Cereseto Monferrato

Page 1


1


2

Mirko Carzino

CERESETO MONFERRATO DALLE ORIGINE AL XXI SECOLO

EDITO DA: COMUNE DI CERESETO MONFERRATO (AL)


3

IL RICAVATO DELLA VENDITA DI QUESTO LIBRO SARA’ DONATO AL COMUNE DI CERESETO, ALLA CHIESA O ALTRO ENTE NOPROFIT, PER LA PROMOZIONE TURISTICA O PER SCOPI E FINALITA’ SOCIALI.


4 Ai Ceresetesi Un lungo, attento, appassionato lavoro di ricerca ha dato vita a queste pagine di storia Ceresetese. Grazie anche alla collaborazione di più persone ho potuto riportare all’attualità frammenti di storia, e di storie, che hanno avuto come spettatrici le nostre colline. La ricerca non sempre è stata semplice; la complessità nasceva dal voler far convergere epoche storiche, atti, documenti, tradizioni, racconti “di chi ha visto”, in un unico testo, che riportasse alla luce le antiche fondamenta della storia del nostro paese. In queste pagine, al puro racconto storico, si unisce il racconto della vita di Riccardo Gualino, le cui vicende paiono a tratti un romanzo, a tratti un giallo. Una vicenda che comunque suscita fascino e che non si può non ricordare ogni volta che si osserva il nostro meraviglioso castello (ottima riproduzione di uno stile passato, che ci conferma il grande amore per l’antico del Gualino). Queste pagine di storia e tradizione vogliono essere anche un input, un richiamo a tutti voi affinché io possa contare sulla vostra collaborazione (racconti, immagini, documentazioni, fotografie…) al momento della stesura, forse, di un nuovo lavoro sul nostro amato paese. Sono grato a tutti coloro che hanno collaborato e contribuito a questo primo volume e mi scuso se sono stati omessi involontariamente personaggi o avvenimenti. Mirko Carzino


5


6

LE PRINCIPALI VICENDE STORICHE DI CERESETO MONFERRATO


7 Le origini di Cereseto Il piccolo paese di Cereseto probabilmente è sorto sul colle attualmente individuabile nella zona di Via San Tommaso e Via San Grato, tra il 500 e il 600 d.C.; in questo punto del paese vi nacque una fornace, dove la terra impastata veniva messa a riposare in cantine sotterranee e poi cotta, ricavandone mattoni. Altri insediamenti dei primi abitanti del paese possono essere individuati nella zona di Via Sotto Fossa (grotte scavate nel tufo) e nell’area del “vecchio cimitero” in prossimità di un’antica chiesa scomparsa nel corso dei secoli. Le più antiche carte conservate presso l’Archivio Capitolare del Duomo di Asti citano che intorno l’anno 957, il Vescovo di Asti, Bruningo, fece una permuta di alcuni beni immobili situati a Cagliano, Seralonga e nella Valle Sabadina con Eldeprando di Cortecomaro, ottenendone in cambio altri beni situati sui territori di Cortecomaro (...quinto campo est a locus ubi dicitur seralonga lacente latus terra ursoni est per mensura iusta tabolas; centum nonagenta et duas...). In questi antichissimi documenti non risulta espressamente nominato il nostro paese ma, considerata la distanza tra gli attuali comuni di Serralunga di Crea e Cereseto (che in quell’epoca s'ignora come potesse essere chiamato), si pensa che facesse parte della giurisdizione vescovile di Asti. Altre fonti invece smentiscono la veridicità di quanto detto sopra; pare infatti che la citata Seralonga non sia la nota Serralunga di


8 Crea, bensì una località situata nei pressi di Calliano, nella vallata in direzione di Moncalvo. In Monferrato vi erano alcuni accampamenti di Saraceni che furono dispersi nell’anno 936 da Aimone Adorno, Conte di Palazzo di Breme, e nel 964 da Arduino Marchese di Torino; solamente due anni dopo Carlo Magno sconfisse i Longobardi ed in Monferrato nacque la prima dinastia signorile: gli Aleramici (967) che diedero un notevole contributo alle varie Crociate. Il territorio denominato “Monferrato” viene menzionato per la prima volta in un diploma del Re d’Italia Berengario I, datato 23 Giugno 909. Cereseto era quindi un piccolo feudo d'origini molto antiche. Il paese, sui documenti e sulle pergamene scritte a partire dall’anno 990 circa, è nominato come Cirisidum, Cerisido, Cirisito, Cirisido, Cerexeti, Cireseto ed infine Cereseto, probabilmente per le innumerevoli piante di ciliegio che prosperavano su tutte le colline circostanti e tra i vigneti (termine dialettale ciresa). Un’altra ipotesi, a proposito dell’attuale nome “Cereseto”, è quella che la fitta toponomastica romana locale, avrebbe potuto influenzare attraverso la desinenza –etum, vale a dire collettivo. L’ipotesi potrebbe essere che in epoca romana i territori di Cereseto fossero governati da un certo Cerisius, derivato da Cerius, quindi Ceriusetum, ovvero “popolo governato da Cerisius”. Un’ultima possibilità potrebbe essere quella che il nome derivi dal francese Cerisè, Chèrisy, Cherizy.


9 La nobile famiglia dei Graseverto Probabilmente, a partire dal decennio antecedente l’anno mille, il paese era governato (dominus) dalla nobile famiglia dei Graseverto (a volte su alcuni documenti viene nominato come Granseverto, Braseverto o Branseverto), d'origini astigiane. Infatti l’ipotesi può essere avvalorata da diversi documenti relativi alla testimonianza ed alla sottoscrizione da parte di un certo Grasevertus (...Grasevertus archidiaconus et praepositus canonicorum super ipsas res accessi et missus fui ut supra et subscripsi...), quindi da parte di una persona che doveva godere di una notevole fiducia presso il Vescovo Bruningo di Asti. Ci sono due diverse interpretazioni, molto simili, a proposito della nomina del Graseverto come governatore del piccolo feudo: la prima è che una famiglia d'origini nobili, proveniente dalla città di Asti, si sia insediata a Cereseto ed abbia ricevuto in feudo quelle terre da parte del Vescovo di Asti; la seconda è che tra i signori di Cereseto sia emerso l’arcidiacono Graseverto, probabilmente di famiglia astigiana, che svolse il suo ufficio presso la curia vescovile di Asti. Quest’ultima ipotesi risulta essere la più probabile siccome in alcuni atti del Gennaio 892 appare un Graseverto, diacono di Asti. Tale documento (datato 892), è considerato di notevole valore storico in quanto l’anno citato risulta essere l’anno di grazia di Ottone; quindi si comprende che, fin dalla discesa in Italia dell’Imperatore Arrigo II (Enrico II Re di Germania e Imperatore


10 d’Italia) e del figlio Liutolfo, il Vescovo di Asti Bruningo si schierò dalla parte dell’Imperatore. In altri documenti, relativi a scambi e permute tra la curia vescovile di Asti e quella di Vercelli, figura il nome di Graseverto. Nel Maggio del 999, fu redatto un documento che risulta essere, probabilmente, la fonte più antica che cita il paese di Cereseto: un “diploma” di Ottone III nel quale vengono confermati i beni appartenenti alla Curia Vescovile della città di Vercelli; nel documento compaiono inoltre i nomi dei seguaci del Re Arduino d’Italia (Marchesato di Ivrea), tra i quali “Graseverto de Cirisido”. In un documento risalente al 1003, quando ad Asti vi era Pietro come vescovo, venne citato, come extimator di una permuta di beni, un certo Graseverto. Altre informazioni si possono trovare in un diploma di Enrico II, dove si legge che il Graseverto viveva secondo la legge Longobarda ed aveva giurato fedeltà all’Imperatore. Figura inoltre, in alcuni documenti risalenti al 1014, che un certo Graseverto, probabilmente parente dell’omonimo vassallo, sia stato punito dall’Imperatore Arrigo II. Tra il 1002 e il 1014 vi fu la lotta tra Re Arduino e l’Imperatore; sia Pietro, vescovo di Asti, che Graseverto parteggiarono per il Re Arduino: lo si può dedurre da alcuni documenti di permuta risalenti al 1003, dove viene riportato l’anno di grazia di Arduino. Nella lotta tra il Re Arduino e l’Imperatore Arrigo II, quest’ultimo ne uscì vincitore.


11

LA PIU’ ANTICA PERGAMENA CONSERVATA PRESSO L’ARCHIVIO CAPITOLARE DEL DUOMO DI CASALE MONFERRATO, DATATA 11 NOVEMBRE 1020; VI COMPARE LA DONAZIONE DI TERRENI DEL SIGNORE DI CERESETO, BRASEVERTO, ALLA CANONICA DI S.EVASIO


12 Cereseto fu quindi donato in perpetuo “...ideo quod quia legibus perdiderunt legibus nostra sunt legibus sancto Eusebio omnia in perpetuum damnus ...” al Vescovo di Vercelli, Leone (998-1026), per i danni che aveva subito dai seguaci del Re. La donazione fu anche un gesto per punire il tradimento di alcuni signorotti tra i quali compariva anche “Braseverti de Cirisito“, in quanto vivevano secondo le leggi longobarde ed avevano giurato fedeltà alla corona del regno longobardo e dell’Impero “…et istorum omnium hominum

quorum

nomina

hic

scripta

continentur

lege

longobardorum nostra sunt propria quia isti postquam nobis fidelitatem iuraverunt corona regni longobardici et diademate Imperii…”.

PIEMONTE - AFFRESCO DI IGNAZIO DANTI DEL XVI° SECOLO


13 Di preciso non si sa per quanto tempo Cereseto rimase a far parte della giurisdizione vescovile di Vercelli; molto probabilmente non per molto, tenuto conto della posizione geografica del paese e della rapida espansione dei territori appartenenti ai Marchesi del Monferrato. Un documento dell’Imperatore Corrado il Salico del 7 Aprile 1027, conferma le donazioni fatte dai suoi predecessori alla Curia Vescovile di Vercelli, tra le quali vi compare il signore di Cereseto “Graseverti de Cirisido (o Cirisidum)”; inoltre in questo periodo storico, le Diocesi di Vercelli e di Pavia appartenevano entrambe ai Monaci di Breme. Si presume comunque che, anche se il Graseverto teneva in feudo quella terra come vassallo della Chiesa di Vercelli, l’influenza del Vescovo non doveva essere sentita particolarmente dai Signori, tenuto conto anche della distanza chilometrica e dall’enorme differenza di territorio tra il Vercellese ed il Monferrato. A dimostrazione di quanto prima citato, su un documento risalente all’11 Novembre 1020 (il documento più antico conservato presso l’Archivio Capitolare del Duomo di Casale Monferrato), il figlio di Graseverto, donò, senza mai nominare la dipendenza di Cereseto al Vescovo di Vercelli, dei beni immobili alla canonica di S.Evasio di Casale “…pecia una de terra aratoria…iuris me quam abere viso sum in loco et feudo Cerexeto…”. Quest'atteggiamento da parte del signore di Cereseto può essere giustificato dal fatto che l’assenza di Arrigo II lo aveva spinto ad autogestirsi, senza mai, o quasi, interpellare il Vescovo di Vercelli. Quindi, in seguito alla morte del Graseverto, il figlio (che


14 portava lo stesso nome del padre) continuò seguendo la linea e gli ideali del padre: ma non si conosce fino in che epoca la famiglia rimase alla guida di Cereseto. Il piccolo paese intorno al 1150 apparteneva ancora alla Chiesa di Vercelli; da questo periodo in avanti comunque il Vescovo di Vercelli ebbe sempre meno potere nei confronti del paese e di altri paesi limitrofi a causa dell’espansione dei territori dell’Aleramico Guglielmo V. In un atto del 17 Ottobre dell’anno 1152, su richiesta di Papa Eugenio, l’Imperatore Federico I confermò al Vescovo di Vercelli, Uguccione, tutte le donazioni di terreni e di beni fatte dai suoi predecessori nei secoli antecedenti al 1100. Tra i possedimenti citati nel documento non compare espressamente il paese di Cereseto: vengono menzionati soltanto i territori.

CERESETO MONFERRATO (FOTO AEREA 2000)


15 Gli Aleramici Negli anni immediatamente successivi al 1155, i rapporti fra Impero e Chiesa si incrinarono e successivamente vi furono vere e proprie rotture. In quel periodo lo Stato del Monferrato, sotto la guida del Marchese Guglielmo V detto “il lungaspada”, continuava ad espandersi ed ingrandirsi. Inizia quindi il periodo dei Marchesi Aleramici, originari della Francia. Il 23 Marzo 967 è la data ufficiale del conferimento da parte di Ottone I, restauratore del Sacro Romano Impero, al Marchese Aleramo, di un vastissimo territorio che comprendeva buona parte dell’attuale Sud Piemonte, fino a spingersi oltre gli Appennini, quindi al mar Ligure. In seguito alla morte del Marchese (Aleramo è sepolto a Grazzano Badoglio), ci fu una divisione del territorio in marchesati più piccoli; il più importante fu quello del Monferrato. Capostipite della dinastia Aleramica fu Roberto, nipote di Etelberto Re di Kent, Cancelliere di Cloratio III, che nacque intorno all’anno 640, parente del Re di Francia. Aleramo V, investito dall’Imperatore Ottone nel 954, fu il primo Marchese. Altre fonti citano invece che il primo ad intitolarsi Marchese del Monferrato fu Raniero (1100– 1135). In seguito ci furono Guglielmo I, Enrico, Guglielmo II, Guglielmo III “il rinforzato”, Guglielmo IV “il vecchio”, Guglielmo V “il lungaspada” e “Re di Gerusalemme”, Guglielmo VI “il giovane”,


16 Guglielmo VIII “il grande”, Bonifacio II “il gigante” (morì nel 1254 nel castello di Moncalvo), Giovanni I “il giusto”. Le loro dimore furono i castelli di Pontestura, di Occimiano, di Trino, di Montemagno, di Moncalvo e della loro capitale, Chivasso. Tra il 1152 ed il 1164 Guglielmo V conquistò altri territori, sia con le armi che con la diplomazia; probabilmente il feudo a cui apparteneva Cereseto, fu conquistato diplomaticamente dal Marchese. Questo lo si può dedurre dal fatto che l’Aleramico seguiva una linea politica conciliante con la Chiesa e la Curia Vescovile di Vercelli, quindi con il Papa. Inoltre il Vescovo vercellese non avrebbe potuto difendere i propri territori dall’attacco delle potenti ed ben armate truppe di Guglielmo che tra l’altro, come parente e vassallo dell’Imperatore, riuscì a trarne grossi benefici. Il 5 Ottobre 1164 Federico I di Svevia (il Barbarossa), a Belfort, confermò al Marchese del Monferrato alcune terre, tra le quali, non espressamente nominate, quelle di Cereseto. Infatti, se così non fosse, in quel periodo Cereseto sarebbe stato un feudo alle dipendenze di Vercelli, circondato dal Marchesato del Monferrato. Il

mese

successivo,

l’Imperatore

Federico

Barbarossa,

accompagnato dalla consorte Beatrice, si recò nei nostri territori e pernottò nella città di Casale Monferrato. Capitale del Monferrato, intorno al 1100 era Trino, mentre in seguito divenne Chivasso.


17

NUOVO STEMMA DEL COMUNE DI CERESETO CON I RICCI

VECCHIO STEMMA DEL COMUNE DI CERESETO CON L’ALBERO DI CILIEGIE (Cirese)

IL BLASOLE ORIGINALE DELLA FAMIGLIA RICCI


18

INVERNO ( FOTO 1997)

PRIMAVERA (FOTO 1988)


19

VIA CISTILLIANO IN UNA FOTO D’EPOCA

CERESETO ALLA FINE DEL 1800


20 Il più celebre, non certo per fortuna sua, fu Guglielmo VIII Aleramo detto “il grande”, che espanse i suoi territori fino a Milano; infatti, il 2 Ottobre 1290 durante la battaglia di Tonengo, fu preso prigioniero e rinchiuso in una gabbia di legno appesa ad una casa di Via Migliara ad Alessandria (detta “casa del Bargello”); lì rimase per circa due anni, finchè morì il 6 Febbraio 1292. Gli Alessandrini, quando morì, lo esposero in pubblico e gli versarono addosso del piombo fuso prima di seppellirlo, per paura che simulasse la morte. Anche Dante Alighieri nel “XII Canto del Purgatorio” della Divina Commedia lo ricorda: “... quel che più basso fra costor s’atterra guardando in suso, è Guglielmo Marchese, per cui Alessandria e la sua guerra fa pianger Monferrato e Canavese ...”. Il Marchese fu poi sepolto a Lucedio. Tra il 1170 ed il 1344 non ci sono documenti che parlano di Cereseto, molto probabilmente perchè non vi furono personaggi di rilievo; comunque regnava, in tutto il Monferrato, una certa confusione, tra lotte di Marchesato e della Chiesa, per la conquista di territori. La dinastia Aleramica si estinse con Giovanni, nel 1305.


21 I Paleologi Il marchese non ebbe infatti eredi dal matrimonio con Margherita di Savoia; per testamento lasciò il Monferrato ai figli della sorella, Violante,

sposa

di

Andronico

Paleologo,

Imperatore

di

Costantinopoli. La dinastia dei Paleologi iniziò con il secondogenito di Andronico, Teodoro Comneno detto “il conquistatore”; questi giunse in Monferrato con la sua sposa, Ambrogina Spinola. I suoi successori furono Giovanni II detto “il guerriero”, Teodoro II detto “l’astuto” (che insieme al capitano di ventura Facino Cane conquistò Genova), Secondotto, Giovanni III, Giangiacomo “il buono”, Giovanni IV “il raffinato”, Guglielmo VIII detto “il gran marchese” o “il magnifico”, Bonifacio III, Guglielmo IX. Nell’Aprile del 1345 il Marchese Giovanni II (1338-1372), Paleologo, portò le sue truppe ad aiutare i Ghibellini di Chieri presso la fortezza di Gamenario, contro Siniscalco Angioino Reforza di Agoult. Fu una sanguinosa battaglia con migliaia di morti fra i Provenzali. La battaglia di Gamenario (si trovava fra le città di Santena e Cambiano – To), combattuta nel quadro delle lotte fra Guelfi e Ghibellini, fu lo scontro che segnò la fine dell’egemonia dei Provenzali Angioini in Piemonte. Un valoroso capitano delle armate di Giovanni II fu il figlio di un certo Arrigo Bertolello, “Signore di Cereseto”, che accompagnò il Marchese in molte imprese di conquista.


22 Fu un capitano capace e fedele. La sua fedeltà al Marchese fu premiata con l’investitura dei territori di Cardellona, Castelletto e di una parte di Crea, insieme al fratello Guglielmo e ad un certo Francesco detto “Bastardo di Monferrato”. Un anonimo poeta, forse astigiano, descrisse la battaglia di Gamenario in un linguaggio provenzale, una specie di Francese molto antico; il cantore (che non fu di certo pari a Dante per la battaglia di Campaldino) cita nel testo alcuni cavalieri Casalesi e Monferrini (tra cui un ceresetese): “fin dall’epoca di Carlo d’Angiò (1259) molte terre piemontesi erano state assoggettate dai provenzali; altri territori erano stati usurpati nel tempo del passaggio del Monferrato dai Marchesi Aleramici ai Paleologi (dopo il 1305) e il Marchese Teodoro aveva combattuto con alterne vicende gli usurpatori. Suo figlio Giovanni – che aveva fatto il noviziato delle armi a Parabiago al soldo dei Visconti – succeduto al padre (1339) aveva incominciato a riprendere i territori strappati al Monferrato nel secolo precedente. Così, rioccupò Breme, Valenza, Caluso, Santena ed altri territori. Diede poi validi appoggi ai fuoriusciti Ghibellini astigiani, nel momento in cui Asti dopo 27 anni d’occupazione Angioina, si era ribellata ai Guelfi solari. Nel 1343 moriva Roberto d’Angiò e sul trono di Napoli ascendeva la nipote Giovanna. Questa, accogliendo le sollecitazioni dei suoi consiglieri

mandava

il

Senescalco

contrastare le velleità del Paleologo.

Rinforzato

d’Agoult

a


23 Cosi’ nell’Albese e a Savigliano, il D’Agoult riuniva un forte esercito e l’ otto aprile 1345 poneva l’assedio al primo caposaldo Monferrino, il castello di Gamenario. La guarnigione resistette qualche tempo, poi le parti convennero una tregua stabilendo che se entro un dato giorno non fosse arrivato il soccorso dei Monferrini, il castello si sarebbe arreso. Ed a garanzia gli assediati diedero alcuni ostaggi fra cui il valoroso capitano Monferrino soprannominato Ravaglioso. Il marchese Giovanni, avvisato, comunicò che si sarebbe trovato sul campo a Gamenario la vigilia della festa di San Giorgio, il 22 aprile. E fu puntuale con la sua milizia, rafforzata oltre che dai Ghibellini astigiani, dagli uomini di Tomaso Malaspina, Giannino e Ottobono di Cocconato, Zanardo d’Incisa, Pietro d’Azeglio, Oddone della Rocchetta, Ughetto di Valperga, Pietro di Settimo e delle genti deli Langosco e dei Beccaria di Pavia. In più c’era, il giovane e audace duca Ottone di Brunswick, con i suoi seguaci sassoni. Giovanni mandò i guanti di sfida al Rinforzato, il quale compensò l’araldo con un cavallo roano e quindi, entrato nel forte senza combattere, usando un trucco, allineò le sue schiere alla battaglia intorno alle due insegne: la sua con il lupo azzurro sul campo d’oro e quella della regina Giovanna col giglio d’oro ed il lambello rosso in campo blu. Le schiere monferrine che inalberavano la balzana di Monferrato, d’argento col capo rosso,


24 guidate dal marchese Giovanni si gettarono, lance in resta, contro le schiere avversarie. La battaglia fu molto cruenta; il Rinforzato era protetto dai fidi Giovanni di Mimer, Giovanni Bestet, Pietro di Ricof, Percivalle di Pontez, Pietro Faletti e i fratelli Solari. Il duca di Brunswick menando colpi a dritta ed a manca incitava tutti col grido tedesco di “Rome rheiter!”. E fra i monferrini il cronista vide battersi gli uomini di Gabiano (Ceulx de Gabian), il conte di Cocconato (le bons contes de Coconay), Franceschino di Cereseto (Francesquel de Chiresy), Guido di Campagna (Guy de Camaygne), Francesquel de Casal e molti altri casalesi con lui. Poi i provenzali furono costretti a cedere; il gruppo dei capi accerchiato e ridotto da poderosi colpi: il Rinforzato che montava un buon cavallo tutto armato di ferro, non volendo arrendersi, fu colpito da un colpo terribile che lo disarcionò. Allora le file Provenzali si sbandarono ed i Monferrini ne fecero un vero massacro: “…mille e mille morti sepolti furon…” scrisse poi Galeotto del Carretto nella sua “Historia”. In questo periodo storico i Signori di Cereseto ebbero incarichi di fiducia, prestigio e stima presso la corte dei Marchesi del Monferrato. Nel 1379 il giurisperito Stefano, già Vicario Marchionale, fece parte di un ristretto Consiglio con a capo il Governatore del Monferrato e curatore di Giovanni III (1378-1381), Ottone di Brunswick.


25

VIA ROMA IN UNA FOTO D’EPOCA

IL CASTELLO DI CERESETO MONFERRATO (FOTO AEREA 2001)


26 L’Imperatore Carlo IV, nel 1355, confermò tutti i possedimenti dei Marchesi del Monferrato, tra cui vi era anche il paese di Cereseto. Persa la capitale, Chivasso, si stabilirono con la loro corte presso l’attuale castello di Casale Monferrato. Casale Monferrato divenne quindi la Capitale del Monferrato e venne eretta a diocesi da Papa Sisto IV nel 1474. Durante il loro governo, presso il castello di Casale, furono ospitati poeti, uomini di scienza, umanisti, scrittori, artisti, letterati, pittori; possiamo ricordare per esempio Galeotto del Carretto, Nibbia, Dardano, Clerico, Benvenuto Sangiorgio, Stefano Guazzo, Catanio da Lu. Alcune delle principali opere Casalesi sono dovute a Guglielmo VIII, come la Chiesa di San Domenico, l’ospedale dei Pellegrini (poi Santo Spirito), l’allargamento delle mura della città. Ma la sua creazione più importante per il territorio del Monferrato fu la costituzione del “Senato del Monferrato” nell’anno 1468: tale senato era composto da quattro “giureconsulti”, presieduto da un membro nominato dal Consiglio di Stato che, in assenza del Governatore Generale, controfirmava i decreti del Sovrano per il Monferrato. Il senato si occupava sia di cause civili (fra nobili, Feudi, Comuni e Camera Marchionale) sia di cause penali; venne soppresso nel 1730, dopo 262 anni di attività, dal Re Carlo Emanuele II ed il suo distretto fu aggregato a quello del Senato del Piemonte.


27 Guglielmo IX morì nel 1518 a Trino; suo figlio Bonifacio, appena diciottenne, morì a Torcello nel 1530 in seguito ad una rovinosa caduta da cavallo. Dal matrimonio tra Guglielmo IX e Anna d’Alençon (nata in Francia nel 1492 e morta a Casale Monferrato nel 1562, nipote di Francesco di Valois, futuro Re di Francia) nacque anche Margherita Paleologa, che sposò Federico Gonzaga. Nel 1536, Carlo V attribuì i territori del Monferrato a Federico Gonzaga.

IL CASTELLO DOPO I RECENTI RESTAURI (FOTO 1999)


28 La situazione politica e gli Statuti comunali A partire dal 1358, furono redatti gli Statuti comunali. Come in molti altri comuni del Monferrato, il Consiglio Comunale riunì tutte le leggi ed i regolamenti allora vigenti, comprese le principali norme di carattere consuetudinario. Gli statuti del comune vennero aggiornati con ulteriori disposizioni e con l’aggiunta di capitoli, l’ultimo dei quali, in ordine di tempo, fu il capitolo n. 94 del 1457, approvato dal Marchese. Negli ultimi capitoli non sono più nominati nè consoli, nè rettori, come mediatori tra Comune e Marchesato. Nel periodo della pubblicazione dei primi Statuti, Cereseto era un comune signorile, sorto in seguito al dominio ed al potere della classe nobile “…ad laudem et magnificentia Ill.mi Principis et D.D. Marchionis Montisferrati ac Condominorum de Cerexeto…”. Come altri comuni, Cereseto fu un’autentica organizzazione politica che rivendicava la propria autonomia a proposito di alcune funzioni di carattere amministrativo e giurisdizionale. In quest’epoca apparvero anche nel Monferrato i primi Consorzi famigliari, anche se già nell’alto Medioevo se ne erano creati. A questo fenomeno di vita associativa presero parte sia i nobili che i sudditi; i primi per consolidare la loro potenza politica nei confronti delle famiglie rivali e per creare organizzazioni economiche di tipo bancario o mercantile più efficienti; i secondi per diminuire le maggiori tasse e imposte dovute all’aumento dei nuclei famigliari allora definiti fuochi.


29 I consorzi potevano essere di due tipi: consorzi originari (o per ceppi) e consorzi per carta. Il consorzio per ceppo era formato da persone aventi lo stesso vincolo sanguigno, mentre il consorzio per carta era una sorta di alleanza tra famiglie di stirpe diversa. Un esempio dell’epoca di consorzio per ceppo fu quello della casata dei Bardi di Chieri, mentre un consorzio per carta era quello dei De Castello che riuniva le famiglie Guttuerii, Isnardi e Turchi, ad Asti. In base alla documentazione dell’epoca si deduce che Cereseto fosse un comune governato da Signori che crearono un consorzio per carta; infatti originariamente il feudo fu governato dai Graseverto, che vivevano secondo la legge longobarda (e quindi i discendenti avevano diritto di concorrere in parti uguali all’eredità del padre), mentre in seguito il nome Graseverto non compare su alcun documento. Perciò questo fa pensare, in seguito alla frammentazione del territorio, ad un’unione con altre famiglie nobili. Anche se si tratta di comune, l’idea del tempo era ben diversa dall’attuale: infatti vi era sempre una notevole differenza tra la classe nobile ed il popolo. In ogni caso è necessario tenere presente che la parola “comune” non è sinonimo di uguaglianza nei primi secoli dell’anno 1000, anzi rappresenta una differenza di classi sociali; in numerosi capitoli degli Statuti di Cereseto, troviamo “...fidelium subditorum …Comunitatis et Hominum…Cerexeti ...” ovvero rappresentanti del


30 ceto nobile e ricco, eleggibili alle cariche pubbliche ed amministrative, e “ ... personarum existentium in Cerexeto ...”, persone appartenenti alle classi rurali e nullatenenti. Nel periodo compreso tra gli anni 1100 e 1500 circa, il sistema economico era governato dal comune soprattutto per quel che riguardava la determinazione dei prezzi, in particolar modo quello dei prodotti tessili. La Chiesa a Cereseto era in una posizione privilegiata per quanto riguardava il pagamento delle imposte e delle tasse, pur senza partecipare attivamente alla vita politica del paese; per esempio, in caso di passaggio di proprietà di beni, tutti i condomini erano obbligati, sotto stretta sorveglianza, al pagamento delle imposte, tranne la Chiesa. Non tutti gli Statuti comunque prevedevano questa tassazione differenziata; infatti gli Statuti di Chivasso, Verolengo

ed

Occimiano

sancivano

numerose

restrizioni

finanziarie e giurisdizionali a favore del clero. Per quanto riguarda la partecipazione alla vita parlamentare dello Stato Monferrino, apprendiamo da alcuni documenti che i rappresentanti del comune di Cereseto presero parte attivamente alle assemblee. Nel 1305 ci fu l’assemblea di Trino che, per il suo carattere straordinario, più che un parlamento, fu il primo atto di partecipazione del popolo Monferrino ad un problema di interesse pubblico.


31 La partecipazione alle assemblee veniva limitata ai ceti più forti e produttivi;

praticamente

intervenivano

i

rappresentanti

dei

Consortili di nobili e delle comunità che avevano l’obbligo di pagare i tributi ordinari e straordinari. Quindi, quasi sempre, la classe ecclesiastica e la massa rurale venivano escluse. Secondo le Leggi e gli Statuti del tempo, i Consortili non potevano inviare al Parlamento più di due ambasciatori, mentre i comuni potevano inviarne di più; Cereseto, essendo un comune Signorile, non poteva inviare più di due rappresentanti. Pur non essendo a conoscenza del criterio di scelta, possiamo ritenere che i Condomini abbiano eletto un proprio rappresentante tra i nobili, mentre il Consiglio Comunale abbia eletto un proprio ambasciatore con modalità analoghe a quelle previste dal Cap. 15 degli Statuti. Durante le assemblee i rappresentanti della classe nobile vigilavano sul rispetto delle proprie immunità, mentre gli ambasciatori comunali

dovevano

accertare

che

non

fossero

stabilite

contribuzioni contrarie alla consuetudine ed alle possibilità finanziarie del paese. Da alcuni documenti si apprende che nel Parlamento riunitosi il 3 Gennaio 1379, convocato dal curatore del Marchese e governatore del Monferrato, Ottone di Brunswick, risulta che Cereseto inviò due rappresentanti: il giurisperito Stefano «ex Dominis Cerexeti» con il titolo di Vicario, ed Enrietto «de Cerexeto».


