Elementi 32 - Agosto - Novembre 2014

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Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Ermete Realacci

L’economia? Riparte con gli ecobonus e l’efficienza energetica Guido Bortoni

Indipendenza energetica, priorità assoluta Carlo Malacarne

Il petrolio sotto i nostri piedi? Prendiamolo! Chicco Testa

Riportare il settore energia in termini di mercato Stig Schjølset

Prezzo co , dare agli investimenti un segnale chiaro 2

Rosa Filippini

Efficienza energetica e mercato unico Emanuele Severino

La filosofia, condizione della potenza della tecnica

SPECIALE L’ENERGIA DEI NEXT ELEVEN Nigeria, Vietnam e Filippine

Periodico del GSE Agosto – Novembre 2014

20 milioni di Tep il risparmio con l’efficienza energetica

Elementi

Gian Luca Galletti

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l’energia non è, l’energia diventa. l’energia si trasforma. l’energia è impegno nella ricerca, perché la ricerca stessa è energia. è energia quella che portiamo alle comunità che oggi non ce l’hanno. è supporto alla cultura, è immaginare un domani più sostenibile e lavorare perché lo diventi davvero. l’energia è in quello che facciamo, è nelle idee che abbiamo. noi che ricerchiamo e produciamo energia in tutto il mondo. voi che con i vostri gesti quotidiani vi prendete cura dell’energia. energia che diventa. energia nuova.

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prenderci cura dell’energia vuol dire creare nuova energia, insieme

eni.com


energetico trasparente e competitivo passa attraverso la buona tutela degli utenti finali. Solo in questo caso potrà instaurarsi una sana concorrenza che porti a prezzi comparabili, trasparenti e non discriminatori come ribadito dal Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, durante la Conferenza di Diritto dell’Energia.

LA TUTELA DEL CONSUMATORE PRIMA DI TUTTO La Conferenza di Diritto dell’Energia, che il GSE organizza, ormai da cinque anni, in collaborazione con l’università di Roma Tre, ha avuto quest’anno come oggetto la tutela del consumatore nei mercati energetici. Un tema sempre attuale che ha assunto un’importanza ancora più cruciale con le riforme che hanno portato all’apertura dei mercati del gas e dell’elettricità. Del resto, tutte le edizioni precedenti della Conferenza, che hanno avuto ad oggetto diversi temi, dal nucleare, alle fonti rinnovabili, al gas, passando per le infrastrutture di rete, avevano come obiettivo quello di studiare la buona riuscita del sistema energetico, che ha come implicito beneficiario il consumatore. Tutte le iniziative che vengono intraprese in questo settore devono avere come riferimento primario l’utente finale, sia esso inteso come cliente domestico che impresa. Il GSE da sempre si è posto come obiettivo quello di ottimizzare e offrire al meglio i propri servizi, regolamentati dal legislatore o dall’Autorità per l’Energia, affinché tutto il settore nel suo complesso possa beneficiarne. Se questo avviene, infatti, anche il consumatore - sia esso piccolo, medio o grande cliente - ne beneficia. Si tratta di un obiettivo rilevante, visto che lo sviluppo di un mercato

Per quanto riguarda il GSE, pur non avendo un’attività che abbia un impatto diretto con il cliente finale, esercita importanti funzioni che lo riguardano da vicino. L’attenta qualifica degli impianti a fonti rinnovabili permette ad esempio una corretta allocazione degli incentivi statali. Così come l’attività di verifica consente di recuperare sussidi indebitamente percepiti, riducendo il peso della componente A3. Anche l’attività di previsione della produzione da fonti rinnovabili, che il GSE effettua giornalmente, ha benefici che si riflettono sugli oneri generali di sistema. Prevedere con due giorni di anticipo la produzione di energia da impianti non programmabili, consente di ridurre al massimo gli sbilanciamenti i cui costi vanno a gravare sulla bolletta e quindi sul consumatore. Infine, anche la promozione dell’efficienza energetica, sia per i privati che per la Pubblica Amministrazione, con i 200 milioni del Conto Termico, garantisce la divulgazione di abitudini corrette tra gli utenti finali. Un passaggio obbligato se si vogliono raggiungere gli obiettivi europei al 2020, oltre a ridurre i costi della nostra bolletta.

l’E

l’Editoriale di Nando Pasquali / Presidente e Ad GSE

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Direttore Responsabile Romolo Paradiso Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma Editore GSE Segreteria di redazione e pubblicità Gabriella Busia gabriella.busia@gse.it tel. 06. 80114648 Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Gabriella Busia Livia Catena Claudia Delmirani Maurizio Godart Piergiorgio Liberati Michele Panella Guido Pedroni Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi Progetto grafico Imaginali Impaginazione Pomilio Blumm Realizzazione impianti e stampa Arti grafiche Tilligraf Via del Forte Bravetta, 182 00164 Roma

Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato Hanno collaborato a questo numero Simone Aiello Andrea Amato Roberto Antonini Stefano Besseghini Edoardo Borriel Gabriella Busia Alessandro Buttà Libero Buttaro Stefania Concari Fausto Carioti Edeo De Vincentiis Mauro De Vincentiis Antonello Di Pardo Vittorio Esposito Maria Teresa Fronterotta Jacopo Giliberto Maurizio Godart Roberto Laurenti Paola Liberali Piergiorgio Liberati Romina Maurizi Fabrizio Mariotti (la vignetta di Fama) Gabriele Masini Carlo Maciocco Michele Panella Ilaria Proietti Prometeo - Adnkronos Lorenzo Rossi Morena Ruscio Marta Salvadori Sallie Sangallo Luca Speziale Maria Pia Terrosi Tommaso Tetro

Direttore Editoriale Fabrizio Tomada

In copertina Sedia sul mare 1995, tempera su cartone cm 18x24 di Marina Poggi D'Angelo Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680111 F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it

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Chiuso in redazione il 23 giugno

AU Guidubaldo Del Monte, 45 00197 Roma T +39 0680101 F +39 0680114391 info@acquirenteunico.it www.acquirenteunico.it

Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Anev Axpo Italia Banca Intesa San Paolo Centro Documentazione Giornalistica City Life Cobat E-On Enel Eni HFV iCASCO Italia Energia IVPC Jinko Solar Leitwind Manutencoop Marcopolo Engineering Nuovo Trasporto Viaggiatori Punto Com Puraction Quale Energia Quotidiano Energia Rinnovabili.it Sogin Staffetta Quotidiana Studio Bartucci S.r.l. GSE, in collaborazione con Puraction, ha compensato le emissioni di CO2 prodotte dalla stampa sostenendo il progetto Bom Jesus con standard VCS e Social Carbon.

­­­­Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte

Elementi è visibile in internet ai siti www.gse.it corrente.gse.it

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Elementi

Anno 2014 n. 32 Agosto - Novembre 2014

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quella responsabile, capace di visione e volontà di crescita, è il partner ideale per lei. Abbiamo in essere contratti di acquisto di gas e petrolio con la Russia, fornitore territorialmente a noi vicino, per il cui trasporto sono state costruite, o sono in procinto di esserlo, le infrastrutture necessarie. Vicinanza che è sinonimo di costi ridotti rispetto a quelli che si pagherebbero a fornitori di zone oltreoceaniche, da dove il gas deve essere liquefatto, messo in nave e poi rigassificato, o a quelli di nazioni politicamente instabili. Ancora, la crescita della Russia rappresenta per l’Europa un’opportunità per fornirle tecnologie, intelligenze, investimenti di capitale.

SVEGLIA EUROPA, DIVENTA NAZIONE E SULL’ENERGIA TI GIOCHI IL FUTURO! L’Europa stenta a diventare Nazione, non ne ha ancora compresa l’importanza strategica. Riamane legata solo per via di una moneta, espressione di un mercato comune, ma soprattutto, di mercanti, ai quali poco interessano la mutualità tra Stati, la crescita sociale e culturale dei popoli, quella tecnologica e scientifica, e ancor più, il futuro delle genti che la compongono. Futuro che per un’entità storicamente rilevante come è il Vecchio Continente, non può ridimensionarsi a essere quello di spettatrice comprimaria e debole in un assetto geopolitico globale. In quest’ottica l’energia può giocare un ruolo fondamentale. Ma serve una politica energetica comune lungimirante e che tenga conto dei sommovimenti politico-economici in atto, capaci di stravolgere equilibri tra Stati che solo fino a poco tempo fa apparivano solidi e inviolabili. La questione Russia ne è la prova. La crisi Ucraina e l’annessione della Crimea hanno fatto dire a molti, che l’Europa deve prendere le distanze, anche commerciali da Putin. “Non comportatevi come se la vostra economia dipendesse dal gas russo”, ha detto il presidente degli Usa Obama agli europei. Ma in questo momento viene da domandarci se il “consiglio” di Obama sia veramente in linea con gli interessi dell’Ue. Perché? Se la Russia vuole modernizzarsi e diversificare la sua economia, l’Europa,

L’interscambio attuale tra l’Ue e la Russia è di 400 miliardi di € l’anno, cifra destinata a crescere se all’Europa si apriranno i mercati russi, al cui interno sussistono grandi e insoddisfatte necessità e i cui territori hanno risorse naturali appena o per nulla sfruttate. Un esempio. L’accordo possibile tra la Lukoi, la più importante azienda energetica privata russa e quella petrolifera francese Total, per lo sfruttamento del gas d’argilla in territorio russo, permetterà di importare più facilmente e a costi convenienti una fonte energetica di primaria importanza. Altre situazioni simili si potrebbero citare o potrebbero essere in stato nascente. Non sono cose da poco. Una Comunità come quella europea deve tenerne conto se vuole pensare, programmare e attuare una politica economica di respiro, consona ai suoi interessi. Non barattabili con motivi di puritanesimo politico dietro ai quali si celano appetiti di Paesi altri, poco favorevoli all’Ue. Ma se vogliamo che l’Europa diventi un’entità di valore e di rispetto, in grado di competere in mercati complessi e volubili, occorre avviare una cultura che porti alla costituzione di una Nazione confederata unita. Basata su valori umani ed etici, spirito di gruppo, capacità di immaginare il futuro. In grado di unire risorse economiche, intellettuali e naturali. Sfrondando gli egoismi nazionali e vincendo gli interessi economico-finanziari di fazioni che a tale progetto si oppongono. Se non sarà così, tra meno di dieci anni, nessun Stato europeo potrà sedere al tavolo del G8, dove approderanno Paesi emergenti come l’India, il Brasile, la Turchia, per citarne alcuni, con potenzialità economico-tecnologiche esponenziali. E a proposito di tecnologia, come afferma Emanuele Severino nell’intervista pubblicata in questo numero di Elementi (v. pag. 92), gli Stati non all’avanguardia in tale settore saranno costretti a un ruolo subordinato a quelli che invece ne saranno in grado. Anche in questo caso, solo una Ue fattasi Nazione potrà concorrere senza timore alcuno e con ampi margini di successo. Ma occorre fare presto, il domani è già alle porte.

Virgolette di Romolo Paradiso

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rubriche

primo piano

03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette 08 P° il Punto 84 Mc il Mondo di Corrente 88 En Elementi Normativi 90 Be Bizzarre Energie 111 Fo La Foto di Andrea Amato 112 Bi Biblioteca 115 Mp Fn Mondo Piccolo e Filo di Nota 117 E+ Energia, letteratura, umanità 118 Co la Copertina

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Elementi

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Intervista a Gian Luca Galletti

20 milioni di Tep il risparmio con l’efficienza energetica

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Il parere di Ermete Realacci

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Confronto con Guido Bortoni

L’economia? Riparte con gli ecobonus e l’efficienza energetica

Indipendenza energetica, priorità assoluta

22 Il petrolio sotto i nostri piedi? Prendiamolo! 24

Dialogo con Carlo Malacarne

Parla Chicco Testa

Riportare il settore energia in termini di mercato

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A colloquio con Stig Schjølset

Prezzo CO2, dare agli investimenti un segnale chiaro

speciale l’energia dei Next Eleven

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Nigeria, Vietnam e Filippine

mercato energetico

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Il punto di vista di Paolo Vigevano

Al servizio del mercato

energia rinnovabile

44 2030, odissea energetica 46 di Stefano Besseghini

Arabia Saudita boom delle fonti rinnovabili


50

Eolico, dagli incentivi al danno paesaggistico: 11 “falsi miti”

52

A tu per tu con Gabriele Berni

Provincia di Siena, è “emissione zero”

ambiente ed energia

54

Incontro con Rosa Filippini

73

Vivere in sintonia con l’ambiente? Si può!

clima e ambiente

77

Surriscaldamento globale, politica o tecnica, chi ci salverà?

Per l’Italia e l’Europa, efficienza energetica e mercato unico

bioagricoltura

energia e territorio

81

56

Che bella l’agricoltura biodinamica!

energia del pensiero

Il pensiero di Catia Bastioli

Facciamo delle iniezioni di tecnologia al Paese

energia

58 Senza ricerca non c’è futuro 60

Quattro chiacchiere con Angelo Moreno

Faccia a faccia con Stefano da Empoli

Innovazione energetica, l’Europa rischia di perdere il treno

62

Il parere di Claudio Ferrari

Per l’efficienza energetica serve un piano nazionale

65

Intervista a Piero Galli

Expo Milano, una spinta alla green economy

68

Energia nel paese delle nanotecnologie

Il segreto del geco

ambiente ed edilizia

70

Scuole più efficienti, alunni migliori

92

Un caffè con Emanuele Severino

La filosofia, condizione della potenza della tecnica

racconto

99

La luce della fuga

che energia quelle voci!

102

Tutto il calcio, minuto per minuto

l’energia vista dai bambini

106

La grande energia dei piccoli

Sommario

So


Stato o mercato? La liberalizzazione elettrica e del mercato del metano è entrata nel vivo meno di una dozzina d’anni fa. E per molti consumatori la possibilità di scegliere in un bouquet ricco di offerte e di fornitori è ancora un elemento oscuro. Non rari i casi di clienti per cui l’unica occasione di scelta è nel momento in cui telefonano addetti con accento remoto e ripetono: lei è abbonato al servizio Energia Super, signor Gianni? Qual è il suo fornitore abituale, signora Luisa? Non a caso, l’Autorità dell’energia sta mettendo sotto controllo i diversi casi contrattuali controversi in cui potrebbe entrare l’inesperienza del cliente, ma a volte anche la dabbenaggine.

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Di recente Nomisma Energia ha condotto una ricerca, coordinata dall’economista Davide Tabarelli, per fare il bilancio delle liberalizzazioni in Italia. Il risultato è che un cliente elettrico su tre è sul mercato libero, sul gas uno su quattro, come nei Paesi europei più dinamici. I prezzi si sono ridotti grazie agli effetti positivi delle liberalizzazioni: sul gas per l’introduzione di indicizzazioni ai prezzi spot, nell’elettricità in conseguenza della forte competizione sulla borsa elettrica data dalle rinnovabili. Nomisma Energia stima in totale un migliaio di tipologie diverse di forniture. Ci sono offerte che permettono di risparmiare sulle bollette, quelle che valorizzano il prezzo fisso, oppure, al contrario indicizzate sulle commodity, altre propongono servizi come assicurazioni, fornitura da fonti rinnovabili, prodotti per il risparmio energetico, assistenza guasti, raccolte punti e sconti. Secondo un’indagine Atlas commissionata dall’Acquirente Unico, gran parte dei consumatori elettrici domestici che hanno lasciato il mercato protetto e sono passati a quello libero l’hanno fatto soprattutto per motivi di propensione personale al cambiamento. I consumatori di dimensioni maggiori sono preoccupati. Per alcune imprese, il costo dell’energia è una voce fondamentale del bilancio. E non sono “energìvori” solamente i grandissimi consumatori industriali, ma anche le piccole e medie imprese, perfino le microaziende, come ha spesso sottolineato la Confartgianato, che tendono a sfuggire alla classificazione dell’intensità energetica. Per un panettiere o per una carrozzeria, la voce “forno” viene prima delle altre. In altre parole, non è la dimensione dell’impresa a definirne l’energivorità (e si scusi l’obbrobrio lessicale). Nella strutturazione del sistema tariffario, che finalmente sta cambiando, le piccole e medie imprese hanno le tariffe più salate. È stata una scelta di politica economica, o forse di ricerca del consenso: non colpire la grande industria, non colpire le famiglie. In Germania, invece, hanno fatto una scelta differente, privilegiando i settori produttivi e scaricando sulle famiglie gran parte dei costi. Fra le due soluzioni (all’italiana – salvaguardare le famiglie – o alla tedesca – non indebolire le imprese) una non è né meglio né peggio dell’altra. Entrambe hanno vantaggi e difetti. Tutto sta nell’obiettivo che si vuole conseguire.

e il mercato del metano sono in bilico, e soprattutto quello elettrico. La sovrapproduzione dovuta alla concorrenza data dalle rinnovabili (concorrenza resa inevitabile dal cambiamento del mondo, incentivi o no) e dovuta al calo dei consumi ha esposto al rischio di crisi le società energetiche meno avvedute, alcune delle quali per salvare gli azionisti ora invocano l’aiuto del denaro pubblico, e ha costretto tutte le aziende del settore a rivedere i programmi. Alcune società si preparano a ritirarsi dal mercato italiano, altre puntano sull’estero perché l’Italia è troppo instabile. Lo rileva per esempio l’Althesys nel rapporto Irex coordinato da Alessandro Marangoni: se gli investimenti elettrici in Italia precipitano, bisogna guardare all’estero, e le aziende del settore delle rinnovabili stanno orientando fuori dall’Italia i tre quarti dei loro programmi di crescita. Come un tormentone da pubblicità, la colpa delle colpe è stata data proprio agli incentivi per le fonti rinnovabili. Incentivi che però sono riusciti ad accelerare quel cambio tecnologico che non si può evitare. Che hanno fatto ribassare in modo formidabile i prezzi all’ingrosso dei chilowattora trattati alla Borsa elettrica. Incentivi che – a dispetto dei luoghi comuni – non hanno aiutato solo marginalmente i pescecani della speculazione finanziaria o i produttori cinesi di pannelli solari. La miscela più pericolosa: intervento pubblico su un mercato semilibero. Così sono nate distorsioni, come la continua revisione del conto energia (basti ricordare la sospensione del terzo conto energia non appena fu varato, o la distorsione di mercato creata dal cosiddetto “salva-Alcoa”, decreto diventato un’idra a sette teste). Forse è troppo tardi, ma bisogna saper scegliere. O Stato o mercato.

P° il Punto di Jacopo Giliberto

Dal lato dei produttori, la liberalizzazione si è basata su alcuni princìpi dell’economia di mercato. Fissate le regole comuni a tutti, lo Stato ha lasciato che fossero le imprese energetiche a fare le scelte. Nessun piano energetico nazionale. Le convenienze saranno decise dal mercato, miglior regolatore di sé stesso. Se ci saranno errori imprenditoriali, secondo il criterio del rischio imprenditoriale saranno gli azionisti a pagarli. Ma le regole italiane non sono state abbastanza liberiste. Lo Stato ha continuato a mettere il naso nelle politiche energetiche, fingendo di disinteressarsene ma nei fatti intervenendo in mille modi diversi: il funzionario oscuro che frappone mille ostacoli a un progetto, l’assessore assetato di consensi elettorali, il parlamentare supponente, il dirigente pubblico ottuso e così via. La miscela più disastrosa è quella che somma dirigismo pubblico e mercato semilibero. Così oggi il sistema elettrico

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primo piano

Entro il 2020

20 milioni di Tep con l'efficienza INTERVISTA A GIAN LUCA GALLETTI Ministro dell'Ambiente

Gian Luca Galletti

Gian Luca Galletti è approdato da poco alla tolda di comando del ministero dell'Ambiente e si trova a governare la struttura nel corso di quella – definita da lui stesso – come “una bella, pacifica rivoluzione culturale ed economica”, quella delle rinnovabili italiane, passate da Cenerentole a Principesse. Un processo che però va curato e accompagnato, visto che le “sorellastre fossili” se non ostacolano le energie pulite quanto meno risentono assai del loro successo, cosa che, a livello sistemico, va gestita. Insomma c'è da fare, ed 'Elementi' ha rivolto qualche domanda al titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo.

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il risparmio energetica di Roberto Antonini E: In Italia almeno una rivoluzione, anche se non l'abbiamo del tutto portata a casa, la stiamo vivendo: quella delle rinnovabili. Come vede la situazione dal suo osservatorio privilegiato? GLG: La vedo come una bella, pacifica rivoluzione culturale ed economica. Quella che ci sta conducendo verso un’economia sostenibile capace di produrre benessere, lavoro e tutelare le risorse naturali. Dal punto di vista tecnico gli impegni europei al 2020 per l’Italia, tra gli altri obbiettivi vincolanti si traducono in una quota delle fonti rinnovabili sui consumi finali di energia di almeno il 17%. Negli ultimi anni, lo sforzo maggiore delle politiche verdi, almeno da un punto di vista finanziario, si è concentrato sulla produzione elettrica da rinnovabili. Il loro peso sui consumi finali di elettricità è di circa il 30%, un livello che - sino a poco tempo fa - si sperava di raggiungere solo al 2020. Decisamente meno impetuosa è stata, invece, la crescita delle altre “leve verdi” necessarie a centrare i target europei: le rinnovabili termiche, i trasporti e l’efficienza energetica. Su questi fronti ci attendiamo nei prossimi anni un sensibile progresso.

di seconda e terza generazione, con una produzione sostenibile e non in contrasto con l’alimentazione umana o animale. Entro il 2020 l'efficienza energetica ci può portare a generare risparmi per 20 milioni di Tep, circa 4 volte quello che abbiamo fatto fino al 2010. E: Il fotovoltaico: indotto da 100.000 lavoratori, 15.000 MWp, 6% del fabbisogno elettrico, ma servono interventi e norme che agevolino il mantenimento del mercato. A quali passi pensa? GLG: Con il Quinto Conto energia si è provveduto a rendere più mirati gli interventi di incentivazione e al tempo stesso sono stati rimodulati gli incentivi (rimasti peraltro fra i più alti in Europa). Questa fase è tuttavia terminata: il limite di spesa complessiva è stato infatti raggiunto e ci troviamo a gestire un nuovo passaggio indubbiamente delicato. Dunque sì: servono interventi e norme che agevolino il mantenimento del mercato fotovoltaico. In questa direzione è importante aver incluso il fotovoltaico nella detrazione fiscale del 50% per le ristrutturazioni degli edifici con legge di stabilità del 2014. Ma sono necessari ulteriori interventi.

E: Quali sono i target che possiamo darci? E: Vogliamo stilarne una piccola lista? GLG: Nella produzione termica da rinnovabili c’è spazio per un raddoppio rispetto al 2010: da 5 a 10 milioni di Tep. Il dato sui biocarburanti deve salire da meno del 5% al 10% modificando le modalità di produzione con bioenergia

GLG: Serve la semplificazione della connessione in rete del fotovoltaico – ed anche per altre fonti rinnovabili - con il mantenimento della priorità di dispacciamento. Ancora,

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l’alleggerimento degli adempimenti di tipo tecnicoburocratico che pesano sui costi d’investimento del settore. L’obbiettivo è fare in modo che alla riduzione dei costi della tecnologia si aggiunga una riduzione dei costi indiretti. In particolare, è importante lo sviluppo di un’interfaccia unica nei confronti della distribuzione e del Gestore dei Servizi Energetici. Servirà poi la semplificazione delle autorizzazioni degli impianti rinnovabili: ci sono le linee guida da migliorare con il contributo del Ministero per i Beni Culturali e delle Sovraintendenze. E ancora lo snellimento delle procedure per l’autorizzazione con l’adozione dell’Aua, l'Autorizzazione unica ambientale. In questa fase è necessario mettere a punto normative semplici e dare tempi certi di autorizzazione migliorando i sistemi di controllo, per mantenere un giusto livello di guardia sugli impatti e il danno all’ambiente. E ancora la revisione del meccanismo di “scambio sul posto”, in modo da semplificarne le procedure e ampliarne l’applicazione, un elemento importante per l’integrazione delle rinnovabili nel mercato elettrico in un’ottica di “generazione distribuita”. E: Semplificare la vita alle rinnovabili, un'esigenza senz'altro avvertita dal comparto. GLG: Si, ma non c'è solo questo. Pensiamo anche al riconoscimento di un “premio programmabilità” con azioni evolute di previsione oppure di accumulo dell’energia e, in prospettiva, il mantenimento degli incentivi solo per le nuove tecnologie: solare a concentrazione, soluzioni di integrazione architettonica anche in edifici e dimore storiche. E: A proposito di rinnovabili, si troverà a discutere con i suoi colleghi allo Sviluppo e all'Economia che chiederanno interventi per le aziende energivore, di tutela delle centrali termoelettriche messe fuori mercato dal boom delle rinnovabili, di sollievo sulle bollette. GLG: Le richieste sulle industrie energivore sono state già fatte attraverso il 'Decreto Sviluppo' del 2012 dove sono previsti sconti sugli oneri di queste industrie. Siamo d’accordo a concedere tali sconti ma solo se accompagnati da interventi di efficienza energetica e miglioramento ambientale.

Rinnovabili, i Paesi in testa per produzione e minor costo Classifiche elaborate da uno studio General Electric e dall'Handelsblatt Research Institute su 25 paesi (i 20 principali dell'Ocse + Brics)

PRODUZIONE ENERGIE VERDI E ABBATTIMENTO CO2

MINORI COSTI ENERGIA PER LE IMPRESE

1

Austria 1 Austria

1

Canada 1 Canada

2

ITALIA 2 ITALIA

2

Stati 2 Uniti Stati Uniti

3

Norvegia 3 Norvegia

3

Svizzera 3 Svizzera

4

Olanda 4 Olanda

4

Norvegia 4 Norvegia

5

Danimarca 5 Danimarca

5

Russia 5 Russia

6

Svizzera 6 Svizzera

6

Australia 6 Australia

7

Spagna 7 Spagna

7

Svezia 7 Svezia

Svezia 8 Svezia

8

Danimarca 8 Danimarca

Germania 11 Germania

19 Germania 19 Germania

Stati 15 Uniti Stati Uniti

21 ITALIA 21 ITALIA

E: Una storia di successo, quella delle energie pulite in Italia anche se un po' caotica e con momenti poco chiari 8 (es. 'salva Alcoa'). Il risultato è che ci ritroviamo con centrali termoelettriche in overcapacity e a rischio chiusura, con relative ricadute occupazionali. E’ possibile la loro 11 integrazione in un sistema ricco di rinnovabili in chiave di stabilità del sistema, anche in un'ottica europea di mercato comune dell'energia? Porrà il tema nel semestre 15 Ue italiano? GLG: Ragionando in termini finanziari, in seguito alla massiccia espansione del fotovoltaico, il valore complessivo dei vari sistemi di incentivazione messi in piedi per le rinnovabili elettriche ha raggiunto un costo superiore ai 10 miliardi di euro l’anno, che a regime arriveranno a 12,5 miliardi l’anno. Un altro effetto è stato sicuramente quello

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dello spiazzamento delle nuove centrali termoelettriche a turbogas, che peraltro non possiamo incentivare perché si tratta di combustibili fossili con emissione di CO2. Certo, il problema della stabilità della rete va affrontato ma io spero che si vada verso le “smart grid” e la generazione distribuita. E’ un tema relativo all’energia, e quindi ne discuterò col ministro Guidi nella prospettiva del semestre italiano.

Elementi 32


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Elementi 31www.intesasanpaolo.com/piccole-imprese


primo piano

L’economia? Riparte con gli e l’efficienza IL PARERE DI ERMETE REALACCI Presidente della Commissione Ambiente della Camera dei deputati Ermete Realacci

Da sempre impegnato per lo sviluppo sostenibile, prima come Presidente di Legambiente e poi nella sua carriera di politico con la Margherita e con il Pd, oggi Ermete Realacci è Presidente della Commissione Ambiente della Camera e continua la sua azione sostenendo l’importanza degli eco-bonus nel settore edile. Un’azione che, insieme agli incentivi per le ristrutturazioni, ha portato ad importanti risultati, come lui stesso spiega in una lunga telefonata ad Elementi: “Secondo il report del centro ricerche Cresme, condotto con il Servizio studi della Camera, lo scorso anno gli incentivi per ristrutturazioni ed ecobonus in edilizia hanno mosso più di 28 miliardi di euro di investimenti e - considerando anche l’indotto - hanno dato lavoro a 340mila persone. E i primi tre mesi del 2014 mostrano un andamento addirittura in rialzo rispetto al 2013”.

