Elementi 36 - Dicembre 2015 - Marzo 2016

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Simona Vicari

Rinnovabili? Bene, ma ora il sistema faccia la sua parte Guglielmo Epifani

Ricerca e sviluppo: Cassa Depositi e Prestiti strategica Francesco Venturini

Eolico e fotovoltaico, in Italia c’è ancora spazio Federico Testa

Mercato elettrico, rassicurare chi investe Claudio Andrea Gemme

Senza ricerca e innovazione non si cresce Davide Tabarelli

L’Italia è ricca di petrolio. Sfruttiamolo! Verifiche e ispezioni GSE

I dati 2014

SPECIALE BIOMETANO

Periodico del GSE Dicembre 2015 - Marzo 2016

Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Dalla scuola parte la rivoluzione energetico-ambientale

Elementi

Stefania Giannini

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IL VALORE AGGIUNTO DEL GRUPPO GSE È il primo editoriale che scrivo per Elementi come Presidente e Amministratore Delegato del GSE e, per una fortunata circostanza, questo avviene proprio nel numero di dicembre, cioè nel momento tradizionalmente deputato sia ai bilanci che alla riflessione sulle prospettive. Colgo dunque l’opportunità per proporre, alle donne e agli uomini del gruppo GSE, ma anche ai nostri interlocutori professionali e istituzionali, quelle che ritengo saranno le sfide che caratterizzeranno il futuro del Gruppo. Non mi soffermo sui tre obiettivi (trasparenza, capacità di dissuasione, attenzione al bilancio di sistema) che sono stati posti al centro del mandato triennale del Consiglio di amministrazione: conseguirli sarà un lavoro che ci impegnerà a lungo, ma potremmo paragonarlo alla messa a punto di un’automobile, che però non è certo un fine in sé. Per quale tipo di percorso ci stiamo attrezzando? E dove ci porterà? Osservando il settore energetico negli ultimi 15 anni, quel che si coglie sono due fenomeni principali: prima lo sviluppo della generazione termoelettrica e poi l’esplosione delle rinnovabili, in forme talvolta scomposte. Mi sembra evidente, oggi, che il vero punto debole di queste due grandi espansioni sia stata una inefficace pianificazione. Prova ne sia la difficoltà delle reti di far fronte a questi nuovi modelli di produzione e di consumo. Credo quindi che la scommessa per il Gruppo GSE dei prossimi anni sia quella di essere uno strumento attivo e intelligente in una logica di pianificazione degli interventi sul sistema energetico nazionale, non solo nel campo delle rinnovabili. Perché scommetto su questa evoluzione? Primo: penso che i consumi di energia nel nostro Paese non cresceranno significativamente, perché il processo di efficientamento energetico, a tutti i livelli, sarà in grado di riassorbire sia la

crescita della domanda, sia il reindirizzamento verso il vettore elettrico di consumi precedentemente soddisfatti con altri mezzi, essenzialmente il gas. Secondo: tutta o quasi tutta la nuova generazione di energia che sarà creata nei prossimi anni verrà da fonti rinnovabili distribuite, col sostegno degli strumenti di accumulo. Questa generazione avrà bisogno di nuovi modelli di sostegno, più legati a logiche di mercato. Il GSE potrà qui giocare un ruolo sia diretto che indiretto. Diretto, se saremo noi a studiare e mettere in campo nuovi meccanismi, a stabilire cioè cosa, quanto e dove andrà garantito il sostegno (in funzione della tecnologia incrociata con posizione geografica ed altro). Indiretto, mettendo a disposizione le nostre competenze per attuare le scelte operate dal Governo e dall’Autorità. Terzo, atteso che la ricaduta di questo modello di generazione distribuita avrà effetti specie sulla distribuzione dell’energia elettrica, il GSE sarà presente, accanto al Regolatore ed agli operatori del settore, per sostenere uno sviluppo delle reti coerente con questo nuovo modello di generazione, a vantaggio, in termini di costi e di efficienza operativa, del consumatore del futuro, che sarà sempre più un prosumer, singolo o aggregato. Alla progressiva professionalizzazione del consumatore, dovrà fare fronte una sempre più alta professionalizzazione di tutto il Gruppo GSE. E qui torniamo ai prossimi tre anni, in cui dovremo prepararci ad affrontare la nostra “seconda vita”. È una sfida che vinceremo solo se riconquisteremo il senso del nostro essere un Gruppo e se sapremo guardare alle nostre attività come a un tutto coerente e positivo per il sistema energetico Italiano e, consentitemi l’enfasi, per il Paese. Una sfida prima di tutto per me, che ne risponderò al Consiglio ed a chi mi ha designato, ma anche una sfida per ogni singolo “me” delle donne e degli uomini del Gruppo GSE, che dovranno sapersi fare “noi”. Il futuro che ci aspetta tollererà sempre meno qualunque rendita di posizione. Vale anche per noi: esserci è una questione di valore aggiunto.

l’E l’Editoriale di Francesco Sperandini

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Direttore Responsabile Romolo Paradiso Segreteria di redazione e pubblicità Gabriella Busia gabriella.busia@gse.it tel. 06. 80114648 Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma Editore GSE Direttore Editoriale Fabrizio Tomada Comitato di redazione Romolo Paradiso Gabriella Busia Livia Catena Claudia Delmirani Maurizio Godart Piergiorgio Liberati Michele Panella Guido Pedroni Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi Progetto grafico Immaginali Impaginazione Pomilio Blumm Realizzazione impianti e stampa Arti grafiche Tilligraf Via del Forte Bravetta, 182 00164 Roma

Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Adn Kronos (Prometeo) Anev Axpo Italia Banca Intesa San Paolo Bartucci S.p.A Che energia sviluppo Centro Documentazione Giornalistica City Life Cobat Electrade S.p.A. Enel iCASCO Italia Energia IVPC Jinko solar Leitwind Northen Power Nuovo Trasporto Viaggiatori Punto Com Quale Energia Quotidiano Energia Rinnovabili.it Staffetta Quotidiana Trans Adriatic Pipeline

Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato Hanno collaborato a questo numero Simone Aiello Andrea Amato Roberto Antonini Daniele Bacchiocchi Stefano Besseghini Edoardo Borriello Gabriella Busia Alessandro Buttà Libero Buttaro Luca Colasanti Stefania Concàri Fausto Carioti David Chiaramonti Walter Da Riz Mauro De Vincentiis Vittorio Esposito Liliana Fracassi Rosa Fucci Agime Gerbeti Jacopo Giliberto Giacomo Giuliani Maurizio Godart Roberto Laurenti Piergiorgio Liberati Roberto Lucchini Fabrizio Mariotti (la vignetta di Fama) Gabriele Masini Gianenrico Mezzetti Dario Migali Ilaria Proietti Laura Romano Sallie Sangallo Luca Speziale Maria Pia Terrosi Tommaso Tetro Giovanna Tomassini

Elementi è distribuito presso le principali rappresentanze diplomatiche italiane all’estero.

­­­­Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte

In copertina Concertino sulla luna 2015, tecnica mista olio e acrilico su tavola cm 60x80 di Vincenzo Martini Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

Elementi, house organ del gruppo GSE è visibile in internet ai siti www.gse.it

Chiuso in redazione il 20 novembre 2015

GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 - 00197 Roma T +39 0680111 - F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it

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Elementi

Anno 2015 n. 36 Dicembre 2015 - Marzo 2016

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Virgolette di Romolo Paradiso

SE LA TECNOLOGIA CI DA’ UNA MANO La terra soffre e noi non stiamo meglio. L’immagine non è solo attuale, ma vecchia di decine d’anni. Con il trascorrere del tempo però e la relativa incuria dell’uomo, la situazione s’è fatta critica assai. L’ora di impiegare pensiero e azioni per un cambiamento radicale di rotta sembra essere giunta. Specie se si analizza con attenzione quanto intorno a noi s’è verificato e si sta verificando. Partiamo dallo spazio fisico vitale. Quello attualmente disponibile è intorno all’11,7%, su un massimo del 15%, con il risultato di limitare sensibilmente quello delle altre specie viventi. L’aria. L’anidride carbonica è arrivata a superare di 37 ppm* i limiti sostenibili, 350 ppm contro gli attuali 387 ppm. Un assurdo, confortato, purtroppo, dalla riduzione dell’azoto atmosferico, che è 121 milioni di tonnellate l’anno. Elementi questi che veicolano l’acidificazione degli oceani e la limitazione delle risorse idriche, con ricadute negative sulla salute delle persone e

sulla crescita economica. Senza parlare poi dello squilibrio esistente nell’utilizzo delle risorse primarie, usufruite in misura dell’80% dal solo 20% della popolazione, con riflessi umani e sociali preoccupanti. Se si vuole invertire la rotta e sperare in un futuro migliore perché più sostenibile, allora bisogna pensare a uno sviluppo tecnologico in grado di migliorare la produzione e l’uso del cibo, lo sfruttamento delle risorse, di limare con equità le differenze sociali, e di far sì che l’attività dell’uomo sia meno invasiva. La via ce la indica la natura che mai modifica, alterandolo, l’equilibrio vitale, economizza il materiale a sua disposizione e si autoregola attraverso l’energia solare capace di innescare la fotosintesi, base fondamentale per la vita del nostro ecosistema. Già oggi esistono tecnologie in grado di ridurre l’impatto negativo prodotto al pianeta con il nostro comportamento. C’è la possibilità di utilizzare il biossido di titano nei processi di risanamento ambientale, perché considerato atossico, stabile e dai costi contenuti. Ci sono celle combustibili che sfruttano l’attività di digestione di materiale organico; celle solari plastiche di nuova concezione capaci di produrre energia a basso costo; dispositivi che trasformano variazioni di pressioni o turbolenze di un fluido in energia elettrica. Materiali come il grafene, vantaggiosi per leggerezza, flessibilità, efficienza e costi. In grado di farci risparmiare fino al 25%, in termini di prestazioni, in prodotti come le batterie. Potremo ricavare materiale plastico di qualità non più con il petrolio ma con gli scarti dei vegetali. Ancora, robot che si ispirano alle piante in grado di analizzare il terreno attraverso le radici, strumenti utilizzabili anche come endoscopi capaci di individuare cellule malate del nostro organismo. Si tratta solo di alcune importanti innovazioni che già da sole possono migliorare nettamente la situazione in cui versa il nostro pianeta. Ma altre sono imminenti e altre possono e devono arrivare se si fa forte la volontà di tutti i paesi di favorire la ricerca, la sperimentazione e l’innovazione, rendendo così sostenibile e qualitativamente rilevante l’azione umana con benefici enormi a livello ambientale, sociale ed economico. Ma per invertire la rotta dunque e percorrere la strada del cambiamento, occorre la volontà sentita d’agire a favore del bene comune. Riscoprendo il senso di responsabilità smarrito, la capacità di visone nell’operare, e soprattutto, il desiderio d’una rinnovata voglia di eticità.

* PPm, Parti per milione è una unità di misura adimensionale che indica un rapporto tra quantità misurate omogenee di un milione a uno. Ad esempio viene usata per livelli estremamente bassi di concentrazione di un elemento chimico, ma anche per esprimere errori di misurazione, o tolleranze. Il valore delle ppm è equivalente alla quantità assoluta frazionale moltiplicata per un milione (106).

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rubriche

primo piano

03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette 08 P° il Punto 84 En Elementi Normativi 86 Be Bizzarre Energie 99 Mp Fn Mondo Piccolo e Filo di Nota 101 Bi Biblioteca 103 E+ Energia, letteratura, umanità 105 Co La copertina 106 Cc Controcopertina

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Intervista a Stefania Giannini

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Incontro con Simona Vicari

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A colloquio con Guglielmo Epifani

Dalle scuole parte la rivoluzione energetica e ambientale

Rinnovabili? Bene, ma ora il sistema faccia la propria parte

Ricerca e sviluppo, strategico il ruolo di CDP

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Confronto con Francesco Venturini

Eolico e fotovoltaico, in Italia c’è ancora spazio

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PREMIO EUROMEDITERRANEO Vince Elementi

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Dialogo con Federico Testa

Mercato elettrico, rassicurare chi investe

verifiche e ispezioni

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Il ruolo strategico del GSE

Speciale biometano

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Il biometano ci darà una mano

energia

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di Stefano Besseghini

Elementi

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Sistema elettrico, lo sviluppo passa dall’innovazione


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Il punto di vista di Claudio Andrea Gemme

Senza ricerca e innovazione non si cresce

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ambiente

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Parla Davide Tabarelli

L’Italia è ricca di petrolio. Sfruttiamolo!

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Il parere di Filippo Bernocchi

La scommessa è l’efficienza energetica

Viva l’educazione ambientale

bioedilizia

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ll legno? Fulcro della bioedilizia

mercato elettrico

acqua

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di Alessio Borriello

Nuovi scenari e modelli di business

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Quante sorprese dall’acqua!

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Mercato elettrico, quale futuro?

energia per il sociale

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clima ed energia

letteratura

La trasparenza nei mercati energetici

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Faccia a faccia con Gianni Silvestrini

Riduzione gas serra, senza il contributo di tutti si fa un buco nell’acqua

energia rinnovabile

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A tu per tu con Vittorio Chiesa

Rinnovabili ed efficienza energetica, così cresce la generazione distribuita

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Fotovoltaico… galleggiante!

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Caldaie co, in vigore l’etichetta green

Intervista a Lavinia Rebecchini

Benvenuto Raggio di sole

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‘900 “grandi firme” II parte

energia del pensiero

92

Favola di Natale

So

Sommario


Sistema elettrico

Affrontare il futuro con visione e pragmaticità Ancora una volta la tecnologia sta ribaltando un settore della produzione e della società. È l’effetto del silicio, inteso solamente come elemento fondante della rivoluzione fotovoltaica: il silicio dell’informatica, che permette risultati e applicazioni che fino a pochi anni fa erano relegate ai film di fantascienza di serie b. Concepita vent’anni fa, e attuata con cauta gradualità una quindicina d’anni fa, la liberalizzazione elettrica segnava un passo fondamentale: l’elettrificazione di Stato era finita. La penetrazione della corrente elettrica si era completata; tutti i cittadini avevano accesso a questo vettore di energia e di servizi; ogni settore della vita era raggiunto. La pianificazione dello

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Stato e la nazionalizzazione erano messi ai margini. Era l’ora del mercato. L’Italia, Paese che non ha mai saputo decidere vie nette, ha puntato sul mercato con mille timidezze e gli interventi dello Stato, invece di indicare con chiarezza la rotta cui tendere lasciando poi alle scelte di imprese e consumatori il compito di raggiungere l’obiettivo, hanno continuato nella loro pervasività a distorcere il settore. Ora le tecnologie mostrano con chiarezza che il modello nato con le prime centrali elettriche di fine Ottocento sarà abbandonato presto. Le tecnologie, le imprese e i consumatori scavalcheranno quel modello, senza se e senza ma. Per questo motivo il riassetto elettrico del ’99, il cosiddetto “decreto Bersani”, non basta più. Era fondamentale allora, in quel mondo oggi lontanissimo, dove c’erano le tv con il tubo catodico; i telefonini facevano solamente le telefonate e forse qualche giochino rudimentale con il serpentello che mangia le mele e sulle strade la Fiat Multipla era la normalità invece della rarità amatoriale di oggi.

esistevano, come l’elettricità per il raffreddamento che ha messo in difficoltà prima le reti californiane e quest’anno le reti dell’Italia del Nord. Per la prima volta in Italia (ma anche nel mondo) si stanno separando consumo energetico e Pil. L’anno scorso il Pil si è ridotto dello 0,4% ma la domanda elettrica è precipitata di un ben più intenso -3%. Sono segnali importanti: gli investimenti adesso vanno mirati sulle reti, sulle “app”, sullo scambio aperto e trasparente delle informazioni, sulla mobilità elettrica delle automobili a batterie, sui sistemi di accumulo che possono disintegrare l’assioma consueto dell’elettricità da produrre in perfetta corrispondenza bilanciata con la domanda. In vista della liberalizzazione finale dei consumatori finali e la loro uscita forzosa dal segmento protetto e tariffato, non bisogna avere paura del Sistema informativo integrato, chiave della competizione ad armi pari che aprirà il mercato nel giugno prossimo. La trasparenza e la condivisione fanno paura solo a chi ha qualcosa da nascondere.

Viene quindi spontaneo farsi alcune domande: Nel mondo in cui le applicazioni informatiche hanno enormi flessibilità e potenzialità, mentre si delineano la produzione distribuita e le smart grid, che valenza hanno la borsa elettrica del giorno prima e la formazione dei listini basata sul prezzo marginale? Le fonti rinnovabili di energia hanno raggiunto la grid parity: ma hanno raggiunto (attenzione) la market parity? Quale ruolo devono adottare gli organismi pubblici di regolazione e di gestione del sistema energetico? Gli oneri del sistema elettrico sono ancora collocati correttamente? Ci sono alcune questioni più strategiche che possono aprire scenari importanti per il futuro. Ma occorre pensarle e attuarle presto, perché la conversione del sistema elettrico, inevitabile, impone la pianificazione di investimenti importanti. Gli investimenti non riguarderanno le grandi centrali, se non in qualche caso sporadico. Ormai abbiamo centrali elettriche a sufficienza, anzi troppe. Lo confermano i piani di chiusura di decine di impianti vecchi studiati da tutte le società elettriche. Si investirà allora nelle rinnovabili? Difficile prevedere una campagna importante di spesa per costruire un gran numero di nuovi impianti: le politiche ad elastico sugli incentivi, con la continua voglia di pianificare un sistema di mercato, hanno frenato anche gli investimenti in questo settore.

P° il Punto di Jacopo Giliberto

Il decreto Bersani era nato quando la domanda sembrava destinata a crescere all’infinito, come accadeva da un secolo. E invece la domanda elettrica espressa dai consumatori per la prima volta è cambiata, ed è cambiato il modo di soddisfarla. I consumatori non chiedono più corrente, ma chiedono che la corrente sia data in modo differente. Ci sono punte di richiesta che prima non

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primo piano

Dalle scuole parte la rivoluzione energetica e ambientale INTERVISTA A STEFANIA GIANNINI Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di Roberto Antonini

“Scuole green” vogliono dire meno inquinamento e un ambiente più sano. Ma anche un risparmio per le casse dello Stato. Avere scuole con una maggiore efficienza energetica è anche un preciso messaggio educativo che stiamo dando ai nostri giovani. Stefania Giannini 10

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“Una nuova stagione per la scuola” con “un’operazione imponente, coraggiosa” per rendere gli istituti “più sicuri ed accoglienti” ed anche più risparmiosi dal punto di vista energetico, con “un ulteriore passo avanti nella strada che abbiamo intrapreso”. Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, affronta questi temi in una conversazione con ‘Elementi’. Un tema, quello dell’ambientalizzazione e dell’efficientamento energetico dei plessi scolastici che esce dalle politiche energetiche e di bilancio, arrivando a un tema chiave: quello delle nuove generazioni, quelle che erediteranno e auspicabilmente salveranno l’unico pianeta che abbiamo. Scuole, quindi, che si avviano ad essere più ‘green’ per ridurre l’inquinamento, certo, per ottenere un ambiente più sano, “ma anche un risparmio per le casse dello Stato”, segnala Giannini, senza trascurare il fatto che “una maggiore efficienza energetica è anche un preciso messaggio educativo”. Ciò perché l’educazione ambientale “è un tema per noi molto importante” ed i nostri ragazzi “devono comprendere che abbiamo una precisa responsabilità nei confronti delle generazioni che verranno”. Questa, segnala il ministro, è oltretutto una delle priorità di ricerca individuate dall’Europa all’interno del nuovo Programma di finanziamenti Horizon 2020. E: Con la pubblicazione del Decreto ministeriale ‘Misure per l’efficientamento energetico degli edifici scolastici’ saranno disponibili 350 milioni di euro attraverso il fondo rotativo Kyoto per la concessione di prestiti a tasso agevolato - 0,25% - per lavori di efficientamento energetico nelle scuole pubbliche, con impegno vostro e del ministero dell’Ambiente. Parte una nuova stagione di efficienza energetica per le scuole italiane: come saluta questa iniziativa? SG:Con il Piano nazionale per l’edilizia scolastica lanciato l’anno scorso è cominciata una nuova stagione per la scuola. Si tratta di un’operazione imponente, coraggiosa, portata avanti con concretezza e razionalizzazione degli interventi, e, soprattutto, con grandi investimenti per rendere gli istituti più sicuri, più belli ed accoglienti. Le misure per l’efficientamento energetico sono un ulteriore passo avanti nella strada che abbiamo intrapreso. È un provvedimento importante. Sotto vari profili: ambientale, economico e anche educativo. “Scuole green” vogliono dire meno inquinamento, un ambiente più sano.

Ma anche un risparmio per le casse dello Stato. Avere scuole con una maggiore efficienza energetica è anche un preciso messaggio educativo che diamo ai nostri giovani. Non possiamo insegnare loro ad avere più attenzione per l’ambiente che ci circonda, ad adottare comportamenti più sostenibili, se alle parole non facciamo seguire i fatti e il buon esempio. E: Avere istituti più efficienti energeticamente potrà aiutare a educare - nei fatti - al risparmio? L’introduzione dell’educazione ambientale nei programmi completerà l’approccio ‘verde’ dell’istruzione? SG: L’educazione ambientale è per noi un tema molto importante. I nostri ragazzi devono comprendere che abbiamo una precisa responsabilità nei confronti delle generazioni che verranno. È per queste ragioni che, già dallo scorso anno, abbiamo accolto le diverse istanze che ci sono arrivate in favore di un’offerta didattica funzionale alla sensibilizzazione dei nostri alunni sul tema ambientale. Lavorando in sinergia con il Ministero dell’Ambiente abbiamo voluto inserire nella “Buona Scuola” il rafforzamento dei percorsi educativi sul rispetto dell’ambiente, oltre che di quelli sui corretti stili di vita, sulla lotta alle mafie e la difesa della legalità che spesso si intrecciano con il tema ambientale. E: Nei settori ambientali ed energetici la ricerca è fondamentale per migliorare sistemi e processi. L’Università, da questo punto di vista, è in prima linea: quali sono gli impegni, i protagonisti e i filoni principali per quel che riguarda il miglioramento dell’efficienza energetica e dei processi energetici degli Atenei italiani? SG: L’attenzione ai temi dell’ambiente è presente nelle priorità di ricerca individuate dall’Europa all’interno del nuovo Programma di finanziamenti Horizon 2020. L’Italia punta ad essere particolarmente competitiva nel drenare le risorse messe a disposizione dal Programma. I finanziamenti europei sono sostanziali per il futuro della ricerca. Industria sostenibile, Energia e Ambiente sono fra le parole chiave della nostra strategia nazionale. Sono aree ad elevatissima competizione innovativa, nelle quali dovremo individuare selettivamente settori di specializzazione specifica su cui concentrare le risorse.

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primo piano

Rinnovabili? Bene, ma ora il sistema faccia la propria parte INCONTRO CON SIMONA VICARI Sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle risorse energetiche

Vogliamo costruire un sistema di sostegno sobrio ed efficiente sotto il profilo economico e stimolante dal punto di vista dell’integrazione delle rinnovabili nel mercato elettrico. segue a pagina 14

Simona Vicari 12

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di Fausto Carioti

essere ben calibrato, sufficiente per coprire i maggiori costi, decrescente, e mai, come purtroppo accaduto in passato, alimentare speculazioni e rendite.

Avanti con le rinnovabili, ma non come prima. Lo spiega Simona Vicari, sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle risorse energetiche. “Noi pensiamo che le rinnovabili siano una opportunità che può dare al nostro Paese una serie di vantaggi sulla bilancia dei pagamenti, sull’ambiente, sull’occupazione. Ci aspettiamo però che il sistema delle rinnovabili faccia la propria parte: troppo spesso e troppo a lungo la filiera delle rinnovabili ha presentato una struttura di costi del tutto inefficiente e ingiustificata”.

E: Quali saranno allora i prossimi passi del governo? SV: Vogliamo costruire un sistema di sostegno sobrio ed efficiente sotto il profilo economico e stimolante dal punto di vista dell’integrazione delle rinnovabili nel mercato elettrico. Sotto il primo aspetto stiamo completando la revisione delle regole di incentivazione, con un percorso in due fasi: la prima, in dirittura di arrivo, coprirà il periodo fino al 2016. Nella seconda, che dovrebbe proseguire fino al 2020, contiamo di potenziare gli strumenti competitivi per l’attribuzione degli incentivi. Per quanto riguarda invece l’integrazione delle rinnovabili nel mercato elettrico, abbiamo fornito numerose indicazioni all’Autorità di regolazione del settore, tese a favorire la partecipazione delle rinnovabili ai mercati anche mediante aggregazione di impianti e di consumi, e a stimolare l’ammodernamento delle reti elettriche, in modo da incrementare il potenziale di integrazione di impianti a fonti rinnovabili.

E: Le rinnovabili sono la prima fonte di generazione elettrica italiana e l’obiettivo che era stato fissato per il 2020 è stato sostanzialmente già raggiunto. Nel 2014 la quantità di energia elettrica da rinnovabili incentivata ha superato i 64 TWh, per un costo di 12,7 miliardi di euro, quasi tutti coperti tramite la componente A3 della bolletta. Visti i progressi, è giusto ridurre gli incentivi e diminuire l’impatto sulle bollette?

E: Geotermico, solare, eolico, biomasse: quali sono le energie rinnovabili sulle quali l’Italia deve concentrare gli investimenti nei prossimi anni?

