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Gabiano e dintorni

Il mensile dal Nost MunfrĂ

G&d

Marzo 2013 Foto : Enzo Gino


Arrivano i Munfrin... Li vedete qui sotto (e anche in ultima pagina)?, sono i Munfrin in tagli da 1; 2; 5; 10 Munfrin. Lo avevamo scritto nel numero di dicembre u.s., come ricorderanno i nostri lettori, e siccome per noi ogni promessa è un debito, abbiamo dato seguito a quella idea di coinvolgere aziende, commercianti, artigiani, imprese oltreché, naturalmente, i compaesani del Nost Munfrà nel progetto dei Buoni sconto. Non ripeteremo quanto abbiamo già scritto sul loro funzionamento, invitando chi è interessato a rileggersi le prime due pagine del numero di G&d di di-

cembre 2012. Ma vi raccontiamo ora come possono fare gli esercenti ad aderire al progetto e come fare ad avere sconti nei negozi convenzionati che hanno aderito. Adesione da parte dei commercianti, artigiani, professionisti. E’ sufficiente che si mettano in contatto con la redazione di G&d (cell. 335-7782878 oppure: posta@gabianoedintorni.net) per sottoscrivere insieme il testo dell’accordo riportato a pagina 3. Come avere lo sconto nei negozi che aderiscono. Prima bisogna sapere se il negozio

dove andate a fare acquisti è associato o no. Ci sono due modi per saperlo: 1) vedere se è nell’elenco scritto su G&d (vedi pagina 4) 2) oppure vedere se nel negozio è esposto in bella vista il cartello simile quello che abbiamo riportato in questa pagina. In entrambe le situazioni è necessario leggersi quale sconto (che può essere compreso fra il 5 e il 30%) pratica. Se si tratta come nell’esempio del 10%, sappiate che potrete pagare in Munfrin il 10% dell’importo acquistato. Così se acquistate per 25€ di merce pagherete 22,5€ + 2,5M. Semplicissimo. E i Munfrin dove li trovate? Quando avremo raggiunto un cospicuo numero di esercizi che aderiscono all’iniziativa G&d provvederà a distribuirli anche con la collaborazione degli esercizi aderenti. Potranno inoltre esser richiesti da chiunque intenda utilizzarli per fare acquisti nei negozi convenzionati direttamente alla redazione. Prevediamo nel mese di maggio di inaugurare l’uso dei buoni sconto. Sul prossimo numero di aprile di G&d saremo più precisi indicando dove, come e quando.

Alcuni Buoni acquisto in uso in Italia e Germania

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I primi negozi ed attività che hanno già sottoscritto l’accordo per favorire lo sviluppo del territorio e che accetteranno i Munfrin... Nome e sede

Merce o servizi forniti

Sconto praticato

Zanotto Rosella Rivendita monopoli numero 7 Via Torino 23 - Gabiano -AL-

Monopoli, giormali, lottomatica , Profumeria

0% su giornali, monopoli di Stato e lottomatica; 15% sulla profumeria; 10% sugli altri articoli a scontrino.

Officina Garimanno Via Torino 22 - Piagera di Gabiano -AL-

Autofficina - Distributore

0% sui carburanti; 10% sui servizi di meccanico

Story Park Ristorante, Pizzeria - Ostello Via San Pietro - Gabiano Ostello La Sosta - Varengo Gabiano - AL-

10%

La locanda del Borgo di Rampone Filippo Via Santo Stefano 17 Mincengo di Gabiano -AL-

Ristorante

10%

Zanotto rag. Giorgio Via Torino 23 - Gabiano - AL -

Commercialista

10%

Cantina del Rubino Piazza Libertà 10 Cantavenna di Gabiano -AL-

Produzione e vendita di vino, grappa e affini

10%

Per adesioni 335.7782879 ; posta@gabianoedintorni.net ; Sull’edizione di aprile l’aggiornamento degli esercizi aderenti. Ovviamenet un caldo invito da aderire (non ci sono costi), più siamo meglio è.

