Elementi 23 - Luglio 2011

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Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Carlo Rubbia e Antonino Zichichi

Ecco l’energia che ci serve Luciano Maiani

Dalla ricerca la spinta all’energia Vincenzo Boccia

Scelte energetiche ponderate per rilanciare la produttività Nando Pasquali

Le infrastrutture energetiche volàno per lo sviluppo della Comunità Gian Maria Fara

Sviluppo rinnovabili per progresso e qualità della vita Davide Tabarelli

Dopo il fotovoltaico puntare sulle fonti termiche Luisa Todini

Premiare il merito al di là delle differenze Massimo Cacciari

Non c’è bene comune senza ethos comune

Periodico del GSE luglio 2011

Avremo un sistema energetico più sicuro e competitivo

Elementi

Paolo Romani

speciale MINI EOLICO

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Sviluppo rinnovabili

Sarà “rivoluzione verde” Si respira una nuova aria nel settore energetico. È quella che arriva dalle fonti rinnovabili e da quanto intorno a loro gravita, o, ancor più, potrà gravitare. C’è voglia di fare, di ricercare, di aver fiducia nella cultura dell’energia alternativa i cui riflessi potrebbero essere positivi in termini economici, di crescita delle opportunità di lavoro ed etici, perché in grado di incidere in modo qualitativo sulle nostre abitudini. La rivista Energy Policy ha pubblicato un saggio nel quale alcuni studiosi affermano che nel 2030 il 100% dell’energia potrebbe provenire dalle rinnovabili. La Danimarca ha deciso che entro il 2050 abbandonerà i combustibili fossili. In Italia il settore registra tassi di crescita elevati che lo pongono tra gli Stati leader a livello europeo e mondiale. Non è di molto tempo fa l’interesse de Il New York Times per l’impianto eolico di eccellenza realizzato a Tocco da Casuaria (Pescara) dove è stato costruito un impianto eolico di eccellenza in grado di far risparmiare il costo dell’elettricità e di migliorare i servizi. Le potenzialità del settore sono enormi, soprattutto considerando che ormai le maggiori economie stanno orientando le politiche di sviluppo del settore energetico verso scelte pro-rinnovabili. Secondo alcune stime l’eolico nel 2030 fornirà il 22% del totale dell’energia prodotta nel mondo, con un risparmio di 34 miliardi di tonnellate di Co2 l’anno. In questo settore l’Italia, anche se sprovvista di un prodotto riconducibile a una industria nazionale, vanta una produzione importante di componenti essenziali forniti per le esigenze di tutti i maggiori player del settore. Il nostro Paese è in grado di competere ad altissimo livello nelle rinnovabili e nelle clean technologies in generale. Occorre però approntare gli strumenti affinché anche da noi sia favorita non solo la crescita di iniziative per l’aumento della produzione da energia rinnovabile e per la diffusione di impianti di piccola e piccolissima taglia a uso domestico o delle piccole imprese, ma soprattutto affinché si sviluppi un’industria del settore rilevante a livello mondiale.

Nel prossimo decennio, infatti, stando al Rapporto del “Pew Charitable Trusts”, l’Unione Europea potrebbe attrarre circa 705 miliardi di dollari in investimenti in progetti di energia alternativa. L’Unione stima che, per raggiungere gli obiettivi posti al 2020, saranno necessari investimenti per 70miliardi di euro all’anno. L’Agenzia Internazionale per l’energia informa che ormai sono più di 100 le nazioni nel mondo che hanno qualche forma di supporto per facilitare lo sviluppo al ricorso alle rinnovabili. Ad esempio la Cina ha varato nel 2009 un piano che prevede il raggiungimento dell’obiettivo di penetrazione del 15% delle rinnovabili nella produzione di elettricità. È una grande opportunità di sviluppo per le industrie del settore, a livello nazionale e internazionale. Per essere efficaci, però, occorre innovare. Un ruolo importantissimo dunque lo giocherà la ricerca, che va sostenuta economicamente, sfruttando gli strumenti messi a disposizione anche dalla legislazione comunitaria. I segnali sono incoraggianti. Si assiste a un fiorire di studi e di iniziative che lasciano ben sperare e che permetteranno di elevare la nostra competitività, nei diversi mercati. La possibilità di separare l’idrogeno partendo dalla molecola dell’acqua, attraverso un processo di fotosintesi artificiale, è oggetto di studio di un gruppo di ricerca italiano, mentre nel settore dell’eolico si sta studiando il vento con il laser e in quello dei carburanti una benzina sintetica con l’idrogeno. Al Politecnico di Milano si sperimenta la tecnologia dei nano tubi al carbonio per migliorare la durata e l’utilizzo delle batterie destinate ai veicoli elettrici. Insomma, la strada sembra tracciata. Nella Comunità ci sono risorse, intelligenze e qualità che possono darci lo slancio per divenire una nazione d’eccellenza nell’utilizzo delle nuove energie e nell’economia che ne deriva.

l’Editoriale di Emilio Cremona / Presidente GSE

l’E Elementi 23

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Direttore Responsabile Romolo Paradiso Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma Editore GSE Segreteria di redazione e pubblicità Gabriella Busia gabriella.busia@gse.it tel. 06. 80114648 Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Gabriella Busia Livia Catena Natascia Falcucci Guido Pedroni Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi Progetto grafico e impaginazione Imaginali Realizzazione impianti e stampa XGift srl via Filippo Grispigni 29/31 00163 Roma

Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato iStockphoto.com Foto quadro “Summertime” e di Giosetta Fioroni, autore: Giuseppe Schiavinotto Direttore Editoriale Fabrizio Tomada Hanno collaborato a questo numero Roberto Antonini, Edoardo Borriello, Gabriella Busia, Alessandro Buttà, Fausto Carioti, Livia Catena, Valter Cirillo, Mauro De Vincentiis, Vittorio Esposito, Ennio Ferrero, Agime Gerbeti, Jacopo Giliberto, Costantino Lato, Piergiorgio Liberati, Carlo Maciocco, Fabrizio Mariotti (La vignetta di Fama), Gabriele Masini, Eleonora Mazzone, Giusi Miccoli, Rosanna Pietropaolo, Luca Speziale Un particolare ringraziamento a Claudia Delmirani e a Sandro Renzi

Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi A2A Alpiq Energia Italia Archimede Srl Asja Ansa Banca della Nuova Terra Banca Intesa San Paolo Banca Popolare di Sondrio Bosch Edil Tevere EDF ENR Egl Eneco Energia Enel Enerb Tech Ener Solar più Eni Euro Satellite Inergia International Power Mg Impianti Key Energy KlimaEnergy Monte Paschi di Siena Nuova Cma Ondulit Pv Rome Puntocom Relight Energie Saint Gobain Solar Sun Erg Terna Vestas Yingli Solar

Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte

Rivista ad Impatto Zero®. Compensate le emissioni di CO2 generate per la produzione e stampa. In copertina “Summertime” 1977, olio e smalti su tela cm 200x236 (Collezione privata Giosetta Fioroni) Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

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Chiuso in redazione l’8 giugno 2011

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Elementi è visibile in internet ai siti www.gse.it www.acquirenteunico.it corrente.gse.it

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Elementi

Anno 2011 n. 23 luglio 2011

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Dopo Fukushima

Se ragione e sensibilità…

Non amo la cultura positivistica. Ho qualcosa da contestare anche all’illuminismo. La ragione è importante, ma il suo uso esclusivo fa danni enormi. Credo di più nella forza della sensibilità, del sentimento, della meraviglia e della poesia. Mettete insieme sensibilità e ragione e l’approccio al pensare e al fare ne guadagna. Si fa più ponderato, più attento e rispettoso di coloro che fatti e situazioni attraversano. L’evento di Fukushima, disastroso, è frutto di un’ingorda sete di produrre e ricavare profitto a tutti i costi. È frutto dell’uso inumano della tecnica, che, se lasciata sola di fare, come la ragione, crea danni irreparabili. L’uomo, posto di fronte a tali tragedie, si sente abbandonato, imbrogliato. Defraudato della fiducia e della speranza, ma soprattutto, dell’avvenire. E questo è l’atto più vigliacco che un essere possa fare a un altro essere. È come se gli dicesse: “tu non conti nulla, servi solo ai miei scopi”. Ma gli uomini, le “persone” hanno bisogno d’altro. Specie in questi tempi, in cui tutto appare da loro troppo distante. Distante dai veri bisogni, dalle naturali aspettative, dal giusto e sano sviluppo. Hanno necessità che le situazioni e le cose che su di loro si riflettono siano pensate e attuate con senso di responsabilità, che è poi il connubio tra la ragione e l’umana sensibilità. Se così fosse stato, non avremmo avuto né Fukushima, né Chernobyl, e neppure tanti altri disastri naturali frutto di un egoistico disinteresse per gli altri elementi importanti di questi mondo: la terra, il suo ambiente, la sua aria, senza i quali noi non saremmo. Così, come già accadde nel 1987, del nucleare non se ne parlerà più. Almeno per un pò. Quando e in quale contesto l’argomento sarà ripreso, non è importante. Quel che conta è se nel farlo si terranno in considerazione le vere possibilità di coniugare la tecnologia e quindi le potenzialità che questa può offrire a livello scientifico ed economico, con le ricadute che può avere sulle persone, sull’ambiente, sul territorio. Certo, si sa, nulla è immune da pericoli. L’uomo è al contempo pericolo e salvezza. Nessun passo potrebbe mai fare sicuro di non incappare in un rischio conseguente. E la staticità, poi, oltre al pericolo, ha in sé il seme del regresso. Ma l’uomo, nel dispiegarsi del suo cammino, deve condizionare tutto fortemente alla sua sicurezza, al suo bene e, soprattutto, al suo domani. Il miglior domani possibile. Da vivere e responsabilmente consegnare alle vite che verranno.

Virgolette di Romolo Paradiso

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primo piano rubriche

10 Avremo un sistema energetico Intervista a Paolo Romani

03l’E l’Editoriale 04 Tamburino 05“ Virgolette” 08 P° il Punto 97 Bi Biblioteca 98 Mp Mondo Piccolo 98 Fn Filo di Nota 101 E+ Energia, letteratura, umanità 102 Co la Copertina

più sicuro e competitivo

16 Ecco l’energia che ci serve 22 Dalla ricerca la spinta Carlo Rubbia e Antonino Zichichi

Il punto di vista di Luciano Maiani

all’energia

26 Le infrastrutture energetiche Nando Pasquali

volàno per lo sviluppo del Paese

30 Scelte energetiche ponderate Confronto con Vincenzo Boccia

per rilanciare la produttività energia

33 È l’ora del carbone 37 Il deposito nazionale dei rifiuti Il pensiero di Andrea Clavarino

A colloquio con Giuseppe Nucci

radioattivi? Un diritto degli italiani

40 Sviluppo rinnovabili per Parla Gian Maria Fara

progresso e qualità della vita

Elementi

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45 77 Dopo il fotovoltaico puntare Aste energia1,2,3... aggiudicato! sulle fonti termiche 80 49 L’energia a 360 gradi A tu per tu con Davide Tabarelli

Faccia a faccia con Alexandro Floris

Il punto di vista di Alberto Pototschnig

La sfida dell’energia si vince in Europa

energia e ambiente

52 83 Passare dai progetti ai fatti L’evoluzione dell’efficienza Conversazione con Marzio Bellacci

speciale mini eolico

energetica energia del pensiero

56 Sulle ali di un vento minore 86 Non c’è bene comune senza Valter Cirillo

Un caffé con

energia rinnovabile

63 Unire le associazionidel

Massimo Cacciari

ethos comune lavoro

Dialogo con Gianni Silvestrini

fotovoltaico

94 Premiare il merito al di là Intervista a

Luisa Todini

66 Dalle rinnovabili termiche

delle differenze

impulso per il 2020

Sommario

70 Il mercato italiano del fotovoltaico? Incontro con Luigi Mazzocchi

In ottima salute mercato elettrico

74 Un Acquirente Unico anche Intervista a Giorgio Guerrini

per il gas

So


Energia, tante incognite e qua Il disastro di Fukushima, avvenuto in Giappone tra l’11 e il 12 marzo e non ancora risolto, ha cambiato lo scenario dell’energia. In modo radicale. Insieme ad altri avvenimenti, come le rivolte nell’Africa Settentrionale e come la tecnologia per lo sfruttamento del gas non convenzionale, il cosiddetto shale gas. Questi avvenimenti impongono un nuovo disegno delle tecnologie usate in Italia per produrre energia, e in particolare per produrre elettricità. In breve, come amiamo fare noi giornalisti: l’esperienza nucleare italiana può dirsi finita; la scelta italiana “a tutto gas” si mostrerà, per pura sorte, indovinata; le fonti rinnovabili di energia acquisiranno un peso sempre più importante. Ciò porrà alcuni inconvenienti. Ma anche alcuni vantaggi. Il lettore sa che cos’è avvenuto a Fukushima, ma è dovere di chi scrive ricordarlo per sommi capi. In marzo la costa nord-orientale del Giappone è stata squassata da un terremoto furioso, seguito poche ore dopo da un maremoto devastante. Sulla linea di costa c’è la centrale nucleare di Fukushima

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Dai Ichi, cinque reattori degli anni ’70 pronti alla pensione, centrale gestita dalla società elettrica di Tokio, la Tepco. I primi tre reattori erano in produzione, due erano in manutenzione per il cambio del combustibile e le barre usate erano state rimosse dai vessel e aspettavano nelle piscine di raffreddamento adiacenti. Come da regole nucleari, al momento delle scosse la centrale è andata in blocco automatico e i generatori diesel alimentavano le pompe di raffreddamento. Però il primo problema si era già verificato, anche se nessuno se n’era accorto le scosse avevano crepato le piscine di raffreddamento, e l’acqua cominciò a defluire. Poco dopo l’onda di maremoto spazzò la centrale, fermando l’alimentazione diesel d’emergenza. Le barre d’uranio hanno cominciato a friggere e a fondere nel chiuso dei vessel, ma anche nelle piscine di raffreddamento del combustibile usato, che non sono blindate. La paura suscitata da quell’incidente - il quale per fortuna non si è trasformato in una strage e non ha avuto le conseguenze


di Cernòbyl’ dell’aprile 1986 - ha indotto in Italia una frenesia referendaria simile a quella dell’87, ma soprattutto ha ribaltato i programmi di investimento delle società elettriche internazionali. Come ogni incidente, anche Fukushima imporrà nuove regole internazionali sulla sicurezza degli impianti, che aumenteranno i costi di investimento nelle centrali modificandone la competitività. Basti l’esempio della Germania, che aveva appena deciso di allungare la vita utile delle centrali atomiche in cambio di investimenti a lungo termine nelle rinnovabili in Africa Settentrionale (come il progetto Desertec). Più che gli “stress test” programmati dall’Unione europea, sulla scelta di frenare il nucleare tedesco hanno influito i costi necessari che serviranno ad adeguare impianti che al momento dei lavori (e delle spese) saranno ormai vicini alla chiusura. Le nuove regole sulla sicurezza saranno emanate dall’Aiea, l’agenzia Onu dell’energia atomica, influiscono sulla competitività del nuclare. Ogni compagnia elettrica sta rivedendo i conti delle centrali esistenti: sono a rischio di abbandono quelle che hanno un margine di competitività modesto o che sono d’età avanzata, mentre tra i progetti non ancora completati, rischiano quelli la cui ingegneria non si presta a standard di sicurezza molto differenti o quelli la cui competitività non è generosa. Indicativo il caso italiano, dove il programma atomico è stato avviato, fermato ma riannunciato in un prossimo futuro sottoposto poi a un secondo referendum. Questo atteggiamento ondivago, legato all’emotività della politica, è una condanna sicura più di ogni referendum. La tecnologia nucleare, per i suoi costi d’investimento cospicui, chiede una ricetta il cui ingrediente

di sfruttamento delle rocce impregnate di metano ha reso gli Stati Uniti indipendenti sul fronte degli approvvigionamenti di gas. E si affacciano sulla scena Paesi che erano marginali, come la Polonia, ricca di gas non convenzionale e inserita saldamente nell’Unione europea. Difatti i prezzi del metano continuano a essere deboli e l’offerta ampia. Ma c’è un problema. Meno nucleare e più metano significa accrescere le emissioni di anidride carbonica. Per questo motivo l’altro fronte dello scenario energetico riguarda le fonti rinnovabili. Il terzo conto energia aveva impostato insieme al piano d’azione la strategia italiana, poi rafforzata dal quarto conto energia. Ovvero: ridurre il peso degli incentivi al fotovoltaico (settore in crescita più vulcanica) e cercare di favorire chi investe nel settore solare cercando innovazione e qualità. Non è facile sezionare gli investimenti per cercare di contenere gli impianti solamente “speculativi” e per spingere quelli con una forte valenza di innovazione. Sarà centrale il ruolo della Rse, il polo delle ricerche sul sistema elettrico che tra Milano, Seriate, Piacenza e gli altri laboratori stanno dando un contributo all’innovazione.

lche certezza il Punto di Jacopo Giliberto principale è la certezza di stabilità (normativa, politica, di mercato). Ingrediente che manca all’Italia dell’emotività politica, e che renderà molto titubanti gli investitori di un futuro nuovo piano atomico. Non è possibile sapere oggi quanta parte di produzione nucleare scomparirà dalla scena elettrica, ma l’effetto sarà di certo rilevabile sulla disponibilità di elettricità e sulle emissioni di anidride carbonica. Quale la prima risposta alle dismissioni atomiche? Ovvia. Più gas. Più metano. L’Italia per fortuna è avvantaggiata rispetto ad altri Paesi perché ha molte fonti di approvvigionamento via conduttura, mentre le maglie delle tubazioni internazionali si fanno sempre più strette: è il caso dei progetti Galsi dall’Algeria, Poseidon dalla Grecia, Tap dai Balcani. Ma i borborigmi sociali e politici dell’Africa Settentrionale - in ordine cronologico Tunisia, Egitto e Libia - stravolgono gli equilibri delle forniture. Un altro elemento (di segno opposto) che cambia gli equilibri energetici è il gas non convenzionale. Se tentennano alcuni Paesi fornitori dell’Africa, la tecnologia

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primo piano

Avremo un sistema più sicuro Paolo Romani

INTERVISTA A PAOLO ROMANI Ministro dello Sviluppo Economico

Il quarto Conto Energia fornisce al settore una prospettiva di lungo termine, un quadro di regole e un volume di risorse che consentirà una crescita graduale fino a tutto il 2016, quando sarà raggiunta l’equivalenza del costo dell’elettricità fotovoltaica con quella acquistata dal sistema elettrico. La geotermia ha un ampio potenziale non ancora sfruttato, accessibile con nuove tecniche di ricerca, esplorazione e asportazione del calore. Vogliamo rafforzare la sicurezza delle forniture, la diversificazione delle fonti e delle rotte di approvvigionamento, l’efficienza di trasformazione, trasporto e uso dell’energia, e puntiamo a uno sviluppo efficiente delle energie rinnovabili. La bolletta? Sarà più snella e facilmente comprensibile.

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2016

energetico e competitivo di Fausto Carioti

Il mercato italiano dell’energia sta cambiando più in fretta di quanto fosse lecito attendersi. Da un lato la grande diffusione delle rinnovabili, fotovoltaico in primis, che hanno potuto contare sul propellente degli incentivi. Secondo le stime presentate alla Camera dalla Autorità per l’Energia, i costi d’incentivazione della produzione di elettricità da fonti rinnovabili nel periodo compreso tra il 2010-2020 si aggirano intorno ai 100 miliardi di euro. Dall’altro lato c’è la sospensione del ritorno al nucleare, voluta dal governo in seguito all’incidente della centrale giapponese di Fukushima, peraltro in sintonia con gli altri Paesi europei. In attesa di capire sin dove può arrivare la crescita delle rinnovabili, produttori e consumatori di elettricità chiedono al governo punti fissi sui quali orientarsi. Paolo Romani, ministro dello Sviluppo Economico dallo scorso ottobre, illustra a Elementi il senso dei provvedimenti adottati sinora e la direzione verso la quale punta l’esecutivo.

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E: Il governo e i cittadini hanno bloccato il ritorno al nucleare. Che impatto avrà questa scelta sui nostri approvvigionamenti energetici? E: Signor ministro, iniziamo dalle rinnovabili. Da problema energetico questo argomento è diventato in poco tempo un vero problema occupazionale: migliaia di persone, specie al Sud, lavorano in questo nuovo settore. Le rinnovabili, però, sono ancora in gran parte un mercato “artificiale”, reso così conveniente proprio dagli alti incentivi concessi al fotovoltaico. Tra la richiesta politica di difendere l’occupazione e la necessità di rimodulare gli incentivi alle rinnovabili, quali criteri avete privilegiato nella vostra riforma? PR: Se non fossimo intervenuti sul precedente sistema di incentivi, si sarebbe creata una bolla speculativa di enorme portata, con ricadute sul sistema produttivo. Il nuovo decreto fornisce al settore una prospettiva di lungo termine, un quadro di regole e un volume di risorse che consentirà una crescita graduale fino a tutto il 2016, indicato dagli esperti come il periodo nel quale potrà essere raggiunta l’equivalenza del costo dell’elettricità fotovoltaica con quella acquistata dal sistema elettrico. Abbiamo orientato gli investimenti verso le tecnologie più avanzate cercando di incentivare la filiera produttiva italiana. Questo approccio ci ha portato a una adeguata e graduale riduzione degli incentivi, in linea con il calo dei costi tecnologici in parte già registrato e atteso nei prossimi anni. E: Quali segnali state avendo dal mercato dopo l’introduzione delle nuove regole? PR: Le prime informazioni che ci giungono sul funzionamento del sistema confermano la bontà della nostra scelta. Il settore è vivo e adesso può crescere più sano di prima. E: Che atteggiamento avete nei confronti della geotermia? Ritenete che debba essere ulteriormente incentivata o reputate adeguati gli attuali incentivi? PR: Recenti studi attribuiscono alla geotermia un ampio potenziale non ancora sfruttato, accessibile con nuove tecniche di ricerca, esplorazione e asportazione del calore. Noi ci siamo mossi in anticipo, stanziando risorse ad hoc nell’ambito del Programma Operativo Fonti Rinnovabili e Risparmio Energetico per fare un’analisi del potenziale del nostro territorio e per studi di fattibilità di nuovi impianti. In più, con il decreto legislativo 28 del 2011, abbiamo avviato la sperimentazione di impianti pilota a emissioni nulle. Anche le applicazioni della geotermia più tradizionali, siano esse finalizzate alla produzione di energia elettrica o allo sfruttamento del calore, trovano adeguata incentivazione nell’ambito degli strumenti esistenti.

