Elementi 18 - Dicembre 2009

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Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Ue, urge politica energetica e fiscale comune Sergei Shmatko

Energia e Ambiente: La nuova “Casa Russia” Guido Bertolaso

Termovalorizzatori e differenziata per lavoro e territorio Angelo Alessandri

Sviluppo rinnovabili, uguale crescita economica e occupazionale Samuele Furfari

Chiarezza e solidarietà energetica tra gli Stati UE Massimo Ricci

Mercato libero, il gas arranca Guglielmo Epifani

Occupazione, formazione, sostenibilità. Il futuro passa da qui Marcello Veneziani

Usciamo dalla fazione, diventiamo Comunità

speciale

IL NUCLEARE CHE VERRÀ

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Periodico del GSE dicembre 2009

Elementi

Andrea Ronchi


immaginiamo un futuro dove sia l’uomo a prendersi cura della terra Eni 30percento. 24 consigli per diminuire fino al 30% il costo dell’energia nella tua famiglia e risparmiare fino a 1600 euro all’anno. Cercali su eni.it Dal 2007 eni è presente nei più importanti indici di sostenibilità.

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Dal settore energetico opportunità per economia e lavoro. Lo sviluppo tecnologico e industriale legato all’energia rinnovabile potrebbe essere la chiave di volta per uscire dalla crisi economica, consentendo anche un aumento del nostro Pil di circa 2 punti percentuale. In ambito mondiale il mercato dell’energia pulita dovrebbe passare da un valore di circa 100 miliardi di dollari nel 2005, ai 280 miliardi nel 2020, favorendo così un consistente aumento del livello occupazionale stimato in oltre 5 milioni di addetti entro il 2030. Mentre in Italia dovremmo registrare un incremento dei posti di lavoro equivalente a 141 mila unità nei prossimi 10 anni, più altri 340 mila che potrebbero nascere se si liberassero risorse e tecnologie. Si tratta dunque di prospettive allettanti alle quali occorre giungere attraverso un’adeguata, concreta e completa politica energetica. L’Italia a questo proposito ha fatto passi da gigante, soprattutto sulle fonti rinnovabili, ma c’è ancora da lavorare per superare il divario che ci separa dalle nazioni che prima di noi hanno avviato un processo di rinnovamento nel comparto energetico. A cominciare dal superamento di alcune criticità che frenano lo sviluppo delle energie alternative. Tra cui: per l’eolico, la definizione di regole omogenee e di tempi certi nella soluzione dei processi autorizzativi; per il solare, la semplificazione dell’iter burocratico per l’installazione degli impianti e il dimensionamento degli incentivi a seconda delle tipologie costruttive; per le biomasse, favorire l’integrazione con il sistema agroforestale e con altri cicli industriali come quello dei rifiuti. Senza contare la necessità d’intervenire sulla rete elettrica,

il cui ammodernamento ridurrà le congestioni, che pesano sui costi dell’elettricità e costituiscono un freno allo sviluppo delle nuove energie. E poi, aspettiamo sempre con interesse di analizzare iniziative nuove nel mercato delle rinnovabili. Ma non basta. Un ruolo importante lo svolgeranno il risparmio energetico ma, soprattutto, la ricerca e l’innovazione, che vanno incentivate e finanziate con visione e nel modo più equo, sì da evitare di ricorrere all’utilizzo di competitività straniere che rappresenterebbe una riduzione degli effetti positivi derivanti dallo sviluppo del settore. Il tutto dovrà trovare attuazione attraverso una strategia nazionale coraggiosa e fattiva che ben s’integri con quanto indicato dalla legge 99/209, ottimo viatico per lo sviluppo del comparto energetico e delle fonti rinnovabili in particolare. Poi, certo, il ritorno al nucleare contribuirà a migliorare il mix di fonti per la produzione di elettricità, rendendoci meno dipendenti dal metano, dal gas e dal petrolio soprattutto, e dalle altalenanti situazioni politiche o sociali degli Stati dai quali tali fonti sono approvvigionate. E favorirà l’abbattimento di percentuali significative di Co2. Tema questo che rimane al centro delle politiche energetiche di tutti i paesi industrializzati, e rappresenta un ulteriore stimolo al raggiungimento degli obiettivi finalizzati alla creazione di una cultura della riduzione di emissioni climalteranti. Insomma, la strada da percorrere per rendere il nostro comparto energetico funzionale e competitivo ancora è lunga, ma il cammino intrapreso è quello giusto. Visione, competenza, determinazione saranno importanti per il buon esito della partita in gioco, dalla quale dipendono la credibilità, il peso politico ed economico dell’Italia.

l’Editoriale di Emilio Cremona / Presidente GSE

l’E Elementi 18

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Direttore Responsabile Romolo Paradiso Coordinamento redazionale, Segreteria di redazione e pubblicità Luca Speziale luca.speziale@ acquirenteunico.it Tel 06 80134794 Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Livia Catena Natascia Falcucci Claudia Momicchioli Luca Speziale

Realizzazione impianti e stampa Sar Offset srl Via di Pietralata, 198 00158 Roma Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma Editore GSE Direttore Editoriale Fabrizio Tomada Hanno collaborato a questo numero Roberto Antonini Edoardo Borriello Livia Catena Mauro De Vincentiis Vittorio Esposito Jacopo Giliberto Piergiorgio Liberati Fabrizio Mariotti (La vignetta di Fama)

Editing Maria Pia Terrosi Progetto grafico e impaginazione Imaginali

Gabriele Masini Giusi Miccoli Claudia Momicchioli Luca Speziale

Un particolare ringraziamento a Natascia Falcucci Gianluca Lanza Salvo Lanza Eleonora Mazzone Gennaro Niglio Sandro Renzi Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi A2A Aper Asja Banca Intesa San Paolo Banca Popolare di Sondrio Egl Enel Energethica (Fiera di Genova) Eni Klimaenergy (Fiera di Bolzano) Fri-El Ibm MCE (Fiera di Milano) Mitsubishi Ray Energy Terna Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte.

Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato

In copertina Energia ascensionale 2009, tecnica mista su cartoncino di Enrico Sirello Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

Chiuso in redazione nel mese di novembre 2009

Elementi è visibile in internet al sito www.gse.it all’interno del link “Media”

GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680111 F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it

AU Guidubaldo Del Monte, 72 00197 Roma T +39 0680101 F +39 0680114391 info@acquirenteunico.it www.acquirenteunico.it

GME Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680121 F +39 0680114393 info@mercatoelettrico.org www.mercatoelettrico.org

Elementi

Anno 2009 n. 18 dicembre 2009

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Ambiente, Clima, Energia

Dalle parole ai fatti

A parole c’è tanta buona volontà. Tutti i Paesi, compresa India e Cina, sono disposti a ridurre i consumi energetici, a investire sulle rinnovabili e ad abbattere le emissioni climalteranti. Ma ora bisogna passare ai fatti. L’obiettivo indicato per il 2020 va rispettato. E i fatti sono individuabili nell’applicazione di strategie che riguardano il fissare standard precisi per le rinnovabili; compiere controlli e rilevamenti sull’efficienza industriale; classificare adeguatamente gli immobili; istituire indici di efficienza per gli autoveicoli; imporre parametri esatti per il consumo del carbone come combustibile; indicare valori idonei per gli elettrodomestici e attuare politiche atte a frenare la deforestazione. Ma non basta. In prospettiva, sarà necessario sequestrare e stoccare geologicamente il diossido di carbonio, incrementare la produzione di energia nucleare e di pannelli solari di nuova generazione. È chiaro che il raggiungimento degli obiettivi prefissati dipenderà sostanzialmente dagli stanziamenti economici che a queste strategie si vorranno destinare. E dalla ricerca, che andrà favorita, incrementata e supportata adeguatamente da un punto di vista economico. Senza di essa in nessun campo potranno mai riscontrarsi progressi. Poi servirà agire seriamente per creare un’opportuna educazione ambientale ed energetica, oggi ancora carente in molti Stati, anche in alcuni di quelli a “economia avanzata”. Politiche in tal senso andranno messe in atto nelle scuole, nelle università, nei posti di lavoro. Utilizzando gli strumenti più idonei, da quelli tradizionali a quelli più evoluti, così da catturare la più vasta fetta di opinione pubblica. Avere una popolazione sensibile e disposta a questo tipo di cultura significa aggiungere un ulteriore segmento di civiltà al percorso delle Comunità. Tutto ciò dovrà attuarsi attraverso uno sforzo veramente sinergico, che impegni i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Pena un ulteriore e inarrestabile depauperamento del pianeta.

Virgolette di Romolo Paradiso

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rubriche

primo piano

03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette” 08 P° il Punto 56 Bi Biblioteca 58 Mp Mondo Piccolo 58 Fn Filo di Nota 62 Co la Copertina

10 UE, urge una politica

Incontro con Andrea Ronchi

energetica e fiscale comune

14 La nuova “Casa Russia” 16 Termovalorizzatori Intervista a Sergei Shmatko

A colloquio con Guido Bertolaso

e differenziata: si sconfigge l’emergenza, si crea lavoro e si aiuta il territorio

18 Con sviluppo rinnovabili,

Conversazione con Angelo Alessandri

crescita economica e posti lavoro energia rinnovabile

20 Rinnovabili, massimo di Nando Pasquali

sfruttamento con la “rete intelligente”

22 Più trasparenza e solidarietà di Samuele Furfari

energetica tra Stati Ue

Elementi

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25 Sul tetto più alto

Il parere di Domenico Sartore

energia e innovazione

46 Il coraggio di cambiare rotta

Quattro chiacchiere con Massimo Ippolito

mercato elettrico

28 Mercati a termine, un vantaggio per Au

energia del pensiero

48 Usciamo dalla fazione,

Intervista a Marcello Veneziani

30 GME, nuovi strumenti contro

diventiamo Comunità

la volatilità dei prezzi

lavoro

33 53 Mercato libero, il gas arranca Occupazione, formazione, Parla Massimo Ricci

Il pensiero di Guglielmo Epifani

energia e ambiente

36 Eolico, che vento tira 39 La cultura dell’energia?

sostenibilità. IL futuro passa da qui

Dialogo con Mario Tozzi

Da noi non c’è speciale

42 Il nucleare che verrà

Sommario

So


Una cultura dell’energia intelligente Ecco di cosa abbiamo veramente bisogno Copenaghen si chiude, e già ci si prepara a un prossimo appuntamento sul clima nel quale applicare quanto deciso alla Conferenza delle parti. E per completare ciò che Copenaghen lascia aperto. Anche se a parole tutti puntano verso accordi per ridurre le emissioni di anidride carbonica, nei fatti le posizioni tra Europa, Stati Uniti e Paesi in crescita sembrano lontane. Per esempio l’Unione europea ha discusso se proporre a Copenaghen un finanziamento obbligatorio versato dai Paesi ricchi ai Paesi in via di sviluppo: un fondo che servirebbe a pagare il trasferimento delle tecnologie più efficienti verso i Paesi che non hanno i soldi per investire. L’ipotesi europea parlava di un fondo di 100 miliardi di euro l’anno da pagare

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tra il 2012 al 2020 per finanziare la riduzione delle emissioni. L’idea è stata accolta dai cinesi con un sorriso: la sola Cina avrebbe bisogno di investimenti nell’ordine dei 350 miliardi l’anno, mentre alcuni Stati in via di sviluppo sono arrivati a una stima di due miliardi l’anno, 20 volte più di quanto ha ipotizzato Bruxelles. Ultra perplessi gli Usa insieme a Canada e Australia: eventuali contributi devono essere volontari. I dibattiti internazionali però non spostano il nocciolo del problema. Il percorso che l’Italia deve seguire è tracciato, qualunque sia il risultato dei negoziati internazionali. E qualunque sia la scelta di questi mesi o di questi anni, in linea prospettica ognuno di noi si troverà coinvolto dal processo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.


Il primo punto riguarda le fonti rinnovabili di energia. Una razionalizzazione degli incentivi è un passo importante da fare. È il caso del Cip6, una forma di incentivazione che era innovativa una ventina di anni fa dopo il referendum antinucleare prima che cominciasse la conversione del sistema italiano di centrali elettriche verso la tecnologia del ciclo combinato a gas. Oggi il Cip6 è una formula vecchia ed anche assai discutibile nello scenario che ha assunto il mercato. Inoltre, l’incentivazione al fotovoltaico (sacrosanta!) ha creato alcune distorsioni di mercato per una tecnologia importante ma non risolutiva sul fronte della produzione di chilowattora. Finora non ha avuto molta valorizzazione come tema di dibattito l’argomento dell’innovazione del settore delle fonti rinnovabili di energia. L’Italia non ha un’industria "verde" molto sviluppata. Eppure dal punto di vista dell’innovazione il Bel Paese è stato a lungo tra i primi per la ricerca nell’eolico, nel solare, nell’utilizzo delle maree e così via. Gran parte di queste conoscenze sono andate disperse, e gli inventori stentano a trovare ascolto tra i possibili finanziatori. L’assenza di un’industria forte scoraggia la ricerca. Eppure le linee dell’economia futura mostrano in modo evidente che i mercati di domani saranno guidati da chi ha in mano l’innovazione energetica. Merita cautela il settore nucleare. È una tecnologia energetica interessantissima, ma non è opportuno confidare in essa come un toccasana sulle emissioni. Il ciclo del combustibile, per esempio, emette tanta anidride carbonica, quasi quanta ne risparmia poi il funzionamento della centrale. Le aziende elettriche inoltre sono divise tra l’interesse per questa tecnologia e le difficoltà di investimento. Il nucleare infatti richiede molto denaro, e per realizzare in Italia un piano atomico è necessaria la formazione di un raggruppamento solido e coeso. Le fonti convenzionali di energia sono destinate ad avere comunque il ruolo più sostanzioso sul mercato nazionale. Difficilmente vedremo nuove centrali con quella furia costruttiva che aveva caratterizzato gli anni passati. Piuttosto, ci sarà un adeguamento delle centrali vecchie.

Ormai residuale è l’olio combustibile, mentre il carbone dovrebbe trovare una posizione più forte con l’avvio della nuova centrale di Porto Tolle dell’Enel, oggi a olio combustibile. Un’altra rotta da seguire è la rete elettrica. Una rete di alta tensione più efficiente riduce i costi dell’elettricità. Un esempio per tutti, sul quale ne sanno qualcosa le due figure che stanno agli estremi della filiera, i consumatori industriali di elettricità e Terna. Quest’ultima si scontra con le difficoltà nella posa delle linee di alta tensione. Impazzisce tra firme degli assessori e delibere comunali. Così l’elettrodotto tra la Sicilia e la Calabria cammina con il passo della tartaruga. Quali sono le conseguenze? Nella Sicilia mal connessa il chilowattora è pagato alle società elettriche spesso a un prezzo proibitivo, che è poi suddiviso sul prezzo unico nazionale pagato dagli acquirenti. Per effetto dei sovracosti siciliani, finché non sarà costruita la nuova linea, i consumatori italiani pagheranno una corrente più cara. Ma l’esempio della Sicilia è solamente uno fra i mille nodi di una rete elettrica che, avanzatissima fino a una decina di anni fa, è rimasta indietro quando l’Italia si è riempita di centrali a ciclo combinato. Il fenomeno si renderà più evidente con la diffusione delle microcentrali. Cioè con le fonti rinnovabili di energia, che sono impianti di dimensioni contenute collocati là dove è possibile catturare più sole, più acqua o più vento: cioè spesso in luoghi remoti. E si manifesterà con la diffusione della generazione distribuita. Ma già oggi ci sono centinaia di impianti di taglia micro che piangono in attesa di un allacciamento alla rete. A questo serviranno le smart grid, le reti intelligenti. Le reti attuali sono concepite per grandi centrali che inviano la corrente verso i punti di consumo. Invece i mille impianti di produzione distribuita si trovano sparsi su tutti i punti della rete, mescolati con quelli di consumo, e producono elettricità in modo incostante. Ma l’investimento più importante in assoluto, e sempre poco dibattuto, è sul fattore umano. L’educazione, l’informazione e la cultura dell’energia intelligente. La rivista Elementi ci prova.

il Punto di Jacopo Giliberto

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primo piano

UE, urge energetica e INCONTRO CON ANDREA RONCHI Ministro delle Politiche comunitarie Andrea Ronchi

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una politica fiscale comune Un anno fa l’Italia ha ingaggiato una trattativa – ancora in corso - con Bruxelles sui “numeri” e sull’approccio generale ai temi delle rinnovabili, delle emissioni e dell’efficienza. Ne parliamo con il ministro delle Politiche comunitarie, Andrea Ronchi.

