 7.000kW, portata a 16.000 nel 1924. Un successivo ampliamento avvenne nel 1933 quando furono installati due colossali motori, ognuno dei quali pesava più di 80 tonnellate e misurava oltre 20 metri, per una potenza totale pari a 15.000 HP. All’epoca si trattava di uno degli impianti diesel più potenti d’Europa: due esemplari simili, adattati all’uso navale, equipaggiavano il transatlantico Rex. Nel 1963, dopo mezzo secolo di attività, la centrale smise di produrre energia elettrica.


storie di ieri e di oggi Sogni e avventure di un tempo che fu

Sbuffava… sbuffava quel treno, poi arrivò l’elettricità di Renato Terrosi

Sulla scrivania ho la targa di una locomotiva - FS 835340- ed è come se avessi un treno perché quando ci poso sopra lo sguardo sento in testa una sorta di musica ritmata. La musica del treno, appunto, che fila sulle rotaie lucide, di giorno e di notte, con qualunque tempo. La targa è un dono recente, ma la locomotiva alla quale apparteneva ha compiuto da qualche anno il suo ultimo viaggio verso il cimitero delle locomotive, esalando tranquilla l'estremo sbuffo di vapore. Comunque, fu Oliviero, compagno di scuola a Perugia, a mettermi addosso la malìa per i treni. Lui andava spesso al cinema, mentre io mi accontentavo di aspettarlo all'uscita per fare un giro per il Corso e ascoltare i suoi racconti nei quali, invariabilmente, c'entrava un treno. Per me andava benissimo perché un certo innamoramento per il treno lo avevo già avuto ai tempi della fanciullezza, quando nella notte udivo lo sferragliare dei vagoni sulle rotaie della ferrovia poco lontana, e quel tu-tum sordo e ritmato riusciva a conciliarmi il sonno. Poi, una sera di mezza estate, mentre Livio davanti casa suonava la sua vecchia fisarmonica, avevo visto passare un treno, lunghissimo e tutto illuminato. Filava sicuro verso il sud, e il fumo che usciva dal comignolo della vaporiera si sbrindellava lungo le fiancate delle vetture svanendo nel buio. Livio aveva detto che si trattava del diretto che portava i signori a Roma, ma tant'è, mi aveva affascinato. Pensavo che il treno ansimava come i mostri delle storie e che zia

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Illustrazioni di Alessandro Buttà

Ida aveva ragione quando sfaccendando cantava: "L'amore è un treno / che fila sereno". Giusto un mese dopo, proprio alla vigilia del compimento dei miei otto anni, papà e mamma mi dissero che il sabato successivo saremmo andati a Napoli. In treno, naturalmente. Del viaggio ricordo il porto della grande città pieno di bastimenti, i ragazzini che si tuffavano in acqua per prendere al volo le monetine lanciate dai turisti, le gallerie, i pali telegrafici e i caselli lungo la ferrovia che io mi ostinavo a contare diligentemente. E soprattutto mi ricordo del Pulcinella di porcellana, che un amico di mio padre mi aveva regalato e che cadendo dalla reticella della vettura a causa di uno scossone era andato in pezzi. Tornando a Oliviero, devo dire che i treni dei suoi racconti cinematografici erano quasi sempre americani, come i film, trainati da locomotive enormi, munite di spazzaneve poderosi. A furia di parlare di film e di treni, Oliviero mi aveva messo addosso la smania di fare un bel viaggio. A Roma. La grande occasione venne presto: a scuola avevano organizzato una gita nella Capitale con il famoso Treno Popolare, che sarebbe partito la seconda domenica di maggio, alle sei del mattino, e avrebbe fatto ritorno in giornata. La spesa, tutto compreso, era minima: cinque lire. Fu un'avventura eccitante. A Terni facemmo la prima sosta. Vennero distribuiti cestini da viaggio e cartoline illustrate già affrancate da inviare a casa per immortalare l'evento. Sulla mia c'era scritto "Saluti a grande velocità!" e nel tondo appariva una sbuffante