SV: Certamente. Per un verso, il livello della spesa per gli incentivi nel settore elettrico ha raggiunto il valore da lei ricordato, incidendo per oltre un quarto sulla bolletta delle famiglie e delle imprese, in particolare medie e piccole. Si tratta di un onere che dovremo sostenere ancora per diversi anni e che può compromettere il consenso per il proseguimento delle politiche di sostegno alle fonti rinnovabili. Noi siamo invece convinti che le politiche per una crescita graduale e sostenibile delle rinnovabili debbano continuare. Ciò significa che l’incentivo deve

SV: La valutazione comparata di ciascuna tecnologia, effettuata sulla base dei costi, degli effetti ambientali e delle ricadute sociali, ha costituito la nostra guida, almeno per la fase di incentivazione che terminerà nel 2016. Le nostre conclusioni sono che il solare fotovoltaico ha raggiunto un grado di maturità tecnologica ed economica che ne rende possibile la graduale diffusione senza necessità di ulteriore

Evoluzione della capacità installata (GW)

Capacità installata (GW)

120 100

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45%

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29%

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2014

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Carbone

Eolico

Bioenergie

Turbine a vapore

Altri termici

Solare

% Rinnovabili su installato totale

OCGT

Idroelettrico

Geotermico

Fonte: Elaborazione Pöyry Management Consulting su dati Terna

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2012

2011

2010

2009

2008

2007

2006

2005

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2003

2002

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% Rinnovabili su installato totale

40%

140


sostegno tariffario. Per le altre fonti puntiamo a valorizzare le rispettive caratteristiche. Pensiamo che l’eolico meriti attenzione, perché necessita di un livello di incentivazione assai contenuto. Lo stesso vale per il geotermico, il quale, peraltro, promette di valorizzare, con tecniche a ridotto impatto ambientale, anche il significativo potenziale dei fluidi a media temperatura, sinora ritenuto poco interessante per la produzione elettrica. La questione delle biomasse è più articolata: da un lato questa fonte manifesta costi più elevati e meno comprimibili, dall’altro si presta alla valorizzazione energetica degli scarti del settore agroindustriale, trasformando in opportunità materiali che usualmente hanno bisogno di uno smaltimento oneroso. E: Il governo ha investito 120 milioni per migliorare l’efficienza energetica al Sud. Ma c’è ancora molto da fare, a partire dagli stessi edifici pubblici e non solo nel Mezzogiorno. SV: L’efficientamento del parco immobiliare pubblico è un obiettivo primario perché, oltre a concorrere agli obiettivi energetici e ambientali, contribuisce alla spending review attraverso la riduzione della spesa per i consumi di energia, stimola investimenti nei settori delle costruzioni e dell’impiantistica, favorisce lo sviluppo delle cosiddette ESCO (Energy Services Companies). Tra le iniziative che abbiamo attivato, ricordo il programma per la riqualificazione energetica della pubblica amministrazione centrale, per la cui realizzazione sono stati allocati 350 milioni di euro per il periodo 2014-2020. Stiamo inoltre potenziando e semplificando lo strumento noto come Conto termico, ponendo particolare attenzione a quanto serve per renderlo più efficace proprio per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici pubblici. Ci attendiamo che ulteriori risorse e strumenti siano attivati dalle Regioni nell’ambito dei fondi strutturali 2014-2020.

E: Manca, a tutt’oggi, una vera politica energetica europea. Cosa state facendo a Strasburgo e a Bruxelles perché si arrivi a una soluzione? SV: La politica energetica europea trova ormai la sua espressione nella Unione per l’Energia, presentata dalla Commissione nel febbraio 2015. Il MiSE ha contribuito alla sua definizione con un documento in cui ha esposto la propria visione, sottolineando che la competitività del settore energetico è un tema trasversale che deve rientrare nelle valutazioni sulle azioni da intraprendere in relazione a ciascuna delle dimensioni dell’Unione, dal mercato interno alla decarbonizzazione all’innovazione. Inoltre, in considerazione della rapida trasformazione degli equilibri internazionali e della incertezza sugli scenari futuri, l’Unione Energetica dovrebbe perseguire l’obiettivo di assicurare all’Europa approvvigionamenti energetici a prezzi competitivi, sia nel settore del gas che in quello elettrico. Uno dei punti più critici per il nostro Paese riguarda proprio la sicurezza degli approvvigionamenti dall’estero. Il MiSE lavora attivamente per incrementare la sicurezza energetica del Paese sia attraverso la diversificazione del “mix energetico”, incrementando gli approvvigionamenti di gas e lo sviluppo dell’energia dalle fonti rinnovabili, sia diversificando le fonti e le rotte di approvvigionamento. Per rimediare alla vulnerabilità degli approvvigionamenti europei occorre infatti sostenere dei costi per la realizzazione e il mantenimento di infrastrutture che consentano la diversificazione delle fonti, delle rotte e dei fornitori, e che assicurino ex ante una soluzione strutturale alle possibili crisi, anche se il mercato non le richiederebbe. Sono costi che riteniamo giustificati, perché più ragionevoli rispetto a quelli legati a soluzioni ex post di risposta alle emergenze.

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primo piano Ricerca e sviluppo

Strategico il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti A COLLOQUIO CON GUGLIELMO EPIFANI Presidente Commissione AttivitĂ Produttive della Camera dei Deputati di Piergiorgio Liberati

Ăˆ favorevole a rendere strutturale la misura delle detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica nell’edilizia. Invoca il ruolo dei consorzi di imprese e di Cassa Depositi e Prestiti per i finanziamenti strategici a ricerca e innovazione, oltre ad invitare governo e istituzioni a procedere compatti nel dibattito sui cambiamenti climatici. Guglielmo Epifani 16

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Per Guglielmo Epifani, Presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, sono questi alcuni punti fermi di politica energetica ai quali il nostro Paese non dovrebbe rinunciare. Ne ha parlato con Elementi. E: Fonti rinnovabili ed efficienza energetica costituiscono un’importante filiera non solo dal punto di vista economico, ma anche occupazionale. Quali misure, secondo lei, potranno garantirne lo sviluppo ora che gli incentivi statali, per i nuovi impianti, sono prossimi alla moratoria? GE: Il nuovo Decreto del Ministero dello sviluppo economico è diretto non solo a sostenere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ma anche ad adeguare la legislazione italiana alle Linee guida in materia di aiuti di Stato per l’energia e l’ambiente indicate dalla Commissione europea. Più in generale, va ricordato che il governo nel Documento di economia e finanza ha previsto di intervenire sulle strutture e sulla politica energetica del Paese, di cui le fonti rinnovabili sono un elemento importante dal punto di vista qualitativo e, dopo la crescita degli ultimi anni, anche quantitativo. E: Le imprese da tempo chiedono che le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica sul patrimonio

edilizio diventino una misura strutturale. È d’accordo? GE: Come presidente della Commissione Attività Produttive della Camera non posso che essere d’accordo, in via di principio, perché questa misura è stata - e può essere ancora - una componente fondamentale della crescita italiana e una spinta al raggiungimento degli obiettivi ambientali che ci siamo dati e che saranno sempre più stringenti. Di più. Penso che sarebbe necessario un programma di riqualificazione energetica dedicato in particolare al patrimonio immobiliare pubblico. Naturalmente, bisogna valutare questi obiettivi alla luce dell’andamento dei conti pubblici, delle disponibilità finanziarie reali e degli altri impegni che il governo e il Parlamento devono soddisfare. E: La qualità del made in Italy nei settori dell’efficienza e delle fonti rinnovabili è apprezzata anche all’estero. In questo specifico si giocherà una partita di mercato competitiva, non solo a livello italiano, ma anche europeo. Occorrono quindi maggiori sforzi per valorizzarne a pieno le potenzialità. GE: Certamente, la politica industriale deve tenere conto delle filiere produttive e delle capacità tecnologiche che in questo settore sono cresciute in Italia, fino a diventare

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un segmento di punta. Penso che una migliore conoscenza dei progressi compiuti e un impegno su obiettivi condivisi con gli operatori nazionali possano dare risultati positivi. È necessario progettare un percorso condiviso di sostegno e sviluppo di questo comparto. E: Oltre a quelle economico-finanziarie, due importanti leve per la green economy sono la ricerca e l’innovazione. In particolare, interessanti scenari si aprono quando la ricerca nel campo delle telecomunicazioni incontra la green economy. In che modo e quanto viene finanziata l’innovazione? GE: In Italia gli investimenti in ricerca e sviluppo sono ancora insufficienti, e non solo perché gli strumenti di sostegno e incentivazione esistenti sono da implementare. Come è stato ricordato in un convegno del Cnr, la percentuale di imprese italiane che realizza R&S è pari a circa il 9% del totale: più o meno un quarto di queste lo fa al di fuori dell’azienda, attraverso rapporti con università, centri di ricerca e altre imprese, ma incontrando difficoltà a interagire con i centri di ricerca più sofisticati. L’accessibilità al credito, in particolare, rappresenta un ostacolo ancora forte. Ma non è una novità, come ha segnalato con preoccupazione anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: “In Italia la spesa in R&S, un’importante misura delle risorse impiegate per la produzione di innovazione, è bassa nel confronto internazionale e lontana dall’obiettivo del 3% fissato dalla Commissione europea nella strategia UE 2020”. E: Cosa è mancato fino ad ora, risorse o capacità di vedute? GE: Le risorse messe in campo per finanziare l’innovazione vanno aumentate. L’Italia ha fatto passi da gigante nello studio e nell’implementazione delle smart-grids. Ma penso anche che sia necessaria una riflessione complessiva di mettere a sistema gli sforzi nel settore del sostegno all’innovazione (anche il piano per la banda larga può essere

un’occasione), così da evitare la dispersione delle risorse e concentrare gli impegni su precisi obiettivi strategici. In questo contesto il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti e quello dei consorzi di impresa rappresentano un’opportunità sia per gli investimenti strategici, sia per superare la principale difficoltà lamentata dalle imprese, rappresentata dall’accessibilità al credito. E: L’Europa si è posta obiettivi sfidanti di efficienza energetica e riduzione delle emissioni di CO2 non solo al 2020, ma anche al 2030 e il summit di Parigi è un esempio di questo impegno. L’Italia sta facendo la sua parte? GE: Il nostro Paese, che per l’energia elettrica è oggi caratterizzato da una grande disponibilità da fonti rinnovabili e da sistemi termoelettrici a gas ad alta efficienza, da alcuni anni si muove nella direzione di un sistema integrato produzione-trasmissione-distribuzione e vendita sempre più flessibile. Una situazione particolarmente interessante in uno scenario dove si comincia ad affrontare il tema della chiusura di centrali a carbone e nucleari e in cui l’Europa potrebbe essere interessata ad utilizzare la flessibilità disponibile con l’abbondante capacità a ciclo combinato italiana. Anche sul fronte degli approvvigionamenti le ultime scoperte di Eni in Egitto ed i tradizionali buoni rapporti con i Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo possono contribuire a fare dell’Italia un intermediatore energetico. L’Italia avrà nei fatti una capacità di importazione di gas superiore ai consumi interni. Da qui, quelle caratteristiche positive che potrebbero far giocare al Paese un ruolo importante sia nella realizzazione di un mercato europeo unico dell’energia, sia nelle politiche di gestione dei cambiamenti climatici. Tutto dipenderà, naturalmente, dalla nostra capacità di avere una visione di insieme e di lavorare per superare le criticità che ancora esistono e dall’impegno che il governo saprà mettere nella ricerca di soluzioni adeguate e accettate a livello globale.

PROVENIENZA DELL’ENERGIA IN ITALIA

FONTI RINNOVABILI 63,7%

GAS 17,2% ALTRO 3,1%

PETROLIO 15,9% RIFIUTI E COMBUSTIBILI SOLIDI 0,1% Dati Eurostat 2013

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primo piano

Eolico e fotovoltaico, in Italia c’è ancora spazio CONFRONTO CON FRANCESCO VENTURINI A.d. di Enel Green Power di Gabriele Masini

Le difficoltà della riconversione degli ex zuccherifici, le opportunità nell’eolico con il rifacimento degli impianti e nel fotovoltaico con le acquisizioni sul mercato secondario. Ma anche l’importanza dei contratti di lungo periodo e gli investimenti nel Maghreb – con un occhio all’Africa subsahariana. Elementi ne ha parlato con l’A.d. di Enel Green Power, Francesco Venturini. Francesco Venturini 20

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e il loro consumo di suolo. Il tutto creando un regime virtuoso con benefici sia per EGP che per il territorio. Per questo servirebbe un quadro di maggiore sostegno a tali iniziative di rinnovamento che porterebbero a un migliore sfruttamento delle risorse (vento e suolo). Ad esempio prevedendo iter autorizzativi semplificati per i rinnovamenti rispetto ai nuovi impianti. O introducendo un quadro normativo che renda questi interventi più sostenibili. E: Il programma di riconversione degli ex zuccherifici stenta a partire: le difficoltà sono strutturali? State ripensando al programma, magari concentrando energie e risorse solo su alcuni progetti? FV: La riconversione del settore bieticolo-saccarifero attraverso la realizzazione di impianti a biomassa è stata avviata dalla riforma comunitaria del settore e dichiarata di interesse strategico nazionale ma, negli anni, ha trovato diversi ostacoli alla sua realizzazione. Sono progetti certamente complessi, ma dobbiamo riscontrare che i processi di autorizzazione dei singoli impianti si sono protratti per molto tempo, anche a causa della burocrazia. Rispetto al programma iniziale ci potrebbero essere delle modifiche considerando che nel frattempo il contesto di mercato è mutato e alcuni di questi impianti non hanno ancora tutte le autorizzazioni ambientali necessarie alla riconversione. Tuttavia, Enel Green Power conferma l’impegno e la volontà di proseguire in questo programma, tanto che per la fine dell’anno è previsto il completamento del primo impianto a biomasse di Finale Emilia. E: Uno dei cardini per lo sviluppo delle rinnovabili è la possibilità di fare contratti di fornitura di lungo periodo: vede novità a breve sulla possibilità di farli anche in Europa? E: Quali possibilità vede ancora per uno sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese? FV: Siamo interessati allo sviluppo delle rinnovabili in Italia, che rimane per EGP un Paese di riferimento e dove abbiamo una presenza importante. Nel piano industriale 2015-2019 - presentato lo scorso maggio - abbiamo allocato circa 1,3 miliardi di euro d’investimenti sul territorio italiano, di cui circa 800 milioni destinati alla crescita. È chiaro quindi che il nostro è un interesse concreto. Inoltre, attualmente è in corso di approvazione un nuovo decreto Fer, che definirà il quadro di sostegno alle rinnovabili diverse dal fotovoltaico, in Italia fino al 2016. Siamo interessati a questa possibilità di crescita. Se ci sarà l’opportunità la coglieremo, nell’idroelettrico, nell’eolico, nel geotermico come nelle biomasse. C’è inoltre la possibilità di valorizzare il nostro parco di impianti eolici in esercizio attraverso dei rinnovamenti. Nei prossimi anni molti nostri impianti eolici usciranno dal regime di incentivazione e passeranno ai prezzi di mercato. Si tratta di impianti con più di 12-15 anni che si avvicinano sempre più alla loro fine vita. C’è quindi l’esigenza di rinnovarli, per utilizzare le migliori tecnologie attuali, sostituendo le vecchie pale eoliche, aumentando la produzione e al contempo riducendo l’impatto ambientale

FV: Questi contratti sono indispensabili per lo sviluppo degli investimenti nelle rinnovabili. Quasi la totalità dell’investimento è composto da costi fissi (CAPEX) che vanno anticipati all’inizio dello sviluppo del progetto per avviarne la fase di costruzione e messa in esercizio dell’impianto, mentre i costi operativi sono assolutamente limitati. La presenza di un contratto di lungo termine a prezzo fisso elimina l’esposizione alle oscillazioni giornaliere del prezzo di Borsa, riduce considerevolmente il rischio dell’investimento e, di conseguenza, il costo delle fonti rinnovabili. A livello internazionale i contratti di lungo termine rappresentano la prassi, solo in Europa questo strumento è ancora poco utilizzato. Oltre ai motivi legati alle condizioni di mercato contingenti che possono influenzare l’interesse verso questo tipo di prodotti, il mancato sviluppo di accordi di lungo termine è da riferire alla mancanza di una legislazione europea chiara che ne consenta l’utilizzo, tutelando le parti contrattuali. Inoltre in alcuni casi la Commissione europea, ma anche le autorità nazionali, hanno ritenuto questi accordi strumenti per monopolizzare il mercato. Ciò ha diffuso l’erronea convinzione che accordi di lungo termine siano vietati. Anche la recente Comunicazione della Commissione sul tema del Market Design, nonostante riconosca l’importanza dei segnali di

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prezzo di lungo periodo, non chiarisce il ruolo dei contratti di lungo termine nel mercato dell’energia in Europa. Se in futuro, da parte della Commissione, ci fosse un’indicazione chiara dei requisiti che questi accordi devono rispettare per non essere considerati lesivi del diritto alla concorrenza, gli operatori potrebbero valutarne più facilmente l’utilizzo a vantaggio di un maggiore sviluppo delle rinnovabili. E: State pensando a operazioni di consolidamento nel fotovoltaico in Italia, cioè ad acquisizioni di operatori più piccoli? FV: Oggi il mercato fotovoltaico è costituito da migliaia di operatori. È dunque estremamente frammentato: i primi 10 operatori detengono solo il 5% della capacità totale e la maggior parte degli impianti sono detenuti da fondi e società d’investimenti. A nostro avviso il mercato secondario offre potenzialità interessanti in Italia e noi pensiamo di cogliere delle opportunità. E: Quali progetti ha Enel GP nel Maghreb e in generale sulla costa meridionale del Mediterraneo?

FV: Siamo interessati a partecipare allo sviluppo delle energie rinnovabili in diversi Paesi della sponda sud del Mediterraneo, in particolare in Marocco, Egitto e Algeria. Questi Paesi godono di una risorsa solare ed eolica abbondante, hanno una crescente domanda di energia elettrica e una chiara aspirazione a sviluppare le rinnovabili stabilendo target ambiziosi nel medio e lungo termine. In particolare ci stiamo concentrando su Marocco ed Egitto, dove tra l’altro abbiamo da poco aperto due nuovi uffici EGP. In Marocco abbiamo partecipato, assieme ai nostri partner Siemens e Nareva, alla gara eolica con 5 progetti per una capacità installata totale di 850 MW. Infine, al di fuori delle gare governative, sia in Marocco che in Egitto stiamo sviluppando una pipeline di progetti eolici e fotovoltaici utilizzando altri strumenti regolatori messi in campo dalle autorità competenti locali che spero porteranno il loro frutti nei prossimi mesi. E: E in Africa subsahariana? FV: EGP sta seguendo con grande attenzione le opportunità di business in Kenya, Tanzania Uganda e Namibia, e non soltanto per lo sviluppo di nuovi impianti utility-scale.

Enel Green Power Eneltoday Green Power today Net installed capacity by technology1 Solar

5%

10.2 GW Wind

26%

Hydro

61%

8%

North America

Europe 3.2 GW wind 1.6 GW hydro 0.8 GW geo 0.2 GW solar 44 MW bio

1.7 GW wind 0.3 GW hydro 72 MW geo 28 MW solar

Latin America 1.2 GW wind 0.8 GW hydro 0.2 GW solar

Geo

Asia 0.2 GW wind

Africa 10 MW solar

Global player with a diversified footprint 0

1. Includes 44MW of biomass

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Elementi vince il premio internazionale

Elementi è stata riconosciuta come una delle migliori “best practice” a livello internazionale. Lo ha stabilito la giuria del premio internazionale “Euromediterraneo 2015”, patrocinato da Confindustria Assafrica & Mediterraneo e dall’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale. L’iniziativa è l’unica in Italia che promuove un benchmarking sulle “buone pratiche” Pubblico-Privato relative all’intera area Euromediterranea. “Il format Elementi nella sua ultima versione – si legge nella motivazione del Premio – dimostra come uno strumento di comunicazione rivolto alla comunità interna ed esterna del mondo energetico possa evolversi in una ‘best practice’ assoluta, assumendo una veste

grafica e una strutturazione iconografica e contenutistica convincente ed efficace, interpretando oggi più di ieri i canoni della comunicazione redazionale del futuro”. Il premo “Euromediterraneo” è anche uno dei riconoscimenti più prestigiosi nel settore della comunicazione della Pubblica Amministrazione nazionale. GRAZIE! Tutto questo non sarebbe potuto avvenire senza l’entusiasmo, la professionalità e la passione di quanti, in questi quindici anni di vita di Elementi, ad esso hanno dedicato tempo ed energie, contribuendo alla sua costante evoluzione.


primo piano Mercato elettrico

Rassicurare chi investe DIALOGO CON FEDERICO TESTA Commissario Enea di Roberto Antonini

L’efficienza energetica è l’ormai mitica ‘miniera d’oro’ da aggredire, ma sembra difficile arrivare al filone principale. Si potrebbe fare molto di più, ma perché non accade? La soluzione sta in un’iniezione nel sistema di una logica di sviluppo industriale nel quadro di una sostenibilità finanziaria che rassicuri e coinvolga le banche. Anche se bisogna aver presente che, per natura della materia e degli strumenti, non si può replicare il boom finanziario del fotovoltaico, per intenderci. Questo, in sintesi, il succo di una conversazione di ‘Elementi’ Federico Testa 24

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con Federico Testa, professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Verona e, dall’agosto 2014, Commissario Enea, l’agenzia al centro della ricerca nella sostenibilità e sviluppo dell’energia, motore di successo tanto nell’avanzamento scientifico quanto negli spin off produttivi dei frutti dei suoi laboratori. E: Confermata dal Governo la volontà di prorogare gli ecobonus al 2016, buone notizie per l’efficienza? FT: L’ecobonus come modello va benissimo, ma forse ora sarebbe il caso di lavorare sull’affinamento di questo strumento: cioè cominciare a capire se ha senso differenziare gli interventi alla luce delle scelte di politica energetica industriale da perseguire. Per cui, se per ipotesi si dovesse verificare che di caldaie a condensazione ne abbiamo messe abbastanza, così come di serramenti, forse allora avrebbe senso ragionare sull’incentivare un po’ di più i cappotti termici, ad esempio, o fare qualche approfondimento sulle pompe di calore. Lo strumento va bene: grazie a esso abbiamo rilanciato il settore. Adesso però proviamo a capire se usarlo oltre che per aumentare l’efficienza e diminuire i consumi anche come strumento di politica industriale, e quindi per selezionare gli interventi che pensiamo possano dare maggiori risultati. E: Riuscire a mettere mano all’efficientamento del patrimonio edilizio della PA, partendo dalle scuole, ad esempio, potrebbe rivelarsi una vera e propria miniera d’oro. FT: Il problema è che il patrimonio pubblico - sia centrale che locale - è sterminato. Dobbiamo far funzionare anche il mercato, non solo gli interventi finanziati dallo Stato. In Italia ci sono grosso modo 50mila scuole. Se le scuole son 50mila è un programmino da un centinaio d’anni... Allora, una cosa del genere è impossibile, se ne devono fare di più di interventi, ma i soldi pubblici necessari non ci sono. Si tratta quindi di un campo di intervento, quello degli edifici della PA, delle scuole, nel quale dobbiamo fare in modo che arrivino capitali privati, perché diventi un business, un intervento che si paga senza il contributo dello Stato. Lo Stato ci deve mettere il fondo di garanzia che funge da valvola di sicurezza perché, come in tutti i business, ci sono delle situazioni nelle quali le cose possono andare male. E: Insomma, bene il fondo rotativo ma non basta, serve il mercato. FT: Il fondo rotativo di garanzia è uno degli strumenti, ma sono convinto che un altro possa essere quello di fornire elementi di rassicurazione agli investitori. Qual è il problema: le banche erano abituate a finanziare impianti fotovoltaici, mettevi il pannello, sapevi più o meno quanta energia producevi, addirittura si facevano fare la cessione dei credito nei confronti del Gse. Più garantito di quello non c’era niente. Quel mondo lì però è finito, almeno con quei ritorni. L’efficienza, infatti, è più complicata: primo perché non si ha un flusso aggiuntivo di cassa ma risparmi, e secondo si deve essere sicuri che quei risparmi che fa il Comune, che fanno i privati, non siano poi usati per fare altro. Avendo questa natura non vengono scontati alla banca, ma da questo punto di vista, ad esempio, si possono trovare strumenti bancari

come la delega irrevocabile a favore del soggetto che ha finanziato. Se ci crediamo, dobbiamo far passare la logica che questi devono diventare interventi che la banca può tranquillamente finanziare ma se non superiamo questo impasse non andiamo da nessuna parte. Ecco quindi il ruolo importante dell’oliare meccanismi che fino a oggi hanno impedito che ciò accadesse. E: In questa ‘rassicurazione’ delle banche chi è che può giocare un ruolo efficace? FT: Esistono degli strumenti tecnici, ma soprattutto si deve inserire in questo processo un soggetto terzo, autorevole e competente, che possa fare la bollinatura dei progetti. E: Realtà come le Energy services company-EsCo, ma anche soggetti con una maggiore autorevolezza e pubblici, come Enea ad esempio? FT: Mi spiego: la EsCo del caso presenta il progetto al Comune, il Comune decide che può essere una buona idea, viene da noi all’Enea e ci chiede cosa ne pensiamo. Enea valuta il progetto evitando di far fare investimenti sbagliati e ragionevolmente ti fa risparmiare il 30%. Questo non lo dice la EsCo che magari ha convenienza a vantare un risparmio superiore a quello reale, ma un soggetto terzo che non ha nessun interesse. Un assetto di questo tipo riesce a rassicurare la banca sul fatto che il progetto sta in piedi, ha senso e produrrà risparmi, quindi a questo punto è più facilmente finanziabile. Con questo passo in più probabilmente riusciremmo a dare quella spinta ulteriore che fino a oggi è mancata.

