Elementi 40 - Aprile - Luglio 2017

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Maurizio Martina

Serve una smart farm italiana Patricia Espinosa

Clima, occorrono regole, mercati e cooperazione Giuseppe Pasini

La transizione energetica? Si governa col gas Hans Bruyninckx

No al legame tra crescita economica e consumo di energia e materiali Laura Cozzi

Il futuro? Nelle rinnovabili non programmabili Cesare Puccioni

Chimica, poca CO2 e taglio emissioni Vittorino Andreoli

Ripartiamo dalla gioia

SPECIALE CONTRATTO UNICO

Periodico del GSE Aprile - Luglio 2017

Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Parole chiave: efficienza energetica e rinnovo parchi eolici

Elementi

Gianluca Galletti

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ALLA FINE CI PENSIAMO NOI


l’Editoriale di Francesco Sperandini*

le vie nuove del gse Il GSE continua a crescere ampliando le sue strade. I miei predecessori hanno permesso, insieme ai Colleghi, una significativa crescita dimensionale, consentendo al Gruppo, l’approdo al quarto posto della classifica Mediobanca per fatturato delle Società italiane e alla Società GSE, la gestione in termini di incentivi del controvalore dell’uno per cento del PIL del Paese. In quel periodo il GSE era definito ora come “braccio operativo”, ora come “mero esecutore”. Il motto di quel periodo era “noi siamo elettricisti e quindi dobbiamo stare sotto traccia”. Tale approccio non ha mortificato le competenze e le professionalità della squadra del GSE che, anzi, ha mantenuto nel tempo livelli di eccellenza. I talenti però non vanno sotterrati né tantomeno tenuti sotto traccia. I talenti, ovvero le competenze e le professionalità delle donne e degli uomini del GSE, vanno adeguatamente valorizzati: bisogna esporsi, mettersi al servizio, impegnarsi, garantire risultati. Il Consiglio di Amministrazione, in occasione dell’insediamento, ha espresso la volontà di cogliere le sfide e le opportunità che il nostro settore possa presentare e ha individuato i principi guida del mandato consiliare: trasparenza, dissuasione, bilancio di sistema. Le azioni conseguentemente intraprese (ne ricordo solo alcune: pubblicazione degli incentivi erogati, attivazione di presidio della Guardia di Finanza interno al palazzo, rivisitazione delle procedure interne per attivare un unico processo più facilmente controllabile e presidiabile, rafforzamento delle attività di verifica con ricorso a appalti esterni e a utilizzo di tecnologie d’avanguardia come i droni, pubblicazione dei verbali degli incontri con le associazioni) hanno dato già nel primo anno risultati importanti. Questi hanno reso possibile intensificare e fluidificare il confronto e il dialogo con gli operatori sani e meritori del Paese. Affinché gli obiettivi di sviluppo sostenibile possano essere colti, la partnership con gli operatori è auspicabile (per la creazione di ricchezza che ne deriva) e irrinunciabile (per l’inefficacia di soluzioni alternative: quelle che confinino l’azione all’interno dello Stato e quelle che facciano leva sul volontariato o sui movimenti ambientalisti).

Un esempio: a dicembre abbiamo avviato una campagna pilota, rivolta ai titolari di piccoli impianti fotovoltaici di due provincie, laddove le performance dell’impianto fossero insoddisfacenti rispetto al dato storico ovvero alle rese di impianti analoghi nell’area, invitandoli a un controllo e a un impiego di soluzioni ottimizzanti la produzione. Tutto questo ha trovato la propria declinazione anche nel nostro organigramma. Gli organigrammi infatti parlano non solo all’interno anche all’esterno, nell’esaltare una funzione o una attività o nel mortificarla, non dandole evidenza. Non si può dire che crediamo nella costruzione di un ponte nei confronti delle future generazioni, costruzione che costituisce la vision del GSE, o che crediamo nello sviluppo sostenibile, sviluppo che è la mission del GSE, se poi quella vision o quella mission non trovano declinazione e rappresentazione, anche grafica, comunque esplicita, all’interno dell’organizzazione. Si rischia altrimenti di essere considerati come un “bancomat”. “Mi dai i soldi o non me li dai”. Non c’è la percezione del concetto, perché il concetto oggi non è trasmesso: non è trasmesso che i soldi che gestiamo sono predestinati, sono impegnati, sono vincolati, sono finalizzati al conseguimento della mission aziendale, al conseguimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale. Non è un gioco a somma zero. Non è un’operazione di redistribuzione di risorse. L’erogazione degli incentivi deve essere ricondotta in modo funzionale, direi finalistico, agli obiettivi di sostenibilità ambientale. Riconoscere un incentivo a chi non lo merita significa sottrarlo al conseguimento degli obiettivi. Oggi registriamo moltissime Società, e tra queste tutte quelle che hanno la partecipazione del Tesoro nel settore energia, che hanno attuato modifiche della propria organizzazione dando risalto allo sviluppo sostenibile. Sono Società che hanno missioni le più diverse ma che vengono però, oggi, qualificate e declinate secondo la chiave di lettura dello sviluppo sostenibile. Il GSE ha invece lo sviluppo sostenibile come missione, come “core business . La nuova Divisione Sviluppo Sostenibile insieme a Corporate Affairs e Incentivi prenderà a cuore la missione. È una crescita diversa, altamente qualificata.

* Presidente e AD del Gruppo GSE

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Direttore Direttore Responsabile Responsabile Romolo Romolo Paradiso Paradiso Redazione Segreteria di e Amministrazione redazione pubblicità Viale M.lloePilsudski, 92 Gabriella Busia 00197 Roma gabriella.busia@gse.it Editore tel. 06. 80114648 GSE In redazione Segreteria di Gabriella Busia redazione e pubblicità Maurizio Godart Gabriella Busia gabriella.busia@gse.it Collaborazione tel. 06. 80114648 redazionale Mauro De Vincentiis Collaborazione redazionale Comitato redazione Mauro Dedi Vincentiis Romolo Paradiso Comitato di redazione Gabriella Busia Romolo Paradiso Livia Catena Gabriella Busia Claudia Delmirani Livia Catena Maurizio Godart Natascia Falcucci Piergiorgio Liberati Guido Guido Pedroni Pedroni Luca Luca Speziale Speziale

Editing Editing Maria Pia Terrosi Maria Pia Terrosi Progetto grafico e impaginazione Hanno collaborato Imaginali a questo numero Simone Aiello Realizzazione Andrea Amato impianti e stampa Roberto Antonini Arti grafiche Tilligraf Stefano Besseghini Via del Forte Bravetta, Edoardo Borriello 182 00164 RomaButtà Alessandro Libero Buttaro Michele Canelli Fausto Carioti Stefania Concari Mauro De Vincentiis Vittorio Esposito Francesca Falco Jacopo Giliberto Giacomo Giuliani

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Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Anev Si ringrazia Archimede SRL per la collaborazione Attackit alla realizzazione Banca Intesa San Paolo di Elementi Banca Popolare(Prometeo) di Sondrio Adn Kronos Centro Documentazione Anev Giornalistica Axpo Italia Jinko BancaSolar Intesa San Paolo IBartucci Casco S.p.A Inergia Centro Documentazione Leitwind Giornalistica Egl Cobat Enel Enel F2 Eneco Energia Italia Energia Energethica Green Tronics Energy IVPC Med Eni Pianeta Terra International Punto Com Power Nuova Cma QualEnergia Punto Com Energia Quotidiano Re Power Rinnovabili.it Reed ExpoQuotidiana Staffetta Solar Expo Studio Bartucci S.r.l Terna Yingli Solar

Editore

­­­­P er le riproduzioni dei testi, GSE anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte

Direttore Editoriale Fabrizio Tomada

Elementi è distribuito presso le principali rappresentanze diplomatiche italiane all’estero.

Rivista ad Impatto Zero®. Compensate le emissioni di CO2 generate Per le riproduzioni dei testi, per la produzione e stampa. anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte.

In copertina “Il pescatore di Perle” Tecnica mista su tavola cm 250x200 di Angelo Colagrossi Chiuso in redazione il 22 febbraio 2012

Chiuso in redazione il 17 marzo 2017

Elementi è visibile in internet ai siti www.gse.it corrente.gse.it

Elementi, house organ del gruppo GSE è visibile in internet al sito www.gse.it

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Elementi

Anno 2017 2012 n. n.40 25 Aprile Luglio 2017 marzo –2012

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Virgolette di Romolo Paradiso

Per clima e sopravvivenza UN’ECONOMIA AL SERVIZIO DELL’AMBIENTE In molti si sono chiesti perché l’opinione pubblica si sia dimostrata tiepida di fronte all’accordo di Parigi sul clima. La risposta non appare così articolata come qualcuno ha fatto intendere. Più semplicemente sta nella mancanza di fiducia che le persone investono nella politica e nella sua capacità di trasformare in fatti concreti quanto declama a parole. Anche quelle “pesanti” contenute nei trattati sottoscritti congiuntamente tra più Stati. Quando si parla di clima, di inquinamento atmosferico, di aria respirabile, per essere concreti, ci si imbatte in un argomento che sta a cuore a tutti, e che vorremmo sia affrontato in via definitiva con senso di responsabilità e competenza, e più ancora con fattività. Perché l’aria è un elemento vitale per l’uomo, e così come è oggi, rappresenta una delle cause di malattie gravi e di morte, che vorremmo cominciare a debellare proprio grazie a politiche serie. Che la ricetta per venirne a capo sia una rilevante riduzione dei combustibili fossili, un incremento sostanziale di energie rinnovabili, una maggiore capacità di efficienza, minori sprechi, minori rifiuti, più riciclo e non ultimo, una visione delle cose basata sull’etica e sulla sobrietà, è ormai assodato. Quello che invece sembra mancare è la determinazione nel rendere applicabile la ricetta stessa. C’è ancora, e forte, la concezione da parte di chi governa e guida le comunità, che l’uomo abbia le capacità “tecniche”

per essere più forte delle leggi fisiche che governano la natura e il suo manifestarsi. Errore grave che perfino gli antichi greci avevano compreso, ma che noi, inebriati dal progresso scientifico-tecnologico, ignoriamo costantemente. Gli esperti di clima lo hanno ribadito: “l’aumento di 2° entro il 2100, non potrà essere rispettato con quanto auspicato dal Cop21”. La soglia a cui siamo vicini è quella dei 3° di incremento, la quale porta con sé conseguenze gravi sull’agricoltura, i livelli dei mari, la salute delle persone e la spinta all’emigrazione dei popoli dei paesi più poveri. Serve una forte azione di cambiamento di mentalità e di cultura ambientale. Serve cominciare a delegittimare un pensiero economico che si basa sulla crescita infinita, che è solo aumento ingiustificato dei beni di consumo e della spinta al loro utilizzo. Che inibisce la consapevolezza di un cammino autolesionista, e ancor più, si dimostra ipocrita, perché favorisce il paravento delle nazioni a dirsi a cultura ambientale, mentre nel concreto le stesse cementificano a dismisura, estraggono e bruciano materie prime dannose, non riciclano nel giusto modo, non hanno alcun rispetto per l’ambiente, in ossequio alle logiche della crescita ossessiva. Se veramente vogliamo cambiare, migliorandolo, il nostro ambiente, così come l’aria che respiriamo, e più ancora, il modo di vivere e intendere le cose, dobbiamo affidarci a una cultura che sappia coniugare l’amore e il rispetto per la natura e l’economia, facendo sì che questa sia al servizio di quella. Una cultura nuova, rivoluzionaria per certi versi, capace di alimentare il sogno di una società più equa, sostenuta da un’economia e da un capitalismo che abbiano il volto umano, e non quello informe di una sfrenata e ingorda finanza che al suo passaggio tutto fagocita nel nulla. Ne va della nostra sopravvivenza, ma soprattutto di quella delle generazioni a venire. È una responsabilità che non possiamo più declinare.

Elementi 40

5


rubriche

03 l’E l’Editoriale

primo piano

10

Intervista a Gianluca Galletti

14

A colloquio con Maurizio Martina

16

Dialogo con Patricia Espinosa

18

Incontro con Giuseppe Pasini

86 En

20

Confronto con Laura Cozzi

Elementi Normativi

22

Il parere di Hans Bruyninckx

05 “ Virgolette

08 P° il Punto

58 Vi

Verifiche e ispezioni

100 Fo La Foto di Andrea Amato

Parole chiave: efficienza energetica e rinnovo parchi eolici Serve una smart farm italiana

Nuovo regime per il clima: regole, mercati e cooperazione

La transizione energetica? Si governa col gas Il futuro? Nelle rinnovabili non programmabili No al legame tra crescita economica e consumo di energia e materiali

101 Mp Fn

Speciale

Mondo Piccolo e Filo di Nota

26 Contratto Unico

102 E+

mercato elettrico

Energia, letteratura, umanità

103 Bi Biblioteca

104 Co la Copertina

106 Cc

Controcopertina Elementi

40

30

Il punto di vista di Roberto Chieppa

34

Confronto con Giuseppe Gatti

Settore carburanti: concorrenza sì, ma controlliamo gli operatori Serve una scossa!


energia

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di Stefano Besseghini

De-carbonizzazione sistema energetico, urge analisi di scenario

40

Il parere di Cesare Puccioni

42

Incontro con Bruno Tani

Chimica, poca CO2 e taglio emissioni Politiche sostenibili per il rilancio del gas naturale

44

Il parere di Marco Margheri

Target 2050: politiche energia armoniche, competitività e sostenibilità

48

Conversazione con Andrea Gilardoni

Innovazione ed efficienza energetica, c’è da fare di più

50 Trasporti, biometano un’opportunità! energia rinnovabile

54

di Simone Togni

Sviluppo rinnovabili, la centralità della politica energetica nazionale

56

Faccia a faccia con Federico Bella

Rinnovabili, scienza e governo per essere prima energia

64

A tu per tu con Giuseppe Onufrio

72

di Alessio Borriello

74

Conversazione con Antonio Cianciullo

78

Il parere di Sandro Fuzzi

I cittadini al centro della rivoluzione energetica Telelavoro: conciliare vita, lavoro e tutela ambientale Passare dalla linea al cerchio

Cambiamento climatico, un problema disatteso

80 Inquinamento e radiazioni solari, il paradosso dell’ecosistema

84 Grattacieli di legno, ecologici e sicuri arte e architettura in luce 4

88 Cappella Sansevero, l’arte della meraviglia

energia del pensiero

92

Dialogo con Vittorino Andreoli

Ripartiamo dalla gioia!

Il pensiero di Marco Golinelli

Efficienza energetica sì, ma con obiettivi vincolanti

66

70

Intervista a Simone Tonon

La riscossa delle biomasse

62

energia e ambiente

Sommario

Parla Massimiliano De Santis

L’eolico che non ti aspetti

68 Natura UE in declino Elementi 40

So


Europa, non smettere d’investire in rinnovabili Le fonti rinnovabili piacciono. A patto che non disturbino. E a volte disturbano: per motivi tecnici o economici, per scelte normative; o anche cosÏ, disturbano semplicemente per pigrizia della comunità in cui esse vanno a inserirsi. Nel mondo gran parte degli investimenti in nuova generazione elettrica stanno tralasciando le fonti fossili e il nucleare e sviluppano le fonti rinnovabili. Non a caso Google punta sul rinnovabile per alimentare i suoi colossali server, mentre Bill Gates (Microsoft) ha creato un fondo (Breakthrough Energy Venture) per investire in rinnovabili con sir Richard Branson, Jeff Bezos (Amazon) e Jack Ma (Alibaba). Il 13,8% dell’energia primaria nel mondo viene da fonti rinnovabili.

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Elementi 40


La lettura dei dati in modo dettagliato suggerisce alcuni aspetti da non sottovalutare. Per esempio, la prima fonte rinnovabile nel mondo non è il solare, non l’eolico, non l’idroelettrico. In Africa è rinnovabile addirittura il 49,6% dell’energia primaria. È la legna. La legna che i popoli più poveri raccolgono e bruciano: la voce “solid biofuels” rappresenta il 66,2% delle rinnovabili usate nel mondo (fonte Aie). Ma le “biomasse solide” dell’Africa o dell’Asia non sono una forma industrializzata di energia; la loro rilevanza in termini di mercato è marginale. Però quando il segmento delle rinnovabili si industrializza, quando le tecnologie si affinano e acquisiscono dimensioni di scala, allora la concorrenza si fa dura con le altre fonti di energia. Ormai vi sono offerte molto competitive anche nel settore delle fonti pulite, soprattutto l’eolico offshore. La crescita media annua del solare è 51%, eolico 23%. Crescite accelerate. Basta osservare che cos’accade in Cina con la corsa tumultuosa alle fonti rinnovabili d’energia, ma su numeri ancora piccoli perché sono tecnologie ancora in maturazione: nel mondo il solare è lo 0,9% della produzione elettrica 2014, l’idroelettrico il 16,6% (fonte Cesi su dati Ren21 2015). La crescita tumultuosa delle fonti rinnovabili non programmabili, quasi anarchiche e molto fai-da-te, crea fastidi. Chi paga gli incentivi, a volte spropositati, è indispettito. I concorrenti si infastidiscono quando l’energia rinnovabile passa serena nelle Borse elettriche senza dover dare la precedenza. Poi ci sono problemi tecnologici, come le reti elettriche non ancora pronte a gestire la crescita ribollente delle fonti rinnovabili: in alcuni Paesi vento e sole producono chilowattora che poi non vengono utilizzati e vanno sprecati nel nulla. Mi dicono che accade in Cina. In che misura? In alcuni momenti oltre il 40%.

Nel frattempo, gli impianti più complessi si scontrano con il solito, ipertrofico, ingovernabile fenomeno nimby, che si è allargato a sfumature e tonalità sempre più pervasive nella società: il no ai vaccini ne è un esempio. Nel settore delle fonti rinnovabili d’energia il meccanismo ombelicale dell’opposizione agli impianti sta coinvolgendo proprio i segmenti tecnologici più promettenti, come il biometano o la geotermia. In Veneto sulle colline vinicole di Follina vicino a Conegliano (Treviso) i comitati locali al motto di salviamo i nostri bambini (ripeto: salviamo i nostri bambini) bloccano un impianto che trasforma in energia i tralci delle potature delle viti. Poco lontano da Conegliano, a Paese (Treviso) i comitati e alcuni politici sono riusciti perfino a imporre una legge regionale che vieta la costruzione di un impianto simile alimentato con le potature di vigneti (ripeto: una legge regionale vieta quell’impianto specifico). Di queste contraddizioni sociali, del principio vizi privati e pubbliche virtù (“voglio usare petrolio a costi bassissimi, ma in pubblico pretendo solo rinnovabili, a patto che siano a casa d’altri”), deve tenere conto la nuova Strategia energetica su cui lavora il governo. Di più. Forse la nuova Strategia deve tenere conto dell’evoluzione drammatica della società più che delle singole tecnologie da premiare o da frenare.

Se il mondo da alcuni anni investe nelle rinnovabili di energia, l’Europa ha smesso di essere il traino di questo fenomeno. Gli investimenti sono in calo, oltre il 50% dal 2011 al 2014, arrivati a 44 miliardi di euro rispetto ai 379 miliardi stimati necessari per raggiungere gli obiettivi di emissioni di anidride carbonica che l’Europa si è data. Passati gli anni della furia costruttrice in Germania, Spagna e Italia; passati quelli degli investimenti nell’Est europeo, ormai si guarda con attenzione all’Africa settentrionale o all’America centrale. Chiaro: non si è smesso di investire in Europa. Lo testimoniano per esempio i progetti nell’eolico offshore sulle varie sponde del Mare del Nord. Oppure i “green bond” lanciati di recente dalla Polonia per incentivare un processo di decarbonizzazione del Paese più carbonioso della Ue. Né si è smesso di investire in Italia. Ma come? E quanto? Dopo l’indigestione di norme come fu il Salva-Alcoa (non fu l’unica norma da iperglicemia fotovoltaica ma ne è diventata il simbolo) è stato il periodo delle medicine purganti: vincoli, limiti, revisioni, tagli. Alcuni settori storici (si guardi il mini-idroelettrico) sono in fortissima sofferenza, le tecnologie del silicio si stanno limitando quasi esclusivamente agli impianti di dimensione domestica.

P° il Punto di Jacopo Giliberto

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primo piano Due parole chiave

Efficienza energetica e rinnovo parchi eolici

Intervista a Gianluca Galletti Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare

Gianluca Galletti - Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare

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Avanti sull’efficienza energetica, perché se l’Italia brilla in Europa “abbiamo ancora possibilità di migliorare”. Ad esempio puntando sui condomini, rispetto ai quali l’idea di un fondo che sostenga gli interventi è “sicuramente interessante”. Per le rinnovabili, nonostante le critiche “gli incentivi ci sono ancora, ma sono tarati verso i settori che hanno più bisogno di sostegno”, restando comunque attenti al repowering degli impianti, “processo che il ministero dell’Ambiente guarda ovviamente con grande favore”. C’è, però, “un nodo-autorizzazioni che oggi sono rilasciate a livello locale” da “21 burocrazie regionali”. Gian Luca Galletti, titolare del dicastero ambientale, affronta questi temi in un confronto aperto con ’Elementi’.


di Roberto Antonini

E: Efficienza energetica, la miniera da sfruttare per ottenere risparmio e sostenibilità: a che punto siamo? GG: L’Italia ha puntato con decisione sull’efficienza energetica. In alcuni campi abbiamo ottenuto ottimi risultati, di assoluto primato in Europa; in altri abbiamo ancora possibilità di migliorare. Con l’ecobonus per l’edilizia, ad esempio, stiamo di fatto operando una grande rivoluzione dell’efficienza nell’edilizia dando al contempo un sostegno importante ad un settore chiave dell’economia. Gli incentivi per le eco- ristrutturazioni in cinque anni hanno messo in moto investimenti per 100 miliardi e creato oltre 200.000 nuovi posti di lavoro. E: I condomini possono essere la chiave di volta per un dispiegamento massiccio e diffuso di tecnologie per il risparmio energetico, ma non tutti hanno soldi a disposizione o intenzione di spenderne. Condivide l’idea dell’istituzione di un fondo, non necessariamente pubblico, per sostenere gli interventi? Ad esempio, di un soggetto terzo, un fondo che agisca secondo logiche di mercato. GG: I condomini sono la chiave di volta dell’efficientamento energetico delle nostre città. Nella legge di stabilità

abbiamo introdotto delle misure mirate per i condomini con aliquote più alte, graduate in base all’entità dei lavori e ai risultati raggiunti, fino al 75%, valide per interventi realizzati fino al 2021. La proposta di un fondo che sostenga gli interventi è sicuramente interessante. Sono benvenute tutte le idee che agevolano la realizzazione degli interventi nei condomini perché hanno un valore strategico non solo per migliorare l’efficienza energetica, ma anche perché incidono positivamente sulla qualità dell’aria dei nostri centri urbani. E: Intanto avanti sull’ecobonus, misura che continua a portare effetti decisivamente positivi per l’economia e l’ambiente: sarà possibile renderlo stabile se non ’per sempre’ almeno con durata pluriennale? Sposa l’idea di stabilizzare la misura per rassicurare chi possa, avendo fondi, aver voglia di approfittarne? GG: Un primo passo verso la stabilizzazione dell’ecobonus è stato già fatto prolungando la durata degli incentivi, che in passato venivano prorogati di anno in anno, fino al 2021. Ho detto in più occasioni che sono decisamente favorevole a rendere questi interventi una misura stabile, “di sistema” perché la considero importante per le politiche ambientali del nostro paese.

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E: Tra il 2014 e il 2015 le rinnovabili in Italia hanno toccato il punto più alto sia per capacità installata che per nuovi investimenti; mentre per numero di occupati il picco è stato toccato tra il 2012 e il 2013 (67.000 lavoratori diretti e 137.000 nell’indotto). Il boom delle rinnovabili e il calo della domanda di elettricità hanno contribuito ad abbassare il costo della fattura energetica nazionale, passata dai 64,9 miliardi del 2012 ai 34,8 miliardi a fine 2015. Ora però la crescita delle rinnovabili si è fermata e gli operatori danno la colpa ai tagli del governo. Che risponde loro?

15 anni al 2020. Rinnovando gli impianti con macchinari più aggiornati questi produrranno di più, quindi serviranno meno torri per avere la stessa quantità di elettricità, a tutto vantaggio di territorio e paesaggio. Stesso discorso per il solare e i pannelli più recenti. Sia gli operatori del solare sia quelli dell’eolico sostengono che gli ultimi governi abbiano penalizzato il repowering e in cambio di nuovi investimenti chiedono una semplificazione delle pratiche e minori costi in burocrazia per sostituire pale e pannelli. Cosa si può fare e cosa si farà?

GG: Su questo tema dobbiamo metterci d’accordo perché a me pare che quando la produzione di energia da rinnovabili cresce sia merito degli operatori, quando diminuisce sia colpa del governo. Le cose non possono stare in questi termini. Sappiamo tutti, gli operatori per primi, che l’Italia ha usufruito per anni di incentivi straordinari, i più alti del mondo, sulle rinnovabili, che hanno indotto la grande finanza ad investire nel nostro paese tanto alti erano i margini di guadagno. Incentivi che sono stati pagati e vengono tutt’ora pagati dagli italiani con le bollette dell’energia elettrica. C’è stata un’azione del governo per promuovere le rinnovabili, ed in particolare il solare, di una eccezionale intensità che ha fatto sì che il nostro paese superasse con abbondante anticipo tutti i target fissati a livello europeo per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Gli incentivi ci sono ancora ma sono tarati verso i settori che hanno più bisogno di sostegno. Abbiamo varato l’anno scorso incentivi del valore di 9 miliardi in 20 anni. Noi vogliamo un settore che, dove esistono le condizioni economiche cammini con le proprie gambe. E il solare, ad esempio, è in grado di farlo.

GG: Il repowering è un tema importante e complesso. Dal rinnovo degli impianti può derivare certamente una maggiore efficienza produttiva: un processo al quale il ministero dell’Ambiente guarda con grande favore. Senza dubbio esiste un nodo-autorizzazioni che oggi sono rilasciate a livello locale e fa sì che esistano previsioni differenti, tempi differenti, costi differenti della burocrazia, anzi delle 21 burocrazie regionali. Una situazione che era stata individuata come critica in occasione della riforma costituzionale che prevedeva, infatti, di ricondurre al governo nazionale queste autorizzazioni in ambito ambientale. Il referendum è andato come sappiamo e quindi c’è una volontà popolare da rispettare e un lavoro molto più complesso da fare se si intendono armonizzare tutte le procedure autorizzative. Il medesimo problema si pone per le valutazioni ambientali che in caso di modifiche sostanziali di tecnologie dei campi eolici o solari possono essere richieste a livello locale. Da parte del ministero dell’Ambiente esiste la volontà di adoperarsi per affrontare un problema che resta comunque complesso ed esula in gran parte dalle competenze del governo nazionale.

E: Si parla sempre più spesso, anche in Italia, del rinnovamento dei parchi eolici che, secondo autorevoli stime, avrà più di Gli investimenti in efficienza energetica in Italia nel 2015 consumo energetico totale Milioni di euro

10,2

6,5

8,75

11

17,1

6,45

5,4

indice propensione all’efficienza energetica

1,36

2,80

1,60

1,59

2,07

2,47

2,67

alimentare 138,4

carta 182,3

chimico 139,9

meccanico 174,7

metallurgico 353,6

edilizio 159,2

vetro e ceramica 144,2

Ivestimenti per settore

1,292

milioni di euro

aria compressa

cogenerazione

illuminazione

Fonte Energy Efficency Report - Politecnico di Milano

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inverter

motori elettrici

refrigerazione

Ivestimenti per tecnologia sge

sistemi di combustione efficiente


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primo piano

Serve una smart farm italiana A colloquio con Maurizio Martina Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali

Maurizio Martina - Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali

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Elementi 40

“Aiutare le nostre imprese agricole ad essere più forti, rendendole multifunzionali e sostenibili con l’obiettivo di dare slancio alle bioenergie. È questo il modello della “smart farm italiana” che il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha in mente per il futuro. Un traguardo raggiungibile, secondo il ministro, tenuto conto che già oggi “l’utilizzo delle bioenergie in Italia è al terzo posto tra le energie rinnovabili dopo quella idrica e quella fotovoltaica ed è in continua e costante crescita”. Sempre più imprese e cooperative puntano, infatti, sulla multifunzionalità perché “le agroenergie rappresentano una interessante fonte di integrazione del reddito degli agricoltori, oltre a generare esternalità positive sull’ambiente”, dice Martina, che tuttavia è anche consapevole che “c’è ancora molto lavoro” da fare.


di Elena Veronelli

E: Ministro Martina, quali prospettive possono dare le bioenergie all’agricoltura e all’imprese italiane in termini economici e di posti di lavoro? MM: Parlare di bionergie nel nostro Paese vuol dire aiutare le nostre imprese agricole ad essere più forti, rendendole multifunzionali e sostenibili. È questo il modello della smart farm italiana dei prossimi anni. Significa guardare in prospettiva e cogliere le possibilità, anche in termini occupazionali, che abbiamo davanti. Penso alla valorizzazione energetica ed economica delle biomasse sottoprodotto delle attività agricole, di allevamento e forestali e all’incentivo alla realizzazione di impianti di microgenerazione sul territorio. E: Che peso hanno le bioenergie nel mix energetico italiano? E in Europa qual è la situazione? MM: L’utilizzo delle bioenergie in Italia è al terzo posto tra le energie rinnovabili dopo quella idrica e quella fotovoltaica ed è in continua e costante crescita. La produzione di bioenergia è aumentata solo nell’ultimo anno di quasi il 10%, come ci dicono i dati Istat. Una crescita che è derivata soprattutto da fanghi e deiezioni animali, per un totale di quasi 18,7 milioni di kWh.

è al primo posto per quanto riguarda l’energia solare ed è tra i paesi più virtuosi in fatto di rinnovabili. Si deve fare molto di più soprattutto per quanto riguarda il settore dei trasporti in campo agricolo e non solo: si pensi, ad esempio, alle potenzialità del biogas. Bisogna farlo per due motivi: per rispettare gli impegni presi dal nostro paese con l’accordo sul clima di Parigi (COP21) del dicembre 2015 e, soprattutto, perché quello della sostenibilità energetica è un tema imprescindibile per la politica intesa come proiezione del paese nel futuro. E: Secondo l’associazione europea Aebiom per realizzare il pieno potenziale delle bioenergie è necessario un quadro politico stabile, mentre gli obiettivi non vincolanti sulle rinnovabili a livello nazionale e il continuo rinvio della legislazione in materia di sostenibilità della biomassa stanno già avendo ripercussioni sugli investimenti. È d’accordo? MM: Serve il massimo impegno e una continuità del lavoro, ma senza dimenticare quello che dicevamo prima: l’Italia è tra i paesi più virtuosi da questo punto di vista. Sicuramente sarà necessario rendere vincolanti gli obiettivi, ma rimango convinto che la politica più funzionale sia quella degli incentivi. Non bisogna costringere, ma rendere conveniente: solo così si può avere un cambiamento, innanzitutto, culturale. E: Di recente il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha lanciato l’allarme sul fenomeno della legalità nel settore dell’ambiente che ha raggiunto livelli preoccupanti: ci sono infiltrazioni della criminalità organizzata in tutti i campi, dalle rinnovabili al settore dei rifiuti. Quanto pesa questo fenomeno sulla competitività? Come si può invertire la marcia? MM: La legalità viene al primo posto insieme alla massima trasparenza. È necessario snellire le procedure burocratiche riguardanti queste materie e aumentare i controlli che mettano fuori le organizzazioni criminali. Più è semplice la legge da rispettare, più facile diventa individuare chi la infrange. Controlli e semplificazione: è questa la strada.

