Elementi 15 - Dicembre 2008 - Marzo 2009

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Renato Brunetta

Innovare, lo slogan diventa realtà Cesare Cursi

Energia a costi competitivi e a prezzi certi Raffaele Liberali

Piano UE per le tecnologie energetiche Andrea Clavarino/Roberto Della Seta

Dialogo sul carbone Nicola Vendola

Eco-tecnologie, Puglia come Germania A. e C. Guareschi

La lezione di papà Giovannino

Sped. in Ab. postale 70% - Roma

Periodico del GSE dicembre 2008/marzo 2009

L’ambiente ci renderà più ricchi

Elementi

Stefania Prestigiacomo

inserto speciale

ENERGIA DAI RIFIUTI

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RISPARMIA SULLA BOLLETTA.

Per la tua casa, scegli il gas e l’elettricità di Eni, avrai il 10% di sconto sulla componente energia del prezzo dell’elettricità stabilito dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas. La componente energia è parte delle condizioni economiche di riferimento per il mercato domestico definite e aggiornate dall’Autorità. Tale componente rappresenta, al netto delle imposte, il 65% circa della spesa complessiva della bolletta per una famiglia tipo, con consumi annui pari a 2.700 kWh (3 kW di potenza impegnata) nell’abitazione di residenza.

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S’intravede una nuova era energetica La convinzione è che la riforma energetica predisposta e in via di attuazione da parte del Governo, segnerà una svolta radicale per l’Italia, anche per il senso politico della strategia adottata, che esalta la complementarietà di rinnovabili e nucleare per il futuro del Paese, invece che indulgere erroneamente, come nel passato, solo a favore o dell’uno o dell’altra. Il mix energetico indicato come ottimale, comprende un 25% di energia da fonti rinnovabili, un 25% da nucleare e un 50% da combustibili fossili, gas, olio e carbone, quest’ultimo oggi ancor più pulito e sicuro e del quale verosimilmente fino alla metà del secolo non potremo fare a meno. Ulteriori elementi della strategia del Governo, allineato alla frontiera di ricerca internazionale, sono costituiti dai programmi per un’adeguata accelerazione nella realizzazione delle infrastrutture energetiche e dalle diversificazioni delle rotte di approvvigionamento. Si tratta di una significativa inversione di tendenza che punta a rendere il Paese meno vulnerabile e a ridurre il peso della bolletta energetica, stimato, per il 2009, sui 60 miliardi di euro. Oltre, naturalmente, a limitare la dipendenza dall’estero, facendo scendere l’importazione di energia dalla soglia dell’85%, nettamente superiore alla media europea attestata intorno al 50%. Tutto ciò, senza trascurare le potenzialità che possono venire da un impiego tecnologicamente innovativo di alcune fonti energetiche alternative, come quella solare, per la quale allo studio ci sono soluzioni per aumentarne lo sfruttamento e quella rappresentata dalle biomasse, attraverso l’utilizzo di piante ad alto contenuto energetico. Ma la novità positiva è senza dubbio rappresentata dalla riapertura all’energia nucleare, i cui vantaggi si

riverbereranno sulla produzione elettrica, sull’ambiente, sulle imprese e sulle famiglie, oggi condannate a pagare un costo energetico superiore del 30% rispetto agli altri Paesi europei. Non senza il timore d’interruzioni negli approvvigionamenti e con la prospettiva di subire maggiori oneri dovuti al protocollo di Kyoto, o a sue “dogmatiche” interpretazioni. Perché da noi il nucleare torni a essere impiegato, occorre porre in essere alcune condizioni fondamentali, quali la costituzione di un’Autorità di controllo, l’indicazione dei siti per lo stoccaggio definitivo, la scelta della tecnologia più adatta, il potenziamento dei programmi universitari per la formazione della nuova generazione di ingegneri, ma soprattutto, come accade nella maggior parte dell’Europa, creare nell’opinione pubblica, per mezzo di un’adeguata, capillare ed efficace comunicazione, una cultura che guardi con serenità a questa fonte energetica moderna e d’avanguardia, sulla quale molto si potrà fare in termini di ricerca per migliorarla e renderla ulteriormente competitiva. Ecco, ricerca, innovazione scientifica e tecnologica e comunicazione, sono i quattro pilastri che danno solidità alla costruzione della politica energetica nell’immediato futuro. Dai quali si possono trarre significativi vantaggi in termini economici, con riflessi positivi su tutta la Comunità. Comunità che deve poter comprendere, attraverso un’informazione autentica e responsabile, il senso e il valore dell’innovazione e poi condividerla nella cultura e nell’impegno fattivo. In conclusione, le condizioni per portare il Paese verso un moderno, funzionale, competitivo, sicuro sistema energetico ci sono tutte. Forse si comincia a intravedere l’inizio di una nuova era, per uno dei comparti più importanti e delicati della nostra economia.

l’Editoriale di Carlo Andrea Bollino / Presidente GSE

l’E Elementi 15

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Direttore Responsabile Romolo Paradiso Segreteria di redazione e pubblicitĂ Luca Speziale luca.speziale@ acquirenteunico.it Tel 06 80134794 Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Natascia Falcucci Claudia Momicchioli Editing Maria Pia Terrosi Progetto grafico e impaginazione Imaginali Realizzazione impianti e stampa Sar Offset srl via di Pietralata 198 00158 Roma

Foto Fototeca Elementi Fototeca Alberto e Carlotta Guareschi (foto G. Guareschi)

Un particolare ringraziamento a Luca Benedetti, Sandro Renzi, Giancarlo Scorsoni

Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma

Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Acea Asja Banca Intesa San Paolo Fiera di Roma Egl Enel Eni Mitsubishi SolarExpo

Editore GSE Direttore Editoriale Fabrizio Tomada Hanno collaborato a questo numero Roberto Antonini, Luca Barberis, Edoardo Borriello, Fausto Carioti, Valter Cirillo, Mauro De Vincentiis, Vittorio Esposito, Jacopo Giliberto, Piergiorgio Liberati, Fabrizio Mariotti (La vignetta di Fama), Gabriele Masini, Giusi Miccoli, Claudia Momicchioli, Michele Rossanigo, Luca Speziale

In copertina Percorsi di luce Achille Pace, 2006

Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

Chiuso in redazione nel mese di novembre 2008

Elementi è visibile in internet al sito www.gsel.it

GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680111 F +39 0680114392 info@gsel.it www.gsel.it

AU Guidubaldo Del Monte, 72 00197 Roma T +39 0680101 F +39 0680114391 info@acquirenteunico.it www.acquirenteunico.it

GME Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680121 F +39 0680114393 info@mercatoelettrico.org www.mercatoelettrico.org

Elementi

Anno 2008 n. 15 dicembre 2008 marzo 2009

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La Comunicazione, energia per l’energia

Comunicare non è una cosa facile. Sebbene l’odierna sia considerata la società della comunicazione, di vera, buona, valida comunicazione in giro se ne vede ben poca. Molta è comunicazione di mercato, il cui effetto è quello di convincere a possedere e consumare. Manca invece la comunicazione autentica, quella nella quale si avverte sincerità, la volontà di dire le cose così come stanno, con coraggio e senso di responsabilità, il cui scopo è aiutare a stimolare riflessione, ricerca, conoscenza e più ancora, osmosi di pensiero. Quello energetico, per la sua specificità e importanza a livello economico-sociale, è uno dei settori che avrebbe maggiormente bisogno di una comunicazione forte, capillare e autentica, grazie alla quale riuscire a creare sensibilità, a tutti i livelli, sulle cose che lo riguardano. Il compito non è facile, ce ne rendiamo conto, ma i tempi sono divenuti stretti. Occorre agire e presto per avviare un piano di crescita formativa in grado di superare i vecchi e inutili stereotipi comunicativi che tutto fanno, meno che produrre sapere. Occorre iniziare impegnando, in questo progetto, gli attori che agiscono nell’energia: Stato, società, enti locali, esperti in materia, fino a coinvolgere, nella consapevolezza delle cose, le famiglie, la scuola, le università. Solo in tal modo si potrà svolgere un ruolo determinante alla formazione di una Comunità cosciente dei problemi, delle risorse, del futuro che interessano un comparto così delicato. E, soprattutto, avere una Comunità educata all’uso corretto, opportuno, sicuro, civile, degli strumenti che l’energia producono e utilizzano. Anche la comunicazione può così rappresentare un’ulteriore risorsa energetica. Importante come le altre, efficace sempre e, per sua natura, “rinnovabile”.

Virgolette di Romolo Paradiso

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rubriche

primo piano

03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette” 08 P° il Punto 59 Bi Biblioteca 60 Fn Filo di Nota 60 Mp Mondo Piccolo 61 E+ Energia, letteratura, umanità 62 Co la Copertina

10 L’ambiente renderà

Intervista a Stefania Prestigiacomo

più ricchi gli italiani

14 Energia a costi competitivi Conversazione con Cesare Cursi

e a prezzi certi

18 Le strategie europee per Parla Raffaele Liberali

le tecnologie energetiche

20 Puntiamo su fotovoltaico A tu per tu con Paolo Ricci

ed eolico

22 La nostra sfida perfetta

A colloquio con Paolo Vigevano

faccia a faccia

24 Dialogo sull’utilità del carbone Andrea Clavarino/Roberto Della Seta

energia e ambiente

28 Eco tecnologie, la Puglia Il pensiero di Nicola Vendola

Elementi

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come la Germania


30 46 Arezzo, città all’idrogeno Scambio sul posto, più vicini al mercato 32 La comunicazione energetica? edilizia sostenibile Il parere di Giuseppe Fanfani

Quattro chiacchiere con F. Foresta Martin

Cambiata, ma si può fare meglio

34 Surriscaldamento?

Incontro con Ernesto Pedrocchi

48 La sostenibilità entra in casa Incontro con Paolo Buzzetti

Non è colpa dell’uomo

energia del pensiero

energia rinnovabile

52 Ciao Giovannino, uomo libero di

36 Un’opportunità

Speciale Energia da rifiuti

Un Caffè con… A. e C. Guareschi

un mondo piccolo che non c’è più

da valorizzare

lavoro

indagine eolico

56 Innovare, lo slogan diventa realtà

40 L’eolico va, ma serve un Parlano F. Starace, S. Togni, O. Vigorito e K. Schäfer

nuovo quadro normativo mercato elettrico

44 Le distorsioni di mercato Parla Giorgio Guerrini

freno al sistema elettrico

Intervista a Renato Brunetta

Sommario

So


Il dejà vu da realizzare Sul tappeto ci sono molte questioni. L’avviamento dei nuovi mercati legati alla Borsa elettrica, l’importante nodo dell’Authority, l’opzione nucleare, il possibile avvio della Borsa del gas, e tante altre tematiche. Queste frasi appena scritte sono quasi ovvie nei contenuti, e per tal motivo è stato adottato il codice lessicale dell’ovvietà: “tematiche” anziché temi, “sul tappeto” (che nel vocabolario dei luoghi comuni è sinonimo di “sul tavolo”), “l’importante nodo”, “l’opzione nucleare” (sulla quale per qualche anno è stato detto che “va riconsiderata”). Eppure il dejà vu, in questo caso, ha un ruolo centrale perché i temi ora in discussione non sono nuovi, ma ormai decisivi per i prossimi anni. Le osservazioni che seguono per molti lettori appariranno scontate. Appunto, come ogni dejà vu o come ogni catalogo dell’ovvietà. Ma in certi casi l’enumerazione didascalica dei temi serve per chiarire e per ripulire il tema dalle ambiguità.

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Quasi un'agenda da punteggiare con i post-it e le sottolineature dell'evidenziatore. Per quanto riguarda l’energia atomica, la fretta del Governo – il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ipotizza che entro sette anni possa essere posata la prima pietra della prima centrale nucleare italiana – rischia di essere eccessiva. Si sta già pensando alla programmazione di quadro, da riempire poi con i contenuti operativi, ma si sa bene come in Italia ci sia la propensione pericolosa di creare grandi cornici programmatorie senza avere bene in mente il dipinto che quella cornice dovrà contenere. E ciò porta ritardi ed errori. La voglia comprensibile di fare presto dovrebbe consigliare l’adozione in primo luogo dei contenuti e degli strumenti; prima bisogna avere chiaro l’oggetto del dipinto e gli strumenti che servono per realizzarlo. Subito dopo, si può pensare alla cornice in cui racchiudere il dipinto. Dopo le zampate del petrolio sui costi dell’energia, l’Italia


e con lei l’Europa, in autunno ha goduto i vantaggi di un costo in ribasso dell’energia, che sta rendendo meno dolorose la crisi economica e finanziaria. La discesa dei prezzi dell’energia si fa sentire non solo sui prezzi e sulle bollette ma anche sulla voglia di investire nel nucleare. In ottobre diversi grandi investitori internazionali che – a greggio infiammato - guardavano con interesse questa tecnologia, di colpo hanno cominciato a mostrare cautela: la scarsa propensione a un impegno finanziario sempre più traballante sul fronte delle disponibilità internazionali di denaro, si sommava con un petrolio disponibile a prezzi ragionevoli. Perché impegnarsi a lunghissimo termine con una tecnologia affamata di denaro – si domandavano nella City di Londra o a Manhattan i “senior partner” e gli “account” dalle bretelle rosse d’ordinanza – se il greggio ora si mostra favorevole? Proprio l’incostanza degli andamenti internazionali del petrolio è, al contrario, uno dei motivi che dovrebbero spingere gli investimenti nucleari. Il nucleare –come tutto il settore dell’energia – offre rientri di lungo periodo, alta concentrazione di capitale e, in un mercato correttamente impostato, margini contenuti. In altre parole, l’energia atomica è quanto di più nemico della finanziarizzazione dell’economia, cioè quel fenomeno che allontana i meccanismi economici dai fattori fisici, che fa impazzire le quotazioni del greggio e fa balzare il dollaro, che con meccanismi virtuali genera o distrugge ricchezze reali. Tuttavia la finanziarizzazione così disprezzata dall’economia reale è uno strumento indispensabile per i mercati fisici. Lo strumento del mercato a termine sta completando la scena elettrica, in analogia con quanto accade nelle principali Borse estere dell’energia. Dopotutto, lo stesso Mercato del giorno prima è – inavvertitamente - un mercato a termine: a brevissimo termine, con poche ore d’anticipo.

Per troppi anni è mancata una strutturazione più completa della Borsa elettrica italiana che desse agli acquirenti elettrici la possibilità di approvvigionamenti di medio e lungo periodo a prezzi concordati. E finalmente il mercato dell’elettricità si avvicina agli altri mercati sia più finanziari sia più fisici. Il chilowattora, in altre parole, comincia a diventare un prodotto normale, come i cereali trattati alla Granaria della Borsa Merci di Milano. Voglia di Borsa anche per il mercato del metano. Anche qui, come nel nucleare, c’è desiderio di creare cornici nell’illusione che la programmazione sia la soluzione finita. Non servono decreti e impegni: un Borsino del gas esiste già da anni e l’hanno creato le imprese e gli operatori con l’Autorità dell’energia perché il mercato ne sentiva l’esigenza. Era la Bacheca, poi diventato un meglio strutturato punto virtuale di scambio. È una Borsa in nuce, un bozzolo. Per farlo partire è bene che il Governo non si metta di mezzo con la voglia di regolare ogni aspetto. Bastano un paio di interventi indovinati (lo era stato l’obbligo di far transitare per questa Borsa le quote di royalty sul metano estratto dai giacimenti italiani) e poco ingombranti, per lasciare che sia il mercato a crescere e svilupparsi. Dopotutto, il governo di politica industriale di una simile Borsa potrebbe passare attraverso una tutrice come l’Autorità dell’energia. Tutto ciò a patto che l’Autorità veda rafforzato il suo ruolo indipendente e tecnico. Il mercato e i consumatori non amano quando l’organismo di regolazione diventa un campo di scontro per le poltrone e gli schieramenti. È già accaduto che l’Authority fosse il campo su cui si esprimessero le partigianerie, e per fortuna sono stati scontri senza effetti. Gli interventi discreti, quelli poco strombazzati e molto efficaci, sono quelli graditi dai consumatori e dal mercato.

il Punto di Jacopo Giliberto

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primo piano

L’ambiente renderà piÚ ricchi gli italiani

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INTERVISTA A STEFANIA PRESTIGIACOMO Ministro dell’Ambiente di Piergiorgio Liberati

L’ambiente va collegato alle dinamiche di sviluppo. Ambiente e progresso economico si devono integrare: oggi più che mai dipendono l’uno dall’altro. Il mix energetico giusto? 25% di rinnovabili, 25% di nucleare, 50% di combustibili fossili. Ma, dobbiamo risparmiare energia, promuovere l’energia verde, utilizzare combustibili meno inquinanti e incrementare la ricerca per le tecnologie adatte alle rinnovabili. Riduzione delle emissioni: l’Italia lavorerà a intese internazionali che rendano il Protocollo di Kyoto una responsabilità seria per tutti. La Sicilia ha potenziali importanti per energia e ambiente, li valorizzeremo. Stefania Prestigiacomo

Parla delle fonti rinnovabili come di una grande opportunità «per il sistema Paese in chiave di sviluppo energetico e industriale». Considera gli obiettivi del pacchetto europeo 20-20-20 «molto ambiziosi»: potrebbero portare l’Italia «a trovarsi di fronte ad un impegno eccezionale per un obiettivo minimo». Stefania Prestigiacomo, da 8 mesi alla guida del ministero dell’Ambiente, ha un’agenda fitta di impegni che nei prossimi anni sono destinati a cambiare l’Italia: dal rilancio del nucleare, alla riduzione delle emissioni e degli sprechi energetici. E: Dunque, ministro, qual è la strada giusta da intraprendere? SP: Dobbiamo mirare ad un riequilibrio energetico che nel medio periodo ci consenta di arrivare al 25% di rinnovabili e al 25% di nucleare, lasciando il restante 50% ai combustibili fossili. Un programma energetico sicuramente non facile da attuare, ma che rappresenta una sfida che, se vinta, avrà effetti positivi sull’ambiente. Tuttavia, il nucleare è una soluzione di prospettiva. Nel frattempo dobbiamo risparmiare energia, promuovere le rinnovabili e utilizzare combustibili meno inquinanti. Per quanto riguarda la riduzione delle emissioni, l’Italia lavorerà a intese internazionali che rendano il Protocollo di Kyoto una responsabilità seria per tutti. Il

nostro Paese sarà nel 2009 presidente di turno del G8: è l’occasione per assumere impegni concreti, sottoscritti da chi inquina poco ma soprattutto anche da chi inquina molto. L’Italia, infatti, si impegnò nel 1998 a ridurre le emissioni del 6,5 %, ma in dieci anni sono aumentate del 12%, quindi oggi siamo del 18,5% sopra il limite. Gli altri Paesi hanno difeso i loro interessi, il nostro ha accettato condizioni insostenibili. È evidente che saremo costretti a rinegoziare. E: Il Pacchetto europeo “20-20-20”, sottoscritto dall’ex Governo, pone obiettivi molto ambiziosi dal punto di vista della produzione di energia da fonti rinnovabili e della riduzione di CO2. Lei ha intenzione di rivedere questi parametri? SP: Il pacchetto europeo (abbattimento delle emissioni del 20%, riduzione dei consumi energetici del 20% e produzione di energia da fonti rinnovabili al 20% entro il 2020) è molto ambizioso: è necessaria una verifica, in vista dei prossimi appuntamenti istituzionali. Il rischio è di trovarsi di fronte ad un impegno eccezionale per un obiettivo minimo. In una riunione a Palazzo Chigi si è condivisa la consapevolezza della portata di questo pacchetto e si è decisa la strategia per attirare attenzione sulla preoccupazione italiana che poi, credo, sia anche di altri Paesi.