di Gabriele Masini E: Con il Piano 2020, i Paesi UE hanno assunto impegni importanti. Sono obiettivi realistici, in particolare per l’Italia? Occorre una legislazione unica sugli incentivi alle fonti rinnovabili? AR: Sono le stime della Commissione europea a dirci se l’obiettivo del 17% è realistico o meno: il potenziale massimo teorico per l’Italia è circa il 14%. Per il raggiungimento dell’obiettivo è fondamentale l’evoluzione delle tecnologie e della ricerca, che permetterà di ottenere una maggiore efficienza nella produzione da energia rinnovabile e renderà meno costoso il raggiungimento degli obiettivi. Se l’iniziativa avrà successo tutta l’Ue riscontrerà un avanzamento tecnologico senza disparità tra Stati membri. E: Secondo alcuni uno degli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi è la mancanza di una politica energetica e fiscale comune. AR: Già prima della direttiva rinnovabili l’Italia chiedeva che gli incentivi fossero armonizzati a livello europeo, cosa che non è stata possibile. Se gli obiettivi sono armonizzati e gli strumenti no, si creano delle difficoltà e distorsioni. Sarebbe utile avere un framework europeo, ma evidentemente i tempi non sono maturi. Alcuni Stati membri pensano di essere in grado di fare l’interesse nazionale da soli. Ma ciò non è possibile soprattutto su tali materie. E: In questo senso l’Italia chiede più Europa, contrariamente a quanto appare spesso. AR: Nell’azione del nostro governo l’Europa è centrale. La percentuale di legislazione europea che ci arriva è talmente alta che non è possibile tirarsi fuori. E: La trattativa sulla Fase 3 dell’Ets a livello europeo è ancora aperta. Noi chiediamo flessibilità per i nuovi entranti,

Bruxelles mostra rigidità. Ci sono possibilità di rivedere qualche passaggio? AR: Per noi c’é un problema strutturale sui nuovi entranti: abbiamo ricevuto un tetto complessivo alle emissioni insufficiente rispetto ai potenziali di riduzione. Non abbiamo le quote di emissione da assegnare ai nuovi impianti, e dobbiamo dargliele per legge. Anche la Francia ha un problema simile. Ha cercato di risolverlo togliendo alcune quote assegnate al termoelettrico, vendendole e acquistando con il ricavato quote per i nuovi entranti. Ma la Commissione non è stata d’accordo considerandolo un aggiustamento ex post. E: L’Italia è stata penalizzata in sede di burden sharing? AR: I criteri di ripartizione dello sforzo sono stati e sono un po’ sballati. Nei settori non coperti dall’emission trading la suddivisione dello sforzo di riduzione è tarata sul Pil pro capite e ciò penalizza l’Italia perché non tiene conto che noi siamo più efficienti degli altri. Se invece del Pil pro capite si utilizza il criterio delle emissioni per unità di Pil – e cioè dell’efficienza – l’Italia avrebbe uno sforzo inferiore da fare perché ha un sistema più efficiente. In pratica si tratta o di ridurre le emissioni dove è più opportuno ed economico, oppure far pagare ai più ricchi lo sforzo dei più poveri. Sono due modi diversi di affrontare la questione, che si porranno di nuovo a Copenhagen. E: A che punto siamo con le trattative per il post Kyoto? Bruxelles ha messo sul piatto 100 miliardi di euro per aiutare i paesi emergenti a ridurre le emissioni, in cambio di impegni certi. Sarà un altro aggravio per i cittadini europei? AR: Siamo lontani da una soluzione sulle questioni chiave: quali sono gli obiettivi, quanti soldi ci mettiamo, come viene calcolato il contributo per i paesi emergenti. L’Italia è stata sempre perplessa sulla quantificazione del contributo in 100

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miliardi di euro. Non c’è una stima vera sul fabbisogno. La cifra fatta da Gordon Brown, citando un’ipotesi di lavoro, sebbene fosse aleatoria è stata presa a riferimento dalla Commissione e dal Consiglio. Potrebbero essere 50 come 250 miliardi. Ciò diventa un grosso problema per l’Italia che ha dei vincoli di bilancio, e molto dipenderà dai criteri di ripartizione. Su questo approccio tutti i ministri europei delle Finanze si sono dimostrati perplessi. E: Nel frattempo la Commissione europea ha pubblicato una lista dei settori industriali a rischio carbon leakage, cui saranno assegnati permessi gratuiti anche nella Fase 3. Basterà a proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza di Paesi senza vincoli in materia di emissioni? AR: L’Italia è abbastanza soddisfatta del risultato. Abbiamo ottenuto una protezione adeguata del sistema manifatturiero dalla concorrenza sleale in tema di impegni di riduzione delle emissioni. Inoltre, è allo studio una proposta francese per introdurre un meccanismo di compensazione alla frontiera, sulla quale non c’è ancora una posizione definita.

E: La politica del governo per il ritorno del nucleare in Italia ha già incontrato forti opposizioni. È realistico pensare di superarle in tempo per posare la prima pietra nel 2013? AR: Tutti vogliono consumare energia elettrica. L’Italia paga l’energia il 35% in più rispetto all’Unione europea. E’ un aggravio per le famiglie e un peso considerevole per la competitività delle imprese. L’origine di tale grave squilibrio è il mix energetico: dipendiamo troppo dal gas naturale, il cui prezzo è legato a quello del petrolio. Possiamo scegliere se continuare a essere dipendenti oppure no. Le strade che il governo ha scelto sono un aumento delle rinnovabili fino al 25% del mix elettrico e la creazione di una quota del 25% di nucleare. Questo per ottenere maggiore sicurezza degli approvvigionamenti, minori emissioni, minori costi per le imprese. Si tratta di tre colonne portanti della politica europea sull’energia e sui cambiamenti climatici. Non essere d’accordo con la politica del governo su questi temi vuol dire non esserlo nemmeno con quella dell’Unione europea.

Rapporto produzione FER/CIL per regione Target nazionale del 22% al 2010 prescritto dalla Direttiva Europea 77 del 2001 Nel grafico è riportato il rapporto tra il valore della produzione da fonti rinnovabili e il consumo interno lordo per ogni regione. In rosso è stato evidenziato il valore del target del 22%, fissato per l’Italia dalla direttiva 2001/77/CE, ora superata dalla direttiva 2009/28/CE, ma ancora unico benchmark per possibili confronti. Val d’Aosta e Trentino Alto Adige hanno produzione da fonti rinnovabili, in larga parte idrica, maggiore del loro Consumo Interno Lordo. La Toscana gode della produzione geotermica e il Molise di un equilibrato rapporto tra produzione e consumi. In coda la Liguria preceduta da Lazio e Sicilia, la cui conformazione energetica è influenzata dai grandi insediamenti termici tradizionali. Fonte GSE 0

50

100

150

Valle d’Aosta

250 235,2

Trentino Alto Adige

136,4

Toscana

28,2

Molise

26,4

Calabria

22,1

Abruzzo

21,2

Piemonte

21,1

Umbria

18,8

Friuli Venezia Giulia

17,3

Basilicata

16,7

Lombardia

16,6

ITALIA

16,5

Veneto

12,9

Puglia

9,7

Sardegna

7,9

Campania

7,5

Marche

7,1

Emilia Romagna

6,2

Sicilia

5,2

Lazio

4,6

Liguria

4,2

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200

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ll sole raccomanda i sistemi fotovoltaici Mitsubishi Electric.

Il sole è una fonte di energia inesauribile, sicura, ecocompatibile. E molto redditizia. Infatti, grazie all’incentivazione del Conto Energia e al risparmio sulla bolletta elettrica, il fotovoltaico è oggi una vantaggiosa opportunità di investimento. Ecco perché è meglio scegliere un partner affidabile come Mitsubishi Electric, che vanta oltre 25 anni di esperienza nell’industria solare e offre la garanzia di soluzioni tecnologicamente avanzate, inalterabili nel tempo e dal rendimento eccezionale. Non a caso Mitsubishi Electric è l’unica a proporre sia pannelli fotovoltaici sia inverter appositamente studiati per il mercato europeo, garantendoli per 5 anni sui difetti di fabbricazione e per 25 anni sulla producibilità. Mitsubishi Electric Europe B.V. ··Centro CentroDir. Dir.Colleoni, Colleoni,Pal. Pal.Sirio Sirio11··Agrate AgrateBrianza Brianza(MI) (MI)··tel. 039 60531 · fax 039 6053312 · www.mitsubishielectric.it · info.fotovoltaico@it.mee.com


primo piano Su gas, fonti rinnovabili e ambiente

La nuova Casa Russia INTERVISTA A SERGEI SHMATKO Ministro Russo dell’Energia La Russia cerca rapporti di lungo termine con i consumatori. Punta alla realizzazione del gasdotto South Stream per alimentare direttamente le esportazioni di gas russe verso l’Europa ed emanciparsi dalle forniture ucraine. E, per la prima volta, apre alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico

di Livia Catena

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Sergei Shmatko

E: Risparmio energetico. Per la prima volta la Russia affronta questo tema. Cosa propone? SS: Il mio progetto prevede un risparmio di 100 miliardi di metri cubi di gas all’anno, pari al 25% del totale. Partiremo da stimoli fiscali ed economici con nuovi standard tecnici. Dal 2012, per esempio, saranno fuori legge le tradizionali lampadine elettriche. E: Quali sono gli elementi base della politica energetica russa? SS: Puntiamo a un uso più efficace delle risorse naturali, nonché ad incrementare le potenzialità del settore energetico per favorire la crescita dell’economia e migliorare la qualità della vita della popolazione. L’asse strategico principale è costituito dalla sicurezza energetica e ambientale, dall’efficienza energetica e dall’attenzione ai costi. Fondamentale in questo momento, per un paese come il nostro, è l’equilibrio tra gli interessi dei consumatori, dei produttori e dei paesi di transito. Con la Ue abbiamo creato un tavolo di lavoro per anticipare e risolvere ogni problema legato alle forniture di gas in Europa. E: Che peso hanno le rinnovabili in Russia? SS: Attualmente nel nostro bilancio energetico del paese la quota delle fonti rinnovabili è esigua. La Russia è ricca di idrocarburi tradizionali e occupa il primo posto nel mondo per il volume dell’estrazione di petrolio e di gas. Per questo, finora, non abbiamo avvertito l’esigenza di muoverci in tale direzione. Attendiamo, comunque, che entrino in vigore alcuni provvedimenti che il Ministero sta elaborando a sostegno delle rinnovabili. Inoltre il Ministero sta lavorando a un programma federale finalizzato all’ “Aumento dell’efficienza energetica in Russia”. Il Paese intende aumentare la quota di energia da fonti rinnovabili fino al 4,5 % entro il 2015. Secondo alcune stime tale quota potrebbe raggiungere il 10%. Prioritario, per far ciò, è puntare sui biocombustibili, così come sviluppare il mini-idro. Nell’Unione Sovietica erano attive migliaia di piccole centrali idroelettriche fino a 10 Mw di potenza ora in disuso. Se venissero ripristinate si potrebbe ridurre il deficit energetico in alcune regioni. Siamo convinti che sono proprio le fonti rinnovabili a poter assumere il ruolo principale nel risolvere problemi complessi come l’impatto ambientale, la riduzione di gas climalteranti e il risparmio energetico. La prima delibera del Governo nel 2009 è stata dedicata alle linee guida della politica nel campo dell’aumento dell’efficienza energetica in base all’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia. L’applicazione pratica di tali misure consentirà di aumentare la quota delle fonti rinnovabili nel bilancio energetico della Russia. E se consideriamo le grosse centrali elettriche con una potenza maggiore di 25 MWt questa quota per l’anno 2020 sarà pari a circa il 21%.

E: Qual è il senso del progetto “South Stream”. Il prezzo del vostro gas sarà competitivo? SS: Il progetto “South Stream” si realizza prima di tutto nell’interesse dei consumatori europei. Lo sviluppo delle infrastrutture di petrolio e gas e la sicurezza delle forniture stabili delle risorse energetiche aumenterà la sicurezza energetica di tutta l’Europa. Per quanto riguarda il “South Stream” abbiamo già preso una decisione: il gas dovrà partire non più tardi dell’anno 2015. Per il prezzo del gas, invece, vorrei ricordare che per il gasdotto “South Stream” è già stato risolto il problema fondamentale, cioè la sua base di risorse, che sarà collegata ai giacimenti del gas russi. Noi il gas lo abbiamo, la quantità è sufficiente per garantire le consegne stabili all’Europa nel corso dei prossimi 50 o anzi 100 anni. Essendo responsabile per l’estrazione e il trasporto del “combustibile blu”, la Russia potrà quindi risolvere in modo efficace qualsiasi problema relativo alla garanzia del prezzo competitivo del gas trasportato con il gasdotto “South Stream”. E: Ci sono opportunità per le aziende italiane di investire nel settore energetico del vostro paese? SS: Da molto tempo noi abbiamo formulato un principio: l’investitore non ha nazionalità. Ciò significa che siamo aperti a collaborare con tutti i paesi. Per quanto riguarda lo sfruttamento del sottosuolo, considero normale dare priorità alle società nazionali allo sfruttamento dei grossi giacimenti. Comunque non vedo ostacoli agli investimenti di società straniere nel mercato russo. E: La crisi finanziaria globale ha influenzato il settore energetico del vostro Paese? SS: Sicuramente, come il conseguente calo della produzione. Entrambe influiscono sui consumi energetici nel mondo e anche sui nostri. Volevo ricordare però che in Russia, nonostante la crisi economica, il calo dei consumi elettrici ammonta al 4-4,5% rispetto al 2008. Consideriamo questa cifra insufficiente per correggere i nostri programmi energetici. La crisi economica non è solo un problema. Ma anche un impulso allo sviluppo, creando i presupposti per un futuro economicamente migliore e per la diminuzione dei costi. Per esser più chiaro, la realizzazione dello stesso “South Stream” nel periodo della crisi economica ci costerà di meno rispetto ad altri periodi.

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primo piano TERMOVALORIZZATORI E DIFFERENZIATA

Così si sconfigge si crea lavoro e si “Ignoranza, diffidenza verso le Istituzioni e una buona dose di spreco di risorse pubbliche”. Queste le cause che, secondo Guido Bertolaso, Capo Dipartimento della Protezione Civile e Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’emergenza rifiuti in Campania, sono alla base dell’allarme spazzatura scoppiato a Napoli. Una situazione che potrebbe essere resa gestibile dall’uso dei termovalorizzatori, che consentono di mettere in moto un ciclo industriale capace di creare lavoro e portare benefici al territorio, con costi di gestione pari a zero, perché coperti dalla vendita dell’energia prodotta dal processo di termovalorizzazione al Gse.

di Piergiorgio Liberati Guido Bertolaso

A COLLOQUIO CON GUIDO BERTOLASO Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Capo Dipartimento della Protezione Civile E: In Italia il problema della spazzatura si è trasformato in alcuni casi in emergenza, come a Napoli. I Paesi europei, rispetto al nostro, sono molto avanti con il concetto di termovalorizzazione. Come mai da noi questa cultura stenta a prendere piede? GB: In primo luogo c’è la scarsa conoscenza dei livelli di sicurezza e tutela ambientale raggiunti dagli impianti di termovalorizzazione. Per il caso della Campania va aggiunto che quindici anni di emergenza, caratterizzati dalla successione di commissari e sub-commissari, ciascuno portatore di scelte e strategie spesso contraddittorie, avevano causato una grande sfiducia nei confronti delle Istituzioni da parte dei cittadini e nell’immaginario collettivo gli impianti di gestione dei rifiuti avevano assunto nel corso degli anni i connotati di luoghi sinistri in cui è smaltito di tutto.

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E: Come avete agito per arginare l’emergenza? GB: Dopo anni di polemiche e paure era essenziale recuperare la fiducia, cominciando a smaltire in Campania i rifiuti prodotti nella regione e, allo stesso tempo, andando a colpire quell’intreccio di interessi economici, politici e criminali, cattiva gestione e sprechi, proteste ed errori. Troppo spesso, da noi, la mancanza di fiducia sulla sicurezza delle tecnologie, sulla correttezza della gestione e sull’accuratezza dei controlli comporta timori e blocchi ingiustificati. In questo senso, l’impiego dei militari in Campania ha sortito un duplice effetto. Da un lato, attraverso la sorveglianza dei siti, ha assicurato la sicurezza dei cantieri; in secondo luogo la gestione diretta da parte dell’esercito ha rassicurato la popolazione sul rispetto di regole e procedure. Sono certo che presto si convinceranno dei benefici di questa scelta anche i più diffidenti che forse aspettano solo di verificare che, questa volta, nessuno ha barato e vuole farlo in futuro. E: Quali altre aree sono monitorate per evitare che si arrivi a situazioni di emergenza? GB: La situazione della Campania non era altro che la punta dell’iceberg di una realtà che in molte regioni paga lo scotto della mancata programmazione di un corretto ciclo dei rifiuti. Dal Lazio alla Puglia, dalla Calabria alla Sicilia sono molte le aree del Paese in cui il ciclo integrato dei rifiuti non è completo, o si regge su un numero di impianti troppo limitato per garantire l’autonomia nello smaltimento.


l’emergenza, aiuta il territorio E: Spesso il cosiddetto effetto Nimby (non nel mio cortile) di chi osteggia la costruzione di impianti nel proprio Comune di residenza, è dettato dalla scarsa conoscenza. È così anche per i termovalorizzatori o ci sono aspetti tecnici e ambientali tali da giustificare questa ritrosia? GB: Assolutamente no. Basti guardare agli impianti di termovalorizzazione inseriti all’interno di contesti urbani come Vienna, Parigi, Londra, Copenaghen. Come medico e responsabile della Protezione Civile, non mi sarei mai fatto portatore di una scelta che ritenessi in qualche modo dannosa per la salute umana o per il territorio.

organizzazione. Come dimostrano alcune realtà virtuose al Nord ma anche al Sud, la differenziata si può fare e con grandi benefici per le Comunità.