E: Qual è il trend di sviluppo della produzione di energia di origine agricola? Che crescita prevede nei prossimi anni? MM: È un settore che sta crescendo perché sempre più imprese e cooperative puntano sulla multifunzionalità. Di fatto le agroenergie rappresentano una interessante fonte di integrazione del reddito degli agricoltori, oltre a generare esternalità positive sull’ambiente. Le imprese diventano più efficienti e più redditive, per questo vogliamo dare una mano allo sviluppo degli investimenti in questo settore. Abbiamo gettato delle basi ma c’è ancora molto lavoro. I prossimi anni saranno sicuramente decisivi. E: Quanto le bioenergie possono aiutare a raggiungere gli obiettivi climatici? Grazie allo sviluppo delle tecnologie bioenergetiche si può aumentare l’efficienza, ridurre le emissioni e contenere i costi. Su questo fronte come stiamo messi? MM: Il nostro obiettivo è sviluppare un modello agricolo 100% sostenibile. L’Italia, come più volte ricordato,

Elementi 40

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primo piano Nuovo regime per il clima

Regole, mercati e cooperazione Dialogo con Patricia Espinosa Segretario esecutivo della Convenzione Quadro Onu per il Clima

Patricia Espinosa - Segretario esecutivo della Convenzione Quadro Onu per il Clima

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Elementi 40

di Simone Aiello


E: Che ruolo avranno i meccanismi di mercato nel dare slancio per rispettare i 2°C? PE: I meccanismi di mercato sono un elemento chiave dell’accordo di Parigi e sono centrali nello sforzo di limitare l’incremento della temperatura il più vicino possibile alla soglia di 1,5°C. Inoltre forniscono uno strumento che valorizza gli sforzi di tutti: dai governi alle piccole imprese, fino ai grandi investitori istituzionali. Questi meccanismi dovrebbero essere integrati nelle policy che aiutano i Paesi nell’attuazione dei propri contributi nazionali, poiché il ricorso al mercato per cooperare, fornisce un’opportunità per il settore privato al fine di combattere i cambiamenti climatici e promuovere uno sviluppo sostenibile. Crescita e sviluppo sono spesso misurati con metriche legate alle logiche di mercato, perciò i meccanismi di mercato sono necessari per accrescere costantemente il livello di ambizione dell’azione e riuscire davvero a trasformare l’economia globale. E: La “Partnership di Marrakech per l’azione globale per il clima” apre una via per coinvolgere direttamente stakeholders diversi dai governi centrali nell’attuazione di azioni per il clima. Può fornirci un esempio pratico? PE: La conferenza Onu per il Clima di Marrakech dello scorso novembre 2016 è stata molto incentrata sull’azione. Almeno per due motivi. In primo luogo, la rapida ratifica dell’accordo di Parigi ne ha permesso l’entrata in vigore prima ancora che la prima conferenza delle parti si riunisse. Ciò ha dimostrato la risolutezza della comunità internazionale ad avanzare unita per il clima: questa determinazione l’abbiamo vista anche nei risultati positivi di Marrakech. In secondo luogo, Marrakech è stata testimone di un impegno eccellente da parte degli stakeholders diversi dai governi centrali – imprese, investitori, città e governi regionali – che devono agire per rendere l’attuazione dell’accordo di Parigi un concreto successo. Nell’ambito della Partnership per l’azione globale per il clima, questi soggetti hanno effettivamente annunciato molti impegni che possono servire come fonte di ispirazione. Per esempio, la coalizione “Under2Coalition” – un gruppo di governi

E: Alla vigilia di Marrakech, Brexit ed elezioni Usa hanno scosso il mondo. Qual è la sua prospettiva sui possibili effetti? PE: Innanzitutto, è importante tenere a mente che l’accordo di Parigi è entrato in vigore. Ciò costituisce un obbligo legale per i 127 paesi che lo hanno ratificato e già questo dimostra un grado molto alto di impegno dei governi a livello globale. È anche importante notare che l’accordo di Parigi è sostenuto da città, governi regionali, imprese, mondo della finanza, scienza e società civile. Questo mondo non è mai stato così determinato ad agire contro i cambiamenti climatici. L’accordo di Parigi è solido e necessario. È l’espressione della consapevolezza di ridurre i rischi e muovere verso la prosperità nel Ventunesimo secolo, significa parlare di innovazione, tecnologie pulite e investimenti in resilienza. Gestire le nostre sempre più scarse risorse nella transizione per questa nuova prosperità fornirà un vantaggio competitivo alle organizzazioni lungimiranti e aprirà mercati per nuove tipologie di prodotti, servizi e strumenti finanziari. Desideriamo impegnarci con la nuova amministrazione americana ma anche con la nuova classe politica del Regno Unito, così come con tutti gli altri governi, per agire con urgenza su questo tema così cruciale per il futuro dell’umanità. Trend dei principali emettitori (incluso LULUCF) 12000 10000 8000 6000 4000 2000 0 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

PE: Entro la fine del 2018, i governi che partecipano ai negoziati Onu sul clima dovranno completare il “manuale” delle regole applicative dell’Accordo di Parigi (rulebook). Siglato lo scorso anno l’accordo si basa su piani d’azione per il clima di tutti i Paesi aderenti, diversificati a seconda delle circostanze nazionali. Per valutare e comprendere se il mondo è sulla giusta rotta per rispettare gli impegni presi, sono previste misure per assicurare la trasparenza nell’attuazione dei piani nazionali e un meccanismo per valutare i progressi a livello globale (stocktake). Il rulebook delineerà un set di regole e linee guida chiaro, coerente ed ampio, sulla cui base i Paesi dovranno rendicontare le riduzioni d’emissione, le azioni di mitigazione e adattamento, nonché i flussi finanziari per il clima e i trasferimenti tecnologici. Il principio è semplice: la trasparenza genera fiducia nell’ottemperanza dei singoli Stati agli impegni presi come contributo all’azione collettiva. Ciò fornisce maggiore sicurezza a tutti i Paesi nell’incrementare il livello di ambizione della propria azione per il clima.

sub-nazionali il cui Pil pesa circa 26.000 miliardi di dollari e con una popolazione di circa un miliardo di persone – ha portato a 165 il numero dei governi impegnati a ridurre le emissioni dell’80% entro il 2050. Inoltre, nel settore privato “We Mean Business ha annunciato che 471 imprese con una capitalizzazione di oltre 8.000 miliardi di dollari hanno espresso più di un migliaio di impegni in azioni per il clima. Pertanto stiamo osservando crescenti impegni ed azioni come testimoniato dalla Nazca platform (http://climateaction.unfccc.int/).

MtCO2

E: La Conferenza di Marrakech ha avviato il processo per rendere operativo l’Accordo sul clima. Quali i principali nodi nel programma di lavoro di Parigi?

ANNI Brazil

Indonesia

China

Russian Federation

European Union (28)

United States

India

Un approfondimento dei risultati di Marrakech è presente nel Rapporto GSE sulle Aste di quote europee di emissione – annuale 2016 (http://www.gse.it/it/Gas Servizi energetici/AsteCO2)

Elementi 40

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primo piano

La transizione energetica? Si governa col gas Incontro con Giuseppe Pasini Coordinatore del Gruppo Tecnico Energia di Confindustria di Jacopo Giliberto

Giuseppe Pasini – Coordinatore del Gruppo Tecnico Energia di Confindustria

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Elementi 40

L’industria manifatturiera italiana è d’accordo con le politiche energetiche, ambientali, climatiche europee. Se il tema energia è governato in modo intelligente e con capacità di visione prospettica, le qualità italiane nell’innovazione, nell’efficienza energetica, nella tutela dell’ambiente saranno un motivo di competitività. Questi alcuni dei concetti espressi da Giuseppe Pasini, coordinatore del Gruppo Tecnico Energia di Confindustria e industriale dell’acciaio attraverso la bresciana Feralpi.


E: Cosa sta accadendo nel segmento dell’energia?

GP: Guardiamo indietro: negli anni passati le rinnovabili ci erano quasi sfuggite di mano. Non eravamo i soli, è accaduto anche in altri Paesi come la Spagna o soprattutto la Germania con le cui imprese si confronta la nostra industria manifatturiera. Le politiche di incentivazione sono importanti, ma il loro peso sulla bolletta elettrica non deve penalizzare imprese e famiglie.

GP: Oggi non si può parlare di energia senza parlare di cambiamenti climatici. Il modo di produrre energia coinvolge in pieno l’ambiente, il clima e le regole che ci siamo dati. E: Le politiche europee sul tema energia e ambiente sono abbastanza univoche. Le condivide?

E: Nel negoziato europeo come si pone l’Italia?

GP: È la direzione giusta. Indipendentemente da quello che, a quanto leggiamo, vuole fare Donald Trump negli Usa, gli europei hanno il dovere di andare nella direzione che ci siamo dati. È imprescindibile: non soltanto per il valore sociale o ambientale della scelta europea, ma anche perché con le fonti di energia innovative si genera nuovo Pil; perché esiste in Italia e in Europa una miriade di imprese che stanno investendo in ricerca e sviluppo per le tecnologie sostenibili e per l’efficienza energetica. Diverso il discorso sul come conseguire gli obiettivi che vogliamo. E: Uno strumento è puntare sulle fonti rinnovabili di energia. GP: Oggi le fonti rinnovabili in Italia rappresentano circa il 40% dell’elettricità prodotta. L’Italia in Europa è il Paese che si è impegnato di più. Chi investe in Italia nelle fonti rinnovabili conferma che possiamo traguardare l’obiettivo di arrivare al 70-75% di rinnovabili entro il 2050. Questo vuol dire che l’Italia è di fronte a un cambiamento importante, forse epocale. L’importante è non lasciarsi prendere la mano dalla voglia di fare strappi. La transizione va gestita. E: Come gestire il passaggio tecnologico? GP: Con il metano. L’Italia è legata fortemente al gas. Siamo la nazione che per prima, ai tempi di Enrico Mattei, scoprì questa risorsa; più degli altri Paesi abbiamo investito sul gas, e infatti abbiamo un parco termoelettrico, largamente basato su centrali a gas di ultima generazione, che ben si coniuga con uno scenario di lungo termine fondato su un mix di fonti rinnovabili e centrali convenzionali versatili ed efficienti, in grado di garantire flessibilità, sicurezza degli approvvigionamenti e riduzione delle emissioni. Altri Paesi come la Germania per governare la transizione verso le rinnovabili hanno preferito il carbone e la lignite? Noi dobbiamo misurarci sul metano. Possiamo sfruttare in pieno la geografia mediterranea, dobbiamo diventare quell’hub del gas di cui si parla da anni. E poi nuova mobilità, più sostenibile ed efficiente: un percorso di ricerca e innovazione in cui industria 4.0 è un’opportunità per far crescere le imprese. E: Governare una transizione, ha detto; non lasciarsi prendere la mano. Sono parole sue.

GP: Dal 2005 al 2030 dovremmo ridurre del 40% le emissioni climalteranti, accrescere del 30% l’efficienza energetica, arrivare al 27% di produzione da fonte rinnovabile. Obiettivi molto ambiziosi che cambieranno il modo di produrre energia. L’Italia è più avanti degli altri Paesi sulle emissioni, sull’efficienza energetica, sulla penetrazione delle fonti rinnovabili d’energia, però stenta a decollare quel mercato unico dell’Europa che consentirebbe di compensare e regolare gli squilibri e le diseconomie. L’Italia in questo percorso non deve farsi massacrare dall’Europa. Per esempio, se noi abbiamo investito di più sul gas mentre altri Paesi, come la Germania, hanno puntato su combustibili più inquinanti e meno costosi, in teoria dovremmo essere posizionati meglio nel traguardare l’obiettivo europeo di decarbonizzazione. Ma in Europa ognuno si fa l’abito su misura secondo le sue convenienze, e non vorrei che ci inducessero a essere quelli più impegnati per costringerci a mettere a dura prova le nostre imprese. E: In cifre? GP: I prezzi italiani dell’energia elettrica sono già oggi del 47% più salati rispetto alla Germania del carbone, della lignite, del nucleare. Dobbiamo stare attenti a non farci massacrare quando discutiamo la riforma del sistema Ets. Siamo un Paese che ha fatto tanto, abbiamo affrontato con successo lo sforzo maggiore di riduzione della CO2, ci siamo dati obiettivi rigorosi, e questo va premiato. E: Lei è un imprenditore siderurgico. Ciò vale anche per il suo comparto? GP: La siderurgia italiana è riuscita a creare strumenti importanti per contenere il divario di competitività sui costi elettrici. Abbiamo l’interrompibilità e l’interconnector, partecipiamo al 67% alla nuova linea di alta tensione Italia-Francia per garantirci una tariffa elettrica oggi equivalente a quella europea (ho detto equivalente: non più o meno cara, poiché la tariffa varia secondo il Paese cui ci si confronta). Ciò ha consentito alle imprese siderurgiche di confrontarsi con i mercati internazionali. Ormai i problemi si giocano su altri piani, sulla Cina, sugli altri mercati, dove il confronto non è più solamente quello dei costi dell’energia.

Bilancio del gas naturale G(m3)

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Produzione nazionale

19,2

18,9

17,4

16,6

15,5

14,3

13,9

13,0

12,1

11,0

9,7

9,3

8,0

8,4

8,4

8,6

7,7

7,1

6,8

Importazioni nette

39,0

42,7

49,5

58,8

54,8

58,1

62,1

67,2

73,1

77,0

74,0

76,7

69,1

75,2

70,2

67,6

61,7

55,5

61,0

Variazione scorte Disponibilità lorda Consumi e perdite Totale risorse

0,4

-1,0

-1,2

4,5

-1,2

1,4

-1,4

-0,1

-1,1

3,5

-1,3

1,0

-0,9

0,5

0,8

1,3

-0,6

0,8

0,2

57,8

62,6

68,1

70,9

71,5

71,0

77,4

80,3

86,3

84,5

85,0

84,9

78,0

83,1

77,9

74,9

70,1

61,9

67,5

0,6

0,7

1,0

1,3

1,4

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

1,5

1,5

1,3

1,8

1,8

2,0

1,9

2,0

2,0

57,2

61,9

67,1

69,6

70,1

70,0

76,4

79,3

85,3

83,5

83,4

83,4

76,7

81,3

76,1

72,9

68,2

59,9

65,6

Fonte: Elaborazione AEEG su dichiarazioni degli operatori e dati Ministero dello sviluppo economico.

Elementi 40

19


primo piano

Il futuro? Nelle rinnovabili non programmabili Confronto con Laura Cozzi Direttore dell’International Energy Agency (Iea) Lo sviluppo e il futuro delle energie rinnovabili, in particolare del fotovoltaico e dell’eolico. Ne parliamo con Laura Cozzi, direttore dell’International Energy Agency (Iea).

di Elena Veronelli

Laura Cozzi - Direttore dell’International Energy Agency (Iea)

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Elementi 40


E: In Italia siamo arrivati a una produzione di energia dal fotovoltaico dell’8%. Un bel traguardo, come lo abbiamo raggiunto? LC: Nel 2015 in Italia la generazione elettrica da rinnovabili è stata pari al 39% del totale con un contributo importante dato dall’idroelettrico, dal solare e dall’eolico. La penetrazione delle rinnovabili nel mix di generazione elettrica in Italia è oggi superiore alla media europea - pari a circa 28% - e a quella dei principali Paesi membri come Germania (30%), Francia (26%), Regno Unito (25%). In Italia questa quota era solo del 16% nel 2005 e la crescita nell’ultimo decennio è avvenuta grazie alle politiche di incentivazione del solare e dell’eolico. Questo vale per l’Italia, ma anche per Cina, Germania, Giappone e Usa. Le politiche governative hanno inoltre permesso una notevole riduzioni dei costi: fino al 40-75% in 5 anni per il solare fotovoltaico e del 10-25% per l’eolico, permettendo ad una quota crescente di rinnovabili di essere competitive senza sussidi. E: Con la fine degli incentivi, che trend prevede? Vede una flessione nella crescita? LC: In Italia la nuova capacità installata nel 2015 è stata pari a circa 0.9 GW, guidata dal meccanismo dello scambio sul posto. Nel breve-medio termine è previsto lo sviluppo di addizionali capacità di energie rinnovabili, soprattutto solare fotovoltaico, con una crescita della quota di rinnovabili nel mix di generazione elettrica fino al 44% nel 2021. Nuovi sussidi sono stati approvati a giugno 2016, con l’obiettivo di incentivare nuovi progetti eolici, solare termodinamico e a biomasse. Anche in Italia, infine, come in molte regioni del mondo, il meccanismo delle aste sarà utilizzato per assegnare sussidi agli impianti rinnovabili con capacità superiore a 5 MW. Mentre il settore elettrico si può vantare di molti successi, il nuovo capitolo per le rinnovabili sarà il loro impiego nel settore trasporti e produzione di calore, dove ancora resta molto da fare. E: Può fare un breve quadro sullo sviluppo del solare negli altri maggiori Paesi del mondo? LC: Nel World Energy Outlook - nello scenario centrale - stimiamo che al 2030, a livello globale, le rinnovabili rappresenteranno la prima fonte nel mix di generazione elettrica, con oltre il 40% della capacità installata. Sebbene tutte le regioni saranno coinvolte, la Cina deterrà la leadership - con oltre 1/3 della capacità rinnovabile installata seguita da Unione europea, Stati Uniti e India.Oggi la capacità solare installata è pari ad oltre 220 GW, circa il 4% del totale: l’Unione europea rappresenta la prima area di sviluppo - con oltre il 40% della capacità installata - seguita da Cina e Usa. Al 2030, la capacità solare globale arriverà a 950 GW e rappresenterà oltre il 10% del totale. La Cina conquisterà ampiamente la prima posizione in termini di capacità installata, seguita - come detto - da Ue e Usa, la cui crescita è soprattutto guidata dall’estensione del credito di imposta per gli investimenti in solare fotovoltaico.

E: Passiamo all’eolico. Di che numeri parliamo, in Italia e nel mondo? LC: Per l’eolico la storia è simile. Ad oggi la capacità eolica installata è pari ad oltre 400 GW, circa il 6% del totale; l’Unione europea, con circa 140 GW di capacità, guida la classifica, seguita dalla Cina (130 GW), Stati Uniti (73 GW) e India (26 GW). Al 2030, la capacità installata raggiungerà oltre 1100 GW con Cina, Ue, Usa e India che rappresenteranno oltre 80% del totale. La riduzione del costo dell’eolico on-shore è stata rilevante nel corso degli ultimi anni, pari al 10-25%; tuttavia esistono ulteriori margini di riduzione per il costo dell’eolico off-shore che oggi rappresenta una piccola quota del totale, ma si configura come una importante opzione nel prossimo futuro. Le rinnovabili non programmabili sono destinate a diventare una delle principali fonti di energia: un incremento della loro penetrazione nel mix di generazione elettrica richiede cambiamenti strutturali nel design e nel funzionamento del sistema elettrico, al fine di assicurare una efficiente integrazione e garantire la sicurezza della rete elettrica. Chiari segnali di prezzo sono inoltre necessari a tutti gli attori del settore - investitori, consumatori, produttori - per lo sviluppo di sistemi di demand-side response e di accumulo, che stanno progressivamente assumendo una importanza strategica. E: In Italia non è però mai nata una vera e propria filiera industriale: siamo costretti a importare le componenti sia per l’eolico sia per il fotovoltaico… LC: Le tecnologie rinnovabili rappresentano oggi una delle principali industrie a livello globale, con circa 8 milioni di lavoratori, principalmente in Cina, Ue, Usa, India e Giappone. Il solare fotovoltaico è oggi il più grande bacino occupazionale, seguito dai biocombustibili e dall’eolico. L’industria del solare ha visto la propria capacità produttiva incrementare di oltre il 20%, raggiungendo 62 GW annui nel 2015, di cui oltre 80% localizzata in Asia e il 50% in Cina. La capacità produttiva dell’industria delle turbine eoliche ha raggiunto 80 GW annui ed è più distribuita a livello geografico: le compagnie cinesi rappresentano circa un quarto del totale, seguite da Unione Europea e Stati Uniti. Quota dei consumi finali da fonti rinnovabili e target 2020

Settore Elettrico

Settore Termico

Settore Trasporti

Totale Energia da FER

dato rilevato 2014 previsioni PAN 2014 obiettivo PAN 2020 obiettivo SEN 2020

Elementi 40

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primo piano La vera innovazione

Separare crescita economica e consumo di energia e materiali Il parere di Hans Bruyninckx Direttore esecutivo dell’Agenzia ambientale europea

Hans Bruyninckx- Direttore esecutivo dell'Agenzia ambientale europea

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Elementi 40

L’Europa, eccellenza a livello mondiale della sostenibilità energetica con i propri ambiziosi - ma realizzabili - piani per la decarbonizzazione e la sicurezza degli approvvigionamenti, è anche un continente che vive sulla propria pelle le conseguenze dei mutamenti climatici. In particolare sarà la regione Mediterranea che “affronterà più impatti negativi legati al cambiamento climatico di qualsiasi altra regione europea”. Sono quindi “cruciali” misure di adattamento “flessibili ed efficaci”, così come si dovrà “essere sicuri di implementare i nostri impegni globali per ridurre le emissioni di gas serra”. Prende il via da queste considerazioni la conversazione di ’Elementi’ con Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Agenzia ambientale europea, European environment agency- Eea.


di Roberto Antonini

E: L’Europa sta affrontando nel modo giusto le conseguenze del mutamento climatico in atto?

E: Gli impatti dei mutamenti climatici dipenderanno dalla capacità di implementare gli accordi per tagliare le emissioni. L’Europa è tra i primi della classe; la Cina mantiene il suo HB: L’Agenzia europea dell’Ambiente ha recentemente impegno nelle fonti alternative, non fosse altro per i suoi pubblicato un rapporto, ’Climate change, impacts and problemi di inquinamento atmosferico. Gli Stati Uniti erano vulnerability in Europe 2016’, dal quale emerge che tutte le promettenti con Obama, ora non si sa: ritiene che la nuova regioni dell’Europa - da quelle nordiche a quelle mediterranee, amministrazione Usa possa invertire il percorso di crescita da nord a sud - stanno affrontando impatti sempre maggiori delle rinnovabili e dell’energia pulita? dovuti al mutamento climatico e, tra questi, un numero più elevato di eventi meteo estremi, ondate di caldo HB: Rileviamo una tendenza a livello mondiale, Stati Uniti sempre più intense, alluvioni, siccità e tempeste. La regione e Cina inclusi, ad incrementare il ricorso a fonti di energia Mediterranea, in particolare, affronterà i maggiori impatti rinnovabile. Un numero crescente di Paesi - e in particolare negativi legati ai cambiamenti climatici di qualsiasi altra un sempre maggiore numero di Stati degli Usa - hanno capito regione europea e ciò avrà conseguenze sulla salute, che ricorrere alle rinnovabili ha senso non solo da un punto gli ecosistemi e l’economia. Il mutamento climatico continuerà di vista ambientale, ma anche dal punto di vista economico. a manifestarsi per molti decenni a venire. I recenti allarmi sulla cattiva qualità dell’aria e sui livelli di Per queste ragioni è cruciale adottare misure di adattamento smog in Cina - e altrove - hanno poi reso l’uscita dai fossili più flessibili ed efficaci che aiutino a ridurre gli impatti dei urgente. L’Ue è concentrata sui propri impegni nell’ambito mutamenti: come evitare di costruire edifici in zone alluvionali dell’Accordo di Parigi per ridurre le emissioni, inoltre si è o piantare più alberi nelle città per limitare accordata al raggiungimento di altri obiettivi per ridurre la gli effetti delle ondate di calore. Dobbiamo, inoltre, essere propria dipendenza dai combustibili fossili, incluso quello per sicuri di aumentare i nostri impegni globali per ridurre aumentare l’uso delle rinnovabili. Su questo fronte le notizia le emissioni di gas serra. sono buone.

> Elementi 40

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E: L’Italia è particolarmente impegnata per migliorare il livello di efficienza energetica, dall’edilizia residenziale - e non - ai processi produttivi, e abbiamo ancora molto da fare. Lei ritiene che lo sforzo in questo settore sia giustificato nella transizione verso un Paese più pulito e sostenibile? HB: Certamente. Gli Stati membri Ue, inclusa l’Italia, hanno fatto grossi progressi nel miglioramento dell’efficienza energetica, che è la chiave per una transizione di lungo periodo verso un futuro a basso tenore di carbonio; questo è il motivo per cui l’Ue ha fissato obiettivi al 2030 per ridurre il proprio consumo di energia. Migliorare l’efficienza energetica è il modo più economico per mantenere la domanda di energia sotto controllo riducendo la pressione che grava sul sistema energetico in generale, con una minore necessità sia di nuove centrali di generazione, sia di estendere o rinforzare le reti elettriche. Ad esempio, in Italia il sistema dei Certificati bianchi, una delle vostre politiche di punta per l’efficienza energetica, ha consentito risparmi di energia al costo approssimativo di 0.017 euro/kWh, che è significativamente inferiore rispetto a quello che si sosterrebbe per realizzare nuova capacità di generazione nel vostro Paese. Secondo il nostro Energy Efficiency Index, tuttavia, in Italia c’è il potenziale per ulteriori risparmi su tutta la linea e particolarmente nei settori residenziali e dei servizi. E: Gli Stati membri Ue sono complessivamente sulla buona strada per i loro obiettivi 2020 e in ritardo su quelli di più lungo periodo. In Italia si è verificato un rallentamento nel passo delle rinnovabili, per via di una riduzione nei sussidi e di tagli retroattivi. Ritiene sia meglio affrontare uno sforzo maggiore per costruire un futuro più solido per le rinnovabili o, davvero, stiamo dando troppo denaro alle aziende che si occupano di energia pulita e quindi è meglio farle stare nel mercato con le sole loro forze?

Gli investimenti per tagliare la CO2 In % per settore

HB: L’analisi dei progressi verso gli obiettivi di decarbonizzazione mostrano che l’Ue e i suoi Stati membri stanno facendo buoni progressi verso i propri obiettivi di breve termine su clima e energia; ciononostante dovranno intensificare considerevolmente gli sforzi per soddisfare gli obiettivi di lungo termine al 2050. Comunque sia, migliorare l’efficienza energetica, ridurre le emissioni e incrementare l’uso delle rinnovabili non sarà sufficiente per raggiungere gli obiettivi di lungo termine. E: Cosa servirà allora? HB: Sarà necessaria una grande trasformazione nel modo in cui viviamo, che riguardi ambiti chiave come l’energia, la produzione del cibo, la mobilità e i sistemi urbani. Dobbiamo spezzare il legame tra crescita economica e consumo di energia e materiali. Da questo punto di vista l’Ue ha già proposto la via da seguire attraverso il pacchetto legislativo sull’Economia circolare. Mentre gli effetti delle politiche e delle misure spesso richiedono tempo per concretizzarsi, le azioni che puntano ad ottenere obiettivi di lungo periodo non possono essere ritardati. Gli Stati membri tendono a dare priorità a misure di mitigazione a basso costo, ma dovrebbero prendere in considerazione il potenziale di mitigamento di lungo periodo di altre misure, incluse quelle che vengono spesso posposte a causa di elevati costi o di altre difficoltà legate alla loro implementazione. Gli investimenti in queste misure spesso hanno senso economico, anche nel breve periodo, perché contribuiscono in modo significativo alla generazione di effetti di apprendimento e in tal modo favoriscono la riduzione di costi futuri.

41,4% ENERGIA 1,4% TLC 1,3% MATERIALI

1,3% FINANZA

0,9% CONSUMI

0,9% INDUSTRIA

0,2% BENI DI CONSUMO 0,1% IT

52,5% UTILITY Fonte COP, Climate Change Report 2016, Italian Edition

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Speciale Contratto Unico

Contratto Unico: la modularità efficace È un progetto di reingegnerizzazione, innovazione e miglioramento dei processi interni, avviato nel 2016 dal Gse, fortemente orientato agli interlocutori istituzionali, agli stakeholders e agli operatori.

di Francesca Falco e Mattia Risitano (Team Alfiere)

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Il Contratto unico ha la finalità di definire un modello di riferimento funzionale all’implementazione e alla gestione delle diverse attività avviate dal Gse, all’incremento complessivo della qualità, della tempestività, delle performance e della trasparenza dei servizi offerti e al miglioramento della capacità di dissuasione. Per raggiungere questi obiettivi occorre trasformare il modello di business e ottimizzare la catena del valore attraverso un’innovazione che metta l’operatore al centro del sistema. Alfiere, questo il nome del progetto, ha l’obiettivo di dare impulso ad una nuova fase di cambiamento, determinando un forte impatto sullo sviluppo aziendale e consentendo al Gse di divenire un esempio di riferimento nell’ambito della Pubblica Amministrazione.


Con oltre 1,1 milione di contratti gestiti su 600.000 impianti di produzione di energia elettrica e progetti di efficienza energetica, il Gse è una delle prime realtà in Italia in termini di numerosità di controparti contrattuali e complessità di gestione. La tabella 1 riporta una suddivisione delle controparti contrattualizzate al 2015 da cui emerge che la maggior parte dei rapporti sono relativi ai servizi “Conto Energia” per gli impianti fotovoltaici e al meccanismo dello “Scambio sul Posto”. Tabella 1 Numerosità delle controparti contrattuali e costo cumulato per servizio di riferimento (anno di riferimento 2015) Controparti contrattuali

Costo cumulato (Miliardi di Euro)

Conto Energia

550.000

6,30

Scambio sul posto

525.000

0,27

56.200

0,91

Fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico

6.950

5,66

Cogenerazione ad alto rendimento

1.434

-

Conto Termico

8.263

0,04

46

1,10

1.147.893

14,272

Servizio

Ritiro dedicato

CIP6 Totale Fonte: Rapporto Attività GSE 2015

Fig. 1: rapporti contrattuali del Gse e costo indicativo (miliardi di euro) per servizio di riferimento (anno di riferimento 2015) Numerosità delle controparti contrattuali del GSE 47,91% Conto Energia 45,74% Scambio sul posto 4,9% Ritiro dedicato 0,61% Fondi rinnovabili diverse dal fotovoltaico 0,12% Cogenerazione ad alto rendimento

Tali rapporti contrattuali hanno subito un’evoluzione derivante da una differenziazione dei meccanismi incentivanti susseguitisi nel tempo e da una normativa sempre più specifica e articolata. Ciò ha determinato una disomogeneità dei contratti stipulati fino ad oggi con conseguente possibilità di disallineamento delle modalità con cui, nei medesimi contratti, sono disciplinati gli stessi argomenti. Si è, pertanto, manifestata l’esigenza di intervenire per migliorare il processo di contrattualizzazione con l’obiettivo di realizzare un modello contrattuale unico, dinamico, e volto a garantire la coerenza delle diverse tipologie di incentivazione e gestire in maniera standardizzata e performante ciascuna fase del ciclo di vita del contratto. Tale attività ha trovato collocazione all’interno del più ampio progetto Alfiere integrandosi con gli altri interventi previsti nell’ottica di migliorare i servizi offerti dal Gse. Tra questi: la creazione di un sistema di anagrafica digitale integrabile con quello delle altre Pubbliche Amministrazioni, l’utilizzo di piattaforme informatiche in grado di gestire i processi end-to-end e conoscere in tempo reale lo stato di lavorazione delle richieste degli operatori, l’utilizzo di sistemi di registrazione digitali e l’adozione di Spid (Sistema Pubblico di identità Digitale), o l’implementazione di nuovi cruscotti di monitoraggio interni ed esterni dei processi per la gestione dei servizi. L’approccio metodologico utilizzato per la realizzazione del modello contrattuale unico è stato - in una prima fase dedicato all’analisi dei contratti finora stipulati in termini di struttura e di contenuti, evidenziando possibili omogeneità o - al contrario - specificità caratteristiche. L’analisi ha rilevato criticità significative per l’obiettivo di standardizzazione, imputabili ad una differente formulazione, tanto formale quanto sostanziale, dell’articolato contrattuale. È opportuno evidenziare come la disomogeneità nella formulazione dell’articolato sia stata determinata fondamentalmente da un crescente sviluppo del settore, a livello normativo e regolamentare. La normativa in materia di energie rinnovabili, infatti, non è contenuta in un unico testo legislativo. Il settore risulta disciplinato, oltre che dai vari decreti ministeriali susseguitisi nel tempo, da delibere dell’Autorità, da molteplici leggi nazionali e regionali che dispiegano i propri effetti in materia d’incentivazione, nonché dal complesso di norme in materia di connessione degli impianti alla rete e di misura di energia elettrica.