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eco bonus energetica di Piergiorgio Liberati E: Un credito di imposta nel doppio ruolo di motore della ripresa economica e dell’efficienza energetica… ER: Quella sul risparmio energetico è la partita del futuro. Da anni insisto su questo tema e posso considerarmi il padre responsabile, insieme all’allora Ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, degli eco-bonus. Oggi si parla molto di lavoro e occupazione: da questo punto di vista la detraibilità al 50 e al 65% credo sia una delle misure più importanti adottate negli ultimi anni. E: E poi c’è l’enorme prospettiva legata al risparmio energetico. ER: Su questo tema c’è un problema culturale e di visione economica del Paese. Abbiamo passato mesi a litigare sull’Imu, che nel 2012 è costata agli italiani in media sulla prima casa 235 euro. Invece, tra una casa costruita bene e una male, la differenza è una bolletta da 1.500 euro all’anno. Gli eco bonus, inoltre, interessano settori vitali del Made in Italy come quello dell’innovazione, delle caldaie a condensazione e della domotica. Inoltre, questo provvedimento fa emergere il nero, che si trascina dietro cose poco gradevoli come la scarsa sicurezza sul lavoro e gli intrecci con la criminalità organizzata.

E: La Direttiva europea 27 del 2012, in via di recepimento in Italia, potrebbe garantire un’ulteriore spinta alla crescita del comparto dell’efficienza, in particolare per quanto riguarda la riqualificazione energetica degli edifici pubblici. È d’accordo? ER: Quando il Commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, ha predisposto i piani dei tagli alla spesa, non capisco perché non si sia focalizzato sulla bolletta energetica della Pubblica amministrazione. Secondo la Consip gli edifici pubblici italiani pagano una bolletta di circa 5 miliardi di euro l’anno: solo le scuole 1 miliardo e 350 milioni. Per questo credo che il recepimento della Direttiva UE sull’efficienza costituisca una grossa opportunità, a patto che si definiscano bene i ruoli. E: Si spieghi meglio. ER: Oggi non esiste alcun coordinamento tra le Istituzioni: non si sa bene tra Ministero dello Sviluppo economico, dell’Ambiente, delle Infrastrutture, chi debba fare cosa. Il piano scuola voluto dal Presidente del Consiglio Renzi resta in capo al Ministero dell’Istruzione che però non ha alcuna consapevolezza del tema del risparmio energetico. Per questo, oltre ad una normativa adeguata, c’è bisogno di una cabina di regia che ruoti attorno ai Dicasteri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente e metta ordine ad una serie di criticità.

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E: Parla di criticità. Cosa andrebbe rivisto?

ER: Sul costo dell’energia, a mio avviso, si fa un ragionamento fasullo. Il 70% delle imprese italiane ha il costo dell’energia che non arriva all’1% del proprio fatturato. E i clienti domestici pagano meno della Germania. Certo bisogna eliminare gli sprechi, ci sono voci che dovrebbero essere tolte dalla bolletta. Ma per le rinnovabili noi spendiamo la metà della Germania, anche se la Germania ha un’economia che è il doppio della nostra. La differenza è che in Germania gravano più sui domestici che sulle imprese. Se andiamo a confrontare i costi dell’energia con la Germania è vero che le nostre Pmi pagano il 30% in più, ma nella stragrande maggioranza questo costo non viene avvertito. Per quanto riguarda invece le grandi imprese e gli energivori italiani, spesso pagano meno degli omologhi tedeschi.

ER: Lei ricorderà l’obbligo di certificazione energetica per gli appartamenti. Ebbene questo provvedimento sta andando a carte quarantotto: su internet si possono “comprare” certificazioni energetiche per 40 euro, è assurdo. E: Oltre alla Direttiva sull’efficienza, a Bruxelles si dibatte di nuovi obiettivi al 2030, che prevedono fino al 40% di riduzione delle emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990. Qualcuno li considera un freno alla competitività delle nostre imprese. ER: Perdita di competitività? Penso che i dinosauri la vedono così, ma i dinosauri si estingueranno. Nel Rapporto GreenItaly condotto dalla Fondazione Symbola in collaborazione con Unioncamere, si legge che tra le imprese censite, il 22% che ha investito in innovazione ed efficientamento è quello che oggi ha l’andamento economico migliore.

E: Restiamo sulla green economy. Quest’anno la fiera internazionale del fotovoltaico, il Solar Expo di Milano, è apparsa sottotono. ER: Sul fotovoltaico pesa la fine dei sussidi, ma anche l’incertezza normativa. Aggiungo che il futuro del fotovoltaico in Italia è legato anche al fatto che si ampli lo strumento dello scambio sul posto.

E: Ci sono settori nei quali l’Italia è leader? ER: Le faccio due esempi di settori agli antipodi tra loro. Le macchine agricole: quelle italiane sono le più vendute al mondo, perché a parità di risultati consumano la metà dell’energia, dell’acqua e dei prodotti chimici rispetto alle concorrenti. Poi ci sono le giostre.

E: La massiccia diffusione del fotovoltaico e dell’eolico ha comportato una riduzione degli spazi ottimali per questo tipo di fonti, che oggi sono anche loro oggetto del cosiddetto effetto Nimby.

E: Le giostre? Quelle per i luna park? ER: Su questo occorre portare avanti una battaglia politicoculturale, anche per spiegare che non verranno ripetuti gli errori compiuti in passato. Sul biogas, ad esempio, bisogna far capire che un conto è ottimizzare la chiusura del ciclo agricolo, un conto è produrre insilati e mais per alimentare impianti: in quest’ultimo caso si danneggia la filiera. Aggiungo infine che molte delle opposizioni sono discutibili. Pensi che ci sono stati ricorsi per pale eoliche che venivano installate davanti agli stabilimenti della Italsider. Cosa c’è, pensiamo di turbare un paesaggio industriale?

ER: Esattamente: i bambini di Shanghai, Pechino, Coney Island, Copenaghen e Phonon Pen, giocano su giostre italiane. Battiamo i tedeschi perché i nostri prodotti sono oltre che più belli e flessibili, anche più leggeri e consumano la metà dell’energia delle giostre concorrenti. E: Parla di costo dell’energia, ma in molti sostengono che le imprese italiane siano penalizzate proprio da questo costo.

L’IMPATTO DELLA DEFISCALIZZAZIONE CRESCITA COSTANTE Investimenti in riqualificazione complessivi. In milioni di euro Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov 2012 Gen 3.236.419.200

2013

Mag Gen Feb Mar Apr 3.730.339.350 +7,5% +36,0% +53,5% +50,3% +68,6%

UTILIZZO DEL BONUS AUMENTO Evoluzione dell’uso della defiscalizzazione Investimenti in riqualificazione edilizia residenziale. In milioni di euro

50000 48000

2011 45.334

2012 44.116

2013 45.003

Dic

15.871.235.275

Giu

Lug

Ago

Set

Ott

Nov

Dic

+78,1%

+86,0%

+60,4%

+38,0%

+45,7%

+37,8%

+32,0%

2014

Gen

Feb

5.750.000.000* +77,8%

+4,2%

22.743.578.450*

+45,3%

+54,1%

Investimenti veicolati dai provvedimenti di defiscalizzazione. In percentuale 2011 2012 2013 39,1%

43,2%

60,7%

46000 44000 42000 40000 * I dati non considerano i bonus mobili, valutabili in 314 milioni per il 2013; per il 2014 la stima sull’intero anno relativa al mobili è di 900 milioni secondo Federlegno e 938 milioni secondo la relazione tecnica alla legge di stabilità 2014

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Indipendenza energetica, CONFRONTO CON GUIDO BORTONI Presidente dell’Autorità per l’Energia

Guido Bortoni

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Occorre diversificare la contrattualistica e il paniere gas del Paese, ragionando in termini di mercato unico dell’energia, sfruttando i mix e le posizioni geografiche dei diversi Stati membri. Le rinnovabili? Sono ormai “maggiorenni e mature”: devono iniziare ad entrare nel contesto di mercato e integrarsi con le altre fonti. Efficienza energetica: l’Autorità è pronta a partecipare alla definizione dell’opportuno quadro regolatorio, individuando gli strumenti per dare attuazione a uno scenario stabile ed organico, che ne riconosca il significativo contributo. Quanto alla bolletta, avrà un format più snello, comprensibile, capace di garantire al cliente la disponibilità di tutte le informazioni utili.

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priorità assoluta di Romina Maurizi E: Tra i primi impegni presi dal Governo Renzi nel settore energia c’è il taglio del 10% delle bollette elettriche delle Pmi. Bisognava ripartire da qui? GB: Una delle principali sfide per il Paese è quella di ritrovare competitività, anche grazie alla riduzione del costo dell’energia per le nostre imprese: per questo l’azione del governo di ridurre del 10% il costo delle bollette rappresenta un buono spunto per il rilancio. Tagliare si può, ma con un caveat: la riduzione per alcuni consumatori non deve avvenire a danno di altri, non si possono cioè spostare i costi sulla spesa energetica delle famiglie. È necessario concentrarsi su una vera “riduzione di spesa”, diminuendo o eliminando alcune voci che gravano sugli oneri generali, che nel 2013 hanno raggiunto il peso mostruoso di 13,7 miliardi.

GB: Le tensioni tra Russia e Ucraina sono arrivate alla fine del periodo invernale, in un momento di consumi e di prezzi meno elevati per il gas e, per il prossimo autunno, la situazione sembra controllabile, considerato che i nostri stoccaggi sono fra i più ampi in Europa e che l’Italia non dipende solo dal gas russo. Ma dobbiamo ragionare in prospettiva, affrontando il tema più ampio della dipendenza energetica dell’Italia. L’Autorità predica da tempo la stessa soluzione: dobbiamo diversificare la contrattualistica e il paniere gas del Paese, ragionando in termini di mercato unico dell’energia, sfruttando i mix e le posizioni geografiche dei diversi Stati membri. In questa ottica l’Italia può dare un significativo contributo alla movimentazione di flussi di gas bidirezionali, e il nuovo gasdotto Tap rappresenta un’importante occasione per consentire all’Europa una via di approvvigionamento alternativa.

E: In Europa pare tornare l’allarme per una nuova guerra del gas. E’ un rischio reale? Dobbiamo ridurre la dipendenza dalla Russia?

E: Presentando le linee guida europee sugli aiuti di Stato per l’ambiente e l’energia il commissario alla Concorrenza Almunia ha detto che “è tempo per le rinnovabili di entrare

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nel mercato”. Cosa ne pensa e come giudica il documento Ue? GB: Le fonti rinnovabili elettriche sono fondamentali per uno sviluppo sostenibile e la decarbonizzazione del sistema energetico europeo, ma la tumultuosa crescita di questi anni si è riverberata in modo non economicamente sostenibile, arrivando quest’anno a incidere per circa 12 miliardi di euro sulle bollette. Le linee guida, prevedendo una graduale riduzione degli incentivi e un passaggio dal sistema “feed in tariff” con il “feed in premium”, si inscrivono in un percorso coerente per contemperare la sostenibilità delle bollette con gli interessi dei soggetti attivi nella green economy. Le rinnovabili sono ormai “maggiorenni e mature”: devono iniziare ad entrare nel contesto di mercato e ad integrarsi con le altre fonti. E: Famiglie, Pmi e industria lamentano prezzi dell’energia troppo alti, i grandi consumatori chiedono sconti, i produttori il capacity payment e il mondo delle rinnovabili denuncia tentativi di riduzione degli incentivi. Come si esce da questo muro contro muro? GB: Orientando le regole di funzionamento dei mercati verso una maggiore responsabilizzazione degli operatori e integrazione dei cicli di investimento nello stesso mercato elettrico. Alle fonti rinnovabili si chiede responsabilizzazione

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sugli alti costi indotti al sistema, alle fonti convenzionali capacità di evoluzione e flessibilità. Non è possibile che il deficit di queste mancate integrazioni gravi sui consumatori. Tutto ciò è ancora più vero considerando la progressiva integrazione del mercato elettrico italiano con quelli degli altri Paesi Ue. I nostri documenti in tema di sistemi di distribuzione chiusi, di sistemi semplici di distribuzione e consumo, di riforma delle tariffe di distribuzione e di remunerazione della capacità vanno in questa direzione. E: Il Governo ha varato un provvedimento per il recepimento della direttiva Ue 27/2012: è il primo passo per un vero mercato dell’efficienza energetica? GB: Il provvedimento può divenire l’occasione non solo per raggiungere gli obiettivi ambientali previsti, ma anche per fare dell’efficienza energetica una leva importante per uno sviluppo industriale del Paese che sia anche sostenibile. Nell’assetto generale, gli obiettivi di efficienza devono declinarsi con quelli di funzionamento efficiente dei mercati e di tutela del consumatore. L’Autorità è pronta a partecipare alla definizione dell’opportuno quadro regolatorio, individuando gli strumenti necessari per dare attuazione ad uno scenario stabile ed organico, che riconosca il significativo contributo dell’efficienza energetica.


E: Con la riforma della materia le bollette del gas sono scese di oltre l’11% in un anno per la famiglia-tipo, cosa si può prevedere per il futuro? E per le bollette elettriche? GB: Grazie anche alla progettualità della regolazione con cui abbiamo impostato la nostra riforma, siamo passati da prezzi all’ingrosso del gas superiori di circa il 20% rispetto all’Europa a fine 2011, alla situazione attuale di allineamento dei nostri prezzi all’ingrosso con quelli europei e, per il futuro, siamo agganciati alla dinamica di questi prezzi. Con la riforma delle tariffe elettriche il nostro scopo è superare un’impostazione ormai obsoleta, che genera distorsioni nelle scelte di consumo, penalizzando la diffusione di nuove tecnologie ad alta efficienza. Come primo passo da luglio partirà una sperimentazione tariffaria nazionale per i clienti domestici residenti che utilizzano pompe di calore elettriche come unico sistema di riscaldamento delle proprie abitazioni, a cui verrà applicata una tariffa per i servizi di rete aderente ai costi sottesi. E: Veniamo all’acqua. Qual è l’impatto della sentenza con cui il Tar Lombardia ha respinto il ricorso dei referendari sulle tariffe? GB: Le sentenze del Tar rappresentano una pietra miliare nell’ambito della nostra regolazione del settore idrico, in quanto confermano la legittimità e la validità del nostro

operato. In particolare, le sentenze confermano che il metodo tariffario transitorio è rispettoso dell'assetto normativo nazionale e comunitario, così come risultante dall'esito referendario del 2011, validando il meccanismo di riconoscimento in tariffa dei costi di gestione del servizio idrico che, anche secondo il Tar, si rifà legittimamente al principio di “full cost recovery”. Speriamo che a breve l’effetto di una regolazione certa si concretizzi in nuovi investimenti infrastrutturali, così necessari per questo settore. Questo è il nostro vero obiettivo finale. E: Siete arrivati a metà mandato, si può fare un primo bilancio delle cose fatte e di ciò che resta da fare? GB: Da subito abbiamo aperto una stagione di grandi e piccole riforme adeguando la nostra azione ai profondi mutamenti che i settori regolati e i mercati stanno vivendo. Alcune grandi riforme regolatorie sono più visibili – ad esempio la riforma nel settore gas - ma ci sono anche le tante riforme, non così eclatanti, ma che comportano un riassetto del settore. Mi riferisco, ad esempio, alla riforma del dispacciamento elettrico. Per il futuro, ricordo un importante driver dell’azione dell’Autorità: la “capacitazione” del consumatore, attraverso progetti come la “bolletta 2.0”. Il nostro obiettivo è un format più snello, comprensibile, capace di garantire al cliente la disponibilità di tutte le informazioni utili.

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primo piano

Il petrolio sotto i nostri piedi? Prendiamolo DIALOGO CON CARLO MALACARNE Presidente di Confindustria Energia Avremmo benefici in termini di sicurezza energetica, di riduzione della bolletta energetica e delle possibili ricadute positive sull’occupazione. Diversamente da quanto si crede, l’Italia è uno dei primi paesi europei per riserve sia di petrolio che gas. Dobbiamo superare le resistenze a livello locale e nazionale. Carlo Malacarne

di Fausto Carioti Diversificare le fonti, costruire nuove infrastrutture, svincolare l'Italia dalla dipendenza dei fornitori tradizionali, anche attingendo alle riserve nazionali di idrocarburi. Carlo Malacarne, presidente di Confindustria Energia, assicura che le imprese italiane produttrici e distributrici di energia sono pronte a queste nuove sfide. E avverte Governo e Parlamento che il momento è questo.

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E: Presidente, il vostro settore ha bisogno innanzitutto di certezze normative e regolamentari. Le avete? CM: Cerchiamo di vedere le cose dal lato positivo. Il fatto che l’Italia – con la Strategia Energetica Nazionale – abbia un indirizzo in materia di politica energetica dopo 25 anni di vuoto è un punto di partenza importante sul contributo delle diverse fonti che, insieme, dovranno concorrere a soddisfare il nostro fabbisogno. E: Cosa chiedete a Governo e Parlamento? CM: C’è anzitutto una questione di sicurezza energetica che deve essere garantita nel lungo termine: il nostro sistema è in grado di assicurare approvvigionamenti stabili e sicuri, ma deve anche essere messo nelle condizioni di farlo. Una strategia coerente con i bisogni del Paese e un quadro legislativo e autorizzativo chiaro sono le precondizioni per il raggiungimento di questo obiettivo. E: Dopo gli obiettivi della direttiva europea “20-20-20”, è allo studio la riduzione delle emissioni di gas serra del 40% entro il 2030. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, sostiene che questi nuovi target penalizzerebbero ulteriormente le imprese italiane. La pensa così anche lei? CM: È indubbio che in tempi recenti siano emerse alcune criticità, aggravate dalla crisi economica, che richiedono una riflessione sulla gestione delle variabili ambientali ed energetiche. Questo non vuol dire che bisogna abbandonare la lotta per ridurre le emissioni, ma che occorre affrontare il problema con più pragmatismo. Anche perché l’Europa non può fare tutto da sola: anche i Paesi extra UE, come la Cina, devono dare il loro contributo. Il mancato raggiungimento di un accordo globale lascerebbe tutto il peso di simili scelte sulle spalle degli operatori europei, con la prevedibile conseguenza di perdere ulteriormente competitività e – probabilmente – di fallire l’obiettivo finale. E: Che garanzie chiedono le industrie italiane del settore energetico? CM: L'industria energetica italiana ha già dimostrato il proprio impegno nell'ambito della sostenibilità ambientale, testimoniato dal miglioramento dell'efficienza dei processi produttivi nell'ultimo decennio. La ripartizione dei nuovi target nazionali a livello europeo dovrebbe quindi tenere conto degli sforzi già sostenuti e del livello di efficienza raggiunto. E: La crisi ucraina ha aperto la discussione sulla opportunità di svincolarsi dalle importazioni di gas dalla Russia. Una scelta simile richiede tempi lunghi e forti investimenti nella parziale riconversione degli asset energetici italiani, ad esempio costruendo nuovi rigassificatori. Ritiene possibile un simile scenario?

svincolare questo tema dal calo congiunturale dei consumi. Un esempio? L’Italia consuma oggi circa 70 miliardi di metri cubi di gas, contro gli 85 miliardi del 2008. Eppure anche con 15 miliardi in meno siamo sempre qui a parlare di “emergenza gas”. Ciò che serve, quindi, è investire in infrastrutture che possano garantire la necessaria liquidità al mercato, cioè la disponibilità di quantitativi di gas sufficienti a soddisfare la domanda e, insieme, la libertà di comprare o vendere senza che i costi della logistica incidano troppo sui costi totali. Un generale livellamento dei prezzi dell’energia consentirebbe alle imprese di iniziare a recuperare competitività. E: Il ministro Guidi ha rilanciato il dibattito sullo sfruttamento dei giacimenti nazionali. Che apporto può venire oggi dalle risorse di gas e petrolio che sono “sotto i nostri piedi”? CM: Riconsiderare le potenzialità delle risorse nazionali di idrocarburi apporterebbe importanti benefici al nostro Paese in termini di sicurezza energetica, di riduzione della bolletta energetica e delle possibili ricadute positive sull’occupazione. Diversamente da quanto si crede, l’Italia è uno dei primi paesi europei per riserve sia di petrolio che gas. Occorre però superare le molte resistenze sia a livello locale che nazionale. Un tema complesso come l’accettabilità delle infrastrutture sul territorio richiede modalità di interazione improntate al confronto e al dialogo, ma all’interno di un quadro normativo chiaro ed efficace, figlio di una cultura del fare e non del “no” a prescindere. E: Le imprese italiane del settore energia saprebbero sostenere una simile sfida? CM: Sicuramente. I vantaggi sono molti e credo si innescherebbe un circuito virtuoso non solo per la filiera energetica (componentistica, società di ingegneria, società di servizi e così via), ma anche per la nostra economia. Le aziende italiane possono garantire elevate competenze tecnologiche in grado di coniugare l’attività estrattiva con il rispetto per l'ambiente e la sostenibilità delle attività economiche.

LE RISERVE DI IDROCARBURI Riserve certe in milioni di Lep Norvegia

Paesi Bassi

2.765

1.146

Regno Unito

Danimarca

Italia

Spagna

Francia

Irlanda

23

20

9

656

CM: La diversificazione delle fonti e la creazione di infrastrutture che ci permettano di svincolarci dalla dipendenza delle forniture di uno o più Paesi ai quali storicamente abbiamo affidato il nostro approvvigionamento energetico è un tema prioritario. A mio avviso occorre

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Fonte: Il Sole 24 Ore

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Riportare il in termini PARLA CHICCO TESTA Presidente Assoelettrica Servono tre passaggi: l’integrazione delle rinnovabili nel mondo della borsa elettrica, la fine degli incentivi, l’alleggerimento degli oneri di sistema.

Chicco Testa

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settore energia di mercato di Ilaria Proietti E: Presidente, lei sta conducendo una battaglia solitaria sugli incentivi alle rinnovabili e sulla necessità di limare gli oneri di sistema....

significa che bisogna tagliare forme improprie che pesano in bolletta, come gli sconti alle ferrovie che peraltro datano 1963...

CT: Non sono affatto solo: la questione riguarda tutti, cittadini e imprese. Guardi qui. L’ultima bolletta che mi è arrivata è di 381 euro: 136 euro sono i consumi effettivi (il 30% del totale da pagare), 184 euro di servizi di rete, il resto imposte e iva. La verità è che la bolletta è stata usata come una metropolitana che arriva sempre a destinazione. Lo sforzo di efficientamento e per la creazione di maggiore competizione registrato tra il 2005 e il 2008 è stato vanificato dalla crescita abnorme degli oneri di sistema, specie per finanziare le rinnovabili. Del resto il mercato italiano è poco competitivo anche sul lato dell’offerta, visto che oltre il 50% dei consumi non passa attraverso meccanismi di mercato: ciò inficia anche i miglioramenti che si ottengono dall’altro lato e cioè quello che si misura sulla borsa elettrica.

E: Ma secondo lei quale provvedimento sarebbe davvero utile per il sistema italiano?

E: Il nuovo pacchetto del governo in che direzione va? CT: E’ un primo passo e sappiamo che dovremo soffrire anche noi. L’importante è che sia fatto con equità. Questo

CT: Occorre un tentativo serio di riportare tutto il settore dell’energia in termini di mercato e credo che lo si possa fare con tre passaggi: l’integrazione delle rinnovabili nel mondo della borsa elettrica; la fine degli incentivi, l’alleggerimento degli oneri di sistema. E: Sulle rinnovabili lei insiste sulla fine degli incentivi: ma lei non è anche a capo di un’azienda del settore? CT: Come presidente di quella società sono felice degli incentivi, figuriamoci. Ma so che complessivamente il sistema non può tenere: questo modello deve provare la sua efficienza sul mercato altrimenti si continuerà a non allocare le risorse in maniera razionale. Perché le rinnovabili devono pagarle gli utenti elettrici? Un negozio di parrucchiera che per sopravvivere usa più elettricità di un'utenza domestica subisce un’iniquità fiscale di fondo.

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E: Poi c’è il capitolo Co2... CT: Dal 1990 al 2010 le emissioni mondiali sono aumentate da 22 a 33 miliardi di tonnellate e l’Europa ha contribuito al loro contenimento per solo 1 miliardo di tonnellate, ma spendendo cifre da Piano Marshall assegnate al settore delle rinnovabili. Ora, a parte il fatto che questo sforzo ha prodotto un impatto marginale rispetto al dato globale, non mi pare che ci abbia fatti diventare primatisti mondiali nel settore: aver investito oltre 200 miliardi su 20 anni in rinnovabili, alla luce dei risultati globali, ci dice soltanto che i capitali anziché cercare il rischio hanno cercato protezione.

per la verità non sostanziali, da parte dei repubblicani da un lato e dei democratici dall'altro. Ebbene in sette anni lo hanno fatto, anche se a noi pareva incredibile. Ecco quel cambiamento è a portata di mano perché non ci sono differenze di fondo tra gli Usa e l'Europa se si pensa che lo shale gas europeo non è inferiore a quello americano. E ancora. Noi prendiamo il petrolio da Paesi a democrazia ridotta ma poi non vogliamo estrarre il nostro pur sapendo che lo estrarremmo in condizioni infinitamente più sicure. La verità è che finora un atteggiamento di questo tipo ci è stato concesso perché qualcun altro ha fatto il lavoro sporco per noi...

E: Eppure l'Europa non sembra intenzionata a rivedere gli impegni al ribasso.

E: L'Europa frena, ma in Italia la resistenza è ancora più forte.

CT: Alla luce dei risultati conseguiti e dei nuovi e futuri impegni dovremmo cominciare a riflettere in termini globali. Anche perché, per perseguire questo tipo di politiche, stiamo buttando fuori dal mercato tutta una serie di produzioni europee che si spostano in Paesi del terzo mondo e che fanno schizzare le emissioni. E di questo non possiamo dirci non responsabili.

CT: Sulle trivellazioni in Adriatico finirà che la Croazia si succhierà anche il petrolio che in teoria sarebbe nostro… Ma, del resto, noi siamo il Paese in cui si protesta contro l’approdo del gasdotto perché i bagnanti hanno paura che scoppi tutto. Sono gli stessi bagnanti che vivono nelle città sotto cui ci sono condotte di gas di ogni tipo.

E: Su quali fronti, dunque dovrebbe svolgersi l'impegno dell'Europa? CT: L’Europa aveva precisi obiettivi in materia di energia e li ha falliti: ha fallito la creazione del mercato unico e quello volto ad aumentare l’indipendenza dai Paesi terzi. La cosa è ancora più preoccupante in Italia dove i consumi scendono dal 2011: dovevamo creare il mercato unico e far terminare i sussidi e invece ci ritroviamo nella situazione contraria in cui la sovracapacità è determinata anche dal fatto che alcune forme di energia, come le rinnovabili, vengono comunque ritirate perché c’è un meccanismo che lo prevede. Stiamo assistendo alla disintegrazione del mercato in Italia e in Europa e non è un caso che gli inglesi stiano tornando ad un sistema di prezzi amministrati. E: Cosa si dovrebbe fare in Europa, anche in vista della guida italiana del semestre? CT: O l’Europa ha un sussulto sulle agende basiche, come quella del lavoro tanto per cominciare, o vedo il futuro molto critico. La capacità di rappresentare i nostri interessi al livello mondiale è molto bassa. E al livello italiano c’è sudditanza eccessiva nei confronti dell’Europa. Accogliamo tonnellate di direttive, a volte con effetti paradossali. Mi viene in mente il caso dell’idroelettrico, un settore in cui siamo stati l’unico Paese ad aver recepito le direttive e l’unico a cui è stato impugnato il provvedimento di recepimento, mentre gli altri si sono limitati a ignorare le prescrizioni. E: Insomma contiamo poco in un’Europa che conta poco a livello mondiale. CT: Penso al caso degli Usa. Sette anni fa hanno compreso la necessità di rendersi indipendenti, anche complice la volontà di emanciparsi da Paesi a rischio terrorismo. Una convinzione comune, al di là della diversità degli approcci,

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E: Un'ultima domanda sul nuovo assetto delle grandi società di settore. CT: E' prevalsa quella che definiremmo la 'prudenza nell’innovazione'. Per Terna è chiara l’esigenza di rafforzare il controllo da parte dell’azionista. Eni ha problemi di ricollocazione dal momento che i suoi quadranti, dalla Russia all’Algeria sono tutti in subbuglio. Quanto ad Enel si trova in crisi nel mercato storico italiano, specie sul lato non regolato della generazione, che impone scelte molto complicate. Deduco che queste siano le ragioni per le quali non sono state fatte scelte dirompenti: Renzi si rende conto che sono aziende molto complicate alle prese con situazioni molto delicate.


Eolico: ene rgia

o r u t u f l i r e p ANEV e le sue aziende associate si battono da sempre per diffondere l’energia eolica, cercando di abbattere le barriere burocratiche e di tutelarla e proteggerla da ingerenze illecite, favorendo e rafforzando un settore industriale promettente. A tal fine l’associazione ha sottoscritto il Protocollo di Legalità siglato da Confindustria e dal Ministero dell’Interno, aderendo a principi di condotta rigorosi e collaborando sul territorio con le autorità pubbliche per migliorare i controlli sulle attività economiche. ANEV organizza corsi di formazione di base e specialistici per entrare nel mondo dell’eolico e migliorare le proprie conoscenze del settore. Ogni corso avrà uno spazio dedicato ai meccanismi di cooperazione tra mondo imprenditoriale e istituzioni per il rispetto della legalità.