Mix elettrico italiano nello scenario ENEA più favorevole alle nuove tecnologie pulite SCENARIO

400

Base

Base

350

Ottimale

Ottimale

Altro

300

Solare / eolico

250

Idroelettrico Biomasse

200

Geotermico

150

Gas

100

Gas con cattura CO2 Carbone

50 0 2030

2050 Fonte: Enea

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verifiche e ispezioni

Il ruolo strategico del GSE 3.792 (+43% rispetto 2013) i controlli svolti dal GSE nell’anno 2014, di cui 3.008 con sopralluogo e 784 documentali, per una potenza installata pari a 4.857 MW. Nel 2014 il GSE ha concluso 2.936 procedimenti di verifica di cui 2.520 con esito positivo (86%) e 416 con esito negativo (14%).

di Daniele Bacchiocchi, Roberto Lucchini, Gianenrico Mezzetti

Il ruolo del GSE all’interno del quadro programmatico e legislativo definito a livello europeo e nazionale per l’incentivazione degli impianti di produzione di energia elettrica e termica alimentati da fonti rinnovabili e degli interventi di efficienza energetica, sta cambiando. Il GSE, da soggetto riconosciuto quale “attuatore” dei meccanismi di incentivazione, è oggi chiamato ad affermarsi nell’ambito delle verifiche, attraverso un’estesa e capillare campagna di controlli sugli incentivi erogati agli impianti e agli interventi di efficienza energetica.

Considerata la rilevanza degli incentivi erogati - circa 15,8 miliardi di euro nel 2014 - l’attività di verifica che il GSE svolge, sia mediante controlli documentali - aggiuntivi rispetto a quelli effettuati nel corso delle istruttorie di qualifica - sia mediante sopralluoghi presso gli impianti, assume una valenza strategica. Il GSE, infatti, mediante tali attività accerta la sussistenza o la permanenza dei presupposti e dei requisiti, oggettivi e soggettivi, per il riconoscimento o il mantenimento degli incentivi. In tale contesto, il Decreto del 31 gennaio 2014 del Ministero dello Sviluppo Economico (DM Controlli), emanato in attuazione dell’art 42 del D. lgs. 28/2011, ha introdotto una disciplina organica dei controlli per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. Il DM Controlli dispone infatti le modalità di programmazione delle attività di controllo, quelle operative di effettuazione di controlli con sopralluogo, le attività di supporto in capo ai Gestori di rete, individuando le violazioni rilevanti che comportano la decadenza degli incentivi con l’integrale recupero delle somme già erogate e l’eventuale segnalazione all’AEEGSI per i seguiti sanzionatori nei casi previsti. Sono esclusi dall’ambito di segue a pagina 28

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di adeguata qualificazione tecnica ed esperienza, e del supporto di:

applicazione del DM Controlli gli interventi di efficienza energetica negli usi finali e gli impianti che operano in regime di Cogenerazione ad Alto Rendimento (CAR) e di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento.

• professionisti esterni; • società terze, alle quali il GSE, in ragione dell’aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica, affida lo svolgimento di attività di verifica; • istituti universitari; • altre società del Gruppo GSE, in particolare RSE.

L’organizzazione del GSE per l’effettuazione delle verifiche L’attività di verifica e ispezione è affidata alla Direzione Verifiche e Ispezioni del GSE, che si compone di tre Unità:

I numeri e risultati dell’attività di verifica svolta nel 2014

• l’Unità Verifiche Impianti Fotovoltaici; • l’Unità Verifiche Impianti IAFR/FER ed Efficienza Energetica; • l’Unità Verifiche in Avvalimento AEEGSI e Impianti di Cogenerazione.

Nel 2014 i controlli svolti dal GSE sono stati pari a 3.792 (+43% rispetto al 2013), di cui 3.008 con sopralluogo e 784 documentali, per una potenza installata pari a 4.857 MW. In questo anno il GSE ha concluso 2.936 procedimenti di verifica, di cui 2.520 conclusi con esito positivo (86%) e 416 con esito negativo (14%).

Per lo svolgimento delle attività di verifica, la Direzione Verifiche e Ispezioni si avvale di personale interno, dotato

PROCEDIMENTI CONCLUSI NEL 2014

Procedimenti conclusi nel 2014 (totale)

2.936

Procedimenti conclusi con esito positivo

2.520

Procedimenti conclusi con esito negativo

416 0

500

Dal punto di vista dei segmenti di incentivazione, su 2.936 procedimenti conclusi, 2.537 sono relativi ad impianti fotovoltaici (86,4%), 315 relativi ad impianti IAFR e FER (10,7%), 33 relativi ad impianti di cogenerazione ad

1.000

1.500

2.000

2.500

3.000

3.500

alto rendimento (CAR) e di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento (CHP+TLR) (1,1%), 30 relativi ad interventi di cui ai DD.MM. 28 dicembre 2012 (Certificati Bianchi e Conto Termico) (1%) e 21 relativi ad impianti CIP 6/92 e di

RECUPERI AVVIATI NEL 2014 Importi indebitamente percepiti (totale)

€ 70,27

Impianti IAFR e FER

€ 24,66

Impianti CIP 6/92 e di cogenerazione di cui alla Delibera AEEG 42/02

€ 23,37

Impianti di cogenerazione ad alto rendimento (CAR) e di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento

€ 5,25

Interventi di cui ai DD.MM. 28 dicembre 2012 Certificati Bianchi e Conto Termico

€ 0,01 € 40,00

28

Mln

€ 16,97

Impianti fotovoltaici

Elementi 36

€ 80,00


nel segmento IAFR/FER; 2,43 nel segmento Certificati Bianchi/Conto Termico. Sulla pagine di questa rivista, a partire dal presente numero, sarà possibile conoscere meglio i diversi aspetti di questa attività, sicuramente complessa, che riveste un ruolo primario e determinante per il corretto funzionamento dei diversi sistemi di incentivazione. In questo numero presentiamo un primo approfondimento sulle modalità con le quali viene svolta un’attività di verifica.

cogenerazione di cui alla Delibera AEEG 42/02 (0,7%). In riferimento ai 416 procedimenti di verifica conclusi con esito negativo, sono stati accertati importi indebitamente percepiti per un valore pari a 70,27 milioni di euro, di cui 24,66 nel segmento IAFR/FER; 23,37 nel segmento verifiche in avvalimento AEEGSI (CIP6/92 e cogenerazione del. 42/02); 16,97 nel segmento fotovoltaico; 5,25 nel segmento cogenerazione CAR e CHP +TLR; 0,01 nel segmento efficienza energetica (CB/CT). I mancati esborsi per il periodo residuo di incentivazione o per l’intero periodo di incentivazione, con conseguente riduzione prospettica del fabbisogno del conto A3 per le fonti rinnovabili elettriche e UC7 per gli interventi di efficienza energetica, si stimano pari a 356,30 milioni di euro. Di questi 196,96 nel segmento fotovoltaico; 156,91

Le modalità di svolgimento dell’attività di verifica Nell’ambito delle attività di verifica si possono distinguere le seguenti fasi:

A

B

C

D

E

ATTIVITÀ CONOSCITIVA

ATTIVITÀ DI ACCERTAMENTO

ATTIVITÀ PROCEDIMENTALE

ESITI

SEGUITI

L’attività conoscitiva e di programmazione È l’attività tesa a individuare gli impianti/interventi da sottoporre a verifica. Al riguardo, il GSE ha sviluppato una metodologia basata su criteri oggettivi di criticità degli impianti, con l’obiettivo di identificare puntualmente gli impianti da sottoporre a verifica. Tale metodologia prevede un sistema di indicatori oggettivi costituito da due macro-classi: • Key Performance Indicator (KPI); • Key Risk Indicator (KRI). I Key Performance Indicator (KPI) sono delle metriche misurabili dell’efficacia/efficienza di un impianto, in funzione delle caratteristiche dell’impianto stesso. Fanno riferimento al valore degli incentivi che il GSE riconosce a ciascun impianto. I Key Risk Indicator (KRI) sono delle metriche misurabili per la gestione del rischio che permettono di identificare gli impianti per i quali esiste il rischio per il GSE di erogare incentivi in modo indebito e/o in misura maggiore rispetto a quanto spettante. Utilizzando i dati e le informazioni relative a tutti gli impianti incentivati, e associando ad essi i KPI e i KRI, è possibile ottenere una rappresentazione del profilo di performance e di rischio di ciascun impianto incentivato, all’interno del quale vengono create delle classi composte da impianti con caratteristiche tra loro omogenee. Una volta ottenuta tale classificazione, il GSE seleziona poi gli impianti da sottoporre a verifica attraverso tecniche di campionamento casuale all’interno di ciascuna classe

individuata. In aggiunta alle verifiche effettuate sulla base della metodologia sopra descritta, il GSE svolge controlli a seguito di segnalazioni provenienti da altre Direzioni del GSE, dall’Autorità giudiziaria o da altre Amministrazioni pubbliche.

L’attività di accertamento L’attività di accertamento è avviata con una comunicazione di avvio del procedimento di verifica nella quale il GSE rappresenta al Titolare (o Soggetto Responsabile) dell’impianto le modalità con le quali viene svolto il controllo di carattere documentale o il sopralluogo. I sopralluoghi sono effettuati da un Gruppo di verifica formato da 2-3 componenti in un contesto di trasparenza ed equità e in contraddittorio con il Titolare dell’impianto o con un suo delegato. Nel corso del sopralluogo il Gruppo di verifica svolge principalmente le seguenti attività: • analisi, in contraddittorio con il titolare dell’impianto, degli elaborati grafici e di altri documenti rappresentativi della configurazione dell’impianto; • valutazione delle condizioni legate allo svolgimento della verifica in sicurezza; • ispezione sull’impianto per rilevarne la reale configurazione, i principali componenti e i dati caratteristici degli strumenti di misura installati, documentata da un dettagliato dossier fotografico; • redazione del processo verbale contenente l’indicazione delle operazioni effettuate, della documentazione

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esaminata, delle informazioni acquisite e delle eventuali dichiarazioni rese dal Titolare dell’impianto.

degli incentivi e, ove ritenuto opportuno, impartisce eventuali prescrizioni.

L’attività procedimentale

I seguiti amministrativi

Il procedimento di verifica (con o senza sopralluogo), attribuito alle competenze del GSE dall’art. 42 del D.lgs. n. 28/2011 e dal DM Controlli, è gestito in conformità alla disciplina sul procedimento amministrativo dettata dalla Legge 241/1990 e si conclude con l’adozione dell’atto finale di conclusione del procedimento di controllo. L’esito degli accertamenti svolti e delle principali evidenze e difformità rilevate in sede di sopralluogo presso l’impianto, o di controllo documentale, viene comunicato alla parte in forma scritta. Con tale comunicazione si richiede di presentare eventuali osservazioni e integrazioni documentali, sospendendo, nelle more, i termini di conclusione del procedimento di controllo. Il Titolare dell’impianto ha infatti il diritto di presentare memorie scritte e documenti, che il GSE ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti ai fini dell’attività di controllo.

L’incentivazione degli impianti di produzione di energia elettrica e termica alimentati da fonti rinnovabili e degli interventi di efficienza energetica è equiparata a un contributo pubblico, derivandone l’obbligo per il GSE di disporre la decadenza dagli incentivi, nonché di operare la ripetizione delle somme indebitamente percepite, qualora, nel corso di un controllo, siano riscontrate violazioni rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi. In particolare, ai sensi dell’art 11, comma 1, del DM Controlli e dell’art. 42 del D.lgs. 28/2011, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi con l’integrale recupero delle somme già erogate, qualora, in esito all’attività di controllo o di verifica documentale, vengano accertate le violazioni rilevanti di cui all’Allegato 1 del DM Controlli. Al di fuori delle ipotesi espressamente previste dall’Allegato 1, qualora il GSE rilevi violazioni, elusioni o inadempimenti cui consegua l’indebito accesso agli incentivi, dispone comunque il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi nonché l’integrale recupero delle somme eventualmente già erogate. L’art. 11, comma 3 del DM Controlli prevede che il GSE, fatta eccezione per i casi di cui al citato comma 1, qualora riscontri violazioni o inadempimenti che rilevano ai fini dell’esatta quantificazione degli incentivi ovvero dei premi, dispone le prescrizioni più opportune ovvero ridetermina l’incentivo in base alle caratteristiche rilevate a seguito del controllo e alla normativa applicabile, recuperando le sole somme indebitamente erogate.

Gli esiti dell’attività di controllo La conclusione del procedimento di controllo avviene con l’adozione di un atto espresso e motivato sulla base delle risultanze raccolte nel corso del controllo, delle ragioni giuridiche su cui si fonda e delle eventuali osservazioni presentate dall’interessato. L’atto finale, inoltre, individua le violazioni e le conseguenti determinazioni. In caso contrario, il GSE dichiara la conformità dell’impianto ai fini dell’erogazione

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Speciale biometano

Il biometano ci darà una mano di Walter Da Riz

Con la recente pubblicazione delle regole applicative per la qualifica e la gestione degli incentivi degli impianti a biometano, anche in Italia è possibile avviare concretamente i meccanismi di sostegno a questa filiera, anche se limitatamente al biometano trasportato in extra rete e prodotto a partire da prodotti e sottoprodotti agricoli e FORSU attraverso digestione anaerobica. Limitazioni queste, dovute alla mancanza di una regolazione definitiva e di norme tecniche condivise a livello europeo. Punti che, comunque, attraverso l’emanazione del codice di rete da parte di Snam Rete Gas e della normativa europea sulla qualità del biometano dovrebbero trovare compiuta soluzione. Tuttavia permangono infine altre difficoltà da superare: ad esempio, l’esercizio delle reti di distribuzione che contemplino anche dei punti di immissione, o quelle legate alla odorizzazione della miscela gassosa in presenza di biometano. Ma, in ogni caso, il biometano destinato ai trasporti e agli impianti cogenerativi può oggi ricevere gli incentivi previsti dal Decreto Ministeriale del 5 dicembre 2013.

Le tipologie di incentivazione Tali incentivi – riconosciuti per 20 anni - consistono in tre tipologie principali, a seconda della destinazione di utilizzo del biometano. Queste le tipologie di incentivazione: • Una tariffa a valere sul quantitativo di biometano che, senza destinazione specifica, è immesso nelle reti di trasporto o distribuzione di gas naturale. Tale tariffa è ulteriormente distinta in: tariffa premio, per impianti di tutte le taglie; tariffa fissa, per impianti fino a 500 Smc/ora di capacità produttiva e ritiro del biometano da parte del GSE. Sono previste maggiorazioni a seconda della materia prima. • Certificati di Immissione in Consumo (CIC) per il biometano immesso in consumo nei trasporti. Il singolo certificato vale 10 GCal. Tra i requisiti, anche la certificazione di sostenibilità della materia prima. Anche in questo caso sono previste delle premialità, in base alla materia prima utilizzata (double counting) e alla modalità di immissione in consumo. segue a pagina 34

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Speciale biometano • Una tariffa a valere sull’energia elettrica prodotta netta e immessa in rete, per l’uso in impianti di cogenerazione funzionanti in alto rendimento. La tariffa è quella stabilita dal decreto ministeriale 6 luglio 2012, dipendente dalla taglia dell’impianto e dalla tipologia di fonte utilizzata. Non è consentito il ritiro dell’energia elettrica da parte del GSE. È prevista, inoltre, una modulazione degli incentivi sulla base

della tipologia di intervento, se impianto di nuova costruzione o impianto riconvertito. Per questi ultimi è a disposizione una frazione degli incentivi previsti per i nuovi impianti, volta all’incentivazione dell’installazione di un sistema di upgrading. Infine, al soggetto produttore è concessa la possibilità di modificare il regime di incentivazione prescelto per un massimo di tre volte.

GLI INCENTIVI DEL DM BIOMETANO TIPOLOGIA

TIPO INCENTIVO

Tariffa premio ART. 3 – BIOMETANO IMMESSO IN RETE

ART. 5 – BIOMETANO UTILIZZATO IN IMPIANTI CAR

2 x Pmedio 2012 Pmensile (graduato con la taglia)

VENDITA

Certificato di Immissione in Consumo

Tariffa premio (sull’energia elettrica)

2 x Pmedio 2012 (graduato con la taglia)

1 CIC = 10 GCal

Allegato 1 – Tabella 1.1 del DM 6 luglio 2012. Tariffa Base da 85 a 236 €/MWh

NO

50% per utilizzo esclusivo prodotti e sottoprodotti sulla quota incentivo

SI

20 anni

- Double counting per biometano da FORSU - 50% per 10 anni per impianto di distribuzione

SI

20 anni

IMPIANTI RICONVERTITI

40% 5 anni

70% 5 anni

40%

In Europa nel 2014 erano attivi circa 250 impianti di produzione di biometano, concentrati principalmente in Germania, Olanda ed Austria. Di questi, circa 200 risultavano connessi alla rete di gas naturale. Uno dei Paesi che prevede la maggior crescita di impianti e di produzione è il Regno Unito, dove si prevede che entro il 2015 entreranno in esercizio 27 impianti e ben 51 nel 2016. Questa crescita permetterà di iniettare in rete circa 2 TWh di biometano nel 20151 . In Svezia, il biometano è usato principalmente come biocarburante, arrivando a coprire il 65% dei consumi di metano nel segmento trasporti. Al contrario nei Paesi Bassi, l’85% della produzione di biogas, pari a 3,5 TWh, è utilizzata per la produzione di energia elettrica e calore e il resto è trasformato in biometano e immesso in consumo nei trasporti o iniettato nella rete. Alcune stime2 sostengono che il biometano potrebbe sostituire fino al 20% del gas naturale, che attualmente copre il 46% dei consumi energetici.

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MAGGIORAZIONI 50% per utilizzo esclusivo prodotti e sottoprodotti

SI

Il biometano in Europa

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DURATA

20 anni Tariffa fissa

ART. 4 – BIOMETANO IMMESSO NEI TRASPORTI

VALORE INCENTIVO

Fonte “Biosurf project – Horizon 2020, LCE-2014-3” Green Gas Grids project, co-funded by Intelligent Energy Europe.

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5 anni

Molti Paesi europei stanno, di conseguenza, sviluppando o sono in procinto di sviluppare - la filiera del biometano. Questo circostanza non è motivata da ragioni puramente ambientali, ma anche di altra natura. Ad esempio economiche: ogni giorno un cittadino dell’Unione Europea spende in media 2 euro in combustibili di origine fossile. Questo equivale a circa 330 miliardi di euro all’anno per l’importazione di prodotti energetici. Ma al dato economico, si affianca anche il problema della sicurezza (ed indipendenza) degli approvvigionamenti. Nel 2012 sono stati importati dalla Russia circa 1230 TWh di gas naturale, corrispondenti a circa il 25% del fabbisogno europeo. Secondo alcune ricerche3 il potenziale di produzione di biometano è pari a 150 – 250 miliardi di metri cubi rispetto ad un consumo di circa 460 miliardi di metri cubi di gas naturale. Inoltre il biometano può essere pensato come un vettore energetico che consente di “chiudere” il ciclo dei rifiuti – di origine agricola o da raccolta di RSU – permettendo di utilizzare al meglio il rifiuto organico, che spesso non è valorizzato o lo è solo parzialmente e in maniera non ottimale (come avviene con la combustione diretta delle biomasse agricole e la produzione di concimi naturali attraverso la digestione).

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Green Gas Grid project – European Biomethane roadmap


I meccanismi di incentivazione in Europa PRINCIPALI MECCANISMI DI INCENTIVAZIONE ADOTTATI IN ALCUNI PAESI EUROPEI MECCANISMO

PAESI BASSI

FiT

FRANCIA

POLONIA

REGNO UNITO

GERMANIA

AUSTRIA

X

X

X

X

X

IMMISSIONE IN RETE FiP PRODUZIONE DI ELETTRICITÀ (BIOMETANO PRELEVATO DALLA RETE) CONSUMO NEI TRASPORTI

X

X

FiT

FiP/GC

Quota

X

X

X

FiT: Feed in Tarif; FiP: Feed in Premium; GC: Green Certificate; Quota: quota d’obbligo.

È utile sottolineare alcuni dettagli che differenziano i meccanismi di incentivazione del biometano tra loro e rispetto ai meccanismi adottati in Italia. In Francia il biometano incentivato è solo quello immesso in rete, attraverso una tariffa fissa modulata in base alla capacità produttiva e alla fonte di alimentazione, ma tale meccanismo può essere alternato con l’incentivazione all’energia elettrica prodotta dal biogas, consentendo, cioè, l’alternanza tra immissione in rete e l’uso per la produzione di energia elettrica. In Germania vige una priorità di dispacciamento per il biometano rispetto al gas naturale. Gli operatori di rete devono dare la precedenza ai contratti sottoscritti dalle società di vendita che hanno ad oggetto biometano rispetto al gas naturale, ma il biometano incentivato è solo quello utilizzato come combustibile in centrali elettriche che lo prelevano dalla rete o immesso in consumo nei trasporti, attraverso un sistema di quote d’obbligo.

Come ottenere gli incentivi Per ottenere gli incentivi occorre che l’impianto di produzione del biometano ottenga la qualifica da parte del GSE per una specifica tipologia di incentivazione. Oltre a questo è necessario che l’impianto sia costruito ed esercito nel rispetto di tutte le leggi e le norme tecniche applicabili per la commercializzazione del gas naturale. Si sottolinea poi che il riconoscimento delle maggiorazioni previste avviene a condizione che l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dell’impianto di produzione di biometano contenga esplicita indicazione in merito alle materie prime utilizzate.

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Speciale biometano La qualifica degli impianti di produzione di biometano di Liliana Fracassi e Giovanna Tomassini

La qualifica di impianto di produzione di biometano è rilasciata dal GSE a seguito di domanda da parte del soggetto che ne è responsabile e secondo le procedure stabilite nelle regole per la qualifica pubblicate ad agosto. La richiesta di qualifica – a progetto o in esercizio – viene valutata entro 120 giorni dal ricevimento. Il soggetto titolare dell’impianto deve produrre tutta la documentazione necessaria, oltre ad una autodichiarazione contenente i dati essenziali che caratterizzano l’impianto e che variano a seconda dell’incentivo richiesto. A valle di una valutazione positiva, e in base alla documentazione prodotta, il GSE rilascerà la qualifica. I soggetti responsabili di impianti di produzione di biometano qualificati a progetto sono tenuti, successivamente al rilascio della qualifica, a comunicare al GSE l’avvio dei lavori di realizzazione dell’impianto e l’entrata in esercizio dell’impianto, nel rispetto delle tempistiche previste dal decreto. In caso di mancata ottemperanza, la qualifica cessa di validità.

biometano e di generazione di energia elettrica, qualora separate, sono inquadrate come un unico impianto e non è consentita la fornitura di più sezioni di produzione di energia elettrica da parte di un’unica sezione di produzione di biometano (ma non è vero il contrario).

Biometano immesso in consumo nei trasporti Il biometano immesso in consumo nei trasporti è incentivato tramite il rilascio di Certificati di immissione in consumo (CIC) al soggetto che lo immette in consumo, identificato dal nascere del presupposto per il pagamento dell’accisa (1 CIC = 10 GCal). Per la valorizzazione dei CIC, i potenziali beneficiari dovranno operare sulla piattaforma Biocar, gestita dal GSE, attualmente riservata ai “soggetti obbligati” ai sensi del Decreto Ministeriale biocarburanti, relativo al sistema di quote d’obbligo per l’incentivazione dei biocarburanti.

Per un impianto di produzione di biometano non è consentito presentare una domanda di accesso simultaneo a più di una tipologia di incentivazione e la qualifica ottenuta può riferirsi esclusivamente ad una sola tipologia d’incentivazione.

I CIC spettanti si rilasciano sulla base di un’apposita autodichiarazione resa attraverso il portale informatico Biocar. Tali certificati non sono in alcun caso valorizzati dal GSE tramite meccanismi di ritiro a prezzo amministrato o similari.

Biometano consumato in impianti Cogenerazione ad Alto Rendimento

Come già specificato è previsto un meccanismo di maggiorazione (double counting) per alcune tipologie di materia prima organica in ingresso; il biometano immesso in consumo nei trasporti, se prodotto a partire dalle materia prime elencate nell’Allegato III al DM biocarburanti, è considerato un biocarburante avanzato e può essere utilizzato per soddisfare il sotto-obiettivo specifico previsto dal decreto stesso.

Oltre ad aver ricevuto la qualifica di impianto di produzione di biometano, per poter accedere agli incentivi previsti dall’art. 5 del DM biometano, il funzionamento dell’impianto deve essere riconosciuto dal GSE cogenerativo ad alto rendimento. Tale riconoscimento è effettuato una volta all’anno su richiesta del produttore di energia elettrica e segue le norme e le procedure già in essere. In aggiunta al normale processo di riconoscimento della condizione di cogenerazione in alto rendimento si deve dichiarare – e dimostrare – quale sia la quota parte di energia elettrica prodotta a partire da biometano. Eventuali consumi dell’impianto – sezione di produzione di biometano e sezione di generazione di energia elettrica –non sono incentivati. Le sezioni di produzione di

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Inoltre, il produttore che immette il biometano, senza utilizzo della rete di trasporto e distribuzione del gas naturale, in un nuovo impianto di distribuzione di metano per autotrazione realizzato a proprie spese ha diritto per 10 anni al rilascio dei CIC con una maggiorazione del 50%, previa qualifica da parte del GSE.


Power-to-gas e metanazione termochimica DAVID CHIARAMONTI Docente Università di Firenze (Tecnologie e Processi per la Conversione Energetica delle Biomasse) di David Chiaramonti

che può essere prodotto per via elettrolitica dall’acqua: per questo motivo la filiera è anche chiamata “Power-ToGas”, ad indicare che l’energia elettrica viene utilizzata per produrre l’idrogeno necessario alla reazione di metanazione. Il metano offre però la piena disponibilità di infrastrutture di trasporto, stoccaggio e distribuzione esistenti, nonché di utilizzo, ed ha quindi un grande vantaggio competitivo rispetto all’idrogeno. Esistono già numerosi progetti ed impianti in Europa, anche di taglia media, che sviluppano questo processo; in particolare in Germania e con la partecipazione diretta delle maggiori aziende nazionali del settore energetico ed automotive. Il rendimento è evidentemente modesto, vista la necessità di produrre l’idrogeno, e si attesta attorno al 27%. Il concetto Power-To-Gas ha quindi senso in un’ottica che guardi al sistema nel suo complesso, ed in scenari ad elevata penetrazione di fonti rinnovabili (attorno ed oltre l’80%), dove si abbia energia elettrica fluttuante (da Eolico e Fotovoltaico) in eccesso rispetto alla possibilità di inserimento in rete. In altri termini, questa soluzione rappresenta un sistema di stoccaggio dell’energia. Diverso è il caso della metanazione da gassificazione di biomassa, dove si posiziona l’impianto di metanazione a valle di un gassificatore di biomassa e di un adeguato sistema di cleaning del gas. In questo caso il prodotto viene anche chiamato SNG (Substitute o Synthetic Natural Gas), ma oggi si adotta anche per questo la dizione più generale di “biometano”. Questa filiera di processo rende disponibile l’idrogeno già nel Syngas. Il rendimento complessivo da biomassa a metano raggiunge valori più elevati, compresi tra il 48% e il 60%. In Europa esistono già impianti pre-commerciali per questa tecnologia – in Svezia, 20 MW – che saranno seguiti da impianti industriali a scala commerciale (80-100 MW).