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“Importante il ruolo del GSE”

E: La sua prima azione da ministro dell’Ambiente è stata quella di riformare la Commissione Via. È finita l’era, tanto criticata, dell’ambientalismo del no?

E: Le fonti rinnovabili sono importanti per il futuro energetico mondiale. Cosa pensa del ruolo del Gestore dei Servizi Elettrici? SP: Il Gestore dei Servizi Elettrici ha un ruolo di rilievo nella promozione, nell’incentivazione e nello sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia. È intenzione del Governo rendere le rinnovabili una grande opportunità per il sistema Paese in chiave di sviluppo energetico e industriale. Oggi compriamo i pannelli solari in Germania e le pale eoliche in Danimarca, pagando le rinnovabili più di ogni altra forma di energia. Dobbiamo puntare, invece, sulla produzione in Italia di materiali e tecnologie per questo tipo di energia. Promuovere la ricerca nel settore delle rinnovabili, riuscire ad elaborare tecnologie capaci di sfruttare sole, vento e biomasse in maniera sempre più efficace è essenziale per il futuro del nostro Paese.

Incidenza in % di emissioni di CO2 Su un totale di 456.795,15 MW di energia derivante da attività di combustione, di seguito la percentuale di incidenza settore per settore:

Industrie energetiche

Totale

pubblica elettricità e produzione di calore raffinerie di petrolio combustibili solidi e altre fonti di energia

76,41% 15,88% 7,70%

34,83

20,31% 1,43% 14,32% 5,57% 6,98% 51,36%

17,96

2,15% 92,01% 0,27% 32,94% 5,58%

28,13

27,40% 63,02% 9,57%

18,84

Industrie manifatturiere e di costruzione ferro e acciaio metalli non ferrosi chemicals carta/stampa alimenti/bevande/tabacco altro non specificato

Altri settori commerciali residenziali agricolo/forestale/ittico

Dai dati emerge quanto segue: da un’osservazione generale risulta che le industrie energetiche e i trasporti sono i settori da cui provengono quote più alte di emissioni di CO2. Nello specifico, per quanto riguarda il settore dei trasporti, quello su strada ha un’incidenza nettamente superiore rispetto agli altri. Rilevante anche il dato della voce 4) altri settori dove emerge che dai residenziali deriva il 63,02% di emissioni di CO2. Fonte ministero dell’Ambiente

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E: Spesso, sui piani infrastrutturali, pesano i veti degli enti locali, condizionati dal cosiddetto effetto nimby (not in my backyard). Non pensa che sia necessario superare lo scoglio del titolo V della Costituzione? SP: Purtroppo, oltre all’ambientalismo del no di cui parlavamo prima, è stato forte il localismo del no. Le infrastrutture sono essenziali, ma devono essere al servizio delle risorse del Paese e valorizzarle. C’è bisogno di una cabina di regia capace di spingere l’Italia sulla strada delle soluzioni più innovative e, se il ministero dell’Ambiente saprà assumere questo ruolo di proposta, di indirizzo, di formazione culturale coinvolgendo la classe produttiva ma anche il popolo del nimby, sarà utile al Paese.

“Risposte concrete ai cittadini su ambiente e energia” E: La Sicilia è una Regione che potrebbe sfruttare al meglio le risorse del sole e del vento. Cosa si potrebbe fare per renderla ancora più “verde”?

Trasporti in aria su strada su ferro in mare altro non specificato

SP: Ritengo che l’ambiente vada amministrato, programmato e valorizzato come ogni risorsa, collegandolo alle dinamiche di sviluppo. La Commissione Via ha un ruolo decisivo per la difesa dell’ambiente e lo sviluppo del Paese, due esigenze che a mio parere sono legate e che devono marciare insieme per assicurare a noi e ai nostri figli un futuro migliore. Purtroppo è nata con un fardello pesante di richieste inevase, ben 159, da vagliare presto ma rigorosamente. Opere strategiche per l’Italia – rigassificatori, centrali, dighe, ecc. – che non possono più attendere i tempi indeterminati della burocrazia e il potere di veto di certa politica.

SP: A livello nazionale intendiamo attuare politiche che consentano di valorizzare le peculiarità della posizione geografica italiana, in maniera da sfruttare al massimo le energie rinnovabili. La Sicilia è tra le regioni d’Italia quella che possiede un ricco patrimonio ambientale da valorizzare: penso alle aree marine protette, ad esempio, una grande risorsa, ma anche alle potenzialità nel settore energetico. Una delle prossime iniziative sarà quella di definire un accordo di programma per investire parte delle risorse del “Fondo per le energie rinnovabili”. C’è poi il Piano operativo interregionale per l’ambiente a valere su fondi comunitari che consente di indirizzare altri programmi ed altre risorse alle energie alternative in Sicilia. Gli strumenti e le risorse non mancano. Siamo nella fase di definizione dei programmi e delle intese.


E: Cosa intende dire quando sostiene che renderà gli italiani eco-ricchi? SP: Sprigionando risorse economiche per il nostro Paese, l’ambiente renderà gli italiani più ricchi, materialmente e non solo. Come dicevo prima, l’ambiente deve essere collegato alle dinamiche di sviluppo. Natura e progresso economico si devono integrare: oggi più che mai dipendono l’uno dall’altro. Solo così valorizzeremo il nostro territorio e quell’inesauribile e preziosa risorsa che è l’ambiente italiano. È intenzione e programma del Governo traghettare il Paese verso un modello di sviluppo ecosostenibile, che rappresenti una scelta a tutela del benessere degli italiani. E: Il Consiglio dei ministri ha approvato una nuova legge delega per la modifica del Codice ambientale. In che direzione si muoverà il suo dicastero e quali sono i tempi per la riforma del dlgs. 152?

E: L’Italia, però, ha bisogno di grandi opere… SP: Come ho detto prima, abbiamo riformato la Commissione Via consentendo in 4 sedute lo sblocco di oltre 40 progetti del valore di svariati miliardi di euro. Recentemente abbiamo varato lo schema di recepimento della direttiva Ue sulla raccolta e il riciclaggio delle pile usate, da considerarsi a tutti gli effetti rifiuti urbani pericolosi. E questo è un passo importante nella gestione corretta dei Raee (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) cui il Ministero è molto attento. Inoltre, abbiamo appena rifinanziato i bandi a sostegno dell’energia solare, che hanno già avuto riscontri positivi: 8 milioni di euro per questo tipo di energia negli edifici pubblici. Poi c’è il grande fronte del decoro urbano sul quale ci siamo impegnati individuando una soluzione per l’attività dei “graffitari” separando con chiarezza le forme d’arte dagli atti vandalici che deturpano palazzi e monumenti.

SP: Il Consiglio dei ministri ha approvato in agosto la legge delega per la modifica del Codice. Si vuole rispondere così a un’esigenza di razionalizzazione e snellimento delle normative in materia ambientale, che si sono sovrapposte negli anni creando situazioni frammentate e a volte contraddittorie. C’è bisogno di rigore ma anche di chiarezza con una realtà normativa che non inneschi paralisi nei processi autorizzativi ma stimoli soluzioni condivise.

“L’Italia ha bisogno di grandi opere”

SP: All’inizio del mandato abbiamo detto che la nostra politica ambientale deve avere il carattere della concretezza: è necessario dare risposte ai cittadini che avvertono i disagi dovuti all’inquinamento, ai cambiamenti climatici, ai ritardi sul ciclo dei rifiuti e chiedono soluzioni. Come può immaginare, hanno avuto la priorità le emergenze, caso Campania in primis, che abbiamo affrontato con risultati che sono riconosciuti da tutti. Sono stati avviati interventi di bonifica e compensazione ambientale che devono procedere parallelamente all’apertura di nuove discariche. Purtroppo si registrano ritardi nello sviluppo di una gestione efficace del ciclo dei rifiuti, in particolare sulla differenziata, e anche per questa ragione abbiamo avviato campagne di sensibilizzazione e continueremo a insistere sulla comunicazione e sull’educazione ambientale.

La Vignetta di Fama

E: Quello dell'Ambiente è un ministero molto importante per lo sviluppo del Paese, che richiede decisioni ferme e immediate su temi spinosi. Se la sente di tracciare un bilancio sui primi mesi di attività?

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primo piano

Energia a costi competitivi e a prezzi certi C’è bisogno di energia a costi competitivi, in quantità adeguate al fabbisogno sempre crescente e a prezzi certi. Diversificare le aree geografiche di approvvigionamento e le fonti di energia. Il giusto mix di fonti? Rinnovabili, carbone pulito e energia nucleare. Modernizzare e costruire infrastrutture energetiche, realizzare rigassificatori, sistemi di stoccaggio per il gas naturale e potenziare le reti di trasporto ed interconnessione con gli altri Paesi. Sostenere l’azione di internazionalizzazione delle nostre imprese energetiche, per valorizzare le interdipendenze e gli accordi con i Paesi esportatori di energia. L’Authority per l’energia avrà una missione più ampia con compiti di giurisdizione anche in materia di acqua. GSE: ruolo più forte nel breve futuro.

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Il nuovo Governo ha fatto della questione energetica un tratto di riconoscimento della propria azione: dal nucleare alla sicurezza degli approvvigionamenti, alla messa in discussione degli obiettivi del Piano Ue 2020 per via dei loro effetti sulla competitività. Un ruolo chiave in questo senso è ricoperto dalle Commissioni parlamentari competenti. Ne parliamo con Cesare Cursi, presidente della Commissione Industria del Senato. E: Come conciliare gli obiettivi sulle rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni con i costi per i cittadini e per il sistema? CC: C’è bisogno di energia a costi competitivi, in quantità adeguate al fabbisogno crescente e, soprattutto, a prezzi certi. Le imprese italiane pagano la bolletta energetica più cara dei loro principali concorrenti europei, con il timore di interruzioni negli approvvigionamenti. Bolletta che pesa per 60 miliardi di euro/anno e rende negativa la nostra bilancia commerciale. Occorre agire lungo tre direttrici: diversificazione, infrastrutture e internazionalizzazione. Dobbiamo diversificare le aree geografiche di approvvigionamento e le fonti di energia, sviluppando l’efficienza energetica e il giusto mix tra le varie fonti: rinnovabili, carbone pulito ed in particolare energia nucleare. Occorre costruire nuove infrastrutture energetiche, ammodernare quelle esistenti, realizzare nuovi rigassificatori, sistemi di stoccaggio per il gas naturale e potenziare le reti di trasporto e di interconnessione. Inoltre, va sostenuta l’azione di internazionalizzazione delle nostre imprese energetiche, per valorizzare le interdipendenze e gli accordi con i Paesi esportatori di energia.


CONVERSAZIONE CON CESARE CURSI Presidente della Commissione Industria del Senato di Gabriele Masini Cesare Cursi

E: Il Governo ha attuato un pressing sulle istituzioni europee per trovare degli ammortizzatori al Piano Ue 2020. Come giudica tale azione? CC: È un tema delicato sul quale il nostro Governo ha agito con chiarezza e coerenza. È fuori di dubbio che gli europei debbano risparmiare energia, visto che in Europa si spreca almeno il 20% dell'energia utilizzata. Se si agisce con tempestività il costo diretto dei nostri consumi energetici potrebbe ridursi di oltre 100 miliardi di euro l'anno entro il 2020, evitando di produrre circa 780 milioni di tonnellate di CO2/anno. Ma tutto questo deve contemperarsi anche con le esigenze socio-industriali del nostro Paese. Premura del Governo non è quella di mettere in dubbio l’importanza dell’accordo, ma di valutare, in un rapporto costi-benefici, una revisione degli obiettivi e dei meccanismi previsti. Poco senso avrebbero imponenti sforzi a fronte di obiettivi ambientali minimi.

Ripartizione percentuale della produzione lorda di energia elettrica in Italia nel 2007 rispetto alle diverse tipologie di fonte

2%

7% 6%

16% 55%

14%

E: Si può parlare di un affievolimento del vento europeista? CC: Sarebbe un grave errore. L’Europa sarà un interlocutore importante a livello internazionale solo se saprà rappresentare l’interesse di tutti i Paesi che la compongono. Interessi che dovranno avere anche un confine ultranazionale. La possibile partnership tra ENEL e EDF in tema di costruzione di impianti nucleari rappresenta al meglio tale opportunità.

Gas naturale Gas derivati Prodotti petroliferi Carbone Rinnovabile Altre Fonte GSE

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Quota % della produzione energia elettrica da fonte nucleare rispetto alla produzione lorda nel 2007* Fonte GSE (dati provvisori)

80%

26% Germania

Francia

18%

18%

Spagna

Regno Unito

E: L’altalena del petrolio. Quali contromisure adottare? CC: Bisogna considerare il mercato petrolifero come un mercato protetto, lontano da operazioni di natura finanziaria. In questo caso diventerà ancora più importante il ruolo dell’Eni, che fino ad oggi ha operato con un elevato grado di responsabilità. È necessario un intervento comune dei Grandi del pianeta e l’Europa, se unita, può assumere un ruolo da protagonista, per stabilizzare un fenomeno che appare essere montato ad hoc. E: Un tratto distintivo della politica del Governo è stato il ritorno al nucleare. Il ministro Scajola ha detto che la prima pietra delle nuove centrali sarà posta prima della fine della legislatura. È un termine realistico? E come affrontare la resistenza delle comunità locali? CC: L’opzione nucleare è l’unica che consente di produrre energia su larga scala, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente. Sono certo che sarà rispettata la scadenza di fine legislatura per l’inizio della costruzione della prima centrale nucleare. Il parere delle comunità locali dovrà essere tenuto nella massima considerazione, ma ritengo che sarà comunque lo Stato a prendere la decisione finale.

E: Agenzia nucleare, Autorità per l’energia, Apat, Enea. Il Governo ha messo mano pesantemente all’assetto del settore energetico. Come garantire indipendenza e capacità decisionale all’interno di un quadro democratico? Crede che il Governo tornerà alla carica con il progetto di revisione dei meccanismi di nomina e di funzionamento dell’Autorità per l’energia? CC: Chi governa ha il dovere-potere di assumere decisioni. Se queste si rilevano sbagliate, va a casa. Il tema dell’energia è strategico. Non si sta attentando all’Authority per l’energia ma si vuole creare un nuovo soggetto, con una missione più ampia di quella attuale e compiti di giurisdizione anche in materia di acqua. E: Quale sarà il ruolo del carbone nel mix energetico italiano? CC: Il nostro obiettivo è un mix di generazione elettrica composto da 50% di combustibili fossili, 25% di nucleare, 25% di idroelettrico e altre fonti rinnovabili. Il ruolo del carbone è prioritario. L’attuale tecnologia a carbone pulito permette un notevole incremento dal punto di vista della resa energetica con emissioni molto ridotte. Come dimostra la nuova centrale a carbone di Civitavecchia, che soddisfa il 50% del fabbisogno elettrico del Lazio, pari al 4% dei consumi nazionali. E: Le rinnovabili apporteranno un contributo decisivo al mix o rimarranno in una posizione ancillare? Andranno rivisti gli incentivi che, secondo alcuni, sono alti e pesano troppo sulla bolletta? CC: Il mix energetico ottimale prevede una fetta di circa il 25% ad appannaggio dell’idroelettrico e delle altre fonti rinnovabili. È una fetta di mercato non da poco. Più che agli incentivi si deve puntare a semplificare l’iter burocratico. Sarà poi il mercato a decidere quali forme di energia rinnovabile perseguire. E: Quale sarà il ruolo del Gestore dei Servizi Elettrici nel nuovo quadro degli incentivi alle rinnovabili? CC: Il Gse svolge un'attività di primo piano nel sistema elettrico italiano attraverso il meccanismo d'incentivazione della produzione di energia e la gestione dei flussi economici e finanziari delle fonti rinnovabili e assimilate. E, in un breve futuro, avrà un ruolo ancora più importante.

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Le strategie le tecnologie Raffaele Liberali

L’energia e il cambiamento climatico sono le più grandi sfide che l’umanità dovrà affrontare nei decenni a venire. Sfide che per essere vinte richiedono un approccio coordinato a livello planetario, risorse ingentissime e l’utilizzo massiccio di nuove tecnologie. L’Europa ha assunto un ruolo di leadership mondiale in questa sfida. L'UE si è data degli obiettivi vincolanti da realizzare entro il 2020 per portare al 20% la quota delle energie rinnovabili, per migliorare del 20% l'efficienza energetica e per ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra. Per il 2050, la riduzione di emissioni dovrebbe attestarsi il 60-80%. Per facilitare il raggiungimento di tali obiettivi, diverse normative sono state presentate dalla Commissione e sono al vaglio del Consiglio e del Parlamento Europeo: dalle nuove direttive sulle rinnovabili e sull'emission trading, al terzo pacchetto legislativo sul mercato interno dell'elettricità e il gas.

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Ingredienti principali per vincere questa sfida sono le nuove tecnologie energetiche, il cui sviluppo richiede progressi tecnologici importanti, tempi lunghi, ingenti investimenti e politiche coerenti a livello europeo, con rischi che spesso non possono essere sostenuti dai singoli Stati Membri o dal solo mercato. L'Europa ha un enorme potenziale, ma per rispondere a questa sfida deve evolvere verso un modello che utilizzi al meglio le risorse disponibili nell’Unione. Una cooperazione basata su una programmazione coordinata delle attività nazionali, che includa la messa in rete permanente dei migliori centri di ricerca e garantisca l’accesso di tutti i ricercatori europei alle migliori infrastrutture, e in cui le industrie e il settore pubblico uniscano le proprie forze, condividendo obiettivi e tempistiche, in grandi iniziative per lo sviluppo di specifiche tecnologie strategiche.