0,72% Conto Termico 0,00% CIP 6

Costo indicativo cumulato (miliardi di euro) 6,30 6,30Conto ContoEnergia Energia 0,27 0,27Scambio Scambiosul sulposto posto 0,91 0,91Ritiro Ritirodedicato dedicato 5,66 5,66Fondi Fondirinnovabili rinnovabili diverse diversedal dalfotovoltaico fotovoltaico 0,04 0,04Cogenerazione Cogenerazione adadalto altorendimento rendimento 1,10 1,10Conto ContoTermico Termico 0,00 0,00CIP CIP6 6

Nello specifico, raffrontando la disciplina contenuta nel maggior numero dei testi contrattuali, è emerso che: • non tutte le tematiche risultavano disciplinate in ciascuna Convenzione; • la disciplina, ove prevista, non era sempre contenuta in un unico articolo contrattuale, bensì ricavabile dal combinato disposto di diversi articoli; • la disciplina prevista per ogni argomento non appariva coerente; • anche con riferimento al medesimo sistema incentivante, si riscontrava una disciplina di dettaglio prevista solo in alcuni testi contrattuali; •e rano indicati espressamente alcuni divieti solo per talune convenzioni; •d ifferenti processi e modalità operative dovute alla specificità del servizio reso.

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speciale contratto unico Fase 1: analisi dei contratti in essere

1

Convenzioni gestite • Conto Energia • Impianti FER • Riconoscimenti CAR • Conto Termico • Ritiro e Scambio • MancataProduzione Eolica • GRIN (ex CV)

RACCOLTA DEI CONTRATTI

2

ANALISI DEL CONTENUTO E SCOMPOSIZIONE IN ARTICOLATI

3

ANALISI DELLE CRITICITÀ E IDENTIFICAZIONE DEL MODELLO

Rubrica comune Titolo e codifica Controparte Articolato 1: Parte Generale Articolato 2: Profili Economici Articolato 3: Obblighi Articolato 4: Cessione Articolato 5: Profilo Contrattuale

• Disomogemeità formale • Eterogeneità di oggetti e contenuti

A valle della mappatura delle strutture e dei contenuti contrattuali, il team di progetto ha evidenziato come alcune disomogeneità presenti fossero dei vincoli alla completa omogeneizzazione in quanto derivanti dal rispetto della normativa e contestuali ad oggetti contrattuali specifici e distinti. Per superare tali vincoli mantenendo l’obiettivo di standardizzazione ed efficientamento della gestione, la seconda fase delle attività è stata orientata alla definizione di una struttura contrattuale unica mediante la creazione di una rubrica comu ne a tutti i contratti in essere e la scomposizione di ciascun articolo in “moduli”. L’idea, tanto semplice quanto efficace, si basa sul concetto dei mattoncini Lego. Tale intuizione, trasposta nel contesto di un contratto significava costruire quelle frasi, o insiemi di frasi, che fossero esaustive del contenuto da normare, quanto più possibile “elementari” da poter essere utilizzate per comporre figure più articolate e diverse tra loro, ma sufficientemente complesse da poter contenere temi che non necessitano di ulteriore scomposizione. Il “modulo”, nel privilegiare la semplificazione del contenuto piuttosto che la specificità dell’oggetto, rappresenta la disposizione normativa che disciplina il singolo aspetto

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Elementi 40

contrattuale. Al contempo ha i requisiti di generalizzazione e standardizzazione da renderlo utilizzabile in combinazione con altri moduli per generare articoli complessi. Si è delineato così il nuovo modello di Contratto unico che ha cercato di superare le disomogeneità formali e di integrare le evoluzioni normative apportando quali principali benefici e novità l’aumento della standardizzazione e la riduzione di quello che la letteratura chiamerebbe in ottica di prodotto time to market del contratto e dell’effort nella scrittura. Il nuovo Contratto unico risulta oggi: • “dinamico”, in grado di recepire le eventuali variazioni/ modifiche che possono sopraggiungere nel corso della vita utile dell’impianto; • “modulare”, così da recepire le diverse scelte strategiche/ operative dell’operatore; • “uniforme , in modo da gestire allo stesso modo temi condivisi dai servizi erogati. La standardizzazione, rappresentata dallo sviluppo di un unico template, ha permesso inoltre una comunicazione verso l’esterno di una brand image coerente, tramite una formulazione delle condizioni contrattuali che si presentano oggi uniformi e omogenee.


Fase 2: identificazione del modello futuro

Articolato 1: Parte Generale scomposto in Premessa Articolo1: Oggetto del contratto Articolo 2: Decorrenza e durata del contratto

• Nonostante gli stessi Articolati nei diversi contratti presentassero delle disomogeneità, è stato ancora possibile scomporli in temi comuni trattati in ogni contratto, denominati Articoli. • I temi trattati all’interno degli Articoli sono gli stessi in tutti i contratti, ma presentano delle eterogeneità a livello di singola proporzione • Ogni Articolo è stato quindi suddiviso per proporzioni, denominate Moduli

scomposto in Modulo dall’attuale contratto I CE / II CE: Per un periodo di 20 anni a decorrere dal ... la tariffa incentivante (...) è pari a ... Modulo dall’attuale contratto CAR: Con riferimento alla data di accettazione delle clausole contrattuali da parte dell’operatore, la durata residua della convenzione è di ... annie ha decorrenza dal ... e scadenza il ...

• I diversi Moduli sono stati confrontati tra di loro e razionalizzati in base a due drivers: –a ssunzioni logiche, per ottenere se possibile una condizione contrattuale omogenea – working standard, per descrivere la stessa condizione contrattuale

ridotto a Nuovo Modulo unico: il presente contratto decorre dal ... al ...

• Assunzione logica che motiva la riduzione: l’estraneazione dell’origine normativa della durata nelle premesse, consente la standardizzazione del Modulo Il Modulo quindi costituisce l’unità di base per la creazione di ogni nuovo Contratto, che sarà formato dalla stessa Rubrica, contenente gli stessi Articolati, suddivisi negli stessi Articoli, contenenti una parte di Moduli standard e peculiari nel caso in cui la specificità del Contratto lo richieda

Nel mese di novembre 2016, nell’ambito del processo di approvazione del contratto per il nuovo decreto Fer, il Gse ha presentato all’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico la proposta del nuovo modello di gestione del proprio processo di contrattualizzazione, basato su tale struttura in cui ogni modulo può essere utilizzato in una pluralità di contratti-tipo, rendendoli omogenei sia dal punto di vista contenutistico, sia terminologico. A riprova dell’apprezzamento per la proposta elaborata dal Gse, l’Autorità (con Delibera 763/2016/R/efr del 15 dicembre 2016) ha approvato i contratti-tipo predisposti ai fini dell’erogazione degli incentivi previsti per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici di cui al D.M. 23 giugno 2016 e con particolare riferimento alla regolazione economica del ritiro dell’energia elettrica prodotta e immessa in rete ammessi a beneficiare del ritiro a tariffa fissa omnicomprensiva. L’Autorità ha espresso approvazione per la nuova struttura dei contratti relativi agli altri servizi riservandosi di comunicarla tramite lettera a valle dell’analisi del documento contenete la raccolta dei moduli. L’opportunità di estendere tale impostazione a tutti i servizi erogati su cui è necessario attivare un contratto con gli

operatori rappresenta una chiave di successo in un’ottica di standardizzazione e semplificazione dei processi: è il prossimo obiettivo del Gse. In definitiva, il Contratto unico ha rappresentato il primo importante passo verso il modello di eccellenza nella Pubblica Amministrazione cui il Gse tende da sempre. In tale direzione la gestione unica del processo di contrattualizzazione garantisce alcuni principi fondamentali sottesi alla mission del Gse. Vale a dire: • trasparenza nei rapporti con gli stakeholder; • efficacia e efficienza nella gestione delle risorse; • dematerializzazione e digitalizzazione per snellire e semplificare i servizi offerti; • gestione del rischio e dissuasione dei comportamenti anomali o scorretti.

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mercato elettrico Settore carburanti

Concorrenza sì, ma controlliamo gli operatori Il punto di vista di Roberto Chieppa Segretario generale dell’Antitrust Come evolve il mercato del elettricità, del gas e della rete carburanti e come e quanto le fonti rinnovabili influenzano la concorrenza di questi tre settori. Gli effetti dell’eliminazione della maggior tutela per luce e gas, con la totale liberalizzazione. E ancora, l’“energia” che avremo tra vent’anni. Ne parliamo con Roberto Chieppa, segretario generale dell’Antitrust.

di Elena Veronelli

Roberto Chieppa - Segretario generale dell’Antitrust

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E: Nel settore dell’energia qual è oggi la situazione dal punto di vista delle liberalizzazioni e della concorrenza? Quali sono le differenze tra luce e gas? RC: Rispetto alla fine del secolo scorso, quando le filiere di gas ed elettricità erano ancora interamente presidiate da due grossi incumbent (Enel ed Eni) verticalmente integrati, oggi abbiamo una situazione più soddisfacente. Il processo di separazione delle fasi a rete da quelle a mercato è stato di fatto completato per il trasporto a lunga distanza, sia per l’elettricità che per il gas, ed ha compiuto passi significativi per la distribuzione del gas ma è ancora fermo nel settore dell’energia elettrica, dove l’Autorità resta vigile sulle problematiche derivanti dall’integrazione verticale. Nella produzione di elettricità Enel, monopolista legale fino al 1999, è sceso al 40% della produzione lorda nel 2005 e al 25 % nel 2015. Altri segmenti rimangono invece ancora molto concentrati: nella vendita a clienti domestici, l’incumbent elettrico copre a tutt’oggi ancora tre quarti della domanda.

Il prezzo dell’elettricità in Europa: dove il KWH è il più caro Famiglie: consumo intermedio (2.500-5.000 kilowattora annuali) Prezzi in centesimi di euro al kwh (al netto e al lordo delle imposte e degli altri oneri) Lordo Netto

Media UE

30,55 9,66

20,90

Danimarca

14,11

29,49 21,54 20,52

14,29 Grand Bretagna

19,96

Germania

12,50

24,40 19,81

Austria Irlanda

22,39

E: E per quel che riguarda la rete carburanti? Come evolve il mercato?

18,30 Belgio 23,40

RC: Anche questo mercato è cambiato in senso pro-concorrenziale negli ultimi anni, nonostante permangono alcune criticità. Basta osservare le insegne dei punti vendita per rendersene conto. Sono entrati nuovi operatori aggressivi come le pompe bianche e la Gdo (grande distribuzione organizzata, ndr) che tuttavia hanno ancora una quota limitata e restano tributari di strutture logistiche in molti casi di proprietà delle imprese petrolifere. Si è indubbiamente ridotta la differenza tra prezzo industriale in Italia e nella media Ue. L’obiettivo deve essere quello di azzerare questa differenza, tenendo anche conto che il prezzo al consumatore resta gravato da un livello di tassazione significativo. E: Intanto nel settore dei carburanti dilagano la criminalità e le frodi. Secondo alcuni osservatori la causa principale va ricercata nei nuovi operatori che sono riusciti ad entrare dopo la liberalizzazione. Cosa risponde? RC: Aprire alla concorrenza un mercato significa, per definizione, accettare che nuovi soggetti appaiano sulla scena. Questo può determinare l’entrata di soggetti che operano in modo non corretto. La risposta è intensificare i controlli, non chiudere i mercati. E: Come giudica la concorrenza delle rinnovabili alle vecchie fonti tradizionali? RC: Di sicuro lo sviluppo delle rinnovabili e della produzione diffusa ha avuto un notevole effetto anche sotto il profilo concorrenziale, andando a incidere su una struttura produttiva tradizionalmente oligopolistica, oltre a comportare benefici per la tutela dell’ambiente. Come è noto, la loro rapida espansione garantita dal programma di incentivazioni (oggi coprono il 30% del fabbisogno, era circa la metà nel 2008) oltre ad imporre ai consumatori un notevole costo diretto, non è stata accompagnata dall’adeguamento delle reti di distribuzione al nuovo modello produttivo. Gli squilibri che ne sono derivati sono oggi un problema concreto e vi è il rischio che l’intervento per risolverli si traduca in aiuti indebiti dello Stato ai produttori tradizionali.

18,40

Spagna

22,82 11,52

Portogallo

24,39 14,39

Italia

E: A breve verrà eliminata la maggior tutela per luce e gas, liberalizzando totalmente il settore. Crede che l’Italia, dove si registrano ancora frequenti casi di pratiche commerciali scorrette, sia davvero pronta? E i consumatori riusciranno a districarsi tra una miriade di offerte a volte poco comprensibili? RC: L’abbandono del regime tutelato è un passaggio imprescindibile affinché i mercati energetici al dettaglio si aprano effettivamente alla concorrenza e possano offrire i vantaggi che si sono già avuti in altri mercati. L’auspicio è dunque quello di una rapida approvazione del ddl concorrenza. Il graduale superamento del regime di maggior tutela deve essere accompagnato da misure di accrescimento della consapevolezza del consumatore, di maggior confrontabilità delle offerte, di rafforzamento, insomma, della domanda, mettendo quest’ultima in condizione di svolgere il proprio ruolo di selezione, indispensabile per il funzionamento di qualunque mercato concorrenziale. E: In generale, per finire, che “energia” vede tra vent’anni? RC: Vent’anni sono un periodo lunghissimo in questo settore: se si fa l’esercizio opposto e si guarda a che “energia” avevamo vent’anni fa troviamo un mondo totalmente diverso da quello di oggi. Buona parte delle radicali modifiche che si sono avute da allora sono state guidate dalla politica comunitaria, che in passato si è concentrata su liberalizzazioni e creazione del mercato unico. La politica energetica comunitaria è stata di recente rilanciata attraverso il nuovo progetto per una “Unione dell’energia”, che conferma obiettivi tradizionali come la sicurezza degli approvvigionamenti e la piena integrazione del mercato europeo, connettendoli tuttavia alle politiche per la prevenzione dei cambiamenti climatici. Ricerca, l’applicazione delle innovazioni e livello di competitività nei mercati energetici saranno i punti chiave che determineranno il panorama che ci troviamo davanti.

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MettiaMo l’energia in rete Il sistema di comunicazione sviluppato da Gruppo Italia Energia è un mix di testate online, periodici, eventi e workshop che genera un networking continuo tra industria, aziende, enti di ricerca e istituzioni. I portali offrono un’informazione rigorosa e tempestiva, con versioni stampabili che permettono di approfondire le notizie pubblicate. I periodici e gli annuali analizzano scenari, tematiche gestionali e tecniche. Sono strutturati su contenuti verticali, dedicati a target profilati e specifici. L’integrazione tra periodici e web soddisfa sia i bisogni di una platea qualificata sia le necessità di chi ha bisogno di entrare in contatto e acquisire una maggiore conoscenza del comparto.

Gruppo Italia Energia è l’editore di Quotidiano Energia, e7, Canale Energia, CH4, Italia Energia


QUotiDiano energia Dal 2005, con oltre 10.000 notizie d’attualità ogni anno, rubriche, indici e prezzi di prodotti energetici, Quotidiano Energia si pone come riferimento per l’informazione specializzata del settore.

il settimanale di quotidiano energia e7 rappresenta un’occasione per cogliere i trend del settore energetico. Il magazine è strutturato per una fruizione online e interattiva tramite tablet e Pc.

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CH4 CH4, la rivista italiana del gas, è ormai dal 2001 un riferimento editoriale per conoscere le dinamiche di un settore che, anno dopo anno, si dimostra un comparto in divenire tecnologico e di mercato.

Italia Energia, annuario che dal 1980 racconta lo stato dell’arte nel mondo dell’energia e che nel 2015 ha assunto una nuova veste editoriale, trasformandosi in una guida ai player del comparto. La testata è composta anche da un compendio in lingua inglese “Energy from Italy”.

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mercato elettrico

Serve una scossa! Confronto con Giuseppe Gatti Presidente di Energia Concorrente Per completare la liberalizzazione del mercato elettrico occorre il superamento della tutela e una piĂš netta distinzione tra attivitĂ regolate - in primis la distribuzione, appannaggio degli ex monopolisti - e attivitĂ di mercato.

di Fausto Carioti

Giuseppe Gatti - Presidente di Energia Concorrente

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Iniziare una programmazione pluriennale, rivedere il ruolo del Gestore dei Servizi Energetici, integrare le fonti rinnovabili e spiegare ai consumatori domestici cosa comporta per loro la liberalizzazione: sono i primi punti in cima alla lista delle cose da fare secondo il professor Giuseppe Gatti, presidente di Energia Concorrente, che associa imprese con capacità di generazione pari a quasi 8.000 MW e con oltre un milione e mezzo di clienti finali.

un sistema che da un lato induca i clienti a scegliere il loro fornitore (penalizzando la pigrizia) e da un altro garantisca un provider di ultima istanza. In ogni caso non un’asta dei clienti (che non sono una mandria di buoi), ma un’asta per il servizio.

E: Professor Gatti, due anni non sono serviti al Parlamento per approvare il disegno di legge sulla Concorrenza, che dovrà chiudere l’epoca del mercato di maggior tutela e liberalizzare luce e gas, passaggio previsto per il 2018. Siamo ancora in tempo per rispettare la scadenza?

GG: Apprezziamo le intenzioni dell’Autorità e i nostri associati risultano tra i più impegnati per il successo dell’iniziativa, sia per le condizioni proposte (Engie è la prima per livello di sconto), sia per la dimensione dell’offerta (è il caso di Axpo). Però la copertura mediatica, al momento, mi pare ancora inadeguata per garantire risultati significativi.

GG: Tecnicamente direi di sì, se il Ddl Concorrenza, come sembra, viene tolto dal binario morto in cui era finito. La vicenda è purtroppo sintomatica di un paese allergico alla concorrenza: basti dire che questa legge avrebbe dovuto vedere la luce, nella sua prima edizione, nel 2010. Neppure un governo a forte impronta riformista, come quello Renzi, è riuscito a farlo approvare. Forse è stato un errore, dovendo recuperare un ritardo di anni, caricare il provvedimento di troppi obiettivi, coagulando così tutti gli interessi di parte, dai farmacisti alle assicurazioni. E: Tempi a parte, quali norme ritenete necessarie perché la transizione avvenga nel modo migliore per le aziende e i consumatori? GG: Intanto occorre una larga campagna informativa, perché la maggior parte dei consumatori domestici, dopo vent’anni, ancora non è consapevole delle trasformazioni conseguenti al processo di liberalizzazione. La distinzione tra distributore e venditore rimane ignota ai più e così quella tra mercato libero e maggior tutela. Una ampia e corretta informazione è il presupposto da cui partire. Poi occorre organizzare

E: Mentre il legislatore prende tempo, l’Autorità per l’Energia ha introdotto Tutela Simile, una sorta di palestra per insegnare ai clienti a entrare nel mercato libero.

E: Ritiene necessaria una ridefinizione dei criteri con cui sono compilate le bollette, in modo da renderle più comprensibili e facilmente confrontabili da parte dei consumatori? GG: Mi sembra che oggi la bolletta sia diventata abbastanza chiara e comprensibile, senza gli inutili appesantimenti del passato. Un’ulteriore semplificazione potrebbe venire dal superamento del sistema delle tre fasce orarie, che ormai non corrispondono più all’articolazione dei prezzi e della domanda e ha perso quindi ogni senso. Il passaggio ad un sistema a due fasce, “on peak” ed “off peak”, che è poi lo standard europeo, sarebbe più aderente alla realtà attuale. E: Gli oneri di sistema continueranno a pesare sulle bollette per anni. È giusto o serve un nuovo meccanismo di ammortamento di questi costi? GG: Se ragioniamo in termini teorici è evidente che questi oneri (in assoluta prevalenza legati alle rinnovabili) dovrebbero essere trasferiti dalla bolletta alla fiscalità generale. Quando guardo la mia fattura e vedo che, al netto di imposte ed Iva,

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E: Che futuro immagina per gli impianti termoelettrici italiani? La loro quota di produzione attuale è ottimale o è destinata a scendere? GG: È difficile considerare ottimale una situazione in cui la maggior parte degli impianti ha un esercizio annuo inferiore alle 2.000 ore. Il termoelettrico mantiene una funzione di base e di back up assolutamente essenziale, ma non vedo prospettive di maggior produzione, almeno nel breve-medio periodo. Diventa allora indispensabile varare rapidamente il mercato della capacità e - al tempo stesso - ristrutturare il settore con un deciso processo di consolidamento. l’energia che consumo conta solo per il 42,3% dell’importo totale, mentre il 24,3% è dovuto per trasmissione e distribuzione e ben il 33,4% va alle rinnovabili (semplifico volutamente il ragionamento comune), mi rendo subito conto che c’è qualcosa che non va. Con un trasferimento degli oneri di sistema sulla fiscalità elimineremmo i sussidi incrociati (oggi le famiglie e le pmi sussidiano non sole le rinnovabili, ma le industrie energivore) e daremmo più spazio alla concorrenza, che si può esprimere solo sulla componente energia, cioè su una parte minoritaria, della bolletta. Se dalla teoria passiamo alla pratica, però, mi rendo conto che questa non è una via praticabile, almeno sin quando non ci sarà una discesa dell’imposizione fiscale: tutti penserebbero che c’è un aumento del prelievo fiscale; pochi, anzi pochissimi, capirebbero che c’è solo stato un trasferimento del prelievo dalla bolletta al fisco, con maggior equità contributiva. Non mi faccio quindi illusioni al riguardo. E: Ritiene efficiente e bilanciato il sistema attuale degli incentivi o crede che vadano rimodulati? GG: Indubbiamente con i nuovi meccanismi di registri ed aste si è fatto un passo avanti e si è contenuto il peso degli incentivi. Ora occorre una programmazione su base pluriennale, per non lasciare il sistema in una condizione di incertezza che penalizza gli investimenti. Inoltre bisogna assumere l’obiettivo di una piena integrazione delle rinnovabili nel mercato elettrico, e rivedere il ruolo del GSE, al contempo soggetto istituzionale ed operatore di mercato.

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E: Una delle caratteristiche peculiari del mercato elettrico italiano, che lo differenzia da buona parte degli altri mercati europei, sinora è stata la non degressività degli oneri e delle imposte sui chilowattora consumati dai clienti domestici. È un meccanismo che ha ancora senso? GG: La riforma è già stata avviata dall’Autorità e la valuto positivamente, perché supera una non degressività che rispondeva a logiche di pauperismo energetico ed all’impropria attribuzione alle tariffe di una funzione di redistribuzione e di perequazione che spetta invece al sistema tributario. E: Più in generale, in confronto al tasso di liberalizzazione del mercato elettrico raggiunto dagli altri Paesi europei, a che punto è l’Italia? Cosa ci manca perché si arrivi a un sistema di reale concorrenza? GG: Complessivamente l’Italia ha un buon posizionamento nello scenario europeo, con l’eccezione del mercato retail; ed abbiamo anche una competizione vivace. Il processo va ora completato con il superamento della tutela e con una più netta distinzione tra attività regolate - in primis la distribuzione, appannaggio degli ex monopolisti - e attività di mercato.


IVPC Group

da oltre vent’anni l’eolico in Italia


energia De-carbonizzazione del sistema energetico

Urge analisi di scenario di Stefano Besseghini* *Ad e Presidente RSE

Stefano Besseghini - Ad e Presidente RSE

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Nel febbraio del 2014 la Commissione europea ha indicato gli obiettivi al 2030 identificandone alcuni generali non vincolanti per i singoli Paesi e proponendo al contempo un processo di condivisione con gli Stati membri per la identificazione della quota nazionale di questo obiettivo. Una sorta di Burden sharing su base volontaria che dovrebbe permettere di comporre il quadro complessivo degli impegni che porteranno l’Europa a raggiungere i diversi obiettivi ambientali incorporando le necessità di sviluppo industriale delle singole nazioni. Contestualmente allo scenario base la Commissione ha prodotto delle schede Paese in cui, sulla base di informazioni fornite dagli Stati stessi, si definisce un possibile percorso che, in assenza di indicazioni dal paese stesso, ne costituirebbe il piano di riferimento. È emerso quindi fin da subito - e con chiarezza ancora maggiore che in passato - come il dominio dei processi soggiacente alla definizione di questi documenti rappresenti una condizione seppur non sufficiente certamente necessaria per un confronto corretto ed efficace con la Commissione. La de-carbonizzazione del sistema energetico richiede una radicale trasformazione caratterizzata da molteplici fattori e incertezze che rendono difficile individuarne un’evoluzione univoca. Quando si parla di orizzonti temporali di medio-lungo termine l’unico approccio possibile è - quindi - il ricorso ad analisi di scenario. Gli scenari non sono previsioni, ma rappresentano descrizioni di possibili evoluzioni alternative di un sistema basate su un set di ipotesi internamente coerenti. Il ricorso ad analisi di scenario permette di analizzare in modo integrato le diverse componenti del sistema energetico per effettuare valutazioni quantitative sulla base di obiettivi e politiche e fornire indicazioni ai decisori politici sulle potenzialità di intervento nei diversi settori. È facilmente intuibile che un piano elaborato centralmente e prioritariamente orientato a consentire il conseguimento di un obiettivo principale non si presti a essere il migliore strumento per cogliere non solo le ambizioni di policy dei singoli Paesi, ma neanche le specificità o le ambizioni di politica industriale. Ed in effetti già da una prima analisi è emerso che la scheda Paese per l’Italia presentava alcune inesattezze e ambizioni difficilmente perseguibili se non a prezzo di costi insostenibili. Una prima serie di osservazioni ha portato alla riedizione nel giugno 2016 di una seconda scheda in cui molti di questi aspetti venivano riconsiderati e corretti.

dalla presidenza del consiglio definita “Tavolo sulla de-carbonizzazione dell’economia italiana”. Uno degli obiettivi è stato quello di costruire uno scenario di riferimento aggiornato e condiviso per l’Italia. Un obiettivo importante per fornire una base comune e “validata” per la negoziazione a livello europeo delle proposte legislative che la Commissione sta elaborando, o dovrà elaborare, a valle dell’accordo di ottobre 2014 sugli obiettivi al 2030 e, nel contesto dell’Energy Union, per la presentazione del Piano Nazionale Energia e Clima dell’Italia. Il Piano Nazionale dovrà includere lo scenario di riferimento nazionale e, successivamente, almeno uno scenario di policy. In seguito, la CE esaminerà i piani nazionali avanzati dagli Stati membri per valutare se, nell’insieme, le azioni e gli impegni proposti da ogni Paese sono sufficienti per conseguire gli obiettivi comunitari adottati dall’Unione nell’ottobre 2014 in materia di clima ed energia. Nel caso in cui non fossero giudicati sufficienti, la Commissione avvierà un processo di revisione dei Piani Nazionali per renderli più rispondenti al raggiungimento degli obiettivi comunitari. All’interno della iniziativa, RSE ha coordinato il Gruppo di Lavoro sugli scenari del sistema energetico nazionale ponendo i seguenti obiettivi: 1. effettuare un confronto tra i principali scenari energetici nazionali elaborati nel biennio 2014-15; 2. definire una metodologia per l’elaborazione degli scenari energetici / emissivi e delle relative analisi di impatto; 3. applicare tale metodologia per lo sviluppo di scenari “di riferimento”, ossia a politiche vigenti; 4. effettuare le analisi di impatto sugli scenari “di riferimento” sviluppati. Ad oggi molti di questi obiettivi sono stati colti sia elaborando uno scenario di base sia con l’analisi critica dei diversi scenari prodotti da diversi soggetti nel nostro paese. L’elemento più rilevante però rimane che, in maniera forse inedita, il sistema della ricerca nazionale nel settore energetico ha operato congiuntamente ed in maniera coordinata allo sviluppo di un sistema e di un set di dati stabile e condiviso. I cambiamenti della scena politica hanno portato ad uno scioglimento “formale” del tavolo della decarbonizzazione, ma il lavoro congiunto tra le diverse istituzioni può e deve proseguire. Il più immediato e diretto punto di caduta di questa attività è proprio la revisione della Sen che non può prescindere dalla finalizzazione degli scenari più favorevoli in termini di minimizzazione dei costi e massimizzazione dello sviluppo industriale alla realtà italiana.