0,7% 3,2% 0,0% 56,9%

3,9%

0,9% 14,1% 0,0%

E: Quali benefici comporta questo tipo di tecnologia?

2,6%

GB: I termovalorizzatori non sono la panacea di tutti i mali, ma possono rappresentare un tassello importante nel percorso per trasformare i rifiuti in una risorsa energetica, riducendo il ricorso al conferimento in discarica. Si tratta di impianti sicuri ed efficienti che producono energia bruciando in modo controllato gli stessi rifiuti. Attivare il percorso della termovalorizzazione, significa anche attivare un ciclo industriale capace di creare lavoro e portare benefici al territorio, con costi di gestione pari a zero, perché coperti dalla vendita dell’energia prodotta al Gse.

7,1%

0,0% 2,2% 2,5% 0,1% 0,9%

2,2%

2,3%

E: Anche la raccolta differenziata, tranne sporadici casi, arranca. È un problema di educazione ambientale? E se sì, sono allo studio dei programmi didattici per istruire i giovani studenti al risparmio energetico, alla differenziazione dei rifiuti e all’importanza delle energie rinnovabili? GB: Negli otto anni trascorsi alla guida della Protezione Civile nazionale, non mi sono mai stancato di ribadire l’importanza del coinvolgimento di ogni cittadino nella formazione di una cultura diffusa della prevenzione e della tutela del patrimonio comune. Per quanto riguarda la differenziata, il ruolo dei cittadini è essenziale non solo perché chiamati a concorrere alla tutela del territorio in prima persona, attraverso comportamenti responsabili e buone pratiche, ma anche, indirettamente, nel chiedere alle proprie amministrazioni un maggiore impegno in tal senso. La raccolta differenziata infatti è, prima di tutto, un problema di volontà politica e di

0,4% 0,0%

0,0%

La rappresentazione cartografica della distribuzione regionale della quota di produzione da rifiuti biodegradabili (50% del totale dei rifiuti solidi urbani), presenta un quadro assai eterogeneo sul territorio nazionale. Infatti si rilevano valori elevatissimi in Lombardia che detiene il 56,9% della quota nazionale. Segue l’Emilia Romagna con il 14,1%. Al Centro, il Lazio con il 7,1% si attesta in terza posizione a livello nazionale. Tra le regioni meridionali, seppure con valori molto distanti rispetto alle regioni settentrionali, emergono Puglia e Calabria con rispettivamente il 2,5% ed il 2,3%. La Sardegna segue con il 2,2%, mentre la Sicilia è ferma a quota zero. fonte Gse-Eurostat

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primo piano

CON SVILUPPO RINNOVABILI

Crescita economica e posti di lavoro Angelo Alessandri

Una visione d’insieme da un osservatorio privilegiato. È quella che fornisce Angelo Alessandri, deputato della Lega e Presidente della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici della Camera. Osservatorio privilegiato, certo, ma anche scomodo quello della VIII Commissione: lì si affronta un po’ di tutto, dal suolo all’aria, dall’energia all’acqua. E, sempre di più, le scelte di sviluppo si intrecciano con le determinanti ambientali. Alessandri, con la concretezza di un 40enne nato a Reggio nell’Emilia, affronta i temi di lavoro con un approccio etico e pragmatico.

di Roberto Antonini

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CONVERSAZIONE CON ANGELO ALESSANDRI Presidente della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici della Camera E: L’energia, ma anche la gestione del suolo, la bonifica dei siti inquinati, la mobilità: le sfide ambientali sono numerose nel nostro paese. Quale la missione più urgente a suo giudizio? AA: Non credo si possa rivolgere una priorità verso una singola materia ambientale. La tutela e la valorizzazione dell’ambiente sono orientamenti culturali e come tali esigono un’educazione di base che consenta comportamenti virtuosi non perché imposti dalla legge, ma perché sentiti come valori etici. La vera priorità è l’educazione e la sensibilizzazione alla difesa dell’ambiente, in tutti i suoi aspetti. Ciò detto, faccio una mia riflessione su una delle emergenze che ritengo non si possa procrastinare. Mi riferisco alla gestione del patrimonio naturale e, in tal senso, alla necessità di imporre un ‘consumo’ più rigoroso e attento del suolo, bonificando quei territori che sono stati oggetto di gravi scempi ambientali, sia nel settore industriale, che agricolo e civile. E: Il domani energetico dell’Italia, disegnato dal governo, comprende l'energia nucleare. Qual è la sua valutazione? AA: Su questo argomento occorre intervenire con un atteggiamento laico, senza strumentalizzazioni, spesso prive di rigore scientifico. Non vi è dubbio che il nucleare sia una tecnologia che comporta rischi, ma oggi ci sono gradi di sicurezza che ci permettono di non essere ostruzionistici verso l’atomo. Certo, occorre essere prudenti. Però un Paese che vuole incrementare il suo livello di benessere e la qualità di vita dei suoi cittadini, deve affrontare il problema dell’indipendenza energetica e delle fonti energetiche. Per questo considero una scelta obbligata quella di riconsiderare il settore dell’energia nucleare. E: Le rinnovabili fanno parte per il 25% del ‘bouquet’ di fonti disegnato dal ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, insieme al 25% dal nucleare e il restante 50% dalle fonti fossili. Quale strada seguire per recuperare nel settore delle energie alternative il tempo perduto? AA: Credo che in questi due anni l’Italia si sia messa sulla buona strada per arrivare a un paniere diversificato ed equilibrato di fonti energetiche. Certo, bisogna fare ancora molto, soprattutto per conseguire un buon livello di risparmio energetico e un uso efficiente dell’energia, mentre con gli incentivi fiscali possiamo accelerare la crescita dell’uso delle fonti rinnovabili. Si vedano, a riguardo, i lusinghieri risultati del solare e dell’eolico, anche se occorre tenere sotto controllo il processo di sviluppo dei settori, per evitare distorsioni legate all’assistenza pubblica.

E: L’incentivazione delle rinnovabili è uno strumento utile? Greenpeace ed Erec stimano in 1,2 milioni i posti di lavoro dalle energie ‘verdi’ da qui al 2020 nell’Unione Europea. Crede nelle ricadute occupazionali del settore? AA: L’economia ambientale e le tecnologie energetiche sostenibili sono lo scenario del futuro. Se in passato lo sviluppo è stato assicurato dal petrolio, oggi e domani lo sarà dalle fonti energetiche rinnovabili o comunque sostenibili. La ricerca e la tecnologia possono già ora assicurare occupazione altamente qualificata, mentre tra qualche anno sarà l’industria che applicherà i risultati di queste ricerche a dare nuove opportunità. E: Coniugare ambiente e industria, tutela e sviluppo, senza mettere in mezzo la politica, è una ‘missione possibile’ in Italia? AA: Non vedo antitesi tra vigilanza e indirizzo politico in materia di scelte energetiche. Ovvio però che quando è la ‘politica’ minima o irresponsabile, se non ostruzionistica a priori, a essere la guida delle scelte del paese, la missione è persa in partenza. Per fortuna siamo anche un Paese responsabile e dotato di grandi risorse culturali e tecniche e questo ci dà fiducia sull’intervento positivo della politica, che cerca di coniugare la necessità del progresso economico e della tutela dell’ambiente. E: La Cop 15 di Copenhagen, al via il 7 dicembre, sarà cruciale per il futuro delle politiche salva clima: quali sono i risultati irrinunciabili, senza i quali si potrà parlare di un fallimento? AA: Sarebbe un gran risultato dare attuazione al principio del 20-20-20, con la salvaguardia dello sviluppo economico sociale, dietro la tutela dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici. Poi, ogni ulteriore tassello sarà un buon risultato. Per l’Italia ciò dovrà significare anche avere un occhio di riguardo sulle peculiarità di un Paese che già da ora orienta le sue scelte all’uso equilibrato delle fonti che non alterino il clima. Per questo dovrebbero esserci riservate scelte e misure più elastiche.

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energia rinnovabile

Rinnovabili, sfruttamento La crescita delle energie rinnovabili Uno degli obiettivi espresso dall’articolo 11 del decreto legislativo 79/99 era quello di stimolare le fonti rinnovabili, in particolare quelle di ultima generazione. Sebbene si possa fare ancora molto, credo che di strada ne abbiamo fatta tanta. A oggi le biomasse hanno una capacità installata di circa 1.600 MW, l’eolico di 3.600 MW, il fotovoltaico di circa 650 MW, anche se il grosso delle rinnovabili è sempre l’idroelettrico con oltre 18.000 MW di capacità. Per il fotovoltaico, a quattro anni dall’avvio del meccanismo di incentivazione in Conto energia del quale il Gestore dei Servizi Energetici è soggetto attuatore, gli oltre 55mila impianti in esercizio incentivati testimoniano l’efficacia dello strumento voluto dal Governo per la crescita delle installazioni e per lo sviluppo di un mercato nazionale che crei opportunità industriali e occupazionali. Se il ritmo di arrivo delle richieste rimarrà come quello dello

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di Nando Pasquali*

scorso anno, alla fine del 2009 dovremmo avere in esercizio 70 mila impianti per una potenza globale di 900 MW, che a fine 2010 potrebbero diventare 100mila per oltre 1500 MW. L’Italia consoliderebbe, e forse migliorerebbe, la terza posizione raggiunta lo scorso anno nella classifica dei Paesi con maggiore potenza fotovoltaica installata. In prospettiva appare anche raggiungibile l’obiettivo di 8.500 MW al 2020 assegnato alla tecnologia fotovoltaica nel Position Paper che l’Italia ha presentato alla Commissione Europea in vista dell’approvazione della Direttiva sugli obiettivi al 2020. Il Ministero dello Sviluppo Economico sta lavorando al nuovo sistema di incentivazione dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici per il dopo 2010. L’intenzione del Governo di ridurre gradualmente il valore delle tariffe incentivanti può rappresentare la soluzione giusta per mantenere l’equilibrio tra mercato, operatori e industria del fotovoltaico.


Si avverte infatti l’esigenza di ottenere un sistema incentivante che renda conveniente l’investimento in un impianto fotovoltaico, tale da sostenere l’intero settore accompagnandolo al traguardo della grid parity, ovvero la coincidenza del costo del kWh fotovoltaico con il prezzo della fornitura di energia elettrica. L’importante è che il decremento delle tariffe sia proporzionale al costo finale delle installazioni per tutelare chi fa l’investimento. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha di recente assicurato, infatti, che il nuovo sistema di incentivazione in Conto Energia per il dopo 2010 garantirà la certezza degli investimenti. Molti sono gli elementi che confluiscono nel processo di costruzione del nuovo conto energia e di cui il Ministero sta tenendo conto per la stesura del decreto: l'esigenza di potenziare la filiera industriale fotovoltaica attraverso un adeguato sviluppo del mercato e dell’economia italiana; il costo degli impianti; la garanzia per le imprese e i cittadini di realizzare un buon investimento.

Nando Pasquali

massimo con la “rete intelligente” L’impatto delle fonti rinnovabili sul sistema di trasmissione dipende ancora dalla non prevedibilità della produzione, che costringe a tenere disponibili ingenti risorse di bilanciamento per garantire la stabilità del sistema. Ricordo che già da un anno su ampia scala il GSE, per la fonte eolica, solare e idrica fluente, sta utilizzando un sistema di previsione elaborato in casa che permette di ridurre gli oneri di sbilanciamento a tutto vantaggio dei consumatori. Quanto alle reti, su quelle di distribuzione, la consistente crescita della produzione “verde”, attesa per il futuro, determinerà la necessità di progettare e gestire i collegamenti in modo da tener conto della bi-direzionalità dei flussi di energia. Così da portare un contributo efficiente al sistema elettrico per il massimo sfruttamento del potenziale rinnovabile del paese.

*AD Gestore dei Servizi Energetici

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energia rinnovabile

Più trasparenza energetica tra di SAMUELE FURFARI Consigliere del Direttore Generale dell’energia della Commissione europea e Docente di geopolitica dell'energia all'Università libera di Bruxelles Le sfide energetiche che si prospettano e gli impegni ambiziosi assunti dall’Unione al 2020 – “abbattimento del 20% delle emissioni di gas serra, 20% di energia finale d’origine rinnovabile e miglioramento del 20% dell’efficienza energetica”- richiedono investimenti massicci. Si stima che la capacità aggiuntiva necessaria al 2020 per la produzione elettrica sia di circa 360 GW, pari a circa la metà dell’attuale capacità installata nei 27 paesi membri. Ed estendendo lo sguardo alle necessità da qui al 2030, il valore cumulato degli investimenti raggiungerà mille miliardi di euro per le reti elettriche e impianti di produzione elettrica, oltre centocinquanta miliardi di euro per le reti gas. Per vincere questa sfida è necessario che gli investimenti siano realizzati senza intralci e ritardi, coerentemente con gli obiettivi. Un regolamento proposto dalla Commissione mira a migliorare il flusso informativo sull’evoluzione dei progetti, consentendo di seguire più accuratamente lo sviluppo delle infrastrutture nel settore energetico. Grande attenzione è rivolta alla produzione elettrica, compreso il nucleare, ed alle reti, ma anche ad aree collegate quali il trasporto e lo stoccaggio della CO2 prodotta. Il monitoraggio degli investimenti - progettati e in corso di realizzazione - ci permetterà di capire come eventualmente correggere la rotta per adeguare la capacità e la messa in esercizio di nuove tipologie d’impianto affinché il mix energetico a ridotte emissioni di CO2 divenga realtà. Naturalmente, la Commissione europea non ha competenze sulle scelte degli Stati Membri in materia di fuel mix, anche se raccomanda di non discriminare nessuna fonte utile a decarbonizzare la produzione elettrica. In particolare,

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sottolinea la necessità di ricorrere al nucleare, in integrazione e non in contrapposizione, con le fonti rinnovabili per il raggiungimento dell’obiettivo di abbattimento delle emissioni di CO2. La grave crisi finanziaria ed economica che investe il pianeta sta comportando cancellazioni e differimenti negli investimenti energetici programmati e maggiore incertezza sulle realizzazioni future. Aumentano i timori di effetti negativi sul raggiungimento degli obiettivi dell’Unione, che potranno essere mitigati attraverso l’adozione di politiche e misure a livello comunitario. Rafforzare la conoscenza dell’andamento degli investimenti è quindi importante per sostenere lo sviluppo del sistema energetico europeo nella direzione auspicata. Occorrerà che gli Stati membri e il settore industriale collaborino con consapevolezza al monitoraggio dei progetti, fornendo alla Commissione europea i dati e le informazioni richieste. Le analisi a livello UE, condivise con gli Stati membri e le parti interessate, permetteranno di valutare periodicamente l’adeguamento dell’offerta di energia alle prospettive della domanda. La Commissione avrà in questo modo più elementi per porre rimedio alle eventuali difficoltà, creando un clima d'investimento più favorevole per gli operatori economici. La crisi del gas del gennaio 2009 tra Ucraina e Russia ha fatto emergere debolezze nell’attuale gestione degli approvvigionamenti. Dobbiamo, inoltre, ricordarci che il gas naturale resterà fondamentale per la produzione d'elettricità in alcuni Stati, in particolare in Italia. Il gas rappresenta ormai più di un quarto dell'approvvigionamento energetico della UE.


Samuele Furfari

URGONO INVESTIMENTI E CONTROLLI SULLA LORO GESTIONE

e solidarietà Stati UE Capacià elettrica installata per fonte nel UE. (2007)

Cyprus

1,1 19,1 Gas Olio Carbone Nucleare Acqua Eolico Altro

34,7

2,8 2,4

13,9

108,8

5,1

9,5 28,2 19,7 110,5

34,1

136,4 17,0

7,4

1,6

19,8

9,8

21,2

3,0 114,0

10,2

106,5 15,7

14,7

E più dalla metà è di provenienza extracomunitaria, cifra che raggiungerà l'80% al 2020, con alcuni Paesi particolarmente esposti. Per garantire alla UE approvvigionamenti di gas sicuri e trasparenti la Commissione europea ha proposto un regolamento rivolto agli Stati membri e agli operatori per adottare misure efficaci in grado di prevenire e mitigare le conseguenze di eventuali crisi, prevedendo meccanismi di cooperazione tra gli Stati. Non vi è dubbio, dunque, che l’Unione europea è sempre più attenta al settore dell’energia, per assicurare ai cittadini e all’economia un’energia adeguata, sicura e pulita. I progressi sono tangibili, ma non ancora sufficienti. La strategia dei piccoli passi di Robert Schuman ci ha già portato sulla buona strada verso l'integrazione europea dei mercati dell’energia. Ma il cammino a noi è ancora lungo. * L'autore si esprime a titolo personale, le opinioni non impegnano la Commissione europea.