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vaporiera vecchio tipo. Nello scompartimento - che aveva un'imbottitura in similpelle e una porta scorrevole - due giovani sposi raccontavano le loro serate accanto alla radio acquistata da poco, capace di prendere Roma, Milano e perfino Parigi. Un giovanotto con i baffetti alla Clark Gable, invece, le sparava grosse sulle ragazze prone ai suoi piedi e diceva che lui era abituato a viaggiare in prima o in seconda classe, mentre in quella modesta terza del Treno Popolare ci si trovava malissimo. A Orte tutti s'incuriosirono al cambio della locomotiva. Quella a vapore, infatti, fu staccata, e al suo posto misero un locomotore mosso dall’energia elettrica. Una novità strepitosa. Si ripartì, quindi, a velocità sostenuta, e ora che non c'era più il pericolo del fumo molti viaggiatori si affacciavano ai finestrini, per ammirare la campagna fuggente. Alcuni ragazzi avevano preso a cantare: “ Siamo fiaccole di vita, siamo l’eterna gioventù, che conquista l’avvenire, di ferro armata e di pensier”. La Capitale fu una visione fugace, ma alla fine tutti furono contenti perché avevano visto il Colosseo, il Foro Romano e il “ balcone del Duce”. Poi, Oliviero, compagno della mia adolescenza e fantasioso narratore di film, era andato via dalla città. Non avevo saputo più nulla di lui. Solo molti anni dopo lo incontrai a Roma durante un convegno all’ Ergife. La rimpatriata fu lunga, li nel salotto dell'Ergife e mi sembrava che Oliviero non si annoiasse al ricordo dei racconti


alla piccola stazione dove termina la corsa di prova e c'è una breve cerimonia. Alcune decine di persone attendono il convoglio allineate sotto la pensilina. Scendiamo anche noi e ascoltiamo i discorsi di saluto che sono inni al progresso, alla velocità, alla sicurezza; quasi un accenno di sfida all'invadenza della ruota. Il convoglio fermo sotto il sole di primavera sembra un monumento, un totem severo e benevolo a un tempo. La cerimonia termina presto tra battimani, flash e colpi rochi di sirena. Il treno torna indietro, si muove subito veloce verso il sud. A bordo mi sento tranquillo e rilassato mentre il treno speciale corre su rotaie di seta, e il lievissimo rumore di fondo sembra un delicato fraseggio musicale. Dov'è il tu-tum, tu-tum di una volta? E quel fumo nero e denso dove si perdevano i miei pensieri e le mie fantasie? Ma è un attimo, il passato è quasi svanito nelle lontananze del tempo. Per un po' penso di essere l'unico passeggero di un vascello fantasma e chiudo gli occhi. Non corro al timone, non corro alle vele, non chiedo soccorso. Resto, meravigliosamente solo, con i miei ricordi di treni che quella targa di vecchia locomotiva svanita nel nulla, quotidianamente seconda.

La Vignetta di Fama

della nostra gioventù. E alla sera il saluto tra me e Oliviero non poteva non essere carico di commossa e amara nostalgia. Non sapevo, allora, che mi sarei rifatto la bocca pochi giorni dopo. Col treno, ovviamente. L'ultimo lusso rimasto agli italiani, era stato detto durante un ricevimento. Un lusso spirituale, e molti avevano annuito convinti. E, nell'occasione, si era perfino parlato della musica in treno; un capitolo affascinante, senza dubbio musica delicata, per il vagone letto, soprattutto. Chopin o Schubert al pianoforte? E perché non proprio Wagon lits di Gianna Nannini? È una voce un po' troppo imperativa quella della Nannini, forse? Ma dopo la sveglia delicata e il caffè servito dal conduttore può andar bene. Intanto l'ombra di un sogno fuggente svanisce sotto le arcate ferrigne di Milano Centrale o quelle marmoree di Firenze Santa Maria Novella. Sono a bordo dell'ultimo treno, italiano superveloce. Un treno speciale. Il convoglio aggressivo a forma di squalo, si lascia dietro la città e affronta la campagna a 200 all'ora, infila di prepotenza le gallerie e fa sberleffi ai caselli. Dentro è tutto ovattato. Autorità e invitati parlano poco, quasi timorosi di rompere una sorta di religioso silenzio. Ben presto si arriva