RSE sin dal primo momento ha partecipato alla valutazione ed analisi dei diversi documenti e scenari. In continuità con le attività già avviate con il MISE nel corso del 2016 si è svolto un intenso lavoro nell’ambito di una iniziativa promossa

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energia

Chimica, poca CO2 e taglio emissioni Il parere di Cesare Puccioni Presidente di Federchimica

di Tommaso Tetro

Cesare Puccioni - Presidente di Federchimica

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E: Quanto pesa il settore sul totale delle emissioni di gas serra del Paese? CP: L’industria chimica è responsabile solo del 2,7% del totale delle emissioni di gas serra in Italia. È un dato significativo, soprattutto se comparato a quello di altri settori ‘insospettabili’, come l’agricoltura, che ha una quota di emissioni quasi tripla. Da tempo il nostro settore ha intrapreso un percorso virtuoso, che ha portato a una riduzione del 62% delle emissioni rispetto al 1990. È stato uno sforzo imponente considerato che l’Ue ha previsto per i Paesi membri un obiettivo di riduzione delle emissioni del 20% entro il 2020 e del 40% entro il 2030. C’è però un’altra, e forse anche più importante osservazione da fare, che riguarda i benefici che la chimica è in grado di trasmettere ai settori a valle. Per ogni tonnellata di CO2 emessa, l’industria chimica ne fa risparmiare ben tre ai settori che per esempio utilizzano materiali isolanti per edilizia, materie plastiche per i mezzi di trasporto o prodotti per i componenti dei pannelli fotovoltaici o delle pale eoliche. Senza dimenticare l’importante contributo alla decarbonizzazione offerto dai biocarburanti. E: Chimica verde, è questo il futuro? CP: Anzitutto va considerato il ruolo decisivo che la chimica, nel suo complesso, svolge sul fronte dello sviluppo sostenibile, evitando di mettere etichette che rischiano di essere riduttive o di introdurre differenziazioni improprie. La cosiddetta chimica verde, che noi chiamiamo chimica da biomasse, è un’eccellenza italiana, con imprese anche di grandi dimensioni impegnate nella ricerca tecnologica e con impianti su scala industriale tra i maggiori al mondo. Certamente le politiche sul cambiamento climatico e quelle sull’economia circolare e sui rifiuti potranno sostenere lo sviluppo di questo settore. Penso però che questo sia solo uno degli ambiti in cui la chimica stia dando il suo contributo in termini di sostenibilità. E: Economia circolare: la chimica come può contribuire? CP: L’economia circolare non è solamente un principio in base al quale le istituzioni europee intendono impostare e rivedere le normative legate alla gestione dei rifiuti, ma rappresenta un nuovo modello economico. L’industria chimica è particolarmente coinvolta nell’attuazione di questo nuovo paradigma, in quanto produttore di beni che vanno direttamente al consumatore (per esempio detergenti, vernici, cosmetici) e ancor di più come fornitore di prodotti impiegati nella fabbricazione di innumerevoli materiali e articoli. L’economia circolare è un’opportunità in termini di innovazione, ma presenta anche sfide e criticità. Per questo le imprese chimiche stanno seguendo con attenzione l’evoluzione delle attività a livello europeo, lavorando per adempiere a quanto richiesto dalle normative sui

prodotti chimici e soprattutto stanno puntando sulla ricerca e l’innovazione oltre che sulla realizzazione di prodotti sempre più sostenibili. E: E per quanto riguarda il riciclo? CP: Il riciclo è un tassello importante nell’attuazione di un modello di economia circolare. Tuttavia è fondamentale migliorare l’impatto ambientale lungo l’intero ciclo di vita del prodotto, puntando non solo sulla riciclabilità, ma valorizzando altre caratteristiche, per esempio la durabilità e la riparabilità. Non dimentichiamo che il recupero di energia può rappresentare una valida alternativa alla discarica nei casi in cui il riciclo non offra soluzioni eco-sostenibili. Per quanto riguarda invece i rifiuti industriali, è necessario aumentare la prevenzione della produzione di rifiuti, favorendo l’individuazione dei sottoprodotti, e in generale tutte quelle attività che possono rendere più virtuoso il fine vita dei rifiuti: è opportuno semplificare la gestione di quelli da avviare a ricerca e sperimentazione di nuove soluzioni. La chimica, con la differenziazione e la specializzazione dei suoi prodotti, permette di valorizzare al meglio le risorse e di fornire soluzioni più sostenibili nell’intero ciclo di vita del prodotto. E: Economia circolare e chimica da fonti rinnovabili: si integrano i due temi? CP: Non solo la chimica da fonti rinnovabili, ma anche quella tradizionale e quella delle biotecnologie offrono soluzioni innovative per perseguire il modello dell’economia circolare. Pensiamo alle plastiche e al loro irrinunciabile contributo per un’Europa più sostenibile da un punto di vista ambientale e più efficiente nell’utilizzo delle risorse. Prodotti più leggeri, versatili, resistenti e soprattutto più sicuri ed efficienti, che contribuiscono al risparmio energetico e delle risorse in settori strategici come la distribuzione in particolare quella alimentare, l’edilizia, la sanità, il trasporto, la produzione di energie rinnovabili. E: Il quadro politico-normativo: cosa manca? CP: Un approccio omogeneo su tutto l’acquis normativo di riferimento è fondamentale per perseguire l’obiettivo. Per esempio, la legislazione sui rifiuti deve essere coordinata con la legislazione sui prodotti chimici - primi tra tutti Reach e Clp - e con le strategie energetiche Ue. Chiediamo da anni una semplificazione normativa e una burocrazia meno gravosa: l’appesantimento che il legislatore imprime alle direttive europee in fase di applicazione è un aggravio insostenibile per le imprese, che nuoce all’applicabilità stessa delle norme prima ancora che allo sviluppo del settore.

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energia

Politiche sostenibili per il rilancio del gas naturale Incontro con Bruno Tani Presidente Anigas di Maurizio Godart Abbiamo parlato con Bruno Tani, Presidente Anigas, dell’unica fonte fossile a basso impatto ambientale, il gas naturale. Una risorsa che - pur avendo recentemente vissuto una flessione sensibile sul mercato – deve invece essere rilanciata attraverso politiche lungimiranti e responsabili.

Bruno Tani - Presidente Anigas

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E: Presidente, nonostante la crescita degli incentivi economici per lo sviluppo delle fonti rinnovabili voluta dall’Europa, nel biennio 2012-2014 gli impianti a carbone sono aumentati del 12% e quelli a gas diminuiti del 24%. Come lo spiega? BT: È possibile perché il carbone oggi presenta una maggiore competitività del gas naturale, grazie al prezzo della commodity - più conveniente per effetto delle dinamiche extraeuropee - e al basso livello dei permessi CO2 determinato dalla scarsa efficacia dei meccanismi Ets. Per questo lo sviluppo delle fonti rinnovabili nella generazione elettrica ha spiazzato prima di tutto il gas naturale: in Italia la generazione a gas è scesa notevolmente portando alla crisi del settore termoelettrico, mentre la produzione a carbone è rimasta stabile su livelli significativi. In assenza di misure di policy adeguate, le dinamiche di mercato non orientano il sistema verso le soluzioni più sostenibili dal punto di vista ambientale. Di conseguenza alcuni Paesi europei hanno ipotizzato - o stanno valutando programmi di phase-out del carbone. E: Con quali ripercussioni a livello ambientale, ad esempio per quanto riguarda le emissioni di CO2? BT: Per valutare le ricadute a livello ambientale, basti considerare che il carbone inquina tre volte di più rispetto al gas naturale. In Italia la produzione di energia elettrica da carbone copre circa il 15% del totale della produzione nazionale ma - con emissioni pari a 40 Mton/anno - corrisponde alla metà delle emissioni di CO2 dell’intera generazione elettrica. In Europa, uno studio recente di Agora Energiewenge e Sandbag, ha evidenziato che nel 2016 si è assistito a uno spostamento del mix energetico dal carbone al gas naturale: la produzione da carbone è scesa di 94 TWh e quella da gas salita di 101 TWh. Questo ha ridotto le emissioni di CO2 di 48 Mton, il 4,5% in meno rispetto al 2015. A dimostrazione che il gas naturale può offrire una importante opportunità per una generazione elettrica più pulita. E: Quali sono le caratteristiche principali del gas naturale che lo rendono una fonte pulita ed altamente efficace dal punto di vista delle prestazioni? BT: Il gas naturale oggi è tra le fonti fossili quella che - per sua natura - ha il minore impatto ambientale: la sua combustione, infatti, genera basse emissioni di CO2. Rappresenta una soluzione ottimale non solo nel settore residenziale per

il riscaldamento, dove oggi viene largamente impiegato, ma ha prospettive importanti anche nei trasporti. Inoltre, il suo impiego è una soluzione non solo efficace sul piano ambientale, ma anche efficiente. Si tratta, infatti, di una risorsa ampiamente disponibile che in Italia può contare su una infrastruttura diffusa ed è una fonte versatile da impiegare in diversi usi finali. E: Inoltre il gas naturale garantisce una sicurezza e una certezza delle forniture che le rinnovabili - a causa della loro intermittenza - non possono assicurare… BT: Il tema della sicurezza è oggi centrale, specialmente nella generazione elettrica. Lo abbiamo visto con l’emergenza legata alle condizioni climatiche severe che hanno colpito alcune regioni d’Italia; e anche in estate, quando il caldo torrido fa impennare i consumi elettrici portando a situazioni di black out. Sono picchi stagionali che ormai non possiamo considerare eventi eccezionali e che richiedono un sistema basato sulla sicurezza della infrastruttura e della fornitura. Questo non può avvenire pensando che il gas operi come back up colmando necessità periodiche ancorché sempre più frequenti: occorre impostare un sistema incentrato sull’impiego combinato di gas naturale e rinnovabili. E: Che momento stanno vivendo le energie rinnovabili? Quali le prospettive nel medio termine? BT: Gli scenari attuali puntano su un importante sviluppo delle energie rinnovabili anche se oggi si avverte forte l’esigenza di integrare tali fonti nel sistema e nelle dinamiche di mercato e di evitare la pioggia di incentivi cui abbiamo assistito in passato. Le soluzioni più radicali si stanno ridimensionando grazie a una più attenta valutazione dei costi e dei benefici di un sistema fortemente sbilanciato sul rinnovabile. Inoltre, sta emergendo l’elevato potenziale inquinante di alcune biomasse e il salto tecnologico negli accumuli - spesso annunciato - tarda ad arrivare, mentre in realtà è un fattore decisivo per una maggiore autonomia e indipendenza di tali fonti. E: In conclusione, ci parli delle attività di Anigas e del suo impegno per un mondo più ecosostenibile. BT: Il gas naturale ha vissuto una importante fase di sviluppo negli anni della metanizzazione. Oggi - complici il calo dei consumi legato a diversi fattori contingenti (e non) e l’ingresso delle rinnovabili - il nostro compito è richiamare l’importante ruolo che il gas naturale può avere nel portare il sistema energetico a un minore impatto ambientale. Su questo l’Associazione lavora molto: sia nei diversi settori in cui già oggi il gas naturale trova impiego - come quello domestico residenziale e della generazione elettrica - sia in quelli in cui possono esserci sviluppi futuri, come il trasporto.

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energia Target 2050

Politiche energia armoniche, competitivitĂ e sostenibilitĂ Il parere di Marco Margheri Presidente di Wec Italia

di Tommaso Tetro

Marco Margheri - Presidente di Wec Italia

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E: Qual è oggi il quadro delle politiche energetiche?

industriale e sociale: questa è la nostra visione sulla Grand Energy transition che dovrà essere accompagnata da politiche MM: Oggi il settore energetico internazionale è influenzato da armoniche in grado di bilanciare i tre pilastri del trilemma due macro-tendenze. La prima è rappresentata da un processo energetico: competitività, sostenibilità, ed energy equity. di policy ’top down’ che richiede al settore di modificare approccio in funzione dell’impatto prodotto sul pianeta, E: Quando parla di transizione pensa al gas? per esempio contrastando i cambiamenti climatici con velocità e ampiezza di interventi differenti a seconda del contesto MM: In un’ottica globale la transizione energetica non regionale e nazionale. C’è poi un processo di segno opposto predilige una fonte rispetto ad un’altra, piuttosto si riferisce - tipicamente ‘bottom-up’ - costituito dalla straordinaria ad una modulazione diversa delle varie fonti energetiche. evoluzione pervasiva delle tecnologie che sta modificando Certamente in Paesi come l’Italia che hanno un’infrastruttura tempi e architettura del sistema energetico come lo avevamo gas importante, è presente un connubio virtuoso ‘fonti finora conosciuto. rinnovabili e gas naturale’ molto efficace ed efficiente In passato, infatti, il settore energetico è stato caratterizzato e certamente utile a sostenere la transizione energetica. da grandi progetti pianificati nel tempo: basti pensare alle E: In questo percorso, qual è lo spazio per i biocarburanti attività di estrazione degli idrocarburi o alla costruzione di grandi centrali di produzione elettrica che richiedevano e i mezzi elettrici? un processo pluridecennale . MM: C’è certamente un impegno che va oltre il perimetro Oggi, invece, la tecnologia riduce i tempi e moltiplica i centri decisionali. Ci troviamo in un periodo in cui le politiche del settore elettrico, che ha iniziato un processo di internazionali e regionali ci chiedono da un lato di aggiornare de-carbonizzazione importante. Al contempo lo sviluppo dell’elettrificazione e del vettore elettrico è uno strumento - e in qualche caso di modificare - l’assetto dei nostri verso sistemi energetici più sostenibili. Ad esempio obiettivi energetici; dall’altro lato gli strumenti d’intervento l’elettrificazione consentirebbe di trasferire al settore del di cui disponiamo sono meno predittivi di quelli che trasporto urbano i benefici della de-carbonizzazione del conoscevamo in passato. sistema elettrico. Nell’ambito dei trasporti, in particolare, l’Italia ha un ventaglio di opportunità: la continua evoluzione E: Quali sono i passi da intraprendere? di motorizzazioni e prodotti tradizionali sempre più efficienti MM: Il processo di transizione energetica in atto richiede una che consentono migliori performance ambientali ai veicoli; progettualità da parte della politica che sappia accompagnarci la mobilità elettrica con lo sviluppo di colonnine e in modo armonico verso la progressiva de-carbonizzazione infrastrutture per le aree urbane; lo sviluppo di soluzioni dei mix energetici al 2050. Perché non è immaginabile che per l’utilizzo del gas naturale (Cng e Gnl) in quei segmenti le energie tradizionali siano abbandonate e ci si rivolga solo dove le tecnologie elettriche non rappresentano la soluzione alle nuove energie per soddisfare il nostro fabbisogno. ottimale, come il trasporto pesante e a lunga distanza La transizione energetica è, infatti, un processo di sviluppo o quello marittimo.

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E: Nuove tecnologie: quale la più promettente? MM: In ogni filone tecnologico ci sono soluzioni molto promettenti: l’innovazione negli ultimi anni ha avuto una crescita esponenziale. Basti pensare a quanto accaduto con la tecnologia fotovoltaica. Dobbiamo aspettarci una crescita ulteriore della pluralità di applicazioni: dai film fotovoltaici al settore dello ‘storage’, sino alle batterie. In questo contesto di sviluppo delle tecnologie tuttavia è bene precisare che il ruolo delle politiche pubbliche sarà cruciale nella misura in cui queste sapranno assicurare regole di mercato e obiettivi di lungo termine chiari e stabili così da tracciare il perimetro entro cui le differenti soluzioni potranno competere. Le politiche dovranno essere ispirate dal concetto di neutralità tecnologica e non tendere alla scelta di una specifica tecnologia. E: È stata annunciata una nuova Strategia energetica nazionale: proposte? MM: Questa iniziativa del governo, e in particolare del Ministro Carlo Calenda, è importante perché consente di avere uno strumento periodico di riflessione sulle strategie in campo energetico che ciclicamente richiami gli stakeholder a un dibattito sul tema. È fondamentale che il processo di revisione e la nuova Strategia siano ‘osmotici’, guardando anche al fuori dai confini italiani. La stella polare di questa Strategia non può non essere la sintonia con le politiche europee in materia di energia e clima, e più in generale con gli obiettivi climatici di lungo termine che la comunità internazionale

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sta consolidando per la de-carbonizzazione al 2050. La strategia energetica nazionale dovrebbe essere costruita considerando il bilanciamento del cosiddetto ‘energy trilemm avendo come obiettivo ultimo quello di assicurare alla comunità un’energia sicura, equa-competitiva e sostenibile. E: Il quadro normativo: cosa c’è e cosa manca? MM: In questo caso usciamo un po’ dal dibattito proprio del Wec. A titolo personale credo che sia prioritario declinare la visione di lungo periodo in un quadro normativo che accompagni con semplicità e chiarezza gli obiettivi e gli sviluppi del mercato. Se lo schema normativo cambia di frequente ciò non aiuta né il raggiungimento dei target di policy, né il conseguimento degli obiettivi di mercato. In Italia, in passato, abbiamo fatto spesso scelte normative ravvicinate nel tempo e non sempre organiche. Più avremo istituzioni informate, più queste saranno consapevoli dell’importanza di un quadro politico-normativo che faciliti la vita degli investitori. In questo contesto si inserisce il tema della qualità del dibattito pubblico e dell’insieme di norme in cui operiamo. Altro elemento essenziale è che ci sia anche un processo di condivisione. Abbiamo bisogno di un rapporto efficace con il territorio, mentre in Italia spesso è stato frammentato. Il problema non riguarda soltanto l’allocazione di competenze normative quanto il trovare modalità per una condivisione profonda degli obiettivi di politica energetica nazionale anche con le comunità locali.


GREENTRONICS IMPLEMENTA NUOVA TECNOLOGIA CHE RENDE I SISTEMI DI ACCUMULO DA FOTOVOLTAICO FINALMENTE SOSTENIBILI Il quadro energetico attuale, che sfiora ormai la grid parity, è ormai privo di incentivazioni dopo la fine del Conto Energia e con le tariffe incentivanti, Certificati Verdi e Bianchi in corso di revoca. Considerando anche i prossimi rincari previsti per il costo dell’energia, assumerebbe sempre più valore affidarsi a tecnologie OFF GRID che da sole dovrebbero essere in grado di rendersi energeticamente ed economicamente sostenibili, ripagandosi in pochi anni grazie alla loro stessa resa. Seguendo questo trend sono, negli ultimi anni, proliferate diverse nuove tecnologie di accumulo, grazie anche alla discesa dei prezzi dei pannelli fotovoltaici. Tuttavia da un’analisi tecnico-economica degli attuali sistemi di storage, emerge che le batterie al Litio-Ferro Fosfato hanno costi specifici a kWh accumulato di almeno 120€/kWh, tali da avere un rientro dell’investimento in non meno di 10 anni, mentre i sistemi tradizionali di accumulo con batterie al piombo pur non soffrendo dei problemi tecnici delle tecnologie litio (quali bassa corrente di spunto in uscita e sensibilità alle alte temperature) sono affetti dal problema della solfatazione, che si genera già ad una profondità di scarica DoD>50%, provocando la stratificazione di solfato di piombo sulle piastre che ne riduce capacità e vita utile. Greentronics Srl, un’azienda che opera nel campo dell’elettronica di potenza per le rinnovabili e l’efficientamento energetico, già conosciuta nel settore per il suo dispositivo di efficientamento

SMARTLIGHT con controllo ad intelligenza artificiale dell’illuminazione e rientro medio dell’investimento di un solo anno, ha adesso sviluppato la tecnologia REPOWER: un sistema di accumulo modulare a desolfatazione automatica. Tale sistema elettronico innovativo, si presenta nella forma di piccoli regolatori di carica collegati ad ogni singola batteria, che risultano avere un’elevatissima efficienza, del 95%. In ciascun regolatore è implementato un algoritmo in grado di diagnosticare continuamente lo stato della batteria, in modo che, solo se in condizioni di solfatazione, interviene avviando il processo di desolfatazione, che risulta avvenire alla frequenza di 3,26MHz, alla quale i cristalli di solfato di piombo, entrando in risonanza, si dissociano e si distaccano dalle piastre tornando in forma ionica nella soluzione elettrolitica. Sempre in automatico permette la carica normale quando la batteria ha riacquistato il suo stato ottimale. La nuova tecnologia, risolvendo così il principale problema di tale tecnologia di accumulo, e permettendo l’utilizzo di qualsiasi batteria al piombo, in questo modo da un lato ne estende la durata a parecchi anni, dall’altro ne fa abbassare il tempo di ritorno dell’intero impianto a soli 3-4 anni. CON UN COSÌ BASSO TEMPO DI RIENTRO, POSSIAMO SICURAMENTE VALUTARE IL SISTEMA REPOWER DI GREENTRONICS LA TECNOLOGIA PIÙ INTERESSANTE E PERFORMANTE NEL SETTORE DELL’ACCUMULO DI ENERGIA DA FOTOVOLTAICO.


energia Innovazione ed efficienza energetica

C’è da fare di più Conversazione con Andrea Gilardoni Docente di Economia e Gestione di Impresa Università Bocconi Andrea Gilardoni insegna Economia e Gestione di impresa all’Università Bocconi ed è fondatore e presidente di Agici Finanza d’Impresa, società di ricerca e consulenza specializzata nel settore delle utilities. La rivoluzione del settore dell’energia - spiega ad Elementi - non è ancora finita e per certi aspetti, come quelli legati alla Internet of Things, è ancora agli inizi. Saranno le grandi aziende - dice - le vere protagoniste di questa innovazione. Andrea Gilardoni - Docente di Economia e Gestione di Impresa Università Bocconi

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di Fausto Carioti


E: Professor Gilardoni, dopo la grande crescita dell’offerta di energia elettrica prodotta da gas e rinnovabili, ritiene che il mercato italiano si sia stabilizzato? È questo il mix delle fonti che ci accompagnerà nei prossimi anni? AG: Dopo molte analisi riteniamo che la domanda di elettricità in Italia non crescerà, anzi potrebbe lievemente diminuire, a parte qualche alto e basso. Circa il mix, in sintesi penso ad una crescita lenta del peso delle rinnovabili anche senza soverchi sostegni. Interessante è il tema della nuova Strategia energetica nazionale, trattato il 2 marzo a Milano, oggetto di un incontro con autorevoli esponenti del settore Boston Consulting Group che sta lavorando con molte polemiche (anche non infondate) sulla Sen, dovrà cambiare impronta rispetto al passato per evitare di arrivare a un documento totalmente inutile, che lascia il tempo che trova. E: Come sono uscite le utilities italiane dalla rivoluzione degli ultimi anni? AG: Non ne sono ancora uscite; i risultati del 2008 rimangono nel complesso irripetibili. Vedo le migliori aziende lavorare molto alla ricerca di soluzioni, anche in una logica di “trial and error”. Ma solo quelle grandi hanno capacità e risorse per fronteggiare il cambiamento, soprattutto se richiede innovazione nei modelli di business e nelle tecnologie. Le piccole, tranne eccezioni, hanno difficoltà a innovarsi. C’è anche una riflessione da fare sul ruolo delle utilities: esse nascono a metà ‘800 per offrire servizi alla comunità, fatto che ne ha legittimato lo sviluppo e il sostegno. Oggi quali sono i servizi che veramente servono alle popolazioni e che non possono essere offerti se non da soggetti pubblici? Mi limito a dire che è cruciale la capacità di indirizzo strategico della pubblica amministrazione locale e delle Aree metropolitane.

E: Le bollette sono già stracariche di oneri per le scelte fatte in passato. Impensabile aggiungerne altri. È finita l’epoca dei grandi investimenti? Ma le smart grid, le reti digitali per la distribuzione intelligente di energia elettrica, qualcuno dovrà pagarle. AG: Ma la sfida per il sistema produttivo è proprio lì! È essenziale che le imprese trovino soluzioni che rendano più efficiente il sistema riducendo i costi e diano una reale risposta a bisogni nuovi o non soddisfatti dei consumatori: questi investimenti si ripagano da soli e i soldi si trovano con facilità. Vanno invece minimizzati gli investimenti infrastrutturali che entrano in bolletta senza ritorni chiari e certi. E, comunque, simili investimenti devono essere accolti solo se davvero rilevanti per il Paese. E: L’Internet of Things è ancora tutta da inventare. Come se la immagina? In che modo cambierà i comportamenti di imprese, enti pubblici e famiglie? AG: Internet of Things è un’espressione che include molte soluzioni e tecnologie. Il punto è che sono crollati i costi dei sensori e si sono fortemente accresciute le opportunità applicative che, per certo, nelle utilities sono numerose e rilevanti. Si pensi, dal lato delle reti, alla trasformazione dei piloni e dei pali dell’elettricità da “stupidi” a “smart”, con numerosissime funzioni innovative, ad esempio nel controllo dei territori dove sono collocati. Oppure al nuovo contatore che può dare ai consumatori molti strumenti per la gestione efficiente degli edifici o della domotica in generale. E un altro esempio è il controllo remoto degli impianti e delle reti per la safety e per la security.

E: Negli ultimi anni si sono fatti molti passi avanti sul piano della efficienza energetica. Ci sono ancora margini da recuperare? AG: Sul fatto che siano stati compiuti molti passi avanti potremmo aprire un dibattito… Certo, ci sono margini recupero fortissimi legati soprattutto alle nuove tecnologie, come l’Internet of Things, in grado di far fare balzi in avanti in termini di efficientamento dell’offerta, ma anche dei consumi. Finora la spinta verso l’innovazione è inadeguata e poco chiare sono le strategie di finanziamento/garanzie pubbliche e quelle di sostegno all’efficienza energetica. Ma credo che nei prossimi mesi questi punti si scioglieranno. E: A rimanere indietro su questa strada sembrano essere soprattutto gli edifici pubblici. Serve un piano nazionale per l’efficientamento energetico? AG: Forse sì. Anche qui bisogna stabilire regole chiare e valide per tutto il Paese. La pubblica amministrazione, già lenta e poco pronta all’innovazione, trova molte ragioni per far poco o niente. Bisogna sviluppare logiche di Command and Control, anziché incentivi che poi rimangono inutilizzati, definendo aiuti concreti per aiutare le pubbliche amministrazioni che non dispongono di risorse adeguate. Stiamo studiando il tema nelle sue varie configurazioni, per esempio pensando ad una Guida per l’uso a beneficio degli enti locali.

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energia Trasporti

Biometano, un’opportunità! di Michele Canelli, Michele Panella e Lorenzo Rossi Nel 2009, l’allora Comunità europea ha fissato, all’interno del Pacchetto Clima-Energia, degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra da raggiungere attraverso l’utilizzo di energia prodotta da fonti rinnovabili. Per l’attuazione di tali direttive è stato definito un Piano di Azione Nazionale (Pan) al fine di stabilire misure, tempi e indicatori per il raggiungimento graduale dell’obiettivo, complessivo e per singolo settore, previsto al 2020. Al 2014, nel nostro Paese la quota dei consumi finali lordi di energia coperta da fonti rinnovabili risulta pari al 17,1%1, un valore di poco superiore al target assegnatoci dalla Direttiva 2009/28/CE e dal Pan per il 2020 (17%) e non distante dall’obiettivo più ambizioso, individuato dalla successiva Strategia energetica nazionale (19-20%). L’unico settore al di sotto degli obiettivi pianificati risulta essere quello dei trasporti in cui la quota di utilizzo delle rinnovabili è pari al 4,5%, circa 1,5 punti percentuali sotto rispetto all’obiettivo previsto nel Pan per il 2014 (6%) e circa 5,6 rispetto a quello fissato per il 2020. In tale contesto, al fine di agevolare ulteriormente l’accesso alle incentivazioni sul biometano, fino allo scorso 13 gennaio è stata posta in consultazione una bozza di nuovo decreto per l’utilizzo del biometano e dei biocarburanti, compresi quelli avanzati. Questo decreto dovrebbe sostituire il precedente D.M. 5 dicembre 2013 per il quale, ad oggi, solo due impianti hanno fatto richiesta di accesso agli incentivi. Tra le principali novità si segnala il ritiro, da parte del GSE, dei certificati di immissione in consumo per il biometano avanzato; l’introduzione di nuovi meccanismi premianti per la realizzazione

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di impianti di liquefazione e distribuzione del biometano e l’introduzione delle Garanzie di origine per il biometano prodotto a partire da sottoprodotti e che non riceva altre forme di incentivazione. Perché puntare sul biometano L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di veicoli alimentati a gas naturale, con quasi 972.000 veicoli che costituiscono circa il 2% del parco veicolare nazionale2. Nel 2014 il gas utilizzato nei trasporti è stato pari a oltre 1 miliardo di Sm3 con un incremento del 6% rispetto all’anno precedente3. Tale utilizzo è stato reso possibile dalla presenza, sul territorio nazionale, di oltre 1.100 impianti di rifornimento4 di gas naturale compresso. In questo contesto, è evidente come per il raggiungimento del citato target nel settore dei trasporti sia auspicabile puntare, in aggiunta all’utilizzo di altri biocarburanti e allo sviluppo della trazione elettrica, sull’impiego del biometano. Questa scelta, oltre a essere giustificata da una discreta presenza sul territorio nazionale di veicoli e infrastrutture, si basa sui vantaggi energetici e ambientali connessi all’utilizzo del biometano come carburante alternativo a quelli di origine fossile. Nel grafico a seguire è riportato l’utilizzo di energia primaria e le corrispondenti emissioni di CO2 per km percorso, determinate applicando un’analisi “Well-to-Wheel”, che analizza i consumi di energia primaria e le emissioni di CO2 legate sia al ciclo di vita del combustibile sia alla tecnologia propulsiva utilizzata.


Energia primaria per km percorso

Emissioni CO2 per km percorso

Veicoli elettrici

Veicoli elettrici

Bio-etanolo

Bio-etanolo

Bio-diesel

Bio-diesel

GPL

GPL

Diesel

Diesel

Benzina

Benzina

Gas naturale

Gas naturale

Biometano

Biometano 0

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1000

1500

2000

2500

3000 kj/km

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100

150

200

250 g/km

7. F. Zuccari, A. Santiangeli, A. Dell’Era, A. D’Orazio, C. Fiori, F.Orecchini, Use of bio-methane for auto motive application: primary energy balance and well to wheel analysis, Energy Procedia 81 (2015) 255–271.

Dalle figure si evince come il biometano presenti minori emissioni di sostanze climalteranti e un minor consumo di energia primaria per chilometro percorso dal veicolo anche rispetto ai biocarburanti maggiormente diffusi e alla stessa trazione elettrica.

Scenari di sviluppo per il biometano Il biometano si inserisce in un contesto di definizione di quelli che dovranno essere gli interventi strutturali nel settore dei trasporti. La direttiva 2014/94/UE, recepita dal D.Lgs. 257/2016, introduce, infatti, i requisiti minimi per l’infrastrutturazione per i combustibili alternativi. La normativa prevede tra le altre cose che, entro il 2020, dovranno essere realizzati nuovi punti di

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rifornimento per il gas naturale, sia in forma liquida che compressa, laddove le infrastrutture risultano carenti. Diversi studi hanno dimostrato che la fattibilità tecnico-economica degli impianti di produzione di biometano è fortemente connessa alla tipologia di materia prima utilizzata e alla taglia dell’impianto: in particolare, considerando gli attuali meccanismi di incentivazione, tali studi mostrano come gli impianti alimentati a Forsu (Frazione organica del rifiuto solido urbano, ndr) con capacità produttiva superiore a 250 Sm3/h non presentino particolari rischi finanziari5. In tale contesto, appare opportuno promuovere progetti, riservati alle istituzioni di livello locale, che propongano sinergie tra gli incentivi previsti per la produzione e immissione del biometano nei trasporti e la necessità di ampliare il parco delle infrastrutture per combustibili alternativi. In questo quadro potrebbe rientrare l’attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti, questi ultimi in qualità di materie prime per la produzione di biometano. La figura che segue riporta una stima della massima capacità produttiva di impianti di produzione di biometano alimentati a Forsu installabile per le diverse province italiane. Tale valore è stato stimato: - sulla base della quantità di Forsu ottenuta dalla raccolta differenziata nel 20146;

Capacità produttiva Sm3/h 2,1 - 250,0 250,1 - 500,0 500,1 - 1.000,0 1.000,1 - 1.500,0 1.500,1 - 2.000,0 2.000,1 - 2.500,0 2.500,1 - 3.000,0

1. Dati GSE – Monitoraggio obiettivo complessivo al 2020. 2. Dati ACI riferiti al 2015. 3. Ministero dello Sviluppo Economico. 4. European alternative fuels observatory. 5. F. Cucchiella, I. D’Adamo, Technical and economic analysis of biomethane: a focus on the role of subsidies, Energy Conversion and Management 119 (2016) 338–351; F. Cucchiella, I. D’Adamo, M. Gastaldi, Profitability analysis for biomethane: a strategic role in the italian transport sector. International Journal of Energy Economics and Policy 5 (2015) 440–449. 6. Rapporto rifiuti urbani edizione 2015, ISPRA 7. F. Zuccari, A. Santiangeli, A. Dell’Era, A. D’Orazio, C. Fiori, F. Orecchini, Use of biomethane for auto motive application: primary energy balance and well to wheel analysis, Energy Procedia 81 (2015) 255–271.