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energia rinnovabile

Sul tetto più alto A COLLOQUIO CON DOMENICO SARTORE Amministratore Delegato Solon s.p.a. La società, che fa parte del gruppo SOLON SE di Berlino, oggi guidata da Domenico Sartore, è una forte realtà tra i produttori dove, dice Sartore, alcune anomalie frenano il processo di crescita del fotovoltaico e delle altre fonti alternative

Domenico Sartore

di Luca Speziale

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energia rinnovabile SOLON… IN PILLOLE E: Il vostro è un gruppo tedesco. Alla luce di questo, qual è secondo lei la situazione delle fonti rinnovabili in Italia, raffrontata al resto d’Europa? DS: La storia di SOLON S.p.A. parte nel 1994, anno in cui ho fondato S.E. Project, una delle prime aziende in Italia a operare nel campo del fotovoltaico. Nel dicembre 2006 S.E. Project è entrata a far parte del gruppo SOLON SE di Berlino, diventando nel gennaio 2008 SOLON S.p.A. la filiale italiana. Rispetto al resto d’Europa, parlando di fotovoltaico, l’Italia ha un vantaggio notevole: un forte irraggiamento solare e la migliore tariffa incentivante al mondo che premia chi investe nel fotovoltaico. Questi due elementi, purtroppo, non vengono pienamente sfruttati. Rispetto ad altri Paesi europei, Germania in primis, l’Italia soffre di un ritardo abissale causato da una gestione burocratica e lacunosa e dalla mancanza di una filiera produttiva completa capace di supportare uno sviluppo a lungo termine.

Nel 1994 è l’anno di fondazione. Il nome è S.E. PROJECT.

Nel 2006 S.E. PROJECT entra a far parte del gruppo SOLON SE di Berlin. Nel gennaio 2008 diventa SOLON S.p.A.

Nel 2008 il fatturato: 162 milioni di euro. L’azienda di recente realizzazione, vanta linee produttive automatizzate con una capacità di produzione complessiva di 100 MW. Dipendenti: 160

E: Quali sono gli strumenti su cui puntare per far sì che il fotovoltaico e le altre fonti alternative continuino, nel nostro Paese, il loro percorso di crescita? DS: Innanzitutto servono un piano energetico e una visione governativa più lungimiranti per agevolare le scelte imprenditoriali sul medio e sul lungo periodo. In quest’ottica c’è necessità di chiarezza sulle prospettive e nella legislazione in un arco temporale discreto, come può essere da qui al 2020, e di una condivisione bipartisan di un piano energetico nazionale. Una buona idea a favore del processo di crescita del fotovoltaico e delle altre fonti alternative, potrebbe essere quella di utilizzare lo strumento di credito d’imposta per le imprese come forma di premio sull’energia prodotta. Un'altra, quella di aumentare progressivamente gli obblighi sull’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in prossimità delle stesse utenze, con un’attenzione particolare all’impatto ambientale. E: Quanto è importante creare una cultura per il rispetto dell’ambiente e cosa si può fare? DS: Ritengo sia fondamentale e indispensabile. Per far questo è necessario cominciare a valutare le energie rinnovabili come uno strumento di vita quotidiana. Si pensi alla mobilità ecocompatibile e alla generazione distribuita in ogni sua forma. Considerato l’elevato livello di irraggiamento, in Italia l’energia del sole ha vantaggi particolari: è disponibile a tutti, è immediata ed è competitiva rispetto ai mix energetici tradizionali. Permette al singolo cittadino di intervenire in modo diretto e immediato sulla gestione energetica nazionale. Un contributo piccolo in apparenza ma che, tuttavia, mette in modo un ingranaggio molto grande. È proprio per questo motivo che l’energia solare viene spesso definita “democratica”.

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Decine di installazioni industriali e domestiche sul territorio italiano. Leader in Italia per la produzione di moduli e sistemi fotovoltaici in silicio mono e policristallino, con potenze fino a 380 Wp.

E: Ci può illustrare il vostro progetto per la realizzazione del più grande impianto fotovoltaico al mondo su tetto? DS: A fine luglio abbiamo siglato l’accordo con l’Interporto di Padova per la realizzazione di un impianto da 15 MWp che permetterà di produrre circa 17 milioni di kilowattora annui di energia pulita. I lavori sono iniziati in autunno e dureranno circa un anno, coinvolgendo 450 persone nell’intera filiera produttiva. Questo progetto vede l’unione di due importanti realtà con diverse competenze, esperienza e tradizione, ma legate da un comune denominatore: il Veneto, il medesimo territorio per il quale operare una scelta importante per la salvaguardia dell’ambiente e per le persone che vi operano. Tradotto in cifre, tale impianto produrrà in un anno tanta energia quanta quella consumata da circa 5.000 famiglie. E, passando ai numeri a favore dell’ambiente, risparmierà l’emissione nell’atmosfera di ben 9 mila tonnellate l’anno di CO2, pari a quanto prodotto da circa 3.200 tonnellate di petrolio. L’impianto si estenderà su una superficie di 250 mila metri quadrati e sarà costituito da circa 67.500 moduli fotovoltaici “a km 0” prodotti nella nostra sede di Carmignano di Brenta (PD).



mercato elettrico

Mercati a termine, un vantaggio per AU La prospettiva di vedere prezzi sul mercato all’ingrosso più vantaggiosi per i consumatori di energia elettrica è ciò che più interessa ad un operatore come AU. Per questo la riforma dei mercati elettrici italiani, prevista dalla legge 2/09, finalizzata ad aumentare l’efficienza generale del sistema per ridurre il prezzo finale, e in particolare le misure previste per lo sviluppo dei mercati a termine, rappresentano per AU un’opportunità da valutare attentamente.

di Claudia Momicchioli La prospettiva di vedere prezzi sul mercato all’ingrosso più vantaggiosi per i consumatori di energia elettrica è ciò che più interessa a un operatore come AU. Per questo la riforma dei mercati elettrici italiani, prevista dalla legge 2/09, finalizzata a aumentare l’efficienza generale del sistema per ridurre il prezzo finale, e in particolare le misure previste per lo sviluppo dei mercati a termine, rappresentano per AU un’opportunità da valutare attentamente. “I forti rialzi di prezzo sul MGP – afferma l’Ing. Vigevano, Amministratore Delegato di AU - verificatisi la scorsa estate, ci confermano la necessità di sviluppare efficienti strumenti per la copertura dal rischio di prezzo. Infatti, pur in corrispondenza di una decrescita dei volumi domandati, i prezzi avevano subito una spinta al rialzo, sollevando dubbi sul grado di competitività

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del mercato all’ingrosso. La revisione della disciplina del mercato elettrico in materia di trasparenza, renderà più facile identificare eventuali comportamenti speculativi nelle dinamiche di mercato. Inoltre, l’andamento dei prezzi continua Paolo Vigevano - è influenzato da variabili esogene e difficilmente prevedibili. E chi opera esclusivamente in un mercato spot è più indifeso rispetto alle fonti di perturbazione di mercato, sia essa fisiologica o patologica”. AU, che per missione istituzionale persegue l’obiettivo dell’economicità e della stabilità del costo di approvvigionamento dell’energia elettrica, è uno strumento di politica energetica, ideato per favorire la concorrenza nel settore elettrico, in un quadro di tutela per il cliente finale a cui dare l’opportunità


“Ovviamente – prosegue l’Ing. Vigevano - per AU le azioni di acquisto e copertura vanno condotte mettendo a confronto il maggior numero di operatori possibile e tenendo presenti i diversi canali commerciali. Ciò ci consente di raggiungere da un lato il livello ottimale di rischio prefissato e nel contempo di mitigare gli effetti dell’esercizio di potere di mercato da parte dei produttori sul mercato spot. Fino ad oggi, per intervenire sui mercati a termine, AU ha operato fissando da sola le regole di negoziazione. Dal 2004 lo strumento che usa per selezionare controparti è quello delle procedure ad evidenza pubblica” Inoltre nei primi anni di operatività di AU, la liquidità dei mercati a termine era trascurabile e le procedure concorsuali gestite in proprio erano l’unico strumento praticabile per negoziare in maniera trasparente e non discriminatoria. AU ha stabilito, volta per volta, i principali parametri commerciali con riguardo sia alle regole di negoziazione, sia alle tipologie e alle clausole contrattuali e in ultimo alle modalità di pagamento e garanzia. I risultati conseguiti confermano che AU si è dotato di contratti a termine, sostenendo bassi costi di transazione e operando con ampia flessibilità. Tuttavia, le aste, consentendo ai partecipanti di conoscere i tempi di acquisto, volumi e eventualmente anche gli esiti, permettono di affinare le strategie ed estrarre maggiore rendita. Inoltre, la concentrazione degli acquisti in poche date espone maggiormente a shock di prezzo dovuti a fenomeni contingenti. “A questo proposito – aggiunge l’AD - desidero fare presente che AU ha recentemente aumentato la frequenza delle procedure d’asta e sta operando in modo da spostare gli acquisti dal MGP ai mercati a termine. Del resto, l’opportunità che AU sia presente nei mercati a termine è riconosciuta anche dagli stessi operatori. Aiget (l’Associazione italianadei Grossisti di Energia e Trader) ha affermato che il passaggio delle partite di energia di AU, nel mercato a termine regolamentato, è condizione necessaria affinché lo stesso mercato raggiunga uno spessore sufficiente per attrarre gli operatori e creare un riferimento di prezzo significativo. Anche Assoelettrica, in un recente intervento, ha ricordato che per aumentare la liquidità dei mercati organizzati a termine è necessario creare le condizioni per la partecipazione di AU”. Per AU la convenienza ad operare nei nuovi mercati a termine regolamentati dipenderà dalla possibilità di agire a beneficio dei clienti tutelati, sui quali vengono ribaltati i costi sostenuti dall’AU. Recenti provvedimenti normativi hanno ampliato i compiti della società assegnando ad AU nuovi ruoli legati al miglioramento del funzionamento sia dei mercati elettrici e che del gas.

GSE DIVENTA GESTORE DEI SERVIZI ENERGETICI GME, GESTORE DEI MERCATI ENERGETICI Cambiano le denominazioni sociali del GSE e del GME, secondo le indicazioni della legge 99 del 23 luglio 2009, che ha ampliato le attività delle due società. Il GSE garantirà, infatti, anche un supporto alle Amministrazioni Pubbliche in campo energetico e all’Autorità dell’Energia Elettrica ed il Gas per l’espletamento di attività di accertamento e verifica degli oneri posti a carico del sistema elettrico; mentre il GME avrà, in futuro, in esclusiva, pure la gestione economica del mercato organizzato del gas naturale (Borsa gas). Estesa l’attività dell’Acquirente Unico, cui è stata affidata la gestione dello “sportello per il consumatore“ che, per conto dell’AEEG, si interessa dei reclami dei consumatori di energia elettrica e di gas, nonché l’attività informativa attraverso il call center appositamente istituito. Inoltre all’Acquirente Unico è attribuito il servizio di fornitura di ultima istanza nel settore del gas.

La Vignetta di Fama

di godere dei prezzi all’ingrosso. Tutto ciò implica di dover operare con un portafoglio di approvvigionamento diversificato, composto da prodotti a diversa scadenza, a prezzo fisso e variabile.

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mercato elettrico

IL MERCATO A TERMINE DEL GME

Nuovi strumenti contro la volatilitĂ dei prezzi La negoziazione attraverso due tipologie di contratto a temine (baseload e peakload). PiĂš agevole lo sviluppo della concorrenza. Meno rischi operativi. di A. M.

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Nuove tipologie contrattuali per il Mercato a Termine del GME. Dal 31 ottobre, dopo una consultazione e test operativi, a un anno esatto dal suo avvio, il Mercato a Termine dell’energia (MTE), organizzato e gestito dal Gestore dei Mercati Energetici (GME) vede l’introduzione di sostanziali modifiche e l’adeguamento del sistema di garanzie come richiesto dagli operatori attivi su tale mercato. Il MTE è il mercato “fisico” per lo scambio a termine dell’energia elettrica che si affianca al mercato spot, attivo dal 2004, sempre gestito dal GME. Tramite la negoziazione sull’MTE, gli operatori del settore elettrico hanno a disposizione uno strumento operativo in più per garantirsi la stabilità del prezzo finale di vendita o di acquisto dell’energia e coprirsi così dal rischio determinato dalla volatilità dei prezzi. Oltre al vantaggio dato da una miglior possibilità di hedging, MTE - grazie anche alle nuove funzionalità introdotte permette la definizione di un segnale più trasparente di prezzo per il sistema e quindi una maggior monitorabilità, da parte di operatori e istituzioni, del mercato. Ciò facilita gli operatori perché consente di avere una visione più completa e a lungo termine, permettendo allo stesso tempo di avere un riferimento di prezzo, anche per le trattative over the counter (OTC), ossia per i contratti bilaterali, che agevola lo svilupparsi della concorrenza. Caratteristica di MTE è la sua “fisicità”, nel senso che in capo agli operatori che partecipano alle contrattazioni, vi è l’obbligo o il diritto rispettivamente di immettere in rete o prelevare l’energia negoziata su tale mercato. Questa possibilità comporta una notevole riduzione dei costi di transazione, perché MTE, oltre a consentire le finalità di hedging tipiche di un mercato a termine, permette anche di coprire il rischio sui volumi di energia. I contratti chiusi su MTE, pertanto, garantiscono anche la consegna dell’energia oggetto delle transazioni concluse dall’operatore. Tra i vantaggi del nuovo mercato, poi, anche la notevole riduzione dei rischi operativi in capo agli operatori, poiché il GME è controparte centrale, garantendo così il buon fine delle negoziazioni di mercato, l’anonimità degli scambi e la sicurezza delle transazioni.

e in ordine crescente per quelle di vendita. Al termine dell’ultima negoziazione dei contratti mensili, quelli cioè con durata più breve, il GME, soddisfatte le verifiche di congruità, determina per ciascun partecipante la posizione netta in consegna, data dalla somma delle transazioni in acquisto e in vendita concluse. I contratti a termine di durata superiore (trimestrale e annuale) sono invece regolati attraverso il meccanismo della cascata, che prevede che al termine del periodo di consegna siano sostituiti con contratti aventi durata inferiore, fino a un mese. Le posizioni nette di ciascun operatore sono infine registrate sull’apposita piattaforma, quella dei contratti energia (PCE). A seguito della riforma del mercato, il GME ha inoltre adeguato il sistema di garanzie dei pagamenti, con modalità che prevedono la parziale copertura del controvalore del contratto in acquisto o in vendita e la totale copertura del controvalore delle posizioni in acquisto al momento della consegna. Le modifiche introdotte, operative dal 31 ottobre, rendono maggiormente attrattiva la Borsa elettrica, contribuendo ad aumentare sia il numero di transazioni, e quindi i volumi di energia scambiata, sia i soggetti interessati. La riforma del mercato elettrico non si limita all’evoluzione dell’MTE, ma vede anche l’avvio di un mercato infragiornaliero (detto MI), in sostituzione del mercato di aggiustamento, organizzato tramite aste implicite (sul modello di funzionamento del Mercato del Giorno Prima) su due sessioni di negoziazione. L’avvio dei nuovi contratti su MTE e la creazione dell’MI, contribuiscono significativamente al conseguimento di maggior concorrenzialità, anche grazie alle misure introdotte per promuovere la trasparenza e aumentare la disponibilità di informazioni dettagliate relative a quanto negoziato. Sala Borsa GME

Su MTE le contrattazioni avvengono in modo continuo sulla base di sessioni, durante le quali la conclusione dei contratti avviene mediante l’abbinamento automatico di offerte di segno contrario secondo criteri di priorità di merito economico. Per ogni tipologia di contratto e per ciascun periodo di consegna il GME organizza un book di negoziazione su cui le offerte sono ordinate in base al prezzo: in ordine decrescente per le offerte di acquisto

Elementi 18

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37^ Mostra Convegno Expocomfort 23-27 Marzo/March 2010 | Quartiere Rho/Exhibition Centre Rho

MCE it’s energetic! Mostra Convegno Expocomfort tocca il cuore dell’energia. Next Energy è l’evento nell’evento per fare il punto su fonti rinnovabili, efficienza energetica, ecosostenibilità ed edilizia a basso consumo. Prodotti, applicazioni, aree dedicate, iniziative speciali e approfondimenti convegnistico-seminariali arricchiranno la fiera leader mondiale per l’impiantistica civile e industriale con un percorso imperdibile. Solare termico | Fotovoltaico | Geotermico | Cogenerazione | Biomasse | Eolico | Isolamento | Prodotti per l’edilizia biosostenibile | Home e Building Automation

www.mcexpocomfort.it organizzato da organised by

coordinamento tecnico-scientifico

Dipartimento di Scienza e Tecnologie dell’Ambiente Costruito Building Environment Science and Technology BEST

con il patrocinio di

Ministero dello Sviluppo Economico


mercato elettrico PARLA MASSIMO RICCI, Responsabile Direzione Mercati dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas

Mercato libero, il gas arranca E: Secondo lei si è fatto davvero tutto per facilitare i passaggi di fornitore nel settore gas?