Il biometano può essere prodotto anche per via diversa dalla digestione anaerobica (per adesso l’unica tecnologia, in Italia, ammessa agli incentivi). Il principio di funzionamento è quello della conversione della anidride carbonica (ed eventualmente del monossido di carbonio) in metano e vapore. Nel caso della CO2 è necessario disporre di idrogeno

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energia Sistema elettrico

Lo sviluppo passa dall’innovazione di Stefano Besseghini AD e Presidente RSE

È già qualche tempo che di tanto in tanto si vede comparire qua e là tra le relazioni che caratterizzano i convegni di settore un termine nuovo: “Energy Cloud”. Spesso esibito, con qualche soddisfazione, a rappresentare la capacità del settore power di ammantarsi delle potenzialità di sviluppo e di innovazione di un comparto, quello delle telecomunicazioni, che effettivamente ha saputo ben coniugare innovazione tecnologica, freschezza di mercato e processo di liberalizzazione. Per contro il settore elettrico viene da una certa staticità tecnologica, un mercato sempre più in affanno e un processo di liberalizzazione spesso descritto come non ottimale, pur avendo conseguito innegabili successi. In informatica il “cloud” consiste nell’erogazione di servizi a un utente condividendo - spesso su base temporanea una capacità di calcolo, di archiviazione o di trasmissione ben al di sopra delle necessità del singolo utente. Tale potenzialità rilasciata dal singolo utente è messa in Stefano Besseghini 40

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condivisione in maniera automatica, efficace e redditizia con altri utenti, consentendo così quelle economie di scala che sole permettono la gestione economica dell’intero processo. I servizi di calcolo e le infrastrutture necessarie stanno in una dimensione non ben definita, un indistinto mondo della rete e vengono attivati dall’utente a seconda delle proprie necessità: questo carattere di indeterminatezza ben viene descritto dal termine “nube”, “cloud” appunto. Questo il “cloud” in ambito informatico. Ma quale equivalente potremmo identificare nel settore energetico che ci permetta di parlare di “energy cloud”? Il servizio principale garantito dal sistema elettrico è evidentemente quello della disponibilità di potenza e di energia in termini adeguati, efficienti, e “di qualità” all’utente condividendo su una platea più ampia i costi connessi alla possibilità di garantire tale servizio. Di fatto l’utente elettrico è da tempo abituato ad accedere alle risorse messe a disposizione dal sistema facendosi carico di frazioni di costo parametrate in funzione della propria richiesta di risorse e a rilasciare tali risorse per consentire la loro fruibilità da parte di altri utenti. Lo fa girando l’interruttore ogni volta che accende la luce. Lo fa virtuosamente quando rilascia il servizio non avendone necessità (spegne la luce uscendo) o quando lo usa in maniera efficiente (usa lampadine a basso consumo). Messa in questi termini ci accorgiamo quindi che il sistema elettrico nella sua configurazione attuale è già un “Energy Cloud”. Un grande sistema che concentrando in maniera molto efficiente la capacità di generazione e condividendo tra tutti gli utenti il costo delle infrastrutture necessarie a

garantire la distribuzione del servizio, permette di centrare l’obiettivo di un costo/MWh decisamente irrisorio rispetto alla qualità e stabilità del servizio stesso. Si giunge quindi alla conclusione che il tanto ambito “Energy Cloud” forse già esiste, lo utilizziamo con elevata affidabilità da qualche decennio e coincide con il vecchio sistema elettrico! Ma quindi l’ambito energia non ha dimensioni di innovazione da esplorare? Tutt’altro. È anzi evidente che mai come in questo periodo il sistema sta conoscendo un profondo e radicale cambiamento che trova nell’innovazione, non solo tecnologica, forse l’unico strumento che permetta di affrontarlo. Infatti, da una struttura centralizzata in grado di garantire la generazione, la trasmissione e la distribuzione dell’energia sino all’utente finale si va verso una visione distribuita nella quale i punti più periferici della rete diventano nodi di una nuova rete e ognuno di essi può essere contemporaneamente punto di generazione e/o di consumo. È evidente come la prima ineludibile necessità indotta da questo cambio di paradigma è quella di una pronta comunicazione tra le diverse componenti del sistema elettrico che devono essere in grado di fornire una descrizione “in tempo reale” del proprio stato e reagire con tempi propri ma adeguati - ai segnali provenienti dal sistema stesso. La perdita di una visione centrale e della struttura gerarchica pone una sfida decisiva al concetto stesso di sistema elettrico. Esso deve assumere la capacità di auto configurarsi secondo procedure il più possibile automatizzate basate su una costante osservabilità ed autodescrizione. È questa la visione più completa e pervasiva delle cosiddette smart grids. Ma siamo ancora molto lontani da questa realtà.

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energia

Senza ricerca e innovazione non si cresce IL PUNTO DI VISTA DI CLAUDIO ANDREA GEMME Presidente di ANIE Confindustria di Ilaria Proietti

E: È recentissima la sua riconferma alla guida di Anie. Quali sono gli obiettivi del nuovo mandato? CAG: L’impegno primario sarà quello di difendere la qualità e la forza della nostra industria e rilanciare in tutte le sedi quel manifatturiero italiano che ci permette di mantenere i livelli di eccellenza e innovazione richiesti dal mercato. Bisogna riscoprire il ruolo centrale del Claudio Andrea Gemme 42

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CAG: La nostra Federazione ha colto con lungimiranza le potenzialità espresse dal mercato iraniano. ANIE dimostra di non essere solo un facilitatore logistico, ma anche un osservatore privilegiato dei trend dell’export internazionale. Le sanzioni economiche applicate all’Iran si sono riflesse in misura rilevante sugli scambi commerciali con l’Italia: nel periodo 2011-2014 gli effetti dell’inasprimento hanno portato a una caduta delle esportazioni di elettrotecnica ed elettronica rivolte al mercato dell’Iran vicina al 45%. Nella media del 2015 l’export italiano dovrebbe consolidarsi, evidenziando una crescita a due cifre. L’eccellenza del made in Italy in quest’area geografica ha molto terreno da recuperare: la nostra Federazione sarà al fianco delle imprese in questo percorso. E: Quanto al vostro settore specifico, nel 2014 la domanda nazionale rivolta alle tecnologie elettrotecniche ed elettroniche è risultata ancora in stallo. Lei propone di ripartire da un grande piano di saving energetico nell’edilizia pubblica, così come nei grandi impianti industriali. Cosa fare concretamente?

manifatturiero, settore dinamico che ha ricadute positive su molteplici comparti. Il miraggio di un’economia basata solo sui servizi è finito. Senza manifattura e senza fabbriche, non c’è crescita per nessuno. Dobbiamo credere che per il nostro Paese sia possibile un futuro industriale, continuando a investire in ricerca e innovazione e in prodotti di alta qualità e performanti. E: Qual è stato il bilancio delle missioni imprenditoriali che avete messo in campo nel 2015 sui principali mercati esteri? Che riflessi hanno avuto sull’export? CAG: Per il 2015 il calendario delle iniziative di internazionalizzazione ANIE è stato molto ricco: 32 appuntamenti, di cui 14 missioni imprenditoriali distribuite in quattro continenti e 13 partecipazioni collettive fieristiche. Il canale estero continua a svolgere un ruolo importante per la tenuta dell’industria elettrotecnica ed elettronica italiana. Secondo dati Istat, nel primo trimestre del 2015 le esportazioni italiane di tecnologie ANIE sono cresciute del 2,5% su base annua. Questo risultato è il frutto della capacità degli operatori di intercettare opportunità di crescita nei mercati ad alto potenziale di sviluppo e caratterizzati da ampi investimenti infrastrutturali, in particolare Nord America, Africa Subsahariana e Medio Oriente. È proprio grazie al canale estero che la “barca” ANIE ha attraversato la tempesta della crisi senza naufragare e senza troppi scossoni. E: Grazie ad ANIE a settembre otto aziende sono volate a Teheran pochissimi mesi dopo la revisione del sistema sanzionatorio disposto in ambito internazionale contro l’Iran. Quali le prospettive attese?

CAG: Il mercato interno rappresenta ancora l’anello debole e il vero ostacolo ad una ripresa effettiva: abbiamo registrato un lieve rimbalzo (+1,8%), ma solo per i segmenti che hanno potuto beneficiare degli effetti delle incentivazioni delle ristrutturazioni edilizie. L’Italia è un Paese che ha bisogno di un serio programma di manutenzione del costruito. Facciamo efficienza energetica consumando meno e meglio. Promuoviamo la mobilità elettrica pubblica e privata, l’elettrificazione dei porti, l’integrazione dei sistemi di accumulo nelle reti, la generazione distribuita. Le nostre tecnologie e soluzioni, che hanno standard di prestazione e di qualità eccezionali, sono pronte a migliorare il mondo e a creare un modello virtuoso di sostenibilità. Sono convinto che la componente tecnologica possa essere davvero il volano per risollevare interi comparti manifatturieri italiani. E: A fine settembre si è svolto in Confindustria un incontro a cui ha partecipato anche il ministro Guidi in cui avete presentato alcune proposte per la riforma del mercato elettrico. Quali le vostre richieste? CAG: Il ripensamento del mercato elettrico parte dagli obiettivi ambientali europei fissati al 2030: 40% di riduzione di emissioni, 27% di produzione da rinnovabili, 27% di efficienza energetica. Per noi la risposta a queste richieste passa attraverso lo sviluppo delle fonti rinnovabili. La rapida diffusione delle tecnologie pulite sta trasformando il volto dell’industria elettrica ad una velocità tale per cui non si può non essere pronti ad affrontare i nuovi business model di produzione e di consumo di energia. Dal punto di vista industriale questa rivoluzione tecnologica green richiede un grosso lavoro da parte di tutti gli attori in campo: nuove regole sul rapporto tra produttori, distributori e consumatori, un nuovo contesto regolatorio e normativo coerente e soprattutto un cambiamento culturale che allontani la “paura dell’ignoto” a favore di un approccio d’avanguardia, come già avvenuto con successo in molti altri Paesi europei.

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energia

L’Italia è ricca di petrolio. Sfruttiamolo! PARLA DAVIDE TABARELLI Presidente di Nomisma Energia di Jacopo Giliberto

In Italia riserve per 120 milioni di tonnellate equivalenti petrolio, ma quelle possibili sono tre volte tanto. Siamo un Paese petrolifero. Lasciare sotto terra quel tesoro per importare petrolio e gas dall’estero è un danno per la collettività. Davide Tabarelli 44

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Davide Tabarelli, bolognese, presidente di Nomisma Energia, è uno degli economisti più accreditati del settore.

alla caduta dei consumi per crisi economica. E: Parliamo di nuovo di importazioni, ma tradotte in quantità.

E: Tabarelli, cominciamo dal giacimento scoperto dall’Eni davanti alla costa egiziana. DT: È un “supergigante” da 850 miliardi di metri cubi di metano. È pari a oltre 10 volte le riserve totali di gas dell’Italia, che sono ancora abbondanti sparse in oltre un centinaio di giacimenti che non riusciamo a sfruttare per l’opposizione dei Comitati No. E: Il Mediterraneo sembrava un’area di modesto interesse per i giacimenti.

DT: Ogni anno tra gas e petrolio e altro importiamo una quantità di energia pari a circa 120 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. È ricchezza trasferita all’estero. È come se ci fossero 2mila pozzi all’estero che lavorano per i consumatori italiani. E: Ma l’Italia è un paese petrolifero?

DT: Dobbiamo ricrederci, alla luce di quanto avviene fra Cipro, Israele ed Egitto. Ciò apre nuovi orizzonti e cambia gli scenari. Prima di tutto per l’Egitto, che ora può aspirare a tornare un paese esportatore di energia. Il mondo arabo, il Medio Oriente, il Nord Africa hanno bisogno di una leadership dell’Egitto, nazione che storicamente ha svolto questo compito per riportare la pace nell’area. Per arrivare a ciò ha bisogno di crescita economica: il giacimento è un passo in questa direzione.

DT: In Italia lavorano circa 900 pozzi, 200 a petrolio. Nella nostra storia sono stati perforati circa 7mila pozzi, nei nostri mari abbiamo circa cento piattaforme. Le riserve certe in Italia sono intorno ai 120 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, quelle possibili sono tre volte tanto. L’Italia è un paese petrolifero. Lasciare sotto terra quel tesoro per importare petrolio e gas dall’estero è un danno per la collettività. Pensi alle mancate entrate per lo Stato: quali politiche sociali potremmo fare con il miliardo di euro che potremmo avere fra tassazione e royalty? Poi c’è il danno ambientale: i nostri giacimenti evitano il trasporto di petrolio con le navi, con i rischi che ne conseguono.

E: I vantaggi per l’Italia?

E: Uno sguardo anche al settore dell’energia elettrica?

DT: Siamo il paese che più dipende da importazioni di gas. Avere l’Egitto come fornitore permetterà di ridurre la dipendenza da Libia, Algeria, Russia, aree non stabili. Per l’Eni e per la Saipem la notizia è positiva; le due società all’estero godono di grande stima e raggiungono straordinari successi. Comunque, cosa importante, la scoperta del giacimento è positiva anche dal punto di vista ambientale per la speranza di ridurre le emissioni di CO2 grazie ad un maggiore impiego del gas.

DT: Nei prossimi vent’anni la domanda mondiale di energia salirà di un altro 30%, trainata dai maggiori consumi di elettricità. Usiamo circa 300 miliardi di chilowattora l’anno e l’Italia ha saputo fare più degli altri: in questi anni abbiamo realizzato un enorme parco di moderne centrali a gas, i cicli combinati, per 40mila megawatt. Siamo il primo paese al mondo per fotovoltaico, con il 9% della produzione elettrica, prima anche della Germania che, in termini assoluti, produce di più - 35 miliardi di chilowattora contro i nostri 24 - ma che ricorre per il 60% a carbone e nucleare. Il boom delle rinnovabili e la frenata della domanda hanno creato un eccesso di capacità produttiva. Una dozzina di quelle nuove centrali a ciclo combinato a gas, costate intorno ai 10 miliardi di euro, sono state fermate e messe in frigorifero.

E: Ho sentito dire che quel giacimento egiziano era stato analizzato in precedenza da una primaria multinazionale petrolifera, i cui tecnici non avevano trovato nulla. Gli italiani sono più bravi? DT: Non è solo fortuna. L’ENI negli ultimi 10 anni ha scoperto il doppio di riserve rispetto alle altre compagnie. La qualità tecnica, ingegneristica, tecnologica fa delle attività petrolifere italiane le più mirate, sicure e a minore impatto ambientale al mondo. Le paure di tanti sono comprensibili, ma infondate. La dipendenza da importazioni impone lo sfruttamento delle risorse nazionali; gas e petrolio nel mondo coprono più della metà dei consumi di energia, quota destinata a ridursi di poco nei prossimi anni; il settore dei trasporti usa per il 98% petrolio. Nessuno vuole fermare le macchine o gli aerei. L’Italia è il paese Ocse più dipendente da importazioni di energia dall’estero, nonostante la riduzione, negli ultimi 10 anni dall’80% al 73%, dovuta all’aumento delle rinnovabili e

E: Le rinnovabili però fanno bene all’ambiente DT: Ma c’è di più: nel mondo nel 2014 i consumi di energia globale sono cresciuti dell’1% ma il Pil è salito del 3,4%. Un calo dell’intensità energetica mai visto in passato. Complice anche il maggior ricorso alle rinnovabili. Le emissioni di CO2 da consumo di energia sono stabili, vicino a 35 miliardi di tonnellate l’anno, ma arretrano pesantemente in termini di unità di Pil. La possibilità di avere un disaccoppiamento fra espansione economica, consumi di energia ed emissioni di CO2, condizione indispensabile per raggiungere obiettivi concreti delle politiche ambientali, sembra più vicina.

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Tutta lʼenergia della rete Gruppo Italia Energia è il primo editore completamente digitale dedicato al mondo e al mercato dellʼenergia. Una piattaforma multimediale composta da siti web, riviste b2b, eventi, workshop e corsi di formazione, con lʼobiettivo di offrire a manager, ingegneri e ricercatori del mondo industriale e istituzionale, un monitoraggio continuo e lʼanalisi di scenari in continua evoluzione, fondamentali per lo sviluppo del paese.

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quotidianoenergia.it QE, Quotidiano Energia, dal 2005 punto di riferimento dellʼinformazione specializzata del comparto energetico. Fornisce ogni giorno in tempo reale notizie dʼattualità, analisi e indicatori di mercato, con focus settimanali sui principali indici azionari.

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energia Dopo il boom delle rinnovabili

La scommessa è l’efficienza energetica IL PARERE DI FILIPPO BERNOCCHI Delegato ANCI all’energia e ai rifiuti di Tommaso Tetro

Sulle rinnovabili i Comuni hanno aperto la strada. Ma adesso la corsa sta rallentando forse per fare un po’ più di spazio alla “grande scommessa” offerta dall’efficienza energetica che, per esempio nelle scuole italiane, potrebbe portare tanti benefici. La pensa così Filippo Bernocchi, delegato dell’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) all’energia e ai Filippo Bernocchi 48

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rifiuti. Da un lato richiama l’importanza del ruolo delle scelte politiche fatte sul territorio e dall’altro mette in risalto come ormai le idee ambientali siano diffuse e condivise ed è ora di non sprecare questa occasione. Tocca alla politica, che rischia di non vedere le potenzialità dell’economia circolare, di lanciare questa nuova rivoluzione industriale.

Comune. C’è poi anche l’eco-bonus: un intervento con un impatto molto positivo sui territori, non solo dal punto di vista economico, ma anche sul versante ambientale.

E: Le fonti rinnovabili e i Comuni italiani, a che punto siamo?

FB: Tutte le politiche relative ai cambiamenti climatici devono partire da scelte politiche fatte sul territorio, perché è lì che poi ricadono. Ormai questa è una coscienza maturata. Tanto è vero che sono sempre più diffuse le idee ambientali. Si tratta di temi sui quali esiste una sensibilità condivisa.

FB: I Comuni hanno fatto da apripista su questo versante. E in alcuni casi, specie in certe aree, c’è stata una valorizzazione: ma stiamo parlando di quando gli incentivi davano una grossa mano. Ora, il processo virtuoso sta rallentando soprattutto per via dei vincoli di bilancio e del rispetto del Patto di Stabilità; senza contare che c’è sempre da chiedere il cofinanziamento con la Regione. Da questo punto di vista le amministrazioni comunali appaiono un po’ bloccate. Invece - in questi ultimi anni - hanno dimostrato che possono esprimersi nel facilitare gli investimenti in questo specifico settore e spingere diverse iniziative. Il comparto dove oggi sono più attente le amministrazioni comunali è quello del parco illuminotecnico; a cominciare dalla sostituzione delle lampadine e dall’uso dei led. Qui, tutte le amministrazioni si sono mosse, in particolare per le minori spese, la riduzione dei consumi e il taglio delle emissioni. E: C’è anche la sfida dell’efficienza energetica? FB: Quello dell’efficienza energetica degli edifici è un processo in corso. È una grande scommessa dalla quale potranno venire grandi soddisfazioni e la possibilità di offrire di più alle persone salvaguardando maggiormente l’ambiente e consumando meno. Per esempio il parco immobiliare delle nostre scuole è costituito da edifici piuttosto vetusti che potrebbero, e dovrebbero, essere messi a posto. Ma anche qui ci sono delle criticità, a cominciare dalla reperibilità di denaro pubblico. Per ora stanno andando avanti i Comuni più grandi che hanno al loro interno le professionalità adeguate. Si tratta però di opportunità che non vanno sprecate. E che – inoltre - fanno il bene del

E: Energia e clima, il legame è stretto. C’è spazio per delle scelte a livello locale?

E: La green economy, l’economia circolare, sono davvero dei punti di svolta? FB: Servirebbe una visione della green economy che rivisiti i processi industriali, grazie a investimenti e innovazione, pensando di più all’ambiente e senza dimenticare la competitività del nostro Paese nel mondo. Per esempio nella gestione dei rifiuti c’è un dato positivo a livello nazionale: siamo riusciti a passare dal concetto di raccolta differenziata come fine a quello di raccolta differenziata come mezzo. Tanto che ci sono 10 Regioni che sono già al 50% di riciclo, soprattutto al nord. Ma anche la Campania è messa bene, a parte l’area metropolitana di Napoli. Il sud - in genererimane un problema, essenzialmente per la mancata o la sbagliata programmazione, vedi ad esempio la Sicilia. Inoltre, al sud si aggiunge un problema di evasione della tariffa sui rifiuti che supera il 70%. Ora però bisogna attivare il processo virtuoso chiamato “economia circolare”, voluto anche dall’Europa e che potrebbe aiutare il nostro Paese, anche nella reperibilità di materie prime. Sul riciclo l’Italia è avanti: le nostre tecnologie e le capacità sono studiate in tutto il mondo. Ma, dal punto di vista più strettamente politico bisogna fare di più: si devono vedere le potenzialità che questa nuova rivoluzione industriale può portare. Credo che il ministero dell’Ambiente debba farsi carico della gestione politica.

OBIETTIVI DI EFFICIENZA ENERGETICA AL 2020 IN ENERGIA FINALE E PRIMARIA (MTEP/ANNO) Misure previste nel periodo 2011-2020 Articolo 7 Direttiva Settore

Regime obbligatorio Certificati Bianchi

Residenziale

0,15

Terziario

0,10

Misure alternative Detrazioni fiscali 1,38

Risparmio atteso al 2020

Altre misure

Conto Termico

Standard Normativi

Investimenti mobilità

Energia Finale

Energia Primaria

0,54

1,60

3,67

5,14

0,93

0,20

1,23

1,72

PA

0,04

0,43

0,10

0,57

0,80

Privato

0,06

0,50

0,10

0,66

0,92

Industria

5,10

5,10

7,14

Trasporti

0,10

TOTALE

5,45

1,38

1,47

3,43

1,97

5,50

6,05

5,23

1,97

15,50

20,05

Fonte: PAEE 2014

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mercato elettrico

Nuovi scenari e nuovi modelli di business di Alessio Borriello

Come si sta muovendo il mercato dell’energia? Quali le criticità e soluzioni in essere? Un’analisi d’insieme all’interno della quale spunta il Sistema Informativo Integrato: un “protagonista” sulla scena. Lo scorso decennio ha visto il consolidarsi di due grandi rivoluzioni: la costituzione di un parco di generazione termoelettrica mediamente nuovo ed efficiente e una produzione da fonti rinnovabili non programmabili, che ha raggiunto una potenza installata impensabile fino a poco fa. In questo scenario, nel tempo, è emersa una sofferenza del modello di mercato esistente, con un aggravio dei costi, un funzionamento non armonico del sistema ed effetti paradossali. Ad esempio il consumatore domestico paga oneri di sistema con cui s’incentiva una produzione rinnovabile, che però abbatte il prezzo nelle ore della giornata in cui si usa

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meno l’energia. Mentre gli operatori del termoelettrico, per recuperare costi e margini, hanno alzato i prezzi nelle ore serali in cui c’è il picco dei consumi domestici. Partendo da ciò e provando a tracciare le linee di quel che verrà, il primo significativo cambiamento sarà una revisione dei meccanismi di mercato. Il secondo che non ci dovrebbe più essere, entro il 2018, un mercato tutelato. A fronte di questi aspetti, attualmente “in cantiere”, che devono passare ancora “dall’idea alla realizzazione pratica”, un elemento certo è che con la liberalizzazione dei mercati, i soggetti operanti sono passati da poche decine a più di 500, con un aumento massiccio degli scambi d’informazioni e dati. E di errori. Come aumentare la sicurezza dello scambio dati e l’efficienza del sistema? Una risposta la sta dando il SII (Sistema Informativo Integrato) gestito da AU, considerato dalla stessa “legge concorrenza” condizione indispensabile per l’abolizione del servizio di MT. La legge prevede questo vincolo per due ragioni: da un lato il SII, come tutti i sistemi di interoperabilità, ha un potenziale formidabile per favorire la concorrenza; dall’altro è un deterrente verso qualunque tentazione di trarre una rendita dall’inefficienza del sistema. Quella rendita di cui godono tutti gli operatori verticalmente integrati, cui le vischiosità del sistema attuale regalano ancora rallentamenti e rinunce da parte di un cliente nell’eventuale abbandono del servizio. Eppure, paradossalmente le rendite di posizione sono più semplici da controllare dell’inefficienza. E su questo fronte c’è ancora molto da fare. È impressionante scorrere la lista di mozioni parlamentari, impegni al Governo, emendamenti al Disegno di Legge Concorrenza, tutti convergenti su misure volte a imporre tempistiche certe per le fatturazioni, limiti ai conguagli, divieti agli operatori di far pagare ai consumatori somme risalenti nel tempo, di cui magari gli stessi operatori abbiano acquisito nozione tardivamente, per le proprie inefficienze gestionali. In questo meccanismo il SII ha un ruolo cardine e lo dimostra quanto fatto in materia di settlement. I tracciati del settlement sono stati standardizzati dall’Autorità nel 2009; nella prima trasmissione verso il SII, nel novembre 2012, su circa 9,5 milioni di anagrafiche del mercato libero è risultato che:

avevano un cliente finale associato (dopo 5 mesi li abbiamo ridotti a 2.000). Dunque è la fluidità del mercato che conta. A questo punta il SII. Entrato in funzione nel settembre 2012, con Legge istitutiva del 2010, oggi gestisce il Registro Centrale Ufficiale dei clienti finali con oltre 60 milioni di posizioni, di cui 38 del mercato elettrico e 22 del gas. Dal primo novembre 2015 gestisce le volture del settore elettrico e dal 2016 gestirà il settlement gas. Anche se il SII sarebbe stato in grado di gestire le volture già da un anno e mezzo, gli operatori e i distributori hanno manifestato molte perplessità di cui l’Autorità ha ritenuto saggiamente di tenerne conto. Per questa ragione è stato svolto un lungo periodo di “test” che ha consentito di eliminare ogni dubbio e alibi, rispetto alla sicurezza di dare le chiavi del sistema ad AU, che lavora “a vantaggio di tutti” senza lavorare per nessuno. Va infatti ricordato che la legge ha assegnato lo sviluppo e la gestione del SII ad AU proprio per la sua posizione di terzietà, per essere un soggetto il cui “core business” è lo sviluppo di politiche a vantaggio del consumatore finale. Per questo non bisogna pensare che, venuto meno il servizio di MT, venga meno il ruolo di AU, che può essere ancor più utile a favorire una soluzione per il buon funzionamento del mercato. Per questo è essenziale proseguire in un cammino che porti all’implementazione del SII nel rispetto del programma definito dall’Autorità, anche in presenza di resistenze dovute a timori di vario genere. Non c’è norma o delibera dell’Autorità che tenga. Se la governance del SII non sarà fortemente determinata, tutto lo sforzo fatto finora potrà essere vanificato, facendo sì che uno strumento necessario per il completamento del processo di liberalizzazione, perda la sua reale efficacia per un’agevole transizione dal mercato tutelato a quello libero.