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Per essere efficiente, questo modello va organizzato in modo flessibile e non burocratico, utilizzando strumenti che garantiscano un buon rapporto costi/benefici. Si è giunti così alla definizione di una nuova politica europea dedicata allo sviluppo delle tecnologie per l’energia, da attuarsi con il Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche, o SET Plan (Strategic Energy Technology Plan). La finalità è di accelerare lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie pulite e commercialmente competitive necessarie per raggiungere gli obiettivi dell’Unione in campo energetico, per conseguire una nuova pianificazione congiunta, un’attuazione più efficace e un aumento delle risorse impiegate. L’attuazione del SET Plan richiede un metodo di lavoro a livello comunitario che permetta di collaborare agilmente limitando la burocrazia. Per gestire l’attuazione del piano, è stato istituito un gruppo direttivo sulle tecnologie energetiche strategiche, presieduto dalla Commissione e composto da rappresentanti governativi di alto livello


europee per energetiche DI RAFFAELE LIBERALI Direttore per l'Energia, Direzione Generale della Ricerca alla Commissione Europea

nel campo della ricerca e dell’energia. Il gruppo sta elaborando azioni congiunte, coordinando politiche e programmi nazionali, e fornirà le risorse all'implementazione del piano. Per eseguire una buona pianificazione strategica, sono necessari dati e informazioni affidabili. A tale scopo, il Centro comune di ricerca della Commissione sta istituendo un Sistema europeo di gestione delle informazioni sulle tecnologie energetiche che comprenderà una mappa delle tecnologie (stato delle conoscenze, ostacoli e potenziale delle tecnologie) e una delle capacità (risorse finanziarie e umane). Un ingrediente fondamentale del SET Plan è riservato agli istituti nazionali e ai gruppi di ricerca che operano in università e centri specializzati. Per migliorare il loro coordinamento, stiamo instituendo un’alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia. È stato avviato un dialogo sistematico con i direttori generali di questi istituti, atto a favorire la transizione verso un modello di collaborazione strutturale basato sulla concezione e sull'attuazione

condivisa dei programmi di lavoro dei singoli istituti. Dal prossimo anno verranno definiti programmi congiunti su almeno tre grandi temi. Il cuore del SET Plan è dedicato a rafforzare la ricerca e l’innovazione industriale in settori tecnologici per i quali solo la cooperazione tra settore pubblico e imprese a livello comunitario permetterà di raggiungere dei risultati concreti in tempi accettabili. Per questo stiamo definendo delle iniziative industriali europee per generare la massa critica di attività, partecipanti ed investimenti. I temi affrontati saranno, nella prima fase, l’eolico, il solare, le bioenergie, la cattura e lo stoccaggio di CO2, le reti elettriche intelligenti e la fissione nucleare di quarta generazione. L’implementazione del SET Plan richiederà un aumento degli investimenti pubblici e privati. Una migliore cooperazione a livello europeo permetterà un utilizzo più efficiente delle risorse già disponibili, ma queste non saranno certo sufficienti. È difficile parlare di nuovi investimenti nel mezzo di una crisi finanziaria mondiale,

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ma nel campo dell'energia, non investire oggi porterà ad aumenti molto rilevanti della "bolletta energetica" negli anni a venire, con perdita di competitività delle nostre imprese e peggioramento delle condizioni economiche dei cittadini. L'aumento dei bilanci dovrà essere accompagnato dallo sviluppo di strumenti finanziari d'investimento che permetteranno di trasformare la logica di sovvenzione a fondo perduto in quella di condivisione dei rischi tra il settore pubblico e privato. Inoltre, sarà necessario che i legislatori e le autorità dell'energia sviluppino un sistema normativo, tariffario e fiscale volto a stimolare gli investimenti delle aziende nell'innovazione. Infine, tutte le aziende attive nel settore energia dovranno porre in esse delle strategie più di lungo termine, essere disposte a prendere rischi maggiori e dare alla ricerca e all'innovazione un posto fisso nell'agenda di tutte le riunioni dei consigli di amministrazione.

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Puntiamo su fotovoltaico ed eolico Paolo Ricci

A TU PER TU CON PAOLO RICCI Consigliere delegato di TerniEnergia SpA

Il geotermico e l’idroelettrico sono alla saturazione della produttività. Solo con un ritorno interessante per gli investitori si fanno gli impianti. Nel fotovoltaico la società ha scelto un modello di business originale che prevede l'integrazione e il controllo dell'intero processo. Anche la produzione rientra negli obiettivi di TerniEnergia, a conferma dell'attenzione verso le fonti rinnovabili. E poi c’è l’estero.

di Roberto Antonini

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La storia di TerniEnergia è “una storia di straordinaria crescita con un forte radicamento sul territorio e con una vocazione di operatività a livello nazionale e internazionale”. Lo dice l’ingegner Paolo Ricci, consigliere delegato di TerniEnergia S.p.A., parlando dell’iniziativa nata nel 2005 da T.E.R.N.I. Research, con l'obiettivo di coniugare i mondi della ricerca applicata, della tecnologia innovativa e delle imprese. “Il Nuovo Conto energia – spiega Ricci – ha aperto uno scenario di interesse per lo sviluppo di impianti fotovoltaici. TerniEnergia ha orientato la sua strategia alla realizzazione di impianti fotovoltaici di taglia industriale, proponendosi come integratore di sistema e fornitore di impianti chiavi in mano, guadagnando una leadership nazionale. A proposito del Nuovo Conto energia ci auguriamo che venga alimentato nella maniera in cui è stato avviato”. Questa osservazione è legata anche alla preoccupazione di evitare le rilevanti multe legate al mancato rispetto delle normative europee sulle emissioni di CO2. “Non potendo contare per il 2020 nemmeno su un kWh da nucleare spero che il Governo dia i ‘giusti’ incentivi, cioè quelli che comportano un ritorno interessante per gli investitori. Così si farebbe un grosso favore alla Nazione per l’incremento delle rinnovabili, appurato che le uniche fonti su cui è giusto puntare sono fotovoltaico e eolico, visto che geotermico e idrolettrico sono alla saturazione della produttività”. La clientela di riferimento di TerniEnergia è costituita principalmente da singole industrie e gruppi industriali, fondi di investimento italiani ed esteri specializzati nel settore, società elettriche territoriali e nazionali. Dal 2006 TerniEnergia ha realizzato 97 impianti fotovoltaici di taglia industriale, per una capacità totale installata di 12.578,93 kW. Sono stati costruiti in varie regioni italiane, ma soprattutto in Umbria e Puglia dove oggi sono in esercizio 7 impianti, ciascuno di capacità superiore ai 900 kW. La dimensione preferita è, infatti, la taglia industriale con impianti di potenza compresa tra i 500 e i 10.000 kW. In Umbria TerniEnergia ha realizzato tre impianti totalmente integrati (su parcheggi e rimessaggi roulotte), tra i più grandi in Italia tra quelli collegati alla rete elettrica nazionale. Si tratta dell'impianto San Faustino (Massa Martana), con una capacità di 970,2 kW, dell'impianto di Bosco (Narni) da 874 kW e dell'impianto di Vascigliano (Stroncone) da 824 kW. Gli impianti realizzati in Puglia, invece, sono localizzati su terreno e hanno una potenza superiore a 970 kW. “Nel fotovoltaico la nostra società ha scelto un modello di business originale – spiega l’ingegner Ricci – che prevede l'integrazione e il controllo dell'intero processo, dalla progettazione alla commercializzazione, dall'installazione alla manutenzione e al telecontrollo degli impianti”. Ma anche il settore eolico rientra negli obiettivi della TerniEnergia, con tre progetti in via di sviluppo, il primo dei quali è stato autorizzato. Complessivamente gli impianti autorizzati avranno una capacità di circa 84 MW. A partire dal 2007, TerniEnergia si è impegnata in investimenti diretti, realizzando impianti fotovoltaici di proprietà, destinati alla produzione e alla vendita di energia elettrica. Questa attività è stata svolta attraverso la T.E.R.N.I. SolarEnergy S.r.l. (joint venture con Electricité de France-Energies Nouvelles) e la società Energia Alternativa (joint venture con Valle d'Aosta Energia, partecipata del Gruppo Cogne Acciai Speciali). “Con SolarEnergy – precisa Ricci – abbiamo avuto ottimi risultati. In un anno e mezzo abbiamo allacciato alla rete

TERNIENERGIA in pillole Storia nasce il 9 settembre 2004, ma il 21 settembre 2005 assume la denominazione: T.E.R.N.I. Ricerca e Industrie S.p.A.

Aree di attività progettazione, commercializzazione, installazione e manutenzione di impianti fotovoltaici, oltre alla produzione di energia elettrica mediante la conversione di energia solare

Impianti votovoltaici 97, realizzati dal 2006 al 30 settembre 2008, per una capacità totale installata di 12.578,93 kW

Regioni di maggior interesse Umbria e Puglia, dove sono attualmente in esercizio 7 impianti, ciascuno di capacità superiore ai 900 kW

Progetti impianti eolici per una potenza di circa 84 MW

5,7 MW distribuiti su 7 impianti, 5 dei quali totalmente integrati – quindi con il massimo dell’incentivo – grazie a una sinergia perfetta nata dal know how di Terni Energia e dall’appeal finanziario di Edf”. Sempre nel 2007, TerniEnergia ha avviato il processo di quotazione sul Mercato Expandi della Borsa di Milano, dove il debutto è avvenuto con una brillante performance: la quotazione è stata di 1,575 € rispetto al valore di collocamento di 1,3 € e tale andamento positivo è proseguito nel mese di agosto. “Le nostre strategie – aggiunge Paolo Ricci – vanno in due direzioni: incrementare la produzione e il fatturato, aumentando i megawatt installati. Per il 2009 abbiamo l’obiettivo di raddoppiare il fatturato, con l’installazione di circa 20 MW. Per quel che riguarda l’estero, a parte la Spagna dove la situazione è bloccata per la riduzione degli incentivi decisa a giugno, le nazioni con maggiore potenzialità sono quelle dell’Est Europa. Ma anche Grecia e Francia, abbastanza indietro nello sviluppo del fotovoltaico”. Se nella realizzazione dei grandi impianti, la parte tecnica non è un problema, lo è invece quella burocratica, legata a problemi autorizzativi e finanziari. Autorizzativi, conclude Ricci, “perché non esiste una legislazione unica a livello nazionale. Alle province è stata assegnata l’autorizzazione unica, ma poi ogni comune e regione ha le sue direttive e ciò non agevola la realizzazione degli impianti di grande taglia. Per la parte finanziaria, va tenuto presente che costruire un MW comporta un impegno di 5 milioni di euro e se, fino a qualche tempo fa le banche davano leasing con richieste di equity basse, oggi invece stringono i cordoni della borsa”.

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primo piano

La nostra

Da poco più di sei mesi alla guida di Acquirente Unico S.p.A., Paolo Vigevano fa il punto sui progetti del prossimo futuro. Ecco il suo pensiero.

di Claudia Momicchioli

E: Chi è Paolo Vigevano? PV: Dopo la laurea in Ingegneria mi sono occupato di broadcasting. Sono stato fondatore, editore ed amministratore di Radio Radicale, la prima emittente privata di servizio pubblico, ho istituito la FIERTI, la Federazione delle emittenti radiofoniche e televisive italiane e la RNA, l’Associazione delle reti nazionali radiofoniche, ho contribuito in prima persona alla costruzione dell’assetto legislativo del settore. In seguito sono passato al settore delle Tlc che mi ha coinvolto ed appassionato per molti

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anni, partecipando attivamente sia sul piano tecnico che politico alla definizione della regolamentazione. Ho collaborato strettamente con il ministro Stanca per l’Istituzione del Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie e ho presieduto il "Comitato esecutivo interministeriale per la predisposizione del Piano nazionale di sviluppo della larga banda". Infine, sono approdato a un settore strategico come quello dell’energia dove penso di poter portare un bagaglio di esperienze che mi derivano dall’aver affrontato, in un’ottica di interesse generale, problemi strutturali e organizzativi di settori uscenti da regimi di monopolio.


Paolo Vigevano

A COLLOQUIO CON PAOLO VIGEVANO AD di Acquirente Unico SpA

sfida perfetta E: Da poco più di sei mesi è alla guida di AU. Fino ad oggi quali sono le sue impressioni sul settore elettrico? PV: Dal punto di vista del processo di liberalizzazione, quello dell’energia elettrica in Italia è un esempio virtuoso. Le norme comunitarie sono state recepite ampiamente e prima delle scadenze previste. In particolare, il contestuale avvio di Acquirente Unico, quale garante della fornitura di energia elettrica ai clienti vincolati, e della Borsa elettrica ha permesso di dare un’accelerazione all’apertura del mercato. In questi ultimi anni si sono sviluppati numerosi progetti nel campo della generazione e ciò ha reso pluralistico il settore. Dopo il completamento della liberalizzazione, AU svolge un ruolo fondamentale di tutela per i piccoli consumatori, coerente con la disciplina comunitaria. I clienti domestici e le piccole imprese che non si rivolgono al mercato libero, hanno in alternativa la possibilità di ricevere l’energia elettrica pagando una bolletta in cui la componente energia riflette il prezzo che AU spunta nel mercato. Acquirente Unico, che ha finora svolto la sua missione con l’apprezzamento dei soggetti istituzionali e in sinergia con gli altri attori di mercato, potrebbe adesso mettere a disposizione di altri settori le proprie competenze al servizio del consumatore.

E: In un contesto caratterizzato da forti incertezze sull’evoluzione dei prezzi delle materie prime energetiche, quali strumenti Acquirente Unico mette in campo per tutelare i consumatori finali? PV: Andrebbe assicurato sia un costo più basso delle bollette e una minore variabilità dei prezzi nel tempo. Fino ad oggi, gli strumenti che Acquirente Unico ha utilizzato sono stati la diversificazione del portafoglio approvvigionamenti e, per quanto riguarda gli acquisti attraverso la Borsa, la stipula di contratti di copertura dal rischio di prezzo. Tuttavia il limite che si riscontra è che queste tipologie di contratti hanno un orizzonte massimo di un anno. Quindi, studiando una strategia più efficace, si potrebbero contrattualizzare gli acquisti più a

lungo termine. Questo porterebbe un vantaggio per il consumatore, a fronte della certezza di allocazione della produzione che si darebbe ai produttori. Prendendo in esame altri casi europei, colpisce quello dei consumatori industriali finlandesi, energy intensive, che hanno costituito un consorzio di acquisto di una futura centrale nucleare, garantendosi quindi forniture a prezzi dipendenti più dai costi di generazione che non da quelli di mercato. D’altra parte anche l’AEEG e Confindustria si stanno muovendo in questo senso. La prima ha emanato un documento di consultazione riguardante l’introduzione di strumenti di copertura del rischio che favoriscano la realizzazione d’impianti di generazione capital intensive. La seconda ha aperto un tavolo, coinvolgendo consumatori e produttori di energia elettrica, per capire se esiste la possibilità di adottare il modello finlandese, nella prospettiva di un ritorno al nucleare.

E: L’assistenza informativa al cliente finale è un servizio fondamentale in un mercato liberalizzato. In che modo AU può giocare un ruolo centrale anche in questo settore? PV: L’apertura dei mercati elettrici ha coinvolto in prima persona gli utenti finali che si sono trovati ad affrontare una scelta, cosa sicuramente non facile. Se da una parte le grandi aziende di settore si sono adoperate per fare “propri” i potenziali clienti, dall’altra le famiglie si sono trovate impreparate a capire quale fosse la soluzione più adatta alle proprie esigenze, tra le molteplici presentate. Qui si inserisce l’importante funzione svolta da AU. Mi riferisco all’istituzione del Call Center, voluto ed ideato con l’AEEG, per orientare i clienti domestici e le piccole imprese verso una scelta consapevole. L’intento è quello di dare informazioni sulla liberalizzazione, senza suggerimenti di carattere commerciale, così come fornire il necessario supporto anche per risolvere problemi legati ai contratti. L’iniziativa ha avuto successo, come confermano i dati a nostra disposizione, e a breve diventerà più articolata e complessa, offendo, insieme all’assistenza informativa, un servizio di prevenzione e risoluzione anticipata di contenziosi.

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faccia a faccia CARBONE, RISORSA CONVENIENTE E DEMOCRATICA Dialogo

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sull’utilità ANDREA CLAVARINO Presidente Assocarboni di Roberto Antonini

Carbone sì, carbone no: stretti fra le bollette roventi e i limiti alle emissioni imposti da Kyoto, il combustibile della prima rivoluzione industriale torna d’attualità. Torna e subito si levano le barricate. Se sul fronte industriale è ritenuto una soluzione, dagli ambientalisti è visto come una iattura. Ma il carbone, lui, non è più lo stesso di prima. Oltre ad essere la scelta energetica di economie in crescita come Cina e India, tra quelle consolidate il carbone ha una nuova veste, ripulita dalle tecnologie per sequestrare la CO2 (Carbon capture and storage- Ccs) e dalle moderne centrali. Per orientarsi tra sì e no, ecco uno scambio di battute fra due esperti: Andrea Clavarino, Presidente di Assocarboni, che raggruppa gli operatori del settore carbone, e Roberto Della Seta, capogruppo del Pd nella Commissione Ambiente del Senato e già Presidente nazionale di Legambiente.

E: Il carbone è una delle soluzioni per riequilibrare il mix energetico italiano? AC: Senz’altro. Occorre riequilibrare il mix energetico italiano, perché il sistema elettrico italiano oggi dipende al 60% dal gas che importiamo soprattutto da Algeria e Russia. Siamo esposti ad un oligopolio come nessuno al mondo. RDS: Non è una soluzione, almeno fin quando non diventerà concreta la possibilità sequestrare l'anidride carbonica nel sottosuolo. In Italia oggi il carbone contribuisce per una percentuale non grandissima, ma nemmeno irrilevante, al mix elettrico. Immaginare un aumento di questo contributo è in contraddizione con gli impegni che abbiamo assunto per ridurre le emissioni climalteranti. Infatti, nonostante

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l’innovazione tecnologica e i miglioramenti sulle emissioni inquinanti, il carbone rimane il combustibile fossile che emette più CO2. Va bene continuare la ricerca, quindi, ma sono altre le direzioni di innovazione verso cui deve muoversi il nostro sistema energetico.

E: Il carbone va bene solo per chi ce l’ha (vedi nord Europa) o è davvero un ‘combustibile democratico’, come dice qualcuno? RDS: Non so se è democratico, di certo è molto inquinante, tanto più se non si applicano le migliori tecnologie a disposizione. D'altra parte, il fatto che la Cina continui a costruire nuove centrali a carbone non significa che Paesi come il nostro, chiamati ad una maggiore responsabilità nella lotta ai mutamenti climatici, debbano seguire questa via.


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ORA NO... DOMANI NI

ROBERTO DELLA SETA Capogruppo del Pd Commissione Ambiente del Senato

del carbone

Anche perché come emissioni pro-capite Cina e India pesano sul global warming incomparabilmente meno di qualunque Paese occidentale, compreso il nostro. AC: Il carbone è distribuito in più di 100 paesi e fornisce energia elettrica a una lampadina su due in tutto il mondo. Va bene quindi per tutti i Paesi che lo vogliono utilizzare, incluso chi lo vuole importare come l’Italia. Gas e petrolio sono, invece, concentrati in due aree - Medio Oriente e Paesi ex Unione Sovietica - con evidenti tensioni sui prezzi.

E: Basso costo del combustibile, ma elevate emissioni di CO2: conviene davvero al cittadino, o avremo prima bollette un po’ più leggere e poi supermulte per il mancato rispetto di Kyoto? AC: È sicuramente conveniente, tanto è vero che in Europa i Paesi che lo usano in alta percentuale (tra il 35 e il 50%) come Gran Bretagna, Olanda e Germania hanno annunciato piani di investimento in nuove centrali a carbone pulito. Senz’altro conviene ed il problema delle supermulte si evita con un maggior utilizzo delle rinnovabili. RDS: Sul tema costi dell’energia si deve essere coerenti, tutto sta a vedere cosa si intende per costi. Per me fra i costi vanno quantificati i costi ambientali e sanitari, che sono anche costi economici. Se nel costo del kWh prodotto da carbone li considerassimo, aggiungendo quelli che l’Italia dovrà pagare se non rispetterà gli impegni sottoscritti, la presunta convenienza del carbone scomparirebbe.