Massimo Ricci

L’apertura dei mercati dell’elettricità e del gas, con la conseguente possibilità di cambiare fornitore, ha avuto risultati diversi nei due mercati. Se l’elettrico è ormai considerato uno dei settori più liberalizzati, l’apertura del mercato del gas sembra più lenta. Ne parliamo con Massimo Ricci, responsabile Direzione Mercati dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

di Gabriele Masini

MR: Le percentuali relative al passaggio al mercato libero dei clienti domestici e delle PMI sono molto diverse per il settore elettrico e per quello del gas. Mentre per il primo si è superato, in solo due anni, il tasso dell’8,8% posizionando il nostro Paese tra quelli con i più elevati tassi di switch - per il secondo la percentuale non raggiunge il 7%. Nonostante fin dal 2003 il mercato sia aperto a tutti i clienti. A influenzare tali tassi vi sono alcuni elementi da considerare relativi ad assetti, livelli di concentrazione e asimmetrie dei mercati. Innanzitutto vi è una diversa configurazione del mercato: un numero, molto differente nei due settori, di soggetti dedicati alla vendita di quello che era il “mercato vincolato”. Un assetto differente che deriva anche dal diverso numero di soggetti presenti prima della liberalizzazione, quando un’unica società era preposta all’attività di vendita e distribuzione. Un altro elemento da considerare è il modello organizzativo per l’approvvigionamento dei clienti del servizio di maggior tutela. Mentre per

il settore elettrico l’approvvigionamento nel mercato all’ingrosso è assegnato a un apposito soggetto, l’Acquirente Unico, nel mercato del gas tale attività è in capo al venditore che la esercita anche per i clienti del mercato libero. Inoltre, per il settore elettrico, con la legge 125/07 è stato definito l’ambito di applicazione del servizio di tutela. Nel gas, invece, solo di recente si è giunti all’individuazione puntuale dell’ambito di applicazione del servizio di tutela, definendo le modalità per il passaggio al mercato libero dei clienti che non rientrano nell’ambito della maggior tutela. Nella recente Legge Sviluppo (99/2009) si stabilisce, al riguardo, che l’Acquirente Unico sia il fornitore di ultima istanza per i clienti domestici e che il ministero dello Sviluppo economico adotti gli indirizzi a cui l’Au deve attenersi per salvaguardare la sicurezza e l’economicità degli approvvigionamenti per i clienti domestici. Particolare attenzione meritano poi le differenze presenti nel mercato all’ingrosso dei due settori, il cui sviluppo, sia sotto il profilo strutturale (livello di concorrenza) che su quello architetturale (borsa e bilanciamento) è alla base dello stesso sviluppo dei mercati al dettaglio.

> Elementi 18

33


E: Quindi ci sono dei limiti “strutturali”? In che senso i due mercati all’ingrosso si differenziano?

E: A cosa si riferisce?

MR: Mentre nel settore elettrico il peso dell’operatore dominante è inferiore al 30%, in quello del gas è molto superiore. Alcune differenze sono correlate alle leggi di liberalizzazione. Se il Decreto Bersani, fin dal 1999, aveva previsto la cessione degli asset di produzione dell’operatore dominante, il Decreto Letta sul gas ha solo introdotto tetti per le importazioni e per la vendita ai clienti finali. L’analisi di tale situazione è stata oggetto della recente segnalazione dell’Autorità al ministero dello Sviluppo economico sul funzionamento dei mercati dell’energia, nella quale si propongono misure di breve e medio termine a favore della concorrenzialità dei mercati. I recenti sviluppi delle infrastrutture di adduzione del gas naturale, sebbene non risolvano le criticità del sistema italiano, costituiscono certamente un’opportunità in questo senso. Sotto il profilo della “architettura”, mentre il Decreto Bersani aveva previsto da subito la creazione di un mercato organizzato per la negoziazione dell’energia elettrica, da tempo si parla di una borsa gas. Al riguardo anche l’Autorità aveva attivamente partecipato al dibattito con un documento di consultazione del 2008, e con la legge Sviluppo è stato assegnata al Gestore dei mercati energetici la sua realizzazione. La borsa del gas di per sé non garantisce un mercato liquido e concorrenziale, ma sicuramente contribuisce alla sua realizzazione, per cui sono necessari anche altri interventi.

MR: Penso ad esempio a una riforma del bilanciamento del gas naturale e una revisione dei meccanismi di allocazione. Anche per il settore gas è necessario che nel servizio di bilanciamento vengano introdotti criteri di mercato, che ne faciliteranno la completa apertura. E: Quali altri interventi possono facilitare lo switch? MR: Rimuovere gli elementi di distorsione tra mercato libero e servizi di tutela con particolare riferimento ai prezzi dei clienti finali, che devono essere il più possibile cost reflective. Anche procedure di switch “robuste”, con scambi informativi e tempistiche certe, favoriscono il passaggio al mercato libero dei clienti e quindi la sottoscrizione delle offerte preferite. Anche la regolazione delle morosità può contribuire all’apertura del mercato: infatti, introducendo modalità che possono ridurre il rischio dei venditori, questi sono più stimolati nella libera competizione.

Evoluzione del servizio di maggior tutela PUNTI DI PRELIEVO ENERGIA ELETTRICA CLIENTI DOMESTICI (valori assoluti arrotondati alle centinaia)

NORD (a)

CENTRO (b)

SUD (c)

ITALIA

Flussi nel II° trimestre 2009 Passaggi al mercato libero di cui: passaggi con societa collegata al distributore di cui: passaggi con società non collegata al distributore Rientri nel regime di maggior tutela dal mercato libero

PUNTI DI PRELIEVO ENERGIA ELETTRICA PICCOLE IMPRESE (“BT altri usi”) (valori assoluti arrotondati alle centinaia)

177.100

89.100

99.900

366.100

119.400

54.500

64.300

238.200

57.700

34.600

35.600

127.900

8.800

5.300

15.000

29.100

NORD (a)

CENTRO (b)

SUD (c)

ITALIA

Flussi nel II° trimestre 2009 Passaggi al mercato libero

41.700

24.700

28.000

94.400

di cui: passaggi con societa collegata al distributore

18.400

10.200

11.400

40.000

di cui: passaggi con società non collegata al distributore

23.300

14.500

16.600

54.400

7.800

5.700

8.600

22.100

Rientri nel regime di maggior tutela dal mercato libero

I valori riportati possono risentire di lievi incongruenze attribuibili a errori o alla mancata trasmissione dei dati degli esercenti (a) Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna (b) Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise (c) Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna

34

Elementi 18


INTERNO OTTO ROMA

LAVORIAMO PER UNA RETE PIÙ LEGGERA PER L’AMBIENTE

LAVORARE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE VUOL DIRE ANCHE TRASMETTERE ENERGIA RESPONSABILMENTE. QUESTO È L’IMPEGNO DI TERNA.

Con più del 98% delle infrastrutture, Terna è il principale proprietario della rete di trasmissione di energia elettrica ad alta tensione in Italia ed è responsabile della gestione in sicurezza, in ogni momento dell’anno, del costante equilibrio tra domanda e offerta. Per Terna responsabilità verso gli stakeholder significa avere un approccio sostenibile all’ambiente e al territorio, obiettivo perseguito dialogando con le regioni e gli enti locali per individuare il luogo più adatto a ospitare nuove linee, contenendo gli impatti sulla biodiversità e sul clima e riducendo, se possibile, i km di linee elettriche attraverso razionalizzazioni della rete. Il rispetto di Terna per l’ambiente e la biodiversità ha portato ad un accordo con LIPU-Lega Italiana Protezione Uccelli per studiare le interazioni tra linee elettriche ad alta tensione e l’avifauna. Un accordo di collaborazione con il WWF prevede l’armonizzazione dei criteri ambientali utilizzati da Terna nello sviluppo della rete con la strategia di conservazione ecoregionale del WWF. I risultati ambientali e sociali di Terna hanno avuto un importante riconoscimento a settembre 2009 con l’inserimento nel Dow Jones Sustainability Index World, il più prestigioso indice etico mondiale che comprende le migliori 300 società, di cui solo 12 italiane, quanto a performance di sostenibilità.

Terna S.p.A. • Rete Elettrica Nazionale • Viale Egidio Galbani, 70 • 00156 Roma • info@terna.it • www.terna.it


ppppp energia e ambiente

Eolico, che “vento� tira? 36


Se da una parte le energie alternative e la loro cultura sono spinte con vigore, dall’altra voci fuori coro si fanno sempre più forti manifestando perplessità. È il caso dell’eolico, conteso tra chi ci crede e chi pensa, invece, sia soprattutto un modo per deteriorare i paesaggi.

Numero impianti eolici in Italia nel 2008 Abruzzo

16

Basilicata

12

Calabria Campania

di Luca Speziale “Eolico o non eolico? Questo è il problema”. Il “no all’eolico” ha origine in Inghilterra dove ambientalisti e non solo, hanno iniziato una decisa resistenza al riguardo. Può sembrare strano che siano proprio gli ambientalisti a fare muro contro un progetto di salvaguardia dell’ambiente e riduzione delle emissioni. Ma il nocciolo della questione non è insito “nella lotta all’inquinamento”, sulla quale tutti sono d’accordo, se è vero che i parchi eolici fanno bene all’ambiente, da un punto di vista estetico, possono risultare invasivi. Un problema non da poco, visto che attualmente, tra le alternative che sfruttano il vento per la produzione di energia elettrica, ancora non si è trovata una valida e convincente soluzione. In Europa, dopo l’Inghilterra, anche in Francia, Germania e Italia i sostenitori della salvaguardia del paesaggio replicano con fermezza alla creazione di parchi eolici. Per capire i diversi punti di vista abbiamo sentito alcune autorevoli fonti. Tra i favorevoli Oreste Vigorito, Presidente dell’ANEV. “La minimizzazione degli impatti visivi e paesaggistici che le installazioni eoliche hanno (come ogni opera di origine antropica) è alla base delle attività dell’ANEV. Dal 2002 – afferma Vigorito - esiste un avanzatissimo Protocollo per il corretto inserimento degli impianti nel territorio e nel paesaggio sottoscritto dalla principali associazioni ambientaliste e che in occasione della Giornata Mondiale del Vento è stato congiuntamente rinnovato da Legambiente e Greenpeace. Il rispetto per le attenzioni progettuali previste, l’utilizzo delle migliori tecnologie, le minimizzazioni degli impatti e l’obbligo di ripristino dei luoghi al termine del periodo di esercizio sono elementi caratterizzanti di tale Protocollo, così come sono significative le esclusioni delle aree sottoposte a vincolo o di particolare pregio paesagistico. Solo la realizzazione di impianti in armonia con il territorio e con il paesaggio può dare prospettiva al “buon eolico” da realizzarsi nel nostro Paese”. Sulla stessa linea è Vittorio Cogliati Dezza, Presidente di Legambiente. “Noi – ha detto - siamo favorevoli alle fonti rinnovabili e i parchi eolici rientrano in questo programma. Il paesaggio è certamente un bene comune, ma è altrettanto vero che l’abbattimento della CO2 non è un problema di secondaria importanza. Non esiste una ricetta generale per la risoluzione del problema: ogni singolo intervento va studiato attentamente. Se in alcuni casi l’impatto estetico va valutato, in altri i parchi potrebbero addirittura essere un elemento di abbellimento, ad esempio nelle aree impoverite dal disboscamento”. Di parere opposto è Stefano Masini, responsabile dell’area Territorio e Ambiente di Coldiretti, secondo il quale: “L’energia eolica è uno strumento importante per la lotta alla CO2. D’altro canto però, il posizionamento dei parchi eolici rischia di far perdere valore e qualità all’area di destinazione. Quindi il nodo da sciogliere riguarda la compatibilità tra bellezze territoriali e pale eoliche. Per questo occorre una collaborazione che porti a trovare delle soluzioni,

7 47

Emilia Romagna

2

Friuli-Venezia Giulia

0

Lazio

4

Liguria

7

Lombardia

0

Marche

0

Molise

16

Piemonte Puglia

0 58

Sardegna

25

Sicilia

39

Toscana

3

Trentino-Alto Adige

2

Umbria

1

Valle d'Aosta

0

Veneto

3

TOTALE

242

Fonte GSE

tecniche e strategiche, più vantaggiose possibili”. A questa dichiarazione fanno eco le parole di Alessandra Mottola Molfino, Presidente di Italia Nostra: “Abbiamo sfidato un diffuso conformismo denunciando che l'eolico in Italia è sostanzialmente un grande affare con caratteri speculativi a danno dei piccoli comuni che hanno nel paesaggio una delle poche speranze di sopravvivenza. Va però sottolineato che l’Associazione non è assolutamente contro l’eolico per principio, ma per le modalità con cui nel nostro Paese viene realizzato primariamente in ordine a localizzazione, dimensione e utilità. Sicuramente le pale si potrebbero collocare meglio e senza devastazioni paesagistiche. Violare indiscriminatamente il patrimonio ambientale italiano è puro autolesionismo, parliamo di una delle nostre più grandi risorse, unica e irriproducibile, da utilizzare con intelligenza e da non “consumare”. Fuori dalle aree effettivamente ventose in modo costante, che in Italia sono pochissime al contrario di altri Stati come i Paesi Bassi, è decisamente inutile e costoso installare tali impianti (che arrivano anche a 150 metri di altezza), che rendono soltanto intorno al 20%. Viceversa, in opportuna scala l’installazione dei generatori eolici è proponibile in aree già degradate (zone industriali, urbane e portuali), in particolare va considerato il mini-eolico non impattante, esclusivamente ad asse verticale, tipo camino rotante senza palo per piccole utenze domestiche. Il paesaggio italiano è talmente prezioso e "non rinnovabile", che l'eolico, come anche le altre energie da fonti rinnovabili, va valutato calibrando attentamente vantaggi e danni. Auspichiamo quindi che l'Italia si avvii a essere un paese guida in queste riflessioni, bilanciando valori e rischi nella salvaguardia del bene "Paesaggio". La partita è aperta e non rimane che attendere la futura evoluzione.

Elementi 18

37



energia e ambiente

La cultura dell’energia? Da noi non c’è A TU PER TU CON MARIO TOZZI geologo, primo ricercatore del Cnr, presidente dell’Ente Parco Arcipelago scrittore e conduttore televisivo Mario Tozzi

Il nostro Paese non è pronto ad accogliere un sistema energetico basato sulle rinnovabili senza il sostegno fornito dagli incentivi. Siamo ambientalisti nell’anima ma non nei fatti. Un popolo di spreconi e abitudinari. Mario Tozzi lancia una provocazione, sostenendo che se riuscissimo con coerenza a modificare i nostri usi non dovremmo ricorrere a tecniche culturalmente perdenti come il sequestro dell’anidride carbonica

E: Tozzi, cosa si può fare per diffondere una vera cultura dell’energia rinnovabile? MT: L’Italia non è pronta a recepire una cultura dell’energia. Tantomeno quella rinnovabile. Senza un sistema valido di incentivi, si veda a esempio cosa è accaduto con il fotovoltaico, gli italiani non sono disposti a pagare nulla di più per le rinnovabili. Non abbiamo consumatori critici, come lo sono gli anglosassoni, a esempio. Faccio un esempio: se in Canada un’associazione ambientalista scopre che sono stati usati

di Livia Catena

legni che provengono da una foresta protetta, nessuno compra più i prodotti di quell’azienda. L’italiano, invece, continua ad acquistare i prodotti che più gli convengono, costano meno e sono più vicini a casa. E: Che prospettive reali hanno a lungo termine le fonti rinnovabili? MT: Anche se non rappresentano una soluzione al problema energetico, le rinnovabili sono un validissimo sostegno a quelle tradizionali, soprattutto per

> Elementi 18

39


quanto riguarda la quota di consumi domestici. Se le case venissero costruite con criteri orientati al risparmio energetico, venisse eseguita una buona coibentazione, installati nuovi infissi e si aggiungesse un impianto fotovoltaico, allora sì che le fonti rinnovabili avrebbero prospettive reali di ridurre i consumi domestici, che rappresenta circa il 60% della spesa per quanto riguarda i consumi elettrici. Il risparmio e l’efficienza energetica sono le risposte migliori per ridurre i consumi e le emissioni di gas climalteranti. E: Emissioni di gas climalteranti: cosa abbiamo fatto finora per ridurle? MT: La prima e più importante cosa da fare sarebbe intervenire sui trasporti. In Italia oggi ci sono 36 milioni di autoveicoli e, su un km di strada, ne circolano 80, contro i 42 degli Stati Uniti e i 40 della Spagna. E a Napoli, per fare un esempio, ci sono oltre 5mila automobili per kmq, cosa che non accade nemmeno a Honk Kong. Per ridurre le nostre emissioni di anidride carbonica dovremmo modificare lo stile di vita. Ad esempio, andando a fare la spesa a piedi, consumando meno acqua, comprando solo prodotti locali che non devono essere trasportati, ognuno di noi può incidere sull’effetto serra. Bisogna quindi intervenire a monte del problema, e non con tecniche come quelle del sequestro dell’anidride

carbonica che riflettono una scelta culturale che definirei perdente, nel senso che parte dall’arrendersi a produrre energia senza emettere anidride carbonica. Partendo da questo punto, certo che catturare il carbonio è in qualche modo una soluzione, ma vuol dire, lo ripeto, arrendersi alle cause che generano la CO2, e in definitiva anche ai suoi effetti. E: Esiste secondo lei un modello incente nelle rinnovabili al quale l’Italia può rifarsi? Stoccolma è stata scelta dall’Ue come capitale del verde… MT: Ritengo che il modello tedesco sia attualmente uno dei migliori. La Germania ha la metà dell’insolazione dell’Italia, ma ha saputo fare dell’energia fotovoltaica una delle principali fonti di approvvigionamento, abbinandola anche a una sapiente ristrutturazione degli edifici. E: Il Presidente Obama ha dichiarato che l’America guiderà il mondo verso un futuro verde e che presto raggiungerà il traguardo dell’indipendenza energetica. È un obiettivo realistico? MT: Lo è, considerando che intendono produrre il 10% del loro fabbisogno energetico attraverso le fonti rinnovabili entro il 2012, creando cinque milioni di posti di lavoro e investendo 150 milioni di dollari.