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Il messaggio degli occhi

Mp

Nella mia terra, la Sicilia, si parla con gli occhi. Lo sguardo è più importante della parola. Già da piccoli s’impara a comunicare attraverso lo sguardo. S’impara dagli altri. Dai genitori, dai nonni, dagli amici più grandi. Per dire di avere intuito una verità, si dice: “u taliavu n’ta l’occhi”, l’ho guardato negli occhi. Perché quella è la sede di quanto è nell’animo di ognuno. Di quanto si sente. Di quanto si vive. Di quando ero bambino ricordo i silenzi lunghi di mia nonna, la sera, quando eravamo riuniti a tavola. Ascoltava e guardava negli occhi tutti. Il suo sguardo era penetrante, lo sentivi scandagliare dentro di te. Capiva così delle preoccupazioni, delle speranze, dei propositi, delle gioie, degli stati d’animo di ognuno. Poi, quando l’ora si faceva tarda, e veniva il momento del riposo, lei si avvicinava al letto di ciascuno per regalare una parola di conforto, di solidarietà, di condivisione. Oppure di meritato rimprovero. Una lezione di comportamento e di vita. Mentre lei parlava io non potevo fare a meno di guardarla negli occhi. Il suo sguardo era forte e trasmetteva emozioni maggiori delle parole. Da grande si comprende veramente l’importanza di saper decifrare il messaggio degli occhi. Di capire l’altro, il suo momento. Da un movimento di quelli ci si accorge di quale magia sia racchiusa nello sguardo. Cosa sia capace di comunicare. Cosa sia in grado di trasmettere, di infondere. È così per tutti gli sguardi. Da quelli rubati al volo in casa, per strada, a scuola, in ufficio, dal finestrino di una macchina, nei posti e nelle situazioni più impensate. A quelli carpiti durante un incontro, una conversazione, un momento di convivialità, di comunione. Qualcuno ha detto che la vera intesa tra le persone si stabilisce quando i loro sguardi s’incontrano. È in quell’istante che scattano le scintille capaci di accendere luci abbaglianti nelle

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Filo di Nota a cura di Mauro De Vincentiis

Mondo Piccolo

nostre vite. Quelle più intense, più vere, più importanti, come l’amicizia e l’amore. È così, o almeno così dovrebbe essere, se solo fossimo tutti più attenti all’altro, al suo manifestarsi, al suo voler condividere un frammento o più della sua vita con noi. Se fossimo capaci, perché abituati, a guardare negli occhi. A lasciare che sia lo sguardo e solo quello il messaggio che conta. Lo specchio di un’anima che comunque e sempre cerca un’anima in cui riflettersi, a cui raccontarsi, a cui donarsi.

lo Smilzo

Un elogio di “mamma portatile” Il poeta Guido Ceronetti, qualche tempo fa, in un amarcord apparso su “la Repubblica”, ha intessuto un elogio del “manoscritto (a macchina)”. “Mamma portatile”, scrive Ceronetti, ha partorito fior di roba negli anni: il Voyage di Céline, tutto Simenon, l’omnia yiddish e americana di Isaac Singer, tutta la meravigliosa creazione di Herbert George Wells, le sceneggiature di Elia Kazan e di Hitchcock, i Diari di Jünger, e la Grande Guerra di Remarque. Ceronetti ricorda anche che nei trionfi di guerra, i generali americani passavano sotto fitte piogge di fogli scritti a macchina, lanciati dai grattacieli dalle dattilografe di New York. E così gli pare impossibile che possa nascere un’opera di pensiero da uno strumento elettronico. Naturale, invece, che siano nati saggi fondamentali dalle portatili: le opere di Bergson, Heidegger, Hanna Arendt, Gadamer, Jaspers, Wittgenstein, sono passate di là.

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L’ETNA SPRIGIONA LA SUA ENERGIA Furono dapprima leggere scosse, che si convertirono subito in forti terremoti, accompagnati da sordi rombi sotterranei, che gettarono la desolazione nella città di Mineo, che fu danneggiata. Non erano che avvisaglie. Ben presto un fenomeno nuovo e curioso si verificò a Paternò, in una contrada detta Salinella, e fu un’eruzione di fango caldo e salato, misto a molte materie allo stato gassoso, sprigionato con tale forza da farne tremare il suolo circostante. L’eruzione era accompagnata da scosse e rombi sotterranei; e le materie eruttate da un numero grandissimo di piccoli crateri erano spinte fino all’altezza di tre metri e più.

Federico De Roberto da un reportage nella “Gazzetta illustrata” (15 giugno 1879)

Federico De Roberto Napoli, 1861 - Catania, 1927. Giornalista, scrittore. Fu esponente del “Verismo” e Autore de “I Viceré” (1894), stupendo affresco del vecchio mondo aristocratico siciliano.