PR: Il rientro o meno del nucleare in Italia riguarda la costruzione di una strategia di lungo termine e non incide sulla nostra disponibilità di energia nel medio periodo. Dopo l’incidente di Fukushima in Giappone, i cui effetti sono andati oltre ogni aspettativa, era doverosa una pausa di riflessione. Il governo, con coraggio e senso di responsabilità, ha abrogato le norme che prevedevano il ritorno dell’atomo in Italia. Il tema adesso è quello della sicurezza a livello non solo nazionale, ma europeo: non possiamo ignorare che il nostro paese è già immerso nel nucleare, visto che in Europa ci sono circa 143 reattori funzionanti, di cui il più vicino è a poco più di cento chilometri dal nostro confine. E: Obiettivo iniziale del governo era arrivare a un mix energetico composto per il 25% dal nucleare, un altro 25% dalle fonti rinnovabili e il restante 50% dai combustibili fossili. Adesso, senza nucleare, che mix di combustibili dobbiamo attenderci? Resteremo schiavi delle importazioni di gas? PR: Nel prossimo autunno avvieremo il percorso di analisi e confronto per la definizione di una strategia energetica nazionale. Lo scopo è individuare quale mix e quali infrastrutture possano rendere il nostro sistema energetico più sicuro e competitivo. La nostra politica è già orientata a rafforzare la sicurezza delle forniture, la diversificazione delle fonti e delle rotte di approvvigionamento, l’efficienza di trasformazione, trasporto e uso dell’energia, e punta a uno sviluppo efficiente delle energie rinnovabili. E: Guido Bortoni si è insediato da poco alla guida dell’Autorità per l’Energia e il Gas. Cosa si attende da Bortoni e dalla sua Authority? PR: Stimo molto Bortoni e ho visto con favore la sua nomina alla presidenza dell’Authority. Si è mosso fin da subito con grande indipendenza. Che cosa mi aspetto da lui? Semplice: che faccia

Incentivazione e servizi offerti dal GSE il IV° Conto Energia per il FV (DM 5-05-11) Punti fondamentali Il nuovo IV° Conto Energia (DM 5-05-11) si applica agli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio in data successiva al 31 maggio 2011 e fino al dicembre 2016, per un obiettivo indicativo di potenza installata a livello nazionale di circa 23.000 MW, corrispondente ad un costo indicativo cumulato annuo degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro.

Possono accedere all’incentivazione le seguenti categorie di impianti: a) impianti fotovoltaici, a loro volta distinti in piccoli impianti e grandi impianti b) impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative c) impianti a concentrazione Fonte: GSE

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l’Autorità, vale a dire la regolazione tariffaria dei mercati e dell’accesso alle infrastrutture e che stimoli comportamenti efficienti degli operatori, in coerenza con le scelte di politica energetica, che competono a Parlamento e Governo. E che renda comprensibile la bolletta elettrica. Produzione degli impianti fotovoltaici in Italia E: Ecco, a proposito. Lei ha detto: «La bolletta elettrica è imperscrutabile: io ho cercato di leggerla e non l’ho capita». È la situazione in cui si trovano tanti italiani. Auspica una revisione delle modalità con cui la bolletta è compilata? È solo una questione di "editing", che secondo lei dovrebbe essere più trasparente, oppure ritiene non congrue alcune voci che compongono la tariffa elettrica? PR: Sicuramente c’è un problema di leggibilità e semplicità delle informazioni. Ho già espresso l’esigenza di interventi, da parte delle Authority competenti, per rendere la bolletta più snella e facilmente comprensibile. È giusto che i consumatori sappiano quali sono le principali voci che compongono il costo della bolletta, dai fondi che servono a finanziare le rinnovabili, a quelli per lo smantellamento delle vecchie centrali nucleari, alla produzione di energia da fonti verde e assimilate, meglio note come Cip 6.

GWh

2.500 1.905,7

2.000 1.500 1.000 676,5 500 193,0 39,0

0

2008

2007

2009

2010

Fonte: GSE

Analisi della distribuzione regionale della numerosità e della potenza fotovoltaica a fine 2010

N° MW

12.336 410

23.274 9.082 20.336 8.858 1.707 14.486 9.020 3.749 5.769 8.571 3.269 524

265,9

372,0 169,8 329,7

4,7

92,9

14,9

364,0 137,4 73,3

184,3 244,3 67,2

15,9

4.006 9.679 1.646 3.614 8.011 84,4

683,4 49,7

58,7

Sardegna

Sicilia

Calabria

Basilicata

Puglia

Campania

Molise

Abruzzo

0

Lazio

5.000

Marche

150

Umbria

10.000

Toscana

300

Emilia Romagna

15.000

Liguria

450

Friuli Venezia Giulia

20.000

Veneto

600

Trentino Alto Adige

25.000

Lombardia

750

Valle d'Aosta

Piemonte

MW

0

7.630

155,9 101,6

Potenza installata (MW) Numero impianti Fonte: GSE

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primo piano

Ecco l’ene che

Rubbia: Nucleare no. Geotermia e solare lo sostituiranno.

CARLO RUBBIA Premio Nobel per la fisica

Carlo Rubbia

di Piergiorgio Liberati

Due grandi scienziati. Due fisici che ancora oggi rappresentano l’Italia in tutto il mondo, occupando un posto di primo piano nel panorama scientifico internazionale. Ma anche due visioni contrapposte su temi che, non a caso, dividono l’opinione pubblica: nucleare e fonti rinnovabili. Per Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica nel 1984, potremmo benissimo fare a meno dell’atomo, sostituendolo con geotermia, solare a concentrazione e gas naturale. Per Antonino Zichichi, presidente dell’Associazione mondiale degli scienziati e fondatore del Centro Ettore Majorana di Cultura scientifica, il nucleare sarà indispensabile per non tornare all’età della pietra. Elementi li ha intervistati, chiedendo loro quale futuro energetico ci aspetta, dopo l’incidente di Fukushima e la moratoria sul nucleare. Ecco cosa ci hanno detto.

Gas naturale, ma anche geotermia e solare a concentrazione. Per il premio Nobel Carlo Rubbia, scienziato di fama mondiale, non ci sono dubbi: “Un futuro energetico senza il nucleare è possibile”. E questo non solo per i tempi lunghi e gli elevati costi di costruzione delle centrali a uranio, ma anche perché se il mondo dovesse trovarsi di fronte all’esigenza di utilizzare questa tecnologia, sarebbe meglio affidarsi al torio. Anche se, in entrambi i casi, si dovrà convincere l’opinione pubblica e per farlo Rubbia intravede un’unica strada: “Ricostruire fiducia nel sistema”.

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Zichichi: Senza il nucleare siamo destinati all’età della pietra.

rgia ci serve

ANTONINO ZICHICHI Presidente dell’Associazione Mondiale degli Scienziati e fondatore del Centro Ettore Majorana di cultura scientifica

Antonino Zichichi

È un fervente sostenitore del “fuoco nucleare della pace”, senza il quale “l’uomo sarebbe destinato all’età della pietra”. Il Professor Antonino Zichichi, fisico di fama mondiale, presidente della Federazione Mondiale degli scienziati, non ha dubbi: “L’unica sorgente di energia che possa soddisfare la crescente domanda energetica è il nucleare”.

Fuoco – non dimentichiamolo – che permette di avere la stessa quantità di energia distruggendo un milione di volte meno materia. Se “bruciamo” un chilo di materiale fissile (uranio, plutonio, ecc.) otteniamo la stessa quantità di energia che vien fuori “bruciando” un milione di chili di materiale combustibile classico (petrolio, carbone, ecc.).

E: Professore Zichici, dopo l’incidente di Fukushima in tutto il mondo si è riacceso il dibatto sul nucleare. Ha senso, secondo Lei, abbandonare sull’onda emotiva la tecnologia nucleare o bloccarne i piani di rientro come in Italia?

E: L’Italia, dunque, corre dei rischi…

AZ: No. Cinque miliardi e mezzo di abitanti in questo satellite del sole chiederanno, in un futuro non troppo lontano, la stessa quantità di energia-pro-capite che ha il miliardo di privilegiati dei paesi industrializzati. L’unica sorgente d’energia che possa soddisfare queste richieste è il fuoco nucleare.

AZ: Se l’Italia non rientra nel nucleare rischia di precipitare a livello di Terzo Mondo, in caso di una seria crisi politica mondiale. L’energia è come l’aria e l’acqua. Non ne possiamo fare a meno. Demonizzare questa sorgente di benessere è la prova che – senza rendercene conto – viviamo in piena Hiroshima Culturale”.

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segue da pagina 16 CARLO RUBBIA

E: Professore, la tragedia del Giappone ha stravolto i piani energetici di molti Paesi, che stanno rivedendo la loro posizione sul nucleare. Considerando la crescente domanda di energia, è davvero possibile un futuro senza atomo? CR: A breve termine sì. In Italia esistono, infatti, due alternative al nucleare perfettamente accettabili: il gas naturale, con cui costruire centrali in tempi rapidi a costi relativamente modesti, e il geotermico di cui esistono notevoli risorse poco o mal utilizzate nel nostro Paese. Ambedue queste tecnologie sono in grado di rispondere all’aumento della domanda elettrica. Nel lungo temine – e non dimentichiamo che il nucleare in Italia non potrà essere realizzato in meno di 15 anni – se si vuole davvero percorrere questa strada c’è spazio e tempo per innovare. Nuove centrali più sicure e più efficaci, come quelle alimentate al torio, sarebbero una soluzione migliore. Vorrei tuttavia ricordare che il potenziale solare e geotermico del nostro Paese, se opportunamente sfruttato, potrebbe contribuire in modo considerevole ad aumentare la nostra indipendenza energetica. Mi riferisco al solare a concentrazione che permette di accumulare energia rendendola disponibile anche quando il sole non brilla. E: Lei ha parlato di nucleare al torio. Quali sono i vantaggi, anche dal punto di vista delle scorie e della pericolosità del “combustibile” usato? CR: I vantaggi del torio sono considerevoli. In primo luogo il torio è un elemento molto abbondante, disponibile anche in Italia e che può essere utilizzato in maniera più efficiente rispetto all’uranio. Per fare girare una centrale di 1.000 Megawatt per un anno si confrontano 200 tonnellate di uranio contro una di torio. I residui radioattivi con il torio possono rientrare nell’ambiente dopo alcune centinaia di anni, mentre quelli derivati dall’uranio e dal plutonio necessitano di centinaia di migliaia di anni. Inoltre, dal torio non si producono bombe e quindi si riducono tutta una serie di problemi legati alla sorveglianza e alla sicurezza delle centrali.

E: Pensa davvero che questa tecnologia possa abbattere la barriera del nimbysmo? CR: La sindrome Nimby (Not-In-MyBackYard) deriva da un lato da una maggiore partecipazione della popolazione alla conoscenza dei problemi, grazie ai nuovi strumenti di comunicazione come ad esempio Internet. Mentre dall’altro è legata al concetto di affidabilità, di serietà, di fiducia nel sistema. Credo che su questo fronte ci sia molto lavoro da fare. E: I detrattori del nucleare parlano di costi elevati e di un inevitabile sostegno da parte delle casse pubbliche. È altrettanto vero, però, che la vicenda giapponese ha fatto emergere i limiti, specialmente sulla sicurezza, insiti nella gestione privata dei reattori. Cosa ne pensa? CR: I costi del nucleare sono di un’entità tale da non poter prescindere dal contributo dello Stato, diretto o indiretto. I programmi militari e civili hanno in comune la stessa tecnologia e quindi usufruiscono di investimenti confrontabili. Un nucleare esclusivamente “privato” non esiste in alcuna parte al mondo.

Senza risolvere la questione della non programmabilità, le fonti rinnovabili potranno davvero costituire una risposta valida al fabbisogno energetico? CR: In campo energetico non esiste un asso pigliatutto. Per assicurare il futuro energetico è necessario un insieme di risorse, basate su diverse tecnologie, sulle quali le rinnovabili stanno aumentando il contributo con una finestra sempre più ampia. Questo insieme deve essere basato su tecnologie rispettose dell’ambiente e per questo è fondamentale il ruolo della ricerca e dell’innovazione.

Produzione nucleare nel 2009 Il grafico mostra dove, tra i Paesi dellEuropa dei 15, è stata prodotta energia elettrica nucleare nel 2009 450.000 400.000 350.000 300.000 250.000 200.000 150.000 100.000 50.000 Francia Fonte: Fonte dati IEA

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Germania

Gran Bretagna

Spagna

Svezia

Belgio

Finlandia

Paesi Bassi


segue da pagina 17 ANTONINO ZICHICHI

E: Nel caso della società giapponese Tepco, si è visto come gli interessi dei privati possano nuocere alla sicurezza degli impianti. L’energia nucleare dovrebbe essere gestita dallo Stato?

E: L’Italia è un Paese dove è difficile far accettare la costruzione di una discarica o anche di una centrale eolica. Da dove dovrebbe partire la comunicazione per sconfiggere l’effetto Nimby? AZ: Dalla cultura. La nostra cultura è detta moderna, in realtà è prearistotelica. Nel 1954, Enrico Fermi disse ai suoi discepoli di Chicago: “Bisogna evitare che all’Hiroshima politica, segua l’Hiroshima culturale”. Ovvero, una cultura, nella quale a demonizzare la conquista dell’unico fuoco che non dipende dal sole, saranno persone che non hanno mai scoperto né inventato nulla. Il vero motore del progresso tecnologico, industriale e civile è la scoperta scientifica.

E: Parliamo di fonti rinnovabili: quanto tempo ci vorrà affinché sole, vento, mare e terra possano supplire alla crescente domanda di energia? AZ: Le fonti rinnovabili sono un complemento prezioso per la vita di tutti i giorni. Ma non è pensabile che possano riuscire ad avere un ruolo alternativo al nucleare. Il nucleare ha, oggi nei reattori a fissione (Uranio, Plutonio, ecc.), domani nei reattori a fusione (Deuterio), l’unica sorgente d’energia che permetterà ai nostri posteri di superare il problema del fabbisogno energetico. Se immaginiamo i nostri posteri fra mille anni è fuori discussione che useranno il fuoco nucleare e rideranno di coloro che oggi si battono per fare trionfare l’Hiroshima Culturale.

La Vignetta di Fama

AZ: Quello che ha fatto la Tepco è un esempio di quanto temevano i padri del progetto Manhattan, da tutti dimenticato. Questo progetto è la prova di quanto sia sicura la tecnologia nucleare che, nel 1940 ancora non esisteva. In appena 4 anni, partendo da zero, un gruppo di veri scienziati (Fermi, Wigner, Teller, Weisskopf, Feynman, Dirac, Oppenheimer, Wilson) riuscì a produrre i potenti reattori a fissione. Non solo in tempi record (4 anni) ma senza alcun incidente. I padri di Manhattan pensavano che l’unico pericolo della tecnologia nucleare era l’infiltrazione – nella macchina operativa – di persone prive di scrupoli. Chernobyl e Fukushima ne sono gli esempi di ciò che temevano i padri del progetto Manhattan. La tecnologia nucleare è sicura solo se resta in buone mani, senza infiltrazioni. Per questo l’energia nucleare dovrebbe essere gestita con estremo rigore scientifico dallo Stato.

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primo piano

Dalla la spinta Luciano Maiani

IL PUNTO DI VISTA DI LUCIANO MAIANI Presidente CNR di Jacopo Giliberto

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ricerca all’energia

E: Dove sta andando la ricerca italiana in campo energetico? LM: La nostra ricerca esplora tutte le direzione più promettenti per ottenere soluzioni efficaci a risolvere la sfida cruciale del nostro secolo: quella energetica. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) è in prima linea in molti progetti, italiani e internazionali, all’insegna della diversificazione. Guardando al lungo periodo, partecipiamo al consorzio per la costruzione di ITER, il primo reattore a fusione deuterio-trizio, che si sta realizzando nel sud della Francia, in una collaborazioneche coinvolge i principali paesi industrializzati. Non abbandoniamo però la ricerca per le soluzioni a breve e medio termine,

che parte dall’uso dei tradizionali combustibili fossili, attraverso la progettazione e caratterizzazione di tecnologie, superfici e materiali avanzati, anche per impieghi in condizioni estreme e per l’abbattimento di inquinanti gassosi e particellari. Legato a quest’attività, è anche lo studio di nuove soluzioni per la mobilità urbana e lo sviluppo di processi di produzione di combustibili sintetici da fonti rinnovabili. Risparmio energetico e produzione diffusa da fonti rinnovabili sono un altro aspetto della sfida. Alle grandi centrali di produzione di energia elettrica si affiancheranno sistemi di produzione di piccola potenza, diffusi sul territorio, che diventeranno sempre più competitivi rispetto alla produzione centralizzata, sia da un punto di vista economico che ambientale. L’obiettivo è passare da un sistema di produzione centralizzato di energia, quello attuale, a uno distribuito. Inoltre, sviluppiamo tecnologie che intervengono sul sistema delle utenze per ottimizzare le strutture così da usare al meglio l’energia disponibile. Infine, i nostri laboratori studiano e sviluppano prototipi di celle a combustibile, pompe di calore alimentate da energia termica a bassa temperatura, elettrolizzatori per produrre idrogeno, batterie e supercapacitori per accumulare l’energia elettrica prodotta dalle rinnovabili, semiconduttori per applicazioni in fotovoltaico e fotoelettrochimico.

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E: Quali sono le nuove frontiere nel campo delle fonti rinnovabili? LM: Una delle nostre linee di ricerca riguarda la geotermia. Il primo obiettivo è di realizzare un nuovo e completo atlante delle risorse geotermiche del Mezzogiorno, per poter avviare uno sfruttamento di questa fonte, sia come energia termica che convertendola in energia elettrica. Un altro settore nel quale il Cnr è moto impegnato è quello del fotovoltaico. Le nanotecnologie molecolari forniscono oggi una grande opportunità per superare i limiti della tecnologia del silicio, con la realizzazione di celle solari di terza generazione, costituite da materiali organici o ibridi nano-ingegnerizzati che richiedono tecniche di fabbricazione semplici da implementare, e dunque costi di produzione ridotti. Questi materiali possono essere applicati come se fossero inchiostri o paste serigrafiche, con tecnologie consolidate a livello industriale. In questo settore, la tecnologia più promettente, ormai prossima a una diffusione commerciale, è rappresentata dalle celle solari a sensibilizzatore organico (o DSSC). Questi nuovi materiali hanno anche il vantaggio di una elevata “building integration”. Possono infatti essere semitrasparenti, di colori diversi, sono esteticamente gradevoli ed essere installati anche in verticale. Inoltre, riescono a catturare la luce anche quando il cielo è velato o nuvoloso. Una straordinaria applicazione dell’energia solare è il “solar cooling”, un sistema che consente di trasformare il calore raccolto da pannelli solari termici in freddo, mediante macchine ad assorbimento. Vantaggio non secondario, visto che quando c’è maggiore disponibilità di sole c’è anche maggiore richiesta di raffrescamento. E: Le incertezze politiche sul programma nucleare e la vicenda Fukushima cambiano i programmi di ricerca del Cnr? LM: Nella fissione nucleare il Cnr non ha programmi su grande scala. Partecipa ai programmi europei EURATOM finalizzati allo studio e all’ottimizzazione dei materiali per la realizzazione dei nuovi reattori a trasmutazione di IV generazione, ad elevato grado di sicurezza, affidabilità ed eco-compatibili (i cui prototipi sono previsti dal Set-Plan intorno al 2025). In questo contesto e con l’obiettivo di rafforzamento del sistema energetico nazionale, il CNR coordina, con Enea e INFN, uno dei 14 Progetti bandiera del Miur, quello dedicato all’ambito nucleare, con studi volti alla realizzazione dei reattori di nuova generazione. Parallelamente, verrà attivato un programma di formazione orientato a fornire nuove leve all’industria nazionale, che comunque è impegnata nella costruzione di centrali nucleari all’estero.