32 Durante questa assemblea, su proposta del consigliere Albertone «de Prato de Montecalvo», vi fu una discussione molto accesa a proposito del giuramento di fedeltà al Marchese Giovanni III a patto che non venissero commessi soprusi e violenze nei confronti dei sudditi. Questa situazione fu la conseguenza del malgoverno del Marchese Secondotto (siamo nella seconda metà del 1300); si risvegliò infatti proprio in questo periodo, in molti comuni del Monferrato (probabilmente anche nel comune di Cereseto), l’esigenza di chiarire il complesso di diritti e doveri tra i sudditi e il signore. Un decreto dell’Imperatore Carlo VI, del 1355, conferma il possedimento del territorio di Cereseto ai Marchesi del Monferrato. Sempre a proposito della situazione politica del tempo, si apprende che in alcuni casi, temendo che i comuni o i Consortili dessero poteri limitati ai loro rappresentanti, il Marchese ordinava ai rappresentanti ed agli ambasciatori di intervenire al Parlamento con pieni poteri; un esempio lo abbiamo nell’assemblea del Maggio 1379, convocata con lettera del 25 Aprile dal Duca Ottone, che ingiunse alle Comunità di concedere pieno mandato agli ambasciatori. Il rappresentante di Cereseto, inviato dai Consorti, fu il Vicario Stefano. In una lettera del Duca Ottone, inviata ai Consortili di Cereseto, sulla quale sono annotate le decisione deliberate in sede parlamentare, si apprende che il Vicario Stefano fu nominato, dallo stesso Duca, membro di un ristretto consiglio.


33

CERESETO VISTO DA SAN CASSIANO - PRIMAVERA (FOTO 1995)

CERESETO VISTO DA SAN CASSIANO - INVERNO (FOTO 1999)


34

CERESETO VISTO DALLA COLLINA BALOCCA (FOTO 2001)

CERESETO VISTO DALLA COLLINA BALOCCA (FOTO 2001)


35 Con questo incarico il Vicario avrebbe preso tutte le decisioni relative al governo ed alla difesa dei territori del Monferrato, in caso di assenza del Duca o del Marchese. Il consiglio nominò come luogotenente del Marchese, Ghigone Flota di Provenza, il quale poteva scegliere quattro consiglieri, due appartenenti alla nobiltà e due appartenenti al popolo, che duravano in carica quattro mesi. I nomi dei consiglieri provenivano da una lista di nominativi sulla quale, in quel periodo, compare il nome di un’altro Ceresetese, il Condomino Facio. In questo periodo storico il paese di Cereseto risultava essere uno dei paesi più ricchi ed importanti del territorio sul quale governava il Marchese Teodoro II. Il 4 Settembre 1388 si riunì a Moncalvo un Parlamento; la seduta aveva come scopo la delibera di una “talea” (tassa straordinaria) per finanziare il reclutamento di milizie mercenarie. Cereseto contribuì con il pagamento di centocinquanta Fiorini, versati in due rate, la prima a Novembre e la seconda a Gennaio dell’anno 1389. Nel verbale sono elencati anche gli altri comuni appartenenti al Marchesato: il maggior contribuente risulta essere il comune di Trino, con una “talea” di cinquecentoottantasei Fiorini; i minori invece sono “Baldischius” e “Rocha”, con un carico di dieci Fiorini ciascuno.

I

criteri

di

ripartizione

erano

dettati

appunto

dall’importanza e dalla ricchezza del comune; Cereseto aveva una capacità economica, e quindi contributiva, piuttosto considerevole.


36 Il gettito tributario del comune di Cereseto era superiore alla quarta parte di quello dei maggiori comuni e superava di quindici volte il gettito dei comuni minori. Avvenuta la ripartizione, il comune pagava con redditi ordinari, imputando l’onere alle entrate fiscali, oppure distribuiva tra i cittadini la quota, che veniva riscossa direttamente o tramite degli esattori appositamente nominati. Il 14 Agosto 1432, a Pontestura, si riunì il Parlamento per deliberare la “taglia” relativa al mantenimento delle guarnigioni militari in Piemonte; la tassa risultò troppo onerosa per tutti i comuni: così, nel Febbraio 1433, Amedeo VIII la ridusse a ottomila Fiorini in seguito ad una supplica delle comunità. I rappresentanti inviati da Cereseto all’assemblea presieduta da Amedeo VIII furono Antonio de Valynana e Pietro Gagliano. Fino all’anno 1500 il comune di Cereseto partecipò attivamente alla complessa attività parlamentare dell’epoca; infatti, oltre alla ripartizione delle milizie e dei tributi, si trattarono questioni concernenti il commercio e l’economia, la polizia interna, il diritto processuale civile e penale, le libertà personali e il foro ecclesiastico. Dal 1500 in poi, con l’affermarsi del potere centrale, i Marchesi convocarono il parlamento (quindi gli ambasciatori dei comuni), solo più per imporre nuove tasse o “taglie”; il declino della vita parlamentare, per quanto riguarda tutto ciò che non faceva parte delle imposizioni, peggiorò maggiormente con la dominazione Sabauda.


37


38


39


40


41

INDICE DEGLI STATUTI DI CERESETO DATATO 1358 ORIGINALE PRESSO L’ARCHIVIO STORICO DI STATO DI TORINO “Paesi, Paesi per A e B, lettera C” mazzo n. 45


42 I Gonzaga Con sentenza dell’Imperatore Carlo V, datata 3 Novembre 1536 e sottoscritta a Genova, il Monferrato passò sotto il dominio dei Gonzaga e precisamente a Guglielmo X. Il 3 Febbraio 1537 il paese fu governato, per breve tempo, dal capitano Giovanni Pasquerio. Il feudo monferrino di Cereseto, nell’anno 1587, divenne un Marchesato e di conseguenza il feudatario fu insignito del titolo di Marchese. Dal libro “Le città, le terre, i castelli del Monferrato“, del 1604, scritto da Evandro Baronino, cancelliere del Senato di Casale Monferrato, Conte Palatino, Segretario di S.A. Serenissima Duca Vincenzo I Gonzaga si riporta la parte inerente a Cereseto: “Eretto da S.A: in Marchesato, del quale è investito l‘illustrissimo Signor Mario Savorgnano, come successore nominato nel feudo dal fu illustrissimo Signor Germanico Savorgnano suo fratello, primo investito in virtù delle facoltà che teneva, e donatario di S. A. con ordine di primogenitura né suoi figliuoli, eredi, e discendenti maschi, legittimi e naturali, col territorio e fedeltà degli uomini, col mero e misto impero, possanza della spada, e totale giurisdizione, prime appellazioni, immunità, caccia, pescagioni, ragioni di proibirle, acque e loro decorsi, fonti, rivi, rivagli, mulini, artifii, paratori, e battenderi, tanto fabbricati che da fabbricarsi, con autorità di fabbricarne, edifici, mura, fosse, torri, fortezze, ruine, cascine, terreni, possessioni, roide, claustrali e murali,

mediante

il

dovuto

pagamento,

taglie,

collette,


43 composizioni ordinarie, tasse de’ cavalli, ed altri regali di ogni sorta, ragioni di ivi tenere ed affittare osteria, e di far pane da vendere, e vietare agli altri, proventi, onorevolezze, entrate, ed altre pertinenze, in feudo nobile, e gentile, paterno, avido, antico, limitato e ristretto né suoi dipendenti solamente. S.A. si riserva la milizia e le ragioni della comunità e del Terzo. Fa fuochi 124, bocche 591, soldati 196, Registro Lire 94.” Di curioso interesse sono le citate “roide”, meglio conosciute come prestazioni in natura tramite lavoro manuale o con animali da soma che gli abitanti dei comuni erano obbligati a fornire a S.A. nella misura da stabilirsi ed in relazione all’entità dell’opera, per il bene del feudo. Questa consuetudine continuò ancora per molti anni, anche in seguito alla Legge del 1882 che trattava gli argomenti di pubblica amministrazione. Solo nel 1961 la Legge fu abrogata. Per “fuochi” si intende nuclei famigliari, “bocche” agli abitanti, “soldati” al contingente di uomini di milizia che il feudatario doveva somministrare ad ogni chiamata in caso di guerra, mentre “Registro Lire” ai beni per le tasse. Germanico Savorgnan, celebre ingegnere militare, fu il costruttore della cittadella di Casale Monferrato, ai tempi costata un milione di scudi (più delle entrate annuali dell' intero ducato dei Gonzaga). Si ricorse prima al credito dei banchieri genovesi, poi (il servizio del prestito era insostenibile), nel 1609, al "tasso della cittadella", consistente in trentamila ducati d'oro annuali, di cui quindicimila da parte della città di Casale nelle persone dei proprietari di case e dei


44 commercianti. In seguito, sotto la dinastia dei Principi di Mantova, i Ceresetesi dovettero affondare un periodo piuttosto travagliato: sacrifici, carestie e guerre. Infatti, in virtù delle facoltà che teneva il Marchese (facoltà specificate nello scritto del Baronino) certamente gli abitanti di Cereseto dovettero affrontare una vita piena di sacrifici “…ben più cha’ ai tempi dell’ Aleramico Guglielmo VII il Lungaspada citato dall’ Alighieri…“ ; alcuni persero la vita, sia durante le cruenti lotte fra i Gonzaga e Carlo Emanuele I Duca di Savoia, sia al tempo della guerra dei Trent’ anni, quando i Savoia si allearono con gli spagnoli per ottenere la successione del Monferrato che avvenne definitivamente nel 1713 con la pace di Utrecht.


45

Sopra: cartolina storica di Cereseto prima della costruzione del castello Sotto: cartolina storica di Cereseto dopo la costruzione del castello


46

CERESETO IN UNA FOTO D’EPOCA

PIAZZA UMBERTO I° IN UNA FOTO D’EPOCA


47

CERESETO MONFERRATO (FOTO 1996)

IL CORTILE INTERNO DELLA VILLA DI PROPRIETA’ DEI MARCHESI RICCI DI CERESETO (FOTO FINE 1800)


48 I Ricci Più recentemente, dal 1728 al 1916 (periodo di dominazione Sabauda), il paese di Cereseto fu un Marchesato della Famiglia Ricci, Conti della Piovà presso Cocconato. I Ricci a Casale Monferrato possedevano uno splendido palazzo ubicato in Piazza Santo Stefano, in stile neoclassico. Si legge da “Il Monferrato” del 15 Marzo 1996: “La piccola piazza di S.Stefano della città di Casale Monferrato e’ chiusa sul lato a mezzogiorno da un imponente palazzo nobile con grandi colonne sulla facciata in mattone a vista. Il fabbricato è noto come Palazzo Ricci di Cereseto. Ora è diviso fra diverse proprietà, ma in passato è appartenuto ad una famiglia evidentemente cospicua…”. I marchesi Ricci di Cereseto non appartennero sicuramente alla più aristocratica nobiltà Monferrina; erano di bassa origine, provenienti da Borgo S. Martino (Al). Un ramo dei Ricci vantava già un avvocato, Giovanni Giacomo, ed un Facino medico, i quali da Borgo S. Martino, nel 500 erano stati infeudati di Torre d’Isola di Valmacca dal Marchese Bonifacio di Monferrato. Bernardino Ricci fu nel Consiglio Generale di Casale e suo figlio Agostino notaio e Cancelliere del Senato nel 1560. Nel 1591 Ottavio Ricci fu addetto a Praga per il duca di Mantova. Con

Carlo

Ricci,

Presidente

del

Senato

e

Conservatore

dell’Abbazia di Lucedio, si estingueva la famiglia senza parenti vicini.


49 Il ramo dei Ricci, ai quali si deve far riferimento per il Marchesato che possedeva Cereseto, lo si deve far derivare da un certo Annibale, mercante di tela a Casale nel 1611. Nel 1673 suo nipote Bernardino acquistò il feudo di Chiappo. Fabio Emilio Federico Ricci fu podestà di Casale e senatore nel 1666. Sposò Lucrezia Gambera, la quale, rimasta vedova nel 1687, si diede notoriamente a vita galante. Forse è per i suoi svariati “appoggi” che il figlio Francesco Antonio riuscì ad acquisire, dalla Camera Ducale, il feudo di Cereseto (il feudo che pochi anni prima fu donato da Vincenzo Gonzaga a Germanico Savorgnan quale compenso per il progetto della Cittadella di Casale Monferrato). I Ricci ebbero anche il blasone: troncato, nel primo d’oro con l’aquila nera coronata nel campo; nel secondo di rosso e tre ricci d’argento, posti due e uno. Nel Settecento i Ricci possedevano già diverse proprietà fra cui la tenuta “Vallare” a frazione San Germano di Casale Monferrato, terreni in Val Cerrina, la masseria “Il Gambarello” poco oltre Castagnone di Pontestura in direzione di Torino, sopra la collina di S.Anna di Casale Monferrato fecero edificare una splendida villa (ora nota come il Castello “Cento Finestre”). Evidentemente il Marchese Vincenzo Stanislao Ricci (nato a Casale nel 1769) era uomo ben visto dalle autorità del tempo; in epoca napoleonica fu “Decurione” della città nel 1800, consigliere d’”arrondissement” nel 1812 e gentiluomo di camera del Re Carlo Felice nel 1827.


50 Il Marchese morì senza figli nel 1831 e, dopo tredici anni, nel 1844, scomparve al Gambarello, senza discendenza diretta, l’unica sorella, Adelaide. La dinastia dei Ricci proseguì con Giuseppe, deceduto senza eredi, e quindi col nipote Francesco, nato a Casale Monferrato nel 1861, figlio di un commerciante (che divenne tuttavia 6° Marchese di Cereseto), che si trasferì a Milano. Morì il 26 Maggio 1915. Il figlio Mario, che gestiva la ditta paterna, allo scoppio della prima guerra mondiale si arruolò come volontario; fu capitano nel 5° Regg. Alpini e venne gravemente ferito in una battaglia contro l’esercito Austriaco nel Dicembre del 1915, sul Carso. Invano si cercò di salvare la giovane vita; la perdita eccessiva di sangue ed un’infezione sopraggiunta provocarono la morte del Marchese all’ospedale di Palmanova il 6 gennaio 1916. In seguito, il 3 Maggio 1923, la salma del Marchese Mario Ricci fu trasferita nel cimitero di Casale. Con lui si estinsero i Ricci. Il “Corriere della sera”, in data del 9 gennaio 1916, ricordava che “il giorno 6 gennaio 1916 munito di tutti i conforti religiosi, in Palmanova decedeva il Marchese Mario Ricci di Cereseto, capitano degli alpini, sacrificando a 29 anni la sua vita per la patria. Le sorelle Maria e Clotilde col fidanzato avv. Roberto Borghese, i cugini Mocchia di Coggiola, Langosco di Langosco e Martina, i prozii e parenti tutti addoloratissimi ne danno il triste annuncio”.


51 Le bellissime campane, tuttora presenti sul campanile della chiesa di Piovà Massaia (At), erano destinate a Cereseto, ma il Marchese preferì sistemarle nel paese astigiano, dove maggiormente risiedeva. I Ricci furono gli ultimi Marchesi di Cereseto; all’interno della sacrestia della chiesa parrocchiale di San Pietro e Paolo, si può ancora oggi ammirare una loro lapide e sulla panca di legno, ora destinata ai chierichetti durante le cerimonie religiose, si trova scolpito il loro blasone.

IL BLASONE DEI MARCHESI RICCI SCOLPITO SU UNA PANCA DI LEGNO NELLA CHIESA PARROCCHIALE DI CERESETO


52

LA VILLA DEI MARCHESI RICCI (FOTO FINE 1800)

VISTA VERSO MONCALVO DAL PIAZZALE DELLA CHIESA (FOTO 2000)


53

IL CASTELLO


54 All'inizio del secolo il dott. Giuseppe Giorcelli, scriveva: “Il viaggiatore che nei tempi nostri visita il circondario di Alba, di Acqui e di Casale, che insieme formano il Ducato di Monferrato, in ogni villaggio che incontra trova dei ricordi dell'antica dominazione feudale. Infatti in alcuni, e questo è caso raro, esiste ancora il Castello ben conservato, in molti rimangono solo dei ruderi, ed in altri poi tutto è scomparso, ma si legge sui muri la iscrizione di Piazza Castello o Via al Castello, che ricorda al viaggiatore

che

colà

un

tempo

esisteva

un

castello

e

padroneggiava un feudatario”. Ai tempi del Giorcelli il castello di Cereseto non era ancora sorto e la parte alta dell'abitato, interamente occupata dalla palazzina dei marchesi Ricci, era circondata dalle rovine di un'antica fortificazione. “Dell'antico castello feudale - osservava nel 1877 Giuseppe Niccolini - non resta oggi giorno pietra sopra pietra; sonvi bensì tuttavia pochi ruderi delle vecchie mura di cinta, ma là sull'alto ove prima esso torreggiava avvì ora uno spazioso, ricco e pulitissimo giardino all'inglese il quale attornia ed accarezza l'elegante palazzina della nobil Donna la Contessa Sannazzaro De Maistre”. Il castello di Cereseto fu costruito grazie a tre uomini: l’architetto francese Eugenio Viollet Le Duc, il finanziere Riccardo Gualino e l’ingegnere casalese Vittorio Tornielli.


55 Eugenio Viollet Le Duc (1814-1879), oltre ad essere stato l’autore del famoso “Dictionnaire raisonnè de l’architecture Francaise du XI au XVI Siècle”, influenzò notevolmente sia l’800 che il ‘900 per quanto riguarda i restauri degli edifici medioevali europei ed in seguito anche in Piemonte (Borgo Medioevale Torinese - 1884). Per la costruzione del castello di Cereseto fu presa a modello la scuola francese del Viollet le Duc, quindi secondo i canoni architettonici quattrocenteschi francesi, anche se in parte venne seguito lo stile degli architetti italiani Alfredo D’Andrade e Giuseppe Nigra.

ULTIMI LAVORI DI COSTRUZIONE DELLA TORRE OTTAGONALE DEL CASTELLO (FOTO 1910)


56 Il finanziere Riccardo Gualino Riccardo Gualino nacque a Biella il 25 Marzo 1879, figlio di Giuseppe e di Luigia Colombino (i genitori sono sepolti ad Oropa – Bi), decimo figlio. Suo padre, piccolo industriale orafo, desiderava che Riccardo intraprendesse la carriera d’insegnante (lettere e filosofia), visto che il giovane figlio amava molto la lettura (Dumas, Ponson du Terrail, Verne, …), mentre la domestica di casa Gualino, Domenica, sognava di vedere Riccardo come parroco del paese. Durante la sua giovinezza, il futuro finanziere trascorreva molte ore del suo tempo libero con l’amato cane Plick, un volpino che non lo abbandonava un solo minuto. Terminati gli studi superiori a Biella presso il Liceo, si trasferì a Sestri Ponente. Si laureò in Legge presso l’università di Genova e nel 1901 si impiegò a Milano, presso un’importante azienda importatrice di legname di abete dalla Carinzia e dal Tirolo. Dal 1903 il Gualino iniziò a conoscere il Monferrato e nei primi anni d’inizio secolo, fondò proprio a Casale Monferrato la ditta Riccardo Gualino & C., avente per fine l’industria e il commercio di legnami e cemento. Nel 1905 trasformò la ditta privata in una società ed in brevissimo tempo fece costruire il grande stabilimento di Morano Po con la produzione record, per quel periodo, di 400.000 quintali annui di cemento; fu inoltre Presidente del Consorzio e del Sindacato dei Cementieri.


57 L’otto Settembre 1907, a Casale Monferrato, Riccardo Gualino sposò Cesarina Gurgo Salice; come testimoni Gian Battista Risso di Biella e Luigi Ottina di Quarona Sesia. All’uscita dalla chiesa dell’Addolorata, anzichè confetti, i coniugi gettavano manciate di “ventini” (i noti “quattro soldi”). Riccardo Gualino, a ventidue anni, pubblicava presso l'editore bolognese Zanichelli un volume di poesie intitolato «Domus Animae», dove ricorda Cesarina come un'estrosa fanciulla “…dal profilo greco, quale fiordaliso…Poi se i denari verranno su a palate dalle cento fonti che ora sto per far scaturire, quanti bei sogni da realizzare! Io te lo dico subito, voglio un bel castello! Un bel castello di quelli medioevali con le cinte merlate e gli spalti turriti, con le gronde protese e gli archi acuti o penduli, con gli ombrosi parchi pieni d'acque e di frescura, con le mute dei cani impazienti, coi bei puledri scalpitanti, con le sale illuminate dai vetri colorati, con gli alti soffitti a cassettoni…”. Un anno prima del matrimonio, nel 1906, il giovane industriale così scriveva alla futura sposa: “Io sento che un giorno non molto lontano (dieci, vent'anni forse) tu sarai la suprema regina d'un nuovo reame. Non d'un reame che dagli antichi stemmi e dall'armi arrugginite toglie la gloria; ma d' un reame di popolo, di neri operai, di operosi contadini... S' io vivo tu così sarai. E nostro sarà il turrito castello che compreremo. Là, fra la pace dei faggi e un po' di silenzio, ogni anno tempreremo le forze…”.


58 In “Frammenti di Vita” troviamo: “La giovinetta che sposai nel 1907, Cesarina Gurgo Salice, aveva allora diciassette anni; né cinque lustri ormai quasi interamente trascorsi modificarono sensibilmente l'esile sua figura. Mi ha fatto pensare spesso al giunco che non si schianta, neanche quando la bufera abbatte la quercia. E non è a dire che non si schianti perché si pieghi: resiste. La sua individualità è difficilmente definibile. Contenta di un nulla, è indifferente a un tutto; di spirito vivace, pronta nel percepire e nel ribattere, temibile avversaria nelle discussioni, è compagna di viaggio deliziosa. Mai ammalata, d 'umore quasi perennemente ottimo, sempre disposta a mutarsi dall’oscure in sereno, afferra prontamente i lati comici della vita e ci fa su ogni volta una magnifica risata. Essa fu la compagna ideale della mia vita, e vivificò la mia giornata con la sua perenne freschezza. In seguito al mio matrimonio, i cugini Pierina e Tancredi Gurgo Salice diventarono i miei suoceri…”. Partirono poi per il viaggio di nozze diretti ad Istambul, sull’Orient Express. Cesarina Gurgo Salice, nata a Torino (anche se alcune biografie indicano come luogo di nascita Casale Monferrato) il 3 Maggio 1890, figlia di Tancredi (allora pianista e violoncellista, ma che inizialmente lavorava nel settore della calce e dei cementi) e di Pierina Fiorio, studiò la lingua francese, la composizione musicale e la tecnica pittorica nel castello di San Giorgio Monferrato, presso il collegio delle Suore francesi della Sapienza. Di quella


59 formazione, non provinciale, resta ancora un quaderno di accurati disegni scolastici firmati Cesarina con l' “é” accentato alla francese. Al ritorno dal loro viaggio di nozze presero alloggio in Via Guazzo, nella città di Casale Monferrato, nella casa riattata in stile gotico dall’ing. Vittorio Tornielli. Dalla coppia nacquero due figli: Listvinia (nata nel 1908) e Renato (nato nel 1912). Nel 1908 acquistò l’antica residenza dei Ricci di Cereseto, sulla quale, nel decennio successivo, sorse l’attuale maniero. Tra il 1908 e il 1914, il Gualino si dedicò al taglio delle foreste nei Carpazi tra la Transilvania Austro-Ungarica e la Romania. Costruì un villaggio con immense segherie e la produzione di legname era talmente alta che furono costruite 20 linee ferroviarie per il trasporto dai Carpazi al porto di Galaetz, dal quale la merce partiva per tutto il mondo; l’azienda valeva molti milioni, per cui Gualino contattò, per la cessione, un gruppo finanziario inglese che ne fu entusiasta. Poiché notò analoghe possibilità di sfruttamento in terra russa, acquistò 23.000 ettari di foresta di roveri e pini a Listwin, nel Governatorato della Volinia, ed anche là creò enormi stabilimenti. A Pietroburgo, con l’appoggio del generale Ranch (aiutante di campo dello Zar), acquistò un vasto terreno chiamato Golodaj ai margini della città, vicino al mare. Là vi fece costruire nuovi fabbricati lussuosissimi, facendo nascere la “Nuova Pietroburgo” con un appoggio finanziario di 2.800.000 sterline da parte della banca inglese di Austin Chamberlain.


60 Ma nel primo semestre del 1914, quando il nuovo sobborgo era stato già inaugurato dallo Zar in persona ed i contratti di cessione erano quasi tutti firmati, l’amico generale gli telefonò dicendo semplicemente: “Prendi il treno che partirà fra due ore: sarà l’ultimo!”. Era infatti scoppiata la guerra. Riuscì con la moglie ad entrare in Germania, ma non potè passare in Francia; attraverso la Svizzera rientrò in Italia. I suoi capitali in Russia erano perduti per sempre. L’otto Dicembre 1919 i coniugi si trasferirono da Casale Monferrato a Torino. Finita quindi la prima guerra mondiale, organizzò dall’America il trasporto di carbone per il governo italiano. Riccardo Gualino ebbe inoltre partecipazioni in banche francesi ed inglesi, nel Credito Italiano, in giornali, in aziende italiane fra cui la Fiat di Giovanni Agnelli di cui diventò socio e vice presidente, acquistò e potenziò importanti cantieri navali nel Texas ed a Pascagoula sul Mississipi, fondò la Snia (- Società Navigazione Italo Americana - che allora si occupava di navi e di commercio) l’Unica (industria del cioccolato) e specialmente stabilimenti per la fabbricazione della seta artificiale a Venaria Reale, a Viscosa di Pavia, a Cesano, ad Abbadia di Stura. In seguito creò la nuova ditta Snia-Viscosa, azienda specializzata nella fabbricazione della seta artificiale.


61

IL CASTELLO (FOTO 1911)

RICCARDO E CESARINA IL GIORNO DELL’ INAUGURAZIONE DEL CASTELLO (FOTO 1912)


62 Nel 1926 fondò a Parigi, con il banchiere Albert Oustric, la Banca Oustric attraverso la quale finanziò e risanò varie aziende nelle quali aveva immesso il suo dinamismo: industrie di tessuti, di lane, di cuoio, di linoleum, di calzature e di cementi. Gualino riuscì a crearsi una posizione tanto solida da esser considerata nel 1925 fra le più potenti d’Europa. In quegli anni si fece costruire la grandiosa villa sulla penisola di Sestri Levante (oggi adibita ad albergo) e grandi fabbricati a Torino. Amante d’ogni forma del bello, si fece mecenate di attività artistiche, tanto da costruirsi una ricchissima pinacoteca, donata poi alla Galleria Sabauda di Torino. Finanziò spettacoli teatrali d’altissimo livello. Nel 1929, a causa della crisi americana che portò i sui effetti negativi anche in Europa, la banca crollò e su richiesta dello stato Francese, il Governo italiano arrestò il Gualino il 19 Gennaio 1931; il testo della comunicazione inviato a Riccardo Gualino mentre si trovava nel carcere di Torino era: “ QUESTURA DI TORINO – POLIZIA GIUDIZIARIA - Si comunica alla S.V. che il Ministero dell’ Interno l’ ha destinata alla colonia di Lipari per scontare cinque anni di confino di polizia, come da deliberazione della locale Commissione Provinciale in data 24 corrente – Torino, 25 Gennaio 1931”. Fu quindi confinato a Lipari ed i suoi beni vennero sequestrati, compreso ciò che possedeva a Cereseto; fu coinvolto in scandali di cui egli stesso si meravigliò. Fu sottoposto ad inchiesta di un’apposita Commissione Ministeriale avanti la quale non potè neppure difendersi, anche perché, contrariamente alla maggior


63 parte degli industriali, non aveva tenerezze verso il fascismo. Il suo immenso patrimonio si sciolse come neve al sole. La moglie Cesarina lo seguÏ nel suo esilio forzato a Lipari e poi a Cava dei Tirreni; si preoccupò di arredargli le misere case da confinato con tocchi di surreale eleganza.


64

Tornati dal confino e voltate le spalle a Torino, i Gualino ritrovarono il successo economico con la Rumianca, le molte iniziative parigine ed entrarono con decisione nel campo, quasi vergine per l'Italia, dell'industria cinematografica. Fondò la Lux Film, la più importante delle imprese di produzione italiane degli anni ‘40 e ‘50. Si stabilirono prima a Parigi, poi a Roma dove acquistarono e restaurarono il palazzetto medioevale di piazza in Piscinula, poi a Firenze, dove sulle colline di Arcetri costruirono una grande casa


65 che ospitò Berenson, Venturi, Croce. Passarono le estati a Portofino, nella villa di lord Carnavon. Inoltre diedero alle stampe la traduzione di una raccolta di versi della poetessa italo-scozzese, Alexandra Mitchell. Il Gualino non si dimostrò solo un ottimo finanziere, ma anche un grande amante dell’arte: su consiglio di Lionello Venturi, mise in atto la celebre Collezione Gualino. Come scrittore pubblicò nel 1901 una raccolta di versi intitolata “Domus animae”, nel 1931 “Frammenti di vita”, un libro di memorie che divenne la sua opera più famosa e nel 1932 il romanzo “Uragani”. A Cesarina è dedicato "Solitudine", volume di memorie pubblicato nel 1945. Riccardo Gualino morì a Firenze il 7 Giugno 1964, mentre Cesarina Gurgo Salice nel 1992 all’età di 102 anni (ben 28 anni dopo la morte del marito). Claudio

Bermond,

docente

di

Economia

e

Commercio

all’università di Torino, presentò al terzo Convegno nazionale della Società Italiana degli Storici dell'Economia (Torino 22-23 Novembre

1996)

una

relazione

intitolata

"Formazione

e

dissoluzione di un patrimonio industriale e finanziario nel primo trentennio del secolo XX: il trust Gualino" dove afferma che Gualino, nell'ambito della storia italiana della prima metà di questo secolo, "ha occupato una posizione indubbiamente rilevante e ciò è avvenuto in quattro principali campi:


66 1) Gualino diede un consistente contributo allo sviluppo industriale del nostro paese con la creazione e la gestione di alcune imprese di primaria importanza, quali la Snia Viscosa, l'Unica, l'Unione Italiana Cementi, la Rumianca e la Lux Film che, con le loro vicende più o meno felici, hanno scritto una parte rilevante della storia economica nazionale; 2) Gualino giocò un ruolo di primo attore sulla scena finanziaria italiana - e talvolta anche europea – di quegli anni, con una molteplicità di spericolate e azzardate avventure che andarono dalle operazioni forestali e immobiliari nell'Est Europeo, alla scalata delle banche italiane nel primo dopoguerra ai legami con il banchiere francese Albert Oustric (...) fino al collasso finanziario della Banca Agricola Italiana; 3) Gualino é diventato uno dei simboli dell'opposizione liberale alla dittatura mussoliniana (anche se, annota Bermond, il suo dissenso venne esternato in una lettera al Duce solo il 28 Giugno 1927, dopo che venne toccato direttamente nei suoi interessi con la rivalutazione della lira); 4) Infine, Gualino seppe tradurre il suo profondo amore per l'arte in una serie svariata di iniziative rivolte alla valorizzazione di alcuni filoni artistici, quali il teatro, la musica, la danza, le arti figurative, l'architettura, il cinema. Riccardo Gualino fu quindi un uomo geniale, originale, innovativo, anticipatore (usò una holding domiciliata nel paradiso fiscale di St. John di Terranova) e grande.