E: Ritorno al nucleare. È proponibile e conveniente? MT: Non ho problemi a dire che penso tutto il male possibile del nucleare. Invece di scegliere la strada delle energie rinnovabili, della maggior efficienza e del risparmio il governo prende quella del nucleare. Realizzare una centrale nucleare richiede oggi circa 4 miliardi di euro, e il costo vero del kWh ottenuto per questa via potrà essere calcolato solo quando il primo rifiuto della centrale più vecchia sarà diventato inattivo, cioè fra oltre diecimila anni. Inoltre, con l’emergenza clima alle porte e gli accordi internazionali che impongono obblighi e tempi, non sembra una risoluzione sensata quella di affidarsi a reattori che saranno realizzati non prima di dieci anni. A pagare saranno i contribuenti, che vedranno lo Stato sostenere coi loro soldi una scelta che li penalizzerà sotto il profilo della dipendenza energetica e tecnologica e non consentirà al nostro Paese di attrezzarsi per la lotta contro la CO2 e i cambiamenti del clima. Inoltre produce scorie radioattive che rimangono potenzialmente pericolose per migliaia di anni. Questa strada non avrà alcun risultato nella lotta al cambiamento climatico e aumenterà solo la dipendenza del Paese dai combustibili fossili, seppure nucleari di cui non possediamo alcun giacimento.

Bilancio elettrico italiano anno 2008 PRODUZIONE NETTA + SALDO ESTERO

CONSUMI

Idrica / Rinnovabile

1,6 % / 5,5 TWh

Geotermica Eolica Solare

1,6 % / 5,2 TWh 1,4 % / 4,9 TWh 0,1 % / 0,2 TWh

Idrica da pompaggio

Solidi 11,5 % / 39,2 TWh Gas Nat. 49,5 % / 168 TWh Altri (3) combust 8,8 % / 29,8 TWh

69,8 % / 237,0 TWh

Rinnovabile(2) 56,9 TWh 16,7 %

Agricoli

Industriali

1,8 % 5,7 TWh 47,4 % 151,3 TWh

Termica trad. + pompaggio 242,6 TWh 71,5 %

Terziario

29,4 % 93,6 TWh

40,0 TWh 11,8 %

Domestici

21,4 % 68,4 TWh

1,7 % / 5,6 TWh

Saldo estero

(1) Compresi i bioliquidi. (2) Al netto dei rifiuti solidi urbani non biodegradabili, contabilizzati nella termica tradizionale. (3) Al netto dei consumi da pompaggio e dalle biomasse-bioliquidi, biogas e rifiuti biodegradabili.

40

CONSUMI 319,0 TWh

RICHIESTA 339,5 TWh

Biomasse(1) 0,8 % / 2,7 TWh Biomasse 0,4 % / 1,4 TWh Biogas Rifiuti(2) Biogas Rifiuti bio 0,4 % / 1,4 TWh

Termica tradizionale

Perdite di rete 20,5 TWh

12,1 % / 41,1 TWh

Elementi 18

tra cui Siderurgiche 21,6 TWh Meccanica 23,1 TWh Energia ed acqua 16,3 TWh tra cui Commercio 24,2 TWh P. Amministrazione 4,5 TWh Illuminazione pubb. 6,3 TWh



energia

SPECIALE IL NUCLEARE CHE VERRÀ

2020: l’anno del rinascimento Quattro reattori su tre siti, ciascuno da 1.600 Mw di potenza, per un totale di 6.400. È quanto prevede l’accordo per il rilancio del nucleare in Italia tra Enel ed Edf. La prima centrale sarà operativa nel 2020 e l’intero piano prevede un finanziamento di circa 18 miliardi. Le scorie prodotte ammonteranno a circa 80 metri cubi l’anno e la riduzione di CO2 sarà di 35 milioni di tonnellate.

di Piergiorgio Liberati

42

Elementi 18


Lo chiamano rinascimento nucleare. Un’espressione che testimonia il peso e l’importanza di un progetto che, se andasse in porto, cambierebbe gli equilibri energetici del Paese. Sdoganando definitivamente l’Italia dalla dipendenza energetica estera. Protagonista di questo rilancio è l’Enel, considerata venti anni fa – fino al 1987, anno del referendum abrogativo – una delle società leader mondiali nello sfruttamento dell’atomo e che oggi, con l’accordo siglato il 24 febbraio con la francese Edf, vuole riappropriarsi di quel ruolo. Ma anche altre società tenteranno di entrare nella partita. La Ansaldo ha stretto un accordo con l’americana Westinghouse per costruire centrali in Italia con la tecnologia Ap1000. E sullo stesso terreno si stanno movendo anche la tedesca Eon in collaborazione con la francese Gdf. Ad oggi, però, il piano più avanzato è quello Enel-Edf e prevede che in Italia vengano costruiti, su tre siti (uno al Nord, uno al Centro e un altro al Sud) quattro reattori di terza generazione avanzata da 1.600 Megawatt ciascuno. La tecnologia, per la quale Edf vanta un’esperienza decennale, è quella Epr (European Pressurized Reactor), che sfrutta l’acqua per il raffreddamento del nocciolo. In Europa, oltre al Olkiluoto (in Finlandia), questo tipo di reattore è appannaggio di Edf che ne sta costruendo uno a Flamanville, in Normandia. Nel progetto francese Enel detiene il 12,5%, oltre a avere distaccati a Flamanville nove dei suoi migliori ingegneri nucleari. Ciò significa che dei 1.600 Megawatt che dal 2012 inizieranno ad essere prodotti in Normandia, Enel avrà diritto di sfruttarne il 12,5% per venderlo in Francia, dove il gruppo guidato da Conti opera nel trading attraverso la sua partecipazione del 5% a Powernext (la Borsa elettrica di Parigi). Non solo. Nel progetto sono coinvolte anche altre 32 imprese italiane che si occupano di costruzioni di componenti ed altri servizi, da quelli informatici a quelli della comunicazione. Un business che, il gruppo guidato da

Fulvio Conti, spera di portare presto in Italia. L’accordo del 24 febbraio scorso, infatti, stabilisce che Enel parteciperà anche alla costruzione di un’altra centrale, già autorizzata, a Penly, sempre in Francia. Inoltre, secondo i piani del governo e del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, entro il 2013 sarà posta la prima pietra del reattore Epr italiano, per iniziare a produrre da gennaio 2020. A tal proposito, è stata costituita la Sviluppo Nucleare Italia con il compito di predisporre gli studi di fattibilità per la costruzione delle centrali. Costo dell’operazione: tra i 16 e i 18 miliardi di euro, circa 4,5 miliardi a reattore, per un totale di 6.400 Megawatt. Secondo quanto trapelato nell’ultimo workshop organizzato a Flamanville da Enel, per reperire questi finanziamenti la strada che sarà percorsa sarà quella del consorzio. Un accordo, in sostanza, tra Enel-Edf e le aziende energivore, che entreranno nel capitale di rischio, ottenendo in cambio la possibilità di acquistare energia (una volta terminata la centrale) al prezzo di costo. Nell’ambito di questo consorzio, anche l’Acquirente Unico potrebbe svolgere un ruolo di primo piano, acquistando l’energia prodotta da Enel e rivendendola a prezzi calmierati per i clienti in maggior tutela. Oltre al bilaterale per il ritorno dell’atomo in Italia, l’accordo Enel ed Edf spazia anche su altri tipi di energia. Ulteriori possibilità di sviluppo in Francia del gruppo di Conti, riguardano la costruzione di un impianto a carbone pulito da 800 Mw, la partecipazione in due unità a ciclo combinato alimentate a gas (Ccgt) di Edf da 930 Mw e la partecipazione al processo di gara per il rinnovo di concessioni per 25 centrali idroelettriche. Infine il Memorandum of Understanding prevede che ci sia una collaborazione anche sul piano della ricerca, in particolare nello sviluppo del nucleare di quarta generazione, una tecnologia che, secondo gli esperti, non potrebbe essere commercializzata prima del 2040.

Il programma Nucleare Italiano. Obiettivi del Governo ed accordo Enel /EDF

Gli obiettivi del Governo

Consumi nazionali (TWh/y)

Target per portafoglio nucleare (TW/y , %)

Potenza richiesta (MWe)

+1,6% p.a.

= 400

350

2008

100

300

(25%)

(75%)

13.0000 MWe

8 unità da 1.600 MWe

2020 Altro Nucleare

L’accordo Enel / EDF

Programma di riferimento

Tecnologia di riferimento

Realizzazione di almeno 4 unità su 3 siti Prima unità in servizio entro il 2020 Tecnologia EPR (European Pressurized Reactor) modello Flamanville 3 Potenza netta : 1.600 MWe

6.400 MWe Circa metà degli obiettivi del Governo

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Fonte Analisi Enel

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I costi di generazione per le diverse tecnologie (Comparazione tra CCGT1), Carbone di ultima generazione e nucleare Indice di costo di generazione medio (CCGT = 100)

CCGT (1)

Carbone USC (2)

20

CCGT (1)

Nucleare

+100 %

+100 %

100

%

22

+70 %

80

%

Nucleare (3)

Effetti sul costo di generazione di una variazione del costo del combustibile

85

+8 %

80

%

Costi fissi Costi variabili

Variazione prezzo gas

Variazione costo generazione

Variazione Variazione prezzo costo uranio generazione

Costo di generazione da carbone e nucleare minore del 20% rispetto ai cicli combinati a gas. Il costo di generazione da nucleare non risente di fluttuazioni del prezzo dell’uranio.

(1) CCGT: Combined Cycle Gas Turbine – Ciclo Combinato a Gas (2) Carbone Ultra Super Critico – Tecnologia di ultima generazione impiegata per la realizzazione della centrale di Torrevaldaliga Nord (3) Tecnologia EPR – Assumendo il costo del petrolio pari a 60$/barile e costo delle quote CO2 pari a 25 EUR/t Fonte Analisi Enel

Ma il nucleare conviene davvero? Secondo le stime di Enel il costo di generazione dall’atomo è inferiore del 20% rispetto quello dei cicli combinati a gas. Questo perché l’uranio non risente di fluttuazioni del prezzo, tanto che l’80% dell’ammontare di generazione è dato da costi fissi, e solo il 20% da costi variabili. Esattamente l’opposto di carbone e gas. L’analisi, secondo quanto spiegato da Livio Vido, direttore della Divisione Ingegneria e Innovazione, parte da un parametro di 60 dollari al barile. Quindi, più sale il prezzo del petrolio, più il nucleare è competitivo dal punto di vista dei costi. Inoltre, va ricordato che l’Italia dipende per l’80% da fonti energetiche importate. Per la prima volta il nostro Paese tornerebbe a produrre da sola il proprio fabbisogno energetico. Nel mix energetico auspicato dal governo, è previsto un 25% da nucleare, 25% da fonti rinnovabili e un restante 50 da combustibili fossili. Per le emissioni, invece, l’Enel stima che producendo 100 Twh all’anno da fonte nucleare, si eviterebbe l’immissione di circa 32 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Poi ci sono le scorie. In base a quanto spiegato dall’ingegnere Giancarlo Aquilanti, responsabile dell’Area tecnica nucleare di Enel, i rifiuti radioattavi non costituiscono più un problema. Non solo perché il reattore Epr, essendo più efficiente, richiede tra il 15 e il 20% in meno di carburante (uranio), ma le scorie prodotte in un anno ammontano a circa 80 metri cubi. Una quantità minima suddivisa in rifiuti di breve vita (30 anni) e media vita (300 anni), che vengono stoccati in appositi contenitori in loco e si sta studiando la possibilità di riutilizzarli. Per i rifiuti di lunga vita (migliaia di anni) un Epr impiega 7 anni per

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riempire un container. Questi ultimi vengono vetrificati per renderli inattaccabili ai fattori esterni e riprocessati. Lo smaltimento in depositi geologici è previsto per tutti e tre i tipi di scorie. Attualmente di questi depositi ne esistono 8 in Europa e due negli Usa. Ancora aperta, invece, è la questione dell’impatto sociale del nucleare. L’effetto Nimby (not in my backyard) ha già sortito i primi effetti. Ben quindici regioni italiane contestano l’articolo 25 della legge 99/2009, che prevede che la costruzione di impianti per la produzione di energia nucleare e di impianti per la messa in sicurezza di rifiuti radioattivi, sia soggetta a un’autorizzazione unica rilasciata dal ministro dello Sviluppo economico, senza “intese vincolanti” con la Conferenza unificata, quindi tra lo Stato centrale e gli enti locali. Ma è solo la prima controversia di un percorso normativo che si preannuncia lastricato di battaglie legali. Entro il 15 febbraio 2010 il ministro Scajola dovrà legiferare in tema di localizzazione delle centrali nucleari e dei siti di stoccaggio delle scorie, di procedure autorizzative e di misure compensative da corrispondere alle popolazioni interessate. Il problema è che queste decisioni dovranno ottenere il via libera del ministero delle Infrastrutture, delle due Conferenze Stato-Regioni e Città e Autonomie locali, delle Commissioni parlamentari competenti. Basterebbe un ingranaggio rotto nel complesso macchinario normativo, per rallentare il rinascimento nucleare. Nessuna società metterebbe sul piatto investimenti così ingenti con un quadro normativo poco definito e trasparente.


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energia e innovazione Massimo Ippolito

Il coraggio di cambiare rotta QUATTRO CHIACCHIERE CON MASSIMO IPPOLITO Ideatore del Kitegen Stem Secondo le stime elaborate dal Programma Ambiente dell’Onu (Unep), per vincere la battaglia del clima e favorire nel contempo lo sviluppo economico si dovranno stanziare almeno 750 miliardi di dollari l’anno, vale a dire l’ 1% del prodotto interno lordo mondiale. In questa battaglia le fonti rinnovabili assumono un ruolo di primo piano. L’Italia fa abbastanza per svilupparle? Come si posiziona il nostro paese in questo contesto? Lo chiediamo a Massimo Ippolito, ideatore del Kitegen Stem e fondatore della Sequoia Automation, impegnata nello sviluppo di fonti rinnovabili.

di Edoardo Borriello Il Kitegen è il primo prototipo al mondo di centrale elettrica da energia eolica di “alta quota”, attualmente in fase di produzione e che dovrebbe entrare in esercizio tra qualche mese a Berzano nell’astigiano. “L’Italia - dice Ippolito - una volta superate le difficoltà burocratiche d’installazione e accreditamento, è generosa con gli incentivi alle fonti rinnovabili. In uno scenario che ritengo auspicabile, le rinnovabili dovrebbero competere alla pari con le fonti fossili

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di energia, attribuendo a queste ultime i costi delle esternalità sull’ambiente. Trovo più logico penalizzare ciò che danneggia. Così come sembra ingiustamente sperequato l’investimento previsto dall’Unep per le fonti rinnovabili, rispetto alla stima di 26.000 miliardi di dollari d’investimenti previsti dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, per mantenere i livelli della sola produzione petrolifera agli anni 70. In corrispondenza del primo shock energetico era già partito un diffuso processo


di razionalizzazione energetica, che ha sostanzialmente aderito al principio di Pareto, dove l’80% del risultato raggiungibile con il petrolio è già stato ottenuto con il 20% dello sforzo. Ora non si può recuperare ulteriore efficienza. È troppo difficile e costoso. Si deve cambiare obiettivo, è necessario rinunciare definitivamente ai combustibili fossili”. E: Quali sono, a suo avviso, le fonti energetiche da sviluppare? MI: Le valutazioni quantitative attribuiscono al solare e all’eolico la capacità di coprire ampiamente le nostre esigenze energetiche. La durata nel tempo del fotovoltaico con silicio mono o poli cristallino, l’economicità del solare passivo e la scala industriale nonché la possibile velocità di implementazione dello sfruttamento del vento troposferico, saranno le doti decisive per comporre un mix energetico soddisfacente. E: Il nucleare: indispensabile o se ne può fare a meno? MI: Sembrerebbe indispensabile se contribuisse davvero alla soluzione del problema energetico. In realtà, l’uranio sta diventando sempre più una merce rara e costosa e nel mondo si perpetuano devastazioni ambientali e sociali per prolungarne l’approvvigionamento. Da cittadino vorrei che i “pronucleare” divulgassero un documento ufficiale contenente un’analisi trasparente ed estesa, aperta a revisioni critiche e documentate. Da esperto in energia posso affermare che i 435 reattori attivi nel mondo finiranno la loro vita utile, contestualmente all’uranio economicamente sfruttabile. Il solo costo delle barre di uranio ha raggiunto circa 13.000 dollari per ogni GWh prodotto, mentre pochi anni fa era un costo trascurabile. Fusione e fast breeders sono oltre gli orizzonti temporali utili. E: Per il risparmio energetico si può fare di più? MI: Il risparmio energetico è un problema mal posto. Prima di tutto si dovrebbe analizzare il modello economico

della nostra società che prevede di sfruttare una quantità sempre maggiore di risorse che – rapidamente - sono prodotte, consumate, mandate in discarica e disperse nell’ambiente. Un modello in piena contraddizione con il concetto di risparmio energetico e di limite delle risorse. Quando si incentiva la sostituzione di beni e prodotti con equivalenti, ma con maggiore efficienza energetica, non si fa altro che favorire questo concetto di risparmio. La chiave della sostenibilità sarebbe, innanzitutto, un drastico rallentamento del metabolismo sociale della sovrappopolata collettività umana. E: In che cosa consiste il suo progetto? MI: Il Kitegen Stem sfrutta i venti in alta quota e, in termini di potenza energetica, potrebbe soddisfare facilmente l’attuale fabbisogno mondiale primario. Un’opportunità che potrebbe portare un evidente vantaggio a tutti e contribuire alla risoluzione definitiva della disponibilità dell’energia. E: In termini energetici, a cosa si può paragonare la produzione di un Kitegen Stem? MI: È una macchina scalabile fino ad una decina di MW ed è propedeutica ad architetture più estese, modulari e produttive con un limite di potenza di alcune decine di GW per unità, come il KiteGen Carousel, con disponibilità annue che possono superare le centrali termiche. Tre o quattro KiteGen Carousel costruibili in 4 anni, posizionati opportunamente sul territorio, potrebbero alimentare tutta la penisola italiana e con una ridondanza sufficiente a garantire la continuità di servizio. E: Il costo è affrontabile? MI: La macchina KiteGen Stem in costruzione ha raggiunto un livello di progettazione che permette di valutarne i costi con precisione. Da queste valutazioni risulta che sarà ampiamente concorrenziale con le centrali a combustibili fossili.