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E: E nell’altro nucleare, la fusione calda? LM: Come ho ricordato, l’Italia partecipa a ITER, il consorzio internazionale che ha avviato la costruzione di un reattore per la fusione controllata di deuterio-trizio in grado di auto sostenersi. È un progetto ambizioso al quale è importante partecipare per le ricadute che ne discenderanno nei settori della ricerca stessa e dell’economia. Tutta l’attività propedeutica alla costruzione di ITER determinerà nuove opportunità scientifiche e nuovo know-how per gli scienziati e le imprese coinvolte. Al CNR, sono iniziati i lavori per la costruzione di edifici che ospiteranno un prototipo per l’iniezione di ioni neutri e che dovrebbero essere completati entro il 2012. Secondo la tabella di marcia, il primo plasma dovrebbe essere generato, in ITER, entro la fine del 2019. E: La domanda di rito: quando arriveremo alla fusione? LM: Le prospettive di impiego di questa fonte di energia sono a lungo termine. L’esperimento intrapreso implica il superamento di numerosi dubbi ancora da sciogliere, tra cui quello del confinamento del plasma e dell’usura delle strutture meccaniche. In prospettiva, l’impiego dell’energia da fusione presenta grandi vantaggi, tra cui quello del superamento dei problemi legati all’esaurimento dei combustibili fossili: il deuterio è un elemento abbondante negli oceani. Inoltre le centrali a fusione, diversamente da quelle a fissione, non hanno problemi di sicurezza. E: Quali scelte privilegiare per vincere la sfida energetica? LM: L’orientamento prevalente e più realistico è quello di diversificare il più possibile il mix energetico. A questo proposito andrebbe sollecitato lo sfruttamento delle caratteristiche fisiche, climatiche ed economiche di ogni singolo Paese. Inoltre si può fare molto anche per risparmiare, abbattendo i consumi civili grazie a una maggiore attenzione dei singoli e l’adozione di dispositivi che rendano le nostre abitazioni e i nostri uffici capaci di ridurre i consumi a zero, o addirittura di produrre energia. Altro elemento è lo sviluppo della generazione distribuita dell’energia che trasformerà la rete di distribuzione in “Smart Grid”, reti intelligenti in grado di mettere in comunicazione produttori e consumatori, di soddisfare le crescenti esigenze di flessibilità, economia e affidabilità, ma anche di assorbire l’energia da qualsiasi punto essa venga prodotta, trasferendola alle aree dove serve. Ciò non sarà sufficiente ad affrancarci dai combustibili fossili, che in Italia costituiscono da soli circa l’80% della bilancia energetica. D’altronde se si investirà in ricerca e innovazione in modo consistente e continuativo, sarà possibile erodere questa percentuale a favore delle rinnovabili, puntando a raggiungere almeno la quota del 17% nel 2020, in linea con le previsioni europee. Rispettare questo obiettivo vuol dire riuscire a triplicare l’attuale produzione energetica dalle fonti rinnovabili: solare, geotermia, biomasse, eolico.



primo piano

Le infrastrutture energetiche volĂ no per lo sviluppo del Paese Nando Pasquali

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di Nando Pasquali*

Sicurezza degli approvvigionamenti, integrazione delle fonti rinnovabili nel sistema elettrico, evoluzione dei mercati energetici, miglioramento della distribuzione con relativa riduzione delle perdite di rete. Se volessimo sintetizzare i concetti strategici per la crescita dell’Italia, potremmo utilizzare due sole parole: infrastrutture energetiche. Lo sviluppo di un sistema energetico nazionale, infatti, passa proprio attraverso una rete di infrastrutture, siano esse linee ad alta tensione, gasdotti intercontinentali, rigassificatori o siti di stoccaggio, che consenta all’Italia di predisporre un piano di crescita, all’insegna dell’indipendenza, della flessibilità e della sostenibilità. Questi temi sono stati oggetto della seconda edizione della Conferenza del Diritto dell’Energia, organizzata dal Gse insieme all’Università di Roma Tre e con il patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico. Si è parlato proprio di strategicità delle infrastrutture energetiche, ponendo l’accento su una questione cruciale: quella dei regimi giuridici che ruotano attorno a questi particolari impianti. Non va dimenticato, ad esempio, che i grandi metanodotti o oleodotti, attraversano più di un continente e sono dunque soggetti a normative e autorizzazioni che vedono interessati il Diritto internazionale, comunitario, nazionale e locale, nonché quello tributario per ciò che concerne le politiche fiscali idonee allo sviluppo delle infrastrutture. La semplificazione e l’armonizzazione di tali normative, costituirebbe un primo importante passo verso lo sviluppo di nuovi impianti, la cui costruzione, prima ancora che per problemi tecnicoingegneristici, è bloccata da nodi di carattere amministrativo e normativo. Basti pensare all’Italia e alla sua posizione geografica, che le consentirebbe d’essere un naturale

“approdo energetico” del Mediterraneo nel quale far convergere le interconnessioni tra il nostro territorio e l’estero, sia sul versante nordafricano sia su quello balcanico. Con diversi vantaggi per il nostro Paese: riduzione dei costi della bolletta, diversificazione negli approvvigionamenti e maggiore sicurezza in vista di una crescita dei consumi. Ma quando si parla di normativa unica, non si deve guardare solo al contesto comunitario o internazionale. Se si prende, ad esempio, il comparto delle fonti rinnovabili, è al contesto locale (nazionale e regionale) che bisogna guardare per migliorare la strategia normativa. Basti pensare, ad esempio, alle Linee guida approvate dal Governo in materia di autorizzazioni di impianti a fonti rinnovabili. Con esse si è compiuto un passo in avanti verso l’armonizzazione, ma il quadro regionale italiano appare ancora troppo frammentario, così come lo sviluppo territoriale delle fonti rinnovabili. Poi c’è il discorso infrastrutturale. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione europea, l’incremento di energia da fonti rinnovabili da solo non basta. Da qui al 2020, infatti, sarà necessario incrementare l’efficienza energetica e quella delle reti di trasmissione, al fine di ridurre al minimo le perdite. Sarà inoltre necessario avviare un significativo sviluppo delle reti di trasmissione e di distribuzione, quest’ultime chiamate a integrare sempre di più ingenti quote di generazione da fonte rinnovabile non programmabile, gestendo i continui cambi di flusso e mantenendo elevati standard di affidabilità. Si passerà, quindi, da reti di distribuzione con un ruolo passivo, a reti con un ruolo attivo, che consentiranno anche di ridurre le perdite, a vantaggio dell’efficienza energetica.

La Commissione Europea, in un recente rapporto sulle infrastrutture energetiche, fa esplicito riferimento ai “grandi corridoi elettrici”, che dovranno avere le caratteristiche di flessibilità, coordinazione e affidabilità, gettando così le basi per la realizzazione di una sorta di Super-rete operativa al 2050. Sempre a livello comunitario, si è discusso molto di politiche di lungo periodo volte a favorire gli investimenti nel settore energetico. Al riguardo si è evidenziato come il Terzo Pacchetto Energia rappresenti un importante strumento per facilitare lo sviluppo delle reti dell’energia, dal momento che sono previsti elementi di semplificazione degli iter autorizzativi. Dal canto suo il Gse ha messo a punto diversi progetti e attività per far sì che l’immissione in rete di energia rinnovabile non programmabile, sia efficiente e non crei problemi di sbilanciamento al sistema elettrico. Il fiore all’occhiello di questa attività è il monitoraggio satellitare non solo delle fonti primarie (sole, vento ed acqua), ma anche della produzione di energia da parte di quegli impianti che usano tali fonti. Il Gse ha bandito una gara Europea per l’utilizzo del sistema satellitare e l’Autorità per l’Energia elettrica e il Gas ha approvato il progetto nel maggio del 2010. Ad oggi siamo in grado di monitorare circa il 10% dei 5.000 impianti per i quali l’AEEG ha rilasciato l’autorizzazione. Grazie a questo sistema, si riescono ad avere previsioni precise sulla quantità di energia che sarà immessa in rete e a ridurre gli oneri di sbilanciamento. Un importante sostegno tecnico, quello del GSE, al quale dovrà essere affiancato un piano di sviluppo infrastrutturale e di armonizzazione delle normative ad esso collegate.

*AD Gestore dei Servizi Energetici

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primo piano

CONFRONTO CON VINCENZO BOCCIA Presidente della Piccola Industria di Confindustria

Scelte energetiche ponderate per rilanciare la produttivitĂ

Vincenzo Boccia

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di Roberto Antonini

L’Italia, paese di piccole e medie imprese che compongono un tessuto produttivo prezioso, è alle prese con le questioni energetiche, tra rinnovabili, nucleare e obblighi climatici. Un percorso difficile, all’interno del quale, però, quelli che sembrano ostacoli possono diventare trampolini di lancio per la vocazione manifatturiera tricolore. Certo, è necessario che le decisioni e i percorsi siano organici e accordati alle scelte di politica economica. Ne parliamo con Vincenzo Boccia, presidente della Piccola Industria di Confindustria. E: L’industria italiana paga l’energia più dei concorrenti europei, e la qualità della programmazione politica gioca un ruolo in questa circostanza. Quale suggerimento in vista della definizione di una strategia energetica annunciata dal Governo? VB: L’Italia si trova ad affrontare una situazione di estrema dipendenza e vulnerabilità, rispetto alla maggior parte degli altri Stati europei. Occorre una diversificazione del mix produttivo che consenta maggiore sicurezza negli approvvigionamenti garantendo prezzi più bassi per aumentare la competitività delle imprese, rispettando allo stesso tempo gli obblighi posti per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2. Il nostro è un Paese a forte vocazione manifatturiera e per questa ragione la programmazione delle scelte energetiche ha un consistente impatto sulla competitività del tessuto industriale, soprattutto nel settore delle PMI. È quindi opportuno prevedere un disegno complessivo che fornisca sia una strategia di lungo termine per quanto riguarda la dipendenza energetica del paese identificando quali strade si intendano percorrere. E - al tempo stesso - definisca le scelte tecnologiche da fare in materia di sostenibilità, a partire da una mappatura delle eccellenze presenti in Italia, anche nel mondo delle piccole e medie imprese, dove molteplici sono i casi che possono trasformare la lotta ai gas climalteranti da vincolo in opportunità di crescita.

E: Serve una strategia che consenta un rilancio del nostro Paese, necessità assoluta come certificano i dati economici. Come renderla vincente? VB: Purtroppo in Italia non sempre si riesce ad affrontare un dibattito sulla situazione energetica in modo chiaro e costruttivo. Su queste scelte di fondo, il nostro Paese non può più permettersi un approccio congiunturale ma deve arrivare a definire un quadro di regole certe e strutturali. E: Come giudica il IV Conto energia, in particolare per quel che riguarda il premio tariffario legato alla produzione europea – e quindi anche italiana – dei componenti? VB: La previsione contenuta nel Conto Energia di un premio del 10% sull’incentivo nel caso in cui l’impianto sia realizzato per almeno il 60% con prodotti europei è una misura importante auspicata da tempo da Confindustria. È essenziale indirizzare le risorse destinate al fotovoltaico alla promozione della filiera industriale italiana di settore, per favorire la competitività delle imprese nazionali. Da questo punto di vista sarà importante, proprio per quella visione d’insieme di una politica energetica nazionale che auspichiamo, valutare in un’ottica di efficienza economica il potenziale contributo di ogni tecnologia allo sviluppo industriale ed occupazionale del Paese. E: Crede che per la manifattura italiana la filiera nucleare rappresenti ancora un’opportunità, forse soprattutto all’estero, anche alla luce del timore globale scatenato dagli eventi in Giappone?

E: Efficienza energetica: visti il modello e le caratteristiche energetiche del settore industriale italiano, non rischia di essere un’occasione persa per fare sviluppo e risparmiare energia, valorizzando le eccellenze diffuse del Paese? VB: Efficienza energetica e fonti rinnovabili sono due leve sinergiche strettamente correlate, entrambi strumenti necessari per la lotta al cambiamento climatico, per il successo della quale è indispensabile un approccio integrato e globale. Non dobbiamo dimenticare che quasi il 30% del prodotto interno lordo italiano è costituito dall’industria manifatturiera. Dobbiamo quindi anche fare crescita industriale, guardando attentamente all’efficienza e competitività del nostro tessuto industriale. Efficienza energetica e fonti rinnovabili sono un obiettivo di successo, ma soprattutto un punto di tenuta strategico del sistema industriale italiano. Se guardiamo all’assetto industriale possiamo cogliere un comparto manifatturiero significativo e all’avanguardia nelle tecnologie per l’efficienza energetica. Il cui ruolo strategico dell’efficienza energetica, all’interno degli obiettivi europei di sostenibilità, può rappresentare per la nostra industria un’opportunità di crescita, anche esterna, e un’occasione per rafforzare il proprio posizionamento competitivo sui mercati internazionali.

VB: È chiaro che occorre acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea. Tuttavia questo periodo di riflessione dovrebbe servire per una più approfondita analisi sulle tecnologie e sugli standard di sicurezza che consentano di poter parlare di nucleare in modo sereno e senza strumentalizzazioni legate a fatti contingenti.

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energia

IL PENSIERO DI ANDREA CLAVARINO Presidente Assocarboni

Andrea Clavarino

È l’ora del carbone È sicuro, disponibile e sostenibile dal punto di vista ambientale: il carbone si candida come alternativa principale al nucleare, ormai in crisi. Lo shale gas? Non è un concorrente temibile. E per la Ccs, commercializzabile solo nel 2020, ci vogliono incentivi come quelli per le rinnovabili.

di Carlo Maciocco E: Stop al nucleare, incentivi in calo per le rinnovabili: può essere il momento per rilanciare il carbone? AC: Il carbone è l'unico combustibile che può soddisfare la domanda crescente di elettricità nel mondo per le sue caratteristiche di disponibilità, sicurezza e sostenibilità, è equamente distribuito in più di 100 Paesi con riserve per circa 160 anni. Le clean coal technologies ne permettono un uso sempre più pulito. Nei momenti di crisi energetica ha fatto e continuerà a fare la sua parte. Attualmente compensa la minor produzione elettrica da nucleare in Giappone e Germania. Tutti i principali centri studi energetici internazionali concordano nel confermare la leadership nella produzione elettrica mondiale e il ruolo chiave nel mix energetico anche nel lungo termine. Secondo il World Energy Outlook 2010, il carbone sarà la fonte dominante nella generazione elettrica nel 2035 con una quota del 42% (rispetto al 41% del 2010) con consumi in crescita sostenuti principalmente dai Paesi asiatici in via di sviluppo, Cina e India in testa. Le recenti evoluzioni non fanno che confermare questa leadership. Nel 2010 il carbone resta la prima fonte, seguito a grande distanza dal gas (16%) e nucleare (19%). In questi ultimi dieci anni è la fonte che sperimenta il maggior tasso di crescita a livello mondiale: +7% annuo. Nel 2010 sono state trasportate via nave 971 milioni di tonnellate di carbone, il 13% in più rispetto agli 859 milioni del 2009, ed è realistico pensare che crescerà ancora.

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E: E in Italia che prospettive vede? AC: Nel 2010 le importazioni di carbone da vapore sono state pari a 17,2 milioni di tonnellate (+5% rispetto al 2009), quelle di carbone metallurgico e PCI hanno visto una forte ripresa raggiungendo i 5,5 milioni di tonnellate (più 37% grazie alla crescita della produzione siderurgica). Dati che dimostrano come il mercato italiano del carbone stia superando la crisi. Secondo le nostre stime, nel 2011, grazie anche alla centrale Enel di Torrevaldaliga Nord che sarà in piena operatività, le importazioni di carbone in Italia dovrebbero raggiungere 19 milioni di tonnellate per poi salire a 25-26 milioni nei prossimi cinque anni. Purtroppo, la bocciatura da parte del Consiglio di Stato del progetto di riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle rischia di allontanare gli investimenti dall’Italia. Anche se la modifica della legge regionale del Veneto lascia ben sperare.

centrali tradizionali ancora in funzione ed emissioni molto inferiori ai limiti di legge. Il progetto si inserisce inoltre in un sito industriale già esistente riqualificando la zona e attraendo capitali per il rilancio economico dell’area e della Regione Calabria in generale. C’è poi allo studio un progetto per la Carbosulcis, in Sardegna. E: In quanti anni la CCS può divenire una tecnologia commercializzabile ed economicamente sostenibile? Ritiene che anche in questo settore siano necessari incentivi? AC: Si prevede che la Ccs possa diventare competitiva verso il 2020.Nel frattempo sarebbe auspicabile che questa tecnologia, azzerando di fatto le emissioni di CO2, venga equiparata alle rinnovabili ricevendo simili tariffe e incentivi.

E: Lo shale gas può essere un concorrente temibile? AC: Direi di no. Solo negli Usa, dove questa tecnologia è nata ed è stata sperimentata con successo, potrà essere un concorrente per il carbone, che peraltro ha una leadership del 50%. Le organizzazioni ambientaliste, finora accondiscendenti sullo shale gas, stanno però iniziando a valutarne il reale impatto ambientale e dai report preliminari le notizie sembrano non essere positive. Oltre al fatto che le riserve di carbone sono più equamente distribuite, garantendo la sicurezza dell’approvvigionamento, diversi studi indicano come queste siano superiori a quelle di altri combustibili. Al momento ci sono scorte adeguate per coprire 160 anni, mentre quelle di gas sono stimate per circa 63 anni e quelle di petrolio per 40 anni. L’elevata competitività del carbone nella definizione del mix energetico non è data solo dalla più equilibrata distribuzione della risorsa, ma anche dai minori costi di produzione. È verificato che il costo di generazione da carbone e nucleare è minore del 20% rispetto ai cicli combinati a gas. Tale convenienza è data anche dai costi fissi di generazione che sono molto bassi (circa il 22%). Il carbone è ancora leader di mercato perché è la fonte energetica più competitiva. E: Enel è in prima fila nello sviluppo della Carbon capture and sequestration (Ccs), tecnologia chiave per lo sviluppo futuro del carbone. L’Italia può essere protagonista in questa partita? AC: Enel è leader mondiale in questo campo, anche se lo stop a Porto Tolle ha bloccato, per ora, l’annesso progetto per l’impianto pilota Ccs. Ci sono però altre iniziative, come quella della SEI, impegnata nel progetto per la realizzazione di una centrale a carbone di nuova generazione, di 1.320 MWe, nel comune di Montebello Jonico (frazione Saline Joniche) in cui già si prevede la predisposizione per la cattura della CO2 prodotta (CO2 capture ready con il 100% dei fumi trattati). La centrale prevede l’adozione delle tecnologie più avanzate nel settore, in grado di garantire efficienza, competitività e basso impatto ambientale. Secondo il progetto saranno realizzate due linee gemelle, ciascuna della potenza nominale di 660 MWe. Grazie alla tecnologia adottata - USC (Ultra Super Critica) a polverino la centrale avrà un’efficienza del 45%, contro il 35% delle

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Una correlazione quasi perfetta: produzione elettrica da carbone e crescita economica Passato, presente e futuro: la crescita dell’economia mondiale alimentata dal carbone Elettricità da carbone (tWh) Prodotto interno lordo (miliardi di dollari al 2005) Produzione elettrica da carbone Prodotto interno lordo 16.000

95.000

14.000

85.000 75.000

12.000

65.000

10.000

55.000 8.000

45.000

6.000

35.000

4.000

25.000

2.000

15.000 1970

1975

1980

1985

1990

1995

2000

2005

2010

2015

2020

2025

2030

Produzione elettrica da carbone Prodotto interno lordo

Fonte: International Energy Agency World Energy Outlook 2009 e Energy Information Administration International Energy Outlook 2010




energia

Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi?

Giuseppe Nucci

A COLLOQUIO CON GIUSEPPE NUCCI Amministratore Delegato di SOGIN** UN DIRITTO DEGLI ITALIANI

di Dol. Cam.

E: Ingegner Nucci, dopo i tragici fatti del Giappone, il legislatore ha disposto l’abrogazione delle procedure che riguardano la realizzazione di impianti nucleari sul territorio italiano. Resta confermato, invece, il Deposito Nazionale per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, anche derivanti dalle altre attività. Rimane, quindi, invariato il ruolo di Sogin che ha il compito di realizzarlo? GN: Certo. Quanto accaduto alla centrale nipponica di Fukushima ha riaperto nel nostro Paese un ampio dibattito sulla sicurezza nucleare. Questo ha coinvolto non solo le centrali in quanto tali ma anche la gestione dei rifiuti radioattivi. Su una cosa però sono tutti d’accordo, cioè sulla necessità di mettere in sicurezza i rifiuti nucleari prodotti in passato, a prescindere dalle scelte legate al ritorno all’energia dall’atomo. Per questo, la nuova disposizione approvata a maggio dal Parlamento che ha fermato il nuovo nucleare, conferma le attività di decommissioning e di realizzazione del Deposito Nazionale,

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che Sogin intende rafforzare. L’Italia, come tutti i Paesi industrializzati, deve poter gestire in modo ottimale questo tipo di materiali, compresi quelli derivanti dalle attività mediche e di ricerca. Il Deposito è un diritto degli italiani. Oggi i rifiuti della passata stagione nucleare sono mantenuti nella massima sicurezza da Sogin in depositi provvisori. La realizzazione del Deposito Nazionale permetterà di ottimizzare le attività di decommissioning, anche in termini di tempi e costi, riducendo la necessità di immagazzinamento provvisorio sui siti e garantendo la massima sicurezza per cittadini e ambiente nella gestione di tutti i rifiuti radioattivi, anche di quelli che oggi non sono gestiti da Sogin. E: Come sarà il deposito e quanti rifiuti dovrà contenere? GN: Sarà una struttura superficiale progettata per accogliere, in via definitiva, circa 80.000 m3 di rifiuti radioattivi condizionati a bassa e media attività e per immagazzinare provvisoriamente circa 12.500 m3 di rifiuti ad alta attività. Il 30% dei rifiuti che saranno immagazzinati provengono da attività mediche, industriali e di ricerca nucleare. Il legislatore ha previsto che insieme al Deposito Nazionale sia realizzato un Parco Tecnologico, per sviluppare nuove competenze e tecnologie nel trattamento dei rifiuti radioattivi. Un centro di eccellenza italiano, capace di attrarre contributi internazionali, con laboratori dedicati alle attività di ricerca e formazione su decommissioning e gestione dei rifiuti radioattivi.