Successo della mostra sul Tamburello a Casale Nonostante il tempo non propizio, (il primo week-end ha nevicato il secondo ha piovuto) si è chiusa con un successo di stampa e visitatori la mostra sul Tamburello nel Monferrato che G&d in collaborazione con Piergiuseppe Bollo e Riccardo Bonando hanno presentato nella ex Chiesa in piazza San Domenico a Casale. Ringraziamo tutti gli amici (fra cui Raffaele Mazzola) che ci hanno aiutato sia con la presenza fisica, ed anche economicamente a far fronte alle diverse spese (fra cui spiccano gli oltre 500 € richiesti dal Comune di Casale alla associazione no-profit per i 6 giorni di esposizione). Ha fatto particolare piacere la

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visita delle grandi glorie del tamburello, dei dirigenti della federazione e di tante famiglie in cui uno o più membri, spesso i bambini, giocano a questo sport che più di tanti altri ben rappresenta il nostro Monferrato. Il successo è anche espresso dalle numerose richieste provenienti dai nostri paesi per riproporre

l’esposizione in occasione di manifestazioni e feste: da Cereseto a Cerrina ad Asti sino in provincia di Brescia oltre a Moncalvo dove si prevede l’esposizione ad aprile nella splendida cornice della Bottega del vino lungo i cunicoli restaurati recentemente che corrono nelle mura del castello. Un momento interessante della mostra sono stati anche i circa 40 minuti in diretta TV streaming realizzati con un piccolo dibattito con Emilio Basso Federazione di Asti (2° da destra nella foto), Riki Bonando federazione di Alessandria (2° da sinistra), Sergio Garetto designatore arbitrale 1° a destra ed Enzo Gino di G&d.


Arriva Ghigiot TV la televisione streaming del Nost Munfrà

Inizieremo con alcune ore di trasmissione sperimentale: tutti venerdì di aprile dalle 16:30 alle 17:30 verranno trasmessi documentari sul Monferrato. Stiamo costituendo anche una redazione: chi è interessato a collaborare (anche se non può risiedere nei nostri paesi) può mettersi in contatto con G&d. Vorremmo fare programmi su storia, musica, tradizioni, iniziative e tutto ciò che può interessare i nostri amici Monferrini. Gli aggiornamenti della programmazione su: www.gabianoedintoni.net

Ebbene sì, ci stiamo provando anche con questa tecnologia impronunciabile: Tv streaming (pr. striming). Ma cosa vuol dire? Lo streaming è la trasmissione attraverso internet di un programma televisivo o radiofonico. In pratica su internet oltre ai website (o siti) ed ai blog a tutti noti, si possono anche trasmettere programmi Tv in diretta (live) o registrati, e già lo fanno migliaia di emittenti nel mondo. Il principale pregio di questo sistema rispetto a quello classico che, per capirci, trasmette e riceve con l’antenna o la parabola, sono i costi. Infatti con relativamente poca spesa si può impiantare una Tv o una radio in casa… e G&d lo sta facendo. Volendo (e banda internet permettendo) si può anche girare per le nostre colline, andare ai consigli comunali, o alle partite di tambass e mandare tutto in diretta sul web cosicché chiunque disponga di un collegamento internet da computer, tablet, App o telefonino idoneo, in qualunque parte del mondo si trovi può vedere la diretta streaming. E pensare che ‘59 anni fa nel 1954 fu trasmesso, in Italia, il primo programma della RAI TV... Sia chiaro che la nostra Tv non sarà come RAI 1 o Canale 5 ma qualcosa di più famigliare e soprattutto “nostro” nel senso che trasmetteremo le cose che interessano noi, che abitiamo e viviamo in quella parte del Monferrato che affettuosamente chiamiamo Nost Munfrà di cui in parte già potete leggere sul G&d. Ma come fare a vedere Ghigiot Tv? Come già detto se avete un Computer collegato a internet con una buona banda ossia un segnale decente sarà sufficiente “andare” sul sito di G&d: www.gabianoedintorni.net e sulla prima pagina (homepage) potrete vedere le trasmissioni se sono in corso, altrimenti vedrete il “monoscopio” che abbiamo riporta-

to a lato. Ma quando si potranno vedere le trasmissioni? Dipende dal tempo che abbiamo da dedicare alle trasmissioni e questo dipende da quanti amici ci daranno una mano. Per partire inizieremo con un qualche ora alla settimana, di sabato o domenica o alle sera, perché negli altri giorni si lavora. Venerdì 22 marzo in occasione della Mostra sul tamburello a Casale abbiamo fatto la prima trasmissione che molti nostri amici hanno potuto seguire sui loro computer e l’esperimento ha funzionato: buona sia la visione che l’audio. In futuro prevediamo di comunicare per tempo su facebook e sul sito di G&d i giorni e l’ora delle trasmissioni in modo che chi è interessato possa collegarsi. E’ bene sapere alcuni limiti delle nostre trasmissioni che col tempo intendiamo superare: 1) i programmi potranno subire brevi interruzioni pubblicitarie non da parte nostra ma da parte della piattaforma da cui trasmettiamo (Justin.TV) 2) se si superano taluni limiti di ascolto (persone collegate) è possibile che venga tolta la linea sempre da JustinTV, perché attualmente abbiamo il contratto “aggratis”. Se l’iniziativa avrà successo e se troveremo qualche sponsor potremo anche stipulare un contratto a pagamento evitando gli inconvenienti citati. Per la cronaca sappiano i nostri lettori che dalla stessa piattaforma Justin.Tv (una delle tante disponibili) si possono vedere centinaia di programmi da tutto il mondo, molti dei quali anche dall’Italia (basta selezionare la lingua sulla home page di justin.tv). Quindi G&d ci prova, e se son rose fioriranno, per intanto se il sabato verso le 14:30 avete un computer a portata di mano provate a far un click su: www.justin.tv/ghigiot Oppure su: www.gabianoedintorni.net