Produzione mondiale e percentuale sui consumi interni (primi 15 Paesi e totale mondiale, 2006) Paese

Cina

Produzione (milioni di tonnellate equivalenti al petrolio)

Produzione su consumo interno (%)

1145

105

Stati Uniti

564

102

Australia

205

377

India

186

90

Russia

139

134

Sudafrica

138

151

Indonesia

94

369

Polonia

69

126

Germania

56

69

Colombia

38

1422

Kazakhstan

38

138

Ucraina

35

93

Canada

32

114

Repubblica Ceca

24

117

Vietnam

18

223

Totale mondo

2908

fonte IEA, World Energy Statistics and Balances 2007, Parigi 2007

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E: Esiste davvero il carbone pulito? Se sì, quanto è pulito rispetto a quello di una volta? RDS: C’è una parte di verità: oggi bruciare carbone per produrre elettricità determina, a livello locale, impatti molto più bassi di prima in termini di emissioni di ossidi d’azoto, ossidi di zolfo e particolato. Se, invece, ad esempio confrontiamo l’uso del carbone pulito sul piano delle emissioni di anidride carbonica con l’impatto del metano, allora quello del “carbone pulito” diventa uno slogan molto meno veritiero. AC: Non c’è né petrolio, né gas, né carbone pulito. In assoluto nessuno è pulito, ma c’è la possibilità di ridurre le emissioni. In questo contesto, di migliore efficienza e minori emissioni, c’è anche il carbone. E: L’Italia ha riserve di carbone o dipenderemo dalle importazioni come accade con gas e petrolio? AC: L’Italia ha discrete riserve in Sardegna, che però coprono una percentuale molto limitata del consumo totale. Quindi dovremo importare carbone, ma penso che non ci siano problemi nell’approvvigionamento, anche se auspico che l’Italia continui a comprare concessioni di miniere di carbone sia per produrre energia elettrica che acciaio, così come hanno recentemente fatto Enel e Coeclerici. RDS: L’Italia non ha grandissime riserve di carbone, ma non credo sia questo il tema centrale, perché l’approvvigionamento di questo combustibile non è problematico come quello di gas o petrolio, più concentrati in determinate aree geopolitiche. Sono altre le ragioni che sconsigliano il nostro Paese dall’immaginare un aumento significativo del contributo del carbone nel nostro mix elettrico.

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E: Se si parla di centrali a carbone, automaticamente si cita la Carbon capture and storage (CCS). È una tecnologia matura e conveniente o una chimera? RDS: Matura non lo è, perché altrimenti già sarebbe utilizzata. È una tecnologia promettente che ancora deve dimostrare la sua economicità così come di aver risolto problemi tecnici. Credo che la ricerca tecnologica debba andare avanti, ma per ora non è utilizzabile su larga scala. AC: È una tecnologia collaudata e conosciuta, tanto che viene utilizzata dall’industria estrattiva del gas nel Mare del nord, con la Norsk Hydro, ed in Algeria con la BP. Certo non è ancora diffusa, ma sicuramente si può fare molto in questa direzione. L’Italia è leader perché l’Enel metterà 400 milioni di euro in progetti per la cattura e sequestro della CO2 emessa dalle sue centrali a carbone. Nel 2009 a Brindisi ci sarà un impianto da 50 MW per 100 milioni di euro di investimento, che prevede la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica sotto la falda acquifera, a 50 metri di profondità. E: Gassificazione: può essere il futuro del carbone? AC: La gassificazione del carbone è una tecnologia adatta a quei Paesi che hanno ingenti giacimenti come la Cina e il Sudafrica. Per chi ha riserve di carbone limitate come l’Italia e deve importarne, il trasporto marittimo non rende il processo più economico. RDS: Credo sia una strada da sperimentare. Occorre concentrare gli investimenti in ricerca e sviluppo in campo energetico sulle strade del futuro, non su quelle del passato. L’obiettivo principale che tutta la comunità internazionale e in particolare i Paesi più ricchi devono porsi è di migliorare l'efficienza degli usi energetici e sviluppare le rinnovabili. Indicazioni vantaggiose per l'Italia che importa quasi tutta l'energia fossile che consuma, che non solo fanno bene all'ambiente ma portano innovazione tecnologica, posti di lavoro, eccellenza industriale.



energia e ambiente

Eco-tecnologie, la Puglia come la Germania IL PENSIERO DI NICOLA VENDOLA Presidente Regione Puglia di Luca Speziale

Nicola Vendola

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Un approccio decisamente innovativo, quello con cui la Puglia sta affrontando il delicato tema delle rinnovabili. Tecnologia ed innovazione, un binomio per far crescere la percentuale di utilizzo di fonti rinnovabili in una Regione tra le prime in Italia per investimenti e progetti in atto. Inoltre, l’istituzione di un distretto tecnologico e un nutrito numero di aziende private pronte ad investire moltissimi euro. I dettagli con il Presidente della Regione, Nicola Vendola.

E: La Puglia è tra i primi posti in Italia per la generazione di energia. A cosa si deve questo primato? NV: La Puglia ha insediamenti tra i più grandi d’Europa. È diventata un territorio che produce il 10% dell’energia nazionale, il doppio di quella che consuma, esportandone la metà in un quadro di solidarietà e responsabilità nazionale. Il tema delle energie rinnovabili continua ad essere un punto centrale della nostra azione. L’agenda di Governo ha fissato priorità molto concrete come, ad esempio, l’adozione del PEAR, la delibera n. 35 del 2007 per la semplificazione e la Legge che ha esteso la DIA per impianti sino ad 1 MW. E: Dall’eolico al solare, passando per le biomasse e le rinnovabili, per poi finire alla riconversione di vecchi impianti industriali: progetti che andranno a coinvolgere sia le piccole aziende locali che i grandi operatori privati. Qual è il suo punto di vista? NV: Oltre alle regole e alle norme per implementare le rinnovabili vogliamo anche pensare alla possibilità di realizzare in Puglia la filiera produttiva e tecnologica. Non è un obiettivo velleitario: la Puglia può diventare non solo luogo dove si installano impianti, ma anche sede di produzione componentistica e tecnologica.

Dobbiamo chiederci perché ciò che è stato possibile in Germania non possa essere possibile qui. I tedeschi hanno maturato una crescita tecnologica e di riconversione nella produzione di energia da rinnovabili che ha permesso una levitazione generale del sistema delle imprese e dell’occupazione giovanile. Sono convinto che si possa seguire la stessa direzione anche in Puglia e nel Mezzogiorno. Vogliamo integrare pienamente le nostre piccole e medie imprese nella filiera. A tal fine possiamo contare sul nuovo ciclo di fondi strutturali pari a 1.700 milioni di euro e realizzare un grande Piano energetico regionale. Scommettiamo tutti sul successo di questa impresa che rappresenta l’unica possibilità di coniugare tutela ambientale e crescita territoriale.

E: Quali sono i numeri che la Puglia può vantare nel settore delle energie alternative? E quali quelli che ambisce a raggiungere in futuro?

E: A supporto dei vari progetti è stato istituito il Distretto Tecnologico Nazionale sull’Energia (Di.T.N.E.). Di cosa si tratta?

NV: Nel Piano Energetico Ambientale Regionale è considerata con attenzione la possibilità degli impianti eolici offshore. Come noto, la procedura di VIA per tali impianti è stata avocata dal Governo nazionale, estromettendo la Regione dalle proprie funzioni. È evidente che così la Regione viene esclusa da ogni ipotesi di valutazione d’impatto ambientale regionale e può esprimere le proprie osservazioni solo nell’iter nazionale. Ne consegue un ridimensionamento delle potestà dell’istituzione regionale che non è messa in grado di garantire i cittadini e le categorie interessate dell’assenza di impatti e dell’ascolto delle loro ragioni. Una situazione di disagio che la Regione non intende subire passivamente e che può risultare controproducente nella celerità dei tempi e nel buon fine delle proposte. In tempi di federalismo galoppante è davvero strano che la nuova direzione del ministero dell’Ambiente tenda al centralismo e a sottrarre alle Regioni le proprie competenze.

NV: È uno strumento che permetterà di far crescere le conoscenze scientifiche e di sviluppare la nostra economia. Il Distretto Tecnologico dell’Energia è il quarto della Regione, dopo il Dhitech di Lecce (per l’hi-tech), il Distretto della Meccatronica di Bari, e il Dare di Foggia per l’agroalimentare. Istituito ad agosto, nasce in Puglia per una ragione precisa: l’eccellenza raggiunta nelle rinnovabili. La missione del Di.T.N.E. è realizzare attività di trasferimento tecnologico dal sistema della ricerca a quello imprenditoriale. Una possibilità che la Puglia possiede grazie alla presenza di atenei e di centri di ricerca eccellenti, per le imprese innovative, per i finanziamenti pubblici. Il Distretto è composto da tutte le università pugliesi pubbliche, da Roma Tre e altre università pubbliche e private italiane, dalla maggior parte degli enti di ricerca e da aziende nazionali e regionali del comparto dell’energia.

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NV: Oggi produciamo 700 MW di energia da fonte eolica e 20 MW da fotovoltaico. Nell’eolico siamo i primi in Italia, mentre nel fotovoltaico siamo al terzo posto ma continuiamo a ricevere richieste di autorizzazioni che ci porteranno ad essere tra i siti più importanti del Paese. Ci sono molte domande d’investimenti per un totale di 20.000 MW dalle rinnovabili. Tutto questo ci porterà ad una crescita del 20% nel mix delle fonti. E: Parliamo di altre tecnologie. Sta crescendo l’attenzione sulla possibilità di realizzare impianti offshore. A che punto è la situazione?

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energia e ambiente

Arezzo, città “all’idrogeno” IL PARERE DI GIUSEPPE FANFANI Sindaco di Arezzo di Luca Speziale

Giuseppe Fanfani

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La città di Arezzo aspira ad un importante primato: essere la prima “città a idrogeno”. Un ambizioso piano ideato dalla cooperativa La Fabbrica del Sole in collaborazione con la Regione Toscana e partner privati, che fornirà energia pulita al Comune toscano. Un progetto pilota che ha suscitato l’interesse di Giappone e Cina. Ad illustrarci i vantaggi di questa innovativa soluzione il Sindaco di Arezzo, Giuseppe Fanfani.

E: Come ci si sente ad essere il Sindaco della prima città a idrogeno? GF: Felici e orgogliosi. L’idrogeno è in grado di soddisfare i bisogni industriali e domestici, la produzione di corrente elettrica e di calore, il rifornimento di veicoli dell’area industriale di San Zeno, una zona vicino ad Arezzo. Già 42 aziende utilizzano l’idrogeno per le proprie necessità, limitando i costi economici e ambientali. L’impegno è quello di andare ancora avanti in questo particolare settore della ricerca e dell’energia. E: La Regione Toscana e la Fabbrica del Sole hanno permesso la realizzazione dell’idrogenodotto. Può parlarci del progetto, dei costi sostenuti e da sostenere? GF: L’investimento è stato di oltre 1 milione di euro, sostenuto per metà dalla Regione Toscana e per metà da partner privati, con il sostegno del Comune di Arezzo che ha messo a disposizione le aree. La realizzazione è stata possibile grazie all’impegno di molti soggetti: la Regione Toscana ha cofinanziato i primi 4 lotti al 50%, La Fabbrica del Sole ha coordinato il progetto e realizzato l’HydroLAb, Coingas il consorzio pubblico dei comuni aretini per la distribuzione del gas metano - ha realizzato la tubazione, l’azienda Sapio ha attuato il sistema di distribuzione dell’idrogeno, mentre Exergy Fuelcell ha fornito e installato le fuel cells. Poi ci sono la Provincia e il comando dei Vigili del Fuoco di Arezzo che hanno curato l’aspetto autorizzativo, mentre Confindustria, CNA e Confartigianato i rapporti con le aziende. E: Come funziona?

E: Per abbattere l’inquinamento e produrre idrogeno, si è pensato ad un ciclo energetico totalmente pulito. Cosa vuol dire? GF: Per coordinare la sperimentazione è stato realizzato HydroLAb, un laboratorio dimostrativo per l’idrogeno e le energie rinnovabili, equipaggiato con due fuel cells da 1 kW e un impianto fotovoltaico per produrre idrogeno rinnovabile tramite elettrolisi dell’acqua. La produzione energetica avviene utilizzando generatori a idrogeno che hanno come unica emissione vapore acqueo. Il laboratorio è alimentato da moduli fotovoltaici e da panelli solari termici a tubi sottovuoto per il fabbisogno termico. Per la telefonia e la connettività a banda larga HydroLAb è servito da un ponte radio che lo rende indipendente dalla connessione fisica alla rete telefonica. Il laboratorio è inoltre dotato di cisterne per il recupero dell’acqua piovana e di una vasca di fitodepurazione a secco per il trattamento delle acque reflue che vengono reimpiegate a ciclo chiuso. Tra l'altro è già partito un progetto che porterà alla realizzazione, accanto all'Hydrolab, di una piccola centrale fotovoltaica finalizzata alla produzione di green hydrogen da immettere nell'idrogenodotto. E: Cina e Giappone sono interessate all’idea. Esiste la possibilità che nascano joint venture? GF: Finalmente. Sarebbe un caso di esportazione di tecnologia che procede in senso inverso dal trend ormai consolidato, che vede il nostro Paese importare merci e know-how dall’estremo oriente. D’altronde, Arezzo è città molto conosciuta a livello internazionale, sia per motivi turistici che per la produzione orafa ma adesso, e questo ci rende ancora più orgogliosi, anche per l’idrogeno.

Il punto di… Paolo Fulini Presidente Fabbrica del Sole

GF: Il meccanismo del nuovo impianto di San Zeno è semplice. L’idrogenodotto, attraverso un percorso sotterraneo a circa un metro e 20 centimetri di profondità, porta idrogeno puro alle ditte orafe di Arezzo, all’HydroLAb e, in tempi brevi, anche alle abitazioni della zona. E: Quali sono i vantaggi che derivano dall’utilizzo dell’idrogeno? GF: L’idrogenodotto è il primo tassello di un mosaico che, se sviluppato, potrà garantire al nostro territorio sicurezza e autosufficienza energetica. Producendo localmente idrogeno dal fotovoltaico si mettono al riparo famiglie e imprese non solo da black out tecnici, ma soprattutto da problemi di bilancio determinati dalle impennate del prezzo del petrolio.

La Fabbrica del Sole ha ideato e coordinato il “Progetto Idrogeno per Arezzo”, finalizzato a realizzare la prima urbanizzazione a idrogeno al mondo. Nel medio periodo, l’obiettivo è quello di creare un distretto industriale energeticamente autosufficiente; è da poco partito il nuovo progetto ELlSIA, cofinanziato dalla Regione Toscana, che prevede la realizzazione di pensiline fotovoltaiche per produrre idrogeno da fonte rinnovabile. Oltre a ciò, puntiamo a realizzare il primo distributore ad idrogeno al mondo collegato ad idrogenodotto. Per ulteriori informazioni: www.lafabbricadelsole.it

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energia e ambiente

La comunicazion Cambiata, ma si Franco Foresta Martin

QUATTRO CHIACCHIERE CON FRANCO FORESTA MARTIN Giornalista del Corriere della Sera, esperto di energia e ambiente di Edoardo Borriello

Maggiore cautela nel parlare di possibili soluzioni innovative, sia da parte dei protagonisti che dei media, per evitare le delusioni delle mancate promesse. Da noi tutte le rinnovabili, malgrado qualche progresso, continuano ad essere sottosviluppate. Kyoto è stato un passo necessario dell’evoluzione umana verso un rapporto più consapevole con l’ambiente del nostro pianeta.

Mai come oggi energia e ambiente sono stati al centro del dibattito politico ed economico internazionale. Il caro-petrolio e la lotta ai cambiamenti climatici influenzano notevolmente le scelte dei Paesi industrializzati, mentre il Protocollo di Kyoto impegna tutti i Paesi firmatari a ridurre, entro il 2012, le emissioni di gas serra. In questo contesto assume particolare importanza la comunicazione, a tutti i livelli. Ne parliamo con Franco Foresta Martin, che, attraverso le colonne del Corriere della Sera e di varie riviste specializzate, ha affrontato per anni i problemi scientifici e ambientali. E: Come è cambiata, a suo avviso, la comunicazione nel mondo dell'energia negli ultimi 10 anni? FFM: I più importanti cambiamenti attengano ad un maggiore rapporto fra produttori e consumatori, finalizzato a un più

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razionale uso dell’energia. Le campagne per l’eliminazione degli sprechi, il miglioramento dell’efficienza, la promozione e la diffusione di tecnologie meno energivore, sono alcuni dei casi di successo di questa comunicazione, realizzatasi anche grazie alla collaborazione delle associazioni ambientaliste e dei media. E: Prima che cosa avveniva? FFM: Si parlava di riduzione della CO2 come se si trattasse di problemi in mano solo ai responsabili dei governi e agli amministratori pubblici. Ora è passato il messaggio che tutti possiamo fare qualcosa. Ma c’è ancora da fare lungo questa strada, visto l’obiettivo fissato entro il 2020 dall’Unione Europea: 20% di risparmio, 20% di rinnovabili e 20% di riduzioni della CO2. E: Cosa fare per una capillare azione di informazione? FFM: Oltre a intensificare la divulgazione mediatica del ‘che fare’ per un più sobrio uso dell’energia, si potrebbero organizzare eventi con presentazioni di prodotti innovativi e dimostrazioni pratiche, così da coinvolgere vaste categorie di utenti finali, non solo nel settore elettrico o in quello del riscaldamento, ma anche in quello dei trasporti. Altro aspetto su cui noto importanti cambiamenti di comunicazione è quello relativo al modo con cui, almeno


e energetica? può fare meglio i media più accorti, presentano i progetti di ricerca avanzata nel settore energetico. Prima, per l’entusiasmo di manager e ricercatori, vari tentativi di ricerca innovativa erano presentati come una panacea per la soluzione dei nostri problemi energetici. Ora, capisco che la ricerca debba essere incoraggiata, ma di qui a fare credere che le soluzioni siano dietro l’angolo ce ne corre. E: Occorre una maggiore cautela? FFM: Certamente, sia da parte dei protagonisti che dei media. Per evitare che le mancate promesse finiscano col far perdere credibilità e danneggiare chi opera sul fronte della ricerca energetica. E: Di quale energia abbiamo veramente bisogno, alla luce delle criticità tipiche dell'Italia? FFM: Di quelle ragionevolmente praticabili, fatti salvi gli aspetti della sicurezza, della tutela ambientale e della convenienza economica. L’obiettivo è alleggerire la nostra insostenibile dipendenza dagli idrocarburi. Sono convinto che da noi tutte le rinnovabili, malgrado qualche progresso, continuino ad essere sottosviluppate. Insomma: più eolico, più fotovoltaico, più solare a bassa temperatura, più geotermia, più mini-idroelettrico, più biomassa e più legno-energia. E: E il nucleare? FFM: Va prima risolto il problema del deposito nazionale o europeo delle scorie. Vorrei sentire da un comitato di saggi economisti se effettivamente sia il rimedio più giusto per non soccombere alla futura e inevitabile impennata del prezzo del petrolio.

E: Secondo lei Kyoto, alla fine, sarà un successo o solo una vittoria dimezzata? FFM: Alla scadenza del 2012, non sarà ne’ un successo ne’ una vittoria dimezzata. Non sarà un successo perché il pianeta non avrà rispettato l’impegno globale assunto nel 1997 di ridurre del 5,2% in media le emissioni di CO2, rispetto ai livelli del 1990. E neppure una vittoria dimezzata, che presupporrebbe, a compensazione del mancato raggiungimento dell’obiettivo, un rilancio del programma di riduzioni negli anni a venire con una convinta adesione dei grandi attori rimasti finora dietro le quinte: Stati Uniti, Cina e India. Per dire quel che sarà il dopo Kyoto ci vorrebbe davvero la palla di vetro. Lo spirito di Kyoto, cioè il calendario di riduzioni vincolanti con sanzioni per gli inadempienti, nell’immediato potrebbe scomparire del tutto, per essere sostituito da un più generico ed economicamente meno ossessivo impegno su basi volontaristiche, infiocchettato con grandi progetti di innovazione tecnologica, come piacerebbe agli Stati Uniti. E: Indipendentemente da come andranno le cose, qual è il suo giudizio sul Protocollo di Kyoto? FFM: Kyoto è stato un passo necessario dell’evoluzione umana verso un rapporto più consapevole con l’ambiente del nostro pianeta. In questa prospettiva evolutiva, che da sempre è caratterizzata da momenti di accelerazione, di stasi e ahimè anche di retromarcia, Kyoto ha rappresentato un tentativo di governo mondiale dell’ambiente. Prima o poi se ne raccoglieranno i frutti.