E: Sul decommissioning degli impianti nucleari a che punto siamo? GN: Negli ultimi 10 anni sono stati spesi 1,7 miliardi euro per lo smantellamento delle 4 centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina e Garigliano di Sessa Aurunca, degli impianti di ricerca sul ciclo del combustibile nucleare Eurex di Saluggia, Opec e Ipu di Casaccia e Itrec-Trisaia di Rotondella e dell’impianto di fabbricazione del combustibile nucleare di Bosco Marengo. Ma per arrivare al green field in tutti i siti occorre investire ancora 4,8 miliardi. Presenteremo a breve il nuovo Piano Industriale con cui intendiamo ottimizzare gli investimenti in decommissioning e concentrare gli sforzi proprio sulla localizzazione, realizzazione e futura gestione del Parco tecnologico e del Deposito nazionale. E: Il vostro lavoro impone alte competenze e un’attenzione particolare alla sicurezza.

E: Quali ricadute economiche e sociali sono previste? GN: Per la realizzazione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, Sogin stima un investimento di oltre 2 miliardi di euro, che dovrà poi essere commisurato in base all’esatta localizzazione e alle conseguenti prescrizioni. In termini occupazionali si tratta di 2.000 nuovi possibili posti di lavoro. Il Parco Tecnologico attirerà occupazione qualificata e, configurandosi come un centro di ricerca internazionale, caratterizzerà l’intero bacino territoriale di riferimento, con ricadute positive sul tessuto socio-economico, sulla sicurezza dei cittadini, sulla tutela dell’ambiente, sull’avanzamento tecnologico, sulla ricerca e sviluppo. Le infrastrutture del Parco e del Deposito saranno progettate a emissioni zero dal punto di vista della CO2, perché i consumi saranno per la maggior parte autoprodotti con energie rinnovabili. Abbiamo la possibilità di creare sviluppo attraverso una grande operazione di sostenibilità e di attestarci tra i Paesi più avanzati in questo settore.

GN: Sogin è una società di Stato qualificata che opera in trasparenza, sicurezza e nel rispetto dell’ambiente, tanto che stiamo avviando un progetto che apre le porte dei siti che abbiamo in gestione. La gestione dei rifiuti radioattivi, inoltre, deve essere accompagnata da una diffusione capillare delle competenze e di una cultura della sicurezza. Per questo dal 2011, abbiamo ampliato l’offerta della Scuola di Formazione Radioprotezione e Sicurezza di Sogin, collocata all'interno del sito di Caorso, a soggetti esterni che provengono da Enti e Istituzioni. La Scuola di Caorso sarà un punto di eccellenza a livello nazionale, capace di dialogare con i migliori centri internazionali di settore. Da quest’anno l'offerta formativa è ampliata anche agli aspetti della sicurezza convenzionale e della compatibilità ambientale che, con l'avanzamento delle attività di decommissioning, saranno sempre più rilevanti.

**la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi provenienti dalle attività nucleari industriali, mediche e di ricerca e che, dal 2010 ha il compito di localizzare, realizzare e gestire il Parco Tecnologico, comprensivo del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.

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Elementi 23


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energia

Sviluppo rinnovabili

PER PROGRESSO E QUALITÀ DELLA VITA

PARLA GIAN MARIA FARA Presidente dell’Eurispes E: Il Rapporto Italia 2011 dell’Eurispes sottolinea, tra le altre cose, lo spostamento dal petrolio al gas delle fonti per la generazione elettrica in Italia. C’è il pericolo di una eccessiva dipendenza da una singola fonte?

Gian Maria Fara

di Gabriele Masini Costi, sicurezza degli approvvigionamenti, mix equilibrato, impatto sull’ambiente. Gli elementi da valutare nel definire una strategia energetica sono diversi, ed è importante formare una consapevolezza nella cittadinanza sulle conseguenze delle scelte politiche. Ne abbiamo parlato con Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes.

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Elementi 23

GMF: Nel Rapporto Italia 2001 abbiamo segnalato i risultati di un recente dossier dalla International Energy Agency che evidenza come, a livello mondiale, la fornitura complessiva di energia sia, dal 1973 al 2008, più che raddoppiata. Al contempo sono diminuite le forniture di petrolio, aumentato il ricorso a carbone, gas naturale e nucleare (passato dallo 0,9% del 1973 al 5,8% del 2008), mentre l’andamento delle rinnovabili è rimasto pressoché invariato (10% circa). La dipendenza energetica del nostro Paese, se paragonata a quella dell’intera Unione europea, risulta molto elevata ed è rimasta tale negli anni andando incontro ad un lento progressivo incremento. In particolare nel 2008, distinguendo per fonte energetica, si è evidenziata una più alta dipendenza da carbone e derivati


e una crescente dipendenza da gas naturale. I prodotti petroliferi che costituiscono il 41% della disponibilità interna lorda nel 2009 sono per il 93% frutto delle importazioni e per il resto della produzione interna. Anche il gas naturale, che ha il vantaggio di produrre meno emissioni, è importato per l’88% della disponibilità lorda. Insomma, la dipendenza energetica a cui è soggetta l’Italia è schiacciante. Non si tratta di ridurre la dipendenza da una o più fonti, occorre affrontare la questione della dipendenza stessa. Per quanto riguarda poi il nucleare l’assunto secondo cui l’energia nucleare è un modo per combattere a lungo periodo l’effetto serra e mitigare il cambiamento climatico, non è del tutto esatto. Paradossalmente può essere vero il contrario: le centrali nucleari soltanto nel breve periodo hanno un impatto minore di emissioni di CO2 dell’atmosfera rispetto ad altri impianti alimentati a combustibili fossili. Con l’esaurimento delle attuali scorte e con l’entrata in funzione di nuovi impianti che faranno uso di uranio a bassa concentrazione, le emissioni

di CO2 saranno molto più alte rispetto ad oggi. Quindi nel lungo periodo l’energia nucleare non rappresenterà una soluzione ai problemi del cambiamento climatico. E: La terza via, complementare alle fonti fossili, è quella delle rinnovabili. Qual è il “feeling” degli italiani con le fonti verdi? GMF: Lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili è arrivata a far segnare un +35% nel solo 2008 e l’Italia si colloca al sesto posto come potenza cumulata nella classifica delle prime 10 nazioni del mondo (3,3736 MW). Secondo le stime di Bruxelles entro il 2020 è attesa una produzione di nuova capacità elettrica pari a 333 GW. A fare la parte del leone sarà l’eolico con 136 GW e il 41% delle nuove installazioni. Nel 2020, l’energia eolica, attualmente al 5%, produrrà il 14% dell’elettricità dell’Unione europea; le previsioni al 2030 attribuiscono ben il 64% di nuova capacità alle rinnovabili, mentre il gas produrrà il 17%; il carbone il 12%; il nucleare il 4%; il petrolio solo il 3%. È chiaro che i Paesi che non

Produzione dei paesi membri Migliaia di barili al giorno, aprile 2011 (variazione sul mese precedente)

Algeria

1.260

Angola

Ecuador

-6,3

1.598

-111,8

483

+0,3

Iran

3.666

Iraq

2.655

Kuwait

Libia

2.454

240

+23,9

+22,5

-135,3

Nigeria

Qatar

+6,3

2.095

816

+104,3

Venezuela

Totale 28.985

E: Una delle questioni fondamentali per il settore energetico in generale e per le rinnovabili in particolare è quella del rapporto tra Stato e Regioni. È necessaria una calibratura del rapporto tra centro e periferia? GMF: Il problema tutto italiano è quello di un federalismo a metà. La riforma del Titolo V della Costituzione non affronta in maniera esaustiva le effettive competenze e la divisione esatta dei ruoli tra Stato e Regioni su temi che per un Paese sono decisivi. Cosi si crea confusione, intoppi, problemi spesso irrisolvibili quando un’indicazione normativa deve essere trasposta sul territorio. Senza contare che al difficile “dialogo” tra Stato e Regioni si aggiunge una burocrazia e una normativa farraginosa e lenta. Ciò è di ostacolo alla vita quotidiana dei cittadini ed è ancora più vincolante e frenante nei confronti dell’esercizio delle funzioni dello Stato, ma anche delle Regioni. Non dimenticahiamo, infine, che su questioni di importanza strategica che coinvolgono l’intera comunità nazionale deve essere lo Stato centrale a decidere, superando gli egoismi territoriali e la demagogia che spesso agita i politici locali, talvolta a caccia di facile consenso e scarsamente lungimiranti.

+5,5

Arabia Saudita

Emirati Arabi Uniti

investono oggi in questo settore, saranno a breve tagliati fuori dal mercato dei produttori e relegati a un ruolo marginale e di dipendenza. Aumentare gli incentivi e migliorare la percezione presso i cittadini rispetto alla necessità di avere impianti sul nostro territorio sono questioni decisamente strategiche. Uno sviluppo legato solo alla dimensione quantitativa che non produce, insieme, anche progresso e miglioramento della qualità della vita viene ormai vissuto con sospetto dai cittadini, sempre più diffidenti nei confronti della concentrazione degli interessi e della ricchezza.

8.881

2.521

2.312

+130,4

+26,3

+2,4

+68.6 Elementi 23

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energia A TU PER TU CON DAVIDE TABARELLI Presidente di Nomisma Energia

Dopo il fotovoltaico PUNTARE SULLE FONTI TERMICHE Finora, secondo Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia, il Paese ha pagato troppo per il fotovoltaico. Ora, per un sistema più efficiente e che permetta di raggiungere gli obiettivi imposti dall’Unione Europea, occorre dirottare le nostre risorse verso le fonti rinnovabili termiche. Il no al nucleare? Un peccato perdere la corsa su questa tecnologia.

Davide Tabarelli

di Livia Catena “Era un atto indispensabile, andava fatto”. A pochi minuti dalla firma congiunta del Quarto Conto Energia da parte dei ministri Romani e Prestigiacomo, Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia, commenta così il rimodulamento degli incentivi al solare fotovoltaico voluto dal Governo. “Sono d’accordo con la decisione del Ministero dello Sviluppo Economico di attuare una diminuzione delle tariffe che, da un lato, mira a un allineamento graduale dell’incentivo pubblico con i costi delle tecnologie, in linea con le politiche adottate nei principali paesi europei, e dall’altro mantiene certezza e stabilità sul mercato”. E: Professore, non si rischia una brusca frenata al settore come lamentano alcuni operatori? DT: Gli operatori seri che hanno a cuore il comparto sono più preoccupati per il fatto che una tale riduzione delle agevolazioni non sia stata sufficiente. Le tariffe erogate finora erano troppo alte: continuare a dare quegli incentivi avrebbe significato avere un sistema poco efficiente,

con il rischio di dirottare risorse importanti ad altre fonti rinnovabili con un potenziale di crescita e una producibilità superiori a quelle del fotovoltaico. E: Quali sono? DT: Mi riferisco alle fonti rinnovabili termiche, come le biomasse, il teleriscaldamento, il recupero termico, indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi al 2020 imposti dall’Unione Europea. In sostanza, l’Italia è molto in ritardo proprio negli usi termici delle fonti rinnovabili, mentre sta rapidamente crescendo, finora a caro costo, la quota di generazione elettrica. Da un punto di vista economico, infatti, non c’è dubbio che nella maggior parte dei casi il costo di produzione di un kWh termico sia inferiore di circa un terzo di quello necessario per produrre un kWh elettrico. È evidente l’importanza di operare per promuovere la diffusione delle tecnologie per le rinnovabili termiche rivedendo, come ha fatto il Ministro Romani, un sistema di incentivazione che non sembra rispondere a questa esigenza.

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E: Esistono i presupposti per lo sviluppo di una filiera italiana delle rinnovabili? DT: Certo. Il nuovo decreto sul fotovoltaico ne rafforzerà la crescita. Finora una politica troppo debole ha permesso l’assalto alla diligenza al fotovoltaico, che in molti casi ha prodotto speculazione. Con il Quarto Conto Energia verrà premiato anche il made in Italy. Esistono delle regole di politica industriale ben precise: per permettere a un settore di camminare da solo, il meccanismo di incentivazione va costantemente aggiustato. E: Ora che il Conto Energia per il fotovoltaico è stato rivisto, quali sono le altre priorità del sistema energetico italiano? DT: Quelle di sempre, le stesse di 30-40 anni fa. L’energia ha tempi lunghi e la nostra politica ha fatto poco per accelerarli. Prima di tutto abbiamo necessità di nuove infrastrutture del gas, soprattutto rigassificatori. Le motivazioni degli ultimi incrementi sul costo del gas vanno cercate nella mancanza di infrastrutture nel mercato. In Italia mancano le attrezzature. Se si fossero effettuati più investimenti nel mercato energetico, e nello specifico in quello del gas, oggi avremmo potuto accumulare gas metano a costi molto più bassi. Il settore del gas ha bisogno di interventi rapidi per raggiungere prezzi competitivi. E: L’unbundling nel settore gas porterà vantaggi al consumatore finale?

e i costi del gas diminuire. Certo è una cosa che va fatta: dopo la separazione tra il GRTN e Terna va portata a compimento anche quella tra Eni e Snam Rete Gas. E: L’Italia farà mai il nucleare? DT: Dopo gli incidenti di Fukushima una pausa di riflessione era inevitabile. L’Italia è un Paese dove è molto difficile fare le centrali nucleari, soprattutto per una questione di corretta comunicazione ai cittadini, che vanno coinvolti con serietà nel dibattito preliminare. Il nucleare è dei Paesi ricchi, moderni, ecco perché credo e auspico che anche da noi si realizzi. Nel nostro mix energetico, per bilanciare la fetta da fonti rinnovabili che va consolidandosi, c’è bisogno di grandi centrali elettronucleari, che non producano emissioni di CO2. Ma tutto ciò richiede una grande condivisione in Parlamento, un consenso unanime. E: La ricerca su cosa dovrebbe puntare? DT: Su quello che abbiamo fatto finora. E cioè sull’efficienza energetica dei motori, le rinnovabili, la stabilità delle reti. È necessario lo sviluppo della ricerca su molteplici fronti dal carbone pulito alle smart grid, dall’abbattimento delle emissioni clima alteranti allo sviluppo di nuove tecnologie che possono interessare sia nuove fonti che anche quelle antiche, citando il caso delle risorse geotermiche a media e bassa temperatura - che possano dare all’Italia un adeguato equilibrio nella generazione elettrica.

DT: In realtà la separazione tra Eni e Snam Rete Gas potrebbe portare pochi benefici al cliente finale. Non illudiamoci che solo separando le reti il sistema possa funzionare meglio

Produzione mensile degli impianti fotovoltaici in Italia nel 2010 GWh 300 250,8

248,3

250 214,3

208,3

58,4 71,6 181,2

200

38,9

166,3

163,5

72,3

23,6 13,1

150

122,4 69,2

5,9 100

71,1 49,0

50

1,5

150,4

157,6

175,4

192,4

119,4

58,4

176,7

111,1

59,6

136,0

116,5

0,3

97,1 69,6

48,8

60,9

51,5

Novembre

Dicembre

0 Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Già installati al 2009 Entrati nel 2010

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Elementi 23

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Fonte: GSE


Publiredazionale

Ondulit, ricerca, evoluzione e qualità L’intero centro logistico Interporto di Nola, della superficie di 660.000 mq, è stato trasformato in un efficiente impianto a energia solare con una potenza di 25MWp. La tecnologia fotovoltaica prescelta da Enel green Power, dopo oltre un anno di lavoro di squadra, è quella Uni-Solar. Nell’ambito di questo prestigioso progetto, Ondulit Italiana ha raggiunto l’accordo con Enel per la fornitura e il montaggio dei moduli Enercover necessari alla realizzazione di impianti FV integrati con le coperture metalliche presenti in CIS - Interporto. Per Ondulit rappresenta un progetto di particolare interesse tecnico oltre che motivo di prestigio. La soluzione scelta coinvolge, infatti, le due linee di prodotto Enercover, entrambe orientate alla piena integrazione architettonica: Enercover Top ed Enercover Base. Quest’ultimo è stato installato su coperture esistenti in lamiera, mentre Enercover Top in soluzione traversa è stato applicato sulle coperture Ondulit-Coverib, già in opera sui capannoni dell’Interporto da un decennio.

Interporto Campano-CIS-Vulcano Buono L’ Interporto Campano, insieme a CIS e al Centro Servizi Vulcano Buono, costituisce il Distretto di Nola. Polo logistico/distributivo più importante dell’Italia centro-meridionale, ha una superficie di 5 milioni di mq. nei quali operano 9.000 persone in 1.000 aziende. Situato a 30 km da Napoli gode di una posizione baricentrica sulle direttrici di traffico Nord-Sud Italia, consentendone l’ottimale gestione delle merci con tutti i quattro vettori di traffico (gomma, ferro, mare, aria). Gli obiettivi di eco-compatibilità ed eco-sostenibilità hanno portato alla realizzazione, in partnership con Enel Green Power, dell’impianto fotovoltaico su tetto più grande al mondo.

Profilo di Ondulit Italiana SpA Ondulit Italiana SpA è una presenza autorevole e all’avanguardia nel settore delle coperture ad alte prestazioni per edilizia industriale, civile e sociale. Ondulit è ricerca, evoluzione e qualità: una storia di tecnologia, progetti e innovazioni di successo, che hanno dato soluzioni specializzate e affidabili alle più diverse problematiche dell'architettura civile e industriale. Un insieme di materiali, tecnologie e sistemi, derivati dal continuo investimento in ricerca e know-how, dal confronto con il mercato e la concorrenza e da un aperto dialogo con i più noti professionisti del settore.

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energia

La sfida dell’energia si vince in Europa IL PUNTO DI VISTA DI ALBERTO POTOTSCHNIG Direttore Acer Agenzia per la cooperazione fra i regolatori dell’energia Efficienza, armonizzazione dei diversi incentivi nazionali, attuazione del terzo pacchetto. Su queste sfide si gioca il futuro energetico europeo. Il ruolo dell’Acer, l’Agenzia per il coordinamento delle autorità nazionali di regolazione. Alberto Pototschnig

di Gabriele Masini

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E: Quando fu presentata l’Acer si parlò dei possibili conflitti con le Autorità nazionali. Quale è la sua idea a distanza di qualche mese? AP: L’Agenzia non si pone in concorrenza con i regolatori nazionali. La sua missione è quella di assistere le autorità nazionali a svolgere, a livello europeo, le loro funzioni istituzionali e di coordinarne l’azione. Una collaborazione costruttiva nata dalla convinzione che la sfida che il settore energetico ha dinanzi per il completamento di un mercato interno competitivo, sicuro e sostenibile possa essere vinta solo con il contributo di tutti gli attori coinvolti. E: Il “20” dell’efficienza era l’unico obiettivo non vincolante del pacchetto Clima energia. Eppure è la risorsa con più potenzialità e miglior rapporto costi-benefici. Quali le possibili misure a livello europeo? AP: Alcune stime della Commissione UE suggeriscono che si possa risparmiare il 20% nei consumi di energia attraverso misure a costo nullo o negativo. Nelle quali i risparmi di energia compenseranno i costi di investimento. Tra le direttrici più promettenti: un allargamento dell’ambito di applicazione degli standard di efficienza energetica negli edifici e l’estensione dei sistemi basati sui “certificati bianchi”, nei quali l’Italia ha maturato una significativa esperienza. E: In un’ottica di integrazione dei mercati, i trasferimenti statistici da Paesi esteri possono assumere grande rilevanza. Quali sono i potenziali per l’Italia? AP: Una certa flessibilità nel modo in cui gli Stati Membri potranno conseguire i loro obiettivi di sviluppo delle rinnovabili, mi sembra nella natura stessa del meccanismo. Ricordiamo infatti che gli obiettivi sono stati fissati prevalentemente sulla base della “ability to pay” dei Paesi e non delle loro disponibilità di risorse energetiche rinnovabili e dei relativi costi. Pertanto, è possibile che per ridurre al minimo il costo complessivo necessario per raggiungere l’obiettivo del 20% occorra una riallocazione dello sforzo di sviluppo. Il Piano d’Azione sulle rinnovabili presentato dal governo italiano fa menzione della possibilità di ricorrere ai trasferimenti statistici e ad altri meccanismi di cooperazione

Le fonti di energia Produzione di elettricità nell’area Ocse (gen-feb 2011) 4% 22%

60%

Combustibili fossili

Idrogeno

Energie rinnovabili

Nucleare

22%

Fonte: OCSE-IEA

1.775,8 TWh

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Elementi 23

che probabilmente possono recare benefici economici al nostro Paese. Ma il tema è più ampio: se da un lato ciò consentirebbe un risparmio di costi, dall’altro trasferirebbe all’estero alcuni dei vantaggi associati allo sviluppo delle rinnovabili, come la riduzione delle emissioni. E: In questo quadro assumono sempre maggiore importanza le infrastrutture transfrontaliere. Quali i problemi urgenti da risolvere? AP: La Comunicazione adottata dalla Commissione UE a novembre individua non solo le priorità del settore energia in tema infrastrutturale, ma anche gli ostacoli che hanno ritardato lo sviluppo delle reti transfrontaliere. Tra questi, i tempi e la complessità dei processi autorizzativi, aspetti che richiedono attenzione immediata. È anche importante sviluppare, nell’ambito della regolazione economica delle infrastrutture energetiche di trasporto e stoccaggio, un sistema di valutazione dei costi e allocazione degli stessi, in grado di riconoscere che le nuove infrastrutture sempre più estenderanno i loro benefici oltre le frontiere interne ed esterne dell’Unione. Tale sistema dovrà essere sufficientemente credibile e stabile, al fine di fornire la base per il finanziamento delle nuove infrastrutture, limitando la necessità di supporto finanziario pubblico, anche per quegli investimenti che perseguono un interesse più generale, come la sicurezza e la continuità dell’approvvigionamento energetico. E: È in discussione una armonizzazione delle forme di incentivazione a livello europeo? AP: Il rischio è che la coesistenza di diversi sistemi nazionali di incentivazione delle rinnovabili distorca il mercato interno dell’energia. Ciò non vuol dire cessere più vicini a una armonizzazione dei sistemi nazionali. Ricordiamo che la proposta iniziale di direttiva “rinnovabili” presentata dalla Commissione nel 2008 prevedeva un sistema di scambio di certificati di origine che avrebbe portato inevitabilmente a una loro armonizzazione. Purtroppo, tale sistema si è perso durante la negoziazione del testo e ad oggi non vi è meccanismo che assicuri la coerenza dei diversi sistemi nazionali. E: Il Terzo pacchetto di direttive Ue sul mercato interno è in via di recepimento anche in Italia. Quali i punti di maggiore criticità? AP: Il terzo pacchetto fornisce una buona base per procedere al completamento del mercato interno dell’energia. L’obiettivo di arrivare a un mercato europeo sufficientemente integrato entro il 2014 mi sembra realistico, soprattutto per il settore elettrico. Peraltro il recepimento delle norme comunitarie nell’ordinamento nazionale forniscono solo il contesto per l’integrazione dei mercati. In parallelo bisogna agire perché che questa integrazione si concretizzi. A tal proposito vi sono alcuni progetti europei – ad esempio il “PCR Price Coupling of Regions”, destinato a integrare i mercati elettrici a livello inter-regionale – che segnano la via per il futuro mercato unico. È essenziale che l’Italia vi partecipi, per essere tra i protagonisti di questa importante sfida.