CORSI DI FORMAZIONE PER ENTRARE NEL MONDO DELL’EOLICO Operation&Maintenance - manutenzione e buon funzionamento degli impianti eolici 5 - 6 novembre 2014 presso Key Wind Fiera di Rimini Il Minieolico 6 - 7 novembre 2014 presso Key Wind Fiera di Rimini

www.anev.org

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Prezzo della CO2

Dare agli un segnale A COLLOQUIO CON STIG SCHJØLSET Responsabile Point Carbon (Thomson Reuters) per l’analisi del carbonio Point Carbon (Thomson Reuter), Agenzia d’informazione specialistica per le tematiche carbon, sta lavorando su un modello previsionale del prezzo della CO2 che tenga conto delle variabili oggetto di dibattito in questi mesi. A partire dalla riforma dell’ETS. Secondo Point Carbon, “il prezzo della CO2 potrebbe continuare a esser guidato dalla discussione regolatoria finché non ci sarà maggiore chiarezza sul quadro d’insieme”. Stig Schjølset

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investimenti chiaro di Simone Aiello, Melissa Proietti E: La riforma strutturale dell’EU ETS parte dall’idea di un surplus di quote di emissione utile per il funzionamento del mercato. Qual è questo volume e come è calcolato? SS: Il dibattito sulla proposta di “riserva per la stabilità del mercato” nasce dalla presenza di un surplus eccessivo di quote di emissione nel mercato UE della CO2, superiore ai 2 miliardi e che potrebbe raggiungere i 2,6 mld nel 2020. Per eliminarne parte, la Commissione ha proposto una “riserva di stabilità del mercato”: il 12% sarebbe rimosso annualmente dal 2021 in caso superi 833 milioni di tonnellate. Non è chiaro perché l’asticella sia posta a 833 mln, ma è probabilmente correlata alle attività alla gestione del rischio del settore elettrico. Poiché i produttori elettrici vendono energia sul mercato con

contratti a termine e allo stesso tempo acquistano le quote necessarie a coprirne la produzione, ossia diversi anni prima della reale necessità di compensazione, si assume che il mercato funzioni “correttamente” anche con un certo margine di sovrabbondanza. Secondo le stime, ciò implica che i produttori di energia acquistino circa 900 mln di quote in anticipo, ed è per questo probabile che la Commissione abbia disegnato la “riserva di stabilità” per consentire un surplus di 833 mln nel mercato. E: Come funziona il modello previsionale cui state lavorando? SS: A Thomson Reuters abbiamo sviluppato un modello per analizzare i possibili impatti della “riserva di stabilità”

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sull’equilibrio del mercato e sui prezzi della CO2 al 2030. Possiamo così testare diversi scenari: considerare differenti livelli per il ritiro o l’immissione delle quote sul mercato, differenti date d’avvio del meccanismo, destinazione delle quote oggetto di back-loading. Inoltre, il modello tiene conto di diverse assunzioni sugli obiettivi UE per emissioni, rinnovabili e sulla crescita del PIL europeo nei prossimi dieci anni. Nello scenario base, abbiamo assunto la “riserva di stabilità” operativa dal 2021. Il surplus del mercato è stimato usando i dati della Commissione per il cap del Sistema ETS coerente con l’obiettivo di riduzione dei gas serra del 40% al 2030 e le previsioni di emissioni del sistema EU ETS di Thomson Reuters Point Carbon per i settori dell’energia, l’industria e l’aviazione. Le previsioni emissive assumono una crescita del PIL in Europa dell’1,7% in media per il 2014-2020 e dell’1,9% nel 2021-2030. Le emissioni legate alla produzione di energia elettrica sono state calcolate sulla base di un “modello” che determina il mix ottimale tra fonti convenzionali ed assume la generazione da rinnovabili come variabile esogena basata sul 27% di rinnovabili al 2030. Il modello usa proiezioni della domanda di energia basandosi su crescita economica e sui miglioramenti dell’efficienza energetica in linea con l’obiettivo UE al 2020. Le emissioni industriali sono stimate con modelli che tengono in considerazione il PIL e variabili macroeconomiche. Si assume inoltre che i crediti internazionali non siano più fruibili nel sistema ETS e l’assenza di link ad altri schemi ETS prima del 2030.

SS: Per gli investimenti a lungo termine, è importante l’aspettativa sul prezzo futuro del carbonio e sugli schemi di supporto. La “riserva di stabilità” e il dibattito sugli obiettivi clima e rinnovabili nel lungo termine rafforzano il ruolo del mercato e stimolano investimenti in tecnologia pulita. Nel nostro sondaggio annuale sul mercato del carbonio circa 40-45% degli intervistati in Europa ritiene decisive le attese sui futuri prezzi del carbonio per le decisioni di investimento. È interessante che questa quota non è diminuita nei recenti anni nonostante i più bassi prezzi, e ciò probabilmente indica un’attesa per un prezzo della CO2 destinato ad aumentare nel lungo periodo. E: Qual è l’impatto di un obiettivo per le rinnovabili più ambizioso? E quale quello per un obiettivo emissioni meno ambizioso? SS: Un obiettivo rinnovabili più ambizioso implicherebbe una minore generazione termica nel settore elettrico e quindi emissioni ridotte. Secondo il nostro modello, una quota di rinnovabili al 30% implicherebbe una riduzione delle emissioni di circa 700 milioni di tonnellate dal 2020 al 2030 rispetto ad uno scenario con il 27% di rinnovabili. Con un obiettivo clima al 35%, vi sarebbero maggiori emissioni nell’EU ETS per 557 milioni di tonnellate di CO2 nel 2020-30 rispetto allo scenario con il -40%. È interessante notare che un obiettivo clima meno ambizioso avrebbe meno effetti sul mercato della CO2 rispetto ad uno scenario privo dell’attuazione della “riserva di stabilità”. Stando alle stime del prezzo del carbonio tra 2020 e 2030,

E: Quale potrebbe essere un prezzo chiaro e stabile per la CO2 per guidare investimenti in tecnologia pulita?

FUNZIONAMENTO DEL MECCANISMO DI “RISERVA DI STABILITÀ DEL MERCATO”

-421 Mt Oversupply (X-2)

2016

Publication of oversupply (X-1)

Transfer to/from MSR (x)

+211 Mt +211 Mt

Backloading the backloading

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

...

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

...

2021

2022

2023

2024

2025

2026

...

Only publishing numbers without application of MSR

Market stability reserve (MSR)

Fonte: THOMSON REUTER POINT CARBON, Carbon Market Analyst, Digesting the EU 2030 climate and energy framework- an update to our long-term price forecast, January 23, 2014.

30

Elementi 32


EUA: PREVISIONE DI ANDAMENTO DEL PREZZO NEL LUNGO TERMINE AL 2030 ‘14

‘15

‘16

‘17

‘18

Nominal

6

8

11

11

10

7

Real

6

8

10

10

9

6

e/t

‘19

‘20

‘21

‘22

‘23

‘24

‘25

‘26

‘27

‘28

‘29

‘30

9

9

13

21

29

37

43

49

55

63

71

7

7

10

16

22

27

31

35

39

43

48

Fonte: THOMSON REUTER POINT CARBON, Carbon Market Analyst, Digesting the EU 2030 climate and energy framework - an update to our long-term price forecast, January 23, 2014.

il nostro modello suggerisce prezzi più bassi del 10% con un obiettivo clima al 35% (rispetto al 40%). Di contro, prevediamo prezzi più bassi del 35% senza l’attuazione della “riserva di stabilità”. La ragione principale è che la “riserva di stabilità” implica una significativa rimozione di quote di emissione dal mercato (oltre 200 milioni l’anno) nei primi anni della fase 4 (2021-28). Al contrario, la differenza tra un obiettivo al 35% ed un obiettivo al 40% si traduce in una differenza nel volume di quote all’asta di soli 9 milioni di quote l’anno. Riteniamo perciò che il prezzo della quota nel medio periodo (ossia al 2030) sarà più influenzato dall’attuazione della “riserva di stabilità”.

80

E: Qual è la principale variabile che influenza i prezzi nel medio periodo? SS: Data l’alta volatilità osservata, i partecipanti del mercato sembrano guardare solo tre anni in avanti nelle operazioni di gestione del rischio. Ciò è comprensibile dal punto di vista di un attore del mercato, ma indica al contempo la necessità di un quadro stabile e a più lunga gittata. Il dibattito sulle riforme strutturali, così come quello sui target clima-energia al 2030 aiuterà probabilmente gli attori ad anticipare gli equilibri del mercato. Riteniamo perciò che il prezzo della CO2 continuerà ad esser guidato dalla discussione regolatoria finché non si fa maggiore chiarezza sul quadro. Parlamento e Consiglio UE devono accordarsi sui dettagli della “riserva di stabilità” e l’inizio del processo decisionale non è atteso prima della seconda metà 2014. L’effetto del backloading sarà visibile nei prossimi mesi e crediamo che i prezzi aumenteranno per arrivare a 9€ nel 2015 e 11€ nel 2016.

PREVISIONI DI PREZZO DELLA CO2: CASO BASE E VARIANTI

70

EUA prices (e/t)

60

50 Base case (40 GHG/27 RES) with MSR Sensitivity “No MSR” (40 GHG/27 RES) 40 GHG /30 RES (with MSR) 40 GHG /24 RES (with MSR) 35 GHG /27 RES (with MSR)

40

30

20

10

0

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

2028

2029

2030

Fonte: THOMSON REUTER POINT CARBON, Carbon Market Analyst, Digesting the EU 2030 climate and energy framework - an update to our long-term price forecast, January 23, 2014

Elementi 32

31


Speciale energia dei Next Eleven

L' energia di

Nigeria, Vietnam

di M.T. Fronterotta, M. Panella, L. Rossi

ESTRATTO DELLA CLASSIFICA DOING BUSINESS 2014 SU 189 PAESI – WORLD BANK. PAESE

La Nigeria, le Filippine e il Vietnam fanno parte dei cosiddetti Next Eleven, cioè di quell’insieme di paesi, individuati una decina di anni fa dall’economista Jim O’Neill, dotati delle potenzialità per diventare le grandi economie del 21º secolo, dopo i Paesi BRICS. Si tratta di realtà molto diverse tra loro, le cui storie, però, confermano come la presenza di governi stabili e di guide politiche affidabili possa consentire il pieno sviluppo di un NiPaese e la partecipazione attiva all’economia mondiale.

32

Elementi 32

Singapore

GRATUATORIA 1

Regno Unito

10

Germania

21

Italia

65

VIETNAM

99

FILIPPINE

108

NIGERIA

147


e Filippine

Nigeria, il gigante africano Con 168 milioni di abitanti, la Nigeria è il settimo Paese più popoloso al mondo e il primo d’Africa. Dopo un passato di regimi corrotti, colpi di stato e dittature, il Paese si è trovato ad avere, quasi per caso, una guida politica più equilibrata dal nome beneaugurante di Jonathan Goodluck. Vicepresidente della Nigeria, subentrato alla guida del Paese alla morte del presidente Yar’Adua nel 2009, Goodluck è stato riconfermato a larga maggioranza con le elezioni del 2011. Nell’ultimo decennio l’economia

nigeriana è cresciuta molto, anche grazie al petrolio di cui è il maggior produttore del continente e che esporta soprattutto verso l’Europa (44% delle esportazioni). La Nigeria, peraltro, è il quarto esportatore al mondo di GNL, in particolare verso Giappone (24%) e Spagna (19%). Tuttavia, le tensioni sociali – il Paese conta oltre 500 gruppi etnici – nonché l’arretratezza delle infrastrutture non consentono un pieno sfruttamento delle abbondanti risorse naturali. Basti pensare che, nonostante la Nigeria sia al primo posto in Africa e al nono su scala mondiale per riserve di gas accertate, molto gas rimane inutilizzato bruciato in torcia. Il Paese è anche al secondo posto in Africa per riserve di petrolio, ma l’esplorazione è quasi ferma a causa dei

> Elementi 32

33


Speciale energia dei Next Eleven

problemi di sicurezza: alle tensioni nella zona del Delta del Niger, che hanno spinto a chiudere molti pozzi petroliferi, si aggiungono furti di petrolio dagli oleodotti, spesso vecchi e fatiscenti. Il cambiamento del Paese passa proprio attraverso la ricerca di un nuovo profilo di onestà delle autorità politiche: nello scorso decennio a causa della corruzione e delle malversazioni, oltre 400 miliardi di dollari di profitti derivanti dal petrolio sono spariti nelle tasche di politici e uomini d’affari, causando un notevole danno ad una nazione che al momento ha un PIL di circa 450 miliardi di dollari, con un tasso di crescita a 5 anni del 6,9%. Ma non di solo petrolio vive la Nigeria: il Paese vanta, infatti, un’industria cinematografica da 300 milioni di dollari l’anno ribattezzata col nome di Nollywood, seconda solo all’industria indiana di Bollywood. Nata dal nulla una ventina di anni fa, con film destinati al solo mercato domestico, l’industria del cinema costituisce la seconda maggiore fonte di impiego nel Paese, dopo quella governativa. Vero tallone d’Achille rimangono le infrastrutture: strade, reti di telecomunicazioni e, soprattutto, infrastrutture elettriche, per le quali complessivamente il Paese investe circa il 10% del PIL, a fronte di una necessità almeno doppia. E quello del servizio elettrico è uno dei problemi più sentiti: le interruzioni della fornitura sono così frequenti da aver reso il mercato dei gruppi elettrogeni uno dei più fiorenti. Al riguardo è emblematico il caso della compagnia telefonica sudafricana MTN, operante anche in Nigeria,

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Elementi 32

che ha installato in quasi tutte le sue stazioni gruppi elettrogeni, da rifornire periodicamente sotto scorta armata. E nel 2010 ben il 50% della popolazione non aveva accesso al servizio elettrico, con una generazione elettrica procapite di circa 162 kWh/anno, tra i valori più bassi al mondo. Per cercare di colmare questa carenza, la Nigeria sta avviando il processo di privatizzazione dell’azienda elettrica di Stato, la Power Holding Company of Nigeria, e sta spingendo per attuare un ambizioso piano di investimenti da oltre 30 miliardi di dollari: l’obiettivo è quello di aumentare la capacità installata di circa 30.000 MW al 2020, di cui una buona parte da fonti fossili e il resto essenzialmente da fonte idrica realizzata anche grazie ai capitali cinesi. Naturalmente i problemi del paese si riflettono nell’attività imprenditoriale: non è un caso che la Nigeria si trovi al 147º posto su 189 nella classifica mondiale Doing Business 2014 della World Bank. Ma il Paese deve ora affrontare senza più esitazioni i seri problemi di sicurezza della popolazione, dilaniata da forti tensioni etnico-religiose: questo sarà uno temi fondamentali su cui si valuterà nel prossimo futuro la credibilità del presidente Goodluck.


NIGERIA FONTE

PRODUZIONE ENERGIA ELETTRICA (TWh) – 2011

CAPACITÀ INSTALLATA (GW) – 2011

Idrica

5,59

1,94

Solare, maree e moto ondoso

0

0

Biomasse e rifiuti

0

0

Geotermica

0

0

Eolica

0

0,002

TOTALE RINNOVABILE

5,59

1,94

TOTALE FOSSILE

20,10

3,96

TOTALE

25,70

5,90

Produzione di energia elettrica e capacità installata per fonte al 2011 in Nigeria (U.S. EIA)

Vietnam, little China Considerato dagli investitori come una sorta di Cina in miniatura, il Vietnam nello scorso decennio ha visto affluire al proprio interno più capitali di quanti non se ne fossero investiti nella stessa Cina. Al suo apice, nel 2007, questo fiume di denaro ha prodotto un flusso in entrata di 17 miliardi di dollari, cifra che, in termini di percentuale del PIL, non è stata neppur lontanamente raggiunta dai Cinesi. Storicamente la similitudine fra i due Paesi è stata

propagandata dagli stessi leader vietnamiti, anche in virtù della condivisione di principi politici e sociali. A conferma della vicinanza ideale tra le nazioni, agli inizi degli anni ’90 il Vietnam aveva intrapreso una serie di riforme analoghe a quelle attuate da Deng Xiaoping in Cina nel decennio precedente. I risultati iniziali sono stati eccellenti, grazie a una timida introduzione del mercato libero che, in un paese comunista, in pochi anni aveva portato a un tasso di crescita del 7,5% (secondo solo a quello cinese). Tuttavia il Vietnam non è la Cina: con una popolazione di 90 milioni di abitanti, meno di 1/10 di quella cinese, non può certo fare affidamento su un mercato interno ampio come quello del dragone orientale. Peraltro, sebbene possa contare su manodopera a basso costo, la circolazione delle merci è resa difficile da una rete di trasporti inefficiente. Caso emblematico sono le strutture portuali: gli oltre 50 porti del Paese sono collocati al di fuori delle rotte internazionali, costruiti per lo più su percorsi fluviali, con capacità di stoccaggio e movimentazione merci al di sotto degli standard moderni. Per giunta molti sono stati sviluppati nella regione costiera centrale, dove ha luogo solo il 20% delle attività economiche: una collocazione inadeguata, frutto di ragioni politiche locali piuttosto che di una visione d’insieme. Tutto il contrario di quanto fatto in Cina dove, ad esempio, lo sviluppo di porti nel Sud ha favorito il collegamento del Paese con i mercati internazionali, portandolo in dieci anni ad avere 4 porti nella classifica mondiale dei primi 10. Significativa è anche la situazione della raffineria di Dun Qat, completata dopo 17 anni dal suo progetto e mai

> Elementi 32

35


Speciale energia dei Next Eleven

andata a regime, anche per la sua distanza dai pozzi petroliferi del Sud, oltre 600 miglia, e per l’assenza di oleodotti e strade di collegamento adeguate. Talora sembra che in Vietnam gli investimenti seguano logiche politiche mirate quasi esclusivamente alla ricerca del consenso sociale. È per questa ragione che il Paese non ha saputo gestire l’enorme flusso di denaro degli investitori, con conseguenti decisioni rallentate e infrastrutture non realizzate, ovvero costruite a costi improponibili. È il caso dell’autostrada e della ferrovia ad alta velocità Hanoi – Ho Chi Minh, entrambe preventivate al costo di 50 miliardi di dollari, estremamente care per un’economia che ora si attesta sui 320 miliardi. Anche il livello della manodopera qualificata necessita di crescere, al punto che molte aziende preferiscono trasferirsi in Tailandia e Indonesia. E’ il caso della Intel che nel 2010 ha aperto una fabbrica di chip da 1 miliardo di dollari a Ho Chi Minh, con l’obiettivo di impiegare circa 4.000 operai specializzati: è riuscita a trovarne solo 1/10 fra i candidati, dovendone formare il resto con corsi ad hoc e costi aggiuntivi. Anche questa volta, quindi, il piazzamento al 99º posto nella classifica mondiale Doing Business trova una sua giustificazione. Eppure dal punto di vista delle risorse energetiche, il Vietnam si posiziona bene: è il terzo detentore di riserve di greggio accertate in Asia, dopo Cina e India, e un esportatore netto di petrolio, nonostante abbia necessità di importare prodotti petroliferi raffinati. Per questa ragione ha deciso di aumentare la capacità di raffinazione,

offrendo non solo il 49% della proprietà di Dung Quat agli investitori stranieri interessati all’espansione, ma anche prevedendo la costruzione di altre due grandi raffinerie. La produzione di gas ad oggi è tale da consentirgli l’autosufficienza anche se, in previsione degli aumenti dei consumi interni, il Paese ha sottoscritto accordi preliminari con la Tokyo Gas Company, al fine di essere coadiuvato nella costruzione di terminali di GNL da importare.

VIETNAM FONTE

PRODUZIONE ENERGIA ELETTRICA (TWh) – 2011

CAPACITÀ INSTALLATA (GW) – 2011

Idroelettrica

40,52

10,94

Solare, maree e moto ondoso

0,00

0,00

Biomasse e rifiuti

0,06

0,00

Geotermica

0,00

0,00

Eolica

0,05

0,003

TOTALE RINNOVABILE

40,62

10,07

TOTALE FOSSILE

65,06

11,99

TOTALE

105,68

22,06

Produzione di energia elettrica e capacità installata per fonte al 2011 in Vietnam (U.S. EIA)

segue a pagina 38 36

Elementi 32

>


Il Biogas da discarica:

“LA VERA ENERGIA VERDE” OLTRE A PRODURRE UN KW VERDE TRASFORMA UN PROBLEMA IN UNA RISORSA

Con tecnologia MARCOPOLO

discariche in sicurezza = Zero Inquinamento Atmosferico e Terrestre = Energia Verde

Senza tecnologia MARCOPOLO Danno per l’ambiente e per la salute dell’uomo

Senza la tecnologia MARCOPOLO il biogas tossico e nocivo prodotto dalla decomposizione dei rifiuti all’interno delle discariche, migra in atmosfera e nel sottosuolo inquinando; le sostanze chimiche si disperdono in atmosfera e i cosiddetti “acidi volatili” ricadono sulle colture, persone e cose anche a centinaia di chilometri. Grazie alla messa in sicurezza delle discariche, MARCOPOLO oltre a produrre energia alternativa verde, bonifica l’ambiente preservando la salubrità dei prodotti agricoli e dell’ambeinte circostante. La dispersione di 1 kg di metano equivale ad emettere 25 kg di CO2 in atmosfera (IPCC 2007), si evince pertanto l’importanza e la necessità della sua distruzione; la cogenerazione in tal senso è il metodo più sicuro anche perché si autofinanzia da questa attività, in caso contrario il biogas andrebbe convogliato in torcia senza le stesse garanzie che il sistema venga gestito con la medesima attenzione ed efficacia. Con la tecnologia MARCOPOLO l’impatto serra provocato dalle emissioni della discarica viene ridotto di ben 24 volte! Inoltre grazie all’inoculo del prodotto ENZYVEBA®, microrganismi non geneticamente modificati, “muffe, batteri e funghi” brevetti dell’azienda, non solo si accelera la degradazione organica del rifiuto, ma si riducono le esalazioni maleodoranti presenti in discarica, in quanto ENZYVEBA® è un bioattivatore microbiologico naturale, frutto di anni di ricerca con primarie Università italiane. VANTAGGI AMBIENTALI E SOCIALI Grazie alla captazione, purificazione e distruzione del Biogas da discarica, impiegato come combustibile per produrre energia elettrica verde, Marcopolo, con i suoi 50 MW installati, OGNI ORA apporta i seguenti Vantaggi ambientali e sociali: • • • • • •

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Speciale energia dei Next Eleven Per quanto riguarda il carbone, il Vietnam è più che autosufficiente tanto da esportare quasi metà della sua produzione. Tale percentuale, tuttavia, è in calo essendo il carbone, insieme alla fonte idrica e al gas naturale, impiegato per soddisfare la crescente domanda di energia elettrica. Nel 2010 il fabbisogno elettrico era di 86 TWh ma si stima possa arrivare a oltre 300 TWh entro il 2020, con l’obiettivo di coprirne circa il 5% da fonte rinnovabile. Dal punto di vista della potenza installata il Paese si è posto l’obiettivo di raggiungere 75 GW al 2020, raddoppiandoli al 2030, con 12 GW da fonte nucleare da realizzare grazie all’aiuto tecnologico ed economico della Russia. In ogni caso, la vera partita del Vietnam, che comunque presenta un tasso di crescita a 5 anni del 5,9%, si giocherà tutta sul terreno della reale apertura al mercato e dell’uso più razionale e coerente degli investimenti, anche stranieri.

Filippine, alla ricerca del passato perduto Negli anni ’60 le Filippine potevano vantare il secondo reddito pro-capite dell’Asia, dopo quello del Giappone. Tuttavia, a partire dagli anni ’70 con la Corea del Sud fino all’ultimo decennio con l’Indonesia, molti Paesi dell’’area hanno superato per ricchezza le Filippine. E alla fine del 2010 la situazione nel Paese non era molto diversa da quella degli anni’90: l’economia era ancora in mano a poche famiglie che avevano investito nei settori più svariati, dai centri commerciali alle banche. Spesso le difficoltà del Paese sono state attribuite alla lunga instabilità politica seguita alla caduta del dittatore Marcos nel 1986. Ciò può aver influito solo in parte, visto che paesi ancora più instabili, come la Tailandia, sono riusciti comunque ad avere un’economia più florida. Il punto di svolta sembra essere arrivato con il Presidente Benigno NoyNoy Aquino III, vincitore delle elezioni del 2010 con un vantaggio mai visto prima nel Paese. Fra i suoi primi provvedimenti si annoverano il taglio della spesa pubblica, il contrasto alla corruzione e un’intensa campagna per attrarre investimenti esteri nei progetti pubblico-privati volti ad adeguare la rete dei trasporti. La situazione dei trasporti, in particolare quella aeroportuale, è infatti critica e viene spesso viene citata fra le cause dell’incapacità del Paese di sfruttare le sue risorse turistiche, come le bellissime spiagge, diffuse su oltre 7.000 isole, che riescono ad accogliere appena 3 milioni di turisti all’anno contro, ad esempio, i 5 milioni della sola isola indonesiana di Bali. Tra le priorità del Presidente c’è anche il rimpatrio degli 11 milioni di Filippini, emigrati dall’inizio degli anni ’80 soprattutto in USA e Giappone. Non a caso il flusso monetario dagli emigrati verso le Filippine ha continuato a crescere a doppia cifra nell’ultimo decennio. Il Paese, tuttavia, vorrebbe sfruttare le proprie risorse piuttosto che vivere di rimesse di denaro dall’estero: ha, infatti, petrolio, rame – con uno dei più grandi giacimenti al mondo – oro – con il secondo giacimento al mondo dopo il Sud Africa – e argento.

38

Elementi 32

Peraltro, con i suoi 96 milioni di abitanti – il 12º stato più popoloso al mondo – e con la metà della popolazione che ha meno di 21 anni e vive per due terzi nelle città può contare su una forza lavoro molto giovane: fattore importante per favorire la crescita di un Paese il cui PIL si attesta sui 420 miliardi di dollari e una previsione di crescita a 5 anni del 4,7%. Fra le varie opportunità di sviluppo c’è anche la competizione con l’India per il primato nel settore dei Call Center internazionali, che oggi nelle Filippine sono una realtà da 9 miliardi di dollari che impiega 350.000 persone. Dal punto di vista energetico il Paese è un importatore netto di energia, sebbene abbia bassi livelli dei consumi interni in rapporto ai Paesi vicini. Le infrastrutture elettriche sono certamente un settore da sviluppare, visto che al 2011 il 30% circa della popolazione non aveva ancora accesso al servizio elettrico. Nello stesso anno il Paese aveva una capacità istallata di 16 GW, di cui una buona parte costituita da fonti rinnovabili con in testa la fonte idroelettrica – 3,5 GW di potenza istallata a coprire il 14% della produzione totale – e la fonte geotermica – di cui il Paese è ben dotato con 1,9 GW a coprire il 15% della produzione – mentre il resto è costituito quasi completamente da carbone e gas naturale. Al fine di far fronte ai consumi interni, il governo ha peraltro pianificato di raggiungere 29 GW di potenza installata al 2030, triplicando la capacità delle fonti rinnovabili fino a 15GW, e di espandere, altresì, la rete elettrica per l’interconnessione delle isole principali.