67 Ma fu anche un personaggio molto spericolato e commise qualche errore di rilievo. A causa del crollo della banca francese Oustric, subĂŹ anche l'affronto del carcere in Francia.

IL CASTELLO DI RICCARDO GUALINO (FOTO 1997)


68

CESARINA GURGO SALICE (DIPINTO DI FELICE CASORATI)


69

RICCARDO GUALINO (DIPINTO DI FELICE CASORATI)


70

“CERESETO - GIUGNO 1930” DIPINTO DI CESARINA (OLIO SU CARTONCINO)

IL PARCO DEL CASTELLO (FOTO 2002)


71

IL CASTELLO VISTO DA VIA CAVOUR (FOTO 1998)

PORTA D’INGRESSO SUL PIAZZALE DELLA CHIESA PARROCCHIALE(FOTO 1994)

IL CASTELLO VISTO DA VIA SAN TOMMASO (FOTO 2000)


72 L’amore per la danza di Cesarina Cesarina Gurgo Salice dedicò parte della sua vita alla passione per l’arte, soprattutto per la danza. Cesarina sboccerà come danzatrice dopo l'incontro con la giovane russa Bella Hutter. Figlia della ricca borghesia russa, in fuga davanti alla rivoluzione, Bella è assai più emancipata delle coetanee europee di pari censo. Salpa da Odessa, cercando la salvezza da sola, in una nave del Lloyd triestino diretta a Brindisi. Ha in tasca solo l'indirizzo torinese dei Gualino, dato da un suo zio che di Gualino è stato l'agente per Pietroburgo e la Russia. I racconti di Cesarina e di Bella convergono su quel fatidico giorno del tardo inverno 1920 quando la giovane russa, con poco bagaglio, cappellone di velluto e scarpe di stoffa suona alla porta dei Gualino. Il suo inserimento nella famiglia e nel mondo dei Gualino è facile. Nel castello di Cereseto, la sera, anfitrioni ed ospiti improvvisano balli e recite, nei ricchi costumi che i padroni di casa hanno acquistato nei viaggi in Russia e Romania. Animatrice delle serate è l'inglese Jessie Boswell che vivrà con i Gualino per una diecina d’anni prima di entrare a far parte del gruppo dei “Sei pittori di Torino”. Bella Hutter danza in quelle occasioni, conquistando Cesarina e molte delle sue amiche grazie all'arte del movimento ritmico e plastico che sta rivoluzionando il balletto in Europa, sulla scia della


73 scuola di Jacques Dalcroze e Mary Wingman. Insieme, Cesarina e Bella s'iscrivono al collegio ginnico del capitano Hébert, a Trouville; in questa città trovano Marcelle de Montziarly, futura direttrice d’orchestra ed appassionata danzatrice. Attraverso di lei arrivano a Clotilde e Alessandro Sakharoff, la coppia più celebrata della danza mondiale, che saranno, più volte, ospiti al castello di Cereseto. Riccardo Gualino, Guido Maria Gatti, Lionello Venturi e Gigi Chessa vengono rapidamente conquistati dal fascino di Bella e della sua danza. Saranno loro gli auspici della scuola di ginnastica e danza che Bella apre nel 1923 a Torino in Via Arsenale 14. Nella grandissima villa, tipico esempio di residenza piemontese alto borghese d'influenza francese, che Riccardo Gualino ha acquistato dai De Fernex (banchieri e suoi soci in affari), i lavori di ammodernamento prevedono una grande pinacoteca, una galleria d'arte e un piccolo teatro grigio, rosso e nero, progettato dall'architetto Alberto Sartoris e decorato da un altro fedele di Gualino, il pittore Felice Casorati. Sotto il palcoscenico Gualino ha voluto una palestra perchè la moglie e il gruppo di Bella Hutter, a cui presto si aggiunge anche la sorella Raja, si esercitino nella loro danza. Il teatrino privato di Riccardo Gualino fu un fatto straordinario nella tiepida vita culturale e mondana torinese e piemontese in genere. Non si era mai visto un industriale della ricchezza e potenza di Gualino investire i propri soldi ed affidare la propria


74 immagine pubblica ad un'iniziativa culturale così raffinata ed elitaria. Buona parte dei Torinesi, infatti, non approvò: i potenti, per invidia o disprezzo, i ceti medi per inadeguatezza culturale; quanto alle classi lavoratrici, il teatrino non era certo cosa che li riguardasse. L'inaugurazione avvenne il 27 Aprile 1925 con un concerto di musica classica seguito a distanza di due giorni da un concerto diretto da Alfredo Casella e dedicato a Igor Stravinsky. Dopo la musica e le danze gli invitati (solo a loro era aperto il teatro) passavano nelle sale museo della villa dei coniugi Gualino per ammirarne le opere d’arte. Il 7 Maggio venne al teatrino Emma Grammatica per un recital di poesia, il 16 Maggio il ginevrino Jacques Dalcroze (padre riconosciuto della danza moderna) e infine il 6 Giugno la serata finale. Fu uno spettacolo che fece molto parlare la stampa, anche se pochi furono gli eletti che vi assistettero. Nell'ultima pagina del prezioso opuscolo distribuito agli invitati di quella speciale serata (disegnato da Gigi Chessa e Massimo Quaglino) Riccardo Gualino, che già aveva redatto uno spiritoso decalogo del perfetto invitato, annunciava in versi l'inizio di una nuova e più impegnativa avventura. Insieme a Venturi, Chessa e soprattutto Gatti, uomo di profonda cultura musicale, editore della rivista "Il pianoforte", il finanziere aveva posto mano al restauro di un vecchio teatro torinese,


75 precedentemente destinato allo spettacolo leggero, poi decaduto praticamente in rovina. Fu un recupero rapido; la prima, che segna un avvenimento culturale e mondano di portata europea, è il 26 Novembre 1925 con "L'italiana in Algeri", opera quasi dimenticata di Rossini, con la direzione di Vittorio Gui, le scene e i costumi di Chessa. Segue la prima rappresentazione in Italia della "Arianna a Nasso" di Richard Strauss e la prima esecuzione assoluta di "Abramo e Isacco" di Ildebrando Pizzetti, diretto da Pizzetti medesimo. Le danze sono eseguite dagli allievi della scuola di Bella Hutter ormai affermatasi definitivamente come una delle istituzioni culturali più spregiudicate e vivaci di Torino. Cesarina, finanziatrice e animatrice della scuola, avrà il suo momento magico il 3 Maggio 1929 quando sul palcoscenico del Teatro di Torino interpreterà, con Bella Hutter, un impegnativo repertorio di Bach, De Falla, Haydn, Debussy, Ravel. Cesarina ballerà anche una gavottina da lei stessa composta; è la sua ultima uscita pubblica. Il teatro entrò poi in crisi.


76

FELICE CASORATI E RICCARDO GUALINO NEL PARCO DEL CASTELLO DI CERESETO (FOTO 1925)

CERESETO (FOTO 1981)


77 L’ingegnere casalese Vittorio Tornelli Riccardo Gualino, per la costruzione della sua fiabesca dimora ceresetese, affidò il compito all’ing. Vittorio Tornielli (1870-1963), nato da un’antica famiglia Monferrina, laureato in ingegneria e matematica ed insegnante presso l’istituto tecnico Leardi di Casale Monferrato. L’acquisto della dimora di proprietà dei Ricci avvenne nel 1908 e l’ing. Tornelli seguì personalmente i lavori (quasi a tempo pieno) fra il 1909 e il 1913. «La prima grande opera cui attesi - scrive Riccardo Gualino nelle sue memorie - fu la costruzione del castello di Cereseto, alla quale dedicai più di dieci anni. Ne fu architetto Vittorio Tornielli, il quale curò anche la decorazione interna, ad eccezione dell'ammobiliamento delle sale cui attendemmo personalmente mia moglie ed io. È un'opera monumentale in stile piemontese-lombardo della fine del quattrocento, che si riallaccia al gusto prima della guerra in voga nel Piemonte, nato dal Castello Medievale di Torino (…). Vittorio Tornielli, che costruì il castello dedicandogli dieci anni, è un uomo singolare, geniale e disordinato, che mi fece prendere alcune fra le maggiori arrabbiature della mia vita. Ora che i capelli bianchi attestano la maggior mia conoscenza degli uomini, ricordo quei dissensi come una necessità di carattere. Pieno di brio, simpatico, ricco di trovate, si faceva perdonare ogni contrasto dopo mezz'ora di conversazione…».


78 L’ingegner Tornielli, prima di iniziare i lavori al castello di Cereseto, per il Gualino costruì la scuderia di Mirafiori, per l’allevamento dei cavalli da corsa; restaurò la torre civica di Casale, il palazzo del Carretto, il castello di Pomaro, la casaforte di Valmacca, il sepolcreto dei frati a Crea, l’edificio della Banca d’Italia a Casale (ora sede della Cassa di Risparmio di Torino), ripristinò il palazzo Barocco di Mombello Monferrato ed eseguì diverse opere a Moncalvo. L’incontro tra l’ingegner Vittorio Tornielli e l’avvocato Riccardo Gualino avvenne a Casale Monferrato.

CORTILE INTERNO DEL CASTELLO (FOTO 1919)


79 La costruzione del castello Il Gualino decise di delegare Vittorio Tornelli non solo per la progettazione ed il realizzo dell’opera, ma gli diede il compito anche di provvedere alla ricerca dei pezzi autentici per parte dell’arredamento delle numerose stanze. L’idea del Gualino era quella di avere una dimora grandiosa e dall’aspetto severo, ma che presentasse, appena varcata la soglia d’ingresso, un cortile d’onore con eleganti porticati dipinti, decorazioni sui muri e finestre ornate con terracotta; il Tornielli si ispirò in parte, non per lo stile, al Castello d’Issogne (Aosta). Il Tornielli ricercò per tutta Italia i velluti (alcuni furono ritessuti secondo il sistema antico), le ceramiche, alcuni mobili e molti quadri. Durante la costruzione del castello l’ing. Tornielli rischiò la morte a causa della rottura di alcune tavole di legno dell’alta struttura che circondava l’opera in costruzione, alla sommità della merlatura del mastio principale; grazie ai suoi pronti riflessi si salvò la vita cercando di allargare i gomiti, restando così con il corpo sospeso nel vuoto; le sue urla disperate fecero accorrere i muratori che lo trassero in salvo. Per grazia ricevuta, tra i due beccatelli della merlatura, fu dipinta una Madonnina, tuttora ben visibile. L’interno del castello era (ed è tuttora) formato da 156 stanze comprese due grandi gallerie di arrivo, due camere da pranzo, due camere da letto, una sala della musica, sale da riposo (di cui tre private), le cucine al pian terreno, il grande salone rosso, una saletta per la biblioteca (ispirata alla libreria della Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano dove


80 Leonardo Da Vinci dipinse la “Cena”) affrescata con ritratti ancor oggi ben visibili di poeti, scrittori, filosofi e sapienti di tutti i tempi, la chiesa privata della famiglia Gualino in stile romanico costruita con mattoni rossi e tufi scolpiti, tre sale da riposo, camere da letto per gli ospiti e per la servitù e molte altre probabilmente poco o mai utilizzate. Nelle decorazioni sul soffitto del salottino ottagonale, a ridosso delle stanze da letto dei coniugi Gualino, è ripetuta più volte la data 1913. Sotto lo splendido scalone centrale vi è dipinto uno stemma sabaudo su cui compare la scritta: “ Ad otium suum amoenitate loci et cultus suavitates oblectandum Ric. Gualino has sedes reficiendas atque ampliandas curavit quas amici studio indulgens Vict. Tornielli excoluit atque exornavit”. Vi è inoltre un affresco, raffigurante San Giorgio e il drago (copia di quello nel cortile del castello di Fenis -Aosta-), posto lateralmente allo stemma sabaudo. “Gli interni del castello - scrisse Giovanna Castagnoli nel catalogo della mostra sulle collezioni di Riccardo Gualino - esprimono senz'altro la natura raffinata e illuminata del proprietario ma ne svelano anche la sua ossessionante ricerca dell' unità, a costo del falso e della copia. Gualino guardò probabilmente al principe rinascimentale cercando di riprenderne gli stilemi, riproponendoli ad esempio nelle pareti della residenza attraverso la scrittura dei motti che stavano alla base della sua etica. Ricorrono frequentemente per tutto il palazzo le frasi «Ad augusta per angusta» e «Nec vi nec fraude» e anche la biblioteca, sul modello


81 dello studiolo, si richiama ad un passato illustre. Vi si trovano così e immagini in tondo dei celebri filosofi e letterati Socrate, Omero, Plinio, Virgilio, Seneca, Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Francesco Petrarca e Torquato Tasso; mentre sul soffitto si legge, nella mescolanza di valori antichi e moderni, la traccia di un programma morale nelle scritte: Diritto, Giustizia, Dovere, Scienza, Storia, Arte, Industria, Pace, Commercio, Fede e Sapienza…”.

LA MADONNINA EX VOTO DI VITTORIO TORNIELLI

RITRATTO DI LILLI E RENATO (DIPINTO DI M. MICHELETTI)


82

CORTILE INTERNO DEL CASTELLO (FOTO 1912)

ATRIO DEL CASTELLO (FOTO 1920 – 1922)


83

SCALONE INTERNO DEL CASTELLO (FOTO 1925 – 1926)


84

SALA DEL CASTELLO (FOTO 1920 – 1922)

CASTELLO DI CERESETO - SALA DELLE CERAMICHE (FOTO 1919)


85

SALA DELLE ARMI (FOTO 1920 – 1922)

COLLEZIONI ALL’INTERNO DELLE SALE DEL CASTELLO (FOTO 1920)


86 Fra gli inventari della collezione, Cereseto restò un pregevole ricettacolo d’oggetti d'arte e di collezioni: vi si trovavano raccolte di ceramiche, vetri, bicchieri, piatti, armi e armature, oreficerie, stoffe, tessuti e tele, arazzi, placchette e medaglie, dipinti, bronzetti, oggetti di scavo e così via. È sufficiente scorrere gli inventari redatti dopo la liquidazione Gualino (in deposito presso la Banca d'Italia) per farsi una precisa idea della consistenza delle opere conservate a Cereseto. Tra le opere raccolte molte tele di valore sono poi state cedute alla Galleria Sabauda, come il trittico di Andrea del Giusto che arredava il salottino d'ingresso, la lunetta di Matteo da Gualdo che faceva bella mostra nel salone del pianterreno oppure il ritratto di Sofonisba Anguissola di Van Dyck che abbelliva la seconda sala dello stesso piano. Il dipinto di Mario Micheletti, “Ritratto di Lilli e Renato Gualino” realizzato dal pittore monferrino nell'anno 1916, ornava la sala del biliardo. Il titolo di una mostra aperta nel Giugno 1997 a Roma all'Accademia di San Luca era «Cesarina Gualino e i suoi amici»; tra le opere di artisti famosi, come Mario Mafai, Massimo Campigli, Filippo De Pisis, Carlo Levi, Giacomo Manzù e Felice Casorati (che tra il 1922 e il 1926 aveva ritratto i coniugi Gualino al castello di Cereseto) sono presenti anche i quadri di Cesarina. Tra le immagini pubblicate spicca un olio su cartoncino con la scritta (sul retro) «Cereseto Giugno 1930», che raffigura uno scorcio di paesaggio con la seguente descrizione nella scheda: «la


87 collina di Castellazzo e di Crea, un cielo denso di temporale, la pianura e i prati della Guazzanza» (probabilmente la tenuta Guazzaura, di proprietà della nobile famiglia Brondelli di Brondello). Sotto i portici del cortiletto interno, all’entrata dell’atrio principale, compare la scritta latina “ALTA QUID MIRARIS TECTA? INTUS NIHIL NISI BENIGNUM ATQUE HUMILE“ ; dai piani sotterranei, dove si trova la cappella, al secondo piano, vi è un immenso scalone in legno unico nella sua bellezza; nel mezzo delle rampe vi è dipinto un meraviglioso arazzo che sembra sospeso realmente alla parete. Un’altra scaletta a chiocciola in pietra sale dai sotterranei sino all’ultima torre. Vi era un mirabile cancello d’ingresso (pezzo antico in noce, d’inestimabile valore), acquistato dal Gualino ad un incanto; una grata di ferro battuto al grande finestrone del cortile interno progettata dal Tornielli e costruita dal fabbro d’arte denominato ai tempi “Camilin da Moncalvo”; i capitelli di tufo furono invece scolpiti dall’Arboletti di Trino. Quest’ultimo contribuì anche alla realizzazione del grande scalone in legno scolpito. Il tufo fu estratto dalla collina a nord-ovest alle spalle del castello; grazie all’estrazione si ricavò una grotta, dalla quale iniziò a sgorgare acqua. I capitelli e le colonne furono scolpiti e modellati all’interno del castello, precisamente nella stanza alla base della grande torre quadrata rivolta verso sud-ovest. Intorno alla costruzione vi era un immenso parco con piante secolari, scuderie, giardini, aiuole, fiori, grotte e un laghetto con i cigni. Nel castello


88 furono ospitati alcuni personaggi famosi tra cui il pittore Felice Casorati che dipinse sotto lo sguardo vigile del finanziere. Tuttavia i lavori continuarono a lungo: solo nel 1922 fu ultimata la chiesetta interna in stile romanico, progettata dall’ing. Tornielli. Due anni dopo venne inaugurato il Monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale di Cereseto. Il giorno dell’inaugurazione del castello, il quinto anniversario di matrimonio (otto Settembre 1912), i proprietari e gli amici erano vestiti con abiti quattrocenteschi, così da formare un colpo d’occhio unico nella storia Monferrina; pareva essere resuscitato l’ambiente medioevale. In una lettera di Cesarina compare: “La splendida, riuscitissima, indimenticabile festa…”. In seguito al tracollo finanziario del Gualino ed al sequestro di tutti i beni, il castello decadde vertiginosamente, sia esternamente che internamente; fu abbandonato a se stesso per molti decenni.


89

FESTA IN MASCHERA AL CASTELLO A SINISTRA CESARINA – A DESTRA RICCARDO (FOTO 1912)

CESARINA NEL CORTILE INTERNO DEL CASTELLO (FOTO 1912)


90

SALA DEL CASTELLO (FOTO 1920 – 1922)

IL SALONE ROSSO DEL CASTELLO (FOTO 1920 – 1922)


91

ATRIO AL PRIMO PIANO (FOTO 1912)

IL CASTELLO (FOTO 1989)


92 Il castello per i ceresetesi La villa, prima della costruzione dell’attuale maniero, veniva definita dai ceresetesi la “Villa di Madama Garè” o “Madamun”. A memoria d’uomo si ricorda che un dipendente ceresetese della Villa fu un certo “Palivia” (di cognome faceva Giorcelli e risiedeva in Via Valle); il suo mestiere era quello di cantiniere dei Marchesi Ricci: si dice che fosse molto lento nei movimenti. La signora di casa (si racconta da generazioni), sapendo con chi aveva a che fare, un giorno gli disse: “quando ti convoco, devi interrompere qualsiasi attività, gettare a terra qualunque cosa hai in mano e recarti da me…”; un giorno, mentre il “Palivia” stava spostando una damigiana di vino bianco in cantina, la signora lo chiamò e lui, attenendosi alle disposizioni date, lasciò cadere a terra la damigiana (naturalmente rompendola), e corse da lei. Un’altra curiosità o leggenda legata a questo personaggio era quella che di domenica, quando la gente del paese si ritrovava presso il circolo ricreativo, allora chiamato “Circolo Agricolo Operaio“, si sedeva orgoglioso di sé a sfogliare il giornale (in quegli anni non tutti sapevano leggere): ma invece di leggerlo per colonne, lui lo leggeva per righe, a partire dalla prima riga della prima colonna a sinistra ad arrivare alla prima riga dell’ultima colonna a destra (tenendo il giornale completamente aperto sulle due pagine e guai a chi glielo togliesse di mano); quindi riprendeva dalla seconda riga della prima colonna e leggeva fino alla seconda riga dell’ultima colonna e cos’ via. Gualino acquistò il podere e la villa nel 1908;


93 dopo breve tempo la villa venne fatta demolire ed iniziò la costruzione del castello. I lavori ed il progetto furono eseguiti da Vittorio Tornielli (una caratteristica dell’ingegnere era che si lamentava spesso di avere freddo). Nel 1924 Gualino regalò al comune di Cereseto l’asilo (come ringraziamento per la vendita, e quindi la privatizzazione, della strada Colarè nel 1910), oggi sede del municipio, e la lapide ai caduti per la patria (anche se in realtà non è un monumento ai caduti, poiché il suo titolo è PAX POST BELLUM), posta alla base della torre del castello ed inaugurati entrambi nel 1924. La lapide fu acquistata dal Gualino in Russia (probabilmente a Leningrado) ed era destinata ad esser posata su un pilastro alla base del monumento dedicato allo Zar di Russia Nicola II a San Pietroburgo; in seguito alla rivoluzione comunista la lapide, come molte altre in Russia, non fu mai posta nel luogo per la quale era stata costruita. La lapide raffigura un contadino russo (mujik) al lavoro nei campi mentre ara il terreno con un cavallo, al tramontare del sole; mentre sente suonare in lontananza le campane, si ferma e fa il segno della croce pensando al figlio scomparso in guerra. L’opera fu realizzata dal celebre scultore Pietro Canonica (18691959) di Moncalieri (To); sono attribuite all’artista altre celebri opere tra cui Benedetto XV e San Giovanni Bosco in San Pietro a Roma. La lapide fu inaugurata il 21 Settembre del 1924 e vi figura la frase “PAX POST BELLVM - A SUOI FIGLI CADUTI NELLA


94 GRANDE GUERRA CERESETO CONSACRA – SETTEMBRE MCMXXIV“. Seguono i nomi dei caduti della patria. Gualino a Cereseto portò inoltre una rivoluzione sotto l’aspetto del lavoro in quanto, per esempio, le donne che lavoravano nel parco per la pulizia dei viali e delle aiuole venivano pagate a ore, mentre gli altri salariati presso i datori di lavoro ceresetesi (lavoratori stagionali agricoli a tempo determinato) venivano retribuiti dal sorgere del sole al tramonto, senza tenere conto delle ore di lavoro effettuate. I lavoratori dipendenti di Gualino lavoravano comunque “soltanto otto ore“; durante la costruzione del castello furono molti gli abitanti di Cereseto ad essere stati assunti dal Gualino, sia per opere murarie che di diverso genere. Ruto Pietro (padre di Ruto Arturo, Sindaco di Cereseto dal 1951 al 1960), per esempio, lavorò come muratore ed addetto alla costruzione delle finestre (in stile goticolombardo) e delle cornici. Inizialmente i mattoni utilizzati per la costruzione del castello provenivano da una fornace non limitrofa (presumibilmente da Tortona) in quanto giungevano tramite treni merci, alla stazione di Madonnina di Serralunga di Crea, mentre in seguito, venne aperta una fornace che li costruì secondo i metodi medioevali.


95

LA “GABINA” VENIVA UTILIZZATA PER POMPARE ACQUA DALLA VALLE AL CASTELLO (FOTO 1996)

IL BASSORILIEVO PRIMA DELLA POSA (FOTO 1924)


96

LA GROTTA NEL PARCO DEL CASTELLO (FOTO 1975)

IL CASTELLO (FOTO 1998)


97 I mattoni venivano trasportati dalla stazione ferroviaria al castello tramite carri trainati da cavalli; in quell’epoca il mestiere destinato al trasporto delle merci era definito con il termine dialettale “caratè” cioè “carrettaio” (colui che porta il carro). I “caratè” ceresetesi che contribuirono al trasporto dei mattoni furono Secondino Doria, Cavallero (“caratè” di Gualino a tempo pieno) e Anacleto Scagliotti (conosciuto come Cletu). All’interno del castello vi era nell’entrata un meravigliosa sala d’armi; il motivo per cui questa esisteva (nel 1920 non era più necessaria) era quello che l’ing. Vittorio Tornelli voleva ricostruire un castello medioevale il più possibile veritiero; riuscì ad acquistare il materiale alle aste o in antichi e veri castelli e si procurò anche molte testate dei camini dal medio Oriente e dall’Egitto. All’interno del parco vi erano grotte o tane artificiali, fatte costruire appositamente per tenervi degli animali “particolari”, inizialmente si pensava feroci ma in seguito furono allevati camosci, mufloni (i ragazzi del paese si divertivano a far infuriare le bestie per vederne la reazione), cigni e struzzi. Verso ovest vi era una voliera, posta alla cima di un ripido pendio all’altezza delle torri del castello, che ospitava uccelli d’ogni razza e specie, alcune rare. Gualino, per partecipare alle funzioni religiose nella Chiesa Parrocchiale, su consenso del parroco Don Giuseppe Pagani (oratore e predicatore d’eccezione), fece aprire una porta laterale in


98 prossimità della base del campanile a sinistra della balaustra, che dal castello gli consentiva di recarsi in chiesa nei banchi riservati alla famiglia Gualino. Inizialmente (1910 circa) il Gualino desiderava ampliare il parco fin sulla collina ove sorgeva (e sorge tuttora) la Chiesa Parrocchiale; propose quindi alla Curia di acquistare l’intera zona, impegnandosi a far ricostruire il luogo di culto in un’altra parte del paese, ma il Vescovo non accettò la proposta, benché l’offerta fosse di una cifra colossale. I giardinieri permanenti o quasi, addetti alla manutenzione del parco ed alla pulizia dei viali erano più di venti, comprese anche le donne che saltuariamente venivano assunte per tagliare con le forbici i fili d’erba che ricrescevano fra un pietra e l’altra dei sentieri. Una tradizione era quella che il lunedì della Festa Patronale di Cereseto (16 Agosto), la famiglia Gualino permetteva, a chi lo desiderasse, di entrare nel parco e attraversare il lago e la galleria in tufo su una passerella di legno. Inoltre vi era un’enorme serra in vetro con telaio in ferro tondo, sul versante sud-est del parco; prosperava un immenso frutteto e appena sotto di questo una vigna che si estendeva per molti ettari, a partire dalla prima curva che porta verso Ottiglio, ad arrivare fino al lato ovest del parco e terminava come estensione fino alla cascina “Osterietta”.


99

IL CASTELLO E LA CHIESA PARROCCHIALE (FOTO 1999)

IL CASTELLO (FOTO 2000)


100

TORRE PRINCIPALE (FOTO 1999)

MERLATURA INTERNA (FOTO 1982)


101 La vigna era chiamata “la colonnella” per via del nome del proprietario, un colonnello di cavalleria in pensione conosciuto come “Clivio”. Nell’edificazione che si trova nella valle esposta ad ovest del parco, detta “Cabina“ ( o “Gabina”), anch’essa costruita in stile, dove era stato scavato un pozzo alimentato da una fonte d’acqua quasi interminabile, si trovavano le pompe per alimentare il castello, i laghi artificiali, le fontane, i ruscelli e i giochi d’acqua presenti in tutto il parco, oltre che per irrigare i prati. La “Cadana” fu adibita a falegnameria per la costruzione e la riparazione delle porte e degli infissi del castello, oltre che per la fabbricazione di tavoli, sedie ed armadi. La falegnameria dava lavoro a tre falegnami fissi oltre che, saltuariamente, a molti giovani.

FOTO AEREA (ANNI ’50 ) A SINISTRA IL CROLLO DEL “DORMITORIO”


102

LA “CADANA” FOTO 1998

FOTO AEREA (ANNI ’50)


103 Questo stabile, prima di diventare una proprietà del Gualino, intorno agli anni 1820–1880 era la sede del Municipio ed al piano terreno, verso l’attuale Via Fossa, vi era la prigione comunale. Bisogna ricordare che nella seconda metà del 1800 a Cereseto, come in tutti gli altri paesi, vi erano le “guardie campestri” denominati in dialetto “campà” (paragonabili oggi alle Guardie Giurate) ovvero delle persone che avevano il compito di controllare che la vita quotidiana si svolgesse secondo le regole e le leggi del tempo, e soprattutto, che non vi fossero dei furti in pollai ed orti (che in quel periodo erano molto frequenti). Chiunque venisse sorpreso a commettere questo tipo di furto veniva imprigionato in quest’edificio in attesa di essere processato; le guardie campestri non erano comunque dei veri pubblici ufficiali. A memoria d’uomo si ricorda la triste storia d’un certo Cesare, guardia campestre, che fu sorpreso a rubare in un pollaio; una notte, i proprietari del fondo sul quale la guardia stava commettendo il malfatto gesto, sentirono degli strani rumori e subito diedero l’allarme cogliendolo sul fatto. Fu imprigionato e dopo breve periodo rilasciato, naturalmente senza la possibilità di riprendere la professione di guardia campestre, ma non tornò più il Cesare di prima: infatti suo figlio, assalito da un enorme dispiacere per il gesto commesso dal padre, si diede all’alcol, mentre lui continuò vivendo di espedienti fino a quando se ne andò dal paese e di lui si perse ogni notizia.


104 In Via Inverneto, ai piedi della torre “della servitù”, vi era l’abitazione del meccanico ed elettricista della Famiglia Gualino (Sig. Jiaculin); per i tempi era un’officina all’avanguardia, dotata anche di torni, fresatrici e trapani a colonna. Nello stesso fabbricato vi era l’autorimessa che ospitava le automobili di Gualino e l’alloggio dell’autista personale, un certo Vittorio che, durante i viaggi di Gualino, indossava una splendida uniforme con giacca, stivali e berretto rossi. Inoltre, sempre in Via Inverneto, si trovavano le lavanderie del castello, dotate di enormi lavatrici e asciugatrici d’epoca. L’attuale cascina Monvillone era di proprietà del castello: lì in quel periodo vivevano i mezzadri che conducevano l’azienda agricola. Il castello fu sequestrato dalla Banca d’Italia nel 1928 (valorizzato in £. 800.000). Parte degli arredi finirono all’asta ed assegnati all’ambasciata d’Italia a Londra ed altri alla Galleria Sabauda di Torino. L’antico camino in stile seicentesco (come il soffitto) del grande salone rosso, finì venduto al castello di Balzola. Come lo descrisse lo stesso Gualino, fu ideato dall’ing. Tornielli ed eseguito dall’Arboletti. Nonostante tutto questo, il Gualino non fu mai considerato da alcuni ceresetesi come un benefattore; fu piuttosto evitato e a volte anche criticato, forse per invidia. Fu invece amato e rispettato da tutta quella parte di ceresetesi che lavorarono per lui, durante e dopo la costruzione del castello (“solo otto ore di lavoro” e ben retribuite).