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energia del pensiero

Usciamo dalla fazione, diveniamo Comunità Marcello Veneziani

INTERVISTA A MARCELLO VENEZIANI SCRITTORE, SAGGISTA E GIORNALISTA di Romolo Paradiso “Siamo sinceri, noi non abbiamo un teatro e neppure un Dio. Per averli occorre una Comunità. Ciascuno ha le sue particolari idee e le sue paure e ne mostra agli altri quel tanto che gli è utile e gli si confà”. (Rainer Maria Rilke)

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Ho conosciuto Marcello Veneziani nel 1976. Lui era direttore di Intervento, una rivista di cultura e politica molto apprezzata specie dagli uomini liberi, e io un giornalista alle prime armi. I tempi erano difficili, i contrasti ideologici accesi, il clima rovente da guerra civile. Si moriva per poco, per aver pronunciato un discorso in una assemblea scolastica o universitaria, per il modo di vestirsi, per il simbolo di un partito messo sopra la

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copertina del diario Vitt, per aver partecipato a un comizio, per aver difeso un amico, per il sol fatto di non essere d’accordo. Si moriva come disgraziati, con il cervello spappolato dalle pallottole dei vigliacchi che ti aspettavano sotto casa o all’angolo della strada. Si moriva per una coltellata mentre si passeggiava con la ragazza, in pieno centro, o per colpa di una molotov, o per qualche proiettile della polizia che ti spaccava il cuore.

Si moriva incivilmente, a causa della diversità di pensare e di immaginare il mondo. E si moriva inutilmente, perché a distanza di anni questo Paese non ha ancora assunto il valore delle diversità, e lascia che la sua gente litighi, sbraiti, si dimeni e si offenda, invece di dialogare, di comprendere, di domandarsi, di avere dubbi, di sentire l’altro come una ricchezza e uno stimolo a crescere.


E: Marcello, siamo un inguaribile popolo di faziosi? MV: Sì, siamo un popolo di faziosi. Un popolo che oscilla sempre tra consociativismo e guerra civile. Nel senso che vediamo l’altro come il nemico assoluto. Tendiamo per indole a chiuderci in una dimensione di fazione. E: Ci manca una visione storica, onesta e condivisa, degli anni che vanno dal 1914 al 1946. Perché? MV: La storia la scrivono i vincitori. E, a volte, i vincitori sono animati da acceso spirito di parte. Sarebbe un bene, invece, guardare la storia con maggiore serenità. E: Oggi un po’ lo si comincia a fare. MV: Sì, c’è una tendenza in questo senso. Ma lo sforzo da compiere, per tutti, ma in modo particolare per le nuove generazioni, equivale a poter dire le cose come stanno veramente, senza essere condizionati da logiche di bottega. Significherebbe capire meglio il percorso che ha fatto l’Italia e la nostra gente. Comprenderemo da dove veniamo e perché siamo così. E meglio potremmo affrontare il futuro, consapevoli di ciò che non si deve ripetere, e di quanto invece può essere ancora adoperato come bagaglio, o stimolo, per un futuro più congeniale al bene comunitario. E: Eppure c’è ancora una larga fetta di storici che si ribella a questa visione. Che la taccia di revisionismo, non sapendo che Benedetto Croce sosteneva essere il revisionismo il sale della storia che senza – diceva - diventa favola. Perché non si è disposti a comprendere questa verità? MV: Perché il nostro è un Paese portato sovente a dare una dimensione quasi mitologica del passato. E di offrire di questo una rappresentazione ideologicamente corretta. C’è la convinzione che la verità dei fatti sia subordinata al vaglio di un canone, di un’ortodossia. Si tratta di un vero e proprio limite, capace di influenzare fortemente i nostri comportamenti e l’etica che li governa. Ma non è solo un nostro limite. La stessa cosa si riscontra anche in altre parti d’Europa. E: È un limite che nasce già dalle scuole? MV: Più che altro credo che ci sia un combinato disposto di ignoranza e di ideologia. L’ignoranza dipende, a volte, dalla sommarietà con cui si affrontano gli argomenti, dall’impreparazione di alcuni docenti, cui si aggiunge spesso l’ideologia che alle volte liquida a priori fenomeni storici, artistici, culturali tutt’altro che secondari. E: È stato il caso del Futurismo che è pure un movimento artistico di spessore universale, che solo oggi è riuscito a riprendersi la dimensione che merita. MV: Certo. Perché gli è stata attribuita un’identificazione impropria, di un movimento vicino al Fascismo, e quindi come tale non è stato studiato né affrontato come avrebbe meritato.

E: Ma di oscurantismo si può parlare anche nella cultura italiana. Molta di questa è stata messa da parte. Non ti sembra che ciò equivalga a un ottundimento della memoria, privata così di un propellente in grado di stimolare l’elaborazione di nuovi percorsi di creatività culturale, oltre che di differenti e più complete sensibilità sull’uomo e sulla società? MV: Hai ragione, ma è un’altra amnesia tipica del nostro Paese. Molti autori non assimilabili alle culture ideologiche dominanti sono stati o sono chiusi nel recinto dell’innominabilità. Sono stati uccisi con il silenzio. E: Alla fine, anche qui, non conoscere o disconoscere, significa non sapere chi siamo. MV: Ne scaturisce un’identità mutilata. Emerge solo la rappresentazione di una parte della nostra cultura, dei nostri pensieri, della nostra storia. È una ferita inferta non solo al giudizio storico, alla cultura, all’arte, ma soprattutto all’identità italiana. E: Per quale motivo da noi non si è mai fatto nulla per educare al senso d’appartenenza e a quello di responsabilità sulla cosa comune? E quanto hanno pesato, in questo, le culture marxista da un lato e quella cattolica dall’altro? La prima rivolta a una visione internazionalista dell’umanità, e la seconda all’uomo in genere, senza bandiere, né confini di patria? MV: Non direi che noi siamo privi di senso di appartenenza. L’abbiamo trasferita in altri ambiti, quello comunale, quello sportivo. Abbiamo l’appartenenza ideologica alla Chiesapartito, alla parrocchia. Credo che l’italiano, pur avendo un’indole individualista, quindi refrattaria all’appartenenza, abbia anche un’indole gregaria, che lo porta a fare combutta, associazione, a volte in senso familistico, a volte in quello settario. E: Ma non c’è quell’appartenenza di cui parla Giorgio Gaber in una delle sue più belle canzoni, quella che altri popoli, i francesi, i tedeschi, gli inglesi hanno. MV: Come si diceva è lo scotto pagato dall’influenza delle culture marxista e cattolica, ma credo che ce ne sia anche un’altra, solitamente non considerata, quella liberale. A questa va riconosciuto il merito di aver diffuso il senso e l’importanza della libertà e del rispetto della vita privata. Ma, nel contempo, essa ha anche operato per liberarci dal valore dell’appartenenza. Considerando questa come una limitazione della libertà d’agire. E: Ragionamento che vale anche per l’identità nazionale? MV: Sicuramente. Ma anche per il senso dello Stato. In Italia l’unica cultura che abbiamo avuto a questo riguardo, l’abbiamo avuta, purtroppo, attraverso un autoritarismo, il Fascismo. Le altre culture sono state quelle dell’indifferenza contro lo Stato, dell’agnosticismo. Non c’è una cultura in positivo dello Stato. Eccezion fatta per quella di Alfredo Rocco e di Giovanni Gentile. Una cultura, però, non disponibile per una società democratica.

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energia del pensiero ‘Foglie’ particolare, Lina Passalacqua 1971, acrilico su tela

E: Possiamo rimediare, c’è ancora margine per operare in tal senso? MV: Mah! Non avendo acquisito a suo tempo la cultura dello Stato, ora, con la globalizzazione imperante, riteniamo che non ce ne sia più bisogno. Invece ci accorgiamo che in ogni ambito sociale l’assenza di quella cultura pesa eccome. E: Il Papa, nell’Enciclica Caritas in veritate, vede nella crisi economica che ha colpito il mondo, un’occasione per ristabilire nuove regoli sociali. Per riappropriarci di una visione più etica e solidale della vita. Perché ciò avvenga, però, serve che il cambiamento parta dall’alto. Dai governi, dall’economia, dalla finanza, dalla scuola, fino ad arrivare alle famiglie. Credi che veramente ci possa essere questa volontà? MV: Non c’è la volontà, ma si avverte l’esigenza. Il quadro è solo in parte confortante. Mancano i soggetti in grado di pensare e agire in favore del ripristino delle giuste regole sociali. Qualcuno può dire che la volontà latita in tutto il Paese, ma gli si può rispondere che sono le classi dirigenti quelle deputate a farlo. Queste non devono solo rispecchiare la propria società, ma guidarla, cioè essere i migliori del proprio Paese, dando a questo le opportune e sagge linee guida. E: Non pensi che nell’attuale panorama politico si è persa l’opportunità di realizzare, con pensiero e visione, un partito liberale e sociale collocabile oltre la destra e la sinistra, così come oggi sono intese? Un partito “rivoluzionario-conservatore”, che rifacendosi a maestri come Giovanni Gentile, Martin Heidegger, Augusto Del Noce, Ernst Jünger, José Ortega Y Gasset, per citarne alcuni, possa indicare una strada moderna e altra rispetto al dilagante liberismo e alla dominante cultura positivistica e materialistica? MV: Purtroppo è mancata e manca un’elaborazione progettuale della politica, che più che pensata, viene fatta. Questo è il primo limite. E manca altresì un soggetto politico che possa interpretare modernamente la tradizione di

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pensiero europeo, fiorita nel novecento, adeguata alla nostra realtà, ai nostri bisogni. Manca e non si vedono segnali. Oggi la politica è costretta tra populismo e oligarchia. E: Si è persa un’occasione? MV: Le occasioni non sono mai perse, perché c’è sempre la possibilità di sfruttarle. Purtroppo non si avvertono gli annunci. Non c’è alcuna spinta da parte della politica a comprendere le dinamiche che muovono la nostra società e a cercare di modificare quanto di negativo è da esse prodotto. Ci si limita a gestire l’esistente senza alcuna voglia di intervenire. E: Forse mancano, oltre alla volontà e alla capacità di elaborare pensiero, le persone in grado di porre in essere un progetto di questo tipo. MV: Forse sì. E poi direi che coloro che potrebbero andare in aiuto della politica, gli intellettuali per esempio, sentendola a loro refrattaria, preferiscono starsene in disparte, in ambiti molto più lontani, per non essere usati come pura decorazione. Certo, l’invadenza distruttiva delle ideologie del novecento non ha contributo a favorire elaborazioni di nuove idealità. Ma se andiamo bene a vedere questo sembra più un alibi che un legittimo atteggiamento. E: Con qualche eccezione. Per esempio il ministro Tremonti ha indicato strade diverse dal liberismo sfrenato per far sì che l’uomo torni a guidare le cose dell’umanità e non deleghi all’economia e più ancora alla finanza tale compito. MV: Paradossalmente oggi la possibile rinascita della politica è più affidata a persone che hanno un curriculum di uomini della finanza e dell’economia che della politica. E questo, al di là di Tremonti, non è proprio un buon segnale.


BIBLIOGRAFIA Rivoluzione conservatrice in Italia, Milano, SugarCo, 1987. Processo all'Occidente, Milano, SugarCo, 1990. Sul destino, Milano, SugarCo, 1992. Sinistra e Destra. Risposta a Norberto Bobbio, Firenze, Vallecchi, 1995. L'antinovecento, Milano, Mondadori, 1996. E: “Quando tutto è vero, tutto è permesso” (F. Nietzsche). Quanto è attuale questo pensiero? MV: “Quando non c’è Dio, diceva Dostoevskji, tutto è permesso”. Sono concetti veri e attuali. Quando viene a mancare un punto di riferimento è consentito tutto e il contrario di tutto. Nietzsche aggiungeva che non esiste la verità ma solo le interpretazioni. Siamo in questa fase. Non riconosciamo un fondamento comune oggettivo su cui essere d’accordo, così che ognuno percorre la sua strada, che è quella dell’interpretazione rispetto alla verità. Quella del mio vedere, del mio sentire, rispetto a ciò che è giusto o oggettivamente visibile. E: È la strada dell’utile, del tornaconto individuale. Percorsa secondo una logica mercantile ed egoistica. MV: È l’interesse personale che sopraffà quello comune. E: Siamo messi male…

Il secolo sterminato, Milano, Rizzoli, 1998. Vita natural durante, Venezia, Marsilio, 2001. Di padre in figlio. Elogio della tradizione, Bari, Laterza, 2002. La cultura della destra, Bari, Laterza, 2002. Il segreto del viandante, Milano, Mondadori, 2003. I vinti. I perdenti della globalizzazione e loro elogio finale, Milano, Mondadori, 2004. La sconfitta delle idee, Bari, Laterza, 2005.

MV: Sì, siamo messi male…ma non dobbiamo disperare. La sposa invisibile, Roma, Fazi Editore, 2006. Contro i barbari, Milano, Mondadori, 2006. Comunitari o liberal. La prossima alternativa?, Bari, Laterza, 2006. La cultura della destra, Bari, Laterza, 2007. Rovesciare il '68, Milano, Mondadori, 2008. Sud. Un viaggio civile e sentimentale, Milano, Mondadori, 2009.