FILIPPINE FONTE

PRODUZIONE ENERGIA ELETTRICA (TWh) – 2011

CAPACITÀ INSTALLATA (GW) – 2011

Idroelettrica

9,60

3,49

Solare, maree e moto ondoso

0,001

0,001

Biomasse e rifiuti

0

-

Geotermica

9,93

1,97

Eolica

0,10

0,03

TOTALE RINNOVABILE

19,64

5,49

TOTALE FOSSILE

46,37

10,77

TOTALE

66,01

16,26

Produzione di energia elettrica e capacità installata per fonte al 2011 nelle Filippine (U.S. EIA)

ERRATA CORRIGE L’articolo: “L’immissione in consumo dei biocarburanti” contenuto in Elementi 31, aveva le seguenti inesattezze: • Pag. 54, settima riga dall’alto – Errata: “biocarburanti” – Corrige: “carburanti” • Pag. 55, seconda colonna, 8º, 7º e 6º riga dal basso: Errata: “…il 4,2% del contenuto energetico del carburante fossile immesso, pari a quasi 340 milioni di Gcal” – Corrige: “…il 3,8% del contenuto energetico del carburante fossile immesso nel 2011, pari a quasi 370 milioni di Gcal”


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Elementi 31

39


mercato energetico

Al servizio del mercato IL PUNTO DI VISTA DI PAOLO VIGEVANO Presidente e AD di Acquirente Unico SpA di Luca Speziale E: AU e la Maggior Tutela sono di nuovo al centro d’importanti dibattiti. Perché? PV: Il tema dell’energia per i piccoli consumatori ultimamente viene sollevato come “problema” in relazione ai costi che la collettività paga, soprattutto in ragione della crisi che l’Italia sta attraversando. In questi anni il costo della bolletta è salito e pesa sul bilancio delle famiglie. Le ragioni per cui anche le riduzioni di prezzo della componente energia, che pure ci sono state, non sono state avvertite dai consumatori, sono legate alle tasse e agli oneri di sistema che costituiscono oltre il 50% del costo sostenuto. E: L’AU agisce sulla componente energia: qual è il valore aggiunto degli acquisti da voi fatti per il mercato di riferimento? PV: Come aggregatore della domanda, garantiamo agli utenti del mercato tutelato un risultato economico paragonabile a

Paolo Vigevano

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quello che è in condizioni di spuntare un grande acquirente, non tanto per la quantità acquistata, quanto piuttosto per la modalità di realizzazione. Il consumatore servito in Maggior Tutela, e quindi a prezzi determinati sostanzialmente dagli acquisti compiuti da AU, sa che se da un lato non si accaparrerà i prezzi talvolta da svendita che si vedono sul Mercato del Giorno Prima, dall'altro non ne subirà i picchi in crescita. La nostra azione sui mercati è orientata ad una prospettiva di medio-lungo periodo e la continuità degli acquisti, garantisce una stabilità dei prezzi per gli utenti con minore potere negoziale. Tutto all'insegna della più totale trasparenza. Perché chiunque monitori i nostri acquisti, può capire qual è la nostra strategia. E: Perché nascono “polemiche” sulla maggior tutela? PV: Innanzitutto chiediamoci chi la vuole mettere in discussione. Viste le attuali dinamiche di mercato, forse quel che alcuni stanno soffrendo è proprio il fatto che gli acquisti di AU costituiscono un benchmark piuttosto efficiente e non facilmente aggirabile. Se è vero che da una parte il percorso verso la liberalizzazione porterà alla graduale scomparsa del mercato tutelato, ad oggi quanto stiamo facendo si traduce in benefici di prezzo per i consumatori. Basta fare una ricerca sul “trovaofferte” dell’Autorità per accorgersi che oltre il 50% delle offerte ha prezzi superiori a quelli “di riferimento”, che sono appunto valorizzati a partire dai costi di AU. La cosa essenziale non è eliminare quell’asticella, ma ottenere che sempre più offerte passino sotto alla stessa. E: Da cosa dipende questa situazione? PV: Scontiamo una scarsa comprensione dei meccanismi di questo mercato, incluso il fatto che al momento in cui sottoscrive un’offerta quasi nessuno ha la reale cognizione dei suoi consumi effettivi. Ma nemmeno possiamo negarci che al momento i margini per i produttori sono veramente ridotti all’osso. In un mercato “lungo”, fare offerte a prezzo bloccato, che piacciono ai consumatori, non è semplicissimo. La scarsa comprensione del mercato non stimola le imprese a ideare offerte innovative. E: Come reagisce il consumatore ai molteplici stimoli del mercato? PV: Abbiamo condotto uno studio per capire come il consumatore si rapporta ai meccanismi di mercato e ne sono uscite importanti indicazioni, utili a orientare le politiche

nei confronti delle famiglie e delle piccolissime imprese e per aumentare la concorrenzialità all’interno del mercato. Il mondo del piccolo consumatore finale di energia è complesso: ad esempio, parlando di switching, scopriamo che al primo posto non viene considerata la “convenienza economica”, ma elementi apparentemente accessori, che però fanno già intravedere possibili evoluzioni dello stesso prodotto offerto. E: Qualche dato significativo? PV: L’83.9% degli intervistati (su 2000 interviste a un campione rappresentativo della popolazione italiana) dichiara di essere rimasto nel mercato tutelato. Sui motivi del mancato cambio di regime, emerge uno scarso interesse verso il mercato libero (40.3%). Si aggiungono poi: la soddisfazione per il proprio fornitore (12.9%) e un livello informativo ancora scarso (12.2%). Inoltre, gli intervistati ritengono che l’eventuale vantaggio derivante da nuovo contratto non sarebbe tale da giustificare il cambio di fornitore (10.4%), o non riscontrano differenze tra i fornitori (7.5%) o ancora temono di ricevere un servizio peggiore dell’attuale (10.1%). E: Alla luce di quanto emerge da questa ricerca, secondo lei, qual è la reale percezione del “prodotto energia”? PV: Per la maggior parte dei consumatori il prodotto è sostanzialmente indifferenziato e questo è un dato da tenere in considerazione. Le offerte a valore aggiunto sono le soluzioni del prossimo futuro. Probabilmente le offerte delle società elettriche si svilupperanno sulla vendita non del chilowattora anonimo, bensì dello strumento che utilizza quella corrente. E: Un po’ come fanno le compagnie telefoniche? PV: Proprio così. E: Pensando, per esempio, agli elettrodomestici? PV: Avranno sicuramente delle possibilità di evoluzione, anche se tendo a credere che il vero driver sarà la diffusione delle auto elettriche e quindi efficienti sistemi d’accumulo con tutti gli sviluppi che porteranno con se. Certo è che sarà necessario lo sviluppo di strumenti in grado di facilitare il processo di liberalizzazione. Il Sistema informativo integrato, che oggi svolge un ruolo dietro le quinte, è uno di questi. Grazie a esso sarà possibile costruire offerte ad alto valore aggiunto che oggi ancora riusciamo ad intuire.

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energia rinnovabile

2030 odissea energetica! di Stefano Besseghini Negli ultimi 15 anni, le priorità e gli obiettivi in campo energetico e ambientale fissati a livello di Unione Europea hanno fortemente condizionato le politiche e le scelte dei singoli Stati Membri, chiamati a rispettare gli obiettivi comunitari. Le scelte di politica energetica attuate dall’Italia negli ultimi anni sono state quindi indirizzate al conseguimento dei suddetti obiettivi. L’approccio “multi obiettivo” alla base della politica energetico-ambientale è stato ribadito dalla Commissione Europea nella comunicazione che propone per il 2030 i seguenti obiettivi da conseguire a livello di Unione Europea (“pacchetto 2030”): a) Stefano Besseghini AD di RSE

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riduzione delle emissioni comunitarie di gas serra del sistema energetico dell’Unione del 40% rispetto ai valori del 1990;


b)

copertura con fonti rinnovabili del 27% dei consumi finali di energia dell’Unione.

Per verificare la praticabilità di tale obiettivo, RSE ha svolto l’analisi di un possibile scenario al 2030 del sistema elettrico italiano che sia in linea con quanto previsto dalla Commissione Europea. Lo scenario preso in esame - realizzato con Enea utilizzando un modello di simulazione del sistema energetico italiano (TIMES-Italia) e un modello del mercato elettrico italiano (SMTSIM) – si basa sul presupposto che l’Italia contribuisca all’obiettivo europeo riducendo le proprie emissioni di gas serra del 36% rispetto al 2005. Nello scenario analizzato la domanda elettrica attesa per il 2030 presenta una lievissima crescita (342 TWh) rispetto al livello del 2010 (330 TWh). Il fabbisogno elettrico diminuisce per il forte contenimento dei consumi elettrici grazie a un largo impiego di tecnologie efficienti (es. motori elettrici ad alta efficienza con inverter, illuminazione efficiente, elettrodomestici ad alta efficienza) e allo spostamento verso una produzione industriale meno “energy intensive”. Le misure di sostegno all’efficienza energetica possono compensare quasi completamente l’incremento dei consumi. Relativamente alla produzione nazionale (311 TWh), un ruolo rilevante è svolto dalla produzione da fonti rinnovabili (circa 170 TWh) che continuano nel loro trend di crescita. Rilevante è lo sviluppo del fotovoltaico (34,6 GW di potenza installata) di cui una parte consistente della nuova produzione verrà da impianti di media taglia che operano in autoconsumo. La restante produzione nazionale al 2030 (138 TWh) viene da fonti fossili, con un contributo prevalente del gas naturale (87 TWh) e del carbone (circa 50 TWh). Alla copertura del suddetto fabbisogno contribuiscono, infine, le importazioni elettriche – prevalentemente sulla frontiera nord – per una quota rilevante (31 TWh), seppure in calo rispetto ai valori degli ultimi anni (43 TWh). Per garantire al sistema elettrico del 2030 un adeguato livello di flessibilità sarà necessario potenziare i sistemi di accumulo (impianti di pompaggio e nuovi sistemi di accumulo elettrochimico) al fine di garantire sia l’immagazzinamento dell’energia in eccesso nei periodi di elevata produzione da

rinnovabili (accumulo per servizio in energia), sia i servizi di regolazione di frequenza e tensione (accumulo per servizio in potenza). Anche la rete elettrica richiederà importanti interventi per far fronte alle mutate condizioni. Dovrà essere sia potenziata per consentire il trasporto della potenza dalle aree geografiche in cui è concentrata la produzione da rinnovabili (sud e isole) a quelle con maggior concentrazione della domanda, che riqualificata a livello di rete di distribuzione per permettere la gestione della grande quantità di generazione di piccola taglia a essa connessa e della domanda. I costi al 2030 del sistema elettrico nello scenario analizzato sono valutati, in valori monetari costanti €2010, dividendo i costi complessivi del sistema elettrico per il valore annuo dell’energia consumata. Essi crescono del 15%, passando da 16,4 a 18,9 c€/kWh. In particolare aumenta il costo dell’energia all’ingrosso, che risente dell’incremento di quello del gas e della CO2 con il conseguente rialzo del costo di produzione degli impianti a ciclo combinato, che fissano il prezzo marginale nel mercato elettrico. Per contro si registra una diminuzione degli oneri di sistema, in quanto al 2030 saranno esauriti gli elevati incentivi agli impianti a fonti rinnovabili realizzati nel decennio 2000 – 2010, mentre gli impianti che entrano in esercizio nei due decenni successivi richiederanno una intensità di incentivazione decisamente più bassa. A controbilanciare parzialmente la riduzione degli oneri di sistema contribuiscono i maggiori oneri per le misure di supporto all’efficienza energetica (Certificati Bianchi). Nello scenario al 2030 si è ipotizzato che il rilevante sviluppo previsto per la produzione fotovoltaica e la cogenerazione ad alto rendimento sia sospinto dalla permanenza della parziale esenzione degli oneri di sistema e costi di rete per l’energia autoconsumata anche nell’ambito di cosiddetti Sistemi Efficienti di Utenza (SEU). Questa scelta da un lato porta a contenere l’esborso complessivo per incentivazione diretta delle fonti rinnovabili (componente A3), ma dall’altro riduce significativamente la base di energia consumata sulla quale graveranno tutti i costi di rete e gli oneri di sistema, con conseguente aggravio della bolletta per i consumatori che non beneficiano di esenzioni.

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energia rinnovabile Arabia Saudita

Boom delle fonti rinnovabili di Antonello Di Pardo e Morena Ruscio L’Arabia Saudita sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nel panorama globale, soprattutto per la capacità di attrarre investimenti dagli operatori stranieri. Tra i vari settori produttivi, quello delle energie rinnovabili appare particolarmente dinamico: il Governo ha infatti deciso di differenziare l’approvvigionamento interno, tradizionalmente legato all’impiego di fonti fossili, puntando su un più ampio uso di FER. Nel 2012 l’Arabia Saudita è stata la 19° economia mondiale: tra il 2008 e il 2012 la crescita media del PIL è stata di circa il 6% annuo. Tale risultato è riconducibile a vari fattori tra cui l’aumento della produzione petrolifera e l’adozione di una politica fiscale espansiva.

Andamento del PIL (miliardi di dollari statunitensi) dal 2008 al 2014 800 750 700 650 600 550 500 450 400

2008

2009

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2012

2013*

Fonte: Osservatorio Economico MSE su dati FMI

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2014*


Il Paese detiene il 22% delle riserve di greggio finora accertate e, nel 2012, è stato il secondo produttore mondiale di petrolio (dopo la Russia) con una media di circa dieci milioni di barili al giorno estratti. Anche per quanto riguarda il gas naturale le riserve non sono di poco conto, circa il 4% del totale globale: oggi la produzione (pari a 99.330 milioni di m3 l’anno) viene impiegata solo per il consumo interno. Il sistema economico saudita è significativamente dipendente dal petrolio, di cui esporta circa il 75% della produzione, soprattutto verso USA, Giappone, Cina, Corea del Sud, India ed Europa. A fronte della rapida crescita demografica, il Paese si sta dirigendo verso un sistema di approvvigionamento energetico diversificato, volto alla riduzione del consumo delle riserve interne di combustibili fossili. Un mix energetico con una crescente quota di

energie rinnovabili in aggiunta a quelle convenzionali è strategicamente importante per la prosperità dell’Arabia Saudita a lungo termine, per la sicurezza energetica e per la sua posizione di leader nel mercato globale dell'energia. Il Regno si è quindi posto l’ambizioso obiettivo di installare entro il 2032 16 GW di potenza nucleare e 54 GW di potenza da FER, di cui 25 GW di solare a concentrazione, 16 GW di fotovoltaico, 9 GW di eolico, 3 GW di impianti di energia da rifiuti e 1 GW di geotermico. Per il solo comparto solare, di cui il Paese ha uno dei maggiori potenziali al mondo con una radiazione solare media di 2.550 kWh/m2, sono previsti investimenti superiori ai 100 miliardi di dollari.

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Ripartizione obiettivo mix di capacità installata da FER al 2032 (%)

Geotermico 2% Energia da rifiuti 5% Fotovoltaico 30% Eolico 17%

CSP 46%

Per raggiungere tali obiettivi nel 2010 è stato istituito il King Abdullah City for Atomic & Renewable Energy (K.A.CARE) con il mandato di sviluppare una maggiore capacità produttiva di energia atomica e rinnovabile. Il K.A.CARE, inoltre, ha annunciato la creazione della Sustainable Energy Procurement Company (SEPC), l’ente governativo che si occuperà di amministrare i bandi rivolti alle tecnologie rinnovabili. Il principale strumento individuato per supportare lo sviluppo delle FER è costituito da gare ad aste (CPP - Competitive Procurement Program), rivolte a nuovi impianti o ampliamenti di impianti esistenti di potenza superiore a 5 MW, grazie alle quali è possibile ottenere un PPA (Power Purchase Agreement), per l’energia elettrica immessa in rete, per venti anni. Il K.A.CARE ha individuato i siti in cui localizzare i progetti che parteciperanno alla prima gara che dovrebbe svolgersi a breve. Nell’arco dei prossimi due/tre anni verranno messi ad asta ulteriori 7.000 MW. Le gare si svolgeranno in due fasi: una richiesta di qualifica (request for qualification - RFQ) e la sottomissione dell’offerta definitiva (request for proposal - RFP). I progetti saranno valutati, oltre che sulla completezza dei requisiti obbligatori, sulla base delle caratteristiche finanziarie e dell'esperienza dei proponenti nonché del livello di local content (spese totali per beni e servizi forniti da operatori locali, formazione e attività di ricerca e sviluppo da svolgere all’interno del Paese). Il sistema elettrico saudita - caratterizzato dalla presenza di una sola società verticalmente integrata per la produzione, la trasmissione e la distribuzione dell’energia elettrica, la Saudi Electricity Company (SEC) - si sta avviando verso un mercato maggiormente competitivo, nel quale gli operatori potranno vendere l’energia elettrica prodotta direttamente sul mercato finale senza doverla cedere alla SEC. Per quest’ultima vi sarà l’unbundling, con la separazione in tre distinte società che si occuperanno rispettivamente di trasmissione, distribuzione e generazione di energia.

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ggi l’Arabia Saudita appare un mercato promettente per gli investitori stranieri, caratterizzato da un quadro normativo favorevole, un sistema fiscale vantaggioso ed ingenti risorse energetiche. Il Paese, inoltre, gode di stabilità socio-politica e gli analisti prevedono che continuerà a crescere a ritmi sostenuti anche nei prossimi anni. L'Arabia Saudita, infatti, sta incoraggiando l’espansione del settore privato soprattutto per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, le telecomunicazioni, l'esplorazione di giacimenti di gas naturale e il settore petrolchimico. Il Governo ha adottato differenti iniziative per attrarre gli investimenti stranieri ed al contempo ha avviato un processo - definito di saudizzazione – basato su un sistema di quote occupazionali locali volto al trasferimento del know-how ai lavoratori sauditi. In corrispondenza di tali iniziative, il Regno si distingue all’interno della regione arabica per essere il Paese più virtuoso in merito agli Investimenti Diretti Esteri in entrata. Nel ranking dell’indice Doing Business redatto da World Bank e International Finance Corporation, che confronta le diverse regolamentazioni in alcuni ambiti del business environment decisivi per intraprendere un’iniziativa imprenditoriale, l’Arabia Saudita occupa il ventiduesimo posto. Per quanto riguarda i rapporti commerciali tra l’Italia ed il Regno si osserva una significativa crescita: nel solo 2011 l’interscambio ha registrato un incremento su base annua pari all’82%, a conferma delle opportunità reciproche che entrambi i mercati offrono e della complementarietà dei sistemi produttivi. Nel settore delle FER la significativa esperienza dell’industria italiana, l’eterogeneità delle risorse sfruttabili ed il potenziale del mercato saudita offrono interessanti prospettive di business. Allo scopo di cogliere tali opportunità, nella recente missione di sistema del Governo italiano era presente anche una delegazione del GSE guidata dall’AD Nando Pasquali, che ha incontrato i rappresentanti del K.A.CARE per valutare eventuali collaborazioni.



energia rinnovabile Eolico, l'Anev fa chiarezza

Dagli incentivi al danno paesaggistico 11 'falsi miti' a cura di

Adnkronos

Turbine che causano inquinamento acustico ed elettromagnetico, impianti che deturpano il paesaggio e danneggiano l'avifauna, incentivi che pesano sulle bollette. Il tutto per generare un'energia dai costi troppo elevati e basata su una fonte discontinua e inaffidabile. Senza contare le infiltrazioni della criminalità organizzata e il rischio di un futuro fatto di impianti offshore. Sono i "falsi miti" dell'energia eolica, secondo l'Anev - Associazione nazionale energia del vento. Quelli più radicati riguardano “gli incentivi pubblici e i costi in bolletta - spiega l'Associazione. L'idea che il sostegno al comparto eolico sia pagato da incentivi statali è errata, così come il fatto che la bolletta elettrica è cara per colpa delle

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rinnovabili". Questa idea si fonda su un assunto errato, spiega l'Anev. Infatti, l'unico importo in bolletta legato all'eolico è riferito alla compensazione che il Gse, Gestore dei Servizi Energetici, svolge nei limiti del raggiungimento dell'obbligo assunto in Europa, ovvero quello di produrre una parte di energia elettrica da fonti rinnovabili. Per legge l'energia eolica non può ricevere sussidi pubblici per costruire un impianto. Gli incentivi per legge sono stati erogati per l'energia prodotta e corrisposti tramite i Certificati Verdi acquistati dalle aziende produttrici di energia non verde, per compensazione ovvero da Gse. Bisogna poi segnalare che la significativa produzione eolica di questi anni sta


comportando sempre più spesso una riduzione del costo dell'energia elettrica con beneficio per i consumatori.

Gli altri 'falsi miti' sull'eolico. Il rumore. In un impianto eolico, il rumore deriva dall'attrito dell'aria con le pale e con la torre di sostegno dell'aerogeneratore: è pari a 45,3 decibel assoluti a 150mt di distanza dall'impianto e scende a 36,9 a 400mt. Insomma, il rumore generato da un parco eolico è molto meno intenso di quello generato in casa, in ufficio, nell'abitacolo di un'auto. Sotto un aerogeneratore in esercizio si può chiacchierare senza dover alzare il tono di voce, come invece può accadere per strada. Sul fronte dell'inquinamento elettromagnetico l’impatto di un impianto eolico è modesto e inferiore ai limiti fissati per legge, con i campi elettrici generati resi nulli dall'effetto di ''schermo'' esercitato dalle guaine metalliche e dal terreno sovrastante i cavi interrati a 1,80 metri di profondità.

L'impatto sul paesaggio. L'altezza delle torri varia da 10 a 115 metri, ma in Italia gli aerogeneratori sono di altezza compresa tra i 30 e i 90 metri e ad oggi occupano uno spazio complessivo di 1,4 kmq, lo 0,0004% della superficie totale della Penisola. La crescita stimata per il 2020, che prevede circa il 185% di produzione in più, determinerà un incremento di territorio impegnato dello 0,0005%, recuperando però vaste aree all'attività agropastorale abbandonata. Inoltre, l'Anev ha firmato con Legambiente, Wwf e Greenpeace il protocollo per il ''buon eolico'' che stabilisce il principio della necessaria esclusione delle aree a particolare pregio o tutela e, per le aree in cui è consentito, attenzione agli impatti ambientali, visivi e paesaggistici sin dalla progettazione.

Pale eoliche killer di uccelli Uno studio della Canadian Wind Energy Association ha evidenziato che su 10.000 incidenti occorsi a volatili, meno di uno è imputabile agli impianti eolici. Ad ogni modo, il Protocollo Anev esclude per l’installazione di parchi eolici le aree dove esistano corridoi migratori o specie di particolare pregio avifaunistico. L'energia eolica è una delle energie rinnovabili più competitive, seconda solo all'idroelettrica, con un costo pieno di produzione che oscilla tra i 140 e i 160 euro/MWh (il fotovoltaico costa tra i 429 e i 790 euro/MWh; il solare termodinamico tra i 134 e i 256 euro/MWh). Altro mito da sfatare: l’eolico è una fonte discontinua e inaffidabile. Per l'Anev è invece una risorsa sempre disponibile e continuamente rinnovabile, garantita dagli studi preventivi sui potenziali siti dove vengono analizzate, per almeno un anno e mezzo, direzione e intensità del vento, e che devono garantire la presenza della risorsa per circa 1.750 ore l'anno con ventosità adeguata a garantire la producibilità per ogni Mw installato di circa 1.750 MWh/

anno. Tra dieci anni, secondo uno studio Anev, l'eolico potrà contribuire alla produzione di energia elettrica in Italia con una quota pari a circa il 7% del consumo interno lordo previsto per il 2020.

Paura delle produzione off-shore La conformazione delle coste e dei fondali marini italiani li rende poco adatti all'installazione di impianti in mare. Secondo l’Anev le potenzialità dell'off-shore in Italia sono limitate: su 16.200 MW eolici potenziali installabili nel nostro Paese al 2020 l'Anev stima che gli impianti in mare potranno contribuire soltanto con 200 MW di potenza.

La criminalità. L'eolico in Italia è riuscito, meglio di altri settori, a evitare che gli interessi economici della criminalità potessero inserirsi nel proprio circuito grazie anche ai controlli che effettuano le banche utilizzando studi legali internazionali, ai quali deve sottostare l'azienda eolica che opera nel project financing.

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energia rinnovabile

Provincia di Siena

È “Emissione Ø” A TU PER TU CON GABRIELE BERNI Assessore all’ambiente della Provincia di Siena

Gabriele Berni

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di Luca Speziale E: Dr. Berni, in Italia assistiamo a una crescente richiesta di “sviluppo sostenibile” e di energie rinnovabili. Quali sono le basi su cui la provincia di Siena, la prima a raggiungere l’obiettivo “emissioni zero”, ha fondato il suo successo? GB: Abbiamo lavorato su quattro cardini: la riduzione dei consumi energetici da fonti fossili; l’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili; l’aumento dell’efficienza energetica e la gestione accorta del patrimonio forestale presente sul territorio. Tutto è iniziato nel 2006, con la stesura del primo bilancio delle emissioni certificato da un ente terzo, Rina Services, ed è continuato con un coinvolgimento crescente del territorio e di tanti soggetti, dalle istituzioni alle imprese fino ai cittadini. A questo si è unita anche la revisione del vecchio Piano Energetico, che ha portato a predisporre un nuovo strumento di pianificazione energetica aggiornato e attento allo sviluppo sostenibile delle Terre di Siena. Abbiamo così raggiunto il 102% della capacità di assorbimento delle emissioni dei gas serra certificata su dati riferiti al 2011 e in largo anticipo rispetto al prefissato 2015. E: Quali sono i numeri che hanno consentito di arrivare a tale risultato? GB: Dal 2006 al 2011 le emissioni di Co2 in provincia di Siena si sono ridotte del 20,1%; i consumi di combustibili fossili sono diminuiti del 19,4% e la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile è aumentata del 22%, con un “avanzo” di circa 80.000 MWh di energia “pulita” ceduta alla rete elettrica nazionale. Anche la capacità di riassorbimento di Co2 – in questo periodo – è aumentata del 14%. Per avere un termine di paragone, basti pensare che se la provincia di Siena nel 2011 è a quota 102% di riassorbimento di Co2, il dato riferito all’Italia è fermo al 13% e quello dell’Europa si attesta intorno al 6%. Grazie alle sue caratteristiche, il territorio senese è partito da una situazione migliore rispetto alla media italiana ed europea: infatti la produzione geotermica da sola copre quasi il 90% del fabbisogno elettrico e la metà del territorio, circa 160.000 ettari, è coperta da boschi. La provincia di Siena è tra le prime realtà a rispettare, con sette anni di anticipo, gli obiettivi della Direttiva Europea per il 2020: -20% di emissioni climalteranti; +20% di rinnovabili; +20% di efficienza energetica. E: Qual è il programma e le soluzioni che sono state attuate? GB: Per sviluppare le rinnovabili e, in particolare, il fotovoltaico, abbiamo promosso l’utilizzo dei pannelli solari individuando aree idonee non paesaggisticamente rilevanti per l’installazione di grandi impianti (come ex discariche e miniere dismesse) ed erogando incentivi per lo sviluppo di piccoli impianti. Dal 2008 a oggi, grazie ai bandi della Provincia con incentivi cumulabili con quelli del Conto Energia nazionale, sono stati realizzati 692 impianti, con un risparmio di oltre 2.819 tonnellate di Co2 all'anno e un investimento complessivo di circa 22 milioni di euro a

beneficio dell’economia locale. La partita dell’efficienza energetica, invece, è stata portata avanti con audit energetiche su tutto il patrimonio immobiliare riscaldato di proprietà della Provincia e con bandi per le diagnosi energetiche rivolti ai 36 Comuni del territorio, al fine di sostenere la progettazione di interventi di riqualificazione energetica degli edifici pubblici. Inoltre, abbiamo sottoscritto con i 36 Comuni un protocollo d’intesa per inserire nei regolamenti edilizi norme sull’isolamento termico e sull’utilizzo di energia rinnovabile per edifici nuovi e per ristrutturazioni sull’involucro esterno, in accordo con la Direttiva Europea in materia. E: Altre azioni? GB: Il controllo sugli impianti termici, avviato nel 2003 grazie ad accordi con le categorie degli artigiani, le istituzioni e i consumatori e a una capillare campagna di comunicazione per garantire la sicurezza degli impianti, verificare il rendimento di combustione previsto dalle normative vigenti e contribuire agli obiettivi di risparmio energetico e di contenimento delle emissioni climalteranti, anche in linea con quanto previsto dagli accordi di Kyoto. Ad oggi, sono 90.000 gli impianti autocertificati annualmente in provincia di Siena con una riduzione di Co2 pari a 32.000 tonnellate all’anno. E abbiamo agito per salvaguardare boschi e riserve naturali, risorse enormi per la salvaguardia della capacità di riassorbimento di Co2. E: Alti standard di qualità di vita e energia da fonti rinnovabili, connubio perfetto… GB: Vivere in un territorio sostenibile significa essere una provincia attrattiva e competitiva in settori importanti come quello del turismo, dei prodotti agroalimentari e della green economy, attraverso la nascita di nuove attività e la conversione di pezzi di economia tradizionale oggi attraversata dalla crisi. E: Progetti e obiettivi da raggiungere nel prossimo futuro? GB: Il percorso avviato svilupperà ulteriormente un progetto che non è solo della Provincia di Siena, ma rappresenta un modello di governance virtuoso, improntato alla sostenibilità ambientale, esportabile in qualsiasi realtà territoriale, in linea con i concetti attuali di smart cities e smart communities. L’ambiente per noi è un patrimonio da tutelare e valorizzare e un motore di crescita e di sviluppo sul fronte della green economy e dell’innovazione ambientale.

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ambiente ed energia

Per l’Italia e l’Europa

Efficienza energetica e mercato unico INCONTRO CON ROSA FILIPPINI Presidente Amici della Terra Tra i fondatori dell'associazione ambientalista Amici della Terra, rappresentanza italiana di 'Friends of the Earth International', della quale oggi è presidente, Rosa Filippini rappresenta una voce fuori dal coro nel mondo ambientalista italiano. Le sue posizioni, si condividano o meno, sono comunque ispirate a valutazioni documentate e ragionate, per un “ambientalismo consapevole e adulto” che rifugga “una cultura antindustriale”.