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Amarcord Gabiano Il bellissimo libro: - Mi ritorna in mente…di Giancarlo Missaglia del Rollino di Gabiano, classe 1933, ci fa ricordare o ci fa conoscere i tanti compaesani che all’inizio del secolo scorso popolavano il nostro paese… leggendo si ha la sensazione di riconoscere i nostri familiari...

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Giancarlo Missaglia riporta “pezzi” di vita da lui vissuta rappresentata attraverso gli occhi di lui bambino. Una bella lettura ricca di luoghi, di nomi di aneddoti che inseriremo nella nostra biblioteca nel sito di Gabiano e dintorni e che per molti sarà una specie di Amarcord (il famoso film di Fellini che significa Mi ricordo - in dialetto parmense, città dove fu ambientata l’opera). Riportiamo per i nostri lettori alcuni stralci del libro. Macellare il ciciù Nell’aia di Merlo Fortunato, tutto è pronto: un pentolone di rame pieno di d’acqua è agganciato alla catena di un treppiede in tubi di ferro. Sotto il fuoco arde, alimentato da un fascina di tralci di vite secchi. Alfio, suo figlio, apre la porcilaia dove in maiale sembra già percepire uno strano presentimento. E’ già legato ad una zampa con una fune, stenta ad uscire, alcuni uomini tirano la fune mentre Alfio con un pungolo lo stimola da avanzare; l’animale grugnisce nervosamente, forse ha già intuito il suo destino. E’ un bell’esemplare, dicono. Bloccate le zampe, con forza lo fanno adagiare sul fianco, gli sistemano le funi ben legate alle zampe posteriori. L’animale si ribella, scalpita e grida, sembra implori pietà. Lo trascinano sotto la trave che sorregge il fienile, le funi vengono inserite alle carrucole già predisposte e incomincia il sollevamento sino a quando l’animale penzola a testa in giù. Una tinozza è posta sotto la testa, l’esperto macellaio si avvicina rapidamente e con un grosso coltello

trafigge con forza la gola sgozzando l’animale. Il maiale urla, si agita mentre il sangue copioso esce a fiotti riversandosi nella tinozza sottostante I lamenti si odono per tutta la vallata, sono insistenti e melanconico, via via si affievoliscono fino a tacere; mantiene gli occhi socchiusi. E’ finita! Il sangue nella tinozza viene trasportato in cucina è fatto bollire in un pentolone al fuoco del camino. Sistemata un’altra tinozza sotto la testa del maiale inizia l’operazione di raschiatura e pulitura della cute. Due uomini, uno per lato versano acqua bollente incominciando dall’alto, mentre due sottostanti con lame affilate radono la pelle zona per zona per tutta la superficie del corpo. Finita l’operazione e dopo accurato lavaggio, il norcino con un taglio verticale apre l’addome, ed estrae le viscere che, raccolte in un contenitore, vengono portate via per essere poi pulite, lavate e trattate per riutilizzarle per fare gli insaccati. Il macellaio prosegue con il prelevamento di tutti gli organo testa compresa. Con l’aiuto di altre persone provvede a dividere l’animale in due parti uguali e simmetriche nel senso verticale in modo che ognuna delle parti rimanga sospesa dalla propria zampa. Calata una delle due parti, viene