105

IL CASTELLO VISTO DA VIA INVERNETO (FOTO 1999)

FOTO AEREA DEL CASTELLO E DELLA CHIESA PARROCCHIALE (ANNI ’50)


106

CHIESETTA PRIVATA DEL CASTELLO (FOTO 1985)

PORTA D’INGRESSO DAL CORTILE INTERNO (FOTO 1985)

AFFRESCHI SULLE PARETI DEI BALCONCINI (FOTO 1984)

ENTRATA DELLA CHIESETTA (FOTO 1985)

ENTRATA PIANO TERRENO (FOTO 1985)

CORTILE INTERNO (FOTO 1984)


107

VOLTA IL LEGNO DELLA BIBLIOTECA (FOTO 1984)

PARTICOLARE DELLA BIBLIOTECA (FOTO 1984)

PARETE LATO OVEST DELLA BIBLIOTECA (FOTO 1984)

PARTICOLARE DELLA BIBLIOTECA (FOTO 1984)

PARTICOLARE DELLA BIBLIOTECA (FOTO 1984)

PARETE LATO EST DELLA BIBLIOTECA (FOTO 1984)


108

PARETE LATO NORD DELLA BIBLIOTECA (FOTO 1984)

PARETE E VOLTA DI UNA SALA DEGLI OSPITI (FOTO 1985)

VOLTA DALLA SALA PRIVATA DEI GUALINO (FOTO 1986)

PARETE LATO SUD DELLA BIBLIOTECA (FOTO 1984)

VOLTA IN LEGNO DI UNA SALA AL PRIMO PIANO (FOTO 1984)

SALA DELLA MUSICA (FOTO 1984)


109

VOLTA DELLA TORRE OTTAGONALE - SECONDO PIANO- (FOTO 1983)

VOLTA DELLA TORRE OTTAGONALE - PRIMO PIANO- (FOTO 1983)

VOLTA IN LEGNO A CASSETTONI DELLA SALA LATO OVEST (FOTO 1985)

VOLTA IN LEGNO A CASSETTONI DELLA SALA LATO NORD (FOTO 1985)

VOLTA IN LEGNO DEL SALONE ROSSO (FOTO 1985)

PARTICOLARE DELLA VOLTA DEL SALONE ROSSO (FOTO 1985)


110

SCALONE INTERNO DEL CASTELLO (FOTO 1985)

SCALONE INTERNO DEL CASTELLO - SULLO SFONDO IL DIPINTO DELL’ARAZZO - (FOTO 1985)


111

PORTICI DEL CORTILE INTERNO (FOTO 1987)

DIPINTO DI SAN GIORGIO E IL DRAGO (FOTO 1984)

INGRESSO DELLA SAL PRIVATA DEI GUALINO (FOTO 1985)

DIPINTO SOTTO LO SCALONE (FOTO 1984)


112

LE FACCIATE DEL CASTELLO VISTE DAL PARCO (FOTO 1984)

IL CASTELLO VISTO DAL CAMPANILE (FOTO 1999)


113

CORTILE INTERNO (FOTO 1983)

GRATA DEL CORTILE INTERNO (FOTO 1982)

FACCIATA LATO EST (FOTO 1999)

BALCONE LATO EST (FOTO 1999)

BALCONCINO INTERNO (FOTO 1983)

TORRE OTTAGONALE (FOTO 1998)


114 Il castello dopo il “crack Gualino” In seguito il castello passò in diverse mani; dal 1940 al 1946 ai Padri della Consolata (vi erano più di 300 allievi nel seminario) che costruirono un nuovo caseggiato definito “dormitorio” dove attualmente si può ancora vedere la struttura base, mentre il vero e proprio stabile crollò a causa della scadente qualità dei materiali utilizzati per la sua costruzione solo dopo alcuni anni; modificarono la stanza della musica fatta costruire da Riccardo Gualino (nella “loggia”), per trasformarla in luogo di culto, visto che la piccola chiesa privata in stile romanico della famiglia Gualino risultava essere troppo piccola per loro. Crearono le cucine all’interno del castello alla base della torre. Inoltre, era loro consuetudine recarsi, per i “baratti” con altre comunità, presso il Castello d’Uviglie (comune di Rosignano Monferrato - Al) una volta la settimana, e presso la sede dei Padri della Consolata di Torino una volta al mese. In seguito ci fu un altro acquirente che volle trasformare il castello e il suo splendido parco in un’azienda agricola modello per l’epoca, ma le trattative non andarono a buon fine. Alcuni anni dopo giunse in paese per l’acquisto del maniero, Padre Primo Fiocchi di Roma (legale rappresentante dell’ “Azienda Agricola Cereseto s.r.l.”) che avrebbe voluto fare del castello un convalescenziario per gli ex tubercolotici ma nessuno nel paese voleva la presenza di queste persone malate.


115 Gli abitanti di Cereseto fecero intervenire esperti per convincere Padre Fiocchi a desistere, con la giustificazione che il clima non era adatto per quel genere di convalescenza, anche se il motivo principale era quello di non volere vicino questo potenziale rischio di contagio. Il Consiglio Comunale si oppose, ma Padre Fiocchi riuscì ugualmente a portare i malati nel castello per la stagione invernale; nella primavera successiva essi lo abbandonarono. Il canonico allora decise di creare una grossa struttura industrialreligiosa; venne presentato anche il progetto d’un eliporto nel parco. Ad un certo punto Padre Fiocchi cedette sei delle venticinque quote della società a Luigia Faccincane, prima moglie di Gian Carlo Trombin che nel 1963 le restituisce al sacerdote. Padre Fiocchi cedette poi le 25 quote a quattro suore (anch’esse di Roma) che a loro volta le vendettero a Brigitte Jesine, una signora viennese moglie dell’ing. Dionigi Fornari di Rapallo. Anche quest’ultimo aveva progetti grandiosi: centro d’aste, mostre di pitture e sculture, scuole d’arte, antiquariato. Purtroppo il Fornari non riuscì mai ad entrare in possesso del castello di Cereseto (occupato dal Trombin), anche perché nella causa s’intreccia un fallimento dei coniugi Trombin; per un certo periodo il Pretore di Moncalvo consentì al Trombin il diritto di rimanere nella dependance della Faccincane, che in quel periodo era la proprietaria di un ristorante a Vergiate (Va). Comunque il 29 Marzo 1978 il Tribunale di Casale ordinò al Trombin l’immediato abbandono degli immobili abusivamente


116 occupati a Cereseto, sentenza confermata il 9 Novembre 1979 dalla Corte d’Appello. Un altro potenziale acquirente fu un noto industriale, intenzionato ad acquistare il castello per trasformarlo in una fabbrica di foulard raffiguranti immagini sacre e promettendo lavoro per molti ceresetesi. Fortunatamente il castello non passò mai nelle mani di questo individuo, in quanto il progetto era ben diverso da quello dichiarato; in realtà la sua folle idea era quella di radere al suolo o quasi l’intera costruzione per venderne i mattoni allo scopo di ricostruire la fortezza spagnola di Alcazar. Grazie all’interessamento dell’ingegner Vittorio Tornielli (allora Presidente del Comitato per la protezione dei beni architettonici del Piemonte), che fu invitato ad un Consiglio Comunale, l’acquisto non fu mai portato a termine; per fare capire ai consiglieri comunali del disastro che si sarebbe venuto a creare, portò con sé una foto del paese e mise davanti al castello la sua mano per mostrare come si sarebbe presentato il paesaggio se il castello fosse stato venduto. Nell’anno 1980, la Guardia di Finanza scoprì e sgominò una banda di malviventi (facente parte della gang mondiale nota come “French connection”) che aveva trasformato parte del castello nella fabbrica di droga più grossa d’Europa. Le indagini furono coordinate dal Procuratore Gresti di Milano e dal Procuratore Poggi di

Casale.

Quest’ultimo

dichiarò:

“…si

sapeva

che

l’organizzazione aveva trasferito le sue basi in un castello in Monferrato, ma qui ce ne sono 17…”


117 Per quanto riguarda la Guardia di Finanza, hanno preso parte al blitz e alle indagini il Colonnello Bianchi, comandante del nucleo di Milano, il Ten. Colonnello Sgarlata del nucleo di Genova, il Maggiore Siri e il Maggiore Bertella del nucleo di Alessandria, il Maresciallo Minute, comandante del distaccamento di Casale. Il 19 Maggio 1980 arrivarono in paese due autoarticolati che scaricarono strane attrezzature sia nei pressi della torre della servitù (costruzione distaccata dal fabbricato principale), sia nella dependance del castello, in Via Masera; la giustificazione da parte dei castellani fu: “è per la realizzazione una fabbrica di gelati”. Nei giorni successivi arrivarono anche gli additivi chimici (acido tartarico, lattosio, ammoniaca e altri ancora), tipici per un laboratorio di gelateria. In realtà, dall’Afghanistan, dall’Iraq, dall’Egitto e dalla Turchia giungevano l’oppio e la morfina base; nella torre della servitù, laboratori d’alta precisione, “tagliavano” l’eroina pura all’80%. Il giornale locale “Il Monferrato” riportò nel 1980: “…si è arrivati a Cereseto con indagini iniziate dalla Finanza Genovese dopo lo smantellamento di un laboratorio ricavato in un deposito di acque minerali in Valle Ormea, vicino a San Remo (…). Si usa anche un elicottero per controllare le mosse in tutti i manieri e si arriva a Cereseto, che viene controllato a distanza, da alcuni finanzieri che si travestono da frati (qui, data la vicinanza con Crea danno meno nell’ occhio dei Preti) o gitanti di fine settimana che, con moglie e figli scattano foto su foto a torri, torrette, altane; si interessano


118 soprattutto dei cani da guardia (dobermann) e dei varchi (la cinta è in pessimo stato) (…). 200 uomini circondano il castello e vi fanno irruzione (…). Entrano nella torre, due porte blindate vengono superate, si salgono duecento gradini di scala a chiocciola con il fiato sospeso; un’ altra porta blindata chiude il laboratorio(…). La merce sequestrata: 65 kg. di morfina base, 2 kg. di eroina pura, 15 kg. in fase di raffinazione, un’ operazione da 135 miliardi di Lire(…)”. Testimoni ceresetesi ricordano, il giorno del blitz, dopo un lungo susseguirsi di colpi per abbattere la porta di entrata della torre, tali parole “Commissario, Commissario venga su che qui abbiamo trovato al roba!… portate su le manette! “ Furono arrestate 22 persone: il proprietario Giancarlo Trombin di 44 anni (già coinvolto anni prima in giri di bische clandestine, slot machine e prostituzione) ed amico del boss marsigliese Turatello, Franca Girardi di 36 anni compagna del Trombin, Alfia Salis di 21 anni (la domestica), Giuseppe Vetro di 57 anni, Giovanna Montanelli di 38 anni, i fratelli Orazio e Marco di Maggio di 40 e 38 anni, nati a Tunisi e residenti a San Remo, Giovanna Lombardi di 34 anni e moglie di Orazio, Jean Jehan di 82 anni, arrestato a Marsiglia proprio in base ai documenti scoperti a Cereseto, Tullio Toscano di 52 anni, Marcel Gambetti di 58 anni, Jean Antoine Ettori di 52 anni, Giovanbattista Costantini di 48 anni, Guilliame Valli di 52 anni, Domenico Rocco di 51 anni, l’algerino Hamed


119 Chennoune di 30 anni; inoltre finirono in carcere due turchi e quattro chimici francesi che lavoravano nei laboratori a Cereseto. Nei giorni successivi, durante le perquisizioni con i cani, la Guardia di Finanza trovò, ai piedi di una secolare pianta, ancora 20 chilogrammi di droga; i sommozzatori dei vigili del fuoco di Casale Monferrato scandagliarono il laghetto ma non trovarono più nulla. Nel corso di una perquisizione, nella cosiddetta “torre della servitù”, fu trovata una valigia contenente una piccola bara di zinco senza coperchio, con dentro il cadavere mummificato di una bimba. C’era un cartellino dell’Ospedale Santo Spirito di Casale Monferrato: “Anna Trombin, deceduta il 19 Giugno 1969”. In quella stessa data nacque un’altra bimba, gemella della defunta, di nome Sara; secondo gli inquirenti il Trombin dissotterrò il corpo della piccola figlia seppellita nel cimitero di Cereseto. Così si spiegherebbe una frase che un’altra figlia del Trombin, Cinzia, ha riferito durante gli interrogatori: “mio padre ripeteva sempre che Anna non deve marcire nella terra”. Il castello fu poi messo sotto sequestro per alcuni anni. Oggi è di proprietà della Martina S.r.l. che, nel 1995, lo ha in parte ristrutturato.


120

I RECENTI RESTAURI (FOTO 1995)

CERESETO MONFERRATO (FOTO AEREA 2001)


121 I lavori di restauro sono durati complessivamente quindici mesi; l’esterno è stato ripulito completamente utilizzando sostanze del tutto prive di aggressivi chimici e si è provveduto al rifacimento dei numerosi balconcini in legno in stile gotico e dei tetti. Gli affreschi interni al primo e al secondo piano e le decorazioni esterne sono stati restaurati sotto la stretta sorveglianza della Soprintendenza alle Belle Arti. Notevoli i costi di ripristino strutturale del maniero: l’intero ponteggio installato ricopriva una superficie di oltre 10.000 metri quadrati. Sulle testate dei giornali locali, nel 1996 si legge: “Quasi ultimati gli interventi di recupero dell’antico maniero; restaurato il castello di Cereseto. Centro Congressi o residenza per Vip in vacanza?” Ad oggi, nulla è cambiato. Una frase che nel dopoguerra è stata dedicata dai ceresetesi al castello in abbandono è: “La giusta vendetta implacabile della storia che non volle ingoiare il rospo artistico di quei mille anni rubati con ingegnoso spregiudicato tranello”. I ceresetesi più anziani affermano che “nelle fredde notti d’inverno, mentre al chiarore di luna si possono ammirare le bifore ed i merletti che ne ornano l’esterno, le immense ombre delle sue alte torri si proiettano sulle piccole ed umili abitazioni quasi a proteggerle; molti pensieri e ricordi riaffiorano alla memoria, ai tempi in cui il castello era abitato e vivo, ma col sorgere del sole l’amara realtà ha il sopravvento sui sogni e l’opera distruttrice del tempo continua inesorabile”.


122


123

LE CHIESE


124 Chiesa parrocchiale di San Pietro e Paolo La chiesa fu costruita, fra il 1719 ed il 1723, sulle rovine di quella precedente risalente all’anno 1000 circa. Le date sono state trovate, in seguito a lavori di restauro all’interno, sull’arco sovrastante la cappella del confessionale. Fu consacrata il 24 Giugno 1724 da S.E. Vescovo di Casale Monferrato Mons. Pietro Secondo Radicati di Cocconato, che in quegli anni fece ricostruire il Palazzo Vescovile di Casale Monferrato. Probabilmente il creatore fu il Magnocavallo che modificò in meglio lo stile barocco; l’opera, pur mantenendo maestosità e grazia, è esente da quel lusso e da quello sfarzo che nell’arte barocca hanno sovente preponderanza sul bello. Nel 1754 vennero eseguite le pitture; compare infatti scritto “ferrarius pinxit Cereseti 1754 “ su uno dei fogli tenuti in mano dall’evangelista San Matteo sul dipinto della volta nella navata centrale. Dai registri dell’archivio parrocchiale risulta che tra il 1821 e il 1843 le pitture furono ritoccate e leggermente modificate, pur mantenendo lo stesso primitivo disegno. Altri restauri furono stati fatti nel 1890 durante i quali furono anche collocate le statue di San Pietro e di San Rocco, donate entrambe dal Capitano Emanuele Rota, Padre del Colonnello Ugo Rota, di antica famiglia Ceresetese. Fra gli anni 1960 e 1966 la chiesa fu rimessa a nuovo dal Prof. Mario Micheletti, sia all’interno che all’esterno; la facciata, arricchita di dipinti raffiguranti Santa Petronilla e Gesù redentore


125 fra uno stuolo di angeli festanti, fu resa ancora più bella, con un armonioso contrasto di tinte. Vennero ridipinti con vivaci colori i quadri e i medaglioni della Via Crucis, mentre con colori morbidi e tinte pastello le parti in muratura; gli altari furono restaurati mettendo in rilievo le antiche bellezze. Nell’abside dietro l’altare, fu completamente ridisegnata la Madonna Assunta; guardandola sembra ancora donna nell’aspetto fisico e già Madonna nell’espressione soprannaturale del suo volto. Gli angeli e i cherubini che le stanno attorno, giocando sulle nubi mentre viene assunta in cielo, sono stati disegnati su modello dei bambini che frequentavano le scuole elementari a Cereseto in quegl’anni.

LAPIDI ALLA BASE DI ALCUNE COLONNE (FOTO 1989)

Nella cupola centrale, sulla quale gli stucchi antichi vennero messi in risalto dalla calda tinteggiatura, appaiono i quattro evangelisti; i


126 loro ritratti sono molto particolari, antitradizionali, originali, aderenti alle particolari vicende della loro vita. La sacrestia, arredata in maniera splendida, è stata rinnovata negl’anni ’60. Gli arredi del ‘700, provenienti dalle montagne della provincia di Varese, sono d’inestimabile valore storico; durante il loro trasporto dal luogo di costruzione a Cereseto, hanno goduto di un beneficio di trasporto: non furono soggetti al pagamento del “pedaggio” (tipo di tassazione di quel periodo). La chiesa possiede uno splendido organo, purtroppo attualmente non in funzione, acquistato ad inizio secolo al Liceo Musicale di Torino. Il campanile, alto 34 metri (all’interno vi sono 138 scalini in pietra conficcati nella struttura stessa), è stato più volte restaurato e modificato nel corso del 1900. Le cinque campane che si trovano sulla sommità sono le note do, re, mi, fa e sol; sono state inaugurate il giorno di Pasqua dell’anno 1955. Su tutte le campane si trova la scritta: - 1939 – 1945 - GIUSEPPE ANGRISANI

VESCOVO

DI

CASALE

DON

LUCIANO

GIACCONE PREVOSTRO – PASQUA 1955 – S.S. PIO XII S.P. -. Il costruttore delle cinque campane risulta essere “Francesco Picasso e Figlio – Recco Genova”, come da targa presente su ognuna di esse.


127

IL CAMPANILE (FOTO 1999)

IL BATTISTERO (FOTO 1983)


128 Sulla campana più imponente, quella della nota do, rivolta verso est, si trova la frase “IDDIO CONFESSATO – LA PATRIA DIFESA – I RIMASTI NE VEGLIANO IL SONNO“. Poi di seguito vi compare “ CADUTI DELLA PATRIA 1915 – 1918 “ e i nomi dei ceresetesi dispersi nella prima Guerra Mondiale. Sulla campana della nota mi, rivolta verso sud si trova l’iscrizione “ LA MORTE MA NON PECCATI – S. DOMENICO SAVIO AI FANCIULLI DI CERESETO “ mentre sulla nota re, rivolta verso ovest, vi è scritto “ AVE MARIA PIENA DI GRAZIA PREGA PER NOI PECCATORI “. La disposizione delle campane (a partire dalla campana maggiore, da sinistra verso destra) è: do – mi – fa – sol – re.

LA CAMPANA PRINCIPALE (FOTO 2000)


129 Chiesa di San Filippo e Giacomo Fu eretta nel 1700 dalla confraternita dei laici “Santi Filippo e Giacomo” (compagnia degli Abbattuti o Batù); il campanile fu invece costruito solo ad inizio secolo. Rimase sempre chiesa secondaria anche se negli anni ’80, durante i lavori di restauro alla Chiesa Parrocchiale, era l’unico luogo di culto disponibile per le funzioni religiose. All’interno vi è conservata la statua in legno di San Rocco.

SOPRA: LA STATUA IN LEGNO DI SAN ROCCO (FOTO 2001)

A SINISTRA: CHIESA DI SAN FILIPPO E GIACOMO (FOTO 1981)


130 Chiesa di San Rocco La chiesetta intitolata al Santo protettore contro le epidemie è stata eretta nel 1600; la statua in legno, inizialmente posizionata all’esterno della chiesa, fu conservata prima all’interno della chiesetta stessa e successivamente trasferita in quella Parrocchiale. Chi fu San Rocco? Se fossimo vissuti tra il 1300 ed il 1600, avremmo conosciuto bene la storia di questo Santo pellegrino, uno dei più famosi in tutto l'Occidente come protettore e guaritore dei malati di peste. Questa infatti, proprio in quei secoli, stava condizionando la vita e la morte nel mondo intero: le epidemie di peste furono capaci di cancellare l'esistenza di un terzo della popolazione dell'Europa. Tornando a San Rocco, il paradosso è che, a fronte della sua estrema popolarità, poche sono le notizie sulla sua vita (tanto da essere messa in dubbio la sua esistenza); ma la Chiesa lo canonizza ufficialmente, intorno al 1600, per mettere "ordine" al culto popolare. Nasce tra il 1345-1350 a Montpellier (Francia), da famiglia benestante, forse nobile, cristiana. Vive in un mondo segnato dal flagello della peste (in due anni muoiono in Europa 20 milioni di persone) e nel quale la Chiesa attraversa un grande momento di crisi. All'età di 20 anni resta orfano e decide, forse spronato dalle ultime parole del padre morente, di seguire Gesù Cristo. Probabilmente entra nel terz'ordine francescano, quindi lascia tutti i suoi beni,


131 veste l'abito da pellegrino e parte per Roma. Durante il suo pellegrinaggio si dedica all’assistenza e guarisce molti malati di peste in modo miracoloso. La sua fama di guaritore si diffonde. A Piacenza si ammala anche lui. Soffre così tanto che è allontanato dall'Ospedale perché "disturba" con i suoi lamenti. Resta solo in un bosco dove verrà salvato da un cane che gli porterà pane tutti i giorni. Il padrone del cane, Gottardo, incuriosito dal suo comportamento, lo seguirà e così conoscerà e diventerà poi l’unico discepolo del santo. Ripartito verso Montpellier, in una località non nota (probabilmente in Italia), viene fermato e sospettato di spionaggio. Verrà messo in prigione perché si rifiuterà di dire il suo nome, in quanto aveva fatto voto di non rivelarlo per non godere dei benefici derivanti dalla sua nobiltà. Vi rimarrà per cinque anni, fino alla sua morte (che risale al 16 agosto tra il 1376 ed il 1379). Dopo la sua morte, per possedere le sue reliquie e godere dei favori della sua protezione, venne trafugato il corpo nella chiesa di Voghera e fu portato a Venezia. In seguito, una reliquia del santo verrà donata a Montpellier. In Italia quasi sessanta località portano il suo nome e a lui sono dedicati oratori, luoghi di culto e oltre tremila chiese. Caratteristiche della sua iconografia: uomo in età adulta, il vestito da pellegrino, con il cappello a larghe falde, il cane che gli porta il


132 pane, un segno (in genere sulla coscia sinistra) della peste da lui contratta.

CHIESETTA DI SAN ROCCO (FOTO ANNI ‘50)


133 Chiesa di San Defendente (di Tebe) Oggi, della primitiva chiesa di San Defendente, non resta che l’altare e la nicchia contenente la statua del Santo protettore. Durante i secoli fu piÚ volte modificata e ridotta nelle sue dimensioni. San Defendente fu soldato della legione Tebea e martirizzato con alcuni compagni presso Marsiglia, sul fiume Rodano. Era invocato contro il pericolo dei lupi e degli incendi e godeva largo culto nell'Italia settentrionale intorno al XIV secolo. A lui erano intitolati oratori, altari e confraternite.

IL DIPINTO SULLA CHIESETTADI SAN DEFENDENTE (FOTO 1995)


134

CHIESA PARROCCHIALE (FOTO 2000 )

INTERNO PARROCCHIALE (FOTO 1999)

CAMPANILE (FOTO 1999)


135

ORGANO (FOTO 1998)

VECCHIO ORATORIO (FOTO 1999)

SAN DEFENDENTE (FOTO 2000)

CASA PARROCCHIALE (FOTO 1984)

SACRESTIA (FOTO 2000)

CHIESA DI SAN DEFENDENTE (FOTO 2002)


136

ALTARI E DIPINTI ALL’INTERNO DELLA CHIESA PARROCCHIALE (FOTO 1995)


137

PASSAGGIO DELLA COMETA “HUBBLE” (FOTO 1996 DAL PIAZZALE DELLA CHIESA)

TRAMONTO; SULLO SFONDO IL MONVISO (FOTO 2001)

CERESETO DI NOTTE (FOTO 2000 DALLA COLLINA BALOCCA)

INTERNO DELLA CHIESA DI SAN GIACOMO E FILIPPO (FOTO 1999)

CERESETO E LE CASCINE SAN CASSIANO (FOTO 2002)


138 Chiesa di San Martino San Martino, secondo la tradizione avrebbe dato prova della sua carità tagliando in due il suo mantello e donandone metà ad un povero. Si ritirò a Ligugé, presso Portiers, dove, con un gruppo di discepoli, fondò il primo monastero, divenendo presto famoso in tutta la Gallia. Eletto vescovo di Tours (371), diffuse il cristianesimo in tutta la Gallia occidentale. Martino fu uno dei santi più popolari dell’Europa occidentale; centinaia di parrocchie e di comuni presero il suo nome. E’ anche considerato il patrono dei soldati. Lottò con energia contro le eresie, l’idolatria e la supremazia. La piccola chiesetta intitolata a questo popolare santo si trova in prossimità delle Cascine Raviara, tra Cereseto e Ottiglio. Nel corso degli ultimi venti anni ha subito diversi furti; soltanto il giorno 11 Novembre di ogni anno viene, in questo luogo, celebrata la messa.

CHIESETTA DI SAN MARTINO (FOTO 1991)


139 Abbazia di San Cassiano Sul colle ad est del centro abitato, nel periodo medioevale, sorgeva un’antica abbazia. Fu retta dai monaci di Lucedio ed ebbe un notevole significato religioso vista la posizione geografica in cui si trovava (fra Asti e Vercelli). Fino agli anni 1300–1400 era considerata come il principale luogo di culto per il feudo di Cereseto; vi era un cimitero, probabilmente destinato alle sepolture dei canonici presenti nell’abbazia. Oggi non resta quasi nulla di questa costruzione, tranne una parte dei pilastri e delle colonne che la costituivano. San Cassiano ora è patrono di una diocesi della città di Imola mentre nel Monferrato, a Penango (At), vi è una chiesa secondaria, in discrete condizioni, riportante il nome di questo santo. Compare, in una statistica sullo stato delle abbazie, delle chiese e dei castelli, redatta nel 1811 dal canonico Giuseppe de Conti, tale dicitura: “San Cassiano di Cereseto: in origine Priorato Regolare, fondato su mezzana altura in poca distanza da Cereseto, comune attinente al cantone di Moncalvo, passato in Commenda dalla Dataria Apostolica da un secolo si è costumato conferirlo in titolo di Abbazia. In oggi ne va titolare un ecclesiastico residente a Roma. Restano a questo beneficio oltre a pochi canoni, moggi 150 di beni e può contarsi del reddito annuo di franchi 2.200 circa. Non si sa quale Istituto regolare spettasse in antico questo Priorato; solo dal titolo che conservava di Pieve, nei secoli rimoti è assai probabile che fosse una casa di Canonici Regolari. Nulla


140 più conserva di rimarcabile che una chiesa di vastità mediocre, investita nell’esterno di pietre quadrate con scolture disposte in buon gusto gotico; la quale da più anni poco mantenuta, deve quest’oggi essersi approssimata assai al totale suo deperimento”.

IL GRUPPO DI CASCINE DOVE SORGEVA L’ABBAZIA (FOTO 2002)

RESTI DELLE COLONNE DELL’ABBAZIA (FOTO 2002)


141 La Madonnina di San Defendente Inizialmente, ad ogni festa religiosa, i residenti nella zona della chiesetta di San Defendente ornavano l’entrata della piccola pieve con una grotta in pietre, una madonnina ed una fontanella d’acqua; con il passare degli anni si è pensato di costruire un piccolo ex-voto permanente. In occasione della festa di Santa Petronilla (31 Maggio) dell’anno 1986, Giovanni Gozzano (già promotore ogni S.Natale del Presepe nell’entrata della sopraccitata chiesetta), aiutato dagli abitanti del crocevia, costruiva l’attuale grotta della Madonna di Lourdes, abbellendo l’angolo fra Via alla Stazione, Via San Tommaso e Via Roma.

LA MADONNINA DI SAN DEFENDENTE (FOTO 1999)


142 La Madonnina sul “Tuf”

È stata messa a dimora recentemente, con la solenne benedizione del Parroco di Cereseto Don Luigi Alessio. La statua della Madonna è stata collocata in una nicchia ricavata sopra un vecchio pozzo situato nel cortile della ex sede municipale, in Via Cavour, nel crocevia meglio conosciuto come “sul Tuf” (così denominato per via della presenza di tufo nel sottosuolo).

LA MADONNINA “SUL TUF” (FOTO 2000)


143 La Madonnina su “Le Marasche” L’effige della Madonna di Crea è stata disegnata, sulla facciata dell’edificio che fino a pochi anni fa ospitava il ristorante “Le Marasche”, dal pittore rumeno “monferrino d’adozione”, Mircea Danciu.