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- ipotizzando una produzione netta di biometano pari a circa 70 Sm3/ton di Forsu in ingresso all’impianto7; - ipotizzando un numero di ore di funzionamento dell’impianto di produzione di biometano pari a 8.000 ore/anno. Attraverso l’utilizzo integrale della Forsu attualmente ottenuta dalla raccolta differenziata sarebbe possibile produrre, su scala nazionale, circa 400 mln Sm3/anno, corrispondenti a quasi il 40% della quantità di gas naturale attualmente utilizzato nei trasporti. Ipotizzando una taglia minima del singolo impianto pari a 250 Sm3/h5, si evince come oltre il 50% delle province italiane possiede la materia prima - Forsu - necessaria ad alimentare almeno un impianto di produzione di biometano. Il biometano prodotto da tali impianti potrebbe essere utilizzato per alimentare le stesse flotte di raccolta dei rifiuti e/o quelle per il trasporto pubblico locale, innescando un ciclo virtuoso nella filiera di raccolta dei rifiuti: si trasformerebbe, quindi, un costo per le casse dei Comuni in un guadagno economico e ambientale. Nota: Si ringrazia l’Unità Studi, Statistiche e Sostenibilità per il supporto fornito nella redazione dell’articolo.


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energia rinnovabile Sviluppo fonti rinnovabili

La centralitĂ della politica energetica nazionale di Simone Togni* *Presidente Anev - Associazione Nazionale Energia del Vento

Simone Togni - Presidente Anev - Associazione Nazionale Energia del Vento

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La politica energetica riguarda in modo diretto la vita di un Paese condizionandone, in modo significativo, lo sviluppo economico ed occupazionale ed incidendo sugli aspetti ambientali. La rilevanza politico economica del settore energetico dovrebbe orientare l’azione di governo a presidiare con decisione questo ambito, con chiari orientamenti politici. Negli ultimi anni, invece, sono mancate politiche energetiche adeguate per il Paese, cosa che può discendere da molti fattori, ma che certamente non ha fatto bene al sistema. Uno degli aspetti principali da analizzare è lo scollamento temporale tra l’efficacia delle politiche energetiche e la durata dei mandati elettorali dove i primi sono assai più lunghi dei secondi. Aggiungiamo poi che la complessa articolazione degli interessi industriali ed economici legati al mondo dell’energia rende assai difficile la definizione dei vari ambiti e molto scivoloso ogni tipo di intervento. Esito di questo è un generico distacco che ha lasciato spazio di manovra ad altri soggetti che a vario titolo sono intervenuti sul tema determinando gli attuali contorni di sviluppo del settore energetico nazionale. Analizzando le ripercussioni di questo approccio nel settore delle rinnovabili nel nostro Paese, il risultato visibile è che manca una programmazione di medio o lungo periodo, nonostante ci venga richiesto dall’Europa un piano minimo triennale per consentire agli operatori di predisporre efficacemente politiche industriali.

Basti pensare che l’eolico nell’ultima procedura d’asta ha visto la presentazione di progetti con fidejussioni bancarie per oltre 1.900 MW a fronte dei soli 800 MW disponibili: questo significa che vi è un ulteriore importante contingente di potenza già pronto oggi oltre a quello che ogni anno maturerà. Purtroppo però mancano gli strumenti normativi per poter sfruttare questo potenziale dell’eolico, che tra l’altro ha dimostrato di essere la fonte rinnovabile più vantaggiosa per il sistema dal punto di vista economico. Il settore attende infatti il decreto ministeriale che deve regolare le aste per l’ultimo quadriennio 2017-2020 senza le quali non sarà possibile realizzare queste iniziative industriali. L’inerzia della politica ha lasciato spazio a sempre più frequenti decisioni da parte della giustizia: sempre più spesso, infatti, Tar, Consiglio di Stato fino alla Suprema Corte, determinano le politiche energetiche nazionali su questioni rilevanti. Basti ricordare le sentenze sulla Robin Tax, quella sullo Spalma incentivi, quelle sugli oneri di sbilanciamento delle Fer o relative all’annullamento delle moratorie regionali, solo per fare alcuni esempi. Questi episodi sono indicativi di come i ritardi o le dimenticanze della politica di fatto inneschino interventi esterni volti a risolvere situazioni particolarmente spinose. In taluni casi si è addirittura dovuto ricorrere al voto referendario su questioni sulle quali forse sarebbe stato meglio un intervento della politica: ricordiamo il nucleare, le trivelle e la devoluzione della competenza legislativa tra Stato e Regioni in tema di energia. Da questo quadro emerge invece la necessità che vi sia un deciso passo avanti nella direzione di riportare le politiche energetiche al centro del programma politico, anche tramite di una definizione di obiettivi condivisi di medio e lungo periodo. Infatti la mancanza di obiettivi chiari e strumenti efficaci ha determinato un rallentamento nelle politiche di transizione del nostro Paese verso un sistema energetico a basse o nulle emissioni di carbonio. Giles Dickson, Ceo di WindEurope nei giorni scorsi ha dichiarato: “Con tutto il parlare che si fa di transizione ad un sistema low-carbon, si dovrebbe mirare a strategie di lungo termine per l’industria eolica in Europa. Ma non ci sono. La politica governativa in materia di energia è meno chiara e ambiziosa di quanto non fosse qualche anno fa. Solo 7 dei 28 Paesi membri dell’Ue hanno target e politiche a sostegno delle rinnovabili al 2020”. Questa fotografia dell’Europa corrisponde a quella dell’Italia dove oltre a parlare di rinnovabili, efficienza e economia circolare non si fa molto altro. Anzi, a ben vedere si declamano obiettivi e si indicano traguardi anche condivisibili, ma poi non si predispongono gli strumenti per raggiungerli. L’aspetto paradossale è che gli imprenditori del settore si sono trovati più volte a fare i conti con strategie di investimento basate su indicazioni ufficiali di obiettivi assunti dal nostro Paese, poi smentiti o rinnegati con interventi retroattivi: l’eolico è stato penalizzato da questi continui cambi. In tale contesto l’auspicio è che la nuova Strategia energetica nazionale, lanciata dal ministro Calenda, possa finalmente significare una riappropriazione del governo centrale della politica energetica, ristabilendo quella centralità di indirizzo di cui ha bisogno il nostro settore. Questa delicatissima fase di transizione deve portarci alla definizione degli obiettivi al 2030 e al 2050 come richiesto dagli accordi della Cop 21 di Parigi e indicarci chiaramente quali siano le aspirazioni del nostro Paese di fronte a tali impegni. In gioco c’è molto, dalla riconversione industriale allo sviluppo tecnologico, dal recupero dei livelli occupazionali alla leadership nella nuove tecnologie (in particolare sulle reti e sulla mobilità) e noi dobbiamo essere in grado di seguire e guidare questo cambiamento.

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energia rinnovabile

La riscossa delle biomasse Intervista a Simone Tonon Presidente di Ebs

di Ilaria Proietti

Simone Tonon - Presidente di Ebs

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Le biomasse possono rappresentare la riscossa del made in Italy nella produzione elettrica. E già costituiscono un esempio virtuoso di economia circolare. Parola di Simone Tonon presidente di Ebs, l’associazione Energia da biomasse solide che in questa intervista spiega le potenzialità del settore. Che volendo ragionare al di là della logica dei chilowatt prodotti “ha anche un valore socio economico: sostenerlo vuol dire sostenere l’intera filiera agricola e forestale, creando migliaia di posti di lavoro”.

E: Quali sono i benefici più evidenti?

ST: Tra le fonti energetiche rinnovabili la biomassa è l’unica in grado di garantire una regolarità ed una continuità di esercizio per oltre 8 mila ore l’anno con produzioni costanti e rinnovabili. L’energia pulita generata mediante questa fonte non dipende infatti da fattori climatici e ambientali.

ST: Il governo è al lavoro sul testo unico forestale in modo che tutte le regioni abbiano una disciplina uniforme. In alcuni comuni mancano i piani di assestamento forestale o mancano di meccanismi efficienti sul fronte del rilascio dei permessi di taglio. Serve poi un nuovo sistema di raccolta del verde urbano e del verde agricolo per valorizzare al meglio le biomasse residuali erbacee e arboree.

ST: Da una parte c’è il tema della manutenzione del patrimonio boschivo, utile anche sul fronte del dissesto idrogeologico. Non trascurabile quello del regolare impiego dei residui in teoria destinati alla discarica o bruciati in maniera incontrollata e del recupero della materia altrimenti a carico dello Stato o degli enti pubblici. Che infatti chiedono di replicare gli accordi stipulati sul territorio con il Mipaaf: siamo partiti con un’intesa per la E: Iniziamo proprio da qui. Perché le biomasse dovrebbero provincia di Ferrara e nel 2016 lo abbiamo esteso all’intera Emilia essere incoraggiate? Romagna. Un modello che va esportato in altre regioni. Anche perché quello delle biomasse è un settore industriale che genera ST: Si tratta di una produzione tutta italiana: in questa filiera benefici stabili e ricadute positive sulle comunità locali. Riguardo non ci sono pannelli prodotti in Cina, né turbine importate all’indotto basta pensare alle produzioni agroenergetiche, alla dalla Danimarca. È una produzione made in Italy e con tecnologie valorizzazione dei terreni marginali, alle occasioni di reddito italiane, proprio come lo sono state storicamente l’idroelettrico integrativo per le imprese agricole: tutto ciò non inficia le e il geotermico. E quindi nessuno può negare che l’impatto coltivazioni destinate all’agroalimentare ma valorizza l’alternanza degli incentivi rimanga tutto sul territorio nazionale. colturale e ottimizza le risorse produttive garantendo così stabilità di mercato e costanza dei flussi finanziari. E: Quali altre differenze si possono rilevare rispetto al solare e all’eolico? E: E quali sono gli ostacoli con cui vi misurate?

E: Si è anche detto che le biomasse sottraggono materia prima ad altre filiere…

E: Quali sono le regioni più efficienti da questo punto di vista? ST: Forse c’è stata una qualche sovrapposizione all’inizio. Ma ora abbiamo trovato un nostro ambito: rispetto alla produzione della carta, utilizziamo biomassa di pregio minore. Per quel che riguarda l’industria del mobile non togliamo legname a nessuno: loro importano quasi tutto dall’estero. E: Ebs rappresenta circa il 30% della produzione nazionale da biomassa, ossia 280 dei 690 MW di potenza installata. Solo i vostri 12 operatori alimentano gli impianti con oltre 2,8 milioni di tonnellate all’anno di biomassa vergine. Quali sono le prospettive di sviluppo? ST: Secondo uno studio di Enea sono a disposizione 20 milioni di tonnellate di biomassa. Il che vuol dire che la produzione può triplicare. Sempre che si superino le difficoltà legate alla complessità della raccolta e quelle normative. Molto si è già fatto e si sta ancora facendo. Fino a dieci anni fa, del resto, le biomasse erano considerate un rifiuto: ora sono un vettore energetico a tutti gli effetti. E molti segnali lasciano sperare che si andrà sempre più in questa direzione. Il ministro dell’Ambiente Galletti ha aperto un tavolo all’Anci sulla disciplina dei sottoprodotti. Il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina ha ben compreso l’opportunità derivante dalla crescita comune della filiera agroforestale ed energetica.

ST: Toscana ed Emilia Romagna hanno strumenti senz’altro molto efficaci. Ma anche il sud è molto ben posizionato quanto a potenzialità. Si pensi alla Calabria che è la seconda regione più boscata. E che per una serie di circostanze ha registrato per quel che riguarda lo sfruttamento energetico delle biomasse l’interesse di grandi player dell’energia. Va detto che dopo le liberalizzazioni e con l’arrivo del Cip6 anche operatori più piccoli sono riusciti a promuovere iniziative in questo settore sul territorio nazionale. E: Il ministero dello Sviluppo ha cercato di assecondare questa dinamica premiando maggiormente gli impianti piccolissimi. Cosa ne pensa? ST: Nonostante i ricchi incentivi gli impianti sotto a 1 MW non hanno avuto lo sviluppo atteso: in tutto sono stati installati 36 MW. E difficilmente ci sarà un boom con il secondo conto termico: la dimostrazione sta nel fatto che i fondi a disposizione non sono utilizzati. Del resto solo impianti di taglia media possono garantire l’impiego di tecnologie che consentano un contenimento drastico degli impatti ambientali. Credo che il Mise debba interrogarsi, nell’ambito dell’elaborazione della nuova Strategia energetica nazionale (Sen) sul diverso ruolo che gli impianti possono avere.

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verifiche e ispezioni

I droni a sostegno delle rinnovabili a cura di Unità Verifiche Impianti Fotovoltaici I Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto (Sapr), comunemente noti come “droni”, sono aeromobili caratterizzati dall’assenza di un equipaggio a bordo (Apr - Aeromobile a Pilotaggio Remoto), utilizzati per fini diversi da quelli ricreativi e sportivi, equipaggiati con relativi componenti necessari al controllo e comando (stazione di controllo) da parte di un pilota remoto. I droni più diffusi sul mercato sono: • il velivolo ad ala fissa • il multirotore

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I principali Sapr diffusi sul mercato vengono equipaggiati con varie strumentazioni che permettono di effettuare: • riprese video • rilievi fotogrammetrici, topografici, distanze e ricostruzioni 3D • rilievi termografici tramite l’utilizzo di termocamere o camere multispettrali Il settore dei Sapr è in continua evoluzione e le sperimentazioni sono molteplici, anche nel settore delle energie rinnovabili, in particolare degli impianti fotovoltaici. I droni, infatti, forniscono un importante supporto agli operatori del settore, abbattendo i tempi delle fasi di ispezione e manutenzione degli impianti, consentendo di monitorare in pochi minuti un impianto fotovoltaico di grandi dimensioni individuando eventuali anomalie causate da componenti sotto performanti.


L’attuale quadro normativo: il Regolamento Enac

Sopralluogo a) su un impianto di 154 kW installato sulla copertura di un fabbricato rurale adibito a stalla, non accessibile in sicurezza

In Italia l’ente preposto alla regolamentazione tecnica e alla certificazione dei droni è l’Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), che ha emanato un primo Regolamento (Regolamento Enac Mezzi aerei a Pilotaggio Remoto), in vigore dall’aprile 2014, poi aggiornato nel 2015 e 2016 anche in ragione del repentino sviluppo del settore. Il Regolamento contiene indicazioni sulle autorizzazioni da ottenere prima del volo, sugli attestati necessari alla qualifica di pilota, sull’equipaggiamento dei mezzi e sul tipo di droni che possono essere utilizzati in particolar modo in ambito civile. Con riferimento alle specifiche tecniche dei Sapr, il Regolamento Enac prevede quattro categorie di droni in funzione del loro peso al decollo (<0,3kg, <2kg, <25kg e superiori ai 25kg). Un’ulteriore distinzione viene effettuata per le modalità di pilotaggio che possono essere: • a contatto visivo diretto e costante con il mezzo aereo (Vlos-Visual Line of Sight) • a vista estesa, dove i requisiti per la navigazione a vista sono soddisfatti con l’uso di metodi alternativi (Evlos-Extended Visual Line of Sight) • al di fuori dell’orizzonte visivo del pilota (Blos- Beyond Visual Line of Sight) Inoltre il Regolamento Enac distingue fra: • operazioni specializzate non critiche - che non prevedono il sorvolo di aree congestionate, assembramenti di persone, agglomerati urbani e infrastrutture sensibili - per le quali è sufficiente una semplice dichiarazione dell’operatore ad Enac • operazioni specializzate critiche - ovvero tutte le operazioni che non ricadono nella definizione precedente - dove è previsto il rilascio preventivo di una specifica autorizzazione da parte di Enac

L’utilizzo dei Sapr nell’ambito dei controlli sugli impianti fotovoltaici Il GSE, al fine di rendere ancora più efficace i controlli svolti, ai sensi del D.M. 31 gennaio 2014, presso gli impianti incentivati, ha avviato una serie di attività volte a testare, in via sperimentale, le potenzialità offerte dall’utilizzo dei Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto. Il progetto si è concretizzato con l’avvio di un percorso formativo per alcune risorse al fine di conseguire l’abilitazione alla conduzione di droni Sapr di massa operativa al decollo minore di 25 kg, in condizioni Vlos. Nel corso del mese di ottobre 2016 il Gse ha avviato una prima campagna di 11 sopralluoghi effettuati in via sperimentale su impianti fotovoltaici ubicati nelle province di Roma, Viterbo e Terni, che hanno interessato sia impianti posti su strutture fisse ancorate al terreno, sia impianti installati su coperture non accessibili in sicurezza. I vantaggi derivanti dall’utilizzo dei droni sono molteplici in termini di efficienza, sicurezza ed efficacia dei controlli.

Renderizzazione 3D del fabbricato rurale adibito a stalla

Pianificazione della missione

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In particolare l’impiego di droni consente di ottimizzare la durata dell’attività di controllo, di verificare impianti altrimenti non accessibili in sicurezza, di sfruttare le potenzialità di numerosi sensori e le elaborazioni delle immagini per integrare le diverse tipologie di controllo. Il Gse, inoltre, sta valutando la possibilità di acquisire la qualifica di operatore Sapr, anche attraverso la stipula di un Protocollo d’intesa con Enac, nonché di dotarsi di dispositivi Sapr al fine di svolgere autonomamente le attività di rilevamento fotografico e fotogrammetrico. In particolare, l’obiettivo è quello di svolgere operazioni che prevedano l’attività di campionamento automatico delle caratteristiche dei componenti dell’impianto quali, ad esempio, i moduli fotovoltaici. Sopralluogo b) su un impianto di 199 kW installato sulla copertura di un capannone industriale non accessibile in sicurezza

Capannone industriale non accessibile in sicurezza

Pianificazione della missione

Focus sui risultati preliminari delle verifiche Si riportano alcune attività svolte nel corso della campagna sperimentale di sopralluoghi effettuata: a) sopralluogo su un impianto di potenza pari a 154 kW installato sulla copertura di un fabbricato rurale adibito a stalla, non accessibile in sicurezza. Nel corso del sopralluogo sono stati effettuati rilievi fotogrammetrici che hanno consentito di misurare le superfici occupate dai moduli e quelle delle coperture oggetto della sostituzione di eternit, al fine di accertare la conformità dell’intervento alle informazioni e ai dati dichiarati dal Soggetto responsabile all’atto della richiesta di incentivazione b) sopralluogo su un impianto di potenza pari a 199 kW installato sulla copertura di un capannone industriale non accessibile in sicurezza, nell’ambito del quale sono stati effettuati rilievi fotogrammetrici finalizzati alla renderizzazione del modello 3D dell’impianto. Utilizzando tale modello il GSE al fine di verificare la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento degli incentivi ha misurato, in particolare, le altezze degli elementi perimetrali della copertura, confrontandole con quelle indicate dal Soggetto responsabile negli elaborati grafici presentati ai fini della richiesta di incentivazione c) sopralluogo su un impianto di potenza pari a 3.092 kW installato a terra su un terreno agricolo. Grazie al drone è stato effettuato un rilevamento fotogrammetrico dell’intero sito in meno di 10 minuti, risparmiando oltre due ore di tempo rispetto a un’operazione condotta dal Gruppo di Verifica mediante la semplice ispezione visiva del sito. I rilievi effettuati sono stati successivamente confrontati, sia con la planimetria presentata dal Soggetto responsabile, sia con le mappe catastali consultabili attraverso la banca dati Sister dell’Agenzia delle Entrate Sopralluogo c) su un impianto di 3.092 kW installato a terra su un terreno agricolo

Renderizzazione 3D del fabbricato rurale adibito a stalla

Pianificazione della missione Renderizzazione 3D dell’impianto a terra ispezionato

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energia rinnovabile Rinnovabili

Scienza e governo per essere prima energia Faccia a faccia con Federico Bella Ricercatore del Politecnico di Torino Abbiamo incontrato Federico Bella, giovane e talentuoso chimico industriale con la passione per le energie alternative, per parlare dei suoi lavori e delle sue prospettive accademiche.

di Maurizio Godart

Federico Bella - Ricercatore del Politecnico di Torino

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E: Le sue ricerche di chimico industriale al Politecnico di Torino si sono soffermate in particolare sulle energie rinnovabili e in modo specifico sul fotovoltaico: quali novità dobbiamo aspettarci? FB: Il fotovoltaico sta evolvendo verso l’industrializzazione dei dispositivi di terza generazione, ovvero quelli a base di materiali abbondanti sul pianeta, di facile lavorabilità e a basso impatto ambientale. Nei laboratori sono ormai disponibili 4-5 celle solari di terza generazione con efficienza compresa tra il 10 e il 22%; ora occorre trovare gli investitori che procedano allo scale-up su scala industriale a livello di pannelli. A prima vista sembra facile, ma quando si cerca di ingrandire una cella solare da un’area di 1 cm2 ad una di 1 m2 nascono molti problemi tecnologici da risolvere. E: Lo sviluppo tecnologico deve andare di pari passo con il rispetto dell’ecosistema: come coniugare la necessità di progredire con un basso impatto ambientale? FB: È uno degli obiettivi della terza generazione del fotovoltaico. Se si pensa al rinnovabile come una tecnologia che possa sostituirsi al fossile, è necessario selezionare materiali in grado di essere diffusi su larga scala senza impattare sull’ambiente. La scelta non è facile, e spesso porta a rinunciare a qualche punto in efficienza fotovoltaica a vantaggio di una migliore compatibilità ambientale dei pannelli solari. I chimici come me stanno lavorando non solo per limitare l’impatto ambientale dei pannelli, ma anche per migliorare l’ambiente. Per esempio, nell’ottica della politica volta alla riduzione della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, stiamo sviluppando diverse reazioni che prendono la CO2 e la convertono in composti chimici utilizzabili nelle celle solari. E: Le nuove scoperte porteranno ad una riduzione dei costi di produzione, quindi ad un risparmio per i consumatori? FB: La competizione è dura: la produzione di pannelli solari al silicio si è spostata in oriente e nel 2016 ha toccato i costi più bassi della storia. Le nuove tecnologie hanno un costo superiore, ma presentano due grandi vantaggi. Il primo è che non immettono nell’ambiente acido fluoridrico (composto richiesto nella lavorazione del silicio), uno dei principali agenti chimici corrosivi ed ustionanti. Il secondo è che le componenti delle celle solari di nuova generazione possono essere riciclate, al contrario del pannello al silicio che a fine vita va interamente in discarica, tanto che sono nati diversi “cimiteri del silicio” in America e Asia. E: Secondo lei in Italia e nei Paesi più industrializzati si arriverà ad un superamento delle fonti fossili a vantaggio delle rinnovabili? FB: Sì, ma l’input non verrà dalla ricerca bensì dallo Stato. In Giappone è stato il disastro di Fukushima ad imporre la completa sostituzione dei reattori nucleari con sistemi fotovoltaici ed eolici, e il tutto si completerà nel 2050 quando verrà raggiunto il 100% di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili. In Olanda il governo ha approvato una legge che a partire dal 2022 consentirà la vendita su territorio nazionale solo di auto elettriche. In assenza di provvedimenti di questo tipo, non vedo una sostituzione delle fonti fossili

con quelle rinnovabili a breve termine. Ma verrà il momento: le compagnie petrolifere arabe hanno creato da diversi anni laboratori per lo sviluppo di nuove celle solari. Il loro obiettivo è quello di passare da leader nel campo della petrolchimica a leader nelle rinnovabili non appena le riserve petrolifere non saranno più sufficienti a garantire l’approvvigionamento energetico globale. E: Quali sono le aspettative di un giovane ricercatore con all’attivo molte pubblicazioni nonché un premio da parte dell’Eni. Rimanere in pianta stabile nel mondo universitario italiano? FB: Durante il mio percorso di formazione e ricerca ho alternato periodi in Italia e all’estero (Spagna, Svizzera e Malesia), e il tutto è servito a plasmare le competenze sul campo e la gestione dell’attività di ricerca. Da qualche mese sono ricercatore a tempo determinato al Politecnico di Torino, un ateneo con un’ottima situazione finanziaria e con prestigiosi contatti industriali. Non sento il bisogno di emigrare all’estero per motivi connessi alla qualità della ricerca: in Italia abbiamo una rete scientifica con competenze che nulla hanno da invidiare all’estero. Inoltre, gli studenti vengono formati in modo impeccabile durante il percorso universitario, tant’è che all’estero vengono accolti a braccia aperte per le loro competenze. Ci sono però due problemi. Il primo è di carattere burocratico: per acquistare dei reagenti chimici devo seguire una procedura che dura circa tre mesi, un mio collega in Svizzera reperisce gli stessi prodotti in una settimana. Nella ricerca arrivare prima degli altri è fondamentale: ne va della paternità delle invenzioni. Il secondo problema è finanziario: manca totalmente un finanziamento di base ai ricercatori, e soprattutto ai giovani. Chi è fortunato entra a far parte di gruppi di ricerca ben finanziati, ma spesso con un raggio d’azione limitato e poca indipendenza scientifica.

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energia rinnovabile Aspettando la nuova SEN

Efficienza energetica sĂŹ, ma con obiettivi vincolanti Il pensiero di Marco Golinelli Presidente Italcogen

Occhi puntati sulla nuova Strategia energetica nazionale, sulla revisione degli oneri di sistema e sul winter package europeo. Sono questi i tre elementi a cui Italcogen guarderà con maggiore interesse nei prossimi mesi. Come conferma il presidente dell’associazione dei produttori di tecnologia per la cogenerazione e i recuperi termici, Marco Golinelli. Che in questa intervista tenta un bilancio del suo mandato, appena rinnovato per altri due anni.

di Ilaria Proietti

Marco Golinelli - Presidente Italcogen

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E: Certo, anche la crisi in questi anni ha fatto la sua parte… MG: Certamente. Ci sono stati audit rilevanti in questa materia, ma poi non c’è stata la spinta necessaria a dare corpo agli investimenti. Ora a fronte di segnali positivi cominciano a tornare i progetti, specie per quel che riguarda l’autoproduzione: dobbiamo ripartire da qui con rinnovato vigore. E: Ma l’Italia a che punto è nel settore di vostro interesse? MG: Il nostro Paese è campione in efficienza energetica e quindi è anche molto complicato fare meglio. In Europa siamo al secondo o al terzo posto per impianti di cogenerazione e, nonostante il fattore climatico, abbiamo una buona produzione in termini di autoriscaldamento. È un motore vincente che ha bisogno di ripartire. L’efficienza energetica per l’Italia è l’energia del futuro. E: Cosa serve per riaccendere questo motore? E: Quali sono i principali risultati che lei ritiene siano stati centrati nel biennio alla guida di Italcongen? MG: Abbiamo registrato un potenziamento dell’associazione che afferisce al circuito di Confindustria dimostrato anche dall’adesione di nuovi soci, il che è un elemento essenziale per noi. Si tratta di operatori che hanno trovato qui una casa che evidentemente consente la promozione delle loro attività. Altro risultato positivo è senz’altro lo sviluppo della capacità di tutelare il sistema della cogenerazione nell’ambito del sistema elettrico, dove tutti si dicono favorevoli all’efficienza energetica, ma che però continua ad impensierire alcuni elementi che guardano ad essa non dico con antagonismo, ma con riluttanza. E: Il legislatore dovrebbe assolvere al compito di trovare un compromesso tra le diverse istanze. È un obiettivo raggiunto?

MG: In sede di riforma degli oneri di sistema dovrebbe esserci una riorganizzazione che non penalizzi l’efficienza e sia stabile nel tempo. Il mercato va regolato in modo da considerare anche i benefici complessivi apportati al sistema da un certo tipo di tecnologia. Un po' come è avvenuto per le rinnovabili: se non fosse stato accordato un canale privilegiato al fotovoltaico, in Italia non sarebbe stato installato alcun pannello. E: Quindi sono necessari incentivi e sussidi? MG: Non richiediamo lo stesso tipo di supporto. I nostri progetti hanno una ragion d’essere molto precisa; per il nostro settore ci auguriamo solo una stabilità normativa e la correttezza degli oneri imputabili in modo che i progetti possano sopravvivere. Il meccanismo dei certificati bianchi va mantenuto anche alla luce dei riconoscimenti ottenuti in sede europea ma con obiettivi molto chiari che chi fa questi investimenti conosce bene.

MG: Non ci siamo ancora. Abbiamo diverse altre aspettative E: A proposito di Europa sono in vista nuove misure che riguardanti tutti gli strumenti che consentiranno di far crescere vi riguardano molto da vicino… il settore. Il che equivale a far crescere il manifatturiero: la filiera della cogenerazione coinvolge tante aziende e tanti posti di lavoro. MG: Il winter package ha orizzonte 2018. Bisogna seguire con attenzione questo dossier che intercetta il tema delle priorità del E: Siete in cerca di sussidi? dispacciamento, le rinnovabili e l’efficienza. E anche ciò che verrà dopo in termini di implementazione delle misure a livello nazionale. MG: No, ma non si può chiedere alle aziende di sostenere anche l’onere del rischio del cambio delle normative. E: Cosa vi aspettate su questo fronte? E: Quali sono le vostre priorità? MG: Se si va al liberi tutti, e cioè se tutto andrà a mercato, i piccoli operatori potrebbero non sopravvivere visto che difficilmente MG: Un auspicio riguarda l’approvazione in tempi contenuti della Strategia energetica nazionale. Ci aspettiamo che l’efficienza possono concorrere con altri tipi di impianti. Per questo insisto nel dire che non si deve guardare solo alla leva del prezzo per kilowattora, energetica sia ancora la priorità, ma che questa priorità non ma ai benefici complessivi che la cogenerazione apporta al sistema. sia vissuta come un elemento di mero auspicio, ma che vi si dia corpo sul serio rendendo davvero vincolanti gli obiettivi E: Che segnali vi aspettate dall’Europa? che vengono posti. MG: Italcogen è un ramo di Eefig (Energy Efficiency Financial Institution Group, ndr) che si occupa di strumenti finanziari MG: È forse anche colpa nostra. Siamo stati poco pressanti in alcuni per l’efficienza energetica ed è rappresentata nel board di Cogeneurope. Abbiamo per questo un osservatorio privilegiato passaggi che hanno visto coinvolti l’Autorità dell’energia e i diversi che ci consente di essere conosciuti anche presso le istituzioni ministeri: è mancata la coesione necessaria e credo che abbiamo a Bruxelles. Che hanno ben presente quanto per questo settore, difettato in termini di rappresentatività. Anche nel caso della direttiva sull’efficienza energetica non c’è stato un pungolo efficace. il sud Europa, Italia in testa, sia strategico. E: Cosa è mancato finora?

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energia rinnovabile

L’eolico che non ti aspetti Parla Massimiliano De Santis Socio ed Amministratore Unico di SHU di Luca Speziale

Un innovativo modo per “interpretare” l’eolico. Una piccola idea che può avere invece grandi potenzialità di sviluppo ed utilizzo. Il futuro è già presente: è Shu. Ne abbiamo parlato con Massimiliano De Santis, uno dei fondatori.