Rosa Filippini

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di Roberto Antonini E: Il settore elettrico italiano vive una fase conflittuale: da una parte il boom delle rinnovabili, dall'altra la crisi del termoelettrico. Festeggiare o preoccuparsi? RF: La fase depressiva del settore elettrico è uno specchio impietoso della crisi economica: non c’è gran motivo per festeggiare. Nel merito, il boom delle rinnovabili elettriche intermittenti e la crisi del termoelettrico non sono il risultato di una competizione, ma di una distorsione del mercato imposta a caro prezzo ai consumatori, con risultati modesti in termini di emissioni e discutibili relativamente all’impatto ambientale. Non si tratta nemmeno di un conflitto fra innovazione e conservazione: gli operatori che hanno investito nel termoelettrico sono gli stessi che lo hanno fatto nelle rinnovabili elettriche di dimensione industriale e che godono delle rendite assicurate dagli incentivi e della priorità di dispacciamento. Le stesse misure che contribuiscono a mettere fuori mercato le centrali a gas e a tenere alto il costo delle bollette. E: Sostenibilità ambientale ed economica: le due esigenze possono incontrarsi in maniera non conflittuale? RF: Ambiente ed economia vanno d’accordo se la politica sa fare scelte oculate confrontando costi e benefici di diverse strategie e di ogni specifica misura. A proposito delle politiche climatiche europee del 20-20-20, è noto che a parità di emissioni evitate il costo delle misure per promuovere le rinnovabili termiche equivale a 1/5 di quello a sostegno delle rinnovabili elettriche. Per ciò che riguarda l’efficienza energetica il rapporto è addirittura di uno a dieci. La direttiva europea lascia ai Paesi membri la libertà di scegliere le tecnologie da sostenere per raggiungere gli obiettivi fissati. Nessuno obbliga il nostro Paese ad aggravare per vent’anni le utenze di elettricità per sostenere l’industria cinese dei pannelli fotovoltaici o la filiera nordeuropea dell’eolico. Dipende solo da noi cogliere o no l’opportunità di valorizzare le eccellenze italiane nella produzione dei sistemi di climatizzazione, nella cogenerazione ad alto rendimento, nella trigenerazione, nel teleriscaldamento alimentato a biomassa, nei termocamini e nelle caldaie a pellet.

RF: E’ noto il grande potenziale di risparmio attivabile con le riqualificazioni del residenziale e del terziario. Il bonus fiscale messo a disposizione in questi anni è una misura utile ma timida. In particolare, dieci anni sono troppi per il recupero; inoltre il rinnovo del bonus di anno in anno, anziché la sua messa a regime, non ha permesso una programmazione degli interventi più importanti. Nei trasporti, le azioni di efficientamento devono ancora cominciare. Nel settore industriale il nostro Paese può far tesoro della sua lunga esperienza di efficienza energetica per un rilancio significativo dell’innovazione e della sostenibilità ambientale. Inoltre, l’efficienza energetica può essere il volano per la soluzione di alcune annose vertenze ambientali attraverso l’utilizzo dei fondi strutturali e l’applicazione qualificata della normativa europea sugli aiuti di stato in campo ambientale. E: C'è ad esempio il tema dell'indicatore che possa esprimere il miglioramento di efficienza energetica in modo collegato alla crescita della competitività del Paese. RF: Non si possono misurare i progressi di efficienza con l’indicatore del calo dei consumi: si rischia di applaudire gli effetti della crisi, come le chiusure o le delocalizzazioni di attività. Gli Amici della Terra propongono di adottare obiettivi di riduzione dell'intensità energetica collegati agli indici di produzione settoriale. In questo modo gli obiettivi di efficienza potrebbero indicare senza equivoci il progresso del Paese. E: Siamo in una fase delicata della storia dell'Europa unita e un tema importante è quello dell'energia e della necessità di un mercato unico: in che modo questa fase potrebbe essere utilizzata per alleviare le criticità del sistema elettrico italiano, a partire dalle rinnovabili? RF: Il mercato unico è anch’esso un provvedimento di efficienza oltre che una prospettiva obbligata. E’ strano che oggi sia assicurata la libera circolazione dei cittadini e delle merci e che solo l’energia sia ancora ferma alle frontiere.

E: Come vedono gli Amici della Terra la questione del capacity payment per il termoelettrico? RF: Anche questo è un onere che deriva dalla produzione elettrica intermittente e dalla necessità che l’offerta di elettricità non venga meno quando il sole tramonta o il vento cala. Secondo logica, non dovrebbe ricadere sulle bollette degli utenti che, altrimenti, pagherebbero due volte: per assicurare la rendita ai produttori di energia intermittente e per rimediare alla discontinuità della fornitura. E: Il tema dell'energia possiamo vederlo dal lato della produzione e da quello del consumo. Voi sottolineate la necessità di agire per l'efficienza energetica: cosa c'è da fare?

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energia e territorio

Facciamo delle iniezioni di tecnologia al Paese IL PENSIERO DI CATIA BASTIOLI Presidente Kyoto club Catia Bastioli

Rigenerazione territoriale, innovazione, efficienza delle risorse, cambio culturale. Questi i termini che costituiscono il paradigma della bio-economia per Catia Bastioli, presidente di Kyoto Club e amministratore delegato di Novamont, che è convinta delle potenzialità del nostro Paese soprattutto quando gli “standard sono più alti”, anche perché l'Italia ha già modelli virtuosi da integrare e sviluppare.

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di Tommaso Tetro E: Dr.ssa Bastioli, l’ economia 'verde' può davvero contribuire a farci uscire dalla crisi? CB: L'economia verde ha un significato specifico: rigenerazione territoriale. Il che vuol dire agire a livello locale ma con la testa nel mondo. E’ importante l'efficienza delle risorse sotto tutti i punti di vista, dalle materie prime rinnovabili all'uso dei combustibili fossili.

calati nella realtà. Senza una strategia non andiamo da nessuna parte. Bisogna crescere in modo innovativo senza buttare quel che si ha ma imparando a crescere meglio. Non potremmo essere competitivi con l'Asia. Noi dobbiamo andare avanti iniettando innovazione. Un esempio viene delle nuove tecnologie applicate al sito di Porto Torres, per avere performance migliori non solo da un punto di vista ambientale ma anche tecnico.

E: Qual è lo stato della green economy nel nostro Paese?

E: Un ambito che coinvolge anche i processi industriali?

CB: Si stanno muovendo molte cose. Siamo attenti all'ambiente, ma occorre puntare più in alto.

CB: Un esempio di come intervenire sulle politiche industriali è la gestione dei rifiuti, che genera un costo enorme. Se invece il rifiuto venisse considerato una materia prima, quei costi si trasformerebbero in guadagni, sia per i cittadini che per il Paese: per esempio trasformando l'organico in humus e destinandolo alle aree dove c'è desertificazione. Non facendolo si sta perdendo una grande occasione: mancano impianti per la produzione del compost. Si tratta di un settore in continuo sviluppo. In Italia riusciamo a fare in alcune zone cose che la Germania, considerata il motore dell'Europa, non riesce a fare. Se riuscissimo allora ad utilizzare i Fondi per diffondere questi esempi virtuosi in tutto il Paese, potremmo avere dei benefici enormi.

E: In che senso? CB: Per esempio se gli standard dei nostri prodotti, come spesso avviene, restano bassi si creano tre tipi di problemi: si generano costi ambientali per i cittadini, si perde in competitività e in posti di lavoro, si spende troppo in importazione. In questo modo si desertificano e non si valorizzano le competenze territoriali. Cosa bisognerebbe fare allora? CB: Se mettiamo l'asticella più in alto e puntiamo la nostra attenzione sul territorio, riusciamo a far meglio di tutti gli altri; si deve sempre pensare a incrociare l'innovazione e le tecnologie con lo sviluppo dei territori. L'obiettivo deve essere l’utilizzo di materie prime locali e sostenibili, la creazione di bio-raffinerie integrate, la riconversione industriale grazie all’iniezione di tecnologie nuove. Non attraverso sussidi a monte, ma facendo riferimento a standard elevati. Avere cioè una visione sistemica che nasca da un approccio pionieristico: mettere insieme invece che dividere e provare una riattivazione culturale attraverso la bio-economia, che è in grado di creare occupazione. Altrimenti c'è un impoverimento non solo economico ma anche culturale.

E: E della Strategia Energetica Nazionale che ne pensa? CB: Va rivista, considerando la corsa degli ultimi due anni delle fonti rinnovabili e i prossimi obiettivi al 2030. Serve poi una Strategia per l'efficienza delle risorse. Su questo dobbiamo lavorare moltissimo. Si tratta – comunque - di un compito complesso. Gli Stati generali della green economy rappresentano un percorso interessante. Ognuno dovrebbe fare un passo indietro per farne uno in avanti tutti insieme. Prima bisogna capire di cosa abbiamo bisogno e poi trovare il modo migliore per raggiungere gli obiettivi, partendo da elementi diversi per avere infine una visione comune.

E: Un asse portante della green economy, il capitolo delle rinnovabili? CB: Da noi c'è un urgentissimo bisogno di ragionare sulla politica industriale ed energetica. Abbiamo costruito tanto, abbiamo un surplus di potenza elettrica installata, cosa che impone uno sforzo di razionalizzazione molto forte, iniziando con la chiusura delle centrali più obsolete. Il Kyoto Club sente molto questa urgenza. La mancanza di un quadro unitario sta creando un sistema che può far male ma che se preso in tempo può dare risultati positivi. Per esempio, va rilanciata con maggior vigore una politica dell’efficienza energetica. Se non facciamo un ragionamento complessivo rischiamo di fallire, quando invece l'Italia può farcela su tutti i fronti. E: Per cui obiettivi alti ma con un Piano che li guidi? CB: Gli obiettivi alti attivano lo stimolo, ma devono esser

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Senza ricerca non c’è futuro QUATTRO CHIACCHIERE CON ANGELO MORENO Presidente H2IT e ricercatore Enea

La nostra ricerca langue. Però ci sono realtà che dimostrano che un’altra Italia è possibile. Si tratta di piccole realtà che fanno presagire come gli investimenti sullo sviluppo della filiera tecnologica dell’idrogeno e delle celle a combustibile possano diventare un volano per l’economia e per la creazione di posti di lavoro qualificati. Angelo Moreno

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di Ilaria Proietti E: Professore, posso approfittare della presa elettrica per ricaricare il cellulare? AM: Le faccio vedere una cosa: con questa piletta di idrogeno il suo telefono è in carica. Guardi da dove viene: made in China. Sono rammaricato perché lo progettammo qui all’Enea, ma non è mai entrato in fase di produzione. Siamo stati pionieri, in questo come in molti altri campi, ma non siamo stati in grado di fare sistema, far sì che questo prodotto diventi un pezzo di economia. E: Competere con i cinesi sul costo del lavoro così come con i Paesi ricchi di materie prime non è facile… AM: Il problema non è solo questo. In Italia stiamo rinunciando a competere anche sulla materia prima che è il cervello, intesa come capacità di importare quello che non abbiamo, trasformarlo con il valore aggiunto dell’ingegnosità e rivenderlo all’estero. Un Paese come il nostro non può fare a meno della ricerca e soprattutto non può non valutare le conseguenze che i tagli alla ricerca comportano. E: Certo anche il mondo della ricerca ha qualcosa da farsi perdonare… AM: Il meccanismo in Italia s’inceppa su tutta la filiera data la scarsa correlazione tra ricerca e industria. I nostri tempi di risposta non sono allineati con le necessità dell’industria che, da parte sua, fa molte resistenze rispetto ai processi innovativi, perché implicano un cambio di passo e di prospettiva spesso incompatibile con le linee di business. Poi però ci sono realtà che dimostrano che un’altra Italia è possibile. Si tratta di piccole realtà che però fanno presagire come gli investimenti sullo sviluppo della filiera tecnologica dell’idrogeno e delle celle a combustibile possano diventare un volano per l’economia e per la creazione di posti di lavoro qualificati. E: Era il presupposto anche degli investimenti sulle rinnovabili. Ma è andata diversamente… AM: Certe tecnologie le possiamo anche non volere o ostacolare, ma prima o poi ce le imporranno. Le tecnologie legate alle celle a combustibile entreranno nelle nostre case. Non vorrei che si facesse come si è fatto con i pannelli solari, dove chi guadagna sono al massimo gli installatori perché poi il prodotto vero e proprio lo importiamo dalla Cina. Rifare un’esperienza del genere vorrebbe dire rassegnarsi ad un’economia di rimbalzo…

indicato nel set plan dell’Europa, concepito come una sorta di margherita. Il centro è l’obiettivo e attorno ci sono le tecnologie: dal fotovoltaico, al nucleare passando per l’efficienza energetica fino a quelle di cui mi occupo. Ogni nazione sceglierà quelle su cui puntare. Spero che il governo vari una propria piattaforma nazionale così da fornire indicazioni sulle priorità del sistema Paese per sviluppare un tessuto capace di competere sul mercato internazionale con propri prodotti a elevato contenuto innovativo e tecnologico, in modo da convogliare gli operatori, gli investitori e i ricercatori su linee imprenditoriali e scientifiche strategiche. E: Rispetto all’incapacità del nostro Paese di fare sistema, l’ottimismo non avrebbe ragione di essere. AM: Sono come l’ultimo giapponese sull’isola, anche perché lavoro su idrogeno e celle a combustibile da vent’anni e Paesi che hanno iniziato dopo di noi mi hanno convinto che queste siano una parte della soluzione ai problemi energetici globali. Si faccia il caso della Corea, che come noi non ha materie prime. In un solo anno sono stati in grado di costruire una centrale da 60 Mw che non inquina, non puzza, non ha camini. Portare questa tecnologia nel Sulcis per fare innovazione nel campo del carbone pulito significa utilizzare al meglio i soldi elargiti dallo Stato. Le applicazioni di queste tecnologie sono potenzialmente moltissime, a partire dal settore del riscaldamento domestico. Prima che venisse utilizzato il metano nelle case si usava una miscela di idrogeno con la cosiddetta gassificazione da carbone. E: E l'Europa cosa dovrebbe fare? AM: Nel campo della generazione distribuita dove sono applicabili queste tecnologie, ci aspettiamo indicazioni simili a quelle del settore auto: in quel caso sono state date indicazioni sul tipo di qualità che i produttori dovevano mettere sul mercato se volevano continuare a costruire automobili, mettendoli tutto allo stesso livello. Complessivamente, se guardiamo ai risultati, il livello tecnologico a beneficio dei consumatori è aumentato. Da non ripetere è invece il metodo applicato nel settore degli elettrodomestici: i produttori sono liberi di continuare a portare sul mercato i prodotti di varie classi energetiche e il consumatore di scegliere in base a quello che può spendere. In questo caso l’esperienza ha dimostrato che prodotti non efficienti continuano a sopravvivere in un mercato non stimolato a raggiungere un avanzamento tecnologico di massa.

E: Le rinnovabili sono state finanziate in ogni modo… AM: La nostra battaglia non è sugli incentivi. Abbiamo di fronte una transizione verso l’economia decarbonizzata che ha come prospettiva il 2050. Parte del progetto europeo è affidato all’idrogeno e alle celle a combustibile che sono parte della soluzione per raggiungere l’obiettivo

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Innovazione energetica

L’Europa rischia di perdere il treno FACCIA A FACCIA CON STEFANO DA EMPOLI Presidente I-Com

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di Gabriele Masini E: Partiamo dallo stato di crisi del settore elettrico. Il caso Sorgenia e, in generale, le difficoltà del termoelettrico, gettano un’ombra sul processo di liberalizzazione del settore avviato quindici anni fa. C’è il rischio di una nuova concentrazione dell’offerta nelle mani di pochi grandi operatori? SDA: Un’inversione del pluralismo di mercato, che sembrava ormai un dato acquisito e anche la cifra migliore della liberalizzazione dell’elettricità in Italia, è senz’altro l’aspetto più allarmante della vicenda Sorgenia. Ma anche delle difficoltà di player nazionali e internazionali che hanno investito molte risorse nel mercato italiano negli ultimi 10-12 anni. Non dimentichiamoci che in un Paese che attrae scarsi investimenti esteri il settore elettrico ha rappresentato una delle poche eccezioni, soprattutto su progetti greenfield. Ma lo spauracchio di una maggiore concentrazione non deve neppure spingerci verso allontanamenti ulteriori dalle logiche di mercato rispetto a quelli intervenuti negli ultimi anni. E: La generazione distribuita è il futuro del sistema elettrico o si tratta di un successo dovuto solo a incentivi ed esenzioni? SDA: Sono vere entrambe le cose. Si tratta di un futuro che certamente si sarebbe prima o poi imposto, anche se io non credo in via totalizzante ma come complemento importante e con pari dignità rispetto ad impianti medio-grandi a fonte tradizionale che assicurano maggiori economie di scala e produzione continua. L’incentivazione straordinariamente elevata soprattutto del fotovoltaico e le deadline flessibili di alcuni Conti energia particolarmente generosi hanno creato una corsa all’oro in cui alcuni hanno guadagnato a spese dei consumatori e del mercato. Ora, però, occorre guardare avanti sfruttando al massimo le opportunità che questa nuova situazione ci offre. Ad esempio, dando impulso a una miriade di innovazioni possibili. E: Cosa manca al mercato elettrico per adeguarsi al nuovo paradigma imposto dalle rinnovabili? SDA: Credo si debba lavorare per adeguare le regole al nuovo contesto (ad esempio prevedendo la possibilità di prezzi negativi di Borsa come succede altrove) e sull’innovazione, di cui spesso ci si dimentica e alla quale ogni anno I-Com dedica un appuntamento nel quale presentiamo un rapporto (l’ultimo lo scorso 22 maggio). Il fatto di esserci spinti sulla frontiera del futuro non può essere derubricato come un errore ma dovrebbe spronarci a sfruttare i lati positivi della situazione. Ad esempio moltiplicando gli investimenti tecnologici nelle reti di trasmissione e distribuzione, nell’accumulo e nella mobilità elettrica.

E: Gli obiettivi su rinnovabili ed efficienza hanno prodotto innovazione e nuove iniziative imprenditoriali in Italia? Quali i settori più interessati e promettenti? SDA: Secondo il Rapporto I-Com 2014 sull’innovazione energetica, dal punto di vista dei brevetti l’Italia è molto indietro: ne produciamo meno di un trentesimo del Giappone, leader assoluto della classifica, e circa un ventesimo della Germania, primo Paese europeo. Non abbiamo dunque una sufficiente massa critica, nonostante un buon potenziale di ricerca dimostrato dal discreto numero di pubblicazioni scientifiche sulle principali riviste internazionali. I settori dove probabilmente potremmo recitare un ruolo da protagonisti sono la cogenerazione, la geotermia e il solare termodinamico. Anche se ad esempio su quest’ultimo, dove eravamo partiti bene, ci siamo un po’ persi strada facendo. E: Con la prossima adozione degli obiettivi europei in materia di clima ed energia al 2030 occorre valutare le politiche finora adottate. Dal punto di vista delle emissioni e della produzione da rinnovabili gli obiettivi al 2020 sono a portata di mano. Da quello della competitività del sistema produttivo europeo si può parlare di un successo? Per il 2030 sarà sufficiente stabilire un obiettivo di riduzione delle emissioni? SDA: Occorre avere il coraggio di uscire dalla liturgia dominante nelle principali capitali europee, riconoscendo che le politiche europee su clima ed energia hanno fallito gli obiettivi. Non solo il contributo diretto alla lotta al cambiamento climatico è stato del tutto trascurabile (e non potrà che essere sempre più così dato il peso decrescente dell’Europa sul livello globale delle emissioni di gas serra, oggi appena superiore al 10%) ma non siamo riusciti a convincere quasi nessun altro Paese del mondo a seguirci sulla stessa strada. In più, la leadership nei settori cleantech è nelle mani di altri Paesi. I primi Paesi per numero di domande di brevetto nel 2012 sono Giappone, Stati Uniti e Corea del Sud, risultati confermati dai dati provvisori del 2013. Solo la Germania riesce a tenere, con fatica, il passo ma gli altri Paesi da soli non contano nulla o quasi. E: Ancora peggio è andata dal punto di vista industriale? SDA: La Cina nella manifattura e gli Usa nelle tecnologie ICT sono i grandi protagonisti, mentre le imprese europee recitano perlopiù il ruolo di comprimarie nella competizione globale. Concentrarsi su un obiettivo unico per le emissioni al 2030 rappresenterebbe un parziale riconoscimento degli errori del recente passato. La vera differenza la farebbe un’Unione della ricerca, con pochi centri di eccellenza pubblici e maggiori investimenti comuni in grado di eliminare le tante duplicazioni esistenti, anche a livello di singolo Paese.

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Per l’efficienza serve un piano nazionale. E attenti ai monopolisti IL PARERE DI CLAUDIO FERRARI Presidente Federesco di Carlo Maciocco

Claudio Ferrari

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E: Gli obiettivi stabiliti dal decreto di recepimento della direttiva Ue sull’efficienza sono adeguati per far sviluppare il settore in Italia? CF: Il decreto si limita a recepire le minime disposizioni individuate dalla Direttiva. L’attuazione delle misure previste fino al 2020 darà un notevole impulso al settore, attraverso la realizzazione su grande scala di servizi (diagnosi, progettazioni, certificazioni, verifiche, ecc.) e lavori (riqualificazioni, nuove installazioni di impianti più efficienti) e coinvolgerà tutti i settori e gli ambiti economici e sociali dell’Ue, con priorità alla Pubblica Amministrazione e alle imprese. Come Federesco, però, abbiamo evidenziato all’Audizione presso le decime commissioni del Senato e della Camera che sarebbe necessaria la riforma del Titolo V della Costituzione sulla concorrenza di legislazione regionale e nazionale in tema di energia, che ha ostacolato il processo di diffusione dell’efficienza energetica e della generazione distribuita. Serve un Piano Energetico Nazionale, per identificare le azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi Ue e indirizzare quelle regionali e locali (in questo senso, la Strategia Energetica Nazionale e lo European Strategic Energy Technology Plan non sono sufficienti). E: Per agevolare i rapporti tra gli operatori di settore, quindi, si dovrebbe prevedere l’istituzione di un interlocutore unico a livello governativo? CF: Sì, cui attribuire la gestione delle risorse derivanti dall’unificazione dei fondi stanziati dallo Stato. Inoltre, riteniamo che si possa essere più coraggiosi: non accontentarsi del 3% di riqualificazioni all’anno, ma portandole almeno al 4% annuo ed estendendo l’obbligo a tutti gli immobili pubblici e non solo a quelli del governo centrale. D’altronde, l’art. 14 della Legge 94/2012 già prevede che - entro lo scorso 9 maggio 2014 - tutte le PA avrebbero dovuto adottare misure volte all’efficientamento degli usi finali dell’energia. Infine nel decreto manca quanto previsto dalla Direttiva in tema di edilizia sociale. E: Osservatori concordano nell’individuare due grandi ostacoli: la diffusione di una cultura realmente green tra i consumatori italiani e il sostegno finanziario dal mondo bancario. Come si superano? CF: A questi aggiungerei la mancata vera liberalizzazione dell’energia. Il primo ostacolo si supera investendo nell’informazione e nella formazione, partendo da scuola, imprese, banche, famiglie e il personale della PA. A ciò, il decreto dedica un importante ruolo, con il coinvolgimento di ENEA e delle associazioni come Federesco. Ma sarebbero necessarie più risorse: un milione di euro non è sufficiente.

Inoltre, è necessario che si sviluppi la contrattualistica di rendimento energetico e sul finanziamento tramite terzi, condivisa tra i vari soggetti (ENEA, Esco, PMI, Banche). In merito al secondo ostacolo, il decreto prevede la creazione di un Fondo di garanzia, di cui occorre regolare i criteri di funzionamento e, soprattutto, permettere che possa beneficiare di una garanzia di ultima istanza dello Stato sugli impegni assunti, in analogia con altri strumenti agevolativi nazionali (ad es. Fondo di garanzia per le PMI). Appare poi opportuno prevedere che in questo stesso Fondo confluiscano risorse pubbliche già stanziate e destinate alla concessione di agevolazioni per interventi di riqualificazione energetica. Il terzo ostacolo si supera controllando e sanzionando tutti gli operatori di rete (distribuzione e vendita di energia) nel caso tengano comportamenti volti ad ostacolare lo sviluppo del mercato dei servizi energetici, compresa la preclusione e l'accesso al mercato per i concorrenti o l’abuso di posizione dominante. E permettendo a tutti i soggetti di acquistare e vendere energia liberamente. E: A questo proposito, anche i grossi operatori si stanno convincendo a puntare sull’efficienza: pericolosi concorrenti per le piccole Esco? O li teme di più come lobbisti delle fonti tradizionali? CF: Le posizioni dominanti degli operatori delle fonti fossili sono state e sono tuttora la “concorrenza” più difficile. D’altronde, citando Jeremy Rifkin, è in atto una “rivoluzione energetica” che durerà almeno tutto il XXI Secolo. E: Su quali tecnologie conviene puntare maggiormente? La nuova tariffa sperimentale per le pompe di calore potrebbe essere decisiva? CF: Occorre puntare sulle tecnologie più efficienti, dal punto di vista dell’analisi del ciclo di vita. La nuova tariffa sulle pompe di calore è interessante: vedremo gli effetti sul mercato. E: Come si colloca Federesco nel consolidamento in atto nel settore associativo green? È ipotizzabile un’integrazione con altre associazioni del settore o un ulteriore avvicinamento a Federutility? CF: Federesco è sempre stata disponibile a collaborare con altre realtà associative. È chiaro che le peculiarità di Federesco sono una risorsa preziosa che non può essere dispersa a favore degli interessi di vari centri di potere, il più delle volte non coincidenti con quelli dell’efficienza energetica e con evidenti conflitti di interesse sul tema. Con Federutility abbiamo definito una collaborazione sui temi comuni che, ancora, non ha dispiegato tutto il suo potenziale di opportunità, ma che ci auguriamo possa presto svilupparsi.

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EXPO MILANO 2015

Una spinta alla Green Economy INTERVISTA A PIERO GALLI Direttore Generale Divisione Gestione Evento di Expo 2015 S.p.A. Piero Galli

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di Luspe E: Dottor Galli, l’Expo può essere considerato un trampolino per creare nuove positive aspettative per il rilancio dell’economia? PG: Come tutti i “Grandi Eventi” – pensiamo alle Olimpiadi o ai Mondiali di Calcio –Expo Milano 2015 ha una missione molto importante: essere motore di rilancio e catalizzatore di cambiamento per la città e per il Paese che lo ospita. Secondo recenti studi, il valore aggiunto generato dall’Esposizione Universale è stimato in circa 10 miliardi di euro, con benefici per il settore turistico pari a 5 miliardi; più di 60mila sono - invece - le persone che si calcola saranno impiegate direttamente o indirettamente nel 2015. Il rilievo di tale indotto e la visibilità mondiale offerta da Expo Milano 2015 fanno dell’Esposizione Universale un appuntamento strategico per l’Italia. Il tema scelto, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, è la chiave di volta dell’evento. Alimentazione, nutrizione e sviluppo sostenibile sono argomenti di interesse sociale, economico, storico e culturale globale, in grado di richiamare l’attenzione dei Paesi del mondo e, in base alle nostre previsioni, almeno 20 milioni di visitatori, di cui 6-8 milioni provenienti dall’estero. E: Quali forze si stanno mettendo in campo per rendere l’Expo un punto di partenza in questo senso? PG: È tutto il Sistema Paese a muoversi per permettere a Expo Milano 2015 di essere quel volano di crescita e di possibilità di cui l’economia nazionale ha bisogno. Ricordo soltanto alcuni degli accordi e delle iniziative in essere. Con il nome di Agenda Italia 2015 il Governo ha varato un piano di 60 progetti per lo sviluppo del Paese, sotto il coordinamento del Ministero degli Affari Esteri, dell’Interno, dell’Economia e delle Finanze e delle Infrastrutture e dei Trasporti. Inoltre, con l’Associazione Nazionale Comuni Italiani è stato sottoscritto un protocollo d’intesa che permetterà la realizzazione di un programma di appuntamenti ed eventi culturali su scala nazionale; abbiamo anche organizzato numerosi incontri con le realtà imprenditoriali perché siano protagonisti attivi di questa rinascita, stimolando l’iniziativa e rendendo più attrattiva e concorrenziale l’offerta destinata ai visitatori. Questi sono solo degli esempi, utili a dare l’idea di quale circuito collaborativo questo evento è stato in grado di attivare. E: Uno dei temi centrali sarà la green economy. La possiamo considerare uno strumento di spinta per la crescita del nostro Paese? PG: Quella che stiamo organizzando è la prima Esposizione Universale della “green economy”. La sfida della sostenibilità ambientale è determinante nel progetto di Expo Milano 2015. Il tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” vuole far riflettere i Paesi Partecipanti sui nuovi modi di produrre sviluppo e crescita mondiale, con il minor impatto possibile sulle risorse naturali. E chiama tutti i comparti produttivi – dall’agroalimentare alla logistica, dalla costruzione alla gestione degli spazi espositivi – a proporre le migliori esperienze del settore. Le pratiche ecosostenibili

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e le soluzioni tecnologiche sviluppate per la gestione dell’evento - dalle reti fisse e mobili di nuova generazione alle Smart Grid, all’individuazione delle linee guida per il “green procurement” – sono legacy concreta dell’Esposizione Universale, strumenti in grado di assicurare la crescita del Paese e modelli applicabili in altri contesti e situazioni. E: L’Italia, per quanto riguarda ricerca e sviluppo, che ruolo rivestirà e come verrà vista? PG: Le attese nei confronti dell’Italia sono elevate, perché un’Esposizione Universale che ha l’obiettivo di individuare le linee guida per assicurare a tutti cibo sano, sicuro e sufficiente nel mondo non può che stimolare il Paese ospitante a mettere in campo il meglio, puntando su ingegno, creatività e studio. Come organizzatori Expo Milano 2015 ci stiamo impegnando al massimo nella ricerca e nella proposta di soluzioni di alta qualità ed efficienza, in termini energetici e di impatto ambientale oltre che di innovazione tecnologica. Per sei mesi, chi visiterà il sito espositivo avrà la possibilità di vivere l’esperienza tecnologica di una Smart City attenta all’ambiente e interconnessa con il territorio. Il nostro compito è garantire tale possibilità. E: Per un futuro sempre più “verde”, cioè la sostenibilità come una carta vincente, cosa ancora si deve fare? PG: Il futuro è ricerca. Direi che è questa la carta che il nostro Paese ha il dovere di giocare nel settore della sostenibilità alimentare e ambientale. L’augurio, però, è che i risultati degli studi escano dai laboratori, per trovare sempre più spesso efficacia e applicazione in strumenti e mezzi tecnologicamente adeguati a risolvere i principali problemi che la carenza di risorse naturali e un loro cattivo utilizzo provocano. La condivisione delle conoscenze è la via principale e indispensabile per contribuire alla costruzione delle competenze e del patrimonio di esperienze necessario per migliorare la qualità di vita del maggior numero di persone possibile.