E+ Energia, letteratura, umanità

Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà

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LA SIMMETRIA VIOLATA

DAL BING BANG ALLA CELLULA MADRE

LA STAGIONE DEI FRUTTI MAGICI

LA PASSIONE DI ALDO MORO

di Roberto Bragalone

di Levi Pinfold

di Cinzia Vetrano

Alter Ego, 2016, pag. 184

di Ernesto Di Mauro, Raffaele Saladino

Terre di Mezzo, 2016, pag.36

Ed. Il Mio Libro, 2016, pag. 168

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Il Mulino, 2016, pag.136

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Una fiaba sulla forza rigenerante della natura. Il signor Orzodoro trova, nel suo campo, un bimbo tutto verde: è un Greenling, un folletto che fa crescere ovunque frutti così buoni da non sembrare veri. La moglie di Orzodoro è spaventata e, con lei, tutto il paese; ma Greenling riesce a conquistarli con i suoi doni magici. Levi Pinfold ama scrivere storie e dipingere ad acquarello e a tempera. Il suo precedente libro, pubblicato in Italia (“Cane nero”) ha vinto numerosi premi ed è stato tradotto in molti paesi.

Cinzia Vetrano (1961-2015) giornalista, ha sempre amato lo studio e la ricerca. In questo libro l’autrice traccia con meticolosa cura, attraverso una prosa semplice e coinvolgente, un’analisi dei dieci anni (19681978) più importanti della storia politica e umana di uno degli ultimi grandi statisti d’Italia: Aldo Moro.

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Stefano Pacini è un pigro e disincantato ispettore di polizia. Dopo essere stato costretto dalla famiglia e dalla moglie ad abbandonare le sue velleità da scrittore per un impiego più concreto e solido, si vede strappato all’abituale compito di redigere verbali per condurre le indagini su un omicidio in apparenza inspiegabile. La situazione si complica quando al primo omicidio se ne aggiunge un secondo che per tipologia e modalità di esecuzione viene subito ricollegato alla mano dello stesso assassino. Riuscirà l’ispettore, nonostante il senso di inadeguatezza verso il suo ruolo e la fine incombente del suo matrimonio a darsi la scossa necessaria per riprendere in mano le redini della sua vita e risolvere il caso su cui sta indagando?

Quando e dove è iniziata la vita? A cosa somigliavano le prime forme di vita? Interrogativi che l’uomo si pone da sempre; per i quali – pur in mancanza di risposte definitive – si possono avanzare alcune ipotesi. Come quella che colloca l’origine della vita intorno a 3,8 miliardi di anni fa, in un contesto riconducibile a uno di questi ambienti: brodo primordiale, campi geotermali, siti d’impatto meteoritico.

Bi

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

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Fo La foto di Andrea Amato

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Rosetta Acerbi La pittura di Rosetta Acerbi, veneziana residente a Roma da oltre sessant’anni presente sulla scena internazionale dell’arte, è caratterizzata da una dimensione interiore e al tempo stesso evocativa tendente alla sintesi coloristica per trascendere il dato reale in rappresentazione dell’emozione iniziale. Nel dipinto “Crepuscolo”, qui rappresentato, il soggetto appare “scomposto”: si distingue nella composizione attraverso forme che l’artista sembra aver recuperato dalla memoria conferendo all’opera il “senso” del ricordo che affiora dalle cromie a creare una atmosfera nella quale tutto si compone e si confonde. Attraverso una particolare sensibilità e grazia compositiva, coniugate con una raffinata calligrafia espressiva, Rosetta Acerbi esalta nella loro essenzialità le forme del soggetto prescelto (ritratti, figure, nature morte, fiori, paesaggi) isolandole da ogni contesto per permettere loro di esistere per se stesse, in assoluta autonomia. Le opere di Rosetta Acerbi hanno ottenuto e ottengono significativi riconoscimenti testimoniati dai numerosi premi che le sono stati conferiti e dall’invito a partecipare a rassegne nazionali e internazionali a Canterbury, Melbourne, Il Cairo, Bakù, Londra e in Italia (tra queste la XIII Quadriennale, la LIV Biennale di Venezia e la Triennale Internazionale d’Arte Sacra di Celano), e ad allestire mostre personali in sedi prestigiose come il Museo di Palazzo Venezia e quello del Complesso Monumentale del Vittoriano a Roma, il Museo Vangi in Giappone, la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista a Venezia, Palazzo Rospigliosi a Zagarolo, il Museo Nazionale d’Abruzzo a L’Aquila e le sedi degli Istituti Italiani di Cultura di Madrid, di Barcellona, di Amburgo, di New York e di Zagabria. Il suo ciclo di dipinti “Il Castello di Barbablù”, dedicato all’omonima opera del compositore Béla Bartòk, esposto a Parigi nel 1989 e