E: Iniziamo dal principio, chi siete? MDS: Shu Tech è un’azienda giovane ed innovativa. Attualmente stiamo completando il percorso di incubazione presso il Polo Meccatronica di Rovereto che ci ha portato, nell’arco di dodici mesi, dalla fase di start-up alla costituzione della società. In Italia Shu Tech sarà presente nelle sedi di Roma e Rieti. E: Come è nata Shu? MDS: Tutto ha avuto inizio nel marzo 2015 quando tre amici dell’università si sono riuniti intorno ad un tavolo per discutere una loro intuizione: come sfruttare l’energia eolica per alimentare le batterie dei mezzi di trasporto ibridi ed elettrici. Da li è partita un’intensa collaborazione che ha portato alla presentazione di una prima idea al “V Premio Gaetano Marzotto 2015” dove il progetto “Shu: Wind Power System For Electric Motors Support” è risultato tra i vincitori nella categoria ‘dall’idea all’impresa’. Dopo una impegnativa attività di ricerca e grazie all’assistenza del Polo e ai confronti avuti con società del settore siamo riusciti a realizzare un prototipo i cui test hanno dato risultati incoraggianti. Il team di Shu è composto da tre ingegneri, con esperienze professionali nella progettazione elettronica e meccanica e del project management. Il nostro obiettivo è quello di sviluppare sistemi innovativi nell’ambito delle energie rinnovabili nei settori civile e industriale, dalla nautica all’automotive. E: Quanto sono realmente importanti le energie alternative? MDS: Le fonti di energia alternativa, in particolare le rinnovabili, rappresentano la soluzione principale per contrastare l’utilizzo delle fonti di energia fossile. I cambiamenti climatici connessi

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all’uso delle fonti fossili rappresentano ormai un fenomeno inconfutabile, come è dimostrato dall’incremento della temperatura media di aria e oceani, dallo scioglimento dei ghiacciai e dall’innalzamento del livello del mare. Se solo pensassimo che il sole, ad esempio, è in grado di produrre energia sia mediante il sistema solare termico che il fotovoltaico; che il vento può fornire energia grazie agli aerogeneratori e la stessa terra può farlo tramite le pompe di calore: allora perché non sfruttare queste fonti energetiche sostenibili? Lo sviluppo delle rinnovabili, inoltre, consentirebbe di ridurre la dipendenza dal petrolio, di evitare la generazione di rifiuti pericolosi, di scongiurare incidenti petroliferi come i disastri in mare o le rotture di condutture, e contenere notevolmente gli impatti ambientali. E: Quanto si sta facendo nel nostro Paese per incrementare le energie alternative? MDS: Qualcosa sta cambiando anche se il gap con gli altri Paesi europei rimane ancora consistente. Personalmente ritengo che il problema non sia tecnologico, quanto culturale. Non esistono campagne di sensibilizzazione volte a promuovere l’importanza dell’utilizzo delle forme di energia rinnovabile, né politiche ed investimenti significativi da parte delle istituzioni, nonostante lo sviluppo tecnologico cresca in maniera vertiginosa. Basti pensare, per esempio, agli innovativi sistemi di accumulo, all’utilizzo della tecnologia a Led per l’illuminazione, alle Smart Grids per la gestione energetica delle città, al Vehicle to Grid. Tutti concetti, prodotti e servizi che purtroppo pochi conoscono. Anche se mi piace sottolineare le iniziative realizzate nel nostro Paese nell’utilizzo di fonti di energia alternativa. In ultimo il vaporetto elettrico ’Scossa’ impiegato a Venezia per il trasporto

pubblico, segno che anche nella mobilità il ruolo delle energie alternative diventerà sempre più importante. E: Mi parli del vostro progetto: un sistema eolico a supporto dei motori elettrici. Come funziona? MDS: È un sistema di ricarica delle batterie dei mezzi di trasporto ibridi ed elettrici (settore automotive e navale) che utilizza turbine eoliche verticali VAWT azionate dal vento e dall’aria spostata durante il movimento del mezzo - efficacemente convogliata per la produzione di energia elettrica. Lo abbiamo chiamato Shu pensando alla omonima divinità egizia dell’aria e del vento. È un supporto alla ricarica delle batterie: ecologico, a basso impatto, illimitato e gratuito. Attualmente siamo concentrati nel settore navale, in particolar modo sulle barche a vela. Shurha, primo prodotto della serie Shu, sfrutterà in un unico componente l’energia eolica e quella solare. Entreremo quindi nel mercato con una soluzione unica ed innovativa che funzionerà come un caricabatterie di mantenimento fornendo continuamente corrente alle batterie di bordo. Sviluppare il sistema Shu significherebbe dare un nuovo impulso al settore del microeolico, che noi riteniamo un mercato di riferimento rilevante. Sicuramente la mobilità sostenibile è il settore che più ci interessa, anche se il nostro sistema può trovare applicazione anche nel contesto civile ed industriale. Abbiamo già in mente evoluzioni importanti del prodotto. E: Altri progetti in cantiere? MDS: Nel breve periodo c’è lo sviluppo di un centro ricerche per studiare e testare nuove soluzioni e prodotti per il mercato della green economy. Un altro passo fondamentale da compiere sarà attivare collaborazioni con atenei e distretti tecnologici.

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energia rinnovabile

Natura ue in declino, più della metà protetta solo sulla carta a cura di Prometeo ADNK

Nuovo report dell’associazione ambientalista: nel mirino ritardi e inadempienze diffuse Più della metà delle aree naturali europee protette solo sulla carta: colpa di ritardi e inadempienze diffuse nei vari Stati membri. La denuncia arriva da un nuovo rapporto del Wwf “Prevenire parchi di carta”, secondo il quale solo il 23% delle specie animali e vegetali e il 16% degli habitat protetti, ai sensi della Direttiva Habitat, presentano un buono stato di conservazione. Le risposte urgenti richieste dal Wwf sono: aumento del numero delle aree marine protette, misure e piani efficaci per tutti i siti naturali comunitari, maggiori investimenti e migliore monitoraggio e applicazione degli obblighi di legge.

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Queste misure potrebbero garantire una natura europea realmente protetta e ripristinata nella sua integrità. “In Europa abbiamo leggi sulla natura tra le più forti nel mondo, ma allo stesso tempo stiamo perdendo ogni giorno specie e habitat a causa di attività economiche illegali. La tutela rischia di rimanere solo sulla carta se non è sostenuta da una gestione efficace e un adeguato finanziamento sul territorio. Il nostro report rivela ciò che le istituzioni dell’Ue e le autorità nazionali devono fare con urgenza per arrestare la perdita dei sistemi naturali e perseguire l’obiettivo di un urgente uso sostenibile delle nostre risorse naturali”, sottolinea Andreas Baumüller, responsabile delle Risorse naturali dell’Ufficio Wwf per la Policy europea. Come mostra il report, siti naturali unici come le zone umide, le montagne incontaminate, i fiumi e le aree marine sono minacciati da un mix fatto di cavilli legali, mancanza di adeguate valutazioni di impatto ambientale e piani di gestione inesistenti o inadeguati. Peraltro il rapporto segnala anche alcune buone pratiche già messe in atto in molte aree protette con notevoli benefici per la fauna selvatica, le popolazioni locali e le loro economie.

Accordo italia-tunisia su clima ed energia Galletti firma accordo di cooperazione con ministro Jhinaoui da 2 milioni di euro Italia e Tunisia siglano un accordo per rafforzare la cooperazione sull’energia pulita, il contrasto al cambiamento climatico, la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile. A firmarlo a Roma il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e il ministro degli Affari Esteri tunisino Khemaies Jhinaoui, per conto del ministro dell’Energia, delle Miniere e delle Energie Rinnovabili Hela Cheikhrouhou. L’accordo si inquadra nell’ambito dell’attuazione dei piani nazionali di riduzione delle emissioni concordati nell’accordo raggiunto alla Cop21 di Parigi. Tra i progetti e le attività, che il ministero dell’Ambiente cofinanzierà per un importo non superiore ai due milioni, sono previsti scambi di esperti e di studi tecnici, campagne di sensibilizzazione, formazione di capacità e trasferimento tecnologico. Per il ministro dell’ambiente Galletti “si tratta di un’intesa di particolare importanza, che rafforza lo scambio con un Paese strategico nel Mediterraneo, che ha bisogno di far crescere la sua economia puntando sulla leva ambientale”. La firma dell’accordo è avvenuta nell’ambito della definizione di sei accordi di cooperazione tra i due Paesi, in una cerimonia cui ha partecipato il Presidente della Repubblica tunisina Beji Caid Essebsi, il ministro degli Esteri Angelino Alfano, il viceministro agli Esteri Mario Giro, il sottosegretario ai Beni Culturali e Turismo Dorina Bianchi.

Sostenibilità e integrazione viaggiano in treno, la free press si fa sociale Il Paese della Sera, più di 1,5 milioni di lettori per il quindicinale gratuito Più che un’iniziativa editoriale, è un progetto sociale che viaggia ad alta velocità lungo la penisola. E mette insieme integrazione, oltre un milione e mezzo di lettori a bordo treno, più di 120 storie di solidarietà e di buone pratiche dell’Italia, una community di quasi 300.000 utenti unici sul web e 700.000 visualizzazioni. Ed anche personaggi della cultura e firme del giornalismo (da Erri De Luca, Giobbe Covatta, Enrico Bertolino a Maria Grazia Cucinotta) che hanno dato il loro contribuito volontario sui temi della povertà, dell’accoglienza, della violenza sulle donne, della disabilità, della sostenibilità. È il quindicinale gratuito Il Paese della Sera, progetto promosso dall’organizzazione Wsc in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio, con il sostegno di Italo Treno, Fondazione Allianz Umana Mente, Fondazione Bracco, Fondazione Cariplo, Fondazione Con Il Sud insieme a Agire e Avis e al media partner Adnkronos. La rivista è realizzata a titolo volontario da un team di giornalisti che propone al pubblico notizie sui temi dell’innovazione sociale. Un bilancio, quello dei primi mesi del progetto, che oltre a fornire i numeri, parla anche di inserimento lavorativo di ragazzi e ragazze in situazioni di disagio economico impegnati nella distribuzione della rivista. Rivista che inizia il 2017 con nuovi “compagni di viaggio” e nuovi impegni: l’aumento fino a 20 dei giovani coinvolti e nuovi canali distributivi per ampliare il numero di lettori. La prima copertina del 2017 si apre con l'editoriale di Ferruccio De Bortoli sul tema del welfare. La pubblicazione viene distribuita gratuitamente dal lunedì al venerdì sui treni Italo della mattina in partenza dalla Stazione Centrale di Milano e dalla Stazione Centrale di Napoli.

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energia e ambiente

I cittadini al centro della rivoluzione energetica A tu per tu con Giuseppe Onufrio Direttore Greenpeace Rinnovabili come elemento di crescita, perché “se il nostro Paese dimostrerà lungimiranza, decisione e coraggio” puntando sul settore “potrebbe diventare un Paese trainante in termini di innovazione tecnologica”. Peccato, però, che “sembrano essere diventate il nemico numero uno dei governi”. Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace, la più determinata delle associazioni ambientaliste, non resta fermo alla critica ma guarda al campo ampio della trasformazione energetica

Giuseppe Onufrio - Direttore Greenpeace

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di Roberto Antonini

E: In Italia in questi ultimi anni c’è stato un susseguirsi di misure che ostacolano l’autoconsumo di elettricità: con il pacchetto Taglia Bollette del decreto Competitività si è eliminata in parte l’esenzione dagli oneri di sistema dell’energia autoconsumata; poi si sono vietate nuove reti private di tipo Sdc (sistemi di distribuzioni chiusi). Si rende, insomma, meno conveniente prodursi l’elettricità da soli. Cosa sta succedendo? GO: I dati dell’anno base del Piano d’azione per le rinnovabili (Paner), il 2010, è stato rivisto da 10,6 Mtep a 17,3. Si tratta di una revisione statistica effettuata per varie voci. Quello delle bioenergie è stato rivisto al rialzo da 2,2 a 7,6 Mtep, per la revisione del dato della legna da ardere. In sostanza degli 11 Mtep aggiuntivi di rinnovabili oltre 7 sono legati al ricalcolo dell’anno base. Se avessimo avuto un dato statisticamente corretto sin dall’inizio il nostro obiettivo 2020 sarebbe stato certamente più alto. E: Ma una tale serie di misure non rischiano di frenare le iniziative più innovative legate alla produzione di elettricità da fonti rinnovabili?

E: Un maggiore sostegno all’autoconsumo potrebbe far crescere ancora la filiera delle tecnologie Fer nella quale ci sono già alcune eccellenze italiane?

GO: Certamente sì, e rischiano anche di tenere i cittadini fuori dalla rivoluzione energetica. Ogni persona, azienda, ente pubblico, avrebbe convenienza ad autoprodurre almeno in parte l’energia che consuma, ma oggi tra burocrazia e provvedimenti volti a disincentivare questa scelta, le nuove installazioni sono in crollo. E anche l’innovazione latita: spesso i progetti vengono ideati in Italia ma sviluppati in altri Paesi che si dimostrano più all’avanguardia di noi. Con il paradosso che aziende elettriche attive nel settore di fatto investono solo all’estero. Sempre per lo stesso motivo: la difesa delle quote di mercato fossili.

Se l’Italia anni fa era tra i Paesi leader nella filiera delle tecnologie rinnovabili, oggi abbiamo perso questo primato. E non sarà facile riprendercelo. Ma - come ho detto - alcuni progetti estremamente innovativi ancora vedono la luce in Italia; se il nostro Paese dimostrerà lungimiranza, decisione e coraggio nel puntare sulle energie rinnovabili, potrebbe tornare ad essere trainante in termini di innovazione tecnologica. Ricostruire almeno in parte le nostre filiere delle rinnovabili dovrebbe essere un obiettivo anche politico. Ma non sembra ce ne sia traccia.

E: Volendo pensare male viene in mente che dietro vi sia l’intenzione di non ridurre ulteriormente le sempre minori vendite dei grandi gruppi elettrici. Se così fosse, sarebbe una strategia miope sia dal punto di vista del dispiegamento delle rinnovabili che da quello del rispetto degli accordi climatici internazionali… GO: La trasformazione in atto del mercato modificherà anche la logica economica attuale che sarà sempre meno legata alla vendita di elettricità e si sposterà progressivamente sui servizi di rete. È comunque un dato di fatto che i grandi giganti della produzione di energia sono presenti a tutti i negoziati internazionali sul clima, e svolgono attività di lobby nelle più importanti sedi europee e mondiali. I cittadini, invece, dovrebbero essere rappresentati dai politici eletti, ma spesso non è così. Il risultato di tutto questo, a livello europeo, sono stati obiettivi climatici al 2030 estremamente deboli e non in linea con gli accordi di Parigi. Vedremo ora come sarà la nuova direttiva sulle energie rinnovabili contenuta nel ’winter package’: la prima bozza ha alcuni aspetti positivi riconoscendo il ruolo dei cittadini e dei piccoli produttori - ma moltissime cose sono da modificare o eliminare.

E: Secondo Greenpeace quale potrebbe essere un assetto legato all’autoconsumo che non risulti punitivo per chi lo sceglie e per il resto del sistema energetico? GO: Sicuramente non il modello proposto dalla riforma della tariffa elettrica, che disincentiva efficienza energetica e autoconsumo. Per l’efficienza energetica bisognerebbe guardare ad esempi virtuosi. Come quello della California che è l’unico Stato americano ad avere mantenuto costanti i consumi pro-capite negli ultimi 15 anni grazie ad una tariffa marginale che cresce all’aumentare dei consumi e ad un sistema con cui i consumatori sono informati in tempo reale quando hanno superato una certa soglia di consumo e quindi il prezzo unitario dell’energia per loro aumenta. In sostanza, esattamente l’opposto di quello che stiamo facendo in Italia. Per le fonti rinnovabili, invece, c’è bisogno prima di tutto di continuare a garantire l’esenzione degli oneri per l’energia autoconsumata, di dare certezza normativa per gli investitori e di minore burocrazia. Purtroppo il governo sembra latitare sulla crescita delle rinnovabili che, invece, deve riprendere. Anche gli obiettivi 2030 - che andranno alzati alla luce dell’accordo di Parigi - non potranno essere raggiunti con l’attuale livello di installazioni.

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energia e ambiente Telelavoro

, a t i v e r a i l i Conc a l e t u t e o lavor e l a t n e i b m a

Il posto di lavoro e casa propria possono coincidere? Sì, con il telelavoro. Vantaggi per le aziende, i lavoratori e le loro famiglie, ma anche ricadute significative sull’ambiente e sulla vivibilità delle nostre città. L’esperienza di Acquirente Unico per l’introduzione dei nuovi modelli nell’ordinaria attività lavorativa.

di Alessio Borriello

Migliorare la qualità della vita lavorativa; trovare equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero; ridurre i costi per l azienda e per il lavoratore, innalzando anche la qualità delle prestazioni lavorative. Sono obiettivi che spesso appaiono irrealizzabili ma che si stanno concretizzando attraverso il telelavoro. Nonostante siano molteplici i benefici di questo approccio, la percentuale dei telelavoratori italiani è ancora molto bassa, con il nostro Paese relegato agli ultimi posti in Europa. Questo gap, a detta degli esperti, è dovuto ad un contesto normativo immaturo, ad un approccio rigido (e forse miope) delle relazioni industriali e a una visione del lavoro spesso gerarchica: insomma, un modello di lavoro ancora molto tradizionale. All’interno di tale scenario, il settore energetico vede pochissime aziende avvicinarsi a questa gestione alternativa del personale.

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Tra queste, Acquirente Unico, con un percorso iniziato alla fine del 2014. “Le opportunità date dal telelavoro abbiamo volute tradurle in un progetto con tre obiettivi principali: promuovere iniziative di welfare vicine alle esigenze delle persone, favorire prestazioni più efficaci e costruire un sistema di lavoro più flessibile” ha evidenziato Laura Russo, dell’area Risorse umane di Acquirente Unico. Si è deciso di non partire subito con grandi numeri per testare le reazioni del personale. L’attività è stata - ed è - attentamente monitorata al fine di ottimizzarne l’investimento. “Il programma è stato, da subito, preciso e dettagliato - continua Laura Russo - per riuscire a focalizzare i punti di forza da sviluppare e le aree di miglioramento. Superata questa fase, abbiamo registrato la soddisfazione dei dipendenti coinvolti, riscontrata tramite questionari compilati in forma anonima, proprio per garantire la veridicità delle risposte.” “L’analisi dei risultati - aggiunge Sabrina Di Giusto (Risorse Umane) - è avvenuta anche con altri strumenti, come focus group e indicatori di performance”. Il livello di gradimento è stato molto alto: il 100% del primo gruppo di 30 dipendenti ha apprezzato questa modalità lavorativa: il 72% si è ritenuto pienamente soddisfatto e il restante abbastanza soddisfatto. L’80% degli intervistati ha affermato, inoltre, di non aver dovuto modificare il modo in cui svolge la propria attività in seguito all’introduzione del telelavoro, traendone solo vantaggi, come la possibilità di poter


meglio conciliare la sfera privata e quella lavorativa e ridurre lo stress. Un ulteriore elemento positivo emerso dall’attività di follow up risulta la bassa sensazione di isolamento percepito dai telelavoranti. I responsabili delle direzioni interessate hanno, infatti, incluso i lavoratori a distanza all’interno di gruppi di lavoro, prestando particolare attenzione che gli stessi fossero costantemente raggiunti dai flussi di informazioni e conoscenza presenti all’interno dell’organizzazione. Ma la diffusione del telelavoro all’interno di un’azienda non va letta solo in termini di vantaggi e svantaggi per l’azienda e per il lavoratore, ma va inquadrata in una più ampia logica di Responsabilità Sociale d’Impresa. I vantaggi individuali, infatti, diventano vantaggi sociali se osservati, ad esempio, in termini di riduzione del traffico e delle emissioni di CO2, nonché di alleggerimento dell’impatto sui trasporti pubblici e sui costi sociali degli stessi, con un netto miglioramento del bilancio ambientale. Si tratta di contributi non risolutivi, ovviamente, ma nemmeno disprezzabili e potenzialmente dirompenti ove l’esperimento si allargasse nell’interezza delle sue potenzialità. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), “le concentrazioni di inquinanti sono ancora troppo elevate ed i problemi legati alla qualità dell’aria persistono”, nonostante i miglioramenti messi in campo, per esempio nei motori auto. “Una parte significativa della popolazione europea vive in zone, in particolare nelle città, in cui si superano i limiti fissati dalle norme in materia di qualità dell’aria, ponendo gravi rischi per la salute umana”. Sempre nell’ottica di ridurre gli impatti ambientali Acquirente Unico si sta muovendo anche su altre linee: per esempio sviluppando l’uso della videoconferenza nello svolgimento delle pratiche di conciliazione e consolidando l’attività di e-learning. L’obiettivo è ridurre l’utilizzo di supporti fisici e di mezzi di trasporto, nonché i consumi di carta e di combustibili, la produzione di rifiuti e l’emissione in atmosfera di gas nocivi.

Per evitare che esperienze come quella di Acquirente Unico restino isolate è necessario che il tema del telelavoro sia maggiormente affrontato, sia a livello culturale che organizzativo. In questa direzione si stanno muovendo le attuali politiche di governo, che con la riforma Madia puntano ad un restyling della Pubblica Amministrazione anche attraverso lo smartworking, ovvero l’assunzione di formule di lavoro sempre più flessibili e “family friendly”. Si tratta di modifiche di tendenza che non avvengono mai dall’oggi al domani e presentano molte sfumature. Anche per i lavoratori: non tutti, ad esempio, vivono positivamente la sovrapposizione casa-ufficio. Quello che Acquirente Unico ha cominciato e continuerà a mettere in campo è proprio un’azione volta a rendere l attività lavorativa il più possibile flessibile, massimizzandone i vantaggi economici, aziendali, sociali, familiari e personali.

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energia e ambiente

Passare dalla linea al cerchio Conversazione con Antonio Cianciullo Giornalista, esperto di energia e ambiente di Maria Pia Terrosi

Il modello dell’economia lineare - “produci, consuma, dismetti” - sembra arrivato al capolinea. Si fa strada il modello economico circolare fondato sull’applicazione dei concetti di riuso, riciclo, recupero di materia e energia. Ne abbiamo parlato con Antonio Cianciullo, giornalista de La Repubblica, esperto nei temi ambientali.

Antonio Cianciullo - Giornalista, esperto di energia e ambiente

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circolare che risponde a entrambi i problemi rompendo lo schema lineare e creando un’economia del recupero. E: L’economia circolare, dunque, non è un tema solo ambientale ma anche economico. AC: La differenza tra ambientale e economico sta perdendo significato. Quel distinguo è nato in un’epoca culturale in cui economia e ambiente venivano percepite come modi di pensare che rispondevano a esigenze diverse: da una parte il profitto, dall’altra la difesa dell’ambiente. Ma proprio i limiti dell’economia lineare hanno dimostrato che per fare meglio economia si deve fare un’economia rispettosa dei limiti fisici, basata sul recupero dell’energia (attraverso l’uso delle rinnovabili) e della materia. Il recupero della materia è un concetto recente, ma otterrà un consenso crescente, proprio come è accaduto per le fonti rinnovabili. E: Questa la definizione di economia circolare della Ellen Mac Arthur Foundation: “un’economia industriale che è concettualmente rigenerativa e riproduce la natura nel migliorare e ottimizzare in modo attivo i sistemi mediante i quali opera” Cosa significa concretamente?

E: Sempre più spesso si sente parlare di economia circolare. Di cosa si tratta e perché dovrebbe risolvere la disequazione che ci impone il nostro pianeta tra “aumento dei consumi energetici e di materia e risorse limitate”. AC: La crisi iniziata nel 2008 - in realtà un assieme di crisi finanziaria, economica, energetica e ambientale - ha tra le sue ragioni gli errori esistenti nel rapporto con il sistema delle risorse. Sin dall’inizio dell’era industriale le risorse sono state concepite come inesauribili: solo la tecnologia era il limite che si frapponeva tra noi e l’ottenimento delle quantità desiderate e desiderabili di energia e materie prime. Si è scoperto, invece, che questo meccanismo non funzionava. Il momento di rottura è stato il Rapporto del Club di Roma 1972, che ha rappresentato un vero spartiacque. È chiaro che la tecnologia sposta i limiti: non è facile prevedere quando le singole risorse verranno meno. Ma dal punto di vista economico l’importante non è sapere quando una risorsa non sarà più disponibile: la svolta inizia quando si entra nella parabola discendente, ovvero si è superato lo sfruttamento di metà delle risorse disponibili. Per questo si parla del picco del petrolio: a quel punto il prezzo si impenna, diminuisce la stabilità. E ci sono altre componenti da considerare: una su tutte quella geopolitica. Poi, oltre alla difficoltà di ottenere risorse, ci sono i limiti legati alla capacità degli ecosistemi di assorbire i rifiuti. La soluzione: l’economia

AC: Due esempi: uno antico e uno recente. Il primo si riferisce alla carta, da secoli oggetto di attività di recupero: la carta dei volumi con cui la cultura, a partire dal Rinascimento, ha viaggiato in Europa era prodotta recuperando stracci. Da allora per molto tempo la carta è stata riciclata; purtroppo ad un certo punto questa conoscenza si è persa e si è iniziato a produrre la carta abbattendo in maniera indiscriminata alberi. Oggi però c’è la carta certificata che non nasce dalla distruzione di foreste pregiate ma da alberi coltivati a questo scopo. L’altro esempio riguarda le nostre macchine. Si stima che un’automobile resta ferma per il 90% del tempo: uno spreco enorme di materia - le risorse utilizzate per produrla e per permetterle di circolare - ma anche una smisurata occupazione di spazi nelle nostre città. Condividere l’uso delle automobili attraverso la sharing economy permette di utilizzare meglio le risorse. Anche questa è una forma di riciclo: in tal senso la sharing economy è parte della circular economy. Un ultimo esempio riguarda i rifiuti, la possibilità di recuperare dagli scarti materie utili. Ci sono già molte aziende innovative start-up che recuperano dai rifiuti le materie prime necessarie per le loro attività. Faccio l’esempio di un’azienda siciliana che è riuscita a utilizzare gli scarti della lavorazione degli agrumi per realizzare tessuti innovativi. E: L’impressione è che nonostante questi vantaggi il passaggio al nuovo modello economico fatica a compiersi. Come mai? AC: Siamo di fronte a un passaggio epocale che per realizzarsi compiutamente richiede molto tempo. E questo salto si sta compiendo in tempi brevi: nell’arco di pochi decenni si sta riconvertendo un intero sistema produttivo su scala mondiale. Un altro elemento che rallenta la transizione è rappresentato dal cartello delle vecchie industrie fondate sul modello economico lineare. Queste realtà hanno paura del cambiamento ed esercitano pressioni forti affinché il passaggio non si compia. I segnali confermano che si sta andando nella direzione giusta. Le uniche variabili sono il tempo della transizione e le modalità. Non è un dettaglio perché ci saranno vincitori e vinti: chi arriverà prima al traguardo dell’economia circolare e con un paese coeso avrà i maggiori vantaggi. Chi arriverà in ritardo e dilaniati da forti tensioni pagherà un prezzo alto.

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energia e ambiente Cambiamento climatico

Un problema disatteso Il parere di Sandro Fuzzi Climatologo dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr Occhi puntati sul nuovo inquilino della Casa Bianca. Donald Trump rottamerà gli accordi sul clima di Parigi? Per Sandro Fuzzi, climatologo dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr non sarà così facile per la nuova amministrazione Usa sganciarsi dalle politiche ambientaliste di Barack Obama.

Sandro Fuzzi - Climatologo dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr

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di Ilaria Proietti


E: Il nuovo Presidente Usa sembra piuttosto scettico in tema di cambiamenti climatici, ma lei ritiene che non potrà del tutto rinnegare le politiche ambientaliste di Obama. Cosa la fa essere così fiducioso? SF: In realtà gli Stati Uniti non potranno sganciarsi dagli impegni almeno fino al 2020. Ma la ragione del mio ottimismo risiede in realtà in un fatto tutto interno a quel Paese: Trump non può ignorare che le politiche per l’ambiente negli Usa, che sono responsabili del 19% del totale delle emissioni globali, vengono fatte a livello di singoli stati. E alcuni di essi sono molto avanzati, direi all’avanguardia. E questo compensa anche la nomina a capo dell’agenzia federale per l’Ambiente di Scott Pruitt, da più parti ritenuto negazionista dei cambiamenti climatici, che non è certo un buon segnale. E: C’è poi la questione Cina, un Paese estremamente contradditorio anche dal punto di vista delle politiche per l’ambiente. SF: La Cina sta già facendo molto, non fosse altro per l’enorme problema di carattere sanitario che deve fronteggiare: ogni anno muoiono a causa dell’inquinamento 1,5 milioni di persone. E questi dati esercitano una enorme pressione sul governo. Ingenti investimenti sono previsti - o sono già in corso - e si possono osservare i primi risultati, almeno da noi ricercatori. Del resto se è vero che la Cina è responsabile del 25% delle emissioni totali è anche il primo produttore industriale di impianti rinnovabili, specie nel settore del solare. È un Paese in condizioni estreme dal punto di vista dell’inquinamento, ma è obbligato a percorrere la strada delle energie alternative. Così come del resto i primi dieci Paesi a maggiore crescita nel pianeta che da soli pesano per il 95% delle emissioni: è a loro che va chiesto lo sforzo maggiore. E: L’Europa è stata spesso accusata di aver fatto il passo più lungo della gamba quanto a impegni sul fronte della riduzione delle emissioni. C’è più visione del futuro o velleità nell’atteggiamento del Vecchio Continente che peraltro produce sempre meno?

E: A chi dovremmo guardare come esempio da imitare? SF: Penso che la Danimarca abbia ben compreso un punto: dire che la risposta al cambiamento climatico è riconvertirsi rispetto ai combustibili fossili è giusto, ma generico. Non c’è un solo tipo di azione da intraprendere per contenere l’inquinamento, ma una serie di azioni che si possono assumere nella direzione di economie carbon free. La Danimarca vuole arrivare entro il 2030 ad un bilancio ad emissioni zero. Il che non vuol dire che smetterà di produrre emissioni, ma che verranno controbilanciate attraverso azioni di assorbimento della Co2. E questo in ogni campo. Prendiamo quello dei trasporti elettrici: non ci si può accontentare di sostituire il parco veicoli, occorre anche affrontare il nodo di come venga prodotta l’energia per alimentarli. L’esempio della Danimarca è utile per spiegare come vanno condotte le operazioni che condividono la stessa visione: a partire dal settore dell’agricoltura che è responsabile del 15% dei gas serra, in cui vanno impiegate tecnologie per azzerare le emissioni. Ma lo stesso vale per il patrimonio abitativo: non si tratta di interventi avveniristici ma di azioni che dove si fanno già producono molti benefici per l’economia oltre che per l’ambiente. E: Sono modelli molto lontani dall’Italia…

SF: L’Ue non ha una responsabilità trascurabile quanto all’inquinamento globale essendo responsabile di circa il 15% del totale delle emissioni. Ma è stata la punta più avanzata delle politiche di contrasto al cambiamento climatico. A mio avviso non deve rilassarsi nella speranza che qualcuno si impegni al suo posto, ma proseguire in questo percorso virtuoso che è facilitato dalla competitività ormai raggiunta dalle rinnovabili rispetto alle fonti fossili.