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Il segreto del geco Energia nel paese delle nanomeraviglie 68

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di Michele Panella Di indole timida e schiva, il geco è un abile cacciatore notturno di insetti che sfrutta la sua insuperabile capacità di camminare su qualsiasi parete verticale, asciutta o bagnata, e addirittura sui soffitti, potendo rimanere appeso anche per un dito solo. A lungo gli esperti si sono chiesti l’origine di questa straordinaria capacità e, scartate le ipotesi più fantasiose, una quindicina d’anni fa il geco ha finalmente svelato il suo segreto. Da tempo si sapeva che i suoi polpastrelli sono letteralmente foderati di setole sottilissime, da cui si dipartono centinaia di ulteriori diramazioni ancora più sottili, di dimensioni nanometriche, cioè dell’ordine del miliardesimo di metro: circa centomila volte più sottili di un capello. Ma come fanno queste setole ad aggrapparsi a qualsiasi superficie e a sostenere l’innocuo rettile? La risposta è stata trovata agli inizi del 2000: le setole nanometriche sono in grado di avvicinarsi così tanto a qualsiasi superficie da riuscire a instaurare con esse un particolare tipo di interazione, nota da oltre un secolo, detta interazione di Van der Waals. In pratica è la forza più debole che si possa stabilire fra due molecole o superfici diverse. Nel geco ogni setola sviluppa una forza di 7 milionesimi di Newton, una forza incredibilmente piccola che, però, moltiplicata per la quantità di setole presenti, porta a un’interazione in grado di sostenere circa 2 kg di peso. Niente male per un animaletto di mezz’etto! Ma come fa, allora, a camminare? Sembra che il geco sia in grado di orientare queste setole nanometriche variando, così, l’intensità delle interazioni che si stabiliscono con le pareti. Questo è solo uno dei numerosissimi esempi dei prodigi delle “nano-strutture”, adottate dalla natura sia nel mondo animale che vegetale. E da alcuni decenni queste strutture, anche artificiali, stanno interessando gli scienziati per le infinite applicazioni che possono avere e che vanno sotto il nome di nanotecnologie, volte allo studio, al controllo e alla manipolazione della materia alla scala dei nanometri. Concettualmente le nanotecnologie nascono nel ‘59, quando il fisico premio Nobel Richard Feynman prefigurò la possibilità di manipolare la materia a livello atomico, così da ottenere precise strutture ordinate. La manipolazione alla nano-scala consente – infatti - di ottenere materiali “speciali”, con proprietà chimiche, elettriche, meccaniche e ottiche insolite e interessanti, spiegabili dalla fisica quantistica. Operativamente, due gli approcci per ottenere delle nanostrutture. L’approccio top-down che prevede l’asportazione di materiale a partire da oggetti macroscopici, fino ad arrivare alle dimensioni volute: è come se si operasse una sorta di nano-scultura della materia. E l’approccio bottom-up, che consiste nell’assemblare le strutture a partire dai singoli atomi o molecole, come fossero minuscoli mattoncini di LEGO. Le possibili applicazioni macroscopiche delle nanotecnologie vanno dalla meccanica all’industria aerospaziale, dalla cosmesi all’energia, dalla medicina all’elettronica, prefigurando un mondo caratterizzato da materiali con elevate resistenze meccaniche e pesi ridotti, dalle proprietà autopulenti e addirittura disinquinanti, nonché da micro laboratori di analisi portatili e computer molecolari dalle enormi potenzialità! Già oggi sono diffusi alcuni prodotti delle nanotecnologie: le auto montano marmitte catalitiche nano strutturate,

molti rivestimenti protettivi sono autopulenti grazie a nano particelle di biossido di titanio, mentre speciali nano particelle inorganiche inserite nei polimeri forniscono pneumatici molto più resistenti all’usura, per non parlare dei display flessibili (fig. 1) e dei guanti di nano setole “simil-geco”, in grado di sostenere pesi di decine di chilogrammi!

Fig. 1 - Esempio di display flessibile

E nel giro di alcuni anni non mancheranno novità interessanti nel settore energetico: celle fotovoltaiche ad alto rendimento con ossidi di titanio nano cristallini e la messa a punto di materiali capaci di fornire soluzioni ottimali per l’accumulo dell’idrogeno, nonché la realizzazione di conduttori elettrici di nuova generazione. Di recente, infatti, l’attenzione si è focalizzata sulle strutture di carbonio dette nano tubi (fig. 2), una sorta di sottilissimi fogli di grafite arrotolati che, in particolari configurazioni, presentano bassissima resistenza elettrica, elevata resistenza alla trazione (100 volte maggiore di quella dell’acciaio) e peso ridotto (1/6 dell’acciaio): in altre parole, i candidati ideali per il trasporto di energia elettrica, una volta, però, che si riesca ad assemblarli correttamente. Ma i nano tubi sono utilizzabili anche per costruire pile a combustibile più efficienti o per realizzare muscoli artificiali per robot, grazie alla somiglianza ai muscoli umani in termini di resistenza e deformazione. Insomma, la rivoluzione delle nanomeraviglie è appena iniziata: intanto, per chi fosse interessato, su internet si possono già acquistare nano tubi al prezzo di alcune decine di euro al grammo, a patto che li si sappia maneggiare, viste le inquietanti minuscole dimensioni!

Fig. 2 – Rappresentazione di un nanotubo di carbonio nella configurazione “armchair”, dotata di particolari proprietà elettriche.

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ambiente ed edilizia

Scuole più efficienti, alunni migliori di Maria Pia Terrosi Tra le tante sfide che si affrontano nelle scuole ce n’è una che – oltre al futuro dei nostri figli – vede in gioco anche l’ambiente. Parliamo della ristrutturazione e della riqualificazione energetica dell’edilizia scolastica, un tema di piena attualità e considerato prioritario anche in termini di ripresa economica. Certo, il quadro di partenza è sconfortante. In Italia gli edifici scolastici sono 42 mila: di questi ben il 60% è stato costruito prima del 1974 e il 35% ha addirittura più di 70 anni. Si tratta – evidentemente – di edifici costruiti con tecnologie e materiali dell’epoca e ormai del tutto superati, spesso privi di isolamento termico, il che li rende strutture fortemente energivore. Ovvero, veri e propri colabrodo dal punto di vista delle dispersioni termiche, difficili da riscaldare e con altissimi fabbisogni termici ed elettrici. Già in passato l’Enea aveva svolto uno studio sulla riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico (in questo caso considerando scuole ed uffici) prendendo come riferimento un campione pari a circa 15 mila edifici e

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valutandone gli indicatori dei consumi energetici. Dall’indagine era emerso che per intervenire su questo campione - equivalente ad 1/3 circa del totale – era necessaria una spesa complessiva di quasi 8,2 miliardi di euro. Ma – avvertiva l’Enea – gli effetti in termini di riduzione dei consumi sarebbero consistenti: diminuzione del fabbisogno di energia termica del 18% e ben il 23% in meno di consumi elettrici. Più recente invece – e rivolta esclusivamente alle scuole – l’indagine svolta dal Cresme (Centro Ricerche Economiche, Sociali, di Mercato per l’Edilizia e il Territorio) per il Forum Ri.U.So, un sodalizio che vede insieme CNA (Consiglio Nazionale Architetti), Ance (Associazione Nazionale Costruttori) e Legambiente. Lo studio parte dal dato riferito alla bolletta energetica italiana nel settore dell’edilizia scolastica, attualmente pari a 1,3 miliardi di euro all’anno, considerando insieme consumi termici ed elettrici. Occorre intervenire su questa spesa, in primo luogo riducendo gli sprechi. Per farlo, per migliorare le prestazioni energetiche di questo vecchio patrimonio edilizio scolastico, la soluzione proposta dal Cresme è di partire dalla


riqualificazione di quelle che sono le situazioni più disperate. Per riqualificare queste scuole “più energivore” – che sono circa il 20% del totale – è stato calcolato che servirebbero 3,6 miliardi di euro. Soldi ben spesi, però, visto che grazie a tali interventi si riuscirebbe quasi a dimezzare (-48%) i costi legati ai consumi energetici: da 351 a 181 milioni di euro l’anno, 169 milioni in meno. Il che riportato alla bolletta energetica complessiva del settore scolastico si tradurrebbe in una riduzione del 13% della spesa. Per rendere una scuola più efficiente dal punto di vista energetico ci sono molte strade. La prima è intervenire sulle dispersioni di calore, cioè coibentare le superfici opache dell’edificio (pareti, solai, tetto) e quelle trasparenti (infissi). Non solo, occorre anche intervenire sui sistemi di produzione di calore, visto che la quasi totalità delle scuole italiane (il 97%) è riscaldato con caldaie tradizionali, vecchie e poco efficienti. Così come valutare la possibilità di utilizzare tecnologie legate alle fonti rinnovabili per la produzione di calore o elettricità, installando impianti solari termici o fotovoltaici. Infine, intervenire per rendere più efficienti i sistemi di distribuzione legati alla climatizzazione ed illuminazione, rendendoli modulabili in funzione della domanda. Semplici interventi in molti casi. Sufficienti però a garantire secondo una recente ricerca elaborata dal Dipartimento di Sviluppo dei Sistemi Elettrici di RSE - Ricerca sul sistema Energetico - un risparmio del 35% dei consumi energetici. Un risultato significativo considerando che una scuola italiana consuma in media ogni anno una tonnellata equivalente di petrolio per il riscaldamento e 1,5 terawattora di energia elettrica. Basterebbe sostituire le vecchie lampadine con modelli ad alta efficienza e basso consumo, cambiare gli infissi,

effettuare interventi di coibentazione e controllare le temperature di esercizio degli impianti per ottenere un risparmio medio di 13.000 euro annui in ciascuna scuola. Non poco considerando che in media ogni scuola spende in energia intorno ai 40.000 euro l’anno. Lo studio di RSE stima i costi per questi interventi a circa 170 euro al metro quadro. Per avere un’idea, una piccola scuola di circa 1000 metri quadrati potrebbe rientrare dell’investimento in meno di 20 anni. Ma oltre agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici per risparmiare energia nelle scuole si può fare anche qualcos’altro. Un esempio innovativo in tal senso è rappresentato dal progetto sviluppato dal Politecnico di Torino in collaborazione con la Regione Piemonte e la Regione Valle d’Aosta. Si tratta di un sistema di monitoraggio dei consumi elettrici e della qualità del clima in tempo reale attivo nelle 24 ore nelle aule scolastiche, che al momento coinvolge il Polo tecnologico a Verrès in provincia di Aosta e la cittadella del Design e della Mobilità del Politecnico di Torino. Fulcro del progetto denominato “Applus Énergie” un software innovativo di gestione dati che non solo rileva analiticamente i consumi energetici della scuola, ma li analizza permettendo di capire con precisione come e dove risparmiare sulla singola fonte. Nel caso, ad esempio, dell’Istituto Verrès di Aosta il sistema ha evidenziato che i consumi elettrici risultavano elevati anche di notte o nei giorni festivi a causa della cattiva abitudine di lasciare in stand-by i computer e le stampanti nelle aule di informatica.

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ambiente ed edilizia

L’agrivillaggio di Giovanni Leoni

Vivere in sintonia con l’ambiente? Si puo’! Elementi 32

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energia. Il prezzo delle case, fornite di impianti fotovoltaici e termico-solari, è reso accessibile a tutti attraverso un escamotage. Non si compra la proprietà della terra, che resta quindi all’azienda, ma il diritto di superficie.

Vicofertile, dove nasce l'Agrivillaggio

di Maurizio Godart Il progresso sociale comporta anche un elevato numero di controindicazioni: metropoli alienanti, inquinamento, sprechi energetici ed alimentari, costi della vita estremamente cari. L’esigenza di cercare soluzioni che ridimensionino questi angosciosi problemi riguarda da decenni le più diverse categorie umane e professionali: ingegneri, medici, biologi, addirittura filosofi, e così via. A tal proposito sembra opportuno segnalare l’idea che sta prendendo forma nei dintorni di Parma, cioè quella di un quartiere residenziale immerso in un parco agricolo di 250.000 metri quadri, situato a distanza di bicicletta dalla città, organizzato in modo funzionale al fabbisogno alimentare, energetico e sociale delle famiglie che vi risiedono. Si tratta dell’Agrivillaggio di Vicofertile, ideato dall’imprenditore agricolo Giovanni Leoni. Sessanta abitazioni unifamiliari, progettate per chi vuole sperimentare una vita di comunità basata sulla condivisione, sulle sostenibilità e sull’autosufficienza energetica e alimentare. Un progetto unico al mondo, capace di provvedere ai bisogni dei residenti nel rispetto dell’ambiente, dove il concetto di impatto ambientale zero trova piena attuazione. Al centro dell’impresa l’alimentazione, anello di congiunzione tra agricoltura ed urbanistica. Scopo dell’Agrivillaggio è infatti l’integrazione delle attività umane con i cicli naturali, in particolare quelli alla base della produzione del cibo, e quindi del benessere collettivo. Tutto verrà prodotto all’interno della struttura, tra il consumatore e l’agricoltore non ci saranno intermediari né sprechi per il trasporto. I prodotti in esubero saranno venduti all’esterno, anche perché il cibo prodotto dovrebbe coprire le esigenze di un migliaio di persone, mentre i residenti, almeno inizialmente, saranno circa duecento. Il “polo energetico” del progetto è la stalla, intesa in un senso assai più ampio rispetto a quella tradizionalmente conosciuta, volta a sfornare cibo, consentire il riciclo dei rifiuti e produrre

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Sono previste abitazioni a un piano con il tetto che fa da terrazza sugli orti, in ossequio alla massima razionalizzazione ed efficienza degli spazi. Ogni modulo poggia su una piattaforma di 18 metri quadrati, e saranno i residenti a scegliere la metratura: basterà aggiungere o togliere i moduli. L’Agrivillaggio non necessita di fogne, poiché attraverso la fitodepurazione i rifiuti saranno trasformati in cibo per le piante e in biomassa; si risparmierà anche nell’illuminazione pubblica che si accenderà solo al passaggio delle persone. Lo stesso Leoni dice che la sua creatura” non rappresenta né un ritorno al Medioevo, né una suggestione eremitica, ma un cortocircuito nel momento di stasi che vive il Paese, mettendo a disposizione degli altri le intuizioni nate grazie alla propria solidissima attività imprenditoriale”. L’idea nasce 15 anni fa, prendendo ispirazione, in particolar modo, dalle teorie urbanistiche dell’architetto Frank Lloyd Wright e dai precetti della corrente di pensiero sulla decrescita felice. Wright concepiva lo spazio abitativo in modo orizzontale, organizzandolo secondo due assi ortogonali preminenti incernierati in un fulcro, spesso coincidente col posizionamento del camino. La decrescita felice è una corrente di pensiero che nasce in Italia all’inizio del 2000, prendendo spunto da importanti intellettuali vissuti tra il XIX ed il XX secolo. In particolare, importanti le suggestioni fornite da Heidegger, il grande filosofo tedesco, che ha anticipato i temi della crisi ambientale, così come le idee di Kropotkin, pensatore russo che studiò le questioni economico-sociali in riferimento all’ambiente fisico e alle risorse con una sensibilità ecologica, giudicando negativamente l’abbandono dell’agricoltura e l’inurbamento massivo dei contadini. Si parte dall’idea che la correlazione tra crescita economica e benessere non sia necessariamente una costante, ma che si verifichino frequenti situazioni in cui ad un aumento del Prodotto interno lordo si riscontra una diminuzione della qualità della vita. Un esempio di mancata correlazione tra consumi e indici utilizzati per valutare il benessere può essere quello relativo al consumo di carburante da parte di autoveicoli in coda, ed ad ogni altro evidente spreco di risorse. L’ottica è quella di un indirizzo più autarchico della società, ben rappresentato dall’economia contadina, con in più una grande attenzione ai temi dell’energia. Le teorie sulla decrescita cercano dei modi per superare lo strapotere del petrolio, inquinante e costosa fonte: le energie rinnovabili vengono viste come il presente ed il futuro per la loro mancanza di impatto ambientale e l’alta economicità. La creatura di Giovanni Leoni decollerà ufficialmente all’inizio del 2015 per sfruttare la scia dell’Expo di Milano: anche se mancano alcuni tasselli burocratici e vi sono non poche polemiche politiche su questo villaggio, il Consiglio comunale di Parma avrebbe garantito una corsia preferenziale per il definitivo nulla osta all’impresa.



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clima e ambiente Surriscaldamento globale

Politica o tecnica, chi ci salverĂ ?

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di Tommaso Tetro

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potrebbero ostacolare la ripresa economica. Ma la geo-ingegneria potrebbe anche essere utile per trovare soluzioni che salvino il Pianeta dall'aumento dell'inquinamento. Lo scorso aprile è stato il mese più inquinato della storia, da 800 mila anni a questa parte: secondo 'Climatecentral.org' è stato superato il livello medio di anidride carbonica in atmosfera di 400 parti per milione (ppm) in modo costante per ogni singolo giorno del mese. La spiegazione di questo fenomeno ha anche una sua motivazione per così dire 'naturale', sulla quale la geo-ingegneria potrebbe provare a influire. In genere il picco di CO2 viene raggiunto a maggio ma il fatto che sia arrivato prima è legato al ciclo di livelli di anidride carbonica che si innalzano in base alle stagioni, con la fioritura e il decadimento delle piante: aumentano in primavera e in inverno, raggiungendo il picco a maggio con la fioritura; di qui in poi, grazie alla fotosintesi, le piante contribuiscono ad assorbire CO2 e i livelli diminuiscono. La risposta alla domanda iniziale probabilmente arriverà dai prossimi passi della comunità internazionale sui cambiamenti climatici, sotto la pressione dell'Ipcc che – nell'ultimo rapporto di valutazione 'AR5' - chiede al mondo di ''fare presto'': il primo a settembre a New York all'Onu il vertice sul clima voluto da Ban Ki-moon, poi la Conferenza Unfccc di Lima a fine novembre, ed in mezzo l'appuntamento dal respiro tutto europeo per la definizione del nuovo pacchetto 'clima-energia' con l'Italia alla guida del semestre Ue. Infine il momento principale, forse il passaggio conclusivo - per capire se davvero ai geo-ingegneri toccherà occuparsi delle sorti della Terra – la riunione mondiale di Parigi a dicembre 2015, dove le parti dovrebbero sottoscrivere un accordo globale. Dall'inizio del 20° secolo la temperatura media globale ha fatto registrare un aumento pari a circa 1,4°F (0,778 °C). In particolare, i 20 anni più caldi sono stati registrati a partire dal 1981, mentre i 10 anni più caldi sono stati registrati nel corso degli ultimi 12 anni. TEMPERATURE GLOBALI E CO2 58,5

57,5

Temperatura globale (° F)

58,0

400 380 Concentrazione di CO2 (ppm)

La tecnica o la politica? Chi delle due salverà il Pianeta dal surriscaldamento globale? Alla base c'è comunque la convinzione, ribadita anche dall'ultimo rapporto dell'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) –il gruppo di scienziati che studiano i cambiamenti climatici su mandato delle Nazioni Unite – che la soglia limite sia un aumento medio della temperatura di due gradi centigradi. Valore oltre il quale la catastrofe climatica sarebbe dietro l'angolo: innalzamento del livello dei mari, scioglimento dei ghiacci, assenza di produzioni agricole da determinati luoghi e conseguente spostamento delle popolazioni (profughi ambientali), emergenza sanitaria per via di alcune malattie che si adeguano in funzione dell'aumento della temperatura e eventi estremi. Da un lato la politica, che attraverso i negoziati internazionali nell'ambito della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici dell'Onu, prova da qualche anno a mediare tra diverse posizioni (innanzitutto quelle di Cina e Usa, gli Stati con le maggiori emissioni; poi quelle tra Paesi emergenti e Paesi industrializzati, con i primi che vogliono continuare a crescere sfruttando le stesse possibilità avute dai secondi) per trovare un accordo che impegni tutti i Paesi alla riduzione delle emissioni di CO2. Cosa che dovrebbe arrivare alla Conferenza mondiale a Parigi a fine 2015. Dall'altro, la tecnica prova ad andare oltre. Ovvero si prepara al peggio, nel caso la politica dovesse fallire, mettendo a punto sistemi di geo-ingegneria fortemente innovativi. E allora cominciano a spuntar fuori elaborazioni e ricerche, progetti e modelli, che sembrano prodotti a Hollywood, ma invece potrebbero nel prossimo futuro riuscire a salvare il Pianeta. La geo-ingegneria consiste nell'applicazione di tecniche artificiali di intervento umano sull'ambiente fisico: dall'atmosfera, agli oceani, alla biosfera, criosfera, idrosfera, litosfera. In due parole: 'manipolazione climatica'. Non se ne parla molto, anche perché si ipotizza che molti esperimenti rimangano segreti in quanto operazioni gestite dall'interno dai governi, ma è possibile individuare alcuni fanta-progetti cui starebbero lavorando centri universitari e studiosi. Tra questi l'idea di spedire in orbita una miriade di dischi di vetro (circa 16 mila miliardi), tenuti insieme con sistemi elettromagnetici, per filtrare i raggi solari; oppure provare a 'fertilizzare' gli oceani con solfato di ferro per innescare un processo di maggior assorbimento della CO2; ed ancora, 'spruzzare' particelle riflettenti in atmosfera per ridurre l'impatto dei raggi solari. Geo-ingegneria anche al servizio dei possibili scenari che potrebbero scaturire dai cambiamenti climatici. Per esempio un rapporto presentato alla Casa Bianca ('National Climate Assessment') mette in guardia gli Stati Uniti avvertendo che ''il clima sta diventando sempre più una minaccia per i cittadini americani'', tanto che viene anche fornito un elenco dei possibili disastri – dal rischio di inondazioni per New York agli uragani per gli stati del sud-est, dal pericolo tornado sul mid-west e sulle grandi pianure, all'avanzata del deserto in stati come California, Nevada, Arizona, Colorado - cui si andrà incontro senza una svolta nelle politiche ambientali, oltre al problema dei costi sempre più alti che

57,0 56,5

1880

1900

1920 1940 Fonte: OIL

1960

1980

2000

360 340 320 300 280 260



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Che bella l’agricoltura biodinamica! di Edoardo Borriello Due milioni di posti di lavoro? Sarebbe possibile ottenerli se l’intera agricoltura del nostro Paese diventasse “tutta bio”. Lo sostiene Carlo Triarico direttore dell’istituto formativo Apab e presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica. Storico della scienza, autore di numerose pubblicazioni scientifiche, Triarico ha approfondito lo studio della biodinamica ed è anche amministratore di una cooperativa agricola. “Le cifre parlano chiaro – dice Triarico – nel 2012 l’economia primaria è stata l’unica a registrare un incremento dei posti di lavoro di ben 60 mila unità. Se le coltivazioni tradizionali diventassero interamente biodinamiche, i posti di lavoro si moltiplicherebbero, dal momento che per ogni addetto ne occorrono almeno dieci”. I costi però aumenterebbero? “Verrebbero assorbiti dal mercato – precisa – puntando su nuove alleanze per il cibo di qualità, come Slow Food ad esempio”. A sostegno di quanto afferma Triarico vi sono i risultati ottenuti da due imprese agricole in provincia di Verona, la Brio Spa e la Primavera Coop, che hanno cominciato la loro attività con soli tre addetti e oggi hanno più di 200

dipendenti. Mentre la Colombaia di Capua conta più di 40 dipendenti ed ha aperto ristoranti “biodinamici” anche all’estero. Sono molti i giovani che guardano a un nuovo modello di agricoltura: all’istituto di formazione Apab di Firenze si sono iscritti centinaia di studenti, che in un futuro molto prossimo, daranno impulso alla biodinamica. Con l’agricoltura biodinamica la fattoria si trasforma in un vero e proprio organismo vivente che opera in modo complesso. Piante, terreno e animali sono parte di un unico sistema, le cui relazioni si bilanciano tra loro senza bisogno di input esterni, in un ciclo dove tutto rinasce e muore. Si tratta di un metodo che alcuni ritengono ancora più in sintonia con la natura di quello biologico, anche se comunque ne sposa alcuni principi – come il divieto di utilizzo di fertilizzanti e pesticidi di origine chimica – pur differenziandosi per l’uso di preparati particolari a base di erbe e minerali, irrorati sulle piante, e perché segue i cicli lunari sia per la semina che per i lavori nei campi. I principi dell’agricoltura biodinamica sono stati impostati

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da Rudolf Steiner, filosofo e ideatore anche del metodo educativo di Waldorf. Nel 1924 Steiner tenne una serie di incontri con degli agricoltori che non erano soddisfatti dei risultati dati dall’impiego di additivi chimici per l’allevamento e la coltivazione nelle loro fattorie.

lunari – la biodinamica si discosta dalla tradizione agricola perché considera fondamentale su tutto l’organismo-fattoria l’influsso di una dimensione cosmica e di conseguenza i preparati, le varietà di piante e le fasi lunari dovrebbero intensificarne gli effetti.

Fu allora che Steiner formulò la sua idea di biodinamica.

L’equilibrio che coinvolge l’organismo-fattoria porta a rispettare il bio-sistema e i suoi organismi, che sono considerati utili, per cui, ad esempio, non esistono piante da eliminare perché infestanti.

Il principio base della disciplina nasce dal concetto che la fattoria è un organismo a sé stante, in cui tutti i suoi abitanti sono elementi autonomi ma interconnessi da relazioni che ne permettono la sopravvivenza reciproca. Su questa base poi le piante, gli animali e lo stesso contadino, ma anche i loro scarti (dalle deiezioni degli animali alle parti della pianta che restano al suolo dopo il raccolto) concorrono a fertilizzare, nutrire e mantenere in salute l’intero eco-sistema. Gli strumenti utilizzati sono: il calendario lunare, i preparati e la bio-diversità. Pure adottando questi metodi da sempre utilizzati nei nostri campi – come la rotazione delle colture, le colture di copertura, i metodi di concimazione naturale, i cicli

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Steiner ha sviluppato un metodo che ha ricadute anche sul sistema sociale, così la comunità in cui si trova la fattoria diventa anche un nuovo modello culturale di aggregato dove valgono gli stessi principi alla base della biodinamica. Esiste oggi un marchio internazionale che certifica la provenienza del cibo da metodi di coltivazione biodinamica, si chiama Demeter, e costituisce l’unica garanzia che un vino, un cereale o un formaggio siano veramente prodotti seguendo i principi di questa “filosofia” della coltivazione.


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Il mondo di Corrente CORRENTE SI RINNOVA! di Paola Liberali

Sono passati quattro anni dalla nascita di Corrente. A maggio 2014 è stato raggiunto il traguardo delle 2000 adesioni da parte di imprese, startup e centri di ricerca italiani della green economy, ma il percorso di supporto alle PMI di settore non si ferma. Oggi, dopo quattro anni di attività in cui Corrente ha supportato le imprese partecipando a più di 25 missioni di sistema internazionali, organizzando oltre 80 iniziative dedicate e più di 2.000 incontri bilaterali tra operatori, il Progetto si rinnova nei contenuti e nella grafica. Da oltre un anno le attività si svolgono, per la quasi totalità, all’interno di gruppi di lavoro dedicati alle PMI interessate a un comune mercato, tramite iniziative mirate alla conoscenza delle opportunità offerte dagli istituti finanziari di sviluppo internazionali e grazie all’organizzazione di giornate informative sulle opportunità offerte dai mercati esteri. I mercati target sono quelli dell’Arabia Saudita, dell’India, dell’America Latina (in particolare Brasile e Messico) e della Cina. A questi si aggiunge un’attività di europrogettazione per consentire un avvicinamento alle opportunità messe a disposizione dall’Unione Europea.