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IL PENSIERO DI GUGLIELMO EPIFANI SEGRETARIO GENERALE CGIL di Giusi Miccoli

E: Gli ultimi dati dell’Ocse dicono che in Italia la disoccupazione crescerà nei prossimi mesi. Quali, a suo parere, le direzioni da scegliere per intervenire e le soluzioni operative? GE: Sentiamo ripetere da più parti che la crisi finanziaria ed economica ha toccato il fondo ed è cominciata la risalita. Per il governo italiano, anzi, nel nostro Paese la crisi quasi non si è vista e saremo fra i primi nel mondo ad agganciare la ripresa. In realtà, se è vero che inizia una fase di lenta risalita, gli effetti di questa crisi perdureranno a lungo con contraccolpi pesanti sull’occupazione. Questo è vero per l’Italia dove non sono stati usati strumenti sufficienti per tutelare il lavoro e sostenere il reddito. Ora più che mai sarebbe necessario un robusto pacchetto di interventi. A partire da una vera e propria task force a Palazzo Chigi per monitorare le tante crisi aziendali e settoriali in un quadro coerente e organico. Si conosce, forse, la situazione delle grandi realtà industriali ma spesso sfugge, a volte si ignora, la realtà delle tantissime piccole e medie aziende che chiudono o rischiano di chiudere. C’è poi il capitolo degli ammortizzatori sociali, insufficienti e che in molti casi stanno terminando o sono terminati. Andrebbero estesi a chi ne è escluso, nel quadro di una riforma organica, cominciando con il raddoppiare le settimane di cassa integrazione ordinaria, aumentando il tetto delle retribuzioni e allungando l'indennità di disoccupazione. Poi c’è il capitolo fisco: è inammissibile che il carico fiscale sia proporzionalmente più alto per il lavoro dipendente. Occorre ridurre le tasse sul lavoro introducendo una progressività del prelievo nell’ambito di una riforma strutturale del fisco. Infine, bisogna tornare a occuparsi del Mezzogiorno, che uscirà particolarmente indebolito dalla crisi. Non ci si può illudere che il paese si riprenda lasciando indietro un terzo dei suoi cittadini. E: Lei ha promosso con l’ex ministro della Pubblica Istruzione, Tullio De Mauro, la raccolta di firme a favore di una legge per garantire il diritto all’apprendimento permanente. Quali sono le misure a sostegno da voi suggerite? GE: La nostra proposta di legge prevede l'accesso gratuito alla formazione, agevolazioni fiscali e contributive per gli investimenti in apprendimento, agevolazioni per l'accesso al credito e prestiti di onore. Stabilisce, inoltre, che ogni lavoratore abbia diritto ad almeno un anno di congedo formativo non retribuito e 30 ore annue di permesso retribuito. Le modalità di fruizione del congedo e dei permessi devono essere disciplinati dai contratti collettivi. Occorre prevedere misure anche per l’apprendimento e l’aggiornamento dei pensionati. Naturalmente l'offerta di apprendimento permanente richiede interventi pubblici che vanno dalle infrastrutture materiali e tecnologiche alla

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formazione degli operatori, dalla definizione di standard di qualità per l'accreditamento delle strutture al monitoraggio e certificazione. Proponiamo un piano di azione triennale da inserire nella legge finanziaria. Non dimentichiamo che importanti organismi internazionali, per esempio l’Ocse, hanno più volte rilevato come manchi in Italia un sistema unitario di educazione permanente, che rappresenta un fattore importante per la crescita della società. E: Il sistema delle relazioni industriali è stato messo a dura prova negli ultimi anni e la crisi economica ha contribuito ad un irrigidimento nella contrattazione. Quali sono le scelte della CGIL per far fronte a ciò? GE: La contrattazione è la bussola dell’attività sindacale e come sempre ci impegneremo per arrivare ai risultati migliori per i lavoratori. Il modello contrattuale del 22 gennaio non è positivo per diversi motivi. È sbagliato nel merito e nel metodo. Nel merito perché non allarga la contrattazione di secondo livello, ma irrigidisce e centralizza le relazioni industriali, applica un indice per il calcolo dell’inflazione irrealistico e penalizzante per i lavoratori, apre a deroghe che indeboliscono il contratto nazionale. È sbagliato nel metodo perché è grave riformare le regole quadro della contrattazione, escludendo il sindacato più rappresentativo e il principio del voto dei lavoratori. Detto questo lavoreremo ovunque sia possibile per ottenere contratti soddisfacenti e ci aspettiamo che le nostre ragioni di merito siano ascoltate. Si possono avere risultati positivi come dimostra il contratto degli alimentaristi chiuso unitariamente e con soddisfazione di tutti. E: Come è possibile investire sullo sviluppo sostenibile e allo stesso tempo mantenere e incrementare l’occupazione? GE: Credo che il futuro dell’economia e dell’industria, quindi dell’occupazione, debba essere verde. Servono investimenti e una voce unica dell’Europa, perché il confronto su questi temi non può misurarsi su dimensioni nazionali. In attesa che si delinei una vera politica ambientale europea non si può non rilevare come l’Italia sia il fanalino di coda per gli investimenti in infrastrutture e tecnologie verdi. Si insegue un modello nucleare, costoso e fuori tempo, rimanendo in fondo alla classifica europea per gli investimenti in solare, fotovoltaico, vento, il cui sviluppo sarebbe ideale per le caratteristiche climatiche dell’Italia. Occorrono investimenti e un progettopaese in grado di orientare le scelte industriali verso obiettivi chiari e comuni. “Tre sono le credenze religiose collocate sopra tutte le altre nella universalità del Comuni giurati: la vita è bella e degna che severamente e magnificamente la viva l’uomo rifatto intiero dalla libertà; l’uomo intiero è colui che sa ogni giorno inventare la sua virtù per ogni giorno, offrire ai suoi fratelli un nuovo dono; il lavoro, anche il più umile, anche il più oscuro, se sia bene eseguito, tende alla bellezza e orna il mondo”. (Carta del Carnaro, art. XIV)



Compost ed energia da biorifiuti

Un piano per salvare il pianeta

A cura di R.Vismara, M.Grosso, M.Centemero, Flaccovio Dario, 2009, pag.XVI-456, euro 44,00

di Nicholas Stern Feltrinelli, 2009, pag.272, euro 16,00

Il “biorifiuto” è la quota biodegradabile degli scarti urbani, originati prevalentemente dai mercati e dalle cucine. In Italia sono numerose le esperienze di gestione virtuosa dei rifiuti, a partire da avanzate modalità di raccolta domiciliare fino alla produzione di energia rinnovabile, sottoforma di biogas e di compost. In queste pagine, un quadro aggiornato degli elementi necessari per un corretto approccio alla tematica: dall’inquadramento legislativo e strategico, alle tecniche di ottimizzazione della raccolta. Analizzati, infine, la certificazione (sia dei prodotti compostati ottenibili e sia della biodegradabilità dei materiali avviabili ai processi) e il “ciclo di vita”, per una valutazione delle filiere alternative di trattamento.

Per l’Autore, economista inglese, è urgente avviare azioni concrete per contrastare l’emissione dei gas serra: definire forti obiettivi per la loro riduzione, bloccare la deforestazione, sostenere le innovazioni e l’impiego di tecnologie eco-compatibili. Stern indica anche com’è possibile raggiungere questi obiettivi.

Piano B edizioni, 2008, pag.112, euro 11,00

Questo saggio, pubblicato in Italia nel 1931, analizza il tramonto dell’Occidente e l’invadenza (inarrestabile) della tecnica nel mondo moderno. Riproposto, a distanza di quasi ottant’anni, è un contributo importante per riflettere su alcuni temi rimasti d’attualità. Oswald Spengler, pensatore tedesco (1880-1936), studiò scienze matematiche e naturali e, poi, filosofia. Nel 1918 pubblicò l’opera che lo rese celebre: “Il tramonto dell’Occidente” (compendio di una “morfologia della storia universale”), oggi ancora di grande interesse.

Energie rinnovabili di Luigi Aloisio FAG, 2009, pag.191, euro 19,90

Il volume prende in esame gli incentivi in materia di “energie rinnovabili” e le procedure per ottenerli. Trattate anche le “moratorie” che sono adottate in materia.

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

“Il peccato di oggi? Non ci si accorge più dell’invisibile” (O. Prodimola)

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L’uomo e la tecnica (Ascesa e declino della civiltà delle macchine)

Elementi 18

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Con l’ energia rinnovabile, tutto torna. Energia A2A Rinnovabile 100% è l’energia prodotta da A2A esclusivamente da fonti rinnovabili, segno dell’impegno di un grande Gruppo, leader per lo sviluppo sostenibile (28% di produzione idroelettrica). Ma, per chi lo desidera, è anche un Marchio di Garanzia che indica una scelta responsabile, da comunicare a clienti, partner commerciali e istituzioni con un ritorno di immagine per tutte le Aziende, gli Esercizi e gli Enti più attenti all’ambiente. Le fonti che non si esauriscono tornano utili: usarle oggi consente di vivere anche domani in un ambiente migliore. Se vuoi scegliere Energia A2A Rinnovabile 100%, richiedi il Disciplinare d’uso a: energiarinnovabile@a2a.eu.

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Il racconto Cosa c’è di più bello dello sguardo del bambino quando ascolta le parole del genitore mentre questi gli legge una favola, o gli racconta una storia? Una storia inventata, o una veramente accaduta. Quello sguardo è l’espressione di un’attenzione tesa alla conoscenza, al sapere, allo scoprire realtà e cose che acquistano importanza, che sono rivelazioni, epifanie di vita che fanno crescere la fantasia e dispongono al mondo. Il racconto è sempre così, anche quando si diventa grandi. Raccontare e ascoltare chi racconta è uno dei momenti più vivi dell’esistenza. Perché è in quegli attimi che due persone avvicinano le loro vite, si scambiano emozioni, sensazioni, esperienze. Si conoscono e imparano a conoscere meglio se stessi e a capire un po’ di più la vita. Cosa sarebbero i nostri giorni se tutto quello che pensiamo, facciamo, proviamo, rimanesse

Mondo Piccolo

Mp

nascosto nella nostra anima, chiuso, sigillato all’infinito? Vivremmo in una prigione angusta e buia, in una solitudine accecante, dalla quale solo la pazzia potrebbe rappresentarne la fuga e la salvezza. Non si può fare a meno di raccontare se si crede nella vita. Perché è attraverso il racconto che la vita ritorna, con quello che è stato e che ancora è, e con quello che potrà essere. E non si può fare a meno di ascoltare, perché solo l’ascolto apre squarci di verità, di possibilità, di speranze, altrimenti inimmaginabili.

lo Smilzo

Filo di Nota di Mauro De Vincentiis

Fn 58

Elementi 18

La leadership in tempi d’incertezza Come reagire in contesti instabili? In ogni organizzazione (pubblica o privata) una emergenza può essere dietro l’angolo. Quando accade qualcosa d’imprevisto, i sistemi – il più delle volte – sono impreparati. Ne consegue un senso d’impotenza…. Che fare? Restare in attesa dell’evolversi degli eventi? Decidere che altri decidano? Dopo lo tsunami finanziario dell’inverno 2008 a dettare le nuove regole del “gioco” ci prova un guru di origini indiane, Ram Charan, con il libro “Leadership nell’era dell’incertezza” (Ed.Etas). Sottotitolo: “Le nuove regole per fare le cose giuste in tempi difficili”. Regole che suggeriscono a manager e quadri di prendere sulle proprie spalle il “peso” di risolvere le indecisioni che presiedono ogni scelta difficile.



Il cantiere della centrale di Flamanville

L’ITALIA RITORNA NUCLEARE Sono passati ventidue anni ormai, dal lontano 8 novembre 1987, che, di fatto, sancì l’uscita dell’Italia dal nucleare, sotto la spinta emotiva del disastro ucraino di Chernobyl, anche se gli elettori erano stati chiamati ad esprimersi soltanto sull’abolizione o meno di alcuni articoli di una specifica legge. Ma l’interpretazione “politica” dei risultati portò il Governo di allora a decidere, unico al mondo, di procedere all’arresto e al graduale smantellamento delle centrali. Era un’altra Italia, in un altro mondo. Oggi, caduto il muro di Berlino, venuta meno la contrapposizione tra i due blocchi, viviamo in un’altra Europa. E nell’Europa di oggi, come in buona parte del mondo, il nucleare ha quasi ovunque un ruolo da protagonista. In tutto il pianeta i reattori nucleari in esercizio sono 436 e altri 44 sono in costruzione. Nel solo Vecchio Continente producono energia 198 reattori. E basta prendere un compasso e disegnare un semicerchio partendo dai nostri confini sulle Alpi per accorgerci che intorno a noi, nel raggio di appena 200 chilometri - come dire la distanza da Roma a Napoli - sono in pieno esercizio 27 centrali nucleari. Parte di quell’energia peraltro, soprattutto quella prodotta in Francia e Germania, viene acquistata a caro prezzo e importata in Italia per coprire fino al 15% del nostro fabbisogno. In conclusione siamo rimasti, dopo quella scelta del 1987, tra i pochi Paesi europei industrialmente più

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avanzati, a non produrre energia da nucleare pur avendo necessità di utilizzarla per soddisfare il fabbisogno complessivo nazionale. Il risultato è che l’Italia, per compensare gli effetti di quella scelta di 22 anni fa, si vede costretta ad importare energia per il 78% del suo fabbisogno, e a ricorrere ad altre fonti energetiche più costose ed inquinanti, a partire dal gas naturale ed il petrolio, da cui ricaviamo il 66% circa dell’energia necessaria. Bollette più care per le famiglie e le imprese dunque, dipendenza dall’importazione di gas e petrolio da aree instabili del pianeta e quindi approvvigionamenti a rischio, emissioni di CO2 – responsabili dei cambiamenti climatici – nell’atmosfera decisamente più elevate e nessun vantaggio. Questo in pratica il bilancio dell’Italia denuclearizzata. Un bilancio di fronte al quale il Governo ha deciso di avviare il programma del ritorno dell’Italia nel nucleare. Un piano che ha iniziato a prendere forma con una legge varata nel luglio di quest’anno e che prevede di cambiare faccia al mix delle fonti, con una produzione di energia elettrica dall’atomo pari al 25% del fabbisogno nazionale. “In questo programma – spiega Livio Vido, direttore della divisione Ingegneria e Innovazione di Enel – la nostra società svolgerà un ruolo fondamentale, realizzando attraverso una joint venture con i francesi di Edf, quattro reattori, la metà di quelli previsti dal piano del Governo sul territorio nazionale”. I reattori di Enel-Edf saranno dislocati su tre siti ancora da individuare, ma probabilmente verranno realizzati uno al Nord, uno al Centro ed uno al Sud.

a cura di Enel Comunicazione

Ogni reattore di terza generazione avanzata come l'EPR che Enel sta contribuendo a realizzare insieme a Edf a Flamaville in Normandia, ha 1.600 MW di potenza è di circa il 30% più efficiente di quelli della generazione precedente e costerà tra i 4 e i 4,5 miliardi di euro. L’entrata in funzione è prevista per il 2020. Tempi lunghi necessari per osservare un complesso ma indispensabile iter, sotto il profilo del rispetto delle garanzie di sicurezza e del coinvolgimento delle amministrazioni locali interessate, che dopo la scelta dei siti dovrebbe vedere l’avvio delle opere preliminari nel 2013. I quattro reattori, di terza generazione avanzata Epr, analoghi a quelli in fase di realizzazione in Francia, su cui Enel sta già lavorando insieme ai tecnici di Edf nel sito di Flamanville, in Normandia, garantiranno livelli di sicurezza 100 volte superiori a quelli degli impianti precedenti, produrranno una quantità di scorie estremamente ridotta e facilmente stoccabile all’interno delle stesse centrali e avranno una capacità da 1600 MW l’uno, consentendo di produrre energia elettrica ad un costo inferiore del 20% rispetto a quello della produzione dei cicli combinati a gas. E poiché il nucleare non emette CO2, nell’ipotesi di produrre 100 TWh all’anno con centrali nucleari anziché con cicli combinati a gas, l’atmosfera sarebbe alleggerita di 35 mila tonnellate di emissioni annue di anidride carbonica, con un contributo importante dunque alla lotta al fenomeno del cosiddetto “global warming”, il riscaldamento globale, la principale emergenza del nostro secolo.



ENRICO SIRELLO Esponente di spicco dell’avanguardia livornese dell’Arte Programmata – di cui è stato autore nel 1964 della “scheda programmatica” - Enrico Sirello, oltre che pittore, è anche scultore, scenografo, regista e critico d’arte. Nella sua lunga carriera ha allestito più di 50 mostre personali, ha partecipato a circa 150 mostre collettive e premi nazionalie internazionali (XXVI e XXVII Salon des Realites Nouvelle a Parigi, IV Biennale di Madrid), ha progettato e realizzato numerose scenografie, ha diretto 17 regie teatrali d’avanguardia e, dal 1960 al 1965, ha collaborato con il Giornale del Mattino di Firenze. Innumerevoli i riconoscimenti ottenuti, tra cui nel 1965 la Medaglia d’Oro del Presidente della Repubblica. La peculiarità della sua pittura è data dall’uso dello spazio pittorico come superficie attrattiva di forme che, in un susseguirsi di ritmi, aprono e chiudono i piani. La severità della scrittura e la rigorosa costruzione delle opere è ottenuta attraverso l’uso del colore, che sembra avvicinare o allontanare le forme nate dall’accorpamento di frammenti di figure triangolari, che costituiscono la sua sigla e che si moltiplicano creando serie e composizioni armoniose. Così il dipinto assume qualità tridimensionali attraverso ritmi cromatici di “moduli” utilizzati come forma primaria essenziale, replicabile in serie senza sostanziali modificazioni, nella determinazione del variare della loro incidenza sulla superficie. E’ un linguaggio complesso capace di confrontarsi con quelli presenti sul palcoscenico dello Spazialismo internazionale in virtù delle forme seriali disposte da una gestualità che non tradisce il significato, l’ispirazione spiegata dalle cromie. Attraverso imprevisti rapporti tra le forme e i piani che penetrano vicendevolmente, Sirello si pone, inoltre, su un piano di ricerca tra i più avanzati nell’attuale panorama artistico, collocandosi tra i più interessanti autori dell’ “Arte pura”. L’arte che nella definizione del poeta francese Guillaume Apollinaire è quella in grado di “dipingere aggruppamenti nuovi con elementi non presi in prestito dalla realtà visibile, ma interamente creati dall’artista”.

Energia ascensionale 2009, tecnica mista su cartoncino cm. 40,5x30.

la Copertina a cura di Vittorio Esposito

Enrico Sirello

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INIZIAMO A CAMBIARE, IL FUTURO CI SEGUIRÀ.

Quella che vedete è la vostra posizione nel mondo dell’energia che stiamo costruendo. Sarà una posizione centrale: ogni volta che premerete un interruttore o inserirete una spina, attiverete un sistema di cui voi siete parte attiva. Con le reti intelligenti costruiremo l’internet dell’energia: tutto sarà collegato. Le grandi centrali che, grazie al carbone pulito, al nucleare e all’idrogeno, produrranno energia sempre più pulita e disponibile. Le rinnovabili che grazie alle nuove tecnologie saranno più competitive. E voi che potrete scambiare l’energia che vi serve e quella che produrrete, utilizzandola anche in nuovi contesti, come l’auto elettrica. Così tutti potremo usare meglio l’energia senza modificare le nostre abitudini. Un segno tangibile di cambiamento per il futuro dell’ambiente e dell’uomo. COPENHAGEN 7-18 DICEMBRE 2009

www.enel.com


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