SF: Credo che in l’Italia manchi la percezione del cambiamento climatico. E questo nonostante le serie storiche che noi studiamo dimostrino che il nostro Paese si stia riscaldando addirittura di più della media globale. I dati dicono, inoltre, che a fronte di una diminuzione del livello medio delle precipitazioni, nello stesso tempo si verificano eventi singoli molto intensi che causano poi danni enormi. Specie in un territorio fragile come il nostro.

E: E l’Italia? E: E questo che c’entra con la riduzione delle emissioni? SF: Se paragoniamo le nostre prestazioni a quelle di altri partner europei non siamo all’avanguardia. La nostra politica energetica non è ben strutturata e paghiamo una certa schizofrenia dei comportamenti: con gli incentivi siamo diventati il Paese con la più alta percentuale di solare in Europa. A cui è seguito un ridimensionamento dopo la fine delle sovvenzioni. Che peraltro non sono state impiegate per realizzare la filiera. Cosa che si vede benissimo, ad esempio, nel settore del trasporto elettrico, che per potersi diffondere necessita di una specifica infrastrutturazione della quale - invece - siamo completamente privi.

SF: C’entra eccome! Basta chiederlo ai ricercatori che studiano anche gli aspetti psicologici e sociali di questo fenomeno: se l’inquinamento è percepito all’istante, magari perché lo smog ci brucia la gola, del cambiamento climatico invece non abbiamo percezione. E quindi tendiamo a non occuparcene. Questo è il problema dei problemi. Il cambiamento climatico non è avvertito, ma è in atto ormai da tempo. Si considera un dato futuro mentre le medie climatiche storiche lo hanno registrato già da 50 anni.

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energia e ambiente

Inquinamento e radiazioni solari, il paradosso dell’ecosistema

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di Giacomo Giuliani

Dall’inizio degli anni ’90 l’Italia è sempre stata uno dei principali attori, nel panorama internazionale, nella produzione di energia verde da fotovoltaico. Quando parliamo di contributo del fotovoltaico sulla domanda elettrica nazionale infatti, il nostro paese non è secondo a nessuno. Con oltre 650.000 pannelli installati il belpaese occupa, nella classifica delle 22 nazioni dove l’energia solare copre più dell’1% dei consumi di elettricità, il 1° posto con un ragguardevole 8%, davanti alla Grecia (7,4%) ed alla Germania (7,1%). Un risultato notevole confermato dai dati dello Snapshot of Global PV Markets 2016 elaborato dall’Iea che dimostra come l’Italia consideri lo sviluppo delle fonti rinnovabili, e del fotovoltaico in particolare, una priorità strategica della sua politica energetica. Ma concentriamoci appunto sulla tecnologia per la produzione di energia pulita. La producibilità di questi impianti è direttamente proporzionale all’intensità ed alla distribuzione dell’energia emessa dai processi di fusione dell’idrogeno nel sole che arriva sulla superficie terrestre. Dipende quindi dalle radiazioni solari. In quest’ottica, lo studio di Veronica Manara e di Maurizio Maugeri, Professore del dipartimento di Fisica della Statale di Milano, pubblicato su Atmospheric Chemistry and Physics, è particolarmente “illuminante”. La ricerca infatti, grazie anche alla collaborazione con l’Eth di Zurigo, la Isac-Cnr, l’Aeronautica Militare e l’Ipe-Csic di Saragozza, analizza l’evoluzione della radiazione solare nel nostro paese negli ultimi 55 anni. Un lavoro non semplice che ha richiesto infatti anni di ricerca.

“Le disomogeneità fra periodi e a livello geomorfologico sono state molte, commenta Maugeri. Per questo abbiamo optato per una modalità che uniformasse le rilevazioni: in tal senso il filtraggio dei dati raccolti è stato effettuato soltanto nei giorni privi di nuvolosità”. Le ricerche dei due studiosi dimostrano una sensibile variazione dell’irraggiamento solare in Italia che è risultato in diminuzione tra il 1960 e la metà del 1980, ed in rapida e costante crescita, negli ultimi vent’anni. Un’inversione di tendenza che, in termini percentuali, si aggira intorno all’8% su base decennale e che rispecchia quanto avvenuto anche in altri contesti. Un risultato interessante ma anche innovativo: fino ad oggi infatti non era disponibile nessuna informazione specifica sul tema. “Di fatto, spiega Maugeri, abbiamo perso quasi 6 watt per ogni decennio nel primo periodo in esame, per un totale di circa 15 watt in meno a metro quadro. Un valore che, nel periodo successivo, è stato più che recuperato con un incremento pari a circa, 7,6 watt per decennio. Oggi possiamo, infatti, contare su quasi 20 watt a metro quadro”. Un cambiamento di rotta davvero ragguardevole Maurizio Maugeri imputa principalmente alla riduzione delle emissioni climalteranti, registrate nel medesimo periodo, nel nostro paese. E questa è senza dubbio un’ottima notizia per l’ecosistema Italia! Vediamo cosa è successo: le ricerche evidenziano che a partire dalla seconda metà degli anni ’80 fino ai giorni nostri, la trasparenza atmosferica alla radiazione solare è migliorata in

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La Vignetta di Fama

molte aree del nostro territorio. Anche in contesti caratterizzati da un’elevata torbidità, sono state registrate percentuali di anidride carbonica in atmosfera in diminuzione. Nel primo periodo considerato invece, quello più interessato dalla drastica riduzione delle radiazioni solari, la percentuale di CO2 rilevata ha raggiunto i valori più alti. Emerge, dunque, una considerazione dalle molte rilevanti implicazioni: la riduzione della CO2 in atmosfera e l’aumento della radiazione solare sarebbero strettamente connessi. Maugeri spiega inoltre come la crescente trasparenza dell’aria e la graduale riduzione delle emissioni climalteranti, il “Kyoto fisso” delle grandi convention sul clima, sia la conseguenza dell’accresciuta sensibilità verso i temi ambientali e della sostenibilità. E questa è un’altra bella notizia a conferma della tesi i Maugeri. Una tendenza confortante che però sembra essere contraddetta dai dati emersi da un recente report della World Meteorological Organization (Wmo). Secondo l’organizzazione internazionale infatti, il 2016 è stato l’anno più caldo e inquinato di sempre, caratterizzato da valori così alti da rappresentare un punto “di non ritorno” per il clima e per la vita sul pianeta. I risultati della stazione di monitoraggio di Mauna Loa nelle Hawaii, hanno rilevato concentrazioni di CO2, superiori alle 400 parti per milione (ppm), ininterrottamente per tutto l’anno. E non era mai accaduto da quando l’atmosfera viene monitorata. Risultati quindi parecchio contrastanti. Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Una bella domanda a cui è difficile dare una risposta. Stando però ai risultati di Maugeri il panorama complessivo sarebbe migliore di quello ipotizzato in sede Wmo. Più promettente ma anche in grado di generare molteplici ricadute. “Fra quelle più positive, spiega il fisico italiano, vengono segnalati il netto miglioramento nella visibilità

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orizzontale, una più ampia disponibilità di risorse energetiche, ma anche un sensibile miglioramento umorale delle persone”. Una notizia di questi tempi davvero… niente male! È noto che l’aria malsana e il cielo grigio, quando rappresentano una costante metereologica, sono in grado di modificare le condizioni psicologiche dell’uomo. Purtroppo però c’è anche il rovescio della medaglia. Un contesto più “luminoso” sembrerebbe causare fenomeni quantomeno paradossali; come quello inerente la temperatura globale. È Maugeri stesso che spiega infatti come “proprio la crescente trasparenza atmosferica abbia probabilmente prodotto un deciso incremento del riscaldamento del clima dell’ecosistema negli ultimi decenni anche se, per comprendere questo fenomeno, sarebbe più corretto parlare di un mascheramento del riscaldamento negli anni precedenti. Dal ’90 in poi invece, quando le concentrazioni di CO2 sono andate calando, oltre al riscaldamento dovuto alle emissioni climalteranti, si è aggiunto anche quello causato dal venir meno di tale mascheramento-filtro”. Una verità forse difficile da accettare sulla quale il professore però scommette. Le potenziali ricadute non si fermano qui. La ricerca è appena agli inizi e gli obiettivi da raggiungere sono ancora tanti: informazioni più dettagliate potrebbero, ad esempio, fornire utili indicazioni sulla più idonea localizzazione dei pannelli solari, sul loro sviluppo futuro ed anche sull’impatto economico dell’intero comparto. Proiezioni più affidabili e precise sull’intensità delle radiazioni solari sul nostro territorio, saranno inoltre fondamentali per il bilanciamento e la sicurezza del sistema energetico italiano.


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energia e ambiente

Grattacieli di legno, ecologici e sicuri di Edoardo Borriello

È indubbiamente il materiale più antico del mondo. Ma oggi il legno rappresenta l’ultima frontiera della grande edilizia a basso impatto ambientale. Le sue proprietà fisiche, unite alle nuove tecnologie, stanno accendendo la fantasia di architetti e ingegneri che sempre più spesso usano il legno per realizzare edifici di notevoli dimensioni. Ad oggi è in Norvegia il più alto edificio del mondo in legno: 14 piani nel cuore della città di Bergen. Un primato destinato, però, ad essere presto superato perché la University of British Columbia, in Canada, inaugurerà entro quest’anno un residence per studenti alto 18 piani. Non solo. Sempre quest’anno, un’azienda olandese inizierà i lavori per la costruzione ad Amsterdam di un grattacielo in legno di 21 piani, realizzato con i pini provenienti dal taglio sostenibile di foreste nel vecchio continente. C’è poi Tratoppen, un ambizioso progetto per la costruzione di un edificio in legno di 40 piani che sorgerà a Stoccolma. Anche in Italia si muove qualcosa su questo fronte. A Milano è stato realizzato un complesso residenziale di quattro torri da nove piani costruite utilizzando pannelli portanti in Clt, un laminato speciale ottenuto dalla sovrapposizione di più strati di legno incollati l’uno sull’altro con angolazioni ben definite. La tecnica di costruzione in legno laminato è stata introdotta

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in Europa negli anni Novanta: i suoi sostenitori ritengono che con le nuove tecnologie si possono produrre pannelli resistenti come i normali materiali edili. “Negli ultimi anni - precisa Francis Watanabe, ingegnere americano di origini giapponesi ed esperto in ecocostruzioni - si è scelto di usare il legno principalmente per due ragioni entrambe legate all’ambiente. Primo perché costruire edifici in legno permette di usare meno cemento, la cui produzione comporta alti consumi energetici e molte emissioni di CO2. Secondo perché le coltivazioni degli alberi assorbono anidride carbonica dall’ambiente circostante. Ma per Michael Green, architetto canadese, ci sono anche altre ragioni, ovvero la praticità e i bassi costi di produzione. Prima di tutto le costruzioni in legno sono meno invasive. Un edificio in legno pesa circa un quarto di un palazzo equivalente costruito in cemento: quindi può avere fondamenta più piccole. Altri aspetti da non sottovalutare nelle grandi città: costruire edifici in legno è molto meno rumoroso e i pannelli essendo compatti, sono facili da trasportare. Michael Ramage, direttore del Centro per l’innovazione sui materiali naturali dell’Università di Cambridge, ha dichiarato al settimanale inglese The Economist che per costruire un edificio


in legno sono necessari 1/5 degli autocarri rispetto a un equivalente edificio in cemento e acciaio. Lo stesso The Economist di recente ha spiegato che le preoccupazioni per gli alti edifici in legno sono legate a due fattori: la resistenza e l’infiammabilità. Per quanto riguarda la resistenza, la diffusione del legno laminato ha contribuito a migliorare molto l’affidabilità del materiale. Proprio per verificare la resistenza del legno laminato, lo studio degli architetti Skidmore, Owings & Merrill e la Oregon State University ha condotto un interessante esperimento. I ricercatori hanno preso una sezione di pavimento di legno laminato larga 11 metri con un sottile strato di cemento in superficie. Quindi hanno usato una pressa idraulica per fare pressione contro il pavimento e verificare come si comportava. Ebbene, il pavimento ha cominciato a spezzarsi ad una pressione superiore alle 37 tonnellate, otto volte il peso che avrebbe dovuto sopportare. Quella dell’infiammabilità, secondo diversi esperti, è invece una falsa preoccupazione, visto che può essere ridotta introducendo sottili strati di cemento, come fatto nell’esperimento della Oregon State University. Anche sul fronte sismico il legno, se rinforzato con barre di acciaio in tensione, rappresenta un ottimo materiale per costruire edifici

capaci di un ondeggiamento controllato che scarica, attraverso le fondamenta, le forze generate dal sisma. Tempo fa il maestro e pedagogo Franco Lorenzoni ha lanciato una sfida agli architetti: “Cari architetti, rifateci le scuole!” L’appello ha suscitato la replica di Renzo Piano: “Ogni scuola dovrà essere un presidio di sostenibilità”. La sostenibilità strutturale secondo l’architetto trasmetterà anche un messaggio didattico: “Si deve costruire con leggerezza, risparmiando risorse e scegliendo materiali in grado di rigenerarsi in natura”. Ed ha aggiunto: “La scelta ideale è il legno: bello, sicuro, antisismico e profumato. Ma innanzitutto è energia rinnovabile. Basta piantare alberi per garantire la sostenibilità del progetto: nel giro di 20 o 30 anni, dipende dall’essenza, si ha di nuovo l’equivalente del legno usato. Per ogni metro cubo di legno impiegato ci vuole una giovane pianta. Il lavoro lo fanno poi la pioggia, il sole e la terra. Si possono creare boschi e spiegare ai ragazzi che il legno usato per la loro scuola, in questo caso 500 metri cubi, è stato sostituito da quella piccola foresta di 500 alberi. In ogni regione nasceranno così nuovi boschi, in base alle essenze del territorio.”

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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.

a cura di Piergiorgio Liberati, in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del Gse

Strategia Energetica Nazionale e profili ambientali La Commissione Ambiente del Senato, dopo un breve ciclo di audizioni con i principali attori del panorama energeticoambientale italiano, il 16 febbraio ha approvato una risoluzione sulla Strategia Energetica Nazionale (Sen) con particolare riferimento ai profili ambientali. Il documento ha l’obiettivo di fornire indirizzi al governo in vista del prossimo G7 Energia di Roma. Tra le varie indicazioni si impegna l’esecutivo a orientare la revisione della Sen secondo gli obiettivi sottoscritti con l’accordo di Parigi nel 2015 avendo come orizzonte temporale il 2050. Nel documento, inoltre, si suggerisce una revisione del sistema di governance nel settore energetico, individuando un soggetto unico in grado di coordinare e semplificare l’insieme delle misure in materia previste da ministeri ed enti pubblici, per rendere più efficace il compimento delle diverse azioni.

“Qualità carburanti e fonti rinnovabili”, il parere del Parlamento Le competenti Commissioni di Camera e Senato hanno formulato, con osservazioni, il parere sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva sulla qualità dei carburanti e sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili (Atto di governo 309). L’articolo 8, che apporta modifiche al decreto legislativo n. 66/2005 in materia di accertamenti sulla conformità dei combustibili, dispone che l’organismo competente per i controlli sarà il Gse e non più l’Ispra. Nell’ambito della disciplina sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, viene introdotta la definizione di biocarburanti avanzati, quali i biocarburanti da materie prime e altri carburanti rinnovabili.

Misure per il settore energetico dal Parlamento italiano Con la Legge 232 del dicembre 2016 (“Bilancio 2017”) sono state confermate le detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici (cosiddetto Ecobonus) inclusi anche i condomini. Prorogato anche il bonus per l’acquisto di grandi elettrodomestici di classe energetica non inferiore ad A+ destinati ad immobili oggetto di ristrutturazione edilizia. Nella conversione del Decreto Legge 243/2016, recante interventi urgenti a favore del Mezzogiorno, è stata inserita la proroga al 31 dicembre 2017 degli incentivi per i grandi progetti di efficientamento energetico nonché il prolungamento al 2021 degli incentivi per la produzione elettrica da impianti a biomasse che nel 2016 hanno esaurito l’accesso agli incentivi. Sempre in tema di energia, il Decreto “Milleproroghe” (244/2016) ha previsto il rinvio al 2018 della riforma dei corrispettivi per oneri generali di sistema da applicare ai consumatori non domestici. Ridotta anche la quota d’obbligo di energia da fonti rinnovabili destinata alla copertura dei consumi termici nei nuovi edifici o in quelli sottoposti a ristrutturazioni rilevanti.

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Approvato il Decreto ministeriale Certificati bianchi A seguito del parere dell’Autorità per l’Energia e della Conferenza Unificata, il MiSE di concerto con il Mattm ha approvato il nuovo decreto sui Certificati bianchi che stabilisce i criteri, le condizioni e le modalità di realizzazione dei progetti di efficienza energetica negli usi finali, per l’accesso al meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica per il periodo 2017-2020. Il decreto determina gli obiettivi quantitativi nazionali annuali di risparmio energetico da conseguire tramite il meccanismo dei CB (dai 7,14 milioni di Tep di energia primaria nel 2017, agli 11,19 milioni nel 2020), nonché gli obblighi annuali di incremento dell’efficienza energetica degli usi finali di energia a carico dei distributori di energia elettrica e di gas.

Smart Grid ed efficienza energetica: via libera dal MiSE Lo scorso 7 gennaio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del MiSE che assegna oltre 320 milioni di euro per il sostegno alla realizzazione di reti intelligenti (smart grid) nelle cosiddette “zone assistite” o in quelle designate nella carta degli aiuti a finalità regionale, relativa al periodo 2014-2020. Le regioni interessate sono Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

Oneri di sistema, aggiornate le componenti tarifarrie Con la delibera 814/2016 l’Autorità per l’Energia ha fissato i valori per il 1° trimestre 2017 prevedendo una riduzione della componente tariffaria A3 per tutti i clienti finali, ad eccezione di quelli energivori in MT che hanno visto aumentare lievemente la quota. Per il 2017 l’Autorità stima una diminuzione di circa 1,3 miliardi di euro nel fabbisogno coperto con la componente A3 per effetto della riduzione degli oneri e dell’azzeramento del deficit pregresso. Ciononostante il consumatore domestico tipo (2.700 kWh/anno di consumo) per effetto dell’aumento di altre componenti avrà un lieve aumento della bolletta elettrica, pari allo 0,9%, rispetto al trimestre precedente. Si stima che su base annua la spesa per il cliente tipo domestico sarà di circa 498 euro/anno di cui circa 81,1 (16,3%) dovuti alla componente A3, che si riduce però del 32,1% rispetto al trimestre precedente.

Tutela Simile: si potrà aderire fino al 30 giugno 2018 È entrata in vigore il 1° gennaio la Tutela Simile, una particolare offerta regolamentata dall’Autorità per l’energia per accompagnare progressivamente i consumatori elettrici verso il mercato libero, con la definitiva abolizione della Maggior tutela prevista nel 2018. La Tutela Simile resterà in vigore fino al 30 giugno 2018 e la fornitura avrà una durata massima di 12 mesi. Alla scadenza del contratto il consumatore potrà scegliere se rimanere con lo stesso fornitore, sottoscrivendo una offerta di mercato libero, oppure stipulare un nuovo contratto di mercato libero con un diverso fornitore. La Tutela Simile vede il diretto coinvolgimento di Acquirente Unico in qualità di amministratore del meccanismo e gestore del sito internet dedicato (www.portaletutelasimile.it).

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arte e architettura in luce 4 La cappella Sansevero

L’arte della meraviglia

Intervista a Fabrizio Masucci Direttore del Museo Cappella Sansevero

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Tappa obbligata per i turisti, visitato almeno una volta dai napoletani, il Museo Cappella Sansevero nel cuore del centro storico di Napoli è un gioiello del nostro patrimonio artistico, dove si intrecciano creatività barocca e orgoglio dinastico, bellezza e mistero creando un’atmosfera unica, quasi fuori dal tempo. Un mausoleo nobiliare, un tempio iniziatico in cui è trasfusa la poliedrica personalità del suo geniale ideatore: Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero. Ospita veri capolavori: il celebre Cristo velato, la cui immagine ha fatto il giro del mondo per la prodigiosa “tessitura“ del velo marmoreo; meraviglie del virtuosismo: le sculture allegoriche delle Virtù, tra cui Decoro, Disinganno, Dominio di se stessi, Sincerità. Ed enigmatiche presenze come le macchine anatomiche. Ne parliamo con Fabrizio Masucci, direttore del Museo Cappella Sansevero.

di Maria Pia Terrosi

E: Nel 2015 il Museo Cappella Sansevero è stato il museo più visitato di Napoli, superando la media di 1000 visitatori al giorno. In pratica, raddoppiati dal 2011 al 2015. Anche nel 2016 i numeri sono stati in crescita? Può dirci qual è la chiave di questo successo? FM: Cominciamo col dire che i risultati del 2016 sono ancora migliori: i visitatori paganti sono stati 462.000, il 26% in più rispetto al 2015. Se poi si contano tutti gli ingressi, cioè compresi i bambini e gli altri ingressi omaggio, si sfiorano 490.000 persone. È chiaro che occorrono molti ingredienti per spiegare un successo del genere. Il primo è rappresentato dalla presenza di una scultura meravigliosa, l’opera più famosa della Cappella, il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, realizzata nel 1753. È un’opera che nei visitatori suscita una profonda emozione. Un’opera che io definisco pop nel senso che parla al cuore, alla pancia della gente ancor prima che alla loro testa. Che colpisce anche chi non conosce la storia dell’arte, provocando un forte stupore di fronte a una tale abilità tecnica. E lo stupore è proprio quello che si prefiggeva di ottenere Raimondo di Sangro, il Principe di Sansevero. Perché senza dubbio, il principe era un personaggio barocco a tutto tondo che ha creato uno spazio - la Cappella appunto - che è un’opera barocca, fondata proprio sulla meraviglia. Non solo. Altro aspetto che spiega il nostro successo è il mistero.

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Nell’intera cappella si respira un alone di mistero che incuriosisce il visitatore. Ed infine c’è un elemento legato proprio alle caratteristiche della cappella, al fatto che è un museo piccolo sebbene ricco di capolavori. Questo fa sì che in un tempo relativamente breve si riesca ad avere una significativa ed appagante esperienza culturale. In pratica in mezz’ora - che abbiamo visto essere il tempo medio di permanenza del visitatore nella cappella - si vive un’esperienza unica. Un’esperienza di armonia: la cappella non è uno spazio dispersivo ma concentrato e questo rende la fruizione e la comprensione delle opere più immediata. E: Mistero e meraviglia: parole chiave per interpretare questo museo. Può dirci qualcosa sulle macchine anatomiche che tuttora suscitano grande stupore nei visitatori. Quale era il loro ruolo nelle intenzioni di Raimondo di Sangro? FM: Le macchine anatomiche sono un esempio di come in tutte le cose che faceva il principe - non solo nella cappella, ma anche nelle sue invenzioni e nelle sue opere letterarie - siano presenti più livelli di lettura e di interpretazione. Al di là della leggenda di aver utilizzato i corpi di due servitori, un uomo e una donna, in realtà le macchine anatomiche sono due ricostruzioni del sistema circolatorio umano realizzate con cera d’api, coloranti e un’anima metallica. Anche se è probabile che per arrivare a questo risultato così accurato siano stati fatti degli esperimenti iniettivi. Nascono innanzitutto come oggetto di studio e testimoniano gli interessi di Raimondo di Sangro anche in campo medico e anatomico. In particolare la macchina femminile era pensata per ruotare sul

basamento così da essere visibile da tutti i punti di vista. Ma al di là dell’interesse scientifico c’è poi un altro livello di lettura delle macchine anatomiche. Va detto, infatti, che le macchine si trovavano nell’appartamento privato del principe, l’Appartamento della Fenice, l’uccello che rappresenta l’immortalità, rinascendo dalle proprie ceneri. Potremmo dire che la rappresentazione del sangue coagulato nelle macchine anatomiche, fermato per sempre, è un’allusione al culto dell’immortalità che era un “pallino” del principe di Sansevero. Dunque, ancora una volta, un aspetto pratico e uno simbolico. E: Dalle sue parole emerge quanto Raimondo di Sangro fosse una personalità eclettica e poliedrica. Lei che è un suo discendente può aiutarci a mettere meglio a fuoco la sua figura e a capire quanto di ciò che viene detto sul suo conto è pura leggenda? FM: Su Raimondo di Sangro si sono dette alcune cose che sono pura leggenda. Vorrei però precisare: su queste storie che circolavano su di lui il principe un po’ ci marciava: non solo era uno spirito eclettico e geniale, ma anche istrionico e ironico. E in un certo senso voleva alimentare queste leggende. È il tema del dubbio, dell’inganno nelle percezioni, caro al barocco e a lui, uomo del suo tempo. Per esempio Raimondo di Sangro descrive il Cristo velato come: “…statua di marmo al naturale di nostro Signor Gesù Cristo morto, involta in un velo trasparente pur dello stesso marmo, ma fatto con tal perizia, che arriva ad ingannare gli occhi de’ più accurati osservatori…” E il barocco amava giocare su questi temi, sull’illusione dei sensi, sul dubbio vero/falso: basta pensare alle finte architetture presenti anche nella Cappella Sansevero. Un altro esempio in tal senso è rappresentato dalla Carrozza marittima, un’altra delle invenzioni del principe usata durante le sue ultime uscite pubbliche. Dalla terra sembrava una magnifica carrozza che andava per mare… tirata da cavalli! In realtà era un’imbarcazione: i cavalli erano in legno ma l’effetto grazie anche alla presenza di un vero cocchiere era di vedere una vera carrozza con veri cavalli che procedevano sull’acqua, mentre all’interno della carrozza c’erano uomini che pedalavano. Di nuovo l’illusione, l’inganno della percezione, la ricerca della meraviglia.

Nuova luce sui capolavori Nel 2016 la Cappella Sansevero è stata dotata di un nuovo impianto di illuminazione che permette di apprezzare al meglio i capolavori ospitati. La nuova illuminazione è stata realizzata con tecnologia a Led che consente una migliore fruizione delle opere e riesce anche a preservarle da eventuali danni che le radiazioni luminose possono provocare ai materiali più sensibili. Non solo: l’illuminazione a Led è più efficiente dal punto di vista energetico, ha una durata superiore ed è più sostenibile. Inoltre, il nuovo sistema di controllo consente di avere diverse configurazioni d’illuminazione delle opere all’interno della cappella. 1. Cappella Sansevero, panoramica dall’alto Foto di Massimo Velo 3. Cristo velato (Giuseppe Sanmartino, 1753) Foto di Massimo Velo 6. Disinganno, part. (Francesco Queirolo, 1753-54) Foto di Massimo Velo

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PIANETA TERRA

il

PERIODICO FONDATO DA CIRO VIGORITO

Mensile di informazione scientifica e cultura dell’ambiente, dell’energia e delle fonti rinnovabili Il PIANETA

TERRA ospita

• la Newsletter dell’ • carta, penna e diritto rubrica dedicata ai temi giuridici e legislativi in cui si alternano avvocati esperti di settore

• i membri del

raccontano

si alternano le opinioni dei membri di questo importante istituto di rappresentanza del comparto energetico

Dà voce ogni mese ad autorevoli personalità del settore energetico Redazione - Pubblicità segreteria.redazione@ilpianetaterra.it www.ilpianetaterra.it


energia del pensiero

Ripartiamo dalla gioia! Dialogo con Vittorino Andreoli Psichiatra e scrittore

di Romolo Paradiso Vittorino Andreoli - Psichiatra e scrittore

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Come si fa a dialogare con Vittorino Andreoli senza sentirsi pervasi da quel senso di levità, di benessere, di gioia, che solo i grandi pensatori e gli uomini con un vissuto ricco d’umanità sanno trasmettere? La sua umanità, che nasce da quella dei “suoi” matti, da lui osservati, compresi e curati con la consapevolezza che nessun essere è esente dal male e dal dolore. Dal peccato e dalla finitezza. Nei quali è riuscito a percepire una sensibilità che sapeva spesso sconfinare nell’arte e nella poesia, a molti uomini, invece, estranee. Matti che hanno arricchito il suo percorso di vita, lo hanno fatto maturare portandolo a credere che in fondo la percezione del senso di tutto, si può riassumere meglio attraverso il sorriso, quando lo sguardo dell’uomo riesce a protrarsi oltre le apparenze, lì dove l’invisibile agli occhi prende forma, diviene trasparente e vivo. Concetto ben contemplato nella sua ultima fatica letteraria: “La gioia di pensare. Elogio di un’arte dimenticata”, Rizzoli editore.

La memoria E: Prof. Andreoli, la memoria è stata sempre una buona amica per l’uomo. Un po’ come la coscienza. Ci ha permesso di conservare un bagaglio di esperienze i cui riverberi poter ritrovare nei momenti delle scelte, delle disposizioni d’animo, nelle riflessioni sul chi siamo e su chi potremmo essere. Ma la memoria, per l’uomo d’oggi, svolge ancora lo stesso compito? O siamo talmente presi dall’incosciente convulsione nel vivere, da aver “dimenticato la memoria”? VA: Io parlerei più di perdita di “memorie”. Per meglio capire a quale deficienza la nostra società sta andando incontro. Abbiamo la memoria delle immagini, il rivedere i visi delle persone a noi care che non ci sono più. Abbiamo la memoria del linguaggio, quella della storia e poi la memoria dei suoni, il ricordare una voce o una musica. Quindi la perdita della memoria è una perdita straordinaria perché è la cancellazione dei vissuti di ognuno. È come annullare una parte dell’esistenza. E se noi dimentichiamo la memoria non facciamo più storia. Siamo degli utenti casuali, momentanei, che non si occupano delle loro radici su cui, invece, bisogna fondare non solo il tempo presente, ma anche quello futuro. Oggi stiamo delegando la memoria alla digitalità. Abbiamo superato la memoria dei numeri, perché incapaci di ricordare, per esempio, un numero di telefono a mente. La tecnologia è una grande ricchezza se adoperata per essere utile all’uomo e non per schiavizzarlo, come invece sta accadendo. E: I giovani sembrano i più colpiti dalla perdita della memoria. Succubi come sono di telefonini e tablet e altri strumenti tecnologici a cui delegano la loro libertà. VA: I giovani stanno depauperando la memoria semantica delle parole. Cioè il senso di queste, che porta a un impoverimento del linguaggio, dell’espressione, con la conseguenza di non essere più in grado di dare un valore pregnante a ciò che si pensa e si dice. Qualcosa in grado di far breccia nell’animo di chi ascolta. Si è recentemente scoperto che in una giornata noi usiamo dalle 70 alle 100 parole. Pensi che l’enciclopedia Treccani, che è il nostro riferimento linguistico, ha 30.000 termini.

Quindi si immagini a quale livello di povertà espressiva siamo giunti. Benedetto Croce diceva: “la ricchezza del pensiero dipende dalla ricchezza dei mezzi per esprimerlo”. Se diminuisce la capacità di pensare, si riduce e si affievolisce quella di trasmettere pensiero. E: E se si perde il pensiero… VA: Diventiamo uomini pulsionali. E questa è una perdita antropologica.