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Tre i progetti che si avvieranno nei prossimi mesi: il nuovo sito internet che entrerà in esercizio nell’estate 2014, il Catalogo Italian Cleantech Industries e il servizio Mercati conCorrente. L’incremento delle attività di Corrente e la necessità di comunicare in modo più efficace con gli operatori italiani e con investitori e governi stranieri per promuovere la filiera italiana, hanno reso necessaria la realizzazione di un sito dinamico, facilmente integrabile con nuove sezioni e con un’area totalmente dedicata agli investitori stranieri, punto di incontro tra quanti di questi sono interessati alle tecnologie italiane e le aziende stesse. Il nuovo sito di Corrente oltre a un radicale restyling grafico e all’inserimento di nuovi servizi, permetterà una maggiore interazione ed avrà una sezione dedicata a supportare gli aderenti nella ricerca di potenziali partner tecnologici, finanziari e commerciali. Un ulteriore strumento in via di realizzazione è l’Italian Cleantech Industries, il Catalogo delle aziende italiane della Green Economy, proiettate sui mercati internazionali. Concepito come uno strumento istituzionale per promuovere le tecnologie Made in Italy del settore Green e realizzato con il patrocinio di Ministeri e soggetti Istituzionali preposti all’internazionalizzazione.


La Vignetta di Fama

Il Catalogo sarà inviato ad Ambasciate e sedi dell’Agenzia ICE estere e distribuito nelle più importanti fiere di settore internazionali. Infine, attraverso il nuovo servizio Mercati ConCorrente, ovvero schede di sintesi sui mercati esteri di interesse per il settore cleantech, si intende fornire un quadro chiaro e immediato delle possibilità di business per le imprese italiane. Le schede conterranno informazioni sintetiche ma fondamentali per decidere se avvicinarsi ad un mercato: un overview sull’affidabilità del Paese, gli obiettivi e i programmi di sviluppo del cleantech, eventuali schemi di incentivazione se esistenti, filiere di interesse, opportunità, rischi, principali entità regolatorie e infine news dai mercati. Grazie al dialogo giornaliero con le imprese della green economy, Corrente continua a crescere nella sua offerta di servizi e iniziative a sostegno degli operatori italiani!

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il mondo di Corrente

La Fabbrica del Sole s.c.a.r.l. (FDS) È una società italiana con sede operativa ad Arezzo, che svolge attività di progettazione ed installazione nel settore delle energie rinnovabili e della sostenibilità ambientale. Fondata nel 1999 come organizzazione non-profit, nel corso degli anni è cresciuta ed è diventata un gruppo costituito da: La Fabbrica del Sole società coop; la Fabbrica del Sole ONLUS; LaFDS srl, società commerciale e di EPC; Exergy srl, spin off industriale per i grandi progetti e Ramsolar SAE, start-up per i mercati MENA in Egitto, al momento non attiva. FDS ha progettato, e inaugurato nel 2008 il primo idrogenodotto sotterraneo in area urbana per il cluster orafo di Arezzo. Hydrolab, stazione di monitoraggio dell'idrogenodotto, è stata in seguito trasformata in laboratorio aziendale per sperimentare concretamente il modello Total Off Grid, cioè di autosufficienza totale di un edificio. Risultato degli esperimenti ad HydroLAb è il lancio del brevetto Off Grid Box (OGB) nel 2011, un sistema tecnologico integrato "pronto all'uso" che, in un container di 6-8 piedi, sintetizza il concetto del Total Off Grid e assicura la produzione e lo stoccaggio di energia rinnovabile elettrica e termica, insieme alla raccolta, stoccaggio e trattamento di acqua inquinata o salata da fiumi, mare e pioggia. In questi anni sono state installate unità OGB in vari contesti in Italia.

Nel 2013 OGB è stato presentato al New York Stock Exchange come una delle 13 migliori esperienze di innovazione italiana, premiato al Maker Faire di Roma ed è stato installato presso Oklahoma State University, USA, dove è tuttora studiato e testato. Nel 2014 è il progetto primo classificato per l'Energy Globe Award Italy. FDS collabora con Organizzazioni Non Governative in progetti di emergenza e cooperazione internazionale per dare un contributo all'eco- sostenibilità anche in contesti in via di sviluppo. I paesi in cui opera sono Albania, Bosnia, Ruanda, Filippine e Sud Africa. FDS ha istituito la Off Grid Academy (OGA), think tank e strumento di diffusione del paradigma Total Off Grid, per informare, formare, sperimentare e mettere in rete le migliori pratiche verso l'autoproduzione energetica, alimentare, di mobilità e di gestione sociale. Official Websites www.lafabbricadelsole.it www.exergyarezzo.it www.lafds.it www.totaloffgrid.com www.offgridbox.com www.offgridacademy.it www.off-grid-store.com

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Riciclo della CO2 e alimenti senza additivi La necessità di strategie di mitigazione della CO2 e l’impiego di alimenti sempre più naturali e di beneficio per la salute dell'uomo sono alcune delle più importanti sfide che il genere umano e il mondo industriale dovrà affrontare nei prossimi anni. In questo contesto si inserisce Algamundi – The Green Factory ® (www.algamundi.com), innovativa start up italiana, fondata nel 2013 dopo un lungo periodo di ricerca. La società opera nel settore delle biotecnologie e della chimica secondo due segmenti operativi principali, spiega il CEO Dott. Raffelini. Il primo consiste nella fabbricazione su scala industriale di alcuni prodotti intermedi completamente naturali estratti da organismi vegetali (micro-alghe) per essere successivamente impiegati come additivi e coloranti naturali nell’industria alimentare, della cosmetica e della biofarmaceutica. Tale processo di fabbricazione - specifica l’Ing. Poggio, Chief Production Engineer - è realizzato mediante l’utilizzo esclusivo di innovative biotecnologie sviluppate

dalla società capaci di accelerare i processi naturali di riproduzione riciclando tonnellate di CO2. Il secondo segmento operativo, strettamente connesso al primo, pone la società alla frontiera più avanzata dei sistemi biologici di ingegneria “Carbon Capture and Storage (CCS)” che saranno installati in aziende italiane e successivamente estere con l’obiettivo di ridurre sensibilmente l’emissione di gas nocivi e produrre biomasse utili nell’ambito del settore agricolo e zootecnico, realizzando così in pieno la visione e il progetto dei fondatori. La società intende credere e investire nelle menti e nella creatività italiana sebbene nel nostro paese oggi siano notevoli le difficoltà per realizzare progetti di questa portata soprattutto relativamente ai costi di burocrazia, di sistema e dei servizi. Per realizzare gli obiettivi di mercato che si è posta, la società vanta una squadra multidisciplinare e internazionale di giovani talenti, con esperienze ciascuno nei propri ambiti in importanti multinazionali in Italia e all’estero. Per qualunque informazione sulla società è possibile scrivere a info@algamundi.com

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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.

A cura di Piergiorgio Liberati in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del GSE

Crediti spettanti ai gestori degli impianti “nuovi entranti” Pubblicato il 21 maggio in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico per il rimborso dei crediti agli operatori di impianti cosiddetti “nuovi entranti” che non hanno ricevuto quote di emissione di CO2 a titolo gratuito per il periodo d’obbligo 2008-2012. I valori da corrispondere sono determinati dall’AEEGSI, che ha riconosciuto crediti per circa 650 milioni di euro. La liquidazione dei crediti è effettuata a valere del 50% dei proventi delle singole aste di quote di emissione, di cui GSE è soggetto banditore (auctioneer) per l’Italia.

CO2, rischio delocalizzazione. L’Europa prepara la lista dei settori esposti La Commissione europea ha presentato, il 5 maggio scorso, la proposta di decisione che determina la lista dei settori esposti a rischio carbon leakage (delocalizzazione) nel periodo 2015-2019. Inoltre dallo scorso 8 maggio è on line la consultazione pubblica sulle misure da attuare come tutela della competitività per l’industria europea, per la promozione delle tecnologie a basso contenuto di carbonio e per modalità di allocazione delle quote a titolo gratuito nel post-2020. La proposta di decisione della Commissione, indica le attività economiche – organizzate per settore, sotto settore economico o a livello di prodotto – che nel 2015-2019 sono considerate esposte a rischio di delocalizzazione della produzione per i costi diretti e indiretti del carbonio e che dunque avrebbero diritto a ricevere a titolo gratuito il 100% delle quote di emissione riconosciute. La nuova lista dovrebbe entrare in vigore dal primo gennaio 2015, mentre quella attualmente vigente resterà valida fino al 31 dicembre 2014.

Aiuti di Stato nel settore energia, interviene la Commissione europea Nuove regole per gli aiuti di Stato al settore dell’energia, dell’ambiente e delle infrastrutture. Il 9 aprile scorso la Commissione Europea ha adottato la Comunicazione sulle linee guida in materia di aiuti di Stato per la protezione dell’ambiente e l’energia per il periodo 2014 – 2020. Per quanto riguarda le rinnovabili, le misure di aiuto riguardano gli investimenti e gli aiuti in esercizio agli impianti Fer, gli interventi di efficienza energetica (comprese cogenerazione, teleriscaldamento e teleraffreddamento) e gli aiuti alle infrastrutture energetiche.

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Recepimento della direttiva europea sull’efficienza energetica In dirittura d’arrivo il decreto legislativo di recepimento della Direttiva UE 27/2012 sull’efficienza energetica. L’esame ha visto anche una serie di audizioni dei principali stakeholder nazionali presso le Commissioni congiunte Attività Produttive e Industria di Camera e Senato. Tra i vari soggetti ascoltati, l’Autorità per l’energia elettrica, GSE e RSE (Ricerca Sistema Energetico), l’ENEA, Confindustria e le Associazioni dei consumatori (Codici, Codacons, Assoutenti e UNC). Coinvolta nel parere al Governo anche la Conferenza Stato-Regioni. Tutti i soggetti intervenuti hanno posto l’accento sull’importanza dell’efficienza energetica, anche al fine del rilancio dell’economia del Paese.

Rifiuti elettronici, l’Italia recepisce la Direttiva RAEE L’Italia ha recepito la Direttiva UE 65 del 2011 sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (cosiddetta RAEE). Il decreto di recepimento punta a prevenire o ridurre gli impatti sull’ambiente connessi alla produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, incrementarne i livelli di raccolta e di recupero, migliorare la qualità del trattamento dei rifiuti elettrici ed elettrotecnici. Il recepimento della direttiva è avvenuto con l’approvazione dei decreti legislativi 27 del 4 marzo e 49 del 14 marzo: in particolare quest’ultimo contiene norme che vedono in campo anche il GSE quale soggetto di garanzia per il corretto smaltimento a fine vita delle installazioni fotovoltaiche.

L’Autorità aggiorna le componenti tariffarie per gli oneri generali di sistema L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha aggiornato per il secondo trimestre 2014 le componenti tariffarie a copertura degli “oneri generali di sistema”. Le aliquote della maggiorazione Ae, introdotta per compensare le agevolazioni alle imprese ad alto consumo energetico, sono state mantenute pari al valore in vigore nel 1° trimestre 2014 (si tratta di oneri quantificati, per il periodo 1 luglio 2013 – 31 dicembre 2014, in più di un miliardo di euro). Mantenute ferme anche le aliquote della componente tariffaria A3, come quelle della componente UC7 posta a copertura degli oneri per la promozione dell’efficienza energetica. Lieve aumento invece dello 0,5% per della componente A2, che copre i costi per le operazioni di decomissioning nucleare.

Regime dei prezzi minimi garantiti per impianti con ritiro dedicato Con la delibera 179/2014/R/EFR l’Autorità ha ridefinito l’ambito di applicazione dei prezzi minimi garantiti del ritiro dedicato, per recepire quanto disposto dal decreto legge 145/13 convertito nella legge 9/2014 (Destinazione Italia). In particolare, per gli impianti idroelettrici con produzione fino a 500 kW e una potenza attiva nominale superiore a tale limite, il GSE verificherà che nel corso dell’anno solare la potenza elettrica generata non superi il valore di 500 kW, pena la revoca dei prezzi minimi garantiti e l’applicazione del relativo conguaglio.

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Bizzarre energie In Africa scuole galleggianti con pannelli solari In alcune parti del mondo le piogge torrenziali influenzano fortemente la vita degli abitanti, tanto che frequentare regolarmente la scuola può costituire un problema. In Nigeria, nella cittadina di Makoko, conosciuta come la Venezia d’Africa, grazie alla scuola galleggiante progettata dall’architetto nigeriano Kunle Adeyemi, gli alunni della zona possono andare a scuola per l’intero anno scolastico. Si tratta di un edificio realizzato interamente con legno delle foreste africane e reso galleggiante da 256 barili di plastica posti sotto al pavimento. Grazie ai pannelli fotovoltaici installati sul tetto, lo stabile è autonomo dal punto di vista energetico ed è dotato di un sistema di riciclo dell’acqua piovana. Il progetto di Adeyemi potrebbe costituire un modello di edificio da realizzare in tutte le zone soggette ad alluvioni e rendere così la vita degli abitanti molto più semplice.

I biocarburanti mettono le ali Nel 2011 da Amburgo con destinazione Francoforte è decollato il primo volo della Lufthansa rifornito per metà con carburante tradizionale e metà con kerosene biosintetico. In questi tre anni con lo stesso tipo di rifornimento sono decollati 1187 voli, che hanno ridotto di 1.471 tonnellate le emissioni di CO2 e dimostrato un’affidabilità dei biocarburanti equivalente a quella dei combustibili tradizionali. Negli Stati Uniti i dipartimenti dell’agricoltura e della difesa hanno siglato un accordo “Farm to fly”, fattoria per volare, che ha l’obiettivo di acquisire entro il 2018 un miliardo di galloni di carburante rinnovabile per rifornire gli aerei dell’aviazione americana. Il raggiungimento dell’ambizioso obiettivo avrà ricadute positive sulla commercializzazione dei biocarburanti e sullo sviluppo dell’agricoltura.

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A cura di Sallie Sangallo


La street art diventa verde

Si chiamano Moss graffiti e sono l’ultima moda della street art ecologica. Ad idearli è stata Mosstika un’artista ungherese che frullando una manciata di muschio verde, latticello e acqua ha ottenuto la base per realizzare i graffiti green. Il preparato viene steso con un pennello come fosse una normale vernice e una volta realizzati i contorni del disegno lo si vaporizza con dell’acqua settimanalmente. Pian piano al posto della “vernice” crescerà del muschio verde che si trasformerà in un vero e proprio graffito. Questa nuova street art potrebbe rappresentare uno dei modi di riqualificazione di zone degradate.

Al buio la pianta si illumina di blu-verde

Starlight Avatar è una pianta appartenente alla famiglia della Nicotina alata che ha la particolarità di illuminarsi al buio diffondendo una luce blu-verde. La speciale pianta è stata creata dalla società statunitense Bioglow inserendo un segmento genetico appartenente a un batterio marino che si illumina in assenza di luce. Richiede poche cure in quanto non necessita di sostanze chimiche né esposizione diretta ai raggi solari e il suo ciclo di vita è di circa tre mesi. La si può acquistare all’asta dal sito della società produttrice, che ha l’ambizioso obiettivo di produrre un sistema di illuminazione ecologico.

Vetri puliti con grafene e ossido di titanio I vetri autopulenti da oggi non saranno più solo il sogno di ogni donna, ma una realtà. Ad averli creati sono i ricercatori di due atenei sardi che grazie alle nanotecnologie hanno realizzato un materiale che farà risparmiare acqua e detergenti per la pulizia. Si tratta di grafene unito a un sottile strato di ossido di titanio nano-poroso. Il grafene è un materiale dalle mille virtù. Ha uno spessore equivalente a quello di un atomo, la stessa durezza di un diamante, un’alta conducibilità elettrica e la stessa trasparenza del vetro. Dall’unione con l’ossido di titanio i ricercatori hanno ottenuto una pellicola dall’elevata attività fotocatalitica, ovvero un’accelerazione dei processi di ossidazione, che porta a una rapida decomposizione degli inquinanti evitandone l’accumulo. Ed è proprio questa proprietà a rendere i vetri autopulenti.

Gli asini di Castelbuono (PA), “spazzini” eco. A Castelbuono delle Madonie i furgoni per la raccolta differenziata dei rifiuti sono stati sostituiti dagli asini. A ideare questo progetto è stato l’ex sindaco del piccolo centro siciliano, il quale riflettendo sulla salvaguardia dell’ambiente e sulle caratteristiche del territorio ha pensato a un modo ecologico per la raccolta dei rifiuti. Un’iniziativa dai risvolti positivi per l’ambiente, le casse comunali e l’inserimento sociale. Infatti con l’impiego degli animali si risparmia la CO2 prodotta da un furgone a motore, che ha un costo di circa 30 mila euro contro i 1000 € di un quadrupede, la manutenzione del mezzo è di circa 8000 € annui contro i 2000 € che occorrono per le spese veterinarie, il cibo e il ricovero dell’asino. Inoltre, la “vita lavorativa” è di circa 5 anni per il furgone e 20 per l’asino. Altro punto a favore dell’impiego degli animali è che a guidarli sono persone svantaggiate come disabili psichici, emarginati ed ex tossicodipendenti. Questa storia dalle tante sfaccettature positive ha suscitato perplessità tra diverse associazioni animaliste, alle quali il sindaco ha dimostrato che l’utilizzo degli asini ragusani ne tutela la specie, ne monitora la salute grazie alle periodiche visite veterinarie e permette agli animali di vivere in ricoveri idonei alle loro esigenze. Inoltre è stato previsto un “ospizio” che li ospiterà durante i loro anni di inattività e – infine – un cimitero.

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energia del pensiero

La filosofia, condizione della potenza della tecnica UN CAFFÈ CON EMANUELE SEVERINO Filosofo, scrittore, docente universitario, accademico dei Lincei di Romolo Paradiso È considerato il fondatore del neoparmenidismo. Nella sua concezione filosofica l’essere non può finire nel nulla, perché eterno. La visione del nichilismo da lui intesa ha fatto scuola. Giustifica la condizione di subordinanza odierna dell’uomo alla tecnica come conseguenza della forza e dell’attualità della filosofia. Una condizione, a suo modo di intendere, irreversibile. Una “follia” di questi tempi, dice, destinata a durare negli anni. E quanto a Dio, come è comunemente inteso, nel suo pensiero non c’è

posto. Stiamo parlando di Emanuele Severino, uno dei pensatori di spicco nel quadro filosofico della modernità. E:  Prof. Severino, perché la filosofia dovrebbe essere di grande attualità? ES: Fin dall’inizio della civiltà occidentale la filosofia porta alla luce i significati di fondo entro i quali si sviluppa ogni segue a pagina 94

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forma del pensiero e dell’agire umani. Il concetto di essere, di nulla, di divenire, di ente, di causa, di relazione e così via, restano definitivamente alla base di ciò che si andrà sviluppando come storia dell’occidente. Questo vuol dire che la dimensione aperta dal filosofare è sempre presente. È la circolazione sanguigna che ci tiene in vita, anche inconsapevolmente. Soprattutto la filosofia ha posto alla base del pensiero occidentale una determinazione di fondo: cioè che la trasformazione delle cose è il loro provenire dal nulla e andare nel nulla. Una cosa si trasforma se perde parte di ciò che essa è. Tale perdita vuol dire annullamento. Il concetto della trasformazione delle cose sostiene ogni ambito della cultura e della prassi della nostra civiltà. È l’aria che respiriamo e senza la quale non muoveremo un passo. E:  Il filosofare quindi chiarisce come tale trasformazione abbia senso solo se intesa come il non esser più e non essere ancora da parte delle cose del mondo, uomo compreso? ES: Questo è un primo significato di “attualità” della filosofia. Ma c’è un secondo aspetto che ci riguarda più da vicino. È quello per il quale la civiltà dell’occidente sta diventando la civiltà della tecnica. La tecnica tende a dominare forme di azione e di pensiero che sono apparse via via lungo la strada dell’occidente. Il cristianesimo, l’umanesimo, il comunismo e il capitalismo stesso, hanno inteso o intendono servirsi della tecnica per incrementare la loro forza. Il capitalismo si serve dell’operare tecnologico per incrementare il profitto. Il cristianesimo capisce che non può più svolgere un’attività di carità planetaria, senza un’organizzazione tecnica della carità.

Essa progettando il dominio del mondo è convinta che non esista alcun limite al progressivo allargamento del regno da lei instaurato. Nella tradizione dell’occidente il limite di tutti i limiti è Dio. Ora, perché la tecnica possa operare incondizionatamente è necessario che alcun limite si possa frapporre a essa, Dio compreso. Certo, non si può dimostrare scientificamente che Dio è morto, occorre un sapere che dimostri l’inevitabilità della morte di Dio, e tale sapere ce lo offre proprio la filosofia degli ultimi due secoli, che aveva dichiarato la necessità della morte di Dio. E:  Significa che la tecnica può progettare il dominio totale solo se ascolta la voce della filosofia del nostro tempo. ES: L’attualità della filosofia è data dall’essere la condizione della potenza reale della tecnica. Ciò smentisce quanti sostengono che la filosofia sia una scienza astratta che non ha nulla a che vedere con i processi del mondo reale. E:  Ma al contempo, così come la filosofia offre alla tecnica argomenti per credere nella propria forza e nella capacità di dominio sulle cose, può, per inverso, offrire all’uomo le prospettive, le condizioni e i valori necessari per non essere dominato dalla tecnica, ma esserne il dominatore. ES: Se l’uomo pensa di progettare un mondo che non sia il mondo che la tecnica intende controllare totalmente, quest’uomo è l’uomo ideologico appartenente a quelle ideologie che abbiamo visto destinate a essere travolte dalla tecnica. L’aver mostrato il senso della radicale attualità della filosofia, non vuol dire che quanto la filosofia ha manifestato lungo la strada dell’occidente sia la verità. Anzi. La filosofia, proprio per essere stata estremamente utile, ci mette in guardia dal credere che l’utilità sia verità. La filosofia è attuale e anche utile, ma è l’utilità di Lucifero, che è il portatore di luce ma anche il negativo assoluto. Il concetto che la filosofia è l’attualità assoluta è anche la follia del filosofare, che è diventata la follia della nostra civiltà.

“La tecnica prospetta il suo dominio sull’Universo”

E:  Quindi, la conflittualità esistente tra queste forze fa sì che ognuna, per prevalere sull’altra, usi proprio la potenza della tecnica? ES: Esatto. Ma ancora, tale progressivo rafforzamento della tecnica fa sì che si riduca lo spazio disponibile per lo scopo che ognuna di queste forze intende raggiungere. Si sta arrivando a un punto in cui non si userà più la tecnica per realizzare un incremento indefinito del capitale, ma si userà il capitale per un incremento infinito delle potenzialità tecnologiche. In questa situazione la tecnica prospetta l’universo intero come dominabile da essa. Significa che la tecnica, rafforzando la propria potenza, non considera più come limiti invalicabili i valori proposti dalle forze tradizionali che intendono servirsi della tecnica.

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E:  La follia di divinizzare la tecnica… ES: Dio è il primo tecnico. La tecnica è l’ultimo dio. L’uomo prima evoca Dio per essere salvato. Dio è lo strumento di cui l’uomo si serve per essere salvato. Ma se si rende conto che lo strumento per essere salvato non è potente, allora ha la necessità di potenziare lo strumento. Che si riconosca a Dio la funzione di non essere semplice strumento per la felicità o la salvezza dell’uomo, fa sì che l’uomo capisce che per salvarsi deve dire a Dio: “sia fatta la tua volontà”. Se


l’uomo dice: no, Dio, salvami per fare la mia volontà, non potrà essere salvo. Analogamente, l’uomo oggi dice alla tecnica: “salvami, perché ho bisogno di te per vivere, per vivere bene, per fare tutto ciò che voglio”. E:  Anche qui si riproduce la situazione precedente. ES: Chiaro. Se cioè la tecnica è uno strumento che deve servire all’uomo per salvarsi, ciò può accadere unicamente se lo strumento è sempre più rafforzato. Quindi, solo se l’uomo non dice più alla tecnica: “rafforzati per fare la mia volontà di essere salvo”, ma chiede a essa quello che chiedeva a Dio, cioè: “sia fatta la tua volontà”. Non possiamo più considerare l’uomo come l’avente il diritto di essere il padrone della tecnica, ma è la tecnica che ha il diritto d’essere padrona dell’uomo. Con i mezzi che oggi abbiamo a disposizione non possiamo dire alla tecnica: fermati perché io ho le mie esigenze”. Rimane un’illusione.

E:  E alle potenzialità della tecnica l’uomo demanda il superamento del nulla. ES: La tecnica è la forma più radicale di trasformazione del mondo, portata alla luce dalla filosofia. Non è un concetto astratto, perché prima del filosofare non si è ancora in rapporto al nulla e l’uomo vive la propria morte in modo del tutto diverso da quando incomincia a viverla pensando che essa sia annullamento. Tanto è vero che nel tempo del mito i morti vanno via ma tornano e anche i vivi temono il ritorno dei morti e tendono a farseli amici. La morte non è vissuta come la chiusura definitiva dei conti, determinata dall’annientamento della vita. Quando il clima filosofico inizia a espandersi e il tema del nulla a presentarsi in ogni campo dell’attività dell’uomo, questo pensa che la morte sia la fine del tutto. Tale pensiero fa sì che l’uomo cominci a morire in modo diverso rispetto a prima.

“Il problema del nulla”

E:  Non siamo messi proprio bene...

E:  Si è allora andati alla ricerca dei rimedi concettuali o religiosi che ci permettessero di liberarci dal nulla, di non essere definitivamente conquistati dal nulla.

ES: Indubbiamente, ma questa è la storia dell’occidente. L’esigenza dell’individuo passa in secondo piano rispetto a quella della tecnica, che in questo momento, e non solo in questo momento, è destinata ad avere il sopravvento su tutto.

ES: Termina l’evocazione mitica di un dio e inizia quella degli dei che sono il modo in cui Dio è presente nel mondo. Anche il capitalismo in tal senso è un dio. Perché intende i rapporti di mercato come legge naturale eterna. Un altro modo di essere un dio che rispecchia nel mondo il Dio

foto: Ilgiorno.it

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teologico è il diritto naturale. L’affermazione cioè che esiste uno statuto giuridico naturale che non può essere violato da alcuna azione dell’uomo. Oggi non si vive più nel diritto naturale ma in quello positivo. E:  Lei ha detto che siamo sempre scontenti di ciò che siamo e abbiamo. È stato sempre così o è il risultato di questi tempi? ES: L’uomo è scontento da quando il serpente gli dice: “sarai come Dio”. Egli è scontento della situazione in cui si trova, per ciò che è e ha. Cercherà in tutti i modi di emulare Dio. Non riuscendoci.

ES: Il concetto da me espresso non è certo l’espressione dell’ultima parola. È l’assurdo degli assurdi di questi tempi, purtroppo. È la tensione di cercare, attraverso le forme più disparate governate dalla tecnica, di voler essere come Dio. È un aspetto subordinato di ciò che prima ho chiamato “follia”. E:  Ha ragione Seneca quando afferma che solo il presente ha una verità ontologica?

“Gentile, uno dei massimi pensatori della modernità”

E:  Non crede che questa inquietudine possa derivare dalla imperfetta conoscenza che abbiamo della potenzialità dell’amore, inteso come sentimento per un tutto frutto di un dono, elemento capace di posizionare l’uomo in una dimensione non materiale e quindi più vicina allo spirito e alla serenità d’animo? ES: Personalmente preferisco una civiltà fondata sull’amore ad una lontana da questa concezione. Ma il mio desiderio conta poco. “Amore” è una di quelle parole, come “libertà”, che fa breccia nel cuore di tutti. È una delle forme più radicali di volontà di trasformare il mondo. Ma l’amore oggi si può sottrarre alla volontà di potenza della tecnica di mutare il mondo? E:  Il nostro rapporto con il tempo è troppo spesso condizionato dal fare. Non bisognerebbe invece recuperare il tempo interiore, quello del pensarsi e del pensare. Utile alla crescita personale e anche a quella professionale, cioè, del fare?

ES: No. Perché significherebbe dare al passato e al futuro la definizione di nulla.

E:  Addirittura, l’affermazione di Seneca per essere vera non può escludere il valore della memoria e dell’esperienza vissuta. Altrimenti il presente non offrirebbe quei presupposti necessari per vivere al meglio il momento. ES: È così. E:  Lei ha spesso parlato di Giovanni Gentile come uno dei massimi pensatori della modernità. Ci spieghi perché, visto che il pensiero di Gentile è stato costretto all’oblio da una sconsiderata e faziosa vulgata filosofica che ne ha offuscato la portata e la lungimiranza. ES: Gentile è uno dei più grandi filosofi in senso assoluto. È un lungimirante, perché è una di quelle voci che sanno dire al mondo che Dio è morto. Gentile non è distante dalla scienza e dalla tecnica, contrariamente a quel che si crede, perché affermando la morte del vecchio Dio, consente alla tecnica di progettare il dominio del mondo. E:  Anche se Gentile diceva di essere cattolico.