posta su un tavolone sistemato nel magazzino; qui il norcino inizia la resezione con gli opportuni arnesi ricavandone lardo, costine, lombo, spalla, coscia e altre parti da lavorare. Anche l’altra metà, ancora appesa viene calata e portata su un altro tavolone dove viene ripetuta la stessa procedura. Attorno ai due tavoli ogni gruppo di operatori lavora quasi in silenzio; la forte luce della lampada sopra ogni tavolo, facilita l’operazione di scarnificazione. Viene così a formarsi una montagna di carne dalle diverse pezzature, la parte destinata agli insaccati viene poi passata al tritacarne, dove l’addetto giran con forza la manovella. Un’altra persona si dedica alla separazione delle cotenne, e un altro aiutante divide il grasso, la reticella e altre parti. Finita la macinatura si procede all’impasto del macinato spargendovi sopra sale, pepe in grani, aglio pestato nel mortaio, aromi e una innaffiata di buon vino rosso, nelle dosi opportune. Il tutto viene energicamente impastato e rimesso nel tritacarne che attrezzato con altro accessorio e con le budella predisposte, provvede alla insaccatura per la formazione di salmi e salcicce. La battitura del grano Carlo Gluttini, la mia ombra, m’informa che dal Merlo Fortunato battono in grano: “anduma a vegghi”. Arrivati sull’aia, la macchina trebbiatrice è già piazzata. Il Messone ha già posizionato anche il trattore e sta sistemando la cinghia che

trasmette la rotazione dalla puleggia del trattore alla puleggia della trebbiatrice. Gli uomini si organizzano per le varie operazioni da svolgere. Sono tutti contadini che si prestano reciprocamente aiuto; è pronto alche “l’imbaladur”. Le massaie indaffarate tra i pentoloni sul camino si apprestano a far da mangiare per tutti. Pronti a partire: il Messone avvia il motore del trattore ben bloccato dai ceppi, tutto gira con un rumore assordante, mentre un nuvolo di polvere si soleva attorno alla trebbiatrice. Gli uomini sono già ai loro posti e incominciano le operazioni: dalla cascina scendono cadenzati i covoni di grano, l’uomo alla tramoggia li infila uno alla volta nell’apertura con sincronismo. Da un lato arriva la paglia all’imballatore che la pressa e la lega automaticamente con fil di ferro formando il primo “baloc”. Dal lato opposto scende il grano attraverso la bocca di raccolta e diretto nel sacco predisposto. Quando è quasi pieno, si mette sotto un altro sacco e contemporaneamente si toglie il primo già pieno lo si lega e viene trasportato in magazzino. Man mano si procede, gli uomini prendono il ritmo e tutto funziona al meglio; sembrano tante formiche che si muovono coordinate, ognuna intenta nelle proprie mansioni. Il “Messun” con l’oliatore in mano, gira tra i rotismi a oliare le bronzine degli aberi di trasmissione, osservando e ascoltando con l’orecchio teso i rumori del macchinario. Ogni tanto si dirige al trattore per alzare o diminuire la velocità del motore. Trascorse alcune ore, il movimento degli uomini è più tranquillo ora sono sudati, hanno polvere sulle labbra, occorre quindi fare il giro con il

“barlet” contenente vino per inumidire le labbra; ci invitano anche noi bambini ad essere partecipi dell’evento e noi accettiamo ben volentieri. Nel frattempo le massaie hanno già apparecchiato le tavole per il pranzo. Dal campanile della chiesa si sentono i rintocchi delle campane per il mezzogiorno: si sospende. Dalla cascina non scendono più i covoni, il sacco non riceve più chicchi di grano, l’imballatore non riceve più paglia, il Messone abbassa l’acceleratore del trattore e gira la chiavetta del motore che si spegna: torna il silenzio! Finalmente quel rumore assordante è finito e andiamo tutti a mangiare; si riprende nel pomeriggio! Vita di giorno e di sera E’ giorno d’estate a scuola finita. Dino Orio ha già predisposto davanti al magazzino della NORD (n.d.r. la società elettrica che forniva il servizio al Monferrato) l’incudine; la forgia è accesa, il carbone emette fumo, in terra sono sistemati i ferri, tagliati a misura da modellare e pronti per essere riscaldati. Oggi si lavora da fabbro: si costruiscono ganci a muro per il sostegno degli isolatori. Gli altri operai sono già partiti per diverse destinazioni: alcuni in bicicletta, altri in moto. Il medico parte per le visite, ora possiede l’automobile, si è modernizzato. La gente racconta che prima che io nascessi il dottore andava a fare le visite a cavallo, attraverso i campi. Lui stesso mi aveva confidato che alla partenza, già in sella al cavallo, G&d - Gabiano e dintorni

Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino Direttore Responsabile Enzo GINO Sede: via S. Carpoforo 97 Fraz. Cantavenna 15020 Gabiano Stampato presso A4 di Chivasso (TO) Editore: Associazione Piemonte Futuro: P. Iva 02321660066; Distribuzione gratuita Per informazioni e pubblicità cell. 335-7782879; e-mail: posta@gabianoedintorni.net