Ascoltare e comprendere E: Il suo lavoro di psichiatra la porta necessariamente all’ascolto e alla comprensione della “persona” che ha davanti. Così inizia un percorso di conoscenza e quindi di cura. Ascoltare e comprendere sembrano però due termini lontani dalla cultura della società occidentale, con la conseguenza di essere sempre più estranei a noi stessi e agli altri, ma soprattutto incapaci di costruire una comunità di valori e intenti condivisi. È così? VA: L’ascolto e la comprensione stanno regredendo in tutti gli ambiti umani. Da quello scolastico, a quello della medicina, a quello del lavoro e, ancor più, in ambito familiare, che è il luogo deputato all’educazione e all’evoluzione delle persone. È la conseguenza del “dominio dell’io”. Ognuno parla del proprio “io”, mentre si dovrebbe parlare di “noi”. La responsabilità di questo fenomeno appartiene a tutti: educatori, giornalisti, politici, scrittori, medici e via così. Con Freud, nel 1900, grazie alla pubblicazione de: “l’interpretazione dei sogni”, nasce la psicologia dell’io. Ora invece è tempo di parlare della “psicologia del noi”. Perché l’io è una finzione. Non esiste l’io isolato. Il bambino che nasce, se non avesse la madre non camperebbe. Non possiamo pensarci al di fuori delle relazioni. Il lavoro è relazione, l’amore addirittura è una relazione intima. Nonostante ci si renda conto che la dimensione del noi sia il viatico per una buona Comunità, piccola o grande, si continua a parlare dell’io. Ciò porta a una visione del mondo che vede solo la propria dimensione e i propri interessi. Dall’ “io”, si passa con disinvoltura al “mio”! Di conseguenza la democrazia, che è il fare insieme, è oggi messa male. E: Forse più che di democrazia bisognerebbe parlare di sistema plutocratico. Governo di pochi e ricchi. Ci fanno pensare che siamo noi a decidere le sorti di uno Stato, e invece sono sempre le solite greppie. VA: La democrazia, così come oggi si esprime, è una finzione. Si tratta di una oligarchia di potenza. Finché esisterà il dominio dell’io, noi non saremo in grado di dar vita a una vera e pulsante democrazia.

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Osservare E: Anche “l’osservazione” s’è fatta estranea ai nostri atteggiamenti, togliendoci il piacere di incontrare la bellezza che sta nelle cose, nella natura, nell’uomo, con le sue diverse sfumature, capace di aprire orizzonti nuovi al nostro modo d’essere e di vedere il mondo e la vita. Qualcuno ha detto che la realtà vissuta è un percepito delle emozioni che ci danno tg e reality. Lei cosa ne pensa? VA: La televisione, il telefonino, il computer, i social, stanno falsando la realtà. Noi pensiamo la vita come ce la fanno vedere questi mezzi. Spesso con angoscia, con paura. Mai, o quasi mai, con spirito allegro, gioioso, speranzoso. Abbiamo abbandonato il mondo del concreto per il mondo del virtuale. E: Manca il senso della realtà… VA: Questo una volta lo si diceva per il malato di mente. Ma se dovessimo tenere tale definizione dovremmo dire che il mondo è fatto solo di matti!

Modernità E: Se dovesse, da psichiatra, diagnosticare la sindrome che affligge la modernità, quale le attribuirebbe? VA: La stupidità! È dilagante! La persona stupida non riesce mai ad immaginare che cosa è l’intelligenza. Non la pensa. Mentre l’intelligente pensa anche alla stupidità, in quanto teme di essere stupido. Lo stupido in base al potere che ha, ritiene di avere tutto. Uno stupido potente non ha alcun dubbio. Un intelligente al potere ha paura di sbagliare e si comporta con senso di responsabilità. E: Oggi un intelligente che ha il senso della finitezza, del limite, viene considerato un debole. VA: È un fuori norma. Tanto è vero che abbiamo una società che favorisce e sceglie gli stupidi. Che devono assomigliarsi, naturalmente. Stupido sceglie stupido.

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Occidente E: Aveva ragione Oswald Spengler nell’indicare quella d’Occidente come una civiltà in lento declino? VA: Allora la visione di Spengler era fondata su una sensazione. I tempi non erano questi, c’era ancora fermento di idee, voglia di pensiero nuovo, originale. Si immaginava un futuro migliore. C’era un sogno. Oggi la visione di Spengler è realtà, purtroppo. Tutto si è frantumato. Il nichilismo ha preso il posto del pensare e fare per costruire società di valori e senso. La situazione è drammatica. Se pensiamo che la nostra civiltà, nata con Socrate, Platone, Aristotele, è sfociata nella mancanza di pensiero, ci vengono i brividi! La gente non va più a votare perché si rende conto che chi la governa, come pure i partiti di opposizione, non hanno pensiero. Non hanno interessi se non personali. Le persone, se vanno a votare, lo fanno per esprimere una rabbia. Ma è un sentimento che non ha conforto in nulla. E: Sospetto che quelli che al momento possono sembrare partiti o movimenti alternativi a quelli da tempo esistenti, non siano altro che pupazzi mascherati a nuovo da un puparo che non vuol cedere mai il potere. VA: Certo, perché mancano i principi! Senza i quali ci sono solo gli interessi personali. Il principio allora diventa ciò che mi dà maggior vantaggio!

Utopia E: Siamo talmente sfiduciati, talmente delusi del nostro tempo, che non riusciamo più ad elaborare un progetto utopico. Un pensiero che si sforzi di superare l’attuale depressione e guardi al futuro con una forte carica di vitalità ideale. Qual è il suo parere? VA: Ma se non c’è il pensiero, come facciamo a ideare un’utopia? Sarebbe bello poterlo fare. Ma nessuno ha più voglia di mettersi lì a ideare con senso qualcosa che sia di utilità alla Comunità. Un progetto a tutto tondo di nuova società. Stiamo davanti alla televisione, ai social, guardiamo e non pensiamo più. Dovremmo trasformare la visione tragica che ormai è inconsciamente in noi, in visione di gioia. Non lo possono fare gli intellettuali, dei quali io diffido, perché costituiscono una casta chiusa. Dovremmo, invece, tutti impegnarci a pensare. E a farlo con passione ed entusiasmo. E: E come si fa a stimolare questo piacere? VA: Cominciamo a insegnare ai bambini a scrivere ogni giorno un pensiero su ciò che attrae la loro sensibilità e curiosità. E portare questa abitudine fino a quando si è grandi e oltre. Allora sì che si stimola il pensiero e la creatività. La bellezza non ci sfuggirà e riempirà sempre le nostre giornate rendendoci positivi, meno arrendevoli, più disposti alla fantasia e al sogno. E l’uomo senza sogno è un essere inutile. Perso. Triste.

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L’amore

Follia

E: Vivere è amare? È dall’amore per il creato, la bellezza e gli uomini che nascono la forza, il coraggio, la saggezza, la capacità di ribellarsi e di immaginare un futuro migliore?

E: In un folle c’è più umanità o poesia?

VA: Per capire la condizione umana e per costruire un nuovo umanesimo si deve partire dalla fragilità. Che è l’antitesi del potere. La fragilità, che non è la debolezza, è parte della condizione umana. Fatta anche di mistero: la vita, la morte, il dolore, l’amore, il destino. Tutte cose che in qualche modo ci fanno sentire di avere bisogno dell’altro. La fragilità tende a legarci all’altro, a relazionarci all’altro. La fragilità ha bisogno di un’altra fragilità. Il grande segreto è che due fragilità fanno una forza! Ecco allora l’amore e la sua potenza dirompente. L’amore è l’esaltazione della fragilità. Io fragile ho bisogno di te fragile, perché insieme ci aiutiamo a vivere. Allora la fragilità diventa il punto di partenza che ci porta al rispetto e all’amore dell’altro. Io non so se ho aiutato i miei matti, ma se l’ho fatto, l’ho fatto certo per la conoscenza della disciplina, ma ancor più perché di fronte al dolore dell’altro io ho posto il mio dolore.

VA: Io amo l’uomo che ho trovato nei folli e perfino nei criminali. Se si scava dentro di loro, si trova sempre l’uomo. Per me la follia è stato un incontro con l’umanesimo. Perché il folle è uno che soffre, ha un dolore esistenziale, più forte di un dolore materiale. I folli mi hanno insegnato la dignità. Un matto non imbroglia mai! Ha una coerenza che molti “sani” non hanno. Il mondo dei matti è stato per me una grande lezione di umanità. Nel loro essere non manca un aspetto poetico. Il folle è spesso creativo, pensi alla grande Alda Merini, a Ligabue, a Van Gogh e a tanti altri. Il matto è un uomo che vive ai limiti della possibilità di esistere, ma è un uomo che vive! E: Forse è un uomo che ha scoperto più verità rispetto ad altri. È andato oltre il confine del tangibile, del visibile. VA: Possibile. Ma resta un uomo, un uomo attraversato dal dolore, che è uno stigma della persona e non del matto. Penso a padre Turoldo, a Pablo Neruda… E: A papa Wojtyla che ci ha fatto vedere come il dolore, se vissuto con senso, non inficia affatto l’aspetto intellettuale e operativo dell’uomo.

Il sorriso e il tempo E: Ci manca il senso del sorriso. La disposizione al sorriso. Ma anche il tempo per sorridere. Qualcosa che apra alla creatività e al sogno.

VA: Certo!

VA: Siamo l’unica specie vivente che sorride. Il sorriso dovrebbe essere la nostra disposizione. Invece siamo sempre imbronciati, arrabbiati, tesi, ansiosi. Quando incontriamo un nostro simile lo consideriamo un nemico. Ma basterebbe un sorriso per farcelo sentire e per farci sentire in modo positivo. Viviamo una crisi esistenziale molto profonda. Occorrerebbe sorridere un po’ di più e il mondo sarebbe diverso.

Gioia e felicità

E: Basterebbe accontentarsi di quello che si ha che non è poco, e di quanto ci è stato donato: la vita, gli affetti, la natura…

VA: Io sono un infelice gioioso! La felicità è un vissuto positivo di benessere che si lega a uno stimolo. A qualcosa che ci riguarda. Ma come si fa a sentirsi bene se hai un figlio o un nipote che sta male. La gioia, invece, è possibile anche nelle difficoltà. È quell’attimo in cui l’essere sa dare al momento un senso e un valore che lo stimolano ad andare avanti con fiducia. A sperare. E noi della speranza abbiamo tremendamente bisogno.

VA: Sì perché la vita è una grande, variegata, meravigliosa esperienza! E: Forse il senso della vita è proprio racchiuso in un sorriso… VA: Nel sorriso che è espressione di gioia, sentimento trasferibile agli altri. Bisognerebbe essere capaci di sorridere sempre, anche nella stanchezza. Perché la vita è un dono che non si consuma mai. Ci sa sempre sorprendere, regalandoci gioie inaspettate. E: E poi la vita, se vissuta attraverso il senso del sorriso è un dono trasmissibile agli altri. Un dono atemporale. VA: E arricchisce sempre il momento. Lo fa creativo. Lo fa propositivo.

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E: Lei ha detto che ci unisce più la gioia della felicità. Disconosce la possibilità dell’uomo di essere felice? O preferisce la gioia in quanto sentimento “plurale” e non individuale, come la felicità?


I bambini E: Professore, ci salverà lo sguardo di un bimbo? VA: Oh i bambini! Oggi noi psichiatri stiamo cambiando tutte le nostre teorie sui bimbi e le patologie che li possono colpire. Spesso queste creature sono gioco forza costrette, a pochi mesi di vita, in strutture che li governano tutto il giorno, per poi far ritorno a casa per le poche ore che rimangono prima del sonno.

Ecco, questi bimbi vivono nella confusione. Stanno a contatto il giorno con delle persone e poi ne vedono altre. Non hanno il tempo e il modo di identificarsi. Perché ciò avvenga il bambino ha bisogno di essere in rapporto a figure stabili. L’identità deriva dalla distinzione. Ma se tutto intorno cambia, l’identità non c’è, o è confusa. E la nostra, quella occidentale, è una società senza identità.

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E: È una società che ha smesso di considerare la famiglia la sua struttura portante. L’ha declassata a luogo di ritrovo, ma non di formazione e di crescita. VA: Purtroppo sì. E poi i bambini pagano lo scotto di un sentimento d’amore dei genitori basato spesso sulla mancanza di dialogo, d’attesa, di comprensione, di relazione, di condivisione. Di resistenza. Di sogno. Alla prima difficoltà tutto si rompe. I bambini sono così esseri fragili tra i fragili. Ma è una fragilità solitaria, non assistita, per questo malata, che butta via i sentimenti, li consuma. Li umilia. E: Forse i sentimenti non riescono neppure a sbocciare completamente. Sono precari, non collaudati. Ci si butta in una relazione senza essere veramente sicuri del proprio sentire. VA: Per legarsi bisogna sapere della propria fragilità, come dicevamo prima. E costruire insieme un tempo di gioia duraturo. E: Perché si arrivi a ciò non crede che serva la capacità di fermarsi un attimo e di osservare quello che siamo diventati e dove stiamo andando, quali sono i valori che abbiamo assunto, per rifondare un tempo del fare creativo, cioè di contenuti e di valore? VA: Sì, è così! Ma l’empirismo imperante è uno ostacolo a questo. Porta prima a fare e poi a domandarsi cosa si è fatto. Pensiamo ai ragazzi che uccidono i genitori. Erano uno ostacolo per loro e li hanno fatti fuori, come si eliminano i nemici nei videogiochi. Poi però si prende coscienza e ci si domanda: “cosa ho fatto?”. Tutto per colpa di una visione della realtà che è solo virtuale. Pensi che ogni adolescente trascorre sei ore davanti al telefonino ogni giorno. Se a questo ci mette anche il tempo passato davanti alla tv, domandiamoci cosa rimane per stare in modo fattivo con il padre e la madre. Per la prima volta nella mia vita non osservo una crisi di un settore ma la crisi di tutto. E questo è desolante. Perché è la crisi della civiltà occidentale. E: Ma forse lo sguardo di un bimbo… VA: …Ci potrà aiutare a riscoprire quel nitore e quella fragilità, quel senso di bellezza autentico che abbiamo dimenticato e riappropriarci del nostro mondo in modo costruttivo e responsabile, dice lei?... Ma sì… può essere così!

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Asterisco Virtuali o Reali? di Stefania Concàri “Però mi pare che siamo tutti d’accordo sul fatto che tra abbracciare qualcuno e “pokarlo” ci sia differenza (Zygmunt Bauman) Che cos’è la realtà? In che senso siamo presenti o assenti? Siamo nella realtà grazie alla nostra capacità di interagire con l’altro e con tutto ciò che è esterno a noi. La tangibilità ci permette di conoscere ciò che ci circonda. Kant sosteneva che la realtà è composta da quel che appare, che è percepibile dai nostri sensi e da ciò che può essere solamente pensato, che però non può essere conosciuto tramite l’esperienza. Nell’era moderna, attraverso l’uso spasmodico dei social network, siamo sempre più assenti dalla realtà tangibile e presenti nella rete dei social, in quella realtà che può essere solo pensata (Kant) in cui abbiamo l’illusione di conoscere il mondo. Eppure la vita “vera” resta quella offline. Ciò che procura piacere e felicità è la tangibilità delle cose, vivere con tutti i sensi il quotidiano. L’essere presente “nell’online” ci affascina, perché rende tutto più semplice, ma è una via di fuga dai problemi reali. Permette di creare più facilmente i legami e le relazioni, ma sono rapporti virtuali che ci precludono la facoltà di sviluppare la personalità nel mondo reale attraverso il confronto “faccia a faccia” con l’altro. Purtroppo oggi senza l’uso della tecnologia ci sentiamo persi nella solitudine e il virus che mina e compromette il nostro senso della vita è l’esclusione, l’abbandono. Ma la vera sensazione di essere parte di un mondo nella sua totalità avviene solo attraverso il percepire e il conoscere tramite l’esperienza. Le sensazioni che ne derivano ci rendono parte attiva nel mondo e solo le nostre oscillazioni che nascono dalle percezioni ci fanno attori della realtà.


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internet di ambiente ed energia Il più diffuso notiziario internet dedicato all’ambiente e all’energia, liberamente accessibile in rete. Sette aree tematiche che coprono tutti i settori rilevanti: l’inquinamento, i rifiuti, il riciclo degli imballaggi, le energie tradizionali e rinnovabili, le utilities, l’industria. Ogni settimana più di cento articoli di cronaca sui fatti, le novità, gli scenari italiani e internazionali. Un’area di approfondimento arricchita da interventi autorevoli di protagonisti del settore, testi di legge e documenti inediti.

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Fo La foto di Andrea Amato

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L’albero cavo delle stelle Dicono che le stelle, le stelle innamorate, al culmine del loro amore, per potersi abbracciare, si lascino andare in terra e vadano a vivere la loro passione nel cuore di un albero cavo che le conserva in eterno. Un giorno qualcuno intuì quale albero potesse racchiudere un simile segreto, e preso dalla voglia di rubarglielo, gli squarciò il cuore, ma non vide nulla. Perché nulla il suo animo poteva vedere. Ma se una notte di primavera vi accostate a quell’albero con la purezza di chi ama e la semplicità di chi sa sognare e lentamente entrate al suo interno, lui vi mostrerà il tesoro che racchiude da secoli e una scintilla di luce racconterà storie che sembrano di un altro mondo.

Mp Mondo Piccolo

lo Smilzo

Fn

Filo di Nota a cura di Mauro De Vincentiis

Antesignani dell’ambientalismo George Perkins Marsh (1801-1882) con il saggio “Man and Nature, Physical Geography as Modified by Human Action”, scritto nel 1864, può essere considerato un precursore degli studi in tema di ambiente e di ecologia. Fu membro del Congresso statunitense, poi ambasciatore Usa presso l’impero ottomano, e, infine, nel Regno d’Italia. I suoi scritti sono ancora attuali. Marsh, infatti, teorizzò l’ecosistema, sostenendo come la natura faccia parte con l’umanità di un unico contesto. Dimostrò anche come l’agire sulla natura, da parte dell’uomo, fosse destinato a modificarla pericolosamente; analizzò anche il pericolo delle deforestazioni e delle edificazioni di massa. Dalle pagine de “Il Selvaggio” (rivista fiorentina, uscita tra il 1926 e il 1934, diretta da Mino Maccari) Curzio Malaparte e Ardengo Soffici si impegnarono in favore dell’Italia rurale e dei suoi valori più riposti. Da questa posizione, soprattutto morale, scaturì un impegno “ambientalista” ante litteram. Incredibile per lucidità, modernità e attualità.

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“POESIE ELETTRICHE” Variazioni autunnali Ora più non s’accendono sui campi le belle guerre elettriche dei temporali estivi, né crepano tra l’infernal concerto degli elementi sulle case pallide i bequadri diabolici dei fulmini. (…) Oscuro è il cielo e l’acqua piovana seguita tutto il dì lenta e monotona a batter giù dai tegoli nerastri sui marciapiedi rossi dei cortiletti chiusi col suo triste ticchettio di pendola. (…)

Notturno Alcune rane nella palude: O compagne, vedete quella gran luce bianca, là in fondo, nella città? Se non fossimo state noi forse non ci sarebbe ancora. Voi non sapete che siamo elettriche?

Corrado Govoni (1884-1965), tra i primi esponenti del Crepuscolarismo, fu poi attratto dal Futurismo: i versi proposti sono ripresi da “Poesie elettriche” del 1911.

Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà

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E+ Energia, letteratura, umanità


STORIA CULTURALE DEL CLIMA

LE LEGGI DEL MONDO

CIVILTÀ SOLARE

LA GIOIA DI PENSARE

(Dall’era glaciale al riscaldamento

(L’insospettabile fisica che ci circonda)

(L’estinzione fossile e la scossa delle

(Elogio di un’arte dimenticata)

globale)

di Roland Lehoucq, Jean-Michel

energie rinnovabili) di Gianluca

di Vittorino Andreoli

di Wolfgang Behringer

Courty, Édouard Kierlik

Ruggieri, Fabio Monforti

Rizzoli, 2017, pag.434

Bollati Boringhieri (2016), pag.349

Dedalo (2016), pag.288

Altraeconomia, 2016, pag.144

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Solo quando il freddo intenso dell’ultima glaciazione cominciò a stemperarsi, oltre diecimila anni fa, apparve la coltivazione, l’urbanizzazione e l’inizio della storia. Nel tempo, d’altra parte, il clima è stato motore dello sviluppo storico, politico e culturale dell’uomo. L’autore, docente di Storia presso l’Università del Saarland (Saarbrücken/Germania), lo dimostra in questo saggio, con chiarezza ed esempi.

Perché una frusta “schiocca”? Come fa la linfa ad arrivare ai rami più alti? È possibile volare seguendo il sogno di Icaro? Come mai le persone più alte sono facilitate nella camminata ma non nella corsa? E perché i laghi gelano e i mari no? Grazie a questo volume scopriremo tutte le leggi fisiche che governano il mondo, analizzate attraverso esempi tratti dalla quotidianità.

Lo sfruttamento delle fonti fossili, che ha dato la forma attuale al nostro modello economico e ai nostri stili di vita, dopo 150 anni è al capolinea: vanno in pensione carbone, petrolio e gas. Il recente accordo di Parigi - dove si sono incontrati i leader di 200 Paesi impone una rapida transizione dall’attuale sistema energetico a un altro, solidalmente fondato, su fonti rinnovabili e a emissione zero. È il compito della prossima generazione, quella “solare”. Ma si può pensare a cambiamenti così rilevanti entro il 2050? A quali costi e con quali tecnologie? Quali sono le criticità che vanno affrontate? Quale nuovo modello di organizzazione economica e sociale ne risulterà? Eolico e solare costano ancora tanto? Le auto elettriche stanno realmente per diventare la tecnologia di riferimento? Con stile sintetico, gli autori presentano le criticità del vecchio modello energetico e tutti i miglioramenti delle tecnologie rinnovabili. Gianluca Ruggieri è ricercatore all’Università dell’Insubria e coautore di “La vita dopo il petrolio” e “L’energia che ho in mente”; Fabio Monforti è ricercatore presso il Joint Research Centre della Commissione europea e autore di pubblicazioni sulle energie rinnovabili.

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Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

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Viviamo un tempo che distrae dalle occupazioni che sanno dare un senso alla nostra esistenza. Eppure, questa deprivazione costante delle fonti essenziali di gioia può essere riconquistata, ripristinando alcune semplici abitudini. La principale è l’arte del pensare. Un esercizio a cui dedichiamo sempre meno energie e che impoverisce anche il nostro vissuto emotivo. Basterebbe poco per cambiare, tornando a usare quell’agenda che si è fatta virtuale, trascrivendo i pensieri e trasformandoli in guida per il futuro. A molti potrà sembrare strano che un semplice taccuino, in cui si dispiegano i giorni dell’anno, possa servire a compiere una rivoluzione così profonda. “Ciascuno di noi vorrebbe vivere meglio, almeno un po’ meglio, sognando il meglio possibile, e per questo c’è bisogno di programmare, di immaginare che cosa scrivere, giorno dopo giorno, in un’agenda dell’anno che è appena cominciato”. Perché annotare i propri pensieri permette di ricollocarci a contatto con il nucleo interiore più profondo. Serve a capire meglio chi siamo, dove andiamo e dove trovano posto i nostri desideri più intimi. Vittorino Andreoli è uno dei maggiori psichiatri italiani. Le sue ultime opere sono: “L’educazione impossibile”, 2014; “La gioia di pensare”, 2016.

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Sidival Fila Per Sidival Fila, brasiliano classe 1962, non ci sono conflitti tra l’essere sacerdote nell’Ordine dei Frati Minori di San Francesco d’Assisi e l’essere artista, in quanto le due “attività”, per lui, sono ugualmente finalizzate ad essere tramite tra l’invisibile spirituale e il visibile terreno. Le sue opere, prevalentemente monocrome, ha sottolineato la giornalista Ilaria Guidantoni in occasione della mostra “Metafora” allestita all’ambasciata del Brasile a Roma, sono “metafora della trascendenza perché quando l’arte diventa allusione alla sacralità, l’astrattismo è rimando all’immaterialità senza per questo diventare arte religiosa”. E Cinzia Fratucello, curatrice del catalogo Sidival Fila - Carlo Cambi Editore - sottolinea che “Sidival offre la possibilità di visioni molteplici a chi si avvicina alla sua opera e di scoprire un lavoro sulla tela fatto di fenditure, cuciture, fili in tensione, macchie di colore composte, monocromi, tagli di luce e zone d’ombra. Un lavoro preciso, paziente, mai frenetico, intenso, di scelta accurata di materiali e di composizione, un lavoro che nel suo ripetersi infinito eppure sempre nuovo, assomiglia alla preghiera”. Le sue ricerche nell’ambito della non figurazione trovano la loro essenza nel principio della dilatazione dell’immagine realizzata nello spazio, il cui limite materiale è l’infinito, creando così l’unità delle premesse astratte, gestuali e optical nella “libera creazione”, propugnata dallo spazialismo e dall’arte cinetica e concettuale. In particolare, le sue “strutture” sono caratterizzate da fili, disposti su porzioni di tessuto secondo rigorosi rapporti di dimensione e colore, che sollecitano la percezione visiva delle variazioni cromatiche generate dall’incidenza della luce sul “manufatto” a definire effetti d’ombra che conferiscono all’opera un effetto tridimensionale. La sua ricerca artistica, prevalentemente incentrata sulla possibilità di trasformare una realtà non significativa in realtà

Opera di Sidival Fila

di senso, è sviluppata modulando lo spazio verso l’infinito. Ciò grazie alla disposizione seriale dei fili con cui realizza, recuperando manualità artigianale per sostenere la sua creatività, opere che - non essendone definito l’inizio e la fine - si pongono come elementi costitutivi di una “continuità” volta a comporre la “totalità” del suo sistema comunicativo attraverso l’arte non figurativa. La validità degli esiti raggiunti è testimoniata dalla sua partecipazione a numerose rassegne d’arte nazionali e internazionali e l’acquisizione di sue opere in importanti collezioni, oltre che in Italia, in Francia, nel Principato di Monaco, in Svizzera, in Brasile, a New York e nella Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani. Sito internet: www.sidivalfila.it Instagram: @sidivalfila

Co Copertina a cura di Vittorio Esposito

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controcopertina La “ragione” perduta di Romolo Paradiso Ci si interroga se l’uomo d’oggi abbia dimenticato l’uso della ragione. Quella capacità cioè di agire secondo buon senso, sapendo quando è il momento per dar vigore alle proprie istintività e quando queste invece hanno bisogno di essere filtrate attraverso una saggia ponderazione. La questione non è di questi tempi, ma ultimamente s’è fatta più rilevante, più sentita, perché frequenti risultano i casi di un agire troppo meccanico, affatto incontrollato, privo di quell’acume che deve saper indicare la strada più logica da seguire. Quella in grado di far sì che un suo comportamento risulti equilibrato e condivisibile, con tutti i limiti che un agire umano può avere. Di tale e diffuso comportamento si è cercato di indagarne le cause sia sotto il profilo psicologico, sia sotto quello antropologico. Ma da ciò che se ne trae non sembra si riesca a cogliere a pieno gli aspetti che ne stanno alla base. Viene per prima cosa da riflettere su quali siano gli stimoli che portano una persona ad agire con istintività. Se penso a una reazione di un bimbo, colgo nella sua risposta a uno stimolo interno o esterno una ragione che ha il suo fondamento nella mancanza di esperienza. Cioè nell’incapacità di offrire una risposta basata sulla maturazione di una situazione. Maturazione che avviene se a favorirla c’è, nel tempo, l’attività di supporto del genitore. Il quale non solo è deputato a renderla assimilabile, ma prima ancora, comprensibile, attraverso una decodificazione che fa leva sulla capacità di saper instradare il piccolo verso il delicato cammino di accettazione e di risposta a quanto la vita propone, coadiuvato in questo dalla forza insostituibile del sentimento. Maturazione quindi alla base di un atteggiamento umano. Maturazione che nasce dall’aver dedicato riflessione e tempo all’analisi di quanto in noi e intorno a noi accade. Ora io credo che stia proprio qui il problema della diffusa incapacità di usare la ragione da parte dell’uomo occidentale. Nella mancanza di riflessione. Nell’impossibilità di dedicare tempo, e quindi “ragione” alle cose che lo coinvolgono. Tale situazione è il riflesso di una sempre più diffusa cultura della “meccanicizzazione” dell’azione umana. L’uomo cioè ha dovuto, gioco forza, adattarsi ai ritmi e alle sollecitazioni proprie delle macchine, perdendo così la capacità di offrire agli stimoli interni ed esterni una risposta meditata. Ma a questo c’è da aggiungere quanto di negativo è scaturito dalla mutazione subita nel tempo dalla famiglia, il primo e fondamentale ambiente d’analisi che la persona ha. Il coinvolgimento di entrambi i genitori nel lavoro,

Immagine di sfondo di: Caspar David Friedrich “Viandante sul mare di nebbia”

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l’assimilazione di logiche lavorative fondate sul successo, sull’individualismo, sul tornaconto, sull’utile, gli orari spesso lunghi che sono costretti a subire, il dilatarsi del tempo perduto nei tragitti casa-ufficio-casa, e i conseguenti contorcimenti nervosi che da tali situazioni possono scaturire, nonché la sempre più evidente fragilità del rapporto tra i coniugi dovuto a un atteggiamento a volte fin troppo superficiale nei confronti di un istituto così importante come la famiglia, hanno fatto sì che il tempo, quello del Kairòs, della qualità, fatto di senso di responsabilità, attenzione, ascolto, immedesimazione, mutualità, gioco e amore, sia, in tale contesto, sempre più labile se non addirittura inesistente. Sostituito da un tempo colmo di superficialità e, nei confronti dei figli, di assecondamento delle loro esigenze, senza ponderazione alcuna sugli effetti che tali comportamenti producono. Non contribuendo così alla formazione emozionale e psicologica del bambino, che affronta la vita privo di quei supporti capaci di predisporlo alla comprensione, alla maturazione e, quindi, ad una equilibrata reattività agli stimoli che la vita propone. Senza tali bagagli formativi e assuefatto alle logiche materialistiche, del tecnicismo e a quelle economico-finanziarie oggi imperanti, è chiaro che l’uomo odierno non ha più le bussole e i bagagli per intraprendere una serena navigazione di vita. Si muove a scatti, in modo robotico, sperando che il suo atteggiamento sia quello migliore. Ma lo fa scompostamente, privo di qualsiasi conforto di una maturata esperienza. Lo fa mortificando il suo essere superiore in questo mondo, proprio perché dotato d’intelligenza, sensibilità e di capacità cognitiva. Al netto di tali atteggiamenti, sovrani regnano l’incertezza e la paura per quanto s’è fatto e per le conseguenze che ne possono derivare. La sensazione che ne scaturisce è quella di precarietà, di ansia, di vuoto interiore difficilmente colmabile con elementi materiali. Vuoto che allora viene subito riempito, ma solo apparentemente, da un nuovo meccanico atteggiamento in risposta a un altro immediato stimolo. E così via. Eppure basterebbe poco per cambiare rotta, per mutare comportamento. Basterebbe fermarsi un attimo. Cercare di percepire e comprendere quanto intorno a noi e in noi si esprime e palpita, per capire che c’è qualcosa d’altro, qualcosa per cui vale la pena dedicare tempo, rubato al tempo del fare continuo, per tornare a essere persone vive, consapevoli di cosa si è, perché lo si è, e di quello che si vuol divenire.



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