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energia e ambiente

Surriscaldam Non è colpa dell’uomo INCONTRO CON ERNESTO PEDROCCHI Docente di Energetica al Politecnico di Milano di L. S.

Il riscaldamento globale: il male del nostro pianeta. Sono numerosi gli studi scientifici sull’argomento, alla fine dei quali l’unico colpevole risulta sempre essere l’uomo, con il suo atteggiamento “irrispettoso” verso la natura. Una tesi diversa viene dal Prof. Ernesto Pedrocchi, ordinario di Energetica al Politecnico di Milano, che vede nel sole il primo indiziato e che solleva importanti interrogativi sulle restrizioni di “Kyoto”. Ecco i perché.

Non è improbabile che le emissioni antropiche di CO2 (che costituiscono meno del 4% del totale immesso in atmosfera) giochino un ruolo che sembra, però, essere modesto. Le emissioni antropiche, infatti, crescono leggermente e regolarmente ogni anno, mentre la variazione annua della concentrazione di questo gas nell’atmosfera è soggetta a brusche variazioni legate a fenomeni naturali (in particolare al fenomeno di El Niño (vedi fig.1). È però certo che anche il sole esercita una sua influenza (vedi fig. 2) con modalità molto articolate, finora probabilmente sottovalutata.

E: Prof. Pedrocchi, allora, non sarebbe l’uomo il colpevole del surriscaldamento del pianeta, ma il sole?

E: In che percentuale l’uomo è correo in questo particolare processo?

EP: Il problema del cambiamento climatico è complesso e l’uomo conosce poco, quindi non si può essere così certi.

EP: In base a quanto detto è difficile quantificare una risposta, ma il contributo antropico è probabilmente piccolo.

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ento? E: Secondo il suo punto di vista, quanto i media hanno contribuito e contribuiscono ad alimentare una teoria vera solo in parte e perché? EP: I media sono sempre alla ricerca di notizie eclatanti e tendono ad enfatizzare i dati scientifici certi. È il caso delle catastrofi ambientali (uragani, desertificazioni, scioglimento dei ghiacciai ed innalzamento del livello del mare) attribuite alle attività antropiche, senza alcuna prova scientifica. Questo ha innescato un processo di disinformazione sul problema che emotivamente colpisce la pubblica opinione. Di conseguenza il potere politico ha strumentalizzato la paura ed ha intrapreso, in vari Paesi tra cui l’Italia, una strategia di contenimento delle emissioni antropiche di difficile realizzazione e di dubbio effetto. E: I repentini cambiamenti climatici sono dunque un fatto di questi tempi o ci sono sempre stati? Ed eventualmente, in che misura si assiste ad un aumento del fenomeno?

E: Le norme restrittive sulle emissioni inquinanti applicate nei Paesi di maggior sviluppo sono l’unica soluzione al problema? EP: No. Queste troverebbero giustificazione solo se ci fosse assoluta certezza che l’aumento di temperatura derivi essenzialmente dall’aumento della concentrazione di CO2 e tale aumento sia conseguente all’uso dei combustibili fossili. Non si può invocare il principio di precauzione in un così grave contesto di incertezza delle conoscenze scientifiche. Non bisogna dimenticare che soluzioni tipo Kyoto sono poco efficaci ai livelli perseguibili (con il 20% di riduzione delle emissioni dei PS si riducono le immissioni totali in atmosfera del 0,3%). Inoltre, azioni di questo tipo oltre ad essere gravose per l’economia e frenare lo sviluppo sono difficilmente percorribili perché è impossibile trovare un accordo condiviso da tutte le nazioni e per il rischio della delocalizzazione delle industrie energivore. Poi, mettendo in essere complicati processi di controllo, creano una gigantesca burocrazia, costosa ed inutile. E: Quindi? EP: È più naturale percorrere la strategia dell’adattamento che consiste nell’identificare gli effetti dannosi più probabili (inondazioni e carenza di risorse idriche), studiare e progettare interventi graduali di adattamento e protezione e prepararsi con impegno ad attuarli efficacemente. Si tratta di mettere in azione un sistema di protezione civile a livello mondiale che rinforzi la resistenza delle popolazioni più vulnerabili, in generale molto povere . E: Quali i vantaggi di questa strategia?

EP: Il cambiamento climatico a livello globale oggi rilevato non è così veloce come qualcuno pensa. Nell’emisfero nord il cambiamento è molto più forte che in quello sud e nelle zone dei Paesi sviluppati molto abitate è ancora più accentuato, ma è un effetto locale non globale. È certo, come si rileva dallo studio di dati geologici, che anche in passato ci sono stati cambiamenti climatici con velocità anche superiore di quanto osserviamo ora.

EP: Si agisce su problemi già esistenti, non sempre legati ai cambiamenti climatici, su cui, in ogni caso, è opportuno intervenire. Le inondazioni colpiscono in particolare zone costiere con rapido insediamento di nuova popolazione (l’esempio classico è New Orleans, in cui si è permesso di costruire abitazioni in aree a grave rischio di inondazione). Gli interventi sono validi sia che a causa dei cambiamenti climatici siano antropici o naturali, e, in generale i tempi di sviluppo di questi fenomeni sono abbastanza lunghi e compatibili con i tempi per interventi di adattamento, mentre per la strategia della mitigazione non si hanno conoscenze sulla dinamica degli effetti.

Fig. 1. Andamento e variazione annua della concentrazione di CO2 nell’atmosfera (rif. NOAA)

Fig. 2. Andamento dell’attività solare e della temperatura negli ultimi 400 anni (sono evidenziate alcune anomalie dovute a forti eruzioni vulcaniche) Total solar irradiance (W/m2) 1370

Surface temperature anomalies

CO2 (ppm)

Global average

Surface temperature 0,2 Reconstructed total Solar irridiance (TSI) 1368

CO2 (ppm yr-1)

0,0

Global growth rate El Niño

0,2

1366 Tamboora

Krakatoa

0,4 Coseguina

81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 Year

1600

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1700

1800 Year

1364 1900

2000

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energia rinnovabile

Un’opportunità da valorizzare SPECIALE ENERGIA DAI RIFIUTI Mentre la quantità di rifiuti avviata a incenerimento in Italia resta stabile, aumenta sensibilmente l’energia resa disponibile dalla termovalorizzazione. Ma siamo ancora distanti dalla media europea e lontanissimi dalle performance di Paesi come Francia, Germania, Olanda e Danimarca

di Valter Cirillo

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Nell’anno in cui l’emergenza rifiuti in Campania ha evidenziato il tempo sprecato per una corretta gestione dei rifiuti, i dati del Rapporto Rifiuti 2007 dell’APAT evidenziano in Italia un ricorso alla termovalorizzazione ancora limitato. Nel 2006 è diminuita la quota del conferimento alle discariche (-0,7%) e aumentata quella del trattamento meccanico biologico (+0,6%) e del compostaggio da matrici selezionate (+0,2%). Ma la combustione con recupero energetico dei rifiuti urbani ha segnato un arretramento, seppur minimo (-0,1%), rispetto al 2005. Al di là delle quote percentuali, tuttavia, per effetto dell’aumento complessivo dei rifiuti prodotti, in valori assoluti sia le discariche (+1,7%) che gli impianti di termovalorizzazione hanno lavorato di più. In particolare i quantitativi avviati alla combustione (quasi sempre con recupero di energia: su 48 inceneritori attivi solo 2 sono senza valorizzazione energetica) sono aumentati del 3,1%, raggiungendo quasi le 4,5 milioni di tonnellate. Cioè il 12,1% di tutti i rifiuti urbani prodotti in Italia. Dal punto di vista dell’energia recuperata, l’incremento è stato notevolmente maggiore: +11%, da 2.619 GWh del 2005 a 2.916 GWh del 2006. Una performance che difficilmente verrà ripetuta nei prossimi anni: nel 2007, ad esempio, vi è stato un ulteriore aumento, ma solo del 3,7%, a 3.024 GWh. Questo dato corrisponde al 6,1% di tutta la produzione da fonti rinnovabili in Italia, al 18,2% se si considerano solo le “nuove” fonti, idroelettrico escluso (dati GSE). Va però osservato che tale incremento della produzione energetica non è dovuto all’entrata in servizio di nuovi


termovalorizzatori, ma ad efficientamento degli impianti e all’utilizzo di rifiuti più selezionati. La quota di rifiuti urbani inceneriti è infatti rimasta stabile (12,1%) sui valori del 2005, confermando che il ricorso al recupero energetico dei rifiuti si è arrestato, in Italia, ad un livello molto al di sotto della media europea (19%).

Il confronto con l’Europa In effetti, benché la Commissione Europea abbia definito una chiara gerarchia di gestione dei rifiuti che vede il loro utilizzo a fini energetici solo al terzo posto (dopo la riduzione delle quantità prodotte e la valorizzazione tramite riciclaggio, riuso e recupero), l’importanza di questa fonte di energia si sta sempre più consolidando. Secondo Eurostat il volume di rifiuti solidi urbani avviato a termovalorizzazione nell’Unione Europea è stato di 48,4 milioni di tonnellate nel 2006 (+4,2% rispetto al 2005). Una cifra di rilievo, che tuttavia nasconde l’enorme disparità tra i Paesi che non fanno ricorso alla termovalorizzazione (Grecia, Irlanda, Bulgaria, Romania, Polonia, Lettonia, Estonia e Lituania) e altri che la praticano su vasta scala. In Germania il 22% dei rifiuti solidi urbani è utilizzato per produrre energia; in Olanda e Francia circa il 33%; in Belgio e Lussemburgo il 40%; in Danimarca più del 50%. In questi Paesi lo smaltimento in discarica è drasticamente diminuito, e per alcuni di essi (Belgio, Danimarca, Olanda) è ormai del tutto residuale, mentre la valorizzazione energetica dei rifiuti rappresenta una quota non trascurabile del bilancio energetico nazionale. Nel 2007 la produzione di energia primaria (elettricità + calore) da rifiuti nella UE è stata di 6,1 milioni di tep. Nel Nord è prevalente la produzione di calore in impianti di cogenerazione (in particolare in Svezia, Norvegia e Danimarca), mentre nel Sud viene favorita la generazione elettrica. Quest’ultima è stimata per il 2007 a 14.000 GWh, con un aumento dell’8,1% rispetto al 2006 (dati EurObserv’ER). In termini assoluti la graduatoria della valorizzazione energetica dei rifiuti vede al primo posto la Francia, seguita da Germania e Italia. Al quarto posto la Danimarca, con valori appena inferiori ai nostri, ma con una popolazione (5,4 milioni) che è meno di un decimo della nostra. È proprio la Danimarca il Paese leader per la valorizzazione energetica dei rifiuti, con 30 termovalorizzatori che nel 2007

PRODUZIONE DI ENERGIA PRIMARIA dai rifiuti solidi urbani per abitante per ciascun Paese dell’Unione Europea del 2007* (TEP/1000 ab.) Paesi Danimarca Paesi Bassi Svizzera Lussemburgo Francia Belgio Finlandia Italia Austria Germania Portogallo Spagna Regno Unito Rep. Ceca Ungheria Slovenia Polonia UE

Tep/1000 ab. 135,9 39,7 33,6 30,0 18,0 17,5 17,3 15,0 13,4 13,0 8,9 7,3 6,6 5,7 4,7 3,9 0,0 12,4

*Stima

> Elementi 15

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Recupero energetico in impianti di incenerimento di rifiuti urbani e CDR, anno 2006 *Nel computo totale non è stato considerato l’impianto di potenza, in fase di collaudo dal 2006, e l’impianto di Taranto Statte che ha operato per un periodo breve e discontinuo nel corso dell’anno.

Numero impianti

Totale rifiuti trattati

REENERGETICO* RE Elettrico RE Termico (MWhe) (MWht)

KWH/T ELETTRICO kg*kWhe kg*kWht

Impianti SRE

2

38.783

-

-

-

-

Impianti con RET&E

8

1.744.273

1.263.647

688.970

1,38

2,532

Impianti con REE

38

2.720.401

1.609.201

-

1.691

-

Totale

48

4.503.457

2.872.848

688.970

1.692,38

2,532

SRE= Impuanti senza recupero energetico RET&E= Impianti con ciclo di coogenerazione REE= Impianti con solo recupero energetico elettrico

Favorevoli prospettive

hanno prodotto 136 tep/1000 abitanti (l’Italia è a 15 tep/1000 abitanti). La politica danese di settore è drastica: semplicemente è vietato conferire in discarica i rifiuti urbani che possano essere termovalorizzati. In rapporto al numero di abitati, l’Olanda è al secondo posto (39,7 tep/1000 ab), seguita da Svezia (33,6 tep), Lussemburgo (30 tep) e Francia (18 tep). Quest’ultimo è il Paese con il maggior numero di inceneritori in esercizio: ben 130, di cui solo 18 senza recupero energetico. Paradossale è la situazione della Germania, al secondo posto per produzione totale di energia primaria (dopo la Francia), ma al primo posto per produzione elettrica, con 4.250 GWh nel 2007. Il paradosso del caso tedesco è dovuto al forte sviluppo registrato dal settore negli ultimi anni, che ha portato la capacità totale di termovalorizzazione a 30 Mt/anno, cioè superiore alla quantità di rifiuti urbani prodotti nel Paese (24 Mt nel 2006). Per non essere costretta a chiudere molti impianti, l’industria tedesca si trova così di fronte alla necessità di importare quantitativi crescenti di rifiuti da altri Paesi.

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Elementi 15

Oggi la valorizzazione energetica è considerata l’unica valida alternativa alla discarica. Recenti studi stimano che nel prossimo decennio verrà costruito un numero di nuovi impianti variabile da 60 (CEWEP – Confederation of European Waste-to-Energy Plants) a 100 (Frost & Sullivan), per una ulteriore capacità di trattamento di 13-15 Mt/anno. Gli ostacoli da superare sono principalmente dovuti all’opposizione delle popolazioni locali, che giudicano inquinanti i termovalorizzatori. Eclatante il caso francese, dove nel 1995 erano attivi 300 inceneritori, con emissioni complessive di diossina pari a 1.090 grammi. Dal 1995 sono stati chiusi i 170 inceneritori giudicati più inquinanti, e i 130 oggi in servizio (pur trattando un quantitativo di rifiuti superiore) hanno emissioni complessive di diossina stimate dall’Agenzia per l’ambiente francese (Ademe) in 10 grammi nell’anno 2006. Di fatto, gli impianti che entrano oggi in servizio hanno emissioni trascurabili, inferiori alle pur rigide norme europee che impongono una emissione massima di diossina di 0,1 miliardesimi di grammo per metro cubo di fumi emessi. È infine opportuno ricordare gli aspetti occupazionali. CEWEP stima che a livello europeo gli occupati diretti del settore (limitatamente al solo incenerimento con recupero energetico) siano circa 31 per ogni 100 mila tonnellate/anno di rifiuti trattate. Cioè circa 15.000 occupati diretti, cui vanno aggiunti altri 50-55.000 posti di lavoro indiretti.



indagine eolico

L’Eolico va, serve un nuovo quadro normativo PARLANO FRANCESCO STARACE Direttore Energie rinnovabili Enel SIMONE TOGNI Segretario generale Anev ORESTE VIGORITO Ad IVPC E KLAUS SCHÄFER Ad E.On di Piergiorgio Liberati

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Elementi 15


Soffia un vento positivo per l’eolico italiano. Non solo per l’aumento di megawatt installati (circa 2.700), ma anche grazie allo sguardo degli operatori del settore, più attento a migliorare l’efficienza e l’impatto ambientale degli impianti. Insomma, un business in espansione, visti i parametri stringenti stabiliti dall’Unione Europea circa la riduzione delle emissioni di CO2 e la crescita della produzione di energia da rinnovabili. Un protocollo - quello del “20-20-20” - «molto ambizioso, per il quale sarà determinante lo sviluppo delle rinnovabili» spiega il neo direttore della Divisione Energie Rinnovabili di Enel, Francesco Starace, aggiungendo che, «l’Italia ha un potenziale di sviluppo al momento non sfruttato a pieno». Al suo attivo - continua Storace - «Enel ha 315 MW installati, che prevediamo di incrementare del 20% entro quest’anno, superando i 370. I nostri piani puntano ad un obiettivo di 1.500 MW eolici installati al 2012 in Italia». Numeri che incontrano il favore dell’Associazione Nazionale Energia del Vento (Anev), guidata da Simone Togni, secondo il quale - al 2020 - l’Italia avrà circa 16.000 MW eolici. Oreste Vigorito, amministratore delegato della Ivpc, è stato il primo nel 1993 ad avviare la costruzione di parchi eolici. Oggi il suo gruppo, con poco meno di 1.000 MW, dei quali 235 di proprietà diretta, è al primo posto nella classifica italiana. «La situazione del nostro Paese vede una percentuale elettrica da fonti rinnovabili pari al 15% circa. L’obiettivo è arrivare al 25% nel 2010 e al 29% nel 2020. Per questo puntualizza Vigorito - occorre, in tempi brevissimi, un quadro normativo e regolatorio certo e risolutivo delle principali criticità esistenti». Una richiesta condivisa anche dall’Ad di E.On Italia Klaus Schäfer, per il quale va rivisto «un percorso autorizzativo che prevede almeno dai 3 ai 4 anni di attesa per l’approvazione del progetto. Un tempo eccessivo in un contesto economico caratterizzato da grande variabilità». Per l’ad del colosso tedesco, che in Italia gestisce circa il 10% dell’eolico prodotto con 280 MW installati, il meccanismo di incentivazione delle rinnovabili è un forte stimolo agli investimenti, ma il quadro regolatorio è influenzato dai cambiamenti politici che non sempre seguono la linea dell’incentivazione. In particolare Schäfer punta il dito contro le recenti proposte di decreto impattanti sugli investimenti di rifacimento degli impianti rinnovabili che, cambiando le logiche remunerative, hanno reso non economicamente sostenibili progetti che precedentemente lo erano. Anche Starace condivide la necessità di un iter autorizzativo meno farraginoso, ma sostiene altresì che «un miglioramento nella qualità complessiva dei soggetti proponenti possa da un lato concentrare l’attenzione sui progetti più promettenti e dall’altro aumentare il consenso dell’opinione pubblica sull’utilità di questa fonte energetica». Già perché se in Italia è difficile parlare di rigassificatori, centrali nucleari, è altrettanto problematico evitare di incorrere nel “niet” delle comunità locali sui parchi eolici. Il cosiddetto effetto Nimby (not in my backyard, non nel mio giardino), vale ad esempio anche per l’energia del vento, spesso accusata di deturpare l’ambiente e danneggiare la fauna volatile. In quindici anni di attività, Vigorito ha potuto toccare con