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Gabiano 1912 lo teneva fermo con le briglie tirate, mentre lo lavorava ai fianchi con gli speroni innervosendolo in modo che al comando di via il cavallo scattava veloce, stanco di subire violenza. Era allora, come la sgommatura dei giovani di oggi in partenza con le moto. Il nonno si avvia su per il Rollino verso l’ufficio postale, La Maria Galetto è intenta a cucire a macchina sotto il suo porticato, il Cicot ciabattino sta battendo la tomaia per appiattirla e renderla più resistente all’usura mentre la Norina Dorato attraversa la strada per recarsi alla sua tipografia. Nel frattempo dalla stradina proveniente da casa Grosso appare la Rosina Canna con ombrellino da sole già aperto per ripararsi dall’abbronzatura; è diretta al Comune, ora non si chiama più Municipio, dove è impiegata. Allora le donne ci tenevano a distinguersi da quelle che lavoravano in campagna nonostante che anche loro si riparavano dal sole proteggendosi con ampi foulard. Il Sergio del tulè con le paterle di stoffa ai piedi, monta in bicicletta con la borsa dei ferri sul portapacchi scendendo dalla discesa del Rollino. Il tempo scorre veloce, qualche donna è già dal macellaio, altre nei negozi di commestibili a fare la spesa; vado in cerca del mio amico Carlo; la Gina, la sua mamma, mi dice che è andato alla Serra a trovare i nonni. Scorgo mio nonno che torna dalla piazza e davanti al bar della Ventina incontra il maresciallo dei carabinieri e si intrattiene a conversare con lui. La campana dell’orologio

del castello batte undici rintocchi, segue un altro suono di un’altra campana che indica la mezza; è giunta così quasi l’ora del disnà; il Rollino si spopola e ognuno fa ritorno alla propria casa. Il

Dino a mezzogiorno sospende di battere sull’incudine, raggruppa gli arnesi e accompagnato dal suono lento e cadenzato della campana della parrocchia si avvia verso casa salendo la stradina della Bassa mentre il medico ritorna con la sua automobile dalle visite. Anche noi ci troviamo seduti a tavola mentre la nonna distribuisce le porzioni. Trascorsa l’ora, il nonno torna in ufficio, Dino inizia un altro lavoro meno chiassoso, il Rollino è deserto: è l’ora del sonno. Dopo le quindici uscendo di casa

scorgo Pierin Gluttini e la Gina davanti a casa, seduti affiancati sulle sedie dove c’è l’ombra, stanno imbastendo con ago e filo la vestimenta del cliente. Più tardi verso le diciassette, tornano gli operai della NORD, e relazionano

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Gabiano 1914

al nonno; il Rollino ricomincia a rianimarsi, la Norina e il Remo Dorato fanno più volte la spola tra casa e tipografia e qualche altra persona si muove fra i negozi. La nonna con mamma e zia Carla sono in giardino a stendere i panni e svolgere altri lavori. All’imbrunire tutto torna tranquillo, arriva l’ora di cena; ci troviamo ancora riuniti attorno al tavolo del cucinone, noi fratelli non vediamo l’ora che sia finita la cena per ritornare a giocare. Si fa buio, dalle frazioni alcuni contadini giungono dal tabachin per comprarsi le sigarette, i sigari o il tabacco da pipa o da naso. Si siedono sulle panchine di cemento disposte ai lati dell’ingresso per godersi la sospirata fumata; conversano fra loro pacatamente. Anche il gruppo di noi bambini s’ingrossa gradualmente, ci sediamo sui ciottoli del Rollino davanti a questi uomini, anch’essi, continuano ad aumentare. I loro discorsi sono sempre i soliti, ricordi di quando erano militari; a volte ascoltiamo attoniti e incuriositi alcune loro gesta spericolate, altre, un po’ annoiati per averle già sentite; molte volte, ci alziamo per andare a giocare sula piazza. Sul tardi della sera, diverse donne si avviano verso la piazza, siedono sigli scalini del Comune a godersi il fresco, la signora Zucconi è sempre presente ed è la promotrice delle conversazioni. All’ora stabilita dell’adunata, chiamata a raccolta dei bambini e ragazzi da parte di mamme e nonne, rientro alle proprie case e poi tutti a nanna!


Sagra del salamino di Moncestino La tradizione rinnovata di Anna Anselmi

Domenica 7 aprile al via la 15a edizione di una manifestazione che affonda le radici nelle nostra tradizione

Sagra del Salamino 2012. Foto da Archivio dell’Associazione Pro Loco.