LA MADONNINA SU “LE MARASCHE” (FOTO 1999)


144


145 I parroci di Cereseto Rettore Don Zucca Antonio

dal 11.12.1622

al 12.05.1632

Rettore Don Mantalero Pietro

dal 01.12.1632

al 21.03.1633

Arciprete Don A. Brezzi Giovanni

dal 12.09.1635

al 08.07.1646

Arciprete Don Quaglia Giovanni Battista

dal 19.03.1654

al 15.01.1658

Prevosto Don Lupano Annibale

dal 15.01.1658

al 19.03.1681

Prevosto Don Lino Giovanni

dal 21.03.1689

al 12.07.1692

Prevosto Don Ferraris Pietro

dal 12.07.1692

al 20.01.1730

Prevosto Don Gatti Bartolomeo

dal 05.04.1730

al 01.01.1759

Prevosto Don Foglia Gian Battista

dal 06.07.1759

al 11.10.1782

Prevosto Don A.Scalzi Pietro

dal 21.12.1782

al 10.03.1798

Prevosto Don C.Castellari Pietro

dal 11.06.1798

al 14.01.1821

Prevosto Don Castagna Pietro

dal 15.01.1821

al 24.11.1843

Prevosto Don Valmachino Guido

dal 16.05.1844

al 20.01.1881

Prevosto Don Pagani Giuseppe

dal 03.12.1883

al 15.12.1927

Prevosto Don Buzio Federico

dal 15.12.1927

al 17.03.1928

Prevosto Don Accornero Fedele

dal 17.03.1928

al 21.04.1950

Prevosto Don Giaccone Luciano

dal 15.10.1950

al 31.08.1967

Prevosto Don Ragazzi Giovanni

dal 22.10.1967

al 09.11.1986

Amministratori parrocchiali

dal 10.11.1986

al 30.09.1987

Prevosto Don Cressano Giuseppe

dal 01.10.1987

al 01.09.1989

Prevosto Don Lupano Edmondo

dal 01.09.1989

al 01.10.1992

Amministratori parrocchiali

dal 01.10.1992

al 30.09.1994

Prevosto Don Alessio Luigi

dal 01.10.1994

al 01.09.1988

Ammin. parrocchiale Don Ugo Carbonero

dal 01.09.1988

al 30.06.1999

Prevosto Don Alessio Luigi

dal 01.07.1999


146


147

LE FESTE RELIGIOSE


148 Santa Petronilla Martire del I secolo, se ne sa quel poco che dice un affresco del IV secolo nella Basilica delle catacombe di Domitilla, che la raffigura. Le altre notizie sono nella Passio dei Santi Nereo e Achilleo (V-VI secolo), cui però si attribuisce poco valore storico: vi si legge che Petronilla era figlia di San Pietro, forse per la somiglianza dei nomi. Le spoglie di Santa Petronilla, martire di Roma, sono all’altare della cappella a lei dedicata in S. Pietro in Vaticano. La primitiva tomba si trovava nel Cimitero di Domitilla sulla via Ardeatina, dove nel 390-395 le era stata costruita una basilica. Nel 757 Paolo I, per adempiere alla promessa fatta dal suo predecessore e fratello Stefano II al re dei Franchi Pipino, traslò il corpo e lo collocò nella rotonda che sorgeva lungo il lato meridionale di S. Pietro. Grazie alla sua presenza, questa cappella diventò una vera e propria Chiesa imperiale francese. Nell’846 i saraceni fecero scempio della costruzione e per molto tempo il corpo si credette perso o trafugato dai francesi. Nel 1470 le spoglie furono rinvenute durante i lavori di restauro voluti da Luigi XI. Demolita la rotonda, il corpo venne prima deposto in un altare nel sacrario e nel 1574 presso quello del Crocifisso che in seguito fu demolito. In quest’occasione la testa della Santa fu posta in un


149 reliquiario d’argento, opera di Antonio Gentile da Faenza, ed esposta alla pubblica venerazione. Nel 1643 ad essa si aggiunse la reliquia di un femore. Un braccio era posto in un reliquiario d’argento nella sacrestia della chiesa di S. Lorenzo. A Cereseto, Santa Petronilla si festeggia tutti gli anni la sera del 31 Maggio ed il motivo di questa funzione è dovuto ad un antico voto fatto dai ceresetesi (e dal paese di Treville), forse nel 1500, contro le frequenti grandinate che distruggevano i raccolti nei campi e nei vigneti. Si tramanda da generazioni che in quel periodo, per nove anni consecutivi, ci furono delle grandinate terribili che distrussero tutti i raccolti, sia quelli estivi (grano, orzo, avena, fieno ed erba medica) che quelli autunnali (uva e altra frutta). Allora, i più anziani, decisero di fare un voto alla Madonna con il quale si impegnavano a non lavorare l’ultimo giorno di Maggio. Inoltre sul piazzale della Chiesa Parrocchiale e nelle vie circostanti vi erano dei venditori ambulanti, come se fosse un mercato. Nel periodo tra il 1600 ed il 1700, venivano vendute caramelle, dolci e mele a bagno nel “vinetto”. Per secoli si rispettò il voto, e la sera si svolgeva la processione per tutte le vie del paese (come succede tuttora). I seguaci della Compagnia di San Filippo e Giacomo (compagnia dei “Batù” o “Abbattuti”), indossando un lungo camice bianco,


150 organizzavano in modo ordinato le persone che partecipavano alla funzione. La sostanziale differenza da allora ad oggi è che il 31 Maggio i ceresetesi svolgono le loro attività, riunendosi soltanto la sera sul piazzale della Chiesa Parrocchiale per celebrare la Santa Messa seguita dalla processione per le vie del paese; dal 1500 fino a parte del 1900, durante questo giorno, vi erano delle “ronde” costituite da contadini che svolgevano attività di controllo sul territorio per evitare che qualcuno potesse essere al lavoro nelle vigne o nei campi senza tener conto del voto fatto dalle precedenti generazioni. Un fatto curioso da ricordare è quello che visto che il mese di Maggio è anche il mese della Madonna, tutte le sere, nella Chiesa, veniva recitato il rosario e tutti i bambini delle scuole avevano l’obbligo di partecipare; verso la fine del 1800 ai bambini era concesso di partecipare da soli, quindi di uscire di casa verso sera e trovarsi con i loro coetanei per recarsi in Chiesa; durante il tragitto non mancavano episodi di rubarizi di ciliegie, tenuto conto del copioso numero di piante ancora presenti sul territorio del paese e del periodo propizio di maturazione delle rosse delizie.


151 Il pellegrinaggio al Sacro Monte di Crea Come ogni paese del Monferrato Casalese, anche Cereseto aveva il compito (ed il dovere) di conservare una cappella lungo i viali del Sacro Monte di Crea. Su questo bellissimo monte, probabilmente verso il 300 d.C., S. Eusebio ha edificato un oratorio in onore della Madonna. In precedenza forse era consacrato a divinità pagane. Circa dieci anni dopo, S. Eusebio avrebbe portato dall’Oriente tre statue della Madonna; una sarebbe stata portata a Crea mentre delle due restanti una finì ad Oropa ed una in Sardegna. Intorno all’anno mille si stabiliscono a Crea i canonici regolari di Vezzolano (Asti). A loro succedono, nel 1483, dopo una breve parentesi dei Serviti, i Monaci Lateranensi e grazie alla presenza di questi uomini di grande cultura e sensibilità artistica che dobbiamo lo sviluppo di Crea, favorito anche dai Signori del Monferrato. Grazie al loro sostegno vengono compiuti ampliamenti e abbellimenti. Nei secoli successivi abbiamo notizie di interessamenti dei Papi e di visite illustri tra cui S.Bernardo, S. Bernardino da Siena, la Beata Margherita di Savoia, S. Pio V, S. Giovanni Bosco e altri ancora. Scomparsa la dinastia dei Paleologi, il Monferrato passa nel 1536 ai Gonzaga e alla fine del secolo il giovane San Luigi venne in pellegrinaggio. Dopo aver subito saccheggi durante le scorrerie militari, il santuario nel 1801 fu totalmente devastato.


152 Nel 1809 chiesa e convento furono venduti all’incanto. Nel 1820 il santuario è affidato ai Frati Minori Osservanti che lo custodirono con cura per 170 anni, riportandolo al suo antico splendore ed a svolgere quella funzione di "città dello Spirito" che fu nei propositi di S. Eusebio e dei Priori che ne ressero le sorti nel corso dei secoli. Nel 1948 avviene qui l’incontro tra Alcide De Gasperi ed il ministro degli esteri francese Bidault. Dal 1992 il santuario è affidato ai sacerdoti della diocesi di Casale Monferrato. La Chiesa (fu retta sul luogo dell’oratorio attribuito a S. Eusebio) esisteva già all’epoca delle Crociate, com’è testimoniato da reperti di Arte Romanica venuti alla luce recentemente e posizionati nei primi pilastri della navata. Fu ampliata da Guglielmo VIII Paleologo alla fine del Quattrocento, poi ancora nel 1600 quando fu costruita la facciata, su cui ora campeggia il bel mosaico di Dalle Ceste, che rappresenta l’Assunzione di Maria. L’interno, a tre navate con volte a crociera rialzata, con costoloni rotondi, sostenute da pilastri, è in stile gotico. Sulla parete di fondo della navata centrale è collocata la grande composizione pittorica di un pittore ignoto della seconda metà del Settecento che rappresenta l’Assunzione della Madonna. Il Campanile del 1400 ed è stato sopraelevato nel 1929. La Cappella della Madonna è il cuore del santuario ove è custodita la venerata immagine, sacra scultura in legno rivestita di manto prezioso e incoronata il 5 Agosto 1890.


153 In origine le cappelle dovevano essere 15, poi 40, ma attualmente sono 23, più 5 romitori. Si tratta di un complesso di grande valore artistico e religioso, la cui costruzione ebbe inizio nel 1590. Statue e pitture sono opera di vari artisti, tra cui si distinguono lo scultore fiammingo Jean de Wespin, detto “il Tabachetti” e il pittore Guglielmo Caccia (1568-1626) detto “il Moncalvo”. Particolarmente suggestive le cappelle della "salita al Calvario" (opera originale e di forte ispirazione dello scultore casalese Leonardo Bistolfi), “della Crocefissione”, opera di Antonio Brilla e “dell’Incoronazione di Maria” o “del Paradiso” (edificata sulla vetta del monte, in splendida posizione panoramica, notevole per il grande gruppo plastico formato da 175 angeli, sospeso al soffitto, e circondato da una corona di 300 beati). Nel 1995, dopo accurati restauri, questa Cappella è tornata al suo primitivo splendore. Il pellegrinaggio dei Ceresetesi si svolge ogni anno la domenica successiva alla Pasqua; a differenza dei festeggiamenti in onore di Santa Petronilla, il pellegrinaggio a Crea era, ed è tutt’oggi, una consuetudine e tradizione voluta dai parroci e rettori fin dal 1600– 1650, senza alcun significato diverso da quello religioso di devozione verso la Madonna e di visita annuale alla Cappella dedicata al paese di Cereseto. Solitamente i fedeli si recano al Santuario a piedi, alcune volte in processione e accompagnati dalla Banda Musicale di Cereseto.


154 Il Venerdì Santo e l’“Entierro” La funzione dell’Entierro ebbe inizio molti anni fa, e la prima rappresentazione documentata risale all’anno 1724; ancora oggi si svolge la sera del Venerdì Santo. Agli inizi del secolo, la bara di Gesù era accompagnata da uomini armati di fucili (che per l’occasione avevano uno speciale permesso). Un’usanza e tradizione, che ha avuto origine non si sa quando ma che fino ai primi trent’anni del 1900 è rimasta viva, è che a mezzogiorno del Venerdì Santo i bambini del paese giravano per le vie facendo ruotare un particolare aggeggio di legno (denominato “grè”) che faceva uno strano rumore, per avvertire la popolazione dell’inizio del giorno di digiuno. Inoltre le campane non avrebbero più suonato fino alla domenica. Una curiosità è che le persone più anziane mandavano verso quell’ora del venerdì un ignaro e ingenuo ragazzino a portare al sacrestano (conosciuto con il nome “Belu”) delle lunghe corde e dei pesanti pezzi di ferro con cui questi avrebbe dovuto legare le campane perché non suonassero; il sacrestano naturalmente stava al gioco. Per comprendere l’importanza di questa tradizione, si riporta di seguito il testo della presentazione che ogni anno viene letto da un bambino la sera del Venerdì Santo:“Anche quest’ anno tutta la comunità si Cereseto si è data appuntamento nella chiesa Parrocchiale per rievocare la Passione e la morte di Cristo con la recita dei “Misteri” e dei “Discorsi” (o “Dialoghi”). Tutto il


155 mondo cristiano rievoca in queste ore la morte di Gesù, ma il Venerdì Santo a Cereseto è un giorno particolare per la presenza di tante persone cha hanno voluto prendere parte a questa cerimonia religiosa, alla quale siamo tutti affezionati, non solo perché è unica nella nostra zona, ma soprattutto perché la tradizione popolare l’ ha conservata intatta nel corso dei secoli. La sacra rappresentazione di questa sera risale probabilmente al periodo medievale, quando nelle chiese o davanti al sagrato, si rappresentavano i fatti della vita di Cristo, specialmente quelli relativi alla sua nascita e alla sua passione. Dapprima erano scene isolate, ciascuna ispirata ad un brano evangelico, poi con il passare del tempo esse furono riunite in composizioni più ampie, in cui la prosa lasciò spazio a versi, i personaggi iniziarono ad indossare abiti adatti ed apparvero i primi attrezzi e i congegni per ornare la scena. Fu così che il dramma sacro in latino si trasformò in “mistero” volgare. Il termine deriva dal latino “ministerium”, in quanto questi drammi venivano celebrati a complemento dell’ufficio liturgico, ed è rimasto ancor oggi ad indicare queste funzioni, non solo in Italia.Con il termine “mystère” infatti si indicano in Francia, a partire dalla seconda metà del XV secolo, le azioni

sceniche

che

erano

andate

sviluppandosi

dalle

rappresentazioni eseguite in chiesa fin dal primo Medioevo, durante le solennità religiose; termini analoghi sono ancora in uso in altri paesi europei, come la Spagna “misterios” o l’Inghilterra “mystery palys”. E anche la processione della sepoltura di Cristo,


156 con l’urna contenente il corpo senza vita di Gesù, è ricordata negli antichi documenti, con la parola “Entierro”, che in spagnolo significa sepoltura.Una tradizione quindi antichissima, tuttavia documentata solo a partire dall’ inizio del 1700, quando la buona riuscita della processione era affidata alle confraternite di Cereseto, come quella del Santissimo Sacramento, che si accollava le spese, o quella dei Santi Giacomo e Filippo, che era l’ antica compagnia dei disciplinanti sotto il titolo di San Giacomo, che ne curava l’ organizzazione. Oggi non esistono più le confraternite, ma ci è di conforto constatare che è ancora vivo l’entusiasmo di allora e forte resta il desiderio di mantenere e far conoscere questa antica e bella tradizione popolare, per la cui organizzazione in ringraziamento a Signor Prevosto, ai piccoli e grandi protagonisti della recita, alla nostra Banda Musicale e tutti coloro che si sono impegnati a fondo per la buona riuscita.”


157 I “MISTERI”

IL VESSILLO Ecco il Vessillo che nel gran conflitto della cruda passion del redentor, spiegò la strada del comun delitto e degli altri tuoi falli, o peccator!

IL CALICE Questo calice amaro ha tracannato il tuo dolce ed amabil redentor, sol per darti la salute o peccator! Tu piangi i suoi dolori ed il tuo peccato.

LA LANTERNA Con la lanterna Giuda, il traditore, cercò Gesù per darlo nelle mani dei suoi nemici, furibondi ed insani; tu cercalo o fedel, per dargli il cuore.

LE CATENE Con due funi ed orride catene da mani crude ed empie l’ innocenza avvinta e stretta fu; tu con pazienza porta o mortal l’aspre tue doglie e pene.


158 IL PUGNALE Con questo ferro, Pietro, a quel soldato che Malco nome aveva, tagliò l’ orecchio; ma il sano Cristo, d’ ogni bontà specchio, tu perdona al nemico, o uomo irato!

LA MANO Ecco l’ ardita ed insolente mano la qual di Cristo illividì le gote; tu la sinistra guancia offri o Cristiano a chi sulla destra ti percuote.

IL GALLO Pietro, che aveva negato al suo Signore per ben tre volte, al canto poi del gallo s’ accorse alfin del triplicato fallo. Ravvediti ancor tu, o peccatore!

LA VESTE BIANCA Ecco: di veste bianca fu vestito, dall’ empio Erode, in segno di pazzia, con scherni e beffe il figlio di Maria. Per Cristo ognun goda essere schernito.

LA COLONNA Questa colonna è quella a cui legato fu con aspre ritorte il Salvatore per disciogliere te dal peccato e dagli eterni mali, o peccatore.


159 I FLAGELLI Queste son le sferze ed i flagelli che hanno le sacre membra infranto e peste; tu tien domati i sensi tuoi ribelli che del peccato son le vie funeste.

LA CORONA DI SPINE Ecco il diadema d’ aspre spine pungenti con cui il Re del ciel fu coronato! Pensa, o Cristiano, che col tuo peccato tu rinnovi a Gesù i suoi tormenti.

LA CANNA Questa canna, per scherno e vituperio, di scettro in luogo al buon Gesù fu data; tu assoggetta la tua anima ingrata a lui, che d’ ogni cosa tien l’ impero.

IL VELO Mirabilmente impressa in questo velo del Rendentor fu l’adorabil faccia; tu, o mortale, non lasciar del ben la traccia se brami di vederla un dì nel cielo.

I CHIODI Ecco gli aspri chiodi che han trafitto piedi e man del Redentor divino; prega, o mortal, col capo umile e chino, che nel tuo petto il suo dolor sia fitto.


160

IL MARTELLO O martello che battesti i duri chiodi, per conficcar il Redentor in croce; batti pur la durezza in nuovi modi d’ ogni cuor più intristito e più feroce.

LA CROCE Questo è quel santo e prezioso legno, sopra di cui morì, per nostro amore, il divino nostro amabile Redentore per aprire a noi l’ eterno regno.

I.N.R.I. La scritta che Pilato affisse in croce è come un grido, una potente voce; INRI ti dice nel suo senso pieno, Gesù, Re dei Giudei, il Nazzareno. Scrisse Pilato, e forse rise in cuore, quasi non fosse Re, Gesù Signore; ma egli è Re di tutti; credi e spera o fedel, Cristo vince, regna e impera.

I DADI Con questi dadi si gettò la sorte del buon Gesù sull’ inconsutil veste; la tua sorte o mortal, con aspre geste fa d’ acquistar nella suprema corte.


161

LA SPUGNA Ecco la spugna che rea mistura d’ aceto e fiele porse un giorno a Cristo che di bere ricusò perché quel misto dei mondani diletti era figura.

LA LANCIA Tre cuori trapassò la lancia cruda: quello di Gesù, di Giuseppe e di Maria. Deh! Trapassa il cuore e l’ anima mia onde ognuna colpa da lei s’ escluda.

LA SCALA Nicodemo salì su questa scala per deporre dalla croce il Salvatore; tu deponi per lui, o peccatore, ogni fasto, ogni pompa ed ogni gala.

LE TENAGLIE Felici tenaglie, che adoperate foste dal buon Giuseppe per schiodare dalla croce Gesù; deh! Distaccate il mio cuore dal peccato e dal malfare!


162

I “DISCURS”


163 PRIMO DIALOGO

Perchè sì mesta e dolorosa in volto in questa tua region, gente s’accoglie? Forse un prode guerrier fra voi fu tolto? O qualche grande, alle mortali spoglie? Ma sembrami ciascun nel lutto avvolto; gemon padre madre figlio marito e moglie Ond’io vo’ pensando nell’alma mia quale di tanto duol la causa sia.

E sei tu solo, così straniero al mondo da non saper che questo giorno e’ tristo? Chi in volto puo’ comparir giocondo, mentre la morte rinnoviam di Cristo? Tutta una piaga ei fu da capo a fondo, e infine morir per noi fu visto. Questa e’ la causa del dolente aspetto che miri o forestier in Cereseto.

O santo lutto, o nobil memoria! O rito sacro venerando e pio! Chi potra’ mai dimenticar la storia dell’infinito amor dell’uomo Dio? Egli ci apri’ le porte di Sua gloria, e nessuno di noi pose in oblio. Oh che comun universal dolore, meditiam fratelli, per un Dio che muore.


164 Cereseto,Cereseto ci pensa al tetro rito meditando li strumenti atroci, che schierati vedrai su questo lito: lance, martel,chiodi,funi, croci Nacque questa funzion nel tempo avito. E tu la intendi dalle stesse voci dei tuoi figli che son qui dolenti portator dei lugubri strumenti.

O fratel mio, quante volte, oh quante io piansi al sol mirar gli aspri flagelli Che hanno del Salvator le membra infrante ai colpi dei Giudei, empi e ribelli. Ah, se pensasse ognun un solo istante alla passion di Dio, di cui favelli, chi in lacrime cocenti, dal dolore non vorrebbe morir con lui, che muore?!

E come mai si può frenare il pianto, se al suo morir tutto pianse il creato? La terra si coprì di nero manto, il ciel si scolorò per ogni lato. Si squarciò il vel, che copriva il Santo, si scosse la natura in ogni stato. La terra, il mare, il ciel, lo stesso inferno stupì al sentir che morì l’Eterno.


165 E tu devoto popolo, che ascolti quanto per te sofferse l’uomo Dio Pensa che invano Egli morì per molti, che molti vivon nel peccato rio. Oh miseri che un dì saran sepolti giù nell’inferno, e pagheranno il fio del sangue che Egli sparse, e dei tormenti che soffrì per salvar tutte le genti.

Deh! Pensa io ti scongiuro o peccatore pensa a mutar vita e a farti Santo Va, corri, vola ai piedi di un confessore, spiega i falli tuoi tra il dolore e il pianto! Oh! Quanto è buono, o peccatore. Oh! Quanto e’ buono Dio che per salvarti muore! Perchè misero temi? Egli ti addita nella Sua morte, la tua eterna vita.

E noi prostrati al tumulo del morto Redentor Preghiam onde convertasi l’ingrato peccator!!


166 SECONDO DIALOGO

Or che si e’ dato termine al tragico racconto di cio’ che il Divin Figlio pati’ per nostro sconto, che dici o mio compagno?

Mirando un Dio per noi trafitto e morto chi puo’ concepir del Redentor quanto intenso sia l’amor onde condurci di salute al porto?

In tanti affetti ondeggia l’anima mia confusa che ormai la strada solita al favellar mi e’ chiusa. Vorrei teco dividere i sensi miei dolenti ma al rimembrar ripiombono sul cuore i mesti accenti.

Io pur pensando all’orrido scempio del mio Signore frenar non so le lacrime frenar non so il dolore. Chi e’ di cuor si barbaro che non si sciolga in pianto a rammentar la storia di un Dio che ci amo’ tanto?

Amico, or dimmi in grazia, dichiarami almeno il duol di questo popolo pel morto Nazareno. Non ho, non ho facondia al suo desir uguale l’alta funzion descriverti la lingua mia non vale.


167 Ecco schierati appaiono i dolorosi oggetti che in cuor anche di un barbaro destan pietosi affetti. E nel rimirar i flebili di morte empia strumenti, amico, il cuor, le viscere straziare non ti senti? Vedra’ ciascun l’ufficio rinnovellarsi estremo che a Cristo in corpo usarono Giuseppe e Nicodemo.

Parlo di lor che in faccia d’ un popolo feroce deposero il cadavere dalla dolente Croce. E col piu’ umile esempio di riverenza e onore gli oltraggi compensarono al morto lor Signore.

Parlo di lor che l’unsero con balsami preziosi e tomba i mesti apostoli gli dieder lacrimosi. Oh questo loro esempio da noi seguito sia, onora onora o popolo una funzion si pia.

Con fronte mesta e umile con bassa e flebil voce preceda il sesso debole la veneranda Croce. E il coro degli uomini all’alta Croce appresso vada cantando e il ciglio al suol tenga dimesso. Con volto mesto e lugubre acanto allo stendardo i confratelli si avviino a passo lento e tardo.

Alzate o figli teneri per silurare il vero, alzate pure il flebile vessillo del mistero. Del grande apostol Giacomo segua la compagnia spieghi il vessillo e inoltrisi per la dolente via.


168 Seguici, pastore vigile, venite sacerdoti andiam in sciolte lacrime ma taciti e devoti. Inalberato il segno della dolente Croce, si segua il sacro legno della tragedia atroce.

Mirate, gia’ s’apprestano alla preziosa urna che il corpo entro accoglie del Redentor divino. E tu lo segui o popolo in mesta processione lo illumini di fiaccole piangi di compassione.

Vedrai l’afflitta Vergine seguir l’amato figlio, t’affissi in quell’immagine prendi da lei consiglio. Tu lo ravvisi al tacito chiaror delle favelle che in pio tributo innalzano le giovani donzelle.

Ma che ti giova assistere a questa pia funzion se col peccato ripristini di Cristo la passion? Se mediti lo scempio del tuo Gesu’ svenato cessa dal essere empio cessa dal tuo peccato.

Mira l’afflitta vergine che e’ madre di tutti noi, tu la trafiggi, o barbaro con i peccati tuoi. Sorgi pentito e abomina la vita tua primiera. Perchè più tardi o misero? Pentiti stasera.

Partiam, partiam o popolo e quindi giunti al tempio piangiam tra amari gemiti l’inenarrabil scempio. Piangiam sul muto tumulo ove, con rito pio, la spoglia oggi rinserrasi del vero Uomo-Dio!


169 TERZO DIALOGO

Se il mio Signor diletto a morte hai condannato, spiegami almen, Pilato, qual fosse il suo fallir! Che poi se l’innocenza error da te s’appella, per colpa cosi’ bella potessi anch’io morir.

Chi porta il suo supplizio so che n’appar ben degno, so che la pena e’ segno di gia’ commesso error. Ma se Gesu‘ si vede di croce caricato, paga l’altrui peccato per solo immenso amor.

Quegli che regge il mondo a terra e’ gia’ caduto. Nessun gli porge aiuto? Oh ciel , che crudelta’! Se cade l’uomo ingrato tosto Gesu’ il conforta, ma per Gesu’ e’ morta al mondo ogni pieta’!

Sento l’amaro pianto della dolente madre, che gira fra le squadre in cerca del suo ben. Sento l’amato figlio, che dice: Madre, addio! Piu’ fier del dolor mio il tuo mi passa il sen!

Se di tue crude pene son io, Signor, il reo, non deve il Cireneo la croce tua portar. Se gia’ potei per tutti di croce io sol gravarti, per uno, in aiutarti non potro’ poi bastar?


170 Si vago nel tormento il volto del mio bene, che quasi a me diviene amabile il dolor. In cielo che farai se in rozzo cielo impresso, da tante pene oppresso spiri cotanto amor?

Sotto i pesanti colpi della ribalda scorta, un nuovo inciampo, porta a terra il mio Signor. Piu’ teneri dei cuori, siate voi, o duri sassi, ne’ piu’ ingombrate i passi al vostro Creator.

Figlie, non piu’ su queste piaghe che porto impresse; su i figli e su voi stesse vi invito a lacrimar. Serbate il vostro pianto, o sconsolate donne, quando l’empia Sionne vedrete ruinar:

L’ ero monte rimira il Redentor languente e sa che inutilmente per molti ha da salir. Quest’orrido pensiero si al vivo i cor gli tocca, che languido trabocca e sentisi morir.

L’arca di Dio, non mai del vel si vide scarsa, e ignudo il Dio dell’arca vedrassi e senza vel? Se nudità si sacra or ricoprir non sanno, dite, mio Dio, che fanno i Serafini in ciel?

Vedo sul duro tronco già steso il mio diletto e il primo colpo aspetto dell’empia crudeltà. Quelle sacrate mani a far del ben sol atte, fiero martel le batte, senz’ombra di pietà.


171 Veder l’orrenda morte del suo Signor non vuole onde si copre il sole e mostra il suo dolor. Trema commosso il mondo, il sacro vel si spezza, s’apron per tenerezza i duri marmi ancor.

Tolto di croce il Figlio, l’avide braccia stende l’afflita madre, e prende in grembo il morto ben. Versa per gli occhi il core in lacrime disciolto, bacia quel freddo volto e se lo tringe al sen.

Teco diletta Madre, mi fermo a piè del legno, acciò mi faccia degno di teco lacrimar. E se di più potessi di più penar vorrei, chè maggior merto avrei nel mio maggior dolor.

Vinto da tante pene, mi trema in peto il core, dal duolo e dall’amore mi sento lacerar.

Ma col fermarmi teco spero che il tuo dolore insegnerà al mio cuore di più patir ancor.

Tomba che chiudi in seno nostro Signor già morto, finch’ei non sia risorto non partirem da te. Alla spietata morte allor direm con gloria: dov’è la tua vittoria? Dov’è, dicci, dov’è?


172

LE “POESIE”


173 PREGHIERA ALLA VERGINE

Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’ eterno consiglio, tu sé colei che l’ umana natura nobilitasti sì, che i’ suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si riaccese l’ amore per lo cui caldo ne l’ eterna pace così è germinato questo fiore. Qui sé a noi meridiana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se di speranza fontana vivace. Donna, sé tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua distanza vuol volar senz’ ali. La tua benignità non pur soccorre, a chi domanda ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’ aduna quantunque in creatura è di bontate. Or questi, che dà l’ infima lacuna de l’ universo infin qui ha vedute le vite spiritali ad una ad una.


174 L’ANGELO DELLA MORTE Vengo dal cielo, busso a tutte le porte: mi chiamo e sono l’angelo della morte. L’empio non trema e reprobo mi sfida: conta le forze e tutto in sé confida. Oh! Cieco e stolto!…ma per tutti è certa La morte: e nella casa tiene la porta aperta. Quando per te ed in qual modo ancora Verrà, o cristiano, sarà l’ultima ora? Tu sai che viene…non sai dire quando, e perché , dunque vivi ancor peccando? Deh!non sfidare Dio giudice severo! Piangi pentito con dolor sincero Sii più buono, virtuosi ancora e pio: e dopo morte godrai nel ciel Iddio.


175 DOPO LA MORTE DI GESU’ Gesù è morto in croce Vittima dell’odio feroce Degli uomini in peccato: e subito s’è squarciato il velo del Tempio santo. Dal calvario uno schianto Scosse la terra intera, il sol s’oscurò comr a sera. ERA IL PIU’ GRAVE DELITTO: CRISTO ALLA CROCE CONFITTO. Peccator, tu l’hai inchiodato Ogni giorno col tuo peccato. Oh! Chiedigli alfine perdono! Or che Gesu’ è sul trono del suo amor sofferente perdona chi piange e si pente. In croce ti guarda e tace, pietoso il cuor t’avverte, e con le braccia aperte t’offre l’arco di pace.


176


177

TRADIZIONI, FESTE, GIOCHI E SVAGHI DEI CERESETESI


178 Il Carnevale Si svolgeva nei giorni di Domenica, Lunedì e Martedì da mattino a sera, con cene e balli; l’organizzazione era diretta da Rocco Porta, Eugenio Piovera ed Alessandro Besso (proprietario di una cavallina di nome Lilly che lo aiutava nei trasporti di formaggio per i mercati). Si svolgeva in Piazza Umberto I e s’imbandivano lauti pranzi. Una specie di teatrino, organizzato dai tre promotori, era quello di fingersi ingegneri e geometri, con tutte le sofisticate attrezzature dell’epoca (si ricorda una “canna metrica” usata per più volte), per calcolare il tragitto di un immaginario tram che doveva portare i ceresetesi al paese di Sala e ritorno (anni 1923– 1925 circa).

La corsa del cerchio I bambini partivano da Piazza Umberto I (nominata sempre come Piazza San Rocco) e dovevano fare il percorso scendendo da Via Casale (“Aurì”), Frazione Madonnina di Serralunga di Crea, risalendo la strada provinciale che collega Cereseto con la strada statale Casale-Asti (“Stradonetto”) e ritorno al punto di partenza, con una bacchetta uncinata spingendo un cerchio (che poteva essere ricavato da una botte per il vino oppure da un cerchione di una bicicletta). Si ricorda che in quel periodo (1925 circa) le strade non erano di certo asfaltate ma vi erano molti buchi e pietre. Venivano premiati i primi tre classificati.


179 La corsa nel sacco I bambini correvano in un sacco partendo all’incirca dalla chiesetta di San Defendente per arrivare all’ “Osteria di Saracco” (Ristorante del Centro), che ne era tra l’altro l’organizzatore. Anche in questa competizione venivano premiati i primi tre classificati (quattro lire al primo classificato). Questa competizione si è svolta fino al 1960 circa.