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energia

Passare, dai progetti di Edoardo Borriello Marzio Bellacci

CONVERSAZIONE CON MARZIO BELLACCI Giornalista, scrittore, esperto d’energia

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L’Italia è in larga misura dipendente dall’estero per l’approvvigionamento di fonti energetiche. Basta un inverno particolarmente rigido, un braccio di ferro tra Mosca e Kiev, un attentato al gasdotto algerino per metterci in ginocchio. E come dimostrano le vicende della Libia, è stata sufficiente l’interruzione dell’import di petrolio da quel paese per far balzare di nuovo i prezzi della benzina e dei carburanti, condizionando il nostro sviluppo, già di per sé, lento. Nel corso degli ultimi 50 anni sono stati proposti piani energetici faraonici, avviate imprese poi lasciate a metà con notevole sperpero di denaro pubblico, proposte soluzioni spesso inattuabili. E ora che il governo Berlusconi e il risultato del referendum – sull’onda del disastro di Fukushima – hanno fermato il nucleare, l’Italia rischia di finire a lume di candela, come rileva nel suo ultimo libro - “Italia a lume di candela” Marzio Bellacci, per anni inviato speciale del settimanale Epoca e poi de Il Sole 24 Ore. Bellacci ha seguito con grande attenzione le vicende energetiche italiane e internazionali, e la sua esperienza lo ha portato per cinque anni alla guida della Direzione relazioni esterne del colosso petrolifero Eni.


E: Per molti la grande speranza sono le energie e pulite. Alla luce del nuovo decreto varato dal governo, come cambierà il futuro delle rinnovabili in Italia?

ai fatti E: Bellacci, cosa deve fare l’Italia per affrontare una debolezza energetica mai definitivamente cancellata? MB: Deve passare dai progetti ai fatti e non trasformare le decisioni annunciate per decreto in mere ipotesi di lavoro. In passato ogni scelta era individuata nei cosiddetti Pen (Piani energetici nazionali) attesi e reclamizzati come indicazioni da tramutare in leggi. Il primo Pen fu lanciato nel 1975, il secondo nel 1981 e il terzo nel 1988. In realtà non furono mai applicati secondo i loro contenuti iniziali, ma subirono, uno dopo l’altro, rinvii e modifiche, spesso dettati da considerazioni politiche o elettorali. L’attuale governo aveva rimesso in campo un programma nucleare che, al di là dei giusti ripensamenti dovuti al disastro di Fukushima in Giappone, ha subito seguito una sua prassi vecchio stile. Approvato nel 2009, prevedeva la posa della prima pietra della nuova centrale nell’aprile del 2013 e la sua entrata in esercizio nel 2018: il primo di tre impianti dei quali - entro il febbraio 2010 - si sarebbero dovuto definire i siti su cui costruirli. Anche senza la catastrofe giapponese, ritardi iniziali, bracci di ferro tra maggioranza, opposizione e ambientalisti, il nuovo nucleare italiano si era già incamminato verso l’ennesimo fallimento. Tra l’altro va ricordato che il danno provocato all’economia italiana dalle non scelte energetiche del secolo scorso è stato calcolato attorno ai 100 miliardi di euro.

MB: Il cambiamento scelto dal governo si ispira a un uso più corretto dei sostegni destinati alle rinnovabili. Il sistema finora seguito dava incentivi a pioggia a chi sceglieva le rinnovabili come fonte di energia da utilizzare, vuoi privatamente, vuoi attraverso l’inserimento nelle reti elettriche nazionali. L’approccio italiano ha avuto, nel tempo, un impiego diverso da quello scelto da altri Paesi europei o extra europei. Negli Stati più vicini al nostro la maggior parte dei sostegni pubblici venivano dati all’industria che produceva aereogeneratori, pannelli solari o quant’altro. Servivano cioè a potenziare la ricerca tecnologia e a produrre sistemi più avanzati e meno costosi. In Italia il sistema nazionale degli incentivi a pioggia, ha lanciato una corsa a investimenti legati all’acquisto di prodotti realizzati altrove e collocati sul mercato (fatte le debite eccezioni) da abili finanziarie a cui si sono aggiunti anche inserimenti malavitosi. Ne è risultata una corsa indiscriminata alle rinnovabili, soprattutto sul versante degli impianti fotovoltaici che sono, al momento, i “più profittevoli al mondo” secondo i calcoli dell’Authority per l’energia. Non meraviglia se le richieste presentate negli ultimi quattro anni, per questo tipo di impianti, sarebbero già in grado di attivare la faraonica potenza elettrica di 130 mila megawatt, capacità superiore a quella installata, nel corso dell’ultimo secolo, e pari a 105 mila megawatt. La corsa al pannello solare è stata così frenetica che per recuperare gli incentivi erogati, tutti gli utenti italiani dovranno pagare in bolletta una sovrattassa relativamente leggera per ciascuno di loro, ma pari a 3 miliardi di euro per l’economia nazionale. E: La direttiva europea prevede che l’Italia raggiunga il traguardo del 17% di energia prodotta da fonti rinnovabili. Le misure presenti nel decreto saranno sufficienti a perseguire tale obbiettivo? MB: Sono state ritenute tali e credo che la scelta sia stata fin troppo rimandata. Non devono poi preoccupare altre possibili scelte, come ad esempio quelle di un ulteriore utilizzo del metano. Non è una rinnovabile e nemmeno un’energia pulita, ma rimane indispensabile come sostegno ai tempi morti delle rinnovabili, in attesa di tecnologie che le rendano ancor più sicure. E: Secondo le stime dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, le rinnovabili, inclusi i biocarburanti, fino al 2035 richiederanno incentivi mondiali per ben 4000 miliardi di dollari? Ce la faremo? MB: Per la parte che ci spetta ce la faremo se, lasciando le illusioni e le ipotesi di lavoro, tracceremo un percorso condiviso operando come un “sistema” energetico industriale.

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speciale mini eolico

Sulle ali di un di Valter Cirillo

Negli ultimi anni l’energia eolica ha costituito uno dei fattori più dinamici del mercato energetico internazionale. Nessun’altra tecnologia rinnovabile - e in alcuni casi nessun altra tecnologia in assoluto - ha conosciuto gli stessi ritmi di crescita per potenza installata. Secondo l’ultimo rapporto del Global Wind Energy Council, a fine 2010 erano installati nel mondo oltre 194.000 MW eolici, con previsioni tendenziali per circa 450.000 MW nel 2015. Cifre ben superiori alle più ottimistiche previsioni di solo dieci anni fa. C’è però un segmento della tecnologia che non ha beneficiato della favorevole contingenza politica e tecnologica ed è rimasto al di sotto delle più modeste previsioni di crescita. Si tratta del minieolico, di cui dagli anni’80 si attende il decollo e ancora nel 2005 l’ENEA, nel suo “Rapporto Energia-Ambiente”, scriveva: «la tecnologia di realizzazione dei generatori eolici di piccola taglia ha oggi raggiunto un buon livello di prestazioni, in termini di disponibilità e affidabilità, a costi che rendono questa applicazione sempre più accessibile.

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vento minore Si può quindi immaginare, in prospettiva, un ampio uso di questa fonte anche in Italia, sia come supporto a utenze comunque servite dalla rete elettrica, anche in ambito rurale, sia in quei contesti dove l’accesso alla rete avrebbe costi proibitivi». “L’ampio uso” della tecnologia è ancora da venire - non solo in Italia - ma è anche difficile immaginarlo, almeno nel breve termine. Con minieolico si intendono gli aerogeneratori di piccola taglia, cioè con potenze comprese da poche centinaia di Watt a pochi kW (destinate a lavorare prevalentemente abbinate a batterie di accumulo) fino a potenze massime di 100-200 kW. Ci sono diversi aspetti che ostacolano un adeguato sviluppo del minieolico in Europa e, in genere, nei Paesi industrializzati. Innanzi tutto si tratta di macchine che, seppur basate sullo stesso principio di funzionamento degli aerogeneratori di grande taglia, presentano caratteristiche tecniche e meccaniche per molti aspetti diverse. Ciò è vero per le macchine più piccole, che comprendono modelli ad asse orizzontale con diverse tipologie di rotori, ma anche modelli ad asse verticale che operano indipendentemente dalla direzione del vento e che presentano anch’esse una notevole varietà di soluzioni alternative. Si tratta di macchine con performance inferiori a quelle delle macchine di taglia maggiore, perché essendo prodotte in numero relativamente limitato soprattutto da piccole aziende, non riescono a beneficiare delle innovazioni tecnologiche dovute alle attività di ricerca e sviluppo che trainano il mercato dell’eolico di potenza. A incidere negativamente sul miglioramento tecnologico del minieolico europeo pesa anche la parcellizzazione della struttura produttiva, che si traduce in scarsa competitività industriale. Secondo lo Small Wind Industry Implementation

Strategy Project, finanziato dalla UE e conclusosi nel 2005, in tale anno in Europa erano attivi oltre 40 fabbricanti di miniturbine (contro solo 4 produttori negli USA), senza una rappresentanza di settore in grado di programmare azioni di lobby coordinate o programmi di ricerca e sviluppo adeguatamente finanziati. Di conseguenza neppure le maggiori società europee avevano la dimensione per competere con le aziende americane e consolidare il proprio business. Ma c’è una ragione di fondo più generale alla base del mancato decollo del minieolico in Europa, ed è la mancanza di un reale mercato di settore. Laddove le opportunità di mercato si sono presentate, l’industria europea è riuscita a coglierle. Lo testimonia la nicchia del micro-eolico, tipica per macchine di potenza inferiore a 1 kW destinate al tempo libero (impianti di bordo per imbarcazioni, camper e caravan) o ad usi molto particolari (elettrificazione recinti di allevamento, centraline di rilevamento e di monitoraggio). In questo settore di nicchia l’industria europea è tutt’ora competitiva a livello internazionale. Per macchine di maggiore potenza, invece, la destinazione d’uso è tipicamente quella per l’elettrificazione di utenze isolate dalla rete. Una esigenza molto frequente nei Paesi in via di sviluppo e anche in alcuni grandi Paesi industrializzati (USA, Canada, Australia), ma molto rara in Europa. È evidente che in questo caso lo sviluppo della tecnologia è legato a valutazioni climatiche e ambientali, all’esigenza di ridurre la dipendenza dalle importazioni energetiche e, per l’utente, a valutazioni economiche. Cioè, in ultima analisi, alla presenza di una decisa volontà politica di supportare la tecnologia, in presenza di forti concorrenti (fotovoltaico e non solo) anche per usi specifici come quelli stand-alone e di generazione distribuita.

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speciale mini eolico Con ciò si torna al punto di partenza, cioè alle speranze e all’opportunità di rilancio della tecnologia, in un momento in cui nei Paesi europei è fortissima l’esigenza di accrescere la sicurezza energetica e di ridurre le emissioni, ed è massimo il favore dell’opinione pubblica per le fonti rinnovabili che, di conseguenza, godono (quasi ovunque) di incentivi adeguati. In Italia, il minieolico è incentivato soprattutto per gli impianti collegati in rete, i quali, oltre all’IVA agevolata al 10%, possono accedere al meccanismo di “Scambio sul posto” e di “Tariffa fissa onnicomprensiva” gestiti dal GSE. La remunerazione è di 30 eurocent/kWh, che garantisce un ritorno degli investimenti in 7-9 anni per impianti di potenza compresa tra 5 e 20 kW. Per queste potenze l’investimento per un impianto “chiavi in mano” si situa tra i 3.000 e i 5.000 euro/kW installato. Si tratta di cifre che - nelle situazioni anemologiche migliori sono concorrenziali con il fotovoltaico, rispetto al quale hanno il vantaggio di un minore impatto sul territorio. Non dovrebbe quindi essere difficile ipotizzare ulteriori forme di sostegno che favoriscano l’utilizzo del minieolico ad esempio a supporto delle forniture di rete in piccole aziende, industrie o per usi specifici. A cominciare dalla necessità di semplificare i processi autorizzativi, che nella maggioranza delle Regioni non distinguono tra grande e mini eolico con il risultato di assoggettare gli impianti di piccola taglia alle stesse complesse procedure autorizzative di quelli grandi. È comunque prevedibile che il futuro della tecnologia si giocherà nei grandi Paesi emergenti (Cina, India, Brasile, Messico, Sudafrica, Russia) e in quelli in via di sviluppo, dove circa un miliardo e mezzo di persone vivono senza accesso all’energia elettrica. Nell’immediato, invece, i mercati più interessanti sono quelli dei Paesi industrializzati di grande estensione, dove sono ancora numerose le abitazioni e le attività produttive in zone non servite dalla rete. Non a caso il principale mercato mondiale è quello USA, dove a fine 2010 risultava installata una potenza minieolica di circa 100 MW, il 75% della quale inferiore a 10 kW. Si tratta di un mercato che negli ultimi anni ha conosciuto una straordinaria accelerazione: dai 4 produttori attivi nel 2004, si è passati a 95 a fine 2010, di cui ben 29 entrati in attività nell’ultimo anno, secondo i dati dell’American Wind Energy Association (AWEA). I produttori americani rappresentano il 36% dell’industria mondiale (250 produttori in 26 Paesi) , con una quota di vendite pari a circa il 50% di tutto il mercato (49 MW nel 2009, per un giro di affari valutato da Pike Research in 203 milioni di dollari). Entro il 2013 la stessa Pike Research prevede il raddoppio del mercato globale (412 milioni di dollari), anche se la variabilità dei mercati energetici non consente di fare previsioni. Ad esempio, secondo AWEA, la potenza minieolica installata negli USA potrebbe salire a 1.000 MW entro il 2015, mentre in Cina come contributo all’elettrificazione rurale sono previsti 10.000 nuovi MW minieolici entro il 2020.

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Unire le associazioni del fotovoltaico

DIALOGO CON GIANNI SILVESTRINI Direttore scientifico del Kyoto Club

PER UNA MAGGIORE CAPACITÀ CONTRATTUALE. LE IMPRESE SPINGONO PER QUESTO. di Gabriele Masini

Gianni Silvestrini

Passata la burrasca del Conto energia per il fotovoltaico, è il momento di valutare gli effetti delle nuove norme e di stilare l’agenda degli altri adempimenti per il settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Lo abbiamo fatto con Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club.

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E: Il quarto Conto energia per il fotovoltaico è stato emanato. Che giudizio possiamo darne?

E: L’obiettivo, in ogni caso, dovrebbe essere anche quello di creare un’industria...

GS: Ci sono tutte le condizioni per una crescita forte del settore con una proiezione sul lungo periodo. È una norma che dà tranquillità sia agli investitori che alle imprese. Certo, sconta il fatto che c’è stata necessità di un intervento traumatico che ha avuto il peso della retroattività. Ma questo era in un certo senso inevitabile, vista la crescita tumultuosa del settore.

GS: Il programma Industria 2015 è stato fatto molto bene. I finanziamenti sono stati anche aggiudicati ma i fondi non sono usciti. Ho incontrato a Verona imprenditori che avevano vinto la gara con progetti innovativi ma non hanno visto un euro. Alla fine sono partiti sborsando di tasca propria. Senza alcun sostegno da parte del Governo. E la ricerca sta ancora peggio.

E: Si poteva prevedere una crescita così abnorme?

E: Negli ultimi tempi il fotovoltaico ha concentrato su di sé tutte le attenzioni, mentre il decreto 28/2010 contiene molte altre cose.

GS: Dopo il salva Alcoa si poteva prevedere un effetto in termini di eccessivo innalzamento delle domande, ma i numeri che sono venuti fuori sono al di là di ogni previsione. Si è innescato un fenomeno irrazionale, non giustificato dal calo delle tariffe che ci sarebbe stato nel 2011. Un fenomeno alimentato da fondi e speculatori. Sicuramente l’esecutivo ha subito, almeno in una certa fase, le pressioni delle lobby senza avere una rotta chiara, cosa che già in passato era successa con l’eolico. D’altro canto, alcune associazioni del fotovoltaico, non tutte, hanno assunto posizioni miopi, guardando soltanto a ottenere il massimo di incentivi. Ricordo che ai tempi della European Photovoltaic Platform c’erano imprenditori tedeschi che già chiedevano di ridurre gli incentivi. L’Italia ha corso il rischio di fare la fine della Spagna, ma non ha fatto quella fine. Il risultato, ad oggi, è la morte dei grandi impianti a terra. Il nuovo fotovoltaico sarà tutto sugli edifici. Il mondo del fotovoltaico, comunque, esce da questa fase convulsa con una prospettiva certa. In più nel dibattito è emersa la consapevolezza, che prima era molto meno forte, che questa tecnologia potrebbe nel 2017 camminare sulle proprie gambe. E: È emersa anche la necessità di razionalizzare il sistema della rappresentanza del settore. GS: Sul fronte associativo bisogna seguire quanto è stato fatto dalle associazioni del fotovoltaico in Germania due anni fa, quando hanno deciso di unirsi per avere una maggiore capacità contrattuale. È necessario arrivare anche in Italia ad un salto di qualità nella rappresentanza. Ho incontrato operatori che mi dicevano che non si sarebbero iscritti ad alcuna delle due associazioni se prima non si fossero unite. Questo è un passaggio necessario nel momento in cui i fatturati passano dall’ordine dei milioni a quello dei miliardi. E: E al Ministero dello Sviluppo Economico ci sono le competenze necessarie? GS: Conosco i tecnici del Mse: sono tutti molto preparati e hanno cercato di gestire al meglio la questione. Il problema con il salva Alcoa è che in quel periodo il ministero era retto ad interim da Berlusconi. Purtroppo tuttora non si vede una regia complessiva sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica.

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GS: Questo effettivamente è stato un passo avanti nella visione di insieme, in particolare per quanto riguarda il ruolo delle rinnovabili termiche e dell’efficienza energetica. È vero che la spinta è comunque venuta dall’Unione europea, attraverso gli obiettivi vincolanti, ma sicuramente è stato e sarà un passaggio importante con molti elementi positivi. Particolare attenzione dovrà essere dedicata alle rinnovabili termiche, che da sempre sono le grandi escluse e che invece sono chiamate dal Pan a fare il balzo più forte per raggiungere gli obiettivi al 2020. Per l’efficienza, poi, devono essere definiti al più presto i nuovi obiettivi per il sistema dei Certificati bianchi perché quelli che abbiamo ora arrivano solo al 2012, un termine troppo ravvicinato per chi deve investire. Questo dell’efficienza è un settore in cui il mondo delle imprese è vastissimo e il sistema produttivo italiano, con la sua miriade di piccole e medie imprese, si sposa benissimo con la gamma amplissima di soluzioni per l’efficienza energetica. E: Il decreto prevede inoltre il passaggio dai Certificati verdi al sistema delle aste per i grandi impianti alimentati da fonti rinnovabili. Che ne pensa? GS: Sono piuttosto scettico. Non capisco perché sia stato inserito e penso che ci saranno grossi problemi a metterlo in atto. E: In teoria è il metodo che consente la migliore allocazione delle risorse... GS: Anche il sistema dei Certificati verdi in teoria era il più elegante. Poi si è visto che non ha funzionato. Se ci sono sistemi che hanno funzionato all’estero, come il feed in, perché non importarli anche in Italia?


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VI DIAMO LE CHIAVI DEL MERCATO ELETTRICO Oggi la domanda espressa dalle grandi aziende industriali e l’offerta dei produttori termoelettrici e rinnovabili possono incontrarsi e generare valore. EGL, attraverso le attività di gestione del portafoglio energetico, del prezzo e dei rischi correlati, consente un accesso diretto al mercato energetico con la garanzia della competenza e dell’esperienza di un leader europeo.