• a seconda dei mesi il 30-40% delle imprese di distribuzione non trasmetteva i dati agli Utenti del dispacciamento; • oltre 40 imprese presentavano anomalie nello standard; • oltre 3 milioni di POD (3.091.179) presentavano un’anagrafica non corretta; • 300.000 POD presentavano errori nella valorizzazione dei coefficienti necessari al bilanciamento della rete (CRPP coefficiente di ripartizione per punto di prelievo); • oltre 170.000 punti di prelievo sul mercato libero non

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mercato elettrico

Mercato elettrico, quale futuro? di Agime Gerbeti

L’aumento della produzione delle Fonti rinnovabili non programmabili (FRNP) che godono di priorità di dispacciamento, insieme alla diminuzione della domanda in conseguenza della crisi economica, hanno ridotto gli spazi di capacità contendibile. L’eccesso di capacità di generazione ha portato a una riduzione dei prezzi di mercato (e delle marginalità) e a una progressiva difficoltà del sistema di gestire la non programmabilità di produzione (Fig 1). Alcuni dei principali problemi indotti dalle FRNP al funzionamento del mercato elettrico (m.e) sono: 1. l’esito del Mercato del Giorno Prima (MGP) è sempre meno eseguibile perché gli impianti selezionati in base al merito economico non garantiscono un livello sufficiente di riserve per compensare l’eventuale mancata

produzione di fotovoltaico ed eolico. Ogni correzione nei mercati successivi è onerosa; 2. si è ridotta la quota di impianti che operano in regime di concorrenza, riservata solo agli impianti termoelettrici; sia per una riduzione della capacità contendibile sia perché le rinnovabili agiscono da “price takers”: le FRNP offrono a prezzo zero e sono remunerate al prezzo dell’impianto termoelettrico più costoso senza partecipare al mercato; 3. l’MGP non distingue tra impianti termoelettrici e FRNP e valorizza allo stesso modo l’energia offerta. Le FRNP richiedono disponibilità di riserve, senza poterne offrire e Terna riconosce un “capacity payment” a favore degli impianti termoelettrici poiché necessari per il funzionamento del sistema elettrico.

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Il MiSE, l’Autorità, l’ENEA e Confindustria stanno lavorando alla ristrutturazione del m.e con alcuni obiettivi condivisi: 1. che l’esito economico del MGP torni ad essere il riferimento per l’effettivo funzionamento degli impianti salvo eccezionalità sopraggiunte e ci sia una reale concorrenzialità anche in presenza di costi marginali differenti; 2. che la sicurezza del sistema venga garantita con la programmazione degli impianti senza necessità di continui interventi di correzione da parte del Gestore; 3. che sia riconosciuta un’equa remunerazione degli impianti in funzione dell’effettivo valore dell’energia e dei servizi di flessibilità che possono garantire. L’Autorità per garantire la sostenibilità in termini di sicurezza energetica e di economicità si rivolge al nuovo Mercato della Capacità (Decreto MiSE del 30 giugno 2014) prevedendo che Terna acquisti dai produttori opzioni su capacità produttiva reale (physically backed call option) per quantitativi pari al fabbisogno di capacità del sistema in ciascun anno. Dunque un meccanismo di natura “assicurativa” basato su un contratto pluriennale aleatorio tra Terna e il produttore che riceve su base concorsuale un premio annuo assumendosi l’obbligo di offrire la capacità richiesta (su MGP e MSD). L’Autorità propone di far partecipare su base volontaria le FRNP al mercato di dispacciamento (MSD) purché tali impianti rispettino i requisiti per accedervi. L’ENEA propone di far partecipare anche gli FRNP al MGP in regime di concorrenza. La tesi innovativa è che “nonostante l’apparente penalizzazione degli impianti rinnovabili non programmabili, […] oggi le fonti rinnovabili subiscono in misura proporzionalmente superiore gli effetti economici degli esiti del MGP a prezzo zero o minimo, in quanto tali situazioni si realizzano di norma proprio quando la produzione rinnovabile è massima”. E tale situazione è destinata a crescere con il progressivo spostamento dei ricavi sul MSD per effetto dell’aumento di produzione rinnovabile.

In altri termini, ferma restando la priorità di dispacciamento, le FRNP offrirebbero sul mercato a prezzi diversi da zero con un sistema di remunerazione differenziato in funzione della capacità degli impianti di concorrere anche alla disponibilità di riserva. Avremmo così due curve di offerta aggregata (una programmabile e una no). Quindi le FRNP sarebbero remunerate con un “marginal price” specifico. Confindustria concorda con la partecipazione delle FRNP ai mercati e propone l’introduzione di un mercato intraday con chiusura quasi in tempo reale; che il DSO sia coordinato con il TSO e attivo nella gestione in sicurezza della rete MT tramite il mantenimento di un profilo di scambio programmato a livello di Cabina Primaria o area e l’introduzione di mercati di medio termine per la negoziazione di riserva e di lungo periodo per il mercato della capacità. La Commissione UE ha avviato il negoziato sul “Nuovo assetto del mercato energetico” (COM 340/2015). L’obiettivo è mettere al centro il consumatore e trasformare in vantaggi tangibili le tecnologie a basse emissioni con cura alla interdipendenza degli Stati in materia di sicurezza energetica e alla concorrenza transfrontaliera. Tutti concordano sul fatto che lo sviluppo delle rinnovabili può essere compensato con una più efficiente ed estesa rete di trasmissione europea e con elettrodotti con i Balcani e il Mediterraneo per garantire una integrazione con i vari mercati europei (COM 677/2010). Se il m.e. deve essere riformato si deve considerare in quale direzione s’indirizzerà l’economia italiana ed europea in futuro. Se si andrà verso una progressiva deindustrializzazione e un’economia basata sui servizi, il sistema potrebbe presentare una capacità contendibile minima e nel tempo muterebbe la struttura stessa del consumo elettrico. Se l’industria energivora continuerà ad essere una priorità europea, allora le scelte saranno diverse. Quando si parla di transizione economica è a questo che ci si riferisce: le scelte energetiche sono innanzitutto scelte industriali ed economiche.

Fig. 1 - Valori medi PUN espressi €/MWh - Fonte GME

100

86,99

74,75

80 51,6

72,23

75,48

64,12

70,99

62,99

63,72

58,59

52,08

60 40 20 0 2004

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2005

2006

2007

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2009

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mercato elettrico

La trasparenza nei mercati energetici di Luca Colasanti, Rosa Fucci, Dario Migali, Laura Romano

Sin dall’avvio del processo di liberalizzazione dei mercati dell’energia è risultato evidente ai vari soggetti coinvolti che le condizioni di trasparenza ed integrità non erano opportunamente garantite, rendendo necessaria l’introduzione di norme specifiche e strumenti di vigilanza. Il regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente l’integrità e la trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso, conosciuto con l’acronimo REMIT - entrato in vigore il 28 dicembre 2011 - nasce con l’intento di colmare alcune carenze normative in materia di trasparenza dei mercati. Difatti le direttive già esistenti, MAD e MIFID, interessavano i mercati finanziari e non quelli fisici, coprendo solo una minima parte degli scambi energetici.

Emanato nella forma di Regolamento piuttosto che di Direttiva (che al contrario del Regolamento richiede la trasposizione nel diritto nazionale del singolo Stato attraverso una fonte normativa interna), il REMIT è la risposta all’esigenza di una disciplina uniforme a livello europeo, che lasci il minor spazio possibile alla discrezionalità dei singoli Stati Membri nell’implementazione delle regole. Ma cosa si intende per trasparenza e integrità? Quando si parla di trasparenza nei mercati si intende l’assicurare che i partecipanti al mercato dispongano delle stesse informazioni rilevanti nel momento in cui effettuano le proprie transazioni. Questo favorisce segnali di mercato attendibili e permette agli operatori (sia a segue a pagina 58

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quelli dominanti sia a quelli con meno potere di mercato) di prendere decisioni informate. Integrità, invece, significa assicurare che le regole del mercato esistenti siano legittimamente applicate, andando a prevenire irregolarità come comportamenti abusivi, manipolazioni, crimini e sotterfugi. Tutto ciò porta senz’altro ad aumentare la fiducia degli operatori nei confronti dei mercati e un maggior grado di sicurezza sulla bontà degli esiti, disponendo di segnali di prezzo in grado di riflettere il reale incontro tra domanda e offerta. Oltre a sancire regole che vietino le pratiche abusive, il Regolamento REMIT istituisce il monitoraggio dei mercati dell’energia all’ingrosso da parte dell’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori dell’energia (ACER), con il supporto delle Autorità di Regolazione Nazionali. Tre sono i punti cardine del REMIT. Il primo fa riferimento al divieto di informazioni privilegiate (inside information), il secondo al divieto di manipolazioni di mercato e il terzo ai compiti di monitoraggio dell’ACER e delle Autorità di Regolazione Nazionali. Relativamente al primo punto, il REMIT introduce la definizione di informazione privilegiata: “un’informazione che ha carattere preciso, che non è stata resa pubblica, che concerne direttamente o indirettamente, uno o più prodotti energetici all’ingrosso e che, se resa pubblica, potrebbe verosimilmente influire in modo sensibile sui prezzi di tali prodotti”. Il Regolamento vieta di utilizzare tali informazioni per ottenerne vantaggi (insider trading) e sancisce l’obbligo, in capo ai produttori, di pubblicare “in modo efficace e in tempo utile le informazioni privilegiate di cui dispongono…”. A tal proposito il GSE, così come altri operatori di mercato, pubblica sul proprio sito web le informazioni relative alle indisponibilità pianificate ed accidentali riguardanti gli impianti di grandi dimensioni (potenza massima pari o superiore a 100 MW) di cui è utente del dispacciamento. Partendo dal presupposto che una consistente diminuzione di energia venduta sul mercato può portare a una modifica dei prezzi, rendere pubbliche tali informazioni, evita che la loro conoscenza esclusiva generi vantaggi competitivi per i singoli operatori. Per quanto riguarda il divieto di manipolazione, tramite il REMIT vengono definite alcune pratiche abusive e ne viene proibita sia l’attuazione, sia il tentativo di metterle in atto. Il terzo elemento, riguarda i compiti di monitoraggio assegnati all’ACER e alle Autorità di Regolazione Nazionali. L’ACER ha il compito di raccogliere i dati provenienti dai mercati dell’energia all’ingrosso al fine di indagare sui casi di abuso di mercato e di coordinarsi con gli Stati membri per l’eventuale applicazione di sanzioni.

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Attraverso la pubblicazione degli Implementing Acts, la Commissione Europea ha definito sia quali informazioni gli operatori devono trasmettere all’ACER, sia quali sono gli operatori soggetti all’obbligo di reporting. Ciò ha portato, come prima conseguenza, l’iscrizione degli operatori di mercato al registro nazionale previsto dal REMIT. In Italia questo processo è stato possibile mediante un portale informatico predisposto dall’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI). Dal punto di vista operativo, l’obbligo di trasmissione dei contratti standardizzati e conclusi in uno dei mercati organizzati presenti nell’elenco pubblicato da ACER, decorre dal 7 ottobre 2015, mentre quello di trasmissione dei contratti standardizzati e non, conclusi al di fuori dei mercati organizzati, parte dal 7 aprile 2016. Il Gruppo GSE, attraverso il Gestore dei Mercati Energetici, gioca un ruolo di primo piano nell’attuazione delle nuove prescrizioni. Infatti, il GME a partire dallo scorso 20 agosto è stato inserito dall’ACER nella lista dei Registered Reporting Mechanisms (RRMs), ossia dei soggetti che possono effettuare il servizio di data reporting per conto degli operatori soggetti all’obbligo. Inoltre il GME ha reso disponibili agli operatori, al fine di agevolarne gli adempimenti previsti dal REMIT, due piattaforme: una che consente di concentrare la pubblicazione delle informazioni privilegiate (PIP), l’altra per il data reporting (PDR). I servizi resi disponibili dal GME mediante la Piattaforma di Data Reporting (PDR) sono rivolti solo ai soggetti che abbiano preventivamente acquisito la qualifica di operatore nell’ambito delle piattaforme gestite dal GME e che rientrano nell’ambito di applicazione che hanno l’obbligo di reporting previsto dal Regolamento REMIT. Resta inteso che qualora un operatore non volesse avvalersi del GME in qualità di RRM, può effettuare in maniera autonoma il reporting verso ACER. Nonostante abbia colmato numerose lacune, il REMIT è affetto ancora da alcuni limiti legati sia a dubbi interpretativi, sia alla mancanza di piena armonizzazione a livello europeo (si pensi alla discrezionalità lasciata agli Stati membri in tema di sanzioni). Rappresenta in ogni caso l’opportunità di realizzare un contesto operativo più trasparente a beneficio di tutti gli operatori di settore particolarmente attenti allo sviluppo e all’evoluzione della normativa, così come dimostrano i recenti dibattiti sull’introduzione di regole di mercato di non limpida interpretazione e la conseguente sovrapposizione tra il REMIT e la direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari MIFID-II. Ma questa è un’altra storia…


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clima ed energia energia Riduzione gas serra

Serve il contributo di tutti o si fa un buco nell’acqua FACCIA A FACCIA CON GIANNI SILVESTRINI Direttore scientifico di Kyoto Club e di QualEnergia di Simone Aiello

Come indicato nel Rapporto di Bloomberg New Energy Finance “New Energy Outlook – 2015”, le emissioni di gas serra da produzione di energia elettrica, nonostante l’apporto rinnovabile, potrebbero continuare a crescere fino al 2029 contribuendo a raggiungere il limite delle 450 ppm prima del 2038. Secondo l’AIE l’obiettivo di Gianni Silvestrini 60

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ridurre le emissioni legate all’uso dell’energia potrebbe però - già essere raggiunto al 2020. Nel suo recente libro “2°C – Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’economia” il Professor Silvestrini sottolinea come per avere ragionevoli probabilità di rispettare il limite richiesto dalla comunità scientifica, sia necessario raggiungere il picco emissivo a livello globale il prima possibile. Ed è essenziale il coinvolgimento delle economie emergenti, Cina in primis. E: Professore, per avere qualche probabilità di rispettare il contenimento entro i 2°C occorre, secondo il V Rapporto IPCC, tagliare le emissioni del 40-70% al 2050 e del 78-118% entro il 2100. I paesi di “storica industrializzazione” pesano sempre meno a livello emissivo, in termini relativi; d’altro canto i segnali ed i risultati di questi anni già dimostrano l’impegno della Cina verso un nuovo modello di sviluppo. È verosimile attendersi il raggiungimento del picco emissivo cinese prima del 2030? GS: Per comprendere le possibili evoluzioni delle emissioni cinesi, va innanzitutto considerata la radicale e rapida trasformazione dell’economia. L’attuale governo punta ad una modifica del sistema produttivo verso comparti a maggior valore aggiunto, con un ampliamento delle

attività dei servizi. Le industrie più energivore, cemento e acciaio, registrano un forte eccesso di capacità produttiva. D’altra parte, il solo inquinamento atmosferico causa oltre un milione di morti all’anno e incide per il 10% del Pil. È prevedibile quindi che prosegua il rallentamento del tasso di crescita del Pil e che si riducano gli squilibri sociali ed ambientali. È significativo che nel 2014 le emissioni delle centrali a carbone siano calate, una tendenza peraltro proseguita anche nel 2015. Dunque è possibile che il picco delle emissioni climalteranti cinesi venga raggiunto prima del 2030. Secondo un recente rapporto della London School of Economics, il massimo potrebbe verificarsi tra il 2020 e il 2025. Se questa valutazione fosse corretta, saremmo ancora in tempo per evitare il sorpasso della soglia critica dei 2°C. E: Dal 2016-17 la Repubblica Popolare Cinese, forte della cooperazione internazionale ed europea, dovrebbe lanciare un sistema nazionale di scambio di quote di emissione. È un segnale di fiducia? GS: I risultati delle sperimentazioni in atto, con 24 milioni di permessi trattati nel 2014 e con il taglio del 6% delle emissioni nell’area di Pechino, inducono a sperare che l’avvio nel 2017 di un sistema nazionale di compravendita dei diritti di emissione di CO2, applicato alla generazione elettrica

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e alle industrie energivore, contribuisca efficacemente a decarbonizzare l’economia cinese. E: Nel giugno scorso a Vienna i ministri dell’energia di Arabia Saudita e Kuwait si sono espressi a favore di ambiziosi piani per l’energia solare. Il Ministro per il petrolio saudita Ali al-Naimi ha dichiarato di ambire, entro il 2040, ad esportare energia “pulita” anziché combustibili fossili. È il segnale di un cambiamento “forte” nel paradigma energetico e di sviluppo? GS: La spiegazione ce la dà lo stesso Ali al-Naimi, quando afferma che le rinnovabili diventeranno economicamente più convenienti dei combustibili fossili. I tempi di questa transizione energetica saranno però determinati da una serie di fattori, incluse le scelte sul fronte del greggio. La decisione saudita di non ridurre la produzione di petrolio nel 2014 ha contribuito al crollo delle quotazioni a livello mondiale, ma ha anche rallentato i progetti interni di espansione delle rinnovabili (ma non quelli mondiali). L’impegno comunque rimane, come dimostra la firma di un contratto da parte della Saudi Electric Company per realizzare un impianto da 50 MW garantendo un prezzo di $0.049 per i kWh solari, il valore più basso registrato finora a livello internazionale. E: Segnali contrastanti provengono, invece, dal Giappone: riduzione degli incentivi alle rinnovabili, eliminazione della priorità di immissione in rete dell’elettricità verde generata e rilancio del nucleare per soddisfare il 20-22% della domanda elettrica nel 2030. Quali le aspettative? GS: Osservatori esterni, come Bloomberg, ritengono che nel 2030 il nucleare non supererà il 10% della richiesta, vista l’anzianità di molti reattori e gli insormontabili problemi di sicurezza di alcuni siti. Greenpeace abbassa l’asticella al 2%. La scelta del governo sta inevitabilmente comportando un rallentamento della corsa delle rinnovabili, in particolare del fotovoltaico che ha però già raggiunto una potenza di 24 GW. Il governo conta di arrivare a 64 GW solari nel 2030, Bloomberg ritiene più ragionevole un obiettivo di 95 GW, pari al 12% della produzione elettrica, ma si potrebbe andare decisamente oltre.

E: L’enciclica del Papa del 18 giugno scorso ha sottolineato il carattere di assoluta priorità rivestito dal tema dei cambiamenti climatici, inserendolo all’interno di un contesto di crisi ben più ampio. Su cosa puntare? GS: L’appello forte del Papa sulla questione ambientale come sul dramma dei migranti - obbliga ad un ripensamento dei nostri comportamenti e degli stessi modelli economici. La speranza è che la riflessione aperta riesca ad incidere nel profondo, contribuendo a quei cambiamenti che si dimostrano sempre più indispensabili. E: Gli effetti dei fenomeni atmosferici sono già in corso: le temperature medie globali sono aumentate di 0,78°C rispetto ai livelli pre-industriali (1901-2012) ed in Italia dal 1960 ad oggi l’incremento è stato di 1,4°C (ISPRA). Quali sono le priorità a livello Paese ? GS: Credo che vada definito un obiettivo per le emissioni climalteranti al 2050 coerente con gli scenari UE (-80% su 1990), passando quindi alla elaborazione di una strategia di riduzione che preveda verifiche quinquennali. Priorità assoluta va data alle politiche di efficienza, con una particolare attenzione al comparto dell’edilizia prevedendo nuovi strumenti finanziari che consentano di anticipare i capitali necessari ad avviare la riqualificazione energetica spinta di interi edifici e al risanamento di quartieri, con risparmi almeno del 70%. Il settore industriale dovrà vedere una progressiva accentuazione delle scelte verso processi e produzioni circolari. Sul medio-lungo periodo l’evoluzione delle rinnovabili proseguirà nella direzione di uno scenario elettrico dove la riduzione dei prezzi delle tecnologie verdi, accumuli inclusi, renderà minoritario l’impiego dei combustibili fossili. Sul fronte dei trasporti, oltre a stimolare il contributo del biometano, occorre prepararsi per la prossima rapida espansione della mobilità elettrica puntando ad avere 1 milione di veicoli entro il 2025.

mld di tonnellate di carbone eq.

Evoluzione dei consumi di combustibili in Cina

Carbone

2.5 2.0 1.5 1.0

Petrolio

Gas naturale

0 2000

2005 Fonte: Greenpeace/Energy desk China

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Rinnovabili

0.5

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2010

2015


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energia rinnovabile Rinnovabili ed efficienza energetica

Così cresce la generazione distribuita A TU PER TU CON VITTORIO CHIESA Docente Politecnico Milano di Fausto Carioti

Vittorio Chiesa insegna al Politecnico di Milano ed è uno dei maggiori esperti di management delle imprese energetiche e delle fonti rinnovabili. È convinto che, anche in un mercato che è cambiato e continuerà a cambiare, la generazione distribuita possa ancora crescere. A patto che gli operatori sappiano evolvere. Vittorio Chiesa 64

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E: Complice soprattutto la diffusione dei piccoli impianti fotovoltaici, la generazione distribuita è stata la grande novità del mercato elettrico italiano negli ultimi anni. Oggi è accreditata di una quota vicina al 20%. Ci sono ancora margini di crescita? VC: Gli schemi di incentivazione che si sono susseguiti hanno contribuito ad “illustrare” la traiettoria da seguire riguardo agli investimenti sulle fonti rinnovabili e i vantaggi che possono portare. L’aspetto chiave ricoperto dalle RES è stato oramai assimilato sia dai cittadini che dai governi. Naturalmente ora il mercato è caratterizzato da volumi modesti rispetto agli anni passati, quando ancora il settore godeva di supporti finanziari adeguati, ma questo è un periodo di transizione che colpisce i settori industriali in uscita da regimi che lo hanno, di fatto, “drogato”. Per il futuro prossimo si vedranno ulteriori sviluppi per gli impianti di piccola taglia che tuttora mantengono un buon livello di redditività anche senza incentivi diretti. E: La crescita della generazione distribuita quindi può proseguire a prescindere dal taglio dei sussidi? VC: Di sicuro gli attuali operatori del mercato dovranno “cambiare pelle”, poiché dovranno affrontare un mercato molto frammentato. Sarà importante saper offrire, unitamente al prodotto, un adeguato livello di servizio. Inoltre andranno concepite soluzioni dimensionate sulla copertura reale del fabbisogno energetico degli utenti, massimizzandone l’autoconsumo. Infine si dovranno considerare le rinnovabili come parte integrante di progetti atti a migliorare l’uso dell’energia da parte degli utilizzatori, in cui alle rinnovabili andranno affiancate soluzioni per l’efficienza energetica. Questi fattori saranno fondamentali per la crescita della generazione distribuita in assenza di incentivi. E: Quali sono le fonti da cui nei prossimi anni dobbiamo attenderci il maggiore apporto alla generazione distribuita? VC: Si osserveranno due fenomeni a velocità differenti. Per quanto riguarda le biomasse e l’eolico ci si aspetta un buon andamento di nuove installazioni, dovuto al fatto che è stato da poco approvato il nuovo decreto riguardo le FER non fotovoltaiche, mettendo a disposizione nuovi contingenti di potenza incentivabile. Sulla “sponda” del fotovoltaico ci si aspetta un incremento più blando: per l’anno in corso si attendono circa 300 MW di nuova potenza installata. Se nel breve termine si presentassero condizioni favorevoli, quali una ripresa economica e una diffusione dei Sistemi efficienti di utenza (attraverso una semplificazione della normativa e della sua

implementazione), le stime per il fotovoltaico potrebbero riportarsi sui 700-800 MW di potenza installata all’anno. E: Il boom della generazione distribuita in Italia non sembra essere andato di pari passo con la diffusione delle smart grid. VC: Innanzi tutto va ricordato che la smart grid è un’innovazione sistemica della rete, che parte dalla produzione e giunge alla distribuzione e al consumo. Solo attraverso un’evoluzione ed un’integrazione completa delle fasi che fanno attivamente parte del sistema elettrico nazionale si potranno constatare i reali vantaggi che può portare una rete “intelligente”. Una parte rilevante l’avrà lo storage, che tuttavia presenta costi troppo elevati. Vi è un grande fermento sul tema e molte imprese (Tesla ha fatto notizia) hanno indirizzato i loro sforzi di ricerca sul tema. E: I dati del Politecnico di Milano da lei presentati al Festival dell’Energia dicono che il costo degli incentivi alle rinnovabili è inferiore a quanto comunemente ritenuto: dai 12 miliardi di incentivi erogati tra il 2011 e 2014 bisogna infatti sottrarre l’impatto positivo che l’energia proveniente da questi nuovi impianti ha avuto sui prezzi, il che farebbe scendere il conto a circa 7 miliardi. Si tratta comunque di cifre alte. Cosa devono fare governo e Parlamento per le rinnovabili e per i consumatori? VC: Una stabilizzazione del quadro normativo sarebbe un ottimo fattore abilitante per i soggetti investitori. Inoltre una semplificazione delle regole (ad esempio l’accesso alla configurazione SEU risulta essere problematico) potrebbe far da volano agli investimenti nel settore delle rinnovabili. Credo sia importante far leva sul livello di coscienza raggiunta dai consumatori sul tema della sostenibilità: è opportuno che l’attuale quadro di sussidi accessori (come detrazioni fiscali, scambio sul posto) venga mantenuto nel tempo. E: Si assiste a un eccesso di capacità produttiva. Occorre una razionalizzazione “guidata” del parco di generazione o provvederanno il tempo e la “mano invisibile” del mercato a selezionare gli impianti più efficienti? VC: L’andamento del mercato sarà il principale volano per la selezione degli impianti che continueranno ad essere utilizzati. Ci sono già esempi ben noti di piani di razionalizzazione, da parte delle utility, degli impianti di produzione meno efficienti, a favore di un allargamento del portafoglio di offerta che alla semplice vendita dell’energia affianchi l’offerta di servizi e di soluzioni di efficienza energetica.