Le “pignatte” Un tradizionale gioco, che ha avuto origine molti anni fa, era quello di riempire dei vasi di terracotta con coriandoli, dolci e piccoli regali, appenderli su una robusta corda e colpirli tramite un lungo bastone di legno. I bambini venivano bendati e, aiutati da un adulto che ne indirizzava i colpi nella giusta direzione, colpivano il vaso, rompendolo; il contenuto cadeva a terra ed i bambini potevano raccogliere le caramelle ed i cioccolatini. Questa tradizione si è mantenuta viva fino al 1988.


180

ROTTURA DELLE PIGNATTE (CARNEVALE 1982)

CARRO ALLEGORICO “CIVILTA’ CONTADINA” ALLA SFILATA DI CASALE MONFERRATO – 2° CLASSIFICATO (CARNEVALE 1988)


181 La Festa Patronale di San Rocco – 16 Agosto Si svolgeva anche ad inizio secolo, come ora, durante la settimana di Ferragosto. Oltre alle solite serate danzanti e gare di ogni tipo, una delle manifestazioni più amate dai ceresetesi era il “tiro al pollo” con il fucile; infatti, dietro al “salone” (caseggiato privato in stile liberty e per anni sede della Pro-loco), si doveva colpire un pollo mentre “passeggiava tranquillamente” nei prati sotto la collina Balocca; chi riusciva a colpirlo lo riceveva in premio, anche se non lo uccideva (molte volte gli organizzatori truffavano i clienti scentrando il mirino del fucile, per rendere più difficile colpire l’ animale).

LA BANDA MUSICALE DI CERESETO (FOTO 1925)


182 Gli organizzatori della festa patronale erano i cugini Rodolfo e Rocco Porta. In seguito fu proibito sparare all’aperto quindi il gioco, per tradizione, si trasferì nell’attuale campo da bocce; lo scopo era colpire una specie di pendolo con una boccia; chi ci riusciva vinceva un pollo. In seguito, fra il 1960 circa ed il 1990, la festa patronale si svolgeva nella sede della Pro-loco (salone) con cene, serate danzanti, gare a bocce (“baraonda”, “lui e lei”, “lui, lei e l’altro”…), partite di calcio e tamburello “celibi contro ammogliati”; nell’ultimo decennio i festeggiamenti si svolgono nel cortile dell’ex “Asilo Riccardo Gualino”, ora nuova sede della pro-loco e del Municipio.

I “Pichinè” Nell’annata del compimento dei 17 anni, il 1° gennaio, i coscritti festeggiavano per la durata dell’intero giorno. Si pranzava e si trascorreva la giornata all’osteria. Questa tradizione è durata fino al 1963 (leva del 1946).


183 I “Soldati di leva” La visita militare, fino ai nati nel 1915, si svolgeva al distretto militare di Moncalvo. Dal 1916 in poi a Casale Monferrato. Per la visita a Moncalvo i giovani partivano da Cereseto, tutti vestiti con la stessa camicia e la bandiera tricolore con lo stemma dei Savoia, accompagnati dalla banda musicale. Alla fine della “giornata di visita” (di solito verso le ore 14:00), sulla strada del ritorno tutti i futuri soldati si fermavano a pranzo in un’osteria ceresetese (nei giorni precedenti si era fatto fare un preventivo per vedere qual’era l’osteria più economica). La sera, nel “salone”, si terminavano i festeggiamenti con una serata danzante; i futuri soldati offrivano ai compaesani un rinfresco.

LO “STRADONETTO” (FOTO ANNI ’50)


184 “Buzio” il burattinaio Un certo Buzio (artista d’origini astigiane), per circa cinque mesi all’anno a partire dal 1920 fino al 1932, si trasferiva a Cereseto ed affittava, con la sua famiglia, una casa al di sopra dell’attuale campo da bocce; era un “burattinaio” e faceva i suoi spettacoli, tre volte alla settimana, nel “salone” di Piazza Umberto I; prezzo di un biglietto dello spettacolo: quattro soldi. Oltre ad essere dotato di molti abiti per vestire i suoi burattini, grandi quasi quanto un essere umano, possedeva anche molti “effetti speciali” dell’epoca come la creazione di tuoni e fulmini; in tutti i suoi spettacoli compariva sempre la figura di Gianduja, maschera allegorica carnevalesca piemontese nata in provincia di Asti. I suoi più celebri spettacoli erano: “La Beata Panacea”, una specie di processione alla quale partecipavano fino a duecento burattini (che lui riusciva abilmente a muovere contemporaneamente); “Il ponte dei Sospiri”, ambientato in uno scenario veneziano al tempo dei Dogi (si svolgeva in cinque o sei puntate, vista la durata dello spettacolo); la maschera di Gianduja in questi episodi, ricopriva la figura di Orlando, martire perseguitato dai Dogi. Durante ogni spettacolo, nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo, venivano estratti i numeri vincenti della lotteria dal Buzio organizzata; primo premio: un salame.


185

La compagnia teatrale “Filodrammatica” Alcuni abitanti di Cereseto facevano parte di una compagnia teatrale denominata “La Filodrammatica” che aveva sede presso il “salone”. Importanti i drammi: “Dormi il sonno di un’anima forte” e “Ritornano i morti”. Solitamente la compagnia si esibiva sei volte l’anno a Cereseto e tre volte a Ottiglio.

IL SALONE IN STILE LIBERTY (FOTO 1999)


186 I componenti ed attori erano: Venus Mazzucco (il promotore degli spettacoli), Arturo Ruto, Guido Biano, Ernestino Bozzo, Stellina Deregibus, Cesarina Maio, Ida Gozzano ed altri ancora. “Dormi il sonno di un’anima forte“ si svolgeva in tre puntate; alcune battute a proposito del duca di Povello (molto prepotente) e una ragazza sottomessa al potere del Duca (ma protetta da altre persone), erano: “…prostrati, prostrati o fragile canna combattuta dai venti, prostrati a quel Dio che gli umili innalza e i superbi debella e che gli empi confonde e, che dal fango, solleva la calunniata innocenza…”. “Ritornano i morti” (solitamente i due protagonisti erano Venus Mazzucco e Francesco Lai di Ottiglio) era la rappresentazione del dramma di un soldato che, andato in guerra, era stato dato per disperso; invece “…tornò pieno di stracci e di pidocchi ma tornò come un eroe…”. Si trovò nella situazione che la moglie, ormai rimasta sola e bisognosa di aiuti economici, divenne l’amante del sindaco del paese, in cambio del suo aiuto. Alla scoperta di questo fatto si presentò di persona dal rivale in amore; dopo un furibondo litigio, il sindaco iniziò a scappare rincorso dal soldato e, ormai quasi raggiunto da questi, si voltò e sparò un colpo di pistola, uccidendolo.


187 Il cinematografo Il luogo di proiezione era sempre il “salone” di Cereseto; solitamente il film veniva proiettato la stessa sera sia a Cereseto che a Ozzano per motivi di risparmio per l’affitto della pellicola; in un paese le proiezioni del primo tempo iniziavano un’ora prima che nell’altro, per permettere ai due “corrieri” di incontrarsi a metà strada (località “due punte”) per lo scambio delle pellicole. Si ricorda d’una sera d’autunno quando con le biciclette (con illuminazione a carburo) ci fu uno scontro tra i due corrieri con relativa perdita di tempo per il ritrovamento delle pellicole finite per terra al buio (si dice anche che una sera fu visto prima il secondo tempo e successivamente il primo…). Il cineasta ceresetese era Porta Rodolfo.

Il servizio taxi Anacleto Scagliotti aveva due cavalli ed una meravigliosa carrozza a quattro ruote chiusa, con la possibilità di caricare fino a sei persone; era paragonabile a un attuale servizio di taxi. Edoardo Antonioli in seguito acquistò una Citroen berlina e proseguì il mestiere di Scagliotti; i giovani del tempo, quando potevano permetterselo, si facevano trasportare a Casale per andare ad assistere allo spettacolo definito “varietà”, perché in quel periodo a Cereseto non vi era alcuna attrazione o passatempo


188 diverso dal solito; una corsa da Cereseto a Casale e ritorno, negli anni 1928–1935 costava trenta soldi a persona; a volte, visto che la macchina per i trasporti era già stata acquistata di seconda (o terza…) mano, bisognava spingerla per farla partire, ma per quei tempi poteva essere quasi un divertimento questo inconsueto fatto.

GLI ALUNNI DELLE SCUOLE DI CERESETO (FOTO 1952)

LA PRIMA COMUNIONE (LEVA 1943 – FOTO 1952)


189 Il “quadrato di Aurì” Le donne si recavano al “quadrato” (il lavatoio), che era studiato appositamente per il lavaggio degli indumenti e delle lenzuola; vi era una sorgente da cui, anche durante i periodi di siccità, l’acqua sgorgava sempre. Fino al 1910–1915 è rimasto in funzione; i bambini ne approfittavano per fare il bagno ed per imparare a nuotare. Nel 1997, in seguito a quarant’anni d’abbandono, il “quadrato” è stato ristrutturato e rimesso a nuovo in memoria del periodo di effettivo utilizzo.

IL “QUADRATO DI AURI’” (FOTO 2001)


190 La vendemmia Fino al 1935-1940 circa, la vendemmia era un avvenimento molto importante per il paese (come per tutti gli altri paesi limitrofi e collinari in genere); gli abitanti del paese che coltivavano i vigneti (praticamente tutti) si ritrovavano in Piazza Umberto I (San Rocco), dove ad attenderli vi erano acquirenti d’uva con i buoi ed i carri (erano presenti anche i trasportatori per conto terzi). Solitamente le famiglie tenevano una parte dell’uva per la vinificazione in proprio, mentre l’eccedenza veniva venduta a commercianti di vino dell’astigiano, privati consumatori e negozi o osterie della pianura da Casale a Mortara, Trino, Lomellina, fino ad arrivare a Milano. Un po’ come capitava per le mondine in pianura per la raccolta del riso, anche in collina molte vendemmiatrici giungevano da paesi relativamente lontani per vendemmiare. Si sentivano canti intonati dai vendemmiatori provenire dalle colline; a volte quando si trovavano a colline vicine, da una parte si cantava e dall’altra si rispondeva. L’uva veniva solitamente prima pigiata e poi caricata in botti sotto forma di mosto. Già a quei tempi vi era una quotazione del giorno per determinare il valore delle uve; si facevano i prezzi di riferimento sia per i commercianti che per i privati.


191 Intorno all’anno 1935 il valore dell’uva era di circa 800 lire al quintale; le uve venivano pesate sul peso pubblico ubicato in Piazza Umberto I e poi trasportate sul luogo di destinazione. Molte volte capitava che i cavalli da tiro fossero due, di cui uno destinato ad aiutare l’altro per affrontare le salite. Il territorio di Cereseto, fra il 1830 e il 1940, era coltivato per il 70% a vigneto.

La “battitura” del grano Fino al 1940 il grano, solitamente al mese di Giugno, veniva tagliato e raccolto in “covoni” (mazzette) per attendere la seccatura, poi deposto nei fienili e sui solai. In seguito giungeva la macchina per la battitura (in effetti si trattava di trebbiatura), un macchinario molto pesante che veniva tirato per le vie del paese dai buoi, da un cortile all’altro fino a che tutti i covoni non fossero stati trebbiati. Il proprietario della macchina veniva chiamato “Battista” anche se il suo vero nome non era quello. Oltre al grano, la macchina poteva essere anche utilizzata per la trebbiatura della biada, destinata al nutrimento dei cavalli. Il macchinario, nel trasferirsi da un cortile all’altro, era sempre seguita dai bambini perché per loro era un momento di festa, alla fine dell’anno scolastico.


192 Ad inizio secolo, seguiva la macchina da battere anche un altro enorme macchinario che serviva per dare forza agli ingranaggi della battitrice, una macchina a vapore (chiamata dai ragazzi “macchina a fuoco” o “locomotiva” per via dello stesso funzionamento delle vecchie locomotive a vapore) che funzionava a legna e carbone. La macchina a vapore era talmente pesante che per tirarla era necessario prendere in prestito i buoi più forti del paese (quelli dell’Avvocato Balbo, del Sig. Pio e della tenuta Monvillone). Alcuni clienti preparavano la loro legna per risparmiare sul conto finale. In seguito, al posto della macchina a vapore, arrivarono i primi trattori (Landini “testa calda” e “Oto”); negli ultimi anni d’attività la macchina per la battitura del grano veniva alimentata dall’energia elettrica. Ai tempi la compagnia per l’elettricità (si chiamava Ovest-Ticino) fece mettere in molti incroci di strade urbane e per alcune vie del paese, particolari prese elettriche, appositamente per la trebbiatura del grano. Molti operai seguivano la macchina da battere il grano e ognuno di loro aveva un compito ben preciso: chi alimentava la caldaia o controllava il trattore, chi ispezionava di continuo che le cinghie fossero ben tese, chi vicino all’imballatrice, chi alimentava la macchina con le mazzette di grano e chi vuotava i contenitori di ferro chiamati “minùn” (pieni pesavano 50 Kg.) nei sacchi e chi


193 portava sul solaio i sacchi pieni (un lavoro molto faticoso, visto che i sacchi potevano pesare anche 100 kg.). I “minùn” erano molto importanti per quanto riguardava il pagamento del servizio di battitura, in quanto avevano un contatore che avanzava di un’unità ogni volta che si capovolgevano per vuotarli. Prima della seconda guerra mondiale, le rese del grano erano soltanto di 20-25 quintali per ettaro ed il pane era ancora l’alimento principale. Il grano battuto restava sul solaio fino a quando non veniva portato al mulino di Frazione Madonnina di Serralunga di Crea per la macina; una parte veniva fatto passare dentro ad un grosso cilindro con piccoli fori per selezionare il grano da semina per la campagna successiva. La farina macinata veniva portata a casa e conservata per fare il pane e la pasta, da mangiare in brodo. Dopo vendemmia si “batteva” il mais con un altro macchinario (molto più piccolo e semplice), di proprietà di un certo Olimpio Ullio, che funzionava a forza di braccia. Il mais veniva coltivato in maniera molto ridotta, soltanto per uso famigliare, per la polenta e per mantenere un po’ di pollame ed i maiali. Le pannocchie erano molto più piccole di quelle attuali ed avevano grani di colore rosso.


194 Il palio di Moncalvo Il torneo equestre del Monferrato è una manifestazione nata nel 1981 e direttamente legata al ritorno di Moncalvo (At) al Palio di Asti. La manifestazione si svolgeva l’ultima domenica di Agosto. A promuoverlo fu l’allora rettore moncalvese Zanello, che per tre principali motivi decise di far correre i cavalli anche nella piccola città di Moncalvo; il primo fu quello di offrire un dignitoso spettacolo in un momento in cui si ricopriva un po’ ovunque la corsa a pelo e le sue cruenti regole; secondo, avere una fonte di finanziamento supplementare per la partecipazione del “comitato palio” alla competizione di Asti (che alla fine degli anni ‘80 costava circa una decina di milioni) e terzo, avere una certa forza contrattuale nel mercato dei fantini, scuderie e rioni avversari. Il comune di Cereseto, tenendo conto di non pochi fatti avvenuti durante i vari palii di Moncalvo, tra cui l’eliminazione dal concorso tramite un gesto vile di un altro fantino concorrente, vinse e si qualificò con i seguenti risultati: 1981 : 1° CLASSIFICATO ( Fantino Mario Cottone ) 1982 : 1° CLASSIFICATO ( Fantino Mario Cottone ) 1983 : 1° CLASSIFICATO ( Fantino Domenico Ginosa ) 1986: 2° CLASSIFICATO ( Fantino Domenico Ginosa ) 1987 : 2° CLASSIFICATO ( Fantino Domenico Ginosa ) 1990 : 1° CLASSIFICATO ( Fantino Mario Cottone ) 1992 : 1° CLASSIFICATO ( Fantino Mario Cottone )


195 A Cereseto esisteva un non ufficiale comitato palio, o meglio, un gruppo d’appassionati ed intenditori del mondo delle corse a pelo (Pietro Grandi in testa a tutti) che organizzò, fra il 1985 e il 1990, altre partecipazioni a tornei regionali con i seguenti risultati: 1988: 3° classificato nel Palio dei Comuni di Collobiano (gara disputata in notturna) 1989: 2° classificato nel Palio dei Comuni di Collobiano 1989: 3° classificato nella cavalcata aleramica di Rocchetta Tanaro e 3° Classificato come miglior gruppo della sfilata in costume 1989 : 2° classificato nel Palio della Torre di Novi Ligure 1990 : 2° classificato nel Palio dei Comuni di Collobiano 1990: 1° classificato nel Palio di Verduno


196 Festa della Collina Recentemente, nella seconda metà degli anni ’90, presso la Cascina Quartera, si sono svolte alcune edizioni della “Festa della Collina”. Durante l’ultimo week-end del mese d’Agosto, il “Comitato Fiera di Cereseto” ha organizzato (su più di 100.000 metri quadrati di terreno) diverse “prove in campo“ (diurne e notturne) di macchinari ed attrezzature per la coltivazione del vigneto, la trebbiatura, la semina e la raccolta di barbabietole da zucchero; inoltre vi era un’esposizione di prodotti locali tra cui i vini, frutta, confetture e miele. La domenica pomeriggio, dopo il pranzo allestito dalla Proloco di Cereseto, veniva esposta ed utilizzata un’antica macchina per la “battitura” (trebbiatura) del grano, con i “lavoratori” vestiti con costumi d’inizio secolo.

LA BATTITURA DEL GRANO ALLA CASCINA QUARTERA (FOTO 2000)


197

CURIOSITA’ E RACCONTI


198 Una meteorite su Cereseto Le meteoriti sono frammenti di materiale roccioso o metallico provenienti dallo spazio che, a differenza delle meteore, sono sopravvissuti al passaggio nell’atmosfera e raggiungono la superficie della Terra. Sulla Terra cadono ogni anno molte decine di migliaia di tonnellate di materiale extraterrestre sotto forma di meteoriti e micrometeoriti. Le meteoriti sono classificate in tre categorie principali: le metalliche ricche di ferro e nikel (dette sideriti), le pietrose (aeroliti) e le ferro-pietrose (sideroliti). Le condriti sono invece meteoriti rocciose che presentano all’interno aggregati sferici (condrule). Il 17 Luglio 1840, sul territorio di Cereseto Monferrato, cadde una meteorite catalogata come “condrite ordinaria� di classe H5 dalla massa di 5 chilogrammi; un frammento dal peso di 3,40 chilogrammi si trova al Museo Regionale delle Scienze Naturali di Torino, mentre frammenti minori della meteorite si trovano nei musei di Perugia, Vienna, Budapest, Praga, Berlino e Washington.


199 Da: “Il Monferrato” del 16 Ottobre 1881 La notte del 5 andante scoppiò altro incendio causando un danno a Fazzone Giuseppe e Balbo Giovanni di £. 3.000 e cioè: al Fazzone £. 2.600 ed al Balbo £. 400.

Da: “Il Monferrato” del 29 Marzo 1914 Tagliano i vitigni. Ignoti individui, penetrati nella vigna di Bianco Celestino, recisero ed abbandonarono al suolo 40 tralci di vitigni. Naturalmente di costoro nulla se ne sa.

Da: “Il Monferrato” del 04 Luglio 1915 LETTI PER SOLDATI FERITI IN GUERRA INVIATI IN CONVALESCENZA. Già l’avvvocato Riccardo Gualino nel suo castello ha posto, a disposizione dell’autorità militare, cinquanta letti per soldati feriti in guerra. Ora sappiamo che l’avvocato (…).


200 La scommessa della Madonnina ex-voto di Vittorio Tornelli La Madonnina disegnata sulla facciata del castello, fu oggetto di scommessa una notte d’estate del 1926; doveva essere toccata da due ceresetesi della stessa età , in questo caso della leva del 1909, che oltre ad aver scalato la facciata, non si accontentarono di toccarla, ad una altezza di 30 metri circa, ma si dice che ci posero anche la loro firma.

La radio Nel 1924 i ragazzi delle scuole elementari ceresetesi, accompagnati dal maestro Franzosi, vennero condotti (naturalmente a piedi), alla Fornace del Cav. Ferraris in Frazione Madonnina di Serralunga di Crea. Qui vi era una linea ferroviaria elettrica, con dei piccoli vagoni che portavano il gesso e la calce dalle colline di Rolasco alla fornace; inoltre, per la prima volta, i bambini ascoltarono le notizie trasmesse da una delle rare radio che vi erano in quel periodo nella nostra zona.


201 Il biplano I bambini delle scuole elementari furono accompagnati a vedere il luogo dove un aeroplano (un biplano) cadde nei pressi delle Cascine Merli, nella zona dove oggi vi è un laghetto artificiale; infatti i proprietari della tenuta (nei primi decenni d’inizio secolo era la Famiglia Magnardi) avevano un figlio aviatore che decise di voler atterrare sui propri terreni. La famiglia, su precisi ordini del figlio, preparò una pista su un prato per permettere l’atterraggio del velivolo e stese delle grosse lenzuola bianche per delimitare i confini; purtroppo non si era tenuto conto di un fosso che attraversava il prato. Al momento dell’atterraggio, alla vista di questo ostacolo imprevisto, il pilota del velivolo tentò di riprendere quota, ma inutilmente, e si schiantò al suolo perdendo la vita.

La riparazione dell’idrovolante Sempre a proposito di gite nei paesi limitrofi da parte dei bambini delle scuole elementari, ci fu quella a Pontestura (1924-25), per assistere alla riparazione di un idrovolante che faceva la linea, seguendo in parte il fiume Po, da Torino a Venezia per recapitare la posta. Da alcuni giorni il velivolo era fermo per problemi al motore; i bambini attraversarono il Po con una zattera legata da una robusta


202 corda e giunsero dove l’idrovolante era in riparazione; la fortuna volle che proprio in quelle ore, il velivolo riparato ripartisse, facendo la felicità di tutti i bambini.

Gli “Sciancaciuendi” Non si sa con precisione da quando i ceresetesi vengono nominati dagli abitanti dei paesi limitrofi “sciancaciuendi”. Si sa soltanto che questo è il loro soprannome. Per meglio comprendere cosa significa questo termine, forse non troppo adatto oggigiorno, vediamo il significato e le origini di questa strana e poco conosciuta parola; si legge su “Il Monferrato” del 17 Settembre 2002: “Avvicinandosi la vendemmia, i contadini delle nostre colline avevano un lavoro importante da sbrigare: difendere la vigna dagli intrusi o, più chiaramente, dai ladri di uva, impedendone l'accesso con rami, spine, canne e con qualsiasi altra cosa atta a formare una barriera e a bloccarne l'entrata. Ricercatissimi erano i rami delle giovani acacie, belli lunghi e, soprattutto, ornatissimi di spine, ma non è che si disdegnassero rami di prugnolo, di biancospino o, addirittura, di grisele (uva spina) che, in quanto ad aculei, non avevano proprio niente da vergognarsi di fronte agli aculei delle gaggìe. Questa tradizione di chiudere la vigna, per quanto ne possiamo sapere, risale addirittura al Medioevo e la ritroviamo negli Statuti di vari paesi. Per esempio, negli Statuti di Camino, nel primo corpo anteriore al


203 1286, leggiamo al capo 14: “…inoltre si è stabilito che se qualcuno rompendo la recinzione entra nella vigna altrui, è in multa di soldi 5; se ruba uva è in multa di denari 4...” e ancora al capitolo 112: “…inoltre stabilirono che se qualcuno asporta o trasferisce una cancellata o una recinzione altrui che sia collocata intorno ad una vigna, un orto od un frutteto, è multato per ogni volta di soldi 5 di Pavia”.(…) Negli Statuti di Casale all’ art. 280 si legge: “…si è stabilito che nessuna bestia possa o debba pascolare né stare nelle chiuse o nel distretto delle vigne…”. Però anche qui c’ era l’ abitudine di “grattare" le recinzioni del vicino infatti l' articolo 267 recita: “…nessuna persona debba asportare qualche delimitazione dagli orti e dai sedimi altrui pena 60 soldi pavesi …” In altri Statuti, come in quello di Castelnuovo, i contadini, entro il mese di Aprile, erano obbligati a recingere le vigne con siepi e l' ingresso alle stesse era vietato dalle calende di Giugno fino al termine della vendemmia. Nei tempi più vicini a noi, oltre a recintare la vigna, quando l' uva era quasi matura, di notte, il contadino si appostava nei “casot” che costellavano le vigne (e di questi qualcuno, qua e là c'è ancora: semplici ripari costruiti in mattoni dai benestanti, con canne e lamiera dai più tapini), tenendo sempre a portata di mano il fedele fucile da caccia e ben carico. Ma la selvaggina che il padrone della vigna aspettava al varco nel


204 buio della notte, non era selvaggina comune, bensì una selvaggina speciale, selezionatissima e, per di più, stagionale: era di passo solo al tempo dell' uva matura. Si trattava nientemeno che di bipedi "sgraffignatori" d' uva. Però, per non avere grane, non si caricava mai l' arma col piombo, perchè questo munizionamento avrebbe costituito un pericolo grave per la vita del ladro, bensì si caricava con sale grosso, in modo che l' intruso, sorpreso in fragrante, non arrischiasse danni fisici, ma potesse avere tutto il tempo necessario per meditare sulle conseguenze della sua cattiva azione, magari anche soffiando e versando acqua fresca sulle ferite. Quel che può interessare, è che dalle siepi preparate, dal latino, “ad claudendas” (per chiudere) le vigne, arriva la nostra ciuènda, che indica la stessa chiusura fatta con gli stessi materiali e per delimitare una coltura. Quindi, dal latino claudenda deriva chiudenda

e,

in

seguito

alla

caduta

di

alcune

lettere,

(c(h)iu(d)enda) eccoci alla “ciuènda” (da questa parola procede sautaciuèndi o sciancaciuèndi, che è colui che salta le chiusure che delimitano una proprietà). Ma il termine sautaciuèndi, in realtà, assume ben altro valore! Bisogna tener presente che la chiusura più sacra, non era quella della vigna, ma quella che delimitava la proprietà privata e, in particolare, la casa. E cosa faceva il sautaciuendi? Era un uomo che non si fermava davanti ai confini sacri di


205 un'abitazione nè di fronte ad altre difficoltà pur di poter arrivare ad attentare alla virtù di qualche donna. E vi pare poco? E chiamalo grappolo d'uva! Altro termine di ugual significato è “sautabiscùn”, ovvero “salta cespugli”. Poichè, sovente, la proprietà privata era difesa da cespugli, magari anch'essi fioritissimi di spine, questo signore, per entrare in una certa proprietà privata quant' altre mai, era disposto a saltare cespugli spinosi e pungenti, sperando di ottenere, come premio per tanta fatica, quella stessa ricompensa che, e sempre con la stessa specialità sportiva, cercava di ottenere il sautacuièndi. Così, da una tradizione che si collega al Medioevo, è nato un termine che oggi ha perso ogni valore perchè le abitazioni private non sono più difese nè da cespugli nè da ciuènde.”

Ovada: Piazza Cereseto Nel centro storico della città di Ovada (Al), vi è una piazza che porta il nome “Piazza Cereseto”; non si tratta del paese di Cereseto bensì di un religioso che visse nella città, nell’800 circa.


206

IL CASTELLO VISTO DA PIAZZA UMBERTO I째 (FOTO 2000)

IL CASTELLO VISTO DA VIA FOSSA (FOTO 1997)


207

“IL PENSIERO ITALIANO” DIPINTO DEL PITTORE CERESETESE CARLO SAPELLI

DIPINTO “SPATOLATO” DEL PROF. MARIO MICHELETTI RAFFIGURANTE L’ENTRATA DEL CASTELLO

(cm. 136 x cm. 97)

(cm. 26 x cm. 17)

LA METEORITE DI CERESETO (FOTO PIEMONTE PARCHI 123/2003)


208 Le antiche pietre Sulla parete esterna dell’abitazione privata situata in Via Roma n. 46, durante le recenti ristrutturazioni, è venuta alla luce un’antica pietra in tufo con sopra scolpita la frase: “MCCCCLXXX - VIII DIE XXII - MENSIS MADII - HOC OPUS FECIT - MAGISTER F4EO” che tradotta diventa “1488 - 22 MAGGIO QUESTA OPERA FECE IL MAESTRO …”. Molto probabilmente, tenuto conto del tipo di scrittura utilizzato, questa pietra faceva parte dell’antica costruzione presente sulla sommità del paese, forse un castello, prima della costruzione della villa dei Marchesi Ricci (che venne poi rasa al suolo dal finanziere Riccardo Gualino per la costruzione dell’attuale maniero). Una seconda pietra, a forma irregolarmente esagonale, si trova posizionata su un pozzo in un’abitazione privata in Via Roma n.14. Non si riesce a decifrare la scrittura, probabilmente risalente al VIII secolo; vi compare soltanto un simbolo cristiano (a forma di pesce).

VIA ROMA N. 46 (FOTO 2002)

VIA ROMA N. 14 (FOTO 2000)


209 I quattro uomini storici Quattro importanti uomini attraversarono, con i loro eserciti, i territori di Cereseto: Il generale romano “Cistilliano” (una via del paese è tutt’oggi intitolata a lui) percorse le strade del paese mentre si recava, con la sua legione, alla conquista della Gallia. Nelle campagne di Cereseto, una notte dell’anno 1799, pernottò l’esercito russo guidato dal principe Costantino; non si sa con certezza l’esatto luogo di pernottamento, ma si presume che fosse la vallata compresa tra le cascine Quartera, Osterietta e Gallo. Anche Napoleone ed i suoi uomini transitarono per le campagne di Cereseto ed in seguito al loro passaggio, su consiglio dell’imperatore, fu migliorata la strada che collega Moncalvo a Trino. Certe tradizioni locali ricordano addirittura il passaggio di Annibale fra le campagne di Cereseto, Sala e Ottiglio.

Il pittore ceresetese Carlo Sapelli Figlio di Gerolamo e di Franca Vercellana, Carlo Sapelli venne alla luce il 22 febbraio 1794 a Cereseto Monferrato, come attesta il Libro dei Battesimi della Chiesa Parrocchiale, che indica anche il nome dei testimoni del battesimo celebrato il giorno seguente: Carlo Giuseppe Castagni di Moncalvo e della moglie del notaio


210 Giuseppe Barioglio di Fabiano, Domenica Sapelli (forse figlia di quel Carl’Antonio, residente - secondo lo “Stato d’anime” del 1803 - nelle cascine Sapelli, situate nella valle tra Cereseto, Serralunga di Crea e Ponzano Monferrato). Pensionato regio di Vittorio Emanuele I, il pittore soggiornò a Roma dal 1819 (l’anno del Cristo della moneta conservato alla Galleria Sabauda di Torino) al 1837, quando la presenza del signor “Sapelli Carlo, di anni 38, scapolo, originario di Cereseto, pittore di professione” è attestata (con qualche imprecisione cronologica) dal “Censimento della popolazione” di Casale Monferrato. Al termine del primo soggiorno romano, il pittore monferrino raggiunse Casale, dove si dedicò al ritratto ed alla pittura religiosa. E’ di quegli anni l’opera intitolata “Sant’Alberto Arcivescovo di Magonza”, realizzata per l’Oratorio del Supremo Magistrato d’Appello di Casale Monferrato di palazzo Langosco (oggi sede della Biblioteca Civica di Casale). Nel 1849, raggiunta nuovamente la città eterna, iniziò a dipingere personaggi nei costumi dell’agro romano, pur mantenendo sempre legami con la città d’origine, come dimostra l’invio a Casale del quadro intitolato “Il Pensiero Italiano”, oggi conservato nel Museo Civico casalese. La sua scomparsa, avvenuta probabilmente a Roma, è da collocare certamente dopo il 1854, anno nel quale egli richiese al sindaco di Cereseto l’iscrizione nelle liste elettorali. Ma, per motivi che non si conoscono, la richiesta del pittore non venne accolta, poiché nei


211 registri elettorali il nome del pittore non compare tra coloro che esercitavano il diritto di voto.