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energia rinnovabile

Dalle rinnovabili impulso per gli

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termiche obiettivi 2020 di Costantino Lato ed Ennio Ferrero

La Direttiva 2009/28/CE fissa il quadro comune europeo per lo sviluppo delle fonti rinnovabili al 2020, definendo gli obiettivi dei singoli Paesi e gli strumenti con cui concretizzare le potenzialità espresse. Con il “Piano d’Azione Nazionale per le energie rinnovabili” (PAN), l’Italia ha ripartito nei diversi settori delle rinnovabili l’obiettivo nazionale del 17%, individuando per essi traiettorie indicative di conseguimento progressivo. Il recente D.Lgs. 28/11 è il provvedimento quadro di recepimento nazionale della direttiva europea. In esso sono definiti gli strumenti, i meccanismi e gli incentivi, nonché il quadro istituzionale, finanziario e giuridico per il raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2020. Con esso il legislatore ha voluto fornire una sorta di guida per la razionalizzazione dei sistemi di sostegno per l’energia prodotta da fonte rinnovabile nei settori elettrico, termico e dei trasporti e per l’efficienza energetica. L’efficienza energetica rappresenta un pilastro del PAN: per raggiungere l’obiettivo del 17% occorrerà stabilizzare i consumi finali di energia al 2020 sui livelli attuali (circa 133 Mtep), grazie anche all’adozione del previsto piano straordinario per l’efficienza energetica. Per il settore elettrico, si prevedono cambiamenti sostanziali. Sia in relazione alle procedure autorizzative che sono state semplificate e lo saranno ancor più in futuro. Sia per quanto riguarda la revisione degli attuali strumenti di incentivazione che vedranno superare l’attuale meccanismo dei certificati verdi e introdurre un sistema incentivante a tariffa costante per tutto il periodo di incentivazione che tenga conto del valore economico dell’energia prodotta. Importanti novità sono state introdotte anche nel settore

termico: il D.Lgs. 28/11 introduce regimi di sostegno per la produzione di energia termica da rinnovabili e per l’efficienza energetica. Gli incentivi sono individuati in contributi a valere sulle tariffe del gas naturale per gli interventi di piccole dimensioni realizzati dal 1° gennaio 2012, oppure in certificati bianchi per gli altri. Saranno gli utilizzatori finali a finanziare entrambe le tipologie di sostegno: per i piccoli interventi si porta in tariffa del gas (in analogia alla componente A3 per le rinnovabili elettriche) ciò che prima era, almeno in parte, finanziato con la fiscalità generale (detrazioni fiscali del 55%). Mentre, per gli altri interventi di efficienza energetica è concesso ai distributori di energia elettrica e gas naturale soggetti all’obbligo, di recuperare i maggiori costi con l'attivazione di una componente sulle tariffe di distribuzione. In questo modo si punta a sviluppare una filiera, in gran parte italiana, di componenti e sistemi per le rinnovabili termiche, favorendo un ampio indotto nei settori agro-forestale, dell’industria e delle costruzioni, principalmente per l’impiantistica e per le reti. Le tecnologie nazionali di generazione, già disponibili anche per impianti di piccola taglia, possono favorire una diffusione più ampia e capillare, quindi un maggiore sviluppo dell’indotto e un ritorno per il tessuto produttivo territoriale. Sono state inoltre introdotte semplificazioni nei regimi autorizzativi. Gli impianti solari termici realizzati in edifici esistenti, nel rispetto di specifiche condizioni di installazione, integrazione architettonica e al di fuori del campo di applicazione del codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/04) o dei centri storici (zone A di cui al D.M. 1444/68) sono considerati attività di edilizia libera e pertanto

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soggetti alla semplice comunicazione di inizio lavori. Sono analogamente considerati attività di edilizia libera gli altri impianti di produzione di acqua calda e aria (diversi dagli impianti solari termici e dai geotermici per i quali è prevista l’emanazione di un apposito provvedimento) realizzati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi. L’installazione di pompe di calore per la produzione di acqua calda e aria è considerata estensione dell’impianto idrico-sanitario già in opera. Pur non avendo finora goduto di particolari forme di sostegno (solare termico, pompe di calore e caldaie a biomassa sono interventi agevolati con la detrazione fiscale al 55%) le rinnovabili termiche risultano in alcuni casi già competitive. Grazie al costo della tecnologia e del combustibile, o per il costo del solo combustibile, o per la sua disponibilità “in house” (es. legna da ardere) o per l’approvvigionamento extra rete commerciale che abbatte i costi di esercizio. La quasi competitività di molte rinnovabili termiche potrà consentire incentivi specifici minori rispetto alle rinnovabili elettriche, con un minor costo per la collettività. Per loro il PAN prevede di triplicare – entro il 2020 – il loro contributo rispetto ai valori attuali. Analizzando gli obiettivi del settore termico per tecnologia, lo sviluppo previsto per gli usi diretti della geotermia è limitato (solo +40% per via della distribuzione territoriale della risorsa), mentre si prevedono apporti triplicati per le biomasse e per le pompe di calore, e una crescita fino a più di venti volte per il solare termico. Anche per le rinnovabili termiche italiane fornire una chiara modulazione del sostegno consentirebbe loro di guadagnare rapidamente il largo, mentre errori e ritardi nella fase attuativa potrebbero rimandarne lo sviluppo e quindi mancare gli obiettivi del 2020.

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Un utile aiuto può giungere da adeguate misure di accompagnamento che ne valorizzino la reale consistenza: tali misure potrebbero permettere a questa cenerentola energetica di superare le barriere su cui si sono arenati i passati provvedimenti di sostegno, garantendo un’ampia ed equa distribuzione delle ricadute sul tessuto imprenditoriale nazionale e territoriale. Il D.Lgs. 28/11 prevede che il GSE assuma un rilevante ruolo operativo per la promozione di tutte le fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Infatti, oltre l’attuale confermato ruolo per il rilascio degli incentivi alle rinnovabili elettriche, viene affidato al GSE l’importante nuovo compito di gestire l’incentivazione della produzione di calore da rinnovabili e, con la dovuta gradualità, dell’efficienza energetica attraverso la gestione del meccanismo di certificazione relativo ai certificati bianchi. Se il nuovo quadro legislativo appare ben congegnato occorre ricordare che, per rendere operative le misure contenute nel decreto è necessaria l’emanazione di numerosi decreti attuativi e l’approvazione di ulteriori documenti di indirizzo. Quindi, per concretizzare il grande potenziale di sviluppo di tutte le rinnovabili attivato con il decreto, occorre attuare quanto previsto per i diversi ambiti in modo equilibrato e sostenibile e – soprattutto - nel rispetto dei tempi programmati.

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energia rinnovabile INCONTRO CON LUIGI MAZZOCCHI Direttore del Dipartimento Sistemi di Generazione di RSE

Luigi Mazzocchi

Il mercato italiano del fotovoltaico? IN OTTIMA SALUTE

Luigi Mazzocchi, direttore del Dipartimento Sistemi di Generazione di RSE, fotografa il settore italiano del solare fotovoltaico in tutti i suoi aspetti. Con particolare attenzione a quello della ricerca che sta portando l’Italia a una posizione di assoluto rilievo in una tecnologia innovativa, quella del fotovoltaico a concentrazione. Il nostro Paese è inoltre molto attivo nella produzione di moduli e soprattutto inverter.

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di Livia Catena

E: Qual è, per gli anni più recenti, l’andamento delle nuove installazioni di impianti fotovoltaici ? LM: La potenza fotovoltaica installata a livello mondiale a fine 2009 era di circa 23 000 MWp. I dati 2010, ancora da confermare, indicano in molti Paesi un’accelerazione nelle nuove installazioni, che dovrebbero aver portato il dato a circa 40.000 MWp a fine 2010. L’andamento della potenza installata negli ultimi 10 anni nei Paesi dell’IEA è una curva di tipo esponenziale, come tipico di una tecnologia agli inizi del suo sviluppo.

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Tale andamento è il risultato di politiche di incentivazione adottate in molti Paesi: l’entità degli incentivi in termini unitari è però quasi ovunque in diminuzione. Nel panorama internazionale, la Germania occupa di gran lunga il primo posto, seguita da Spagna, Giappone, Italia e USA, al momento abbastanza allineati. Anche la Repubblica Ceca nell’ultimo anno ha mostrato un crescita importante. L’Italia in particolare ha reso nel 2010 una forte accelerazione, triplicando circa la potenza installata rispetto all’anno precedente.


E: Quali sono i principali Paesi fornitori di celle fotovoltaiche e qual è la posizione dell’Italia? LM: I primi tre produttori mondiali di celle e moduli sono Cina, Germania e Giappone. La Cina copre circa un terzo della produzione mondiale di celle (3800 MW nel 2009). Sommando la produzione di Cina e Taiwan si arriva quasi al 50%. Anche il mercato italiano mostra buona vitalità. A oggi, solo una parte dei moduli installati negli impianti italiani è di produzione nazionale, ma la spinta del “Conto Energia” ha generato una serie di iniziative industriali nella produzione di celle e di moduli al silicio cristallino; è inoltre annunciato l’avvio della produzione di moduli in film sottile CIGS. In Italia ci sono una trentina di produttori di celle e moduli, con capacità produttiva di circa 200 MW di celle e 500 MW di moduli. A queste aziende si aggiungono i produttori di inverter, per i quali l’Italia occupa una posizione di rilievo (capacità produttiva di 2000 MW/anno), e gli installatori; la quota italiana del valore aggiunto relativa alla realizzazione degli impianti fotovoltaici in Italia può essere stimata intorno al 40%.

E: Sul piano dell’innovazione tecnologica, cosa ci si può aspettare nei prossimi anni? LM: L’attuale predominio del silicio cristallino (80% circa del mercato) è destinato ad attenuarsi, per l’affermarsi di alcune tecnologie a film sottile (come il CdTe e in tempi un po’ più lunghi il CIGS). A scadenza medio-lunga sono allo studio varie soluzioni come nanomateriali (a base di silicio, ma non solo), celle organiche, sistemi a concentrazione con celle multi giunzione. Su quest’ultima opzione l’Italia appare ben posizionata: varie aziende e centri di ricerca, fra cui RSE, stanno svolgendo un progetto di sviluppo di un sistema a concentrazione con l’obiettivo di un notevole abbattimento dei costi. E: L’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico è considerata ad alto costo. Come valuta la situazione attuale, da questo punto di vista ? LM: I costi di produzione per impianti fotovoltaici sono più elevati di quelli delle centrali a combustibili fossili e di alcune fonti rinnovabili, come l’eolico; è però in atto un processo di ottimizzazione dei componenti e degli impianti. Il costo del kWh è legato alla località e alla taglia dell’impianto: recenti valutazioni del RSE forniscono un intervallo di costi da circa 0.15 €/kWh (impianto da 1 MW nel Centro Sud Italia) a 0.3 €/kWh (impianto da 6 kW al Nord). Come si nota, nei casi più favorevoli il costo di produzione non è lontano dal prezzo di acquisto dell’energia per gli utenti finali.

E: Quali sono i meccanismi di incentivazione del fotovoltaico in Europa? LM: Il sistema più diffuso è quello della “feed in tariff” che assicura un prezzo prestabilito all’energia prodotta da fotovoltaico e immessa in rete. Il prezzo inizialmente fissato per un certo impianto viene di solito mantenuto costante, in moneta corrente, per un periodo di 20 anni, ma con il passare del tempo i nuovi impianti ricevono tariffe via via decrescenti, assicurando sempre la remunerazione dell’investimento ma tenendo anche conto del progressivo calo dei costi. L’adeguamento delle tariffe avviene una o più volte l’anno, mediante provvedimenti legislativi o amministrativi. In certi casi l’adeguamento è reso automatico in base all’andamento della potenza installata effettiva. E: Come si rapporta la normativa italiana al quadro europeo ? LM: Il recente decreto ministeriale è in gran parte in linea con le normative in vigore in Paesi come la Germania e la Francia, sia in termini di valori assoluti delle tariffe che di modalità di adeguamento delle stesse. In particolare, a regime è previsto un abbassamento programmato delle tariffe, corretto su base semestrale in base alle installazioni del semestre precedente.

Andamento della potenza degli impianti fotovoltaici installati nei paesi dell’IEA Installed PV Power (MW) 25000 20000 15000 10000 5000 0

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1993

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1997

1998

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2000

2001

Grid-connected Off-grid

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

Fonte: RSE

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mercato elettrico

Un Acquirente INTERVISTA A GIORGIO GUERRINI Presidente di Confartigianato di Carlo Maciocco

Mentre l’Unione Europea chiede all’Italia di abbandonare il servizio di maggior tutela nel mercato elettrico, Confartigianato spinge per estendere il ruolo dell’AU anche al gas. Ma per garantire prezzi bassi occorrono interventi fiscali e la separazione Eni-Snam. Poi focus sulle rinnovabili, garantendo certezza agli investitori.

E: L’alto costo dell’energia è uno dei principali limiti alla competitività e allo sviluppo delle Pmi italiane. Quali misure suggerite per risolvere il problema? GG: Il gap tra Italia ed Europa nel costo dell’energia è dovuto anche a una fiscalità che colpisce in maniera sperequata soprattutto le piccole e medie imprese. Occorrono interventi per rimodulare il prelievo fiscale sull’energia, sia alla fonte che sui consumi finali, riallineandolo ai livelli medi europei. Sul fronte del gas, il mercato all’ingrosso è caratterizzato da un esiguo grado di concorrenzialità, da un elevato numero di imprese di distribuzione per di più integrate con società di vendita e da un insufficiente grado di informazione dei clienti finali. Poiché soltanto il 10% di clienti domestici e delle piccole e medie imprese si approvvigiona sul mercato libero, servono misure finalizzate a mantenere un regime di prezzo amministrato per le Pmi e per l’impresa diffusa. Anche estendendo il ruolo dell’Acquirente Unico al mercato del gas, così come previsto per il mercato elettrico.

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Elementi 22

E: Però Bruxelles ha chiesto all’Italia di abbandonare il sistema della maggior tutela nell’elettrico, minacciando il ricorso alla Corte di Giustizia… GG: Nelle attuali condizioni del mercato, l'abbandono del servizio di maggior tutela comporta il rischio di fare un passo indietro. In un mercato trasparente e competitivo le imprese non avrebbero alcun vantaggio a rimanere in un sistema di prezzo amministrato, migrerebbero spontaneamente nel mercato libero perché più conveniente. Ricordiamo invece che, poiché per il mercato elettrico i prezzi della tutela riflettono, per il tramite dell’AU, l’andamento del mercato all’ingrosso, in alcuni casi il servizio di tutela stesso si è dimostrato più conveniente dei prezzi liberalizzati. Queste anomalie sono dovute a un mercato elettrico non ancora pienamente maturo per ciò che riguarda il grado di concorrenza tra i fornitori, e per questo non può essere lasciato senza un meccanismo di tutela che garantisca in ogni caso il consumatore in ordine al prezzo oltre che alla continuità della fornitura. La previsione di un non ritorno sulla tutela potrebbe invece innescare una paralisi degli switching, a danno dello stesso mercato. E: Il mercato del gas è ancora più problematico. Voi spingete per l’unbundling proprietario Snam-Eni? GG: Il mercato del gas, oltre che problematico, è attraversato da cambiamenti normativi che definirei a doppia velocità. Infatti, mentre a monte con il recente decreto legislativo di recepimento delle direttive 72 e 73 si opta per la soluzione più prudente tra quelle messe a disposizione dalla direttiva gas, dalla separazione funzionale tra rete e operatore dominante a valle avremo che, da ottobre, tutti i clienti non domestici con consumi inferiori a 200 mc saranno obbligati ad andare sul libero mercato. È come dire che si è dirigisti


Unico anche per il gas Giorgio Guerrini

a monte e liberalizzatori a valle di un mercato che però è unico e non può funzionare in maniera asincrona. Per questi motivi ci siamo sempre detti a favore della separazione proprietaria, perché il mercato del gas con le sue ingessature fa perdere competitività alle imprese a vantaggio di posizioni di rendita che il sistema non è più in grado di assorbire. Senza dimenticare la necessità dello sblocco autorizzativo per alcuni progetti di impianti di rigassificazione. E: L’asta di 1 miliardo mc di capacità di stoccaggio aggiuntiva per le Pmi prevista dal decreto n. 130/10 ha avuto grande successo. È una misura sufficiente nel breve termine?

E: Il rilancio del nucleare era una delle opzioni fondamentali del Governo per diversificare il mix e ridurre i costi dell’energia. Lo stop all’atomo compromette questi due obiettivi? Che alternative consigliate? GG: Il nostro invito è di modificare subito le condizioni all’origine degli alti costi energetici: completare la liberalizzazione dei mercati e ridurre la pressione fiscale che grava sul prezzo dell’energia a carico delle piccole imprese. Ma è altrettanto fondamentale favorire l’utilizzo delle energie rinnovabili e promuovere l’efficienza energetica. E: Come valutate il IV Conto energia sul fotovoltaico?

GG: Lo stoccaggio virtuale è una delle misure per liberare capacità da mettere a disposizione del mercato. Si tratta tuttavia di uno strumento valido nella misura in cui riesce a creare un'iniezione competitiva del mercato. La nostra valutazione rimane ancorata al beneficio per l'intero sistema piuttosto che alla circostanza che alcuni gruppi di Pmi siano riuscite ad organizzarsi per partecipare. Il sistema degli stoccaggi virtuali rappresenta uno strumento preparatorio a una situazione di mercato in cui dovrà esservi libertà di accesso alla rete e agli stoccaggi da parte di una pluralità di operatori. La consideriamo pertanto un'operazione di carattere temporaneo da condurre assieme a tante altre.

GG: Il provvedimento non offre certezze sulle prospettive di 85.000 imprese, che al momento rimangono nell'impossibilità di pianificare i propri investimenti.

Il gas naturale in Italia. In miliardi di metri cubi 2005

2006

2007

2008

2009

2010

Produzione nazionale

12,1

11,0

9,7

9,3

8,0

8,3

Importazioni nette

73,1

77,0

74,0

76,7

69,1

75,2

Variazione scorte

-1,1

3,5

-1,3

1,0

-0,9

0,5

Disponibilità lorda

86,3

84,5

85,0

84,9

78,0

83,0

Consumi e perdite

1,0

1,0

1,5

1,5

1,3

1,2

Totale risorse

85,3

83,5

83,4

83,4

76,7

81,8

Vendite e consumi finali

85,3

83,5

83,4

83,4

76,7

81,8

Fonte: elaborazione Autorità per l’energia elettrica e gas; Bp e Ocse

Elementi 22

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mercato elettrico ASTE ENERGIA

1,2,3... aggiudicato! PARLA CARMELA FARDELLA Direzione Operativa Energia AU L’evoluzione è un significativo segnale che un determinato settore o ambiente sta cambiando. È un processo naturale, ma anche necessario affinché i miglioramenti teorici diventino precise realtà. È il caso delle aste energia che, nell’ultimo periodo, hanno vissuto una radicale inversione di tendenza, caratterizzata da un importante salto qualitativo. Carmela Fardella, “la mente” del nuovo portale aste di Acquirente Unico, entrato in esercizio lo scorso novembre, ci spiega come è cambiato il sistema e quali sono i miglioramenti che ne derivano.

di Luca Speziale

E: Perché si è sentita la necessità di creare il nuovo sistema di aggiudicazione delle aste di energia elettrica? CF: Dal 2008, anno dell’introduzione in Italia dei mercati regolamentati a termine IDEX e MTE, voluti dagli operatori, si è avvertita la necessità di adeguare i nostri sistemi per rendere più efficace il nostro approccio. Abbiamo adottato quindi alcuni interventi che hanno contribuito e reso più efficiente il sistema degli scambi e si è creato tra gli operatori un clima di fiducia sul funzionamento di tali mercati e sulla significatività dei segnali di prezzo che essi generano. Acquirente Unico mira, infatti, in maniera decisa a un aumento delle negoziazioni sui mercati regolamentati a termine,

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sia per una maggiore trasparenza dei prezzi, sia per consolidare un punto di partenza per lo sviluppo futuro di un mercato di lungo termine. Il 22 giugno dello scorso anno è stato presentato il nuovo portale per le aste di energia elettrica on-line. È uno strumento che permette di cogliere tempestivamente le opportunità di mercato, rendere più efficiente il sistema e, non ultimo, utile per fornire agli operatori informazioni in tempo reale sull’andamento delle proprie offerte. E: Come è strutturato ora e come funzionava prima il sistema per le aste di energia elettrica? CF: In base alle previsioni o agli indicatori di mercato, si definisce la quantità di energia da acquistare e le relative modalità. In passato, una volta indetta l’asta tramite la pubblicazione dell’avviso, gli operatori che volevano partecipare inviavano le proprie offerte tramite e-mail e fax. Al termine dell’asta veniva stilata una graduatoria di offerte e, successivamente, ogni controparte riceveva singolarmente la risposta di aggiudicazione o meno. Con questa procedura però, l’operatore non poteva seguire l’andamento dell’asta e, di conseguenza, non poteva aggiornare in maniera mirata e in tempo reale le proprie offerte. L’esito si sapeva solo al termine dell’asta. E: Come funziona il portale on-line? CF: Per partecipare alle aste sul portale dedicato basta una semplice registrazione sul nostro sito internet www.acquirenteunico.it. Durante lo svolgimento dell’asta, gli operatori possono seguire in tempo reale la sua evoluzione, riuscendo così ad intervenire per migliorare la loro proposta. La riduzione dei tempi tecnici per analizzare e stilare l’ordine delle offerte ricevute, permette una comunicazione più rapida della graduatoria delle offerte accettate, con effetti positivi sull’attività di copertura del rischio di prezzo degli aggiudicatari.