E’ una regola implicita che esiste nella nostra cultura: la tradizione anche quando c’è e si fa sentire viva deve portare sempre con sé un elemento di rinnovamento, pena la disaffezione e il folklore che diventa improvvisamente un’espressione di rigidità e chiusura. Questo lo sa bene la Pro Loco di Moncestino, che da quindici anni organizza la Sagra del salamino. La sagra, infatti, nonostante affondi le sue radici in una tradizione antichissima, è sempre in costante mutamento. Negli anni in cui si sono susseguite le diverse edizioni, si è sempre evidenziato qualche elemento nuovo e di parziale rottura col passato, dimostrando una capacità di inglobare in sé forze sempre innovative. Mantenere una tradizione significa innanzitutto, ricordarsi da dove essa proviene: in questo caso va quindi cercata, in quel passato non troppo lontano in cui i nostri genitori o nonni organizzavano le proprie risorse e la propria economia in base ai pochi beni che possedevano. Tra questi, uno dei principali, per valore simbolico e resa nell’economia alimentare, era il maiale. Proprio nel passato, tra il padrone e i propri animali di cascina esisteva un legame d’implicito rispetto, uccidere un animale allevato con cura, era un sacrificio che doveva essere sapientemente deciso e orchestrato in modo che non ci fossero sprechi. “Non si butta via niente”, ci siamo

spesso sentiti dire dai nostri nonni quando eravamo piccoli, forse una prima lezione di ecologia e rispetto per ciò che ci circonda. Dal maiale alle cose più semplici, fino ai rimasugli, l’idea era che, se non nell’immediato, sicuramente in un futuro le cose avanzate sarebbero servite. Nel caso dei salami, si trattava di una creazione tanto maestosa e in grado di lasciarci un ricordo così vivo, da sentire la voglia di mantenere un po’ di quell’incontro tra semplicità e maestria, attraverso una festa. Uno scrittore inglese parlò di funzione sociale della tradizione come forma di aggregazione, per tanti è proprio questo il senso che sembra echeggiare tra i rumorosi tavoli durante il pranzo della festa. Ogni edizione della sagra è stata accompagnata dalla piacevole sorpresa di vedere sempre più persone desiderose di gustare i tipici sapori di Moncestino. Gli organizzatori sperano quindi, che domenica 7 aprile 2013, data in cui si ripeterà la manifestazione, ci sarà l’occasione di far assaporare la specialità locale a nuovi visitatori. Chissà che magari non ci sia tra questi proprio qualcuno che, com’è già successo, decida di ritornare o si trovi un giorno in cerca di un’abitazione tra le nostre accoglienti colline. Attenzione però a chiedere la ricetta del salame, si tramanda di generazione in generazione, ed è super segreta.

“Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. Cesare Pavese

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Personaggi Monferrini: Mono Carrasco di Giuliana Scagliotti

Dalle Ande al Monferrato: l’irresistibile richiamo per gli artisti

www.muralescarrasco.com

Sotto: Hector Roberto Carrasco detto Mono

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Di recente a Cantavenna di Gabiano si è stabilito uno dei massimi esponenti internazionali della pittura murale, Héctor Roberto Carrasco. “Nel Monferrato, io e la mia compagna Antonella, abbiamo conosciuto l’accoglienza e la solidarietà che ci hanno fatto sentire l’appartenenza a questa terra dolce e forte, anche se le mie radici sono oltreoceano”. Nato a Santiago del Cile nel 1954, fu chiamato col nome clandestino di battaglia Eduardo all’epoca della dittatura militare cilena, ma è da tutti conosciuto con il nomignolo “Mono”, scimmia in spagnolo, meritato all’età di 16 anni per l’agilità dimostrata arrampicandosi per appendere una bandiera su un’alta antenna televisiva dell’università cattolica di Santiago. Mono imparò i segreti dell’uso delle tinte dal padre chimico grafico, mentre la manualità gli derivò dalla madre, abilissima costruttrice di giocattoli, pupazzi, burattini e bambole, che gli affidava la costruzione in cartapesta delle teste dei personaggi. Mono conseguì il diploma di disegnatore grafico pubblicitario e in seguito si specializzò in Comunicazioni Visive. Diventò uno dei responsabili delle “Brigadas Ramona Parra”, uno dei più importanti gruppi muralisti di propaganda politica, nati per sostenere la campagna elettorale di Salvador Allende del ’70 e per portare un messaggio di rivoluzione sociale, soprattutto fra gli strati più poveri della popolazione. Mono aveva il compito di “trazador”, colui che realizza la prima traccia sul muro di lettere e disegni. Durante la