mano alcune di queste reticenze, ma oggi lo scenario sembra mutato. «L’obbligo di escludere a priori le aree tutelate, di utilizzare le migliori tecnologie, di realizzare dei lay-out armonici con il territorio e l’obbligo comunque di ripristino totale dei territori – sostiene - comporta una forte riduzione degli impatti e una totale eliminazione di quelli paesaggistici al termine del ciclo di vita. Crediamo che questo sia stato un percorso virtuoso volontario che oggi debba essere reso obbligatorio per tutte le tecnologie». A questo percorso di miglioramento dell’impatto ambientale, l’Anev ha dato un importante contributo, siglando un Protocollo per il corretto inserimento degli impianti nel territorio che minimizza in ogni fase tutti gli impatti di questa tecnologia. In Italia, però, manca una viva coscienza ambientale, argomenta Schäfer. «Bisogna far crescere una coscienza ecologica a salvaguardia dell’ambiente. Le preoccupazioni relative ai cambiamenti climatici dovrebbero coinvolgere tutti, alla luce dei crescenti consumi energetici che non riguardano solo i Paesi emergenti dell’Estremo Oriente». Negli ultimi anni molti hanno fiutato che il business delle rinnovabili poteva portare grossi profitti. E, parola di Starace, si sono verificati atteggiamenti speculativi ed opportunistici di operatori poco professionali, che hanno danneggiato spesso l’immagine dell’eolico, contribuendo anche alla diffusione di un effetto nimby su un fronte che non ne dovrebbe soffrire gli effetti. Dal canto suo Enel ha promosso nel 2001 il “Concorso di Idee”, insieme a Legambiente, che prevede una gara internazionale aperta ad architetti ed ingegneri per progettazione di uno specifico impianto nel pieno rispetto della tutela del paesaggio. E il futuro, secondo le stime dell’Anev, è roseo sotto ogni punto di vista. L’obiettivo di 16.200 MW installati, per una produzione di energia elettrica di 27,2 Terawatt, porterebbe all’occupazione di circa 66mila persone, considerando anche l’indotto. In questa direzione sembrano andare i progetti messi in cantiere dalle diverse imprese del settore. E.On, ad esempio, ha stanziato circa 6 miliardi di euro negli investimenti per le rinnovabili per il prossimo biennio, mentre Enel ha varato un piano eolico che, nel mondo, prevede di superare, nel 2012, 6.000 MW. La Ivpc di Vigorito solo negli anni 2006-2008 ha negoziato e sottoscritto contratti di finanziamento bancari in project financing per circa 696 milioni di euro. Gli investimenti messi in campo, dunque, vanno in un’unica direzione: aumentare la produzione di energia verde e migliorare l’attuale mix energetico italiano, sbilanciato a favore delle fonti fossili. A tal proposito, il 1 ottobre scorso l’Anev ha presentato al Governo uno studio sulle potenzialità dell’eolico in Italia, che ha raccolto il consenso del ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, il quale si è impegnato ad attuare provvedimenti che mancano dal 2003. I primi cambiamenti potrebbero arrivare già da gennaio 2009, visto che la Commissione Attività produttive della Camera ha approvato un emendamento al ddl 1441 ter che inserisce le “wind farm” marine tra le opere soggette alla Via statale. Vuol dire che sugli impianti off-shore (costruiti sul mare) il benestare definitivo potrà darlo solo il ministero dell’Ambiente.

> Elementi 15

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Raffronto: MW installati - Potenza annua 4.000 3.500 3.000 2.500 2.000 1.500 2011

2017

1.000 500 0

Spagna Germania Italia Italia (2011-2017)

2001 1.102 2.650 266 1240

2002 1.488 3.240 106 1240

2003 1.377 2.615 116 1345

2004 2.061 2.020 358 1375

2005 1.765 1.799 453 1285

2006 1.587 2.195 405 1300

Benefici ambientali annuali dell’eolico in Italia con 16.200 MW installati e 27,2 TWh prodotti

107.100.000 BARILI DI PETROLIO RISPARMIATI

23.409.000 TONNELLATE DI CO2 EVITATE

6.334

52.326

TONNELLATE DI POLVERI EVITATE

TONNELLATE DI NOX EVITATE

38.556 TONNELLATE DI SO2 EVITATE

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Elementi 15

2007 3.530 1.625 633 1200


UNO STUDIO DELL’UNIVERSITÀ DI SIENA CONFERMA: LA GEOTERMIA È UNA FONTE RINNOVABILE PULITA La geotermia è una risorsa rinnovabile preziosa: da sola fornisce circa un quarto dell’elettricità della Toscana senza consumare combustibili, ma usando il naturale calore della Terra. Che impatto può quindi avere sull’ambiente e sull’uso delle acque? A queste domande proprio nei giorni scorsi hanno dato una risposta, contenuta in un volume di 450 pagine, 21 ricercatori dei dipartimenti di Scienze Ambientali e Scienze della Terra dell’Università di Siena.

Per sei mesi, coordinati dal professor Carlo Gaggi, hanno studiato e scandagliato in lungo e in largo l’aria ed il sottosuolo della zona dell’Amiata, in Toscana, su cui sorgono le centrali geotermiche di Enel. E i risultati confermano che lo sfruttamento del calore sotterraneo per la produzione di elettricità rappresenta una delle fonti esistenti più pulite. Lo studio dell’Università di Siena certifica innanzitutto che l’antico vulcano le cui rocce calde trasformano l’acqua in vapore utilizzabile per produrre elettricità, non sta crollando su se stesso, così come non rispondono al vero gli allarmi circa una connessione tra le acque superficiali e i fluidi geotermici. Smentite anche le ipotesi che le falde si stiano abbassando – se così fosse dovrebbero essere a secco, cosa assai lontana dal vero.

Per quanto riguarda poi il grado di inquinamento di suolo e acque superficiali l’Università di Siena ha accertato che i livelli di arsenico boro e zolfo nel terreno non sono influenzati dalla presenza dell’attività geotermica, mentre i livelli di mercurio, arsenico, antimonio e zolfo nelle acque fluviali sono quelli tipici delle acque superficiali non contaminate. Quanto alla qualità dell’aria le concentrazioni medie di acido solfidrico, il gas responsabile del classico odore di uova marce che caratterizza da millenni i vapori delle fumarole, dei lagoni e geysers, sono pari a 21,1 microgrammi al metro cubo. Oltre sette volte inferiori al limite stabilito dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Le concentrazioni di mercurio poi sono di 83,6 ng/m3 contro il limite di 1000 fissato dalla stessa Oms.

a cura di Enel Comunicazione

Solo una delle cinque centrali della zona non è dotata del modernissimo sistema di abbattimento delle emissioni denominato Amis, e gli studiosi dell’Università ne consigliano l’immediata chiusura per arrivare ad una concentrazione di acido solfidrico di 12 ng per metro cubo. Tra le prescrizioni consigliate dallo studio inoltre, c’è la chiusura dei pozzi in disuso e la dismissione delle relative infrastrutture, nonché la prosecuzione del monitoraggio di aria, acqua e sottosuolo. Ma la costruzione di nuove centrali, pozzi di perforazione, vapordotti o acquedotti non è affatto sconsigliata, al contrario: nelle conclusioni dello studio si legge che viene richiesto soltanto un loro armonico inserimento nell’ambiente e nel paesaggio.


mercato elettrico

PARLA GIORGIO GUERRINI Presidente di Confartigianato

Le distorsioni di mercato, freno al sistema elettrico Giorgio Guerrini

di Fausto Carioti

Fanno del prezzo dell’energia, il più caro d’Europa. La diversificazione delle fonti non inverta la tendenza in favore delle rinnovabili, dell’efficienza e del risparmio energetico. La riforma federalista, occasione per ridisegnare il sistema di tassazione delle accise sull’energia elettrica, che attualmente grava solo sulle piccole imprese. Gli imprenditori sono diffidenti circa la convenienza economica e la qualità delle offerte di energia sul mercato libero.

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Elementi 15


Giorgio Guerrini, Presidente di Confartigianato, guarda con una certa inquietudine gli sviluppi del mercato elettrico italiano. Non lo convincono molte cose, a partire dal carico fiscale, che secondo i calcoli della sua associazione pesa soprattutto sulle piccole e medie imprese. Il legislatore e l’Autorità per l’Energia devono intervenire per spalmare gli oneri su tutti i consumatori di elettricità. L’occasione buona potrebbe essere l’avvio del federalismo fiscale. E: Presidente, che giudizio date della nuova politica energetica del Governo, basata sull’introduzione di un nuovo mix di fonti e sul ritorno al nucleare? GG: Il problema energetico italiano è un problema di sistema. Prima di pronunciarsi in favore, o meno, del nucleare e stabilire i pesi delle singole fonti all’interno del piano energetico, dobbiamo risolvere quelle distorsioni all’origine del primato europeo del nostro Paese nel prezzo dell’energia. Risolto ciò, si potrà parlare di una nuova politica energetica, che noi auspichiamo di ampio raggio, basata sulla diversificazione delle fonti, in favore delle rinnovabili, dell’efficienza e del risparmio energetico. E: A quali distorsioni si riferisce? GG: Il mondo produttivo, soprattutto artigiani e piccoli imprenditori, paga a caro prezzo sia la mancanza di una effettiva liberalizzazione del mercato energetico, sia un sistema fiscale che premia gli energivori e penalizza i piccoli consumatori. E: Il vostro ufficio studi ha calcolato in 2.026 milioni di euro l’anno, pari a 432 euro per azienda, il peso del fisco e degli oneri generali di sistema che gravano sulle bollette elettriche delle piccole aziende. Come pensate sia possibile tagliare questi oneri mantenendo invariato il gettito?

particolare sui costi del passaggio. Il risultato è che, a quattro anni dall’apertura del mercato dell’energia, solo il 18,1% delle piccole imprese si approvvigiona sul mercato libero. Il restante 81,9% (3.180.465 aziende) opera nel mercato di maggior tutela, nel quale i prezzi sono aggiornati ogni trimestre dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas. E: La partecipazione al mercato di maggior tutela vi espone agli aumenti che dovrebbero scattare dal gennaio 2009 in seguito alla profilazione per fasce orarie. GG: La profilazione per fasce rischia di avere un impatto molto forte sulle PMI, da noi stimato in circa 384 milioni di euro. Il meccanismo penalizza, infatti, i consumi che avvengono nelle ore diurne dei giorni feriali, cioè proprio nella fascia oraria in cui si concentra il 91,3% dei prelievi di energia delle nostre imprese. Se consideriamo che la struttura produttiva del Paese è costituita per oltre il 90% da piccole imprese, possiamo concludere che saremo gli utenti più penalizzati. E: Quali interventi chiedete per scongiurare questo rischio? GG: Abbiamo invitato l’Autorità a prendere iniziative idonee a diluire nel tempo una ricaduta così pesante, soprattutto nell’attuale fase di crisi. Chiediamo di garantire al mercato, agli operatori e agli utenti finali il tempo di organizzarsi, affinché il passaggio avvenga con logiche di omogeneità, equità e trasparenza. Un primo segnale positivo dell’Autorità è stata la proroga al 2009 dell’entrata in vigore della profilazione per fasce.

Costo energia elettrica piccola impresa del mercato tutelato 10 kW di potenza impegnata e consumi di 7.380 kWh/anno Costo iva esclusa

GG: La riforma federalista potrebbe essere l'occasione per ridisegnare il sistema di tassazione delle accise sull’energia elettrica, che attualmente grava solo sulle piccole imprese. L’analisi di Confartigianato mette in luce una fiscalità locale sull’energia pesante e iniqua. A pagare gli aumenti sono solo le PMI; l’addizionale viene applicata sui consumi fino a 200.000 kWh /mese. I consumi superiori, vale a dire quelli delle grandi aziende, sono invece esenti dall’addizionale. Dal 2000 ad oggi si è quadruplicato il numero delle province che hanno applicato l’aliquota massima dell’addizionale, che oggi pesa per il 6,2% sulla bolletta elettrica delle piccole imprese e costituisce il 15,6% del totale delle entrate tributarie delle province.

di cui componente energia (PED)

lug-08

lug-07

var. %

1594,7

1387,6

14,9%

881,8

676,0

30,4%

Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati AEEG e Acquirente Unico

Le entrate tributarie delle province anno 2006 - Milioni di Euro - accertamenti Tributo

gettito

%

Imposta sulle assicurazioni R.C. auto

2104

43,79%

Imposta provinciale di trascrizione

1275

26,52%

750

15,61%

Addizionale sul consumo di energia elettrica Compartecipazione IRPEF

303

6,31%

Tributo provinciale per i servizi di tutela, protezione e igiene dell'ambiente

214

4,45%

49

1,01%

Addizionale IRPEF

E: Voi cosa proponete?

Tassa per l'occupazione degli spazi ed aree pubbliche Altri tributi

GG: Le nostre proposte mirano al riequilibrio del prelievo fiscale, proprio per garantire l’invarianza di gettito. Dobbiamo diventare un Paese nel quale gli interessi e i diritti degli imprenditori di tutte le classi dimensionali siano rispettati in ugual misura.

Totale entrate tributarie delle province

7

0,15%

104

2,16%

4805

100,00%

Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati ISTAT

MPI su mercato libero e vincolato giugno 2008 - valori % - MPI sono le micro e piccole imprese fino a 20 addetti

E: Le piccole aziende continuano ad approvvigionarsi poco al mercato libero. Qual è il problema? GG: Gli imprenditori sono diffidenti circa la convenienza economica e la qualità delle offerte di energia sul mercato libero. Su questo pesa anche una scarsa informazione, in

Opzioni Libero per l’energia elettrica

%

imprese

11,9

475.472

Libero per il gas

2,3

91.898

Libero per entrambi

6,2

247.725

Vincolato / tutelato per entrambi Totale

79,6

3.180.465

100,0

3.995.559

Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Osservatorio Congiunturale e ISTAT

Elementi 15

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mercato elettrico

Scambio sul al mercato di Luca Barberis e Michele Rossanigo Con il nuovo Testo integrato dello scambio sul posto (TISP), l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha definito una nuova regolamentazione del meccanismo che consente di immettere in rete energia elettrica prodotta ma non immediatamente autoconsumata, per prelevarla in un momento successivo. L’attuale regime di scambio prevede una regolazione basata direttamente sulla compensazione fisica tra l’energia immessa e prelevata dalla rete. Diversamente, nella nuova impostazione, il servizio di scambio su posto sarà regolato dal GSE in forma di contributo associato alla valorizzazione a prezzi di mercato dell’energia scambiata con la rete. A partire dal 1° gennaio 2009 la nuova disciplina di scambio sul posto si applicherà a tutti i soggetti richiedenti che hanno disponibilità o titolarità di impianti di produzione da cogenerazione ad alto rendimento con potenza fino a 200 kW e di impianti di produzione da fonti rinnovabili fino a 20 kW. Finalizzato ad una gestione dei flussi di energia in linea con le logiche di mercato, il testo introduce alcune importanti novità. Principalmente: > il GSE è indicato come il soggetto attuatore della disciplina e unico erogatore del servizio nei confronti dell’utente dello scambio; > il servizio di scambio sul posto è regolato su base economica;

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> il saldo riportabile all’anno successivo non è più soggetto a una data di scadenza (attualmente va perso se non utilizzato entro tre anni); > il servizio di scambio sul posto viene esteso anche agli impianti di cogenerazione ad alto rendimento.

Contributo sul prezzo pagato per il prelievo di energia elettrica Il contributo a favore dell’utente dello scambio previsto dal TISP è riconosciuto come ristoro di una parte degli oneri sostenuti per il prelievo di energia elettrica dalla rete. Ai fini del calcolo del contributo, determinato su base annuale solare, vanno considerati: > la quantità di energia elettrica scambiata con la rete (l’ammontare minimo tra energia immessa e prelevata nel periodo di riferimento)

In particolare il contributo erogato dal GSE all’utente dello scambio prevede: > il ristoro dell’onere servizi limitatamente all’energia scambiata con la rete; > il riconoscimento del valore minimo tra l’onere energia e il controvalore in euro dell’energia elettrica immessa in rete. Nel caso in cui il controvalore dell’energia immessa in rete risultasse superiore all’onere energia sostenuto dall’utente dello scambio, il saldo viene registrato a credito dell’utente che potrà utilizzarlo per compensare l’onere energia degli anni successivi. Solo i produttori da impianti di cogenerazione ad alto rendimento possono, in alternativa, chiedere alla fine di ogni anno la liquidazione del saldo associato alla eccedenza di energia elettrica immessa in rete.

Scambio sul posto e mercato elettrico > il controvalore in euro dell’energia elettrica immessa in rete; > il valore in euro dell’onere di prelievo sostenuto per l’approvvigionamento dell’energia prelevata dalla rete, suddiviso in “onere energia” e “onere servizi”.

Elementi 15

Gli impianti che accedono al regime di scambio sul posto saranno registrati sul contratto di dispacciamento del GSE. Pertanto l’energia immessa in rete da tali impianti sarà collocata sul mercato dal GSE applicando le disposizioni previste dalla deliberazione n. 111/06.


posto, più vicini Schema sintetico degli interlocutori e dei flussi coinvolti nello scambio sul posto Distributori

Flusso Energia Valorizzazione contributo Trasporto e dispacciamento in immissione

Terna

Eimm

Convenzione SSP

GSE

Utente finale SSP

CS

GME CEi

Calcolo CS Oneri servizi Epr

Imprese Vendita

Opr

Copertura attraverso gli oneri di sistema

Il Ruolo del GSE I produttori che intendono aderire al nuovo regime di scambio sul posto devono presentare domanda al GSE e, per conoscenza, all’impresa di vendita con la quale regolano contrattualmente i prelievi di energia elettrica. Sia per presentare l’istanza che per le successive fasi di gestione tecnica, economica e amministrativa dello scambio sul posto deve essere utilizzato il portale informatico predisposto dal GSE e disponibile a tutti gli operatori coinvolti nel processo di attuazione del nuovo meccanismo, ovvero utenti dello scambio, gestori di rete e imprese di vendita.

Le indicazioni contenute nel TISP prevedono che il GSE proponga alla AEEG i criteri per la regolazione periodica in acconto del contributo in conto scambio, da conguagliare annualmente sulla base delle informazioni fornite dai gestori di rete e dalle imprese di vendita, rispettivamente per le quantità di energia elettrica immessa e prelevata dalla rete e per l’onere di prelievo.

Previsione e numeri trattati Inizialmente saranno 100/130 le imprese di vendita interessate dalla delibera, mentre i gestori di rete interessati circa 160.

Elementi 15

Più rilevante il bacino potenziale di utenti dello scambio sul posto che, entro il 2008, dovrebbe avvicinarsi alle 20.000 unità, quasi interamente rappresentate da produttori titolari di impianti fotovoltaici. A questi va aggiunto un centinaio di impianti di cogenerazione ad alto rendimento. Si prevede che nei prossimi anni il trend dei potenziali utenti cresca di circa 1.000 unità al mese, valore che si incrementerà nel momento in cui, come già previsto per la cogenerazione ad alto rendimento, la soglia limite di potenza per richiedere lo scambio sul posto sarà portata anche per le fonti rinnovabili a 200 kW.

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edilizia sostenibile

La sostenibilitĂ entra in casa Paolo Buzzetti

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Elementi 15


INCONTRO CON PAOLO BUZZETTI Presidente Ance Cambiano gli scenari in materia energetica, si va verso “un’edilizia sostenibile”, il sistema degli incentivi si amplia per favorire la costruzione di edifici efficienti dal punto di vista del risparmio energetico, per il miglioramento del benessere e della qualità della vita. Il Presidente dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) Paolo Buzzetti, fa il punto della situazione.

di L. S.