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energia rinnovabile

Fotovoltaico... galleggiante!

di Luca Speziale

Un nuovo modo di concepire il pannello fotovoltaico. Ora in acqua. Il progetto è stato sviluppato da NGR Energia e, in breve, è diventato una realtà in rapida evoluzione. Per saperne di più abbiamo parlato con Simone Pausini, responsabile tecnico di NGR Energia, che lo ha sviluppato. E: Come nasce e “chi è” NGR Energia? SP: NRG Energia nasce con lo scopo di affrontare da

protagonista le dinamiche di un mercato controverso ed in evoluzione. Quelli della gestione ambientale e delle energie rinnovabili, sono temi di grande attualità, complessi ma cruciali per garantire uno sviluppo ed una crescita sostenibile. La volontà della nostra azienda è, ed è sempre stata, quella di affrontare un mercato dinamico, con altrettanto dinamismo. Concentrando le nostre energie sull’innovazione e la ricerca, con la professionalità necessaria ad affrontare il difficile contesto normativo che caratterizza questo settore.

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E: Il fotovoltaico in Italia, nel corso degli anni, ha avuto una crescente diffusione. Voi avete introdotto qualcosa di nuovo: di che si tratta? SP: Durante il periodo di incentivazione degli impianti fotovoltaici, fare innovazione è stato difficile. L’attenzione dei clienti finali era concentrata più sul risparmio immediato che sulle soluzioni tecnicamente più vantaggiose, o sulle garanzie a lungo termine. L’andamento del mercato e le problematiche che si sono palesate in questi anni, hanno dimostrato quanto fosse invece necessaria una maggior attenzione ai dettagli e ad una progettazione più attenta. Nonostante il contesto difficile, la nostra azienda è riuscita a investire molte energie nel comparto ricerca e sviluppo, generando nuovi prodotti e soluzioni tecniche innovative. Abbiamo registrato due brevetti per invenzione industriale, e siamo in attesa della concessione per altri due. Uno di questi è relativo all’installazione di impianti fotovoltaici galleggianti. Da un’esperienza iniziale in collaborazione con altre realtà locali, abbiamo sviluppato e messo a punto un sistema innovativo che coniuga semplicità ed efficacia. E gli sforzi sostenuti in questi anni ci stanno dando grandi soddisfazioni, in Italia e all’estero. E: Come funzionano, tecnicamente e logisticamente, i pannelli “galleggianti”? SP: Questi impianti fotovoltaici sono costituiti da un’unità galleggiante modulare, capace di alloggiare 4 moduli fotovoltaici. Queste unità possono poi essere unite e formare isole di qualsiasi forma e dimensione. Le unità galleggianti sono composte da elementi di galleggiamento di derivazione nautica, normalmente utilizzati nelle piattaforme delle darsene. E da una struttura in acciaio inox (AISI 304 o 316) che supporta i moduli fotovoltaici e conferisce stabilità pur garantendo una sufficiente mobilità necessaria ad assecondare le oscillazioni proprie del moto ondoso. I principali vantaggi derivanti dall’installazione di questo tipo di impianto sono in termini di produzione e di conservazione delle riserve idriche. La produzione di un impianto installato

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molto vicino alla superficie dell’acqua, infatti, beneficia di una significativa riduzione della temperatura, soprattutto nei mesi più caldi quando essa appunto inficia maggiormente l’efficienza dei moduli. I casi di studio effettuati sui nostri impianti hanno evidenziato un aumento della produzione compreso tra il 10 e il 15%. In termini di conservazione delle risorse idriche, invece, si è verificato che dove sono installati i nostri impianti l’evaporazione dell’acqua si riduce di oltre il 50%. Questo aspetto è fondamentale, soprattutto in quei contesti dove l’acqua è una risorsa importante. Si veda ad esempio come è stato affrontato il problema della siccità in Altri progetti perricoperti il futuro? California, dove i bacini della rete idrica sono stati di “palline in plastica” al fine di ridurre l’evaporazione e conservare la maggior quantità di acqua possibile. E: L’idea è quella di far rimanere il vostro prodotto in Italia o pensate di diffonderlo anche altrove? SP: L’obiettivo è quello di far conoscere il nostro prodotto anche all’estero. Siamo convinti, e il mercato lo sta confermando, che i campi di applicazione di questa tecnologia sono molteplici e oggetto di grande interesse. Come ho detto, il mercato italiano ultimamente ci sta dando grandi soddisfazioni, ma c’è ancora tanto da fare. All’estero stiamo facendo consulenza nella progettazione di diversi bandi di gara, e i primi cantieri dovrebbero iniziare nella seconda metà del 2016. E: Altri progetti per il futuro? SP: Stiamo concludendo le trattative per realizzare tre impianti di media dimensione in sud Italia, da connettere entro la fine del 2015, mentre all’estero stiamo seguendo la progettazione di alcuni impianti molto grandi da completare entro la fine del 2016. Abbiamo collaborazioni in essere nel sud est asiatico, India e sud America, mentre in Africa Occidentale, che si era dimostrata un mercato molto attraente, alcuni progetti sono stati rallentati a causa delle oscillazioni della valuta locale.


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energia rinnovabile

Caldaie Co, in vigore l’etichetta green a cura di Prometeo ADNKRONOS

Nuovo passo avanti per l’efficienza energetica. Dal 26 settembre, produttori, rivenditori e installatori hanno l’obbligo di esporre l’etichetta energetica su tutti i sistemi termici per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria, come caldaie, pompe di calore, impianti di cogenerazione e scaldacqua tradizionali, solari e a pompa di calore. Ovvero tutti i prodotti per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda sanitaria fino a 70 kilowatt di potenza nominale e i bollitori con volume fino a 500 litri.

“Grazie a questa etichetta, ogni consumatore potrà essere più informato sull’efficienza e l’impatto ambientale dei prodotti e orientarsi meglio tra le soluzioni offerte dal mercato”.

Previste anche misure di ecodesign che riguarderanno i prodotti per il riscaldamento degli ambienti e la produzione di acqua calda sanitaria fino a 400 kilowatt di potenza nominale e i bollitori con volume fino a 2 mila litri.

Le etichette saranno di 2 tipi: una riguarda i singoli componenti e una “di sistema” o “di pacchetto” che riguarda l’impianto di riscaldamento e/o produzione di acqua calda nel suo insieme. Della prima sono responsabili

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Lo afferma Legambiente che con Assolterm promuove l’introduzione dell’etichetta energetica attraverso il progetto LabelPack A+, finanziato dalla Commissione Europea, e portato avanti in Italia, Germania, Francia, Inghilterra, Austria e Portogallo.


i produttori, mentre della seconda lo è chi compone il pacchetto, generalmente l’installatore. Il progetto LabelPack A+ si concentra in particolare sui sistemi di riscaldamento in cui al generatore di calore (caldaia, pompa di calore) si aggiungono componenti che ne migliorano l’efficienza o permettono di sfruttare energie rinnovabili, come il solare termico. Dal 26 settembre in tutti i Paesi dell’Unione europea possono essere venduti e installati solo apparecchi termici che espongono l’etichetta energetica (dalla lettera G per i sistemi meno efficienti ad A+++ per i migliori); è infatti obbligatorio apporre l’etichetta su apparecchi per la produzione di calore e acqua calda sanitaria con potenza inferiore ai 70 kW, inclusi i pannelli solari con serbatoi con capacità inferiore ai 500 lt. Al momento restano esclusi i sistemi a biomassa. “La nuova etichetta energetica di sistema - spiega Legambiente - simile a quella usata per i dispositivi elettrici come frigoriferi o lampadine, differisce però da questa per diversi aspetti e talvolta non è così semplice da calcolare”. “Da qui - precisano l’associazione ambientalista e Assolterm - nasce l’importanza del progetto europeo LabelPackA+ che prevede di informare e formare produttori, rivenditori e installatori su questo tema”. Particolare supporto sarà fornito a rivenditori e installatori. Questi ultimi, secondo quanto previsto dalla direttiva europea, sono infatti i soggetti chiamati a calcolare e rilasciare l’etichetta energetica di sistema. “Il mercato delle caldaie - rimarca Sabbadin, responsabile efficienza energetica di Legambiente - è molto rilevante: su 19 milioni, una gran parte ha più di 15 anni e la percentuale di caldaie efficienti a condensazione che si installano ogni anno in Italia non raggiunge il 50%”.

ECOBONUS, NEL 2014 INVESTIMENTI PER 28 MLD E 425MILA OCCUPATI Nel 2014 il credito di imposta per ristrutturazioni e risparmio energetico ha prodotto 28,5 miliardi di investimenti e 425 mila posti di lavoro fra diretti e indotto, qualificando il sistema imprenditoriale del settore, riducendo i consumi energetici, l’inquinamento e le bollette delle famiglie. Gli stessi incentivi dal 2008 al 2015 hanno interessato oltre 12,5 milioni di interventi e milioni di famiglie. “I dati e le analisi sugli effetti del credito di imposta e dell’ecobonus sono di straordinaria importanza. Nell’edilizia, che dall’inizio della crisi ha perso migliaia di imprese e oltre 500mila addetti, il credito di imposta per ristrutturazioni e risparmio energetico ha rappresentato una straordinaria misura anticiclica”, dichiara Ermete Realacci, presidente della VIII Commissione Ambiente, commentando il dossier di Cresme e Servizio studi della Camera sugli effetti delle detrazioni fiscali in edilizia. “In Parlamento c’è consenso sulla necessità di confermare e allargare questa misura ad altri soggetti: edilizia sociale, condomini, imprese - aggiunge Realacci - E di ampliarla anche ad altri campi, quali il consolidamento antisismico e la bonifica dell’amianto. Su questo più volte ha confermato il proprio consenso e impegno il ministro delle Infrastrutture Delrio. La Legge di Stabilità è la sede adeguata per queste scelte”. “Oltre che per rilanciare la nostra economia investendo su un’edilizia di qualità che non consumi nuovo territorio ma punti su innovazione, sicurezza e bellezza – continua Realacci - è anche una strada per affrontare i problemi posti dai mutamenti climatici in atto, considerando che circa 1/3 dei consumi energetici e delle emissioni di Co2 si devono agli edifici. Estendere e confermare l’ecobonus significa ridurre i consumi energetici, l’inquinamento e le bollette. Con vantaggi per le famiglie e per le casse dello Stato”, conclude. In effetti, tra una casa costruita bene e una costruita male passa una bolletta energetica che oscilla tra i 1.500 e i 2.000 euro, e nelle sole scuole i consumi di energia valgono 1.300 milioni l’anno. Cifra che può essere ridotta di almeno un terzo investendo in efficienza energetica.

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ambiente

Viva l’educazione ambientale di Edoardo Borriello

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Quando nel gennaio scorso fu annunciato, il piano per introdurre l’educazione ambientale in tutte le scuole apparve a molti come una di quelle iniziative ambiziose destinate a restare solo sulla carta. Ma i programmi scolastici adottati oggi nelle scuole italiane dimostrano il contrario e fanno ricredere gli scettici. L’educazione ambientale è divenuta a tutti gli effetti una materia di studio. “Una materia accolta con grande interesse dagli alunni”, precisa il preside Mario Matarazzo che in passato si è battuto in Campania a livello regionale, e a Roma a livello nazionale, affinché l’ambiente fosse posto al centro dei programmi scolastici. “Per noi presidi aggiunge - si tratta di una grande conquista. Finalmente gli alunni potranno confrontarsi con un problema, quello ambientale, che è di vitale importanza per il nostro pianeta”. Il Ministero dell’Ambiente e quello dell’Istruzione hanno infatti deciso di rendere obbligatorio l’insegnamento dell’educazione ambientale nelle scuole italiane, al fine di gettare le basi per vincere la grande sfida sulla riduzione delle emissioni nocive e dei consumi. La nuova materia è entrata da quest’anno nei programmi didattici in molte scuole italiane. Inoltre, l’educazione ambientale è già studiata nell’ambito di progetti sperimentali che stanno riscuotendo un certo successo. Tra gli argomenti inseriti nel programma ci saranno i temi caldi dell’ecologia: i cambiamenti climatici, lo smog, il risparmio idrico, la raccolta differenziata. I dieci temi oggetto di studio verranno trattati in un contesto multidisciplinare, perché l’ecologia attraversa più aspetti della vita sociale ed economica. Purtroppo va ricordato che in passato sono falliti due precedenti tentativi di introdurre l’educazione ambientale come materia di studio. Il primo nel dicembre del 2008: il provvedimento fu inserito sotto forma di emendamento al decreto-rifiuti. Il secondo lo scorso anno, quando una proposta di legge non venne approvata malgrado il sostegno ottenuto da diversi schieramenti politici. Ci ha riprovato quest’anno, nell’ambito delle iniziative per Expo 2015, il sottosegretario al Ministero dell’Ambiente, Barbara Degani, elaborando un progetto in 150 pagine che punta a introdurre l’educazione ambientale nella scuola dell’obbligo, partendo dalla materna per arrivare alle superiori. I docenti riceveranno una formazione ambientale adeguata per poter affrontare in classe argomenti come il rischio idrogeologico, il riscaldamento globale e il trattamento dei rifiuti.

Le linee guida del progetto comprendono schede di approfondimento per i vari percorsi didattici, in modo che l’ambiente, in tutte le sue declinazioni, possa entrare nella vita dei giovani. L’educazione ambientale, inoltre, non sarà una materia discrezionale, come accade oggi nell’ambito delle materie di educazione civica. Il progetto parte proprio dai bambini, che sono il futuro e potranno a pieno titolo essere chiamati “nativi ambientali”. Un concetto tanto caro al ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, per il quale la diffusione della cultura ambientale tra i giovani è un tema fondamentale, tanto da farne una delle missioni principali del suo mandato. “Si tratta - sottolinea Galletti - della sopravvivenza del nostro pianeta. In Italia lavoriamo sempre in emergenza, ma se ognuno avesse rispetto per il proprio giardino non ci sarebbe bisogno di insegnarlo a scuola”. In realtà l’ambiente è già presente in molte scuole italiane, sia quando agli alunni più piccoli viene insegnata la raccolta differenziata, sia quando ai più grandi si parla di energia rinnovabile e inquinamento ambientale. “Ma ora questa impostazione - ha precisato la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini - non sarà più un fatto occasionale, un’iniziativa lasciata alla bravura dei singoli professori o dei presidi, ma farà parte dell’insegnamento in classe. Non avrà un orario fisso, ma rientrerà in quell’insegnamento multidisciplinare verso cui sta andando la scuola italiana”. L’iniziativa del ministero dell’Istruzione e di quello dell’Ambiente è stata accolta bene dai sindacati della scuola. La Cgil Scuola, tramite il suo segretario Domenico Pantaleo, ha fatto sapere di ritenerla “una grande innovazione, una buona idea che guarda anche al futuro, in cui sempre più la tutela dell’ambiente rappresenterà uno sbocco per l’occupazione”. Basta guardare agli Stati Uniti dove la “green economy”, ampiamente sperimentata, ha creato decine di migliaia di posti di lavoro. Un trend che sembra potersi confermare anche in Europa.

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bioedilizia

Il legno? Fulcro della bioedilizia di Maurizio Godart

Nata negli anni ’70 in Germania, la bioedilizia consiste in una visione sistemica, il più possibile ampia, che tratta il rapporto tra unità abitativa, uomo e natura. Realizzare una casa ecocompatibile e con materiali certificati vuol dire progettare un’abitazione di qualità, durevole e solida per ottenere un ambiente sano e confortevole. L’orientamento di questi ultimi anni per offrire un’abitazione sana ed ecologica è quello di avere una corretta gestione delle risorse naturali, grazie all’uso di tecnologie innovative, per ridurre al minimo i consumi. Costruire una casa bio fa parte di un processo complesso che necessita di una valutazione esaustiva, in quanto, per ottenere un habitat confortevole e rispettoso dell’ambiente, occorrono numerosi fattori. Tra questi: lo studio del terreno su cui edificare e dell’architettura dell’abitazione

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alle esigenze del cliente, oltre all’integrazione della sua forma nel contesto ambientale. Tutto questo deve essere progettato da architetti esperti in materia, in grado di ottenere il massimo risparmio energetico attraverso l’uso di energia rinnovabile (sole, vento, legno, ecc.), una corretta gestione dell’acqua (utilizzando anche quella piovana), l’impiego di materiali biocompatibili. Altra figura poco conosciuta ma altrettanto importante, è quella del geobiologo, il cui compito è quello di studiare l’ambiente e la disposizione dell’edificio, che deve produrre un impatto positivo sulla salute di chi andrà ad abitarlo. Altri compiti del geobiologo sono il misurare e valutare l’impatto ambientale dei campi elettromagnetici, della radioattività e dei rumori, studiare approfonditamente il terreno e la zona dove è più adatto edificare la casa, predisporre una ottimale gestione dell’impianto elettrico evitando dispersioni o presenze di campi elettromagnetici nocivi all’uomo. Molto importante anche la figura dell’idraulico, altro soggetto indispensabile per la costruzione della casa ecocompatibile, che deve pensare alle installazioni di dispositivi per far risparmiare, filtrare e riciclare l’acqua e predisporre impianti di riscaldamento che siano progettati per ottenere il massimo risparmio energetico: ad esempio impianti solari, installazione di caldaie a basso consumo energetico. Un materiale che – rimanendo nel campo della bioedilizia sta avendo molta fortuna in questi ultimi anni è il legno. Sostenibilità ambientale, risparmio energetico e rapidità nei tempi di costruzione; questi gli asset assicurati dal più antico dei materiali. In Italia si prevede un incremento delle costruzioni in legno del 15% nel 2015, superando di gran lunga lo 0,5% del 2008 ed il 6% del 2014. Nel mondo ci sono progetti ambiziosi riguardanti questo materiale: come il grattacielo (84 metri d’altezza) firmato da Rudiger Lainer che sorgerà nella zona Seedstadt Aspern di Vienna, o un edificio di 20 piani nella zona di Bolzano che sarà costruito dalla Rothoblass. Le case in legno sono rispettose dell’ambiente e delle

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persone che le abitano, perché il legno è l’unico materiale da costruzione che respira; inoltre garantiscono assenza di ponti termici e rischi di condensa, grazie all’elevata permeabilità al vapore. Il legno è un materiale eccellente, con elevata resistenza a trazione, compressione, flessione; è elastico, ha un basso peso specifico ed ottime caratteristiche termo-acustiche ed è di facile lavorazione. Le costruzioni in legno, se ben realizzate, durano secoli: ne sono riprova le tantissime case sparse in tutto il mondo che ancora si conservano perfettamente integre. La durabilità degli edifici è strettamente connessa ai trattamenti che vengono effettuati su quelle parti lignee che rimangono direttamente a contatto con gli agenti atmosferici e patogeni, pertanto con piccoli accorgimenti si può tranquillamente aumentare la vita di quelle parti esposte. Inoltre la resistenza ai terremoti degli edifici in legno è stata più volte collaudata in Paesi ad elevato rischio sismico come America o Giappone: il legno, infatti, ha caratteristiche che lo rendono in grado di resistere alle forze telluriche e che ne fanno, per certi versi, il surrogato ideale dell’acciaio. A differenza di questo, però, è un materiale molto più resistente al fuoco, anche se può sembrare paradossale: l’autocombustione del legno avviene a 300 gradi, mentre già a 200° l’acciaio e il cemento perdono la loro resistenza. Erroneamente si pensa che costruire in legno danneggi l’ambiente, in realtà è il miglior modo per rispettare la natura. Innanzitutto si tratta di un materiale ecologico e naturale; a differenza di quasi tutti i materiali dell’edilizia tradizionale che necessitano molta energia per la loro fabbricazione. Infine, in termini economici, il legno fa risparmiare fino all’80% per il riscaldamento/raffreddamento, considerato che il cemento richiede uno spessore di quasi 20 volte superiore per raggiungere lo stesso grado di isolamento termico. Dunque, il più antico dei materiali si è assicurato un luminoso futuro.


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acqua

Quante sorprese dall’acqua! di Giacomo Giuliani

H²O è una formula chimica che abbiamo imparato a conoscere già a scuola e che ricordiamo senza fatica. È diversa dalle altre e, diciamolo pure, ci è quasi familiare. Il vero motivo è, probabilmente, che rappresenta il simbolo dell’elemento che - oltre ad essere il più presente in natura e a comporre gran parte del nostro corpo - è anche quello che pensiamo di conoscere meglio in ogni suo aspetto! Ad esempio la società contemporanea è convinta che questa risorsa - fondamentale per la vita e per le attività economiche e produttive dell’uomo - sia inesauribile e sempre disponibile. Invece l’acqua è limitata e, anche nel mondo occidentale, comincia a scarseggiare; tanto che in futuro, a causa delle difficoltà di approvvigionamento e del consumo non razionale, diverrà un bene sempre più prezioso.

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Prezioso e tutto da scoprire, come dimostrano alcune importanti ricerche scientifiche. La moderna tecnologia e la ricerca scientifica stanno infatti contribuendo a rivedere molti luoghi comuni, credenze e certezze sull’acqua, spalancando le porte ad ipotesi in passato poco o per nulla credibili. Scoperte che, in un’ottica di medio lungo periodo, potrebbero trovare molteplici ed innovative applicazioni. Pochi sanno - ad esempio - che questa risorsa - per niente così “semplice” ed “elementare” - possiede delle caratteristiche “originali” e finora sconosciute, da poco emerse in ambito scientifico. Proprietà inattese e anomalie chimiche e fisiche. Ad oggi i ricercatori ne hanno individuate ben 72, che la rendono un liquido unico in natura, dalle caratteristiche quasi sorprendenti. Trascurando quelle conosciute che le permettono di essere, ad esempio, l’unico elemento in natura capace di assumere sia la forma


liquida che quella solida e quella gassosa, o quelle relative alla sua capacità termica, alla sua densità e tensione superficiale, ci sembra opportuno evidenziare alcune sue peculiarità davvero singolari. Fra queste, quella della sua “memoria”. Una tesi fascinosa – ormai quasi trentennale – ma ancora lontana dal trovare una conferma scientifica, secondo cui l’acqua sarebbe in grado di mantenere un’impronta genetica delle sostanze con cui entra in contatto. Ipotesi che, se dimostrata, potrebbe rivoluzionare molte consolidate conoscenze in campi come la fisica, la chimica e la medicina. Una teoria affascinante ma che purtroppo, allo stato attuale, sembra destinata a rimanere tale. Notevole interesse meritano, invece, le ricerche del fisico brasiliano Marcia Barbosa che, in più circostanze, ha parlato dell’acqua come di una sostanza “strana”, riferendosi alla capacità delle sue particelle, a differenza di quanto avviene in molti altri liquidi, di muoversi con una velocità crescente all’aumentare della sua densità. Un “superflusso” che è stato analizzato in laboratorio, nei nanotubi in carbonio, piccolissime strutture cilindriche all’interno delle quali è stata immessa dell’acqua. Barbosa ha osservato, in queste condizioni, un comportamento atipico delle sue particelle, molto simile a quello delle acquaporine che, semplificando, sono proteine della membrana di alcune cellule capaci di facilitare il passaggio dell’acqua ma di ostacolare quello di alcune sostanze fra le quali, ad esempio, il sale. Non è difficile immaginare le possibili applicazioni pratiche di una tale scoperta. Basti pensare alla difficoltà di approvvigionamento di acqua dolce in molte aree del mondo, per capire che il “superflusso” potrebbe facilitare la creazione di sistemi di dissalazione più rapidi e meno costosi in grado di trasformare grandi quantità di acqua salata in acqua potabile, in un’ottica di salvaguardia ambientale e sviluppo finalmente sostenibile. Ma non solo! Sappiamo tutti che l’acqua viene utilizzata anche per spegnere gli incendi, ma pochi sanno che può anche - in determinate condizioni di temperatura (373 °C) e ad altissime pressioni - bruciare ogni sostanza organica con cui entra in contatto e non produrre fiamme. A questo importante risultato è giunto Mike Hicks del Glenn Research Center della Nasa con il suo team di ricerca nei suoi studi sulla natura bipolare della molecola dell’acqua.