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Elementi 23

Questo ha effetti positivi sull’efficienza delle aste, con l’allargamento dei confini e della platea degli attori interessati. Inoltre si è passati dall’invio cartaceo della documentazione da parte nostra, con una tempistica non sempre ben definita, alla possibilità da parte degli operatori di visualizzare i contratti al termine dell’asta. E: Con quali vantaggi? CF: Il portale si propone anche come piattaforma innovativa per trattare le Garanzie di Origine, la certificazione che attesta che l’energia è prodotta da fonti rinnovabili, diventando un punto di riferimento per tale mercato in Italia. Inoltre permette di trattare prodotti diversi da quelli scambiati su MTE. Infatti, per quanto riguarda la tipologia dei prodotti, il portale è uno strumento flessibile che consente ad AU di continuare a operare secondo criteri di diversificazione del portafoglio, di riduzione di rischio e di costo. In definitiva, non si pone in competizione con le diverse piattaforme di negoziazione, ma al contrario si avvale dei loro servizi, ne sfrutta le potenzialità e ne incrementa la liquidità. E: Come hanno reagito gli operatori a questa nuova procedura? CF: Molto bene, come dimostra il numero sostenuto degli operatori – tra cui anche nuovi - che rispondono agli inviti. Le controparti hanno apprezzato la nuova modalità di partecipazione e aggiudicazione, ma soprattutto i molti aspetti positivi legati al nuovo sistema. Ovvero procedure più snelle e veloci, la possibilità di prendere parte a più aste e cogliere le opportunità del mercato, rendere più efficienti ed efficaci le proprie offerte, oltre a poter partecipare attivamente per tutta la durata dell’asta. Ora puntiamo a migliorare quanto fino a ora fatto. Ad esempio, nel mese di giugno, sono state inserite le versioni in inglese dei contratti, per allargare “il confine” dei partecipanti e aumentarne il numero.



mercato elettrico Alexandro Floris

L’ene di Gabriella Busia Energetic Source nasce nel 1999 da un gruppo di imprenditori bresciani il cui scopo è fornire energia alle aziende a prezzi concorrenziali. Dopo sette anni il colosso russo Renova diventa socio unico, consentendo alla società un’espansione tale da conferirle un ruolo da protagonista nel comparto della fornitura energetica a livello europeo.

E: Dottor Floris, in che modo è cambiato il vostro mercato di riferimento? AF: Possiamo parlare di mercati di riferimento, in quanto abbiamo potenziato la nostra struttura di vendita e di assistenza clienti per poter operare su tutto il territorio italiano, ampliando il nostro raggio di azione ed espandendo le attività, consolidate nel Nord Italia, a tutta la penisola. Contestualmente abbiamo sviluppato l’offerta commerciale proponendo contratti a tutti i clienti del mercato libero, dal domestico al grande consumatore energivoro, non dimenticando la piccola industria che di fatto è il pilastro portante dell’economica del Paese. La scelta di ampliare il nostro mercato di riferimento è una conseguenza naturale

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Elementi 23

dello sviluppo in Italia, e non solo, della nostra proprietà (la Holding Renova tramite la sub-holding Zurighese Avelar Energy). Il progetto di diventare un importante protagonista del mercato libero, non poteva non comprendere la copertura totale del territorio nazionale e una proposta commerciale a 360° su tutti i potenziali clienti del settore elettrico e gasiero. E: L’azienda opera nel settore della vendita attraverso tre società dedicate. Energetic Source, Tecnoenergia e Flyenergia, ognuna delle quali ha un obiettivo differente. Potrebbe illustrarceli? AF: La scelta che abbiamo intrapreso è in controtendenza. Mentre i grandi operatori, nostri competitors, aggregano


FACCIA A FACCIA CON ALEXANDRO FLORIS AD di Energetic Source

rgia a 360 gradi le loro società, noi abbiamo deciso di specializzarci con tre società di vendita sui tre segmenti principali del mercato. Questo perché crediamo che oltre a un prezzo competitivo, un operatore del mercato libero debba offrire un servizio adeguato alla propria clientela. E l’unico modo per proporre un prezzo e un servizio adeguato alle esigenze del cliente finale è stato specializzare il nostro personale su 3 strutture differenti. Energetic Source propone offerte ai grandi clienti industriali e ai grandi aggregatori di volumi (consorzi e associazioni). Il target di cliente richiede del personale altamente qualificato e una assistenza altrettanto esperta alla gestione contrattuale. Tecnoenergia nasce per aggregare i piccoli consumatori industriali quando il mercato libero permetteva a questi soggetti di accedere all’offerta non monopolista solo per volumi da grande consumatore. Per vocazione è focalizzata su un’offerta alla Piccola e Media Industria. Flyenergia offre soluzione di risparmio ai consumatori domestici e micro business tramite una rete capillare su tutto il territorio italiano, bilanciando un prezzo concorrenziale con trasparenza nella fatturazione e assistenza dedicata ai propri clienti.

di circa un miliardo di metri cubi un pozzo esausto di metano. Tale progetto è una realtà concreta in fase finale di autorizzazione ministeriale.

E: All’interno del vostro gruppo è presente la Geogastock operante nello stoccaggio di gas naturali? Quali i punti di forza e le criticità di questo sistema?

AF: Continueremo a valutare la realizzazione di iniziative nel settore fotovoltaico, asse portante del gruppo in Italia, nel quale abbiamo maturato una grande esperienza negli ultimi 3 anni. Manteniamo viva l’attenzione sul settore idroelettrico ed eolico e guardiamo con estremo interesse a quello delle biomasse, anche se temiamo alcune criticità sui combustibili utilizzati.

AF: Sicuramente per un operatore come il Gruppo Energetic Source, che gestisce un volume di 1 miliardo di metri cubi di gas naturale ogni anno, risulta strategico avere uno strumento che possa bilanciare il consumo delle nostre centrali e i prelievi dei clienti con i contratti di acquisto take or pay dall’estero e spot nazionali. È per questo motivo che nel 2007 nasce il progetto Geogastock per riconvertire a sito di stoccaggio

E: Il vostro impegno nel settore delle rinnovabili ha portato investimenti nel fotovoltaico e nell’eolico. Quali sono, secondo lei, le previsioni di crescita dell’energia pulita? AF: Il settore delle rinnovabili è quello che ha maggiormente polarizzato l’attenzione degli operatori del settore energetico e non. È certo che le incentivazioni di varia natura che il governo ha messo in atto negli ultimi anni hanno aiutato le tecnologie verdi a essere economicamente competitive rispetto a quelle tradizionali. Il trend di crescita di energia pulita sarà in continua ascesa nei prossimi anni fino a quando una corretta incentivazione genererà investimenti nelle tecnologie verdi, al fine di ridurre i costi delle stesse. La speranza è vedere al più presto tali tecnologie competere con i sistemi tradizionali, al netto delle incentivazioni. E: Quali i vostri progetti futuri nel comparto delle rinnovabili?

Elementi 23

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energia e ambiente

L’evoluzione dell’efficienza energetica di Agime Geberti e Rosanna Pietropaolo La valorizzazione dell’efficienza e del risparmio energetico, la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e il ricorso alle fonti di energia rinnovabili rappresentano i principali strumenti di politica energetica europea per realizzare un’economia più sostenibile, competitiva e a bassi consumi. Negli ultimi anni l’evoluzione normativa in materia si è indirizzata verso la definizione di target vincolanti. Tuttavia, sebbene ciò si sia verificato per le politiche i promozione delle rinnovabili e la riduzione delle emissioni, per l'efficienza energetica è stato individuato solo un obiettivo indicativo di miglioramento del 20% al 2020.

Resta dunque confermato l’approccio della Direttiva 2006/32/CE relativa all’efficienza energetica degli usi finali dell’energia e i servizi energetici, che fissava un obiettivo indicativo per gli Stati Membri pari al 9% di risparmio energetico al 2016 (vedi tabella). La suddetta direttiva richiede che gli Stati definiscano ex ante obiettivi intermedi per il conseguimento del target finale e a tal fine predispongano dei piani nazionali di efficienza energetica. In recepimento di tali disposizioni, l’Italia ha assunto un obiettivo intermedio di riduzione dei consumi del 3% nel 2010 e un target finale, più ambizioso di quello richiesto dalla direttiva, del 9.6% al 2016, calcolato rispetto alla media

> Elementi 23

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dei consumi annuali dei cinque anni precedenti all’approvazione del Piano di Efficienza Energetica 2007. L’Italia, inoltre, nel corso degli anni ha delineato una propria strategia di promozione dello sviluppo sostenibile volta a riequilibrare il mix energetico troppo dipendente dalle importazioni di combustibili fossili. Le misure di miglioramento dell’efficienza energetica giocano un ruolo fondamentale in questo contesto, soprattutto in relazione al forte impatto che determinano sui consumi finali d’energia. Si stima, infatti, che l’adozione di misure di questo tipo potranno contribuire in maniera determinante anche al raggiungimento degli obiettivi in materia di gas climalteranti e di copertura del consumo totale di energia mediante fonti rinnovabili. Maggiore impulso a una politica di questo tipo potrebbe venire dal Piano straordinario per l’efficienza e il risparmio energetico, previsto dalla legge 99/2009 ma non ancora predisposto, attraverso il quale potranno essere adottati diversi strumenti operativi. Tra questi la promozione della cogenerazione ad alto rendimento, il rafforzamento del meccanismo dei titoli di efficienza energetica, la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico e riqualificazione energetica degli edifici esistenti. Anche le recenti disposizioni del decreto di attuazione della direttiva europea 2009/28/CE sulla promozione delle fonti rinnovabili intervengono, tra le altre cose, sui sistemi di incentivazione dell'efficienza energetica. In particolare, il decreto dispone che gli interventi di piccole dimensioni di incremento dell'efficienza energetica (e di produzione di energia termica da fonti rinnovabili) siano incentivati mediante contributi a valere sulle tariffe del gas naturale, mentre gli altri interventi mediante il rilascio dei certificati bianchi. È confermato il meccanismo di mercato dei Certificati Bianchi come efficace strumento di promozione dell’efficienza energetica, pur prevedendone una razionalizzazione della disciplina. Inoltre, nell’affidare al GSE la gestione di tali strumenti, il decreto attribuisce a quest’ultimo un ruolo fondamentale anche in materia di promozione dell’efficienza energetica. Al GSE sono affidati, tra l’altro, i compiti di sviluppare e applicare metodologie idonee a fornire, con cadenza biennale, le stime delle ricadute industriali e occupazionali connesse alla promozione dell’efficienza energetica e alla diffusione delle rinnovabili, nonché la realizzazione di un portale informatico in collaborazione con ENEA recante informazioni anche sull’efficienza energetica.

Tutto ciò si inserisce in un contesto normativo europeo che ha recentemente visto la pubblicazione del Piano d’Efficienza Energetica 2011, attraverso il quale la Commissione Europea, pur non stabilendo degli obiettivi vincolanti in materia si propone di individuare delle misure specifiche settoriali di miglioramento dell’efficienza energetica a livello europeo del 20% al 2020. Le modalità di implementazione delle misure necessarie a tal fine restano affidate agli Stati Membri col compito di definire target e programmi nazionali in materia. Qualora nel 2013, in seguito alla valutazione dei risultati così ottenuti, la Commissione dovesse riconoscere l’impossibilità di raggiungere il target europeo al 2020, procederà alla definizione di obiettivi vincolanti per ciascun Paese. Nella definizione di questi saranno tenuti in considerazione il punto di partenza di ciascuno Stato, la relativa performance economica e le azioni dagli stessi già intraprese. La Commissione europea, con l’obiettivo di trasformare il Piano d’Efficienza Energetica 2011 in norme vincolanti per l’UE, sta negoziando con gli Stati membri la stesura di una nuova direttiva sull’efficienza energetica relativa alla promozione della cogenerazione che abrogherà le direttive 2006/32/CE e 2004/8/CE e attribuirà all’efficienza energetica una maggiore rilevanza.

Gli obiettivi al 2016 come indicati nei Piani D'azione dei singoli Paesi Piano d’Efficienza Energetica 2011 Paese

Valore

Austria

80400

TJ

9%

Belgio

27515

GWh

9%

Elementi 23

%

Bulgaria

7291

GWh

9%

Croatia

185000

toe

10%

Repubblica Ceca

9%

19842

GWh

Danimarca

ND

-

-

Estonia

7,65

PJ

0,09

17800

GWh

9%

Francia

Finlandia

12

Mtoe

9%

Germania

833

PJ

9%

Grecia

1865

GWh

9%

Ungheria

15955

GWh

9%

Irlanda

13117

GWh

9%

Italia

126327

GWh

9,6%

Lettonia

3483

GWh

9%

Lituania

400

ktoe

11%

Lussemburgo

1582

GWh

9%

Malta

378

GWh

9% 9%

Olanda

51190

GWh

Polonia

192.4

PJ

9%

Portogallo

1.792

Mtoe

9.8%

Romania

2800

ktoe

13.5%

Slovacchia

37215

TJ

9%

Slovenia

4261

GWh

9%

Spagna

ND

-

-

Svezia

32.3

TWh

Min 9%

Regno Unito

136.5

TWh

9%

Fonte: GSE

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Unità



energia del pensiero UN CAFFÉ CON MASSIMO CACCIARI Filosofo

Non c’è senza di Romolo Paradiso

Massimo Cacciari

Servirebbe la condivisione di alcuni principi fondamentali, che si formano soltanto facendo costituzioni. L’Italia, dicevano Leopardi, Gioberti e Rosmini, è un desiderio. Da noi non si è mai formata un’etica comune. Siamo stati sempre in una situazione di precarietà, se non addirittura di guerra civile più o meno simulata.

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Elementi 23

Una volta gli sentii dire che avrebbe voluto essere buono come Gesù e intelligente come Spinoza. Non conosco il livello di bontà di Cacciari, né m’interessa tanto, ma quanto a intelligenza è forse uno dei pochi filosofi italiani che ne ha da vendere e così l’arguzia. Il suo amore per la filosofia non è solo teorico. Ha sempre cercato di coniugare pensiero e azione con spirito di parte sì, ma non di partigianeria. Con vigore e determinazione, ma nel rispetto del pensiero altrui. Di quelle diversità che ogni persona di criterio non può che considerare ricchezze. Per questo, al confronto con tanti altri intellettuali oggi alla moda, Cacciari pare fuori del suo tempo. Una razza in estinzione purtroppo. Oppure, come mi piace sperare, una delle poche fiaccole accese dalle quali può prender vigore il fuoco di una nuova civiltà, fondata su valori e principi che ora sembrano assopiti nel sonno oppiaceo del nichilismo.


“Tutte le rivoluzioni sono spinte da un sogno. Poi, quando si compiono, non poche rischiano di trasformarsi in un incubo”. (Elias Akrotiri)

bene comune ethos comune E: Professor Cacciari, “Dio è morto” ha detto Nietzsche, preconizzando la fine dei valori e della fede e l’avvicinarsi del nichilismo. Noi siamo in questa fase. Per superarla occorrerà un evento traumatico, come profetizzato dal filosofo tedesco, o cosa altro è possibile immaginare? MC: Credo che la filosofia non abbia nulla a che vedere con la profezia. Sicuramente dobbiamo cercare di capire cosa caratterizza il nostro periodo. L’epoca attuale è segnata da una dominanza di fattori completamente subordinate alla potenza di tale sistema di forze. Se tutto ciò stia a significare nichilismo è difficile dirlo. Nel senso che il nichilismo può avere migliaia di significati. Può confondersi con forme di generico pessimismo, in cui si è portati ad affermare che nulla ha valore. Oppure può confinare con il pensare al nulla, riflettere sul nulla. Ancora, che si ritenga l’ente come qualcosa esente da una sua propria proprietà. Quindi si può facilmente asserire che il termine “nichilismo”, come anche “democrazia”, “libertà”, può significare tante cose. Forse, quello che possiamo affermare con sensatezza è che la nostra epoca, più di qualunque altra nel passato, è dominata da un’idea che vede la cosa come un oggetto a nostra disposizione, liberamente manipolabile dall’uomo. E la manipolazione, la trasformazione dell’ente è il dominio proprio della tecnica e della scienza.

E: Già, scienza e tecnica, forse i principali “assassini” della filosofia, che da troppo tempo fatica a ritrovare uno spazio importante tra le cose dell’uomo, più abbagliato da ciò che vede e tocca, che da ciò che potrebbe invece percepire attraverso il pensiero, la sensibilità, la conoscenza di sé e delle cose del mondo. Assisteremo al riscatto della filosofia? MC: Ucciso è forse una parola troppo forte. Anche l’idea della fine della filosofia è un’idea filosofica. Credo che la filosofia rappresenti sempre la coscienza del proprio tempo. Lì dove non si faccia un discorso specialistico sul proprio tempo e si cerchi di vedere e di comprendere le forme che lo caratterizzano, si fa filosofia. E: Però, il pensiero, lo sforzo, o la tensione alla ricerca di un percorso di vita, personale o societario fondato sull’elaborazione di concetti che nascano dall’osservazione e dallo studio dell’uomo d’oggi e dal contesto in cui questi vive, sembra essere poco visibile. Appare quasi inesistente. MC: La tensione è poca. Riflette il momento, senza dubbio. Che è abbastanza decadente nella sua essenza. Però ci sono delle scintille di pensiero. Delle intuizioni di valore che possono costituire un punto di partenza importante per una ripresa in termini di principi. Essere quindi le fondamenta per una società migliore.

> Elementi Elementi2323

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“Se la religione viene derubricata a fattore etico, muore”

E: Non le pare che anche la religione, in questo contesto troppo materialistico, ne esca appannata, a tal punto da trovare difficoltà d’ascolto e di convincimento, tanto da essere, nella migliore delle ipotesi, confinata nel solo privato? MC: La religione soffre l’nflusso delle potenze fondamentali della nostra epoca da almeno due o tre secoli. Però occorre fare un distinguo tra religioni. Ve ne sono alcune che non anno come proprio tema fondamentale la relazione o il compromesso con il periodo in cui vivono. Mentre quella cristiana ce l’ha costituzionalmente. E: C’è da domandarsi allora, quale compromesso con il secolo potrà trovare la religione cristiana?

E: Cosa c’è di vulnerabile nel sistema democratico incapace sia di porre un freno alla crisi etica e culturale dell’occidente, sia di difenderci da un liberismo eccessivamente “autoritario”? MC: Le forme di liberismo “scatenato” sono ricorrenti nella storia. Ma altrettanto ciclicamente hanno fine. In un momento di espansione, di sviluppo, il capitalismo mostra sempre insofferenza nei confronti dell’ordine, della legge, dello Stato. Appena si sviluppa una situazione di crisi, immediatamente scattano e partono gli appelli all’intervento pubblico. Sono le sistole e le diastole del capitalismo. Un pensiero autenticamente e coerentemente liberista non credo ci sia mai stato. Il capitalismo e il mercato hanno sempre funzionato con lo Stato. Poi, il sistema democratico ha una sua intrinseca vulnerabilità. Perché i suoi tempi sono sempre strutturalmente sfasati rispetto a quelli dell’economia, della scienza e della cultura. Perché le procedure rappresentative, man mano che la società si fa più complessa e le sue domande, le sue esigenze crescono, diventano più deboli, e il cittadino è meno portato a sentirsi rappresentato dai politici di riferimento. E: E quindi viene meno il ruolo propulsore dei partiti.

MC: Dirlo non è semplice, ma l’impressione è che si stia sempre più adattando a esprimersi non come religione privata, sentimentale, del cuore, perché questo è impossibile, ma come etica. Come un sistema di comportamenti, di tradizioni che dovrebbero informare di sé atteggiamenti pratici, politici, culturali in genere. Questa derubricazione della religione a etica può avere su di lei effetti mortali. E: “Testimoniare la fede cristiana” ha detto Papa Ratzinger, “è porsi fuori da questo strano consenso dell’esistenza moderna”. Lei cosa ne pensa? MC: La religione cristiana è sempre stata un segno di contraddizione, di paradosso. Se cessa di esserlo e diventa semplicemente predicazione etica, come dicevamo poc’anzi, o peggio, moralistica, è finita. Lo stesso se assume la forma di religio civilis. Cioè nient’altro che un momento, un fattore di rassicurazione, di consolazione. Alcuni si sono posti con drammaticità la domanda se non è questa l’epoca della fine del cristianesimo. E: L’uomo, oggi, trova difficoltà ad avvicinarsi alla fede, perché troppo imbevuto di concetti e pratiche razionalistiche? MC: Certo, le culture oggi dominanti si fanno sentire, pesano nella scelta del percorso da seguire. L’uomo fa difficoltà a prendere la religione cristiana secondo il suo senso radicale, con le sue esigenze ultime. Fa meno fatica a concepirla come elemento di sicurezza, o come fattore di consenso politico.

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Elementi 23

MC: I partiti, che dovrebbero essere la mediazione fondamentale tra società civile e rappresentanza politica sono spesso diretti in forme totalmente antidemocratiche. Quindi, i fattori che dovrebbero garantire il funzionamento della democrazia sono antidemocratici nell’essenza. C’è dunque una contraddizione diffusa. Ma la democrazia è così, come dicevo in precedenza, un regime debole e contraddittorio. Purtroppo però, non siamo capaci d’inventarne uno alternativo e, soprattutto, migliore.


“Nell’ultimo periodo c’è stato un crollo di qualità della classe politica e dell’etica”

Massimo Cacciari visto da Alessandro Buttà

> Elementi 23

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E: Non crede che occorra cercare, stimolare e supportare coloro che sono in grado di favorire il punto d’incontro di cui dicevamo e far sì che i riverberi di tale azione giungano e coinvolgano sempre più larghe masse di giovani, destinati ad essere la futura classe dirigente italiana? E: Però la democrazia italiana appalesa delle sofferenze che altri non hanno. MC: Sì, è vero. Mi auguro che siano sofferenze transitorie. Per quanto la transizione duri da un bel po’. E: Occorrono persone o gruppi di persone che sappiano incarnare e diffondere il senso autentico e, ancor più, i valori della democrazia. L’orizzonte sembra alquanto nebuloso. MC: Ho fiducia che si possa schiarire, per il bene comune. E: In una società civile compiuta c’è un’eticità pulsante anche nella laicità. Non pensa che questo carattere da noi si sia un po’ perso? MC: L’Italia, dicevano Leopardi, Gioberti, Rosmini è un desiderio. Da noi non si è mai formata un’etica comune. Siamo stati sempre in una situazione di precarietà, se non addirittura di guerra civile più o meno simulata. Ci sono fattori di lunghissimo periodo che non sono stati superati. Negli ultimi tempi c’è stato un crollo di qualità della classe politica e dell’etica. Un ceto è finito traumaticamente e senza eredi. Si è aperto un vuoto che è stato riempito come capitava. È mancata la formazione della classe dirigente, che poteva crearsi solo se si fosse aperta, formalmente, una fase costituente. Così non è stato e si è proceduto a casaccio.