E: Le regole e gli incentivi sulle norme per l'edilizia sostenibile possono essere considerate sufficienti?

con intervalli ravvicinati a partire dal 2008 e dal 2010, senza valutarne preventivamente la compatibilità tecnica ed economica. Per queste ragioni l'Ance ha sottolineato la necessità di tornare alle regole del precedente decreto e di rendere la disciplina univoca e chiara a livello nazionale.

PB: Il quadro legislativo italiano in materia è ancora incompleto, sebbene con il dlgs 192/2005 il nostro ordinamento si sia adeguato alla direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici (2002/91/Ce). Il problema è che mancano ancora i decreti attuativi del provvedimento. L'Ance ne ha chiesto la rapida emanazione, condizione indispensabile non solo per una efficace applicazione della legge, ma anche per orientare l'attività delle imprese. Peggiora il quadro il fatto che il successivo decreto 311/06, anziché definire le modalità attuative del 192/05, ne ha stravolto i principi cardine. Va però detto che negli ultimi anni, per incentivare il risparmio energetico, sono state varate misure importanti, come la detrazione fiscale del 55% delle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, prorogata al 2010. Ma ciò non basta. In primo luogo va data completa attuazione al contributo per la nuova edilizia ad alta efficienza energetica, già previsto dalla Finanziaria 2007. Inoltre, occorre eliminare gli ostacoli normativi e burocratici che spesso complicano il ricorso agli incentivi. E: Rispetto ai Paesi europei, in questa materia, l'Italia come è messa? Cosa andrebbe migliorato e su cosa bisognerebbe puntare? PB: L'Italia ha recepito, più di altri Paesi, lo spirito della direttiva europea sul risparmio energetico, ma sono ancora molti i tasselli mancanti per portare a termine il percorso iniziato. Innanzitutto va completato l'attuale quadro normativo. Mi riferisco soprattutto ai tanti limiti del decreto 311, con il quale si è commesso l'errore d’indebolire l'impostazione del decreto 192 che stabiliva il fabbisogno limite di energia lasciando però al mercato e agli operatori il compito di individuare le soluzioni tecnicamente ed economicamente più idonee ad ottenere i risultati. Quest'approccio prestazionale è stato modificato, con il decreto 311, in senso prescrittivo. Le nuove misure infatti non solo indicano gli obiettivi energetici da raggiungere, ma obbligano, per il raggiungimento degli stessi, a scegliere necessariamente una strada, cioè quella dell'installazione di pannelli fotovoltaici. Inoltre, con il secondo provvedimento sono stati fissati nuovi valori limite ai consumi,

E: I costi dei "sistemi eco-compatibili" sono alti. Quanto è importante investire nella ricerca per migliorare la situazione? PB: Va detto che oggi l'Italia, se da una parte presenta uno dei livelli più alti in Europa di incentivazione per l'efficienza energetica e l'uso delle energie rinnovabili nelle costruzioni pensiamo ai bonus per la riqualificazione degli edifici o al Conto energia - è, dall'altra parte, uno dei Paesi in cui la ricerca e l'innovazione stentano maggiormente a decollare. L'edilizia sostenibile rappresenta una straordinaria occasione per riqualificare l'intero settore delle costruzioni, incentivare la ricerca e l'innovazione del processo e del prodotto edilizio. L'Ance, in questa logica, ha risposto - insieme ad altre associazioni, enti di ricerca e università - al programma "Industria 2015" lanciato dal ministero dello Sviluppo Economico, proponendo un progetto sull'integrazione e l'interoperabilità delle attività e delle fasi del processo costruttivo mirato al miglioramento dell'efficienza energetica. Un progetto che non si propone di sviluppare un nuovo prodotto da impiegare nel processo costruttivo, ma di arrivare alla definizione di uno strumento, uno "standard interoperabile" secondo la definizione della Commissione europea, capace di fornire alle imprese un efficace modello per l'integrazione dei sistemi operativi e gestionali. E: La crescente attenzione verso "la salute dell'abitare" da parte dei cittadini è, secondo lei, più "una moda" o una vera "sensibilità al problema dell'inquinamento"? PB: Credo che una vera attenzione verso i temi ambientali sia ancora poco diffusa tra i cittadini. Per questo l’Ance ritiene che l'edilizia sostenibile vada fatta conoscere meglio agli utenti finali, per i suoi numerosi vantaggi in termini di miglior comfort, riduzione dei costi di gestione dell'immobile e dei consumi energetici, diminuzione delle emissioni inquinanti nell'atmosfera, nonché aumento del valore dell'immobile. Sono fondamentali le campagne d’informazione e sensibilizzazione in materia di risparmio energetico, che coinvolgano - come previsto dalla direttiva europea scuole, famiglie ed associazioni.

Elementi 15

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Dall’1 al 3 aprile Roma ospita l’evento internazionale dedicato ai temi della città sostenibile

Si terrà a Roma, dall’1 al 3 aprile 2009, Ecopolis: un grande evento internazionale – promosso da Camera di Commercio e Fiera Roma – dedicato al tema della città, dell’ambiente urbano e della sostenibilità. I lavori delle tre giornate romane ruoteranno intorno alle sette ‘aree critiche’ individuate nella Dichiarazione delle Città verdi, firmata in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente (San Francisco, 2005) e su cui si giocherà lo sviluppo dell’umanità: energia, gestione dei rifiuti, pianificazione urbana, natura urbana, trasporti, salute ambientale, acqua. A queste gli organizzatori hanno voluto aggiungere una sezione trasversale dedicata alla governance: decisiva se si pensa al ruolo della Pianificazione Strategica delle grandi Aree Metropolitane. Ne parliamo con Luigi Mastrobuono, Amministratore Delegato di Fiera Roma. Perché un evento sulla città sostenibile? Ricerche e studi internazionali ci dicono che per la prima volta nella storia dell’uomo più della metà della popolazione vive oggi in aree urbane e si calcola che nel 2030 quasi cinque miliardi di persone vivranno nelle città. L’ambiente urbano diventa dunque, indiscutibilmente, l’ambiente di vita dell’uomo e le città assumono il ruolo di veri e propri laboratori per l’esercizio della sostenibilità. Ogni metropoli sta sperimentando nuovi modi per gestire i beni collettivi e le questioni di pubblico interesse come il risparmio energetico e idrico, la gestione dei rifiuti, la salubrità dell’aria, ma solo dalla condivisione delle conoscenze e dallo scambio di esperienze può prendere avvio un nuovo corso e una strategia condivisa, per preservare e migliorare la qualità della vita favorendo uno sviluppo armonico. È da questi principi che nasce Ecopolis. Poiché il fenomeno dell’urbanizzazione è un ingrediente fondamentale nella crescita economica di ogni Paese, il futuro delle città e delle persone che le abitano dipenderà in buona parte dalle decisioni che verranno adottate in previsione di questa crescita. Le città sono considerate l’esplicita espressione dei danni procurati all’ambiente dalla civiltà moderna, ma è altrettanto evidente che proprio qui si concentrano le competenze per risolverli. Cosa differenzia Ecopolis dagli altri appuntamenti di settore? Prima di lanciare questo nuovo appuntamento abbiamo realizzato un benchmarking su 272 fiere ed eventi internazionali dedicati ai temi della sostenibilità, scoprendo che ci sono nel mondo molti validi appuntamenti di settore che, tuttavia, analizzano in maniera verticale le singole tematiche, favorendo il confronto e lo scambio tra aziende che operano nello stesso ramo. Ecopolis è invece il primo appuntamento europeo che si pone l’ambizioso obiettivo di accogliere in un’unica manifestazione imprese di diversi settori merceologici legati al tema della sostenibilità, attraverso il ‘fil rouge’ della gestione ambientale delle città.

In un variegato panorama di esperienze e soluzioni, appare quantomai necessario un discorso di ‘sistema’. Ecopolis si presenta come un indispensabile appuntamento di confronto incentrato sulle Best Green Practice attuali e future, permettendo quindi di fare networking, di fare rete, e di migliorare la capacità di gestione, traendo vantaggio dal trasferimento e dalla messa in comune di competenze e percorsi innovativi. Ma Ecopolis non sarà solo una fiera espositiva… No, al contrario; durante la manifestazione si svolgeranno quattro convegni internazionali, ai quali prenderanno parte illustri speakers per presentare studi condotti da prestigiosi enti di ricerca e Università. L’apertura sarà affidata ad una tavola rotonda alla quale interverranno Sindaci di città italiane e internazionali che abbiano avviato significativi percorsi tesi a migliorare la qualità della vita nei contesti urbani che governano. A chi si rivolge quindi Ecopolis? Ecopolis vuole diventare un nuovo punto di riferimento per amministratori pubblici, decision-makers e aziende innovative che vogliano presentare esperienze, tecnologie e progetti per costruire contesti urbani realmente sostenibili.

I CONVEGNI 1 aprile 2009 Cerimonia di apertura Governance Talk: il governo della Cosa Pubblica alla prova del cambiamento Le città del futuro: nuove visioni nel tempo in cui la città è la sfida

2 aprile 2009 Trasformazioni urbane e sviluppo economico. I protagonisti, le opportunità per le imprese, le regole e le risorse per una nuova fase di sviluppo economico nelle città che cambiano. Cambiamenti climatici, nuove emergenze e pianificazione urbana. Paure, sicurezze e pianificazione urbana

3 aprile 2009 Natura urbana e natura umana. Uomo e habitat urbano

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energia del pensiero

Ciao Giovannino, uomo libero di un che non c’è più UN CAFFÈ CON… ALBERTO E CARLOTTA GUARESCHI di Romolo Paradiso

“Il mistero non è un enigma da risolvere, ma una presenza che rivela all’uomo ciò che veramente è” Giovannino Guareschi


‘mondo piccolo’ Sembra di vederlo Giovannino Guareschi* affacciato alla finestra della sua casa, l’incompiuta (la casa da lui costruita negli anni e mai terminata – ndr), che guarda il mondo e scuote la testa. Perché, in fondo, il mondo non è cambiato neanche un po’ da quando lui ha preso il volo, come quell’angioletto che si posò un giorno davanti al suo davanzale e, piangendo, gli chiese di entrare, e lui lo prese e per farlo distrarre dal pensiero della mamma che non trovava più, lo mise sul carrello della macchina per scrivere e scrivendo lo dondolava qua e là, e quando andava a capo suonava il campanellino e il piccino rideva di cuore, come sanno fare le creature innocenti. Fino a quando la mamma lo venne a prendere, bussando alla finestra di Guareschi, perché del figliolo aveva sentito e riconosciuto le risa, e se lo portò con sé, tra le nuvole e il vento. Giovannino ci ha lasciato quaranta anni fa, ma è come se stesse ancora con noi. I suoi libri, i film a questi ispirati, le pubblicazioni nuove che propongono scritti mai pubblicati, o raccolgono discorsi e vignette inedite, o quelle antiche che vengono riproposte, ce lo fanno sentire sempre accanto. E poi, io penso che Giovannino, nel cuore di chi è cresciuto con i suoi racconti, le sue favole metropolitane, con i suoi motti, con la sua poetica visione del mondo e degli uomini, ci starà sempre, a ricordare che la quotidianità va vissuta con passione, onestà, con senso di responsabilità, coraggio, con sentimento, lo stesso che lui metteva in ogni cosa facesse, dalla più banale a quella più importante. Con la levità, lo stupore e la fantasia che è dei bambini e dei semplici. E sempre con il sorriso, che, nel cammino di ognuno, è la locomotiva che lenta, ma potente, aiuta a raggiungere le stazioni più importanti del tragitto. Carlotta e Albertino Guareschi non sono solo i figli di Giovannino, sono anche i protagonisti, con la mamma, “Margherita”, di tanti suoi racconti sulla vita familiare,

da “Corrierino delle famiglie” allo “Zibaldino”, a “Vita in famiglia”, e, in parte, anche della delicatissima e poetica “Favola di Natale”. Albertino era Albertino, mite e tranquillo, e Carlotta, la passionaria, per il suo carattere pestifero. Tutti, però, erano parte di quelle novelle, che, con la scusa di raccontare di casa Guareschi, parlavano della famiglia, con le sue contraddizioni, le difficoltà, le piccole rivalità, ma anche dell’essere il luogo di quei sentimenti, oggi in parte scomparsi, che forgiavano gli individui, li arricchivano, li disponevano con entusiasmo alla vita, facendo così di quel piccolo nucleo, la cellula più importante della società.

Guareschi, genuino come il lambrusco Albertino e Carlotta sono stati, e sono, gli scudieri del cavaliere Guareschi. Con lui hanno condiviso la gioia della semplicità del vivere, il successo, che non ha intaccato i valori ai quali Giovannino credeva, e le sconfitte, che nascevano dalla rabbia dei potenti e dalla paura dei suoi avversari, che lui sapeva colpire scoprendone le falsità, gli intrallazzi, la malafede, la vigliaccheria, senza però mai offendere o infierire, come fanno gli uomini autentici, liberi da padroni, che, come lui sanno pagare per la libertà di pensiero e d’azione. Carlotta e Albertino sono i depositari di un tesoro di ricordi ed emozioni che, con amore filiale e fedeltà agli intenti del loro papà, cercano di donare a chi a Giovannino è affezionato, e di Giovannino vuole conoscere tutto, perché tutto di lui sa di lieve, di genuino, di “candido”.

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*Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Giovannino Guareschi

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E: Una volta chiesi a un giornalista, Benvenuto Benvenuti, che aveva conosciuto bene Giovannino, com’era Guareschi, e lui mi rispose con un sorriso schietto: “Come un bicchiere di Lambrusco!”. Era così? ACG: Era spontaneo e naturale come il lambrusco della Bassa, senza filtri ideologici, continuamente in presa diretta con il suo lettore e, soprattutto, pensava sempre con la sua testa, invitando i suoi lettori a fare lo stesso: «Pensar non nuoce» ripeteva spesso. E: Ed era anche un po’ svanito e malinconico come tutti i poeti? ACG: Era senz’altro malinconico come tutti gli umoristi, ma non era certamente svanito, perché poggiava saldamente i piedi per terra anche se, nella prefazione del libro Don Camillo e il suo gregge scrive: «La gente dice di me: Più diventa vecchio, e più diventa svanito. Invece non è vero perché io sono sempre stato svanito. Grazie a Dio.» E: Ci manca Guareschi. Ci manca la sua voce che ammonisce, che illumina, guida, che ci parla dell’importanza della fantasia, dell’amore, della forza dei bambini e dei semplici. Che fa affiorare prepotente il senso e il valore della poesia, che ci fa sentire Gesù così vicino, accanto a noi, uomo tra gli uomini. Ci manca Guareschi e con lui quella serie di scrittori e poeti come Giovanni Mosca, Vittorio G. Rossi, Antoine de Saint Exupéry, Cesare Zavattini, che con levità e nitore sapevano farci sognare, desiderare e aspirare a un mondo più pulito, leale e autentico. Erano bussole per l’umanità. Dobbiamo rassegnarci a navigare a vista, senza più orientamenti? ACG: Il contatto quotidiano che abbiamo da anni e anni con i lettori di nostro padre ci conferma che, anche se lui manca fisicamente, la sua voce è ancora ascoltata. I suoi libri sono una sorta di “consegna” che i genitori fanno ai figli i quali, a loro volta, si appassionano, e sono già numerosi i casi di un’ulteriore consegna ai figli dei figli. Nostro padre parla ancora ai suoi lettori, li commuove, li diverte e li fa pensare. E la forza del pensiero di Guareschi è ancora tale da intimidire e impensierire i figli e i nipoti di quella schiera “disperata” di suoi detrattori, che non sanno darsi pace che quello scrittore, che nel 1968 “morì senza essere mai nato”, come scrisse l’Unità di allora, è invece più vivo che mai. E: Sono trascorsi quarant’anni dalla scomparsa di Guareschi, ma ancora nei suoi confronti l’abiura sembra resistere. E così la faziosità, tipica di noi italiani, che lui ha cercato sempre di combattere. I fatti di qualche mese fa, quelli riguardanti la riproposizione del film “La Rabbia” alla Biennale di Venezia, solo nella parte scritta da P.P. Pasolini, monco di quella redatta da Guareschi, fanno il paio con quanto accadde all’uscita della pellicola, nel 1963, quando, un versante forte dell’intellighenzia italiana, quella di sinistra che a Moravia faceva riferimento, indusse Pasolini a ritirare la firma dal film che non uscì nelle sale cinematografiche. È così? ACG: Pasolini, secondo quanto scrive l’illustre storico del cinema Tatti Sanguineti, minacciò di ritirare la firma, ma pare che poi non l’abbia fatto. Il film andò in programmazione, ma solo per pochi giorni, a causa della bassa affluenza di spettatori nei cinema.

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Il Mondo Piccolo sta dove esistono gli uomini liberi E: Eppure in quella circostanza, nel film intendo, Giovannino fu più lungimirante di Pasolini nel fornire all’uomo il rimedio per uscire dalla crisi morale e umana che stava per colpirlo. Infatti, pur prevedendo entrambi come sarebbe stata l’umanità del 2000, tutta tecnicismo, edonismo, vacuità e solitudine, perché priva, oltre che di pensiero, di valori e principi base, quelli semplici, che vanno dal sentimento familiare all’amicizia vera e disinteressata, dalla fede al senso d’appartenenza a una Patria, a una cultura comune e condivisa, Pasolini vedeva nella realizzazione del marxismo la via del riscatto e della libertà, dalla quale però lui stesso sarebbe fuggito da lì a poco. Mentre Giovannino indicò nella ricerca e nella crescita interiore la strada per la salvezza. Ma questo nessuno lo dice. ACG: Qualcuno, grazie alla propria dignità intellettuale che gli ha impedito di farsi condizionare da filtri ideologici, lo ha detto. Leggendo però la rassegna stampa sulla “Rabbia” che parte dal 1963 e, via via, nel corso delle ricomparse del film, arriva ai giorni nostri, si tratta di una sparuta minoranza: la stragrande maggioranza dei critici cinematografici ha osannato Pier Paolo Pasolini definendo il suo intervento nel film profetico; e squalificato Giovannino Guareschi come razzista, fascista e nazista... E: Dove sta oggi quel “Mondo Piccolo” guareschiano da lui tanto amato, dove l’uomo riconosce l’uomo e la sua umanità da uno sguardo, da una vibrazione tenue, da un atteggiamento, e lo comprende, non lo tollera, perché si mette sul suo stesso piano, quello dell’umana finitezza, e lo sente fratello? ACG: Parafrasando quanto ha scritto nostro padre quand’era in carcere per un reato di opinione, il “Mondo piccolo” sta solo dove esistono degli uomini che si sentono liberi. Liberi interiormente, ovviamente, perché, come dice don Camillo a Peppone in crisi: «C’è sempre una porta per scappare da ogni galera di questa terra. Le galere sono soltanto per il corpo. E il corpo conta poco.»