I cinque segreti del castello Da alcune generazioni si tramanda la leggenda che, celati in cinque diversi punti sconosciuti delle mura perimetrali del castello, siano stati nascosti alcuni documenti segreti di Riccardo Gualino; i “segni” per il loro ritrovamento dovrebbero essere sedici mattoni di colore rosso scuro, sistemati a forma di rombo.

Il proverbio “meteo” Sicuramente è nato nei nostri territori, visto che vengono menzionate due città

che si trovano l’una l’opposto all’altra

rispetto a Cereseto, il detto: “quand al nivuli i van an ver Ast, pia l’asu e gavii al bast; quand al nivuli i van an ver Casà, pia al beu a va a laurà” e cioè: “quando le nuvole vanno verso Asti, prendi l’asino e levagli il giogo(ovvero pioverà); quando le nuvole vanno verso Casale, prendi il bue e vai ad arare(sta arrivando il bel tempo)”


212 Denaro dell’ epoca Per meglio comprendere il valore dei premi assegnati ai migliori classificati nei vari giochi, ed i costi per partecipare agli spettacoli, si riporta di seguito quel che intendeva la popolazione del Monferrato Casalese per: 5 Centesimi di Lira = “SOLDO” (valore di una caramella) 10 Centesimi di Lira = “DUBIUN” o “DUE SOLDI” 20 Centesimi di Lira = “NICLIN” (moneta di Nichel) 50 Centesimi di Lira = “DIECI SOLDI”


213

IL TERRITORIO


214 Le “regioni” ceresetesi Il territorio di Cereseto, come quello di tutti gli altri comuni del Monferrato e non solo, fra il 1700 ed il 1900, era suddiviso in colonie, regioni, zone e sottozone; le varie cascine che ne facevano parte in alcuni casi presero il nome del territorio in cui si trovavano, in altri invece il territorio venne denominato come il gruppo di case che vi sorgeva. Dall’archivio storico comunale si apprende che le zone erano le seguenti:

Balocca – Collina di fronte al centro abitato; la massima altezza del territorio di Cereseto (280 metri s.l.m.)

Bellaria - Composta da quattro cascine di contadini, i primi a innestare barbatelle su “portainnesto americano” (a causa della filossera che ad inizio secolo fece morire praticamente l’intero patrimonio vitivinicolo europeo) ed a creare il vitigno, in seguito purtroppo mai rivendicato, “Vino Bonaria di Cereseto”.

Birolina – Territorio molto ricco di acque. Vi era una pompa, costituita da una catena rotante e da tazze metalliche;

il

funzionamento,

manuale

tramite

manovella, era simile a quello dei mulini ad acqua. •

Boaruzzo

una


215 •

Bosco grosso - Fino al 1930 vi erano due secolari alberi, di proprietà della Curia Vescovile, segnalati sulle carte militari come luogo di riferimento.

Branda - In parte sul territorio del comune di Serralunga di Crea, era abitata da tre famiglie per la coltivazione dei numerosi vigneti.

Bricco

Buffarola – Regione collinare sulla quale sorgono due cascine (Buffarola alta e Bufforola bassa).

Ca’ de Franchi – Territorio pianeggiante situato in prossimità dell’antico borgo “Cascine Franchi”.

Campolanzo

Campone

Carrara – Zona ricca di acque nel sottosuolo.

Cellamartino

Cerreto

Cerro

Coccolotta

Codalongoi

Collobrio

Coste – Gruppo di case al confine con la provincia di Asti.

Croce

Faletta – Su questa collina sorgeva la cascina Faletta che fu inghiottita dalla terra nell’anno 1939, a causa delle


216 estrazioni di gesso dalle cave di Frazione Madonnina; la causa fu l’utilizzo di una carica eccessiva di esplosivo (per riuscire ad estrarre altro gesso visto che la cava sembrava esaurita). All’interno della cava vi erano dei vagoni per il trasporto del materiale; durante le escavazioni si scoprì che nel sottosuolo scorreva un fiume che, in breve tempo, colmò la cava e fece mancare l’acqua a buona parte dei pozzi di Frazione Madonnina. Il varco dell’acqua si riuscì ad arginare momentaneamente con cunei di legno conficcati nelle fessure, permettendo così ai minatori di estrarre ancora il gesso. •

Fassinone – La strada che attraversa questa zona collegava il centro abitato con la stazione ferroviaria (linea AstiMortara).

Gabba

Galla

Gallo - Piccola regione pianeggiante con prati perenni.

Garitta

Gavazza

Goretta – Ad inizio secolo era il gruppo di cascine più popolato.

Gorreto

Groppo

Invalle

Labraia


217 •

Lavello – Luogo in cui sorgeva il “quadrato di Aurì”.

Magnana - Zona di tartufi e di passaggio delle beccacce; inoltre, parte del caseggiato, veniva utilizzato come rifugio per mendicanti e nomadi.

Malamorte

Malpensata

Martinenga

Merli – Oggi sorge l’Azienda Agricola Cascine Merli, specializzata nella coltivazione della frutta.

Moleto – Località di estrazione di gesso e tufo; inoltre, nell’‘800, venivano modellati sul posto i “cantoni” (blocchi di tufo simili a grossi mattoni).

Moncarzone

Monrabbioso

Montariello

Montartello

Montemarone

Monvillone

Monza

Osterietta

Palau

Palazzina

Paniale


218 •

Pietre - Così denominata per via del terreno molto ricco di pietre (pietre molto robuste definite “cagne”), raccolte ed utilizzate per la costruzione e la ristrutturazione di case.

Quartera – Vi sorge la cascina Quartera che, chiusa sui quattro lati, fino ad inizio secolo era un sicuro luogo di sosta notturno per i viaggiatori.

Raviara – Gruppo di case in parte sul comune di Ottiglio.

Rivarone

Rivazze

Roletta

Rondano

Sabbione

Scatolina

San Casciano (San Cassiano)

San Cipriano

San Martino

San Pietro

San Tommaso

Sazza

Schioppato

Serra della Martinenga

Stellino

Tavolara

Tralla


219 •

Valeggio

Vallebruno

Valletano – Zona di tartufi.

Vallivana

Valnozza - Fertile pianura al confine con Pontestura.

Valprato


220 Piazze, Vie e Strade urbane •

Piazza Umberto I°

Via alla Stazione

Via Casale

Via Cavour

Via Cistilliano

Via Costa

Via Due Case (ex parte di Via San Rocco)

Via Inverneto (ex Via Torretta)

Via Masera

Via Moncalvo

Via Rianella

Via Roma (ex Via Casa Comunale)

Via San Grato

Via San Rocco

Via San Tommaso

Via Scaletta

Via Sotto Bricco

Via Valle (o in Valle)

Via Villa

Vicolo Belvedere

Vicolo Bezzi

Vicolo Casa Parrocchiale

Vicolo Fossa


221 •

Vicolo San Giacomo

Vicolo Sapelli

Vicolo Sotto Fossa

Vicolo Sotto Villa


222 Strade extraurbane •

Al Cimitero

Balocca

Cassinetta

Castellazzo

Cellamartino o Moleto

Collobrio – Gallo

Conforso

Coste

Fassinone

Franchi

Goretta

Gorreto

In valle

Moncarzone

Monrabbioso

Orano

Pietre

Pilenta

Ponte di Treville

Roletta

Rondano

Ruscalla

Salzella


223 •

San Cassiano

San Pietro

San Tommaso

Sapelli

Sazza

Scatolina

Schioppato

Sottobricco

Spinasse

Spinosa Alta

Spinosa Bassa

Stramorta

Tavolata

Tralba

Treville

Valle

Vallebruno

Valletano

Valnozza

Valprato

Viazzo o Ducale


224 Strade vicinali •

Balocca

Bosco grosso

Campolanzo

Cerro

Monza

Plano

Valeggio

Vallevano

strade comunali urbane

km.

2,680

strade comunali extraurbane

km.

29,911

strade vicinali

km.

2,715

Totale

Km.

35,306

(fonte: censimento delle strade comunali del 15 ottobre 1976)


225 Cascine •

Cascina Bellaria

Cascina Birolina

Cascina Bonaventura

Cascina Campone

Cascina Cerreto

Cascina Cerro

Cascina Coccolotta

Cascina De Giovanni

Cascina del Frate

Cascina Faletta

Cascina Gabannone

Cascina Il Gallo

Cascina La Palazzina

Cascina Magnana

Cascina Martinenga

Cascina Monrabbioso

Cascina Monvillone

Cascina Monza

Cascina Nuova

Cascina Osterietta

Cascina Palau

Cascina Quartera

Cascina Rondano


226 •

Cascina S. Antonio

Cascina Santa Croce

Cascina Vallevana

Cascina Villa Rosa

Cascine Buffarola Alta e Buffarola Bassa

Cascine Coste

Cascine Franchi (Ca' de Franchi)

Cascine Goretta

Cascine Gorreto

Cascine Groppo

Cascine Merli

Cascine Raviara

Cascine San Cassiano

Cascine Spinosa Alta e Spinosa Bassa

Cascine Tavolara

Cascine Trecca


227 Comuni confinanti Moncalvo (provincia di Asti) Ottiglio Ozzano Monferrato Pontestura Ponzano Monferrato Sala Monferrato Serralunga di Crea Treville

Estensione territoriale Ha. 1.048

Posizione geografica Latitudine :

Nord (positivo) 45° 05’ 9’’

Longitudine : Est

(positivo) 08° 19’ 6’’

( 45,08621 ) ( 08,31692 )


aB alo cc a

81% Ga bb a

Ma do nn ina

Fra nc hi

eM erl i

162

Lo c.

Lo c.

Ca sc ine

Ca sc in

246

as ale

Altimetrie

282 235 211 200

181 146 150

136 100

50

0

Morfologia territoriale

19% COLLINARE

PIANEGGIANTE

Metri s.l.m.

261

Via C

Ra via Ch ra ies ap arr oc ch Ca ial sc e ina Mo nra bb ios o

Ca sc ine

Co llin

228

Altimetrie 300

250


229 Distanze In linea d’aria Cereseto si trova a:

Km. 12 da Casale Monferrato Km. 30 da Alessandria Km. 33 da Asti Km. 50 da Torino Km. 80 da Milano Km. 92 da Genova Km. 213 da Ginevra Km. 273 da Firenze Km. 315 da Venezia Km. 486 da Roma Km. 620 da Parigi Km. 644 da Barcellona Km. 675 da Napoli Km. 708 da Vienna Km. 722 da Praga Km. 853 da Amsterdam Km. 869 da Budapest Km. 879 da Palermo Km. 912 da Berlino Km. 953 da Londra Km. 957 da Amburgo Km. 957 da Belgrado Km. 1.110 da Madrid Km. 1.210 da Copenhagen Km. 1.220 da Varsavia Km. 1.390 da Dublino Km. 1.400 da Bucarest Km. 1.500 da Atene Km. 1.610 da Lisbona Km. 1.650 da Oslo Km. 1.710 da Stoccolma Km. 1.730 da Istambul

Km. 1.760 da Kiev Km. 2.010 da Helsinki Km. 2.080 da Ankara Km. 2.200 da S. Pietroburgo Km. 2.370 da Mosca Km. 2.820 da Reykjavik Km. 5.260 dal Polo Nord Km. 6.430 da New York Km. 6.770 da Washington Km. 8.240 da Pechino Km. 8.730 da CittĂ del Capo Km. 9.210 da Rio de Janeiro Km. 9.720 da Tokyo Km. 9.750 da Los Angeles Km. 15.750 dal Polo Sud Km. 16.380 da Melbourne


230


231

DATI E STATISTICHE


232 Popolazione residente nel comune di Cereseto Monferrato Abitanti

nuclei famigliari

31.12.1931

1226

-

31.12.1948

1220

-

31.12.1951

1038

-

31.12.1961

816

258

31.12.1971

606

222

31.12.1977

557

214

31.12.1981

491

-

31.12.1991

425

-

31.12.1997

436

-

31.12.1998

435 (maschi 206 – femmine 229)

176

31.12.1999

431 (maschi 203 – femmine 228)

174

31.12.2000

427 (maschi 204 – femmine 223)

-


233 Statistiche sulla popolazione (situazione al 17 Aprile 1978)

ZONA DI RESIDENZA 39% Popolazione residente nel centro abitato

61%

popolazione residente in case sparse

OCCUPAZIONE

13%

POPOLAZIONE OCCUPATA NEL SETTORE AGRICOLO

11%

POPOLAZIONE OCCUPATA NEL SETTORE INDUSTRIALE

57% 19%

POPOLAZIONE OCCUPATA NEL SETTORE DEL COMMERCIO POPOLAZIONE OCCUPATA NEL SETTORE DEI SERVIZI E ALTRI


234 Densità demografica abitanti/Kmq. Anno: 1998 - Fonte: ISTAT CERESETO

42

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

121

PIEMONTE

169

ITALIA

191

Saldo movimento migratorio (ogni 1000 abitanti) Anno: 1998 - Fonte: ISTAT CERESETO

48.3

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

5.5

PIEMONTE

2.7

ITALIA

1.6

Saldo movimento naturale (ogni 1000 abitanti) Anno: 1998 - Fonte: ISTAT CERESETO

-6.9

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

-8.5

PIEMONTE

-3.5

ITALIA

-0.8

Consumo di energia elettrica usi domestici/utenti Kwh. Anno: 1998 - Fonte: ENEL-SIST


235 CERESETO

1874

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

1892

PIEMONTE

1957

ITALIA

2180

Superficie agricola utilizzata/aziende agricole (Ettari) Anno: 1990 - Fonte: ISTAT CERESETO

7.2

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

5.2

PIEMONTE

5.8

ITALIA

5

Abitanti/numero di autorizzazioni commercio fisso e minuto Anno: 1995 - Fonte: ISTAT CERESETO

139

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

50

PIEMONTE

63

ITALIA

57

Ricchezza immobiliare privata/abitanti (migliaia di Lire) Anno: 1998 - Fonte: ISTAT CERESETO

52644


236 PROVINCIA DI ALESSANDRIA

60641

PIEMONTE

67176

ITALIA

57950

Imponibile IRPEF/contribuenti (migliaia di Lire) Anno: 1995 - Fonte: MIN. FINANZE CERESETO

16079

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

20724

PIEMONTE

22393

ITALIA

21583

Aliquota IRPEF (% ) Anno: 1995 - Fonte: MIN. FINANZE CERESETO

13.9

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

17.4

PIEMONTE

18.5

ITALIA

18.3

Case rurali e civili

ABITAZIONI

ALLOGGI

VANI

ABIT. PARZ. OCCUPATE (periodo estivo)


237 31.12.1951

258

258

1.070

58

258

1.073

64

260

1.091

64

264

1.100

62

(151)* 31.12.1961

258 (184)*

31.12.1971

260 (199)*

31.12.1981

262 (202)*

*: case allacciate all’acquedotto

Bocche antincendio : n. 5 (mm. 60 ) (fonti: Censimenti generali della popolazione del Regno – Censimenti statali annuali, quinquennali e decennali – ISTAT – )

Agricoltura e allevamento Estensione agraria: ettari 994

COLTURE

CAMPAGNA

CAMPAGNA

CAMPAGNA


238 (dati in ettari)

1967/1968

1977/1978

1987/1988

Frumento

237

251

274

Mais

111

94

185

Erba medica e

187

192

149

206

235

195

Vigneti

248

210

59

Boschi

4

5

13

Altro

1

7

119

Bovini

451

303

295

Equini

39

22

15

Suini

42

30

11

trifoglio Prato permanente

CAPI DI BESTIAME

Vigneti Vigneti iscritti all’albo “denominazione di origine controllata” della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Alessandria. Situazione al 31 Dicembre 1999.


239

VIGNETI D.O.C. BARBERA DEL MONFERRATO

BARBERA D'ASTI

PIEMONTE BARBERA

PIEMONTE GRIGNOLINO

PIEMONTE CORTESE

MONFERRATO ROSSO 3% 1% 1%

32%

54%

9%

VIGNETI DI BARBERA


240

MUNICIPIO DI CERESETO Delibere ricorrenti dall’anno 1900 • riaffittamento del locale circolo


241 • riaffittamento del peso pubblico • riaffittamanto della bottega comunale • riaffittamento del forno comunale • riaffittamento del bosco comunale • riaffittamento delle erbe delle scarpe comunali • sussidio al povero (Sig. …) di £.(…)

(1)

• sussidio per pagamento medicinali al povero (Sig. …) di £ (…)

(2)

• nomina della guardia campestre • licenziamento o rinomina del maestro elementare • concorso per maestro elementare • approvazione lista danneggiati grandine • nomina dei cantonieri stradali (stagionali) • nomina del pesatore pubblico • sistemazione e inghiaiamento strade comunali • elenco dei poveri del paese

(3)

• compenso al personale addetto alla riscossione del diritto su uve, mosti e vini • ruolo giornate di comandata convertite in denaro (roide)

(3)

• compenso alla banda musicale di Cereseto 1) ogni quattro mesi circa

2) ogni anno circa

3) fino al 1961


242

NUOVA SEDE DEL MUNICIPIO DI CERESETO (FOTO 2002)

CANCELLETTO D’INGRESSO (FOTO 2002)


243 Estratto delle principali sedute e delibere del Consiglio Comunale e della Giunta Comunale (dal 1900)

22.04.1900

costruzione scala all’interno del campanile (nuova scala in pietre in sostituzione di quella in legno)

21.04.1901

costruzione nuovo cimitero

14.07.1901

acquisto di un nuovo orologio pubblico

11.10.1903

ricavi delle Azioni Ferroviarie

24.04.1904

designazione del sito per costruzione nuovo cimitero

16.04.1905

costruzione locale per la scuola

16.09.1906

costruzione cisterna in Regione Carrara

16.03.1908

acquisto berretti da ginnastica per scuole

13.09.1908

06.04.1910

domanda di Gualino per acquisto strade e area vecchio cimitero (strada in questione “Via Inverneto” e “Strada Colare”) prelevamento della somma percepita dall’Avv. Riccardo Gualino per vendita strada detta Colarè (strada interna al parco del castello)

07.07.1910

ampliamento nuovo cimitero

21.05.1911

istituzione di una scuola serale per adulti

16.05.1912

provvedimenti per costruzione nuovo cimitero

04.08.1912

costruzione strada per accesso alla stazione ferroviaria (strada Fassinone)

13.10.1912

inizio lavori costruzione di una fogna pubblica

13.10.1912

domanda dell’Avv. Riccardo Gualino per la costruzione di un sepolcreto di famiglia in una sua proprietà

22.05.1913

mappe del territorio comunale

07.12.1913

impianto luce elettrica e pubblica illuminazione (stanziate £. 660)

21.05.1914

nuova mappa del territorio

28.10.1915

riduzione pubblica illuminazione (causa costi di mantenimento troppo elevati)

21.05.1916

adesione per cappella sul Sacro Monte di Crea per i caduti della Patria

01.12.1918

acquisto di una stufa a legna per le scuole


244 01.04.1919

mappe delle strade del territorio comunale

06.04.1919

aumento caro viveri

14.09.1919

provvedimenti per il pozzo di San Defendente; ristrutturazione

28.08.1921

ampliamento dell’area cimiteriale e fissazione tariffa del terreno a cedersi agli acquisitori

12.04.1924

trasferimento scuole elementari da Via Cavour a Via Roma

01.06.1926

primo verbale del Podesta’ di Cereseto , Balbo Dott. Cav. Carlo

19.06.1926

costruzione Acquedotto Monferrato

31.10.1926

delibera tasse sul bestiame

14.03.1929

5° elementare obbligatoria per chi non ha ancora compiuto i 14 anni. (Legge Nazionale)

11.04.1931

contributo per riparazione Chiesa Parrocchiale

20.04.1931

acquisto macchina per scrivere

06.08.1931

denominazione di una via non secondaria “del Comune” col nome di “Via Roma”

20.09.1931

contributo all’asilo infantile comunale

27.08.1932

rilascio di licenza di vendita ambulante di tartufi (rilasciata al sig. Bozzo Ernesto fu Giuseppe)

02.11.1932

liquidazione spesa per restauro fonte in regione Monza

12.02.1933

ampliamento tubature per distribuzione acqua potabile

03.04.1933

mutuo di £.16.741,66 coll’Istituto San Paolo

27.02.1936

pietra a ricordo assedio economico (£.850)

29.05.1936 27.11.1937 14.05.1949

acquisto di tre bombe pirofughe X (£. 150 cadauna acquistate presso l’Ufficio diffusione apparecchi di difesa nazionale) compenso alla banda musicale (per la prima volta) costruzione muretto per sistemazione Via Roma (da Asilo R. Gualino a Via due case o Via S.Rocco)

15.05.1949

nuovo peso pubblico

16.05.1949

misurazione e sistemazione strade comunali

24.07.1949

domanda di Biano Eligio per cambiamento macchinari del mulino


245 26.09.1949

pavimentazione sede comunale

12.03.1950

contributo lavori per sbiancatura della caserma dei Carabinieri di Ottiglio

06.08.1950

impianto di un nuovo centro luminoso in via Fossa

04.08.1951 18.03.1952 05.06.1952

07.06.1952

deviazione del fosso di scolo dalla località San Tommaso alla località Carrara ed immissione delle acque sui fondi viciniori aumento del compenso al sotterratore cimiteriale soppressione del vecchio cimitero (1920 abbattimento muro vecchio cimitero) (1914 1° anno del nuovo cimitero) concessione di un sussidio straordinario alla Chiesa Parrocchiale per restauri agli edifici serventi al culto (£. 100.000)

29.07.1952

richiesta di sussidio per le strade danneggiate dall’alluvione del 28 Luglio 1952

07.11.1952

trasporto e inumazione nel nuovo cimitero dei resti mortuari del vecchio cimitero

15.01.1953

inizio lavori di bonifica vecchio cimitero

10.05.1953

strada per Cereseto alla provinciale Ottiglio-Ozzano (passaggio da strada Comunale a strada Provinciale)

11.09.1953

installazione 2° apparecchio telefonico uffici comunali

13.12.1953

abolizione imposta consumo sul vino

12.01.1954

costruzione casellario cimiteriale

30.01.1954

acquisto bilancia pesa-bambini

30.01.1954

acquisto di uno spartineve (in sostituzione del vecchio in legno)

07.03.1954

rettifica di confine (fra Cereseto e Serralunga di Crea in località Madonnina) acquisto di un apparecchio duplicatore (per stampati comunali, acquistato usato

17.04.1954

da associazione nazionale tubecolitici di guerra, £. 40.000 compreso di accessori)

07.11.1954 19.02.1955

19.07.1955

elevazione da £. 800 a £. 1.286 la giornata di prestazione non eseguita (roida) istituzione

di

una

farmacia

(delibera

non

approvata

dal

Consiglio

d’Amministrazione) richiesta di sussidio per la sistemazione delle strade danneggiate dal nubifragio del 7 Luglio 1955


246 27.09.1955

riparazione forno comunale cessione loculi casellario cimiteriale (£. 29.000 cadauno 1°-2°-3°-4° fila a partire

10.03.1956

dal basso, 26.000 5°-6° fila a partire dal basso, 24.000 7° fila a partire dal basso)

04.04.1956

contributo caserma Carabinieri di Ottiglio per costruzione rimessa

24.06.1956

acquisto di due impermeabili per i cantonieri stradali

01.07.1957

nomina addetta ricarica orologio pubblico: Anna Artuso

09.09.1959

costruzione delle opere occorrenti per la fornitura di energia elettrica alle località periferiche del comune installazione di un dispositivo a cellula fotoelettrica per il comando di accensione

10.11.1959

e spegnimento dell’impianto di pubblica illuminazione in sostituzione del vecchio interruttore ad orologeria

24.03.1960

riparazione muro di sostegno in Via Villa

10.05.1960

aumento da £. 100.000 a £. 150.000 della quota all’asilo infantile “R. Gualino“

27.05.1960

contributo di £. 10.000 per i restauri della Chiesa di San Defendente

14.09.1960

fornitura di carbone per il riscaldamento degli uffici comunali, scuole e asilo infantile

20.09.1961

fognature nell’abitato del comune di Cereseto

07.09.1962

asfalto strada da Cereseto alla provinciale Casale-Asti (£. 10.870.000)

03.06.1963

strada Provinciale per Ottiglio; verbale di consegna alla Provincia

17.06.1963

asfalto: bitumatura vie interne del paese

31.07.1963

esproprio fontana di Moncarzone

28.07.1964

costruzione nuovo casellario

28.07.1964

acquisto addizionatrice (Olivetti Summa Prima 20 - £. 68.000)

06.10.1964

estensione energia elettrica a cascinali

29.12.1964

passaggio all’amministrazione Provinciale della strada Cesereto-Sala

20.03.1965

divieto di soste giorni festivi (m. 70 in Via Fossa, m. 180 in Via Cistilliano)

13.07.1965

installazione di nuovi centri luminosi

21.10.1965

compenso all’addetto orologio pubblico e campanaro


247 20.11.1965

installazione di centri luminosi a Madonnina

12.05.1966

rimozione e spostamento fontana pubblica di piazza Umberto I approvazione schema di convenzione da stipularsi con la “Piccola casa della

23.09.1967

divina provvidenza Cottolengo” di Torino per la gestione dell’ asilo infantile da parte delle reverende suore (£. 12.000 mensili pro capite, alloggio, mobili, biancheria, riscaldamento)

12.12.1967

servizio posto telefonico pubblico

21.05.1968

acquisto di un montaferetri e scala metallica per il cimitero

06.06.1968

tagli e vendita piante pioppeto cimitero vecchio

30.07.1968

impianto di riscaldamento nell’asilo infantile e scuole elementari

29.08.1968

appalto lavori di impianto termosifoni asilo infantile e scuole elementari

08.11.1968

parere in merito o meno alla istituzione di una farmacia (delibera non approvata dal Consiglio d’Amministrazione)

17.06.1969

istituzione in Cereseto di una filiale della Banca di Casale e del Monferrato

24.06.1969

ampliamento impianto di illuminazione pubblica

24.06.1969

sistemazione strade interne del paese

10.12.1969

lavori di rimodernamento alloggio e costruzione di due servizi igienici presso il municipio installazione di una elettropompa alla fontanella “pozzetto” (in seguito all’ allacciamento all’ acquedotto del Monferrato, il “pozzetto” venne chiuso; il

25.07.1970

consiglio comunale decise di risistemarlo con la costruzione in mattoni dell’ attuale pozzo e l’ installazione di una elettropompa da litri 6.000/ ora al costo di £. 110.000, visto che in casi di siccità, l’ acqua in quel punto non veniva mai a mancare)

28.08.1970

restauro edicola di San Pietro adiacente cimitero

05.01.1971

passaggio alla Provincia della strada comunale Via Casale (Vallebruno)

09.03.1972

impianto di illuminazione votiva del cimitero

26.01.1973

parere in merito o meno alla istituzione di una farmacia (delibera non approvata dal Consiglio d’Amministrazione)


248 10.02.1975

istituzione di una biblioteca comunale

06.12.1975

lavori di restauro in muratura nel cimitero

27.09.1976

approvazione progetto per la costruzione di impianti sportivi (campo da tennis £. 8.000.000, attrezzature £. 900.000)

11.10.1976

acquisto di una cassaforte per uffici comunali

09.05.1978

perimetrazione centro abitato e delimitazione del centro storico

27.03.1981

approvazione per interventi costruzione parchi gioco

27.03.1981

approvazione per acquisto attrezzature per campi gioco

30.11.1981

costruzione nuovo casellario cimiteriale

22.01.1982

corso di orientamento musicale di tipo bandistico (maestro Paolo Meda)

17.03.1982

ristrutturazione edilizio-tecnico-sanitaria nelle scuole elementari e materne “ R. Gualino”

15.01.1983

acquisto trattore

02.04.1983

inizio lavori di costruzione, recinzione e rifacimento parco bambini e gioco bocce

23.06.1984

ampliamento impianto di illuminazione pubblica

02.07.1984

rifacimento muro di Via Roma e allargamento strada

02.07.1984

progetto di sistemazione scala in Vicolo Costa

06.07.1984

costruzione chioschetto attesa bus in piazza Umberto I

17.10.1984

approvazione nuova sede del municipio

20.10.1984

nuovi fogli di mappa comunali

15.12.1985

inaugurazione nuova sede del Municipio nell’ex Asilo infantile “R. Gualino”

Si trova sul giornale “Il Monferrato” dell’anno 1916 il seguente bando: “Comune di Cereseto: si cerca pel p.v. anno scolastico un maestro sacerdote di 1° e 2° elementare il quale si obblighi anche a dire la messa ad ora fissa in tutti i giorni festivi dell’anno. Libera l’applicazione di essa. Stipendio annuo £.800 oltre l’alloggio. Dirigere le domande al suddetto comune.”


249 Il cimitero vecchio Il vecchio cimitero era interamente privo di cappelle e vi era un muro di cinta costruito in mattoni. E’ stato in funzione fino al 1915; da quella data in poi si è incominciato a seppellire i defunti nell’attuale cimitero. Il muro di cinta, in seguito, su disposizioni del podestà di Cereseto (periodo fascista), fu venduto allo scopo di costruire abitazioni o altro. La pulizia del cimitero era di competenza degli abitanti di Cereseto. Intorno al 1920, chi desiderava, poteva trasportare i propri defunti dal vecchio al nuovo cimitero. Man mano che passavano gli anni il cimitero passò ad uno stato d’abbandono e, nel 1952 (amministrazione Arturo Ruto), iniziarono le operazioni di bonifica, su concessione della Prefettura di Alessandria.


250 Il cimitero nuovo

La costruzione del cimitero nuovo si svolse in molti anni (fu interamente fabbricato senza l’ausilio di macchine operatrici); furono realizzati dei binari sui quali scorrevano carrelli trainati da cavalli per il trasporto di pietre e mattoni. Si trova su una collinetta artificiale ottenuta grazie agli scavi effettuati per la costruzione dell’ossario. I lavori terminarono nel 1915. La prima salma fu quella di Gavaggi Dario (un bambino di tre anni 1912-1915), figlio di Gavaggi Desiderio, seppellita in terra, all’entrata del cimitero a destra. Il bambino fu poi trasferito nel casellario quando fu ultimato grazie all’acquisto di un loculo da parte del fratello (Pierino).