tormentata campagna elettorale, l’attività pittorica era talmente febbrile che, ogni gruppo, dipingendo e fuggendo, realizzava fino a quindici murales per notte, utilizzando solo i tre colori nazionali: il bianco per il fondo, il rosso e il blu per riempire le lettere ed il nero per il contorno finale. I muralisti operavano ai limiti della legalità, tant’è che Mono finì tredici volte in carcere nell’arco di pochi mesi. I murales urbani erano anonimi e mutevoli, avevano carattere contingente perchè il messaggio cambiava al ritmo dei fatti che accadevano, i dipinti si amalgamavano con la vita stessa e l’arte muralista era in perenne conflitto con il vento, la pioggia e il lavoro opposto di altri uomini. Ciò che si realizzava oggi, veniva spesso cancellato domani. Nel lavoro collettivo i compiti si distribuivano d’accordo con le volontà e le capacità, era come se i tracciatori fossero i direttori di un’orchestra e i pennelli e i colori diventavano variopinti strumenti musicali. Dalla lotta quotidiana e da un’iniziativa locale era nata un’arte rapida, diretta e semplice, anche se gli autori non erano consapevoli di dar vita ad una nuova forma di espressione, ad un’autentica arte popolare, la cui eco giungerà molto più in là delle frontiere cilene e farà parte della Storia. I murales cileni sono sempre stati anonimi, appartenevano a tutti, a chi partecipava dipingendo e a chi li ammirava rispettandoli. Con la breve parentesi successiva alla vittoria elettorale di Allende i muralisti poterono finalmente dipingere alla luce del sole, realizzando veri e propri disegni. Oltre alla valenza politico-artistica i murales dovevano essere una fonte di informazione e di mobilitazione popolare, ad es. si raffigurava alle madri analfabete la corretta preparazione del latte in polvere, necessaria data la penuria di latte fresco, causata dal blocco economico ed


alimentare imposto dagli Stati Uniti nei confronti del Cile pre-dittatoriale. Nel ’73 il “golpe” militare, ma la cruenta repressione del regime di Pinochet non riuscì a schiacciare completamente l’attività di Mono e degli altri muralisti, che furono costretti ad agire in completa clandestinità, mettendo a repentaglio le loro stesse vite. Ormai ricercato dalla polizia militare e costretto ad abbandonare il paese, con la fuga Mono perse la cittadinanza cilena ed ebbe inizio il suo periodo in Italia di rifugiato apolide. Qui prese contatto con altri esuli cileni, in particolare con il gruppo musicale folk “Inti Illimani”, di cui l’artista è tuttora manager e organizzatore dei concerti in Italia, durante i quali ha dipinto murales collettivi, anche con l’aiuto della figlia. Mono dipinge il sogno, l’incubo ed il ritorno alla speranza, usando come colonna sonora le loro canzoni. Nel nostro paese cambiò più volte residenza a causa dei numerosi impegni pittorici e di lavoro, oltre a dare il suo contributo culturale ed artistico alle attività della resistenza alla dittatura cilena. Dal 1980 è realizzatore di molte iniziative grafiche e fotografiche come “America Latina, un problema per la coscienza del Mondo” per il Museo Folklore di Roma e la mostra su Salvador Allende “Un Uomo, un Popolo” per l’Acli di Catanzaro. Nel frattempo, caduta la dittatura, in Cile il muralismo fu proclamato Patrimonio Culturale Nazionale e Mono meritò il riconoscimento del Governo Cileno con la medaglia Pablo Neruda assegnatagli nel 2004. In Europa e in altri paesi ha dipinto centinaia di murales: nelle piazze, sui muri delle città, nei teatri come scenografie, nelle scuole, nelle palestre; in Italia sono innumerevoli i murales in contesti importanti come l’Arena di Verona, il Palasport di Roma, l’Italsider di Taranto, la manifestazione internazionale per la pace di Roma per conto di Emergency e su pannelli in piazza Duomo a Milano. In molti luoghi ha creato insieme ai giovani dei gruppi di pittura collettiva, realizzando con loro diversi dipinti che oggi rimangono come testimonianza visiva del suo percorso nell’arte popolare della pittura murale nelle strade del mondo. I muri, non sempre intesi come simbolo di divisione, ma come emblema di unione, fratellanza e libertà, l’hanno visto anche in Palestina, a Nablus ed Hebron, a dipingere con i bambini dei campi profughi. La sua passione sociale l’ha portato a creare l’associazione “Weñi”, “bambini” nella lingua Mapuche, che lo sta attualmente impegnando nell’iniziativa di raccolta di materiale scolastico “Una matita per i bambini cileni”. Ha realizzato anche la collezione in ceramica de “I piatti per la Pace” in vendita in tutte le edicole d’Italia per Hobby&Work Publishing. In occasione del mercatino di Natale a Varengo di Gabiano, Mono ha dipinto su un pannello la chiesa del Magnocavallo che è esposto nel centro di documentazione della frazione. Contemporaneamente i bambini hanno colorato una copia ridotta dell’immagine aiutati dall’artista, a significare che il muralismo non è un atto di vandalismo, ma arte popolare di massa e legante sociale, come declama il motto: “¡Pintaremos hasta el cielo!”.