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Proprietà rivelatasi molto utile per ossidare i fanghi o i flussi di liquami, com’è stato dimostrato nel corso di un esperimento sulla Stazione spaziale internazionale nel 2013, e che potrebbe trovare interessanti applicazioni. Ma anche all’altro capo della scala termica però, l’acqua mostra comportamenti insoliti. Emily Moore e Valeria Molinero dell’Università dello Utah, hanno accertato che, a causa delle dimensioni molto piccole delle sue molecole, l’acqua può rimanere allo stato liquido fino a - 48 °C, senza gelare. Infatti, le due ricercatrici hanno evidenziato che in particolari condizioni di pressione atmosferica, l’acqua può cristallizzarsi in varie forme di ghiaccio. Oppure è in grado di assumere due tipologie diverse allo stato liquido, come ha invece dimostrato Francesco Sciortino, fisico dell’Università “La Sapienza” di Roma che ha messo in luce l’esistenza di un punto critico, ma preciso, di transizione da un tipo all’altro dei due stadi.

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Potremmo continuare ancora per molto anche considerando che la ricerca sull’acqua non si è fermata. Anzi, probabilmente è solo all’inizio. Ci piacerebbe però concludere questa breve esposizione con l’applicazione forse più suggestiva e al passo con i tempi di questa sorprendente risorsa: i “chip ad H²O”! Un piccolo, ma reale, “computer ad acqua”, ideato dal professor Manu Prakash della Stanford University. Un sistema, solo apparentemente semplice, nel quale lo spostamento - presenza/assenza - di minuscole goccioline d’acqua magnetizzate, iniettate fra due vetrini coperti da minuscole barre metalliche, ha riprodotto lo 0 e l’1 del codice binario sul quale si basano tutte le moderne tecnologie informatiche. Scenari, questi, che potrebbe davvero rivoluzionare la nostra vita e le nostre abitudini negli anni venire, in un futuro che in realtà è già arrivato... O forse no?


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energia per il sociale Un’energia speciale...

Benvenuto “Raggio di Sole” INTERVISTA A LAVINIA REBECCHINI Socio e membro del consiglio direttivo di “Raggio di sole” di Gabriella Busia

“Raggio di sole”, associazione ONLUS, nasce nel 1963 per iniziativa di quattro soci fondatori. Lo scopo, quello di aiutare le persone disabili attraverso un percorso per Lavinia Rebecchini 82

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renderle più autonome e socialmente integrate. Elementi dedica il calendario del 2016 agli ospiti di “Raggio di Sole” che, con foto ed elaborati, offrono uno spaccato della loro visione del mondo. Lavinia Rebecchini , socio e membro del consiglio direttivo, ricostruisce per Elementi la storia e i progetti della ONLUS.

all’interno del gruppo degli ospiti coinvolti, stimolare la loro creatività, incoraggiare l’espressione delle emozioni. Li aiuta anche a mantenere le capacità e le attività cognitive come la memoria, l’attenzione e l’orientamento nello spazio, nel tempo e rispetto agli altri. E: Quale iter deve seguire chi ha necessità del vostro aiuto?

E: Signora Rebecchini, ci racconti la storia di “Raggio di Sole”… LR: Negli anni Sessanta del secolo scorso, un ragazzo diversamente abile aveva poche possibilità di interagire con realtà esterne al suo mondo familiare. Così alcuni genitori illuminati, tra cui mio nonno, decisero di creare “Raggio di Sole” e dare ai loro figli questa possibilità. Inizialmente, quattro ragazzi uscivano di casa tutti i giorni per stare assieme, disegnare e colorare. Oggi, “Raggio di Sole” è una struttura sanitaria, accreditata presso la Regione Lazio che ospita 51 persone diversamente abili, 21 delle quali in modalità residenziale. La realtà che si è venuta a creare è partita dall’ascolto amorevole delle loro necessità e capacità. È stato un lungo percorso per costruire un’isola di serenità per i nostri ragazzi. E: Quali caratteristiche accumunano gli ospiti dell’associazione? LR: Sono tutte persone speciali, accomunate sì dalla disabilità psico-fisica ma seguite in base a uno specifico progetto di mantenimento, studiato ad hoc sulla personalità e le caratteristiche di ognuno, ad esempio sulla loro libertà emotiva ed espressiva.

LR: Occorre contattare la nostra ASL di riferimento (ora Roma B) e chiedere una prima visita di ammissione. Successivamente i nostri medici rilasceranno una valutazione iniziale. In caso di idoneità è redatto un progetto riabilitativo di tre mesi, al termine del quale i medici sviluppano un percorso a lungo termine. L’iter e i progetti sono concordati con la famiglia del richiedente. E: Oltre al volontariato, vi è un modo per aiutare economicamente l’associazione? LR: Le donazioni sono la nostra principale risorsa, sia quelle di denaro che quelle di beni o servizi da parte di aziende. Il 5x1000 poi rappresenta una fonte consistente, soprattutto se coadiuvata dall’opera di sensibilizzazione da parte dei singoli imprenditori verso i propri dipendenti. Tra le altre iniziative ricordo: “Adotta un Raggio di Sole” che consente il supporto del programma di uno degli utenti tramite una donazione mensile di 10 € e le attività di raccolta fondi, come la presentazione annuale di una pièce teatrale con contestuale asta di beneficienza - ospitata da amici sostenitori e presentata da attori professionisti che hanno a cuore “Raggio di Sole”. E: Che futuro sogna per “Raggio di sole”?

E: In questi anni quali sono stati i momenti di maggior difficoltà? E quali quelli di soddisfazione? LR: Oggi le difficoltà derivano dall’attuale crisi economica. Pur cercando di mantenere il massimo livello qualitativo del servizio, abbiamo dovuto rinunciare ad attività importanti, quali il soggiorno estivo, il laboratorio di ceramica, per esempio. Così come abbiamo dovuto ridurre le gite esterne e la partecipazione alle competizioni sportive. Siamo in una situazione incerta, che mette in pericolo la sopravvivenza stessa della Onlus. Tra i momenti di maggiore soddisfazione, invece, ricordo quando Antonello, che non parlava, mi ha chiamato per nome; la competizione sportiva vinta nel 2009; l’acquisto da parte dei soci fondatori del terreno degli immobili e infine nel 2014 la fine dei lavori di ristrutturazione, che hanno migliorato la qualità di vita degli ospiti. Ma la più grande soddisfazione è la gioia che queste persone esprimono nei piccoli gesti quotidiani, nel vedere che si sentono a casa. Altro esempio è quando, davanti all’immensa tristezza della perdita di uno di loro, gli altri tirano fuori un istinto vitale, una forza e una tenerezza immensi.

LR: Una lunga vita per “Raggio di Sole”! E per ognuno degli ospiti un futuro più sereno e interattivo con il mondo esterno. E poi, sogno di riuscire a dare loro strumenti di protezione e di essere sempre in grado di ricambiare i sentimenti e le emozioni che loro quotidianamente ci offrono.

CONTATTI www.raggiodisoleonlus.it Tel. 062291302

E: Sul vostro sito si possono vedere filmati e fotografie di iniziative artistiche in cui i vostri ospiti si cimentano con successo. Questa attività che funzione ha all’interno dei programmi di riabilitazione?

PER DONAZIONI ECONOMICHE IBAN: IT84R0760103200000043062009 -5X1000: C.F 80214130587

LR: Serve a favorire l’integrazione e la comunicazione

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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.

A cura di Piergiorgio Liberati in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del GSE

CO2, in Gazzetta Riserva di Stabilità e Regole per la IV fase d’obbligo Con la pubblicazione in Gazzetta Europea il 9 ottobre scorso si è concluso l’iter che ha portato, nell’ambito dello schema ETS europeo, all’istituzione della Riserva di Stabilità del Mercato. A luglio, nell’ambito del pacchetto sull’Unione dell’Energia, la Commissione ha pubblicato la proposta di revisione della Direttiva ETS per il periodo 20202030, che introduce cambiamenti sull’assegnazione gratuita delle quote alla manifattura. Le riforme hanno l’obiettivo di produrre prezzi più significativi dei titoli di emissione nei settori energivori. Secondo gli analisti la Riserva dovrebbe far salire il prezzo della quota di emissione a 20 euro al 2020 e 40 nel 2030 (valori nominali).

Infrastrutture ed energia, la competenza allo Stato La materia “energia” torna allo Stato. Questo il risultato dell’approvazione al Senato, lo scorso 8 ottobre, dell’articolo 31 del disegno di legge AS 1429-B (“Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”). La norma modifica l’articolo 117 della Costituzione (al Titolo V) che definiva materia concorrente, tra Regione e Stato, il tema delle infrastrutture energetiche. Nello specifico, sono stati elencati i settori in cui lo Stato ha competenza esclusiva, tra cui anche energia e infrastrutture strategiche.

Bolletta, l’Autorità aggiorna le tariffe per il quarto trimestre L’Autorità per l’energia ha aggiornato, per il quarto trimestre 2015, le componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema e le condizioni economiche per la fornitura di energia elettrica e gas naturale al mercato tutelato. Per una famiglia media, la spesa per l’elettricità subisce un rincaro del 3,4%, mentre per il gas del 2,4%. Ad influire sull’aumento della bolletta elettrica, l’incremento della componente A3 dovuto alla cessazione del meccanismo dei Certificati Verdi a partire dal 1° gennaio 2016, che comporterà l’applicazione di tariffe incentivanti e il ritiro, da parte del GSE, degli ultimi certificati invenduti (per un valore di circa 5 miliardi di euro). Applicando i prezzi dell’ultimo trimestre 2015, il costo annuale della fornitura elettrica per un “utente tipo” domestico passa a 505 euro, dei quali 105 dovuti all’applicazione della componente A3.

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Efficienza negli edifici: i decreti MiSE e la procedura d’infrazione UE Il 24 settembre la Commissione europea ha archiviato la procedura d’infrazione avviata il 24 gennaio 2013 contro l’Italia per incompleto recepimento della direttiva 2010/31/UE sulle prestazioni energetiche nell’edilizia. Tale archiviazione è il risultato dell’approvazione di tre decreti del Ministero dello Sviluppo economico, che incidono rispettivamente sulle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche, sulla definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici, sugli schemi e modalità per la compilazione della relazione tecnica di progetto. Infine, sono anche state adeguate le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici.

Avviata la rimodulazione degli incentivi non fotovoltaici Il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato sul proprio sito internet lo schema di decreto inerente la rimodulazione degli incentivi per le fonti rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico. In particolare, viene abbassato a 90 MW il contingente relativo agli impianti “a registro” utilizzanti biomasse e biogas a registro, aumentando al contempo gli incentivi. Novità anche per la definizione della componente rigenerata utilizzabile per sostituzioni o impianti nuovi. Previste anche alcune modifiche procedurali per lo svolgimento delle aste. Il 14 ottobre scorso, inoltre, l’Autorità ha formulato le proprie osservazioni rispetto allo schema. Una volta acquisito il parere della Conferenza Unificata, prima del via libera definitivo, il testo del decreto sarà notificato formalmente all’Unione Europea per verificarne la coerenza con le Linee guida sugli aiuti di Stato.

Ulteriori disposizioni per la verifica e tracciabilità delle biomasse Il 22 settembre scorso, sulla Gazzetta ufficiale, è stato pubblicato il decreto 6 agosto 2015 del Ministero delle Politiche agricole (MIPAAF) che modifica alcune procedure in materia di emissione dei certificati verdi e di verifiche per gli impianti utilizzanti biomasse. Nello specifico, il provvedimento dispone sulla tempistica di invio al MIPAAF della documentazione sulla tipologia di biomassa utilizzata dal produttore di energia elettrica nel corso dell’anno solare e sulla trasmissione al GSE dell’esito della verifica ai fini del controllo della quantità e della tracciabilità delle biomasse.

Carburanti, nuova Direttiva europea da recepire entro il 2017 Qualità di benzina e diesel, promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili: questi i temi interessati dalla Direttiva 2015/513 dello scorso 9 settembre, approvata dopo un lungo confronto tra Commissione, Consiglio europeo ed Europarlamento e che dovrà essere recepita entro il 10 settembre 2017. La Direttiva prevede una percentuale del 7% di biocarburanti di prima generazione utilizzabile per l’obiettivo comunitario del 10% da rinnovabili al 2020 nel settore trasporti. Per i biocarburanti avanzati è stato fissato, per gli Stati membri un obiettivo non vincolante dello 0,5%. Gli obiettivi nazionali dovranno essere presentati alla Commissione europea entro il 6 aprile 2017.

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Bizzarre energie

A cura di Sallie Sangallo

Un rabarbaro di energia

Salt di luce

Le Università di Harvard, Tor Vergata e la Fondazione Bruno Kessler di Trento hanno creato la batteria vegetale. Un dispositivo che immagazzina energia grazie al chinone, molecola prodotta dalle piante durante la fotosintesi e facilmente estraibile dal rabarbaro. La nuova pila, per le reazioni chimiche dei chinoni, riesce a ricaricarsi più volte e rilasciare energia chimica. I ricercatori sostengono che nel 2016 svilupperanno un prototipo con potenza superiore al kilowatt e nel 2017 le batterie vegetali entreranno nel mercato.

Salt è la lampada che funziona con acqua e sale grazie alla presenza di una particolare batteria, i cui elettrodi reagendo con il sale producono energia. Ideata da tre ingegneri filippini, potrebbe costituire un importante aiuto per gli abitanti di zone in cui manca l’elettricità. Salt ha un’autonomia di 8 ore e un costo accessibile anche per chi vive nelle zone più povere del pianeta.

L’ananas prêt-à-Porter Piñatex è il tessuto naturale derivato dalle foglie dell’ananas brevettato dall’imprenditrice spagnola Carmen Hijosa. Il nuovo materiale 100% ecologico è forte e resistente tanto da poter essere utilizzato nelle concerie, in sostituzione della pelle. Infatti dal Piñatex sono state create borse, scarpe, cinture e rivestimenti per sedili delle automobili.

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Involucro biodegradabile Un’importante casa dolciaria americana, sensibile ai problemi ambientali, ha fatto realizzare un involucro biodegradabile e capace di mantenere inalterate le proprietà dei propri dolci. I materiali tradizionalmente utilizzati per avvolgere i dolciumi contengono una buona quantità di alluminio e plastica, sostanze inquinanti ma utili a preservare il cibo dall’umidità. Il laboratorio a cui è stato affidato il compito di creare il nuovo materiale, ha realizzato della carta composta da pasta di cellulosa, inchiostri atossici e una quantità minima di alluminio in grado di scomporsi nell’ambiente. Foto e video dimostrano, infatti, che, interrando questi involucri in un semplice vasetto da balcone, dopo circa 6 settimane non ne resta traccia.


L’autostrada ricarica l’auto

Caffè “elettrico”

“Charge as you drive” è una tecnologia per ricaricare le auto elettriche che passeranno su una corsia verde,a loro dedicata. La prima sperimentazione inizierà entro la fine del 2015 su un’autostrada del Regno Unito, quando sotto al manto stradale verranno interrati dei cavi che generano campi elettromagnetici. Questi attraverso un sistema wireless, saranno raccolti in una bobina delle vetture in transito e convertiti in energia elettrica.

Trasformare i fondi di caffè in biogas e composti fertilizzanti per aziende agricole, è l’obiettivo della società Gruppo Argenta di Carpi, leader nella produzione e noleggio dei distributori di caffè e bevande. Il progetto

Il software a supporto della diagnosi energetica Bartucci S.p.A. e Acotel Net hanno sviluppato ETA - Energy Track & AUDIT, uno strumento cloud a supporto di EGE, Energy Manager e società specializzate che vogliono realizzare la diagnosi energetica.

prevede di raccogliere 2400 tonnellate di caffè, da 120 mila distributori automatici. Da una stima sulla conversione del caffè in elettricità si evince che per ogni tonnellata di caffè saranno prodotti 600 kwh. L’attenzione del Gruppo Argenta nei confronti dell’ambiente è da sempre presente, infatti i macchinari dell’azienda sono eco-compatibili e dotati di una classe energetica che garantisce un ridotto consumo di elettricità.

Pastelli gioielli Ingenium Soul è un’azienda che crea eco-gioielli. I due fondatori Sara e Valentino trasformano in gioielli e complementi d’arredo oggetti altrimenti destinati ad essere gettati nella pattumiera. Mozziconi di matite colorate diventano collane, i vecchi sacchi di juta del caffè si trasformano in portaritratti, secondo la vecchia regola che tutto si crea e nulla si distrugge.

Grazie a un’interfaccia web semplice e intuitiva, il software consente di individuare i centri di costo più significativi, evidenzia gli eventuali sprechi dell’impianto monitorato e indica quali sono le concrete opportunità di miglioramento.

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letteratura

Il ‘900 da non dimenticare 2 Che penne e che voci forti! In questa seconda puntata abbiamo scelto di ricordare tre autori che con i loro scritti sono balzati alle cronache del Novecento per essere tra i migliori scrittori del loro tempo. Grazia Deledda, autrice sarda, vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1926, seconda donna al mondo ad essere insignita di così alta onorificenza. Vittorio G. Rossi ha raccontato storie affascinanti di mare che erano anche storie d’umanità, attraverso una scrittura semplice, chiara ed efficace. È stato uno degli autori italiani più letti al mondo, addirittura considerato superiore a Hemingway. Infine, Giuseppe Berto, che con i suoi libri ha caratterizzato la seconda metà del ‘900, grazie a un linguaggio moderno, intenso, essenziale e profondo. Affrontando spesso con coraggio e visione anche temi di carattere sociale, in controtendenza rispetto alla vulgata allora dominante. (Romolo Paradiso).

di Mauro De Vincentiis

GRAZIA DELEDDA In una lettera del 2 giugno 1910, Maksim Gorkij inviò a una scrittrice esordiente questo biglietto: “Mi permetto di indicarle due scrittrici che non hanno rivali né nel passato, né nel presente: Selma Lagerlöf e Grazia Deledda. Che penne e che voci forti!”. Lagerlöf e Deledda sono state Premio Nobel per la letteratura, la prima nel 1909, la seconda nel 1926. Il libro ritrovato di Grazia Deledda è “Cosima”, la sua autobiografia in terza persona, uscita postuma nel 1937, dopo pochi mesi dalla sua scomparsa, avvenuta a Roma il 15 agosto 1936 (era nata il 27 settembre 1871).

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Berto, Rossi e Deledda visti da Alessandro Buttà

Il libro comincia con la descrizione della casa nuorese “grande e solida”, che somiglia nella struttura – come hanno sottolineato i critici del tempo – alla sua scrittura, limpida e “affettuosa, concreta e insieme capace di aprirsi a improvvisi tagli favolistici”. Trentasei romanzi e 250 racconti (tra cui spiccano: “Elias Portolu”, “L’edera”, “Canne al vento”, “L’incendio nell’oliveto”), due drammi teatrali, la sceneggiatura per il film tratto dal romanzo “Cenere” (interpretato da Eleonora Duse): questa la vasta opera della Deledda. Nulla la scoraggiava riuscendo con determinazione a evadere dai confini ristretti della natia Nuoro per diventare a Roma, agli inizi del 1900, una delle scrittrici più famose in Italia e all’estero. Perché nella Deledda l’esistenza umana è in preda a forze superiori, “Canne al vento” sono le vite degli uomini e la sorte è concepita come “malvagia sfinge”.

VITTORIO G. ROSSI Il libro ritrovato di Vittorio G. Rossi è “Pelle d’uomo” (1943), il cui titolo deriva dall’epigrafe: “Chiesero a un pescatore di merluzzo dei Banchi di Terranova: Come lo pescate il merluzzo, sui Banchi? - Con la nostra pelle,

rispose l’uomo dei Banchi”. Ed è la storia di una pesca fatta sulla goletta “Corona borealis”. Pagine drammatiche, di lotte, di coraggio e di tenacia, dove la natura sembra opporsi all’uomo. Rossi, nel ricostruire la sua vita, ricorda che tutto quello che leggeva dei viaggi altrui lo annoiava “moltissimo”. Capiva che non si potevano più raccontare i viaggi solo con la descrizione. Così gli venne l’idea di inventarsi qualcosa di nuovo: prese l’uomo come protagonista e fece del viaggio un’avventura umana, con le grandi forze della natura come protagoniste. Il mare lo aveva nel sangue. Era nato a Santa Margherita Ligure l’8 gennaio 1898 (scomparve il 4 gennaio 1978), navigando presto, in guerra e in pace. Per questo ha scritto: “La mia vita è nei miei libri…Non solo ho viaggiato per tutto il mondo, ma ho sempre preferito viaggi avventurosi in luoghi difficili. Ho fatto anche l’esperienza di quasi tutti i mestieri rischiosi: come il palombaro, il minatore, il navigante delle petroliere, il pescatore di balene, l’uomo di bordo delle navi-faro. Ho assistito ai più importanti avvenimenti storici del

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nostro tempo, ho conosciuto e intervistato i principali protagonisti di essi”. Una vita irripetibile da “inviato speciale”, che può far sognare più d’uno dei giovani lettori d’oggi. Una vita che seppe rifuggire dai toni letterari; anzi dalle letture di “certi classici nostri” imparò come non si deve scrivere. Basta leggere uno dei suoi libri: da “Sabbia” a “Cobra”, a “Fauna”, a “Maestrale”.

Uniti, passando da un campo di concentramento all’altro come non collaborazionista, finì a Hereford (Texas) dove ebbe come compagni di prigionia Gaetano Tumiati, Dante Troisi e Alberto Burri che iniziava allora la sua attività di pittore. Questa esperienza fu importante perché fece rinascere in Berto il desiderio di scrivere, passione frustrata della sua giovinezza. Alcuni compagni fondarono una rivista che veniva letta a turno, nell’unica copia manoscritta. Nella ricerca di collaboratori, i curatori si rivolsero anche a Berto.

GIUSEPPE BERTO

La sua carriera di scrittore, culminò nel 1964, con la pubblicazione de “Il male oscuro” che – dapprima rifiutato da più di un editore – si aggiudicò, nell’arco di una settimana, i premi “Viareggio” e “Campiello”. Il romanzo ripercorre la vita dell’Autore, alla ricerca delle radici della sua sofferenza; frutto del percorso psicoanalitico, opera una dissoluzione delle strutture narrative.

Due libri hanno segnato la storia letteraria di Giuseppe Berto (1914-1978): “Il cielo è rosso” (1947) e “Il male oscuro” (1964). Il primo, che fu un successo internazionale, narra le difficili vicende di un gruppo di ragazzi che la guerra ha abbandonato al destino e che, tra violenze e drammi, ritrovano solidarietà e umanità. Combattendo in Africa Settentrionale, Berto cadde prigioniero il 13 maggio 1943. Trasferito negli Stati

Let ture suggerite • Grazia Deledda: “Canne al vento”, “Cenere” • Vittorio G. Rossi: “Oceano”, “L’orso sogna le pere” • Giuseppe Berto: “La gloria”, “Anonimo Veneziano”

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Nella produzione successiva, libri d’impegno si alterneranno a pagine occasionali; Berto sembra sciupare il suo talento. Lontano da circoli e accademie letterarie, nel suo rifugio a Capo Vaticano, in Calabria, dal quale scrive: “L’isola degli aranci sta dall’altra parte celeste e gialla e un poco verde nella sua breve lontananza, e in mezzo c’è un piccolo tratto di mare proprio piccolo ma non ho il coraggio di passarlo… e così verso sera cerco un posto da dove si possa guardare la Sicilia, di notte l’altra costa è una lunghissima distesa di lampadine con segnali rossi e bianchi…”.


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energia del pensiero

Favola di Natale

Forse domani nevica di Romolo Paradiso

Avevano detto che sarebbe nevicato nei giorni a venire. Faceva troppo freddo, le temperature si erano abbassate repentinamente e sulle montagne vicine c’era neve quanta non ne aveva mai fatta in altri tempi nello stesso periodo. La situazione infastidiva non poco gli abitanti della città, che già immaginavano scenari complicati di vita: viabilità difficile, facilità d’incidenti, impossibilità di raggiungere i luoghi di lavoro, e quant’altro può pensare in quelle

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circostanze chi è abituato a convivere con una quotidianità metropolitana non certo semplice. I bambini invece vivevano quel momento con eccitazione. La neve avrebbe significato non andare a scuola e divertimento assicurato. Nel parco del quartiere, dove nel pomeriggio le mamme portavano a giocare i loro figli, l’animazione era più fervida del solito. I bambini non parlavano d’altro che della neve in arrivo. Ognuno aveva


I bambini non parlavano d’altro che della neve in arrivo. Ognuno aveva un’idea su come divertirsi e la comunicava agli altri, che aggiungevano altre idee e così, a valanga, i progetti si moltiplicavano, tra entusiasmi e grida di gioia.

un’idea su come divertirsi e la comunicava agli altri, che aggiungevano altre idee e così, a valanga, i progetti si moltiplicavano, tra entusiasmi e grida di gioia. In quell’atmosfera di festa, Nicole e Bruno, una bambina e un bambino di poco più di cinque anni, si erano fermati dal giocare perché incantati da un uccellino che timidamente beccava alcune briciole di pizza davanti ai loro piedini.

Aveva dei colori particolari, un grigio perla misto a un bianco vivo e a un blu cielo, due occhietti a mandorla di colore celeste, e una coda lunga colorata di bianco e rosso magenta. L’uccellino beccò fino all’ultima mollichina, fermandosi a guardare negli occhi i bimbi a ogni beccata, come a chiedere loro il permesso di poterlo fare. Quando finì, si alzò in volo e si diresse da un’altra parte.