Anche nell’avversario cercare l’uomo, per un punto d’incontro E: Guareschi non è stato solo un grande scrittore, uno dei più importanti della letteratura italiana, e non solo, del Novecento, ma è stato anche un maestro di vita. Quale pensate sia l’insegnamento che più di tutti è riuscito a trasmettere? ACG: Consigliamo sempre la lettura del Diario clandestino, che è una sorta di radiografia della sua anima. Dalla sua lettura si può trarre un grande insegnamento: l’invito a cercare sempre, anche


Giovannino Guareschi con la moglie, Albertino e Carlotta

E: Guareschi diceva che per diventare seri bisogna imparare a sorridere. Lo affermava rivolto a un Paese che sembrava immerso in una serietà un po’ di maniera, propenso, semmai, più alla ridancianità che al sorriso vero. Voi pensate che l’italiano abbia imparato la lezione, sia cioè capace di fare autoironia? ACG: Temiamo proprio che l’autoironia sia un bene prezioso e poco diffuso. E: Se oggi Giovannino potesse riaprire gli occhi e affacciarsi alla finestra della sua “Incompiuta” e da lì guardare il mondo, quale sarebbe la prima cosa che vi direbbe? ACG: Si tratta di un’ipotesi preoccupante: si guarderebbe attorno e, considerando il numero notevole di bisnipoti che nel frattempo gli sono arrivati, comincerebbe a progettare nuovi ampliamenti nell’“Incompiuta”…

nell’avversario, l’uomo, per trovare un punto d’incontro sul piano umano. E per fare questo occorre prima trovare o ritrovare se stessi, come scrive nostro padre nelle «Istruzioni per l’uso» del Diario clandestino dove, descrivendo la sua vicenda di internato militare nei Lager tedeschi, conclude: «Una banalissima storia nella quale io ho avuto il peso di un guscio di nocciola nell’oceano in tempesta, e dalla quale io esco senza nastrini e senza medaglie ma vittorioso perché, nonostante tutto e tutti, io sono riuscito a passare attraverso questo cataclisma senza odiare nessuno. Anzi, sono riuscito a ritrovare un prezioso amico: me stesso.»

E anche a scrivere e raccontare favole per loro e per noi, che le sue favole immaginiamo ad occhi aperti rivedendo la sua foto, i suoi ritratti, le sue vignette. Immaginiamo? O forse no. Forse è ancora lui che ce le racconta, sussurrando con voce leggera nell’orecchio. Come fanno gli angeli, quelli più intraprendenti, quelli più birbanti, quelli ancora un po’ “umani”, che se ne stanno a cavalcioni di una nuvola, con un mezzo toscano tra le dita e un sorriso beffardo stampato sul volto. Pronti a giocare con noi, a fantasticare con noi e a sorridere con noi, e poi volare via, lontano, appesi a un rivolo leggero di vento.

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lavoro

Innovare, lo slogan diventa realtà INTERVISTA A RENATO BRUNETTA Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione di Giusi Miccoli Renato Brunetta

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E: L’innovazione è la chiave del nostro futuro, ma anche il presupposto della crescita economica e della competitività. Quali i fattori da considerare per progettare l’innovazione? RB: Il vantaggio competitivo nell’economia globalizzata passa per la riqualificazione in chiave innovativa del sistema produttivo nazionale. L’innovazione è il fulcro della crescita, della competitività e, quindi, del benessere sociale. Per questo è importante identificare le componenti idonee a generare innovazione, comprendendo che essa è il risultato del trasferimento di conoscenze tra vari attori: istruzione, ricerca, impresa e gli stessi cittadini, che la stimolano attraverso le proprie scelte. Ogni strategia mirata a promuovere l’innovazione deve partire da questo approccio. Occorre prestare attenzione a tutte le componenti che la determinano, alle relazioni che intercorrono tra di esse e al sistema di governance, regolamentazione e valutazione necessario affinché tali relazioni si intensifichino e raggiungano livelli sempre più elevati. Così come va posta attenzione alle componenti europee ed internazionali per favorire uno scambio delle conoscenze e delle innovazioni. E: La parola innovazione non è uno slogan, ma una pratica su cui lavorare per valorizzare persone e imprese. Quali esempi, soprattutto nella Pubblica Amministrazione, fanno fare all’Italia il salto dalla teoria alla pratica? RB: Il sapere, le nuove conoscenze e l’innovazione sono il fulcro della competitività di un Paese, della sua crescita economica e del suo progresso sociale. Per questo ho ritenuto importante dare un segnale chiaro da parte del Governo promuovendo la celebrazione della prima Giornata Nazionale dell'Innovazione. Dobbiamo operare affinché in ogni settore della nostra società si diffonda la cultura della ricerca, dell'innovazione, della valorizzazione del merito e delle competenze. Il Premio Nazionale dell’Innovazione è un’ulteriore iniziativa per valorizzare le migliori esperienze di innovazione nei settori dell’industria, dell’università, della pubblica amministrazione e dei servizi, affinché divengano esempi di uno spirito di “miglioramento del presente”. Abbiamo già individuato 300 casi, tra quelli segnalati dal Dipartimento della Funzione Pubblica e le autosegnalazioni di buone pratiche nella PA. Entro fine anno arriveremo a quota mille. E: Quali sono gli strumenti da implementare per far sì che la PA diventi un driver di innovazione? RB: Occorre puntare sulla riorganizzazione delle Pubbliche Amministrazioni (mobilità, customer satisfaction, immobili, sponsorizzazioni) e sulla loro digitalizzazione (cabina di regia, interoperabilità, one-stop-shop, unico strumento di accesso ai servizi, dematerializzazione, call center, reti amiche, focus su settori strategici come, scuola, università, giustizia, rapporti con le imprese). E: E il ruolo delle persone in questo ambito? RB: È prioritario ottimizzare la produttività del lavoro, introducendo meccanismi di valutazione, migliorare la qualificazione del capitale umano, ridefinire il ruolo di dipendenti e dirigenti e riorganizzare i luoghi lavoro.

E: Il suo ministero e quello del Lavoro hanno comunicato che entro il 2012 saranno semplificate le procedure amministrative con il doppio obiettivo di ridurre i costi della PA e quelli degli adempimenti burocratici per le aziende. RB: L’obiettivo è abbattere i costi senza compromettere le regole e l’efficacia dei controlli. D’altra parte l’eccesso di oneri scoraggia l’adempimento virtuoso. Quindi, questo piano di snellimento burocratico fa bene alla PA e alle imprese. Il taglio degli oneri si tradurrà in risparmio per le aziende e per lo Stato, stimato tra i 17 e i 25 miliardi di euro. E: Il merito nel lavoro. Cosa bisogna fare per tornare a far emergere le vere capacità lavorative? RB: Mi sono fatto promotore di quella che è stata definita la crociata per combattere i fannulloni. I provvedimenti servono per far funzionare meglio il sistema. Ma è anche importante premiare chi lavora sodo e mettere a punto il nuovo contratto di lavoro. Ci sono le risorse per fare un contratto onesto che mantenga non solo il potere d'acquisto ma dia anche i premi. Nella Finanziaria è stato inserito il “dividendo dell’efficienza” per premiare i dipendenti più bravi, che sarà finanziato proprio dalla riduzione dell’assenteismo. E: Come è possibile distinguere tra dipendenti virtuosi e non? RB: Le regole ci sono, ma ci deve essere la volontà di farle rispettare. Per assegnare i premi è necessario misurare i risultati secondo criteri verificabili e attraverso la soddisfazione del cliente. Quello che conta è il giudizio del pubblico. E: Quali criteri deve utilizzare il dirigente per guidare e motivare i suoi dipendenti? RB: Deve concentrarsi sul funzionamento del suo ufficio e potersi avvalere di tutte le persone che lavorano con lui. Non si tratta solo di dipendenti, ma di persone che vanno valorizzate e motivate. Ognuno ha qualcosa da dare: sta al suo superiore valorizzarne il contributo e farlo emergere. E: Sull’operazione trasparenza, quale è la principale difficoltà da superare. RB: Vincere le resistenze di funzionari e amministratori, specie locali, dando l’esempio. La tutela della privacy non deve essere una scusa per non essere trasparenti. Tutela della privacy e trasparenza nella PA sono due beni pubblici egualmente importanti. Anche per il cittadino. Esempio dell’operazione trasparenza è la pubblicazione delle retribuzioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Io stesso ho voluto che fosse pubblicata la mia retribuzione e quella del mio staff. Sul sito del ministero della Pubblica Amministrazione e l’Innovazione sono pubblicati tutti gli incarichi di consulenza e di collaborazioni esterne attribuiti nel 2006 e nel 2007, che riguardano per ora il 45% delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, il Piano industriale dell’innovazione prevede 60 convenzioni costruite sulle esigenze della domanda: 12 con le amministrazioni centrali, 42 con le Regioni e i comuni capoluogo, 2 programmi infrastrutturali, 2 progetti speciali.

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clean energy for a clean planet

Questa pagina Ê pulita, come l’Energia che produciamo.

< nel duemila-sette Asja ha prodotto 219 milioni di kWh di energia verde > [ www.asja.biz ][ www.asjacleanplanet.biz ]


Strano mercato quello elettrico di G.B. Zorzoli Barbera Editore, pag. 273 euro 14,00

Il libro propone un’interessante analisi della storia del settore elettrico in Italia. Uno studio serio ed approfondito per comprendere ed esaminare il processo di liberalizzazione ed i meccanismi economici e normativi che lo hanno definito. Un manuale utile per tutti gli addetti ai lavori.

Città ed energia La valenza energetica dell’organizzazione insediativa

Le nuove vie del vento di Luciano Pirazzi e Antonio Gargini 2008, Franco Muzzio, pag. 384 euro 29,00

di Paolo De Pascali 2008, FrancoAngeli, pag. 368 euro 28,00

La città è il luogo “storico” di concentrazione della domanda di energia. Eppure l’attenzione dedicata, in termini di analisi e di intervento, risulta debole. L’Autore ne propone un esame, in particolare per quanto riguarda le relazioni tra consumo d’energia e organizzazione fisica e funzionale degli insediamenti urbani. De Pascali, che insegna urbanistica presso la Facoltà di Architettura “Valle Giulia” (La Sapienza – Roma), è anche direttore tecnico-scientifico di Isnova, struttura consortile dell’Enea per la promozione dell’innovazione, e segretario di Fire, Associazione Nazionale senza fini di lucro per lo sviluppo dell’uso razionale dell’energia.

Edito in collaborazione con Anev (Associazione Nazionale Energia del Vento), il libro offre un’informativa completa su tutti gli aspetti relativi all’utilizzo appropriato di una fonte endogena e non inquinante come il vento. Argomenti trattati: da quelli fisici, come il potenziale eolico esistente e la sua variabilità nel tempo, a quelli tecnologici, in termini di stato dell’arte ed evoluzione del settore in ambito terrestre e marino, a quelli economici e sociali, non tralasciando l’impatto ambientale e lo sviluppo dell’industria nazionale. La prefazione è di Gianni Silvestrini. Tra gli interventi, quello di Francesco Trezza (Gse).

Il nucleare salverà il mondo di Gwyneth Cravens 2008, Mondadori, pag. 552 euro 18,50

Seguendo l’Autrice nel suo lungo viaggio che va dalle miniere dove l’uranio è estratto ai laboratori in cui i reattori sono progettati e testati, dalle centrali dove l’energia viene prodotta ai più remoti siti di stoccaggio in cui le scorie radioattive sono conservate, scopriamo che forse esiste davvero un’alternativa al petrolio e una via d’uscita dall’emergenza climatica: quella dell’energia nucleare.

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

“Nel deserto resta, nonostante tutto, una sconfinata nostalgia della comunicazione” Eugenio Borgna

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Pensiero per un manager

Il tempo per la tua rosa “È il tempo che hai perduto per la tua rosa, che ha fatto la tua rosa così importante”. È un pensiero di Antoine de Saint- Exupéry tratto da “Il piccolo principe”. Quante rose sono accanto a noi. Quanti petali sono pronti ad aprirsi alla nostra attenzione, facendo più bello il fiore e arricchendoci di quella bellezza. Ma a volte le rose nascono, fioriscono e si spengono senza che alcuno abbia donato loro uno sguardo, una carezza, una parola, un filo d’energia che le faccia sentire diverse, migliori, autentiche. Che le disponga alla gioia, alla più bella espressione di sé e le aiuti a far esplodere il loro segreto

Mondo Piccolo

Mp

e a realizzare il loro senso. Eppure noi abbiamo bisogno delle rose che ci sono accanto. Abbiamo bisogno del loro profumo, dei loro colori, della loro forza, della loro diversità, della loro sensibilità, per essere migliori, per arricchire il nostro io e fonderlo con il loro, così da essere un’unica espressione che insieme pensa, si manifesta, crea, lotta, soffre, conquista e diviene. Il tempo così dedicato si dispiegherà oltre il muro del tempo, lasciando una traccia, un segno, il ricordo di una presenza, di un profumo, il vigore di un’esperienza che alimenterà altre rose e le farà sentire vive, importanti e uniche. Lo Smilzo

Filo di Nota di Mauro De Vincentiis

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Eolico e saggezza orientale Il monaco Tannen era solito appendere campane eoliche, ma sosteneva: “Non lo faccio perché amo il loro suono. Le uso per conoscere le condizioni del vento in caso d’incendio, dato che questa è l’unica preoccupazione per chi si cura di un grande tempio”. Quando il vento soffiava, lui stesso andava in giro di notte. Per tutta la sua vita il fuoco nel suo braciere non si spense mai. Era solito tenere una lanterna di carta e un acciarino vicino al cuscino. Diceva: “Durante un’emergenza, la gente si agita, e nessuno accende una luce con celerità”.

Fonte: “Hagakure. Il libro segreto dei samurai”. Pubblicato per la prima volta nel 1906 ma scritto due secoli prima da Yamamoto Tsunetomo, il libro racchiude la saggezza dei samurai sotto forma di aforismi.


La luce dalla “pietra”

Luigi Barzini Raid automobilistico Pechino-Parigi 1907

(…) Come sfuggire al gelo padrone delle acque per nove mesi dell’anno? La Svezia si è trovata di fronte a questo problema: che di un milione di cavalli di forza che essa può trarre dalle sue cascate, quasi settecentomila sono nella Lapponia artica: l’utilizzazione delle sue energie idrauliche dipendeva dunque in massima parte dalla vittoria sul gelo. Fiumi, laghi, cascate, tutto diventa pietra in inverno; le correnti più impetuose non sono che ruscelletti sepolti nella diafanità dei ghiacci sotto una crosta di immobilità, profonda sei, sette, otto metri. Si è sfuggiti al gelo inabissandosi. Gli impianti non sono alla superficie del suolo, sono nelle viscere della terra. Le bocche di presa vanno a cercare in fondo al lago di Lule-Träsk le masse sempre liquide e le conducono per gallerie sotterranee a precipitarsi nelle turbine, che sono sepolte a profondità paurose (…) Si è scavata una miniera per la elettricità come per il carbone. (…) Dall’alto di passerelle sospese sui gorghi guardate il mulinare glauco delle acque nell’ombra come ad un miracolo. Intravvedete nella trasparenza le bocche gigantesche delle vie sotterranee che portano le masse liquide al lavoro. La caduta necessaria a dare all’acqua la pressione motrice è stata ottenuta scavando perpendicolarmente la roccia. La sala delle macchine non è che un’immensa caverna, vasta come una cattedrale. (…) Sulla terra non vi sono che i trasformatori monumentali che ronzano come alveari mostruosi e gli apparecchi di distribuzione e di controllo disposti in ambienti marmorei e tetri, da cui si dipartono i cavi carichi di corrente a ottantamila volts. L’energia si forma in fondo ad una voragine alla quale ci si affaccia da un gran pozzo quadrato che dà le vertigini. Fa pensare ad uno di quei pozzi della leggenda scandinava che conducono ai palazzi meravigliosi dei Trolls.

Luigi Barzini Senior∗ Porjus, gennaio 1921 (in“Impressioni boreali”)

Energia, letteratura, umanità

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∗ (Orvieto, 1874-Milano, 1947), inviato speciale del “Corriere della Sera”, divenne famoso per le sue corrispondenze da ogni parte del mondo e per il raid automobilistico Pechino-Parigi (1907). I suoi reportage sono stati, nel tempo, raccolti in volumi di successo (in particolare, quelli sulla Grande Guerra e sulla Guerra Russo-Giapponese).


Achille Pace L’itinerario artistico di Achille Pace, nato a Termoli nel 1923, pittore operante a Roma nell’ambito dell’astrattismo storico e dell’arte informale, ha come premessa l’autonomia cromatica degli espressionisti tedeschi e i problemi segnici di Paul Klee espressi dapprima attraverso la “gettata di colore” e poi attraverso l’elaborazione di un personale linguaggio incentrato sull’utilizzazione entro spazi per lo più neutri (neri, grigi, azzurri, bianchi, rossi) di un filo di cotone che, come un guizzo di luce, definisce e circoscrive lo spazio percettivo della visione. Il filo è la sigla maggiore della sua opera ed è espressione di una concezione spaziale tesa a chiarire i rapporti tra gesto e materia, tra condizione e simbolo del colore. Una ricerca incentrata più che sulla rivalutazione delle forme primarie, propria della grande tradizione astratta, sul valore della “forma” snaturata della sua essenza e della sua presenza, ma rivelata come ipotesi reale di una dimensione altra. Una ricerca alla quale Pace ha dedicato oltre 50 anni della sua vita e che continua a sviluppare e sperimentare percorrendo nuovi percorsi cromatici e formali nei quali la “poetica del filo” viene proposta in infinite varianti. Nel 1962 Achille Pace è tra i fondatori, insieme a Gastone Biggi, Nicola Carrino, Nato Frascà, Pasquale Santoro e Giuseppe Uncini, del Gruppo Uno nel quale opererà fino al 1964. La pittura di Pace si impone ben presto all’attenzione della critica e l’artista viene invitato alle più importanti rassegne d’arte nazionali e internazionali. Tra queste la XXXIX e la XL Biennale di Venezia, la IX e la X Quadriennale di Roma, e ad alcune delle più significative mostre sull’arte italiana del Novecento allestite in Italia e all’estero come “Linee della Ricerca Artistica in Italia 1960-1980” (Roma, Palazzo delle Esposizioni, a cura di Nello Ponente), “Orientamenti dell’arte italiana. Roma 1947-1989” (promossa dalla Regione Lazio e dall’Università La Sapienza a Mosca e a Leningrado), “Disegno italiano del Novecento” (Museo d’Arte Moderna di Lugano, a cura di Francesco Gallo), “Contemporary Italian Art” (Akron University, Ohio, U.S.A.) e alle mostre allestite nella Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Termoli sul “Gruppo Uno e gli anni ’60 a Roma”.

Achille Pace

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Percorsi di luce 2006, tecnica mista e filo su cartoncino su tavola cm 17,2x25,1

la Copertina a cura di Vittorio Esposito

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A VOLTE L’UNICO MODO PER CONSERVARE È INNOVARE.

INVESTIAMO E CONTINUEREMO AD INVESTIRE IN RICERCA E SVILUPPO DELLE RINNOVABILI. Produrre energia in modo compatibile con l’ambiente è possibile solo continuando ad investire in innovazione e tecnologia. Un continuo lavoro per aumentare l’efficienza e incentivare il risparmio energetico. Per migliorare il rendimento delle energie rinnovabili, come ad esempio il solare nella innovativa centrale Archimede. Per sviluppare nuovi impieghi per l’idrogeno, nella prima centrale a idrogeno d’Europa, a Fusina. Per avviare i primi impianti eolici off shore in Italia e sviluppare le “smart grids”, reti di distribuzione di energia del futuro. E ovviamente per continuare a ridurre le emissioni di CO2. Stiamo innovando per cambiare tutto, tranne l’ambiente. www.enel.it/ambiente

L A V E R A R I V O L U Z I O N E È N O N C A M B I A R E I L M O N D O.


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