MC: Ripeto, non è facile. Gli ostacoli non sono di poco conto. Ma la tensione a individuare e favorire persone capaci di tale azione bisogna averla. Il coinvolgimento dei giovani poi è sicuramente fondamentale. E: Valore, responsabilità, testimonianza. Tre parole che sono sulla bocca di tutti, politici, religiosi, comunicatori in genere. Non le pare che oltre al fascino che esse emanano, non ci sia null’altro, nessuna azione, nessun comportamento, che ne giustifichi la menzione? MC: Parlare di valori in sé non ha alcun senso… E: Carl Schmitt diceva che “valore” è un termine insignificante usato come arma. MC: Sì, però anche lui agiva sulla base di valori. Perché in fondo non si può vivere se non sulla base di valori, o di gerarchie di valori. C’è da capire, semmai, di quali valori si tratta. Stesso discorso per la parola “responsabilità”. Di per sé non vuol dir nulla. Una volta che stabilisco un mio obiettivo, a quello mi lego e a quello rispondo. Responsabilità vuol dire saper relazionare con il prossimo, farsi carico, o, aver cura, dell’altro. Quindi, non solo rispondere al mio fine, ma soprattutto rispondere agli altri.

E: Tutto ciò a danno del “bene comune”. E poi, le parti politiche sono più interessate a salvaguardare il loro interesse di bottega che quello della Comunità. La faziosità è divenuta sistema. MC: Per guardare al “bene comune” occorre avere un ethos comune. Una condivisione di alcuni principi fondamentali che si formano soltanto facendo costituzioni. Come avvenne nel 1948. Se non si fa questo non si può sperare di creare una classe dirigente in grado di risolvere le questioni poste dalla società civile. E: Allora, non sarebbe opportuno che la parola della fede e quella dell’eticità laica, per il bene della Comunità, trovassero un punto d’incontro sul quale rifondare i valori base dei popoli e delle loro coscienze? MC: Il denominatore comune forte tra impegno politico responsabile e fede è la laicità. La religione cristiana è laica nella sua essenza. Però l’incontro su queste basi non avviene. Perché la politica non ha l’ethos necessario. Fondamento di ogni valore laico. E La religione è costantemente tentata di rafforzarsi, di consolidarsi attraverso un compromesso con la politica. Soprattutto in Italia, nella crisi che stiamo attraversando, si assiste a una cattiva laicità da parte dello Stato e un’altrettanto cattiva laicità da parte della Chiesa.

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“Si comunica attraverso l’esempio e la parola”


E: Comunicare. Anche questa parola è fin troppo abusata. Comunicare è il mezzo che l’uomo ha per rapportarsi all’altro, per conoscere e farsi conoscere. Per progredire. Non le sembra che oggi si tenda a svilire tale risultato attraverso una comunicazione continua, nevrotica e, soprattutto, superficiale. Senza alcun interesse per l’altro e per il sapere vero? MC: È labile la responsabilità della parola. Troppe parole gettate senza pensare ai riflessi che possono avere. Senza pensare all’altro. Io non posso rispondere a chi mi sta di fronte se non attraverso la parola, e per rispondere adeguatamente devo conoscere la parola e saperla usare nel modo più corretto possibile. Comunicare non può avvenire diversamente se non attraverso l’esempio e la parola. E poi, la parola giusta, opportuna, responsabile crea sapere e crescita. E: Ha detto Enzo Bianchi che “ la passione della parola, della comunicazione e quindi della comunione, richiede l’arte del dubbio e della solitudine”.

E: Chi non sa ascoltare il silenzio, non sa neppure interpretare e cercare ciò che nel silenzio palpita e vive. La natura, l’uomo stesso, la vita…

MC: Se parli sensatamente, rispondendo da responsabile, devi aver prima ascoltato. E per ascoltare bisogna saper stare in silenzio. E’ una progressione logica. Se invece si pensa di parlare e basta, perché si ritiene che la comunicazione appartenga solo a noi e che gli altri debbono ubbidire alla nostra parola, allora siamo incapaci di ascoltare e di elaborare un pensiero che abbia senso, valore, spessore. E poi, se non sai ascoltare non sai stare in silenzio. Ma senza ascolto e senza silenzio non si saprà mai parlare. Forse si saprà chiacchierare all’infinto. O monologare all’infinito. Come fanno molti nostri politici che chiacchierano l’uno contro l’altro sovente in modo sguaiato, senza far capir nulla a chi ascolta. Questa è la parola sterile, non nutrita dal silenzio e quindi incapace di fornire risposte alle domande che contano.

MC: Si perde l’essenza della vita. L’anima delle cose. Il valore e il significato di ciò che siamo e del perché siamo.

E: Sempre sul tema del silenzio, lei una volta ha citato André Neher che spiegava la frase biblica: “La voce del vento leggero che si rivolge a Elia” (1 RE 19,12), come la “voce sottile del silenzio”. Quindi il silenzio inteso come rivelazione della Parola di Dio, non come Sua eclissi?

E: E perdiamo il fascino della meraviglia. Quel ponte che sta tra noi e il mistero, che a questo ci avvicina, facendocene scoprire i contorni. MC: Perdiamo la meraviglia e la curiosità, che è poi la fonte della meraviglia. Meraviglia nel senso greco del termine. Chi non sa stare in silenzio, o non ascolta, non potrà mai meravigliarsi di ciò che incontra. Pensa di aver tutto in sé, e non potrà essere aperto alla sorpresa, alla bellezza della scoperta dell’altro. Se non si è in grado di meravigliarsi, non si è capaci di conoscere, di aprirsi alla comprensione delle cose e di arricchire il nostro senso d’umanità. E: Si è più poveri e forse anche più tristi. Inconsciamente tristi. MC: Già… inconsciamente!

MC: Per André Neher “la voce del silenzio” è la forma più autentica del manifestarsi del Signore. La sua teologia fa del Silenzio il Logos di Dio. Quindi il Silenzio inteso come dimensione essenziale della Rivelazione. Il Dio invisibile vuole essere cercato. Ma l’uomo non sa cercarlo perché cerca solo parole-risposte, in quanto incapace di ascoltare l’abissalità del suo Silenzio.

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lavoro INTERVISTA A LUISA TODINI Presidente FIEC (Federazione Industria Europea delle Costruzioni), Presidente Comitato Leonardo e Presidente Todini SpA (Gruppo Salini) Luisa Todini

Premiare il merito al di là delle differenze “Lo scetticismo è lo stupore di fronte al vuoto dei problemi e delle cose. Solo gli antichi sono stati dei veri scettici” (E. Cioran)

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di Giusi Miccoli


E: Come cambia il mercato del lavoro in seguito alla crescente instabilità dei mercati e alla trasformazione demografica e culturale della società? LT: Il mercato del lavoro necessita sempre più di “flexicurity” per venire incontro sia alle esigenze delle imprese, che devono far fronte a sfide globali da parte di concorrenti sempre più agguerriti, sia dei lavoratori che hanno diritto di non sentirsi precari a vita. Il dualismo del mercato del lavoro italiano, con lavoratori iper-garantiti a prescindere dal merito da una parte e forza lavoro poco protetta da efficaci ammortizzatori sociali dall’altro, continua a essere il problema principale. Guardo con interesse al progetto del Ministro Sacconi di “liberare il lavoro per una società attiva”. E: Nel settore edile vi è una presenza elevata di lavoratori stranieri, che costituiscono secondo recenti dati Censis, il 32% degli occupati del settore. Come cambiano le politiche di organizzazione e gestione delle persone?

E: In Italia ha senso parlare ancora di pari opportunità? È preferibile puntare sul merito, supportando così tutti i lavoratori “competenti”, al di là delle differenze di genere, culturali, generazionali?

LT: Dietro l’impiego di lavoratori stranieri spesso si nasconde lo sfruttamento del lavoro sommerso e irregolare che noi costruttori, attraverso le associazioni di settore, combattiamo fortemente. In quel mondo grigio-nero infatti, oltre alla concorrenza sleale, si annidano gravi rischi per la sicurezza. Nel Gruppo Salini che opera in 40 Paesi, i 13.000 dipendenti sono per il 90% stranieri e di 60 diverse nazionalità, con differenze etniche, culturali, religiose, oltre che linguistiche, facilmente immaginabili. Nonostante questo la comunità umana e professionale è integrata e la diversità, al di là di ogni retorica, risulta una ricchezza per tutti, per l’azienda e per chi vi lavora. Negli ambienti lavorativi si favorisce l’interscambio delle culture e delle professionalità anche attraverso la condivisione delle esperienze formative. Le possibilità di crescita sono aperte a tutti, come è dimostrato dalle posizioni dirigenziali raggiunte da persone di varia nazionalità.

LT: Le pari opportunità sono una condizione di partenza irrinunciabile per uno Stato democratico e liberale. Mi auguro che le nostre future classi dirigenti sappiano privilegiare l’interesse generale, siano disponibili a innovare. Soprattutto che sappiano riconoscere il merito rispetto all’appartenenza, superando le rendite di posizione e valorizzando i talenti. A proposito del ricambio generazionale mi sembra importante far entrare sulla scena le giovani leve, le cui capacità e potenzialità devono essere valorizzate all’interno della struttura aziendale non solo in termini di remunerazione ma anche in termini di assunzione di responsabilità!

E: Il “made in Italy” è un marchio riconosciuto fuori dall’Italia prevalentemente per settori come moda e agro-alimentare. Può essere un brand anche per le grandi opere realizzate all’estero? LT: La percezione del made in Italy all’estero ha subito un’evoluzione nel corso degli ultimi anni. Sebbene il settore della moda e dell’agro-alimentare rappresentino, sia in termini di riconoscibilità che di fatturato, il punto di forza della proiezione italiana all’estero, si sta diffondendo una nuova consapevolezza del contributo che le grandi opere apportano al made in Italy nel mondo, anche come effetto traino per altri prodotti. Per made in Italy non si intende solo il “prodotto finale”, bensì l’insieme dei passaggi che dall’idea iniziale portano alla realizzazione ultima, questo perché è l’intero processo a racchiudere l’unicità dell’eccellenza italiana. In questi termini, anche le grandi opere realizzate all’estero dalle nostre aziende contengono l’essenza del brand Italia e possono rappresentare una moderna opera d’arte.

E: Le ultime vicende Fiat e le sentenze della magistratura sulla validità dei contratti del settore metalmeccanico segnalano la necessità di modificare la contrattazione coinvolgendo le parti sociali e allo stesso tempo garantendo flessibilità e competitività per le imprese. Quale una possibile soluzione? LT: A livello europeo la FIEC partecipa al Dialogo Sociale Comunitario istituito dall’Unione Europea in qualità di rappresentante dei datori di lavoro del settore delle costruzioni. Si tratta di uno strumento fondamentale per promuovere il dibattito e il confronto tra le parti sociali al fine di elaborare scelte condivise su temi comuni fondamentali per il rilancio della crescita e della competitività del sistema industriale europeo. Coinvolgere le parti sociali nella contrattazione non può però inficiare la garanzia della flessibilità che, mai come in questo momento, è elemento necessario per la tutela della competitività delle nostre aziende ed è cosa ben diversa dalla precarietà. La flessibilità dovrebbe essere percepita come un valore aggiunto non solo dall’azienda, ma anche dallo stesso lavoratore che deve sentirsi realmente parte dell’impresa per la quale lavora, sapendo altresì di poter contare su un mercato del lavoro dinamico e aperto, in cui grazie alla propria capacità e know-how è possibile ricollocarsi. Ma una cosa è certa: la flessibilità è un valore laddove un Paese cresce e crea nuove opportunità, altrimenti è precariato cronico.

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Go Green

L’energia solare

di Diego Masi Fausto Lupetti, 2010, pag. 209, euro 18,00

di Pietro Menna e Francesco Pauli Il Mulino, 2010, pag.144, euro 9,00

Il fattore umano sta influenzando il clima con vaste emissioni di gas serra, dovute allo sfruttamento di combustibili fossili, alla deforestazione, all’agricoltura, agli allevamenti intensivi e all’industrializzazione. La rivoluzione verde è il primo tentativo collettivo di salvare la specie. Diego Masi, in questo libro analizza i segmenti chiave degli attegiamenti idonei a far si che il cambiamento necessario si possa realizzare con il coinvolgimento di tutti, attori del mercato energetico, istituzioni e Comunità.

Nel volume sono presi in esame gli aspetti tecnologici ed economici dello sfruttamento dell’energia solare ed è delineato un quadro delle politiche nazionali e dell’Unione Europea nel settore. Infine, sono indicati alcuni scenari di sviluppo di questa fonte di energia che sarà nel tempo più a buon mercato di quanto oggi si creda. Pietro Menna, ingegnere, è responsabile delle attività di sviluppo e dimostrazione delle tecnologie solari presso la Direzione generale dell’Energia della Commissione Europea, a Bruxelles. Francesco Pauli, ricercatore in Statistica nell’Università di Padova, ha lavorato all’Enea dove si è occupato di temi legati all’economia del settore energetico.

“Quando una lingua rischia di sparire, allora è in pericolo anche chi la parla” (Andrea Zanzotto)

150 anni di energia in Italia di Adriano Piglia e Laura Cardinali Ed. Gruppo Italia Energia, 2011, pag. 119, euro 18,00

Nonostante la scarsità di risorse energetiche, l’Italia ha saputo nel tempo trovare soluzioni originali e idee innovatrici per supplire a tale mancanza, come dimostrano la scoperta del “carbone bianco” o l’uso del gas naturale, come combustibile per l’industria. Adriano Piglia è stato presidente e amministratore delegato della Esso Italiana. È autore di: “Le nuove frontiere del gas”; “Petrolio ieri e oggi. E domani?”; “Energie rinnovabili: un sogno nel cassetto?”. Laura Cardinali ha conseguito il Master in Gestione delle Risorse Energetiche.

Biogas (Come ottenere energia alternativa) di Francesco Calza Sandit, 2011, pag 64, euro 8,95

I benefici che si ricavano dalla produzione del biogas non sono solo energia pulita, ma impattano in modo importante con l’ecologia. I batteri anaerobici (ndr: l’anaerobiosi è la capacità di un organismo di vivere in assenza di ossigeno) per produrre il gas si nutrono con prodotti altamente inquinanti e li trasformano in energia e in materiali inerti, utili in agricoltura.

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

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Mondo Piccolo nella migliore comprensione di chi parla e di ciò che si ascolta, perde questa capacità e si fa superficiale e anonimo. Da tale situazione ne esco rammaricato e deluso. Così, prometto a me stesso di non ricaderci, di non farmi influenzare dalla comune fretta di dire, dalla pretesa di chi ci ascolta di condensare il discorso in tempi brevi. Pena l’essere interrotto, o peggio ancora, la disattenzione o la frenetica evidente impazienza dell’interlocutore. Ma poi ci ricado. Come se avvertissi che quello che vorrei porre in essere è qualcosa che non procurerebbe effetto alcuno, tanta l’abitudine diffusa ormai di pensare, fare e dire in modo svelto, convulso e nevrotico. Come sarebbe più produttivo invece potersi esprimere con tranquillità, coscienti che chi ci ascolta ha la voglia, l’interesse, e, più ancora, la disposizione a sentire ciò che diciamo, a dargli una valenza. Perché questo accada occorre essere consapevoli che il dialogo è la prima e la più importante forma di conoscenza e di crescita che l’uomo ha. Conoscenza di se stesso e degli altri, dei limiti e delle forze che ci attraversano.

Mp La parola, l’ascolto, il tempo A volte, quando mi approccio a iniziare un dialogo con una persona, sono preso dal timore di dovere dire tutto presto e in modo sintetico. Perché oggi la comunicazione è caratterizzata dalla velocità e dalla sintesi. Colpa del fare continuo che esige tempo, tanto, troppo tempo. Io che amo le pause, la ricerca delle parole giuste, che aspetto

il trasformarsi di una sensazione, di un’emozione in pensiero, mi trovo in difficoltà, sono preso da un moto d’ansia che alla fine mi porta a dimenticare qualcosa, a non offrire, a chi mi ascolta, la giusta misura, la giusta intensità, il giusto senso di quello che devo comunicare. In queste circostanze, non solo la parola è stracciata, ma anche lo sguardo, che quella mutua

Un momento di comunione con chi ci sta di fronte. Il primo viatico verso l’approfondimento di un rapporto che può tracciare un solco importante nella vita di ciascuno. Così, mentre scrivo queste impressioni sulla carta, penso che forse è arrivato il momento di agire in modo più deciso, senza più tentennamenti, dando cioè al pensiero e alla parola che lo veicola, l’importanza che meritano, ma soprattutto la responsabilità che è insita in loro. E dico a me stesso: “chi se ne importa se gli altri non lo fanno. Comincio io. Da ora con chiunque dialogherò, lo farò come pare a me, con lentezza, con pacatezza, con chiarezza. Affidando alle parole, quelle giuste e opportune, quanto ho nella mente, nell’animo e, soprattutto, nel cuore. E se chi mi sta di fronte sbuffa, s’agita, suda, bé, peggio per lui, se ne farà una ragione. Oppure s’interrogherà e forse scoprirà che il tempo, quello del fare, ha più valore e forza se è aiutato da un tempo che ama il pensare, il ricercare e il dire con autenticità, con lealtà, con sentimento”. lo Smilzo

Filo di Nota

“Una perversa efficienza” La memoria ormai è stata data in outsourcing a computer, motori di ricerca, agendine digitali, iPad. Per i sociologi è una sorta di “perversa efficienza”: perché faticare per “tenere a mente” date, nomi, indirizzi, quando basta interrogare Google o Wikipedia?

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COLLOQUIO DEI VULCANI (…) Io sono un Vulcano del Pacifico…Nella notte splendo come un faro pauroso all’imboccatura di un porto scomparso. Passando alte sulla mia bocca le nuvole portate sulle ali dei tifoni arrossano come al tramonto. Le acque sono tiepide attorno a me per un raggio di tre miglia. Le lave si spengono nel mare mandando grida di naufragio…Non ho mai fatto male a nessuno. Penso che attorno a me sorgerà forse dalle acque, nel giro dei millenni, un continente, e mi compiaccio di questo sogno.

Orio Vergani* (in “Colloquio dei Vulcani”, 1927)

*Milano, 1898-1960. Fu assunto al “Corriere della Sera” nel 1925, dove rimase – salvo una interuzione tra il 1943 e il 1946 – fino alla morte. Realizzò importanti reportage di viaggi, servizi di cronaca e di varietà sugli eventi più disparati, nonché cronache culturali e raffinati “elzeviri”.

Energia, letteratura, umanità

E+ Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà

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Giosetta Fioroni La ricerca di Giosetta Fioroni, artista ecletticamente aperta a diversi mezzi di creazione delle immagini (pittura, scultura, fotografia, cinematografia, scenografia), rappresenta una delle migliori linee di continuità tra le esperienze della Pop Art e i nostri giorni. Nata a Roma nel 1932, dopo aver conseguito il Diploma all’Accademia di Belle Arti, nel 1958 si trasferisce a Parigi dove frequenta lo studio di Tristan Tzara e partecipa alle esposizioni del “Salon des Realites Nouvelle” e in Germania a quelle del Museo di Leverkusen. Non perde i contatti con Roma e la sua opera, sia pure in una posizione più defilata, diviene espressione delle ricerche che, con Franco Angeli, Tano Festa e Mario Schifano, fanno della “Scuola di Piazza del Popolo” luogo di riferimento della via italiana alla Pop Art - rigorosamente fondata sulle stratificazioni culturali espresse dall’arte europea - senza peraltro riconoscersi nella Pop Art come Movimento unitario. Il suo linguaggio si distingue non solo per la tecnica usata, nella quale prevale l’argento carbonizzato nella rielaborazione di immagini fotografiche proiettate sulla tela emulsionata, ma soprattutto perché è sempre in bilico tra materia e immagine e la pittura non nega mai sé stessa a vantaggio “dell’oggetto”. Successivamente si dedica anche alla realizzazione di “teatrini” in legno con oggetti miniaturizzati e, nel 1968, realizza “La spia ottica”, una performance teatrale che inaugura la Rassegna “Il Teatro delle Mostre” allestita a Roma nella Galleria “La Tartaruga” di Plinio de Martiis. La sua opera è caratterizzata da una costante ricerca interiore e da una manualità artigianale (espressa nei “collages”, negli “argenti”, nei “teatrini”, negli “spiriti silvani”, nelle “teche”) che la fanno emergere tra le figure rappresentative dell’arte del secondo Novecento. La sua lunga carriera è segnata da prestigiosi traguardi: partecipa, tra l’altro, alla Quadriennale di Roma (1955 e 1973), alla Biennale di Venezia (1956, 1964, 1993 e 1995), a “La Boite au XX siecle” al Musée d’Art Moderne di Parigi, alla collettiva “Arte Italiana 1960 - 1982” alla Hayward Gallery di Londra, nel 1991 alla mostra “Roma anni ‘60” al Palazzo delle Esposizioni di Roma e, nel 2007, alla Rassegna “Pop Art: la via italiana” allestita nel Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo di Chieti.

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Summertime 1977, olio e smalti su tela cm. 200x236 (Collezione privata Giosetta Fioroni).

la Copertina a cura di Vittorio Esposito

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