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Nicole e Bruno però, attratti da quell’esserino minuto, lo seguirono con lo sguardo e vedendo dove si era riposato gli andarono incontro. Quando furono a lui vicino, l’uccellino mosse la coda e ripartì così veloce che i due bimbi lo persero subito di vista. Ma nel posto dove quello si era fermato, Nicole vide qualcosa che leggermente si agitava arrotolandosi e svolgendosi continuamente. Si abbassò e si accorse che si trattava di una banconota, dal valore imprecisato per lei e per Bruno, che poco s’intendevano di denaro. Cosa si poteva comprare con quei soldi, si chiesero i due bambini. Caramelle, cioccolatini, patatine fritte, merendine, oppure bambole, giochi elettronici, o cosa altro? Nicole rimase a pensare, con la banconota in mano, stretta penzoloni tra il pollice e l’indice. Poi Bruno, con una mossa rapida l’afferrò e la trasse a sé. “Portiamola a mamma”, disse a Nicole, ancora imbambolata dalla rapidità del gesto del suo amichetto. “Sì”, rispose lei, “ma alla mia mamma, perché i soldi li ho trovati io”. Bruno non si oppose, restituì il denaro a Nicole e di corsa si avviarono verso i loro genitori. Correndo, Bruno inciampò in un vecchio ramo d’albero caduto, sporcandosi il cappottino di fango. Nicole rise di cuore e lo prese in giro dicendogli che così impiastrato sembrava un clown. Bruno non se ne ebbe e riprese a correre, ma fece appena qualche passo e si fermò. Si fermò a guardare alla sua destra dove, su di una panchina era coricato un barbone coperto appena da una trapunta lacerata in più parti e da un cartone posato sopra. Bruno guardò Nicole, anche lei colpita da quell’immagine, le si avvicinò e le chiese: “Sai chi ci sta lì sotto?”. “No!”, rispose sottovoce Nicole. “Io lo so”, disse Bruno. “E chi è?” gli chiese Nicole con gli occhi sbarrati dalla curiosità. “È Babbo Natale”, affermò deciso Bruno. “Davvero?!?” esclamò stupita Nicole. “Sì, è proprio lui!”, confermò Bruno asserendo anche con la testa. “E tu come lo sai?”, incalzò Nicole. “Perché una volta l’ho incontrato in un negozio di giocattoli”, sostenne Bruno. “Stava coricato dentro lo sgabuzzino, così come ora, con la stessa copertina e qualche cartone in più. Lui mi ha visto e mi ha schiacciato l’occhio. Io gli ho chiesto se stesse bene, e lui mi ha detto di sì. Allora gli ho domandato perché non uscisse per andare in giro come tutti. E lui mi rispose: “aspetto che arrivi mezza notte, quando tutti dormono, per uscire”. Così gli ho chiesto: “Ma tu sei Babbo Natale?”, e lui mi ha rischiacciato l’occhio. Allora io l’ho salutato con la manina e sono andato via. Ma non l’ho detto a nessuno… Lo sai solo tu”. “Ma non ti ha detto che era Babbo Natale!” affermò Nicole. “Sì che me l’ha detto”, rispose deciso Bruno. “No! Non te l’ha detto!”, insistette Nicole. “Mi ha schiacciato l’occhio!”, replicò Bruno. “E che significa?”, affermò imbronciata Nicole. “Non lo sai? Quando Babbo Natale incontra un bimbo la vigilia di Natale, lui non dice: “Sono Babbo Natale”, schiaccia l’occhio, sorride e se ne va”. Sostenne sicuro Bruno. Nicole ascoltò la spiegazione dubbiosa, poi con aria furbetta domandò: “Allora che si fa, lo si sveglia?”. “Bé”, rispose Bruno un po’ intimidito al pensiero, “possiamo provare”.

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Nicole si fece coraggio e si avvicinò al barbone. Con la punta del dito indice toccò il corpo dell’uomo che non si mosse. “Dorme” disse sottovoce Bruno. Ma Nicole, incuriosita riprovò. Il barbone si mosse lentamente e i due bambini fecero un balzo indietro. “Ha aperto gli occhi”, affermò Nicole. L’uomo guardò i bimbi e si lasciò andare a un sorriso, subito ricambiato dai due. “Che fate qui?”, domandò loro. “Abbiamo seguito un uccellino bellissimo che beccava pezzettini di pizza!”, rispose Nicole. “Era così bello?”, chiese il barbone. “Molto!”, risposero insieme i due bimbi. “Perché?” insistette l’uomo. “Aveva dei colori bellissimi, e gli occhietti piccoli e colorati, e la coda anch’essa piena di colori”, affermarono Nicole e Bruno. “Lo sapete che fra poco sarà buio, e fa anche freddo, dovreste tornare dalle vostre mamme”, disse il barbone. “Sì, lo sappiamo”, replicò Bruno, “e tu lo sai che domani forse nevica?”. “Penso di sì”, rispose l’uomo, “il freddo è quello giusto… Nevicherà!”. “Ah, lo sai anche tu allora!” fecero in coro allegri Nicole e Bruno.


I bambini si guardarono negli occhi e rivolti al barbone gli chiesero con un filo di voce: “sei tu Babbo Natale?”.

Seguì un attimo di silenzio. I bambini si guardarono negli occhi e rivolti al barbone gli chiesero con un filo di voce: “sei tu Babbo Natale?”. A quella domanda, il barbone si scosse e si mise seduto, guardando in volto i bambini che in tanto si erano avvicinati a lui. Con la mano li accarezzò amorevolmente e sorridendo schiacciò loro l’occhio destro. Nicole e Bruno spalancarono gli occhi e si lasciarono andare a un grido di gioia. Poi Nicole si avvicinò a Bruno sussurrandogli qualcosa nell’orecchio e un istante dopo allungò al barbone la banconota dicendogli: “l’abbiamo trovata vicino a quell’albero. Prendila tu, ci compri i regali per i bimbi buoni”. E scapparono di corsa salutando di continuo ad ampi gesti il barbone. Questi guardò la banconota. Valeva 500 euro. Una cifra enorme. Mai vista. Cercò con lo sguardo Nicole e Bruno, ma si era fatto buio e non si vedeva più in là di una decina di metri. L’uomo non sapeva cosa fare. Si alzò, fece qualche passo, ma la sera era calata e il vociare dei bimbi si era disperso nel nulla. Lentamente si avviò oltre il parco, verso la strada illuminata appena. Il freddo era pungente e così il vento che si era alzato improvviso. I suoi abiti, vecchi e logori non bastavano a difenderlo e i brividi cominciavano a percorrergli il corpo e i denti a battere forte. Si muoveva a fatica e a fatica entrò dentro una vecchia trattoria del posto. Appena lì, il proprietario gli si fece incontro con sguardo minaccioso. “Posso pagare!”, disse deciso il barbone, “ho il denaro!”. E mostrò la banconota. Il proprietario lo guardò in viso. Vide quegli occhi lucidi di freddo e il volto emaciato e livido. Lo fece sedere in un tavolo defilato, vicino la toilette e gli domandò cosa volesse ordinare. Il barbone chiese un piatto di minestra calda, del pane, una bottiglia di vino e un po’ di prosciutto. L’uomo si guardava intorno e si sentiva spaesato in quella situazione che da ragazzo però aveva vissuto non poche volte con la sua famiglia, una famiglia benestante, con un papà dal lavoro indipendente e una mamma affettuosa e premurosa. Una signora semplice, che sapeva infondere dolcezza e calore umano. Poi un incidente stradale aveva distrutto tutto e lui era rimasto solo, a diciotto anni, senza riferimenti e senza più voglia di reagire. Si era lasciato andare, aveva venduto tutto quel che gli era rimasto e aveva scelto di vivere in strada, tra i poveracci e i disperati. Per molti di questi era stato un punto di riferimento, aiutandoli a superare le difficoltà del giorno, ricambiato sovente dagli stessi con solidarietà minuta. Una mutualità fatta di piccoli gesti, di poche parole, ma in grado di accendere grandi luci nell’animo, in giorni grigi sempre, difficili comunque, vissuti tra piccoli espedienti, tra silenzi e dormiveglia che non finivano mai per le intemperie, ma soprattutto per le paure di sogni che non si potevano avverare. Mangiò lentamente quanto aveva ordinato, bevve un paio di bicchieri di vino e si sentì meglio. I brividi di freddo erano passati e la voglia di tornare in strada, nel suo ambiente, era tornata.

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Chiamò il padrone del locale e gli chiese il conto. “Oggi è il tuo giorno fortunato. Offro io”, gli disse questi. Il barbone lo guardò meravigliato. Era la seconda sorpresa nel giro di poco tempo. “Ho i soldi!”, affermò con un sussulto di dignità il barbone, mostrando di nuovo la banconota. “Ho visto. Tienili. Ti serviranno. Ma ora va”, e con la mano lo sollecitò a guadagnare la porta. Il barbone uscì pensando a quella situazione e ancora non credeva a quanto accadutogli. Tirò fuori la banconota da 500 euro. La guardò per qualche attimo, come si guardano le cose che non si sono mai viste, e che ci sorprende vedere, o, più ancora possedere. Davanti a lui c’era la chiesa dove di tanto in tanto andava la sera, quando ormai non c’era più nessuno e lì, in un angolo nascosto, poteva dormire fino a mattina presto con la complicità del sacrestano che faceva finta di nulla. Aprii con cautela il portone ed entrò. Le ultime persone stavano uscendo. La funzione della sera era finita da poco e già il sacrestano stava iniziando le pratiche per chiudere la cappella. Quando vide il barbone, lo avvicinò, con la mano gli diede delicatamente una pacca sulla spalla, in segno di amicizia. Lui, come faceva quando lì si trovava, si avviò lentamente verso il suo posto, dietro la fonte battesimale. Qui si coricò in terra, rannicchiandosi in sé. Dopo qualche minuto, e prima che la chiesa fosse chiusa, entrò trafelata una signora giovane con un bimbo in grembo, avvolto dentro una coperta di lana. Si avvicinò alla fonte battesimale e si sedette accanto a lui, senza neppure guardarlo in volto, e con uno scatto furtivo abbassò la veste fino al seno, porgendolo delicatamente alla bocca del bimbo che con prontezza vi ci si attaccò. Il barbone guardava la scena colpito da quello spettacolo d’amore e di vita. Vedeva il piccino suggere con avidità. Il volto era rosso infuocato, forse dal freddo o dalla foga della fame. Lo sguardo della madre, tenero e dolce, era attento sul fare del piccino. Il barbone scrutò quella giovane donna. Aveva una giacchetta estiva abbastanza lisa, un paio di scarpe aperte e in testa un fazzoletto blu, dal quale spuntavano dei bei capelli color oro. Ma il volto era pallido ed emaciato e le unghie scure per il gelo. Il barbone guardò ancora quelle due creature sole e malandate, ma forti di quel sentimento che solo vale la vita e la vita fa. Lentamente sfilò dalla sua tasca il biglietto da 500 euro e con cura, senza farsene accorgere, lo mise nella tasca della giacca della donna. Poi, come un automa, posò con levità la testa sulla spalla della signora e si addormentò. Per sempre.

Asterisco Caduti nell’indifferenza di Stefania Concàri Siamo una Società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. (Papa Francesco) Seduti comodamente sulla nostra poltrona di casa guardiamo gli orrori con la convinzione di essere lontani da alcune realtà, e con il telecomando decidiamo di cambiare canale quando le immagini irritano i nostri sensi. La cultura dominante ci porta a pensare solo a noi stessi, rendendoci insensibili a quanto di fronte a noi accade. Se ci venisse in mente che chi muore di fame è un essere umano come noi. Se ci venisse in mente che quelle persone, che accettano di rischiare per una vita migliore, sono come noi. Se ci venisse in mente che potremmo essere noi quelle persone, forse non rimarremmo indifferenti. Siamo arrivati a guardare negli occhi una persona che sta morendo senza che ciò possa suscitarci pensiero e riflessione. Nel momento in cui gli anziani, i malati vengono considerati come un problema che non suscita commozione, nel momento in cui i morti sul lavoro diventano una consuetudine quotidiana che non scuote più le nostre coscienze, nel momento in cui lo straniero è solo un estraneo con cui è meglio non avere a che fare, e infine, quando persino i giovani devono inghiottire una pillola di ecstasy per provare una emozione, allora possiamo affermare di essere in balia del drammatico vento dell’indifferenza. Viviamo nell’illusione del futile che ci porta ad un’inevitabile insensibilità emotiva e non riusciamo a renderci conto che, a dispetto di ciò che riteniamo superficialmente importante, è sempre il contatto con gli altri a renderci migliori offrendoci la dimensione giusta della vita. L’indifferenza era, ed è ancora oggi, uno dei mali che distrugge l’umanità, disintegra la persona da dentro per poi riflettersi nell’intera società. Chi vive nell’indifferenza alberga nella confusione, non sa quale possa essere il valore più importante per lui e così disconosce dove indirizzare la propria vita, come migliorarla e renderla più viva. L’uomo che vive senza i valori, vivrà come un cieco pur avendo gli occhi aperti. Ha detto Peter Marshall “un mondo differente non può essere costruito da persone indifferenti”.

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Dialogo con il crocifisso

L’infinito io: Sai, un bambino mi ha chiesto cos’è “l’infinito”. Lui: E tu come hai risposto? io: Che l’infinito è tutto ciò che riesce a farti felice... A riempirti di gioia. A farti sognare. Lui: E lui? io: Mi ha guardato fisso negli occhi, spalancando i suoi e mi ha detto: “quando gioco sono felice. Quando mamma e papà mi abbracciano ho gioia. Quando penso a cosa farò tra un po’, sogno e mi emoziono”. Lui: Caspita! È proprio una risposta da bimbo. C’è quel nitore e quella percezione di verità che solo i bambini sanno avere. io: Già…Io mi sono un po’ allargato e approfittando del momento gli ho chiesto perché mi avesse domandato dell’infinito, e lui mi ha detto che ne aveva sentito parlare da sua madre mentre dialogava con un’amica. Non capì bene di cosa si trattasse, ma la parola lo incuriosiva. Ne aveva allora chiesto il significato alla mamma, ma la risposta fu che non era facile da spiegare a un bimbo di cinque anni. “Forse tra qualche tempo…Quando sarai più grande…”. Lui: Bé, …poteva far meglio…. io: Si vede che il piccolo quella parola l’ha tenuta nella mente e tirata fuori appena ha potuto. Ha scelto me, che sono un amico della sua famiglia e ogni tanto vedo il papà con il quali giochiamo insieme a tennis. Quel giorno ero in casa loro, aspettavo suo padre che si stava preparando, così lui è piombato su di me e mi ha fatto la domanda. Lui: Per te si è trattato di un’opportunità niente male, no? io: Sono sempre le cose che non ti aspetti di vedere, di ascoltare, di conoscere che ti fanno pensare. Che scuotono l’anima e il cuore. Che riaprono il contatto con la vita, spesso

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Mondo Piccolo

Mp bloccato dal fare e dalle preoccupazioni del giorno. Lui: Un toccasana. Pensa se quei momenti non ci fossero, saremmo continuamente in balia del peregrinare istintivo, senza se né ma… Si perderebbe un momento di ricreazione troppo importante... Forte però questo termine: “ricreazione”. Dà proprio l’idea di qualcosa che rinasce, che torna a pulsare, ad essere viva… io: È stato così. Quella domanda, quel visino piccino e quegli occhietti vispi che mi interrogavano e poi si accendevano di una luce vivace, d’entusiasmo, mi hanno svegliato da un momentaneo letargo. Mi sono sentito come sollevato da terra. Leggero e contento. Lui: Ah i bambini!... io: “…se ci faremo bambini…” Lui: Che dici?... Attento! Qui scattano i diritti d’autore! lo Smilzo

Filo di Nota a cura di Mauro De Vincentiis

Grande Guerra e riciclo: una sapienza artigiana dimenticata Una mostra a San Zenone degli Ezzelini (Treviso), per il centenario dell’entrata in guerra dell’Italia nel 1915, ha

presentato una vasta collezione di oggetti recuperati nelle trincee e nei rifugi dei fronti contrapposti e poi riciclati per uso domestico. Negli anni Venti del secolo scorso c’era un Paese povero con una straordinaria capacità artigianale: nell’adattamento di quei pezzi che i “recuperanti” portavano a valle dagli altipiani e dalle cime, teatri della guerra, si scopre una fantasia, una pazienza e una abilità manuale ormai perdute. Ci voleva perizia e tecnica per foggiare una baionetta in un falcetto; o per riciclare una canna di fucile e farne un soffione per ravvivare il fuoco del camino. Un cinturone di cuoio, poteva reggere il campanaccio delle mucche. E che dire della maestria del battirame, vero artista, che dai bossoli dei proiettili riusciva a “cesellare” dei portafiori? Ancora oggi, in molte baite dolomitiche, appeso a un chiodo, c’è un elmetto rovesciato, trasformato in vaso per piantine. In un mondo nel quale “usa e getta” imperversa, è sconosciuta la cultura antica di conservare e riciclare per una funzione diversa.

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LEONARDO E LA MAREA

CHE COSA C’È SOTTO

L’ELETTRONE DIMEZZATO

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di Marco Malvasi

(Il suolo, i suoi segreti, le ragioni

di Gianfranco D’Anna

di Roberto Carratù

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per difenderlo)

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Sistemi Editoriali, 2015, pag.240

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Altreconomia, 2015, pag.160

Nel primo Novecento, due scienziati si contendono la soluzione di un mistero: un enigma infinitamente piccolo, ma di incommensurabile portata. Due personaggi, radicalmente diversi, come Robert Andrews Millikan, statunitense, e Felix Ehrenhaft, austriaco, indagano sull’esistenza di una particella minuscola ed evanescente che prima di loro nessuno era riuscito a “vedere”: l’elettrone.

Il nostro futuro è sempre più condizionato dalla scelta e dall’uso di tecnologie destinate al risparmio energetico e alle fonti rinnovabili. Lo confermano gli incrementi delle prestazioni energetiche richieste agli edifici dalle attuali normative europee che impongono, tra l’altro, di essere a consumo quasi zero: “nZEB” (near Zero Emission Building). Cosicché la serra solare bioclimatica rappresenta un’occasione progettuale, permettendo alla luce naturale di entrare nelle nostre abitazioni e nella nostra vita. Il testo, aggiornato alle norme vigenti, è una guida per chi volesse progettarne una.

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Per il lettore di questo volumetto illustrato, il filo conduttore è l’attenzione particolare all’educazione scientifica del piccolo Leonardo. Gli Autori (entrambi chimici, oltreché scrittori) affrontano i temi della forza di gravità, delle maree, della distanza dei pianeti e della velocità della terra, con leggerezza, unita agli approfondimenti tecnici. Così, con gli occhi di Leonardo, conosciamo un’interpretazione poetica delle forze della natura, attraverso un’indagine scientifica dei sentimenti.

Questo libro spiega che cos’è il suolo e perchè ciascuno di noi deve conoscerlo, tutelarlo, difenderlo. È una risorsa viva, unica e non rinnovabile (per generare 2,5 centimetri di suolo “vivo” ci vogliono 500 anni) che ci sostiene, ci nutre, ci fa respirare. L’Autore, così, propone una vera e propria “pedagogia del suolo” che investa responsabilmente tutti: dalla scuola alla politica, fino ai tecnici che si occupano della sua gestione.

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Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

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LO CHIAMANO NATALE! «Ti ricordi» chiese, nel paradiso degli animali, l’anima del somarello all’anima del bue «per caso ti ricordi quella notte, tanti anni fa, quando ci siamo trovati in una specie di capanna, e là, proprio nella mangiatoia…?». «Lasciami pensare… Ma sì» confermò il bue. «Nella mangiatoia c’era un bambino appena nato. Come lo potrei dimenticare? Era un bambino così bello». «Da allora, se non sbaglio» fece l’asino «sai tu, da allora, quanti anni son passati?». «Figurati, con la memoria da bue che ho!». … «E, a proposito, lo sai chi era quel bambino?». «Come faccio a saperlo? Era gente di passaggio. Certo, un fantolino meraviglioso. Chissà perché, non mi è mai uscito di mente. E sì che i genitori parevano gente molto comune. Dimmi, chi era?». L’asinello sussurrò qualche cosa in un orecchio al bue. «Ma no!» fece costui sbalordito. «Sul serio! Vorrai scherzare, spero». «La pura verità. Lo giuro…del resto, io l’avevo subito capito». «Io no, confesso» disse il bue. «Si vede che tu sei più intelligente. A me, non mi aveva neanche sfiorato il sospetto. Benché, certo, a vedersi fosse un bambino straordinario». «Bene, da allora, gli uomini, ogni anno, fanno gran festa per l’anniversario della nascita. E per loro non ci sono giornate più belle. Tu li vedessi. È il tempo della serenità, della dolcezza, del riposo dell’animo, della pace, delle gioie familiari, del volersi bene… Lo chiamano Natale!»… Dino Buzzati (1906-1972) (da: “Lo strano Natale di Mr. Scrooge e altre storie”, 1990)

E+ Energia, letteratura, umanità

Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà

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Vincenzo Martini Espressione di “una creatività artistica che tesse la tela della memoria e della narrazione”, così Vincenzo Martini, nato a Foligno nel 1955 e residente a Spello nel cuore dell’Umbria dei borghi medioevali e degli eremi francescani, definisce nella sua biografia l’essenza della sua pittura. Con un linguaggio dagli accenti naif di facile e avvincente lettura, Vincenzo Martini esprime un mondo poetico, affascinante, misterioso pur nell’eloquenza delle raffigurazioni gremite di “piccole” presenze umane: frati operosi nello svolgimento di attività quotidiane o allegramente impegnati in attività ludiche. La sua pittura, fortemente legata all’ambiente naturale e urbanistico umbro di cui realizza scorci che evocano sentimenti di nostalgia per una realtà perduta e rimpianta, ha accenti di grande purezza ed è mossa da una particolare luce che la fa sconfinare nel magico e nell’irreale. Con le sue tele racconta fatti minuti della vita d’ogni giorno, cogliendone tutte le sfumature e sogni dove in un mondo parallelo identico a quello reale è possibile vivere nuove esperienze di contatti umani. In questo modo realizza una personale iconografia nella quale si mescolano raffinatezza compositiva e citazioni colte a creare una realtà fantastica in cui la nostalgia del passato e per il sogno, rappresentata dalle modalità compositive, assume valenze etiche oltre che estetiche. I suoi personaggi si muovono in ambientazioni che rimandano alla bellezza del passato e ad un possibile presente lontano dal caos che “distrugge” la serenità ipotizzata da chi ha costruito quei luoghi. Immagini ricche di invenzioni nelle quali tutto può accadere, dove umorismo e surrealismo si fondono per portare in evidenza antiche memorie della cultura identitaria umbra. Ogni parte del suo dipinto descrive, o meglio, racconta un episodio minuto, ciascuno dotato di un’apparente e relativa autonomia, per comporre un insieme coerente, unitario attraverso una resa puntualissima dei dettagli. Fantastico e umorismo si fondono nel suggestivo, scenografico ed originale impianto costruttivo, che lo contraddistingue nel panorama contemporaneo, costituito da spazi immaginari compresi in strutture architettoniche ben definite e riconoscibili necessarie per interpretare la realtà secondo tagli visivi suggeriti dall’immaginazione. Vincenzo Martini

“Concertino sulla luna”, cm 60x80, 2015, tecnica mista olio e acrilico su tavola

Co Copertina a cura di Vittorio Esposito

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controcopertina Ribellarsi! di Romolo Paradiso Cosa è rimasto della nostra storia, del nostro percorso di civiltà, delle conquiste sociali, delle nostre radici d’umanità e di libertà? Poco o niente. Tutto pian piano si sta sgretolando e ciò che dell’uomo d’oggi appare è purtroppo quanto è. Abbiamo fatto secoli di lotte per imporre al mondo il concetto di “persona”, di un essere che merita rispetto, dignità, ascolto, considerazione, comunque la pensi, da qualunque posto venga, di qualsiasi colore sia la sua pelle. E abbiamo impiegato pochi anni a delegittimare tutto questo, a considerare l’uomo una risorsa e un numero. Qualcosa di consumabile e di deperibile, come fosse un pezzo di carbone o di legno. Una cosa che si usa e si getta quando non serve più, abbandonandola nel nulla della solitudine e della dimenticanza. Eppure c’è ancora qualcuno che si ostina a sostenere che l’uomo d’occidente ha vinto la sua battaglia con chi lo attacca dalle latitudini più disparate per le diversità religiose o politiche. Ha vinto, dicono, perché il sistema liberista è più forte di tutto e fa, o farà, innamorare di sé anche chi del capitalismo è fuori e ora lo combatte. Ma non è vero! Il liberismo così come si è imposto in Occidente, spinto da una finanza ingorda e disumana e coadiuvato da una cultura materialistica e positivistica imperante, sta uccidendo quanto di buono, di valore, di forza propulsiva è nell’uomo. Ha sfinito ogni sua capacità di evolversi attraverso la ragione e il cuore. Ha sterilizzato la sua libertà di pensiero e azione, condizionandola al solo avere e consumare, annullando qualsiasi volontà diretta a ostacolare o a ridurre tale imposizione. Ha reso impotente

Immagine di sfondo di: Caspar David Friedrich “Viandante sul mare di nebbia”

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la sua aspirazione a sognare, a immaginare il futuro con idealità, che mettano al primo posto l’essere umano e dopo, l’economia e il mercato, che solo all’uomo e alla sue vere necessità, alle sue giuste aspirazioni devono saper rispondere. Ha depauperato ogni sfumatura dell’amore, imponendo, di questo, una visione a tempo. In un tempo in cui non c’è posto per la dedizione, la pazienza, la comprensione, il dono di sé incondizionato e schietto. E ha elevato a dismisura la tecnica a incontrastata divinità. Il dio che tutto guida, crea e giudica. Un dio esanime, freddo ed egoista, che non ammette nulla che non sia frutto di sé, e che ogni cosa vuole al suo servizio. Un leviatano insensibile, estraneo alle cose dell’umano, al sorriso, alla carezza, alla comprensione, all’abbraccio, allo sguardo che sa infondere gioia, alla parola che sa favorire il coraggio, al tempo dell’essere e al silenzio che sa parlare di noi, di ciò che siamo, del perché siamo e del cammino da intraprendere per divenire. Tutto questo stiamo rischiando di perdere, tra l’inconsapevolezza, l’indifferenza e la paura di reagire, di opporci, di dire a noi e agli altri: “ribelliamoci!” Perché è solo attraverso il rifiuto e la ricoperta di sé, che l’uomo, questo uomo d’Occidente, può aspirare a riprendersi la propria dignità, la sua ragion d’essere, la voglia di migliorarsi, riconquistando così il pensiero e la sua storia. Quella che sa marciare verso il vero progresso, e luci di progresso sa irradiare a chi a lei guarda o con lei ha contatto e confronto.




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