Il Budino Creme Caramel Damiano Gasparetto Questa volta vorrei dirvi la verità sul budino per eccellenza, quello che tutti credono proprio, quello che, grazie alla fantasia di abili cuochi e massaie di ogni dove ha dato origine, con le sue varianti, alla grande famiglia delle creme caramel. In Piemonte ne è un degno rappresentante il celebre Bonet. Ma andiamo per ordine, cominciando dal luogo di partenza, infatti nonostante il nome sia francese e possa dunque trarre in inganno è un dolce di origine portoghese molto diffuso in Europa e non solo. Chiamato anche “Caramel Custard” è conosciuto nei paesi di origine spagnola ed in America latina con il nome di “Flan”. Lo storico Alan Davidson sottolinea che nell’ultima parte del ventesimo secolo questo piatto ha occupato un ruolo rilevante nei menù dei ristoranti europei. Questo probabilmente perché pur essendo un dolce dal gusto molto raffinato presenta irrisori costi di produzione ed una preparazione alquanto semplice. Unica accortezza da prestare è infatti quella di cuocerlo a bagnomaria e molto dolcemente, pena il rischio di ottenere una sorta di frittata anzi che un budino. Ecco come si prepara: Ingredienti: Uova 2; Tuorli d’uovo 4; Latte 0,5 litri; Stecca di vaniglia 1; Burro q.b.; Zucchero 150 grammi. Procedimento: Scaldare il latte con una stecca di vaniglia per aromatizzarlo, quindi spegnere e farlo raffreddare. Nel frattempo sbattere le uova con 120 g di zucchero fino ad ottenere un composto spumoso; in un pentolino far caramellare i restanti 30 grammi di zucchero con un goccio d’acqua, quindi versarlo nello stampo precedentemente imburrato. Unire dunque il latte alle uova (senza la stecca di vaniglia) e versare il composto nello stampo. Cuocere a bagnomaria in forno preriscaldato a 150° per circa 40 minuti. Controllare la cottura con il classico stecchino. Girate il vostro stampo su di un vassoio da portata e servite. Buon appetito e buona Pasqua a tutti. www.cuoco-adomicilio.com damgas86@gmail.com

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Come sono fatti i Munfrin

Ci sembra doveroso parlare dei Munfrin, come sono fatti e perché. Innanzitutto l’autore della grafica. È l’arch. Iris Capra di Cantavenna che ha elaborato e curato con fantasia e maestria le immagini dei Buoni e da queste pagine ringraziamo per disponibilità offerta. Sulle facciate del Buono da 1M è stato riportata l’immagine di Margherita Paleologo Duchessa di Mantova e del Monferrato, mentre l’altra facciata è stata dedicata a Casale che fu a

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lungo capitale del Monferrato. Qui abbiamo riportato i due simboli della città: il castello e la torre civica. Sul retro di tutti i Buoni è stata riportata una rappresentazione geografica del Monferrato. I Munfrin hanno tutti la stessa altezza (mm 62) ma la lunghezza leggermente diversa compresa fra i 110 e i 120 mm (per favorire i non vedenti). Anche i colori sono stati definiti dando una dominante diversa per ciascun ta-

glio del buono. Sul giallo per il taglio di 1Munfrin; azzurro per i 2M; sul rosso per i 5M e verde per i 10M. Sui buoni dei 2 Munfrin abbiamo riportato Guglielmo VIII Paleologo e la chiesa del Magnocavalli di Varengo di Gabiano. Per i 5 Munfrin invece Anna d’Alencon Marchesa del Monferrato e il Castello di Moncalvo altra località che fu capitale del Monferrato. Infine i 10M sono stati dedicati a Corrado marchese del Monferrato e alle nostre colline con i vigneti tipici. I Personaggi da stampare sui nostri Buoni sono stati individuati grazie alla collaborazione dall’associazione dei Marchesi del Monferrato che ringraziamo.


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