“Crepuscolo”, 1990, olio su tela cm 38x38

nella sede dell’UNESCO, lo scorso marzo è stato ospitato nell’Accademia d’Ungheria a Roma. Nel 2008 le è stato conferito il Premio alla carriera Vittorio De Sica sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.

Co Copertina a cura di Vittorio Esposito

Immagine di sfondo di: Caspar DavidFriedrich “Viandante sul mare di nebbia”

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controcopertina Tornare al padre di Romolo Paradiso C’è bisogno di tornare al padre. Il padre ucciso e vilipeso dalle ideologie materialistiche, il marxismo prima e il liberismo finanziario sfrenato poi. Da quelle culture positivistiche che han voluto distruggere quanto non conforme alle proprie logiche, ai propri scopi. Veicolate da un nichilismo imperante che non ammette eticità, sentimento, senso delle cose comuni e di responsabilità per ciò che si pensa e si fa, per i valori insiti nella tradizione, nell’appartenenza, e, soprattutto, per quelli riguardanti la famiglia. Quella famiglia nella quale l’identità del padre è stata sopraffatta da una logica egualitarista che tutto mette sullo stesso piano, che non accetta differenze. Per la quale ognuno può fare qualsiasi cosa, svolgere il ruolo e i compiti di chiunque altro. Confondendo quelli di chi la famiglia governa, nella quale la forza dell’autorevolezza, figlia dell’esperienza, è sostituita da un buonismo peloso che tutto giustifica e ammette, creando danni e vuoti incolmabili. Eppure del padre abbiamo bisogno, accanto alla figura della madre, al padre equivalente, per sentirci persone realizzate. Donne e uomini con identità, con valori, con sentimento sincero per ciò che si è, si fa e per chi e quanto attorno a noi vive e opera. Perché è nell’esempio del padre che il bambino trova il senso della virilità applicata alla vita. La capacità cioè di saper affrontare gli eventi con la giusta forza, con il giusto sentimento, con la giusta visione, con l’opportuna responsabilità. Con la paura e l’entusiasmo umani, che non sono solo paura e entusiasmo, ma qualcosa di più. Sono consapevolezza di quanto si vive, di come si vive e di come un’esperienza possa divenire

Immagine di sfondo di: Caspar David Friedrich “Viandante sul mare di nebbia”

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propellente per migliorarsi e crescere nella consapevolezza del proprio essere. Perché il padre è sicurezza di conforto, di umano ristoro, di difesa, di resistenza e di giustizia. È la guida verso l’esterno che si riverbera con il tracciato del suo stesso vivere. È la dimensione di un tempo di senso. È il gioco che diventa maestro dei giorni. È la parola che si trasforma in destino. Uccidere il padre è uccidere tutto questo. È dar vita a una società senza bussola, ondeggiante tra punti di riferimento che i mercanti del nulla, vestiti a festa vogliono far apparire a tutti i costi evoluti, ma che al dunque si rivelano effimeri, deboli, confusi e inumani. Privi di quei valori e di quell'essenza che al tempo resistono e al tempo sanno offrire spunti di vitalità e di crescita comunitaria. È dalla figura del padre che l’Occidente deve ripartire se vuole lasciarsi alle spalle la fiacchezza del suo esistere, la sterilità del suo pensare, l’astenia nel reagire con senso e determinazione ai fatti della vita e l’incapacità di incidere positivamente sulle cose del mondo e tornare a essere il luogo che irradia pensiero di civiltà e progresso. Ha detto Antoine de Saint Exupéry: “il padre è la mappa della vita. Tutti i percorsi dell’esistenza lui li sa individuare e indicare. Ai figli scegliere quelli che portano alla realizzazione del sé”.



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