ENTRATA (FOTO 1997)

EDICOLA DI SAN PIETRO (FOTO 1997)


251 La prima cappella fu costruita nel 1919 e si trova attualmente a sinistra dell’entrata, sul lato verso Frazione Madonnina; la seconda fu quella edificata sul fianco sinistro della grande croce centrale, mentre la terza si trova ancora oggi nei pressi all’angolo ovest. Il primo casellario (quello a sinistra dell’entrata) fu costruito nel 1955, nel periodo di amministrazione del Sindaco Pietro Maio.

IL VIALE DEL CIMITERO (FOTO 2001)

La fontana dell’acqua, a sinistra dell’entrata, fu costruita nel 1951; prima di questa vi erano delle cunette in mattoni e pietre utilizzate per la raccolta dell’acqua piovana, sparse qua e là per i viali del cimitero.


252 Ad inizio secolo (tra il 1900 e il 1935 circa) molte furono le morti causate sia dalla mancanza di farmaci, che da epidemie o malattie; a Cereseto si ricorda la cosiddetta “spagnola” (soprattutto nel 1918), a causa della quale molti giovani del paese si influenzarono gravemente e morirono. Anche il tifo fu causa di molti decessi; bisogna ricordare che fino al 1934 non vi era l’acquedotto e quindi, soprattutto d’estate, si sviluppava un‘epidemia causata dall’acqua poco pura. Nei mesi secchi l’acqua scarseggiava, e molte volte al fondo dei pozzi o dei laghetti era infetta. Si dice che morissero fino a sette - otto persone l’anno a causa di questo. Inoltre, la difterite (ad inizio secolo era chiamata “mal dal grup”), che chiudeva le vie respiratorie all’altezza della gola, colpiva soprattutto i bambini. Una legge di quel periodo stabiliva che il bambino morto per questa causa doveva essere disinfettato, versandogli in gola del gesso in polvere, onde evitare il propagarsi di eventuali contagi ed infezioni. Sulla tomba dei bambini morti di questa malattia veniva messa una piccola statua di gesso, raffigurante un neonato.


253 Caduti per la Patria della prima guerra mondiale (1915 – 1918) Caporale Balbo Giuseppe Caporale Bozzo Luigi Caporal Maggiore Biano Enrico Caporal Maggiore Illengo Daniele Caporal Maggiore Lavizzari Pietro Sergente Garrone Luigi Soldato Antonioli Mario Soldato Balbo Alfredo Soldato Borello Evasio Soldato Gallina Francesco Soldato Imarisio Roberto Soldato Lanfrancone Pietro Soldato Massazza Enrico Soldato Rossi Luigi Soldato Vanni Evasio Soldato Viazzo Federico Soldato Viazzo Giudo


254 I Sindaci di Cereseto Biano Cav. Giuseppe

dal 07.09.1902 al 10.04.1904

Tribocco Luigi

dal 10.04.1904 al 06.07.1905

Garrone Alessandro

dal 06.07.1905 al 23.04.1911

Cav. Clivio Ernesto

dal 23.04.1911 al 19.10.1913

Miglietta Evasio

dal 19.10.1913 al 09.08.1914

Antonioli Armando

dal 09.08.1914 al 11.10.1920

Omegna Giuseppe

dal 11.10.1920 al 01.06.1926

Balbo Dott. Cav. Carlo (podestĂ )

dal 01.06.1926 al 01.05.1945

Fava Franco

dal 01.05.1945 al 16.04.1946

Col. Rota Ugo

dal 16.04.1946 al 19.06.1951

Ruto Arturo

dal 19.06.1951 al 17.11.1960

Maio Pietro

dal 17.11.1960 al 04.07.1970

Tribocco Celestino

dal 04.07.1970 al 03.07.1975

Broveglio Renzo

dal 03.07.1975 al 22.06.1980

Lavagno Ing. Enzo

dal 22.06.1980 al 13.06.1999

Tribocco Gian Piero

dal 13.06.1999


255

SINDACI E CONSIGLIERI COMUNALI DAL 1946 al 2000


256

Sindaco dal 1946 al 1951: Col. Rota Ugo

Berrone Carlo Caire Antonio Carandino Attilio Doria Giusto Grandi Amerigo Lavagno Evasio Maio Angelo Bonelli Giovanni Piovera Pietro Piovera Riccardo Rossi Angelo Rossi Ottavio Tribocco Cesare Vanni Edoardo


257

Sindaco dal 1951 al 1956: Ruto Arturo

Berrone Carlo Bersano Teresio Biano Guido Bonelli Giovanni Bozzo Ernesto Caligaris Primo Carandino Attilio Doria Giusto Garrone Ugo Gozzano Giovanni Illengo Nazzareno Lavagno Evasio Piovera Riccardo Spinoglio Ferdinando


258

Sindaco dal 1956 al 1960: Ruto Arturo

Amione Leandro Antonioli Luigi Balbo Carlo Biano Guido Bozzo Ernesto Caligaris Primo Caviglia Ernesto Doria Giusto Fassone Luigi Fava Beppe Giorcelli Pierino Gozzano Giovanni Gozzano Renato Piovera Riccardo


259

Sindaco dal 1960 al 1964: Maio Pietro

Bersano Teresio Biano Ottavio Borello Carlo Borello Melchiorre Broggi Luigi Brovero Pietro Giordano Aldo Lavagno Ezio Musso Romolo Porta Rodolfo Saracco Pier Sandro Tribocco Luigi Venesia Giovanni Viotto Remo


260

Sindaco dal 1964 al 1970: Maio Pietro

Amione Leandro Borello Melchiorre Deregibus Giuseppe Lavagno Ezio Maio Federico Mazzucco Eugenio Musso Romolo Ruto Arturo Saracco Pier Sandro Spinoglio Ferdinando Tribocco Celestino Tribocco Luigi Venesia Giovanni Viotto Remo


261

Sindaco dal 1970 al 1975: Tribocco Celestino

Armano Alessio Borello Armando Broggi Luigi Brovero Pietro Gozzano Renato Lavagno Enrico Lavagno Ezio Maio Federico Maio Pietro Mazzucco Franco Spinoglio Ferdinando Vanesia Giovanni Vanni Bruno Viotto Remo


262

Sindaco dal 1975 al 1980: Broveglio Renzo

Ariotti Giuseppe Borello Giovanni Borello Melchiorre Broggi Angelo Ceresa Giuseppe Fava Carlo Gianola Luigi Giorcelli Giorgio Gozzano Vincenzo Lavagno Enzo Rossi Mario Spinoglio Emmamaria De Piccoli Renato Vanni Bruno


263

Sindaco dal 1980 al 1985: Ing. Lavagno Enzo

Borello Carlo Borello Giovanni Borello Melchiorre Broggi Mario Ceresa Fenisia Tribocco Mario Fassone Eugenio Fava Carlo Mazzucco Franco Oggiano Domenico Rossi Mario Spinoglio Emmamaria Tribocco Renato Vanni Bruno


264

Sindaco dal 1985 al 1990: Ing. Lavagno Enzo

Borello Carlo Borello Giovanni Borello Melchiorre Broggi Mario Brovero Giovanni Ceresa Luigi Tribocco Mario Fassone Eugenio Fava Carlo Gianola Marco Masiero Claudia Mazzucco Franco Tribocco Renato Vanni Bruno


265

Sindaco dal 1990 al 1995: Ing. Lavagno Enzo

Borello Carlo Borello Giovanni Broggi Mario Brovero Massimo Ceresa Luigi Fassone Eugenio Fava Carlo Ilengo Valter Maio Pier Paolo Manfredi Renato Masiero Claudia Tribocco Mario Tribocco Renato Vanni Bruno


266

Sindaco dal 1995 al 1999: Ing. Lavagno Enzo

Antonioli Flavio Broggi Mario Brovero Massimo Carzino Mirko Ceresa Ercole Godino Paolo Mazzucco Mirella Tribocco Gian Piero Tribocco Pier Angelo Vanni Bruno


267

Sindaco dal 1999 : Tribocco Gian Piero

Ariotti Evasio Broggi Mario Brovero Massimo Cattaneo Giuseppe Ceresa Ercole Ferraris Stefano Godino Paolo Gozzano Daniela Mazzucco Mirella Meloncelli Enzo Pregnolato Davide Tribocco Pier Angelo


268 I dipendenti comunali dal 1930 al 1955

Giuseppe Balbo

dal 1946 al 1981

Francesco Guarnero

dal 1955 al 1979

Cesare Miglietta

dal 1980 al 1997

Renato Degiovanni

dal 1982

Ermanno Bicocca

dal 1988

Emilio Medesani

dal 1999

Mauro Gozzano

I principali medici condotti Balbo Luigi Calcagno Albino Di Benedetto Roberto Lavazza Luciano Micconi Virginio Monticone Maurizio Pertica Giovanni Poggio Antonio Ricci Luigi Spinoglio Renato Varaldo Giovanni


269 Le ostetriche condotte dal 1929 al 1966

Pierina Degiovanni

dal 1967 al 1970

Rota Melotti Dea

dal 1971 al 1974

Caterina Gatti

Suore e consigliere ecclesiastiche (presso l’“Asilo infantile R.Gualino”)

dal 1956 al 1963

Suor Cerutti Anna (superiora asilo)

dal 1956 al 1971

Suor Cazzaniga Sofia (doposcuola e cuoca)

dal 1957 al 1959

Suor Scorzin Giovanna (doposcuola e cuoca)

dal 1957 al 1966

Suor Magistrelli Giulia (doposcuola e orto)

dal 1963 al 1971

Suor Zucca Ernestina (superiora asilo)

dal 1966 al 1967

Suor Bussi Maria (doposcuola e orto)

dal 1967 al 1968

Suor Presutti Vincenza (doposcuola e cuoca)

dal 1968 al 1971

Suor Gerosa Luigia (doposcuola e orto)


270


271

LEGENDA PIANTINE (alcune delle date sotto riportate sono approssimative)

r i s a v

religioso istituzionale storico attività varie

1r

Chiesa Parrocchiale di San Pietro e Paolo

2r

Chiesa di San Filippo e Giacomo

3r

Chiesa di San Rocco

4r

Chiesa di San Defendente

5r

Chiesa di San Martino

6r

Abbazia di San Cassiano

7r

Madonnina di San Defendente

8r

Madonnina sul “Tuf”

9r

Madonnina sul “Le Marasche”


272 LEGENDA PIANTINE (alcune delle date sotto riportate sono approssimative)

r i s a v

religioso istituzionale storico attività varie

1r

Chiesa Parrocchiale di San Pietro e Paolo

2r

Chiesa di San Filippo e Giacomo

3r

Chiesa di San Rocco

4r

Chiesa di San Defendente

5r

Chiesa di San Martino

6r

Abbazia di San Cassiano

7r

Madonnina di San Defendente

8r

Madonnina sul “Tuf”

9r

Madonnina sul “Le Marasche”


273

1i Vecchia sede del Municipio 2i

Nuova sede del Municipio

3i

Vecchia sede Poste Italiane

4i

Nuova sede Poste Italiane

5i

Asilo infantile Riccardo Gualino

6i

Vecchia sede delle scuole elementari poi Circolo “Ex

combattenti e reduci” 7i

Scuole elementari (fino agli anni ’80)

8i

Vecchio oratorio (fino al 1968)

9i

“Circolo Socialista del partito socialista di unità

proletaria” (da inizio secolo al 1926 - inizio periodo fascista) 10i Vecchio peso pubblico 11i Nuovo peso pubblico 12i Forno pubblico per la cottura del pane (fino al 1955)

1s

Primi insediamenti degli abitanti del paese

2s

L’antica pietra

3s

La “Cadana”

4s

Torre “della servitù” del castello

5s

Bassorilievo ai Caduti per la patria

6s

Il “Quadrato di Auri”

7s

Cimitero vecchio

8s

Cimitero nuovo


274

1a

Forno privato per la cottura del pane (fino al 1960)

2a

Macelleria bovina e suina (dal 1860 al 1900)

3a

Macelleria bovina e salumificio “Bottega di Marcellino

Ferraris” (dal 1920 al 1944) 4a

Macelleria bovina e salumificio di Ernesto e Marcello

Ferraris (dal 1944) 5a

Macelleria bovina e suina, negozio di alimentari “ad

Grugin” (dal 1930 al 1948) 6a

Macelleria bovina “ad Caviia” (dal 1948 al 1963)

7a

Macelleria bovina di Pietro Grandi (dal 1960 al 1992)

8a

“Cooperativa commestibili” (fino al 1900); i prezzi erano

più convenienti rispetto ad altri negozi e per poter acquistare era necessario essere soci (un chilogrammo di pane costava 16 Soldi mentre nei negozi 1 Lira). 9a

Commestibile “Miglietta” (dal 1870 al 1930)

10a Alimentari “La bottega di Calligaris” (dal 1900 al 1930); ai tempi si ricorda che il titolare della bottega aveva un gatto rosso che riusciva, ogni volta lo desiderasse, entrare nella vetrina del negozio ad assaporare i formaggi (in particolare il gorgonzola). Il proprietario veniva quindi informato dai passanti che puntualmente notavano il felino in vetrina. 11a Negozio di verdura fresca “Olimpio e Tranquilla” (da inizio secolo al 1935); i due coniugi, al ritorno da Casale Monferrato dove si recavano ogni settimana per acquistare la frutta e la verdura, con il loro carretto trainato da un mulo,


275 transitavano per le vie del paese annunciando il loro passaggio con il suono di una particolare trombetta. 12a Alimentari “La bottega nuova di Tina Maroglio” (dal 1900 al 1950) 13a Alimentari “ad Faseu” (tra inizio secolo e il 1955 circa) 14a Alimentari, tabacchi e sale “Bottega della Garrona” (tra il 1850 e il 1963 circa); le sigarette potevano essere vendute una ad una ed i sigari si potevano acquistare anche solo mezzi (la bottega era dotata di una particolare cesoia per il taglio dei sigari). Una particolarità dei titolari era la loro lentezza: infatti, dal momento in cui entrava il cliente a quando uno di loro si fosse presentato in negozio, potevano passare anche alcuni minuti (dicevano di essere nell’orto…). 15a Alimentari di Bina (fino al 1984 ) 16a Alimentari di Anna Ullio (dal 1970 al 1985) 17a Minimarket di Patrizia e Orietta Broggi (dal 1998) 18a Latteria di Francesco Borello (dal 1947 al 1981) 19a “Trattoria Rossi” (dal 1860 al 1910); era tradizione servire ai clienti del bar salumi di propria produzione, acciughe e formaggi. Inoltre si giocava a carte (in particolare ai “tre sette”) e a biliardo; al piano superiore vi era una specie di “privè” dove si giocava d’azzardo. 20a Osteria, trattoria ed albergo per viaggiatori “Il Gallo” (dal 1830 al 1910); vi erano stalle ben attrezzate ed alloggi per i viaggiatori. L’albergo era frequentato molto dagli astigiani che


276 lo utilizzavano come luogo di sosta per il viaggio dai loro paesi alla pianura vercellese e alla zona di Mortara, mentre trasportavano vino o uva. Al ritorno veniva trasportato riso (si ricorda che in periodo di guerre o carestie si faceva il baratto di una damigiana di vino con una di riso) 21a Osteria e trattoria “dell’Osterietta” dal 1800 al 1920); come piatto tipico proponeva la “bisecca” con tanto di targa affissa fuori dall’ osteria con la seguente menzione: “zuppa di trippa con salamini cotti - 10 Soldi “. 22a “Albergo Vecchio di Antonioli Luigi” (fino al 1922); oltre ad essere bar (si giocava a carte e a biliardo) e ristorante, era anche negozio di alimentari. Vi era inoltre un campo per il gioco delle bocce. 23a “Ristorante del Castello” di Antonioli Luigi (dal 1922); inizialmente era bar, ristorante, albergo, bottega di alimentari e forno. 24a “Ristorante del Centro” e negozio di alimentari “Bottega di Saracco” (dal 1900 agli anni ’80) 25a Farmacia “Ramella” (dal 1870 al 1900) 26a “Bottega da lattoniere e pompista di Gavaggi Desiderio” (dal 1880 al 1925); mise tutte le grondaie al castello. 27a Calzolaio (dal 1940 al 1960) 28a Merceria di Celestina Busca (Tina) (dal 1890 al 1957) 29a Merceria e tabacchi di Carlo e Cordelia (dal 1957 al 1979)


277 30a Merceria, giornali e tabacchi di Dante e Adriana (dal 1964 al 1992) 31a Bottega di stoffe di Edwige “d’la taschetta” (dal 1905 al 1930); per testamento lasciò i suoi averi alla casa di riposo di Casale Monferrato con la clausola (in perpetuo) di dare ospitalità ai

ceresetesi poco abbietti che avessero avuto

bisogno di essere alloggiati presso il ricovero 32a Bottega di stoffe, abiti e bottoni di Cesarina Ansaldi (dal 1910 al 1935) 33a magliaia Vittorina Bersano (dal 1930 al 1965) 34a sarti Silvio e Fiorino Bacco (dal 1900 al 1980) 35a Barbiere Fiorello (dal 1910 al 1940); le sorelle, dette Bigina e Nettina, erano sarte e svolgevano la propria attività nello stesso negozio del fratello. 36a coniugi Rossi, Cinu e Giustina, barbiere e parrucchiera (dal 1920 al 1950) 37a Barbiere Michele e moglie Cesarina, magliaia (dal 1945 al 1960). 38a Barbiere Ugo Borello (dal 1944 al 1992) 39a Fabbro ferraio Eugenio, detto “del Prete” perché era nipote di un canonico (dal 1910 al 1935); ferrava cavalli e buoi ed eseguiva lavori di ferro battuto. 40a Fabbro Bigin, figlio di Eugenio, anche lui detto “del Prete” (dal 1935 al 1955); specializzato in ferratura di equini e


278 bovini, costruzione di carretti, picchi, seghe, zappe, badili e altro. 41a Falegnameria di Rodolfo Porta, detto “Ruia” (dal 1905 al 1962); specializzato in riparazione di attrezzature agricole e carri. 42a Falegnameria di Rocco Porta, detto “Roc”, cugino di Porta Rodolfo (dal 1890 al 1940); specializzato nella fabbricazione di carri agricoli. Nello stesso stabile vi era un negozio di merci varie detto “d’la Tulera”; in seguito quest’ultima attività fu ceduta a Clarina Vespa (fino al 1965) 43a Falegnameria di Remo (dal 1900 al 1950); specializzato nella costruzione di mobili e arredi. 44a Fabbro e falegname Efisio Giorcelli, (dal 1900 al 1965) poi figlia Rina, magliaia (dal 1955 al 1975) 45a Negozio di prodotti per l’agricoltura. Esercitò dove si trovava, prima del trasferimento, l’“Albergo Vecchio di Antonioli Luigi”; il negozio chiuse dopo pochi anni d’attività. 46a Mulino di Biano a Cereseto (dal 1900 al 1960) 47a Mulino di Biano in Fraz. Madonnina (dal 1960 al 1990) 48a Torchio idraulico per spremitura vinacce (fino al 1945); venivano effettuate prestazioni per conto terzi. 49a Torchio idraulico per spremitura vinacce (fino al 1950); venivano effettuate prestazioni per conto terzi. 50a pittore e decoratore di soffitti “Bimbi “; inoltre creava statue di scaiola e gesso.


279 51a Officina meccanica di Adelchi Carandino (dal 1969) 52a Officina meccanica di Enzo Meloncelli (dal 1988 al 2001) 53a Officina meccanica, centro riparazione e vendita di macchine e attrezzature agricole di Enzo Meloncelli e Andrea Ariotti (dal 2001) 54a Stazione di Servizio IP - Agip di Armano Alessio (dal 1970 al 1982) e Beppe De Bortoli (dal 1982) 55a Agriturismo Monvillone (dal 1998 ) 56a Ristorante e centro congressi Le Marasche (dal 1994 al 1998) 57a Cascina Merli (dal 1965) 58a Agenzia Immobiliare Mazzucco (dal 1985) 59a Discount (dal 1996 al 2001) 60a Discoteca e Piano Bar “Le Kok” (dal 1998) 61a Palestra (dal 1997) 62a Maneggio (dal 1990 al 1999) 63a Carpenteria Metallica Bo.Mo. (dal 1998) 64a Panificio “Le linguacce del Furnè” (dal 2002) 65a Stock mobili d’arte artigianato veneto (dal 2002) 66a Cameltech (dal 2002)


280 1v

Salone in stile Liberty e vecchia sede della Pro-Loco

2v

Nuova sede della Pro-Loco

3v

Campo da bocce

4v

Parco Giochi e campo da tennis

5v

Parco Giochi

6v

Punto panoramico con vista sul Monviso

7v

Fonte sulfurea di Treville – Cereseto

8v

Fonte sulfurea di “Aurì”


281

SCORCI DI CERESETO


282

ANGOLO SAN DEFENDENTE

BASSORILIEVO

PARCO GIOCHI

VIA “DUE CASE”

VIA MASERA

VIA SAN TOMMASO


283

VIA ROMA

VIA ROMA

VIA INVERNETO

VIA ROMA

VIA ROMA

VIA CISTILLIANO


284

CASCINE TAVOLARA, NUOVA E PALAZZINA

CASCINE GORRETO – DEL FRATE - CERRETO

RISTORANTE DEL CASTELLO

CASCINA MARTINENGA

AGRITURISMO MONVILLONE

CASCINE FRANCHI


285

CASCINE “TRECCA”

TUFO SULLA COLLINA “TRECCA”

FONTE SULFUREA DI CERESETO - TREVILLE

VISTA DALLE CASCINE SAN CASSIANO

PANORAMICA DEL TERRITORIO DI CERESETO VISTO DA TREVILLE (FOTO 2002)


286

ANGOLO VIA ROMA – VIA MONCALVO

ANGOLO VIA ROMA – VIA CAVOUR

DIPINTO AL RISTORANTE DEL CASTELLO

VIA CASALE

VIA SAN TOMMASO

VIA CASALE


287

CERESETO VISTO DALLE CASCINE TAVOLARA - PRIMAVERA (FOTO 2001)

PIAZZA UMBERTO I째

VIA CISTILLIANO


288

VIA ALLA STAZIONE

VIA CAVOUR

SOPRA:L’INSEGNA DELL’ANTICA BOTTEGA DI GAVAGGI DESIDERIO IN VIA CISTILLIANO

A DESTRA: L’ENTRATA DELLA VECCHIA MACELLERIA IN VIA SCALETTA

VIA CISTILLIANO

VIA SAN TOMMASO


289 SOMMARIO LE PRINCIPALI ________________________________________________ 6 VICENDE STORICHE DI ________________________________________ 6 CERESETO MONFERRATO ______________________________________ 6 Le origini di Cereseto __________________________________________ 7 La nobile famiglia dei Graseverto ________________________________ 9 Gli Aleramici ________________________________________________ 15 I Paleologi __________________________________________________ 21 La situazione politica e gli Statuti comunali_______________________ 28 I Gonzaga __________________________________________________ 42 I Ricci______________________________________________________ 47 IL CASTELLO _________________________________________________ 53 Il finanziere Riccardo Gualino _________________________________ 56 L’amore per la danza di Cesarina_______________________________ 72 L’ingegnere casalese Vittorio Tornelli ___________________________ 77 La costruzione del castello _____________________________________ 79 Il castello per i ceresetesi ______________________________________ 92 Il castello dopo il “crack Gualino” _____________________________ 114 LE CHIESE __________________________________________________ 123 Chiesa parrocchiale di San Pietro e Paolo _______________________ 124 Chiesa di San Filippo e Giacomo_______________________________ 129 Chiesa di San Rocco _________________________________________ 130 Chiesa di San Defendente (di Tebe) ____________________________ 133 Chiesa di San Martino _______________________________________ 138 Abbazia di San Cassiano _____________________________________ 139 La Madonnina di San Defendente______________________________ 141 La Madonnina sul “Tuf” _____________________________________ 142 La Madonnina su “Le Marasche”______________________________ 143 I parroci di Cereseto_________________________________________ 145


290 LE FESTE RELIGIOSE ________________________________________ 147 Santa Petronilla_____________________________________________ 148 Il pellegrinaggio al Sacro Monte di Crea ________________________ 151 Il Venerdì Santo e l’“Entierro” ________________________________ 154 I “MISTERI” _____________________________________________ 157 I “DISCURS”_____________________________________________ 162 LE “POESIE” ____________________________________________ 172 TRADIZIONI, FESTE, GIOCHI E SVAGHI DEI CERESETESI _______ 177 Il Carnevale ________________________________________________ 178 La corsa del cerchio _________________________________________ 178 La corsa nel sacco ___________________________________________ 179 Le “pignatte”_______________________________________________ 179 La Festa Patronale di San Rocco – 16 Agosto ____________________ 181 I “Pichinè”_________________________________________________ 182 I “Soldati di leva” ___________________________________________ 183 “Buzio” il burattinaio ________________________________________ 184 La compagnia teatrale “Filodrammatica” _______________________ 185 Il cinematografo ____________________________________________ 187 Il servizio taxi ______________________________________________ 187 Il “quadrato di Aurì” ________________________________________ 189 La vendemmia______________________________________________ 190 La “battitura” del grano _____________________________________ 191 Il palio di Moncalvo _________________________________________ 194 Festa della Collina __________________________________________ 196 CURIOSITA’ E RACCONTI _____________________________________ 197 Una meteorite su Cereseto ____________________________________ 198 Da: “Il Monferrato” del 16 Ottobre 1881 ________________________ 199 Da: “Il Monferrato” del 29 Marzo 1914 _________________________ 199 Da: “Il Monferrato” del 04 Luglio 1915 _________________________ 199 La scommessa della Madonnina ex-voto di Vittorio Tornelli ________ 200 La radio ___________________________________________________ 200


291 Il biplano __________________________________________________ 201 La riparazione dell’idrovolante________________________________ 201 Gli “Sciancaciuendi” ________________________________________ 202 Ovada: Piazza Cereseto ______________________________________ 205 Le antiche pietre ____________________________________________ 208 I quattro uomini storici ______________________________________ 209 Il pittore ceresetese Carlo Sapelli ______________________________ 209 I cinque segreti del castello ___________________________________ 211 Il proverbio “meteo”_________________________________________ 211 Denaro dell’ epoca __________________________________________ 212 IL TERRITORIO ______________________________________________ 213 Le “regioni” ceresetesi _______________________________________ 214 Piazze, Vie e Strade urbane ___________________________________ 220 Strade extraurbane__________________________________________ 222 Strade vicinali ______________________________________________ 224 Cascine____________________________________________________ 225 Comuni confinanti __________________________________________ 227 Estensione territoriale _______________________________________ 227 Posizione geografica _________________________________________ 227 Altimetrie__________________________________________________ 228 Morfologia territoriale _______________________________________ 228 Distanze ___________________________________________________ 229 DATI E STATISTICHE_________________________________________ 231 Popolazione residente nel comune di Cereseto Monferrato _________ 232 Statistiche sulla popolazione __________________________________ 233 Case rurali e civili ___________________________________________ 236 Agricoltura e allevamento ____________________________________ 237 Vigneti ____________________________________________________ 238 MUNICIPIO DI CERESETO ____________________________________ 240 Delibere ricorrenti dall’anno 1900 _____________________________ 240


292 Estratto delle principali sedute e delibere del ____________________ 243 Consiglio Comunale e della Giunta Comunale (dal 1900)___________ 243 Il cimitero vecchio___________________________________________ 249 Il cimitero nuovo____________________________________________ 250 Caduti per la Patria della prima guerra mondiale (1915 – 1918)_____ 253 I Sindaci di Cereseto_________________________________________ 254 SINDACI E CONSIGLIERI COMUNALI DAL 1946 al 2000_______ 255 Sindaco dal 1946 al 1951: Col. Rota Ugo _______________________ 256 Sindaco dal 1951 al 1956: Ruto Arturo _________________________ 257 Sindaco dal 1956 al 1960: Ruto Arturo _________________________ 258 Sindaco dal 1960 al 1964: Maio Pietro _________________________ 259 Sindaco dal 1964 al 1970: Maio Pietro _________________________ 260 Sindaco dal 1970 al 1975: Tribocco Celestino ___________________ 261 Sindaco dal 1980 al 1985: Ing. Lavagno Enzo ___________________ 263 Sindaco dal 1990 al 1995: Ing. Lavagno Enzo ___________________ 265 Sindaco dal 1995 al 1999: Ing. Lavagno Enzo ___________________ 266 Sindaco dal 1999 : Tribocco Gian Piero ________________________ 267 I dipendenti comunali________________________________________ 268 I principali medici condotti ___________________________________ 268 Le ostetriche condotte________________________________________ 269 Suore e consigliere ecclesiastiche (presso l’“Asilo infantile R.Gualino”) __________________________________________________________ 269 LEGENDA PIANTINE ______________________________________ 271 SCORCI DI CERESETO ________________________________________ 281 SOMMARIO__________________________________________________ 289


293 Fonti : Archivio storico del Comune di Cereseto Ministero per i beni e le attività culturali - Archivio storico di Stato - Torino “Frammenti di Vita” (Riccardo Gualino) “Dagli ori antichi agli anni venti – Le collezioni di Riccardo Gualino” (Electa) “Il Monferrato” - bisettimanale di Casale Monferrato e paesi limitrofi “Cereseto e le sue principali vicende storiche” (G. Turroni) “I consorzi nobiliari ed il comune dell’alta e media Italia” (F. Niccolai) “Le origini signorili del comune” (F. Gabotto) “Le più antiche carte dell’Archivio Capitolare di Asti” (F. Gabotto) “Le carte dell’ Archivio Capitolare di Casale Monf.to” (Gabotto e Fisso) Archivio Parrocchiale di Cereseto Archivio Capitolare di Vercelli Archivio Capitolare di Casale Monf.to “A zonzo per il Monferrato” (G. Niccolini) I.s.t.a.t.

Si ringraziano: L’amministrazione del Comune di Cereseto per il coordinamento editoriale di questo volume M.C.P.P. per il coordinamento grafico e storico Don Giovanni Rigazzi per gli appunti e le memorie Prof. Dionigi Roggero per la consulenza e la parte storica Oscar Antonioli per le ricerche presso la biblioteca di Casale Monf.to e per alcune fotografie Arturo Ruto per gli appunti e le memorie dagli anni 1920 agli anni 1990 Francesco Guarnero ex impiegato comunale per gli appunti e le memorie Stefano Ferraris per le fotografie interne delle chiese e la parte “Entierro” G.P. & C. per la correzione e l’impaginazione delle bozze Luigi Borello e Ivaldi Elena per gli appunti relativi alle Chiese e per alcune fotografie storiche Cordelia Bacco per le memorie e per alcune fotografie storiche Adriana Doria per alcune fotografie storiche PER I PASSI ANTOLOGICI, PER LE CITAZIONI, PER LE RIPRODUZIONI GRAFICHE, CARTOGRAFICHE E FOTOGRAFICHE EVENTUALMENTE APPARTENENTI ALLA PROPRIETA’ DI TERZI, INSERITI IN QUEST’OPERA, L’AUTORE E’ A DISPOSIZIONE DEGLI AVENTI DIRITTO NON POTUTI REPERIRE, NONCHE’ PER EVENTUALI NON VOLUTE OMISSIONI E/O ERRORI DI ATTRIBUZIONE NEI RIFERIMENTI.



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.