ES: È una variante di quello che prima lei ha detto sull’amore. Un fare senza il pensare è caduco e ottiene poco. Il fare si potenzia se si appoggia al pensare. Ma è un pensare disposto sempre al fare alla fine. Siamo comunque in presenza del dominio assoluto del tutto da parte della tecno-scienza. E:  Sì, ma se il mio fare è condizionato da un pensiero che tenga conto di ciò che può determinare “il bene” dell’uomo, esso sarà migliore di un fare assolutamente finalizzato all’utilitarismo economico-materiale. Sarà un fare che giunge al risultato economico o tecnologico, senza aver trascurato, o leso addirittura, un segmento della sfera etica umana. E se questo non potrà essere possibile, la conseguenza sarà la rinuncia del fare.

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ES: Ma il suo cattolicesimo era tutt’altra cosa. Il dio di cui parla non è il vecchio Dio che egli distrugge, ma è l’atto del nostro pensare. È la capacità di trasformare il mondo in cui consiste il nostro pensare. Chiama Dio noi, in quanto atto del pensare. E:  Siamo tutti debitori a Nietzsche? ES: Certo. Anche se Gentile è più rigoroso di Nietzsche. Io poi, con Gentile e Nietzsche metterei anche Leopardi. Dimenticato ingiustamente dalla filosofia internazionale. Solo ora il mondo anglosassone comincia ad accorgersi della grandezza di Leopardi. È tardi, ma non mai troppo, per fortuna.


foto: centrostudicampostrini.it

EMANUELE SEVERINO Si laurea all’Università di Pavia nel 1950 discutendo una tesi su Heidegger e la metafisica sotto la supervisione di Gustavo Bontadini. L’anno successivo ottiene la libera docenza in filosofia teoretica. Dal 1954 al 1970 insegna filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. I libri pubblicati in quegli anni entrano in forte conflitto con la dottrina ufficiale della Chiesa, suscitando vivaci discussioni all’interno dell’Università Cattolica e nella Congregazione per la dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio). Dopo un lungo e accurato esame (condotto da Cornelio Fabro) la Chiesa proclama ufficialmente nel 1970 l’insanabile opposizione tra il pensiero di Severino e il Cristianesimo. Il filosofo, lasciata l’Università Cattolica, viene chiamato all’Università Ca’ Foscari di Venezia dove è tra i fondatori della Facoltà di Lettere e Filosofia. Dal 2001 è stato professore ordinario di filosofia teoretica, ha diretto l’Istituto di filosofia (diventato poi Dipartimento di filosofia e teoria delle scienze) fino al 1989 e ha insegnato anche Logica, Storia della filosofia moderna e contemporanea e Sociologia. Nel 2005 l’Università Ca’ Foscari di Venezia lo ha proclamato Professore emerito. Attualmente insegna Ontologia fondamentale presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È accademico dei Lincei e Cavaliere di Gran Croce. Da alcuni decenni collabora con il Corriere della Sera.

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racconto Un giorno del 1945

La luce della fuga di Edeo De Vincentiis La domenica, lo scampanellare di una invisibile chiesetta, mi portava un dolce saluto familiare da un paesino, distante un chilometro dal nostro Campo di Ufficiali prigionieri di guerra in Egitto, situato poco distante da Helwan, a 30 chilometri dal Cairo. La sera mi fermavo spesso da quella parte del reticolato: sospiravo, nel vedere brillare le sue luci lontane; sognavo il ritorno a casa e la libertà. Nel Campo P.O.W. 304, studiavo e mantenevo sveglio il cervello con ginnastica e giochi intelligenti. Ma lo spirito reclamava la libertà, che gli inglesi ogni tanto promettevano. La guerra era finita; avevamo rinnovato il giuramento di fedeltà al Re, e non pochi avevano chiesto, con documento firmato, di andare a combattere contro i tedeschi. Ma gli inglesi rispondevano soltanto: “tomorrow, tomorrow”. E l’ansia cresceva, insieme a una nascosta ribellione. La sera, il campo era illuminato per alcune ore; ma quelle luci cittadine laggiù, che brillavano tremule, erano per noi energia mentale e psicologica. Per me, poi, un richiamo silenzioso: siamo qui, vieni a trovarci, ti aiutiamo a fuggire. La notizia di un ufficiale della Divisione Folgore, fuggito un mese prima, e felicemente giunto a Genova, mi spinse a provare la fuga. Appresi alcuni particolari, la decisione non si fece attendere. Tre mesi di preparazione; la sera dell’8 dicembre 1945 la realizzai. Per prepararmi confezionai, da sarto improvvisato, un giubbotto con una coperta marrone di lana. Annotai mentalmente nomi di italiani abitanti al Cairo e ad Alessandria d’Egitto, conosciuti dai miei tre amici di tenda. Adottai le generalità

di uno di loro e, con le sue istruzioni, imparai a memoria le vicende sociali di Vecchiano (vita, morte e matrimoni), un paesino vicino Pisa, dove era nato e viveva. Così, speravo di ottenere aiuti al Cairo, dove lavorava un suo compaesano. Avrei dovuto superare la rete di filo spinato, nel momento in cui le guardie egiziane si fossero allontanate; raggiungere Helwan per trovarvi un taxi che mi portasse in un punto del Cairo, dove ne avrei preso un altro, per raggiungere una famiglia di italiani. Di là, in qualche modo, dovevo raggiungere Geneifa sul Mar Rosso o Alessandria d’Egitto, per cercare un imbarco su una delle navi da guerra della Marina italiana, alla fonda nel Mar Rosso, dopo l’Armistizio del settembre 1943. Impossibile raccontare tutti i particolari. Ma la luce di un lampione di Helwan, l’unico acceso in quel momento, mi diede l’energia per continuare nell’impresa. Lungo un viale trovai un taxi e, dopo qualche peripezia, giunsi ad Alessandria d’Egitto dove m’imbarcai su di un incrociatore leggero. La luce come guida e come energia; ma, insieme a essa, fui aiutato dall’ospitalità degli italiani del Cairo, di Geneifa e di Alessandria, gente ricca d’una umanità fuori dal comune. Un ultimo ricordo del soggiorno ad Alessandria d’Egitto: l’accoglienza e il rifugio nella casa di una famiglia araba; moglie e marito che, per disposizione di amici italiani, mi protessero e, insieme a un egiziano, loro amico, mi dissero che avrebbero pregato Allah per me. Era il 17 dicembre quando riuscii a salire su una nave italiana. Fui accolto come clandestino e assegnato al quadrato sottufficiali, con il nome, cognome e numero di

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matricola di un marinaio “in franchigia”, per sfuggire a eventuali controlli degli inglesi. Quella sera, alla partenza, le luci di Alessandria facevano brillare nel mio animo un’emozione intensa. Facemmo scalo a Malta e poi al largo del Golfo di Taranto (nel “Mar Grande”). Infine, attraverso lo Stretto di Otranto, giungemmo ad Ancona il 24 dicembre. Richiesto, giurai al Comandante, sul mio onore di ufficiale, che non avrei rivelato il nome della sua nave. A terra, trovai soldati polacchi. La mattina successiva, era il Natale del 1945, con il treno arrivai intorno alle 18,00 a Roma. Le sue luci non mi riconobbero, e io mi sentii quasi uno straniero. Mi resi conto, allora, che dovevo ricominciare tutto daccapo, consapevole di una superiore protezione nella riuscita dell’incredibile impresa.

Asterisco Il valore dell’altro e quello del dialogo di Stefania Concari Con l’esortazione “conosci te stesso” iscritta sul frontone del Tempio di Apollo l’oracolo invitava l’uomo a indagare dentro di sé per scoprire l’essenza della vita. Siamo composti di corpo e anima ma la nostra più grande risorsa è quella spirituale. Curarla significa dedicarsi al pensiero, alla riflessione, all’ascolto e all’amore, coltivando una maggiore sensibilità volta all’arricchimento del proprio sé. Un sé che nasce anche dalla capacità di condividere la condizione dell’altro attraverso il dialogo. Guardare, ascoltare l’altro, significa creare con lui un “ponte di umanità”. È condividere lo sforzo di vivere e regolare la propria vita sul piano umano e non su quello utilitaristico. Viviamo in una società con un deficit palese di sensibilità e di mutualità. Heidegger diceva che siamo “caduti nel nichilismo”, commettendo l’errore di vivere senza etica né ideali. Ciò che è venuto a mancare è lo scopo, il perché dei nostri comportamenti, con una conseguente svalutazione dei valori. È la prima volta nella storia, che abbiamo ciò che ci necessita senza avere un modello etico da seguire. Vedere il mondo sotto il mero profilo dell’utile, riduce il pensiero alla “calcolabilità”, ci esclude dal sapere cosa è necessario e vero per noi. Come superare tale crisi? Fermandoci, guardando in noi e fuori di noi per capire chi siamo e cosa facciamo. Perché la nostra forza non è data dall’accumulo di denaro o dal potere, ma dall’intelligenza, saggezza e sensibilità. Diceva Saint-Exupéry nel libro “Il Piccolo Principe”: “l’essenziale è invisibile agli occhi”. È proprio quell’“invisibile” che dobbiamo carpire per comprenderci e comprendere, illuminando di senso il nostro cammino di vita.

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che energia quelle voci!

Tutto il calcio, per minuto

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minuto “Sembra solo ieri che la domenica ci si chiudeva in casa con la radio, vedevamo le partite contro il muro, non allo stadio…” così cantava Lucio Dalla.

di Mauro De Vincentiis

ENRICO AMERI “Attenzione! ...Scusa Ciotti...” “Gentili ascoltatori buon pomeriggio… I campi collegati sono nell’ordine… Al microfono i colleghi… Scusa, scusa Ameri… Scusa Ciotti, la Roma è passata in vantaggio”. E poteva anche accadere un risultato... “Clamoroso al Cibali!”. Nel 1959, sulle frequenze della Rai, cominciavano le prime trasmissioni sperimentali di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Un’idea geniale, frutto delle menti di Guglielmo Moretti, di Roberto Bortoluzzi (che poi divenne il conduttore della trasmissione per ventotto anni) e di Sergio Zavoli. “Il vero padre fondatore di Tutto il calcio minuto per minuto è stato Moretti, che aveva sentito una trasmissione analoga sul rugby in Francia e pensò bene di importarla con i dovuti accorgimenti. Ma una spinta fondamentale la diede Sergio Zavoli, il quale capì che, alla vigilia delle Olimpiadi di Roma ‘60, la Rai doveva compiere un salto di qualità, riguardo ai servizi sportivi”, ricordò Alfredo Provenzali, una delle voci storiche della trasmissione.

Dopo i Giochi di Roma, il primo fischio di inizio di una partita di calcio alla radio fu il 10 gennaio 1960. La prima puntata vide collegati: da Milano Nicolò Carosio per Milan-Juventus; da Bologna Enrico Ameri per BolognaNapoli; da Alessandria Andrea Boscione per Alessandria-Padova. Alla trasmissione sono legati nomi storici delle radiocronache. Tra tutti Enrico Ameri e Sandro Ciotti. Il loro “ponteradio” raccolse il testimone dei “pionieri” delle radiocronache: Nicolò Carosio e Mario Ferretti. Ameri e Ciotti furono “avversari” fino all’ultimo collegamento, prima della pensione. Così li ricorda Riccardo Cucchi, attuale “voce” del programma: “In parte quella strenua competizione tra Enrico e Sandro non fece che aumentare la loro popolarità e, indirettamente, accrebbe oltre alla qualità, anche il successo della trasmissione”. “Attenzione!!!” era il “grido di battaglia di Enrico Ameri (1926-2004), prima “voce” di “Tutto il calcio minuto per minuto”, quando interrompeva un collega, per segnalare la rete di

una squadra. Considerato l’erede di Nicolò Carosio, entrò in Rai nel 1949, cominciando nella cronaca e nel ciclismo, fino a essere inviato in Indocina. La sua prima radiocronaca calcistica fu nel 1955, con l’incontro Udinese-Milan. Con Roberto Bortoluzzi, Sandro Ciotti, Alfredo Provenzali, Claudio Ferretti (figlio di Mario), Enzo Foglianese ed Ezio Luzzi, per anni, è stato una puntuale voce radiofonica dei pomeriggi domenicali degli sportivi italiani. Il 16 luglio 1969 fece la radiocronaca da Houston della partenza della missione “Apollo 11” e dell’allunaggio, pochi giorni dopo. Nel 1980 ideò la trasmissione televisiva “Il processo del lunedì”, che condusse per due edizioni: la prima (1980-1981) accanto a Novella Calligaris e la seconda (1981-1982) con Marina Morgan, dove apparve, per la prima volta, Aldo Biscardi in cabina di regia. La sua ultima radiocronaca, nel 1991, fu Genoa-Juventus (Ameri non nascondeva di essere tifoso genoano). Il gruppo musicale “Elio e le Storie Tese” ha dedicato una canzone alla sua mitica voce. Titolo: “Ameri”.

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Illustrazioni di Alessandro Buttà

SANDRO CIOTTI “Clamoroso al Cibali!” Romano (il padrino di battesimo fu il poeta Trilussa), studi da violinista e passato da calciatore, una casa sul Lungotevere dove custodiva migliaia di dischi ed esibiva orgoglioso un tavolo da bigliardo, Sandro Ciotti (1928-2003) era approdato alla Rai nel 1959. Fu scelto per condurre una trasmissione di sport e musica, le sue grandi passioni, assieme al cinema. Per Ciotti la radiocronaca era “Un esercizio che rimane più alto della telecronaca. Un’esaltante modo di comunicare, in diretta, a milioni di ascoltatori che pendono dalle tue labbra. Ma obbliga a una attenzione feroce”. Come inviato, seguì 40 Festival di Sanremo, 14 Olimpiadi, 15 Giri d’Italia, 9 Tour de France e oltre 2400 partite

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di calcio in “Tutto il calcio minuto per minuto”. Nell’immaginario collettivo è entrato, dal 4 giugno 1961, il suo “Clamoroso al Cibali!”, dopo la rete del 2-0 per il Catania contro l’Inter. Le corde vocali lo tradirono nel 1968 in Messico. “Quattordici ore di diretta sotto la pioggia all’Olimpiade messicana – spiegava Ciotti – mi sono costate un edema alle corde vocali. Credevo di dover cambiare mestiere, invece Sergio Zavoli e Paolo Rosi mi rassicurarono, spiegandomi che la raucedine sarebbe diventata una specie di marchio di fabbrica”. Nel 1996, concluso a Cagliari il suo ultimo intervento, aveva detto: “Adesso basta lavoro. Voglio sentirmi libero, andare in vacanza quando mi pare, ascoltare un concerto dopo

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l’altro”. Invece, aveva accettato di proseguire i suoi interventi radiofonici, specie alla domenica, e poi raccontò la sua vita professionale nell’autobiografia “Quarant’anni di parole”, pubblicata nel 1997. Ironico, caratterizzava con un humor garbato anche i servizi radiofonici extracalcistici per il giornale radio Rai. Fu autore di documentari e di inchieste per la televisione (due in particolare, sul cantante Luigi Tenco, del quale era grande amico ed estimatore, e sullo sfortunato pilota di Formula 1 Lorenzo Bandini). Debuttò in TV, come conduttore, nel 1972 con il “Telecanzoniere”; dal 1986, condusse otto edizioni della “Domenica Sportiva” accanto a Maria Teresa Ruta. Scrisse anche canzoni di successo per Enzo Jannacci e per Peppino di Capri.


pubbliredazionale

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l'energia vista dai bambini

La grande energia dei piccoli Eleonora Corsico “L’Energia”

di Gabriella Busia «I bambini sono sensibili all’atmosfera di un luogo molto più degli adulti... Sono estremamente attenti al comunicare e all’esprimersi, e dei loro interlocutori capiscono più di quanto questi immaginano.» Così la scrittrice Banana Yoshimoto, nel suo libro “Un viaggio chiamato vita”, parla del coinvolgimento che contraddistingue i più piccoli. I bambini, infatti, sensibili alle persone, alle situazioni e ai luoghi che li circondano, sono in grado di cogliere sfumature che

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noi adulti ignoriamo o cui non diamo troppo peso. Osservando dei lavori di descrizione dell’ambiente e dell’energia dell’attuale 4ª B della scuola primaria San Pietro di Nuoro, proposti dalla loro “maestra Lia”, abbiamo potuto apprezzare come i piccoli siano fortemente attenti a temi così importanti e delicati. Dalle loro parole e dai loro disegni emerge una voglia di cambiare in meglio il mondo e il loro vissuto.

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Un desiderio di novità e nitore, una speranza che, con determinazione, ci chiedono di far diventare realtà. Da qui è nata l’idea di un progetto che ha arricchito Elementi di un nuovo sguardo, quello dei lettori più piccini, sul mondo dell’energia e dell’ambiente. In questo numero vi proponiamo alcune illustrazioni e filastrocche.


Publio Dui “Il Ciclo dell’Acqua”

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Francesco Moledda “L’Inquinamento”

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Greta Deidda “Il Vulcano”

Valentina Selis “L’Inquinamento”

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Antonio Mura “L’Energia è Un Caos di Colori”

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Fo La foto di Andrea Amato

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OLLIP E IL GRANDE INCENERITORE

IL PERCHÉ DEL VOLONTARIATO

FACCIAMO IL PIENO DI ENERGIE!

SAN GIOVANNI PAOLO II

di Nunzia Nappo

di Pierre Papon

(Il Papa venuto da lontano)

di Luca Dalisi

Cacucci, 2013, pag.154,

Dedalo, 2014, pag.64,

di Vittorio Esposito

Ad Est dell’Equatore, 2014, pag.144,

Euro 16.00

Euro 7,50

(Foto di Maurizio Riccardi) Armando, 2014, pag.79, Euro 9,00

Euro 15.00

L’Autore racconta una favola che trasforma in “missione” un gioco: si può aiutare il mondo, e una città in particolare, a ritrovare la sua aria pulita? Sì, se si riuscisse a mettersi tutti insieme, come le creaturine, dai nomi che sembrano suoni, al centro di queste pagine: Ollip, un polipetto rosa; Gilla, una gallinella di mare, finita nel petrolio; Elpisio, un topo filosofo, sopraffatto dalla plastica; un manipolo di animaletti, vittime dei rifiuti e degli scarti del mondo. Riga dopo riga, insieme al Pesce senza nome, a Busta, a Bottiglia, con i fratellini Nello e Serafina, si impara a capire che fine fa l’umido, a che serve il compost, qual è il livello di biodegradabilità, quali imballaggi sono riutilizzabili. Per finire con il recupero e le risorse rinnovabili. Luca Dalisi è illustratore, grafico, fumettista, autore di graphic novel, genere che si ritrova in questo libro.

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Il libro affronta, in particolare, il “volontariato in rosa”, rivolto alle donne sottoposte, quotidianamente, a cure pesanti e costose, per lottare contro il “male silente” del tumore al seno. Questo saggio - scritto nell’ambito del progetto “Il mosaico delle emozioni” dell’ALTS (Associazione per la Lotta dei Tumori al Seno) - è una sintesi dell’operato sociale dell’Autrice e un’analisi sotto il profilo politico ed economico del “perché si fa volontariato e come produce benessere in chi lo fa”. Nunzia Nappo, ricercatrice di Economia Politica dell’Università Federico II (Napoli), studia il volontariato dal punto di vista scientifico.

Lea, Felicia, Carola prendono il treno per trascorrere le vacanze di Pasqua dai loro nonni. Dal finestrino vedono le macchine sull’autostrada, campi di pale eoliche, una centrale elettrica: quante domande da fare al nonno scienziato! Durante il soggiorno in campagna, le tre curiose scoprono che cos’è l’energia: da quella cinetica, a quella meccanica, elettrica, eolica, solare e ad altre ancora. E impareranno, soprattutto, come funziona il monopattino “ibrido” del cuginetto Oscar. In sintesi, l’Autore risponde, in queste pagine, a tre domande: Cos’è l’energia? Da dove viene? Quale sarà l’energia del futuro. Pierre Papon, professore alla Scuola superiore di fisica e chimica industriale di Parigi, è stato presidente di vari enti di ricerca francesi ed è Autore di opere di divulgazione scientifica.

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Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

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SAN GIOVANNI XXIII (Il Papa buono) di Vittorio Esposito (Foto di Carlo Riccardi) Armando, 2014, pag.63, Euro 8,00

Due instant book, fuori dal comune, tra storia e immagini, su due Papi Santi, che hanno segnato in modo straordinario i tempi della Chiesa e del Mondo, dal 1958 (quando il Cardinale Angelo Giuseppe Roncalli venne elevato al Soglio pontificio) al 2005 (anno della scomparsa di Giovanni Paolo II). Il volume, dedicato alla figura di Giovanni XXIII, inquadra storicamente e spiritualmente la sua personalità. Un libro che fissa i punti cardine del suo Pontificato: il Concilio Vaticano II e l’Enciclica “Pacem in Terris”. Il libro su Giovanni Paolo II è un’affascinante storia della sua straordinaria vita: quella del “Papa venuto da lontano”, che ha colpito profondamente il cuore dei fedeli (tanto che, il giorno che gli tributarono l’ultimo saluto, chiesero che fosse “Santo subito”) e dei giovani, per i quali istituì le “Giornate della Gioventù”. Queste “felici pagine” nascono dalla collaborazione “in punta di penna” del giornalista Vittorio Esposito con due “maestri” del fotogiornalismo italiano: Carlo e Maurizio Riccardi.


Energia dal sole per lo sviluppo sostenibile

HFV ha come obiettivo la realizzazione e l’esercizio di impianti fotovoltaici privilegiando la qualità delle prestazioni in un quadro di compatibilità ambientale e valorizzazione del territorio. HFV lavora per la crescita del Paese, consapevole che dall’energia sostenibile dipenda il futuro di ognuno di noi.

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internet di ambiente ed energia Il più diffuso notiziario internet dedicato all’ambiente e all’energia, liberamente accessibile in rete. Sette aree tematiche che coprono tutti i settori rilevanti: l’inquinamento, i rifiuti, il riciclo degli imballaggi, le energie tradizionali e rinnovabili, le utilities, l’industria. Ogni settimana più di cento articoli di cronaca sui fatti, le novità, gli scenari italiani e internazionali. Un’area di approfondimento arricchita da interventi autorevoli di protagonisti del settore, testi di legge e documenti inediti.

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Dove sta l’umanità Guido Oldani, su Avvenire di qualche tempo fa, nella sua rubrica; “la botola del cielo”, racconta che trovandosi a Venezia in un albergo di lusso, invitato per una cerimonia d’arte, si sia sentito un pesce fuor d’acqua tra vip di vario genere e persone dell’alta società pregne d’albagia. E che abbia ritrovato il “sapore dell’umanità” solo passeggiando tra le calli, incontrando improvvisati suonatori di jazz o poeti di strada. Ma non è così. Il “sapore dell’umanità” si può cogliere anche dove sembra non esserci. È la semplicità e forse il nitore che lì non si trovano. Ma incontri e scopri, invece, frammenti d’umanità a noi non estranei. Scopri le miserie dell’uomo, le sue illusioni, la sua superbia, la sua vanità. Maschere per la fragilità che alberga nell’animo e fa paura. Tanta paura da non volerci pensare, da rifiutarla, da reprimerla. Illudendosi che si possa andare avanti lo stesso. Cambiando maschere come fossero vaccini o antiossidanti contro il nulla. Ma invano. Sotto di esse covano le rughe, le piaghe e la cancrena per un vissuto di raggiri, tristezze e vacuità. Un monito per tutti a guardarci dentro e a pensare alla nostra “umanità”.

Mp Mondo Piccolo

lo Smilzo

Fn

Filo di Nota a cura di Mauro De Vincentiis

Il sogno dell’elettricità in casa “Avrei voluto far ammirare alle due signore anche il funzionamento della nostra perfetta cucina elettrica con il relativo forno, far ammirare un amore di fornello che cuoce e che è, nello stesso tempo, scaldavivande, il motorino per la cucina che, applicandovi dei piccoli apparecchi, tosta il caffè, sbuccia le patate, fa la purée, fa la marmellata, schiaccia noci, macina le spezie, pulisce i coltelli, taglia i legumi, frulla le uova, affetta i salumi, grattugia il formaggio, il pane secco, fa il gelato... si applica alla macchina da cucire... Tutto è, con la lucidatrice dei pavimenti, il mio sogno”. Così termina il racconto del 1937 “L’elettricità in casa mia” di Elena Morozzo della Rocca Muzzati, direttrice – dal 1936 al 1938 – di “Cordelia”, il cui sottotitolo era Foglio per le giovinette italiane, fondata a Firenze nel 1881, che, con varie periodicità, fu regolarmente in edicola fino alla fine del 1941. Elena Morozzo della Rocca Muzzati fu anche autrice di manuali di comportamento per “signore, signorine, fanciulle e persino per i giovani signori”, come riporta una sua biografia.

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www.qualenergia.it Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari Direttore scientifico: Gianni Silvestrini

OGNI GIORNO NEWS, ANALISI, COMMENTI SUL MONDO DELL’ENERGIA Notizie nazionali e internazionali, normativa, statistiche, documenti, podcast e video, prodotti, eventi, news in english 116

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Volare motore in marcia … petto impennato a salire colpito e baciato dall’aria tormentata in vorticosa danza dall’elica impazzita turbinante su se stessa cercando liberarsi sfuggire alla schiavitù dell’albero motore catena e vita scorrazzare nel cielo bevendo a sazietà la gioia turchina iniettata di biondo sorriso solare … sfidare in gara il vento vincerlo addomesticarlo… volare volare sempre … BRUNO GIORDANO SANZIN Poeta “parolibero” (Trieste, 14 febbraio 1906, 12 gennaio 1994), presentato da Filippo Tommaso Marinetti tra i “nuovi” poeti futuristi.

E+ Energia, letteratura, umanità

Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà

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Marina Poggi D’Angelo La pittura di Marina Poggi D’Angelo (Roma 1910-2001), fin dagli anni ’40 del Novecento, è stata caratterizzata da un tonalismo memore della lezione della Scuola Romana alla cui affermazione ha efficacemente contribuito partecipando - con Mafai, Melli, Guttuso, Montanarini, Antonietta Raphael e Ziveri - alle mostre allestite dal Gruppo di Via Cavour. E’ una pittura che sottrae gli elementi descrittivi alla loro esistenza quotidiana per trasferirli nei silenzi di una realtà che la luce avvolge di un delicato sentimento poetico lasciando sempre più spazio all’immaginazione imperniata pressoché esclusivamente sul soggetto “centrale”, sia esso paesaggio, natura morta, figura. Lo sfondo perde i suoi elementi per divenire, grazie ai ritmi compositivi e all’equilibrio del tessuto pittorico, accordo cromatico che mette in “luce” la raffigurazione. Marina Poggi ha sempre disegnato con il colore, concretizzando le immagini attraverso l’accostamento e lo sfumare delle tinte e conquistando lo spazio e il volume con l’essenzialità delle forme definite da una sorta di vibrazione luminosa che raccorda i vari elementi della composizione. La ricerca atmosferica, la quiete ovattata, la diffusa pacatezza, la saldezza e compostezza dell’impianto figurale e l’ampio gesto pittorico sintetizzano la ragioni poetiche del suo fare arte che non si esauriscono nel tratto narrativo ma che tendono alla interpretazione e rappresentazione emotiva della realtà. Le “sue” cromie, che privilegiano un tonalismo estremamente vivo, creano sulla tela forme espressionistiche che richiamano alla memoria il “significato” pittorico del soggetto raffigurato in una dimensione lirica particolarmente attenta agli effetti luministici realizzata al limite della concezione metafisica della plasticità delle forme tendenti, a volte, all’astrazione. Nel corso della sua lunga attività di docente (è stata titolare di Discipline Pittoriche al Liceo Artistico di Via Ripetta a Roma dal 1948 al 1980) e di artista ha svolto, dal 1946 quando ha allestito la sua prima personale, una intensa attività espositiva partecipando, tra l’altro a quattro edizioni della Quadriennale di Roma (la VI, la VII, l’VIII e la IX), e alle principali Rassegne d’Arte nazionali e internazionali (tra gli altri Premio Michetti, Premio Villa San Giovanni) ottenendo sempre significativi consensi non solo dal pubblico ma anche dalle critica più attenta e esigente.

Marina Poggi D’Angelo e il nostro Vittorio Esposito

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“Sedia sul mare”, 1995, tempera su cartone cm. 18x24

Co Copertina a cura di Vittorio Esposito



Sport, arte, musica, moda, design, industria, cinema. Non esiste disciplina nella quale l’Italia non sia stata grande. Non esiste settore nel quale non abbiamo brillato. Siamo stati sul tetto del mondo, ora è tornato il momento di attaccare in contropiede. E allora

#GUARDIAMOAVANTI Costruiamo, inventiamo, produciamo, scriviamo. Facciamo qualcosa di cui essere di nuovo fieri. Perché per essere grandi come il nostro passato non serve la nostalgia. Serve l’energia.

insieme con

enel.com 120

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